michael - Santuario San Michele

Transcript

michael - Santuario San Michele
12
michael
anno XLI  n. 157  APRILE_GIUGNO 2015
Il dies festus dell’8 maggio
L
Per una "nuova storia" del culto di San Michele e dei Longobardi
’Apparitio Sancti Michaelis in Monte Gargano
(= Apparitio) è il testo che tramanda la leggenda di fondazione del santuario di San Michele
sul monte Gargano. Il testo, che è stato approfonditamente studiato negli ultimi trenta anni soprattutto da
Giorgio Otranto e del quale è in preparazione un’edizione critica a cura di Alessandro Lagioia dell’Università di Bari “Aldo Moro”, è stato redatto in ambiente
longobardo-beneventano.
L’Apparitio nella sua stesura attuale, che riflette diversi stadi redazionali, si può ascrivere alla seconda
metà dell’VIII secolo, collegata probabilmente al milieu di Arechi II e della moglie Adelperga, ambiente
intellettualmente fecondo e attento ad elaborare una
precisa strategia di affermazione della nuova identità
politico-religiosa del ducato di Benevento, soprattutto
dopo la caduta del Regno (774).
L’Apparitio, come tanti componimenti agiografici, tramanda tra le pieghe del racconto alcuni elementi storici che, pur se non esplicitamente dichiarati, possono
contribuire ad una migliore comprensione sia delle
motivazioni sottese alla sua composizione, sia della
storia dei Longobardi di Benevento e del loro rapporto
con il culto micaelico garganico.
L’operetta consta, come è noto, di tre episodi detti “del
toro”, “della battaglia” e “della consacrazione della
grotta”. La critica si è maggiormente soffermata sull’episodio “della battaglia”, identificato con l’intervento
del duca di Benevento Grimoaldo I (647-662) il quale nel 650 sconfisse i Bizantini che avevano attaccato
il santuario: questo episodio, per la sua forte valenza
politica e religiosa in ragione della vittoria dei Longobardi di Benevento sui Napoletani/Bizantini, è stato
considerato emblematico dell’interpretazione di tutta
l’operetta agiografica. In questa sede intendo richiamare l’attenzione sull’episodio della “consacrazione
della grotta” che può suggerire qualche
utile spunto di riflessione in riferimento
al dies festus dell’8 maggio, data che
caratterizza la tradizione micaelica del
Gargano e che si affiancherà a quella
del 29 settembre, riportata dal Martirologio
geronimiano (metà del V secolo) in riferimento ad
una basilica micaelica sulla via Salaria.
Dopo la battaglia e la vittoria conseguita dai
Longobardi Beneventani alleati dei Sipontini, nei pressi della grotta vengono rinvenute
alcune impronte interpretate come segno
www.santuariosanmichele.it
di Ada Campione*
della benevolenza e della presenza di Michele. I Sipontini, incerti sul da farsi, si rivolgono al vescovo di
Siponto che invia messaggeri a consultare il vescovo
di Roma, come persona di riferimento, per avere indicazioni in merito. Questa la risposta del pontefice:
«Se spetta all’uomo dedicare quella basilica, ciò deve
essere fatto assolutamente nel giorno in cui fu concessa la vittoria; se, invece, diversamente sarà gradito
al protettore del luogo, in quello stesso giorno si deve
ricercare la sua volontà sul da farsi. Per questo, dunque, essendo imminente l’anniversario della vittoria,
tutti e due facciamo un digiuno di tre giorni, con i
nostri concittadini, implorando la Santa Trinità, affinché conduca a buon fine i doni che si è degnata di
concedere tramite il sommo ministro della sua sede»
(traduzione I. Aulisa). Dall’analisi del brano emergono
alcuni elementi interessanti: il ruolo importante del
pontefice - e quindi della Chiesa romana - e la ferma
volontà di legare qualunque decisione al giorno della
vittoria, di cui si sottolinea l’imminente anniversario.
L’atteggiamento del pontefice è pienamente in linea
con la volontà dell’Arcangelo: il papa sottolinea l’importanza del giorno della vittoria, l’unico in cui potrebbe avvenire la dedicazione della chiesa, ma si rimette alla decisione dell’Angelo. L’attenzione si sposta,
quindi, sul giorno della vittoria, un giorno importante,
che può diventare o il giorno di dedicazione della chiesa o il giorno in cui sarà nota la volontà dell’Angelo.
Secondo il racconto dell’Apparitio, dopo l’intervento
del pontefice, si decide di fare come da lui suggerito:
il digiuno di tre giorni sarebbe finito in concomitanza
con l’anniversario della vittoria, giorno in cui conoscere la volontà dell’Angelo. La notte precedente la fine
del digiuno Michele, apparendo in visione al vescovo
sipontino, rivendica a sé la
angeli ed arcangeli
Miniature
Breviario di
Stoccarda, prima
metà IX secolo
dedicazione della grotta: «Non spetta a voi dedicare questa basilica che
io ho costruito. Io stesso, infatti, che
l’ho fondata, l’ho anche dedicata. Voi
limitatevi ad entrare e, col mio patronato, frequentate il luogo con preghiere.
Tu domani celebra lì le messe e il popolo si comunichi, come di consueto. Sarà
poi mio compito mostrare come ho
consacrato quel luogo da me stesso»
(traduzione I. Aulisa). L’intervento di
Michele è funzionale alla legittimazione della frequentazione liturgica
della grotta: se ne attribuisce con forza la fondazione
e la dedicazione e consente lo svolgimento degli officia sacramentali, sotto la sua stretta sorveglianza, a
partire dal giorno successivo, per far coincidere l’inizio
della pratica cultuale nella grotta-santuario con l’anniversario della vittoria. Segno concreto della consacrazione è, secondo l’agiografo, l’altare coperto con il
drappo rosso rinvenuto dai fedeli nella basylica grandis la mattina successiva all’apparizione.
È interessante osservare che nell’Apparitio non è esplicitamente menzionato né l’8 maggio né un altro dies
festus: un silenzio, apparentemente inspiegabile, su
cui gli studiosi si sono più volte interrogati. Se l’anonimo agiografo avesse voluto celebrare la tradizione
garganica dell’8 maggio avrebbe esplicitato il dies festus, a maggior ragione in un testo come l’Apparitio,
operetta che intende celebrare la fondazione del santuario garganico e il rapporto tra Michele Arcangelo e
i Longobardi. Evidentemente non è questo il
suo intento primario.
Esaminando la proposta del pontefice e la risposta dell’Angelo, così come tràdite dall’Apparitio, oltre alla perfetta sintonia tra i
due protagonisti dell’operetta, emerge
chiaramente che è il papa a richiamare l’attenzione sull’importanza
del giorno della vittoria e a proporre che proprio quel giorno diventi
dies festus della chiesa.
Infatti, analizzando la documentazione martirologica, le prime attestazioni del dies festus dell’8 maggio
risalirebbero a fine VII - inizi VIII secolo: sono tutte attestazioni localizzate
nei paesi di provenienza dei pellegrini
anglosassoni che frequentarono la
grotta garganica in quell’epoca e
incisero nella pietra il segno del loro
passaggio. Essi avvertirono l’esigenza
di portare in patria, al ritorno, traccia
di quella straordinaria esperienza di
fede vissuta sulla montagna pugliese.
Lo studio delle iscrizioni del santuario garganico, il più ricco corpus
epigrafico altomedievale mai
rinvenuto in un unico complesso monumentale, ha evidenziato, accanto alle iscrizioni runiche - le
prime rinvenute in Italia - la compresenza di antroponimi di matrice germanica (longobardi,
franchi, alemanni, gotici, angli e sassoni) accanto ad
elementi italici. Sulla base di queste importanti attestazioni epigrafiche e del fatto che il dies festus dell’8
maggio - come risulta dalla documentazione martirologica - era evidentemente già conosciuto, è possibile pensare che obiettivo dell’autore dell’Apparitio
non fosse quello di specificare il dies festus - che tutti
conoscevano -, ma spiegare il motivo per il quale si era
scelto quel dies festus, che coincideva con il giorno
della battaglia: per celebrare la vittoria dei Longobardi
di Benevento, dietro suggerimento del papa.
Nel ducato longobardo di Benevento, come dimostrato
da Giorgio Otranto, la prima attestazione del dies festus micaelico dell’8 maggio è registrata in un Calendario di Montecassino agli inizi del IX secolo - dopo la
composizione del’Apparitio -, mentre il collegamento
fra la data dell’8 maggio e la tradizione garganica risale ad un Calendario dell’826, poi ripreso da altri calendari, fino alla celebrazione ufficiale da parte della
storiografia longobarda ad opera di Erchemperto nella
seconda metà del IX secolo.
Erchemperto, nella sua Historia Langobardorum Beneventanorum, è il primo a collegare esplicitamente
la data dell’8 maggio, solennemente festeggiata dai
Longobardi, con l’anniversario del giorno della vittoria
dei Longobardi di Benevento sui Bizantini, richiamando
proprio l’Apparitio: «Infatti nell’ottavo giorno dalle Idi
di maggio (8 maggio), quando noi celebriamo solennemente la festa dell’Arcangelo Michele, nello stesso
giorno in cui in tempi antichi i Napoletani, come leggiamo, furono duramente massacrati dai popoli dei
Beneventani, in quel giorno, non onorando affatto Dio,
Sergio inviò… un esercito di Napoletani e Amalfitani
www.santuariosanmichele.it
13
14
michael
anno XLI  n. 157  APRILE_GIUGNO 2015
La Leggenda del
Monte Gargano,
Miniatura
XV secolo
… ordinando loro di assediare
Capua». Secondo Erchemperto, quindi, nell’859 l’attacco
di Napoletani e Amalfitani
contro i Longobardi Capuani
fallisce perché la battaglia si
è svolta proprio l’8 maggio,
festa di san Michele secondo
una tradizione ormai consolidata e anniversario della
storica vittoria dei Longobardi Beneventani di Grimoaldo
I sui Napoletani/Bizantini nel
650. Erchemerto, dunque, per primo celebra in maniera
esplicita l’equazione dies festus dell’ 8 maggio/festa di
San Michele = giorno della vittoria sui Napoletani.
Lo stesso episodio bellico dell’859 è narrato in un’altra
opera, sempre di IX secolo, la Chronica Sancti Benedicti Casinensis: anche in questo caso l’anonimo autore
accosta l’episodio dell’859 a quello che nel 650 aveva
visto opporsi sul Gargano i Longobardi Beneventani
di Grimoaldo I contro i Bizantini/Napoletani. L’autore della Cronaca racconta la battaglia del 650 come
uno scontro diretto tra i Napoletani e l’Arcangelo Michele e, attuando quel “processo di identificazione tra
popoli e santi” (T. Granier), identifica i Longobardi di
Benevento con l’Arcangelo Michele: «In quel tempo i
Napoletani cercarono temerariamente di combattere
contro i Capuani, proprio nel giorno della festa di San
Michele. Sostenuti dal suo aiuto, i Longobardi andarono contro i Quiriti e li prostrarono con una tale strage che molti di quelli furono uccisi dalle spade, molti
furono catturati, alcuni si gettarono nel fiume; i rimanenti, pochissimi in verità, tornarono feriti nella loro
città. Per i Napoletani questa fu la seconda disfatta di
questo tipo. Tempo addietro, nel Gargano, essi avevano tentato di agire contro l’Arcangelo Michele».
In un altro passo della stessa opera viene proposta
una “lettura” in chiave provvidenziale della discesa
dei Longobardi a Benevento, guidati dall’Arcangelo
Michele. Nella prima parte, dopo aver brevemente accennato alla discesa dei Longobardi dalla Pannonia in
Italia nel 568, l’autore precisa: «Dopo di ciò essi dominarono l’Italia e si recarono a Benevento per stabilirvisi. L’Arcangelo Michele, capo delle schiere celesti,
guidò il loro esercito. I Napoletani furono portati alla
fede in Cristo». L’azione dei Longobardi alla conquista
del Sud è vista come una “missione divina” che comwww.santuariosanmichele.it
porta conseguentemente la
conversione dei Napoletani:
San Michele interviene a guidare l’esercito solo quando i
Longobardi arrivano a Benevento e vi si stabiliscono;
l’autore della Chronica sembra giustificare in termini
provvidenziali
l’intervento
dei Longobardi di Benevento
che intendevano unificare il
Mezzogiorno continentale
sotto l’egida dell’Arcangelo.
E in questa stessa direzione mi sembra possa essere interpretata la citazione di Ebrei 1,14, posta a conclusione dell’Apparitio, che sancisce il connubio tra l’Arcangelo e i Longobardi di Benevento:: «… perché gli angeli
sono spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che ricevono l’eredità della salvezza». Non ci
può essere conclusione migliore per celebrare, nell’operetta, i Longobardi di Benevento come i sostenitori
dell’ortodossia, prescelti da Michele, destinatari di un
piano di salvezza che può diventare “provvidenziale”
per l’Italia del Sud.
I Longobardi di Benevento, dunque, con l’Apparitio
sembrano avere un progetto ambizioso: “riscrivere”
la storia del loro stanziamento nell’Italia meridionale,
ribadendo la loro conversione al cattolicesimo e presentandosi integrati nell’ortodossia cattolica, protetti dall’Arcangelo Michele in un momento, quello del
principato di Arechi II, di forte affermazione della propria autonomia politica e identità religiosa.
L’autore dell’Apparitio costruisce una storia in cui
intende sottolineare il collegamento stretto tra l’anniversario della vittoria e il dies festus della chiesa consacrata dall’Angelo, collegamento suggerito
dal pontefice, nella prospettiva di far coincidere con
quella data l’inizio ufficiale della frequentazione della
grotta-santuario. L’obiettivo era quello di precisare le
motivazioni per cui il dies festus dell’8 maggio sarebbe
stato quello della vittoria politica e religiosa dei Longobardi di Benevento sui Napoletani/Bizantini, definiti
in maniera polemica e antistorica “pagani”, a sancire
l’inizio di una nuova storia per il culto di San Michele
e per i Longobardi di Benevento. Questa concezione
sarà ripresa e celebrata dalla storiografia longobarda
del IX secolo. 
*Università degli Studi di Bari Aldo Moro