Storia della Famiglia Completa

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Storia della Famiglia Completa
Palazzo Giorgi – Roffi Isabelli
LA FAMIGLIA ROFFI ISABELLI DI FERENTINO
L’origine, i documenti, le genealogie, le alleanze matrimoniali e le vicende della
famiglia Roffi e Roffi Isabelli in seguito, rappresentano una parte considerevole dei
documenti relativi alla vita pubblica, ma anche privata, di una famiglia influente che ha
contribuito alle alterne vicende politiche della città di Ferentino.
Uno dei personaggi di spicco della famiglia è certamente Don Vittorio Giorgi (17601820), sacerdote secolare, prozio di Alfonso Giorgi, che ha rappresentato l’uomo chiave
dell’ascesa economica e culturale della famiglia. Nel ruolo di Confessore entrò in contatto
con molte nobili famiglie ferentinati dell’epoca come i Lolli Ghetti e i Filonardi Tibaldeschi.
Nel 1793 fu nominato cappellano e amministratore della SS. Consolazione di Anagni e nel
1795 diventò Ispettore Generale delle Truppe a Massa di Campagna e Marittima al
seguito delle Truppe Sanfediste napoletane del Cardinale Fabrizio Ruffo di Calabria,
esperienza che lo influenzò sotto il profilo culturale.
L’occupazione francese segnò un periodo di declino nella vita pubblica di Don Vittorio
che fu esiliato e minacciato di morte. Con il riaffermarsi del potere temporale dello Stato
Pontificio all’illustre ferenti nate fu affidato il compito di riordinare le Corporazioni Religiose
di Ferentino con il compito di “far sussidiare” dal Papato tutti coloro che si videro spogliati
dei propri beni dal governo francese.
Nel 1803 Don Vittorio venne incaricato di ricostruire il muro dell’orto della “Scuola”
franato verso S. Lorenzo, confinante con la “Fabbrica della Scuola, Don Vittorio Giorgi,
eredi Martini e strada pubblica” (è attualmente l’orto di Palazzo Giorgi con il maestoso
muro di Via Ierone). Nel 1819 Don Vittorio acquistò parte del giardino della Scuola dal
Venerabile Convento di S. Francesco (passato nel frattempo ai Gesuiti).
Dal suo testamento del 1° agosto 1820 si evince che Don Vittorio è anche Sindaco
dei Minori Osservanti di S. Agata, chiesa nella quale chiede di essere sepolto, e Protettore
della Confraternita di S. Giuseppe (chiesa esistente allora di fronte casa). Dichiara,
anche, che in Via Consolare è la sua residenza che lascia completamente al nipote Felice,
padre nel 1824 di Alfonso Giorgi.
Il Dizionario Storico-Blasonico delle Famiglie Nobili e Notabili Italiane del Comm. G.B.
Di Crollalanza, edito in Pisa nel 1886, cita la famiglia Roffi come originaria di Bologna e ne
descrive accuratamente lo stemma, riportando anche il disegno. Esistono delle
testimonianze di questa famiglia in Parma con Marsilio Roffi Vicario Imperiale (1333), a
Reggio Emilia con Bartolomeo Roffi Sindaco (1500), a Bologna con Domenico, Nino e
Sante Roffi (1400), a Cremona con Giovanni Antonio Roffi Rettore della Parrocchia di
Sabbioneta (1487), a Faenza con mons. Filippo Maria de Roffi (1521), a Guastalla con
Enea Roffi (1618), fino ad arrivare a Giovan Battista Roffi Sindaco di Vico nel Lazio nel
1640.
Il ramo ferentinate proviene proprio da Vico nel Lazio; quando i suoi discendenti si
trasferirono a Ferentino ed Anagni, si estinsero.
Notizie apprese presso l’Archivio Comunale di Vico e le molte riportare nei registri
parrocchiali, certificano che Giuseppe Roffi, discendente di Giovan Battista, nasce in Vico
nel 1779. Nel 1803 sposa in seconde nozze Pacifica Isabelli di Ferentino dalla cui unione
nasce, il 18 giugno 1804, Pio.
Giuseppe è un facoltoso possidente terriero di Vico; ricopre più volte la carica di
consigliere comunale, ma ben presto si trasferisce in Ferentino. La causa potrebbe essere
il matrimonio con Pacifica, ma sicuramente la ragione di tale trasferimento sono dovute al
fatto che Ferentino rappresentava il centro economico ed amministrativo della Campagna
e Marittima di cui ne era la capitale. A Ferentino risiedeva il Rettore, vi era il Tribunale e vi
erano numerosi centri scolastici. Era logico e normale quindi che membri delle migliori
famiglie dei paesi vicini si trasferissero in Ferentino per studi e commerci e per
intraprendere carriere amministrative o giudiziarie. Tanti sono gli esempi di altre famiglie
che si possono citare.
Giuseppe, giunto a Ferentino acquista casa di fronte il Collegio Martino Filetico,
assieme al cognato Don Vincenzo Isabelli, figura importante della Curia Vescovile, con il
quale fa diversi affari. Alla morte del sacerdote, tramite un atto notarile testamentario del
1843, Pio Roffi, figlio della sorella e di Giuseppe, diventa erede universale dei beni
Isabelli con un obbligo: “assumere il cognome dopo il suo”. Nasce così il cognome Roffi
Isabelli.
Nel frattempo Pio Roffi si dedica agli studi, coadiuva il padre nelle attività commerciali
e si dedica con ardore all’attività politica. Questi ha un carattere forte e spigoloso; ambisce
ad avere un ruolo di rilievo ed importante nella sua città. Si laurea in Giurisprudenza
(risulta in archivio difensore in parecchie cause), ma ben presto capisce che per
raggiungere alti gradi nel seno della ristretta e chiusa schiera di notabili deve contrarre
matrimonio importante.
Nel 1847 sposa Matilde Nardi di agiata famiglia ferentinate. Nel frattempo, però, è
anche Capitano in seconda di una Compagnia della Guardia Civica appena costituitasi in
Ferentino. Partecipa attivamente agli eventi politici del 1848/49 per l’area liberale ma, finita
l’esperienza in modo non proprio positivo, aderisce al rinnovato governo pontificio di Pio
IX.
Triste e sfortunato epilogo ha l’avventura matrimoniale, poiché prima qui morirà di
parto la moglie, poi la figlia di appena sette anni.
Nel 1852 convola a seconde nozze con Teresa Pilotti, anch’essa rampolla di famiglia
benestante di Patrica, figlia di farmacista e nipote di notaio. La sorte però si accanisce
ancora una volta negativamente verso di lui ed il suo matrimonio. Anche la seconda
moglie muore lasciandolo senza eredi.
Solo nel 1858 sposa Vittoria Giorgi, sorella del nobil uomo Alfonso illustre
ferentinate.
Nel frattempo ricopre la carica di consigliere comunale e diventa Gonfaloniere nel
1851. Lo sarà ancora dal 1860 al 1864, alternandosi con il cognato Alfonso.
Nel 1861 viene anche gratificato dal Santo Padre Pio IX che lo eleva alla carica di
Cavaliere di S. Silvestro. In questo stesso periodo (1863) si celebra la famosa visita del
Papa in Ciociaria e a Ferentino, dove inaugura l’acquedotto voluto dalle amministrazioni
Giorgi e Roffi Isabelli. Per tale importantissima occasione viene allargata ed abbellita la
strada di S. Francesco fino all’attuale Piazza Matteotti che viene denominata Piazza
Piana.
Dopo il 1870 la politica uscì dalla vita di Pio che si dedicò alle numerose attività di
famiglia fino alla morte avvenuta nel 1875.
Da Vittoria ebbe due figli, Giuseppina e Vincenzo. Vincenzo Roffi Isabelli, nato nel
1859, intraprende anch’egli la vita politica e nel 1881 è eletto consigliere comunale. Pur
essendo in età molto giovanile ottenne una deroga per ricoprire tale incarico, causa il
censo di famiglia. Nel 1883 è nominato assessore supplente e nel novembre 1889 diventa
Sindaco di Ferentino. Nella seduta del 22 luglio 1890 il consigliere Antonio Martini propone
di traslare le spoglie mortali dell’illustre concittadino Alfonso Giorgi nella Chiesa del
Cimitero (dove tuttora si trovano) e Vincenzo, nipote ed erede del Giorgi, lascia l’aula per
incompatibilità.
Alfonso Giorgi il 27 febbraio 1888 aveva scritto il testamento con il quale lasciava
erede universale il suo unico nipote Vincenzo Roffi Isabelli. In detto testamento Giorgi
scrive che la casa con tutti i suoi manoscritti, frutto dei suoi studi, oltre alla biblioteca e ai
medaglieri di stimato valore, sono in favore del nipote Vincenzo.
E’ da questo momento che la famiglia Roffi Isabelli entra in possesso del Palazzo di
Via Consolare che appartenne ai Giorgi. Lo stesso Vincenzo, con la consorte Berenice
Bramucci (nipote del Vescovo dell’epoca Gesualdo Vitali) abitava nel Palazzo Roffi di Via
Regina Margherita, prospiciente la Piazza del Comune.
Il nostro ebbe una esistenza ed una vita molto intensa. Laureatosi in giurisprudenza,
ricoprì la carica di Sindaco di Ferentino oltre tre lustri. Fu il sindaco del passaggio di
secolo, dal 1800 al 1900, evento importante per il costume dell’epoca, come lo è stato per
noi l’ingresso nel nuovo millennio.
Nello stesso periodo, però prolungandolo fino al 1920 (data della sua morte), ricoprì
l’importante carica di Consigliere Provinciale di Roma e negli ultimi anni anche quello di
Assessore.
A lui si deve il passaggio da strada comunale a provinciale dell’arteria che collega la
città alla stazione ferroviaria ed il proseguimento fino a Supino. La notizia, resa nota in
Consiglio nel 1901, fu di notevole importanza, visti gli alti costi di manutenzione che
gravavano sulle deboli casse comunali e che da allora diventavano di competenza
dell’Amministrazione Provinciale.
Durante il suo lungo mandato di Sindaco notevoli furono le opere pubbliche
interessate; ricordiamo la sistemazione del Cimitero cittadino nelle forme che ancora
vediamo, le fogne, l’Ospedale Civico e le Carceri Mandamentali. L’opera più importante
però resta l’illuminazione pubblica. Egli fu l’artefice del passaggio dall’illuminazione
cittadina a petrolio all’elettricità. Tutta una lunga ed interessantissima ricerca su questa
vicenda è stata oggetto di uno studio pubblicato qualche tempo fa dall’Istituto Tecnico
Industriale per l’Elettronica “Don Morosini” di Ferentino. Cosa simpatica che Vincenzo
chiese ed ottenne dalla ditta fornitrice di elettricità (la tedesca Noerremberg) fu
l’illuminazione gratuita del Municipio, dell’Ospedale e del Seminario. La Cattedrale non
rientrò in questo elenco poiché chiusa ed oggetto di lavori di restauro iniziati nel 1898 e
terminati nel 1905.
Per l’occasione il Commendatore Vincenzo Roffi Isabelli (nel frattempo aveva
ottenuto questa munificenza reale) restaurò la “macchina” che trasporta la statua del
patrono S. Ambrogio, come si legge ancora in una targa posta su un alto della stessa
macchina.
Della sua attività amministrativa alla Provincia di Roma esistono numerose tracce
degli oltre venticinque anni di mandato. I numerosi verbali di Consiglio, presenti presso
l’archivio di Palazzo Valentini di Roma, confermano l’attaccamento alla propria terra del
consigliere Roffi Isabelli che produce tanti interventi in merito.
Della sua vita privata dobbiamo considerare l’intensa dedizione alla grande proprietà
terriera da lui posseduta. Dal matrimonio ebbe sei figli (uno morì giovane) ed il primogenito
Pio venne ad abitare nel Palazzo Giorgi quando convolò a nozze nel gennaio del 1919.
Detto Palazzo, quindi, ebbe un periodo abbastanza lungo nel quale fu chiuso e non
abitato. Considerato che Alfonso Giorgi morì nel 1889, esso fu trascurato ed abbandonato
per trenta anni, nel quale si pensa che andasse rubata, persa o prestata gran parte della
ricca biblioteca, oltre a parecchia mobilia.
Per tornare alla storia della famiglia Roffi Isabelli, dobbiamo ricordare che Vincenzo
fu sindaco fino al 1909 quando, a seguito delle dimissioni irrevocabili, cessò il suo incarico.
E’ bene anche dire che più volte il nostro cercò di lasciare l’incarico municipale,
mantenendo però quello provinciale, motivando sempre le sue dimissioni “per ragioni di
salute, di famiglia ma soprattutto per attendere ai suoi privati interessi”.
Risale all’agosto del 1914, alla vigilia della Grande Guerra, l’elezione a sindaco di
Ferentino di suo figlio Pio Roffi Isabelli che, pur partecipando con onore alle operazioni di
guerra (volle partire volontario e nel 1915 è al fronte come sergente dell’82° Reggimento
Fanteria), mantiene la carica fino al 1920.
Siamo alla vigilia del ventennio fascista ma la situazione politica di Ferentino appare
tranquilla, poco agitata, dissimile forse da altri centri della provincia.
Alle elezioni politiche del 1919 i liberali vinsero in maniera schiacciante (703 voti)
contro i 100 dei socialisti, 150 dei popolari, ma anche i 500 degli ex combattenti. Alle
amministrative del 1920 i liberali ottennero 1905 preferenze contro i 1505 dei socialisti.
L’elezione a Sindaco di Pio, quindi, avvenne o fu dovuta forse per la sua
appartenenza ad una famiglia proprietaria terriera tra le più potenti. Facendo una breve
riflessione possiamo facilmente affermare che già dal 1919 (ma anche prima) il Comune
era in mano alla destra liberale ed ai notabili che nel giro di pochi mesi aderiranno al
Fascismo.
Pio Roffi Isabelli fu uno dei quattro fondatori del Fascio locale nel 1922 e quindi
nessun passaggio traumatico ci fu nel passaggio dallo stato liberale a quello totalitario del
fascismo.
La sezione del Fascio ferentinate apre (se vogliamo anche in ritardo) tra l’agosto e il
settembre 1922; occupava locali sull’attuale Piazza Mazzini, di fronte il Comune, di
proprietà della famiglia Roffi Isabelli. Oltre Pio gli altri tre membri del primo Direttorio erano
Giuseppe Roffi Isabelli, suo fratello, Gaetano Cappucci, suo coetaneo e compagno
d’armi durante la guerra, e Aureliano De Andreis.
Pio, uomo di grande cultura, laureato in giurisprudenza all’Università di Perugia,
aveva un carattere molto riservato, introverso e di grande intelligenza.
Dopo la morte del padre (febbraio 1920), come uso dei tempi, curò gli interessi della
famiglia che possedeva molti latifondi nelle campagne circostanti. La famiglia produceva e
commercializza grano, olio, vino e animali da allevamento. Molti contadini erano alle
proprie dipendenze tra fattori e stagionali.
Viaggiando spesso con Roma diviene il tramite tra il Partito romano e la sezione di
Ferentino, sottoscrivendo parecchie tessere.
Il fratello Giuseppe era invece l’opposto. Di carattere allegro, scanzonato, vivace,
culturalmente meno preparato del fratello era però dotato di carisma, di fede e di fiuto
politico. Era la perfetta espressione del gerarca fascista ed ebbe quindi una carriera
politica locale straordinaria. Oltre ad aver fondato il Fascio di Ferentino, fece parte del
Direttorio Provinciale fascista di Roma dal 1924 al 1927, ispettore di zona della
Federazione Fascista di Ciociaria fino al 1928, segretario politico della sezione locale dal
1923 al 1929, Regio Commissario del Comune nel 1926, infine Primo Podestà di
Ferentino dall’aprile 1927 al giugno 1932.
Pio purtroppo muore giovane nel 1927, a soli 42 anni, e della sua attività politica
possiamo ricordare l’interesse per il Consorzio Idrico di Capofiume e del costruendo
acquedotto Guarcino-Alatri-Ferentino che ne deriva.
Già nel 1926 fa parte di una Commissione mista Alatri Ferentino, composta di sei
membri proprio per varare l’Assemblea Consortile del nuovo acquedotto. Causa la morte
l’opera sarà completata dal fratello Giuseppe nel 1928.
Quest’opera, sicuramente importante per il paese e per la riuscita in tempi molto
brevi, fu uno dei momenti più alti dell’amministrazione Roffi Isabelli.
Pio nel 1919 aveva sposato una signorina benestante di Roma, Rosa Placidi, dalla
cui unione era nato nel 1920 Vincenzo Roffi Isabelli.
Questi, rimasto orfano di padre a soli 7 anni, fu mandato a studiare nel Collegio di
Mondragone, tenuto dai Padri Gesuiti. Un’infanzia sicuramente difficile per un ragazzino
che, dopo il Collegio, si vide spesso accudito dai nonni materni in Roma, dove, frequentò
tutti gli studi classici. Chiamato alle armi, nel 1943 fu fatto prigioniero dagli inglesi durante
lo sbarco degli alleati in Sicilia. Portato prima in Libia, ben presto fu trasferito in un campo
di recupero in Inghilterra, vicino Londra. Solo nel 1946 torna a Ferentino, completa gli studi
di Giurisprudenza presso l’Università di Roma e attorno alla metà degli anni ’50 si dedica
alle attività di famiglia, nel frattempo curate dagli zii.
I tempi sono cambiati, la società e lo stile di vita sono profondamente mutati. Le varie
riforme agrarie succedutesi tra gli anni ’50 e ’70 e il contemporaneo miraggio dell’
industrializzazione nella Valle del Sacco portano allo smembramento dei vari latifondi.
Vincenzo affronta questi mutamenti radicali, ma quando le affrancazioni cancellano
definitivamente i contratti di miglioria e di soccida, decide di cambiare attività abbracciando
la professione dell’insegnamento in varie scuole della provincia. Benché i suoi studi e la
sua formazione culturale siano di natura giuridica, insegnerà la lingua inglese che aveva
appreso durante la lunga prigionia in Inghilterra.
Il 26 marzo 2003 Vincenzo muore in Ferentino all’età di 83 anni. Muore, come lo ho
definito in seguito, l’ultimo dei “possidenti”, termine usato negli anni che furono per
indicare coloro che appartenevano sicuramente ad una classe agiata e notabile.
Di lui, che appartenne a questa nobile e antichissima famiglia, restano, al primogenito
Pio Roffi Isabelli, il Palazzo Giorgi Roffi Isabelli, una piccola parte della importantissima
biblioteca privata “Alfonso Giorgi”, la collezione epigrafica degnamente studiata,
catalogata ed inventariata dal grande T. Mommsen nel suo Corpus Iscriptiones Latinarum
ed il foltissimo archivio privato di una famiglia che ha certamente apportato un notevole
contribuito alla storia di Ferentino negli ultimi due secoli.
Ferentino, Luglio 2008