Cipolla - Parco 3A

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Cipolla - Parco 3A
Regione
Umbria
Progetto per la Valorizzazione delle Produzioni Agroalimentari Umbre
MANUALE
DI CORRETTA PRASSI PER LA PRODUZIONE
INTEGRATA della CIPOLLA
Gruppo di lavoro
MARINA BUFACCHI - 3A PTA
ADELMO LUCACCIONI - ARUSIA
ALFONSO MOTTA - CIA
MARCELLO MARCELLI - COLDIRETTI
CRISTIANO CASAGRANDE - CONFAGRICOLTURA
Autore dei capitoli relativi alla tecnica agronomica:
Prof. FRANCESCO TEI -Dipartimento di Scienze Agroambientali e
della Produzione Vegetale, Università degli Studi di Perugia.
Autore delle schede di difesa fitosanitaria:
Dr. GIOVANNI NATALINI - ARUSIA
Autore delle schede di difesa biologica:
Dr. ROBERTO BRUNI - B.T. s.r.l.
Hanno inoltre collaborato
MARCELLO SERAFINI, SALVATORE SPERANZA, IVANA STELLA, CLAUDIA SANTINELLI, ALFREDO MONACELLI, GIUSEPPE NATALE
EMILIANO LASAGNA, GIAMPAOLO TODINI, RENZO APPOLLONI, PIERANGELO CRIPPA, STEFANO TORRICELLI,
GIUSEPPE GORETTI, SAURO ROSSI, GIULIO CIUCCI.
INDICE
INTRODUZIONE (Prof. F. Tei)...................................................................……….…
Diffusione e importanza della coltura …………………………………………………
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1. TECNICA COLTURALE (Prof. F. Tei)
1.1. Caratteri botanici ..…………………………………………………………..….…
1.2. Composizione chimica e caratteristiche nutritive della cipolla ……………….…..
1.3. Ciclo vegetativo e fasi fenologiche ……………………………………………….
1.4. Esigenze pedo-climatiche ………………...……………………………..…….…..
1.4.1. Esigenze termiche e fotoperiodiche ……..……….…………………..…………
1.4.2. Esigenze idriche …...…………………………………………….………………
1.4.3. Terreno ………………………………………………………..…………………
1.5. Avvicendamento …………………………………………………………………..
1.6. Preparazione del terreno …………………………………………………………..
1.7. Scelta varietale …………………………………………………………………….
1.8. Impianto …………………………………………………………………………...
1.8.1. Modalità d’impianto …………………………………………………………….
1.8.2. Distanze e densità d’impianto …………………………………………………..
1.8.3. Epoca d’impianto ……………………………………………………………….
1.9. Esigenze nutritive e concimazione ……………….……………………………….
1.9.1. Fosforo …………………………….……………………………………………
1.9.2. Potassio ………………………………..………………………………………..
1.9.3. Azoto …………………………………………………………………………….
1.9.4. Rame, manganese, zinco, molibdeno …………………………………………...
1.9.5. Fertirrigazione ……………………………………………………………….…..
1.10. Esigenze idriche e irrigazione ……………………………………………….…..
1.10.1. Valutazioni dei fabbisogni idrici e irrigui ……………………………………..
1.10.2. Efficienza di irrigazione ……………………………………………………….
1.10.3. Caratteristiche idrologiche del terreno …………………………………………
1.10.4. Elementi tecnici dell’irrigazione ……………………………………………….
1.10.4.1. Volume d’adacquamento …………………………………………………….
1.10.4.2. Turno d’adacquamento ………………………………………………………
1.11. Cure colturali ……………………………………………………………….……
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2. RACCOLTA E CONSERVAZIONE (Prof. F. Tei)
2.1. Raccolta .……………………………………………………………..………...….
2.1.1. Raccolta manuale ………………………………………………………………..
2.1.2. Raccolta meccanica ……………………………………………………………..
2.2. Norme comuni di qualità per cipolle ……….…...……..………………………….
2.3. Conservazione ……..…………………………………..…………...………….….
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3. DIFESA FITOSANITARIA
3.1. Premessa (ARUSIA) ..…………………………………………..……………..….
3.2. Schede di difesa (ARUSIA) ………..………………………………….……..……
3.3. Schede di diserbo (ARUSIA) ……………………….……………..……….……..
3.4. Difesa biologica (B.T. s.r.l.) …..…………………..………………………………..
3.4.1. Schede di difesa biologica (B.T. s.r.l.) ……………………………………………
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INTRODUZIONE
Cipolla
Allium cepa L.
Famiglia botanica: Liliaceae
Diffusione e importanza della coltura
La cipolla è coltivata in Italia su circa 16'000 ha con una produzione di circa 500'000 t che la
colloca, insieme all’Olanda, dopo la Spagna che è il primo produttore europeo con circa 1 Mt. La
competizione di questi paesi e la mancanza di uniformità del prodotto hanno fortemente ridotto le
nostre esportazioni che ora si attestano intorno a 40'000 t particolarmente verso Germania e Francia.
Le importazioni interessano circa 25'000 t provenienti per oltre la metà dalla Francia. Le produzioni
nel nostro paese si localizzano prevalentemente in Emilia Romagna (28% della produzione
nazionale), Piemonte (13%), Sicilia (11%), Veneto (10%), Puglia (9%) e Campania (8%). In
Umbria si stima siano coltivati poche decine di ettari di cipolla.
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1. TECNICA COLTURALE
1.1. Caratteri botanici
Tipo biologico: la cipolla è pianta erbacea a ciclo biennale, ma annuale in coltura.
Apparato radicale: fascicolato, superficiale, la maggior parte esplora il terreno fino ad una
profondità di 0.35 m.
Stelo: si trova sotto il livello del terreno, è fortemente appiattito a causa di internodi molto
raccorciati, largo 1-2 cm; per queste caratteristiche prende il nome comune di “disco o girello”.
Nella parte centrale del disco è presente l’apice vegetativo dal quale si originano le foglie; vicino
all’apice principale se ne sviluppano altri, da 3 a 7, con foglie senza lamina, che rimangono
all’interno del bulbo e dai quali si otterranno steli fiorali nel secondo anno di vita.
Foglie: sono costituite da una guaina basale tubulare e da una lamina eretta, cilindrica, leggermente
ingrossata al centro, chiusa a punta all’apice, piena nei primi stadi poi cava, di consistenza carnosa,
di colore verde glauco, ricoperta di cera, lunga da 20 a 70 cm. Le guaine sono inserite in maniera
concentrica (le più giovani all’interno) sul girello intorno all’apice centrale, mentre le lamine
emergono alternate ed opposte a 180°.
Bulbo: è la parte edule che si forma per accumulo di sostanze di riserva nella porzione basale delle
guaine fogliari. Le guaine delle foglie più interne si trasformano in tuniche carnose e succulente. Il
centro del bulbo è formato da foglie senza lamina: quanto più numerose e spesse queste saranno,
tanto più grande sarà il bulbo. Le guaine delle foglie più esterne (da 1 a 3), invece, non accumulano
sostanze di riserva ma sono sottili, di aspetto cartaceo, di colore variabile (bianco, giallo, gialloramato, rosso, viola) e svolgono funzione di protezione. La parte superiore delle guaine fogliari non
si ingrandisce ma va a costituire una sorta di strozzatura alla sommità del bulbo detta “colletto” o
“falso stelo” perché costituisce il punto di passaggio tra il bulbo e le lamine fogliari.
Scapo fiorifero: si forma al 2° anno a partire dalle guaine carnose prive di lamina della parte
centrale del bulbo. E’ fistoloso, fusiforme, cavo, alto fino a 1.5 m e termina con un’infiorescenza ad
ombrella globosa del diametro di 5-10 cm. Da uno stesso bulbo possono formarsi più scapi fioriferi.
L’infiorescenza inizialmente è racchiusa da 2-4 brattee cartilaginose (spata) che successivamente si
aprono evidenziando i numerosi (generalmente 200-600, ma fino a 2000) fiori semplici, ermafroditi,
portati da peduncoli lunghi 15-40 mm. I singoli fiori sono costituiti da 6 tepali biancastri, roseoporporini o giallo-verdognolo, sei stami e tre carpelli biloculari. La fioritura è molto scalare, inizia
verso la fine di maggio-inizio di giugno sullo scapo principale e prosegue per circa 20-30 giorni
sugli scapi laterali. La cipolla è spiccatamente proterandra cioè si ha emissione di polline molto
prima che lo stilo sia recettivo. Questo fa sì che la specie sia prevalentemente allogama;
l’impollinazione è entomofila.
Frutto: è una capsula triloculare con 2-3 (raramente fino a 6) semi per loculo. I semi sono di forma
irregolare, angolosi, appiattiti, di colore nero e pesano 2.5-5 mg.
1.2. Composizione chimica e caratteristiche nutritive della cipolla
La cipolla è generalmente molto ricca in acqua (più del 90%) anche se la sostanza secca nelle
cultivar destinate alla disidratazione può superare il 20%. Il bulbo è pressoché privo di amido ma
accumula carboidrati solubili (principalmente glucosio, saccarosio, fruttosio) in quantità elevate (56 g per 100 g di parte edule). In generale la cipolla ha un basso valore energetico (26 cal / 100g di
parte edule) ed un buon contenuto di potassio (140 mg / 100 g). Il caratteristico odore, l’aroma e
l’azione lacrimogena sono conferiti da alcuni composti volatili solforati che si formano da alcuni
precursori inodori e non volatili quando i tessuti vegetali del bulbo sono danneggiati. Questo spiega
perché le cipolle bollite intere vedono fortemente ridotta l’emissione del caratteristico odore e
aroma. I composti solforati della cipolla e/o alcuni composti derivati hanno proprietà medicinali
capaci di prevenire l’aterosclerosi, inibire l’aggregazione delle piastrine, abbassare la pressione
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sanguigna ed il colesterolo, favorire la diuresi ed, infine, hanno proprietà antibatteriche e
antifungine.
1.3. Ciclo vegetativo e fasi fenologiche
Le fasi di germinazione ed emergenza hanno una durata variabile da 8 a 20 giorni dopo la semina in
funzione delle condizioni climatiche e dell’epoca di semina. Il cotiledone dopo la germinazione
appare come un “cappio o uncino” sopra la superficie del terreno (Fig. 1B). Data la delicatezza del
cotiledone e la sua scarsa capacità di penetrazione, è evidente come la fase di emergenza sia molto
critica perciò il terreno non deve presentare assolutamente la crosta superficiale.
La plantula crescendo porta poi fuori del terreno tutto il cotiledone che spesso trascina all’esterno
anche i tegumenti seminali neri. Il cotiledone assume una tipica posizione orizzontale rispetto al
terreno che è detta “stadio di bandiera” (Fig. 1C). A metà della plantula si forma poi la prima foglia
vera e dopo la comparsa della seconda e terza foglia vera (Fig. 1D) il cotiledone si svuota
progressivamente delle sostanze di riserva e infine dissecca.
Nel frattempo la radice seminale si allunga rapidamente ma con la formazione delle prime foglie
degenera ed è sostituita da un sistema fascicolato composto da radici avventizie, non ramificate,
abbastanza corte ma numerose.
Con la comparsa della quarta foglia (Fig. 1E) il colletto della pianta incomincia ad ispessirsi mentre
la prima foglia inizia ad avvizzire. Durante la formazione della quinta, sesta e settima foglia (Fig.
1F), si ha il completo disseccamento e la caduta della prima foglia e l’inizio della senescenza della
seconda.
In funzione essenzialmente del fotoperiodo (lunghezza del giorno > 12 ore) la pianta inizia la
bulbificazione (Fig. 1G) cioè inizia a inviare sostanze di riserva alla parte basale delle guaine
fogliari e formare il bulbo. Durante questa fase, la seconda e terza foglia disseccano mentre si
formano le foglie dall’ottava alla tredicesima e la pianta raggiunge la sua massima altezza
(generalmente la foglia più lunga è la settima o l’ottava mentre le successive sono via via più corte).
Durante la bulbificazione le foglie più giovani interne (> della 13a) non riescono più a far emergere
la lamina all’esterno e rimangono in forma di scaglie carnose all’interno del bulbo concorrendo al
suo ingrossamento. L’inizio della bulbificazione può essere esternamente individuato in maniera
grossolana quando il rapporto tra il diametro massimo del bulbo ed il diametro minimo del colletto
è ≥ 2.
La fase di ingrossamento del bulbo (Fig. 1H) prosegue attivamente per circa 6-8 settimane
contemporaneamente al progressivo disseccamento della 4-6a foglia e delle punte delle lamine delle
foglie più giovani. Le foglie iniziano poi a piegarsi sotto il proprio peso. Durante questa fase
possono comparire 1-2 nuove corte lamine fogliari e le tuniche protettive esterne del bulbo
incominciano a formarsi.
Il colletto inizia a vuotarsi come le nuove lamine fogliari cessano di crescere al suo interno, i suoi
tessuti perdono di turgidità e si ammorbidiscono determinando il coricamento dell’apparato fogliare
sotto il proprio peso (Fig. 1I).
Nella fase finale del ciclo si ha la maturazione del bulbo con il disseccamento delle tuniche
protettive più esterne e la completa senescenza delle foglie (Fig. 1L). E’ stato dimostrato che il
bulbo durante questa fase, nonostante non si abbia più attività fotosintetica, può aumentare
ulteriormente di peso grazie alla traslocazione delle sostanze accumulatesi nelle foglie.
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Fig. 1. Fasi fenologiche della cipolla (da Rey et al., 1974; modificato). Le spiegazioni sono nel testo. I numeri indicano
le foglie emesse in ordine progressivo.
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Il bulbo presenta alla raccolta un periodo di dormienza più o meno prolungato in funzione delle
cultivar e questo ne condiziona la possibilità di conservazione e la predisposizione a salire a fiore
più o meno velocemente: nelle cultivar a raccolta primaverile la fase di riposo è corta o assente, la
possibilità di conservazione scarsa e la salita a fiore è facile e rapida; nelle cultivar a raccolta in fine
estate-autunno, invece, la fase di riposo è lunga, la conservazione è possibile e prolungata, la salita a
fiore avviene dopo la ripresa vegetativa se sono state soddisfatte le esigenze di vernalizzazione.
1.4. Esigenze pedo-climatiche
1.4.1. Esigenze termiche e fotoperiodiche. Le esigenze termiche delle principali fasi vegetative sono
riportate in tabella 1. Anche se la temperatura minima per la germinazione è di poco sopra lo zero, a
basse temperature questa fase è molto lenta (a 5oC impiega circa un mese); l’ottimo di temperatura
si situa in un intervallo ampio con tempi medi di
Tabella 1. Esigenze termiche della cipolla
germinazione che, in ogni modo, sono raramente inferiori
o
C
Fase e tipo di temperatura
a una settimana. E’ nel corso della fase di emergenza che
Germinazione
la cipolla è particolarmente sensibile alle gelate anche se
minima
1-2
si può riscontrare un’elevata variabilità tra le cultivar.
ottimale
13 - 28
L’emissione delle foglie è strettamente dipendente dalla
Crescita fogliare
minima letale
-8 / -11
temperatura: i ritmi di crescita sono linearmente crescenti
base
6
tra 6 e 20oC, costantemente elevati tra 20 e 27oC e
ottimale
20 - 27
linearmente decrescenti tra 27 e 30oC.
massima
30
Il processo di bulbificazione è essenzialmente regolato
dal fotoperiodo. La cipolla, infatti, in generale è una
Tabella 2. Esigenze fotoperiodiche per la
specie a giorno lungo, cioè la bulbificazione avviene solo
bulbificazione
se la lunghezza del giorno supera una certa soglia minima
Epoca d’impianto
h di luce
che è variabile secondo le cultivar e che condiziona la
Estate – autunno
12
zona e l’epoca d’impianto (tab. 2). Le varietà che hanno
Fine inverno - inizio primavera
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una soglia di 12 ore di luce per poter bulbificare sono
Piena primavera
16
dette cipolle a “giorno corto” (cv. precoci), quelle che
hanno una soglia di 16 ore sono, invece, comunemente
chiamate cipolle a “giorno lungo” (cv. tardive). Finché la pianta non vede soddisfatte le esigenze
fotoperiodiche di bulbificazione produce in continuazione foglie e non forma il bulbo: è il caso di
cultivar a giorno lungo impiantate in autunno o inizio primavera. Viceversa, se la bulbificazione
inizia troppo precocemente la pianta forma poche foglie che non saranno in grado di assicurare
un’attività fotosintetica sufficiente per sostenere l’ottimale ingrossamento del bulbo ed il
raggiungimento di alte produzioni: è il caso di cultivar a giorno corto impiantate a primavera.
Il processo di bulbificazione risulta, però, influenzato anche dalla temperatura: all’aumentare della
temperatura (tra 10 e 25oC) il processo di bulbificazione procede più velocemente e la soglia critica
di lunghezza del giorno tende ad abbassarsi; in generale, più la pianta è grande al momento
dell’induzione per la bulbificazione più la reazione e rapida.
Va infine precisato che il processo di bulbificazione è un processo reversibile: se la pianta, dopo
avere iniziato l’ingrossamento del bulbo, si trova a svolgere la parte finale del ciclo in regime di
giorno corto e basse temperature smette di ingrossare il bulbo e rincomincia a produrre foglie.
Questo fenomeno è, per esempio, abbastanza frequente nel nord Europa con impianti primaverili di
cultivar tardive.
L’induzione fiorale con conseguente formazione dello scapo fiorale è determinata dalla temperatura
ed è favorita da temperature comprese tra 5 e 15oC. Le cultivar a giorno corto impiantate in autunno
possono salire a fiore nella primavera successiva se i bulbi non sono raccolti e la pianta è lasciata in
campo. Le cultivar tardive a giorno lungo seminate in primavera devono trascorrere, invece,
l’inverno per veder soddisfatte le esigenze di vernalizzazione per l’induzione fiorale. Questi aspetti
ci interessano perché ci danno utili indicazioni per evitare i fenomeni di pre-fioritura che sono di
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nocumento al regolare accrescimento dei bulbi per la produzione dei quali è coltivata la cipolla. In
generale la sensibilità alla pre-fioritura varia con le cultivar, aumenta con impianti precoci (più
frequente con impianti autunnali) e con andamenti stagionali prima miti, che favoriscono la crescita
della pianta, e poi freddi.
1.4.2. Esigenze idriche. Nei nostri ambienti di coltivazione, le colture a impianto autunnale e
raccolta in fine inverno-primavera non necessitano di interventi irrigui salvo casi eccezionali,
mentre le colture a ciclo primaverile-estivo sono possibili solo con apporti irrigui. La cipolla, in
generale, non ha in ogni modo elevate esigenze idriche. Le esigenze idriche ed irrigue sono descritte
ed analizzate approfonditamente più avanti.
1.4.3. Terreno. La cipolla preferisce terreni di medio-impasto o anche tendenzialmente argillosi,
con buona dotazione di sostanza organica, ben drenati, con pH intorno alla neutralità. Sono da
evitare i terreni fortemente argillosi perché ostacolano la regolare crescita del bulbo, quelli acidi che
provocano carenza di calcio e quelli con eccesso di sostanza organica perché riduce la
conservazione. I terreni sabbiosi possono essere coltivati a condizione di un adeguato pH e un
regolare rifornimento idrico. La profondità del terreno, invece, non è quasi mai un fattore limitante
tenendo conto del ridotto sviluppo dell’apparato radicale. I ristagni idrici, infine, predispongono il
bulbo a marciumi e ad altre avversità parassitarie. La cipolla è sensibile alla salinità: fino ad una
conducibilità elettrica dell’estratto di saturazione del terreno (ECe) di 1.2 mS/cm non risente effetti
negativi, con ECe = 1.8 mS/cm si ha una riduzione della produzione del 10%, con ECe = 2.8
mS/cm si stima una riduzione della produzione del 25%, con ECe = 4.3 mS/cm del 50% e con ECe
= 7.4 mS/cm la produzione è totalmente compromessa.
1.5. Avvicendamento
La cipolla è una coltura da rinnovo sarchiata che apre la rotazione. E’ coltivata in successione a
molte colture (prato, radicchio, lattuga, carota), ma se ne sconsiglia l’impianto dopo patata, bietola e
cavoli. I cereali autunno-vernini rappresentano un’ottima precessione a condizione di asportare la
paglia.
La cipolla dovrebbe ritornare sullo stesso terreno non prima di 3-4 anni per evitare l’acuirsi di
attacchi di nematodi e di malattie fungine come le fusariosi. Nel caso in cui i terreni presentino
questi problemi parassitari la rotazione dovrebbe essere ancora più lunga (7-8 anni).
1.6. Preparazione del terreno
Tradizionalmente la preparazione dei terreni di medio-impasto o tendenzialmente argillosi prevede,
dopo la raccolta del cereale vernino, che costituisce nei nostri ambienti la precessione più frequente,
l’asportazione della paglia e un’aratura alla profondità di circa 0.40 m. Generalmente non si interra
letame perché può favorire lo sviluppo di malattie fungine od essere dannoso in fase di
conservazione dei bulbi. La zollosità grossolana lasciata dall’aratura è ridotta con estirpature e
successive erpicature via via più leggere al fine di non rovinare lo strato strutturato superficiale. Il
tempo a disposizione per eseguire i lavori complementari e la loro tempestività dipendono
ovviamente dall’epoca d’impianto (estate-autunno, fine inverno, primavera).
L’affinamento accurato del terreno è particolarmente importante se la coltura è seminata
direttamente in campo mentre se si opta per il trapianto di piantine o per l’impianto di bulbetti da
ingrossare una leggera zollosità può risultare ininfluente.
Si consiglia, comunque, di curare il livellamento del terreno per rendere agevole ed efficiente la
raccolta meccanica.
Se ultimate le operazioni di affinamento del letto di semina il terreno risultasse essere troppo soffice
in superficie è preferibile operare una rullatura per compattarlo leggermente così da permettere la
corretta regolazione della profondità alla quale è deposto il seme; tale operazione va eseguita con
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cautela nei terreni che tendono a formare una crosta superficiale dove vanno adoperati rulli scanalati
e mai lisci.
Al fine di realizzare consistenti contrazioni dei tempi di preparazione del terreno insieme ad
apprezzabili risparmi di combustibile, si può sostituire l’aratura profonda con una lavorazione a due
strati (tab. 3). Questa tecnica consiste in una discissura a 0.40-0.50 m con chisel o ripper, seguita da
un’aratura superficiale a 0.25-0.30 m oppure si può realizzare in un unico passaggio con aratroripuntatore che lavora alle stesse profondità sopra indicate. Volendo restringere al massimo i tempi,
l’aratura potrebbe essere sostituita da una semplice estirpatura a circa 0.25-0.35 m; tale procedura
può essere seguita ogni volta che la coltura che precede lascia pochi residui facilmente gestibili (es.:
lattuga, carota). In tutti i casi citati la non eccessiva zollosità che è stata creata con le lavorazioni
“alternative” è facilmente affinata con le lavorazioni complementari (erpicature). Questo è
particolarmente importante quando tra la raccolta della coltura precedente e l’impianto c’è poco
tempo a disposizione (es.: impianti estivi dopo cereali vernini).
Tabella 3. Tipi di lavorazione, capacità di lavoro e consumo di carburante (dati
indicativi per terreni argillosi)
Profondità di
Capacità
Consumo
Tipo di lavorazione
lavoro
lavorativa
combustibile
m
ha h-1
%
kg ha-1
%
Aratura profonda
0.40
0.27
100
79
100
Discissura + aratura superficiale
0.40 - 0.25
0.31
115
69
87
Aratura-ripuntatura
0.25 + 0.25
0.33
122
Estirpatura
0.30
1.59
588
13
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A differenza di quanto descritto per i terreni tendenzialmente argillosi, i tereni limosi, che non
possiedono una struttura stabile, e quelli ricchi di sabbia fina, che come i precedenti hanno la
tendenza a compattarsi facilmente, devono essere lavorati a ridosso dell’impianto. Questo vale
anche per i terreni ricchi di sabbia grossa che, pur non essendo soggetti a compattamento, possono
essere facilmente lavorabili all’ultimo momento.
1.7. Scelta varietale
Le cultivar di cipolla possono essere classificate in base a diversi criteri:
MORFOLOGICI
Forma del bulbo: a trottola, fusiforme, ovoidale, sferica, elissoidale, appiattita…;
grandezza del bulbo: il diametro varia da 10-100 mm ed il peso da 1.5 a 180 g;
colore delle tuniche esterne: bianco, giallo, giallo-dorato, giallo-ramato, rosso, viola, bruno (tutti
con gradazioni e intensità variabili);
colore della polpa: bianca, rosata, striata di viola.
FOTOPERIODO (PRECOCITA’)
A giorno corto (cv. precoci): la durata del giorno critica per la bulbificazione è di 12 ore;
neutrodiurne (cv. medio-precoci): la soglia è di 13-14 ore;
a giorno lungo (cv. tardive): la bulbificazione avviene con durata del giorno di 15-16 ore.
PERIODO DI COLTIVAZIONE E DI CONSUMO
Colture autunno-primaverili a raccolta e consumo primaverile-estivo: sono generalmente cultivar a
giorno corto o neutrodiurne, con scarsa capacità di conservazione;
colture primaverili-estive a raccolta in fine estate-autunno e consumo autunno-invernale: sono
cultivar a giorno lungo che si adattano alla lunga conservazione.
DESTINAZIONE DEL PRODOTTO
Da consumo fresco: sono generalmente cultivar precoci a giorno corto, resistenti al freddo, con
impianto estivo-autunnale o in fine inverno, raccolta da febbraio a luglio (secondo l’epoca
d’impianto e la fase fenologica). Secondo le aree di produzione e le richieste del mercato sono
raccolte dall’inizio della bulbificazione (cipollotti) fino alla piena maturità del bulbo.
Se raccolte immature sono dotate di scarsa capacità di conservazione, mentre se raccolte a piena
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maturità possono mantenere una buona qualità per diverse settimane fino a qualche mese.
Da serbo: sono cultivar tardive a giorno lungo, con impianto primaverile, raccolta in fine estateautunno, adatte ad essere conservate durante l’autunno e l’inverno.
Da sottaceti e sott’olio: sono varietà con bulbi bianchi di piccole dimensioni (diametro > 25 mm,
peso intorno a 1.5 g), a forma sferica o appiattita, che si seminano a densità elevate (500-600
piante m-2) in fine inverno-primavera, con esigenze fotoperiodiche variabili (sia a giorno corto
che lungo).
Da disidratare: sono caratterizzate da elevato contenuto in sostanza secca, con spiccato aroma,
pungenti, preferibilmente a forma allungata o a trottola, con tuniche esterne e polpa di colore
bianco, con colletto poco spesso.
In commercio sono disponibili sia varietà ottenute per libera impollinazione (comunemente dette
varietà standard) sia ibridi F1.
Gli ibridi presentano rispetto alle varietà standard una maggiore potenzialità produttiva sia dal
punto di vista quantitativo che qualitativo, una maggiore uniformità, una maggiore resistenza alle
malattie, ma, ovviamente, presentano dei costi della semente più elevati (indicativamente un seme
di un ibrido costa 4-6 volte quello di una varietà standard).
La scelta della cultivar deve tener conto, perciò, di diversi aspetti:
• la destinazione del prodotto (mercato fresco o industria);
• le esigenze del mercato (forma, colore, dimensioni…);
• l’ambiente di coltivazione;
• il periodo di coltivazione;
• la conservabilità;
• la resistenza o tolleranza alle malattie (fusariosi in particolare).
In Umbria vengono coltivate esclusivamente cipolle da consumo fresco e da serbo. Per la maggior
parte sono varietà standard (indicativamente il 40% Borrettana, 40% Dorata di Parma, 15% Rossa
di Firenze).
La lista delle cultivar consigliate, riportata in tabella 4, è ovviamente indicativa e, dato il rinnovo
del panorama varietale, provvisoria.
Tenendo in considerazione anche l’esistenza di un’interazione tra cultivar ed ambiente pedoclimatico è sempre bene fare riferimento a risultati sperimentali e/o aziendali ottenuti in condizioni
simili a quelle di coltivazione.
Tabella 4. Cultivar consigliate di cipolla da consumo fresco e da serbo.
Cultivar
Esigenze
fotoperiodiche
giorno corto
Precocità
Sonic
Ibrido o
varietà
ibrido
Pezzatura
Colore
precoce
Forma
del bulbo
tondo
media
dorato-paglierino
Conservabilità
discreta
Alix
varietà
giorno corto
precoce
tonda
medio-grossa
dorato-paglierino
discreta
Borrettana
varietà
giorno lungo
medio
appiattita
variabile
paglierino
ottima
Mitria
ibrido
giorno lungo
medio
grossa
paglierino
discreta
Magnum
varietà
giorno lungo
medio
media
dorato
Dorata
varietà
giorno lungo
tardiva
tondaallungata
tondaallungata
trottola
medio-grossa
dorato
ottima
Rossa di
Firenze
Density
varietà
giorno lungo
tardiva
grossa
rosso-violaceo
discreta
varietà
giorno lungo
tardiva
tondoconica
globosa
media
giallo
ottima
Numancia
varietà
giorno lungo
tardiva
tonda
grossa
dorato-bronzeo
discreta
Blanco
duro
varietà
giorno lungo
tardiva
tondaallungata
grossa
bianco
buona
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8
1.8. Impianto
1.8.1. Modalità d’impianto
Le modalità d’impianto della cipolla sono:
• semina diretta,
• trapianto di piantine,
• impianto di piccoli bulbi.
Il tipo d’impianto dipende dalle superficie interessate, dalla zona di produzione e dalla destinazione
del prodotto. In generale, quando l’estensione delle superfici è molto elevata la semina diretta è la
tecnica usuale, mentre su piccoli appezzamenti sono più frequenti il trapianto di piantine e l’uso di
bulbi da ingrossare. Le cipolline da industria vengono esclusivamente seminate direttamente in
campo vista l’elevata densità d’impianto, mentre le cipolle da consumo fresco e da serbo possono
essere impiantate con uno dei tre metodi su indicati. La semina diretta è la tecnica più diffusa al
centro e al nord Italia, mentre il trapianto di piantine è maggiormente impiegato nelle zone di
produzione meridionali. Il trapianto, in generale, permette l’ottenimento di produzioni più uniformi,
grazie alla maggiore regolarità d’impianto e uniformità di crescita e sviluppo delle piante. L’uso di
bulbetti da ingrossare è, invece riservato, alle produzioni di pregio e alle coltivazioni a carattere
familiare.
La semina diretta viene eseguita con seminatrici pneumatiche di precisione impiegando seme nudo
o confettato. Il seme confettato assicura un migliore funzionamento della seminatrice (impianti più
regolari), ma il costo della semente risulta leggermente più elevato. Considerato che le fasi di
germinazione ed emergenza della cipolla sono molto delicate e critiche, la semina deve essere
effettuata su terreno accuratamente preparato. Su terreni molto sciolti o su terreni argillosi troppo
soffici in superficie è preferibile operare una rullatura sia prima della semina, per permettere la
corretta regolazione della profondità alla quale è deposto il seme (10-30 mm), sia dopo la semina,
per assicurare il contatto tra il terreno ed il seme.
La quantità di seme può essere stimata usando la seguente equazione:
1000 x densità obiettivo (piante m -2 )
quantità di seme (kg ha ) =
n. semi per grammo x germinabilità % x fattore di campo
-1
Un grammo contiene generalmente 300-400 semi e seme di buona qualità commerciale dovrebbe
avere una germinabilità determinata in laboratorio superiore al 90%. Il “fattore di campo” dipende
dalle condizioni di preparazione del letto di semina: in condizioni ideali tale coefficiente è pari a 0.9
(emerge il 90% dei semi vitali), in condizioni medie è pari a 0.7 e in terreni freddi e mal preparati
scende a 0.5 (la dose di seme raddoppia). Mediamenente, la quantità di seme è dell’ordine di 4-6 kg
ha-1 per le cipolle da mercato e di 30-50 kg ha-1 per le cipolline da industria.
Dopo la semina, il tempo necessario per l’emergenza delle plantule dipende dalla temperatura e
dalla disponibilità di umidità. In terreni con adeguata umidità, le cipolle raggiungono il 50% delle
emergenze (rispetto al numero di semi germinabili deposti nel terreno) dopo aver accumulato 140
gradi-giorno [gradi-giorno = temperatura media giornaliera – temperatura base, dove Tmedia=
(Tmax+Tmin)/2 e Tbase = 1.4oC].
La semina di precisione può essere realizzata anche mediante le seguenti tecniche particolari (poco
diffuse in Italia):
• stesura di nastri di materiali diversi che inglobano il seme a distanza prefissata e che si
decompongono a contatto con l’umidità del terreno;
• uso di seme pre-germinato e distribuito in mezzo fluido (fluid drilling).
Il trapianto è eseguito a mano o a macchina, secondo le aree di produzione, la superficie degli
appezzamenti ed il costo della manodopera. Si utilizzano piantine provenienti da contenitori
alveolati da 160-209 fori, allo stadio di 3-4 foglie e con falso stelo (collo) di 6-8 mm di spessore. La
9
pratica diffusa di spuntare le radici e le foglie per facilitare le operazioni di trapianto è vivamente
sconsigliata a causa degli effetti negativi che ha sulle rese. Le piantine vanno trapiantate ad una
profondità tale da far restare all’esterno il “collo” della cipolla. Nella nostra regione il trapianto è
poco diffuso e limitato ai piccoli orti.
I bulbetti da ingrossare sono generalmente di 10-25 mm di diametro e con peso di 1-5 g. Il loro uso,
come già accennato, viene riservato a produzioni di particolare pregio e alle coltivazioni su piccole
superfici e/o familiari. Rispetto alla semina diretta e al trapianto di piantine permettono
l’ottenimento di cipolle con forma più regolare e un anticipo della produzione di circa 3 settimane.
1.8.2. Distanze e densità d’impianto
Le cipolle da mercato (consumo fresco o serbo) si impiantano a file distanti 0.20-0.35 m, mentre le
cipolline da industria a spaglio o a file distanti 0.08-0.10 m.
La distanza tra le file di 0.30 m non permette una facile circolazione del trattore per cui sarebbe
preferibile adottare una disposizione a gruppi di 4-5 file distanti 0.30 m separati da passaggi per le
ruote di 0.45 m.
La fila in realtà è spesso un banda larga 60-70 mm dove le cipolle sono seminate in due sotto-file
con disposizione spaziale alternata, regolare ed equidistante; questo fa sì che, ad esempio, la
distanza effettiva delle piante tra due “file” di 0.25 m sia di 0.17-0.18 m.
Se la cultivar è ben adattata alle condizioni fotoperiodiche e termiche della località e del periodo di
coltivazione, la scelta delle densità influenza fortemente la dimensione dei bulbi prodotti.
Infatti a parità di cultivar e condizioni di coltivazione, all’aumentare della densità la produzione
aumenta fino ad un certo punto dopodiché si hanno incrementi produttivi modesti, ma aumenta
sensibilmente la frazione di bulbi con diametri (calibri) più piccoli rispetto a quelli tipici della
varietà.
La maggior parte delle cultivar di cipolle (calibro 50-70 mm) si impiantano a densità variabili da
50 a 100 piante m-2 ad eccezione delle tipologie molto grandi nelle quali la densità scende a 25-50
piante m-2 e delle cipolline da industria che si seminano a densità molto elevate (500-600 piante
m-2) per ottenere bulbi quanto più piccoli possibile (calibro < 25 mm).
1.8.3. Epoca d’impianto
Come già ampiamento descritto e spiegato, l’epoca d’impianto dipende dalla destinazione del
prodotto e dalle esigenze fotoperiodiche delle cultivar impiegate.
Le cipolle da consumo fresco sono seminate in fine estate-inizio autunno (metà agosto-metà
settembre) o in febbraio, impiegando cultivar a giorno corto precoci o cultivar neutrodiurne;
possono essere anche trapiantate (come avviene di norma al sud) da settembre a dicembre.
Le cipolle da serbo sono seminate in fine inverno-primavera (da febbraio ad aprile) impiegando
cultivar a giorno lungo con ciclo medio o tardivo. Su piccole superfici o negli orti familiari dove si
impiegano piantine da trapiantare o bulbi da ingrossare l’impianto è generalmente in fine invernoinizio primavera.
Le cipolline da industria sono seminate direttamente in campo da febbraio ad aprile.
1.9. Esigenze nutritive e concimazione
Scopo della concimazione è mettere a disposizione della coltura, durante tutto il ciclo biologico, gli
elementi nutritivi principali in quantità e nelle forme più adeguate alla pianta e nel rispetto delle
esigenze qualitative del prodotto e dell’ambiente.
Per elaborare razionali piani di concimazione è indispensabile avere informazioni su:
• effetti dei principali elementi nutritivi sulla quantità e qualità del prodotto;
• fabbisogni totali della coltura;
• ritmi di assorbimento durante il ciclo colturale;
• dotazioni del terreno in elementi fertilizzanti.
10
L’azoto, in generale, determina un aumento del vigore vegetativo delle piante con lo sviluppo
precoce e ampio dell’apparato fogliare, premessa indispensabile per l’ottenimento di elevate
produzioni. Un’eccessiva disponibilità di questo elemento nel terreno ritarda la bulbificazione e
nella parte finale del ciclo ritarda la maturazione dei bulbi e ne diminuisce la conservabilità. Con
carenza di azoto, invece, le foglie si accrescono molto più lentamente, assumono una colorazione
verde chiaro e un portamento più eretto, hanno senescenza più rapida ed, infine, la bulbificazione
viene accelerata.
La carenza di fosforo e potassio provoca un accrescimento stentato, foglie più rapidamente
senescenti, ritardo di maturazione, formazione di bulbi con tuniche esterne poco appressate e
coprenti, con basso residuo secco e scarsamente conservabili.
La disponibilità di zolfo nel terreno favorisce la sintesi dei composti solforati responsabili del
caratteristico sapore ed aroma della cipolla, anche se sembra che sull’assorbimento dello zolfo
esista un effetto depressivo degli ioni ammonio e cloro che pertanto tendono a dolcificare i bulbi.
Riguardo agli altri elementi, problemi dovuti a carenze di micro-elementi sono stati segnalati
particolarmente in terreno organici. In tali tipi di terreni possono aversi carenze di rame che si
manifestano con la formazione di foglie con apici clorotici e contorti e bulbi con tuniche esterne
pallide, sottili e fragili. Carenze di manganese, che causano accrescimento stentato e clorosi striata
delle foglie più vecchie, si possono verificare in terreni torbosi con pH > 6.5 e in terreni argillosocalcarei con alto contenuto in fosforo. Carenze di zinco e di molibdeno sono state segnalate in
terreni torbosi rispettivamente con alto e basso pH.
Secondo quanto riportato nella tabella 5 per una produzione attesa di 40 t ha-1 di bulbi una coltura
deve poter disporre di circa 120 kg ha-1 di N, 50 kg ha-1 di P2O5 e 140 kg ha-1 di K2O.
Tabella 5. Fabbisogni indicativi in elementi
nutritivi della cipolla (kg di elemento
nutritivo per tonnellata di bulbi)
Elemento
kg t-1 bulbi
Azoto (N)
3.0
Fosforo (P2O5)
1.3
Potassio (K2O)
3.5
Calcio (CaO)
3.0
Magnesio (MgO)
0.6
Il ritmo di assorbimento degli elementi nutritivi non è uniforme nel corso del ciclo della coltura, ma
varia con le diverse fasi fenologiche. La domanda di azoto è elevata soprattutto durante la fase
vegetativa di formazione ed emissione delle foglie per poi divenire molto moderata durante la
bulbificazione; come già sottolineato, nella fase finale del ciclo l’azoto è addirittura dannoso per il
ritardo di maturazione e per la diminuzione della conservabilità di bulbi. I fabbisogni di fosforo e
potassio, invece, sono particolarmente elevati nella fase di ingrossamento del bulbo.
La conoscenza delle caratteristiche fisico-chimiche del terreno risulta indispensabile per stabilire un
adeguato programma di concimazione e verificare la necessità di effettuare o meno una
concimazione di arricchimento. Mentre l’analisi fisico-meccanica può essere effettuata una tantum,
quella chimica dovrebbe essere ripetuta almeno ogni 3-4 anni.
Studi comparativi effettuati sui fabbisogni di elementi nutritivi delle colture orticole hanno
evidenziato che la cipolla richiede fra i più elevati livelli di disponibilità di azoto, fosforo e potassio
nel terreno per raggiungere le produzioni massime. Questo può sembrare paradossale considerando
che la cipolla è fra le specie orticole quella con la crescita più lenta e che i bulbi asportano alla
raccolta quantità di elementi nutritivi simile alla maggior parte delle orticole. Tale comportamento è
causato dal tipo di apparato radicale che risultando superficiale, con bassa densità di radici nel
11
terreno e senza peli radicali ha un’efficienza di assorbimento molto bassa e necessita, perciò, di alte
concentrazioni di elementi nutritivi nella soluzione nutritiva del terreno per riuscire ad assorbire
nutrienti ad una tasso sufficiente per soddisfare i fabbisogni potenziali dell’intera pianta.
Inserendo la concimazione della cipolla nel bilancio di fertilizzazione della rotazione si deve tenere
conto che i residui colturali (lamine fogliari) rappresentano al massimo il 15% della sostanza secca,
oppure sono trascurabili; pertanto, facendo riferimento ai fabbisogni calcolati per una produzione
attesa di 40 t ha-1, pari a 120 kg ha-1 di N, 50 kg ha-1 di P2O5 e 140 kg ha-1 di K2O, questi
quantitativi di elementi nutritivi devono essere considerati tutti effettivamente asportati dal terreno
con i bulbi.
Di seguito sarà analizzata più in dettaglio la concimazione relativa ai tre macroelementi seguendo
un ordine cronologico di applicazione: prima il fosforo ed il potassio con la concimazione di fondo
e dopo l’azoto in prossimità dell’impianto e/o in copertura. Si ricorda che nella cipolla la
concimazione organica non è consigliata perché aumenta la sensibilità dei bulbi ai diversi agenti del
marciume e provoca perturbazioni sull’alimentazione azotata soprattutto nella fase finale del ciclo
con ritardo di maturazione e peggioramento della conservabilità.
1.9.1. Fosforo. La dose da somministrare deve essere determinata in funzione della dotazione del
terreno in fosforo assimilabile; per una sua valutazione può essere di aiuto la tabella 6.
Tabella 6. Valutazione (1) del fosforo assimilabile del terreno (metodo Olsen) e indicazioni per la concimazione
Espressione della dotazione
Valutazione agronomica
Fosforo (P)
Anidride fosforica (P2O5)
(livello)
(ppm)
(ppm)
0-6
0-15
Molto basso
7-12
16-30
Basso
13-20
31-45
Medio
20-30
46-70
Alto
>70
Molto alto
Indicazioni per la concimazione
Livello molto basso
La risposta al fosforo è certa per tutte le colture. E’ consigliata una concimazione di arricchimento, con
dosi variabili da 2 a 2.5 volte gli asporti della coltura. Le concimazioni di arricchimento debbono proseguire
fino a quando non si raggiunge il livello di sufficienza per tutte le colture della rotazione.
Livello basso
La risposta al fosforo è probabile per tutte le colture. La concimazione consigliata è quella di
arricchimento; le dosi da apportare variano da 1.5 a 2 volte gli asporti della coltura.
Livello medio
La risposta al fosforo è meno probabile. E’ consigliata una concimazione di mantenimento: debbono
essere reintegrati gli asporti della coltura con eventuali maggiorazioni (fino a 1.5 volte gli asporti) per tenere
conto della frazione di fosforo assimilabile che, quasi in tutti i terreni, va incontro a retrogradazione per la
presenza di calcare o per pH <5.5.
Livello alto
La risposta al fosforo non è in genere probabile; tuttavia è suggerito un moderato apporto di fosforo per
le colture esigenti per questo elemento. Le dosi da apportare variano da 0.5 a 1 volta gli asporti della coltura.
Livello molto alto
La risposta al fosforo è assai improbabile, pertanto si consiglia di non fertilizzare.
(1) I valori inferiori dell’intervallo si riferiscono a terreni sabbiosi, quelli più alti a suoli argillosi; per terreni di
medio impasto si assumono valori intermedi.
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La dotazione di fosforo assimilabile del terreno può ritenersi normale quando soddisfa le esigenze
di tutte le colture della rotazione, a cominciare da quelle più esigenti.
Considerando la scarsa mobilità di questo elemento è bene interrare tutta la dose prevista con la
lavorazione principale per portarlo nello strato di terreno interessato dalla massa delle radici.
Per accelerare lo sviluppo dell’apparato radicale e la crescita iniziale della coltura si consiglia
l’applicazione di una concimazione starter. Tale concimazione è generalmente effettuata con
fosfato ammonico alla dose di circa 50 kg ha-1 di P2O5, opportunamente localizzata al di sotto del
seme e della piantina.
Il concime fosfatico generalmente utilizzato nei nostri terreni, che hanno reazione neutro-alcalina, è
il perfosfato triplo (titolo 48%) che ha il minore costo dell’unità fertilizzante.
1.9.2. Potassio. Le necessità della cipolla per questo elemento sono elevate ed il massimo
fabbisogno si ha, come visto, durante la fase di ingrossamento del bulbo.
Le dosi da apportare debbono essere calcolate, come per il fosforo, tenendo conto della dotazione
del terreno in potassio scambiabile e della valutazione agronomica che l’analisi chimica dà di tale
dotazione, in rapporto alle esigenze delle colture, secondo quanto indicato nella tabella 7.
Tabella 7. Valutazione (1) del potassio scambiabile del terreno (metodo internazionale) e indicazioni per la
concimazione
Espressione della dotazione
Valutazione agronomica
Ossido di potassio K2O
Potassio (K)
Potassio (K)
(livello)
(ppm)
(ppm)
(%CSC)
0-60
61-120
121-180
181-240
>240
0-50
51-100
101-150
151-200
>200
<2% CSC
2-5% CSC
>5% CSC
-
Molto basso
Basso
Medio
Alto
Molto alto
Indicazioni per la concimazione
Livello molto basso
La risposta al potassio è certa per tutte le colture. E’ consigliata la concimazione di arricchimento con
dosi da 1.1 a 1.5 volte gli asporti della coltura.
Livello basso
La risposta al potassio è probabile per molte colture. E’ consigliata la concimazione di arricchimento con
dosi da 0.8 a 1.1 volte gli asporti della coltura.
Livello medio
La risposta al potassio è, in genere, poco probabile; lo è di più per le colture esigenti. E’ consigliata la
concimazione di mantenimento con dosi da 0.5 a 0.8 volte gli asporti della coltura.
Livello alto
La risposta al potassio non è, in genere, probabile: è consigliabile non concimare. Il potassio potrebbe
essere necessario per colture esigenti e capaci di elevate produzioni; le dosi non dovrebbero superare 0.5 volte
gli asporti della coltura.
Livello molto alto
La risposta al potassio è assai improbabile; si consiglia di non fertilizzare.
(1) I valori inferiori dell’intervallo si riferiscono a terreni sabbiosi, quelli più alti a suoli argillosi; per terreni di
medio impasto si assumono valori intermedi.
13
Considerando la scarsa mobilità di questo elemento, è bene interrare tutta la dose prevista con la
lavorazione principale per portarlo nello strato di terreno interessato dalla massa delle radici.
Il concime potassico generalmente utilizzato nei nostri terreni è il solfato di potassio (titolo 50%)
che apporta anche quantitativi di zolfo più che sufficienti ai fabbisogni della coltura.
1.9.3. Azoto. L’azoto è l’elemento nutritivo che maggiormente influisce sulla produzione della
cipolla. L’uso dei fertilizzanti azotati, però, a differenza di quanto avviene con quelli fosfatici e
potassici, richiede particolari attenzioni, soprattutto nello stabilire la dose ottimale da
somministrare, poiché gli errori, sia in difetto sia in eccesso, si pagano in termini di perdite di
quantità e/o di qualità della produzione.
Inoltre la notevole mobilità nel terreno di certe forme di azoto rende necessarie alcune precauzioni
per la salvaguardia dell’ambiente (inquinamento delle falde acquifere da parte dell’azoto nitrico).
La forma nitrica, infine, può accumularsi nei tessuti vegetali, comprese le parti eduli, causando
rischi per la salute dei consumatori. I nitrati, infatti una volta ingeriti possono essere trasformati in
nitriti che, a loro volta, possono combinarsi con le ammine libere e formare nitrosammine che sono
composti cancerogeni. La cipolla, fortunatamente, ha una bassa tendenza ad accumulare nitriti nel
bulbo per cui il rischio su esposto è molto ridotto.
Nonostante i numerosi studi sul bilancio azotato in agricoltura, bisogna dire che non risulta facile da
individuare un metodo sufficientemente semplice e preciso per stabilire le dosi di azoto da
distribuire ad una coltura.
Il fabbisogno di concimazione azotata può essere calcolato per differenza tra il quantitativo
prelevato dalla coltura durante il ciclo colturale e il quantitativo di azoto minerale disponibile nel
terreno a inizio ciclo più quello che si rende disponibile, nel corso della primavera e dell’estate, per
mineralizzazione dell’humus e dei residui colturali incorporati nel terreno. Inoltre, occorre
considerare che non tutto l’azoto distribuito con la concimazione è assorbito dalla pianta, ma in
funzione del tipo di terreno, dell’andamento climatico, della formulazione utilizzata (ad esempio
concimi a lento effetto) e della modalità di distribuzione (a tutto campo, a bande, fertirrigazione)
l’efficienza di assorbimento della concimazione azotata può variare anche largamente per cui la
dose tecnica apportata deve essere opportunamente aumentata. Da quanto detto consegue che:
Concimazione azotata = (N prelevato - N disponibile) / Efficienza concimazione
E’ stato affermato che per una produzione attesa di 40 t ha-1 la coltura deve poter disporre di circa
120 kg di azoto. Nelle condizioni ordinarie riscontrabili nella nostra regione, la precessione
colturale più frequente è il frumento, che notoriamente lascia ridotti quantitativi di azoto residuo nel
terreno, ed il contenuto di sostanza organica dei nostri terreni è relativamente scarso (1-1.3%): si
può quindi ragionevolmente stimare che la coltura trovi disponibili nel terreno circa 50-70 kg ha-1 di
azoto per cui i rimanenti 50-70 kg ha-1 dovrebbero essere apportati con le concimazioni. Se si
considera che a causa dell’apparato radicale superficiale l’efficienza di assorbimento della
concimazione azotata con distribuzioni a tutto campo è di circa il 50% occorrerà aumentare la dose
tecnica fino ad apportare circa 100-140 kg ha-1 di azoto.
Ovviamente la dose da apportare cambia se cambiano i termini del bilancio azotato:
• le cultivar tardive hanno crescita, produzioni e fabbisogni più elevati;
• i residui colturali della precessione possono contenere quantitativi variabili di azoto (a titolo di
esempio e indicativamente: lattuga 0-30 kg ha-1, carota 70 kg ha-1) che potrebbero in parte
rendersi disponibili a inizio ciclo;
• se è stata applicata una concimazione starter, il maggiore sviluppo dell’apparato radicale
aumenta l’efficienza di assorbimento dell’azoto;
14
• analogamente, se la distribuzione del concime azotato è localizzata in bande lungo la fila
mediante l’adozione della fertirrigazione l’efficienza di assorbimento aumenta.
Al fine di seguire i ritmi di assorbimento della coltura, ridurre i rischi di lisciviazione ed evitare un
eccesso di azoto nella fase di maturazione dei bulbi, la dose prevista di azoto deve essere frazionata
in 3 volte: 1/3 all’impianto, 1/3 allo stadio di 3-4 foglie e 1/3 all’ingrossamento del bulbo.
1.9.4. Rame, manganese, zinco, molibdeno. Nei nostri terreni normalmente non si evidenziano
carenze di questi elementi, per cui una specifica concimazione volta ad apportarli non è necessaria.
1.9.5. Fertirrigazione
La fertirrigazione non è una tecnica generalmente adottata nei nostri ambienti di coltivazione.
1.10. Esigenze idriche ed irrigazione
Il soddisfacimento dei fabbisogni idrici della coltura è un fattore essenziale sia sotto l’aspetto
quantitativo sia qualitativo delle produzioni.
Un’insufficiente disponibilità idrica, infatti, comporta una minore crescita, l’aumento di bulbi
sottomisura e, in sintesi, minori produzioni; al contrario, un eccesso idrico costituisce uno spreco di
acqua, provoca il dilavamento degli elementi nutritivi e fenomeni di asfissia radicale, favorisce una
maggiore suscettibilità agli attacchi parassitari, e, se si verifica nella fase finale del ciclo, un ritardo
della maturazione, un peggioramento della conservabilità dei bulbi e delle caratteristiche qualitative
(abbassamento del residuo secco, dell’aroma e del sapore caratteristico, della ”vestitura” del bulbo).
1.10.1. Valutazioni dei fabbisogni idrici e irrigui
Per valutare i fabbisogni idrici di una coltura bisogna calcolare o stimare l’evapotraspirazione
potenziale di riferimento (ETP0 = acqua evaporata dal terreno e traspirata da una coltura di
graminacea (Festuca arundinacea) fitta, che lo ricopre omogeneamente, completamente, in ottime
condizioni sanitarie e di disponibilità idriche, di notevole estensione).
E’ intuitivo come l’evapotraspirazione sia un processo dinamico che dipende dalla insolazione,
dalla temperatura, dalla umidità dell’aria, dalla ventosità e che l’ETP0 in altri termini rappresenti la
richiesta di acqua da parte dell’atmosfera ad un sistema pianta-terreno, teorico, di riferimento.
Esistono diversi sistemi per misurare o stimare l’ETP0, più o meno precisi e/o complessi, ma il
sistema più facile e diffuso è partire dall’acqua evaporata da un evaporimetro di classe A (vasca con
caratteristiche standard da installare in un sito rappresentativo di un dato comprensorio omogeneo)
di cui sono dotate quasi tutte le stazioni agro-meteorologiche diffuse nel nostro territorio regionale.
L’evaporato (EV espresso in mm) deve essere moltiplicato per un apposito coefficiente di vasca
(Kv) per riportare l’evaporazione da pelo libero di acqua alla evapotraspirazione potenziale di
riferimento. Questa è ovviamente più bassa, in media di circa il 20%, per cui il Kv è intorno a 0.8.
Ne deriva che:
ETP0 = EV x 0.8
Se in un dato giorno, ad esempio, è stato registrato un evaporato di 5 mm si sarà avuta una ETP0 di
4 mm (= 5 mm x 0.8).
Una coltura qualunque durante il ciclo colturale non sempre ricopre il terreno in maniera completa e
non sempre l’apparato fogliare è uniformemente sviluppato o sviluppato quanto quello della coltura
di riferimento descritta nella definizione di ETP0; in altri termini l’evapotraspirazione potenziale
massima di una coltura (ETPc) può essere significativamente diversa dalla ETP0 in funzione
principalmente delle caratteristiche dell’apparato fogliare e della stadio di sviluppo. E’ per questo
che sono stati elaborati dei coefficienti colturali (Kc) che variano da coltura a coltura in funzione
dello stadio di sviluppo (fenofasi) che, moltiplicati per l’ETP0 , danno l’evapotraspirazione
potenziale massima della coltura:
ETPc = ETP0 x Kc .
Per una coltura di cipolla seminata direttamente in campo i coefficienti colturali per le diverse fasi
fenologiche sono quelli riportati in tabella 8.
15
Tabella 8. Coefficienti colturali (Kc) di una cipolla a giorno lungo a semina primaverile
codice Fase fenologica
Durata (giorni)
Kc
1
Emergenza – 4 foglie
30
0.5
2
4 foglie – inizio bulbificazione
30
0.7
3
Ingrossamento del bulbo
60
0.95
4
Collasso apparati fogliari su 0 - 20% di piante
10
0.7
5
Collasso apparato fogliare 20% piante - raccolta
20
0
Totale ciclo
150
Conoscendo per i periodi su indicati l’evapotraspirazione potenziale di riferimento è possibile
calcolare l’evapotraspirazione potenziale della coltura e per semplice somma quella di tutto il ciclo
colturale che rappresenta il fabbisogno idrico della coltura.
Ovviamente il fabbisogno idrico della coltura difficilmente è uguale al fabbisogno irriguo, cioè
all’acqua che bisogna distribuire con l’irrigazione per soddisfare il fabbisogno idrico. Questo perché
esistono degli apporti naturali di acqua (riserva idrica utile del terreno, piogge, risalita capillare da
falda), perché il sistema di irrigazione ha sempre delle inefficienze e perché a volte è necessario
distribuire più acqua di quella necessaria alla coltura.
Apporti naturali. Nel calcolo del fabbisogno irriguo si considerano per ogni periodo:
• piogge affidabili: quelle che hanno la probabilità di almeno l’80% di verificarsi;
• piogge utili: non tutte le piogge sono utili in quanto almeno una parte può essere perduta per
ruscellamento, percolazione profonda o evaporazione. Nei nostri climi spesso le piogge affidabili
sono tutte utili (≥ 10 mm nelle 24 ore) in quanto la stagione irrigua inizia generalmente verso la
fine della stagione di ricarica delle riserve idriche del terreno (terreno umido ma non saturo,
piogge particolarmente intense);
• apporti da falda: il contributo della falda è determinato dalla profondità della falda, dalle
proprietà capillari del terreno, dal contenuto di acqua nella zona esplorata dalle radici. Nella
cipolla questa componente deve essere ignorata in considerazione dell’apparato radicale molto
superficiale;
• acqua accumulata nel terreno: le piogge invernali e la neve possono portare grandi quantità di
acqua nel terreno che sono in parte disponibili all’inizio della stagione di crescita. Per la cipolla
seminata in inizio primavera i primi fabbisogni della coltura sono generalmente soddisfatti
dall’acqua accumulatasi nel terreno durante il periodo invernale.
E’ ovvio che per il calcolo del fabbisogno idrico e irriguo i valori di ETP0, di piogge affidabili, di
piogge utili e della riserva idrica del terreno vanno opportunamente presi da dati poliennali (serie
storiche). Da quanto detto consegue che:
Fabbisogno irriguo netto = Fabbisogno idrico – Apporti naturali
1.10.2. Efficienza di irrigazione. In funzione del sistema irriguo, non tutta l’acqua distribuita va ad
interessare il volume esplorato dall’apparato radicale della coltura: in altri termini i sistemi irrigui
hanno un’efficienza differente (tab. 9); per esempio con il sistema a pioggia il 20-25% circa
dell’acqua distribuita non va a buon fine per cui il fabbisogno irriguo netto deve essere
opportunamente aumentato.
Tabella 9. Efficienza dei sistemi irrigui
Sistema irriguo
Efficienza
Infiltrazione laterale da solchi
0.5 – 0.6
Aspersione (a pioggia)
0.75 – 0.8
Localizzata (a goccia)
0.9 – 0.95
Nei nostri ambienti di coltivazione la cipolla viene irrigata soprattutto per aspersione con irrigatori
autoavvolgenti o con irrigatori a bassa pressione su ali mobili. E’ importante che l’intensità di
16
pioggia non sia elevata al fine di evitare che l’effetto battente causi l’allettamento degli apparati
fogliari.
Un esempio di calcolo del fabbisogno idrico per una coltura di cipolla seminata il 10 marzo in Italia
Centrale e irrigata con sistema per aspersione è riportato in tabella 10.
Tabella 10. Calcolo esemplificativo del fabbisogno idrico di una coltura di cipolla seminata il 10 marzo, con ciclo di
153 giorni e irrigato per aspersione
Mese
Fase (1)
Durata (giorni) (2)
Coefficiente colturale (3)
ETP0 (mm al giorno) (4)
ETPc (mm al giorno) (5 = 3 x 4)
ETPc (mm/periodo) (6 = 5 x 2)
Piogge affidabili (mm/periodo) (7)
Piogge utili (mm/periodo) (8)
Fabb. irriguo netto (mm/periodo) (9 = 6 – 8)
Efficienza di irrigazione (10)
Fabb. irriguo di campo (mm/periodo) (9 / 10)
(1) vedi tabella 8.
marzo
1
21
0.5
2.0
1.0
21.0
40
40
0
0
aprile
1
2
10
20
0.5
0.7
2.5
2.5
1.3
1.8
12.5
35.0
20
40
20
40
0
0
0
0
maggio
2
3
10
21
0.7
0.95
3.0
3.0
2.1
2.9
21.0
59.9
15
15
15
15
6.0
44.9
0.8
0.8
7.5
56.1
giugno
3
30
0.95
4.0
3.8
114.0
0
0
114.0
0.8
142.5
3
10
0.95
5.0
4.8
47.5
0
0
47.5
0.8
59.4
luglio
4
10
0.7
6.0
4.2
42.0
0
0
42.0
0.8
52.5
5
11
0
6.0
0
0
0
0
0
0.8
0
agosto
5
10
0
6.0
0
0
0
0
0
0.8
0
totale
153
352.9
254.4
317.9
Prendendo in esame il bilancio illustrato in tabella 10 vanno fatte alcune importanti considerazioni
di carattere generale:
1) subito dopo la semina o il trapianto in realtà è sempre bene mantenere umido il terreno per
favorire l’emergenza o l’attecchimento delle piantine. Il seme di cipolla, infatti, ha una buona
capacità di imbibirsi di acqua anche in terreni apparentemente secchi, ma perché la germinazione
proceda regolarmente è necessaria abbondante umidità. E’ per questo che nelle colture seminate,
se le condizioni meteorologiche non lo permettono, l’irrigazione dopo la semina deve essere
accurata al fine di assicurare, compatibilmente con il regime termico, rapide e regolari
emergenze. Il mantenimento di uno strato superficiale del terreno costantemente umido è
particolarmente importante nei terreni limosi che tendono a formare una crosta superficiale.
2) La fase di ingrossamento del bulbo (fase 3) è quella che presenta i maggiori fabbisogni irrigui e
la maggiore sensibilità agli stress idrici che causano la diminuzione del calibro dei bulbi con
aumento della frazione sottomisura e perdita di produzione totale e commerciabile.
3) Circa 20 giorni prima della raccolta le irrigazioni andrebbero sospese così da evitare ritardo della
fase di maturazione, il peggioramento della conservabilità del prodotto e l’aumento della quota
di bulbi con cattiva “vestitura” delle tuniche esterne.
Dall’esempio riportato in tabella 10, il fabbisogno idrico è di circa 353 mm (= 3530 m3 ha-1) ed il
fabbisogno irriguo di campo circa 318 mm (= 3180 m3 ha-1). Se la coltura fosse irrigata con un
sistema localizzato (irrigazione a goccia) con un’efficienza di circa il 90% (= 0.9) il fabbisogno
irriguo di campo sarebbe stato di 282 mm (= 254 mm / 0.9).
Calcoli di questo tipo ci danno una stima affidabile dei consumi di acqua della coltura durante tutto
il ciclo e permettono di individuare i periodi di punta (fase di ingrossamento dei bulbi).
Tale bilancio può essere eseguito anche su base giornaliera in una coltura in atto disponendo dei
valori di evapotraspirazione potenziale, degli apporti naturali (precipitazioni) e seguendo lo
sviluppo della coltura.
Questi dati, insieme a quelli relativi alle caratteristiche idrologiche del terreno ci permettono di
calcolare i principali elementi tecnici dell’irrigazione.
1.10.3. Caratteristiche idrologiche del terreno
Le due più importanti caratteristiche idrologiche dei terreni sono la capacità di campo ed il punto di
appassimento.
17
La capacità di campo è il contenuto massimo di acqua che può contenere il terreno senza che siano
occupati gli spazi preposti alla circolazione dell’aria (macroporosità). Quando questi spazi sono
occupati dall’acqua il terreno si dice saturo e perciò asfittico ed invivibile per la pianta.
Il punto di appassimento è invece il contenuto di acqua del terreno al di sotto del quale la pianta non
riesce più ad assorbire acqua e quindi appassisce.
La quantità di acqua compresa tra la capacità di campo ed il punto di appassimento è detta acqua
disponibile.
Queste caratteristiche idrologiche dipendono fortemente dalla tessitura del terreno (tab. 11): più un
terreno è argilloso e più elevata è la sua capacità di ritenzione idrica o, in altri termini, maggiore è
l’acqua disponibile che riesce ad immagazzinare nello strato esplorato dalle radici della coltura.
Tabella 11. Capacità di campo, punto di appassimento e acqua disponibile (acqua % in
volume) di terreni a diversa tessitura
Tessitura
Capacità di campo Punto di appassimento Acqua disponibile
% in volume
% in volume
% in volume
Sabbioso
2.6
1.8
0.8
Sabbio-limosa
6.9
4.2
2.7
Limo-sabbiosa
9.2
5.2
4.0
Limosa
12.7
6.3
6.4
Limo-argillosa
18.4
6.3
8.4
Medio impasto
24.4
14.3
10.1
Argillosa
45.9
26.0
19.9
La esatta determinazione delle costanti idrologiche esige una analisi di laboratorio dei campioni di
terreno di ogni singolo appezzamento o di aree omogenee dal punto di vista pedologico.
Dire che un terreno argilloso alla capacità di campo ha circa il 20% di acqua disponibile in volume
significa dire che su uno strato di 1 metro un ettaro contiene 2000 m3 di acqua (10'000 m2 x 1 m x
0.20 = 2'000 m3 = 200 mm).
1.10.4. Elementi tecnici dell’irrigazione
1.10.4.1. Volume d’adacquamento. E’ la quantità di acqua (espressa in m3 ha-1 o in mm) che deve
essere distribuita ad ogni intervento irriguo per riportare il terreno alla capacità di campo (stato
ideale).
Le colture in realtà devono essere irrigate prima che consumino tutta l’acqua disponibile, cioè prima
che arrivino al punto di appassimento con compromissione della piena potenzialità produttiva. In
funzione della coltura e delle sue caratteristiche esiste perciò un limite critico d’intervento che è
intermedio tra la capacità di campo ed il punto di appassimento. Tale limite determina la frazione
percentuale dell’acqua utile, cioè l’acqua facilmente utilizzabile dalla coltura, che una volta
consumata deve essere apportata con il volume d’adacquamento.
Nella cipolla l’acqua facilmente utilizzabile è il 30% dell’acqua disponibile.
Per calcolare l’acqua disponibile e quella facilmente utilizzabile dalla coltura in un dato terreno
occorre anche tenere conto lo strato di terreno che l’apparato radicale riesce ad esplorare. Nella
cipolla la profondità considerata è di 0.35 m.
Per il calcolo del volume d’adacquamento occorre tener conto anche dell’efficienza d’irrigazione
perché più bassa è l’efficienza, più acqua occorre distribuire per riportare il terreno alla capacità di
campo, al netto delle perdite.
Da quanto su esposto la formula del volume d’adacquamento (V) per la cipolla è la seguente:
V (m3 ha-1) = [(acqua disponibile % / 100 ) x 0.3 x 10'000 m2 x 0.35 m] / efficienza d’irrigazione
18
Esempio
Se un terreno di medio impasto tendente all’argilloso ha acqua utile pari al 15% in volume (= 0.15) e la
cipolla ha una profondità dell’apparato radicale di 0.35 m, il limite critico d’intervento pari al 30%
dell’acqua utile (= 0.3) ed il sistema irriguo adottato è un sistema a pioggia (efficienza dell’80% = 0.8), il
volume d’adacquamento sarà: V = (0.15 x 0.3 x 10'000 m2 x 0.35 m) / 0.8 = 196.9 m3 ha-1 ≈ 20 mm.
1.10.4.2. Turno d’adacquamento. Definisce l’intervallo in giorni tra una irrigazione e la successiva.
E’ individuato quando tutta l’acqua facilmente utilizzabile dalla coltura è stata consumata per
evapotraspirazione. Occorre tenere un bilancio idrico dove in entrata c’è l’acqua riportata con
l’irrigazione, al netto dell’efficienza del sistema irriguo, e quella caduta con le piogge utili ed in
uscita i consumi evapotraspirativi giornalieri della coltura (ETPC). Si irriga quando il “bilancio a
scalare” è prossimo a zero. Nella cipolla a ciclo primaverile-estivo, considerati i bassi volumi di
adacquamento, i turni irrigui sono generalmente brevi e piogge anche leggere riescono a far
ritardare il turno di qualche giorno.
Nel caso di irrigazione localizzata si mantiene il terreno costantemente vicino alla capacità di
campo adottando, pertanto, bassissimi volumi d’adacquamento e turni molto stretti (anche
giornalieri).
1.11. Cure colturali
L’esecuzione di sarchiature meccaniche nelle interfile può essere utile nei primi stadi di sviluppo su
terreno con tendenza a formare crosta e quando si vogliano eliminare le infestanti in diversi
momenti del ciclo colturale. Le sarchiature nelle fasi intermedie e finali del ciclo, però,
danneggiano frequentemente il già ridotto apparato radicale e, talvolta, sono rischiose anche per
l’integrità dei bulbi.
19
2. RACCOLTA E CONSERVAZIONE
2.1. Raccolta
La raccolta della cipolla si effettua in tempi e modalità diverse a seconda della destinazione del
prodotto.
Le cipolle da consumo fresco possono essere raccolte da febbraio a luglio in funzione dell’epoca
d’impianto e della fase di sviluppo del bulbo che può andare dall’inizio della bulbificazione
(cipollotti) fino alla piena maturità del bulbo.
Le cipolle da serbo sono, invece, raccolte in agosto-settembre, a piena maturità, così come le
cipolline da industria.
La raccolta può essere effettuata a mano o a macchina.
2.1.1. Raccolta manuale
E’ utilizzata ancora in certe aeree di produzione meridionali.
I cipollotti sono estirpati con cura, riuniti in mazzi di 10-12 esemplari, lavati e inviati al mercato in
cassette.
Le cipolle a piena maturità sono, invece, estirpate quando le foglie sono piegate (su almeno il 7075% delle piante) e ingiallite, ma ancora non completamente secche. Si lasciano stese in campo in
file o a piccoli mucchi per alcuni giorni affinché le foglie si essicchino completamente e la pulitura
sia più facile. Durante questa fase si ha anche la completa traslocazione delle sostanze di riserva
dalle foglie al bulbo il quale risulta anche più serbevole. Una volta completato l’essiccamento, le
foglie sono tagliate a non più di 2 cm dal bulbo. Un taglio troppo distante dal bulbo impedisce il
completo essiccamento dello ”stelo” e peggiora la conservazione, un taglio troppo ravvicinato
impedisce la chiusura del moncone di stelo e facilita l’attacco di microorganismi. I bulbi sono poi
ripuliti dalla terra, dalle tuniche rovinate e dalle radici per poi passare alla selezione e alla
calibrazione. In certe zone del nostro paese le cipolle da serbo vengono confezionate intrecciando i
residui fibrosi delle foglie.
La capacità di lavoro di un operaio è di circa 80-150 kg h-1 con un’incidenza della raccolta del 7090% sul totale delle ore di lavoro richieste dall’intero ciclo colturale.
2.1.2. Raccolta meccanica
La raccolta meccanica viene effettuata con scavacipolle e con raccoglitrici ed è oggi la tecnica più
diffusa e compatibile con gli alti costi della manodopera.
La raccolta inizia quando almeno il 70-75% delle piante presenta le foglie piegate. Alcuni usano
schiacciare con un rullo la parte aerea provocando un più rapido essiccamento delle foglie e
accelerando la raccolta. Questa operazione, però, non favorisce la traslocazione delle sostanze di
riserva dalle foglie al bulbo e l’ingrossamento finale del bulbo con conseguente perdita di resa.
La macchina scavacipolle opera il taglio della parte aerea (se presente e/o necessario) e
dell’apparato radicale, l’escavazione mediante vomerini dei bulbi, la separazione dalla terra e lo
scarico in campo in andane. La capacità di lavoro è di circa 0.3 ha h-1. Le cipolle dovrebbero
rimanere sul terreno per almeno 10 giorni per permettere la completa essiccazione del bulbo e delle
tuniche esterne e un aumento della conservabilità. Durante questo periodo i bulbi possono essere
soggetti a scottature da sole e ad attacchi fungini favoriti da pioggia e rugiada. E’ per questo che
nella realtà operativa la fase di permanenza in campo è spesso ridotta a qualche giorno assolato e
secco. I bulbi sono poi raccolti dalle macchine raccoglitrici dove si ha la pulizia, la cernita manuale,
l’insaccamento o l’immissione in cassette, in bins o lo scarico su rimorchi. Talvolta il taglio della
parte aerea viene effettuato da macchine che precedono quella che opera l’estirpazione. Per la
raccolta della cipolla possono essere adoperate anche le macchine raccoglitrici delle patate
opportunamente modificate (sostituzione degli assolcatori, variazioni delle distanze fra le stecche
20
del nastro di raccolta) o quelle per la raccolta delle carote se dotate di apposito pick-up.
Per la raccolta delle cipolline da industria si opera prima la distruzione della parte aerea con appositi
bruciatori a gasolio e poi la raccolta con macchine raccoglitrici integrali che operano l’escavazione,
il caricamento, la pulizia e la separazione dalla terra, la selezione e, infine, lo scarico nel rimorchio.
La capacità di lavoro è di circa 0.35 ha h-1, pari a 7-9 t h-1.
Le produzioni medie di cipolla sono dell’ordine di 30-40 t ha-1 nelle cipolle a bulbo bianco, 40-60 t
ha-1 nelle cipolle a bulbo colorato e 15-20 t ha-1 nelle cipolline.
2.2. Norme comuni di qualità per cipolle (reg. CEE n. 2213/83 e 1654/87)
I - DEFINIZIONE DEI PRODOTTI
La presente norma si applica alle cipolle di varietà (cultivar) derivate da Allium cepa L., destinate
ad essere fornite come tali al consumatore, escluse le cipolle verdi a foglie intere e le cipolle
destinate alla trasformazione industriale.
II - DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA QUALITÀ
A) Generalità
La norma ha lo scopo di definire le caratteristiche qualitative che le cipolle devono presentare dopo
condizionamento ed imballaggio.
B) Caratteristiche minime
In tutte le categorie, tenuto conto delle disposizioni specifìche previste per ogni categoria e delle
tolleranze ammesse, i bulbi devono essere:
- interi;
- sani, sono esclusi i prodotti affetti da marciume o che presentino alterazioni tali da renderli
inadatti al consumo;
- puliti, praticamente privi di sostanze estranee visibili;
- esenti da danni provocati dal gelo;
- sufficientemente secchi per l'uso previsto (per le cipolle destinate alla conservazione, almeno le
prime due tuniche esterne e lo stelo devono essere completamente secchi);
- privi di umidità esterna anormale;
- privi di odore e/o sapore estranei.
Lo stelo deve essere ritorto o presentare un taglio netto e non superare i 4 cm di lunghezza (salvo
per le cipolle presentate in trecce).
Le cipolle devono essere in uno stato tale da consentire:
- il trasporto e le operazioni connesse;
- l'arrivo al luogo di destinazione in condizioni soddisfacenti.
C) Classificazione
Le cipolle sono classificate nelle tre categorie seguenti:
a) Categoria I
Le cipolle di questa categoria devono essere di buona qualità. Esse devono presentare la forma e la
colorazione tipiche della varietà.
I bulbi devono essere:
- resistenti e compatti;
- non germogliati;
- privi di stelo vuoto e resistente;
21
- privi di rigonfiamenti causati da uno sviluppo vegetativo anormale;
- praticamente privi di ciuffo radicale (tuttavia, per le cipolle raccolte prima della maturità è
ammessa la presenza del ciuffo radicale).
Sono tuttavia ammesse:
- leggere macchie purché non tocchino, assolutamente, l'ultima tunica di protezione della parte
commestibile, a condizione che non superino 1/5 della superficie del bulbo;
- screpolature superficiali delle tuniche esterne e l'assenza parziale di queste ultime, a condizione
che la parte commestibile sia protetta.
b) Categoria II
Questa categoria comprende le cipolle che non possono essere classificate nella categoria I, ma che
rispondono alle caratteristiche minime sopra definite.
Le cipolle devono essere sufficientemente resistenti e possono presentare i difetti seguenti, purché
conservino le loro caratteristiche essenziali di qualità e di presentazione:
- forma e colorazione non tipiche della varietà;
- inizio di germogliazione fino ad un massimo del 10% in numero o in peso per una determinata
partita);
- tracce di ammaccatura;
- segni leggeri di infestazione parassitaria o di malattie;
- piccole screpolature cicatrizzate;
- leggere lesioni cicatrizzate che non pregiudichino la buona conservazione del prodotto.
Esse possono essere provviste del ciuffo radicale.
Sono ammesse anche:
- macchie, purché non tocchino, assolutamente, l'ultima tunica di protezione della parte
commestibile, a condizione che non superino la metà della superficie del bulbo;
- screpolature nelle tuniche esterne e assenza parziale di queste ultime su, al massimo, 1/3 della
superficie del bulbo, a condizione che non sia danneggiata la parte commestibile.
c) Categoria III
Questa categoria comprende le cipolle che non possono essere classificate nelle categorie superiori,
ma che rispondono alle caratteristiche previste per la categoria II.
Tuttavia, esse possono presentare:
- leggere tracce di terra;
- un inizio di germogliazione fino ad un massimo del 20% in numero o in peso per una
determinata partita;
- lesioni che non pregiudichino la buona conservazione del prodotto;
- macchie, purché non tocchino, assolutamente, l'ultima tunica di protezione della parte
commestibile.
III. DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA CALIBRAZIONE
La calibrazione è determinata dal diametro massimo della sezione normale all'asse del bulbo. La
differenza di diametro tra la cipolla più piccola e la più grossa contenute in uno stesso imballaggio
non deve superare:
- 5 mm quando la cipolla più piccola ha un diametro compreso tra 10 mm inclusi e 20 mm esclusi;
tuttavia per le cipolle di diametro compreso tra i 15 mm inclusi e i 25 mm esclusi, la differenza
può essere di 10 mm;
- 15 mm quando la cipolla più piccola ha un diametro compreso tra 20 mm inclusi e 40 mm
esclusi;
- 20 mm quando la cipolla più piccola ha un diametro compreso tra 40 mm inclusi e 70 mm
22
esclusi;
- 30 mm quando la cipolla più piccola ha un diametro pari o superiore a 70 mm.
Il diametro minimo è fissato a 10 mm.
Le cipolle della categoria III possono presentare un divario massimo di 30 mm in uno stesso
imballaggio.
IV - DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE TOLLERANZE
Per i prodotti non rispondenti alle caratteristiche della categoria indicata sono ammesse tolleranze di
qualità e di calibro riferite al contenuto di ciascun imballaggio.
a) Tolleranze di qualità
i) Categoria I: il 10% in numero o in peso di cipolle non rispondenti alle caratteristiche della
categoria, ma conformi a quelle della categoria II o eccezionalmente ammesse nelle tolleranze di
questa categoria.
ii) Categoria II e III: il 10% in numero o in peso di cipolle non rispondenti alle caratteristiche della
categoria né alle caratteristiche minime, esclusi tuttavia i prodotti affetti da marciume, o che
presentino qualsiasi altra alterazione che li renda inadatti al consumo.
b) Tolleranze di calibro
Per tutte le categorie: il 10% in numero o in peso di cipolle non rispondenti al calibro identificato,
ma di diametro inferiore o superiore al massimo del 20% a tale calibro.
V - DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA PRESENTAZIONE
A) Omogeneità
Il contenuto di ogni imballaggio deve essere omogeneo e comprendere soltanto cipolle di uguale
origine, varietà, qualità e calibro.
Per le cipolle della categoria III, l'omogeneità può limitarsi all'origine e al tipo commerciale.
La parte visibile del contenuto dell'imballaggio deve essere rappresentativa dell'insieme.
B) Presentazione
Le cipolle possono essere presentate:
- in strati ordinati nell'imballaggio;
- alla rinfusa;
- in trecce (le trecce devono essere formate da non meno di 16 bulbi aventi lo stelo completamente
secco).
C) Condizionamento
Le cipolle devono essere condizionate in modo che sia garantita una protezione adeguata del
prodotto.
I materiali utilizzati all'interno dell'imballaggio devono essere nuovi, puliti e di sostanze che non
possano provocare alterazioni interne od esterne dei prodotti. L'impiego di materiali e in particolare
di carte o marchi recanti indicazioni commerciali è autorizzato soltanto se la stampa o l'etichettatura
sono realizzate con inchiostro o colla non tossici.
Gli imballaggi devono essere privi di qualsiasi corpo estraneo.
VI - DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE INDICAZIONI ESTERNE
Ciascun imballaggio deve recare, in caratteri raggruppati su uno stesso lato, leggibili, indelebili e
visibili dall'esterno, le indicazioni seguenti.
A) Identificazione
Imballatore e/o speditore: nome e indirizzo o simbolo di identificazione rilasciato o riconosciuto
23
da un servizio ufficiale.
B) Natura del prodotto
"Cipolle" se il contenuto non è visibile dall'esterno.
C) Origine del prodotto
Paese d'origine ed eventualmente zona di produzione o di denominazione, regionale o locale.
D) Caratteristiche commerciali
− Categoria;
− calibro espresso dai diametri minimo e massimo dei bulbi;
− peso.
E) Marchio ufficiale di controllo (facoltativo).
2.3. Conservazione
Le cipolle da consumo fresco raccolte all’inizio della bulbificazione sono altamente deperibili.
Possono essere conservate soltanto per 7-10 giorni. Per minimizzare le perdite possono essere
immagazzinate a 0oC con il 95-100% di umidità. Se la conservazione non è adatta le foglie
ingialliscono e deperiscono. Per mantenere alta l’umidità può essere adottata una refrigerazione con
ghiaccio (top icing) o una copertura con film plastico.
Le cipolle da consumo fresco possono essere conservate in pallets, all’ombra, in maniera da
permettere movimenti di aria attraverso la massa. La durata di conservazione è dell’ordine di 4-6
settimane per i bulbi immaturi e maggiore per quelli maturi. La condizione ottimale per la
conservazione dei bulbi è una temperatura di 0oC ed un’umidità relativa del 60-70%.
Le cipolle da serbo hanno, ovviamente, un lungo periodo di conservazione (6 o più mesi). Le
condizioni ideali sono le seguenti: i bulbi non devono presentare una umidità superiore al 90%,
ammaccature e ferite; i magazzini devono essere ventilati e termicamente isolati; i bulbi devono
essere conservati in casse che permettano una perfetta circolazione dell’aria; la temperatura deve
essere 0oC, l’umidità relativa non superiore al 70% e la circolazione dell’aria pari a 1 m3/min/m3 di
cipolle. Se le cipolle sono troppo umide non possono essere immagazzinate per cui devono essere
opportunamente essiccate: questo si ottiene, come visto, con una permanenza in campo di alcuni
giorni con tempo assolato (temperature almeno di 24oC) oppure in locali di essiccazione ad aria
forzata esponendo i bulbi per circa 12 ore a 30-45oC al 75-80% di umidità relativa. L’essiccazione
in magazzino è una tecnica poco diffusa nel nostro paese.
La cipolle conservate possono essere soggette a una serie di alterazioni di tipo fisiologico e
avversità biotiche.
Alterazioni fisiologiche
Danni da freddo: i bulbi assumono una consistenza soffice e acquosa e deperiscono rapidamente
anche in seguito ad attacchi microbici.
Guaine traslucide: i sintomi sono simili ai danni da freddo. Tale avversità si previene
immagazzinando rapidamente i bulbi a condizioni ottimali.
Inverdimento: l’esposizione alla luce provoca l’inverdimento delle guaine più esterne.
Danni da ammoniaca: fughe di ammoniaca allo stato gassoso durante la conservazione causano
macchie bruno-nerastre.
Avversità biotiche
Muffa grigia: i sintomi sono un deperimento acquoso del bulbo con sviluppo della tipica muffa
grigia (corpi fruttiferi di diverse specie fungine del genere Botrytis). L’infezione inizia a livello
del falso stelo e poi passa al bulbo intero. Si verifica quando i bulbi non sono completamente
essiccati.
Muffa nera: decolorazioni e avvizzimento a livello del collo e sulle guaine più esterne provocate dal
fungo Aspergillus niger. Tale avversità è favorita da piogge o rugiada in prossimità della raccolta
24
e spesso associata ad ammaccature e ferite del bulbo e a marciumi di origine batterica. La misura
preventiva più importante è la conservazione a temperatura inferiore a 15 oC che rappresenta la
temperatura minima di crescita del fungo.
Muffa blu: si evidenziano marciumi acquosi del collo e delle guaine più esterne seguiti dalla
comparsa delle spore verde-blu (occasionalmente giallo-verdognole) delle specie fungine del
genere Penicillium. Per prevenire lo sviluppo del fungo occorre minimizzare le ammaccature e le
ferite del bulbo, le scottature da sole e i danni da freddo.
Marciumi batterici. Sono di diverso tipo. Marciume molle: è caratterizzato da marciume acquoso,
viscoso, maleodorante causato dal batterio Erwinia carotovora ssp. carotovora. Tuniche viscide
e acquose: sono visibili generalmente soltanto nella zona del collo o dopo il taglio dalle guaine
più interne. Guaine acide: le guaine più interne assumono una consistenza viscida e molliccia ed
un odore acido.
Il controllo dei marciumi batterici si basa sulla raccolta di bulbi pienamente maturi, ben essiccati,
senza ammaccature e ferite e adottando le condizioni ottimali di conservazione.
25
3. DIFESA FITOSANITARIA
3.1. Premessa
Le schede per la protezione delle colture contenute nel Manuale di Corretta Prassi Produttiva
forniscono indicazioni per l’ottimizzazione dell’impiego dei prodotti fitosanitari in agricoltura.
Nella scelta dei principi attivi e dei limiti posti al loro uso, si è fatto riferimento alle “Linee guida
1998 messe a punto dal Comitato Tecnico Scientifico per il Reg. 2078/92 Mis.A1 istituito dal
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali”, cercando di coniugare l’efficacia dell’intervento con
la protezione dell’agroecosistema, della salute dei consumatori e degli operatori, dai rischi derivanti
dall’uso indiscriminato dei prodotti fitosanitari.
Il Manuale di Corretta Prassi Produttiva si ispira ai criteri della difesa integrata, per cui risulta
importante mettere in atto tutti gli accorgimenti che consentano di ridurre gli attacchi dei parassiti
nell’ambito del concetto del triangolo della malattia (ospite-parassita-ambiente).
Occorre inoltre ricordare che le seguenti schede andranno aggiornate annualmente poiché
fotografano la situazione esistente al 22.02.2000, data di approvazione del Disciplinare di
Produzione Integrata per la Cipolla
Riteniamo di dover fornire ulteriori indicazioni ed auspici di carattere generale che completano il
quadro dell’approccio “integrato” alla difesa delle colture nella nostra Regione.
E’ indispensabile in tal senso:
1. Effettuare il monitoraggio, laddove possibile, di certi patogeni, ad esempio mediante l’ausilio di
captaspore per rilevare il volo delle ascospore di Venturia inaequalis. Utilizzare diverse
tipologie di trappole per il monitoraggio dei fitofagi e, dove possibile, per la cattura massale (es.
Cossus cossus e Zeuzera pirina). Estendere la rete fenologica ed epidemiologica già presente sul
territorio regionale per alcune colture (vite e olivo) a tutte le colture oggetto di disciplinari. Le
reti di monitoraggio e campionamento permetteranno per certe avversità la stesura e la
divulgazione di bollettini fitosanitari.
2. Utilizzare la rete agrometeorologica regionale costituita da oltre 60 stazioni meteorologiche
elettroniche diffuse sul territorio per effettuare il monitoraggio climatico ed accertare così le
condizioni predisponenti le infezioni. I dati raccolti opportunamente elaborati permetteranno la
redazione di bollettini fitosanitari per le diverse colture. La presenza di una rete
agrometeorologica, fenologica ed epidemiologica consentirà la validazione di modelli
previsionali attualmente a disposizione sia per malattie causate da fitofagi che da funghi.
3. Razionalizzare l’uso dei prodotti fitosanitari: risulta sempre più importante la qualità e
l’efficienza della loro distribuzione; i volumi di acqua dovranno essere ottimizzati in relazione
al tipo di irroratrice presente in azienda, alla fase fenologica (maggiore o minore espansione
della superficie vegetativa) ed al parassita da combattere. E’ auspicabile la creazione di un
servizio regionale di taratura delle macchine irroratrici a cui le aziende potranno ricorrere per
effettuare controlli periodici dell’efficienza delle irroratrici.
Il controllo delle principali avversità delle colture regionali, in un’ottica di difesa integrata, non
potrà prescindere dall’adozione di misure preventive, quali mezzi agronomici (riduzione delle
concimazioni, riduzione dei ristagni di umidità, adozione di opportune rotazioni colturali, impiego
di semente sana, etc.) e mezzi genetici.
Laddove possibile, si potranno privilegiare strategie che implicano l’adozione di tecniche di lotta
biologica.
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3.2. Schede di difesa
AVVERSITÀ
P.A. E AUSILIARI
NOTE E LIMITAZIONI D’USO
CRITTOGAME
Peronospora
(Peronospora schleideni)
Prodotti rameici
Benalaxil (1)
Metalaxil (1)
(1) Con le fenilammidi al massimo due interventi
all’anno
Oxadixil (1)
Cimoxanil (2)
(2) Al massimo tre interventi all’anno
Dodina
Anilazina
Botrite
(Botrytis squamosa)
(Botrytis alii)
Diclofuanide
(1) Con i dicarbossimidi al massimo due interventi
all’anno
Procimidone (1)
FITOFAGI
Mosche dei bulbi
(Delia antiqua)
(Delia platura)
Tripide
(Thrips tabaci)
Triclorfon (1)
(1) Al massimo un intervento all’anno
Piretrine naturali
Deltametrina (1)
Lamda-cialotrina (1)
Fenitrotion (2)
Contro questa avversità al massimo due interventi
all’anno
Soglia obbligatoria: presenza di 15-20 adulti per
pianta
(1) Al massimo due interventi all’anno con piretroidi,
indipendentemente dall’avversità
(2) Al massimo un intervento all’anno
Nematodi
(Ditylenchus dipsaci)
Nessun trattamento
FITOFAGI OCCASIONALI
Nottue terricole
Lambda-cialotrina (1)
(Agrotis spp.)
Deltametrina (1)
Contro questa avversità al massimo un intervento
all’anno
Soglia obbligatoria: infestazioni diffuse
(1) Al massimo due interventi all’anno con Pitetroidi,
indipendentemente dall’avversità
Elateridi
Isofenfos
(Agriotes spp.)
Foxim
Soglia obbligatoria: accertata presenza di larve
Interventi localizzati al terreno alla semina
Furatiocarb
Afidi
Piretrine naturali
Soglia obbligatoria: presenza di focolai.
(Myzus ascalonicus)
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3.3. Schede di diserbo
Epoca
Principi attivi
% p.a. nel f.c.
Dose l o kg/ha di f.c.
Gliphosate
30.4
1.5 – 3.0
Glufosinate ammonio
11.3
4–7
Pre-emergenza
Pendimetalin
31.7
2–3
Post-emergenza
Ioxinil
33.2
0.1 – 0.6
Oxyfluorfen
23.6
0.1 – 0.5
Clopiralid
9.5
0.8 – 1
Ciclossidim
21
1 – 1.5
Fenoxaprop-p-etile
6.6
1 – 1.5
Fluazifop-p-butile
13.3
1 – 1.5
Propaquizafop
9.7
1
Setossidim
20
1 – 1.5
Pre-semina
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3.4. Difesa biologica
La capacità che l’agricoltura biologica ha di far fronte alle avversità di ordine fitosanitario, non
risiede tanto nel possedere rimedi infallibili per i singoli problemi, quanto nel fornire al sistema la
possibilità di autoequilibrarsi sfruttando le sue capacità omeostatiche. La predisposizione di
condizioni di miglior rispetto degli equilibri naturali del terreno, seguite nelle pratiche di
coltivazione dell’agricoltura biologica, costituisce la fase preliminare e preventiva nella difesa delle
colture dagli agenti nocivi sia di natura biotica che abiotica. Infatti coltivare un ecotipo locale, più
adatto per selezione ad affrontare le condizioni di vita determinate dal suolo e dal clima, seguire la
metodologia dell’apporto di sostanza organica nella fertilizzazione e le altre tecniche colturali,
contribuisce a costituire una prima serie di condizioni che tendono naturalmente a rendere la pianta
coltivata meno suscettibile alle infezioni e ai danni degli agenti nocivi.
Il materiale di propagazione deve essere necessariamente sano, cioè privo di agenti patogeni e di
insetti. Sarà pertanto opportuno impiegare materiale certificato (sempre proveniente da agricoltura
biologica).
In certi casi è possibile ridurre la popolazione di malattie e di insetti fitofagi distruggendo
tempestivamente residui colturali nei quali questi svernano.
Le sistemazioni idrauliche, evitando ristagni idrici, riducono l’incidenza di diverse fitopatie e lo
sviluppo di alcuni insetti terricoli sia diminuendone la virulenza sia aumentando il vigore e, quindi
la resistenza delle piante coltivate.
Una concimazione completa ed equilibrata è come regola generale favorevole in quanto piante ben
nutrite e vigorose resistono meglio e con minor danno alle aggressioni. L’eccesso di azoto, che può
aumentare la suscettibilità delle colture alle avversità crittogamiche o l’appetibilità per certi fitofagi
(es. afidi) è un caso ricorrente nell’agricoltura convenzionale, mentre è altamente improbabile che si
realizzi nell’agricoltura biologica, dove non si fa uso di concimi azotati di sintesi.
Anche la correzione del pH può essere un mezzo importante per favorire le specie coltivate, in
quanto molti funghi terricoli sono favoriti da una reazione del terreno tendenzialmente acida.
Nel caso di necessità determinate da eventi capaci di compromettere il risultato economico del
raccolto, è possibile comunque intervenire con alcuni strumenti di difesa diretta.
L’impiego di essenze vegetali e di insetticidi di origine vegetale (azadiractina, rotenone, piretro
quassine ecc.), offre buoni risultati contro i parassiti animali e, parallelamente, l’uso di zolfo e di
sali di rame, impiegati da sempre con successo nel controllo delle crittogame, consente in molti casi
di ostacolare anche lo sviluppo di diversi insetti.
E’ opportuno, in questo ambito, porre l’accento sulle difficoltà che incontra l’operatore agricolo nel
reperire informazioni sulla conformità alle normative cogenti nell’agricoltura biologica dei preparati
con attività insetticida e anticrittogamica. Per essere impiegato su una determinata coltura infatti, il
prodotto deve essere contemplato fra quelli indicati nell’allegato 2 del regolamento CEE 2092/91 e
sue successive integrazioni ma deve essere anche autorizzato all’impiego in agricoltura da parte del
Ministero della Sanità. La situazione è in continua evoluzione in quanto nuove richieste di
autorizzazione vengono inoltrate al Ministero per ottenere la registrazione nel nostro paese di
prodotti ammessi dal regolamento comunitario, mentre di converso alcuni prodotti contemplati nella
prima stesura del regolamento sono stati eliminati nelle successive modifiche oppure ne è stato
ridotto l’impiego a particolari colture (es. azadiractina ammessa solo su piante madri o colture
portaseme e piante ornamentali). Allo stato attuale tra gli insetticidi di origine vegetale ammessi dal
Reg. CEE il Piretro naturale (solo se estratto da Chrysantemum cinerariaefolium) e il rotenone
(estratto da Derris spp., Lonchocarpus spp. e Therphrosia spp.) sono anche registrati per l’utilizzo
in agricoltura in Italia. Per quanto riguarda invece gli insetticidi microbiologici esistono diversi
prodotti registrati a base di Bacillus thuringiensis, e nematodi entomopatogeni. L’utilizzo di questi
preparati è conforme a quanto prescritto dal regolamento CEE in quanto l’unica causa di esclusione
è rappresentata dalla eventuale manipolazione genetica degli organismi costituenti il bioinsetticida.
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Sul piano tecnico è necessario, tuttavia, adottare un impiego oculato anche degli insetticidi di
origine naturale che, seppur presentino ampie garanzie di pronta degradabilità ambientale, sono
sempre di scarsa selettività (piretro, rotenone) nei confronti dell’entomofauna utile. E’ quindi
auspicabile anche nell’agricoltura biologica il superamento della lotta a calendario e l’adozione di
criteri di intervento in qualche modo analoghi a quelli in uso nella lotta integrata. La lotta integrata
infatti, è fondata sull’accertamento della reale presenza dei parassiti, sulla conoscenza delle
condizioni microclimatiche predisponenti l’insorgenza delle avversità, sulla conoscenza delle soglie
di tolleranza, sulla scelta dei fitofarmaci a più basso impatto ecologico e con la massima
salvaguardia degli insetti ausiliari, sull’uso, infine, dei mezzi di lotta biologica. E’ utile ricordare
che le soglie d’intervento riportate nelle schede per alcuni patogeni e fitofagi, hanno carattere
indicativo in quanto in agricoltura biologica non esistono riferimenti trasferibili alla generalità delle
aziende e per questo motivo vanno adattate alle singole realtà (aziende in conversione,
agroecosistemi più o meno semplificati, diversa tollerabilità per alcune tipologie di danno, etc.)
Le tecniche di lotta biologica che sfruttano gli antagonismi naturali, sono uno strumento di
importanza fondamentale per controllare le popolazioni dei fitofagi e degli agenti di malattia. In
particolare, il controllo biologico classico, attuato non su scala aziendale ma comprensoriale, riveste
un particolare interesse nel fronteggiare parassiti di origine esotica, andando a ricostituire le
associazioni (i sistemi tritrofici) con i loro nemici naturali. L’attività necessaria alla sua
realizzazione è demandata agli istituti di ricerca, che cooperano in tal senso con gli analoghi
organismi internazionali. In altri casi è invece possibile far ricorso agli ausiliari allevati in
biofabbriche e oggigiorno, specialmente nelle colture protette dove da tempo si sono manifestati
fenomeni di resistenza agli insetticidi di sintesi, è possibile affidare la difesa fitosanitaria
integralmente alla loro attività. Anche la lotta microbiologica è divenuta una realtà operativa come
nel caso del Bacillus thuringiensis bioinsetticida batterico impiegato con successo contro diversi
lepidotteri. I nematodi entomopatogeni, considerati anch’essi agenti di controllo microbiologico,
rappresentano dei validi strumenti di lotta agli insetti che svolgono almeno una parte del loro ciclo
nel terreno. Essi, inoltre, possono essere efficacemente utilizzati per il controllo degli insetti xilofagi
(Cossus cossus, Zeuzera pyrina, Synanthedon myopaeformis, etc.).
Per quanto attiene alla lotta biologia contro le crittogame, pur se non ancora sviluppata a livello di
quella contro i parassiti animali, bisogna dire che essa mostra interessanti prospettive da sviluppare
nell’immediato futuro.
Un altro efficace strumento di contenimento dei problemi fitosanitari è rappresentato dall’utilizzo di
varietà resistenti. In molti casi il miglioramento genetico ha raggiunto ottimi risultati nella ricerca
della resistenza a diverse crittogame, mentre per gli insetti i risultati positivi sono ancora piuttosto
limitati.
Sul piano applicativo, l’orticoltura pone talvolta gravi problemi fitosanitari, in particolare nella
coltura intensiva praticata in zone specializzate e con un numero ridotto di specie.
In questo comparto, in maniera ancor più marcata delle altre colture biologiche, la prevenzione
rappresenta l’arma principale per il controllo delle avversità e per raggiungere di conseguenza un
adeguato livello produttivo sotto il punto di vista qualitativo e quantitativo.
Per quanto concerne la coltura in pieno campo, attualmente l’impossibilità di controllare in maniera
diretta alcuni agenti di danno (elateridi, nematodi fitopatogeni, rizzottoniosi, cercosporiosi,
sclerotinia septoriosi, verticillosi, fusariosi, etc.) rende necessaria l’adozione di lunghe rotazioni,
insieme alla scelta di varietà resistenti o di ecotipi locali da tempo adattati alle condizioni
microclimatiche proprie del territorio. Buone prospettive sono offerte anche dal controllo
microbiologico delle fitopatie e degli insetti dannosi.
Dal punto di vista dei mezzi fisici di controllo, la messa a punto di macchine che rendano più
economica ed affidabile la tecnica della solarizzazione in pieno campo renderà più efficace il
controllo dei nematodi fitopatogeni e delle fitopatie i cui agenti si conservano nel terreno.
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Una volta esplorate le esigenze di mercato e quelle più spiccatamente agronomiche (rispetto del
fabbisogno in sostanza organica della coltura, conservazione della fertilità aziendale), la scelte della
coltura da praticare e dell’appezzamento su cui impiantarla, dipende dai seguenti fattori:
- L’appezzamento prescelto non deve avere ospitato una coltura infestata dal fitofago chiave o
dalla malattia principale per la coltura da impiantare, da un numero di anni pari alla durata della
capacità di sopravvivenza della malattia o del fitofago in mancanza di ospiti (es. Nematodi 5-10
anni, batteri del genere Erwinia 7-8 anni).
- L’appezzamento prescelto deve essere distante da colture simili, potenziali fonti di
infezione/infestazione, nonché da campi che abbiano ospitato una coltura infestata, da
magazzini e da discariche di residui delle colture.
La distanza dalle potenziali fonti di contaminazione di cui sopra, può essere comunque
sensibilmente ridotta adottando colture barriera o frangivento che, qualora siano costituiti da siepi,
rappresentano anche una considerevole riserva di antagonisti naturali.
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3.4.1. Schede di difesa biologica
AVVERSITÀ
P.A. E AUSILIARI
NOTE
CRITTOGAME
Prodotti rameici preferendo Distruggere i residui infetti delle colture precedenti.
idrossidi
per
ridurre
la Utilizzare materiale di propagazione sano. Ridurre gli
(Peronospora schleideni)
fitotossicità.
apporti azotati, curare il drenaggio e attuare una corretta
gestione delle irrigazioni onde evitare ristagni di acqua sulla
vegetazione.
Effettuare il trattamento con bagnanti o adesivanti per
migliorare la copertura delle foglie che tipicamente
presentano le superfici coperte da cere.
Ripetere i trattamenti rameici dopo piogge dilavanti e in
seguito al normale accrescimento vegetativo. (ogni 7-14
giorni).
Per prevenire attacchi in magazzino, essiccare rapidamente
Botrite
le tuniche esterne dei bulbi immettendo nei locali di
(Botrytis squamosa)
conservazione aria riscaldata a 35°C per 3 giorni.
(Botrytis alii)
Successivamente immettere aria fredda per altri due giorni.
Ampi avvicendamenti colturali tali da evitare il ritorno
Fusariosi
(Fusarium oxysporum, F. sp.
della coltura sullo stesso terreno contaminato per almeno 810 anni, oppure ricorrere a varietà tolleranti.
Cepae)
Impiego di semi e bulbi sicuramente sani.
Per prevenire lo sviluppo dei marciumi durante la
conservazione è necessario che i bulbi siano bene asciutti
quando vengono immagazzinati.
Peronospora
FITOFAGI
Mosche dei bulbi
(Delia antiqua)
(Delia platura)
Tripide
(Thrips tabaci)
Nematodi
(Ditylenchus dipsaci)
Ritardare le semine onde evitare i danni della Ia generazione
che risulta la più dannosa.
In caso di forti infestazioni, intervenire contro gli adulti in
fase di sfarfallamento.
Piretro, Rotenone (in aggiunta Soglia: presenza di 15-20 adulti per pianta.
a bagnanti o saponi)
Trappole cromotropiche bianche-blu.
Lancio di O. levigatus su focolai di tripidi nella misura di 5
Orius levigatus
esemplari per m2.
In serra, chiudere le aperture per favorire l’insediamento del
predatore.
Evitare la precessione di Liliacee, fragola, patata, bietola,
legumose ortive e medica.
Solarizzazione:
1. eliminazione dei residui colturali
2. lavorazione del terreno
3. livellamento della superficie mediante erpicature
4. abbondante irrigazione
5. copertura del suolo per 2 mesi con film plastico
trasparente di ca 30 µ di spessore
In serra si può ottenere lo stesso risultato chiudendo e
svuotando la serra durante l’estate, effettuando
un’irrigazione ogni 2 settimane.
Piretrine naturali
FITOFAGI OCCASIONALI
Nottue terricole
Bacillus thuringiensis
Interventi contro le giovani larve in caso di forti infestazioni
tramite interventi con Bt var. kurstakii contro larve di età
superiore alla terza, utilizzare esche alla crusca con piretrine
naturali (20 kg di crusca, 2 kg di zucchero, 2 litri di
piretrina, 10 litri di acqua per ogni ettaro).
Curare il drenaggio dell’appezzamento, evitare la
precessione di prati e di melone (o altre colture che abbiano
subito gravi attacchi).
Anticipare la raccolta.
Piretrine naturali
Intervenire solo in caso di forti attacchi e su colture da
seme.
(Agrotis spp.)
Elateridi
(Agriotes spp.)
Afidi
(Myzus ascalonicus)
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Il presente Manuale di Corretta Prassi Produttiva fa parte di un gruppo di
Manuali elaborati da docenti e tecnici provenienti dal mondo universitario e da
strutture di assistenza tecnica specializzate. Essi forniscono in particolare
elementi e nozioni tecniche utili per la corretta attuazione di operazioni nelle fasi
critiche della filiera produttiva.
Fra le varie tecniche disponibili e praticabili sono state scelte quelle
caratterizzate da una maggiore attenzione all'aspetto ambientale.
I Manuali di Corretta Prassi Produttiva non sono documenti prescrittivi; essi
forniscono alternative alla corretta soluzione di problemi diversi in diverse
circostanze.
L'intento con il quale sono stati creati è quello di dotare il settore di strumenti
didattici e divulgativi; sono destinati ad essere utilizzati come testi base per corsi
di formazione e aggiornamento dei tecnici dei vari servizi a sostegno delle
imprese e richiedono quindi un'ulteriore traduzione per essere divulgati
all'universo delle aziende agricole regionali.
I Manuali devono essere considerati come documenti evolutivi, non statici e
dovranno pertanto essere riesaminati, aggiornati e migliorati ogni anno, in
conseguenza dell'esperienza, del progresso tecnico, delle critiche e dei
suggerimenti che saranno pervenuti da parte di chi li usa. Non ultima,
l'evoluzione degli elenchi dei principi attivi ammessi in agricoltura, compresa
quella biologica, che impone frequenti modifiche integrative sia sul fronte delle
nuove molecole ammesse, sia sulla gamma di colture ove possono essere
applicati.