BOLLETTINO giugno 2015 - Calasanzio
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BOLLETTINO giugno 2015 - Calasanzio
ANNO XXI - NUMERO 60 - POSTE ITALIANE - SPED. IN A.P. - ART. 2 COMMA 20/C LEGGE 662/96 LECCE 250 anni fa... Benedico sempre Dio, che mi ha voluto in Campi e venero le divine condotte. (San Pompilio, 9 maggio 1766, lett. 200) BOLLETTINO DEL SANTUARIO DI SAN POMPILIO Bollettino del SANTUARIO S. POMPILIO M. PIRROTTI SOMMARIO: Nuova serie - anno XXI numero 60, Giugno 2015 Padre Agostino M. CALABRESE San Pompilio per le vie del nostro cuore Periodico delle attività pastorali, educative e culturali della Comunità dei Padri Scolopi di Campi Salentina. Direttore Responsabile: P. Agostino M. Calabrese S.P. Direzione, Redazione, Amministrazione: Santuario S. Pompilio, via Pirrotta, 2 73012 Campi Salentina (Lecce) Tel. 0832.791034 - Fax 0832.797114 Sito internet: http://calasanziocampi.it per le lettere: http://scripta.scolopi.net/pompilio Impaginazione e Stampa: Minigraf Campi - Tel. 0832.792116 Anno XXI - Numero 60 Poste Italiane - Sped. in A.P. Art. 2 Comma 20/C Legge 662/96 Lecce Autorizzazione n. 324 del 21/02/2004 del Tribunale di Lecce Abbonamento annuo: offerta libera per stampa e spedizione, sul ccp 12031738. Con approvazione Ecclesiastica e dell’Ordine Cari lettori, cari abbonati, avrete certamente notato la nuova veste del Bollettino, al passo con le moderne tecniche editoriali e con le esigenze di una moderna pubblicazione. Il Bollettino, organo di informazione della vita del Santuario e di cultura religiosa, ha cadenza trimestrale. COME OGNI ORGANO EDITORIALE ANCHE IL “BOLLETTINO DEL SANTUARIO DI SAN POMPILIO” NON PUO’ VIVERE SENZA IL SOSTEGNO DEI LETTORI E DEGLI ABBONATI. ANCHE LA TUA OFFERTA CONTRIBUIRÀ ALLA SUA VITA! pag. 3 Zelinda APRILE San Pompilio M. Pirrotti lungo la via della Santità con la Croce di Cristo (2ª ed ultima parte) pag. 5 Aurora GUERRIERI ROMANO San Pompilio Maria Pirrotti Cantico d’amore al Signore pag. 10 Padre Serafino PERLANGELI Anno Santo della Misericordia e Anno Pompiliano pag. 12 Rita CANTORO Un anno vissuto con San Pompilio (marzo 2015) pag. 16 Tarcisio ARNESANO 47° Capitolo Generale degli Scolopi e la vita comunitaria pag. 22 Emilia POLIDORO La permanenza di San Pompilio a Lanciano pag. 26 Tarcisio ARNESANO San Pompilio, Campi e la devozione mariana pag. 30 Padre Giovanni GRIMALDI Capitolo Provinciale dei Padri Scolopi d’Italia 2015 pag. 34 Giuseppe POLITI Lina Destro: una Donna di Alta Dignità e di Grande Coerenza pag. 39 Programma festeggiamenti San Pompilio 14-15 luglio 2015 pag. 42 Rita CANTORO e Zelinda APRILE a cura di Visita ai luoghi pompiliani: Francavilla Fontana pag. 44 In copertina: Zelinda Aprile, San Pompilio ringrazia Dio per la sua venuta a Campi. San Pompilio per le vie del nostro cuore P. Agostino M. Calabrese C ari amici e lettori, stiamo vivendo questo anno pompiliano nel ricordo della venuta a Campi di S. Pompilio e ogni volta che leggiamo le sue lettere siamo inondati da tanta gioia che scaturisce proprio dall’aver appreso con impegno il suo insegnamento e che fa tanto bene al cuore. Nel numero precedente abbiamo visto come il Santo, attraverso le vie della nostra cittadina, ha profuso tutto il calore della sua carità, andando verso i più poveri e bisognosi; elargendo il perdono di Dio attraverso il ministero della Confessione, esprimendo così per tutti la grande misericordia del Signore. Ecco, allora, che venendo incontro ai bisogni materiali e spirituali della gente, S. Pompilio ha voluto inculcare nell’animo di queste persone l’amore verso Dio e i propri fratelli. Rivolgendosi ad una sua figlia spirituale così si esprime: “Fà atti di ringraziamento, di preghiera e di offerta, e recita per la SS.ma Vergine ad onore della santa sua Purificazione tre Salve Regina. Recita un Credo alla SS.ma Trinità con tre Gloria Patri. Non spendere il tempo invano. Stima le occasioni di far bene. Non essere scrupolosa, mentre le anime scrupolose non piacciono a Dio. Ama la pace interna del cuore tuo. Odia l’immodestia nelle strade. Ama la solitudine. Statti chiusa in te stessa. Mortifica li sensi tuoi. Non dare orecchie alle ciarle. Sfuggi li gusti, macera la carne come ti si permette dallo stato tuo. Frequenta l‘elevazione di mente in Dio. Fa spesso atti giaculatori. Riacquista il tempo perduto”. Parole che sembrano molto lontane dalla nostra mentalità, ma che ci fanno capire che, per raggiungere la serenità del cuore e la pace interiore, è necessario amare la solitudine, mortificare i sensi, riacquistare il tempo perduto in tante cose vane che ci allontanano dal Signore; ecco che il nostro Santo, per raggiungere l’intimo del nostro cuore consiglia, con forte determinazione, la pratica della preghiera, il colloquio con Dio, l’abbandono totale nella braccia di Maria, la “Mamma Bella”: “Alla Gnora consacrate voi stessa, e ditele: Gnora mia, eccomi tutta sotto il manto vostro. Aiutatemi sempre più. Li bisogni miei sono assai pericolosi. Voi lo sapete. 3 Amen” e ancora: “Andatevene alla bella Gnora, e guardandola con tutto affetto, dite spesso: Gnora mia cara, eccomi vostra figlia povera e miserabile. Voi ci avete da pensare ad aiutarmi, accioché io sii santa. Amen. Lo scopo della Direzione Spirituale di S. Pompilio è quello di condurre le anime alla santità. Non c’è lettera che non abbia uno spunto particolare che porti alla santità … “Dio, Dio e niente più”. Dio è al centro di ogni impulso spirituale che deve portare l’uomo ad amare anche il prossimo; e bisogna fare spazio nel nostro cuore per poter accogliere la grazia di Dio: “Allontanati dalle cose del mondo quanto più puoi. Consacrati al gran Signore del Tutto. Odia ogni moto interno del cuore, che non sia santo. Sradica le passioni. Uccidi ogni vermiccìuolo di amor proprio, e pensa a’ casi tuoi”. La santità non consiste nel compiere grandi opere esteriori o nell’avere grandi doti di natura, ma nello sviluppo dei doni di carità e di grazia ricevuti nel S. Battesimo; più l’uomo si apre a Dio e si abbandona nelle sue braccia e più diventa oggetto della Sua grande bontà e misericordia. Gesù l’ha detto esplicitamente: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascoste 4 queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai semplici!” ( Lc. 10,21). Ecco, sono le persone umili, semplici che aprono il loro cuore a Dio, quelle che più facilmente comprendono l’insegnamento del Signore e corrono più speditamente sulla via della santità. E San Pompilio è un modello di vita vissuta nell’amore verso Dio e nella carità verso il prossimo. “Ecco che hai da arrivare al tuo Dio caro, anima mia. … Non si perda più tempo. Si vada alla unione beata. Si corra alla santità, alla perfezione. Anima mia, Dio ti vuole. ….Lascia tutto e mantieniti fissa in Dio. La bella luce della santa fede è un mezzo assai caro, per farti arrivare alla unione con Dio. Fissati in quella luce, e da quella non ti allontanare mai più….. O’ quanto va avanti questa luce! Adorala, anima mia, e non ti curare di altro”. Grazie, S. Pompilio, che attraverso le tue lettere e i tuoi insegnamenti ci conduci per mano per le vie della santità; ci dai così l’opportunità di lasciarci guidare da te per le vie così intricate della nostra vita personale, del nostro cuore, che facilmente si allontana da Dio per seguire mete illusorie, mentre tu ci guidi verso di Lui, che è la meta essenziale ed unica della nostra esistenza. SAN POMPILIO MARIA PIRROTTI: lungo la via della Santità con la Croce di Cristo IN VIAGGIO DA ANCONA A CAMPI SALENTINA (2ª ed ultima parte) Zelinda Aprile N el precedente numero del Bollettino abbiamo raccontato di come il nostro S. Pompilio, che ingiuste persecuzioni avevano portato fuori dal Regno di Napoli, finalmente riotteneva di ritornare nella Provincia di Puglia, essendo stato assegnato a Campi Salentina. Certo, la concessione non era piena; rientrava nel Regno ad una con- dizione: che non ritornasse a Napoli! Per la verità, Padre Pompilio, come si deduce da una lettera del 20 marzo 1765, aveva già avuto il sentore che il suo trasferimento fosse imminente, solo pensava di essere assegnato a Manfredonia. Invece, ben presto comunica al suo caro amico P. Di Annibale che il P. Generale lo convocava a Roma per destinarlo Superiore “alla terra di Campi, distante da Lecce Quanti visi ha incontrato il tuo sguardo o San Pompilio; quante confidenze ha raccolto il tuo cuore durante il tuo apostolato! Quante strade hai percorso prima di arrivare qui a Campi! Grazie per la tua venuta! circa10 miglia.” Così il 15 aprile P. Pompilio comincia quel lungo viaggio, concessogli dai Superiori quasi come un premio, un periodo di riposo, che lo conduce dopo tre mesi a Campi. Quel lungo cammino, oltre ad essere un viaggio di ritorno ha l’aria di essere anche un viaggio interiore, per riappropriarsi di sè; un’esperienza purificatrice che lo porta ad attraversare mezza Italia, a rivedere luoghi e persone a Lui cari, per l’ultima volta. P. Pompilio non è solo in questo cammino. Egli affida tutti i suoi stati d’animo, i suoi pensieri ad un dialogo interiore che prende la forma di un diario 1 . Certo, non si tratta di un comune diario cui si affidano gli eventi della giornata ma è molto di più: è quasi lo specchio di un dialogo tra se stesso e Dio. Non c’è giorno, infatti, in cui Egli non cominci il quotidiano cammino con la dedica della giornata ora al Padre che Egli chiama affettuosamente Babbo mio, ora al Figlio, che per Lui diventa Amante Bello o 1 Sposo mio, ora allo Spirito Santo cui si rivolge con l‘appellativo di Colombino mio. Così il 15 aprile 1765 P. Pompilio si mette in viaggio. Certo, la partenza non è indolore: i fedeli accorrono supplicando la Comunità scolopica che lo trattenga, ma è necessario che si compia la volontà di Dio. La prima tappa è Osimo dove il nostro Pompilio si reca nella Chiesa di San Francesco per visitare la stanza e le reliquie del Beato Giuseppe da Copertino. La partenza da Osimo è ritardata dal cattivo tempo che gli fa rimandare di qualche giorno l’arrivo a Castelfidardo. Il 18 aprile è a Loreto dove celebra due volte la Messa nella Cappella della penitenzeria dei Padri Gesuiti. A dire il vero non si separa subito da quel luogo sacro tant’è che Egli scrive: “Mi volevo licenziare da Mamma Bella ma essa non volle”. Solo qualche giorno dopo, il 21, è a Macerata e quello ancora seguente a Valcimara dove celebra la Messa ai piedi di una venerata immagine della Il Diario del viaggio da Ancona a Campi Salentina è custodito nell’archivio dell’Istituto Calasanzio di Campi Salentina. 6 Madonna col Figlio. Dopo una sosta a Levarelle, impedito a proseguire dalla pioggia, si ferma qualche giorno a Foligno, dove celebra nella chiesa dei Padri Barnabiti e partecipa alla festa del beato Alessandro Sauli di cui è teneramente devoto. Il 26 è a Spoleto e poi a Terni e a Naricoli, “orridamente alloggiati”. Il 27 è a Civita Castellana e la sera parte per Castelnuovo. Finalmente il 28 è a Roma dove si trattiene fino al 30. Ospite del Collegio Calasanziano celebra all’altare che custodisce le reliquie del Santo Fondatore. Tra molte difficoltà dovute al maltempo e disagi vari giunge a Rieti, dove celebra Messa accolto dalla comunità scolopica. Poi è la volta di Antrodogo, l’Aquila, Civitate: luoghi impervi nei quali il viaggio diventa “orrido e pieno di pericoli”. Il 4 maggio giunge a Castellammare accolto da don Marcantonio Di Annibale il quale descrive quell’incontro: “...giunse solo soletto in calesse... Mi si buttò al collo, dandomi tanti baci ed abbracci senza poter parlare per l’estremo gaudio... Quindi volle subito celebrare la S. Messa alla Madonna Bella Addolorata. La celebrò con tanta tenerezza ed effusione di lacrime e devozione che fece piangere per tenerezza tutti gli astanti”. Il 6 maggio si sposta a Castellalto, accolto dalla famiglia di don Marcantonio il quale continua il suo racconto narrando di come, dovendo dividere la camera con P. Pompilio, non può fare a meno di descrivere la 7 Da “Amerò sempre” di Don Teodoro Rapuano nottata: P. Pompilio vuole dormire a terra ma solo per fare contento il confratello, si stende su una cassapanca avendo per guanciale una sacca da viaggio. Pur dimorando a Castellalto si sposta poi in visita a Teramo. Il 12 maggio riprende il viaggio: fa tappa a Francavilla da cui si sposta per andare a Ortona dove incontra il domenicano P. Galli che tanta influenza ha avuto sul suo spirito, soprattutto nel consigliargli l’accettazione della Croce: 8 “Voi dunque fate, spogliato e nudo di voi stesso, come lo Sposo: tutto in tutto, e per tutto nudo in croce, fate dico quello che vogliono i Superiori, e questa è la via di cui ora si vale la Provvidenza per adempiere in voi la gran promessa fattavi secondo l’intenzione della sua mente Divina del caro bene Gesù”. E’ poi a Lanciano, ospite della Baronessa Gigliani che lo rifornisce di biancheria e che lo venera come un santo, al punto da richiedergli dei ricordi e “tagliargli parte della veste...”. Per il giorno dell’Ascensione è a Francavilla, poi a Chieti accolto dal tesoriere della città, don Domenico Troisi il quale gli mette a disposizione fino a Sulmona un vetturino ignorando, però la scostumatezza di quest’uomo che, lungo la strada maltratta P. Pomplio, fino a farlo scendere dal calesse per fare posto ad altri viaggiatori. Insomma, tra mille disagi e sotto una pioggia battente raggiunge Aversa, giorno di Pentecoste. Il 29 fa tappa ad Avellino, poi ad Ariano e il 31 è a Montecalvo: finalmente a casa! “Alli 31 fu di Voi mio Sposo Divino, e stiedi in Montecalvo avendo detto Messa in Cappella domestica della Casa sotto gli auspici di Mamma Bella dell’Abbondanza.” Sono giorni bellissimi quelli passati in Montecalvo, pieni di sentimenti e di riscoperta dei ricordi più cari. Risultato di questo intensissimo periodo di meditazione, di preghiera e di totale affidamento a Dio, oltre che l’aver suscitato una profonda devozione popolare è la composizione di una bellissima Novena al Sacro Cuore di Gesù, nella quale il Cuore di Nostro Signore è incastonato come una pietra preziosa tra parole meravigliose e pensieri di amore totale. Il 17 lascia Montecalvo e prosegue il suo viaggio verso Campi. Fa tappa a Troia, a Foggia, a Trani; il 2 luglio è a Molfetta, a Bari, Monopoli, in ogni luogo celebra la Messa, incontra volti, stringe mani. Il 5 luglio è a Mesagne dove celebra nella Chiesa dei PP. Celestini. Il vetturino che lo accampagna però si ammala e non può proseguire il viaggio verso Lecce, così si ferma a Cellino e passa tutta la notte in calesse non avendo trovato una dimora più dignitosa. Finalmente il 6 è a Lecce, ospite del Commissario di guerra D. Martino Laporta. Si ferma a Lecce diversi giorni accolto e benvoluto da eminenti personalità del luogo. Il 12 luglio scrive: “Al dopo desinare partii per Campi collo stesso Commissario di Guerra D. Martino Laporta”. Vi giunge in serata e già il giorno dopo celebra all’altare dedicato allo Spirito Santo o, come Egli lo chiama “Colombino”. E così fa anche nei giorni seguenti e per l’intero anno a venire. E giorno dopo giorno incide con le sue parole, i suoi gesti, la sua pietà, il cuore degli abitanti e la storia stessa di Campi Salentina. 9 SAN POMPILIO MARIA PIRROTTI CANTICO D’AMORE AL SIGNORE Aurora Guerrieri Romano “Cantate al Signore un Canto nuovo”(Salmo) L e parole del salmo invitano a guardare al Signore e in Lui alle creature che vivono sulla terra con il cuore aperto alla Speranza, la seconda Virtù teologale che fa riflettere sull’importanza di camminare per le diverse vie della vita, a volte impervie e dolorose, innalzando al Cielo inni di lode e di ringraziamento a Dio Padre. Coloro che guardano alle meraviglie del Creato, infatti, vivono con i piedi sulla terra e lo spirito rivolto al Signore, Artefice e Custode di ogni Bene. San Pompilio sin da piccolo amava immergersi nella contemplazione del Creato, atteggiamento, tanto spirituale quanto mistico che, con il passare degli anni, diveniva una esigenza spirituale. Infatti, nel cuore del sacerdote innamorato della Vergine Santa, prendeva sempre più spazio l’intima esigenza di farsi guidare dal Cielo della Grazia. 10 Tutto il suo percorso terreno aveva, infatti, il “profumo” inconfondibile di una vita straordinaria segnata dalle numerose esperienze mistiche che lo facevano crescere spiritualmente, crescita scandita e sostenuta dal desiderio di abbandonarsi con Fede, sempre più viva e profonda, alla volontà di Dio. Per il sacerdote Pompilio Maria Pirrotti il Sacro Cuore di Gesù era il punto di partenza, la Roccia su cui mettere le radici, l’àncora spirituale a cui aggrapparsi per continuare ad essere un servo fedele del Signore, un servo sempre disponibile, pronto ad intercedere per il bene del prossimo. La sua anima “orante”, sostenuta e protetta dalla Vergine Santa, lo portava a guardare al Cielo per servire, alla Luce della Parola, il popolo di Dio bisognoso di esempi luminosi, esempi concreti a cui fare riferimento per crescere e far crescere il prossimo nella Fede. San Pompilio Maria Pirrotti, innalzando al Cielo cantici di gioia e d’amore, operava nel silenzio e, servendo il Signore nell’umiltà, insegnava a tutti, in modo particolare ai sacerdoti e alle anime consacrate, a divenire contemplatori straordinari della grandezza e bellezza del Signore Dio e soprattutto insegnava a pregarLo e lodarLo e a fare della preghiera l’alimento vitale dello spirito. “Il Signore buono e grande nell’amore”, conosce il cuore di tutte le sue creature, in modo particolare di quelle che lo hanno scelto e continuano a sceglierlo per condividerne il Sacramento del Sacerdozio. Gesù, Sommo ed Eterno Sacerdote, attende dalle Sue creature risposte d’Amore, in modo particolare le aspetta dai Suoi Sacerdoti, ai quali ha dato lo specifico compito di guidare e sostenere nella Fede il popolo di Dio, solo così gli uomini possono divenire umili adoratori del Mistero stesso di Dio Padre. San Pompilio Maria Pirrotti era innamorato della Parola che viveva quotidianamente, insegnando con l’esempio a camminare sulle diverse vie della vita con lo sguardo reso luminoso dalla mitezza e dall’umiltà “…imparate da me che sono mite ed umile di cuore…”. L’invito di Gesù è chiaro e semplice, invito che San Pompilio metteva in prati- ca, quotidianamente. Egli era innamorato di Gesù Crocifisso che pregava e contemplava, traendo dall’imparagonabile e supremo esempio del Figlio di Dio, il coraggio per sottoporsi alle diverse privazioni, quali il digiuno e il riposo. San Pompilio ha fatto della sua vita terrena un umile percorso di Fede che lo ha portato a vivere intensamente e a guardare momento per momento al Cielo, guidato da una chiara esigenza interiore: vivere nel mondo con mitezza e il cuore pieno dell’Amore di Dio. La sua vita tanto misteriosa quanto bella, continua ad invitare gli uomini a mettere in pratica le virtù che aiutano a stare nella Verità e aprono le porte alla Santità. La cittadina di Campi Salentina è stata segnata dalla presenza sublime del Santo Sacerdote che metteva quotidianamente in pratica la Parola, la sola che insegna a camminare sulla terra con la semplicità dei “piccoli”: «… se non sarete come questi bambini non entrerete nel Regno dei cieli» e la mitezza e l’umiltà dei grandi Santi. I Santi, infatti, trovano le giuste risposte d’amore in ogni circostanza, invitando il prossimo a guardare a chi prega, ama, edifica, contempla e aiuta gli altri uomini a crescere nella Fede e ad essere servi fedeli in Cristo. 11 Anno Santo della Misericordia e Anno Pompiliano P. Serafino Perlangeli F elice coincidenza! Il Papa indice il 12 aprile, festa della divina Misericordia, l’Anno Santo della Misericordia, che avrà luogo dall’8 dicembre 2015, in ricordo del cinquantesimo della chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II (1965), al 20 novembre 2016, Festa di Cristo Re, nel mentre ricorre l’Anno Pompiliano per i 250 anni dell’arrivo e della morte di S. Pompilio a Campi (1715/1716 - 2015/2016). I due eventi si richiamano alla misericordia divina: Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo (Ef 2,4). Papa Francesco pone al centro dell’attenzione il Dio misericordioso che invita tutti a tornare da Lui (Nota Radio Vaticana, 14 /03/2015). L’incontro con Lui ispira la virtù della misericordia. Nel suo significato spirituale, l’Anno Santo consiste in un perdono generale, un’indulgenza aperta a tutti, e nella possibilità di rinnovare il rapporto 12 con Dio e il prossimo. Così, l’Anno Santo è sempre un’opportunità per approfondire la fede e vivere con rinnovato impegno la testimonianza cristiana. Il rito di aprire la Porta Santa esprime simbolicamente il concetto che, durante il Giubileo, è offerto a tutti un “percorso straordinario” verso la salvezza. “Sentire misericordia, dice il Papa, questa parola cambia tutto. E il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza” (Angelus 17 marzo 2013). E ancora: “C’è tanto bisogno oggi di misericordia, ed è importante che i fedeli laici la vivano e la portino nei diversi ambienti sociali. Avanti! Noi stiamo vivendo il tempo della misericordia, questo è il tempo della misericordia” (Angelus dell’11 gennaio 2015). Ancora, “Quanto desidero che i luoghi in cui si manifesta la Chiesa, le nostre parrocchie e le nostre comunità in particolare, diventino delle isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza” (Messaggio per la Quaresima 2015). S. Pompilio è il Santo della misericordia; la esprime nella sua vita, nel suo ministero, nella sua comunità; la inculca e la sollecita nei suoi penitenti Egli stesso infatti si affida alla misericordia divina e ne canta le lodi: misericordias Domini in aeternum cantabo (lett. XLIV), e ponendo in Dio solo la sua fiducia: Dio, Dio, Dio e niente più (lett. LXXIX). Nelle difficoltà e miserie umane non trova altro rifugio se non nella misericordia divina, abbandonato nelle divine mani, perché o’ quanto il Sommo Amante sa bene agire per sua infinita misericordia (cf Lett. XCVII). Grande misericordia e pazienza usa nei confronti dei confratelli, aman- do tutti, scusando tutti, comprendendo tutti, usando bei modi e belle maniere, con delle barzellette per tenere allegra la comunità, inducendo i confratelli, pregandoli in ginocchio, a più ragionevoli e spirituali sentimenti. Nelle numerose e affollate confessioni usa dolcezza, comprensione, bontà e misericordia, mettendo i penitenti a loro agio e libertà nel confessare i propri peccati, facendo sperimentare loro la bontà e la misericordia di Dio che non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva. I confessori siano misericordiosi, dice il Papa (Bolla d’indizione, n.17). Nella direzione spirituale fa toccare con mano quanto impegno, pazienza e misericordia usa Dio nei confronti delle anime, per condurle e introdurle alla comunione intima con Lui, nonostante la resistenza della natura umana, poco duttile all’azione della grazia divina. 13 Ecco alcune eloquenti e accorate espressioni: Che farò io, nel vederti con me tanto ingrata senza veruna corrispondenza? Io ti sopporto, perché la mia divina misericordia vuol trionfare di te, ma vedi che la ingratitudine è un vizio trafittivo assai del Cuore mio e mi stimola ai castighi. Sappiati avvalere del tempo, e non fare che venga lo sdegno mio sopra di te. È tempo adesso di corrispondenza, e la corrispondenza ha da essere fondata nei fatti. Dammi il libero maneggio di te, e lasciami far di te quanto mi piace. Così mi corrisponderai. Questo ti dice un Dio, anima mia. Che vuoi far tu?(lett. 3). Non si lascia attendere la risposta e la considerazione dell’anima: Dio non cessa di amare me. Io non cesso di dare disgusto a Dio. Io col fiele sempre per Lui; esso col miele sempre per me. Signore, questa è la mia vita, piena di iniquità. Abbiate pietà di me. Non mi trattate come mi merito, usate con me 14 misericordia (lett. 5). Di questo tenore sono le circa 44 espressioni che mettono in risalto la misericordia divina e che possono aiutarci a corrispondere a Dio che ci ama. È bene tenere presente durante l’Anno Santo il Vangelo di Luca, chiamato “evangelista della misericordia”; lo “scriba mansuetudinis Cristi”, come lo definisce Dante Aligheri: “narratore della mitezza del Cristo” (De Monarchia, I XVI 2). La misericordia è un tema molto caro a Papa Francesco che ha per motto vescovile: “miserando atque eligendo”, citazione presa da S. Beda il Venerabile, a proposito della vocazione di S. Matteo: “Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore (con occhi di misericordia) e lo scelse, gli disse: Seguimi”. (Bolla d’indizione, n.8) Questo passo è un omaggio alla misericordia divina, la quale, leggiamo nella Evangelii gau- dium, dove il termine misericordia ricorre 31 volte, “è la chiave del cielo” (n. 197). “Come, in pericolo d’incendio, corriamo a cercare acqua per spegnerlo, allo stesso modo, se dalla nostra paglia sorgesse la fiamma del peccato e per tale motivo ne fossimo turbati, una volta che ci venga data l’occasione di un’opera di misericordia, rallegriamoci di tale opera come se fosse una fonte che ci viene offerta perché possiamo soffocare l’incendio” (n. 193; S. Agostino). “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36; Ev. Gaudium, n. 179). Misericordiosi come il Padre: è il motto dell’Anno Santo (Bolla d’indizione, n. 13 e 14). Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre (Sal 25,6; Bolla n. 25). San Pompilio apostolo della Carità “Un anno vissuto con San Pompilio” marzo 2015 Rita Cantoro 250 anni dalla venuta a Campi di San Pompilio, dalla sua permanenza tra noi, per le nostre vie, tra la povera gente come tra i signori del luogo per circa un anno, prima della sua morte. Sono convinta che niente avvenga a caso. Se San Pompilio è stato con noi ed è ancora tra noi con il suo corpo una motivazione c’è: approfondendo la sua conoscenza possiamo rinnovare e far rivivere in noi e intorno a noi il suo messaggio di essenzialità, di misericordia, di carità. Tanti saranno gli appuntamenti in programma per quest’anno vissuto con lui. Intanto, per partire, si è voluto onorare San Pompilio con un Concerto sot- totitolato libere divagazioni artisticoletterarie sul pensiero di San Pompilio, tenutosi nel Santuario il 17 marzo, in ricordo del giorno della Canonizzazione avvenuta il 19 marzo 1934 a Roma; a seguire, il giorno dopo, una solenne Concelebrazione eucaristica in Chiesa Madre, presieduta dal Padre Provinciale della Provincia Italiana dei Padri Scolopi, P. Ugo Barani, in ricordo del solenne Pontificale celebrato il 24 Luglio 1934 nella nostra Collegiata di Campi e di cui, nel Museo Pompiliano, si conserva una tela del nostro concittadino, il pittore Nino Trevisi, raffigurante l’evento. Quale migliore proposta di quella di coniugare il linguaggio universale e sublime della musica con la lettura dei pensieri di San Pompilio!? Eseguito dai musicisti dell’Ensemble Concentus e dai danzatori della Compagnia di Danze storiche Tempus saltandi, in veste di lettori, il lavoro è stato redatto dal Dott. Vincenzo Iacoviello, che ne ha pure curato la regia. Ho posto alcune domande all’autore: - Come nasce il tuo lavoro? “Il Concerto nasce come evoluzione dello spettacolo Scherza con i fanti ma… lascia stare i santi, in cui il profano e il sacro si confrontavano, proponendo un modo di vivere terreno legato a idee, usi e costumi del periodo (Scherza con i fanti) ed un altro saldamente ancorato a valori cristiani (lascia stare i Santi). Il primo mutevole e temporaneo, il secondo immutabile ed eterno. Grazie alla consulenza dei Padri Scolopi, in particolare di Padre Serafino, posso dire che le libere divagazioni hanno assunto un significato di guida spirituale: perché si vive e perché si muore, rispetto al come si vive, come si muore delle precedenti divagazioni”. - In che cosa differisce questo lavoro dagli altri? “Negli altri lavori, il profano e il sacro si confrontavano alternando poesie dialettali, pièces di autori come Eduardo de Filippo e Stefano Benni con testimonianze o biografie di beati o di santi. Questo evento presenta brani di 17 autori coevi o vicini al periodo di San Pompilio ed è arricchito dalla componente musicale; viene infatti presentato con il titolo di Concerto, perché i brani musicali, oltre che creare l’atmosfera di un salotto del Settecento, servono a sottolineare le riflessioni sulle libere divagazioni artistico-letterarie tra un gruppo di nobili e San Pompilio. Musica come nobile forma di arte, nel senso più bello del termine”. - L’arte può avvicinare a Dio e nello specifico, a un Santo, come ponte per arrivare a Dio? “L’esercizio di preparazione di questo lavoro mi ha arricchito molto: il lavoro di ricerca dei testi, i confronti con il Maestro Maurizio Ria per la scelta delle musiche, con te, Rita Cantoro, per la scelta del ballo che doveva rappresentare la Vanità ed il preziosissimo supporto dei Padri Scolopi mi fanno pensare che il Signore abbia incaricato San Pompilio di farmi pervenire questo meraviglioso invito: perseguire la salvezza dell’anima anche mediante l’arte in generale, il teatro in particolare. Meditando quindi sull’ utilità eterna, secondo l’insegnamento di San Pompilio: Tutto il tempo che potete rubare dalle cose temporali, secondo lo stato vostro, applicatelo a servizio 18 di Dio. Non perché Dio lo volesse per sé, ma per vostro profitto e utilità eterna. O’ che parola è questa! Utilità eterna”. Strutturato su sei temi e con un brano musicale che chiude ogni ciclo di riflessioni, il Concerto prende l’avvio con il canto A lieta vita di Giacomo Castoldi. Delle figure di nobili in abiti del Settecento, arrivano a palazzo e, nel corso di un lieto convivio, esprimono la loro visione sui temi proposti, riportando le parole di filosofi e letterati dei secoli passati, con la loro visione laica e svincolata da precetti religiosi. In dominanza sulla scena, immediata e puntuale, arriva la replica di San Pompilio sullo stesso tema. 1. Per il tema della Vita, a Chi sminuisce i miei beni di Miguel de Cervantes si contrappongono le parole del Santo: Questa vita è brieve, se siamo oggi non saremo dimane. Allegramente! Nel Paradiso voglio sforzarmi di fabbricare un Palazzone per tutti i nostri parenti. Allegramente! Là godremo; qui solo si patisce. Perseveranza! Con la musica Folias di Andrea Falconieri si chiude il primo argomento. 2. Per il tema della Fede, si confronta L’analogia dell’orologiaio di Voltaire con l’esortazione pompiliana: Dio, Dio, Dio e niente più. Dio farà tutto. Fede viva a Dio, a Dio, a Dio. Non ci fidiamo degli uomini, no, no. Io ho Dio, e Dio ci penserà; veggo miracoli dal mio Dio: Deus meus et omnia, ecco che voglio Dio, Dio, Dio. Sulle note dell’ O Domine Deus di Vivaldi ha termine il secondo quadro. 3. Per il tema della Preghiera, a Il dramma di Faust: “Notte” di Goethe, seguito dal canto Lascia ch’io pianga di Georg Friedrich Haendel, fanno eco le parole del Santo: Attendi alla vera solitudine del cuore, odia ogni cosa della terra. Ama correre al Cielo. […] Là statevene uniti collo Sposo. Segue il canto Se l’aura spira di Girolamo Frescobaldi e il ballo Sarabande pour femme (musica di JeanBaptiste Lully, coreografia di RaoulAuger Feuillet) che con le sue movenze barocche e l’abito della danzatrice pieno di lustrini rappresenta la Vanità; l’assolo di danza offre un momento di meditazione tra il fatuo splendore della vanità della vita terrena e l’abbagliante splendore di un’anima che, illuminata dalla Fede, tende alla vita eterna. 4. Riguardo al tema della Morte, alla poesia Sopra la morte di Vincenzo Monti, fanno riscontro i Considera del Santo di Montecalvo, con le parole: 19 Come mi porto io intorno al procacciare la salute eterna della povera anima mia? Considera: Come mi troverò in punto di morte? Verrà la morte. Mi troverà immatura. Che sarà di me? Come rimedierò all’eternità? Signore, non mi cogliete immatura dall’albero della vita presente. Fatemi maturare e poi coglietemi”. Segue il momento di riflessione sulle musiche e parole dell’Homo fugit velut umbra o Passacaglia della vita di Stefano Landi. 5. Per il tema dell’Aldilà, i versi di Edward Young da Pensieri notturni rimandano ai pensieri di San Pompilio che vede l’anima come la sposa del Verbo divino che a Lui si rivolge dicendo: Voi pensateci a rivestirla di quella veste della quale si vede priva, quantunque di quella ben Voi la vestiste nel primo beato sponsalizio, aspet- tando il momento della vita altra come incontro nuziale della sposa (l’anima) che finalmente si ricongiungerà allo Sposo. Chiude il tema Aria amorosa di Nicola Matteis. 6. Il significato del momento finale, il tema dell’Eternità, è forse quello della conversione dei nobili? Intervento dello Spirito Santo? Ripudio della vanità? O bone Jesu di Giovanni Pierluigi Palestrina porta quei personaggi a meditare e, prima dell’esplosione di gioia dell’Exultate, jubilate di Mozart, i nobili usano le parole del Santo per interrogarsi sulla loro vita: “Il mondo mi ha acciecata colle sue lusinghe, e ha ucciso me poco accorta colle sue carezze”; “Dove ti toccherà, anima mia? L’eterno ti aspetta”. Anche noi interroghiamoci sul senso della nostra vita. A noi il discernimento tra ciò che è vano e ciò che è eterno, tra il vivere ‘alla giornata’, godendo dell’effimero e del passeggero, e il vivere dando un senso all’esistenza, ponendosi come obiettivo primo la salvezza dell’anima, ricordando che c’è in gioco la vita eterna. Si tratta di assicurare l’eternità. Badatevi bene, e non vi fate ingannare dal mondo, che alletta, lusinga, accarezza. Fate che Gesù vi porti, e contentatevi di quello che Gesù vi dà; e quando vi dà esso un poco di fervore, voi pigliatevelo e con quello correte ad abbracciarlo. Quando poi vi vuole abbattuti e derelitti, statevene pure: è lavoro della grazia. Io da peccatore non tralascio pregare Gesù, mentre voi possiate crescere nell’amore verso il Sommo Bene, non essendovi altra cosa nel mondo. Amen. Statevene con Gesù. (San Pompilio). Presentatrice: Laura Palmariggi Tempus saltandi: Ensemble Concentus: Ludovica Melpignano – Soprano Pier Paolo Del Prete – Violino Maurizio Lillo – Violino Maurizio Ria – Viola da gamba Giovanna Tricarico – Cembalo Vincenzo Iacoviello – San Pompilio M. Pirrotti Rita Cantoro – Nobile – lettrice e danzatrice Irene Simone – Nobile – lettrice Mattia Ragolia – Nobile – lettore Francesco Tauro – Nobile – lettore 21 47° CAPITOLO GENERALE DEGLI SCOLOPI E LA VITA COMUNITARIA Tarcisio Arnesano I l 47° Capitolo Generale degli Scolopi, la più importante assemblea dell’Ordine fondato da San Giuseppe Calasanzio, si terrà dal 29 giugno al 21 luglio prossimi, sotto il motto di “Discepoli e Testimoni”, e vi parteciperanno 62 religiosi provenienti da ogni parte del mondo, in particolare dalla crescente realtà scolopica dell’Asia. La sede sarà la città di Esztergom a 50 chilometri da Budapest, in Ungheria, dove gli scolopi sono presenti dal 1717. Tre saranno i temi centrali che verranno affrontati dai Padri Capitolari: 1) La cultura vocazionale; 2) La vita comunitaria; 3) Il vissuto integrale della vocazione scolopica. Si tratta di tre temi decisivi e fondamentali per rispondere alle sfide dei nostri tempi e che riguardano l’identità stessa dell’Ordine. Il tema, che sta più a cuore a tutti, è il secondo ed è messo in luce in una “Salutatio Patris Generalis o Lettera ai Fratelli, inviata dal Padre Generale Pedro Aguado lo scorso mese di Aprile, 22 dal titolo Vivere in Comunità “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo”, della quale cercheremo di offrire ai nostri Lettori un’ampia sintesi, per trarne delle conclusioni che valgano anche per la nostra vita quotidiana di laici. Il Padre Generale parte dalla costatazione che “c’è una grande nostalgia di una migliore, più fraterna e più evangelica vita comunitaria nel nostro Ordine”. Per avanzare nel faticoso processo di rinnovamento della vita comunitaria è indispensabile però trovare la chiave, che non è quella di far progetti di comunità, o di riflettere sul ruolo della comunità né consiste nella capacità di accoglienza delle comunità scolopiche: questi aspetti sono tutti molto importanti e costituiscono degli obiettivi da perseguire con tenacia, ma non decisivi. Un illuminante punto di partenza viene invece dalle Costituzioni delle Scuole Pie là dove affermano: “Riuniti in comunità di fede dal vincolo della carità che il Padre ci ha comunicata e dalla medesima vocazione calasanzia- na, imitando la maniera di vivere che Cristo condusse con gli Apostoli e che la Chiesa primitiva continuò con Maria, noi diventiamo in qualche modo ministri della speranza del Regno futuro e della fraterna comunione fra gli uomini”. La comunità, ogni comunità è quindi incentrata nel Signore, perché Cristo è la ragione stessa della nostra vita comunitaria. Recuperando il primato dell’essenziale, si potranno fare autentici progressi di conversione, cioè di cambiamento di direzione e di correzione di rotta. Il Padre Generale cita poi la lettera di San Paolo ai Filippesi ed in particolare il prologo dell’inno, non sempre tenuto nella considerazione che merita: “Se dunque c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù…”. Cristo Gesù, ricordiamolo sempre, è il vero maestro che educa soprattutto con la testimonianza della sua stessa vita, donata fino all’estremo sacrificio. Quello che insegna, lo mostra soprattutto con le sue opere, non soltanto attraverso una dottrina, per quanto suggestiva e affascinante. “Egli - continua San Paolo – pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come un Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendoso obbediente fino alla morte e a una morte di croce…” E’ indispensabile far precedere 23 Ungheria Esztergom - Centro Albertinum: sede del Capitolo Generale questa straordinaria riflessione cristologica dal prologo, che è un invito alla fraternità, al rispetto reciproco, alla comunità, ai sentimenti comuni, alla stima degli altri più che alla propria, perché quelli sono i sentimenti di Cristo. Questa è la “chiave maestra della vita comunitaria”, dalla quale scaturiscono tutti i progetti di rinnovamento. La chiave è la centralità del Signore nella nostra vita e il processo di identificazione con il Signore che tutti siamo chiamati a fare, in modo che l’amore fraterno diventi l’espressione dell’amore per Cristo e il perdono a chi mi offende viene offerto come frutto del perdono amorevole di Cristo sulla Croce. Ognuno di noi è chiamato alla sequela del Signore che ci unisce in comunità e solo così saremo testimoni di Lui e non di noi stessi. Solo così le comunità scolopiche saranno comunità 24 di accoglienza e di riferimento per i giovani o per i laici. Tutto questo costituisce nell’Ordine delle Scuole Pie un insopprimibile anelito ed un’evangelica nostalgia di una migliore e più scolopica vita comunitaria. In questo non si parte da zero, perché già esistono preziosi esempi di amore per la comunità, di fedeltà alla vita religiosa, di preoccupazione per i fratelli, di accompagnamento fraterno, di interesse per i giovani e gli anziani, in una parola di amore per l’Ordine. Questi sono i punti salienti della Salutatio del Padre Generale a tutti i Confratelli, che abbiamo cercato di comunicare ai nostri Lettori, non solo per tenerli al corrente della vita delle Scuole Pie specialmente nei suoi momenti solenni, quale è il Capitolo Generale, ma anche perché quanto Padre Aguado suggerisce ai suoi Confratelli vale per noi laici e per la nostra vita quotidiana. Le parole che abbiamo messo in corsivo e tra virgolette devono essere meditate e fatte proprie anche da ciascuno di noi, perché tutti abbiamo il compito di formare Comunità, dovunque siamo: in famiglia, al lavoro, nelle varie forme di vita associativa. La vera comunione di intenti e di sentimenti con i nostri fratelli vicini ci fa superare tutti gli ostacoli e i problemi, grandi e picco- li, che angustiano e immiseriscono la nostra vita quotidiana dandole un respiro largo, che la ricerca del proprio particolare non potrà mai dare. Stiamo quindi vicini a tutti gli Scolopi e preghiamo perché il Capitolo Generale possa rappresentare per tutto l’Ordine l’inizio di una nuova vita comunitaria, per la quale tanto si battè il nostro San Pompilio nelle comunità in cui operò e soprattutto in quell’anno in cui soggiornò nella Comunità di Campi. Ungheria Esztergom - Centro Albertinum: Cappella LA PERMANENZA DI SAN POMPILIO A LANCIANO Emilia Polidoro di facile soluzione. Finalmente nel ’arcivescovo Andrea 1664 il mercante lancianese Gervasi (1622-1628) fu il Francesco Valsecca mise a disposiprimo a richiedere la prezione il suo ricco patrimonio per la senza degli Scolopi a Lanciano, con fondazione di una scuola, da affidare una lettera datata 29 gennaio 1627. in prima istanza alla Compagnia di Da allora lo scambio epistolare proGesù, ma se essa avesseguì con la città di se rifiutato, agli Lanciano. Il 24 Scolopi. Seguì un altro novembre 1636, infatlungo periodo di trattati, San Giuseppe tive. Nel 1734, Città e Calasanzio scrisse ai Scolopi firmarono un signori di Lanciano atto pubblico con reciche se il Signore avesproco impegno. La se voluto gli Scolopi a Città cedeva il lascito Chieti, sarebbe stato Valsecca agli Scolopi, più facile inviarli che avrebbero a loro anche a Lanciano. (G. volta aperto una scuoSantha, Epistolae ad la. In attesa del perfeSan Iosephum CalaStemma civico zionamento degli atti, sanctium ex Hispania Comune di Lanciano i beni di Valsecca et Italia, Romae, 1972) furono amministrati dai procuratori In un certo senso condizionò l’aperdella Madonna del Ponte, che provvitura della scuola di Lanciano a quella soriamente aprirono una scuola di di Chieti. Infatti i problemi che si latino e di arti liberali per la giopresentavano, e non solo quelli di ventù. In seguito furono stipulati natura economica, non sembravano L 26 diversi atti notarili per definire tutti i dettagli. Queste le date: 29 ottobre 1734, 29 novembre 1734, 1 dicembre 1734, 25 gennaio 1735. In quest’ultima data, i locali da adibire a Collegio, abitazione per la Comunità, scuole e Chiesa furono consegnati nello stato di fatto, ma i lavori di ristrutturazione durarono circa e oltre dieci anni. La scuola ebbe inizio nel 1734, nei vecchi locali. P. Pompilio giunse a Lanciano nell’autunno del 1742 per insegnare retorica, la stessa disciplina che aveva insegnato a Francavilla, Brindisi e Ortona. Quasi subito venne a contatto con le famiglie nobili e censitarie di Lanciano, alle quali indirizzò, in seguito, molte sue lettere. Infatti, padre Pompilio, oltre l’insegnamento, curò molto l’evangelizzazione, attraverso varie forme. Proprio per questo divenne direttore spirituale dei componenti della congregazione Morte ed Orazione di S. Filippo, tra i quali si distinguevano i coniugi Domenico Antonio Ferramosca e Giovanna Napolitano sua moglie. Le due fami- glie, Ferramosca e Napolitano, erano legate a doppio filo, dal momento che un Ferramosca aveva sposato una Napolitano e un Napolitano aveva sposato una Ferramosca. Entrambe avevano come amici i Mancini, tra i quali Francesco, prefetto della confraternita e sposato a Vittoria Ferramosca, tutti diretti spiritualmente da padre Pompilio (Manoscritto Bochache), e riportati nel catasto del 1747. In esso compare anche la famiglia Ravizza, di cui Giuseppe si ricorda come mastro giurato di Lanciano. Merita una menzione particolare la famiglia Capretti, trasferita dalla Spagna a Lanciano. Allora abitava vicino alla chiesa di Santa Chiara ed era composta dai due genitori, sette figli e quattro servitori. Nell’anno scolastico 1743-44 Giovanni di 16 anni si assentò da scuola perché si sentiva male. I compagni notarono l’assenza e San Pompilio disse che era a casa moribondo. Alcuni andarono a casa, forzarono la porta e trovarono il ragazzo disteso a terra. Si riebbe per le pre- 27 ghiere di padre Pompilio. La famiglia Capretti, riconoscente, impose il nome di Pompilio al figlio che stava per nascere, come risulta dal catasto del 1747. Altre due famiglie erano amiche di padre Pompilio: i baroni Gigliani, originari di Agnone, in provincia di Campobasso e i conti Genuino, provenienti da Napoli. Nel settembre del 1746, senza motivazioni chiare e razionali, padre Pompilio fu di fatto spostato da Lanciano, nonostante il pellegrinaggio a Loreto, la visita a Roma e la permanenza a Pescara. Infatti una lettera del 5 novembre 1746, scritta dal Vicario generale dell’Ordine e indirizzata al Provinciale, lascia intendere proprio questo. Cercheremo di illuminare l’allontanamento di padre Pompilio da Lanciano con una serie di fatti coevi che lo hanno facilitato. Dal 1739 era vescovo di Lanciano, monsignor Domenico Pace, proveniente da Lucera, e consacrato vescovo da papa Clemente XII. Il 13 febbraio 1741 lo stesso vescovo firmò il decreto di erezione della nuova confraternita 28 “Pietà e Concezione” con sede a S. Maria Maggiore di Lanciano e contemporaneamente istituì il Monte dei Morti. Nella visita “Ad limina” del 1742 si rallegrò per i 32 seminaristi che frequentavano il seminario. Morì il 24 febbraio del 1745, ma fino al 27 luglio dello stesso anno, la sede episcopale rimase affidata al vicario capitolare don Silvestro De Cecco. Il concordato del 1741 abolisce gli antichi trattati e stipula un accordo tra papa Benedetto XIV e l’ambasciatore di Spagna, con ricadute positive sull’istruzione e sugli effetti giuridici. Purtroppo gli stati pensano di asservire la Chiesa ai loro scopi e i rapporti talora diventano tesi. L’esigenza di sintesi tra fede e ragione, da una parte, offre nuovi stimoli per una lettura della Scrittura più attenta e dall’altra, genera forme di intolleranza irrazionale. Così San Pompilio, negli anni in cui visse a Lanciano, dovette affrontare tre problemi legati non solo al tempo storico, ma anche ai rapporti con le famiglie cristiane ricche, con il clero diocesano e con la povertà: San Pompilio Maria Pirrotti Chiesa Santa Chiara, Lanciano - il clero diocesano, in parte era disponibile ad accettare il razionalismo settecentesco; - le famiglie ricche facevano fatica a capire la nuova relazione tra scienza e istruzione; - la povertà era piuttosto diffusa. L’ordine religioso degli Scolopi reagisce con la prudenza che le è propria e soprattutto con la carità ubbidiente, il clero diocesano si affida ai seminari perché riescano a coniugare fede e ragione; Padre Pompilio, da santo, anticipa i tempi. Percepisce con la comunione intima con Dio i cieli nuovi e le terre nuove. Va in giro per la questua e restituisce tutto ai poveri. A Ortona, giornalmente, si reca nelle casupole dei pescatori per evangelizzarli, suscitando le ire dei nobili. A scuola insegna con passione educativa non solo la sua disciplina, nella quale era specializzato, ma il modo concreto di vivere la fede, che diventa Vangelo vissuto. Infine con i nobili insiste con la confessione e la direzione spirituale. E’ un mezzo eccellente per guidarli verso il cammino della santità. Andare a ricercare colpe e ragioni dei singoli, che in buona fede hanno cercato di districarsi alla meno peggio nelle situazioni create dalla incuria dei tempi, mi sembra un’operazione riduttiva e storicamente non corretta. Tra tutto emerge la santità di Pompilio, capace di parlare come modello al nostro tempo, trascinato dalle numerose contraddizioni, alle quali può dare ordine e speranza solo la fede nel Cristo morto e risorto, centro di tutta la storia della salvezza. 29 SAN POMPILIO, CAMPI E LA DEVOZIONE MARIANA Tarcisio Arnesano N ell’ambito delle iniziative dell’anno pompiliano 2015/2016, in cui stiamo celebrando il 250° della venuta a Campi del Padre Santo, si sono svolte nel salone del Calasanzio due conferenze, molto interessanti e seguite. La prima è stata tenuta il 14 maggio scorso dal Professor Alfredo Calabrese ed ha riguardato Campi al tempo in cui arrivò Padre Pompilio. Era la Campi ricca di storia, la Campi dei Maremonti, dei Paladini, degli Enriquez, soprattutto delle Scuole Pie, che da più di un secolo la rendevano unica nella terra d’Otranto. Era il tramonto del 12 Luglio 1765. Il primo impatto per Padre Pompilio fu però traumatico a causa 30 dell’accoglienza fredda e formale da parte della famiglia marchesale Pignatelli, nel cui palazzo il Santo si recò per un primo gesto di cortesia e di rispetto. Il paese si presentò ai suoi occhi stremato, povero e oppresso da carestia e malattie che decimavano la popolazione più povera e indifesa e che rendevano anche i benestanti avari e chiusi nelle proprie famiglie, che almeno non soffrivano la fame. Proprio tra il 1765 ed il 1766 si ebbe un considerevole aumento dei morti specialmente tra gli adulti, mentre va segnalato un fenomeno positivo e al contempo misterioso che abbiamo riscontrato nei Registri parrocchiali: in quell’anno di permanenza di Padre Pompilio tra noi cessò del tutto il triste fenomeno della mortalità infantile. Va segnalato che in precedenza a Campi morivano decine di bambini ogni anno ed il triste fenomeno riprese dopo la morte del Padre Pompilio. La comunità religiosa delle Scuole Pie di Campi infine era disgregata e disorganizzata, ripiegata su se stessa e sul proprio particolare, avulsa dalla drammatica realtà sociale. Il Santo iniziò subito un’instancabile opera di ricostruzione e di rifondazione della comunità, della scuola, della Chiesa e soprattutto si preoccupò di scuotere dal torpore e dall’egoismo una comunità cittadina troppo rassegnata agli eventi. In soli 12 mesi le capacità organizzative del Padre Santo fecero il miracolo e le pigne verdi, scaldate dall’amore e dalla carità, finalmente si aprirono e diedero dei frutti. Le lettere del santo, specialmente quelle indirizzate in quell’anno a Fratel Caliandro a Roma, sono una bellissima testimonianza della trasformazione avvenuta nel paese, che rioccupò il posto di prestigio che gli competeva nella Terra d’Otranto per tradizione culturale, sociale ed economica. La seconda conferenza è stata tenuta, il 5 giugno, da Don Franco Asti, professore nella Pontificia facoltà teologica “San Tommaso d’Aquino” di Napoli ed ha avuto per tema La devozione mariana di San Pompilio nella spiritualità del ‘700. Il conferenziere è partito dalla lettura di brani tratti dalle lettere di direzione spirituale, indirizzate dal Santo alle sue figlie spirituali e nelle quali egli parla di Maria e della sua sequela in modo approfondito e soprattutto concreto e non suggerisce tanto una devozione fatta di formule e novene quanto un rapporto con Lei, nostra Madre, ed un cammino di vita illuminato dal suo esempio. Padre Pompilio chiamava la Madonna Signora (o Gnora) e, in modo più confidenziale, Mamma Bella, perché era e si sentiva suo figlio. Da quando giunse a Campi, a dire il vero, la chiamò sempre Mamma Bella. Il tema della devozione mariana 31 nel ‘700 è stato affrontato e sviluppato da Don Franco con la mente e col cuore, proprio come il Santo, e noi, più che con l’intelletto dobbiamo entrare con il nostro cuore nel Cuore di Maria che ci conduce nel Cuore di Cristo. Ella ci porta all’unione con Gesù e ci educa al gusto di Dio. Ad Jesum per Mariam. Chi meglio di Lei può avvicinarci al Centro della nostra fede che è Gesù Crocifisso? Sotto la Croce diventa non solo nostra Madre, ma anche nostra Maestra di vita e nostra direttrice spirituale, specialmente quando viviamo momenti di stanchezza fisica e spirituale e ci insegna le sue virtù, la prima delle quali è proprio la fedeltà (Maria è fedele sotto la croce). Maria è compassionevole, è medico che cura, fascia e guarisce le nostre pia- ghe. Ella, come Madre, ci guarda, ci custodisce, ci difende. Ella è la nostra guida nella partecipazione all’Eucaristia, e ci aiuta a prepararci all’incontro con Gesù Eucaristia soprattutto con la confessione, che è sacramento della Misericordia. Accostiamoci perciò con piena fiducia a Lei, certi che, nonostante i nostri limiti e le nostre fragilità, ci prenderà per mano e ci condurrà dal suo Gesù. Tutti abbiamo bisogno di Maria! 33 Capitolo Provinciale dei Padri Scolopi d’Italia 2015 P. Giovanni Grimaldi 6 aprile 2015 Pasquetta. I membri di una famiglia, che abita di fronte all’ingresso dell’Istituto dei Padri Scolopi, mentre stanno caricando nell’auto tutto l’occorrente dei giochi e del cibo e bevande per far pasquetta “fuori porta” come si diceva una volta, vedono uscire tre Padri Scolopi dalla loro abitazione. Il capofamiglia saluta i tre religiosi e dice. “Noi andiamo in montagna e voi invece…?”. “Noi ci rechiamo a Frascati per…”, gli risponde il superiore, ma viene subito interrotto: “Buona scelta anche se lontana: bella cittadina e specialmente ottimo vino dei Castelli La nuova Congregazione Provinciale: da sx P. Stefano Locatelli, P. Mario Saviola, P. Ugo Barani (Provinciale), P. Sergio Sereni e P. Alberto Magrone I Padri Capitolari in aula Romani!”. Ma il P. Rettore chiarisce l’equivoco: “Magari per una pasquetta! Carissimo, andiamo per partecipare al Capitolo Provinciale. Buona gita a tutti voi!”. Luigino, il figlio più piccolo (terza elementare), ridendo si rivolge al padre: “Papà, che buffo! Per leggere un capitolo di un libro, devono andare a Frascati!”. Ma anche il padre, che ne sa quanto il figlio, cerca di spiegare: “Forse vanno a consultare un libro antichissimo che si trova solo a Frascati”. Allora, cerchiamo di chiarire le idee del figlio e del padre. La parola “capitolo”, in questo caso, non ha nulla da spartire con il capitolo di un libro, ma è un termine antichissimo espresso in lingua latina, che significa: “andare all’adunanza dei canonici di una chiesa”, dove si leggeva e si commentava un certo capitolo della Bibbia. Ma poi col tempo il verbo leggere è diventato “eleggere”, perché congregazioni di religiosi e di religiose si sono servite del termine Capitolo per indicare le loro assemblee radunate particolarmente per eleggere i propri superiori Provinciali e Generali per un certo periodo di anni secondo le loro leggi. 35 Celebrazione eucaristica nel Santuario Scuole Pie (Frascati) Per i non addetti ai lavori si offre questo schema in vigore presso noi Scolopi, ma con qualche modifica in più o in meno anche presso altri Ordini e Congregazioni. In preparazione al Capitolo Provinciale, alcuni mesi prima, si celebra il Capitolo Locale, cioè delle singole Comunità, e dura in genere circa tre giorni. Il P. Rettore espone la Relazione del suo operato e i problemi emersi durante il suo quadriennio di rettorato. Seguono chiarificazioni e discussione da parte dei confratelli su questa relazione. Si passa alla sessione elettiva. Un volta si eleggevano due religiosi, deno- 36 minati Vocali, che insieme al P. Rettore partecipavano al Capitolo provinciale. Oggi in genere si preferisce il seguente sistema: da parte di tutti i religiosi della Provincia Italiana vengono scelti tanti Vocali quanti sono i religiosi aventi diritto (cioè i vari Superiori). Esempio: se questi ultimi sono 20, devono essere scelti 20 Vocali. E questo è il primo compito della sessione elettiva: dall’elenco di tutti i religiosi ogni Padre segnala questi nominativi in busta chiusa e sigillata. Inoltre avviene una seconda votazione: dall’elenco dei Padri aventi diritto ad essere eletti per il Provincialato, vengono scelti tre nominativi, sempre in busta chiusa e sigillata. Le due votazioni vengono spedite con busta timbrata e sigillata alla Curia provinciale, la quale in seguito segnalerà ufficialmente i venti Vocali, che hanno avuto maggiori consensi. Mentre per i tre scelti per il Provincialato si fa una graduatoria in base ai voti ottenuti. I tre prescelti vengono comunicati al P. Generale dell’Ordine, il quale sia che li trovi di suo gradimento sia che sia costretto a modificare la terna, farà conoscere prima della celebrazione del Capitolo Provinciale con una busta timbrata e sigillata i tre nomi. Premesso tutto questo lavoro, entriamo nel Capitolo Provinciale del 6-10 aprile 2015. Tutto per sommi capi: elezione del Segretario del Capitolo che deve redigere i verbali di ogni singola sessione, preparare i vari documenti delle votazioni. Lunga relazione del P. Provinciale sulla situazione attuale della Provincia Italiana nel bene e nel male, come si suol dire. Ampia discussione e chiarificazione del P. Provinciale. Mercoledì 8 aprile sessione elettiva. Elezione del Provinciale nuovo. Viene presentata la busta sigillata del P. Generale. Si controlla la sua integrità; vengono letti i tre nominativi per il Provincialato; si sospende la sessione per riflettere e fare scambi di opinioni. Si ritorna nell’aula capitolare e per non perdere tempo in mille votazioni nulle, si fa una votazione detta “esplorativa” sui tre candidati, per conoscere un certo orientamento dei votanti. Chiaro: è una votazione non valida Si procede per la prima votazione elettiva, che diventa valida se ha raggiunto la metà più uno. Nel caso contrario si ripete finché non si raggiunge la maggioranza. Ma per il P. Ugo Barani, provinciale uscente, non c’è stata una seconda votazione, perché è stato eletto al primo scrutinio con lungo applauso. Si procede per la elezione dei quattro assistenti provinciali, i quali con il Provinciale formano la Curia provinciale per il governo degli Scolopi Italiani. Il nuovo Eletto segnala, ma senza imposizione, quattro nominativi, che lui crede validi collaboratori nei vari settori del suo provincialato. La Curia è formata da quattro assistenti: • P. Saviola Mario per scuola e ministero. • P. Sereni Sergio per l’economia. • P. Locatelli Stefano per la pastorale vocazionale e formazione. • P. Magrone Alberto per la pastorale giovanile e parrocchiale. Si procede per la votazione di due 37 I Padri Capitolari celebrano l’Eucarestia nel Santuario in ringraziamento per la buona riuscita del Capitolo Vocali, i quali parteciperanno insieme al P. Provinciale al Capitolo Generale per l’elezione del nuovo P. Generale per il governo di tutto l’Ordine dei Padri Scolopi: si svolgerà nei primi venti giorni di luglio in Ungheria. Vengono eletti P. Adelio Pagnini e il P. Luigi Capozzi. L’ultimo giorno è dedicato particolarmente alla lettura e all’approvazione dei verbali e alla firma dei molti docu- 38 menti destinati sia all’archivio provinciale sia alla Curia Generalizia di Roma. Saremmo stati irriconoscenti alla Madonna delle Scuole Pie e a San Giuseppe Calasanzio, se nel pomeriggio di questo ultimo giorno del Capitolo non fossimo andati nel suo santuario a concelebrare la messa di ringraziamento insieme anche ai fedeli frascatani. LINA DESTRO: una Donna di Alta Dignità e di Grande Coerenza Giuseppe Politi Lina ci ha lasciato il 15 marzo scorso; assidua collaboratrice della nostra Rivista, che ha curato con competenza e passione, ha lasciato un vuoto che sarà colmato solo da quello spirito di fede in Dio, che è sempre stato il motivo fondamentale della sua vita, specialmente negli ultimi momenti, quando il dolore e la sofferenza erano più insistenti. Ti ringraziamo cara Lina, per la tua testimonianza di fedeltà e amore per il nostro Santuario. La tua vita è stato un dono meraviglioso di Dio alla famiglia, alla scuola, alla società, a tutti noi. Lo hai fatto con amore, consapevolezza e dedizione e tutti quanti noi, che abbiamo appreso qualcosa dalla tua testimonianza di vita cristiana, ti diciamo grazie! Grazie di essere esistita e grazie per averti incontrata; incontro nella famiglia, nella scuola, nella vita semplice di ogni giorno, nel rapporto interreligioso, che ha por tato i suoi frutti per un incontro meraviglioso con Dio, al cospetto del Quale tu ora vivi la tua vita immortale. Gli amici della Redazione “Si vive una volta sola, ma se percorrerai la strada che appartiene a te e a te soltanto, una volta giunto al termine del viaggio avrai la sensazione di aver vissuto mille vite”! (Sergio Bambarén) A bbiamo sperato, e abbiamo pregato, abbiamo atteso che il miracolo potesse avvenire! Lina, invece, aveva già sentito nel suo animo la voce di Cristo al quale tanto è somigliata negli ultimi mesi che la chiamava a Sè; la nostra umanità, quasi smarrita e delusa per la nostra fragilità che ci induce a desiderare la presenza fisica, è stata in realtà sorretta dalla Fede in Lui e nella sua Grande Promessa! L’aforisma di Sergio Bambarén rispecchia totalmente la vita di Lina perché ha percorso la strada che le apparteneva, quella dell’impegno, dell’onestà, della coerenza, della dignità, dell’esame continuo di se stessa, della discrezione, della preparazione professionale; una vita improntata all’impegno quotidiano di donna, di sposa e di madre, di docente e di educatrice. Nata a Campi Salentina il 15 settembre 1947, il 26 giugno del 1970, a 23 anni non ancora compiuti, consegue la Laurea in Filosofia e da lì inizia una carriera di docente che ha lasciato traccia in tutti i suoi alunni, per loro stessa testimonianza; sì, perché Lina voleva sempre dare il 39 meglio, a scuola, in famiglia, in parrocchia, nell’Azione Cattolica, nei rapporti con gli altri, nella collaborazione a questo Bollettino, con i suoi preziosi suggerimenti e con l’ascolto di quelli altrui. Tutti hanno descritto Lina in modo egregio: suoi ex alunni, ex colleghi, sposi che hanno seguito i Corsi di preparazione al matrimonio tenuti in parrocchia da lei e da suo marito Tarcisio Arnesano, tutti hanno partecipato commossi al cordoglio. Al rito funebre il 16 marzo scorso, il Santuario di San Pompilio, una folla straripante, innumerevoli strette di mano tra lacrime e commozione come di rado. A dire il vero, non mi ha stupito tutto ciò essendo cognato di Lina e Tarcisio, e, quindi, avendo avuto modo di conoscerla molto da vicino: una donna di alta dignità, una donna che non amava l’eclatanza, bensì il silenzio, e in silenzio ha accompagnato anche la sua sofferenza, durante la quale ha conservato sempre una compostezza ammirevole! Negli ultimi giorni, quando noi tutti volevamo illuderci di poterla avere ancora con noi, Lina aveva compreso, invece, che Qualcuno la chiamava lassù! E pochi giorni dopo, il 15 marzo 2015 alle ore 23,35 accadde! In quei giorni Lina con l’accettazione della sofferenza e dell’indicibile distacco dai suoi affetti più cari, dal marito, figli, dalle sue nipotine Chiara e 40 Laura che adorava, sì, con quella stessa dignità che aveva contraddistinto l’intera sua vita, aveva tenuto a tutti un’ultima lezione: vivere la gioia e il dolore con la consapevolezza che l’una e l’altro ci appartengono! Un Anonimo ha scritto: “Non seguire il sentiero già segnato; và, invece, dove non viè alcun sentiero e lascia una traccia!”. Non ho dubbi che ti calzi a pennello, hai camminato sulle strade del mondo, scegliendo di persona il tuo sentiero e lasciando un’indelebile traccia! Cari lettori e amici, sono queste le vite da imitare, sono queste le persone che non si devono mai dimenticare! E non crediate che tutto ciò comporti austerità da eremitaggi; Lina era una donna che amava la vita, le risate, il sano divertimento, i viaggi, la cultura, il confronto, ciò con tutta la caducità umana per cui qualche volta perdeva la pazienza; ma ha saputo coniugare tutto questo con la responsabilità di vera cristiana, con il vivere concretamente la missione che a tutti ci è data dal Vangelo di Cristo che ci rende davvero liberi, soltanto se i nostri occhi e la nostra anima si sforzano di elevarsì lassù.... dove Egli ha fissato la nostra dimora! Ecco perché San Pompilio ripeteva sempre: “Paradiso, Paradiso”. A mio cognato Tarcisio e ai miei nipoti Fabio, Daniele ed Emanuele voglio a loro conforto, regalare un piccolo passo tratto da “Vela Bianca” di Sergio Bambarén: “...ci diceva di colmare i nostri giorni di gioia e le nostre notti di sogni, e una volta che quei sogni si fossero avverati, di conservarne per sempre il dolce ricordo. E’ esattamente quello che sto facendo adesso. Sto ricordando tutti i meravigliosi momenti che abbiamo condiviso; momenti irripetibili, che se ne sono andati per sempre, e tuttavia non se andranno mai!”. Proprio così: la vita è anche il ricordo di ciò che d’indimenticabile abbiamo vissuto! Ricordi perenni, che non se ne andranno mai; proprio come espresso nel- l’ultimo bacio del figlio Daniele alla Mamma alla quale, in mia presenza, sussurrò accarezzando in lacrime il suo viso: “Mamma!... Noi staremo sempre insieme, sai?”. Un mese dopo, Daniele mi confidò di averla sognata; era accanto a lui ma incorporea; mi piace pensare ad un segno della sua protezione sulla famiglia. Sì, perché chi si ama davvero non muore mai! Ecco perché l’Amore è il più gran dono! Lina lo ha ricevuto e lo riceverà sempre perché lo ha profuso con grande generosità! Cara Lina, Tarcisio ha detto che amavi molto l’inno che si esegue durante l’Offertorio, “Se mi accogli” in cui si canta: “Tra le mani non ho niente, spero che mi accoglierai. Chiedo solo di restare accanto a Te”. Siamo certi che sei stata accolta e che, dunque, hai già raggiunto anche quest’ultima meta, la più importante! Grazie, Lina carissima, per il continuo regalo del tuo esempio. Sei stata un privilegio e un grande onore per la tua famiglia, per tutti noi tuoi parenti e per chiunque ti abbia conosciuta! Grazie anche a nome di tutta la Redazione di questo Bollettino di cui mi son fatto portavoce, interpretando ed esprimendo il comune sentimento di grande stima che ti farà sentire sempre presente tra noi. 41 Visita ai luoghi pompiliani: Francavilla Fontana a cura di Rita Cantoro e Zelinda Aprile Lo scorso 30 maggio, un gruppo di devoti di San Pompilio si è recato a Francavilla Fontana per visitare i luoghi nei quali il giovane Pompilio Maria ha dimorato dal 1733 al 1736 e ha percorso le tappe verso l'ordinazione sacerdotale (Brindisi 20 marzo 1734). Questa antica Porta che delimita il centro antico di Francavilla fu certo varcata dal nostro San Pompilio quando giunse nella città nel 1733. Chiesa Madre e, a sx, Chiesa di Santa Chiara 44 Nella Chiesa di San Sebastiano annessa all’antico Collegio degli Scolopi abbiamo celebrato la Santa Messa Madonna della Fontana (Chiesa Madre) Il settecentesco organo della Chiesa di San Sebastiano Bellissimo panorama che si ammira da Palazzo Imperiali. La nobile famiglia degli Imperiali molto contribuì alla fondazione del Collegio degli Scolopi a Francavilla. La Chiesa dei Liguorini è una meraviglia per gli occhi e per il cuore 46 Momenti di preghiera Collegio degli Scolopi, annesso alla Chiesa di San Sebastiano, dove San Pompilio dimorò. Foto ricordo sul sagrato della Chiesa di San Sebastiano Dio, Dio e niente piu`! Non vi curate di cercare altro. Cercate il fondamento delle virtu` sode e abbandonatevi sempre nelle mani di Dio. E non ci sia in voi se non il solo mio Amante Bello. Vi voglio innamorati di Dio con amore vero. San Pompilio