Amore dei nemici - Ispettorato dei Cappellani

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Amore dei nemici - Ispettorato dei Cappellani
Incontro Cappellani Carceri Diocesi di Lombardia e Triveneto.
Ome, 31 maggio 2007
L’AMORE DEL NEMICO NELLA BIBBIA
1. I TESTI
Caino e Abele (Gen 4,1-18): il fratello che diventa nemico. La realtà seria
dell’inimicizia, generata dal peccato. Una realtà che è parte della storia umana e della
storia di Israele:
* cf. i nemici del giusto (Sal 25,19; 38,20; 44,11; 55,4; 56,3; 64,2; 102,9; 143,9; ecc.);
* cf. i nemici di Israele (Sal 106,42; cf. libro dei Giudici;; 1Sam 14,47; Bar 4,25; ecc.);
* cf. i nemici di Dio (Sal 2137,20; 66,3; 68,2; 139,22; ecc.);
Il canto selvaggio di Lamech (Gen 4,23-24): la vendetta illimitata. Violenza
assoluta;
Mosè e faraone (Es 8,8: “Mosè supplicò il Signore riguardo alle rane che aveva
mandato contro il faraone …” ): la preghiera per il nemico e per il suo popolo.
L’ostinazione nel male;
Il Codice dell’Alleanza: “Quando vedrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il
carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui ad aiutarlo” (Es 23,4). Il contesto
dell’Alleanza. Una “fraternità” più grande delle inimicizie, fondata sull’esperienza della
fedeltà di Dio;
Davide e Saul (1Sam 26,8: “Dio ti ha messo tra le mani il tuo nemico”): superamento
della logica della vendetta. La prospettiva della fede.
La Sapienza di Israele: Pr 25,21: “Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare,
se ha sete dagli acqua da bere: perché così ammasserai carboni ardenti sul suo capo e il
Signore ti ricompenserà”;
L’insegnamento di Gesù:
* Mt 5,43-48 1 // Lc 6,27-35 2. La “giustizia” del Regno di Dio come regola di vita. Lo
“straordinario” rispetto al mondo. Diventare simili al Padre che sta nei cieli. Condividere la
perfezione della sua misericordia. L’insegnamento del “Figlio di Dio”, il “Cristo” redentore;
* Lc 10,25-37: la parabola del buon Samaritano. Il “nemico” che si fa “prossimo”. La
“compassione” che viene da Dio e che non conosce confini;
La testimonianza di Gesù: il racconto della Passione nei Vangeli
* I “nemici” di Gesù nella Passione: Giuda, i sommi sacerdoti e Scribi, il popolo, Pilato, i
soldati … La “mansuetudine” di Gesù verso di loro (cf. Lc 22,47-53);
1
Mt 5,43-48: Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; 44 ma io vi dico:
amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, 45 perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa
sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. 46 Infatti
se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47 E se date il
saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48 Siate voi
dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
2
Lc 6,27-36: Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano,
28 benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. 29 A chi ti percuote sulla
guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. 30 Dá a chiunque ti chiede; e a
chi prende del tuo, non richiederlo. 31 Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. 32
Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. 33 E se fate del
bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34 E se
prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai
peccatori per riceverne altrettanto. 35 Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne
nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i
malvagi. 36 Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.
* La richiesta di perdono di Gesù crocifisso: “Quando giunsero al luogo detto Cranio là
crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: ‘Padre,
perdonali, perché non sanno quello che fanno!’” (Lc 23,33-34): la preghiera rivela la
“compassione” del Cristo;
* Il memoriale di Gesù donato nell’ultima cena (Lc 22, ): la colpa di tutti
anticipatamente trasformata in offerta della vita. Annientamento della condanna e della
“inimicizia”. Nessuno potrà essere chiamato “nemico”;
La testimonianza apostolica: Rom 12,14-21 3. Il contesto della “parentesi cristiana”,
cioè l’esortazione che viene dalla fede nel “mistero di Cristo”. La “potenza” del bene che viene
dalla risurrezione di Gesù. La rinuncia a farsi giustizia personalmente. Il limite di ogni onesta
disposizione d’animo (“ … per quanto dipende da voi ..”).
2. PER UNA RIFLESSIONE COMUNE
Sulla base di quanto emerso dall’accostamento del dato biblico, proviamo a elaborare una
riflessione sufficientemente sistematica. Ci lasceremo guidare da alcune domande semplici ma
importanti:
1. Chi è il nemico? È il mio nemico, cioè il nemico del giusto che invoca Dio (dimensione
individuale); è il nemico di Israele (dimensione comunitaria); il nemico di Dio (dimensione
religiosa). Per la Scrittura queste tre dimensioni si possono distinguere ma non separare. Il
giusto è parte del popolo di Dio e il popoli di Dio è appunto “di Dio”. L’inimicizia ha sempre
questo triplice risvolto. Essa può provenire dall’esterno del popolo ma anche dall’interno. Il
nemico è sempre anche l’empio.
2. Perché si diventa nemici? L’inimicizia non appartiene all’’opera di Dio. Essa è figlia
del peccato ed è una delle modalità attraverso le quali la morte opera nel mondo, anche dentro
la realtà santa del popolo di Dio. Nemici si diventa. Quali le ragioni? L’offesa o ingiustizia subita;
la gelosia; l’odio; la diversità intesa in modo ideologico (differenze socio-cultuali-religiose
strumentalizzate); la paura; l’interesse personale (cf. su tutto questo gli esempi di Caino,
faraone, delle popolazioni ostili a Israele, di Saul nei confronti di Davide, di Giuda e dei capi di
Israele nei confronti di Gesù).
3. Che cosa significa “amare” il nemico? Il verbo amare possiede naturalmente una
carica potentissima, ma deve essere riscattato dalla genericità e dal sentimentalismo. Qual è il
suo significato? La Scrittura lascia intendere che l’amore per i nemici suppone un cammino
progressivo di conversione e lotta interiore, che attraversa varie fasi. Vi sono poi aspetti che
intervengono a definirlo. In linea di massima si può affermare che, al fine di giungere all’amore
per il nemico, è necessario:
a. dominare la carica reattiva e violenta del proprio io offeso, cioè la tendenza a vendicarsi
in modo esorbitante, facendo giustizia da soli (legge di Lamech);
b. rifiutare la logica della “giusta retribuzione “, cioè la convinzione che si debba ripagare
chi ci ha offeso con la stessa moneta (legge del taglione);
3
“Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. 15 Rallegratevi con quelli che sono
nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. 16 Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri;
non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi.
17 Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. 18 Se
possibile, per quanto questo dipende da voi, vivete in pace con tutti. 19 Non fatevi giustizia da voi stessi,
carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono io che ricambierò, dice il
Signore. 20 Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo
questo, infatti, ammasserai carboni ardenti sopra il suo capo. 21 Non lasciarti vincere dal male, ma vinci
con il bene il male” (Rom 12,14-21).
c. superare la tentazione di prendere le distanze dal proprio “nemico”, allontanandosi da
lui e abbandonandolo a se stessa (quindi alla propria condizione di colpa)
d. continuare a fare del bene a chi ci ha fatto del male, non tagliando i ponti con lui, anche
a costo di venire ancora colpiti e di soffrire a causa della sua inimicizia, desiderando il suo
ravvedimento e contribuendo ad esso. Questo è il senso cristiano del perdono, cioè dell’amore
che si mantiene saldo e costante di fronte al male subito e lucidamente riconosciuto come tale;
e.
credere nella potenza redentrice del perdono, la cui natura è ultimamente divina;
f. denunciare il male con fermezza, senza sminuirne la portata e la gravità, allo scopo di
preservare altri dal subirlo ma anche al fine di salvare colui che lo ha compiuto, riscattandone la
dignità, ponendolo di fronte alle sue responsabilità in una prospettiva di redenzione;
g. pregare per chi fa del male, affidando il fratello che si è fatto nemico all’amore di Dio, in
piena sintonia il suo santo mistero. Una simile preghiera consegna l’opera della redenzione del
“nemico” a Dio stesso e sorge dall’umile riconoscimento della propria sostanziale impotenza di
fronte all’oscura azione del mysterium iniquitatis.
4. Per quale ragione si dovrebbe amare il proprio nemico?
a. Le anime più sensibili e nobili della storia dell’umanità hanno intuito questa verità: che
al male si deve rispondere con il bene, per non precipitare nel baratro della violenza 4. Questo
principio non è esclusivamente cristiano. Cristiani sono è il motivo ultimo e la sua singolare
modalità di attuazione;
b. per giungere all’amore del nemico è indispensabile dare alla reazione istintiva verso il
male compiuto, reazione che non va neppure attenuata dal momento che il male non può essere
tollerato, la sua forma adeguata. Questa forma tende alla salvezza del “nemico” e non al suo
“annientamento”. e neppure al “ripristino di un presunto equilibrio morale compromesso”. Chi
sbaglia deve “pagare” ma nella linea del suo riscatto: il vero modo per rimediare alla colpa
commessa non è eliminarne il responsabile, ma riempire di bene il cratere che l’esplosione
distruttiva del male ha provocato, sia sul versante delle vittime che del colpevole. Sempre in
questa linea, occorre inoltre superare la logica del merito e entrare in quella della grazia. Chi fa
del male non meriterebbe più di essere amato, ma è proprio continuando ad amarlo che lo si
potrà salvare. Tutto ciò è limpidamente cristiano.
c. da un punto di vista cristiano non esiste il “nemico”. Esiste invece un uomo, quest’uomo,
creato a immagine e somiglianza di Dio, fratello in Cristo, che si sta comportando come un
nemico. L’amore è rivolto propriamente alla persona, al “fratello” che tale rimane anche quando
agisce contro di noi. Amare il nemico vuol dire in realtà non smettere di amare l’altro per quello
che è, vale a dire come persona che possiede la nobiltà di creatura di Dio. Il male che compie
sfigura la sua santa identità, ma non è in grado di distruggerla. Lo sguardo rivolto da Dio su di
lui è e resta di paterna benevolenza, pur nell’orrore del male di cui è responsabile;
d. tutti i “nemici” sono di fatto, spesso inconsapevolmente e a volte con arroganza, vittime
della potenza distruttiva del peccato che “è sempre accovacciato alla porta del loro cuore” (Gen
4,7). Anche il carnefice è a suo modo vittima. Quegli uomini che si sono trasformati in nemici
4 “L’ideale umanitario greco spinge a oltrepassare l’odio e l’inimicizia: “Non per condividere odi, ma per
condividere amore son nata” (Sofocle, Antigone, 523). Di un filosofo cinico scrive Epitteto: “Egli dev’essere
percosso come un asino e, una volta percosso, amare quelli che lo percuotono come un padre e un fratello
di tutti loro (Epitt., Diss, 3,22,54). “Chi rinuncia alla vendetta si acquisterà sicuramente fama per la sua
indulgenza” (Seneca, Clem. 1,7); “Se vuoi imitare gli dei, fa’ il bene anche agli ingrati” (Seneca, Ben. 4,26,1).
Questi principi, improntati all’amore umano o a motivi razionali, pur rappresentando un grado elevato di
etica umana, sono tutti orientati all’affermazione e alal realizzazione di sé” (R. SCHNACKENBURG, Il
messaggio morale del Nuovo Testamento, Vol. I, Paideia, Brescia, 1989, 132).
sono “fratelli” che hanno ancora più bisogno di redenzione. Ma chi di noi potrebbe “scagliare la
prima pietra”? Chi di noi può considerarsi senza peccato? (cf. Gv 8,7);
e. ciò non significa tollerare o peggio giustificare il male. Vuol dire lottare contro di esso
ma secondo una logica opposta alla sua, cioè non compiendo altro male, magari conferendogli la
forma della legalità, ma aprendo spazi alla potenza redentrice del bene, attraverso atti che
portino questo contrassegno;
4. Ma è possibile amare il proprio nemico?
L’interrogativo riguardante la effettiva attuabilità dell’amore del nemico è stato spesso
sollevato, del resto legittimamente. L’impressione che esso sia pura utopia e che di fatto non sia
alla portata dell’uomo, ha indotto a ritenere un tale l’insegnamento va considerato privo di ogni
legame con la vita reale. Su questo punto, alla luce di quanto emerso dai testi della Scrittura,
sembra possibile affermare quanto segue:
a. l’amore per il nemico, secondo la Scrittura, è possibile solo nella forma della
partecipazione all’amore stesso di Dio, cioè in forza di una misteriosa quanto reale immersione
nella sua infinita misericordia. Essa ha raggiunto i cuori degli uomini nell’evento della morte in
croce di Gesù, il “Figlio di Dio” divenuto “figlio dell’uomo”, evento d’amore reso eterno nello
Spirito santo. È questa l’essenza della rivelazione cristiana e della redenzione. Di un simile
misteriosa amore, manifestazione del segreto ultimo di Dio, esiste anche una dimensione
propriamente “sacramentale”, che trova il suo vertice nell’Eucaristia;
b. l’amore dei nemici non è “funzionale”, non va attuato in vista di una trasformazioni
della società, non è la via cristiana verso una rivoluzione in grado di cambiare il mondo. Esso
scaturisce dall’io come un movimento interiore divenuto misteriosamente naturale, reso
possibile dal suo “ingresso nel Regno di Dio” (Mt 5,3ss), “dall’imitazione della perfezione del
Padre che sta nei cieli” (Mt 5,48). Si tratta in verità del frutto dello Spirito, per mezzo del quale
viene riversato nel nostro cuore l’amore stesso di Dio (Rom 5,5). Si giunge ad amare il proprio
nemico solo avendo compiuto un lungo cammino di conversione interiore, che ha la forma di
una grande purificazione del cuore e di una sua trasfigurazione in Dio;
c. l’’amore di Cristo effuso per mezzo dello Spirito opera in tutte le coscienze, al di là di
ogni confine sociale e culturale. Coloro che l’opinione pubblica tende a classificare come
“nemici” possono stupire per la loro umanità e generosità, per la loro capacità di perdonare e di
riscattare (cf. il “buon samaritano”). Ma l’esperienza della vita cristiana, cioè l’evangelo, è
sicuramente un grande dono fatto a ciascun uomo, assolutamente desiderabile: esso consente
una singolarissima partecipazione al mistero del Dio trinitario, conosciuto come tale e come tale
amato, fonte dell’amore perfetto;
d. la Chiesa è chiamata a dare testimonianza di questa potenza di bene che scaturisce dal
Padre, per il Figlio, nello Spirito santo, potenza che vince il male. L’amore per il nemico è regola
che la Chiesa anzitutto considera vigente al suo interno, ma che applica anche nei confronti di
tutti gli uomini, indipendente dalla loro identità sociale, culturale o religiosa. Ai suoi figli la
Chiesa chiede di compiere in modo costante quel sapiente discernimento che permette di
ispirare ad un simile comandamento evangelico anche le leggi che regolano la vita sociale e
politica dell’intera società umana.
Don Antonio Tremolada