Pdf dell`articolo - Abili allo sport
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LA STORIA/Campioni in mostra Briantea84 Cantù nIenTe ALIbI SIAmO AbILI AnImA ROCK filippo carossino, 21 anni, ex pallanuotista, ha perso le gambe da adolescente per un incidente. 50 L’AmeRICAnO brian bell, 25 anni, originario dell’alabama. da pistorius al nudo dell’amputata amy purdy, qualcosa È cambiato nella percezione degli atleti paralimpici. ne parliamo con i campioni d’italia di basket in carrozzina, che arrivano da paesi diversi. «all’estero l’arto artificiale È diventato quasi un elemento di stile. ma da noi c’È ancora un po’ di pudore» di silvia galimberti foto di chiara barbieri e luca renoldi 51 i « COMBATTENTI In alto, da sinistra, Francesco Santorelli (22 anni) e Alessandro Nava (18). Sotto, Gaz Choudhry (29). LA STORIA/Campioni in mostra o sulla copertina di un giornale non ci voglio andare perché sono disabile. Ma perché vinco. E fnora non ho fatto abbastanza». Non conosce mezze misure Jordi Ruiz, catalano di Barcellona, 23 anni di cui gli ultimi tre trascorsi tra Padova e Cantù, due volte campione d’Italia e medaglia di bronzo con la Spagna all’Europeo del 2012. Di mestiere gioca a basket in carrozzina. La sua squadra è la UnipolSai Briantea84 Cantù, scudetto sulla maglia nelle ultime due stagioni. Jordi vive alle porte di Milano in un appartamento con altri compagni: un inglese, un italiano, uno svedese, un americano. Una vita regolare, allenamenti due volte al giorno, palestra, discoteca dopo le vittorie (quindi quasi sempre). Si mangia tutti assieme, attorno a un tavolo dove non ci sono sedie tranne quelle che ognuno ha addosso. «Per me stare sulla carrozzina è come vestire un paio di jeans, quindi se le ruote sono sporche anch’io non mi sento a mio IL CAPITANO Ian Sagar, 32 anni, inglese, è il capitano della UnipolSai Briantea84 Cantù. 52 agio», spiega il capitano Ian Sagar, genitori a Barnsley nello Yorkshire, da tre anni una nuova casa in Italia dove vuol costruirsi una famiglia. «Grazie alla carrozzina ho conosciuto tanta gente, viaggio, ho molte opportunità. La mentalità in Inghilterra è cambiata soprattutto dopo i Giochi Paralimpici del 2012: da quel momento persone disabili hanno iniziato a girare spot pubblicitari, andare in televisione, stare spesso sui giornali». Era il 1998 quando Aimee Mullins, atleta paralimpica bi-amputata, ma anche attrice e modella, comparve sulla copertina del Telegraph Magazine insieme a Heather Mills. seconda moglie di Paul McCartney. Il titolo diceva: “Sexy, forti, sicure di sé e una sola gamba in due”. Concetto, quello della trasformazione del difetto fsico in opportunità, che Mullins ha variamente interpretato, sflando nel 1999 per Alexander McQueen con due protesi-stivale fatte di tralci di vite e magnolia, fno a diventare testimonial per L’Oréal nel 2012. In mezzo c’è stato Oscar Pistorius, che ha portato tutto questo ai massimi livelli: esposizione mediatica, fama planetaria, primato dell’abilità sulla disabilità («Guardate cosa so fare, non cosa mi manca» il suo credo). Un corpo parlante il suo, al posto dei piedi due lame che squarciano il senso del limite e mettono al muro ogni alibi. Nel 2011 fu eletto uomo meglio vestito dalla rivista GQ Sud Africa. Poi sono arrivate altre copertine, quelle su cui non avrebbe mai voluto finire, seguite all’arresto per l’omicidio della fdanzata Reeva Steenkamp, al processo e alla recente condanna di 5 anni per omicidio colposo. Un epilogo che non cancella il passato sportivo e la portata del salto culturale reso possibile grazie a Pistorius, ma fa rifettere sulla fragilità dell’essere umano. A prescindere dalla sua disabilità. Oggi il poster boy di Men’s Health America è Noah Galloway, un veterano di guerra senza il braccio e la gamba sinistri (persi nell’esplosione di un convoglio nel 2004 in Iraq): tra 1.300 concorrenti sconosciuti, Noah è stato votato come il più rappresentativo della rivista che fa dell’addominale scolpito la sua religione. Com’è possibile che un corpo imperfetto, esibito in tutta la sua cruda verità, possa far scat- tare immedesimazione e ispirazione in così tante persone? La risposta sta nell’hashtag lanciato da Galloway: #noexcuses. Nessuna scusa. La mentalità è cambiata. Lo aveva anticipato Sebastian Coe alla vigilia dei Giochi di Londra: «Non guarderemo più la disabilità allo stesso modo». Aveva ragione. «Ho perso la gamba a dieci anni per un osteosarcoma. Non ho quasi più ricordi della mia vita di prima», racconta Gaz Choudhry, nato in Pakistan e trasferitosi con la famiglia a Londra quando aveva 13 anni. Due titoli europei con la nazionale inglese e ora una nuova avventura a Cantù dove già fa parlare di sé, con una media di 25 punti a partita. «Quando ho fatto l’amore la prima volta, a 16 anni, ero già amputato. Questo mi ha permesso di avere un rapporto totalmente naturale con la mia protesi: la cambio come farei con un paio di scarpe, per me è uno strumento funzionale a ciò che voglio fare, nulla di LA SCHEDA Hanno vinto 4 scudetti Briantea84 è nata a Cantù nel segno del basket in carrozzina, grazie alla passione di Alfredo Marson che dalle origini a oggi ne è il presidente e l’anima. Oggi la società conta circa 150 tesserati dai 6 anni in su, con disabilità fisica o intellettivorelazionale, impegnati in cinque discipline sportive paralimpiche: basket in carrozzina, nuoto, calcio, atletica e pallacanestro. Punta di diamante, la squadra di Serie A di basket in carrozzina, che dal 2001 gioca a Seveso (Mb) e nel suo palmarès ha 4 scudetti, 2 Eurocup, 2 Coppe Italia, 1 Supercoppa italiana. IN COPERTINA Dall’alto, Noah Galloway su Men’s Health; Aimee Mullins con Heather Mills sul Telegraph Magazine e Oscar Pistorius su Time. 53 LA STORIA/Campioni in mostra più. Non è la mia disabilità a defnire chi sono, e neppure la società intorno: la disabilità è per defnizione una mancanza, ma come ogni cosa che ti capita nella vita, anche questo trauma ti aiuta a diventare la persona che vuoi essere. Non mi sento meno attraente perché ho una gamba artifciale. Siamo noi a decidere chi siamo e come vogliamo che la gente ci consideri. Certo, stare in piedi e non sulla carrozzina può cambiare le cose a un primo sguardo, perché la sedia a rotelle trasmette un senso di maggiore limitazione. Ma credo che questo impatto duri il tempo della stretta di mano: poi sarà la tua personalità a farsi ricordare o meno». Essere sportivi aiuta, non c’è dubbio. Anche se la contraddizione tra la ricerca della perfezione e il confronto spietato con il limite appare ancora più paradossale. «Fin da piccolo puntavo tutto sul fsico, perché giocavo a pallanuoto e in quell’ambiente c’è il culto del corpo», ricorda Filippo Carossino, 21 anni, capitano della nazionale under 22, arrivato da Genova nella squadra dei campioni d’Italia, per la prima volta da solo fuori casa. «Quando ho avuto l’incidente e ho perso le gam- be, mi è crollato il mondo addosso perché ero un adolescente e pensavo di non avere più nulla a cui aggrapparmi. Ora so che posso dare molto di più con quello che ho in testa. Da quando ho accettato il mio corpo, non mi sono mai posto il problema di come mi vedano gli altri. L’unica cosa che noto in Italia è che nessuno ostenta la propria gamba artificiale, c’è forse più pudore, mentre all’estero è diventata quasi un elemento di stile». Le protesi non rappresentano più il bisogno di rimpiazzare una perdita, ma simboleggiano chi le indossa. È sicuramente così per Amy Purdy, la snowboarder che – dopo aver conquistato il grande pubblico partecipando alla trasmissione Dancing with the Stars – ha posato nuda per Espn, comparendo nell’annuale catalogo dei corpi più desiderabili, The body issue. Una rivoluzione è in atto. Il graduale sovvertimento dei concetti di perfezione, bellezza ed eccellenza, tutti da riscrivere. «Le persone vengono da me forse anche perché vedono che ho una protesi. Mi accade spesso quando vado in palestra ad allenarmi o quando sono in giro con la mia famiglia. Chi ha una disabilità pensa di doversi nascondere. Invece più ti apri, più parli con le persone, più la gente capisce». Lo dice Brian Bell, dall’Alabama. Nero e senza un pezzo di gamba. © riproduzione riservata “ SCUDETTATI Sopra, Jordi ruiz, 23 anni, catalano. Sotto, Lorenzo Molteni (24). Quando ho fatto l’amore la prima volta, a 16 anni, ero già amputato. Da allora ho un rapporto naturale con la mia protesi gaz chouDhry 54