Deimos Wing - Sam Provenzale
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Deimos Wing - Sam Provenzale
Deimos Wing CAPITOLO I La Bianca Tefiros Scendeva fitta come sempre sui tetti bluastri e le case in pietra dalle alte guglie argentate: un bianco porcospino sotto la soffice, eterna neve di Tefiros che sonnecchiava beato al calar della sera nel suo letargo di fine inverno. Lampioni accesi lungo le stradine, e i vicoli della città erano timidi bucaneve dagli steli in ghisa e calici di vetro smerigliato dal capo chino e riverente dinanzi al sopraggiungere della risplendente luna e delle sue compagne stelle. La bianca Tefiros: crogiuolo di stili e di culture; le sue case a ponte dalle finestre arcuate, il Borgo degli Artisti, la piazza della Quinta Stagione, il Giardino Galatense, l’Aleksander College… Ma non esisteva un unico percorso da seguire nella ex-città imperiale di Tefiros e, dal lungo e alberato corso della Yukilis, si giungeva facilmente fino alla piazza delle Fate e nelle stradine a lei adiacenti, quale l’elegante Borgo Tukirot, luogo d’incontro favorito dall’élite cittadina il cui fulcro risiedeva presso la raffinata pasticceria Eis Kaffe. Le sue ampie vetrate ovali con tende a pacchetto offrivano la possibilità di osservare discretamente il trascorrere del tempo sulle mode, sorseggiando il rinomato caffè alla menta - specialità della casa - con deliziosi pasticcini all’arancia, comodamente seduti sulle poltroncine in velluto azzurro polvere del locale, senza neppure essere sfiorati dalle gelide temperature esterne. Il vociare dei clienti si fece man mano più intenso col passare delle ore e Mythel provò una strana malinconia al pensiero di dover nuovamente lasciare quel luogo. Si strinse nelle spalle, fece un cenno di saluto ai 1 suoi nonni con il capo e uscì sul marciapiedi ricoperto dalla neve, lasciandovi affondare gli alti stivali scamosciati prima d’incamminarsi con la borsa sulle spalle verso l’Aleksander College. Da sotto l’ampio cappuccio che la riparava dalle raffiche di gelo s’intravedevano solo due luminosi occhi viola e alcune ciocche ribelli sul viso di un intenso color tiziano. Una figura minuta, dal passo rapido e lieve come se qualcuno la stesse inseguendo: ma a chi o a che cosa voleva sfuggire? E perché? Forse solo alla fredda neve che aveva ripreso a scendere incessantemente… Dal giorno successivo sarebbero ricominciate le regolari lezioni di studio dopo la lunga pausa delle vacanze autunnali, ma Mythel continuava a pensare che non ci fosse nulla di entusiasmante nel rivedere i soliti volti di compagni e professori dell’Aleksander, tranne per il tempo che avrebbe avuto da dedicare ai testi della biblioteca in cui amava rifugiarsi al termine dell’orario scolastico, tra l’odore inconfondibile di legno e cuoio e le luci soffuse delle lampade da tavolo che l’avvolgevano non appena vi metteva piede. Amava ogni pietra, ogni albero, ogni singola ombra che l’immenso castello proiettava sulla neve di giorno o di notte, ogni statua del parco che ne sussurrava la storia e persino ogni divisa che identificava gli studenti del college in base all’anno di studi prescelti. Nonostante non avesse amicizie per condividere certe emozioni, né passioni e alle volte neppure per scambiare qualche parola, Mythel non riusciva a soffrire di solitudine in quel luogo tanto vasto. Forse perché aveva trovato rifugio nei libri che amava leggere e rileggere, e nella musica che ascoltava sempre, tranne nelle ore di lezione. Viveva ogni giorno nuove avventure, immedesimandosi in quelle storie così diverse l’una dall’altra, il che per lei era di gran lunga più entusiasmante che spendere il proprio tempo a pattinare sul ghiaccio o altre cose del 2 genere, anche se comprendeva benissimo che, forse, in quel modo si sarebbe fatta degli amici con più facilità. Ma che genere di amici? Nessuno con cui avrebbe avuto degli interessi da spartire o che comunque l’avrebbe capita e apprezzata per quel che era, quindi, che amici sarebbero mai stati per lei? Oltrepassò il cancello d’ingresso dell’Aleksander e corse fino alla segreteria per la registrazione del suo rientro. “Buonasera signorina Eis, in orario come sempre, eh?” - la motteggiò il sig. Henklod, sorridendole con dolcezza - “Eccole la chiave, si ricordi che da quest’anno potrà tenerla con sé, dato che ormai è maggiorenne” - “ah, è vero! La ringrazio molto, a volte sono ancora convinta di averne solo 16!”. L’anziano segretario sorrise, chiedendole: “Come stanno i tuoi nonni? Presi come ogni anno dai dolci per la Snohanen* , eh?”. Mythel annuì. “Già! Spero solo che non si affatichino troppo senza il mio aiuto stavolta”. Il sig. Henklod comprese benissimo il suo stato d’animo, sapendo quanto fosse loro legata e, lisciandosi il pizzetto con le dita, la rassicurò scherzosamente: “Pensi di essere così indispensabile per l’Eis Kaffe? Vedrai, se la caveranno come sempre anche senza di te. Non sono poi così vecchi, sai? Dopotutto io ho solo qualche anno più di loro e vado ancora alla grande, non ti sembra?”. Mythel sorrise vedendolo flettersi sulle gambe con notevole agilità alla soglia dei suoi 85 anni, e due deliziose fossette le si formarono agli angoli della bocca nel farlo, prima che l’uomo si fermasse per riprendere fiato e la salutasse solo con un cenno della mano. “Buonanotte” disse di rimando, ancora divertita dalla scena cui aveva appena assistito. Si voltò per raggiungere le scale in fondo al corridoio dell’ala B e un’ombra le si parò improvvisamente dinanzi. “Ben tornata, Cappuccio Verde! Dove te ne vai 3 tutta sola, eh?”. Mythel sbiancò in volto, abbassando subito lo sguardo senza riuscire ad emettere alcun suono. “Hey! Sto parlando con te, piccoletta, o adesso sei diventata anche sorda oltre che muta? Allora? Ti decidi a rispondermi o devo costringerti con la forza?”. Mythel scosse la testa, tremando come una foglia di fronte a quello che tutti conoscevano come l’incubo vivente dell’Aleksander: Arson Tiff. “I…Io sto andando nella mia stanza” rispose continuando a tenere gli occhi bassi con voce incerta. Lui scoppiò a ridere fragorosamente, mettendole una mano sulla spalla: “bene! Allora lascia che ti accompagni fino alla porta”. Mythel scosse lentamente il capo, pregando in silenzio che non le facesse nulla. “No?!” - tuonò allontanandosi da lei con stizza “Come osi contraddirmi, pulce? Lo sai che se solo volessi, potrei spezzarti il collo con una mano? Perciò voglio che tu ora mi domandi scusa e ti metta subito in ginocchio, sono stato chiaro?”. Mythel deglutì, spaventata come non mai e, anche se avrebbe voluto urlare per chiedere aiuto, la voce sembrò averla abbandonata del tutto, lasciandola alla mercé di quell’essere ignobile che detestava con tutta se stessa. Sentì ad un tratto dei passi alle sue spalle e vide Arson arretrare rapidamente verso le scale. “E’ inutile che cerchi di sfuggirmi Tiff! Ti avevo già avvertito una volta: quest’ala dell’Aleksander è mia e tu non devi metterci piede per nessun motivo, ma forse anche tu hai qualche problema di udito a quanto pare” inveì il teppista veterano del college, agguantandolo di volata alle spalle come un falco per poi costringerlo a guardarlo in faccia con una mano stretta attorno alla sua gola. La violenza di Redsel Avalon era nota persino al di fuori dell’Aleksander, in ogni luogo della città di Tefiros dove molti erano stati testimoni di 4 cosa fosse capace pur di far valere le proprie ragioni, un ragazzo temibile di appena 27 anni dallo sguardo tagliente e una corporatura a dir poco inquietante. Mentre Arson tentava in ogni modo di divincolarsi dalla sua stretta micidiale, Redsel si volse per lanciarle uno sguardo incomprensibile e poi farle cenno col capo di salire le scale e andarsene. Incredula, Mythel si affrettò ad annuire, eseguendo più che volentieri il suo ordine senza inutili tentennamenti fino a svanire dalla sua vista e rinchiudersi nella propria stanza a doppia mandata. Stava sognando o il ragazzo più temibile del college l’aveva appena tratta in salvo dalle grinfie di Arson Tiff? Ma forse non era così che stavano le cose, forse l’intervento provvidenziale di Redsel era solo stato un caso nel quale era rimasta coinvolta suo malgrado, scatenando involontariamente una resa dei conti tra i due “gentiluomini”. Ma aveva altro a cui pensare. Accese lo stereo per ascoltare l’ultimo cd dei Gust* , il suo gruppo rock di culto, e iniziò a spogliarsi per indossare la divisa dell’Aleksander: la cotta d’acciaio intrecciato, la calzamaglia nera, gli alti stivali di renna e il corto piviale verde scuro dai bottoni argentati nonché l’emblema del college. Le note di On Sable Nights* la spinsero ad avvicinarsi alla portafinestra della sua stanza per osservare la luna attraverso i fiocchi di neve e sognare ancora ad occhi aperti di essere quel che non era per alcuni istanti: una splendida guerriera dagli occhi fiammeggianti, alla testa di fidati cavalieri in un mondo senza tempo; amici inseparabili e sinceri con i quali combattere ogni giorno in nome di un ideale comune. Sarebbe stato meraviglioso se avesse potuto davvero contare su qualcuno almeno una volta nella vita senza restarne delusa. Sì, meraviglioso in ogni senso… ma impossibile. Tirò un lungo, sofferto sospiro e abbassando lo 5 sguardo ebbe un sussulto. Ma certo! Perché non ci aveva pensato subito? Il suo desiderio era più che possibile invece, come lo era stato ogni volta in cui aveva aperto un libro, immedesimandosi anima e corpo nei suoi protagonisti! Anche lei era ormai in grado di scriverne uno, dopotutto l’aveva in testa da così tanto tempo e nei minimi dettagli poi! Suonò l’ora della cena, ma non si lasciò distogliere dal proprio intento per così poco quindi, decise di rimboccarsi le maniche e mettersi all’opera, alienandosi da tutto il resto. La prima cosa da fare era decidere il titolo, perché la storia la conosceva alla perfezione. L’eterna storia del Bene e del Male in lotta fra loro in un mondo fantastico dove il cielo era sfumato di rosa, il mare viola, i campi di grano azzurri e i fiori avevano petali di conchiglia. Un mondo in cui il Bene era rappresentato da un limitato numero di creature magiche e in cui il Male era un’assoluta prerogativa umana. Ma sia da un lato che dall’altro vi erano dei traditori e fu così che un nobile guerriero sanguemisto decise di riunire a sé fedeli alleati per sconfiggere il Male. Il suo nome era Deimos Alukar e voleva annientare il crudele Felonhar Kion* con l’aiuto di altri nobili combattenti quali la donna-lupo Ardesia Fenrir che si trasformava al calar della notte; il cavaliere Hrist Rednite, abile spadaccino; l’arciere Fulgor Kamlot dalle frecce incandescenti; l’evocatrice di draghi Crimson Valo - draghi i cui artigli non conoscevano pietà - e il sovvertitore spaziotemporale Asgar Furlok, in grado di creare portali e barriere ultra-dimensionali. Rifletté attentamente sull’intera trama: lei s’identificava con ognuno di loro, ma anche con il loro antagonista perché sapeva di esserne comunque la creatrice, come sarebbe stata la causa della sua morte per far sì che il Bene trionfasse sul Male. Ed ecco il titolo scaturire dalla sua penna istintivamente: Felonhar no Shi*. 6 Iniziò descrivendo il paesaggio del mondo chiamato Iaga* attraverso gli occhi del protagonista: una landa sconfinata di terra e polvere nel vento, rosse come il sangue che vi era stato sparso mesi prima in sua assenza e che adesso era pronto a rivendicare a costo della vita. Smise di colpo, avendo la netta sensazione di essere osservata. Si guardò subito attorno con aria circospetta, ma com’era prevedibile niente e nessuno la stava tenendo sott’occhio e allora rise di sé per averlo anche solo pensato, rimettendosi all’opera. Proseguì fino a notte inoltrata e terminò il racconto qualche ora dopo il sorgere del sole, crollando addormentata in un pesante sonno liberatorio che le impedì per quel giorno di presentarsi alle lezioni mattutine con notevole stupore sia degli insegnanti che dei compagni di liceo. Qualcosa di gelido la sfiorò alla base della nuca, forse la lama affilata di una spada o forse solo della neve. Aprì gli occhi lentamente e si vide circondata da oscure ombre immobili quanto spaventose e angoscianti. Si volse in cerca di aiuto, sentendosi ormai prossima alla morte, ma vide lo scintillio improvviso di un’armatura dinanzi a sé e seppur terrorizzata, tentò di muoversi in quella direzione. Lo scintillio aumentò passo dopo passo, divenendo quasi accecante e d’un tratto avvertì la terra mancarle sotto i piedi. Cadde lunga distesa, rovesciando la sedia su cui si era addormentata all’alba, risvegliandosi così da quello che era stato solo un brutto sogno. “Oh, no!” si lamentò nel rendersi conto di che ore fossero quando si risollevò dolorante dal tappeto. Poi vide i fogli sparsi sulla scrivania ed ogni preoccupazione svanì, cedendo il posto al desiderio irrefrenabile di rileggere il suo primo racconto da cima a fondo per vivere ancora una 7 volta le splendide emozioni di quell’epica avventura. Ma quando terminò di farlo con le lacrime agli occhi ebbe l’impressione che non fosse ancora completo, che gli mancasse qualcosa, pur non sapendo cosa per l’esattezza. Forse le sarebbe venuto in mente più tardi col trascorrere del tempo, magari stando in biblioteca, contornata da libri di ogni genere. Depose con cura il manoscritto in una cartellina di seta grezza e cuoio, poi si sciacquò il viso e uscì nel parco dell’imponente Aleksander per raggiungere la sala di letteratura antica. “Ah! Ben svegliata Eis, ti sto aspettando da questa mattina, lo sai?” le disse Redsel Avalon cogliendola di sorpresa. “Scusami, ti ringrazio molto per ieri sera, ma ora devo proprio andare” rispose incamminandosi a testa bassa, oltrepassandolo a passo spedito. “Davvero?” le domandò allora lui ironico prima di afferrarla di volata per un polso, costringendola a guardarlo in faccia. Mythel lo fissò ammutolita dalla paura senza neanche tentare di liberarsi dalla sua stretta finché Redsel non scoppiò improvvisamente a ridere di gusto. “Sei l’unica persona che io conosca in grado di sostenere il mio sguardo senza volermi sfuggire… incredibile! Dimmi una cosa: non hai timore di me come tutti gli altri?” - “Sì, certo che ne ho!” si affrettò a rispondere col cuore in gola. Lo vide scuotere il capo continuando a sorridere, poi avvicinarsi di colpo per posarle un bacio sulla fronte prima di lasciarla andare. “Tu mi piaci Eis, sei un tipo strano, ma mi piaci sul serio. A presto!”, e si allontanò con incedere lento e cadenzato senza più voltarsi indietro. Rimasta sola, Mythel si domandò cosa intendesse dire con quell’affermazione e se in realtà quello strano non fosse lui, ma adesso sentiva di non doverlo più temere, che poteva fidarsi di lui, sebbene di certo non avrebbero mai potuto essere amici, data la sua pessima 8 reputazione anche nei confronti del gentil sesso sia dentro che fuori dall’Aleksander. Ma fin quando le avesse tenuto alla larga Arson Tiff per lei sarebbe andato più che bene averlo comunque dalla sua parte, dopotutto nessuno si era mai preoccupato di difenderla da lui prima di allora e questo rappresentava già un gran passo avanti, rispetto alla placida indifferenza che solitamente la circondava. Varcò la soglia della biblioteca, soffermandosi come sempre ad osservare gli alti archi intarsiati che ne delineavano il perimetro e gli splendidi affreschi, raffiguranti il nobile Aleksander Sekyen, l’originario possidente del castello e dell’intero regno di Tefiros di duecento anni prima da cui il college aveva tratto il proprio nome. Si diresse verso la sala di letteratura antica, raggiungendo le ampie librerie in rosso ciliegio intagliato per scorrere alcuni dei molteplici titoli a disposizione degli studenti. Salì le scale a chiocciola e proseguì avidamente nella sua preziosa ricerca d’ispirazione. La scelta cadde su Stirpe e Genesi della Corte Imperiale. Una volta seduta al suo consueto posto di fianco alle ampie vetrate policrome che davano sul parco, iniziò a sfogliare le prime pagine restando piuttosto sorpresa dall’accuratezza con cui erano state decorate lungo i margini. Ma lo fu ancor di più quando nel proseguire trovò meravigliose raffigurazioni degli alti esponenti che avevano reso grande l’Impero di Aleksander con le loro gesta: nobili cavalieri e valorosi soldati, tutti ammessi alla corte con pari diritti. Oltre ad Aleksander, spiccavano i nomi di ben cinque cavalieri che si erano distinti per il loro notevole coraggio nelle imprese d’espansione dei territori imperiali e nell’affiancare in battaglia il loro sovrano: il Principe Ramsiel Kuryou, fratellastro della scomparsa Galaksiel; il lanciere Deliter Mazu; l’amazzone arciera Agris Kannor; il giovane cavaliere Orlandes Yamagushi e la mercenaria Olen Darkob. 9 Dopo aver visto la meticolosità con cui ognuno di loro era stato ritratto in quelle pagine, Mythel decise di prendere esempio da quel libro e di riprodurre su carta i personaggi della sua storia così come li aveva immaginati fin dal principio. Prese il volume in prestito e si diresse dritta spedita verso la sua stanza, decisa a mettersi all’opera il prima possibile. “Hey, tu! Stai forse andando di fretta?”. Mythel si sentì improvvisamente spintonare da ogni parte, finendo ben presto in terra sulla ghiaia, graffiandosi inevitabilmente i palmi delle mani. Ma non un suono fuoriuscì dalle sue labbra nell’osservare i volti adirati delle tre ragazze che la sovrastavano sghignazzanti. “Allora, ti chiami Eis se non sbaglio, vero?”. Mythel annuì silenziosamente , afferrando il libro della biblioteca per stringerlo al petto quasi fosse uno scudo immaginario. “E spiegaci una cosa: per quale motivo una come te si è permessa di rivolgere la parola al nostro Redsel? Con che diritto, eh?”. Ma lei non seppe che dire, dopotutto era stato lui ad avvicinarla e non viceversa come loro credevano. La stavano accusando ingiustamente, però lei non aveva prove per dimostrarlo. “Guardate che sfacciata! Non hai alcun rispetto per le tue superiori di college? Esigiamo una risposta da te. O credi forse di essere migliore di noi? Tu non rappresenti nulla per Redsel, mettitelo bene in testa, e non osare mai più avvicinarlo per alcun motivo, chiaro?”. Mythel sapeva benissimo che non dipendeva da lei, ma da Redsel e, quindi,continuò a tacere iniziando a tremare visibilmente. “Non credevamo tu fossi così stupida, Eis, ma visto che non vuoi parlare, saremo costrette a farti capire come stanno le cose in maniera più esplicita”. L’afferrarono per i capelli con estrema brutalità, trascinandola in terra come un sacco di stracci, finché qualcuno non la sollevò di peso tra le 10 braccia, sottraendola a quell’ingiusto trattamento. Mythel vide le tre ragazze ammutolire di colpo, arretrando rapidamente prima di disperdersi attraverso il folto del bosco che circondava l’Aleksander e, quando sollevò lo sguardo per ringraziare il suo salvatore, restò di sasso: Arson Tiff! L’ultima persona sulla faccia del pianeta da cui si sarebbe mai aspettata di ricevere alcun aiuto! Lo osservò incredula; grata e diffidente al contempo, restando completamente immobile. Non era forse lui quello che la sera precedente voleva impartirle la stessa lezione che poco fa stavano per darle quelle tizie? Ma Arson la rimise in terra e, senza alcun preavviso, le sorrise enigmaticamente. “Soltanto io ho il diritto di maltrattarti, se voglio” asserì prima di voltarle le spalle e andarsene, lasciandola piuttosto interdetta. Era forse impazzito? Se lo continuò a domandare fino a quando non fece rientro nella propria camera, dove tirò finalmente un profondo sospiro di sollievo. L’aveva già scampata bella per ben due volte dal momento in cui aveva fatto ritorno al college e, da come si erano messe le cose non sarebbero di certo state neanche le ultime! Era meglio quindi prepararsi al peggio… Anche quella nottata scorse tra libri, matite e canzoni dei suoi gruppi rock preferiti. Per la creazione di ogni personaggio impiegò almeno due ore nel definirne con accuratezza sia l’aspetto fisico che l’abbigliamento, fino a quando non crollò nuovamente alle prime luci dell’alba, perdendo così un altro giorno di studio. Forse era il rintocco di una campana, ma le sembrava talmente sordo e compatto che iniziò ad avere qualche dubbio. Dove si trovava, innanzitutto? Si guardò attorno con occhi semiaperti e comprese subito di essere sdraiata in terra e che davanti a sé c’era solo la porta della propria stanza, da cui filtrava una luce adombrata da 11 qualcosa di non ben identificabile. Sentì ancora quei suoni ripetuti e finalmente capì che non erano i rintocchi di una campana, ma qualcuno che stava bussando insistentemente da un bel po’. Alzandosi con grande agilità, corse ad aprire senza neanche chiedere chi fosse e così finì per trovarsi davanti al tenebroso Redsel Avalon che entrò dopo averle scompigliato i capelli già arruffati come se nulla fosse. Scioccata da tanta naturalezza e sfacciataggine, Mythel lo seguì silenziosa con lo sguardo in ogni suo movimento, finché non lo vide sedersi comodamente sulla sponda del letto e avvertì il panico assalirla d’improvviso. “Qualcosa non va?” le domandò con l’aria più innocente di questo mondo. Mythel scosse subito energicamente la testa nel goffo tentativo di mascherare i propri timori. Fu a quel punto che Redsel esplose in una risata spontanea e cristallina, mettendola ancor più in agitazione. “Dalla tua espressione si direbbe esattamente il contrario, Eis. Ma se è a causa mia, puoi anche stare tranquilla, non ho cattive intenzioni nei tuoi confronti. Volevo solo dei chiarimenti riguardo ad Arson Tiff, tu sai a cosa mi sto riferendo non è vero?”. Mythel annuì, immobile nel punto in cui si trovava come una statua di marmo, senza però riuscire ad aprir bocca per dare spiegazioni sull’accaduto del giorno prima. Redsel addolcì lo sguardo e con un cenno del capo la invitò ancora a parlare. Deglutì più volte a fatica prima di riuscirci e poi esordì dicendo: “mi ha salvata da alcune tue sostenitrici che volevano punirmi per aver osato rivolgerti la parola” - “e…?”. Mythel rifletté a lungo su cosa e come dirgli quello che Arson aveva affermato in seguito perché era certa che non l’avrebbe presa un granché bene. “Allora? Qualcos’altro che dovrei sapere a 12 riguardo?” incalzò lui con aria malcelatamente calma. A quel punto Mythel pensò fosse meglio mentire o meglio, omettere il resto con un semplice, ma abbastanza convincente “no”. “Bene allora, nulla di cui dovermi preoccupare a quanto sembra. Almeno per il momento…” concluse con sguardo indagatore, rialzandosi dal letto per raggiungerla in pochi passi - “Ti va una passeggiata in città?” le chiese poi a bruciapelo. “Ma… oggi nevicherà fino a tardi!” ribatté in cerca di una scusa. “E qual è il problema? Possiamo prendere l’Over Ekspress* e saremo nel centro di Tefiros in meno di cinque minuti. Su, datti una mossa Eis e cambiati. Io ti aspetto all’uscita” e svanì dietro la porta senza darle neanche il tempo di rifiutare o acconsentire. Non rendendosene quasi conto iniziò a spogliarsi e indossò le prime cose che le capitarono sottomano con aria del tutto inebetita, come se Redsel l’avesse ipnotizzata o sottoposta a qualche sortilegio. Ma nessuna delle due ipotesi aveva alcun senso e Mythel - soprabito azzurro polvere, cappello e stivali - lanciò un’ultima occhiata nostalgica ai disegni dei suoi personaggi e lasciò la stanza per raggiungere Redsel a piano terra. “Possiamo andare, vero?” le chiese precedendola con fare indifferente. Lei annuì silenziosa e lo seguì a ruota come un fedele cagnolino col suo padrone. La stazione distava solo una trentina di metri e la camminata proseguì nel parco innevato senza che nessuno dei due proferisse verbo. Era la prima volta che Mythel metteva piede sull’Over Ekspress, ma non osò confessarlo a Redsel perché era certa avrebbe riso di lei e, quindi, preferì gustarsi in assoluta tranquillità l’incredibile panorama della bianca Tefiros vista dall’alto: uno spettacolo unico, da togliere il fiato. Redsel la osservava nel frattempo a sua insaputa, cogliendone ogni minimo particolare 13 per archiviarlo preziosamente nella propria memoria e godere di quel momento fino in fondo. I tetti a cono delle case a ponte sembravano scure conchiglie dai piccoli oblò variopinti che scrutavano il lento scorrere cittadino mentre il cielo aveva da poco ripreso a fioccare come ogni tardo pomeriggio di fine dicembre. Mythel sembrava rapita da quella visuale del tutto nuova e con occhi fissi sulla zona in cui era situata la pasticceria della propria famiglia, si domandò quanti turisti fossero seduti accanto ai caminetti, intenti a gustare i famosi dolci della imminente Snohanen a forma di piuma: i soffici Plume-Cake* al cacao con gocce alla menta, ricoperti da candido zucchero a velo. E quanti clienti abituali li gustassero con aria compiaciuta dopo un anno di attesa. “Siamo arrivati” la informò sfiorandole una spalla con le dita. Mythel sembrò ricordarsi della sua presenza solo in quel momento e istintivamente gli sorrise, come per scusarsi della sua mancanza ma, dopotutto, non era abituata a stare in compagnia di qualcuno se non di se stessa. Scesero alla stazione centrale che si affacciava sul Borgo degli Artisti in cui aveva sede la Gilda delle Maschere, l’associazione teatrale di giullari, le cui origini coincidevano col sorgere dell’impero di Aleksander e delle quali si narravano storie davvero incredibili. Mythel si soffermò a scrutare con morbosa attenzione i volti dei giocolieri e la loro contorta, ma ritmica gestualità in parte innata, in parte frutto di lunghe ore o addirittura mesi di estenuanti allenamenti. Le loro acrobazie venivano esibite all’interno del grande Cubo a vetri, attraverso il quale i loro costumi variopinti risaltavano come arcobaleni in movimento, attirando inevitabilmente l’attenzione di chiunque passasse da lì. Redsel conosceva molto bene quella gente dato che per molto tempo era stato uno di loro, come il padre ed era perciò cresciuto tra stecche, 14 ritornelli e sfere colorate fino al giorno in cui… no, non era quello il momento di lasciarsi trascinare dai ricordi, non in compagnia di Mythel: la strana e misteriosa ragazza dagli occhi viola che sembrava vivere in un mondo a parte e che con i suoi silenzi riusciva comunque a trasmettergli un infinito senso di pace, come non provava da tempo immemorabile con nessuna delle persone che frequentava abitualmente per amicizia o… per ben altro. Le si accostò gentilmente ad un orecchio, chiedendole: “vorresti essere la mia sorellina d’ora in poi?”. Lei non seppe come comportarsi, non fu certa di aver compreso il reale significato di quella domanda finché non sollevò lo sguardo su di lui. Redsel intendeva esattamente quel che le aveva appena chiesto senza alcun secondo fine e Mythel lo carpì dall’espressione terribilmente seria che assunse dopo averle sorriso con una dolcezza infinita. “Dici davvero?” - “Davvero” confermò Redsel impassibile. “Allora da oggi avrò un fratello maggiore!” esclamò entusiasta, abbracciandolo istintivamente. Lui rispose con altrettanta foga, carezzandole la nuca e Mythel avvertì per la prima volta il calore di qualcuno avvolgerla con sincero affetto. “Sei mai stato all’Eis Kaffe?” gli domandò tutt’a un tratto. Redsel sembrò per un attimo lievemente imbarazzato, ma lei pensò fosse solo un’impressione e lo sentì rispondere: “sì, qualche volta, tempo fa” - “ma non hai mai conosciuto i proprietari, vero?” insistette in tono indagatorio. “No, non credo di aver mai avuto il piacere. Ma perché t’interessa tanto?”. Mythel sorrise prendendolo per mano e trascinandolo in direzione dell’Eis Kaffe. “Voglio offrirti una merenda e presentarti i miei nonni”. 15 Redsel, piuttosto interdetto dal non aver associato mai prima di allora il cognome di Mythel con quello del famoso locale, la seguì senza più proferire parola. Incuriosito dal repentino cambiamento avvenuto nella sua sorellina appena acquisita, di colpo così vivace e sorridente si sentì felice come non mai e si preparò ad affrontare una giornata più emozionante del previsto. Chiacchierarono del più e del meno, scoprendo di avere molto più in comune di quanto potessero immaginare. Vennero quindi le presentazioni con i signori Eis, per la precisione con nonno Maximilian e nonna Sephir, due ottantenni in perfetta forma con l’aria di chi la sa molto lunga e ha ancora una gran voglia di fare. Maximilian si limitò a scrutarlo attentamente, mentre Sephir lo tempestava di domande sotto lo sguardo orgoglioso di Mythel che sorrideva osservandolo. Forse avrebbe dovuto parlargliene, ma non voleva rattristarla e quello non era di certo il momento più adatto per farlo. Ci sarebbero state altre occasioni… La domanda di Maximilian lo colse di sorpresa e non seppe cosa rispondere. “Scusi, stavo riflettendo su un’altra cosa. Voleva sapere?” cercò di riparare in qualche modo a quella magra figura. “Se vuoi bene alla nostra Mythel o se è solo un’altra tua conquista da collezionare” ripeté l’uomo dalla barba canuta senza mezzi termini. Redsel non era abituato a tanta franchezza nei suoi confronti, né al fatto di essere tenuto sotto controllo, persino al college ci avevano ormai rinunciato da un pezzo! Ma apprezzò molto il tono inquisitorio dell’anziano signor Eis, al quale rispose subito: “lei è come una sorella più piccola di cui prendermi cura. Conosco Mythel da poco, ma tengo già molto a lei perché la ritengo una persona speciale e voglio proteggerla da chi non è in grado di comprendere quanto lo sia” - “ah- aah! Un cavaliere d’altri tempi!” esclamò 16 Sephir dando una pacca sulla spalla del marito e strizzando contemporaneamente l’occhio ai due ragazzi, prima di trascinarlo con sé in cucina con la scusa di avere molto lavoro arretrato da portare a termine. Si salutarono a distanza e, sorridendo, uscirono dal locale per raggiungere lo scintillante corso della Yukilis dove godere di un tramonto color cremisi attraverso i pannelli d’argento traforati da migliaia di piccole lune. “Erano anni che non passavo più da qui” confessò Mythel affascinata da quello spettacolo col naso rivolto all’insù. “Si vede” commentò Redsel imitandola. La neve continuava a scendere su Tefiros e sembrava tingersi di rosa contro il riverbero del sole infuocato che filtrava dalle nuvole serali. Tranquillità e armonia, furono queste le sensazioni che strinsero il cuore di Redsel accanto alla dolce Mythel nel lasciar scorrere lo sguardo sulla città iridescente di fine dicembre: poche settimane prima della Snohanen, nel mese per lui più triste dell’anno. Ma questa volta non sarebbe stato così perché non era più solo, Mythel lo avrebbe aiutato a superare finalmente quell’oscuro periodo della propria vita, ne era sicuro. Lei era speciale, così come aveva detto ai suoi nonni e lo pensava davvero, l’aveva pensato fin dal primo giorno in cui l’aveva vista mettere piede all’Aleksander l’anno precedente, quando però lui non sapeva ancora come comportarsi e aveva ancora troppi problemi da risolvere che lo forgiavano nell’anima giorno dopo giorno, anno dopo anno, fino a renderlo il “cattivo soggetto” di cui tutti parlavano. Ma ora sentiva di poter cominciare tutto daccapo, c’era qualcosa in Mythel da quando l’aveva salvata dalla grinfie di Arson Tiff che glielo faceva credere senza bisogno di prove concrete, ne era consapevole più che mai e non sapeva comunque spiegarsene la ragione. “Torniamo all’Over Ekspress?” chiese strappandola di colpo ai suoi pensieri. Mythel si voltò radiosa e annuì, iniziando a 17 correre giù per le scale attigue al corso con un’agilità da cerbiatto. Sembrava ancora una bambina nonostante i suoi 17 anni, ma era consapevole del fatto che non lo fosse. Probabilmente era solo lui a vederla così e per la ragione che solo lui conosceva. La seguì affrettando il passo e la raggiunse, dopo una breve corsa, sotto la statua dell’Unicorno nella piazza delle Fate. “Conosci la sua storia?” gli domandò con espressione malinconica. “Credo di sì, ma ero troppo piccolo quando me la raccontarono e ormai non la ricordo più molto bene”. Mythel sollevò il viso per accostarlo a quello dell’Unicorno e, chiudendo gli occhi, iniziò a raccontare: “lui si chiamava Danthys e aveva una sorella gemella di nome Oifer con cui viveva nel bosco degli elfi fatati. Insieme aiutavano gli elfi a rendere invisibile il bosco per mantenerlo in pace, lontano dagli uomini sempre in guerra tra loro. Un giorno però Oifer si ferì ad una zampa, restando intrappolata a metà tra il bosco fatato e quello umano. La vide un cacciatore e conoscendo il valore di quell’essere magico, le tagliò il corno, uccidendola di dolore. Danthys avvertì istintivamente la sua morte e in preda all’ira si precipitò alla ricerca dell’assassino pur sapendo che una volta fuori dal bosco, gli elfi non gli avrebbero mai più permesso di tornarvi. Fu così che il coraggioso Danthys, assalito da una furia cieca iniziò a spargere sangue umano fino a che non trovò il vero colpevole e, dopo averlo trafitto col suo corno, ne ebbe divorato le carni. Quando infine uscì nel villaggio per urlare e piangere tutta la sua rabbia e il suo dolore per essere ormai rimasto solo, gli abitanti lo infilzarono con frecce, lance e spade finché non lo uccisero, vendicandosi della sua crudeltà che aveva tolto la vita anche a giovani innocenti. 18 Ma quando furono sul punto di spezzargli il corno, una bambina li fermò giungendo dal bosco, una piccola elfa che lo carezzò sul muso ancora sporco del sangue del cacciatore divorato e che poi svanì, portandolo via con sé. Da allora chiunque vaghi per i boschi di Tefiros dice di sentire dei nitriti disperati levarsi verso l’alto e alcuni bambini affermano invece di averlo visto sulle sponde del lago ghiacciato, mentre in silenzio versava lucenti lacrime d’argento. Io avrei desiderato vederlo almeno una volta per poterlo consolare” aggiunse prima di riaprire gli occhi e rendersi conto che Redsel stava piangendo, proprio come lei. Lui, il tanto temuto Redsel Avalon, si era appena commosso nell’ascoltare la triste vicenda di Danthys. Per quale motivo? Senza dire nulla gli si avvicinò per abbracciarlo semplicemente e trasmettergli così tutto il proprio affetto. Forse avevano solo bisogno l’uno dell’altra per riuscire ad andare avanti, ma Mythel sentiva che c’era qualcos’altro dietro la sua tristezza, qualcosa che ancora doveva scoprire, ma che mai e poi mai avrebbe lasciato insidiasse a lungo il cuore onesto e vigoroso di Redsel, non più. 19 CAPITOLO II Snohanen E anche per quella settimana le lezioni erano terminate. Redsel l’aspettava come ogni pomeriggio sotto l’arco che conduceva in biblioteca, accanto al grande abete millenario. Si sedettero sui gradini della scalinata e dopo qualche minuto li raggiunse anche lui, ma con espressione più contrariata del solito. “Tiff, che ti hanno detto stavolta?” gli domandò Redsel sorridendo della sua aria imbronciata. “Non sarò più qui domani” asserì gravemente. “Hai collezionato l’ennesima sospensione?” continuò l’amico con ironia. Ma Arson scosse il capo e fissò lo sguardo su Mythel come volesse imprimersi il suo viso nella mente per sempre. Fu a quel punto che Redsel assunse la sua medesima espressione, in attesa che gli rispondesse, chiedendo il perché di una tale agonia. “Mio padre richiede urgentemente la mia presenza alla Pikke Station* e, dato che ormai ho raggiunto l’età per poterlo sostituire nel dirigere l’Accademia… sì, insomma, voi capite che proprio non posso fare altrimenti, devo adempiere ai miei doveri di unico erede”. Sia Mythel che Redsel si sentirono lentamente pervadere da uno strano senso di affanno e di solitudine che sembrava attanagliarli sempre più forte. “Quando partirai?” chiese Mythel tutt’a un tratto con sguardo incomprensibile. Arson sedette al suo fianco, sistemando distrattamente il risvolto di uno degli stivali per poi risponderle: “domattina al più presto”. Mythel saltò giù dal gradino e si volse verso lui e Redsel, esclamando entusiasta: “allora stasera usciremo tutti insieme per porgerti i nostri degni saluti, sei d’accordo?”. 20 Annuì con un pesante sospiro. Avrebbe tanto desiderato abbracciarla in quel momento! E Redsel? Chi avrebbe mai creduto, solo lontanamente immaginato che un giorno sarebbero divenuti così amici l’uno dell’altro dal sentirsi quasi morire all’idea di doversi separare! Destino beffardo e lusinghiero: destino di promesse infrante e di sorprese indesiderate che li aveva fatti incontrare e che troppo presto li avrebbe divisi. Ma tutto aveva un senso, uno scopo e la vita non era mai troppo breve per ripercorrere strade già battute né per conoscerne di nuove, ritrovando amicizie mai perdute e scoprendone altre ancora del tutto sconosciute. Arson decise di lasciarsi contagiare dall’entusiasmo della piccola Mythel e di godere appieno quell’ultima giornata nella città di Tefiros assieme a loro. “Potremmo andare al Pivot* ad ascoltare quel nuovo gruppo rock che dicono sia rivale dei Gust… però non ricordo come si chiamino. Sento sempre la loro canzone alla radio: Sand Soul*“ - “ah! Ma certo, ho capito di chi parli!” esclamò Mythel raggiante - “Sono gli Havoc* ! Io li adoro, anche se i miei preferiti restano sempre i Gust. Ma non sapevo suonassero qui a Tefiros, ne sei certo?”. Redsel confermò le parole di Arson mostrandole un volantino con la foto del gruppo e la loro serata live al Pivot fissata per le undici e mezza. “Perché me lo dite solo ora?! Devo correre a prepararmi! Ci vediamo all’ingresso per le nove?”. Sia Arson che Redsel non ebbero quasi il tempo di rispondere che la videro svanire da lì ad una velocità davvero sorprendente. “E tu Redsel? Questo è il tuo ultimo anno universitario, no? Poi cosa farai?” chiese Arson una volta soli. “Penso che mi arruolerò alla Kenson* , 21 l’accademia militare di Kether*, per ottenere il grado di Warlike*” - “e lei resterà nuovamente senza nessuno che la protegga” concluse l’amico sentendosi ancor più avvilito al pensiero di doversene andare e non rivedere più Mythel per chissà quanto tempo… Redsel si limitò a posargli una mano sulla spalla e poi allontanarsi senza neanche guardarlo in faccia. Se l’avesse fatto , sapeva a cosa sarebbe andato incontro e non avrebbe proprio potuto sopportarlo. Quando bussarono alla sua porta la trovarono fortunatamente già pronta per uscire; non avevano resistito a lungo nell’ingresso, attendendola sotto gli sguardi curiosi e ostili dell’intero college loro devoto o avverso. Tra i capelli aveva messo delle minuscole sfere metalliche e sulle punte di alcune ciocche altrettante freccette argentate, ma come sempre sul suo viso neppure un filo di trucco. “Cosa nascondi lì sotto?” le domandò Redsel, indicando il suo lungo cappotto bianco con circospezione. Arson venne contagiato dalla stessa voglia di sapere e la spronò ad aprirlo. Mythel si strinse nelle spalle prima di scuotere energicamente il capo e affermare: “nulla di speciale”. I due amici si lanciarono subito occhiate allusive e la accompagnarono fuori di lì col sorriso sulle labbra. A volte Mythel era ancora fin troppo infantile, ma era talmente adorabile! Separarsene dopo quella serata sarebbe di certo stato più doloroso del previsto. L’Over Ekspress era affollatissimo e sia Arson che Redsel incontrarono dei loro compagni di corso diretti al centro di Tefiros così Mythel tornò a chiudersi in se stessa per timore d’essere giudicata da quegli estranei che 22 solitamente la ignoravano del tutto o si prendevano gioco della sua timidezza. Se solo avesse avuto un po’ più di carattere, del carisma come i suoi due amici! Nonostante stesse bene in loro compagnia e provasse un grande affetto soprattutto per Redsel, sentiva di non essere ancora in grado di liberarsi dalle catene strette attorno alla propria anima, di non riuscire ancora ad essere del tutto se stessa. Trascorreva delle splendide giornate e si divertiva anche ma… non c’era traccia d’alcuna evoluzione in lei, nessun segnale di crescita interiore e questa constatazione la portò a deprimersi di colpo, isolandosi da tutto il resto. “Siamo quasi arrivati” le fece notare Arson, costringendola a tornare con i piedi per terra. Il suo sguardo spento si posò prima su lui e poi su Redsel, infine scivolò oltre i vetri appannati del vagone, scorgendo le luci della città immersa nella fredda notte invernale. Entrambi notarono subito lo strano mutamento d’umore di Mythel ma non vollero dargli peso, credendo fosse dovuto all’imminente partenza di Arson. Se solo avessero immaginato quanta amarezza albergasse in quel suo giovane cuore! Eppure lei stessa non sarebbe stata in grado di motivare una tale tristezza, colma di un'angoscia che pareva quasi soffocarla. Forse solo la musica di quella serata al Pivot riuscì almeno in parte ad alleviare il suo dolore. In particolare le parole di Kobweb of my Soul* , l’inedito brano degli Havoc, le diedero un senso di calore e di sollievo anche se transitorio. A silver coffin is waitng for my heart And I see black coils in haze surround my mind I hear your voice in my dreams but I can't reach you And I try to call your name 'cause I want lose you 23 Without hopes and then surrended by my fears Without love I can't survive hear, oh, my dear! Without shines on all around In the cobweb of my soul I can't stand here anymore Wires of fire are burning all my paper dreams Cut the cobweb with your sword Please don't leave me here all alone I'm so scared of this dark world Please set me free A golden rood is driven in my heart And I feel so much pain, I'm lost inside And then I see your face come through the maze So we escape in a world where I can be myself With a hope I feel my heart beat, beat again With a love I feel my soul sing, sing again With a shine on all my way Cut the cobweb with your love Close the pain outside the door Light my fire and let me stand beside you Crash the cobweb, turn my world Dream a dream that never old I'm so proud of me and you We're strong and free If you stay with me forever now until the end I will trust in me and you and all the world Without a sign of pain Till my heart still glowing La voce graffiante e sensuale di Devon Saito* catturò i cuori di ognuno di loro, ma soprattutto quello di Mythel che per l'intero percorso del rientro, reinterpretò ogni singolo brano di quella sera, fino a quando non raggiunsero i cancelli dell'Aleksander e arrivò infine anche l'ora degli addii. 24 "Detesto certe situazioni... vorrei tanto poter restare ancora qui con voi per molto più a lungo!" esordì Arson con un nodo alla gola che lo costrinse a interrompersi un attimo prima di proseguire: "sarete sempre i benvenuti alla Pikke Station e potrete venirmi a trovare tutte le volte che vorrete, d'accordo?". I due amici annuirono contemporaneamente e Mythel tentò in ogni modo di ricacciare indietro le lacrime che già stavano offuscandole la vista, ma invano. Redsel fu l'unico a mantenere un contegno decoroso e che, in assoluto silenzio, circondò le spalle di Arson con un braccio quasi come tra padre e figlio. Fu a quel punto che Mythel decise di posargli un bacio frettoloso sulla guancia e correre via tra i singhiozzi, ringraziando il fatto che almeno Redsel le sarebbe rimasto accanto ancora a lungo. Certe amicizie a volte sembravano non avere alcuna possibilità di esistere, altre ancora sembravano destinate a finire sul nascere e queste ultime erano davvero le peggiori, quelle più difficili da digerire... Furono prima giorni, poi settimane in cui l'Aleksander College fervette per i preparativi della Snohanen, la solenne festività in onore della promessa sposa dell'imperatore, la principessa Galaksiel Kuryou, che morì appena diciassettenne travolta da una valanga e il cui corpo non fu mai rinvenuto, rimasto sepolto chissà dove sotto l'eterna neve di Tefiros. La leggenda narrava che l'anima di Aleksander si tramutasse in neve nella ricorrenza della sua morte per ritrovarla, assumendo l'inusuale forma di piuma in modo da essere da lei riconosciuto. Ma solo in un determinato punto del bosco dell'ex-residenza imperiale poteva verificarsi lo strano fenomeno ogni anno e solo a chi 25 possedeva un animo puro come quello della scomparsa principessa sarebbe stato visibile. E se ciò fosse avvenuto, allora quella persona avrebbe potuto richiedere anche il desiderio più impossibile ché esso si sarebbe comunque avverato. Mille anni erano ormai trascorsi dal funesto incidente di Galaksiel, ma il 28 di febbraio di ogni anno tutte le giovani diciassettenni avevano diritto a prender parte alla Snohanen con indosso l'assina rigorosamente bianca e il rituale tricorno di feltro sul capo. Se solo anche Redsel avesse potuto prendervi parte! Aveva visto alcune compagne di studi confabulare con le sue sostenitrici che l'avevano aggredita il mese prima e le occhiate che le avevano lanciato di traverso erano state più che eloquenti perciò avrebbe tanto desiderato averlo accanto a sé, pur sapendo che le regole cerimoniali della ricorrenza non sarebbero state infrante neanche per volere del temuto Redsel Avalon. Oltretutto quella mattina non ebbe modo d'incrociarlo neppure a colazione come d'abitudine e questo la mise ancor più in ansia, temendo per il peggio. "Se solo fossi una persona più forte, più coraggiosa… Perché posso esserlo solo nei miei racconti?" si chiese sull'orlo della disperazione pur tentando di mantenere la calma e avere fiducia in se stessa. Vennero aperti i cancelli e la Snohanen ebbe inizio. Furono divise in circa 8 gruppi da cinque o da sei e Mythel notò subito a malincuore che almeno un paio di ragazze di quello in cui si ritrovò avevano atteggiamenti poco amichevoli nei suoi confronti, ma le seguì senza fiatare attraverso il bosco innevato nel tentativo di attirare il meno possibile la loro attenzione. Rimuginando tra sé e sé non si accorse però di essere stata lasciata completamente sola e, nonostante si rigirasse da una parte all'altra 26 non vide altro che neve e alberi dagli immensi tronchi contorti e rugosi che sembravano minacciarla con i loro rami scheletriti, mentre il cielo si oscurava sopra di lei e l'atmosfera spettrale che la circondava, diveniva ancor più spaventosa. Gli alberi che la sovrastavano nell'assoluto silenzio assunsero di colpo volti raccapriccianti con occhi e bocche enormi, pronte ad inghiottirla da un momento all'altro. Paralizzata dalla paura insostenibile, chiuse gli occhi per non vedere attorno a sé e dopo alcuni istanti di tensione Mythel avvertì la neve scendere lievemente, sfiorandole una guancia con delicatezza, quasi volesse infonderle nel cuore la forza di reagire, di non avere più alcun timore. Riaprì gli occhi e con il dorso della mano asciugò via il cristallo di neve dalla guancia, provando una strana sensazione. Li sgranò di colpo per lo stupore, osservando incredula le due piccole ali di neve che sembrarono fondersi nella sua pelle e solo in quel momento notò la somiglianza della loro forma con l'oggetto da lei descritto in Felonhar No Shi, quello indossato dal protagonista Deimos Alukar sulla stessa mano sinistra e che aveva denominato Eyowin. Forse era solo una coincidenza o forse stava come al suo solito galoppando troppo con la fantasia per non guardare in faccia la realtà, ma espresse comunque il suo desiderio per onorare la leggenda di Aleksander e, sospirando, decise di fare marcia indietro per tornare il prima possibile al riparo tra le quattro mura della propria stanza. "Vorrei tanto che la leggenda non fosse davvero solo leggenda" si augurò una volta giunta dinanzi alla porta con le chiavi in mano. Ma quando rivide il punto in cui le si era posato il cristallo di neve ebbe un sussulto e a malapena riuscì a trattenere un urlo. Non solo c'era ancora, ma aveva persino cambiato colore! Adesso anziché essere di un bianco quasi 27 trasparente, era diventato blu elettrico e brillava di luce propria incastonato sul dorso della sua mano tremante per l'emozione... Entrò di corsa, chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo quando, sollevando lo sguardo verso la cucina di fronte a sé, credette di essere ormai impazzita del tutto. Era una gamba quella che aveva visto per un momento oltre l'arco della cucina oppure cosa? Si avvicinò con cautela e quando fu sul punto di dare un'occhiata qualcuno la chiamò per nome, salutandola affettuosamente. "Ti va del caffè? L'ho appena preparato" aggiunse la voce della sconosciuta come fosse del tutto normale che si trovasse lì, quasi ci stesse da una vita! Mythel trasse un profondo respiro e decise finalmente di farsi avanti, restando a bocca aperta nell'attimo stesso in cui comprese di avere davanti a sé in carne e ossa, capelli blu cenere inclusi, la sua Ardesia Fenrir con addosso inoltre la divisa dell'Aleksander. "Credevo ti piacesse il caffè! Non starai mica pensando che io sia solo frutto della tua immaginazione, vero? Il tuo desiderio di poco fa è stato esaudito, dovresti esserne contenta invece di fare quella faccia, ti pare? Tu sai chi sono, mia creatrice, non mi sembra quindi il caso di stupirsi più di tanto della mia presenza qui, oggi. O non sei forse felice di vedermi come avevo sperato?". Mythel scosse subito il capo prima di abbracciarla, testando di fatto quanto lei fosse reale. Ancora tremante e confusa, sentì il cuore esploderle in petto per l'emozione mentre si rendeva conto che Ardesia era vera quanto lei ed era esattamente come l'aveva immaginata, in ogni minimo particolare. I loro sguardi s'incrociarono per alcuni istanti e Mythel ebbe quasi l'impressione di vedervi riflessa se stessa anche se diversa in qualche modo. "Ma... e gli altri? Dove sono?" chiese poi d'impulso. 28 Ardesia si strinse nelle spalle, sorridendole. "Credo dipenda tutto dall'Eyowin che hai sul dorso della mano, ma non saprei dirti in che modo perché come tu ben sai l'unico a conoscerne le capacità è lui, il nobile guerriero sanguemisto" - "Deimos Alukar" soggiunse Mythel con aria grave, desiderando incontrarlo al più presto. Al momento poteva comunque godersi l'inaspettata e piacevolissima compagnia di Ardesia, la splendida donna-lupo il cui orgoglio era puro come un diamante; un orgoglio privo di alcuna superbia. "Il tuo caffè sta raffreddandosi" le fece notare porgendole la tazzina con estrema gentilezza. "Oh, sì, certo! Scusami" disse in lieve imbarazzo. "No, assolutamente no. Come potrei io scusare te mia creatrice? Tu non dovrai mai e poi mai domandare scusa né a me, né agli altri che verranno per nessun motivo. Noi siamo qui per tuo volere, per esaudire un tuo desiderio ed esserti sempre fedeli e riconoscenti di averci creato perciò non scusarti di nulla, sarebbe come farlo verso te stessa, capisci quel che intendo?". Mythel annuì, rendendosi effettivamente conto della veridicità delle sue parole: ognuno di loro non era altri che una proiezione di sé in un mondo da lei stessa creato dopotutto, quindi Ardesia aveva perfettamente ragione e sia lei che il resto del gruppo si trovavano lì solo per esaudirla. Il fatto era che comunque non riusciva ancora a capacitarsene, continuando a ripetersi che presto si sarebbe svegliata e che la delusione l'avrebbe annientata senza alcuna pietà. "Mia creatrice" - "Mythel, solo Mythel, d'accordo?". Ardesia acconsentì, proponendole poi di uscire insieme per meglio conoscere il suo mondo. Prima però dobbiamo assolutamente toglierci queste divise" aggiunse non appena Mythel ebbe accettato la sua proposta. Fu allora che qualcuno bussò alla porta e 29 Ardesia stessa decise di aprire. "Tu devi essere la nuova arrivata" asserì Redsel varcando la soglia con tono di sufficienza per dirigersi in cerca delle guance di Mythel da sfiorare con le labbra in segno di saluto. "Sì, lei è Ardesia Fenrir" la presentò subito, temendo che lui scoprisse in qualche modo il loro segreto. Ma se non altro le parole di Redsel le servirono a comprendere che Ardesia fosse reale a tutti gli effetti, togliendole definitivamente ogni dubbio residuo! "Molto piacere, Redsel Avalon" disse stringendole la mano prima di notare con sorpresa quanto vigore vi fosse nella sua risposta. Ardesia sorrise istintivamente e nello stesso momento decise che quel Redsel non avrebbe mai rappresentato alcun pericolo né per lei, né soprattutto per Mythel. La sensazione che invece lui ebbe di quella ragazza dai lunghissimi capelli di un blu indefinibile fu inizialmente di timore, seguita subito dopo da una di totale e assoluta fiducia. "Adesso potresti aspettare fuori? Stavamo per cambiarci e uscire in centro, quindi se non ti spiace..." - "allora devo proprio andarmene, ho capito" affermò con aria sconsolata avviandosi alla porta. "Puoi sempre unirti a noi più tardi! Chi meglio di te, Redsel, conosce le strade di Tefiros? Ad Ardesia non dispiacerà di certo, vero?" - "Ma sicuro! Chi ha mai detto il contrario?" rispose la nuova amica in tono quasi indignato. Redsel sorrise alla scena cui assistette: "vi aspetto al cancello allora, a dopo mie adorate". Sia Mythel che Ardesia esplosero in una risata incontenibile a quelle parole e lo salutarono con le lacrime agli occhi. Ma Ardesia smise non appena la porta della stanza si fu richiusa dietro di lui. "Era da molto tempo che non ridevi così dal profondo del cuore, vero Myth?". Anche lei smise a quella domanda e annuì, 30 costatando solo allora quanto fosse semplice per Ardesia leggerle nell'animo. "Lui ti vuole bene, ma non ti ama. Perché?". Mythel si strinse nelle spalle non sapendo cosa rispondere. Forse qualcuno lo aveva ferito in passato e ora non era più in grado di amare o, forse, aveva semplicemente paura. Ma Ardesia non voleva rattristare la sua creatrice, voleva solo spingerla a riflettere e di tempo a disposizione ce n'era ancora molto per farlo. Non era quindi quello il momento più adatto, dovevano ancora trascorrere altre ore insieme, divertendosi per le strade innevate di Tefiros, prima che il sole tramontasse dietro le colline. La vide spogliarsi della divisa, sul punto d'indossare qualcosa d'incredibilmente ordinario e, scuotendo il capo con estrema disapprovazione, glielo impedì senza darle neanche modo di ribattere. "Che ne diresti di usare almeno una volta l'immaginazione anche per te?" le suggerì indicandole l'Eyowin con un sorriso. Mythel non fu certa di aver ben compreso il senso delle sue parole e assunse una tale espressione da ebete che Ardesia si sentì in dovere di essere ben più esplicita. "Sei tu a decidere della tua vita, dovresti saperlo e l'Eyowin è una tua creazione che puoi utilizzare per rendere migliore ciò che ti appartiene, trasformandolo attraverso la forza della tua fantasia. L'Eyowin può aiutarti a diventare quel che desideri, ma devi volerlo con tutta l'anima, senza riserve" concluse in tono solenne. Mythel comprese finalmente cosa Ardesia volesse dire e fissò l'Eyowin stupita prima di chiudere gli occhi e realizzare ciò che aveva sempre avuto in mente d'indossare nell'arco di pochi secondi. Ardesia le sorrise soddisfatta di rimando e notò con piacere che senza alcun suggerimento aveva avuto lo stesso riguardo anche per il suo abbigliamento, seppur di tutt'altro genere e 31 colore. Redsel avrebbe di certo sospettato qualcosa prima o poi, ma a lei poco importava; dopotutto non capitava tutti i giorni di poter avverare i propri sogni tanto facilmente! Almeno quelli materiali... La Snohanen sarebbe terminata tra meno di una settimana e poi le lezioni avrebbero ripreso il loro andamento regolare, tra esercitazioni e test di fine stagione. Mythel si osservò nello specchio dietro la porta con Ardesia al fianco e trovò incredibile come un abito potesse alle volte migliorare l'aspetto di una persona, anche nel caso di chi come l'amica non ne avesse assolutamente bisogno. Persino Redsel non fu in grado di esprimere a parole lo stupore che provò nel vederle tanto cambiate, quanto affascinanti e fu quindi costretto a limitarsi a sorridere come un perfetto idiota, quasi non avesse mai visto due belle ragazze prima di allora! Ardesia circondò le spalle di Mythel con dolce risolutezza, trascinandola oltre il cancello per farle notare che Redsel le era sembrato piuttosto imbarazzato, ma comunque estasiato nel vederle inaspettatamente così diverse da un momento all'altro. Decisero di non dare peso alla cosa per volere di Mythel e seguirono la loro amabile guida fino al centro di Tefiros in rispettoso silenzio, tenendosi per mano come due vecchie amiche d'infanzia, ma fu proprio Redsel a prendere di colpo la parola. "Ardesia... benvenuta nella città della neve eterna!" esordì con un inchino plateale che fece sorridere di gusto alcuni passanti. "Volete forse dirmi che qui non smette mai di nevicare?" chiese stupita ad entrambi. "Solo per qualche ora e in particolare durante la Quinta Stagione" rispose Mythel già immaginando la sua domanda successiva. "Ma le stagioni non dovrebbero essere solamente quattro?" - "Non qui a Tefiros" - spiegò Redsel prima di aggiungere - "solo per tre giorni consecutivi la 32 neve cessa di cadere e ciò avviene al termine della primavera, a cavallo tra il mese di luglio e quello di agosto. Incredibile, eh?" - "Direi proprio di sì!" asserì al colmo dello stupore senza accorgersi che Mythel aveva ripreso a parlare per metterla al corrente di qualcosa di altrettanto straordinario che avveniva in quei tre giorni. "Sono le notti dei cristalli di neve incandescenti che vengono raccolti dalle rocce muschiose e gettati nel lago per fare calde nuotate notturne tutti insieme" - "meraviglioso... incantevole" commentò Ardesia col cuore in gola per l'emozione di provare sulla propria pelle una simile esperienza sicuramente indimenticabile. Da lì ebbe poi inizio il tour di Tefiros con minuziose descrizioni delle vie più frequentate, dei palazzi dal tetto conico e dei locali più famosi tra cui l'immancabile Pivot. Poi le loro strade si separarono per volere di Ardesia che espresse l'ardente desiderio di conoscere meglio anche l'Aleksander, ma in assoluta solitudine, senza distrazioni di alcun genere. Una volta allontanatasi da loro con un profondo inchino, imitando quello di Redsel di poche ore prima, Ardesia imboccò il viale che conduceva alla biblioteca del college, del tutto intenzionata a raggiungerne le vetrate policrome da cui vedere le ultime ceneri di un tramonto ancora fiammeggiante in un inconsueto cielo color malva, mentre il silenzio avvolgeva ogni cosa con lieve armonia. Solo dopo alcuni istanti avvertì il cuore di Mythel rammaricarsi per non averla condotta all'Eis Kaffe, ma preferì che se ne fosse dimenticata perché fu certa che i suoi nonni avrebbero percepito quel qualcosa di magico che la riguardava e, forse, avrebbero anche potuto temerla per questo... "E adesso si può sapere tu chi saresti?". Ardesia sollevò lo sguardo annoiato e irriverente sul gruppo di ragazzine che interruppe il corso dei suoi pensieri. 33 "Ma naturalmente... se prima avrete la compiacenza di presentarvi" rispose senza scomporsi in tono altero. Le tre interlocutrici si consultarono tra loro brevemente prima di accondiscendere alla sua cortese richiesta. "Io sono Rev, la leader del Redsel Klùb. Noi siamo le sue più fedeli e accanite sostenitrici da sempre all'Aleksander College e tutti ci temono e ci rispettano; loro sono Katt e Julv". Ardesia parve soddisfatta e si presentò a sua volta per poi riprendere il proprio cammino indisturbata. "Hey! Ma dove credi di andare?!" le intimarono circondandola nuovamente. "Non è affar vostro. Piuttosto, potrei sapere cos'altro volete da me purché mi lasciate definitivamente in pace?". Julv, indignata da tanta arroganza, decise di colpirla in viso con forza, ma si ritrovò inginocchiata in terra con il braccio ritorto dietro la schiena, soffocata da un dolore indescrivibile. Rev e Katt a quel punto decisero anch'esse di saltare i convenevoli e prestare soccorso alla loro compagna, senza neanche immaginare incontro a quale reazione di Ardesia sarebbero ben preso incappate. Risalendo il pendio lungo l'antico sentiero che una volta avevano percorso i gloriosi eroi di Tefiros, denominato Kareisty* per via dei risplendenti salici argentati che lo fiancheggiavano e accarezzandone gentilmente la superficie lastricata di ciottoli di scura lavagna, levigati dallo scorrere del tempo sotto la neve incessante, Mythel e Redsel giunsero dinnanzi a due imponenti croci di pietra infossate di traverso nel terreno. Erano avvinghiate da edere rampicanti congelate dai cristalli di neve e su di esse vi era incisa l'arme gentilizia del casato Sekyen, affiancata da quella dei Kuryou. Si trattava delle famose tombe dell'imperatore Aleksander e della sua amata principessa 34 Galaksiel. Mythel s'inginocchiò dinanzi ad entrambe con mani tremanti mentre Redsel restava in piedi accanto a lei, vegliandola dall'alto come un angelo custode. Ma quando alzò gli occhi verso di lui si rese conto che Redsel era pietrificato al pari di quelle croci da un profondo dolore e che perciò non si era mosso. Scossa da tanta angoscia, decise di farsi coraggio e gli afferrò dolcemente una mano per trasmettere calore al suo animo straziato. "Cinque anni fa, lei aveva appena compiuto diciotto anni e io la amavo più di chiunque altro" esordì in tono flebile con lo sguardo fisso sulle tombe. Un vento glaciale si levò attorno a loro portando via con sé le piccole foglie lanceolate in turbini d'argento, fino a farle schiantare al suolo tra le rocce ricoperte di neve vitrea, poste ai margini del sentiero. "Come si chiamava?" chiese Mythel in un sussurro appena percettibile. "Fevit. Anche lei faceva parte della Gilda delle Maschere da un anno e insieme eravamo i migliori acrobati in assoluto. Non c'era giorno in cui non ci esercitassimo nel Cubo, attirando centinaia e centinaia di spettatori che affollavano ormai d'abitudine il Borgo degli Artisti pur di osservarci per ore e ore sotto la neve. Ma una sera d'agosto, durante la celebrazione per il millennio della fondazione, Fevit decise di esibirsi da sola mentre gli altri erano alle prese con i preparativi del dopo-festa. Accadde tutto tanto rapidamente che ancora oggi non riuscirò mai a perdonarmi per averla lasciata entrare nella Gilda... Prima sentimmo uno scroscio di applausi improvviso e credemmo che il pubblico volesse incitarci ad iniziare lo spettacolo poi, ne seguì un altro e un altro ancora. Subito mi guardai attorno, rendendomi conto che Fevit non era più al mio fianco ad aiutarmi come tutti gli altri. Venni assalito dal panico e 35 corsi lungo il corridoio del palazzo fino all'ingresso per il Cubo. Quando arrivai vidi il corpo esile e variopinto di Fevit, fasciato dal costume di scena appartenuto alla più grande esibitrice del mondo: Rein Ark, librarsi in volo come una meravigliosa farfalla e di colpo schiantarsi contro la vetrata superiore, precipitando poi tra le schegge in picchiata senza più mostrare alcun segno di vita. Non potrò mai accettare la sua morte, ho tentato di farmene una ragione, di dimenticare e andare avanti ma... il rimorso mi costringe a trascorrere notti insonni da quando lei non c'è più. Fevit era la mia unica sorella ed io l'ho persa per sempre!"gridò colmo di rabbia e disperazione, stringendole inconsciamente la mano con una forza inaudita. "Redsel! Perché? Per quale motivo non me ne hai parlato prima?" proruppe tra i singhiozzi e le lacrime inarrestabili. "Non lo so. Volevo farlo quel giorno quando mi raccontasti la storia dell'Unicorno, ma poi ebbi paura di sembrarti solo un debole che vive dei propri ricordi, odiando se stesso giorno e notte, mascherandosi da paladino della giustizia per apparire più forte e migliore di chiunque altro. La prima volta che ti vidi pensai d'essere impazzito... Fevit aveva il tuo sorriso, lo stesso carattere e io desideravo solo avere un'altra possibilità. Proteggerti e starti accanto come non ho fatto con lei è stato il mio unico scopo nei tuoi riguardi fin dal primo istante. Ma arriverà il giorno in cui dovremo separarci e io non sarò più in grado di aiutarti. Per questo ho deciso di insegnarti a vivere, divenendo il fratello che non hai mai avuto e tu, la sorella che non potrò più riavere accanto, fino al giorno della mia partenza" - "quando? Dove andrai Redsel?" domandò ansiosamente, sollevandosi da terra sulle gambe intirizzite dal freddo. "Al termine della Quinta Stagione mi trasferirò a Kether. Il mio sogno è sempre stato quello di essere nominato Warlike all'Accademia Militare 36 di Kenson e farò di tutto pur di realizzarlo. Immagino che anche tu ne abbia uno". Lei sospirò di sì, chiedendosi però al tempo stesso quale fosse in realtà: se il desiderio di diventare famosa o se quello di conoscere il vero amore... Forse l'avrebbe compreso col trascorrere del tempo con l'aiuto di Redsel e dei suoi amici di "carta" come Ardesia. E fu proprio allora che riconobbe proprio la sua voce in lontananza. Una volta raggiunto il luogo di provenienza, lei e Redsel rimasero ammutoliti dinanzi alla bizzarra situazione che gli si presentò. Ardesia le stava dando di santa ragione alle tre sostenitrici senza alcun segno di cedimento mentre quelle venivano catapultate in terra di volta in volta come nulla fosse. L'ultima a subire il trattamento peggiore fu Rev che, nel tentativo di afferrarla di sorpresa alle spalle, finì a mangiare la polvere sotto di lei. Non appena videro il loro prediletto però, cercarono subito il suo aiuto e conforto. "Redsel, vendica le rappresentanti del tuo Klùb! Guarda come ha osato trattarci questa arrogante!" lo supplicò Katt, massaggiandosi una caviglia livida. Lui si guardò attorno dapprima con espressione terribilmente seria, poi di colpo divertita, scoppiando a ridere come un matto senza riuscire a frenarsi. Ardesia trovò il suo atteggiamento davvero indelicato nei loro confronti ma, osservandole così malridotte, fu costretta ad imitarlo sotto lo sguardo esterrefatto di Mythel e quello indignato delle tre malmenate. Redsel afferrò le sue due "adorate" sottobraccio e si allontanarono così insieme in tutta tranquillità. "Che razza d'ingrato!" inveì Katt, rosa dalla rabbia e dalla gelosia di vederlo andarsene con Mythel e la nuova arrivata. "Hai davvero ragione, sai? Redsel Avalon non merita di avere delle ammiratrici come noi! 37 Non ha alzato neppure un dito per aiutarci quel gran bastardo!" concordò Julv a denti stretti. Rev rimase in silenzio, estraniandosi dalle loro lamentele per riflettere attentamente sull'accaduto. Forse il male subìto quel giorno non era del tutto venuto loro senza un valido motivo. Quella Ardesia Fenrir gli aveva proprio dato una bella lezione e non se n'era neppure vantata: che strano modo di fare! Lei, molto probabilmente, non avrebbe perso occasione per mettersi in bella mostra agli occhi delle compagne. Si risollevò lentamente con ossa e muscoli doloranti, chiedendosi chi fosse in realtà quella ragazza dai lunghissimi capelli blu cenere e il sorriso accattivante, che si muoveva con un'agilità mai vista prima, davvero sbalorditiva. "Rev?! Ma ci stai ascoltando almeno?" domandò Katt tutt'a un tratto, accorgendosi della sua distrazione. "No, ad essere sincera stavo pensando a quella Ardesia e al suo modo di combattere così tenace, privo di qualunque esitazione sia in attacco che in difesa". Le due compagne si guardarono subito con espressione sconcertata, chiedendosi tacitamente cosa volessero dire le sue parole. "Ne parleremo stasera con calma, dopo cena. Ora andiamo, si è fatto tardi" asserì gravemente prima d'incamminarsi verso l'infermeria per farsi medicare il volto contuso. Katt e Julv la seguirono in silenzio senza però poter fare a meno di continuare a domandarsi quali fossero le sue intenzioni. Perché tante lodi nei confronti di chi le aveva umiliate? Oppure l'adularla era forse una nuova tattica per carpire le sue tecniche di combattimento? Comunque stessero le cose, in quel momento loro non erano certamente nelle condizioni migliori per poterlo comprendere. Seguirono Rev per far medicare anche le loro ferite anteponendo saggiamente i loro bisogni primari alla curiosità che le stava logorando 38 come la fiamma di una candela. Vedere la loro leader così assorta nei suoi pensieri non era cosa di tutti i giorni, anzi si trattava di un fatto alquanto insolito, mai verificatosi prima di allora ad eccezione di quell'unica volta di cui non si doveva più parlare in nessuna occasione e per nessun motivo. Rev era stata del tutto intransigente sull'argomento, irremovibile sotto ogni punto di vista. Arson Tiff dopotutto era ormai un capitolo chiuso che apparteneva solo ad un passato da dimenticare senza rimpianti, inoltre aveva lasciato l'Aleksander una volta per sempre, tornando finalmente all'ovile della Pikke Station. 39 CAPITOLO III Ali di Luce I raggi di luna piena filtravano attraverso i rami cristallini dei ciliegi creando riflessi di luce argentata tra le setose ciocche di capelli di Ardesia che si tramutarono rapidamente in un vellutato manto di pelo. Ululante, sfrecciò sulle gelide nevi del bosco per assecondare la sua seconda natura e con estrema agilità balzò da un masso all'altro, raggiungendo ben presto la cima dell'altura su cui si estendeva l'Aleksander College, sovrastante la risplendente Tefiros con la sua immutata regalità di tempi ormai lontani. Lo sguardo s'incupì d'improvviso nel timore che un giorno, forse, lei non avrebbe più fatto parte di tutto questo e che nulla sarebbe più stato possibile e reale come in quel momento, ma subito si riscosse da quei tristi pensieri e tornò al fianco di Mythel per vegliarne il sonno fino al sorgere del nuovo sole, fino a quando non avrebbe riacquistato le sue umane sembianze. Distese le zampe sul freddo marmo del balcone di Mythel e si acciambellò con la lunga coda per trascorrere quella splendida notte di luna all'addiaccio, pervasa da una sensazione di assoluta serenità. Nel silenzio che avvolgeva l'antica residenza imperiale Ardesia percepì l'ala di Deimos vegliare su lei e Mythel, regalandogli sogni vellutati, privi di ombre che potessero turbarne il risveglio. Si assopì senza neppure rendersene conto. Arlot* dalle lande insanguinate sembrò ormai lontano chissà dove, sperduto, anch'esso un sogno quasi del tutto svanito la cui luce si affievoliva lentamente, attimo dopo attimo, mentre il sole tornava a splendere sull'Aleksander, risvegliando i sensi troppo a lungo assorbiti da lugubri pensieri. La luce del mattino le riscaldò le membra appena infreddolite e una nuova visione della 40 propria esistenza le diede modo di apprezzare anche ciò che sarebbe stato comunque destinato a finire. D'altro canto Mythel sonnecchiava ancora, avvolta dal torpore di sogni da tempo dimenticati, intrisi di canti fanciulleschi le cui melodie erano rimaste impresse a fuoco nella memoria e le si rivelavano solo ora come sapienti rime da ricordare, da assimilare per il nutrimento della propria anima. Le parole di una in particolare le riportarono alla mente luoghi lontani e volti mai dimenticati. Era la canzone del Trodakai* che la nonna le aveva insegnato quando ancora la madre era in vita. Si risvegliò sussurrandola tra le coperte ad occhi socchiusi. And so I see the blu sky And so I say goodbye Sure the stars will shine Forever on my mind But when I try To reach my trodakai I shall forget my life for a while And so I start again And so I leave my pain Sure the fate will play A never ending game So when I think I've lost my trodakai I will believe it's time for me to smile Trodakai, Trodakai I'll always see your shrine 'til I die. Sentendo Mythel canticchiare a bassa voce quella soave melodia, Ardesia rimase immobile ad ascoltarla sino alla fine, in piedi accanto alla finestra da cui era rientrata poco prima. La sua creatrice era ancora triste sebbene non volesse più esserlo e quel ricordo legato alla giovane madre scomparsa riuscì solo in parte ad 41 alleviarne il dolore poiché una ferita ben più profonda l'aveva ormai segnata nell'anima, quella della solitudine e dell'indifferenza. La vide aprire gli occhi lucidi e le sorrise di rimando con un calore tale da bruciarle via in un solo istante ogni triste pensiero che le affollava la mente fino a qualche istante prima di scorgerla dinanzi a sé. "Ardesia, da quanto sei qui? Non ti ho sentita rientrare". Si strinse nelle spalle e si avvicinò per sederle accanto sul letto. "Trodakai" rispose poi semplicemente. "Ah…. L'avevo completamente dimenticata, sai? E stamattina. invece, tutt'a un tratto ho ricordato sia le parole che la musica. Non è strano?" - "Non quando c'è nell'aria lo spirito di Deimos" asserì l'amica senza aggiungere altro. Piuttosto confusa dalle parole di Ardesia, tentò di riflettere sul come e perché quella nenia fosse in relazione con Deimos, ma fu del tutto inutile e preferì lasciar cadere lì la questione. Al momento aveva cose più gravi a cui pensare: la colazione per esempio! Ma ancor di più le ore di studio da recuperare dopo giorni di festa... Una volta pronte ad iniziare quella nuova giornata, Mythel e Ardesia si avviarono fianco a fianco lungo i corridoi dell'Aleksander, parlottando tra loro senza dare alcun peso agli sguardi curiosi degli altri studenti del college che le seguivano passo dopo passo con espressione incredula. Mythel si diresse verso l'aula di fisica, Redsel verso quella universitaria di specializzazione in tecniche del duello mentre Ardesia, molto lentamente, verso quella di artistica. Se non fosse stato per quel sole d'aprile che filtrava impetuoso dalle lunghe vetrate del corridoio forse non si sarebbe neanche resa conto di essere pedinata da qualcuno. Figure luminose si riflettevano su di esse e, quando Ardesia decise di voltarsi, sorrise beffarda verso di loro già pregustando una 42 nuova vittoria. Fu quella dai lunghi capelli mossi color dell'oro, Rev, la prima ad avanzare e a rivolgerle la parola in tono inaspettatamente rispettoso. "Siamo qui per porgerti le nostre scuse e chiederti di accettare la proposta di essere tu la nostra leader d'ora in avanti". Lo scetticismo che trapelò dallo sguardo di Ardesia fu più eloquente di qualsiasi altra risposta, ma sia Rev che le sue compagne non demorsero dal loro intento, covato per un mese circa, e le si strinsero attorno con aria supplichevole, giurandole fedeltà in eterno. Ardesia si portò una mano alla fronte e scosse la testa, incredula dinanzi a un tale voltafaccia nei riguardi di Redsel. Rifiutò con altrettanto rispetto la loro offerta e riprese tranquillamente il proprio cammino. Era comunque certa che quelle tre non si sarebbero rassegnate tanto facilmente, ma al momento non poteva far altro che ignorarle e proseguire al fianco di Mythel, la sua inestimabile creatrice. L'unica a cui doveva la propria esistenza e alla quale mai avrebbe negato protezione o amicizia nei confronti del mondo intero. Quando la persero improvvisamente di vista, Rev, Katt e Julv decisero di adottare un'altra strategia per convincerla e, quindi, puntare in una nuova direzione. Era fin troppo chiaro a tutte e tre che Ardesia fosse particolarmente affezionata a Mythel Eis, dalla quale sembrava non volersi mai separare tranne nelle ore di lezione, e conclusero perciò che il suo garbato, ma categorico rifiuto fosse dovuto in gran parte al modo alquanto meschino in cui più volte avevano trattato la sua amica. E, oltretutto, erano affascinate dal suo modo di vestire al di fuori del college, così personale e aggressivo... dovevano assolutamente imitarlo! Quello sarebbe di certo stato un altro punto a loro vantaggio per convincerla della sincera ammirazione che nutrivano per lei. Rev si guardò attorno prima di affermare: 43 "Faremo in modo di conquistare la sua fiducia a qualunque costo, senza mai tirarci indietro, avete capito?" - "Sì" risposero Julv e Katt all'unisono con estrema convinzione prima di salutarsi e raggiungere le loro rispettive sezioni di studio. La giornata trascorse rapidamente e, dopo pranzo, Ardesia e Mythel dedicarono un paio d'ore ai libri della biblioteca in cerca di qualcosa di nuovo da leggere insieme nel tempo libero. Attraversando il cortile dell'Aleksander videro Redsel esercitarsi con una lunga spada affilata contro uno degli allievi di skerma di cui era stato per anni il capitano. Sia Mythel che Ardesia rimasero incantate dai suoi movimenti elastici e dal ritmo incalzante; uno spettacolo di cui godere in rigoroso silenzio sino alla fine. L'agilità del suo corpo sembrò sovrastare di gran lunga quella dell'avversario che provava timidamente di tenergli testa, senza però mai giungere ad una felice conclusione finché non venne impietosamente sconfitto e disarmato al tempo stesso. Anche gli spettatori che si erano lentamente radunati attorno a loro esplosero in un fragoroso applauso con incontenibile entusiasmo e Redsel allora accennò un inchino in segno di ringraziamento, dedicando la sua vittoria ad ognuno di loro e, in particolare, alle “sue adorate” Mythel e Ardesia, non appena le scorse tra la folla. Imbarazzatissima la prima e impassibile la seconda, si ritrovarono ben presto sottoposte all'attenzione generale mentre al loro fianco Redsel sorrideva con espressione superba, pronto a sfidare chiunque avesse osato contraddirlo. Ma, com'era logico accadesse, tutti i presenti approvarono le sue parole con un ulteriore scroscio di applausi e fischi di rito. Mythel iniziò finalmente ad intravedere uno spiraglio di luce e sorrise verso lui e Ardesia, 44 sentendo il proprio cuore battere come impazzito. Fu allora che l'Eyowin brillò di un rosso intenso, quasi accecante, sul dorso della sua mano, ma nessuno tranne lei vi fece caso e ogni suo pensiero volse altrove nell'attesa che un nuovo personaggio giungesse da lontano per unirsi a loro. Vagò lo sguardo colmo di aspettative oltre la folla radunatasi poco prima nel cortile, ma nulla comparve all'orizzonte, neppure quando essa si disperse da una parte all'altra dell'Aleksander. Cercò allora con gli occhi quelli di Ardesia ed ella sorrise di rimando senza dir nulla poiché Redsel gli era al fianco e non potevano quindi parlare se non una volta rimaste sole nella loro stanza. Ma quel momento sembrò non arrivare mai, dato che Redsel le invitò a visitare la sezione di skerma, sfidando Ardesia ad un amichevole duello. Ma lei rifiutò inaspettatamente e Mythel se ne sorprese quanto lui, il quale subito le domandò: "Hai forse timore della mia abilità con la spada, Ardesia?". Lei scosse il capo risoluta. "Non posso" asserì in tono grave. Redsel la scrutò in volto a lungo per comprenderne il motivo, ma fu del tutto inutile e con un'alzata di spalle, ripiegò su Mythel. "Ma io non ho mai impugnato una spada!" tentò di protestare in preda al panico e allo stupore dinanzi alla sua proposta. "E forse è giunto il momento che tu lo faccia, non sei d'accordo con me, Ardesia?". L'amica si limitò ad annuire, lasciandola del tutto senza parole. Si trattava forse di una congiura?! Redsel tolse da una delle pareti quella più leggera e maneggevole che il college possedesse e gliela porse, insegnandole come impugnarla e come vibrare dei colpi netti e precisi. Ma se la sua mente sembrava rifiutarsi di tentare, il corpo agiva invece per proprio conto, assimilando celermente ogni consiglio di Redsel 45 e Ardesia su come entrare in sintonia con l'arma che teneva fra le mani, senza mai perdere di vista il bersaglio da colpire. Eppure, nonostante la fiducia riposta in lei da parte di suoi amici, Mythel non fu in grado di sferrare alcun colpo in maniera decisa e ben presto si stancò di muoversi con tanta fatica inutilmente, sentendosi fin troppo affranta e delusa per continuare. Lasciò cadere la spada in terra e, amareggiata come non mai, corse via tra i singhiozzi, incapace di mostrarsi ancora ai loro occhi che non osava incrociare. Ma se invece avesse alzato lo sguardo solo per un istante, si sarebbe resa conto che non c'era motivo per non farlo e che, anzi, sia il volto di Ardesia, sia quello di Redsel erano colmi di ammirazione per il notevole impegno da lei dimostrato nell'apprendere una nuova arte. Però si sa, quando l'incertezza vaga nei cuori, ogni realtà viene facilmente travisata e tutto appare mutevole e avverso ai propri desideri. Nell’insensata fuga Mythel non si accorse neppure d’essere inseguita finché non inciampò sui gradini che conducevano all’ingresso, scivolando in avanti. Solo in quel preciso attimo si rese conto della presenza di qualcuno accanto a sé, quando più braccia le evitarono una rovinosa caduta. “Tutto a posto, Mythel Eis?”, sentì chiedersi da una voce femminile vagamente familiare. Con occhi sgranati per lo stupore vide dinanzi a sé le tre sostenitrici di Redsel fissarla con sincera preoccupazione. Annuì, mentre una di loro - quella dai lunghi capelli rosa - tirò fuori un fazzoletto per asciugarle via le lacrime dal volto con inaspettata delicatezza. “Dovresti prestare più attenzione a dove metti i piedi. Questi vecchi gradini imperiali sono piuttosto fallaci, sai? Non dovresti affatto sottovalutarli” le consigliò la più alta di loro dai cortissimi capelli corvini. Annuì ancora una volta, incapace di emettere alcun suono, se non altro perché indecisa su 46 quale atteggiamento fosse meglio adottare in quelle bizzarre circostanze. Come doveva comportarsi con loro dopo tutte le volte in cui l’avevano schernita o aggredita senza alcun valido motivo? Perché d’improvviso si dimostravano tanto cordiali nei suoi confronti? Avevano forse intenzione di fingersi amichevoli per compiacere Redsel o era qualche altro scopo che le animava nel profondo? La risposta giunse inattesa e gradita quanto la voce di Ardesia che si faceva man mano più vicina a loro. “Ti ho trovata finalmente!” esclamò notando subito dopo le tre ragazze che l’attorniavano. “E voi cosa fate qui? La stavate ancora importunando forse?” - “No, Ardesia Fenrir, non era nostra intenzione fare qualcosa di male alla tua amica, né dispiacerti in alcun modo” rispose Rev in tono ossequioso. - “E’ davvero come dicono Eis?” chiese Redsel, sopraggiungendo in quel preciso istante. Le osservò titubante una per una e infine confermò le parole della leader del gruppo con un sorriso spontaneo. “Sembra che allora abbiate finalmente imparato la lezione grazie ad Ardesia, ne sono felice. Ma ora, se volete scusarci, noi tre dovremmo parlare di alcune cose in privato prima di cena”. Rev e le altre volsero subito lo sguardo verso Ardesia in attesa di essere da lei congedate. E così fece, con un semplice cenno della mano al quale loro s’inchinarono appena, prima di allontanarsi rapidamente. Mythel, Redsel e Ardesia si fissarono per alcuni istanti in assoluto silenzio, ma poi scoppiarono a ridere con le lacrime agli occhi, rientrando nel college sotto lo sguardo tra il severo e lo stupefatto del signor Henklod. “Direi tutto bene, ragazzi, a quanto vedo e sento” esordì cercando di mantenere un’espressione corrucciata per non venir meno ai suoi doveri. 47 - “Infatti” dichiarò Redsel con l’usuale arroganza che lo contraddistingueva. Ardesia e Mythel tentarono di trattenersi e di salutare educatamente il signor Henklod prima di dirigersi in cima alle scale con Redsel a seguire. La neve smise di cadere su Tefiros e dintorni fino a quando non giunse l’ora di cena, e Redsel e Ardesia dopo il lungo discorrere con Mythel sul perché della sua reazione spropositata, si accinsero a trascorrere una serata diversa dal solito all’interno dell’Aleksander poiché, a insaputa di chiunque - ad eccezione del rettore, naturalmente - era stato organizzato uno spettacolo teatrale da alcuni studenti della neonata accademia di recitazione di Tefiros, Arkan Kort*. Il titolo della rappresentazione esclusiva era “Shadowlys”, e avrebbe avuto luogo nel salone delle cerimonie, appositamente allestito per l’occasione, e unicamente per quella sera. I primi ad essere informati dal signor Henklod furono proprio loro, nonostante la “quasi” mancanza di rispetto nei suoi confronti di alcune ore prima, così furono anche quelli che si assicurarono i posti migliori nella sala senza dover sgomitare. Naturalmente, come di consuetudine per tutti gli avvenimenti che si svolgevano in quel luogo, tutti gli studenti vennero invitati ad indossare abiti eleganti per dare il giusto tocco di solennità conforme all’occasione. Ardesia diede quindi il meglio di sé per rendere Mythel davvero incantevole realizzando, tramite l’Eyowin, uno splendido abito di velluto blu notte intessuto di cristalli di neve in brillanti. Ma fu Mythel a creare quello per lei, e ne furono entrambe entusiaste, anche se lo fu molto più Redsel quando le vide scendere insieme le scale e raggiungerlo. Scarlatto era il corsetto dell’abito in taffettà con nastrini di seta viola e viola l’ampia gonna a 48 balze, ricoperta da drappi scarlatti come la parte superiore, questo era quello indossato con naturale eleganza da Ardesia e che attirò su di sé persino gli sguardi ammirati dei vari insegnanti senza dargli però alcun peso. Si accomodarono nelle poltroncine della terza fila, quelle scelte da Redsel per evitare di trovarsi troppo vicini al palcoscenico, e in silenzio attesero con gli altri studenti lo spegnersi delle luci che avrebbe segnalato l’inizio dello spettacolo tanto inatteso quanto bramato nei loro cuori. Ed ecco alzarsi il sipario e il buio calare nel salone. Shadowlys Voci fuori campo e immerso nell’oscurità. palcoscenico ancora - L’ avete vista? - Sì, sì. Dicono sia arrivata qui ieri, ma nessuno osa avvicinarlesi - E per quale motivo? - Ma come?! Non lo sai ancora? Risate di scherno e sul palco nero compare gradatamente una sagoma luminosa. - Cosa? Che cosa non saprei? - Lei non è come noi, è diversa! La sagoma luminosa diviene man mano più grande e raggiunge il centro del palco buio, voltandosi a destra e a sinistra come in cerca di qualcosa o di qualcuno. - Ssh! Fate silenzio, eccola che arriva! Sagome oscure le volteggiano attorno, assumendo forme di massi, alberi e altro ancora. - Eppure…ero certa di aver sentito le voci 49 provenire da questa parte. Peccato! Mi sarebbe tanto piaciuto parlare un po’ con le altre ombre - si lamenta la sagoma luminosa camminando da una parte all’altra del palcoscenico con una strana andatura. - Ma l’avete sentita? Ma chi si crede d’essere?! Neanche è arrivata e già vorrebbe rivolgerci la parola! Che arrogante! - Ssh! Potrebbe sentirci! Ascoltiamo cos’altro ha da pretendere, invece.. Le ombre assumono sul palco nuove posizioni, avvicinandolesi maggiormente. - Se solo sapessi da che parte andare! Se solo qualcuno mi potesse aiutare a capire perché sono qui tra ombre così diverse da me… La sagoma luminosa gira in tondo sul palco, osservandosi attentamente. - Cos’ho che non va? Perché non sono come loro? E perché non possono accettarmi e voler bene per quel che sono? Le ombre smettono di fingersi delle forme e le si fanno ancora più vicine con aria minacciosa. Fine del I Atto Le luci nella sala si riaccesero e Ardesia notò subito le lacrime trattenute negli occhi di Mythel che si era di certo immedesimata nella triste storia narrata dagli attori dell’Arkan Kort. Redsel invece non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo vestito viola e scarlatto, dalla sensuale femminilità che emanava Ardesia in ogni centimetro di pelle nuda a contatto con i bordi del corsetto allacciato e tutto il resto a seguire, perciò non si accorse affatto dello stato 50 d’animo della piccola Mythel e fu l’amica quella che più se ne addolorò, sapendo quante volte la sua creatrice l’aveva sostenuto, ascoltato e compreso senza mai chiedere nulla in cambio. Le mise un braccio attorno alle spalle minute per trasmetterle tutto il proprio calore e fu in quel momento che le luci vennero riabbassate, dando il via al secondo atto. Shadowlys, II Atto Le ombre le danzano intorno con movenze seducenti e la sagoma luminosa si accorge finalmente della loro presenza. - E così vorresti essere come noi? Perché lo desideri? - Già! Perché, perché? Vogliamo proprio saperlo! La sagoma luminosa si rannicchia su se stessa e le ombre la circondano silenziose, smettendo di muoversi di colpo. - Perché mi sento sola e nessun’altra tra voi è come me. Ma non so in che modo riuscire ad essere uguale a voi - Oh, poverina! Avete sentito? Si sente sola. Allora, forse, dobbiamo aiutarla, non credete? - Ma certamente! Così sarà proprio come una di noi, dopotutto è quello che vuole, non è vero? Le ombre iniziano ad accarezzarla, riprendendo a muoverlesi tutto intorno. - Sì, lo desidero davvero ma…come farete ad aiutarmi? - Non temere, basterà che tu ci lasci prendere un po’ della tua luce e dopo sarai una di noi, non sei d’accordo? 51 La sagoma luminosa si rialza lentamente e annuisce in silenzio, lasciando che le ombre le strappino via, pezzetto per pezzetto, tutta la sua luce. - Adesso sei proprio una di noi, visto? - Grazie, grazie di cuore Le altre ombre si allontanano lasciandola nuovamente sola. ridendo, - Che strano! Sento di colpo un gran freddo… chissà perché? E ora dove saranno andate? La sagoma luminosa, divenuta ormai un’ombra, si aggira senza meta da una parte all’altra del palco, dapprima correndo e via via sempre più lentamente, accasciandosi infine esausta su se stessa. Voci nel buio. - Oh, guardate, dev’essersi spenta! - Tanto meglio! Così smetterà di seguirci una volta per tutte! - Sì, sì, hai proprio ragione! Addio! Risate nell’oscurità, mentre una minuscola fonte luminosa compare sul palco, ingrandendosi fino ad emettere una luce sfolgorante che fa svanire di colpo tutte le ombre circostanti tra urla di dolore. La sagoma luminosa ritorna ad assumere le sue antiche sembianze e vede un uomo andarle incontro. - Ecco! Ora ricordo! Io sono uno spirito di luce perciò non posso estinguermi! Il mio compito è sempre stato quello di dare un’anima a chi ancora non la possiede, e non vivere come l’ombra di me stessa! La sagoma luminosa si fonde col corpo dell’uomo che subito alza il capo e sorride felice, incontrando altri esseri come lui che lo 52 circondano, bentornato. abbracciandolo con grida di Fine Si chiuse il sipario nel silenzio del salone e quando le luci vennero riaccese, calorosi applausi si susseguirono senza sosta finché ogni cuore non fu colmo di speranza. Gli attori comparvero così sul palcoscenico, mostrandosi con le loro reali sembianze di uomini e donne; sette in tutto. Si presentarono al pubblico coi loro nomi e scesero poi in platea per firmare degli autografi ed elargire ancora sorrisi entusiasti. Ma Mythel preferì allontanarsi dal salone e restare sola a riflettere sulla rappresentazione cui aveva assistito. Era un lieto fine quello di Shadowlys o forse no? E per quale motivo aveva la sensazione che lo fosse solo in parte? Affacciata dal ponte illuminato, posò lo sguardo sulla fontana del cortile e osservò la pallida falce lunare riflettersi tremolante nelle sue acque. Sentì poi distintamente uno scalpitare di zoccoli proprio sotto di lei e d’improvviso lo vide comparire in sella al suo destriero dal manto candido come la neve che lo circondava. Sollevò il volto verso di lei e le sorrise da basso quando Mythel l’ebbe riconosciuto. “Perdona l’attesa, mia creatrice” la salutò Hrist Rednite scendendo da cavallo per raggiungerla con una rapida quanto temeraria arroccata fino al ponte sul quale si trovava. Sbalordita da tanta agilità e felicemente incredula di averlo realmente dinanzi a sé, Mythel rimase lì su due piedi a fissarlo senza parole. “Ero certa saresti venuto” asserì Ardesia, raggiungendoli. Si abbracciarono e Mythel sorrise alle loro spalle ben conoscendo i sentimenti d’affetto che li legavano l’uno all’altra, dopotutto, era lei 53 stessa ad aver scritto Felonhar No Shi! Quell’atmosfera di serenità invase subito il suo cuore e decise di allontanarsi silenziosamente per tornare nel salone in cerca di Redsel, che stava di sicuro domandandosi che fine avesse fatto. Ma né Hrist, né Ardesia si erano dimenticati di lei e, prendendola sottobraccio tra loro con espressione di finto rimprovero, la condussero nuovamente all’interno. Non appena ebbero varcato l’ingresso videro l’intero college ammutolire di colpo trasferendo la loro attenzione, dapprima rivolta agli interpreti della rappresentazione teatrale, solo verso il nuovo arrivato, vestito come un principe delle favole. “E’ davvero stupendo! Avete visto come si muove? E quei capelli biondi, quegli occhi notturni e quel sorriso…” esclamò Katt con sguardo adorante. “Già! Non è proprio niente male e, oltretutto, è in compagnia di Ardesia e Mythel, ve ne siete accorte?” soggiunse Julv in tono famelico, osservandoli di soppiatto. Rev rimase taciturna nel rendersi conto che la solitamente poco notata Mythel Eis era sempre più spesso attorniata da persone magnifiche sotto ogni punto di vista e che stavano comparendo all’Aleksander quasi fossero attirate da lei come falene dalla luce. Ma lei rappresentava dunque per loro - Ardesia, Redsel e persino quel fascinoso sconosciuto una fonte di luce da cui era impossibile rifuggire? Perché? Qual’era il suo segreto? In che modo vi riusciva? Possibile che nessuno si fosse reso conto mai prima di allora che forse Mythel Eis non era poi l’essere tanto insignificante e privo di attrattiva che avevano sempre creduto fosse in realtà? Rev decise di rimediare all’istante e di andarle incontro con le sue due inseparabili compagne al seguito. Solo conoscendola attraverso gli occhi di chi la circondava avrebbe finalmente potuto 54 comprendere la sua vera essenza, ne era assolutamente convinta. “Volete presentarci?” chiese rivolta ad Ardesia e Mythel in tono cortese con disinvoltura. Ma fu lui a farlo, sfiorando con le labbra il dorso delle mani di ognuna di loro. “Hrist Rednite, cavaliere delle terre di Aolykt*” - “devono essere oltre i confini dell’antico impero di Aleksander perché non credo di averle sentite nominare fino ad oggi” rispose Rev per capire il motivo che lo avesse allora spinto così lontano dal proprio paese natio. - “Direi di sì, ma sono lieto di trovarmi finalmente tra voi. Desideravo concludere i miei studi in un così prestigioso college al fianco della mia c” - “carissima amica Mythel. E’ quel che ho pensato anch’io, iscrivendomi all’Aleksander” concluse Ardesia per lui, salvandolo dal pronunciare la parola “creatrice”, prima fosse troppo tardi. - “Esattamente, Ardesia, mi hai tolto le parole di bocca” ammiccò verso di lei, mantenendo comunque un atteggiamento irreprensibile. - “Ma non conosco ancora i vostri nomi, incantevoli ragazze” aggiunse poi in modo da deviare abilmente la conversazione. Ardesia gliele introdusse con aria quasi seccata e, in seguito, voltò a tutti loro le spalle per allontanarsi dal salone affollato. Mythel la capì: non era affatto semplice sopportare il fatto che l’uomo di cui si è innamorate si lasciasse corteggiare tanto sfacciatamente dopo neanche pochi minuti dal suo arrivo a Tefiros. Ma lei era l’unica a sapere che in realtà anche Hrist l’amava da tempo, solo che nel suo racconto non gli aveva mai dato occasione di confessarglielo. Intravide per un istante il volto di Redsel tra gli studenti che li osservava da lontano, indeciso se seguire Ardesia o raggiungere lei e il nuovo arrivato. 55 Optò per la seconda e fu di certo la scelta più saggia che potesse fare perché Ardesia non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti, di qualunque natura essi fossero stati. 56 CAPITOLO IV Sfumature d’Insieme Flettersi in avanti con decisione e affondare, questo era il primo passo da seguire secondo gli insegnamenti di Hrist. Tirare di skerma non era mai rientrato nei suoi desideri primari ma, da quando aveva lui come maestro non poteva certamente più dire il contrario, anzi, man mano che il tempo trascorreva esercitandosi al suo fianco, Mythel iniziava a sentire che impugnare una vera spada e duellare, possedesse un fascino tanto inatteso quanto gradito. Da alcune settimane lasciava quindi che lui la guidasse con grande sapienza e autorevolezza, nonché precisione estrema per ogni dettaglio tattico del duello durante il susseguirsi delle loro lezioni di tardo pomeriggio. “Noto dei miglioramenti o sbaglio?” esordì Ardesia comparendo dal nulla di punto in bianco. Hrist fu subito felice di vederla e la salutò con un lieve cenno del capo, sorridendole d’istinto. “Da quanto ci stavi tenendo d’occhio?” - “Abbastanza da rendermi conto che tu, invece, sei alquanto fuori forma” asserì gravemente, togliendo la spada di mano alla sua creatrice per assumere una rapida posizione di sfida. Intuendo la piega che avrebbe preso quel duello, Mythel si allontanò silenziosamente, scontrandosi di colpo con una corporatura piuttosto massiccia. Alzò lo sguardo e sorrise, riconoscendo subito il volto di Redsel che però sembrava non essersi neppure accorto dell’accaduto e aveva gli occhi rivolti fissi dinanzi a sé, come persi nel vuoto. Si volse per seguire la direzione del suo sguardo vitreo e vide i corpi in movimento di Hrist e Ardesia sfidarsi con ardente passione, ma di una passione che nulla aveva a che fare in realtà 57 con la skerma… Redsel socchiuse gli occhi in preda allo sconforto mentre il dolore e la rabbia lo divoravano come le fiamme di un incendio indomabile, poi Mythel lo vide voltarle le spalle e allontanarsi senza neanche una parola. “Redsel… aspetta!” lo chiamò a gran voce correndogli dietro per trattenerlo in qualche modo. Ma lui proseguì imperterrito, ignorandola del tutto - forse inconsapevolmente - e allora Mythel si fermò, osservandolo con aria affranta perché era cosciente del fatto che nulla avrebbe potuto risollevarlo da quello stato di abbattimento in cui si trovava, tranne forse qualcuno di speciale, qualcuno che non poteva di certo essere Ardesia, almeno non per lui. Tornò sui propri passi, decidendo di non farne parola né a Hrist, né tanto meno ad Ardesia, ma fu del tutto inutile dato che di loro non vi era più alcuna traccia da nessuna parte. In effetti era quasi ora di cena e così, persa tra i suoi pensieri, raggiunse stancamente l’ingresso dell’Aleksander College notando un insolito vociare provenire dall’interno. Varcò la soglia con curiosità crescente e una volta oltrepassata vide gran parte degli studenti accalcarsi tutt’intorno alla bacheca in preda ad un’euforia inconsulta che la spinse ad insinuarsi tra la folla e venire così a capo del mistero che aveva scatenato una tale baraonda. La pergamena che vi era affissa di sbieco recitava così: “Io, Redsel Avalon, sfido apertamente a duello Hrist Rednite per domani all’alba. Lo scontro si terrà sul retro della biblioteca”. E più sotto la sua inconfondibile sigla dal tratto elegante, ma incisivo. Mythel rimase a bocca aperta, completamente sconcertata fino a quando non si rese conto che anche Ardesia e lo stesso Hrist si trovavano 58 nelle medesime condizioni, attorniati dall’intero college in cerca di risposte proprio come lo era lei. Ma, nonostante fosse riuscita a raggiungere entrambi, facendosi largo tra la folla, Mythel non approdò comunque a nulla poiché neppure loro erano a conoscenza delle motivazioni che potevano aver spinto Redsel ad un simile gesto. Hrist le sorrise con una semplice alzata di spalle, poi si allontanò come nulla fosse mai accaduto. La voce sul duello tra lui e Redsel si sparse nel giro di poche ore, dando subito vita a diverse fazioni in favore dell’uno o dell’altro. Tra i più entusiasti di assistere all’inconsueto avvenimento vi furono persino le tre ex sostenitrici di Redsel Avalon, che scelsero però di parteggiare per Hrist Rednite in nome di Ardesia, il loro idolo. Al calare del tramonto, quando la cena fu pronta nella mensa dell’Aleksander, il silenzio regnò di colpo sovrano proprio in segno di rispetto nei riguardi dei duellanti. La luna riprese poi il suo posto nel cielo vitreo e notturno mentre la neve incessante ricopriva come sempre ogni cosa e Hrist cavalcava tra gli alberi del bosco dell’Aleksander, seguito dalla selvatica e flessuosa figura di Ardesia che già andava assumendo le consuete sembianze di lupo, correndo man mano sempre più veloce e balzando in avanti con sempre maggior precisione. Una volta raggiunti i limiti del bosco, decisero infine di sostare per un po’ sotto una delle grandi magnolie iridescenti. Hrist lasciò scorrere le dita tra il folto e soffice pelo del dorso di Ardesia e poi sul muso dalle striature argentate. Lei socchiuse gli occhi riassaporando quel gesto familiare dopo un tempo che le parve quasi interminabile e adagiò il capo sulle sue gambe distese come aveva sempre fatto. Ma stavolta qualcosa era cambiato e non riguardava il luogo in cui si trovavano, né altro, solo che Ardesia sentì di essere ormai pronta a 59 rivelargli i propri sentimenti senza altre remore. “No, non dire nulla, non ce n’è alcun bisogno, Ardesia. Anch’io ti amo da molto, moltissimo tempo, ti ho sempre amata, ma non sapevo se fosse giusto essere amato da te allo stesso modo, credevo di non esserne degno, capisci?”. Ardesia annuì e una lacrima le scivolò dolcemente lungo il muso vellutato, desiderando che l’alba giungesse al più presto per potergli dimostrare tutto il suo amore sotto forma umana o che non giungesse, nel timore che si trattasse solo di un bel sogno che sarebbe svanito alle prime luci del sole, come un orrendo scherzo del destino, quello creato dalla loro adorata Mythel. “Credi che lei in fondo già sapesse che sarebbe andata comunque così tra noi?” gli domandò Ardesia ad occhi socchiusi. - “Forse… chi può dirlo! A volte neanche lei conosce davvero se stessa, non ha ancora ben compreso chi lei realmente sia e di cosa possa essere in grado di fare, ma lo scoprirà col tempo, soprattutto grazie a noi. Ma il giorno in cui questo accadrà” - “ssh… no, Hrist, non dirlo, te ne prego” lo supplicò col cuore in gola pur di non udire quelle infauste parole. - “Come preferisci, Ardesia. Ora è meglio comunque tornare indietro. Conosci l’importanza del tuo ruolo, non è così?”. Si salutarono per l’ultima volta prima dell’indomani con occhi luminosi, colmi di passione, desiderio e di un amore talmente intenso da avere l’impressione che il cuore avrebbe di colpo potuto infrangersi in migliaia di pezzi. Mythel non fu in grado di parlare con Redsel prima che l’alba giungesse sull’Aleksander College e così lo scontro tra lui e Hrist sembrò ormai inevitabile. Vide Ardesia sorriderle dalla cucina, mentre sorseggiava un marmellata calda. Ma ben altro la distolse di colpo dai propri 60 pensieri quando il suo sguardo cadde sul dorso della mano in cui l’Eyowin stava scintillando di un viola quasi purpureo. Di chi si sarebbe trattato stavolta? E quando le avrebbe palesato la sua presenza in quella lunga, lunghissima giornata appena iniziata? “Ora abbiamo altro a cui pensare, non credi mia creatrice?” le ricordò Ardesia con il consueto tono gentile, ma anche molto persuasivo. Mythel si limitò ad annuire e a indossare subito l’uniforme. Nei corridoi ancora bui dell’Aleksander regnava un silenzio spettrale, ma di tanto in tanto qualcuno sgattaiolava fuori da una stanza per raggiungere in fretta il luogo prestabilito per il duello. Che situazione insensata! Un personaggio partorito dalla fantasia di Mythel che doveva fare i conti con un essere reale quanto lei… Rev, Katt e Julv le precedevano di alcuni passi e solo quando videro la loro adorata Ardesia, si fermarono per un profondo inchino e farle passare avanti per non mancare loro di rispetto. Ardesia sorrise quando incrociò lo sguardo stupito di Mythel e, senza dire una sola parola, la condusse per mano fino al cortile della biblioteca dove già si era radunata una discreta affluenza di spettatori attorno ai due sfidanti, pronti a battersi. Sia Mythel che il resto dei presenti trattennero il fiato non appena Hrist e Redsel incrociarono le spade per dare inizio al duello e la tensione di entrambi sembrò attraversare il cortile come la furia di un lampo improvviso ed abbagliante. Ma d’un tratto avvenne qualcosa di alquanto bizzarro: una voce proveniente da chissà dove iniziò ad intonare un motivo del tutto ignoto come nulla fosse, distogliendo inevitabilmente l’attenzione generale sull’evento tanto atteso. “Chi osa disturbarci?” domandò Redsel in tono imperioso, al colmo dello sdegno. Da uno dei tetti dell’Aleksander comparve dapprima una chioma grigio-azzurra, poi una 61 minuta figura femminile vestita in maniera del tutto inconsueta che impugnava un’arma dalla foggia altrettanto indefinibile, simile ad una picca dei tornei di un tempo. La videro balzare giù dal tetto con un’agilità impressionante e, infine, presentarsi assumendo una posa dominante ma altrettanto raffinata. “Crimson Valo è il mio nome, signore, e vorrei vi batteste con me anziché col presente cavaliere, se anche lui accondiscende alla mia richiesta” propose con aria del tutto naturale e impavida. Redsel rifiutò subito la sfida con altrettanta fermezza e Crimson sferrò allora impietosa il primo colpo per demolire il suo orgoglio. “Temete forse il confronto con una ragazza più giovane e atletica di voi, signor Avalon?” lo schernì con aria beffarda. Hrist sorrise alle spalle di Redsel che sembrò di colpo perdere l’uso della parola dinanzi all’audace Crimson. Mythel e Ardesia assistettero più che divertite alla scena, mentre l’Aleksander era in subbuglio per l’arrivo inatteso di una duellante tanto temeraria, quanto affascinante e determinata. Redsel non ebbe altra scelta e accettò la sfida con l’amaro in bocca già pregustando comunque la vittoria. “Ti consiglio di stare in guardia, folle insolente, perché non avrò alcun riguardo nei confronti di chi ha osato intromettersi in questo duello” affermò nel rispondere con un colpo altrettanto rapido e preciso. Ma Crimson lo schivò come si fosse trattato di un fastidioso insetto, poi lo costrinse a schermarsi e retrocedere non appena scattò al contrattacco, fingendo di colpirlo per schernirlo ancora una volta. Assalito dalla rabbia e dall’indignazione, Redsel si vide costretto a reagire di conseguenza e rimettere quella ragazza al proprio posto con una stoccata decisiva che però finì per andare a vuoto e ridicolizzarlo una volta di più. La situazione degenerò nell’arco di breve tempo 62 e divenne realmente insostenibile, fino a quando Redsel non perse ogni controllo, agendo d’istinto come un animale in trappola. Eppure Crimson non si degnò neanche di prenderlo sul serio e, dopo aver schivato ogni suo colpo tra le urla di ammirazione che si levavano attorno a loro, decise d’un tratto di porre fine all’impari duello con una stoccata micidiale che tagliò di traverso la divisa di Redsel dalla spalla al fianco con una simmetria perfetta. Il mormorio entusiasta cessò di colpo e parve quasi di udire la neve posare al suolo per il pesante silenzio che si venne a creare quando tutti compresero che la sconfitta di Redsel Avalon segnava la scintillante e inequivocabile vittoria della nuova arrivata. Rev, Katt e Julv furono tra le prime a congratularsi con lei, ignorando lui volutamente, e quando la folla fu ormai dispersa, Crimson poté infine fare la conoscenza di Mythel e riunirsi ai suoi amici. “Ben arrivata e… grazie” l’accolse Hrist scompigliandole i capelli in un moto d’affetto che la fece sorridere imbarazzata, ma felice di essere ancora una volta al loro fianco in presenza della sua creatrice. Redsel restò ad osservarli in disparte, deriso dalle sue tre ex-sostenitrici, sentendosi come un estraneo, qualcuno di ben poco gradito e da ignorare del tutto. Perché quella ragazza era stata in grado di batterlo tanto facilmente e con una tale rapidità? La vide sorridere ancora e stringere Mythel a sé, mentre Hrist e Ardesia si guardavano sottecchi con aria complice. Redsel fu costretto ad ammettere con se stesso che il suo comportamento nei confronti di Hrist non era stato affatto ammirevole né tantomeno da persona matura, dimostrando solo di essere un buffone ormai indegno della considerazione di chiunque, in particolar modo della loro. L’unica soluzione, quindi, restava quella di ammettere i propri errori e tentare di farsi 63 perdonare in un modo o nell’altro. Ma ciò che più gli premeva, senza comunque comprenderne il motivo, era il poter approfondire la conoscenza di colei che l’aveva appena sconfitto. “Cos’è un piknik?” la sentì domandare a Mythel proprio allora. - “E’ una merenda all’aperto fino al calare della sera. Qui all’Aleksander è di rito per inaugurare l’inizio dell’estate a Tefiros. A fine giugno di ogni anno di studio ci si ritrova tutti al termine delle lezioni sotto i ciliegi in fiore e si trascorre l’intera giornata insieme. Ancora non posso credere che proprio oggi tu sia dei nostri, Crimson, ne sono così felice!” esclamò entusiasta con le lacrime agli occhi, abbracciandola. Non c’era da stupirsi, dopotutto Crimson Valo era uno dei personaggi femminili che lei preferiva del suo Felonhar No Shi, persino Hrist e Ardesia ne erano a conoscenza. “Nonostante tu mi abbia battuto, sappi che anche io sono felice di averti all’Aleksander e mi scuso con tutti voi per il mio assurdo comportamento. So di aver sbagliato e vi chiedo di perdonarmi” asserì d’un tratto Redsel raggiungendoli. Sia Mythel che gli altri lo fissarono subito con aria torva e diffidente, ma dopo neanche un secondo gli sorrisero, invitandolo ad unirsi a loro per il piknik che avrebbe avuto luogo nel tardo pomeriggio. Dopo anni di solitudine e di amarezze, Mythel si sentì finalmente circondata dall’affetto di persone speciali per poter perfino trascorrere una giornata in compagnia di amici veri e fidati all’insegna del buonumore, tutto ciò che aveva sempre desiderato e mai sperato di ottenere nella propria grigia esistenza. “Ma dovremo comunque indossare la divisa?” chiese Ardesia mentre si avviavano verso la sala della colazione. - “Non noi, solo quelli del primo anno” rispose Redsel tenendo però lo sguardo 64 fisso su Crimson pur senza darlo a vedere. - “Questa sì che è una bella notizia! Così non sarò costretta a cambiarmi” esordì proprio lei a quel punto, sistemandosi la redingote con un gesto deciso. Hrist scoppiò a ridere e Mythel lo imitò. Ma lei non vi fece neanche caso e con uno scatto felino balzò sulla gradinata d’ingresso del college, arrampicandosi poi nuovamente sul tetto in men che non si dica. “Ne approfitto per dare ancora un’occhiata a questo posto prima che inizino le lezioni. Ci rivedremo oggi, Mythel! A più tardi, amici!” e svanì tra i comignoli dei tetti e la nebbia mattutina così come era apparsa qualche ora prima. “Ma non fa colazione?” domandò Redsel piuttosto contrariato. Mythel scosse la testa, ma fu Ardesia a spiegare: “lei non è tipo da trascorrere la mattina seduta a tavola a mangiare”. Stringendosi nelle spalle, Redsel preferì comunque dare ascolto al proprio stomaco e attendere pazientemente che giungesse il tramonto per rivederla, ascoltarla e, magari, anche parlarle… almeno prima della partenza per Kether. La neve riprese la sua lenta discesa sulla già diafana città di Tefiros, ma come sempre ciò non impedì agli studenti dell’Aleksander di dedicarsi appena possibile all’allestimento del piknik secondo i propri gusti sotto i ciliegi loro assegnati dai rappresentanti del college. E tra di essi figurava persino Rev Forylt che si era occupata personalmente del ciliegio secolare da addobbare come ogni anno secondo la tradizione. Ad assisterla nell’impresa vi erano sia Ardesia che Mythel, scelte da lei come sue collaboratrici in via del tutto eccezionale. Hrist e Redsel vennero invece incaricati di occuparsi dell’illuminazione dei ciliegi per quando sarebbe giunta l’ora del tramonto. Nel fresco nevoso di inizio giugno oscillavano una miriade di lampioncini colorati di carta 65 vetrata come in un contorto gioco di intarsi tra i rami fioriti dal delicato profumo inebriante. I più intensi erano quelli tondi rossovino, poi quelli traforati gialloluna e infine gli asimmetrici azzurrolatta. Nella sera calante gli studenti si radunavano chiassosi e dai sorrisi accesi sotto i ciliegi variopinti e luminosi per festeggiare fino all’ultimo un altro indimenticabile piknik ormai prossimo alla sua ennesima conclusione. Redsel si poggiò al tronco dell’ultimo ciliegio a cui aveva appena fissato uno dei restanti lampioncini rossovino e socchiuse gli occhi, esausto. “Dev’essere stato piuttosto faticoso per te dopo lo scontro di stamani” sentì dire da una voce proveniente al di sopra della sua testa. Sollevò lo sguardo e scorse la figura scattante di Crimson Valo saltare da un ramo all’altro del ciliegio fino a raggiungerlo con un balzo che aveva dell’incredibile. Decise subito di eludere la domanda e di spostare ogni argomento su di lei per sapere qualcosa di più sul suo conto. “Mythel starà di certo chiedendosi dove tu sia finita per tutto questo tempo” asserì senza scomporsi. “Lei o tu per la precisione?”. Redsel restò di sasso mentre lei con un sorriso beffardo si dileguava attraverso la folla senza più voltarsi. “Non farci caso, lei è fatta così, ma se ti ha rivolto la parola per prima è perché già nutre della simpatia nei tuoi confronti, ne sono certo” lo rassicurò allora Hrist sbucando da chissà dove. Redsel si strinse nelle spalle non sapendo se credere o no alle sue parole. “Dai, raggiungiamo Mythel ora, ci stanno aspettando per gustare i dolci preparati dai suoi nonni e penso ne valga davvero la pena, invece di star qui a rimuginare inutilmente” - “già… hai proprio ragione Hrist, meglio muoversi”. Fianco a fianco s’incamminarono verso il 66 ciliegio secolare per unirsi a Rev, Mythel, Ardesia e anche alla nuova arrivata, tutta presa dai colori che sfavillavano nella sera sulla candida neve che li circondava e dall’invitante aroma che proveniva dai dolci dell’Eis Kaffe. “Quelli che gusto hanno? Sembrano davvero prelibati a vedersi”, la udì chiedere a Mythel in tono referente. “Mousses alla pera con crema di cioccolato e gocce di miele, tieni: assaggiane una”. Redsel la fissò con avidità, desiderando per un istante essere il cucchiaino che s’insinuava tra le sue morbide labbra per poterla baciare e saziare come quel dolce succulento. Si soffermò ad osservarla nei minimi particolari e chissà per quale strano motivo si ritrovò a confrontarla con Ardesia e Mythel. Qualcosa le accomunava l’una all’altra in maniera indefinibile, qualcosa di misterioso e accattivante al tempo stesso che le rendeva simili tra loro nonostante le innegabili differenze fisiche e comportamentali, qualcosa che non era davvero in grado di comprendere in alcun modo, ma che lo attraeva invincibilmente. Vide Mythel sorridere, come mai prima di allora, al colmo dell’entusiasmo e della gioia più intensa. Un’immagine che da lì a breve sarebbe rimasta impressa nella fotografia che il signor Henklod scattò a tutti loro per il lavoro svolto; lei al centro, abbracciata sulla destra da Crimson e sulla sinistra da Ardesia, al fianco di Hrist e Rev, mentre lui stava alle sue spalle come un angelo custode, ma con un’espressione non di certo felice come il resto del gruppo. Una foto ricordo che Redsel avrebbe comunque portato con sé a Kether… 67 CAPITOLO V Riflessi di Luna su Neve d’Agosto La notte scivolava sul pendio innevato e attraverso un bagliore bluastro si rifletteva nel Lyseis dove sfavillanti stelle nuotavano silenziose. Ma lungo Tefiros e per i suoi borghi immersi ancora nel sonno, il vento era già più tiepido e soave, e risvegliava i cristalli di neve sulle rocce e quelli sui tronchi d’albero nelle foreste argentate. La Quinta Stagione era alle porte e con essa anche la partenza di Redsel per l’accademia militare di Kenson; quelli sarebbero stati i tre giorni più lunghi dell’anno che loro avrebbero condiviso prima di salutarsi definitivamente. Nei sogni di Redsel la neve avvolgeva Tefiros e l’Aleksander College in una tormenta infernale mentre Crimson gli voltava le spalle senza mai riuscire a raggiungerla, la propria voce sembrava riecheggiare intorno a lui perdendosi nelle spirali di vento gelido. In quelli di Mythel invece, lei si addentrava nell’incavo di un’enorme quercia secolare per trovare riparo da un sole accecante che sembrava volerle bruciare la pelle ad ogni passo, ma quel tronco la riconduceva finalmente a Tefiros e alla sua amata neve. “Visto che sei tornata, credo dovresti andare a lezione. Oggi c’è l’esame di fine quadrimestre, ricordi?” le chiese Ardesia quando la vide svegliarsi con un’espressione beata dipinta sul volto. Osservò l’amica piuttosto confusa: le aveva forse letto nel pensiero persino in sogno? Ardesia annuì e le sorrise senza dire una sola parola, uscendo poi dalla stanza con la divisa estiva già indosso. - Ma come…? - si domandò incredula. Si alzò dal letto trovando come sempre la colazione già pronta sul tavolo - quando era 68 ormai troppo tardi per quella della mensa - poi si vestì e raggiunse in fretta l’aula per l’esame appena in tempo, evitando così una magra figura. Redsel l’aveva persino attesa dinanzi all’ingresso insieme a Hrist per darle il buongiorno e ricordarle che quel pomeriggio si sarebbero organizzati per andare tutti insieme al lago della Quinta Stagione. “Quello è il Lyseis? Ma è stupendo! Non immaginavo fosse così grande!” esclamò Ardesia quando Redsel glielo indicò dalla torretta dell’Aleksander insieme a Hrist. “Lo sarà ancora di più stasera, vedrai” le assicurò. - “Ah, lo credo! E’ la prima volta che ne vedo uno vero!”. Hrist la osservò con occhi ardenti nel vederla così eccitata poi, non appena Redsel si fu allontanato… “Ardesia” - “Sì, dimmi” rispose voltandosi verso di lui in tutto il suo splendore. Ma Hrist non aggiunse altro e la baciò soltanto, e a lungo, assaporando la sua bocca e le sue labbra con tutto l’amore che sentiva per lei scorrergli nelle vene. Redsel proseguì a scendere le scale fino a quando il suo sguardo non incrociò quello di Crimson, appollaiata su un balcone del college con una gamba penzoloni nel vuoto. Sembrava così assorta nei suoi pensieri da non essersi neppure accorta di fissarlo. Le si avvicinò cautamente. - Forse ce l’ha ancora con me perché al piknik non le ho dato tregua. E’ talmente suscettibile! rifletté prima di salutarla con un cenno della mano. “Ah…sei tu, Redsel. Che ci fai quassù?” - “Ero insieme a Hrist e Ardesia per mostrargli il lago dove andremo stasera” spiegò restando in piedi accanto alla portafinestra. 69 - “Mm…capisco, quindi se sei qui è solo per una pura coincidenza, dico bene?” - “Crimson… aspetta, ascolta un momento: io non voglio tormentarti, sono solo curioso di conoscerti dato che anch’io sono amico di Mythel, mi spiace di averti infastidita tempo fa, ma vorrei che non mi evitassi ogni volta come fossi un appestato, d’accordo?”. Crimson socchiuse gli occhi e si limitò ad una semplice alzata di spalle, ignorandolo per continuare a crogiolarsi al sole come un gatto assonnato. I capelli seguivano la direzione del vento, schiaffeggiandole il viso di tanto in tanto, e la divisa estiva che indossava le modellava il corpo come una seconda pelle per non parlare delle sue labbra sempre così invitanti, appena dischiuse. Non sapendo in che modo comportarsi, decise di andarsene senza dire altro. Crimson riaprì gli occhi lentamente e lo vide allontanarsi a testa bassa lungo il corridoio attraverso la luce che filtrava dalle finestre. Dopotutto cosa poteva farci se lui riusciva sempre e solo ad irritarla? Ogni volta che lo vedeva era come se ricevesse una scarica elettrica e doveva sforzarsi non poco per riuscire a mantenere saldo il proprio autocontrollo. “Mythel sei pronta?” la chiamò Ardesia dopo averle assegnato una sua nuova creazione adatta all’evento di quella sera. - “Sì, arrivo!”. Il costume da bagno che le aveva dato da indossare le stava alla perfezione, i colori in particolare le donavano molto, un azzurro cielo e bianco panna che la rendevano ancor più adorabile. “Ah! Hrist, noi andiamo…”, ma nell’attesa si era addormentato sul divano e Ardesia ci rimase piuttosto male. “E ora che facciamo?” chiese Redsel ridendo. 70 - “Beh… ci può sempre raggiungere più tardi. Lasciamogli un biglietto, d’accordo?” suggerì Mythel semplificando subito le cose. - “Allora? Andiamo oppure no?” - chiese a quel punto Crimson sbucando dal nulla sul balcone alle loro spalle - “Beh? Che avete? Non vi sentite bene?” incalzò sfacciatamente. - “No, no… è solo che sei comparsa così all’improvviso!” rispose Mythel piuttosto sorpresa del suo arrivo inatteso. - “Veramente ero già qui fuori da un pezzo e mi ero davvero stancata di aspettare”. D’un tratto un libro attraversò la stanza, colpendo Crimson dietro la testa. “Ti sembra questo il modo di rivolgerti a Mythel?” le chiese Hrist risvegliandosi. - “Ah, ciao” lo salutò senza scomporsi con la solita aria impertinente, massaggiandosi la nuca. “Scusa se ti abbiamo svegliato” disse invece Mythel al suo posto. “Fa niente… meglio così dopotutto. Piuttosto, non dovremmo già essere al Lyseis a quest’ora?”. Dopo che tutti ebbero preso il necessario per cenare in riva al lago e asciugarsi al termine del bagno, finalmente uscirono dall’Aleksander, dirigendosi oltre il bosco, giù per la gradinata dei Darkob lungo il pendio. Tefiros innevata e calda dal cielo terso trapuntato di stelle al calare del sole. Tre giorni di vera estate come negli altri paesi di Iakes che Mythel poteva finalmente vivere insieme a esseri speciali come Ardesia, Hrist, Crimson e anche Redsel. Quella era la prima volta che vedeva il Lyseis di notte durante la Quinta Stagione, ne aveva sempre sentito parlare, ma oltre al non possedere ancora l‘età adatta fino all’anno precedente, Mythel non avrebbe neppure saputo con chi andarvi… E ora invece anche lei lì a poter godere delle meraviglie di quel periodo grazie ai suoi 71 preziosi amici. “Manca ancora molto?” si lamentò Crimson essendo costretta a mantenere il loro passo senza poter saltare da un ramo all’altro come al suo solito. “No, vedi quella grande roccia laggiù? Dietro si estende il Lyseis e se comunque fossimo giunti prima del tramonto non avresti potuto vedere lo spettacolo a cui assisterai tra poco” le rispose Redsel in tono carezzevole. Quando giunsero nel punto da lui indicato nessuno ebbe più il coraggio di parlare, come se avessero infranto chissà quale incantesimo nel farlo e fu così che subito dopo rimasero tutti senza fiato nell’osservare estasiati lo scenario che gli si parò di fronte. I raggi della luna d’agosto attraversavano le acque del lago rendendolo quasi surreale mentre già alcuni studenti dell’Aleksander, dopo avervi gettato i cristalli di neve incandescenti raccolti dalle rocce circostanti, si lasciavano andare a calde nuotate notturne. Le rocce sembravano brillare di luce propria e quasi iridescente come diamanti perfetti, e ogni cosa si rifletteva sulla neve argentata in un gioco di luci vibranti senza fine. Mythel credette per un attimo che il proprio cuore sarebbe presto esploso per l’emozione incontenibile che tutto ciò le fece provare. E non era di certo l’unica… Persino Crimson era senza parole e così pure Hrist e Ardesia, stretti l’uno all’altra. Redsel le sorrise comprendendo il suo stato d’animo, ma alcune voci dall’altra sponda del lago interruppero quel magico momento, attirando di colpo la loro attenzione. Si trattava come sempre delle solite tre scatenate sostenitrici di Ardesia che si congedò da loro con Hrist al fianco per raggiungerle. “A quanto pare siamo rimasti solo noi” asserì Crimson con aria seccata. Mythel avrebbe voluto rispondere ma qualcuno lo fece al suo posto, dichiarando: “non è del tutto esatto”. D’un tratto però tutto divenne immobile 72 attorno a sé ed ecco comparirle accanto, come un essere lunare, il sovvertitore spaziotemporale Asgar Furlok che la sollevò da terra, conducendola a danzare sulla superficie del lago con sé in un silenzio irreale. L’Eyowin stava difatti brillando di una luce dorata sulla sua mano, ma solo ora se ne rendeva conto. “Sono onorato di fare la tua conoscenza mia amata creatrice. Non pensavo sarebbe stato realmente possibile un giorno” confessò tenendo lo sguardo cristallino fisso su di lei prima di aggiungere: “e non credevo neanche tu fossi tanto deliziosa, Mythel Eis”. Lei arrossì, imbarazzata come non mai dinanzi a quelle parole tanto sincere, ringraziando il fatto che nessuno potesse vederla, soprattutto Redsel. “Cosa provi per lui in tutta onestà?” le chiese a bruciapelo. - “Dovresti saperlo” - “posso leggere la tua mente, non il tuo cuore, Mythel”. Lei tacque, annuendo ad occhi bassi. Si sentiva proprio una stupida certe volte! “No, sai di non esserlo, ma penso che tu non sia ancora in grado di darmi una risposta in merito o sbaglio?”. Mythel scosse energicamente il capo e sentì Asgar allentare la presa intorno alla sua vita per scortarla di nuovo sulla sponda del lago, nel punto esatto in cui si trovava inizialmente. “Ti ringrazio per avermi concesso questo ballo, ci rivedremo domattina, d’accordo?” - “perché non resti?” lo supplicò in tono cortese. - “Lo vorrei anch’io, credimi, ma attirerei troppo l’attenzione stasera con tutta questa gente, non pensi?” le fece notare per poi posarle un lieve bacio sulla fronte e svanire di colpo così com’era venuto. “Hai detto qualcosa Redsel?” chiese Crimson riprendendo vita assieme a tutto il resto. Mythel sorrise alle loro spalle, sentendosi 73 comunque un po’ sola quando Asgar se n’era andato. Chissà dove e quando si sarebbero rivisti l’indomani! Fortunatamente quella non era una notte come le altre e lei doveva ancora iniziare a divertirsi insieme agli altri. Si tuffò in acqua, seguita subito da Crimson e Redsel che si sfidarono in una gara di nuoto, scommettendo di riuscire ad attraversare l’intero Lyseis in lungo e in largo senza mai fermarsi. Mythel si convinse definitivamente che fossero completamente pazzi e senza più alcuna speranza di guarigione. Ripensò alla domanda di Asgar riguardante i suoi sentimenti per Redsel e in quel preciso istante si rese conto di non provare alcuna gelosia per il legame che stava instaurandosi tra lui e Crimson, anzi, semmai l’esatto contrario. “La Quinta Stagione è davvero meravigliosa su questo lago!” esclamò Ardesia con espressione trasognata. Hrist la osservò rilassarsi dopo una lunga nuotata sotto i rami di un gigantesco ciliegio e sorrise. “Il Lyseis è un luogo che ha qualcosa di magico, non trovi?” le domandò. - “Allora lo pensi anche tu!” - esclamò Mythel raggiungendoli - “Non trovate che sia uno scenario da favola?”. Gli amici annuirono subito, invitandola a sedersi insieme a loro. “Qui è dove si sono incontrati i miei genitori per la prima volta…”. Ardesia la fissò intensamente, sentendosi di colpo molto triste, mentre Hrist affermava con serenità: “ecco perché desideravi così tanto vederlo, non è vero?”. Mythel rimase soprappensiero per un po’ e Ardesia la fissò con maggior apprensione, avvertendo distintamente tutta la sua malinconia attraversarla nell’animo come un brivido improvviso. 74 - Forse dovrei andarli a trovare… è passato quasi un anno dall’ultima volta - rifletté senza più far caso a quel che la circondava. “Ma certo!” - esclamò Ardesia, illuminandosi in volto - “Domani, prima di venire qui, li andremo a salutare, d’accordo?”. Il sorriso che apparve sul volto di Mythel sembrò illuminare istantaneamente ogni cosa, mentre sia Hrist che Ardesia l’abbracciavano. “E vorreste forse andarci senza di noi?” domandò Crimson comparendo dal nulla. Redsel tentò di capire a cosa si stesse riferendo quando la raggiunse, ma dovette attendere le parole di Hrist per riuscirci. “Penso che a Mythel farebbe piacere se veniste anche voi dai suoi genitori. In fin dei conti tutti le vogliamo bene, no?”. Gli occhi di Redsel di spostarono subito su di lei. La vide annuire imbarazzata, ma felice. Per un attimo gli si offuscò la vista nel vederla così vulnerabile e forte al tempo stesso. Al solo pensiero che presto avrebbe dovuto separarsi da lei e da Crimson - troppo presto per accettarlo - si sentì quasi mancare, come gli fosse di colpo arrivato un pugno in pieno stomaco. Se solo ci fosse stato un modo per restare con loro ancora per qualche tempo… Come poteva definire il sentimento che provava? Il cielo era ancora terso e l’aria tiepida: una nuova giornata da dedicare a se stessa insieme alle persone che” le volevano bene”, come aveva detto Hrist la sera precedente. Al suo fianco Crimson e Redsel che indossavano abiti bianchi per accedere al luogo in cui erano poste le lapidi dei genitori di Mythel. “Non sapevo ci fosse un cimitero da queste parti…” disse lui quando ne varcarono la soglia. Avevano attraversato il sentiero del Kareisty 75 sotto il sole della Quinta Stagione e, poco prima di giungere nel centro di Tefiros, Mythel si era infilata in una sorta di vicolo strettissimo ricoperto di edera rampicante sulla loro sinistra e dopo alcuni metri erano giunti in quel luogo che sembrava appartenere ad un altro mondo. Aceri rossi e dorati le cui foglie avevano svariate gradazioni di colore e avvolgevano il piccolo cimitero come un manto che lo proteggesse sempre da vento e gelo durante il resto dell’anno, un luogo dove il tempo sembrava essersi fermato, lasciando ogni cosa intatta e immacolata. “In effetti io e i nonni siamo gli unici a conoscerne l’esistenza” - “come mai? Quelle non sono tombe di altre persone?” chiese Redsel indicandogliele. - “Non proprio… quelle sono degli animali appartenuti alla nostra famiglia prima che io nascessi. Era un tradizione degli Eis di alcuni secoli fa” precisò con un lieve sorriso. - “Che pensiero gentile…” asserì Crimson sospirando. Solo Mythel poté comprendere al volo il perché di quel tono malinconico tanto inusuale in lei; di certo sentiva la mancanza di uno dei suoi amati draghi, morto nella battaglia finale contro il crudele Felonhar. Era il drago che lei aveva allevato come un figlio e che era stato trafitto da una freccia letale, quella di qualcuno che avrebbe preferito non rivedere mai più per il resto della sua vita. “L’appuntamento con Hrist e Ardesia era qui però o mi sbaglio?” chiese Redsel non riuscendo a comprendere come avrebbero potuto arrivarci da soli non essendo di Tefiros. “Sì, di sicuro sono già…” - “Mythel!” si sentì chiamare infatti da loro, fermi dinanzi alle lapidi dei suoi. - “Ben arrivati! Non vi sembra un luogo meraviglioso in cui venire con questo cielo?” - “Mm… in un certo senso direi di sì” 76 rispose Redsel guardandosi attorno estasiato. - “Avanti, non perdiamo tempo, siamo qui per altri motivi” affermò Crimson piuttosto rudemente. In silenzio si posizionarono tutti intorno alle tombe dei coniugi Eis, quella della madre, Arten e quella del padre, Fersel. “Sono molto ben tenute… sarà già venuto qualcun altro prima di noi?” - “Credo proprio di sì. E’ stata sicuramente la nonna. Lei amava così tanto il papà e la mamma”. Redsel tacque e rimase a fissare le due lapidi con mille pensieri accavallati nella mente riguardo alla vita che aveva condotto Mythel senza di loro e alla Mythel che era diventata, crescendo al fianco dei nonni terribilmente protettivi. “Cos’è successo ai tuoi genitori?” le domandò poi d’un tratto. - “Mi hanno detto che sono stati travolti da una valanga mentre lavoravano” - “cosa facevano?”. Mythel sembrò tornare indietro nel tempo, persa nei ricordi che all’epoca non era stata in grado di comprendere a fondo, essendo solo una bambina. “Erano due archeologi, stavano cercando i resti della principessa Galaksiel” rispose infine sedendosi sulla tomba della madre. “Guardate! Non sono stupendi?”, Ardesia gli indicò i bucaneve cresciuti spontaneamente dietro le lapidi dei coniugi Eis, sfiorandoli con le dita. - “Già… questi sono gli unici rimasti in tutta Tefiros ormai: Il nonno mi ha spiegato che è per via della barriera naturale creata dagli alberi di questo luogo se sono spuntati qui restando in vita”. Crimson le si sedette accanto, scrutandola attentamente in viso. “Loro… credi siano felici che tu ci abbia portato qui con te a salutarli?”. 77 Mythel le rispose senza alcun dubbio di sì e sorrise, illuminandosi di colpo. Gli occhi le brillavano come i cristalli incandescenti nel Lyseis della notte prima e Redsel tentò di capire come vi riuscisse perché ogniqualvolta lui invece pensava alla propria sorella o a tutto il resto, inclusa l’imminente partenza per Kether, il suo “io” iniziava a vacillare e qualunque sorriso svaniva dal suo volto senza trovare alcun rimedio. Come avrebbe fatto senza di lei? Poteva ancora insegnargli così tanto per accettare il passato e andare avanti con determinazione… Ma ormai non aveva più tempo per fare nulla, né rimpiangere ciò che non sarebbe stato: lui avrebbe preso comunque l’Under Ekspress per entrare all’Accademia Militare Strategica di Kenson e divenire un Warlike a tutti gli effetti, questa era la realtà e nulla poteva cambiarla! Sulla strada di ritorno all’Aleksander Mythel notò qualcosa di davvero inusuale per la città di Tefiros: da quando il vento aveva cessato di soffiare mentre le foglie degli alberi sembravano essere scosse da raffiche violente e improvvise? Si voltò verso Crimson per capire cosa stesse accadendo e se anche lei avesse notato quello strano fatto, ma la vide sorriderle come nulla fosse e dire semplicemente: “sta arrivando”. Non fu subito in grado di afferrare il senso delle sue parole finché non si ritrovò faccia a faccia con Asgar in tenuta estiva. “Buongiorno a tutti” salutò con espressione imperscrutabile. Mythel lo trovò ancora più affascinante della sera prima, tanto che non riuscì neppure a rispondere. “Non credo di averti mai visto all’Aleksander fino ad oggi o mi sbaglio?” gli chiese Redsel porgendogli istintivamente la mano. - “Infatti è così. Il mio nome è Asgar 78 Furlok, sono arrivato solo stamattina. Tu invece devi essere Redsel Avalon. Ho sentito parlare molto di te dai miei amici” rispose accennando col capo al gruppo che li contornava. - “Già… immagino” ironizzò con un mezzo sorriso, riducendo gli occhi a due fessure per scrutarsi attorno in modo circospetto. Asgar sorrise, lasciandosi poi abbracciare dai suoi compagni e tenendo comunque lo sguardo sempre fisso sulla radiosa Mythel che finì per arrossire senza esserne cosciente. Redsel si rese immediatamente conto dell’effetto che quel ragazzo aveva su di lei eppure, strano a dirsi, non provò alcuna gelosia nei suoi confronti, anzi, la sensazione che ebbe istantaneamente fu di sollievo. Pensare che una volta partito per Kether, Mythel avrebbe avuto tutti loro al suo fianco, incluso quell’Asgar di cui sentiva di potersi fidare ciecamente, gli dava la certezza assoluta di lasciarla al sicuro. “Stasera dobbiamo festeggiare il tuo arrivo e la mia prossima partenza, non credi?” gli domandò di punto in bianco. Mythel ebbe un sussulto a quelle parole: come aveva potuto dimenticare che presto, troppo presto, Redsel li avrebbe lasciati? “Con piacere… sempre che Mythel sia dei nostri” soggiunse nel vederla con la testa altrove. Redsel e gli altri rimasero in attesa di una sua risposta affermativa, ma lei non vi riuscì e gli occhi si riempirono improvvisamente di lacrime a stento trattenute. “Hey, Myth! Che ti prende?” le chiese scioccato dalla sua reazione del tutto inaspettata. Crimson e Ardesia tentarono di farla calmare, mentre Hrist si rivolgeva ad Asgar in tono piuttosto serio. Redsel si sentì tagliato fuori per un attimo da quella situazione e si sforzò di mantenere la calma, ragionando sul motivo per cui Mythel fosse scoppiata in lacrime. Possibile fosse dispiaciuta quanto lui del fatto 79 che l’indomani si sarebbero separati per chissà quanto? “Vi chiedo scusa” disse quando sembrò essersi ripresa. Asgar le si avvicinò per asciugarle il volto con un fazzoletto e Crimson le sorrise per infonderle coraggio e continuare a parlare. Lei annuì, aggiungendo: “avevo cancellato dalla mia mente che saresti partito e che non avrei neanche potuto finire quest’anno di studio insieme a te. Mi dispiace, ma ti voglio così bene che non riesco proprio ad accettare il fatto che tu vada tanto lontano, scusami Redsel”. Crimson iniziò a spazientirsi. “Ma insomma! Si può sapere qual è il problema? Possiamo sempre partire con lui, no? Siamo in vacanza dopotutto e nessuno ci vieta di fare quel che ci pare!” affermò allora con risolutezza. Sia Mythel che gli altri sgranarono gli occhi per la sorpresa: chi avrebbe mai pensato ad una soluzione simile se non Crimson? Entusiasti all’idea di viaggiare attraverso le città del sottosuolo di Iakes, il gruppo di amici tornò nuovamente a sorridere e tutto parve assumere ancora una volta i toni dell’armonia nelle sue più svariate e intense sfumature d’insieme. A volte le soluzioni più ovvie erano così a portata di mano da sembrare quasi irrealizzabili, ma per fortuna Crimson faceva eccezione ed era in grado di riuscirci senza tante inutili complicazioni. “Adesso l’unico problema sarà convincere mio nonno” asserì dopo qualche minuto Mythel tornando a sorridere; già immaginava la faccia che avrebbe fatto quando gli avrebbe chiesto di partire con l’Under Ekspress… Il Pivot era iper-affollato come ogni fine settimana, ma mentre Redsel e Hrist cercavano di rimediare un tavolo per il loro gruppo, Asgar scortava le ragazze all’Eis Kaffe per mettersi d’accordo con il nonno di Mythel affinché la 80 lasciasse partire alla volta dello Iakes sotterraneo. E come avevano immaginato non fu affatto semplice riuscire nell’impresa… “Non ho idea di chi siate, né per quale motivo vogliate portare Mythel con voi tanto lontano. Lei non è ancora pronta per affrontare un viaggio del genere, non lo pensi anche tu Sephir?” chiese poi rivolto alla moglie. Lei si limitò ad osservare attentamente ognuno di loro fino ad incrociare lo sguardo carico d’attesa e di speranza dell’amata nipote. Fu Asgar ad intervenire a quel punto in tono grave, ma altrettanto sereno. “Mythel sta imparando a vivere e a crescere insieme a noi. Non è più una bambina da proteggere e anche voi ormai ne siete consapevoli se non erro”. Crimson e Ardesia si guardarono sconcertate da tanta franchezza, ma la risposta dei nonni di Mythel continuò a tardare. Maximilian si volse nuovamente verso la moglie in cerca di una soluzione. Le parole di quel ragazzo dai capelli plumbei e lo sguardo penetrante lo avevano scosso profondamente perché sapeva in cuor suo quanto fossero veritiere, ma non riusciva proprio a mandar giù l’idea che Mythel si allontanasse da loro così all’improvviso. Dopo aver perso suo figlio Fersel non era per nulla facile lasciarla andare col rischio di non vederla mai più tornare da loro. “Le località del sottosuolo sono molto pericolose, ne siete consapevoli?” domandò Sephir tutt’a un tratto, lasciando il marito di stucco. Ognuno di loro si limitò ad annuire, Mythel inclusa, che iniziò finalmente ad intravedere nelle parole della nonna uno spiraglio di luce. “Allora dovete promettermi che continuerete a prendervi cura della mia Mythel. In particolar modo tu” dichiarò poi indicando Asgar con un cenno del capo. - “Sarò la sua ombra, signora. Non lascerei 81 le accadesse nulla neppure giungesse la fine del mondo, può credermi sulla parola”. Sia Sephir che il burbero e diffidente Maximilian si ritennero soddisfatti, decidendo così di acconsentire alla loro richiesta seppur a malincuore... Ma Mythel era ormai maggiorenne ed aveva tutto il diritto di spiccare il volo anche se un volo sotterraneo. “Cosa?! Non vorranno mica partire senza di noi sul serio?” esclamò Rev indispettita non appena venne a conoscenza del viaggio che Ardesia e gli altri avrebbero intrapreso il giorno seguente. Julv e Katt si ridussero ad un’alzata di spalle non sapendo che dire. “E poi si può sapere perché nessuno di loro ci ha ancora presentate al nuovo arrivato?” - “Si chiama Asgar Furlok, l’ho incrociato stamattina nel cortile principale andando a mensa per colazione” la informò Katt con occhi sognanti. - “E che tipo ti è sembrato?” le chiese pur vedendola con quell’espressione inequivocabile sul viso. - “Da favola… mi ha persino salutata!”. Julv e Rev la fissarono incredule: da quando Katt si comportava come un’adolescente alla sua prima infatuazione? Forse era meglio darsi una mossa e scoprire di persona chi altri si era unito al gruppo di Ardesia prima fosse troppo tardi. “Poco fa hai detto che si trovano al Pivot, vero Julv?” le domandò Rev assumendo di colpo un tono bellicoso. Quando furono pronte uscirono dall’Aleksander e si diressero al centro di Tefiros. Rev con un succinto completo color glicine e bianco tutto trine e merletti, Katt con un lungo abito nero ebano e Julv in un elegante spezzato dal taglio maschile, ruggine e viola. Quando fecero il loro ingresso nel locale, attirando come sempre l’attenzione di molti, 82 qualcuno stava esibendosi dal vivo nonostante non ci fosse alcun evento live previsto per quella sera. La voce della cantante però, avevano la vaga impressione di averla già sentita da qualche altra parte prima di allora. Katt indicò subito loro il tavolo dov’erano riuniti Ardesia e gli altri con gli occhi fissi verso il palco dove una ragazza con la chitarra stava cantando a squarciagola un brano sconosciuto, ma a dir poco straziante e impetuoso al tempo stesso. Man mano che si avvicinavano, sentivano brividi di passione scorrere lungo la schiena come improvvise scariche elettriche fino a quando non riconobbero Crimson sotto i riflettori multicolore del palco. Stordite da una tale intensità e potenza vocale, rimasero in piedi ad ascoltarla sino alla fine senza più neanche rendersi conto del reale motivo per cui si trovassero lì. Non compresero subito il titolo, ma si ritennero fortunate di poterla ascoltare fin dall’inizio. Steps As a flower die And youth go out of date Even life in its steps grows With every sense and virtue But cannot be eternal. When life calls, heart must be Ready to leave and start again Offer itself calm and valiant To new and different links. Every start has a spell That protect us and helps to live. We must cross spaces Without stop our foot in them Universal spirit won’t tie us But relieve us step by step. 83 As we get used to a place We risk to weaken in laziness Only who’s ready to move and leave Hits the jamming boredom Maybe the death itself Will lead us to new spaces The call of life is endlessly… Come on my heart, leave and recover! L’esplosione di urla e applausi che seguì le note finali di quella canzone sottolineò l’effetto incredibile che aveva ottenuto su tutti i presenti. Crimson ringraziò con un inchino e poi saltò giù dal palco lasciando che Mythel si congratulasse con lei, abbracciandola più forte che poteva. Poi, finalmente, Rev, Katt e Julv si risvegliarono dallo stato confusionale in cui l’esibizione di Crimson le aveva gettate e decisero di farsi avanti senza ulteriori tentennamenti. “ ‘Sera a tutti” li salutò la loro leader. Ardesia e gli altri si volsero piuttosto sorpresi nel trovarsele davanti così all’improvviso, ma le accolsero comunque con un sorriso, invitandole a sedersi insieme a loro. “Come mai da queste parti?” chiese Ardesia in tono inquisitorio. - “Abbiamo saputo che domani partirete con l’Under Ekspress per Kether e volevamo accertarci che non si trattasse solo di un’invenzione”. Come sempre all’Aleksander College certe cose non passavano mai sotto silenzio perciò le parole di Rev non sorpresero affatto nessuno di loro. “No, non si tratta di un’invenzione. Mythel e gli altri hanno deciso di accompagnarmi nel viaggio sotterraneo. Partiremo domani sera” le informò Redsel con espressione malinconica. Dopotutto, anche dover lasciare alle proprie spalle tre simili soggetti lo rattristava e non poco, a dire il vero. 84 “Capisco… ma allora perché non avete chiesto di unirci a voi? Pensate forse non c’interessi che lui parta?” chiese a quel punto Julv rivolta ai presenti con fare accusatorio. - “Nessuno vi impedisce di partire con noi se proprio ci tenete. In fondo a me farà piacere avervi ancora intorno prima di arrivare a destinazione” ammise Redsel con una rapida alzata di spalle. I volti delle sue tre ex-sostenitrici s’illuminarono all’istante, sentendogli pronunciare quelle parole e con aria soddisfatta si unirono al loro gruppo sedendosi tra Crimson e Hrist, mentre gli occhi di Katt cadevano inesorabilmente sul volto del misterioso Asgar Furlok. La serata proseguì fino a tardi senza ulteriori questioni in sospeso e, quando Redsel propose di dirigersi verso il giardino Galatense - aperto solo dalla mezzanotte fino all’alba - per far visita al labirinto di ghiaccio, subito decisero di seguirlo a ruota sia Mythel che Asgar e Crimson. La loro ultima uscita nella bianca Tefiros che li avrebbe condotti attraverso la pregevole gradinata di lavagna intagliata dei Darkob fin dentro l’Ismeiros, nella zona più alta dell’ex-città imperiale. 85 CAPITOLO VI Gradini Oltre Confine Si stagliava nell’oscurità notturna del giardino Galatense come un’enorme costruzione di cristallo tra i mandorli in fiore che rifletteva la luce lunare rendendo l’Ismeiros un labirinto di ghiaccio quasi trasparente ed impalpabile. Redsel li condusse all’ingresso iniziando a spiegare loro le origini di quel luogo da favola. Mythel, Crimson e Asgar ascoltarono le sue parole in ossequioso silenzio, varcando la soglia del labirinto al suo fianco. La storia della sua realizzazione su richiesta di Aleksander Sekyen per la futura sposa Galaksiel era quella della grande amicizia che nacque all’epoca tra l’imperatore e il giovane architetto proveniente dalla città di Galatea. Amicizia che però si concluse drasticamente con lo svelarsi dei sentimenti del creatore galatense di nome Arbel Kansin, quando Aleksander vide il centro del labirinto dedicato all’incantevole principessa. “E perché?” chiese subito Mythel incuriosita dalle parole di Redsel. - “Lo capirete tra poco” asserì in tono sostenuto. Crimson lo osservò con aria interrogativa, mentre Asgar si accostava a Mythel prendendola per mano e lasciandola a bocca aperta per quel gesto inatteso. Raggiunsero infine il centro dell’Ismeiros, notando una sinuosa ed elegante statua di ghiaccio completamente nuda, raffigurante Galaksiel ad occhi socchiusi, volto chino e braccia strette attorno al corpo, come se vista da occhi indiscreti. “Guardate laggiù in quell’angolo” disse allora Redsel indicando il punto in cui era stata scolpita una maschera di ghiaccio. “Oh! Non ci avevo fatto caso!” esclamò Mythel riacquistando l’uso della parola. Sentiva il calore propagarsi dalla mano di Asgar 86 alla propria fino al resto del corpo e le sembrò davvero strano provare una simile sensazione perché le era del tutto nuova e sicuramente da ritenere molto intensa. Lo fissò di sottecchi, trovandolo affascinante al di sopra di ogni sua aspettativa in base all’immagine da lei creata nella propria mente. “Era la maschera che Arbel Kansin aveva indossato durante la serata di benvenuto che si era tenuta in suo onore alcuni mesi prima. Quando Aleksander se ne rese conto lo cacciò da Tefiros senza un apparente motivo. Kansin trascorse i suoi restanti giorni di vita scrivendo lettere d’amore mai inviate alla principessa Galaksiel che, come tutti già sapete, morì in seguito alla valanga dopo solo una settimana dal matrimonio con Aleksander, in coincidenza col brusco allontanamento dell’architetto, il quale finì per non sposarsi mai ed essere ricoverato in una lontana casa di cura sulle rive di Liltia, dove morì di crepacuore, completamente solo”. Le parole di Redsel toccarono nel profondo del cuore ognuno di loro, commuovendoli immensamente. Crimson in particolare si sentì scuotere dal suo resoconto, chiedendo che le mostrasse il resto del labirinto per meglio comprendere l’animo del geniale, ma infelice, Arbel Kansin. Mythel e Asgar decisero d’intraprendere il percorso opposto per lasciarli soli e raggiungere l’uscita del labirinto prima di rendersi conto che qualcuno li aveva preceduti, scoccando delle frecce nei blocchi di ghiaccio per indicare loro la strada da seguire; frecce verde fluorescente… quelle di Fulgor Kamlot! Mythel fissò subito il dorso della mano per scorgere il colore che illuminava l’Eyowin e capì che non poteva essere altri che lui, senza alcuna ombra di dubbio! “Ah! Finalmente ce l’avete fatta, vedo!” esclamò Fulgor in persona con aria seccata e braccia conserte. Mythel si sorprese dell'accoglienza che le offrì uno dei suoi personaggi, così brusca rispetto a 87 quella che le avevano riservato tutti gli altri prima di lui. Ma d'improvviso lo vide sorriderle amabilmente e poi abbracciare contemporaneamente sia lei che Asgar, conducendoli fuori dal labirinto per far ritorno all'Aleksander. "Eri qui da molto, Fulgor?" chiese lei in tono lieve, un po' intimorita dalla sua figura alta e slanciata. - "No, solo da qualche minuto, ma non è un problema mia creatrice perché conoscerti di persona è un vero onore per me" rispose inginocchiandolesi dinanzi col capo chino in segno di referenza. - "Sei sempre il solito, eh?" disse Asgar scotendo la testa osservandolo. Quando però Fulgor si risollevò il suo sguardo tornò ad incupirsi nel vedere Crimson in compagnia di qualcuno che non conosceva. "Allora a domani, buonanotte" lo sentì salutarla primi di allontanarsi. "Si può sapere chi era quello e perché eri da sola con lui, eh?" l'aggredì senza che Crimson avesse il tempo di accorgersi della sua presenza. - "Mpf... non ti riguarda e comunque è sicuramente qualcuno meglio di te" rispose aspramente voltandogli le spalle per poi saltare verso una sporgenza del college e raggiungere il tetto in un batter d'occhio. - "Dove credi di andare?! Mi devi delle spiegazioni, dannazione, torna qui!" le gridò dietro indignato dal suo atteggiamento noncurante. - "Non ci penso neanche!" fu invece la risposta che si sentì dare. Nel frattempo Asgar seguiva divertito le loro scaramucce, anche se Mythel non capiva cosa ci fosse da ridere, soprattutto quando vide Fulgor mirare a Crimson con una delle sue frecce. Ma non appena questa la raggiunse ai piedi, vide la sua beniamina spiccare un salto spettacolare e poi svanire dietro un altro tetto, evitandola abilmente senza lasciar più traccia di sé. 88 "Maledetta! Tanto non potrà sfuggirmi in eterno... e tu, Asgar, invece di divertirti alle mie spalle perché non mi dici qualcosa del tizio che era con lei poco fa?". Ma fu Mythel a rispondere in sua vece: ”Redsel Avalon, amico e... fratello acquisito che domani accompagneremo nel suo viaggio per Kether, dove resterà per molti anni, quindi non devi temere che il tuo affetto per Crimson svanisca a causa sua perché sai benissimo che lei non ha mai detto di odiarti" asserì gravemente fissandolo negli occhi, sicura più dei sentimenti dei suoi personaggi che dei propri… "Già... ma non ha mai affermato neppure il contrario, mia creatrice" e detto ciò decise di ritirarsi nella stanza assegnatagli dal college. Il sole tornò a splendere su Tefiros rendendola ancora più scintillante del solito e giunse finalmente l'ora della partenza. Anche i nonni di Mythel si unirono al gruppo per salutarli alla stazione dell'Under Ekspress. Entrambi li avvertirono che il loro non sarebbe stato affatto un viaggio comune perché lo Iakes Eks' li avrebbe condotti in luoghi sotterranei del tutto diversi da quelli in superficie. Anche se nessuno di loro, tranne forse Redsel, capì cosa volessero dire con quelle parole, li ringraziarono comunque dell'avvertimento, salutandoli calorosamente. L'abbraccio tra nonno e nipote sembrò quasi non aver mai fine, ma il fischio del treno li avvertì che il tempo a loro disposizione era comunque scaduto e che dovevano per forza separarsi. Mythel, seduta nello scompartimento scarlatto in compagnia di Asgar, Crimson, Redsel, Hrist, Fulgor, Ardesia e le tre sostenitrici di quest'ultima, si domandò perché tanto timore nella voce del nonno, ma non seppe darsi una risposta. "Ah! Finalmente la colazione!" esclamò Ardesia vedendo avvicinarsi loro la ragazza addetta al 89 servizio dopo alcuni minuti dalla partenza. "A me del cappuccino speziato!" chiesero Katt e Julv all'unisono, ridendo. E mentre Mythel addentava una fetta di torta al caffellatte, ascoltò in silenzio le voci di ognuno di loro sentendosi felice di stare lì e di potersi godere quel viaggio, senza più provare quel senso di tristezza che l'aveva accompagnata fino a qualche ora prima. "La nostra prima tappa sarà Vitria*, sotto la città di Lunegarde" li informò Redsel sorseggiando la sua cioccolata piccante. "E dopo?" chiese Mythel sempre più curiosa. "Dopo sarà la volta di Kyassion, sotto Valkyra, e infine Laserk" spiegò con espressione sognante. "Che posto è Vitria?" intervenne a quel punto Rev, conoscendo ben poco del sottosuolo di Iakes. "Lo scoprirai presto. Io del resto ho solo visto qualche documentario in proposito, ma non vi ho mai messo piede, le soste dureranno per città solo mezz'ora, ma credo proprio varrà la pena dare un'occhiata da quel poco che ho visto in rete". Lo Iakes Eks' procedeva alla velocità di 520 Km/h e si avvicinava alla meta sempre di più così, quand'ebbero terminato di far colazione sentirono una voce che li avvisava dell'arrivo a Vitria. Scesero tutti dal treno col cuore in gola per l'emozione mentre Asgar prendeva subito la mano di Mythel nella propria come ormai fosse del tutto naturale. Fulgor li osservò alle spalle con aria di disappunto e sentì Crimson domandargli il motivo di quella sua reazione. “Lei non potrà mai amarlo e Asgar lo sa, eppure, nonostante questo lui non vuole darsi per vinto, perché?". Crimson si limitò ad un'alzata di spalle, incrociando per un attimo gli sguardi sorridenti di Hrist e Ardesia che li precedevano nel loro percorso verso l'uscita dalla stazione della città che, come lasciava già intendere il nome, era stata interamente costruita in vetro e cristalli 90 pregiati. Lo stupore che investì il gruppo non appena videro le architetture di Vitria incastonate come pietre preziose tra radici d'albero secolari e foglie iridescenti, fu uno stupore che li convinse delle parole del nonno di Mythel: lo Iakes del sottosuolo era un mondo completamente a sé rispetto a quello in cui erano sempre vissuti. "Benvenuti signori, volete visitare la nostra città in questo breve tempo che lo Iakes Eks' vi ha concesso?" li accolse una guida con un abbigliamento totalmente diverso dal loro e dall'aspetto etereo, come se anch'egli fosse stato fatto di vetro. "Che ne dite?" chiese Redsel al gruppo che subito acconsentì alla proposta con notevole entusiasmo. "O.K. allora... quanto ci costerà questo servizio?" - "Nulla signori. La visita di Vitria è già compresa nel costo del vostro biglietto di viaggio. Ah! Scusate per non essermi ancora presentato: il mio nome è Virgil". Come prima tappa del tour, egli li scortò alla cattedrale d'ametista della città, dove si stava tenendo un inconsueto rito per proteggere Vitria da qualunque invasione. "Siete forse minacciati da altri paesi?" chiese Hrist stupito che un luogo simile potesse correre un rischio talmente antico. - "Non proprio signore... si tratta delle nuove razze del sottosuolo che spesso entrano in contrasto con le nostre leggi e tradizioni" - "quali nuove razze?!" esclamò Rev sconvolta dalle parole di Virgil. Fu allora che un essere alato e dalle orecchie a punta piombò sull'altare, frantumando una delle vetrate policrome della cattedrale per appropriarsi del balascio che prima ravvivava il candelabro sacro. Era il ragazzo più bello che avessero mai visto, ma Fulgor non si lasciò trascinare dall'ammirazione insensata che gli altri provarono nel vederlo e decise d'impedirne la 91 fuga verso l'alto, scoccando una delle sue frecce. Lo immobilizzò a metà percorso, costringendolo con un'ala sanguinante ad un angolo della cattedrale. Mythel, sebbene spaventata dall'aspetto di quel giovane, decise di avvicinarglisi per osservarlo meglio. Ma alcune guardie irruppero nella cattedrale munite di alabarde cristalline per trarlo in arresto, ringraziando Fulgor di essere intervenuto tempestivamente. Sia Redsel che le tre sostenitrici non furono però del loro stesso avviso, dopotutto cosa sapevano loro delle motivazioni che avevano spinto quell'essere a comportarsi in modo ostile; di chi avesse torto o ragione? E poi quel Fulgor così tenebroso e introverso da quando si era amalgamato al loro gruppo, oltretutto munito di arco e frecce fuori dal comune? "Perché l'hai fatto?!" domandò Julv in tono accusatorio, puntandogli un dito contro. - "Non credo di dovermi giustificare con chi non è certo migliore di me". Il senso della parole di Fulgor fece subito centro e nessuno si azzardò più a dir nulla riguardo il suo modo d'agire. Ma lo sguardo di rimprovero che Mythel gli riservò non appena si volse per uscire dalla cattedrale fu comunque abbastanza eloquente, tanto da farlo sentire parzialmente in colpa nei confronti del malcapitato. Virgil non fece commenti in proposito e li scortò fuori di lì fino ad una taverna in cui offrì loro la bevanda tipica del luogo: birra scura alla ciliegia. Eppure Mythel non sembrò gradire quel facile silenzio che celava ostentatamente la verità e Asgar percepì subito il suo stato d'animo, tanto da trascinarla fuori dal locale per farle sputare il rospo. "Allora? Cos'è che ti tormenta in fondo al cuore?". Lei sgranò gli occhi su di lui, sentendosi con le spalle al muro e infine, dopo un grosso sospiro, 92 decise di parlare. "Fulgor è troppo impulsivo! Non avrebbe dovuto intromettersi ferendo quel ragazzo senza motivo!" asserì in tono alterato. - "Comprendo i tuoi sentimenti Mythel e condivido il tuo disappunto, ma ricorda che Fulgor è pur sempre una tua creazione" le fece notare a malincuore poiché anche per lui valeva il medesimo ragionamento. Quelle parole le aprirono finalmente gli occhi sulla realtà che non aveva saputo o, forse, voluto vedere e tacque. Fulgor rappresentava il "suo" lato impulsivo e, quindi, era lei ad avere ferito quell'essere e non viceversa... Virgil e gli altri li raggiunsero proprio allora, informandoli che era giunto il momento di ripartire, lasciandosi Vitria alle spalle con tutti i suoi misteri insoluti. Redsel gli si avvicinò, tentando di capire perché Mythel fosse tanto depressa e salì nuovamente sullo Iakes Eks' per la tappa successiva. Fulgor evitò di entrare nel loro stesso scompartimento, decidendo di restarsene in disparte per un po' ed evitare così lo sguardo della sua creatrice che tanto l'aveva turbato. "Forse dovrei andare a parlare con lui, non credi Asgar?" domandò Mythel poco dopo che il treno si fu rimesso in moto. "E perché dovresti?" intervenne invece Redsel precedendolo. Lei osservò Fulgor in fondo al vagone attraverso i pannelli divisori e disse: "perché lui credeva di essere nel giusto quando ha tirato quella freccia, non aveva cattive intenzioni". La sua affermazione lasciò Redsel allibito come anche il resto del gruppo, tranne Asgar che naturalmente conosceva il vero motivo che l'aveva portata a quella conclusione. "Allora è meglio tu vada a dirglielo" concordò Asgar sorridendole. Lei si alzò svanendo in fondo al vagone e fece ritorno con Fulgor solo quando vennero 93 informati dell'imminente arrivo a Kyassion. Una città fantasma, ridotta in macerie, così apparve Kyassion ai loro occhi una volta scesi dal treno. Nessuno ad accoglierli, nessun segno di vita che potesse convincerli del contrario: Kyassion era una città morta. "Ma che razza di posto è mai questo?!" esordì Rev in tono alterato. - "Già! Che senso ha fermarsi qui? Non c'è più nulla da vedere non vi sembra?" soggiunse Julv. Redsel scrollò le spalle non riuscendo a capire neanche lui il perché di quella sosta, ma Ardesia non fu del loro stesso avviso. "No, non è così... percepisco ancora la presenza di qualcuno" - "e dove?" le chiese subito Mythel, ansiosa di scoprire la verità su quel luogo. - "Non credo sia una buona idea, è meglio tornare dentro". Ma le parole di Redsel vennero del tutto ignorate dall'intero gruppo che decise comunque di avviarsi alle soglie della città. Quel che restava di una lastra metallica ai piedi del portale riportava la seguente scritta: KYASSION, CITTA' DI ETERNA PERFEZIONE Eppure, dallo stato in cui verteva quel luogo, non si sarebbe mai detto... ma tanto bastò per incuriosirli ulteriormente e indurli a procedere, varcando il portale con passo rapido e deciso. Gli unici segni di vita lungo il percorso in salita che sembrava condurre verso il nulla erano minuscoli alberi rigogliosi e dall'intenso profumo ai margini del sentiero verde rame, ma nulla di più. Non vi era traccia di abitazioni né altro, almeno sino a quando non raggiunsero la fine del sentiero, ritrovandosi dinanzi ad un immenso giardino dagli sgargianti colori mai visti prima e al suo centro una piccola abitazione dalle enormi vetrate ovali, avvolta da rampicanti di 94 biancospino. Sembrava essere l'unico luogo a far fede alle parole dell'iscrizione che li aveva accolti prima di entrare. E di certo chi viveva in quella casa era anche colui che si prendeva cura di quel che restava di Kyassion. Mythel fu ansiosa di scoprire la verità e convinse gli altri a seguirla fino alla porta azzurro mare, bussando con forza sul robusto legno di cui era fatta. Silenzio assoluto. Redsel riprovò con più decisione, ma ottenendo il medesimo risultato. "Posso esservi utile?" chiese una voce sottilesottile alle loro spalle, cogliendoli di sorpresa. Si volsero di scatto, restando senza parole, a metà fra l'incredulo e il perplesso. In piedi di fronte a loro nel suo mezzo metro di altezza c'era una creatura dagli occhi da gatto verde smeraldo e un paio d'ali trasparenti sul dorso come quelle di una libellula. Ma chi o cosa era in realtà? Una bambina vestita in modo strano per destare stupore negli estranei o più semplicemente... una fatina? Il nonno di Mythel li aveva avvertiti che dopotutto quel viaggio attraverso lo Iakes sotterraneo gli avrebbe riservato parecchie sorprese e li aveva anche messi in guardia in proposito. Mythel a quel punto decise di mantenere la calma e reagire nella maniera migliore per non spaventare quella creatura leggendaria. "Sai dirci chi vive in questa casa?" le domandò gentilmente. - "Ma Certo! E' la mia!"- asserì svolazzando verso di loro per poi aprire la porta con un gesto della mano, senza neanche sfiorarla - "Prego, entrate pure se volete. Non ho molto da offrire al momento, ma potrò sempre rimediare se saprò quel che vi piace". Redsel iniziò a credere di essersi addormentato sul treno e che tutto fosse solo un sogno, ma in 95 realtà era cosciente di non essere l'unico a pensarla così, tranne Mythel a quanto pareva. Entrarono insieme a lei e si sedettero dove gli venne indicato prima che la padroncina di casa decidesse di presentarsi. "Il mio nome è Kloi. Felice di conoscervi". Gli ospiti seguirono subito il buon esempio, facendo altrettanto dopodiché Redsel decise di porre la domanda che era nell'aria fin dall'inizio. "Cos'è successo a Kyassion?". La piccola Kloi si rattristò di colpo e le sue ali scintillanti si spensero, chiudendosi attorno a lei come il bozzolo di una farfalla. "Le nuove razze sono state la causa della sua distruzione alcuni anni fa" affermò socchiudendo gli occhi quasi rivivesse quei terribili momenti di angoscia e terrore. "Anche a Vitria ne abbiamo sentito parlare, ma chi sono in realtà?" intervenne Rev a quel punto, ormai incapace di trattenere oltre la sua curiosità riguardo gli eventi del sottosuolo. - "Vitria, la città degli elfi vampiri; luogo di scontri sanguinosi e violenti tra loro e gli umani che ormai si susseguono da quasi un secolo". Mythel e gli altri non riuscirono più a dire alcunché tanto li impressionarono le parole di Kloi, ma si chiesero una volta di più se quello non fosse solo un sogno e se ben presto non si sarebbero svegliati ridendoci sopra. "Sotto Lunegarde esistono anche le città di Kalisfera, Hevnet ed Etheryaki dove vivono gli esseri superiori delle nuove razze" - "e chi sarebbero?" chiese Fulgor ricordando quel ch'era avvenuto poche ore prima nella cattedrale di Vitria. - "Sono gli angeli vampiri. La razza suprema da cui dipendono tutte le altre, persino quelle dei druidi oni e delle fate oni" - "incredibile!" esclamò Redsel non sapendo che altro dire. - "Quindi non sei sola qui, voglio dire... ci sono altre fate con te" 96 "no, loro sono diverse e io sono una semplice fata di antiche origini. Se ne andarono via quando Kyassion venne attaccata dagli elfi vampiri" rispose Kloi alle parole di Mythel. - "E tu allora perché sei rimasta?" chiese Asgar a quel punto. Gli occhi di Kloi indugiarono su di lui come stessero sforzandosi di metterlo a fuoco, poi si spostarono nuovamente su Mythel con un sorriso beffardo prima di dire: "perché Kyassion e io siamo un'unica cosa, non potrei lasciarla né ora né mai: io morirò con lei e lei con me". Tutti compresero cosa Kloi intendesse tranne Redsel e il trio delle sue ex-sostenitrici. Nulla di cui stupirsi dato che solo Mythel e le sue creature condividevano il medesimo destino di Kloi e Kyassion. Loro erano l'una il riflesso dell'altra come quello di un'anima allo specchio, una grande anima... Il fischio del treno li riportò bruscamente alla realtà: la loro sosta a Kyassion era giunta al termine. "Dovete già andar via? Così presto?". Il tono di Kloi divenne improvvisamente ansioso, ma Mythel la rassicurò subito: "al ritorno passeremo di nuovo da te, d'accordo?" - "Mm... promesso?". Mythel annuì e così il resto del gruppo, persino Redsel che ben sapeva non sarebbe più tornato indietro. "Allora, prima che ve ne andiate, voglio darvi qualcosa di speciale che potrà tornarvi utile durante il viaggio" e detto ciò svanì nel retro della casa con un solo battito d'ali. Quando fece ritorno donò a ognuno di loro una candela diversa per forma e colore poi si congedò con un lieve inchino e, in un turbine di polvere fluorescente, scomparve senza più lasciar traccia di sé. Chissà a cosa sarebbero servite loro quelle piccole candele... Kloi non era sembrata - 97 dell'avviso di informarli in proposito, anzi, semmai l'esatto contrario. L'aveva fatto per gioco o per un motivo ben preciso? Nessuno avrebbe saputo rispondere a quella domanda perciò non restò loro altro da fare che congedarsi da quel luogo fatato e salire nuovamente sullo Iakes Eks' in direzione di Laserk, la loro ultima tappa. Asgar prese Mythel per mano mentre il treno ricominciava a muoversi, lasciandosi Kyassion alle spalle. 98 CAPITOLO VII Memorie di un Tempo Lontano Oscurità tutt’intorno, solo oscurità. Possibile che Laserk fosse una città priva di alcuna fonte di luce? Kloi già sapeva, ecco il senso di quel dono prima della loro partenza da Kyassion. Accesero le candele l’uno con l’altra, avvertendo un intenso odore di rugiada e terra bagnata propagarsi nell’aria, poi scesero dallo Iakes Eks’ in cerca di risposte. “Credo sia meglio spostarci in cerchio per evitare sgradevoli sorprese” suggerì Crimson non appena misero piede sul suolo levigato di quello strano luogo. Seguendo subito il suo consiglio, il gruppo iniziò a muoversi in direzione opposta a quella del treno. Sollevarono le candele, e fin dove la luce giungeva non si vedevano altre forme di vita oltre la loro, neppure l’ombra di un animale o di un fiore, solo cunicoli dalle infinite diramazioni come si trovassero all’interno di un labirinto di cui fosse impossibile conoscere la via d’uscita. “Così non arriveremo da nessuna parte!” affermò Redsel spazientito. - “E’ vero” - concordò Julv sedendosi in terra – “è meglio tornare indietro finché siamo in tempo”. Ma Hrist e Ardesia non furono d’accordo; tornare al treno non era un problema per loro, ricordavano la strada alla perfezione. “D’accordo allora, ma che senso ha proseguire?! Non c’è nulla qui eccetto noi, andare avanti senza sapere dove non ha senso” insistette Rev contrariata da quell’atmosfera spettrale. Tutt’a un tratto le fiamme delle candele presero a tremolare in modo convulso, lasciando tutti col fiato sospeso. “ Chi è là?” chiese Fulgor in tono imperioso, puntando arco e freccia in ogni direzione. - “Seguite il sentiero di specchi” rispose una 99 voce di rimando quasi provenisse dall’oltretomba. Asgar fece loro cenno di seguirlo nel percorso indicatogli senza mai lasciare la mano di Mythel. “Non temere, io e gli altri saremo sempre accanto a te”. Lei annuì, sentendosi più sicura di sé e intrecciò con forza le proprie dita alle sue. “Noi preferiamo restare qua, se non vi dispiace” asserì Katt determinata a non muoversi da lì neanche sotto tortura. - “Mah… come preferite, a dopo!” le salutò Asgar di spalle prima di intraprendere la strada che gli si presentava dinnanzi. - ”Io resterò con loro” li avvertì poi Redsel staccandosi dal resto del gruppo di punto in bianco senza aggiungere altro. - “Dobbiamo muoverci. Questo posto non mi piace affatto. Meglio usare le tue frecce, Fulgor, o non ne usciremo più”. Mythel fu d’accordo con Hrist e chiese ad Asgar di fermare il tempo in modo da evitare che il treno ripartisse senza di loro. Fulgor scagliò la prima freccia per vedere la fine di quel tunnel, ma sembrò perdersi nel vuoto. “Lasciate fare a me” disse Ardesia piegandosi in terra per annusare attentamente il percorso. - “Non credo ce ne sia più bisogno” la informò Asgar dopo qualche minuto. Sollevarono le candele dalla luce immutabile dinanzi a loro e quel che videro li lasciò senza parole. Il punto in cui erano giunti doveva essere il centro di Laserk, una sorta di piazza del mercato dai colori vividi e sgargianti dove si aggiravano uomini e donne dal volto mascherato in diverse forme. Sulla destra campeggiava un’epigrafe scolpita nella roccia che li informava di trovarsi a Laserk, nessun benvenuto però, solo il nome della città a lettere cubitali. “Sarà meglio lasciar tornare il tempo al suo naturale scorrimento” suggerì Mythel a quel punto, ansiosa di conoscere gli usi e i costumi di 100 quel luogo tanto bizzarro, quanto affascinante. Asgar assecondò la sua richiesta senza obiettare e tutto tornò a muoversi normalmente come nulla fosse. Un uomo dal volto mascherato in foggia d’orologio si avvicinò loro con lento incedere e passo levitante, quasi neppure toccasse terra, poi si fermò indicando Mythel. “Lei deve venire con me” disse. Ma né Asgar né gli altri furono d’accordo in proposito e si misero a scudo della loro creatrice. “Non senza di noi!” asserì Crimson in tono di sfida. L’uomo dal volto d’orologio tornò sui propri passi, svanendo tra la folla del mercato. Non una parola, non un solo cenno che lasciasse trasparire il suo pensiero, ma improvvisamente la musica che risuonava tra le parole dei venditori e quelle degli acquirenti cessò, tutto divenne immobile come se Asgar fosse intervenuto ancora una volta. Ma non era così… le maschere si voltarono contemporaneamente verso di loro poi si misero in ginocchio, chinando il capo. “Che significa? Perché si comportano così?” chiese Mythel stupefatta dinanzi a quello strano atteggiamento. - “Cosa volete da lei?” tuonò Fulgor perdendo del tutto la pazienza. - “La speranza” rispose l’uomo-orologio, riemergendo dalla folla. Nella mano guantata di sinistra stringeva una lanterna priva di luce con piccoli vetri smaltati, in quella di destra, la mano di una bambina col volto fasciato da un velo azzurro polvere. “Che vuol dire? Di quale speranza parlate?” chiese a quel punto Ardesia con fare indagatorio. La bambina si staccò dall’uomo-orologio, avvicinandosi a Mythel senza indugi e, prendendo poi una mano tra le sue, pallide e minute, la trascinò con sé verso la piccola lanterna. “E’ stata Kloi a darvi quelle candele, non è 101 così?” chiese una donna dal volto di cristallo alle loro spalle, sbucando da chissà dove. Mythel annuì e così fecero i suoi compagni non riuscendo però ancora a capire quale fosse il punto. “Lei è Lune, gemella di Kloi, la sola in grado di riportare la luce a Laserk perché l’unica fata a non aver subìto la mutazione della nuova razza. Ma è anche questo il motivo che fino a oggi le ha impedito di far tornare la nostra città allo splendore di un tempo, prima che gli elfi vampiri la distruggessero durante la notte tra le fiamme delle tenebre eterne. Lune fu mandata da Kloi per proteggerci e, quando comprese che il fuoco degli elfi vampiri non sarebbe mai stato spento con semplici incantesimi di elementi contrari, decise di assorbire quelle fiamme su di sé fino a che Laserk non smise di ardere, ma a caro prezzo…”. Mythel si inginocchiò al fianco di Lune con gli occhi offuscati dalle lacrime. “Cos’è avvenuto dopo?” domandò tra i singhiozzi, immaginando quale dolore avesse provato nel compiere un simile gesto. “Da allora i nostri corpi e i nostri volti, come i suoi del resto, hanno perso ogni definizione. Siamo solo dei mostri che vagano nell’oscurità perenne di questi cunicoli, emarginati per sempre da qualunque altra società del sottosuolo. La nostra unica speranza era che Kloi venisse un giorno a salvarci da questa condanna, ma Kyassion rischiò di subire il medesimo trattamento poche ore dopo e lei non poté far altro che inviarci messaggi di speranza telepatici fino ad oggi, quando ci ha informati del tuo arrivo” disse con voce tremante. “Kloi e Lune conoscono la tua essenza, dicono tu sia l’unica a poter finalmente far tornare Laserk allo splendore di un tempo e, noi, alla rinascita come esseri umani. Kloi ti ha dato la candela che ci ridarà la vita perciò ne abbiamo bisogno” soggiunse l’uomo-orologio, chiedendole poi di inserirla nella lanterna. “Ora allontanatevi e osservate il potere 102 della speranza” disse la donna-cristallo. Lune prese la lanterna e pronunciò parole sconosciute fino a quando la luce della candela non divenne talmente forte da divampare improvvisa su tutti gli abitanti di Laserk, abbagliando sia Mythel che gli altri. Fu allora che videro una sorta di arcobaleno tra le fiamme prima che si spegnessero sul nulla. Dov’erano finiti? In terra solo cenere ma… qualcosa sembrò muoversi sotto di essa e, lentamente, dei corpi riemersero emanando una luce accecante. Una fatina dai capelli fluenti e lunghissimi color del cielo volò loro incontro. “Lune!” esclamò Mythel incredula dinanzi a ciò cui aveva appena assistito. “Sì, proprio io. Grazie, grazie di cuore a tutti voi! E ora… che sia luce… per sempre!”. Gli abitanti di Laserk senza più maschere in volto osservarono rapiti il flusso luminoso che invadeva nuovamente i cunicoli della loro città fino al luogo in cui si trovavano ed esultarono di gioia, abbracciandosi l’un l’altro come non si vedessero da chissà quanti anni. E in un certo qual senso era davvero così… Mythel e i suoi compagni d’avventura risero felici nel osservare quel luogo risplendere di nuova vita, ma il lungo fischio del treno rammentò loro che era giunta l’ora della partenza per Kether, l’ultima tappa prima del rientro a Tefiros. “Addio amici e grazie!” li salutarono i laserkiani con sorrisi senza fine. Mythel e gli altri corsero indietro per raggiungere lo Iakes Eks’ dove certamente Redsel, Katt, Rev e Julv stavano aspettandoli impazientemente. Asgar avrebbe voluto fermare il tempo ancora una volta, ma Mythel glielo impedì… che senso aveva ormai? Il loro compito era stato portato a termine e nel viaggio di ritorno avrebbero avuto tutto il tempo che desideravano. 103 “Qui si conclude il nostro viaggio miei carissimi amici” disse Redsel in tono rassegnato prima di aggiungere:” mi mancherete tutti, ognuno di voi”. Allargò le braccia e lasciò che lo avvinghiassero da ogni parte, stringendosi a lui come al tronco di un albero. Infine giunse il momento in cui qualcuno venne a prelevare Redsel dal cancello della Kenson; un uomo alto e dal portamento elegante che si presentò come Suteki Mastery, direttore dell’Accademia Militare Strategica. Ma Mythel non parve dell’idea di lasciarlo andare tanto presto, restando l’unica ancora stretta abbracciata a lui. “Che c’è sorellina? Non vuoi farmi entrare alla Kenson?” le domandò in tono talmente dolce e affettuoso da spaccarle quasi il cuore a metà. “Eppure dovresti saperlo Myth: ognuno di noi deve avere la possibilità di realizzare i propri sogni” asserì poi sollevandole il viso verso di sé. “Sì, lo so, lo so” rispose mentre Asgar, Ardesia, Hrist, Fulgor e Crimson la osservavano con sguardi dolorosi, troppo dolorosi per ignorarli. Si allontanò da Redsel con delicatezza, sorrise e poi tornò tra i suoi fedeli compagni ai quali aveva dato vita. Loro erano il suo sogno da realizzare, come poteva ignorarli? Redsel sorrise con occhi tristi mentre lo salutavano ancora di spalle, allontanandosi da lui passo dopo passo senza più voltarsi indietro. Toccò a Hrist e Ardesia consolare le sue tre exsostenitrici in lacrime mentre tornavano alla stazione di Kether, ma le parole di Redsel erano giuste, dopotutto ognuno doveva seguire la propria strada nella vita se voleva realizzare i propri sogni. Anche Mythel era sul punto di riuscirci, mancava così poco all’arrivo di Deimos… Il percorso all’inverso dello Iakes Eks’ li riportò – dopo un breve giro di acquisti nella stazione 104 di Kether – tra i cunicoli luminosi di Laserk, lasciati solo qualche ora prima in preda alla ben comprensibile euforia dei suoi abitanti. Nell’accoglierli per la seconda volta, Lune li scortò sino ad una grotta di diamanti dove condivisero una suntuosa cena a base di verdure loro ignote sia per forma che per origine. Dopo il lungo abbraccio tra Mythel e Lune, ripartirono alla volta di Kyassion per ringraziare Kloi e portarle i preziosi saluti della gemella contenuti in una sfera di vetro azzurro. Sfera che lei lasciò cadere in terra per ascoltare le parole di Lune contenute al suo interno. Ma prima di risalire sullo Iakes Eks’ per raggiungere nuovamente la città di Vitria, Kloi informò Mythel che l’elfo vampiro colpito da Fulgor era ancora in vita e aveva ottenuto il rilascio grazie all’intervento di un essere superiore, forse uno degli angeli vampiri. Mythel si sentì sollevata nell’apprendere la notizia e, quando si ritrovò nel vagone insieme agli altri, tirò un grosso sospiro sedendosi al fianco di Asgar con il volto che emanava una radiosità contagiosa del tutto sconosciuta in lei fino ad allora. Intrecciò le dita con quelle dell’amico e così le lasciò anche una volta giunti a Vitria, dove li accolse nuovamente Virgil che confermò le parole di Kloi e li condusse a trascorrere la notte in una delle locande più antiche ed apprezzate dell’intera isola di Lunegarde, prima di tornare in superficie. Ardesia e Crimson divisero la loro stanza con Mythel per non lasciarla in una singola da sola, chiacchierando tutta la notte di quel viaggio meraviglioso ormai giunto al termine. Fu una lunga notte che però trascorse rapida come un fulmine risvegliandoli da sogni inquietanti e meravigliosi al tempo stesso e rimettendoli in viaggio per la loro Tefiros dalla neve eterna. 105 “Sei felice?”. Mythel si svegliò di soprassalto; si era appisolata sotto uno dei ciliegi cristallini mentre ripassava la lezione di storia di quel giorno. La domanda le ronzava ancora nella testa e non poté far altro che rifletterci su, decidendo che, sì, lo era ma… aveva la sensazione le mancasse effettivamente qualcosa. Risollevandosi dal morbido tappeto di muschio, ricoperto solo in parte dalla neve, si riassettò la divisa con le mani e decise di andare a cercare gli altri per un giro in città. Neanche finì di formulare quel pensiero però, che se li ritrovò tutti insieme radunati nel cortile dell’Aleksander come la stessero già attendendo. “Allora? Che si fa?” le chiese Crimson col suo solito modo di fare non appena la scorse. - “Vi Andrebbe di visitare la zona più commerciale di Tefiros? Io non ci sono mai stata…” - “cosa?!” esclamarono i suoi amici piuttosto sorpresi. - “Ma tu sei nata qui! Possibile tu non ci sia andata mai neppure una volta in tutta la tua vita?”, soggiunse Fulgor con espressione incredula. Mythel scosse energicamente il capo. “Beh… ragione di più per rimediare subito, non vi pare?” suggerì Ardesia, circondando le spalle della sua creatrice con un braccio. Tutti acconsentirono, sorridendole, e lei si sentì ancora una volta felice di averli al proprio fianco giorno dopo giorno in qualunque circostanza. Alzò lo sguardo colmo di gratitudine e incrociò quello di Asgar, infinitamente dolce, che la indusse a sorridergli d’istinto. “Quando sarai mia …”. Mythel ebbe un sussulto: ancora quella voce! Era quella del sogno fatto poco prima, ma non apparteneva a nessuno di loro. Si volse in cerca di aiuto da parte di Ardesia, ma l’amica la continuò a guardare come se niente 106 fosse e allora si convinse di averla solo immaginata perché altrimenti lei avrebbe captato di certo il suo turbamento in proposito. Evitò di pensarci e si andò a cambiare per uscire con tutti loro tra i negozi di Tefiros mentre la neve aveva ripreso a cadere e le strade andavano affollandosi col trascorrere del tempo. Ai lati del viale Katakai* vibravano le fiamme delle lanterne centenarie e le vetrine scintillavano di una luce azzurra molto intensa che le contraddistingueva da quelle del resto della città. Vetrine con abiti di ogni tipo provenienti dalle più famose accademie stilistiche, altre stracolme di libri d’arte e, qualcuna, di candele e spezie d’importazione, rarissime. Girarono fino a quando non sentirono i morsi della fame e decisero di fermarsi a mangiare in uno dei tanti locali della zona. Mythel sedette capotavola con al fianco Asgar da una parte e Crimson dall’altra. A metà cena sentì la mano di Asgar stringere la sua con più forza del solito e notò che anche lo sguardo non era lo stesso di alcune ore prima. E quando uscirono dal locale capì perché … “Voi andate pure avanti, noi passeremo dal corso della Yukilis. A più tardi” informò su due piedi il resto del gruppo per poi trascinarla via con sé nella notte. Non aveva neanche avuto il tempo di acconsentire, ma non le dispiacque più di tanto e lo seguì senza fiatare finché non si ritrovarono soli, fianco a fianco, sul ponte dal tetto traforato. “Che succede Asgar?”. Lui fissò le stelle sopra di loro e senza guardarla rispose: “volevo restare un po’ da solo con te”. Mythel sentì improvvisamente il proprio cuore accelerare i battiti come impazzito, ma non disse nulla, spostando anche lei lo sguardo sopra di loro. 107 “Sono innamorato di te mia creatrice” disse poi in tono deciso volgendo gli occhi su di lei e restando in attesa di una sua parola. Mythel osservò con attenzione i suoi capelli argentati sotto i raggi lunari e il volto dal profilo perfetto, chiedendosi se anche lei non si fosse per caso innamorata di lui. Era sicura le piacesse e sentiva di provare qualcosa di speciale quando gli stava accanto, ma come poteva dire con assoluta certezza che quello fosse amore? “Finalmente vi ho raggiunti!” esclamò Hrist comparendo di punto in bianco a metà del ponte. “Le lapidi di Aleksander e Galaksiel sul sentiero sono scomparse, completamente svanite nel nulla e, cosa ancor più strana, è che non vi è alcuna traccia siano state trafugate”. Asgar utilizzò i suoi poteri per attraversare le barriere spazio-temporali e raggiungere in meno di un secondo il punto esatto del Kareisty dove prima giacevano le lapidi. Gli altri erano già lì sotto le luci dei lampioni, silenziosi come le tombe ormai assenti, al cui posto si ergevano solo due rami intrecciati, ricoperti dal ghiaccio. Mythel avvertì la strana sensazione che quell’inspiegabile avvenimento avesse a che fare con l’arrivo di Deimos Alukar e perciò sorrise, pur non essendo in grado di comprendere in realtà quale legame vi fosse tra le due cose. Solo allora i suoi amici si resero conto che Deimos era effettivamente vicino, molto più vicino di quanto non avessero sperato. Ma persino a loro sfuggiva il senso di quel gesto da parte sua. “Sarà meglio rientrare per stasera” asserì Fulgor piuttosto infastidito da quei pensieri. Tutti accondiscesero alle sue parole e s’incamminarono in direzione dell’Aleksander, sapevano fin troppo bene che comunque non c‘era altra scelta. Mythel si volse un’ultima volta in direzione del Kareisty prima di varcare il portone e sentì 108 un’eccitazione incontenibile attraversarla come una scarica elettrica da capo a piedi. Deimos stava per raggiungerla… La fresca brezza del primo mattino accarezzò Tefiros al suo risveglio, lasciando il cielo terso e azzurro come in un giorno della Quinta Stagione. Crimson osservava dalla torre più alta dell’Aleksander la bianca Tefiros illuminata dal sole invernale, mentre Fulgor e Hrist cavalcavano attraverso i boschi e Ardesia tentava di insegnare alle sue ormai fedelissime sostenitrici il modo migliore per prendere un avversario in contropiede senza sbilanciarsi. Asgar la salutò in quel momento dal balcone della propria stanza con un cenno del capo, ma non le sorrise com’era solito fare ogni mattina, difatti il suo sguardo cupo sembrava quello di un cucciolo appena abbandonato. Non l’aveva mai visto così prima di allora e le fece davvero uno strano effetto. Poi vide anche lei, Mythel, che si dirigeva nuovamente verso il Kareisty con il cappuccio della mantella all’indietro e i corti capelli fulvi mossi dal vento che le schiaffeggiavano il viso di tanto in tanto. Quando oltrepassò il cancello del college però, la perse di vista e allora tornò a guardare sotto di sé, decidendo di raggiungere Ardesia e approfittare della situazione per esercitarsi con loro e sgranchirsi un po’ le ossa. No, non si era trattato di un sogno, le lapidi erano davvero scomparse. Ora, alla luce del giorno, ne aveva avuto la conferma definitiva. Eppure, chissà per quale motivo, al risveglio aveva sperato con tutto il proprio cuore fossero ancora lì. Posò una mano sui due rami intrecciati e socchiuse gli occhi, pregando che quello non fosse un infausto presagio. 109 D’un tratto avvertì il dorso della mano bruciarle come stesse prendendo fuoco e sgranò gli occhi sull’Eyowin che risplendeva di un bianco argentato, costringendola a richiuderli istintivamente. “La mia Mythel”. Quella voce… Deimos! “Sì, proprio io, ma non avevo intenzione di spaventarti, chiedo scusa” disse inchinandosi davanti a lei con espressione contrita. Era proprio lui in carne e ossa: gli occhi di un verde trasparente come le acque di un lago, i corti capelli viola e l’uniforme del medesimo colore dai bordi a scacchi bianchi e rossi dell’Aleksander… “Tutto bene mia creatrice?” chiese preoccupato chinandosi verso di lei per guardarla dritto in viso. Mythel arrossì di colpo e distolse lo sguardo sentendosi scavare nel più profondo dell’anima da quegli occhi penetranti. “Sì, sì, tutto a posto! E’ che non mi sembra ancora vero tu sia qui” - “mm, capisco” asserì con espressione semiseria. Perché continuava a starle così vicino? E perché aveva l’impressione che stesse prendendosi gioco di lei? Fece due passi indietro e tentò di comprendere cosa mai le stesse accadendo tutto d’un tratto. Sentiva la testa girare e il corpo tremare in modo convulso: non era affatto normale. Era attratta da lui indecentemente e lo temeva proprio per questo… non aveva mai provato nulla del genere in tutta la sua vita! Neanche al fianco di Asgar. “Dobbiamo tornare all’Aleksander per avvertire gli altri” - “dobbiamo?” le domandò perplesso. Ma che razza di personaggio aveva creato? Ma, soprattutto, perché aveva la netta sensazione che dal momento stesso in cui l’aveva incontrato, fosse lui ad avere il controllo delle sue emozioni e non viceversa? “Forse non sarei dovuto arrivare così 110 all’improvviso, scusami” disse voltandole le spalle per allontanarsi in direzione opposta a quella dell’Aleksander. “No, Deimos aspetta! Non è così, credimi!” e tentò di fermarlo, ma lui si girò proprio in quell’istante e Mythel perse l’equilibrio, vedendosi già stesa lunga in terra se non l’avessero sorretta in tempo le sue braccia. “Tutto a posto?” le domandò seriamente preoccupato. Lei si limitò ad annuire senza avere il coraggio di sollevare lo sguardo su di lui. Si vergognava da morire per quella figuraccia e temeva che Deimos avrebbe riso di lei, ma non fu così. L’aiutò a rialzarsi e, prendendole il mento tra le dita, la costrinse a guardarlo negli occhi. Mythel a quel punto divenne scarlatta e distolse subito lo sguardo dal suo così serio, gentile e al contempo così pericolosamente carico di fascino, ma di un fascino oscuro, avido e, nondimeno sensuale. “Guardami” le disse con fermezza. Lei scosse il capo, cercando nel frattempo di divincolarsi dalla morsa delle sue mani. Ma a quel punto Deimos l’attirò inaspettatamente verso sé con una forza inaudita e, mettendole una mano tra i capelli,la costrinse a fare come le aveva detto per poi impossessarsi della sua bocca senza tanti complimenti. Mythel si sentì di colpo trasportare in un mondo a lei del tutto sconosciuto, dove la realtà che la circondava perdeva ogni definizione e la propria mente era libera di perdersi. In lontananza udì però una voce chiamarla distintamente finché non comprese che si trattava di quella di Asgar. Riaprì gli occhi, ritrovandosi completamente sola sul sentiero, nel punto in cui sino ad un attimo prima Deimos la stava baciando. Sussultò a quel pensiero e di nuovo avvertì il sangue affluire al viso, stordendola. “Sapevo che eri qui” disse Asgar una volta che l’ebbe raggiunta. 111 Mythel annuì in silenzio, evitando di guardarlo in faccia. Le labbra ancora le dolevano per l’intensità di quel bacio e la tensione continuava a scorrerle nelle vene, sarebbe stato comunque del tutto inutile spiegare ad Asgar qualcosa che neppure lei riusciva a comprendere, perciò preferì tacere e incamminarsi nuovamente su per il sentiero del Kareisty. Ma Asgar non si lasciò trarre in inganno così facilmente e, trattenendola per un braccio, le domandò se le fosse accaduto qualcosa. Lei scosse energicamente il capo sebbene avrebbe di gran lunga preferito non tacergli la verità per alcun motivo poi, assalita dal senso di colpa, fu tentata di dirgliela ma lo sguardo intenso di Deimos glielo impedì, convincendola subito del contrario. Ricomparve dal nulla, fissandola con espressione cupa e, quando Asgar lo vide, sollevò un braccio per salutare entrambi senza dire una sola parola. Si allontanò verso l’Aleksander ad occhi socchiusi e Mythel sentì il cuore impazzire d’inquietudine dinanzi a quel suo atteggiamento tanto indifferente. - Che vuol dire? Cosa significa quello sguardo? – si domandò voltandosi verso di lui. “Deimos!” lo chiamò a gran voce, ma lui proseguì imperterrito varcando il cancello dell’Aleksander con passo deciso. In quel momento… se Asgar non fosse stato al suo fianco… “Lo avevi già incontrato, non è così Mythel?” le domandò cogliendola di sorpresa. - “Eh? Ah sì, poco fa… ma non ho avuto ancora modo di parlargli” mentì spudoratamente. - Non è da me comportarmi così. Cosa mi sta succedendo? – si chiese sentendosi un verme - Perché Deimos mi ha guardata in quel modo poi? Si è comportato come se ce l’avesse con me quando dovrebbe essere il contrario. Devo assolutamente parlare con lui! – decise ad un tratto. 112 - “Se vuoi andare va’ pure” le disse a quel punto Asgar in tono rassegnato. - “Scusami..” - “Non c’è problema, ma ti consiglio di stare attenta a Deimos: non fidarti troppo di lui” la mise in guardia prima di stringerla forte a sé senza alcun preavviso. Il cielo si oscurò di nubi rapidamente e un vento gelido sferzò il volto di Mythel come uno schiaffo, spingendola ad allontanarsi con estrema fermezza. Lo salutò e corse via in direzione del cancello, varcandolo in preda ad uno strano senso d’inquietudine mai provato prima. “Signor Henklod potrebbe dirmi in quale stanza dell’Aleksander alloggia Deimos Alukar?”. L’interpellato sgranò gli occhi, fissandola più che stupito poi, schiarendosi la voce disse: “nell’ala universitaria, la numero…”, controllò meglio sul registro e dichiarò solennemente: “la numero 6. Sì, sì, proprio così”. Ma quando risollevò lo sguardo, di Mythel non vi era già più alcuna traccia. Giunta dinanzi alla porta di Deimos, allungò una mano per bussare, sentendo il sangue pulsarle alle tempie incessantemente per la tensione e, sul punto di decidersi a farlo, la stessa si spalancò di colpo. Deimos la scrutò freddamente dal basso verso l’alto e, infine, le volse le spalle sul punto di chiuderle la porta in faccia. “Insomma, perché ti comporti così?!” gli chiese trattenendolo per una manica. - “Chissà! Forse perché sono solo geloso o forse perché mi hai ferito. Ora vattene per favore”. Mythel restò di sasso mentre il bracco le ricadeva senza vita lungo un fianco. “Non capisci, eh? Vederti con Asgar sul punto di parlargli di noi non mi ha fatto per nulla piacere. Dopotutto… io ti ho sempre amato, Mythel”. Lo sguardo con cui le rivolse quelle parole la lasciò in balia di un turbine di emozioni 113 contrastanti tanto da farle girare la testa. Deimos l’amava? E da quando? Era per questo che l’aveva baciata poco prima? Dopo una confessione del genere come doveva comportarsi con lui? Le tornò alla mente l’avvertimento di Asgar, ma non ebbe modo di rifletterci ché Deimos le disse: “se ti fidi più di lui, allora puoi anche andare”. Se l’avesse trapassata una lama affilata in quell’istante avrebbe di certo provato meno dolore… La ferita che si aprì nell’animo della giovane Mythel fu talmente profonda e intensa da costringerla a reagire con violenza per la prima volta in vita sua. “Con quale diritto mi tratti così?! Hai dimenticato a chi devi la tua esistenza?”. Deimos la trascinò di colpo dentro la stanza, sbattendo la porta dietro di loro. Mythel lo fissò per un attimo che parve interminabile con puro timore: era davvero quella la natura del suo personaggio principale? Colui che tanto aveva atteso? Lo vide farsi più vicino a lei con la solita espressione impassibile, carezzarle la nuca con una mano e poi dirle come nulla fosse: “ascoltami, se vuoi che io svanisca… basterà desiderarlo ma, se non è così, allora dovrai imparare ad accettare anche il mio lato oscuro. Quindi ora dimmi: cosa intendi fare?”. Al solo pensiero che non l’avrebbe mai più rivisto in carne e ossa come in quel preciso istante la fece sentire nuovamente fragile, in procinto di scoppiare in lacrime da un momento all’altro. “No, desidero che tu rimanga accanto a me perché voglio conoscere la tua vera essenza” - “intendi forse… più da vicino?” le chiese sorridendo maliziosamente. Mythel si rese conto di trovarsi nella gabbia del leone e, scotendo nervosamente la testa, si voltò per dirigersi a passo spedito verso la porta, ma Deimos glielo impedì, avvinghiandola a sé con 114 entrambe le braccia. Avvertì la sua totale fisicità scontrarsi rudemente con la propria, cosciente all’improvviso del fatto che lui fosse un uomo a tutti gli effetti. Ma, stranamente, Mythel non tentò neppure di divincolarsi, anzi… lasciò ricadere il capo all'indietro sul suo petto con un sospiro mentre una mano di Deimos scendeva ad accarezzarle un seno con delicatezza, scivolando fino al ventre dove lei avvertì sprigionarsi un gran calore mai provato prima. "Cosa...?" - "Ssh" la zittì subito Deimos tornando con la mano verso l'alto per scostarle i capelli da un lato e, in seguito, posarle sul collo piccoli morsi senza fine. I brividi di quell'intenso e del tutto sconosciuto piacere attraversarono il corpo di Mythel, urlandole disperatamente il loro incontenibile desiderio di essere portati all'apice. "Sei tu che mi appartieni, ricordalo" affermò poi in un sussurro. L'incantesimo si spezzò. Mythel tentò subito di divincolarsi, ma fu lo stesso Deimos a lasciarla di colpo libera, aggiungendo: "e ora puoi anche andare, se vuoi". Non se lo fece ripetere due volte. Fuori nel corridoio però, Mythel eruppe in singhiozzi tra le lacrime fino ad allora trattenute, sentendosi tremendamente stupida per non essere stata capace di tenergli testa e rimetterlo al suo posto. Perché?! Perché non c'era riuscita? Possibile che Deimos avesse un tale potere su di lei? Barcollò fino al portone dove trovò Asgar ad attenderla. Senza dire una parola, le asciugò le lacrime con un dito, carezzandole la nuca. Quando Mythel si fu calmata almeno un po', Asgar le fece cenno di seguirlo. "Devo mostrarti una cosa". Il tono con cui le si rivolse non lasciava 115 presagire nulla di buono, ma non si tirò indietro e si mise al suo fianco in assoluto silenzio per essere teleportata chissà dove. La prima cosa che vide non appena ebbe riaperto gli occhi furono però le lapidi di Aleksander e Galaksiel di cui non si aveva più traccia. Subito volse lo sguardo interrogativo verso Asgar, rendendosi poi conto del luogo in cui si trovavano. "Non sembra strano anche a te, Mythel?". Lei non seppe cosa rispondere perché lei per prima non era assolutamente in grado di comprendere il senso di quell'evento. "Sono convinto che tutto questo abbia a che fare con l'arrivo di Deimos" asserì poi inginocchiandosi dinanzi alle lapidi tra la neve. Erano all'interno del bosco, dove veniva celebrata la Snohanen, ma Mythel non riusciva proprio a capire quale legame potesse esistere tra Deimos e quel luogo... almeno fino a quando Asgar non le fece notare che quello in cui si trovavano non era un punto qualunque. E solo allora Mythel capì. Quegli alberi che sembravano circondarli, la forma dei tronchi e il protendersi dei rami ghiacciati... era la stessa radura dove lei aveva espresso il suo desiderio, dove l'Eyowin si era materializzato sul dorso della sua mano: come aveva potuto dimenticarlo? "Deimos ci nasconde qualcosa, ne sono certo. Anche gli altri hanno dei sospetti, ma nessuno ha il coraggio di affrontarlo apertamente. L'unica in grado di scoprire la verità sei solo tu, Mythel, sai bene che per noi è del tutto impossibile competere con Deimos" asserì Asgar nel risollevarsi da terra e voltandosi a guardarla con espressione sofferta. Mythel comprese in quel momento che se Deimos era quel che era non doveva biasimare altri che se stessa. Averlo reso invincibile forse poteva non essere stata la scelta migliore... "Non so cos'abbia in mente Deimos, ma riuscirò a scoprirlo in un modo o nell'altro, te lo 116 prometto". Ma in realtà la sola idea di affrontarlo nuovamente non allettava neppure lei, anzi, la spaventava a morte perché sapeva fin troppo bene che mettere a tacere le proprie emozioni sarebbe stato del tutto inutile. Asgar la osservò mentre si allontanava da lui a testa china senza neanche un cenno di saluto poi, di colpo decise di fermarla, ma qualcosa glielo impedì. Fu come se la neve si fosse improvvisamente tramutata in una morsa di ghiaccio, fondendosi irrimediabilmente col resto del suo corpo, rendendo persino inutilizzabili i poteri di cui era dotato. Sollevò lo sguardo e la vide svanire dietro la piccola cancellata del bosco... Deimos era sicuramente nei paraggi. "Perché devi deludermi in questo modo?". Mythel se lo ritrovò dietro il tronco di un pesco al margine del sentiero a braccia conserte e con espressione seccata. Presa in contropiede, cercò subito le parole adatte per rispondergli per le rime, ma quando incrociò il suo sguardo non poté far altro che tacere, arrossendo violentemente. "Il tuo comportamento è del tutto inaccettabile per quel che mi riguarda. So fin troppo bene cosa provi per me, inutile negarlo, ti pare?" tagliò corto. Lei però non volle darsi per vinta e si sforzò di reagire per venire a capo della verità. "Qual'è il tuo segreto Deimos? Cosa ti lega a quelle tombe?" - "Ancora?!" tuonò infuriandosi di colpo, "dubiti ancora di me? Perché Mythel? Non ti rendi conto che ti amo davvero? Dimmi tu la verità: cosa provi per Asgar?". Tremante di paura e di attrazione convulsa, balbettò qualcosa di incomprensibile, evitando il suo sguardo furente. 117 Ma fu quel suo modo di fare a istigare ulteriormente Deimos e spingerlo ad assalirla. Mythel finì tra la neve sotto di lui, ricoperta dal suo corpo che la imprigionava tenacemente senza alcuna probabilità di fuga. "Perché non vuoi ammettere di amarmi?" le chiese con voce roca, restando immobile. Le lacrime bruciavano scendendole sul viso, ma il suo cuore ardeva molto di più e non era facile dire a Deimos che era nel giusto, non lo era affatto. "... Non piangere. Non sono venuto qui nel tuo mondo per vederti piangere, dovresti saperlo" le sussurrò baciandole via le lacrime una ad una fino alle labbra socchiuse che assaggiò con la punta della lingua. - "Sì... lo so". Quelle parole di assenso le uscirono di bocca senza quasi accorgersene, ma era la pura verità e, anche se stava tremando come una foglia sotto di lui, chiuse gli occhi e abbracciò Deimos intorno al collo, premendo il viso contro il suo petto. "Non ti farò del male, te lo prometto. Ma tu devi credere in me". Mythel annuì e decise di smettere di temerlo perché in fondo al proprio cuore già sapeva - e aveva sempre saputo - che non c'era motivo di farlo. L'aiutò a rialzarsi e, prendendola per mano, fecero ritorno all'Aleksander. "Allora è davvero qui? Non era solo una mia impressione" disse Ardesia posando la tazza di cappuccino ancora fumante sul tavolo della mensa studentesca. Asgar si limitò ad annuire mentre tutti gli altri restavano avvolti in un silenzio di pietra. "E da quello che ci hai raccontato devo dedurre che voglia quindi tenerci lontani da Mythel..." indagò Ardesia colpendo nel segno. - "Esatto, questo è ciò che penso" confermò allora Asgar, sentendosi però a disagio. Il silenzio perdurò e una volta terminato il 118 pranzo - rivelatosi piuttosto amaro in quella giornata invernale -, ognuno di loro si alzò con espressione accigliata e uscì nel cortile del college per capire in che modo avrebbero dovuto comportarsi. E fu proprio allora che lo videro arrivare al fianco di Mythel con la consueta aria di sufficienza e lo sguardo sornione. Crimson gli puntò subito contro l'alabarda dicendo: "non so quali siano i tuoi piani e francamente neanche m'interessa saperlo, ma se hai intenzione di allontanarci da Mythel, tieni bene a mente che non te lo permetteremo mai. Lei è la nostra creatrice e ci ha voluti qui con sé proprio come ha voluto te, noi siamo ormai parte della sua vita e tu non hai alcun diritto di volerla solo per te, sono stata chiara?". Deimos ascoltò imperturbabile il suo discorso e infine esplose in una fragorosa risata. "Cos'hai da ridere?!" l'aggredì Fulgor andando su tutte le furie. - "Niente..." rispose sollevando un sopracciglio con aria sorpresa, "sono solo felice per la calorosa accoglienza. Ma non capisco il senso delle parole di Crimson. Non ho mai avuto intenzione di fare nulla del genere; Mythel fa parte di ognuno di noi, come ha appena detto lei. Penso non dovreste fidarvi troppo delle apparenze e neanche dei discorsi di un innamorato reso cieco dai suoi stessi sentimenti". Asgar tacque, sfidando Deimos con lo sguardo che, al contrario, gli sorrise senza alcun preavviso. Doveva interpretarlo come un gesto di superiorità oppure...? Non riusciva a capirlo ma, dopotutto, nessuno ne era mai stato in grado. L'atteggiamento di Deimos e il suo pensiero erano sempre stati un enigma per chiunque e non c'era quindi da stupirsi che anche ora fosse così. "Finalmente siete tutti qui, questo è ciò che più conta per me, dovreste saperlo" affermò Mythel a quel punto con le lacrime agli occhi. 119 Fu allora, e soltanto allora, che Asgar e gli altri si resero conto di quanto avessero sbagliato a comportarsi in maniera tanto aggressiva, dando per scontato che Deimos nascondesse loro chissà che cosa, ma era stato un loro dubbio o di Mythel in realtà? Decisero di non pensarci più e di riunirsi tutt'attorno alla loro creatrice per dare il benvenuto al tanto atteso e temuto personaggio chiave di Felonhar No Shi. Dopotutto quel che più contava era che Mythel fosse felice di averli accanto a sé per sempre... "Stasera andremo in centro per cenare insieme, siete d'accordo?" - "Sì, certamente!" assentì una voce nota alle loro spalle. E di altri non poteva trattarsi che della bionda Rev con al fianco le sue due inseparabili compagne. "Inoltre il Pivot ha deciso di dare il benvenuto alla Snohanen di quest'anno con una speciale serata in maschera a tema" precisò Katt più che entusiasta dell'idea, mangiandosi Deimos con gli occhi. - "Davvero? E quale sarebbe?" chiese Ardesia in tono rassegnato. Ormai avere a che fare con quelle tre “ pedinatrici ficcanaso” era diventata un'abitudine... Mythel, eccitata come una bambina, restò in attesa di una risposta che Julv non tardò a fornire, lasciando tutti loro a bocca aperta. Strano che un sogno da sempre desiderato si realizzasse in modo così casuale... ma si trattava poi davvero di un caso o forse no? Mythel non riusciva ancora a credere possibile di avere indosso un abito del genere. S'infilò il lungo cappello a punta color indaco sul capo e, presa la bacchetta che le porgeva Crimson, si guardò nello specchio della stanza con aria terribilmente seria. Sembrava proprio una maga non c'era che dire! 120 Poi Ardesia le sorrise nel suo abito nero da strega e lei fece altrettanto mentre Crimson apriva loro la porta per raggiungere gli altri al Pivot. Ma nel scendere le scale, Mythel ricordò di aver dimenticato il sacchetto di stelline argentate e corse indietro per prenderlo. Che maga sarebbe stata senza? Ridendo di gusto, Crimson e Ardesia le gridarono di sbrigarsi. Quando rientrò nella stanza però ebbe uno strano presentimento vedendo nuovamente la propria immagine riflessa. Come se per un attimo avesse scorto un viso diverso dal suo che le era comunque parso familiare. Ci rise su e con il sacchetto tra le mani tornò dalle sue amiche per salire sull'Over Ekspress e raggiungere il Pivot, dove avrebbero trascorso una serata all'insegna del divertimento e della magia. Dinanzi all'ingresso trovarono Hrist ad attenderle, tra lanterne a forma di luna ed altre di zucca ma, quando Mythel chiese di Deimos, lui non poté far altro che stringersi nelle spalle, restando in silenzio. "Arriverà più tardi, vedrai Myth, non temere" la rassicurò Ardesia con dolcezza. Lei annuì ed entrò con loro nel locale immerso nell'oscurità tranne che per alcune candele accese sui tavoli della sala affollata. Al tavolo prenotato già li attendevano Rev, Katt e Julv insieme a Fulgor, ma di Deimos non vi era effettivamente nessuna traccia. Mythel sospirò, chiedendosi che fine avessero fatto lui e Asgar, pensando subito al peggio. Ma proprio allora li vide entrare nella sala fianco a fianco senza più percepire alcuna tensione tra loro. Di certo si erano chiariti, pensò con sollievo. La salutarono, raggiungendola al tavolo, con un bacio l'uno per ogni guancia che la fece arrossire nella penombra del Pivot come una ciliegia matura e, infine, la cena ebbe inizio. I tavoli, su cui di solito comparivano solamente 121 sottobicchieri e posacenere, erano stati decorati con tovagliette nere dai ricami fosforescenti. Il cibo che venne servito si rivelò ottimo sotto ogni punto di vista e, in attesa del dolce di mezzanotte, si esibì a sorpresa il gruppo dei Gust, il preferito di Mythel. Quando sul palco del Pivot apparve Korn Krissel Blaze, sentì il proprio cuore esplodere di gioia. La commozione che provò in quel momento, circondata da tutti i suoi personaggi in perfetta armonia tra loro, superò persino lo stupore, sorridendo con gli occhi lucidi mentre Deimos la fissava di un'intensità quasi spaventosa. La desiderava, Mythel lo aveva capito fin troppo bene, ma in modo assoluto ed era questo a spaventarla davvero. Anche se lo amava, temeva di non essere ancora pronta per un passo del genere e che avrebbe finito col sentirsi in colpa per averlo comunque fatto. Poi lui le sorrise e allora le sue paure si sgretolarono di colpo, tramutandosi nuovamente in speranza e fiducia. Le prime note di Fears and Desires afferrarono subito il suo animo intorpidito, portandolo al risveglio e trascinandolo in un vortice di emozioni contrastanti. Deimos la osservò di sottecchi, divorandola con lo sguardo e pregustando il momento in cui sarebbe stata sua... per sempre. Ma le parole della ballata dei Gust attrassero inevitabilmente anche lui, oltre al resto degli spettatori nel locale e le ascoltò attentamente sino alla fine. Open your eyes, candles everywhere shadows on the bed and desire in my head come to me babe, I need to lose myself looking all the time at you and forget the world around Fears and desires scare me when you close that door 122 I try to escape again 'cause you will punish me and with love possess me everytime you want My body is full of all your love for me gyve around my hands and shivers through the skin Look at me babe, I'm a slave for you feeling only alive when I let you touch me as you can do Fears and desires scare me when you close that door I try to escape again 'cause you will punish me everytime you want Gli applausi e le grida di apprezzamento si levarono impetuosi fino in strada, oltrepassando le pesanti porte del Pivot come le acque di un fiume in piena. "Come?! Davvero siederanno a cenare qui con noi?" esclamò Mythel quando Hrist la informò che l'intero gruppo dei Gust si sarebbe unito al loro. Deimos la squadrò per traverso: cos'era tutto quell'entusiasmo? "Ricorda che entro l'una dobbiamo rientrare all'Aleksander" le fece presente nel tentativo di avere nuovamente tutta la sua attenzione. Ma proprio allora li raggiunsero i componenti dei Gust: il cantautore e chitarrista Korn Krissel Blaze, la bassista e cantante Kirei Kaulik e il batterista Uriel Danarc. Gli occhi di Mythel lo fissarono per una frazione di secondo come fosse diventato trasparente tutt'ad un tratto poi, fece un cenno di assenso e mandò giù un altro sorso di vino alle viole. "Non ne starai bevendo un po' troppo?" le chiese in tono di rimprovero. - "Perché? Non mi sento male, anzi, sto benissimo" rispose con le guance arrossate. - "Mm... se lo dici tu. Comunque è meglio 123 uscire un attimo per prendere una boccata d'aria” - "ma proprio ora?!" si lamentò Mythel ben poco entusiasta dell'idea. Deimos si alzò in piedi senza aggiungere altro in attesa che lei facesse lo stesso. Capì di non avere altra scelta e, dopo aver gettato un'ultima malinconica occhiata verso il tavolo, si allontanò con lui fuori dal locale. La neve fredda della notte le si posò su una guancia, rinfrescandola; la sensazione che ne derivò le fece chiudere gli occhi e assaporare il silenzio della via deserta in completa sintonia con essa finché non avvertì il calore delle labbra di Deimos contro le sue e un brivido di piacere l'attraversò da capo a piedi. "Io torno al college. Ci vediamo domani, d'accordo?" le disse di punto in bianco. - "Ma come?! Non vuoi restare ancora un po'?" - "Meglio di no. Buonanotte" rispose facendole l'occhietto. Mythel si sentì d'improvviso abbandonata a se stessa e lo guardò allontanarsi sotto la neve avvolto nel mantello da druida. "Aspetta! Deimos, aspetta, vengo con te!" lo richiamò correndogli dietro per fermarlo. Deimos si voltò con espressione indecifrabile. "Beh? Che ti è preso? Non volevi restare al Pivot?" - "Sì, ma... senza di te non sarebbe la stessa cosa". L'imbarazzo dopo aver pronunciato quella frase la spinse ad abbassare la testa in attesa che Deimos dicesse qualcosa anziché fissarla in modo tanto intenso. La risata sommessa con cui l'accolse sotto il suo mantello fu comunque abbastanza soddisfacente e, insieme, fecero ritorno all'Aleksander senza dire altro. "E Mythel?" domandò Crimson a Fulgor quando rientrò nel locale. - "Deimos deve averla riaccompagnata al college. Forse non si sentiva molto bene" 124 suppose tornando a sedersi accanto a lei. - "Già... o forse voleva semplicemente restare da sola con lui" soggiunse Asgar con aria abbattuta. Ardesia e Hrist lo scrutarono dispiaciuti, sapendo che comunque nulla avrebbe potuto risollevarlo da quello stato, tanto meno il parlarne. Allo scoccare della mezzanotte arrivò infine il momento di gustare il dolce che rivelò avere la stessa forma dell'Eyowin. Un'altra coincidenza? Nessuno di loro disse nulla in proposito e mangiò la sua fetta di dolce con un lieve senso di malinconia. Subito dopo i Gust salirono di nuovo sul palco per chiudere la magica serata con un'altra canzone e salutare la città di Tefiros. Deimos continuò a tacere fino a quando non giunsero davanti al portone d'ingresso. "Vieni a dormire da me?". Mythel ebbe un sussulto improvviso a quella proposta cui non seppe proprio cosa rispondere. Quali erano le sue intenzioni? Di certo non le sarebbe più saltato addosso come quella mattina... ma d'altro canto era pur sempre un uomo e chissà cosa poteva passargli per la testa avendola sotto le coperte! "Va bene, non fa niente... ti riaccompagno nella tua stanza e poi tolgo il disturbo" - No, non è questo che voglio! - pensò affranta. "Davvero?! Allora andiamo da me, su sbrigati" le ordinò con una lieve pacca sul fondoschiena che la lasciò ancora una volta senza parole. Le aveva letto nel pensiero proprio come sapeva fare in Felonhar No Shi però... così non era molto corretto da parte sua! Eppure non poteva sentirsi davvero arrabbiata con lui per averlo fatto perché in realtà ne era felice. Lo seguì fin dentro la stanza in preda alla voglia di essere ancora baciata da lui e avvolta dalle sue braccia, e fu ciò che avvenne non appena la 125 porta si richiuse dietro di lei, trovandocisi premuta contro dal suo corpo. "E adesso va' a cambiarti. In bagno c'è la maglietta sportiva del college, puoi metterti quella per dormire" - "sì" rispose correndo a svestirsi. Una volta tolto l'abito da maga si osservò nuda nello specchio, arrossendo al pensiero di quel che forse sarebbe accaduto di lì a breve con indosso quella maglietta così grande per lei... "Mythel! Non vorrai mica dormire lì dentro, vero?" le chiese da dietro la porta in tono spazientito. - "No, no! Eccomi!" lo rassicurò uscendo subito dopo. Lo trovò seduto sul letto ad attenderla in boxer e canotta grigio-blu, i capelli scompigliati con una strana espressione dipinta sul volto. Lei rimase immobile dov'era, sentendo il suo sguardo scorrere lungo le gambe snelle fino al suo volto in fiamme. "Vieni a letto, su" le disse con voce vellutata. Passo dopo passo riuscì finalmente ad avvicinarsi a lui, infilandosi in tutta fretta sotto il caldo piumone multicolore. Deimos sorrise e le accarezzò la nuca con dolcezza infinita, poi si alzò e svanì in bagno a sua volta. Mythel avvertì lo scrosciare dell'acqua nella doccia e immaginò il corpo di Deimos, nudo e bagnato, stretto al suo come quel mattino sulla neve, provando quell'eccitazione incontenibile che solo lui era in grado di risvegliare. Quel rumore accompagnò gentilmente i suoi pensieri fino a che non si addormentò, dimenticando del tutto dove si trovasse. "Mythel?". Qualcuno la stava chiamando, ma sembrava essere così lontano! Da dove proveniva quella voce? "Mythel, vuoi lasciarmi dormire e smettere di stuzzicarmi?". Aprì gli occhi di colpo, ritrovandosi a pochi centimetri da Deimos, avvinghiata a lui con una mano sotto la sua canotta. 126 - Ma che stavo facendo?! - si chiese sul punto di allontanarsi. "No, non muoverti, ormai e troppo tardi" le fece notare Deimos spostando la sua mano verso il basso. Capì che aveva ragione pur non ritenendosi una grande esperta nel campo e tentò di ritrarla immediatamente, ma senza alcun successo. Ormai era davvero troppo tardi... Le labbra di Deimos sfiorarono prima la pelle del suo collo mentre una mano le si insinuava tra le gambe e poi più su, fino a sollevarle la maglietta e baciarle i seni turgidi, stuzzicando con la punta della lingua entrambe i capezzoli. Si stava perdendo in lui e voleva essere sua in ogni senso, ma un pensiero la sfiorò, improvviso come un fulmine a ciel sereno: cosa avrebbe perso donandogli tutta se stessa? A cosa avrebbe dovuto dire addio? Il dolore che la colpì quando lo sentì spingere contro di lei la riportò bruscamente a concentrarsi su quel che stava per avvenire. "Ti sto facendo male?" - "Un po'..." rispose con voce tremula. - "ma tu mi vuoi, non è così?". Mythel sussurrò un sì appena percettibile e Deimos le diede un bacio da togliere il fiato che sciolse ogni tensione residua, liberandole la mente e lasciando che lui entrasse finalmente in lei. Le lacrime di dolore si tramutarono lentamente in puro piacere finché Mythel non fu più in grado di distinguere dove finisse il suo corpo e iniziasse quello di Deimos. Lo strinse forte a sé, felice come non mai e, ansimando, spinta dopo spinta sotto di lui, raggiunsero il culmine del piacere. In lontananza le sembrò di udire l'ululato di Ardesia perdersi nella notte e solo quando le braccia di Deimos l'ebbero avvolta con tutto il loro calore lei si sentì davvero al sicuro. Il sonno le diede il suo benvenuto e ogni pensiero seguì una diversa direzione, facendole perdere qualunque legame con il resto del mondo. 127 Si svegliò di soprassalto e percepì che qualcosa era cambiato. Innanzi tutto... dov'era Deimos? Scese dal letto e perlustrò il resto della stanza nella speranza di trovarlo e dargli il buongiorno, ma niente da fare. Perché si era alzato senza di lei? Vide la propria divisa appesa alla finestra e, indossandola, notò che le aderiva perfettamente in ogni parte del corpo. L'abbottonò e i capelli le sfiorarono la schiena nuda. Ma da quando erano divenuti così lunghi? Sollevò lo sguardo sulle vetrate di fronte a sé e restò senza fiato: chi era la giovane donna che vi era riflessa? Così sinuosa, alta, dai lunghissimi capelli e il volto elegante? Si avvicinò tremante all'immagine e comprese di essere proprio lei. D'istinto guardò sul dorso della mano e vide che l'Eyowin era del tutto scomparso, svanito nel nulla senza lasciare alcuna traccia. Mythel iniziò a capire cosa potesse essere successo durante la notte e si catapultò fuori da quella stanza, in cerca di Ardesia o chiunque altro fosse in grado di fornirle una spiegazione plausibile. Una volta raggiunta la sala della mensa, vide Rev andarle incontro e augurarle il buongiorno chiamandola persino per nome come se nulla fosse. Ma che stava succedendo?! "Hai visto Ardesia per caso?" le domandò temendo la risposta. Rev la guardò con aria interrogativa. "Chi stai cercando?" - "Ardesia, Ardesia Fenrir" rispose sempre più in ansia. La vide scuotere la testa e sorridere prima di chiederle: "cos'è? Uno scherzo? Credi forse che non ricordi i nomi dei personaggi del tuo racconto dopo averlo letto chissà quante volte in questi 128 anni?". - Anni?! - pensò Mythel confusa e sconvolta al tempo stesso. E finalmente le fu chiara ogni cosa... ma non riuscì ad accettare il fatto che si fosse trattato solo di un sogno. Si scusò con Rev e uscì dal college per dirigersi come una furia verso il bosco della Snohanen in cerca di risposte, contravvenendo alle regole. Le lapidi erano di nuovo scomparse ma, improvvisamente, una bellissima coppia si materializzò, ergendosi dalla neve in terra. "Mythel Eis, stavamo aspettandoti. Siamo qui per ringraziarti. Ora che finalmente le nostre anime si sono ricongiunte, la Snohanen non ha più motivo di esistere" e, detto ciò, Aleksander e Galaksiel si dissolsero in una fresca e bianca nebbia. A quel punto Mythel si rese conto che se lei era divenuta una donna, lo era proprio grazie ai suoi personaggi e, in particolar modo, a Deimos. Si erano sacrificati per lei, ma non poteva e non voleva accettarlo. Le lacrime rigarono il suo viso e a pugni stretti per la disperazione insopportabile gridò: "non a questo prezzo però! Non... a questo prezzo!". Ognuno di loro faceva ormai parte di lei in tutto e per tutto, non esisteva altra spiegazione. L'unico modo per sentirli ancora accanto a sé era quello di scrivere una nuova storia, una in cui lei in persona stavolta sarebbe stata protagonista assieme a Deimos... I mesi passarono e nelle vetrine di Tefiros scintillava sotto le luci della sera il nuovo libro di Mythel Eis intitolato: Kilys. Era il due di novembre e la neve scendeva più fitta del solito sulla città, ma ciò non impedì a centinaia di persone di raggiungere la libreria Angolo 21, dove l'autrice firmava da oltre un'ora e mezza dediche con autografi per ogni suo fanatico lettore. Sollevava lo sguardo di tanto in tanto verso 129 l'orologio accanto all'uscita, sperando di poter presto tornare a casa e iniziare a preparare i bagagli per il lungo viaggio sulla città itinerante di Windroze che aveva deciso d'intraprendere. Ma d'un tratto scorse qualcuno identico a Deimos varcare la soglia della libreria e uscire, pur sapendo che era una follia, lasciò tutto e corse fuori per raggiungerlo. Si guardò attorno e lo vide salire sul corso della Yukilis. Col fiato corto, tentò di chiamarlo, ma dalle sue labbra non uscì nulla. Riprese a correre e ad un certo punto sentì una voce familiare alle sue spalle chiedere: "Myth, dove vai a quest'ora della sera?". Si voltò di colpo e li vide tutti lì, dinanzi a sé mentre le sorridevano, andandole incontro per abbracciarla. "Siete… davvero qui!" - esclamò incredula e al colmo della felicità - "Ma come è possibile?" - "Devi chiederlo a lui" le rispose Asgar indicando Deimos alle sue spalle. Mythel restò in attesa di una spiegazione: era ancora molto arrabbiata con lui per non averle mai detto la verità ed essere scomparso dalla notte al giorno in quel modo. "Dopo che Aleksander aveva realizzato il tuo desiderio, io decisi di ricambiarlo e ritrovare il corpo della sua amata Galaksiel, chiedendo però di realizzare anche il mio e cioè quello di averti accanto a tutti noi per sempre". Mythel avvertì il grande amore che li legava a lei e comprese che ora il suo più immenso desiderio era quello di vivere con loro in eterno, ma nel mondo da lei creato e non più Iakes perché questo era sempre stato il sogno da realizzare. L'Eyowin tornò a risplendere sul dorso della sua mano in una miriade di colori e lei svanì al loro fianco dalla bianca Tefiros attraverso una luce sfolgorante, quella di una nuova vita da iniziare e non più da scrivere. Fine 130 Glossario dei Nomi Presenti in Deimos Wing: Personaggi Agris Kannor > amazzone arciera al servizio della corte imperiale di Aleksander Sekyen Aleksander Sekyen > imperatore del regno di Tefiros. Cognome formato dal giapponese "sekihen", cioè "fiocco di neve". Arbel Kansin > costruttore galatense dell'Ismeiros, il labirinto di ghiaccio situato all'interno del Giardino Galatense di Tefiros. Cognome dal giapponese "kanshin", interesse. Ardesia Fenrir > donna-lupo il cui nome deriva dalla parola "ardesia", cioè il materiale grigio-blu utilizzato per tetti, gradinate e selciati + "Fenrir", nome del leggendario lupo al fianco del temibile dio nordico Odino. Arson Tiff > studente dell'Aleksander College, rivale di Redsel Avalon nonché figlio del proprietario dell'accademia teatrale Pikke Station di Rubia. Arten Matia Eis > Nome della madre di Mythel. Il nome deriva dal tedesco "arten", di carattere e dal greco “matia”, sguardo. Asgar Furlok > sovvertitore spazio-temporale il cui nome deriva da "Askar", tratto dalla serie tv de "I Cavalieri dello Zodiaco" + "furl" e "lock", cioè il serrare le vele. Crimson Valo > evocatrice di draghi il cui nome deriva da "crimson", cremisi + "valor", coraggio. Danthys > unicorno leggendario la cui statua è posta al centro della Piazza delle Fate di Tefiros. Deimos Alukar > nobile guerriero sanguemisto il cui nome deriva da "Deimos", cioè terrore, nome del dio nato da Venere e Marte + "Alucard", nome del protagonista vampiro del videogioco di Castlevania Simphony of the Night. Deliter Mazu > lanciere al servizio della corte imperiale Fulgor Kamlot > arciere alquanto abile il cui nome deriva da "fulgor”, folgore - lampo + "Camelot", regno di Re Artù. Galaksiel Kuryou > principessa promessa sposa 131 di Aleksander Sekyen. Nome derivante da "galaxy", galassia + "Galadriel", elfa bianca del romanzo di Tolkien, Il Signore degli Anelli. Cognome dal giapponese "kouryou", cioè desolazione. Gust > gruppo rock composto da Korn Krissel Blaze, Kirei Kaulik e Uriel Danarc. Nome il cui significato è raffica, rivolta, impeto di passione. Havoc > gruppo rock composto da Devon Saito, Van Souryo e Smok Yagami, rivali dei Gust. Nome il cui significato è rovina, distruzione, strage. Hrist Rednite > cavaliere di nobili origini il cui nome deriva da "Hrist" , Cristo + "red", rosso, e "knight", cavaliere. Julv Reven > studentessa dell'Aleksander College e componente del Redsel Klùb. Il nome deriva dal norvegese "julv", lupo e "reven", oscuro, nero. Katt Lysroth > studentessa dell'Aleksander College e componente del Redsel Klùb. Il nome deriva dal norvegese "katt", gatto e "lysroth", biondo ramato. Kirei Kaulik > bassista e cantante del gruppo dei Gust. Il nome deriva dal giapponese “kirei”, bella e dall’inglese “cowlick”, rosa (dei capelli). Kloi > Fata-oni di Kyassion. Nome derivante dal greco, il cui significato è “erba”. Korn Krissel Blaze > cantautore e chitarrista del gruppo dei Gust. Nome che deriva dalla trasformazione di “Chris Cornell”, cantante del gruppo degli Audioslave e “blaze”, fiamma – bagliore. Lune > Sorella gemella di Kloi. Fata il cui nome deriva dal tedesco “lùnette”, lunetta (architettonica). Si pronuncia come si scrive. Maximilian Eis > nonno paterno di Mythel Eis, proprietario dell'Eis Kaffe. Il nome deriva da "Maximilian", Massimiliano + "ice", ghiaccio. Mythel Eis > studentessa dell'Aleksander College, scrittrice del racconto di "Felonhar no Shi". Il nome deriva da "Maetel", personaggio femminile protagonista del manga Galaxy Express 999 di Leiji Matsumoto + "ice", ghiaccio. 132 Oife > gemella dell’ unicorno Danthys. Nome derivante da un essere leggendario irlandese. Olen Darkob > mercenaria al servizio della corte imperiale di Aleksander Sekyen. Orlandes Yamagushi > giovane cavaliere al servizio della corte imperiale di Aleksander Sekyen. Ramsiel Kuryou > principe fratellastro della scomparsa Galaksiel. Rein Ark > acrobata internazionale della Gilda delle Maschere. Il nome deriva da "rain", pioggia e "arc", arco. Rev Forylt > studentessa dell'Aleksander College, fondatrice e leader del Redsel Klùb. Il nome deriva dal norvegese "rev", volpe + "forgylt", dorata. Sephir Eis > nonna paterna di Mythel Eis, comproprietaria dell'Eis Kaffe. Nome derivante da "sephir", zefiro. Smok Yagami > Chitarrista del gruppo degli Havoc. Nome derivante da “smoke”, fumo e “Yagami”, cognome del personaggio “Iori Yagami” presente nel videogioco di King of Fighters. Suteki Mastery > Direttore dell’Accademia Militare Strategica “ Kenson” di Kether. Nome derivante dal giapponese “suteki”, meraviglioso e dall’inglese “mastery”, conoscenza. Uriel Danarc > Batterista del gruppo dei Gust. Nome derivante da “Uriel”, il più potente dei sette arcangeli e “dan”, gradino – scala + “archangel”, arcangelo. Van Souryo > Batterista del gruppo degli Havoc. Nome derivante da “van”, avanguardia e “Souryo”, cognome dell’autrice di manga Fuyumi Souryo (Mars, Es…). Luoghi Aleksander College > ex-residenza imperiale della nobile stirpe dei Sekyen. Angolo 21 > libreria nel centro di Tefiros, nei pressi del corso della Yukilis. Aolykt > terre di provenienza di Hrist Rednite. 133 Nome derivante dal giapponese "aoi", celeste + il norvegese "lykt", luce. Arkan Kort > accademia di recitazione di Tefiros. Nome derivante da "arkan", arcana + "kort", corte. Nome tratto dal fumetto di Corto Maltese, Corte Sconta Detta Arcana. Arlot > terre di provenienza di Ardesia Fenrir. Nome derivante da "argot", gergo + "lot", destino, sorte. Borgo degli Artisti > zona di Tefiros in cui ha sede il Cubo della Gilda delle Maschere e la prima fermata della Over Ekspress. Borgo Tukirot > zona di Tefiros in cui ha sede l'Eis Kaffe. Il nome deriva dal giapponese "tuki", luna + il tedesco "rot", rossa. Corso della Yukilis > passaggio di congiunzione elevato nel centro di Tefiros con ponte coperto in acciaio traforato inossidabile. Nome che deriva dal giapponese "yuki", neve + il norvegese "lys", luce. Cubo > luogo in vetro infrangibile trasparente in cui si svolgono le esibizioni pubbliche degli acrobati variopinti della Gilda delle Maschere. Darkob > gradinata in ardesia, costruita in onore della mercenaria Olen Darkob. Nome che deriva da "dark", nero + "kob", cigno maschio. Eis Kaffe > antica pasticceria della famiglia Eis. Nome che deriva da "ice", ghiaccio + "caffè". Etheryaki > città del sottosuolo di Lunegarde il cui nome deriva da “etere” + il giapponese “aki”, rosso. Galatena > città accademica della moda e dello spettacolo il cui nome deriva da “galatea” cioè celeste + “Atena”. Giardino Galatense > luogo in cui è stato costruito l’Ismeiros, il labirinto di ghiaccio. Gilda delle Maschere > antica compagnia di acrobati e giullari di cui facevano parte anche i membri della famiglia Avalon, oltre alla famosa Rein Ark. Hevnet > città del sottosuolo dell’isola di Lunegarde il cui nome deriva dal norvegese “hevn”, vendetta + “net”, rete. Iaga > mondo immaginario creato da Mythel Eis per il racconto di Felonhar no Shi. Nome 134 che deriva dal’ ‘inverso del termine "Gaia", il pianeta terra. Iakes > pianeta dove vivono i personaggi reali del ciclo di racconti di Samantha Provenzale. Il nome deriva dal termine giapponese in forma speculare "sekai", mondo. Ismeiros > labirinto di ghiaccio situato all'interno del Giardino Galatense e costruito da Arbel Kansin su commissione dell'imperatore Aleksander Sekyen. Il nome deriva dal norvegese "is", ghiaccio + il giapponese "meiro", labirinto. Kalisfera > città del sottosuolo di Lunegarde. Nome derivante dal greco “kalispéra”, buonasera + “sfera”. Kareisty > antico sentiero che percorrevano i valorosi cavalieri della corte imperiale di Aleksander Sekyen alla partenza e al rientro da una battaglia. Il nome deriva dal giapponese "karei", splendore + il norvegese "sti", sentiero. Katakai > Viale del centro di Tefiros, dedicato esclusivamente alla moda. Nome derivante dal giapponese “kata”, stile + “kai”, riunione. Kenson > Accademia Militare Strategica della città di Kether. Il nome deriva dal giapponese "kenson", modestia, umiltà. Kether > città in cui ha sede la nota Accademia di Kenson. Nome derivante dall'ebraico "kether", corona, una delle dieci emanazioni della Sephiroth. Kyassion > Città del sottosuolo di Valkyra nel mondo di Iakes. Nome derivante dalla contrazione dei termini giapponesi “ki”, anima + “ya”, negozio + “sio”, sale. Laserk > Città del sottosuolo di Kether nel mondo di Iakes. Nome derivante dalla contrazione del termine “laser” + il norvegese “merke”, traccia. Liltia > città sul mare il cui nome deriva da “lilla” + “stia”, cioè gabbia. Lunegarde > Città da cui prende nome l’intera isola sotto cui risiedono alcune città del sottosuolo: Kalisfera, Hevnet, Vitria ed Etheryaki. Significato: “Sguardo della Luna”. Lyseis > lago ghiacciato della Quinta Stagione. 135 Il nome deriva dal norvegese "lys", luce + "ice", ghiaccio. Piazza della Quinta Stagione > zona di Tefiros in cui ha sede il Pivot Pub. Piazza delle Fate > zona di Tefiros in cui è posta la statua del leggendario unicorno Danthys. Pikke Station > accademia teatrale della città di Rubia di proprietà di Lanceor ed Arson Tiff. Il nome deriva da "picche", seme delle carte da gioco che simboleggia la morte nella cartomanzia + "station", stazione. Pivot Pub > music-pub situato nella Piazza della Quinta Stagione di Tefiros. Nome derivante da "pivot", cardine, perno. Rubia > città in cui ha sede l'accademia teatrale della Pikke Station. Nome derivante dal femminile del termine "rubino", rossa. Tefiros > città dalla neve eterna il cui nome nasce dall'anagramma del termine ebraico "sefirot", la rappresentazione cabalistica delle dieci emanazioni di Dio agli uomini: corona, intelligenza, sapienza, conoscenza, forza, amore, bellezza, splendore, eternità, fondamento. Vitria > Città del sottosuolo di Kalisfera nel mondo di Iakes. Nome derivato dalla parola “vetro”. Windroze > Città - isola itinerante di antichissime origini il cui nome deriva da “windrose”, rosa dei venti. Nomi di vario genere Eyowin > cristallo che compare sul dorso della mano di Mythel Eis durante la Snohanen. Nome derivante dal giapponese "eiyo", gloria + "wing", ala. Iakes Eks’ > treno ad altissima velocità sotterraneo che collega le città al di sotto della superficie dell'intero mondo di Iakes. Kilys > Titolo del seguito di Felonhar No Shi, che significa “Spirito di luce” da “ki”, in giapponese, spirito e “lys” dal norvegese, luce. Over Ekspress > treno ad alta velocità 136 sopraelevato della sola città di Tefiros che collega l'Aleksander College al centro e viceversa. Piknik > pic-nic rituale dell'Aleksander College di fine giugno. Plume-Cake > dolce tipico del periodo della Snohanen a forma di piuma. Nome derivante da "plume", piuma + "cake", dolce. Quinta Stagione > stagione di tre giorni tra fine luglio e inizio agosto in cui smette di nevicare nella città di Tefiros e si festeggia sulle rive del Lyseis, il lago ghiacciato. Redsel Klùb > club fondato dalle tre sostenitrici di Redsel Avalon. Shadowlys > titolo della rappresentazione teatrale della Arkan Kort. Nome derivante da "shadow", ombra + il norvegese "lys", luce. Snohanen > solenne festività di Tefiros per la ricorrenza millenaria della scomparsa di Galaksiel. Nome che deriva da "snow", neve + il giapponese "hane", ala, piuma + "hen", strano. In senso letterale "neve piumata" per la strana forma che assumono i fiocchi di neve nel bosco dell'Aleksander College solo in quel giorno. Tiyuki Legend > leggenda sulla morte della principessa Galaksiel. Nome derivante dal giapponese "ti", sangue + "yuki", neve. Trodakai > ninna-nanna di origini antichissime che la nonna materna di Mythel cantava quando lei era bambina. Nome che deriva dal norvegese "trod", filo + il giapponese "akai", rosso. Il filo rosso è in Giappone il simbolo del destino che lega due persone. Under Ekspress > treno sotterraneo di Tefiros che conduce anche alla stazione per lo Iakes Eks’. Warlike > il più alto grado di guerriero assegnato dall'accademia militare strategica di Kenson. Nome che deriva da "warlike", guerriero. 137