Deimos Wing - Sam Provenzale

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Deimos Wing - Sam Provenzale
Deimos Wing
CAPITOLO I
La Bianca Tefiros
Scendeva fitta come sempre sui tetti bluastri e
le case in pietra dalle alte guglie argentate: un
bianco porcospino sotto la soffice, eterna neve
di Tefiros che sonnecchiava beato al calar della
sera nel suo letargo di fine inverno.
Lampioni accesi lungo le stradine, e i vicoli
della città erano timidi bucaneve dagli steli in
ghisa e calici di vetro smerigliato dal capo chino
e riverente dinanzi al sopraggiungere della
risplendente luna e delle sue compagne stelle.
La bianca Tefiros: crogiuolo di stili e di culture;
le sue case a ponte dalle finestre arcuate, il
Borgo degli Artisti, la piazza della Quinta
Stagione, il Giardino Galatense, l’Aleksander
College…
Ma non esisteva un unico percorso da seguire
nella ex-città imperiale di Tefiros e, dal lungo e
alberato corso della Yukilis, si giungeva
facilmente fino alla piazza delle Fate e nelle
stradine a lei adiacenti, quale l’elegante Borgo
Tukirot, luogo d’incontro favorito dall’élite
cittadina il cui fulcro risiedeva presso la
raffinata pasticceria Eis Kaffe.
Le sue ampie vetrate ovali con tende a
pacchetto offrivano la possibilità di osservare
discretamente il trascorrere del tempo sulle
mode, sorseggiando il rinomato caffè alla menta
- specialità della casa - con deliziosi pasticcini
all’arancia,
comodamente
seduti
sulle
poltroncine in velluto azzurro polvere del locale,
senza neppure essere sfiorati dalle gelide
temperature esterne.
Il vociare dei clienti si fece man mano più
intenso col passare delle ore e Mythel provò una
strana malinconia al pensiero di dover
nuovamente lasciare quel luogo.
Si strinse nelle spalle, fece un cenno di saluto ai
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suoi nonni con il capo e uscì sul marciapiedi
ricoperto dalla neve, lasciandovi affondare gli
alti stivali scamosciati prima d’incamminarsi
con la borsa sulle spalle verso l’Aleksander
College.
Da sotto l’ampio cappuccio che la riparava dalle
raffiche di gelo s’intravedevano solo due
luminosi occhi viola e alcune ciocche ribelli sul
viso di un intenso color tiziano.
Una figura minuta, dal passo rapido e lieve
come se qualcuno la stesse inseguendo: ma a
chi o a che cosa voleva sfuggire? E perché?
Forse solo alla fredda neve che aveva ripreso a
scendere incessantemente…
Dal giorno successivo sarebbero ricominciate le
regolari lezioni di studio dopo la lunga pausa
delle vacanze autunnali, ma Mythel continuava
a pensare che non ci fosse nulla di
entusiasmante nel rivedere i soliti volti di
compagni e professori dell’Aleksander, tranne
per il tempo che avrebbe avuto da dedicare ai
testi della biblioteca in cui amava rifugiarsi al
termine dell’orario scolastico, tra l’odore
inconfondibile di legno e cuoio e le luci soffuse
delle lampade da tavolo che l’avvolgevano non
appena vi metteva piede.
Amava ogni pietra, ogni albero, ogni singola
ombra che l’immenso castello proiettava sulla
neve di giorno o di notte, ogni statua del parco
che ne sussurrava la storia e persino ogni divisa
che identificava gli studenti del college in base
all’anno di studi prescelti.
Nonostante non avesse amicizie per condividere
certe emozioni, né passioni e alle volte neppure
per scambiare qualche parola, Mythel non
riusciva a soffrire di solitudine in quel luogo
tanto vasto.
Forse perché aveva trovato rifugio nei libri che
amava leggere e rileggere, e nella musica che
ascoltava sempre, tranne nelle ore di lezione.
Viveva
ogni
giorno
nuove
avventure,
immedesimandosi in quelle storie così diverse
l’una dall’altra, il che per lei era di gran lunga
più entusiasmante che spendere il proprio
tempo a pattinare sul ghiaccio o altre cose del
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genere, anche se comprendeva benissimo che,
forse, in quel modo si sarebbe fatta degli amici
con più facilità.
Ma che genere di amici? Nessuno con cui
avrebbe avuto degli interessi da spartire o che
comunque l’avrebbe capita e apprezzata per
quel che era, quindi, che amici sarebbero mai
stati per lei?
Oltrepassò il cancello d’ingresso dell’Aleksander
e corse fino alla segreteria per la registrazione
del suo rientro.
“Buonasera signorina Eis, in orario come
sempre, eh?” - la motteggiò il sig. Henklod,
sorridendole con dolcezza - “Eccole la chiave, si
ricordi che da quest’anno potrà tenerla con sé,
dato che ormai è maggiorenne”
- “ah, è vero! La ringrazio molto, a volte sono
ancora convinta di averne solo 16!”.
L’anziano segretario sorrise, chiedendole:
“Come stanno i tuoi nonni? Presi come ogni
anno dai dolci per la Snohanen* , eh?”.
Mythel annuì.
“Già! Spero solo che non si affatichino troppo
senza il mio aiuto stavolta”.
Il sig. Henklod comprese benissimo il suo stato
d’animo, sapendo quanto fosse loro legata e,
lisciandosi il pizzetto con le dita, la rassicurò
scherzosamente:
“Pensi di essere così indispensabile per l’Eis
Kaffe? Vedrai, se la caveranno come sempre
anche senza di te. Non sono poi così vecchi, sai?
Dopotutto io ho solo qualche anno più di loro e
vado ancora alla grande, non ti sembra?”.
Mythel sorrise vedendolo flettersi sulle gambe
con notevole agilità alla soglia dei suoi 85 anni,
e due deliziose fossette le si formarono agli
angoli della bocca nel farlo, prima che l’uomo si
fermasse per riprendere fiato e la salutasse solo
con un cenno della mano.
“Buonanotte” disse di rimando, ancora divertita
dalla scena cui aveva appena assistito.
Si voltò per raggiungere le scale in fondo al
corridoio dell’ala B e un’ombra le si parò
improvvisamente dinanzi.
“Ben tornata, Cappuccio Verde! Dove te ne vai
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tutta sola, eh?”.
Mythel sbiancò in volto, abbassando subito lo
sguardo senza riuscire ad emettere alcun suono.
“Hey! Sto parlando con te, piccoletta, o adesso
sei diventata anche sorda oltre che muta?
Allora? Ti decidi a rispondermi o devo
costringerti con la forza?”.
Mythel scosse la testa, tremando come una
foglia di fronte a quello che tutti conoscevano
come l’incubo vivente dell’Aleksander: Arson
Tiff.
“I…Io sto andando nella mia stanza” rispose
continuando a tenere gli occhi bassi con voce
incerta.
Lui scoppiò a ridere fragorosamente,
mettendole una mano sulla spalla:
“bene! Allora lascia che ti accompagni fino alla
porta”.
Mythel scosse lentamente il capo, pregando in
silenzio che non le facesse nulla.
“No?!” - tuonò allontanandosi da lei con stizza “Come osi contraddirmi, pulce? Lo sai che se
solo volessi, potrei spezzarti il collo con una
mano? Perciò voglio che tu ora mi domandi
scusa e ti metta subito in ginocchio, sono stato
chiaro?”.
Mythel deglutì, spaventata come non mai e,
anche se avrebbe voluto urlare per chiedere
aiuto, la voce sembrò averla abbandonata del
tutto, lasciandola alla mercé di quell’essere
ignobile che detestava con tutta se stessa.
Sentì ad un tratto dei passi alle sue spalle e vide
Arson arretrare rapidamente verso le scale.
“E’ inutile che cerchi di sfuggirmi Tiff! Ti avevo
già
avvertito
una
volta:
quest’ala
dell’Aleksander è mia e tu non devi metterci
piede per nessun motivo, ma forse anche tu hai
qualche problema di udito a quanto pare” inveì
il teppista veterano del college, agguantandolo
di volata alle spalle come un falco per poi
costringerlo a guardarlo in faccia con una mano
stretta attorno alla sua gola.
La violenza di Redsel Avalon era nota persino al
di fuori dell’Aleksander, in ogni luogo della città
di Tefiros dove molti erano stati testimoni di
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cosa fosse capace pur di far valere le proprie
ragioni, un ragazzo temibile di appena 27 anni
dallo sguardo tagliente e una corporatura a dir
poco inquietante.
Mentre Arson tentava in ogni modo di
divincolarsi dalla sua stretta micidiale, Redsel si
volse per lanciarle uno sguardo incomprensibile
e poi farle cenno col capo di salire le scale e
andarsene.
Incredula, Mythel si affrettò ad annuire,
eseguendo più che volentieri il suo ordine senza
inutili tentennamenti fino a svanire dalla sua
vista e rinchiudersi nella propria stanza a
doppia mandata.
Stava sognando o il ragazzo più temibile del
college l’aveva appena tratta in salvo dalle
grinfie di Arson Tiff?
Ma forse non era così che stavano le cose, forse
l’intervento provvidenziale di Redsel era solo
stato un caso nel quale era rimasta coinvolta
suo malgrado, scatenando involontariamente
una resa dei conti tra i due “gentiluomini”.
Ma aveva altro a cui pensare.
Accese lo stereo per ascoltare l’ultimo cd dei
Gust* , il suo gruppo rock di culto, e iniziò a
spogliarsi
per
indossare
la
divisa
dell’Aleksander: la cotta d’acciaio intrecciato, la
calzamaglia nera, gli alti stivali di renna e il
corto piviale verde scuro dai bottoni argentati
nonché l’emblema del college.
Le note di On Sable Nights* la spinsero ad
avvicinarsi alla portafinestra della sua stanza
per osservare la luna attraverso i fiocchi di neve
e sognare ancora ad occhi aperti di essere quel
che non era per alcuni istanti: una splendida
guerriera dagli occhi fiammeggianti, alla testa
di fidati cavalieri in un mondo senza tempo;
amici inseparabili e sinceri con i quali
combattere ogni giorno in nome di un ideale
comune.
Sarebbe stato meraviglioso se avesse potuto
davvero contare su qualcuno almeno una volta
nella vita senza restarne delusa.
Sì, meraviglioso in ogni senso… ma impossibile.
Tirò un lungo, sofferto sospiro e abbassando lo
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sguardo ebbe un sussulto.
Ma certo! Perché non ci aveva pensato subito?
Il suo desiderio era più che possibile invece,
come lo era stato ogni volta in cui aveva aperto
un libro, immedesimandosi anima e corpo nei
suoi protagonisti!
Anche lei era ormai in grado di scriverne uno,
dopotutto l’aveva in testa da così tanto tempo e
nei minimi dettagli poi!
Suonò l’ora della cena, ma non si lasciò
distogliere dal proprio intento per così poco
quindi, decise di rimboccarsi le maniche e
mettersi all’opera, alienandosi da tutto il resto.
La prima cosa da fare era decidere il titolo,
perché la storia la conosceva alla perfezione.
L’eterna storia del Bene e del Male in lotta fra
loro in un mondo fantastico dove il cielo era
sfumato di rosa, il mare viola, i campi di grano
azzurri e i fiori avevano petali di conchiglia.
Un mondo in cui il Bene era rappresentato da
un limitato numero di creature magiche e in cui
il Male era un’assoluta prerogativa umana.
Ma sia da un lato che dall’altro vi erano dei
traditori e fu così che un nobile guerriero
sanguemisto decise di riunire a sé fedeli alleati
per sconfiggere il Male.
Il suo nome era Deimos Alukar e voleva
annientare il crudele Felonhar Kion* con
l’aiuto di altri nobili combattenti quali la
donna-lupo Ardesia Fenrir che si trasformava al
calar della notte; il cavaliere Hrist Rednite,
abile spadaccino; l’arciere Fulgor Kamlot dalle
frecce incandescenti; l’evocatrice di draghi
Crimson Valo - draghi i cui artigli non
conoscevano pietà - e il sovvertitore spaziotemporale Asgar Furlok, in grado di creare
portali e barriere ultra-dimensionali.
Rifletté attentamente sull’intera trama: lei
s’identificava con ognuno di loro, ma anche con
il loro antagonista perché sapeva di esserne
comunque la creatrice, come sarebbe stata la
causa della sua morte per far sì che il Bene
trionfasse sul Male.
Ed ecco il titolo scaturire dalla sua penna
istintivamente: Felonhar no Shi*.
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Iniziò descrivendo il paesaggio del mondo
chiamato Iaga* attraverso gli occhi del
protagonista: una landa sconfinata di terra e
polvere nel vento, rosse come il sangue che vi
era stato sparso mesi prima in sua assenza e che
adesso era pronto a rivendicare a costo della
vita.
Smise di colpo, avendo la netta sensazione di
essere osservata.
Si guardò subito attorno con aria circospetta,
ma com’era prevedibile niente e nessuno la
stava tenendo sott’occhio e allora rise di sé per
averlo anche solo pensato, rimettendosi
all’opera.
Proseguì fino a notte inoltrata e terminò il
racconto qualche ora dopo il sorgere del sole,
crollando addormentata in un pesante sonno
liberatorio che le impedì per quel giorno di
presentarsi alle lezioni mattutine con notevole
stupore sia degli insegnanti che dei compagni di
liceo.
Qualcosa di gelido la sfiorò alla base della nuca,
forse la lama affilata di una spada o forse solo
della neve.
Aprì gli occhi lentamente e si vide circondata da
oscure ombre immobili quanto spaventose e
angoscianti.
Si volse in cerca di aiuto, sentendosi ormai
prossima alla morte, ma vide lo scintillio
improvviso di un’armatura dinanzi a sé e
seppur terrorizzata, tentò di muoversi in quella
direzione.
Lo scintillio aumentò passo dopo passo,
divenendo quasi accecante e d’un tratto avvertì
la terra mancarle sotto i piedi.
Cadde lunga distesa, rovesciando la sedia su cui
si era addormentata all’alba, risvegliandosi così
da quello che era stato solo un brutto sogno.
“Oh, no!” si lamentò nel rendersi conto di che
ore fossero quando si risollevò dolorante dal
tappeto.
Poi vide i fogli sparsi sulla scrivania ed ogni
preoccupazione svanì, cedendo il posto al
desiderio irrefrenabile di rileggere il suo primo
racconto da cima a fondo per vivere ancora una
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volta le splendide emozioni di quell’epica
avventura.
Ma quando terminò di farlo con le lacrime agli
occhi ebbe l’impressione che non fosse ancora
completo, che gli mancasse qualcosa, pur non
sapendo cosa per l’esattezza.
Forse le sarebbe venuto in mente più tardi col
trascorrere del tempo, magari stando in
biblioteca, contornata da libri di ogni genere.
Depose con cura il manoscritto in una cartellina
di seta grezza e cuoio, poi si sciacquò il viso e
uscì nel parco dell’imponente Aleksander per
raggiungere la sala di letteratura antica.
“Ah! Ben svegliata Eis, ti sto aspettando da
questa mattina, lo sai?” le disse Redsel Avalon
cogliendola di sorpresa.
“Scusami, ti ringrazio molto per ieri sera, ma
ora
devo
proprio
andare”
rispose
incamminandosi a testa bassa, oltrepassandolo
a passo spedito.
“Davvero?” le domandò allora lui ironico prima
di afferrarla di volata per un polso,
costringendola a guardarlo in faccia.
Mythel lo fissò ammutolita dalla paura senza
neanche tentare di liberarsi dalla sua stretta
finché Redsel non scoppiò improvvisamente a
ridere di gusto.
“Sei l’unica persona che io conosca in grado di
sostenere il mio sguardo senza volermi
sfuggire… incredibile! Dimmi una cosa: non hai
timore di me come tutti gli altri?”
- “Sì, certo che ne ho!” si affrettò a rispondere
col cuore in gola.
Lo vide scuotere il capo continuando a
sorridere, poi avvicinarsi di colpo per posarle
un bacio sulla fronte prima di lasciarla andare.
“Tu mi piaci Eis, sei un tipo strano, ma mi piaci
sul serio. A presto!”, e si allontanò con incedere
lento e cadenzato senza più voltarsi indietro.
Rimasta sola, Mythel si domandò cosa
intendesse dire con quell’affermazione e se in
realtà quello strano non fosse lui, ma adesso
sentiva di non doverlo più temere, che poteva
fidarsi di lui, sebbene di certo non avrebbero
mai potuto essere amici, data la sua pessima
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reputazione anche nei confronti del gentil sesso
sia dentro che fuori dall’Aleksander.
Ma fin quando le avesse tenuto alla larga Arson
Tiff per lei sarebbe andato più che bene averlo
comunque dalla sua parte, dopotutto nessuno si
era mai preoccupato di difenderla da lui prima
di allora e questo rappresentava già un gran
passo avanti, rispetto alla placida indifferenza
che solitamente la circondava.
Varcò la soglia della biblioteca, soffermandosi
come sempre ad osservare gli alti archi
intarsiati che ne delineavano il perimetro e gli
splendidi affreschi, raffiguranti il nobile
Aleksander Sekyen, l’originario possidente del
castello e dell’intero regno di Tefiros di
duecento anni prima da cui il college aveva
tratto il proprio nome.
Si diresse verso la sala di letteratura antica,
raggiungendo le ampie librerie in rosso ciliegio
intagliato per scorrere alcuni dei molteplici
titoli a disposizione degli studenti.
Salì le scale a chiocciola e proseguì avidamente
nella sua preziosa ricerca d’ispirazione.
La scelta cadde su Stirpe e Genesi della Corte
Imperiale.
Una volta seduta al suo consueto posto di fianco
alle ampie vetrate policrome che davano sul
parco, iniziò a sfogliare le prime pagine
restando piuttosto sorpresa dall’accuratezza con
cui erano state decorate lungo i margini.
Ma lo fu ancor di più quando nel proseguire
trovò meravigliose raffigurazioni degli alti
esponenti che avevano reso grande l’Impero di
Aleksander con le loro gesta: nobili cavalieri e
valorosi soldati, tutti ammessi alla corte con
pari diritti.
Oltre ad Aleksander, spiccavano i nomi di ben
cinque cavalieri che si erano distinti per il loro
notevole coraggio nelle imprese d’espansione
dei territori imperiali e nell’affiancare in
battaglia il loro sovrano: il Principe Ramsiel
Kuryou, fratellastro della scomparsa Galaksiel;
il lanciere Deliter Mazu; l’amazzone arciera
Agris Kannor; il giovane cavaliere Orlandes
Yamagushi e la mercenaria Olen Darkob.
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Dopo aver visto la meticolosità con cui ognuno
di loro era stato ritratto in quelle pagine,
Mythel decise di prendere esempio da quel libro
e di riprodurre su carta i personaggi della sua
storia così come li aveva immaginati fin dal
principio.
Prese il volume in prestito e si diresse dritta
spedita verso la sua stanza, decisa a mettersi
all’opera il prima possibile.
“Hey, tu! Stai forse andando di fretta?”.
Mythel si sentì improvvisamente spintonare da
ogni parte, finendo ben presto in terra sulla
ghiaia, graffiandosi inevitabilmente i palmi
delle mani.
Ma non un suono fuoriuscì dalle sue labbra
nell’osservare i volti adirati delle tre ragazze che
la sovrastavano sghignazzanti.
“Allora, ti chiami Eis se non sbaglio, vero?”.
Mythel annuì silenziosamente , afferrando il
libro della biblioteca per stringerlo al petto
quasi fosse uno scudo immaginario.
“E spiegaci una cosa: per quale motivo una
come te si è permessa di rivolgere la parola al
nostro Redsel? Con che diritto, eh?”.
Ma lei non seppe che dire, dopotutto era stato
lui ad avvicinarla e non viceversa come loro
credevano.
La stavano accusando ingiustamente, però lei
non aveva prove per dimostrarlo.
“Guardate che sfacciata! Non hai alcun rispetto
per le tue superiori di college? Esigiamo una
risposta da te. O credi forse di essere migliore di
noi? Tu non rappresenti nulla per Redsel,
mettitelo bene in testa, e non osare mai più
avvicinarlo per alcun motivo, chiaro?”.
Mythel sapeva benissimo che non dipendeva da
lei, ma da Redsel e, quindi,continuò a tacere
iniziando a tremare visibilmente.
“Non credevamo tu fossi così stupida, Eis, ma
visto che non vuoi parlare, saremo costrette a
farti capire come stanno le cose in maniera più
esplicita”.
L’afferrarono per i capelli con estrema brutalità,
trascinandola in terra come un sacco di stracci,
finché qualcuno non la sollevò di peso tra le
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braccia,
sottraendola
a
quell’ingiusto
trattamento.
Mythel vide le tre ragazze ammutolire di colpo,
arretrando rapidamente prima di disperdersi
attraverso il folto del bosco che circondava
l’Aleksander e, quando sollevò lo sguardo per
ringraziare il suo salvatore, restò di sasso:
Arson Tiff!
L’ultima persona sulla faccia del pianeta da cui
si sarebbe mai aspettata di ricevere alcun aiuto!
Lo osservò incredula; grata e diffidente al
contempo, restando completamente immobile.
Non era forse lui quello che la sera precedente
voleva impartirle la stessa lezione che poco fa
stavano per darle quelle tizie?
Ma Arson la rimise in terra e, senza alcun
preavviso, le sorrise enigmaticamente.
“Soltanto io ho il diritto di maltrattarti, se
voglio” asserì prima di voltarle le spalle e
andarsene, lasciandola piuttosto interdetta.
Era forse impazzito?
Se lo continuò a domandare fino a quando non
fece rientro nella propria camera, dove tirò
finalmente un profondo sospiro di sollievo.
L’aveva già scampata bella per ben due volte dal
momento in cui aveva fatto ritorno al college e,
da come si erano messe le cose non sarebbero
di certo state neanche le ultime!
Era meglio quindi prepararsi al peggio…
Anche quella nottata scorse tra libri, matite e
canzoni dei suoi gruppi rock preferiti.
Per la creazione di ogni personaggio impiegò
almeno due ore nel definirne con accuratezza
sia l’aspetto fisico che l’abbigliamento, fino a
quando non crollò nuovamente alle prime luci
dell’alba, perdendo così un altro giorno di
studio.
Forse era il rintocco di una campana, ma le
sembrava talmente sordo e compatto che iniziò
ad avere qualche dubbio.
Dove si trovava, innanzitutto?
Si guardò attorno con occhi semiaperti e
comprese subito di essere sdraiata in terra e che
davanti a sé c’era solo la porta della propria
stanza, da cui filtrava una luce adombrata da
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qualcosa di non ben identificabile.
Sentì ancora quei suoni ripetuti e finalmente
capì che non erano i rintocchi di una campana,
ma
qualcuno
che
stava
bussando
insistentemente da un bel po’.
Alzandosi con grande agilità, corse ad aprire
senza neanche chiedere chi fosse e così finì per
trovarsi davanti al tenebroso Redsel Avalon che
entrò dopo averle scompigliato i capelli già
arruffati come se nulla fosse.
Scioccata da tanta naturalezza e sfacciataggine,
Mythel lo seguì silenziosa con lo sguardo in
ogni suo movimento, finché non lo vide sedersi
comodamente sulla sponda del letto e avvertì il
panico assalirla d’improvviso.
“Qualcosa non va?” le domandò con l’aria più
innocente di questo mondo.
Mythel scosse subito energicamente la testa nel
goffo tentativo di mascherare i propri timori.
Fu a quel punto che Redsel esplose in una risata
spontanea e cristallina, mettendola ancor più in
agitazione.
“Dalla tua espressione si direbbe esattamente il
contrario, Eis. Ma se è a causa mia, puoi anche
stare tranquilla, non ho cattive intenzioni nei
tuoi confronti. Volevo solo dei chiarimenti
riguardo ad Arson Tiff, tu sai a cosa mi sto
riferendo non è vero?”.
Mythel annuì, immobile nel punto in cui si
trovava come una statua di marmo, senza però
riuscire ad aprir bocca per dare spiegazioni
sull’accaduto del giorno prima.
Redsel addolcì lo sguardo e con un cenno del
capo la invitò ancora a parlare.
Deglutì più volte a fatica prima di riuscirci e poi
esordì dicendo:
“mi ha salvata da alcune tue sostenitrici che
volevano punirmi per aver osato rivolgerti la
parola”
- “e…?”.
Mythel rifletté a lungo su cosa e come dirgli
quello che Arson aveva affermato in seguito
perché era certa che non l’avrebbe presa un
granché bene.
“Allora? Qualcos’altro che dovrei sapere a
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riguardo?” incalzò lui con aria malcelatamente
calma.
A quel punto Mythel pensò fosse meglio
mentire o meglio, omettere il resto con un
semplice, ma abbastanza convincente “no”.
“Bene allora, nulla di cui dovermi preoccupare a
quanto sembra. Almeno per il momento…” concluse con sguardo indagatore, rialzandosi
dal letto per raggiungerla in pochi passi - “Ti va
una passeggiata in città?” le chiese poi a
bruciapelo.
“Ma… oggi nevicherà fino a tardi!” ribatté in
cerca di una scusa.
“E qual è il problema? Possiamo prendere
l’Over Ekspress* e saremo nel centro di Tefiros
in meno di cinque minuti. Su, datti una mossa
Eis e cambiati. Io ti aspetto all’uscita” e svanì
dietro la porta senza darle neanche il tempo di
rifiutare o acconsentire.
Non rendendosene quasi conto iniziò a
spogliarsi e indossò le prime cose che le
capitarono sottomano con aria del tutto
inebetita, come se Redsel l’avesse ipnotizzata o
sottoposta a qualche sortilegio.
Ma nessuna delle due ipotesi aveva alcun senso
e Mythel - soprabito azzurro polvere, cappello e
stivali - lanciò un’ultima occhiata nostalgica ai
disegni dei suoi personaggi e lasciò la stanza per
raggiungere Redsel a piano terra.
“Possiamo
andare,
vero?”
le
chiese
precedendola con fare indifferente.
Lei annuì silenziosa e lo seguì a ruota come un
fedele cagnolino col suo padrone.
La stazione distava solo una trentina di metri e
la camminata proseguì nel parco innevato senza
che nessuno dei due proferisse verbo.
Era la prima volta che Mythel metteva piede
sull’Over Ekspress, ma non osò confessarlo a
Redsel perché era certa avrebbe riso di lei e,
quindi, preferì gustarsi in assoluta tranquillità
l’incredibile panorama della bianca Tefiros vista
dall’alto: uno spettacolo unico, da togliere il
fiato.
Redsel la osservava nel frattempo a sua
insaputa, cogliendone ogni minimo particolare
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per archiviarlo preziosamente nella propria
memoria e godere di quel momento fino in
fondo.
I tetti a cono delle case a ponte sembravano
scure conchiglie dai piccoli oblò variopinti che
scrutavano il lento scorrere cittadino mentre il
cielo aveva da poco ripreso a fioccare come ogni
tardo pomeriggio di fine dicembre.
Mythel sembrava rapita da quella visuale del
tutto nuova e con occhi fissi sulla zona in cui era
situata la pasticceria della propria famiglia, si
domandò quanti turisti fossero seduti accanto
ai caminetti, intenti a gustare i famosi dolci
della imminente Snohanen a forma di piuma: i
soffici Plume-Cake* al cacao con gocce alla
menta, ricoperti da candido zucchero a velo.
E quanti clienti abituali li gustassero con aria
compiaciuta dopo un anno di attesa.
“Siamo arrivati” la informò sfiorandole una
spalla con le dita.
Mythel sembrò ricordarsi della sua presenza
solo in quel momento e istintivamente gli
sorrise, come per scusarsi della sua mancanza
ma, dopotutto, non era abituata a stare in
compagnia di qualcuno se non di se stessa.
Scesero alla stazione centrale che si affacciava
sul Borgo degli Artisti in cui aveva sede la Gilda
delle Maschere, l’associazione teatrale di
giullari, le cui origini coincidevano col sorgere
dell’impero di Aleksander e delle quali si
narravano storie davvero incredibili.
Mythel si soffermò a scrutare con morbosa
attenzione i volti dei giocolieri e la loro
contorta, ma ritmica gestualità in parte innata,
in parte frutto di lunghe ore o addirittura mesi
di estenuanti allenamenti.
Le loro acrobazie venivano esibite all’interno
del grande Cubo a vetri, attraverso il quale i
loro costumi variopinti risaltavano come
arcobaleni
in
movimento,
attirando
inevitabilmente l’attenzione di chiunque
passasse da lì.
Redsel conosceva molto bene quella gente dato
che per molto tempo era stato uno di loro, come
il padre ed era perciò cresciuto tra stecche,
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ritornelli e sfere colorate fino al giorno in cui…
no, non era quello il momento di lasciarsi
trascinare dai ricordi, non in compagnia di
Mythel: la strana e misteriosa ragazza dagli
occhi viola che sembrava vivere in un mondo a
parte e che con i suoi silenzi riusciva comunque
a trasmettergli un infinito senso di pace, come
non provava da tempo immemorabile con
nessuna delle persone che frequentava
abitualmente per amicizia o… per ben altro.
Le si accostò gentilmente ad un orecchio,
chiedendole:
“vorresti essere la mia sorellina d’ora in poi?”.
Lei non seppe come comportarsi, non fu certa
di aver compreso il reale significato di quella
domanda finché non sollevò lo sguardo su di
lui.
Redsel intendeva esattamente quel che le aveva
appena chiesto senza alcun secondo fine e
Mythel lo carpì dall’espressione terribilmente
seria che assunse dopo averle sorriso con una
dolcezza infinita.
“Dici davvero?”
- “Davvero” confermò Redsel impassibile.
“Allora da oggi avrò un fratello maggiore!”
esclamò
entusiasta,
abbracciandolo
istintivamente.
Lui rispose con altrettanta foga, carezzandole la
nuca e Mythel avvertì per la prima volta il
calore di qualcuno avvolgerla con sincero
affetto.
“Sei mai stato all’Eis Kaffe?” gli domandò tutt’a
un tratto.
Redsel sembrò per un attimo lievemente
imbarazzato, ma lei pensò fosse solo
un’impressione e lo sentì rispondere:
“sì, qualche volta, tempo fa”
- “ma non hai mai conosciuto i proprietari,
vero?” insistette in tono indagatorio.
“No, non credo di aver mai avuto il piacere. Ma
perché t’interessa tanto?”.
Mythel sorrise prendendolo per mano e
trascinandolo in direzione dell’Eis Kaffe.
“Voglio offrirti una merenda e presentarti i miei
nonni”.
15
Redsel, piuttosto interdetto dal non aver
associato mai prima di allora il cognome di
Mythel con quello del famoso locale, la seguì
senza più proferire parola.
Incuriosito
dal
repentino
cambiamento
avvenuto nella sua sorellina appena acquisita,
di colpo così vivace e sorridente si sentì felice
come non mai e si preparò ad affrontare una
giornata più emozionante del previsto.
Chiacchierarono del più e del meno, scoprendo
di avere molto più in comune di quanto
potessero immaginare.
Vennero quindi le presentazioni con i signori
Eis, per la precisione con nonno Maximilian e
nonna Sephir, due ottantenni in perfetta forma
con l’aria di chi la sa molto lunga e ha ancora
una gran voglia di fare.
Maximilian si limitò a scrutarlo attentamente,
mentre Sephir lo tempestava di domande sotto
lo sguardo orgoglioso di Mythel che sorrideva
osservandolo.
Forse avrebbe dovuto parlargliene, ma non
voleva rattristarla e quello non era di certo il
momento più adatto per farlo.
Ci sarebbero state altre occasioni…
La domanda di Maximilian lo colse di sorpresa
e non seppe cosa rispondere.
“Scusi, stavo riflettendo su un’altra cosa. Voleva
sapere?” cercò di riparare in qualche modo a
quella magra figura.
“Se vuoi bene alla nostra Mythel o se è solo
un’altra tua conquista da collezionare” ripeté
l’uomo dalla barba canuta senza mezzi termini.
Redsel non era abituato a tanta franchezza nei
suoi confronti, né al fatto di essere tenuto sotto
controllo, persino al college ci avevano ormai
rinunciato da un pezzo!
Ma apprezzò molto il tono inquisitorio
dell’anziano signor Eis, al quale rispose subito:
“lei è come una sorella più piccola di cui
prendermi cura. Conosco Mythel da poco, ma
tengo già molto a lei perché la ritengo una
persona speciale e voglio proteggerla da chi non
è in grado di comprendere quanto lo sia”
- “ah- aah! Un cavaliere d’altri tempi!” esclamò
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Sephir dando una pacca sulla spalla del marito
e strizzando contemporaneamente l’occhio ai
due ragazzi, prima di trascinarlo con sé in
cucina con la scusa di avere molto lavoro
arretrato da portare a termine.
Si salutarono a distanza e, sorridendo, uscirono
dal locale per raggiungere lo scintillante corso
della Yukilis dove godere di un tramonto color
cremisi attraverso i pannelli d’argento traforati
da migliaia di piccole lune.
“Erano anni che non passavo più da qui”
confessò Mythel affascinata da quello spettacolo
col naso rivolto all’insù.
“Si vede” commentò Redsel imitandola.
La neve continuava a scendere su Tefiros e
sembrava tingersi di rosa contro il riverbero del
sole infuocato che filtrava dalle nuvole serali.
Tranquillità e armonia, furono queste le
sensazioni che strinsero il cuore di Redsel
accanto alla dolce Mythel nel lasciar scorrere lo
sguardo sulla città iridescente di fine dicembre:
poche settimane prima della Snohanen, nel
mese per lui più triste dell’anno.
Ma questa volta non sarebbe stato così perché
non era più solo, Mythel lo avrebbe aiutato a
superare finalmente quell’oscuro periodo della
propria vita, ne era sicuro.
Lei era speciale, così come aveva detto ai suoi
nonni e lo pensava davvero, l’aveva pensato fin
dal primo giorno in cui l’aveva vista mettere
piede all’Aleksander l’anno precedente, quando
però lui non sapeva ancora come comportarsi e
aveva ancora troppi problemi da risolvere che lo
forgiavano nell’anima giorno dopo giorno, anno
dopo anno, fino a renderlo il “cattivo soggetto”
di cui tutti parlavano.
Ma ora sentiva di poter cominciare tutto
daccapo, c’era qualcosa in Mythel da quando
l’aveva salvata dalla grinfie di Arson Tiff che
glielo faceva credere senza bisogno di prove
concrete, ne era consapevole più che mai e non
sapeva comunque spiegarsene la ragione.
“Torniamo
all’Over
Ekspress?”
chiese
strappandola di colpo ai suoi pensieri.
Mythel si voltò radiosa e annuì, iniziando a
17
correre giù per le scale attigue al corso con
un’agilità da cerbiatto.
Sembrava ancora una bambina nonostante i
suoi 17 anni, ma era consapevole del fatto che
non lo fosse.
Probabilmente era solo lui a vederla così e per
la ragione che solo lui conosceva.
La seguì affrettando il passo e la raggiunse,
dopo una breve corsa, sotto la statua
dell’Unicorno nella piazza delle Fate.
“Conosci la sua storia?” gli domandò con
espressione malinconica.
“Credo di sì, ma ero troppo piccolo quando me
la raccontarono e ormai non la ricordo più
molto bene”.
Mythel sollevò il viso per accostarlo a quello
dell’Unicorno e, chiudendo gli occhi, iniziò a
raccontare:
“lui si chiamava Danthys e aveva una sorella
gemella di nome Oifer con cui viveva nel bosco
degli elfi fatati. Insieme aiutavano gli elfi a
rendere invisibile il bosco per mantenerlo in
pace, lontano dagli uomini sempre in guerra tra
loro.
Un giorno però Oifer si ferì ad una zampa,
restando intrappolata a metà tra il bosco fatato
e quello umano. La vide un cacciatore e
conoscendo il valore di quell’essere magico, le
tagliò il corno, uccidendola di dolore.
Danthys avvertì istintivamente la sua morte e in
preda all’ira si precipitò alla ricerca
dell’assassino pur sapendo che una volta fuori
dal bosco, gli elfi non gli avrebbero mai più
permesso di tornarvi.
Fu così che il coraggioso Danthys, assalito da
una furia cieca iniziò a spargere sangue umano
fino a che non trovò il vero colpevole e, dopo
averlo trafitto col suo corno, ne ebbe divorato le
carni.
Quando infine uscì nel villaggio per urlare e
piangere tutta la sua rabbia e il suo dolore per
essere ormai rimasto solo, gli abitanti lo
infilzarono con frecce, lance e spade finché non
lo uccisero, vendicandosi della sua crudeltà che
aveva tolto la vita anche a giovani innocenti.
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Ma quando furono sul punto di spezzargli il
corno, una bambina li fermò giungendo dal
bosco, una piccola elfa che lo carezzò sul muso
ancora sporco del sangue del cacciatore
divorato e che poi svanì, portandolo via con sé.
Da allora chiunque vaghi per i boschi di Tefiros
dice di sentire dei nitriti disperati levarsi verso
l’alto e alcuni bambini affermano invece di
averlo visto sulle sponde del lago ghiacciato,
mentre in silenzio versava lucenti lacrime
d’argento. Io avrei desiderato vederlo almeno
una volta per poterlo consolare” aggiunse prima
di riaprire gli occhi e rendersi conto che Redsel
stava piangendo, proprio come lei.
Lui, il tanto temuto Redsel Avalon, si era
appena commosso nell’ascoltare la triste
vicenda di Danthys.
Per quale motivo?
Senza dire nulla gli si avvicinò per abbracciarlo
semplicemente e trasmettergli così tutto il
proprio affetto.
Forse avevano solo bisogno l’uno dell’altra per
riuscire ad andare avanti, ma Mythel sentiva
che c’era qualcos’altro dietro la sua tristezza,
qualcosa che ancora doveva scoprire, ma che
mai e poi mai avrebbe lasciato insidiasse a
lungo il cuore onesto e vigoroso di Redsel, non
più.
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CAPITOLO II
Snohanen
E anche per quella settimana le lezioni erano
terminate.
Redsel l’aspettava come ogni pomeriggio sotto
l’arco che conduceva in biblioteca, accanto al
grande abete millenario.
Si sedettero sui gradini della scalinata e dopo
qualche minuto li raggiunse anche lui, ma con
espressione più contrariata del solito.
“Tiff, che ti hanno detto stavolta?” gli domandò
Redsel sorridendo della sua aria imbronciata.
“Non sarò più qui domani” asserì gravemente.
“Hai collezionato l’ennesima sospensione?”
continuò l’amico con ironia.
Ma Arson scosse il capo e fissò lo sguardo su
Mythel come volesse imprimersi il suo viso
nella mente per sempre.
Fu a quel punto che Redsel assunse la sua
medesima espressione, in attesa che gli
rispondesse, chiedendo il perché di una tale
agonia.
“Mio padre richiede urgentemente la mia
presenza alla Pikke Station* e, dato che ormai
ho raggiunto l’età per poterlo sostituire nel
dirigere l’Accademia… sì, insomma, voi capite
che proprio non posso fare altrimenti, devo
adempiere ai miei doveri di unico erede”.
Sia Mythel che Redsel si sentirono lentamente
pervadere da uno strano senso di affanno e di
solitudine che sembrava attanagliarli sempre
più forte.
“Quando partirai?” chiese Mythel tutt’a un
tratto con sguardo incomprensibile.
Arson sedette al suo fianco, sistemando
distrattamente il risvolto di uno degli stivali per
poi risponderle:
“domattina al più presto”.
Mythel saltò giù dal gradino e si volse verso lui
e Redsel, esclamando entusiasta:
“allora stasera usciremo tutti insieme per
porgerti i nostri degni saluti, sei d’accordo?”.
20
Annuì con un pesante sospiro.
Avrebbe tanto desiderato abbracciarla in quel
momento!
E Redsel? Chi avrebbe mai creduto, solo
lontanamente immaginato che un giorno
sarebbero divenuti così amici l’uno dell’altro dal
sentirsi quasi morire all’idea di doversi
separare!
Destino beffardo e lusinghiero: destino di
promesse infrante e di sorprese indesiderate
che li aveva fatti incontrare e che troppo presto
li avrebbe divisi.
Ma tutto aveva un senso, uno scopo e la vita
non era mai troppo breve per ripercorrere
strade già battute né per conoscerne di nuove,
ritrovando amicizie mai perdute e scoprendone
altre ancora del tutto sconosciute.
Arson
decise
di
lasciarsi
contagiare
dall’entusiasmo della piccola Mythel e di godere
appieno quell’ultima giornata nella città di
Tefiros assieme a loro.
“Potremmo andare al Pivot* ad ascoltare quel
nuovo gruppo rock che dicono sia rivale dei
Gust… però non ricordo come si chiamino.
Sento sempre la loro canzone alla radio: Sand
Soul*“
- “ah! Ma certo, ho capito di chi parli!” esclamò Mythel raggiante - “Sono gli Havoc* !
Io li adoro, anche se i miei preferiti restano
sempre i Gust. Ma non sapevo suonassero qui a
Tefiros, ne sei certo?”.
Redsel confermò le parole di Arson
mostrandole un volantino con la foto del
gruppo e la loro serata live al Pivot fissata per le
undici e mezza.
“Perché me lo dite solo ora?! Devo correre a
prepararmi! Ci vediamo all’ingresso per le
nove?”.
Sia Arson che Redsel non ebbero quasi il tempo
di rispondere che la videro svanire da lì ad una
velocità davvero sorprendente.
“E tu Redsel? Questo è il tuo ultimo anno
universitario, no? Poi cosa farai?” chiese Arson
una volta soli.
“Penso che mi arruolerò alla Kenson* ,
21
l’accademia militare di Kether*, per ottenere il
grado di Warlike*”
- “e lei resterà nuovamente senza nessuno che
la protegga” concluse l’amico sentendosi ancor
più avvilito al pensiero di doversene andare e
non rivedere più Mythel per chissà quanto
tempo…
Redsel si limitò a posargli una mano sulla spalla
e poi allontanarsi senza neanche guardarlo in
faccia.
Se l’avesse fatto , sapeva a cosa sarebbe andato
incontro e non avrebbe proprio potuto
sopportarlo.
Quando bussarono alla sua porta la trovarono
fortunatamente già pronta per uscire; non
avevano resistito a lungo nell’ingresso,
attendendola sotto gli sguardi curiosi e ostili
dell’intero college loro devoto o avverso.
Tra i capelli aveva messo delle minuscole sfere
metalliche e sulle punte di alcune ciocche
altrettante freccette argentate, ma come sempre
sul suo viso neppure un filo di trucco.
“Cosa nascondi lì sotto?” le domandò Redsel,
indicando il suo lungo cappotto bianco con
circospezione.
Arson venne contagiato dalla stessa voglia di
sapere e la spronò ad aprirlo.
Mythel si strinse nelle spalle prima di scuotere
energicamente il capo e affermare:
“nulla di speciale”.
I due amici si lanciarono subito occhiate
allusive e la accompagnarono fuori di lì col
sorriso sulle labbra.
A volte Mythel era ancora fin troppo infantile,
ma era talmente adorabile!
Separarsene dopo quella serata sarebbe di certo
stato più doloroso del previsto.
L’Over Ekspress era affollatissimo e sia Arson
che Redsel incontrarono dei loro compagni di
corso diretti al centro di Tefiros così Mythel
tornò a chiudersi in se stessa per timore
d’essere giudicata da quegli estranei che
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solitamente la ignoravano del tutto o si
prendevano gioco della sua timidezza.
Se solo avesse avuto un po’ più di carattere, del
carisma come i suoi due amici!
Nonostante stesse bene in loro compagnia e
provasse un grande affetto soprattutto per
Redsel, sentiva di non essere ancora in grado di
liberarsi dalle catene strette attorno alla propria
anima, di non riuscire ancora ad essere del tutto
se stessa.
Trascorreva delle splendide giornate e si
divertiva anche ma… non c’era traccia d’alcuna
evoluzione in lei, nessun segnale di crescita
interiore e questa constatazione la portò a
deprimersi di colpo, isolandosi da tutto il resto.
“Siamo quasi arrivati” le fece notare Arson,
costringendola a tornare con i piedi per terra.
Il suo sguardo spento si posò prima su lui e poi
su Redsel, infine scivolò oltre i vetri appannati
del vagone, scorgendo le luci della città
immersa nella fredda notte invernale.
Entrambi notarono subito lo strano mutamento
d’umore di Mythel ma non vollero dargli peso,
credendo fosse dovuto all’imminente partenza
di Arson.
Se solo avessero immaginato quanta amarezza
albergasse in quel suo giovane cuore!
Eppure lei stessa non sarebbe stata in grado di
motivare una tale tristezza, colma di
un'angoscia che pareva quasi soffocarla.
Forse solo la musica di quella serata al Pivot
riuscì almeno in parte ad alleviare il suo dolore.
In particolare le parole di Kobweb of my Soul* ,
l’inedito brano degli Havoc, le diedero un senso
di calore e di sollievo anche se transitorio.
A silver coffin is waitng for my heart
And I see black coils in haze
surround my mind
I hear your voice in my dreams
but I can't reach you
And I try to call your name
'cause I want lose you
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Without hopes and then surrended by my fears
Without love I can't survive hear, oh, my dear!
Without shines on all around
In the cobweb of my soul
I can't stand here anymore
Wires of fire are burning all my paper dreams
Cut the cobweb with your sword
Please don't leave me here all alone
I'm so scared of this dark world
Please set me free
A golden rood is driven in my heart
And I feel so much pain,
I'm lost inside
And then I see your face
come through the maze
So we escape in a world
where I can be myself
With a hope I feel my heart beat, beat again
With a love I feel my soul sing, sing again
With a shine on all my way
Cut the cobweb with your love
Close the pain outside the door
Light my fire and let me stand beside you
Crash the cobweb, turn my world
Dream a dream that never old
I'm so proud of me and you
We're strong and free
If you stay with me forever now until the end
I will trust in me and you
and all the world
Without a sign of pain
Till my heart still glowing
La voce graffiante e sensuale di Devon Saito*
catturò i cuori di ognuno di loro, ma soprattutto
quello di Mythel che per l'intero percorso del
rientro, reinterpretò ogni singolo brano di
quella sera, fino a quando non raggiunsero i
cancelli dell'Aleksander e arrivò infine anche
l'ora degli addii.
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"Detesto certe situazioni... vorrei tanto poter
restare ancora qui con voi per molto più a
lungo!" esordì Arson con un nodo alla gola che
lo costrinse a interrompersi un attimo prima di
proseguire:
"sarete sempre i benvenuti alla Pikke Station e
potrete venirmi a trovare tutte le volte che
vorrete, d'accordo?".
I due amici annuirono contemporaneamente e
Mythel tentò in ogni modo di ricacciare indietro
le lacrime che già stavano offuscandole la vista,
ma invano.
Redsel fu l'unico a mantenere un contegno
decoroso e che, in assoluto silenzio, circondò le
spalle di Arson con un braccio quasi come tra
padre e figlio.
Fu a quel punto che Mythel decise di posargli
un bacio frettoloso sulla guancia e correre via
tra i singhiozzi, ringraziando il fatto che almeno
Redsel le sarebbe rimasto accanto ancora a
lungo.
Certe amicizie a volte sembravano non avere
alcuna possibilità di esistere, altre ancora
sembravano destinate a finire sul nascere e
queste ultime erano davvero le peggiori, quelle
più difficili da digerire...
Furono prima giorni, poi settimane in cui
l'Aleksander College fervette per i preparativi
della Snohanen, la solenne festività in onore
della promessa sposa dell'imperatore, la
principessa Galaksiel Kuryou, che morì appena
diciassettenne travolta da una valanga e il cui
corpo non fu mai rinvenuto, rimasto sepolto
chissà dove sotto l'eterna neve di Tefiros.
La leggenda narrava che l'anima di Aleksander
si tramutasse in neve nella ricorrenza della sua
morte per ritrovarla, assumendo l'inusuale
forma di piuma in modo da essere da lei
riconosciuto.
Ma solo in un determinato punto del bosco
dell'ex-residenza imperiale poteva verificarsi lo
strano fenomeno ogni anno e solo a chi
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possedeva un animo puro come quello della
scomparsa principessa sarebbe stato visibile.
E se ciò fosse avvenuto, allora quella persona
avrebbe potuto richiedere anche il desiderio più
impossibile ché esso si sarebbe comunque
avverato.
Mille anni erano ormai trascorsi dal funesto
incidente di Galaksiel, ma il 28 di febbraio di
ogni anno tutte le giovani diciassettenni
avevano diritto a prender parte alla Snohanen
con indosso l'assina rigorosamente bianca e il
rituale tricorno di feltro sul capo.
Se solo anche Redsel avesse potuto prendervi
parte!
Aveva visto alcune compagne di studi
confabulare con le sue sostenitrici che l'avevano
aggredita il mese prima e le occhiate che le
avevano lanciato di traverso erano state più che
eloquenti perciò avrebbe tanto desiderato
averlo accanto a sé, pur sapendo che le regole
cerimoniali della ricorrenza non sarebbero state
infrante neanche per volere del temuto Redsel
Avalon.
Oltretutto quella mattina non ebbe modo
d'incrociarlo neppure a colazione come
d'abitudine e questo la mise ancor più in ansia,
temendo per il peggio.
"Se solo fossi una persona più forte, più
coraggiosa… Perché posso esserlo solo nei miei
racconti?" si chiese sull'orlo della disperazione
pur tentando di mantenere la calma e avere
fiducia in se stessa.
Vennero aperti i cancelli e la Snohanen ebbe
inizio.
Furono divise in circa 8 gruppi da cinque o da
sei e Mythel notò subito a malincuore che
almeno un paio di ragazze di quello in cui si
ritrovò avevano atteggiamenti poco amichevoli
nei suoi confronti, ma le seguì senza fiatare
attraverso il bosco innevato nel tentativo di
attirare il meno possibile la loro attenzione.
Rimuginando tra sé e sé non si accorse però di
essere stata lasciata completamente sola e,
nonostante si rigirasse da una parte all'altra
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non vide altro che neve e alberi dagli immensi
tronchi contorti e rugosi che sembravano
minacciarla con i loro rami scheletriti, mentre il
cielo si oscurava sopra di lei e l'atmosfera
spettrale che la circondava, diveniva ancor più
spaventosa.
Gli alberi che la sovrastavano nell'assoluto
silenzio assunsero di colpo volti raccapriccianti
con occhi e bocche enormi, pronte ad
inghiottirla da un momento all'altro.
Paralizzata dalla paura insostenibile, chiuse gli
occhi per non vedere attorno a sé e dopo alcuni
istanti di tensione Mythel avvertì la neve
scendere lievemente, sfiorandole una guancia
con delicatezza, quasi volesse infonderle nel
cuore la forza di reagire, di non avere più alcun
timore.
Riaprì gli occhi e con il dorso della mano
asciugò via il cristallo di neve dalla guancia,
provando una strana sensazione.
Li sgranò di colpo per lo stupore, osservando
incredula le due piccole ali di neve che
sembrarono fondersi nella sua pelle e solo in
quel momento notò la somiglianza della loro
forma con l'oggetto da lei descritto in Felonhar
No Shi, quello indossato dal protagonista
Deimos Alukar sulla stessa mano sinistra e che
aveva denominato Eyowin.
Forse era solo una coincidenza o forse stava
come al suo solito galoppando troppo con la
fantasia per non guardare in faccia la realtà, ma
espresse comunque il suo desiderio per onorare
la leggenda di Aleksander e, sospirando, decise
di fare marcia indietro per tornare il prima
possibile al riparo tra le quattro mura della
propria stanza.
"Vorrei tanto che la leggenda non fosse davvero
solo leggenda" si augurò una volta giunta
dinanzi alla porta con le chiavi in mano.
Ma quando rivide il punto in cui le si era posato
il cristallo di neve ebbe un sussulto e a
malapena riuscì a trattenere un urlo.
Non solo c'era ancora, ma aveva persino
cambiato colore!
Adesso anziché essere di un bianco quasi
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trasparente, era diventato blu elettrico e
brillava di luce propria incastonato sul dorso
della sua mano tremante per l'emozione...
Entrò di corsa, chiudendosi la porta alle spalle
con un tonfo quando, sollevando lo sguardo
verso la cucina di fronte a sé, credette di essere
ormai impazzita del tutto.
Era una gamba quella che aveva visto per un
momento oltre l'arco della cucina oppure cosa?
Si avvicinò con cautela e quando fu sul punto di
dare un'occhiata qualcuno la chiamò per nome,
salutandola affettuosamente.
"Ti va del caffè? L'ho appena preparato"
aggiunse la voce della sconosciuta come fosse
del tutto normale che si trovasse lì, quasi ci
stesse da una vita!
Mythel trasse un profondo respiro e decise
finalmente di farsi avanti, restando a bocca
aperta nell'attimo stesso in cui comprese di
avere davanti a sé in carne e ossa, capelli blu
cenere inclusi, la sua Ardesia Fenrir con
addosso inoltre la divisa dell'Aleksander.
"Credevo ti piacesse il caffè! Non starai mica
pensando che io sia solo frutto della tua
immaginazione, vero? Il tuo desiderio di poco fa
è stato esaudito, dovresti esserne contenta
invece di fare quella faccia, ti pare? Tu sai chi
sono, mia creatrice, non mi sembra quindi il
caso di stupirsi più di tanto della mia presenza
qui, oggi. O non sei forse felice di vedermi come
avevo sperato?".
Mythel scosse subito il capo prima di
abbracciarla, testando di fatto quanto lei fosse
reale.
Ancora tremante e confusa, sentì il cuore
esploderle in petto per l'emozione mentre si
rendeva conto che Ardesia era vera quanto lei
ed era esattamente come l'aveva immaginata, in
ogni minimo particolare.
I loro sguardi s'incrociarono per alcuni istanti e
Mythel ebbe quasi l'impressione di vedervi
riflessa se stessa anche se diversa in qualche
modo.
"Ma... e gli altri? Dove sono?" chiese poi
d'impulso.
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Ardesia si strinse nelle spalle, sorridendole.
"Credo dipenda tutto dall'Eyowin che hai sul
dorso della mano, ma non saprei dirti in che
modo perché come tu ben sai l'unico a
conoscerne le capacità è lui, il nobile guerriero
sanguemisto"
- "Deimos Alukar" soggiunse Mythel con aria
grave, desiderando incontrarlo al più presto.
Al momento poteva comunque godersi
l'inaspettata e piacevolissima compagnia di
Ardesia, la splendida donna-lupo il cui orgoglio
era puro come un diamante; un orgoglio privo
di alcuna superbia.
"Il tuo caffè sta raffreddandosi" le fece notare
porgendole la tazzina con estrema gentilezza.
"Oh, sì, certo! Scusami" disse in lieve
imbarazzo.
"No, assolutamente no. Come potrei io scusare
te mia creatrice? Tu non dovrai mai e poi mai
domandare scusa né a me, né agli altri che
verranno per nessun motivo. Noi siamo qui per
tuo volere, per esaudire un tuo desiderio ed
esserti sempre fedeli e riconoscenti di averci
creato perciò non scusarti di nulla, sarebbe
come farlo verso te stessa, capisci quel che
intendo?".
Mythel annuì, rendendosi effettivamente conto
della veridicità delle sue parole: ognuno di loro
non era altri che una proiezione di sé in un
mondo da lei stessa creato dopotutto, quindi
Ardesia aveva perfettamente ragione e sia lei
che il resto del gruppo si trovavano lì solo per
esaudirla.
Il fatto era che comunque non riusciva ancora a
capacitarsene, continuando a ripetersi che
presto si sarebbe svegliata e che la delusione
l'avrebbe annientata senza alcuna pietà.
"Mia creatrice"
- "Mythel, solo Mythel, d'accordo?".
Ardesia acconsentì, proponendole poi di uscire
insieme per meglio conoscere il suo mondo.
Prima però dobbiamo assolutamente toglierci
queste divise" aggiunse non appena Mythel
ebbe accettato la sua proposta.
Fu allora che qualcuno bussò alla porta e
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Ardesia stessa decise di aprire.
"Tu devi essere la nuova arrivata" asserì Redsel
varcando la soglia con tono di sufficienza per
dirigersi in cerca delle guance di Mythel da
sfiorare con le labbra in segno di saluto.
"Sì, lei è Ardesia Fenrir" la presentò subito,
temendo che lui scoprisse in qualche modo il
loro segreto.
Ma se non altro le parole di Redsel le servirono
a comprendere che Ardesia fosse reale a tutti gli
effetti, togliendole definitivamente ogni dubbio
residuo!
"Molto
piacere, Redsel Avalon"
disse
stringendole la mano prima di notare con
sorpresa quanto vigore vi fosse nella sua
risposta.
Ardesia sorrise istintivamente e nello stesso
momento decise che quel Redsel non avrebbe
mai rappresentato alcun pericolo né per lei, né
soprattutto per Mythel.
La sensazione che invece lui ebbe di quella
ragazza dai lunghissimi capelli di un blu
indefinibile fu inizialmente di timore, seguita
subito dopo da una di totale e assoluta fiducia.
"Adesso potresti aspettare fuori? Stavamo per
cambiarci e uscire in centro, quindi se non ti
spiace..."
- "allora devo proprio andarmene, ho capito"
affermò con aria sconsolata avviandosi alla
porta.
"Puoi sempre unirti a noi più tardi! Chi meglio
di te, Redsel, conosce le strade di Tefiros? Ad
Ardesia non dispiacerà di certo, vero?"
- "Ma sicuro! Chi ha mai detto il contrario?"
rispose la nuova amica in tono quasi indignato.
Redsel sorrise alla scena cui assistette: "vi
aspetto al cancello allora, a dopo mie adorate".
Sia Mythel che Ardesia esplosero in una risata
incontenibile a quelle parole e lo salutarono con
le lacrime agli occhi.
Ma Ardesia smise non appena la porta della
stanza si fu richiusa dietro di lui.
"Era da molto tempo che non ridevi così dal
profondo del cuore, vero Myth?".
Anche lei smise a quella domanda e annuì,
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costatando solo allora quanto fosse semplice
per Ardesia leggerle nell'animo.
"Lui ti vuole bene, ma non ti ama. Perché?".
Mythel si strinse nelle spalle non sapendo cosa
rispondere.
Forse qualcuno lo aveva ferito in passato e ora
non era più in grado di amare o, forse, aveva
semplicemente paura.
Ma Ardesia non voleva rattristare la sua
creatrice, voleva solo spingerla a riflettere e di
tempo a disposizione ce n'era ancora molto per
farlo.
Non era quindi quello il momento più adatto,
dovevano ancora trascorrere altre ore insieme,
divertendosi per le strade innevate di Tefiros,
prima che il sole tramontasse dietro le colline.
La vide spogliarsi della divisa, sul punto
d'indossare
qualcosa
d'incredibilmente
ordinario e, scuotendo il capo con estrema
disapprovazione, glielo impedì senza darle
neanche modo di ribattere.
"Che ne diresti di usare almeno una volta
l'immaginazione anche per te?" le suggerì
indicandole l'Eyowin con un sorriso.
Mythel non fu certa di aver ben compreso il
senso delle sue parole e assunse una tale
espressione da ebete che Ardesia si sentì in
dovere di essere ben più esplicita.
"Sei tu a decidere della tua vita, dovresti saperlo
e l'Eyowin è una tua creazione che puoi
utilizzare per rendere migliore ciò che ti
appartiene, trasformandolo attraverso la forza
della tua fantasia.
L'Eyowin può aiutarti a diventare quel che
desideri, ma devi volerlo con tutta l'anima,
senza riserve" concluse in tono solenne.
Mythel comprese finalmente cosa Ardesia
volesse dire e fissò l'Eyowin stupita prima di
chiudere gli occhi e realizzare ciò che aveva
sempre avuto in mente d'indossare nell'arco di
pochi secondi.
Ardesia le sorrise soddisfatta di rimando e notò
con piacere che senza alcun suggerimento aveva
avuto lo stesso riguardo anche per il suo
abbigliamento, seppur di tutt'altro genere e
31
colore.
Redsel avrebbe di certo sospettato qualcosa
prima o poi, ma a lei poco importava; dopotutto
non capitava tutti i giorni di poter avverare i
propri sogni tanto facilmente!
Almeno quelli materiali...
La Snohanen sarebbe terminata tra meno di
una settimana e poi le lezioni avrebbero ripreso
il loro andamento regolare, tra esercitazioni e
test di fine stagione.
Mythel si osservò nello specchio dietro la porta
con Ardesia al fianco e trovò incredibile come
un abito potesse alle volte migliorare l'aspetto
di una persona, anche nel caso di chi come
l'amica non ne avesse assolutamente bisogno.
Persino Redsel non fu in grado di esprimere a
parole lo stupore che provò nel vederle tanto
cambiate, quanto affascinanti e fu quindi
costretto a limitarsi a sorridere come un
perfetto idiota, quasi non avesse mai visto due
belle ragazze prima di allora!
Ardesia circondò le spalle di Mythel con dolce
risolutezza, trascinandola oltre il cancello per
farle notare che Redsel le era sembrato
piuttosto imbarazzato, ma comunque estasiato
nel vederle inaspettatamente così diverse da un
momento all'altro.
Decisero di non dare peso alla cosa per volere di
Mythel e seguirono la loro amabile guida fino al
centro di Tefiros in rispettoso silenzio,
tenendosi per mano come due vecchie amiche
d'infanzia, ma fu proprio Redsel a prendere di
colpo la parola.
"Ardesia... benvenuta nella città della neve
eterna!" esordì con un inchino plateale che fece
sorridere di gusto alcuni passanti.
"Volete forse dirmi che qui non smette mai di
nevicare?" chiese stupita ad entrambi.
"Solo per qualche ora e in particolare durante la
Quinta
Stagione"
rispose
Mythel
già
immaginando la sua domanda successiva.
"Ma le stagioni non dovrebbero essere
solamente quattro?"
- "Non qui a Tefiros" - spiegò Redsel prima di
aggiungere - "solo per tre giorni consecutivi la
32
neve cessa di cadere e ciò avviene al termine
della primavera, a cavallo tra il mese di luglio e
quello di agosto. Incredibile, eh?"
- "Direi proprio di sì!" asserì al colmo dello
stupore senza accorgersi che Mythel aveva
ripreso a parlare per metterla al corrente di
qualcosa di altrettanto straordinario che
avveniva in quei tre giorni.
"Sono le notti dei cristalli di neve incandescenti
che vengono raccolti dalle rocce muschiose e
gettati nel lago per fare calde nuotate notturne
tutti insieme"
- "meraviglioso... incantevole" commentò
Ardesia col cuore in gola per l'emozione di
provare sulla propria pelle una simile
esperienza sicuramente indimenticabile.
Da lì ebbe poi inizio il tour di Tefiros con
minuziose descrizioni delle vie più frequentate,
dei palazzi dal tetto conico e dei locali più
famosi tra cui l'immancabile Pivot.
Poi le loro strade si separarono per volere di
Ardesia che espresse l'ardente desiderio di
conoscere meglio anche l'Aleksander, ma in
assoluta solitudine, senza distrazioni di alcun
genere.
Una volta allontanatasi da loro con un profondo
inchino, imitando quello di Redsel di poche ore
prima, Ardesia imboccò il viale che conduceva
alla biblioteca del college, del tutto intenzionata
a raggiungerne le vetrate policrome da cui
vedere le ultime ceneri di un tramonto ancora
fiammeggiante in un inconsueto cielo color
malva, mentre il silenzio avvolgeva ogni cosa
con lieve armonia.
Solo dopo alcuni istanti avvertì il cuore di
Mythel rammaricarsi per non averla condotta
all'Eis Kaffe, ma preferì che se ne fosse
dimenticata perché fu certa che i suoi nonni
avrebbero percepito quel qualcosa di magico
che la riguardava e, forse, avrebbero anche
potuto temerla per questo...
"E adesso si può sapere tu chi saresti?".
Ardesia sollevò lo sguardo annoiato e
irriverente sul gruppo di ragazzine che
interruppe il corso dei suoi pensieri.
33
"Ma naturalmente... se prima avrete la
compiacenza di presentarvi" rispose senza
scomporsi in tono altero.
Le tre interlocutrici si consultarono tra loro
brevemente prima di accondiscendere alla sua
cortese richiesta.
"Io sono Rev, la leader del Redsel Klùb. Noi
siamo le sue più fedeli e accanite sostenitrici da
sempre all'Aleksander College e tutti ci temono
e ci rispettano; loro sono Katt e Julv".
Ardesia parve soddisfatta e si presentò a sua
volta per poi riprendere il proprio cammino
indisturbata.
"Hey! Ma dove credi di andare?!" le intimarono
circondandola nuovamente.
"Non è affar vostro. Piuttosto, potrei sapere
cos'altro volete da me purché mi lasciate
definitivamente in pace?".
Julv, indignata da tanta arroganza, decise di
colpirla in viso con forza, ma si ritrovò
inginocchiata in terra con il braccio ritorto
dietro la schiena, soffocata da un dolore
indescrivibile.
Rev e Katt a quel punto decisero anch'esse di
saltare i convenevoli e prestare soccorso alla
loro compagna, senza neanche immaginare
incontro a quale reazione di Ardesia sarebbero
ben preso incappate.
Risalendo il pendio lungo l'antico sentiero che
una volta avevano percorso i gloriosi eroi di
Tefiros, denominato Kareisty* per via dei
risplendenti
salici
argentati
che
lo
fiancheggiavano e accarezzandone gentilmente
la superficie lastricata di ciottoli di scura
lavagna, levigati dallo scorrere del tempo sotto
la neve incessante, Mythel e Redsel giunsero
dinnanzi a due imponenti croci di pietra
infossate di traverso nel terreno.
Erano avvinghiate da edere rampicanti
congelate dai cristalli di neve e su di esse vi era
incisa l'arme gentilizia del casato Sekyen,
affiancata da quella dei Kuryou.
Si trattava delle famose tombe dell'imperatore
Aleksander e della sua amata principessa
34
Galaksiel.
Mythel s'inginocchiò dinanzi ad entrambe con
mani tremanti mentre Redsel restava in piedi
accanto a lei, vegliandola dall'alto come un
angelo custode.
Ma quando alzò gli occhi verso di lui si rese
conto che Redsel era pietrificato al pari di
quelle croci da un profondo dolore e che perciò
non si era mosso.
Scossa da tanta angoscia, decise di farsi
coraggio e gli afferrò dolcemente una mano per
trasmettere calore al suo animo straziato.
"Cinque anni fa, lei aveva appena compiuto
diciotto anni e io la amavo più di chiunque
altro" esordì in tono flebile con lo sguardo fisso
sulle tombe.
Un vento glaciale si levò attorno a loro portando
via con sé le piccole foglie lanceolate in turbini
d'argento, fino a farle schiantare al suolo tra le
rocce ricoperte di neve vitrea, poste ai margini
del sentiero.
"Come si chiamava?" chiese Mythel in un
sussurro appena percettibile.
"Fevit. Anche lei faceva parte della Gilda delle
Maschere da un anno e insieme eravamo i
migliori acrobati in assoluto. Non c'era giorno
in cui non ci esercitassimo nel Cubo, attirando
centinaia e centinaia di spettatori che
affollavano ormai d'abitudine il Borgo degli
Artisti pur di osservarci per ore e ore sotto la
neve.
Ma una sera d'agosto, durante la celebrazione
per il millennio della fondazione, Fevit decise di
esibirsi da sola mentre gli altri erano alle prese
con i preparativi del dopo-festa.
Accadde tutto tanto rapidamente che ancora
oggi non riuscirò mai a perdonarmi per averla
lasciata entrare nella Gilda... Prima sentimmo
uno scroscio di applausi improvviso e
credemmo che il pubblico volesse incitarci ad
iniziare lo spettacolo poi, ne seguì un altro e un
altro ancora.
Subito mi guardai attorno, rendendomi conto
che Fevit non era più al mio fianco ad aiutarmi
come tutti gli altri. Venni assalito dal panico e
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corsi lungo il corridoio del palazzo fino
all'ingresso per il Cubo. Quando arrivai vidi il
corpo esile e variopinto di Fevit, fasciato dal
costume di scena appartenuto alla più grande
esibitrice del mondo: Rein Ark, librarsi in volo
come una meravigliosa farfalla e di colpo
schiantarsi contro la vetrata superiore,
precipitando poi tra le schegge in picchiata
senza più mostrare alcun segno di vita.
Non potrò mai accettare la sua morte, ho
tentato di farmene una ragione, di dimenticare
e andare avanti ma... il rimorso mi costringe a
trascorrere notti insonni da quando lei non c'è
più.
Fevit era la mia unica sorella ed io l'ho persa
per sempre!"gridò colmo di rabbia e
disperazione, stringendole inconsciamente la
mano con una forza inaudita.
"Redsel! Perché? Per quale motivo non me ne
hai parlato prima?" proruppe tra i singhiozzi e
le lacrime inarrestabili.
"Non lo so. Volevo farlo quel giorno quando mi
raccontasti la storia dell'Unicorno, ma poi ebbi
paura di sembrarti solo un debole che vive dei
propri ricordi, odiando se stesso giorno e notte,
mascherandosi da paladino della giustizia per
apparire più forte e migliore di chiunque altro.
La prima volta che ti vidi pensai d'essere
impazzito... Fevit aveva il tuo sorriso, lo stesso
carattere e io desideravo solo avere un'altra
possibilità. Proteggerti e starti accanto come
non ho fatto con lei è stato il mio unico scopo
nei tuoi riguardi fin dal primo istante. Ma
arriverà il giorno in cui dovremo separarci e io
non sarò più in grado di aiutarti. Per questo ho
deciso di insegnarti a vivere, divenendo il
fratello che non hai mai avuto e tu, la sorella
che non potrò più riavere accanto, fino al giorno
della mia partenza"
- "quando? Dove andrai Redsel?" domandò
ansiosamente, sollevandosi da terra sulle
gambe intirizzite dal freddo.
"Al termine della Quinta Stagione mi trasferirò
a Kether. Il mio sogno è sempre stato quello di
essere nominato Warlike all'Accademia Militare
36
di Kenson e farò di tutto pur di realizzarlo.
Immagino che anche tu ne abbia uno".
Lei sospirò di sì, chiedendosi però al tempo
stesso quale fosse in realtà: se il desiderio di
diventare famosa o se quello di conoscere il
vero amore...
Forse l'avrebbe compreso col trascorrere del
tempo con l'aiuto di Redsel e dei suoi amici di
"carta" come Ardesia.
E fu proprio allora che riconobbe proprio la sua
voce in lontananza.
Una volta raggiunto il luogo di provenienza, lei
e Redsel rimasero ammutoliti dinanzi alla
bizzarra situazione che gli si presentò.
Ardesia le stava dando di santa ragione alle tre
sostenitrici senza alcun segno di cedimento
mentre quelle venivano catapultate in terra di
volta in volta come nulla fosse.
L'ultima a subire il trattamento peggiore fu Rev
che, nel tentativo di afferrarla di sorpresa alle
spalle, finì a mangiare la polvere sotto di lei.
Non appena videro il loro prediletto però,
cercarono subito il suo aiuto e conforto.
"Redsel, vendica le rappresentanti del tuo Klùb!
Guarda come ha osato trattarci questa
arrogante!" lo supplicò Katt, massaggiandosi
una caviglia livida.
Lui si guardò attorno dapprima con espressione
terribilmente seria, poi di colpo divertita,
scoppiando a ridere come un matto senza
riuscire a frenarsi.
Ardesia trovò il suo atteggiamento davvero
indelicato nei loro confronti ma, osservandole
così malridotte, fu costretta ad imitarlo sotto lo
sguardo esterrefatto di Mythel e quello
indignato delle tre malmenate.
Redsel afferrò le sue due "adorate" sottobraccio
e si allontanarono così insieme in tutta
tranquillità.
"Che razza d'ingrato!" inveì Katt, rosa dalla
rabbia e dalla gelosia di vederlo andarsene con
Mythel e la nuova arrivata.
"Hai davvero ragione, sai? Redsel Avalon non
merita di avere delle ammiratrici come noi!
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Non ha alzato neppure un dito per aiutarci quel
gran bastardo!" concordò Julv a denti stretti.
Rev rimase in silenzio, estraniandosi dalle loro
lamentele
per
riflettere
attentamente
sull'accaduto.
Forse il male subìto quel giorno non era del
tutto venuto loro senza un valido motivo.
Quella Ardesia Fenrir gli aveva proprio dato
una bella lezione e non se n'era neppure
vantata: che strano modo di fare!
Lei, molto probabilmente, non avrebbe perso
occasione per mettersi in bella mostra agli occhi
delle compagne.
Si risollevò lentamente con ossa e muscoli
doloranti, chiedendosi chi fosse in realtà quella
ragazza dai lunghissimi capelli blu cenere e il
sorriso accattivante, che si muoveva con
un'agilità mai vista prima, davvero sbalorditiva.
"Rev?! Ma ci stai ascoltando almeno?"
domandò Katt tutt'a un tratto, accorgendosi
della sua distrazione.
"No, ad essere sincera stavo pensando a quella
Ardesia e al suo modo di combattere così
tenace, privo di qualunque esitazione sia in
attacco che in difesa".
Le due compagne si guardarono subito con
espressione
sconcertata,
chiedendosi
tacitamente cosa volessero dire le sue parole.
"Ne parleremo stasera con calma, dopo cena.
Ora andiamo, si è fatto tardi" asserì gravemente
prima d'incamminarsi verso l'infermeria per
farsi medicare il volto contuso.
Katt e Julv la seguirono in silenzio senza però
poter fare a meno di continuare a domandarsi
quali fossero le sue intenzioni.
Perché tante lodi nei confronti di chi le aveva
umiliate?
Oppure l'adularla era forse una nuova tattica
per carpire le sue tecniche di combattimento?
Comunque stessero le cose, in quel momento
loro non erano certamente nelle condizioni
migliori per poterlo comprendere.
Seguirono Rev per far medicare anche le loro
ferite anteponendo saggiamente i loro bisogni
primari alla curiosità che le stava logorando
38
come la fiamma di una candela.
Vedere la loro leader così assorta nei suoi
pensieri non era cosa di tutti i giorni, anzi si
trattava di un fatto alquanto insolito, mai
verificatosi prima di allora ad eccezione di
quell'unica volta di cui non si doveva più
parlare in nessuna occasione e per nessun
motivo.
Rev era stata del tutto intransigente
sull'argomento, irremovibile sotto ogni punto di
vista.
Arson Tiff dopotutto era ormai un capitolo
chiuso che apparteneva solo ad un passato da
dimenticare senza rimpianti, inoltre aveva
lasciato l'Aleksander una volta per sempre,
tornando finalmente all'ovile della Pikke
Station.
39
CAPITOLO III
Ali di Luce
I raggi di luna piena filtravano attraverso i rami
cristallini dei ciliegi creando riflessi di luce
argentata tra le setose ciocche di capelli di
Ardesia che si tramutarono rapidamente in un
vellutato manto di pelo.
Ululante, sfrecciò sulle gelide nevi del bosco per
assecondare la sua seconda natura e con
estrema agilità balzò da un masso all'altro,
raggiungendo ben presto la cima dell'altura su
cui si estendeva l'Aleksander College,
sovrastante la risplendente Tefiros con la sua
immutata regalità di tempi ormai lontani.
Lo sguardo s'incupì d'improvviso nel timore che
un giorno, forse, lei non avrebbe più fatto parte
di tutto questo e che nulla sarebbe più stato
possibile e reale come in quel momento, ma
subito si riscosse da quei tristi pensieri e tornò
al fianco di Mythel per vegliarne il sonno fino al
sorgere del nuovo sole, fino a quando non
avrebbe riacquistato le sue umane sembianze.
Distese le zampe sul freddo marmo del balcone
di Mythel e si acciambellò con la lunga coda per
trascorrere quella splendida notte di luna
all'addiaccio, pervasa da una sensazione di
assoluta serenità.
Nel silenzio che avvolgeva l'antica residenza
imperiale Ardesia percepì l'ala di Deimos
vegliare su lei e Mythel, regalandogli sogni
vellutati, privi di ombre che potessero turbarne
il risveglio.
Si assopì senza neppure rendersene conto.
Arlot* dalle lande insanguinate sembrò ormai
lontano chissà dove, sperduto, anch'esso un
sogno quasi del tutto svanito la cui luce si
affievoliva lentamente, attimo dopo attimo,
mentre il sole tornava a splendere
sull'Aleksander, risvegliando i sensi troppo a
lungo assorbiti da lugubri pensieri.
La luce del mattino le riscaldò le membra
appena infreddolite e una nuova visione della
40
propria esistenza le diede modo di apprezzare
anche ciò che sarebbe stato comunque
destinato a finire.
D'altro canto Mythel sonnecchiava ancora,
avvolta dal torpore di sogni da tempo
dimenticati, intrisi di canti fanciulleschi le cui
melodie erano rimaste impresse a fuoco nella
memoria e le si rivelavano solo ora come
sapienti rime da ricordare, da assimilare per il
nutrimento della propria anima.
Le parole di una in particolare le riportarono
alla mente luoghi lontani e volti mai
dimenticati.
Era la canzone del Trodakai* che la nonna le
aveva insegnato quando ancora la madre era in
vita.
Si risvegliò sussurrandola tra le coperte ad
occhi socchiusi.
And so I see the blu sky
And so I say goodbye
Sure the stars will shine
Forever on my mind
But when I try
To reach my trodakai
I shall forget my life for a while
And so I start again
And so I leave my pain
Sure the fate will play
A never ending game
So when I think
I've lost my trodakai
I will believe it's time for me to smile
Trodakai, Trodakai
I'll always see your shrine
'til I die.
Sentendo Mythel canticchiare a bassa voce
quella soave melodia, Ardesia rimase immobile
ad ascoltarla sino alla fine, in piedi accanto alla
finestra da cui era rientrata poco prima.
La sua creatrice era ancora triste sebbene non
volesse più esserlo e quel ricordo legato alla
giovane madre scomparsa riuscì solo in parte ad
41
alleviarne il dolore poiché una ferita ben più
profonda l'aveva ormai segnata nell'anima,
quella della solitudine e dell'indifferenza.
La vide aprire gli occhi lucidi e le sorrise di
rimando con un calore tale da bruciarle via in
un solo istante ogni triste pensiero che le
affollava la mente fino a qualche istante prima
di scorgerla dinanzi a sé.
"Ardesia, da quanto sei qui? Non ti ho sentita
rientrare".
Si strinse nelle spalle e si avvicinò per sederle
accanto sul letto.
"Trodakai" rispose poi semplicemente.
"Ah…. L'avevo completamente dimenticata, sai?
E stamattina. invece, tutt'a un tratto ho
ricordato sia le parole che la musica. Non è
strano?"
- "Non quando c'è nell'aria lo spirito di Deimos"
asserì l'amica senza aggiungere altro.
Piuttosto confusa dalle parole di Ardesia, tentò
di riflettere sul come e perché quella nenia fosse
in relazione con Deimos, ma fu del tutto inutile
e preferì lasciar cadere lì la questione.
Al momento aveva cose più gravi a cui pensare:
la colazione per esempio!
Ma ancor di più le ore di studio da recuperare
dopo giorni di festa...
Una volta pronte ad iniziare quella nuova
giornata, Mythel e Ardesia si avviarono fianco a
fianco lungo i corridoi dell'Aleksander,
parlottando tra loro senza dare alcun peso agli
sguardi curiosi degli altri studenti del college
che le seguivano passo dopo passo con
espressione incredula.
Mythel si diresse verso l'aula di fisica, Redsel
verso quella universitaria di specializzazione in
tecniche del duello mentre Ardesia, molto
lentamente, verso quella di artistica.
Se non fosse stato per quel sole d'aprile che
filtrava impetuoso dalle lunghe vetrate del
corridoio forse non si sarebbe neanche resa
conto di essere pedinata da qualcuno.
Figure luminose si riflettevano su di esse e,
quando Ardesia decise di voltarsi, sorrise
beffarda verso di loro già pregustando una
42
nuova vittoria.
Fu quella dai lunghi capelli mossi color dell'oro,
Rev, la prima ad avanzare e a rivolgerle la
parola in tono inaspettatamente rispettoso.
"Siamo qui per porgerti le nostre scuse e
chiederti di accettare la proposta di essere tu la
nostra leader d'ora in avanti".
Lo scetticismo che trapelò dallo sguardo di
Ardesia fu più eloquente di qualsiasi altra
risposta, ma sia Rev che le sue compagne non
demorsero dal loro intento, covato per un mese
circa, e le si strinsero attorno con aria
supplichevole, giurandole fedeltà in eterno.
Ardesia si portò una mano alla fronte e scosse la
testa, incredula dinanzi a un tale voltafaccia nei
riguardi di Redsel.
Rifiutò con altrettanto rispetto la loro offerta e
riprese tranquillamente il proprio cammino.
Era comunque certa che quelle tre non si
sarebbero rassegnate tanto facilmente, ma al
momento non poteva far altro che ignorarle e
proseguire al fianco di Mythel, la sua
inestimabile creatrice.
L'unica a cui doveva la propria esistenza e alla
quale mai avrebbe negato protezione o amicizia
nei confronti del mondo intero.
Quando la persero improvvisamente di vista,
Rev, Katt e Julv decisero di adottare un'altra
strategia per convincerla e, quindi, puntare in
una nuova direzione.
Era fin troppo chiaro a tutte e tre che Ardesia
fosse particolarmente affezionata a Mythel Eis,
dalla quale sembrava non volersi mai separare
tranne nelle ore di lezione, e conclusero perciò
che il suo garbato, ma categorico rifiuto fosse
dovuto in gran parte al modo alquanto
meschino in cui più volte avevano trattato la
sua amica.
E, oltretutto, erano affascinate dal suo modo di
vestire al di fuori del college, così personale e
aggressivo... dovevano assolutamente imitarlo!
Quello sarebbe di certo stato un altro punto a
loro vantaggio per convincerla della sincera
ammirazione che nutrivano per lei.
Rev si guardò attorno prima di affermare:
43
"Faremo in modo di conquistare la sua fiducia
a qualunque costo, senza mai tirarci indietro,
avete capito?"
- "Sì" risposero Julv e Katt all'unisono con
estrema convinzione prima di salutarsi e
raggiungere le loro rispettive sezioni di studio.
La giornata trascorse rapidamente e, dopo
pranzo, Ardesia e Mythel dedicarono un paio
d'ore ai libri della biblioteca in cerca di qualcosa
di nuovo da leggere insieme nel tempo libero.
Attraversando il cortile dell'Aleksander videro
Redsel esercitarsi con una lunga spada affilata
contro uno degli allievi di skerma di cui era
stato per anni il capitano.
Sia Mythel che Ardesia rimasero incantate dai
suoi movimenti elastici e dal ritmo incalzante;
uno spettacolo di cui godere in rigoroso silenzio
sino alla fine.
L'agilità del suo corpo sembrò sovrastare di
gran lunga quella dell'avversario che provava
timidamente di tenergli testa, senza però mai
giungere ad una felice conclusione finché non
venne impietosamente sconfitto e disarmato al
tempo stesso.
Anche gli spettatori che si erano lentamente
radunati attorno a loro esplosero in un
fragoroso
applauso
con
incontenibile
entusiasmo e Redsel allora accennò un inchino
in segno di ringraziamento, dedicando la sua
vittoria ad ognuno di loro e, in particolare, alle
“sue adorate” Mythel e Ardesia, non appena le
scorse tra la folla.
Imbarazzatissima la prima e impassibile la
seconda, si ritrovarono ben presto sottoposte
all'attenzione generale mentre al loro fianco
Redsel sorrideva con espressione superba,
pronto a sfidare chiunque avesse osato
contraddirlo.
Ma, com'era logico accadesse, tutti i presenti
approvarono le sue parole con un ulteriore
scroscio di applausi e fischi di rito.
Mythel iniziò finalmente ad intravedere uno
spiraglio di luce e sorrise verso lui e Ardesia,
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sentendo il proprio cuore battere come
impazzito.
Fu allora che l'Eyowin brillò di un rosso
intenso, quasi accecante, sul dorso della sua
mano, ma nessuno tranne lei vi fece caso e ogni
suo pensiero volse altrove nell'attesa che un
nuovo personaggio giungesse da lontano per
unirsi a loro.
Vagò lo sguardo colmo di aspettative oltre la
folla radunatasi poco prima nel cortile, ma nulla
comparve all'orizzonte, neppure quando essa si
disperse da una parte all'altra dell'Aleksander.
Cercò allora con gli occhi quelli di Ardesia ed
ella sorrise di rimando senza dir nulla poiché
Redsel gli era al fianco e non potevano quindi
parlare se non una volta rimaste sole nella loro
stanza.
Ma quel momento sembrò non arrivare mai,
dato che Redsel le invitò a visitare la sezione di
skerma, sfidando Ardesia ad un amichevole
duello.
Ma lei rifiutò inaspettatamente e Mythel se ne
sorprese quanto lui, il quale subito le domandò:
"Hai forse timore della mia abilità con la spada,
Ardesia?".
Lei scosse il capo risoluta.
"Non posso" asserì in tono grave.
Redsel la scrutò in volto a lungo per
comprenderne il motivo, ma fu del tutto inutile
e con un'alzata di spalle, ripiegò su Mythel.
"Ma io non ho mai impugnato una spada!"
tentò di protestare in preda al panico e allo
stupore dinanzi alla sua proposta.
"E forse è giunto il momento che tu lo faccia,
non sei d'accordo con me, Ardesia?".
L'amica si limitò ad annuire, lasciandola del
tutto senza parole.
Si trattava forse di una congiura?!
Redsel tolse da una delle pareti quella più
leggera e maneggevole che il college possedesse
e gliela porse, insegnandole come impugnarla e
come vibrare dei colpi netti e precisi.
Ma se la sua mente sembrava rifiutarsi di
tentare, il corpo agiva invece per proprio conto,
assimilando celermente ogni consiglio di Redsel
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e Ardesia su come entrare in sintonia con
l'arma che teneva fra le mani, senza mai
perdere di vista il bersaglio da colpire.
Eppure, nonostante la fiducia riposta in lei da
parte di suoi amici, Mythel non fu in grado di
sferrare alcun colpo in maniera decisa e ben
presto si stancò di muoversi con tanta fatica
inutilmente, sentendosi fin troppo affranta e
delusa per continuare.
Lasciò cadere la spada in terra e, amareggiata
come non mai, corse via tra i singhiozzi,
incapace di mostrarsi ancora ai loro occhi che
non osava incrociare.
Ma se invece avesse alzato lo sguardo solo per
un istante, si sarebbe resa conto che non c'era
motivo per non farlo e che, anzi, sia il volto di
Ardesia, sia quello di Redsel erano colmi di
ammirazione per il notevole impegno da lei
dimostrato nell'apprendere una nuova arte.
Però si sa, quando l'incertezza vaga nei cuori,
ogni realtà viene facilmente travisata e tutto
appare mutevole e avverso ai propri desideri.
Nell’insensata fuga Mythel non si accorse
neppure d’essere inseguita finché non inciampò
sui gradini che conducevano all’ingresso,
scivolando in avanti.
Solo in quel preciso attimo si rese conto della
presenza di qualcuno accanto a sé, quando più
braccia le evitarono una rovinosa caduta.
“Tutto a posto, Mythel Eis?”, sentì chiedersi da
una voce femminile vagamente familiare.
Con occhi sgranati per lo stupore vide dinanzi a
sé le tre sostenitrici di Redsel fissarla con
sincera preoccupazione.
Annuì, mentre una di loro - quella dai lunghi
capelli rosa - tirò fuori un fazzoletto per
asciugarle via le lacrime dal volto con
inaspettata delicatezza.
“Dovresti prestare più attenzione a dove metti i
piedi. Questi vecchi gradini imperiali sono
piuttosto fallaci, sai? Non dovresti affatto
sottovalutarli” le consigliò la più alta di loro dai
cortissimi capelli corvini.
Annuì ancora una volta, incapace di emettere
alcun suono, se non altro perché indecisa su
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quale atteggiamento fosse meglio adottare in
quelle bizzarre circostanze.
Come doveva comportarsi con loro dopo tutte le
volte in cui l’avevano schernita o aggredita
senza alcun valido motivo?
Perché d’improvviso si dimostravano tanto
cordiali nei suoi confronti?
Avevano forse intenzione di fingersi amichevoli
per compiacere Redsel o era qualche altro scopo
che le animava nel profondo?
La risposta giunse inattesa e gradita quanto la
voce di Ardesia che si faceva man mano più
vicina a loro.
“Ti ho trovata finalmente!” esclamò notando
subito dopo le tre ragazze che l’attorniavano.
“E voi cosa fate qui? La stavate ancora
importunando forse?”
- “No, Ardesia Fenrir, non era nostra
intenzione fare qualcosa di male alla tua
amica, né dispiacerti in alcun modo”
rispose Rev in tono ossequioso.
- “E’ davvero come dicono Eis?” chiese
Redsel, sopraggiungendo in quel preciso
istante.
Le osservò titubante una per una e infine
confermò le parole della leader del gruppo con
un sorriso spontaneo.
“Sembra che allora abbiate finalmente imparato
la lezione grazie ad Ardesia, ne sono felice. Ma
ora, se volete scusarci, noi tre dovremmo
parlare di alcune cose in privato prima di cena”.
Rev e le altre volsero subito lo sguardo verso
Ardesia in attesa di essere da lei congedate.
E così fece, con un semplice cenno della mano
al quale loro s’inchinarono appena, prima di
allontanarsi rapidamente.
Mythel, Redsel e Ardesia si fissarono per alcuni
istanti in assoluto silenzio, ma poi scoppiarono
a ridere con le lacrime agli occhi, rientrando nel
college sotto lo sguardo tra il severo e lo
stupefatto del signor Henklod.
“Direi tutto bene, ragazzi, a quanto vedo e
sento” esordì cercando
di mantenere
un’espressione corrucciata per non venir meno
ai suoi doveri.
47
- “Infatti” dichiarò Redsel con l’usuale
arroganza che lo contraddistingueva.
Ardesia e Mythel tentarono di trattenersi e di
salutare educatamente il signor Henklod prima
di dirigersi in cima alle scale con Redsel a
seguire.
La neve smise di cadere su Tefiros e dintorni
fino a quando non giunse l’ora di cena, e Redsel
e Ardesia dopo il lungo discorrere con Mythel
sul perché della sua reazione spropositata, si
accinsero a trascorrere una serata diversa dal
solito all’interno dell’Aleksander poiché, a
insaputa di chiunque - ad eccezione del rettore,
naturalmente - era stato organizzato uno
spettacolo teatrale da alcuni studenti della
neonata accademia di recitazione di Tefiros,
Arkan Kort*.
Il titolo della rappresentazione esclusiva era
“Shadowlys”, e avrebbe avuto luogo nel salone
delle cerimonie, appositamente allestito per
l’occasione, e unicamente per quella sera.
I primi ad essere informati dal signor Henklod
furono proprio loro, nonostante la “quasi”
mancanza di rispetto nei suoi confronti di
alcune ore prima, così furono anche quelli che
si assicurarono i posti migliori nella sala senza
dover sgomitare.
Naturalmente, come di consuetudine per tutti
gli avvenimenti che si svolgevano in quel luogo,
tutti gli studenti vennero invitati ad indossare
abiti eleganti per dare il giusto tocco di
solennità conforme all’occasione.
Ardesia diede quindi il meglio di sé per rendere
Mythel davvero incantevole realizzando,
tramite l’Eyowin, uno splendido abito di velluto
blu notte intessuto di cristalli di neve in
brillanti.
Ma fu Mythel a creare quello per lei, e ne furono
entrambe entusiaste, anche se lo fu molto più
Redsel quando le vide scendere insieme le scale
e raggiungerlo.
Scarlatto era il corsetto dell’abito in taffettà con
nastrini di seta viola e viola l’ampia gonna a
48
balze, ricoperta da drappi scarlatti come la
parte superiore, questo era quello indossato con
naturale eleganza da Ardesia e che attirò su di
sé persino gli sguardi ammirati dei vari
insegnanti senza dargli però alcun peso.
Si accomodarono nelle poltroncine della terza
fila, quelle scelte da Redsel per evitare di
trovarsi troppo vicini al palcoscenico, e in
silenzio attesero con gli altri studenti lo
spegnersi delle luci che avrebbe segnalato
l’inizio dello spettacolo tanto inatteso quanto
bramato nei loro cuori.
Ed ecco alzarsi il sipario e il buio calare nel
salone.
Shadowlys
Voci fuori campo e
immerso nell’oscurità.
palcoscenico
ancora
- L’ avete vista?
- Sì, sì. Dicono sia arrivata qui ieri, ma
nessuno osa avvicinarlesi
- E per quale motivo?
- Ma come?! Non lo sai ancora?
Risate di scherno e sul palco nero compare
gradatamente una sagoma luminosa.
- Cosa? Che cosa non saprei?
- Lei non è come noi, è diversa!
La sagoma luminosa diviene man mano più
grande e raggiunge il centro del palco buio,
voltandosi a destra e a sinistra come in cerca di
qualcosa o di qualcuno.
- Ssh! Fate silenzio, eccola che arriva!
Sagome oscure le volteggiano attorno,
assumendo forme di massi, alberi e altro
ancora.
- Eppure…ero certa di aver sentito le voci
49
provenire da questa parte. Peccato! Mi
sarebbe tanto piaciuto parlare un po’ con
le altre ombre - si lamenta la sagoma
luminosa camminando da una parte
all’altra del palcoscenico con una strana
andatura.
- Ma l’avete sentita? Ma chi si crede
d’essere?! Neanche è arrivata e già
vorrebbe rivolgerci la parola! Che
arrogante!
- Ssh! Potrebbe sentirci! Ascoltiamo
cos’altro ha da pretendere, invece..
Le ombre assumono sul palco nuove posizioni,
avvicinandolesi maggiormente.
- Se solo sapessi da che parte andare! Se
solo qualcuno mi potesse aiutare a capire
perché sono qui tra ombre così diverse da
me…
La sagoma luminosa gira in tondo sul palco,
osservandosi attentamente.
- Cos’ho che non va? Perché non sono come
loro? E perché non possono accettarmi e
voler bene per quel che sono?
Le ombre smettono di fingersi delle forme e le
si fanno ancora più vicine con aria minacciosa.
Fine del I Atto
Le luci nella sala si riaccesero e Ardesia notò
subito le lacrime trattenute negli occhi di
Mythel che si era di certo immedesimata nella
triste storia narrata dagli attori dell’Arkan Kort.
Redsel invece non riusciva a distogliere lo
sguardo dal suo vestito viola e scarlatto, dalla
sensuale femminilità che emanava Ardesia in
ogni centimetro di pelle nuda a contatto con i
bordi del corsetto allacciato e tutto il resto a
seguire, perciò non si accorse affatto dello stato
50
d’animo della piccola Mythel e fu l’amica quella
che più se ne addolorò, sapendo quante volte la
sua creatrice l’aveva sostenuto, ascoltato e
compreso senza mai chiedere nulla in cambio.
Le mise un braccio attorno alle spalle minute
per trasmetterle tutto il proprio calore e fu in
quel momento che le luci vennero riabbassate,
dando il via al secondo atto.
Shadowlys, II Atto
Le ombre le danzano intorno con movenze
seducenti e la sagoma luminosa si accorge
finalmente della loro presenza.
- E così vorresti essere come noi? Perché lo
desideri?
- Già! Perché, perché? Vogliamo proprio
saperlo!
La sagoma luminosa si rannicchia su se stessa e
le ombre la circondano silenziose, smettendo di
muoversi di colpo.
- Perché mi sento sola e nessun’altra tra voi
è come me. Ma non so in che modo
riuscire ad essere uguale a voi
- Oh, poverina! Avete sentito? Si sente sola.
Allora, forse, dobbiamo aiutarla, non
credete?
- Ma certamente! Così sarà proprio come
una di noi, dopotutto è quello che vuole,
non è vero?
Le ombre iniziano ad accarezzarla, riprendendo
a muoverlesi tutto intorno.
- Sì, lo desidero davvero ma…come farete
ad aiutarmi?
- Non temere, basterà che tu ci lasci
prendere un po’ della tua luce e dopo
sarai una di noi, non sei d’accordo?
51
La sagoma luminosa si rialza lentamente e
annuisce in silenzio, lasciando che le ombre le
strappino via, pezzetto per pezzetto, tutta la sua
luce.
- Adesso sei proprio una di noi, visto?
- Grazie, grazie di cuore
Le altre ombre si allontanano
lasciandola nuovamente sola.
ridendo,
- Che strano! Sento di colpo un gran
freddo… chissà perché? E ora dove
saranno andate?
La sagoma luminosa, divenuta ormai un’ombra,
si aggira senza meta da una parte all’altra del
palco, dapprima correndo e via via sempre più
lentamente, accasciandosi infine esausta su se
stessa.
Voci nel buio.
- Oh, guardate, dev’essersi spenta!
- Tanto meglio! Così smetterà di seguirci
una volta per tutte!
- Sì, sì, hai proprio ragione! Addio!
Risate nell’oscurità, mentre una minuscola
fonte
luminosa
compare
sul
palco,
ingrandendosi fino ad emettere una luce
sfolgorante che fa svanire di colpo tutte le
ombre circostanti tra urla di dolore.
La sagoma luminosa ritorna ad assumere le sue
antiche sembianze e vede un uomo andarle
incontro.
- Ecco! Ora ricordo! Io sono uno spirito di
luce perciò non posso estinguermi! Il mio
compito è sempre stato quello di dare
un’anima a chi ancora non la possiede, e
non vivere come l’ombra di me stessa!
La sagoma luminosa si fonde col corpo
dell’uomo che subito alza il capo e sorride felice,
incontrando altri esseri come lui che lo
52
circondano,
bentornato.
abbracciandolo
con
grida
di
Fine
Si chiuse il sipario nel silenzio del salone e
quando le luci vennero riaccese, calorosi
applausi si susseguirono senza sosta finché ogni
cuore non fu colmo di speranza.
Gli attori comparvero così sul palcoscenico,
mostrandosi con le loro reali sembianze di
uomini e donne; sette in tutto.
Si presentarono al pubblico coi loro nomi e
scesero poi in platea per firmare degli autografi
ed elargire ancora sorrisi entusiasti.
Ma Mythel preferì allontanarsi dal salone e
restare sola a riflettere sulla rappresentazione
cui aveva assistito.
Era un lieto fine quello di Shadowlys o forse no?
E per quale motivo aveva la sensazione che lo
fosse solo in parte?
Affacciata dal ponte illuminato, posò lo sguardo
sulla fontana del cortile e osservò la pallida
falce lunare riflettersi tremolante nelle sue
acque.
Sentì poi distintamente uno scalpitare di zoccoli
proprio sotto di lei e d’improvviso lo vide
comparire in sella al suo destriero dal manto
candido come la neve che lo circondava.
Sollevò il volto verso di lei e le sorrise da basso
quando Mythel l’ebbe riconosciuto.
“Perdona l’attesa, mia creatrice” la salutò Hrist
Rednite scendendo da cavallo per raggiungerla
con una rapida quanto temeraria arroccata fino
al ponte sul quale si trovava.
Sbalordita da tanta agilità e felicemente
incredula di averlo realmente dinanzi a sé,
Mythel rimase lì su due piedi a fissarlo senza
parole.
“Ero certa saresti venuto” asserì Ardesia,
raggiungendoli.
Si abbracciarono e Mythel sorrise alle loro
spalle ben conoscendo i sentimenti d’affetto che
li legavano l’uno all’altra, dopotutto, era lei
53
stessa ad aver scritto Felonhar No Shi!
Quell’atmosfera di serenità invase subito il suo
cuore e decise di allontanarsi silenziosamente
per tornare nel salone in cerca di Redsel, che
stava di sicuro domandandosi che fine avesse
fatto.
Ma né Hrist, né Ardesia si erano dimenticati di
lei e, prendendola sottobraccio tra loro con
espressione di finto rimprovero, la condussero
nuovamente all’interno.
Non appena ebbero varcato l’ingresso videro
l’intero college ammutolire di colpo trasferendo
la loro attenzione, dapprima rivolta agli
interpreti della rappresentazione teatrale, solo
verso il nuovo arrivato, vestito come un
principe delle favole.
“E’ davvero stupendo! Avete visto come si
muove? E quei capelli biondi, quegli occhi
notturni e quel sorriso…” esclamò Katt con
sguardo adorante.
“Già! Non è proprio niente male e, oltretutto, è
in compagnia di Ardesia e Mythel, ve ne siete
accorte?” soggiunse Julv in tono famelico,
osservandoli di soppiatto.
Rev rimase taciturna nel rendersi conto che la
solitamente poco notata Mythel Eis era sempre
più spesso attorniata da persone magnifiche
sotto ogni punto di vista e che stavano
comparendo all’Aleksander quasi fossero
attirate da lei come falene dalla luce.
Ma lei rappresentava dunque per loro - Ardesia,
Redsel e persino quel fascinoso sconosciuto una fonte di luce da cui era impossibile
rifuggire?
Perché? Qual’era il suo segreto? In che modo vi
riusciva?
Possibile che nessuno si fosse reso conto mai
prima di allora che forse Mythel Eis non era poi
l’essere tanto insignificante e privo di attrattiva
che avevano sempre creduto fosse in realtà?
Rev decise di rimediare all’istante e di andarle
incontro con le sue due inseparabili compagne
al seguito.
Solo conoscendola attraverso gli occhi di chi la
circondava
avrebbe
finalmente
potuto
54
comprendere la sua vera essenza, ne era
assolutamente convinta.
“Volete presentarci?” chiese rivolta ad Ardesia e
Mythel in tono cortese con disinvoltura.
Ma fu lui a farlo, sfiorando con le labbra il dorso
delle mani di ognuna di loro.
“Hrist Rednite, cavaliere delle terre di Aolykt*”
- “devono essere oltre i confini dell’antico
impero di Aleksander perché non credo di
averle sentite nominare fino ad oggi”
rispose Rev per capire il motivo che lo
avesse allora spinto così lontano dal
proprio paese natio.
- “Direi di sì, ma sono lieto di trovarmi
finalmente tra voi. Desideravo concludere
i miei studi in un così prestigioso college
al fianco della mia c”
- “carissima amica Mythel. E’ quel che ho
pensato
anch’io,
iscrivendomi
all’Aleksander” concluse Ardesia per lui,
salvandolo dal pronunciare la parola
“creatrice”, prima fosse troppo tardi.
- “Esattamente, Ardesia, mi hai tolto le
parole di bocca” ammiccò verso di lei,
mantenendo comunque un atteggiamento
irreprensibile.
- “Ma non conosco ancora i vostri nomi,
incantevoli ragazze” aggiunse poi in modo
da deviare abilmente la conversazione.
Ardesia gliele introdusse con aria quasi seccata
e, in seguito, voltò a tutti loro le spalle per
allontanarsi dal salone affollato.
Mythel la capì: non era affatto semplice
sopportare il fatto che l’uomo di cui si è
innamorate si lasciasse corteggiare tanto
sfacciatamente dopo neanche pochi minuti dal
suo arrivo a Tefiros.
Ma lei era l’unica a sapere che in realtà anche
Hrist l’amava da tempo, solo che nel suo
racconto non gli aveva mai dato occasione di
confessarglielo.
Intravide per un istante il volto di Redsel tra gli
studenti che li osservava da lontano, indeciso se
seguire Ardesia o raggiungere lei e il nuovo
arrivato.
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Optò per la seconda e fu di certo la scelta più
saggia che potesse fare perché Ardesia non
avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti, di
qualunque natura essi fossero stati.
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CAPITOLO IV
Sfumature d’Insieme
Flettersi in avanti con decisione e affondare,
questo era il primo passo da seguire secondo gli
insegnamenti di Hrist.
Tirare di skerma non era mai rientrato nei suoi
desideri primari ma, da quando aveva lui come
maestro non poteva certamente più dire il
contrario, anzi, man mano che il tempo
trascorreva esercitandosi al suo fianco, Mythel
iniziava a sentire che impugnare una vera spada
e duellare, possedesse un fascino tanto inatteso
quanto gradito.
Da alcune settimane lasciava quindi che lui la
guidasse con grande sapienza e autorevolezza,
nonché precisione estrema per ogni dettaglio
tattico del duello durante il susseguirsi delle
loro lezioni di tardo pomeriggio.
“Noto dei miglioramenti o sbaglio?” esordì
Ardesia comparendo dal nulla di punto in
bianco.
Hrist fu subito felice di vederla e la salutò con
un lieve cenno del capo, sorridendole d’istinto.
“Da quanto ci stavi tenendo d’occhio?”
- “Abbastanza da rendermi conto che tu,
invece, sei alquanto fuori forma” asserì
gravemente, togliendo la spada di mano
alla sua creatrice per assumere una rapida
posizione di sfida.
Intuendo la piega che avrebbe preso quel
duello, Mythel si allontanò silenziosamente,
scontrandosi di colpo con una corporatura
piuttosto massiccia.
Alzò lo sguardo e sorrise, riconoscendo subito il
volto di Redsel che però sembrava non essersi
neppure accorto dell’accaduto e aveva gli occhi
rivolti fissi dinanzi a sé, come persi nel vuoto.
Si volse per seguire la direzione del suo sguardo
vitreo e vide i corpi in movimento di Hrist e
Ardesia sfidarsi con ardente passione, ma di
una passione che nulla aveva a che fare in realtà
57
con la skerma…
Redsel socchiuse gli occhi in preda allo
sconforto mentre il dolore e la rabbia lo
divoravano come le fiamme di un incendio
indomabile, poi Mythel lo vide voltarle le spalle
e allontanarsi senza neanche una parola.
“Redsel… aspetta!” lo chiamò a gran voce
correndogli dietro per trattenerlo in qualche
modo.
Ma lui proseguì imperterrito, ignorandola del
tutto - forse inconsapevolmente - e allora
Mythel si fermò, osservandolo con aria affranta
perché era cosciente del fatto che nulla avrebbe
potuto risollevarlo da quello stato di
abbattimento in cui si trovava, tranne forse
qualcuno di speciale, qualcuno che non poteva
di certo essere Ardesia, almeno non per lui.
Tornò sui propri passi, decidendo di non farne
parola né a Hrist, né tanto meno ad Ardesia, ma
fu del tutto inutile dato che di loro non vi era
più alcuna traccia da nessuna parte.
In effetti era quasi ora di cena e così, persa tra i
suoi pensieri, raggiunse stancamente l’ingresso
dell’Aleksander College notando un insolito
vociare provenire dall’interno.
Varcò la soglia con curiosità crescente e una
volta oltrepassata vide gran parte degli studenti
accalcarsi tutt’intorno alla bacheca in preda ad
un’euforia inconsulta che la spinse ad insinuarsi
tra la folla e venire così a capo del mistero che
aveva scatenato una tale baraonda.
La pergamena che vi era affissa di sbieco
recitava così:
“Io, Redsel Avalon, sfido
apertamente a duello Hrist Rednite
per domani all’alba.
Lo scontro si terrà sul retro della
biblioteca”.
E più sotto la sua inconfondibile sigla dal tratto
elegante, ma incisivo.
Mythel rimase a bocca aperta, completamente
sconcertata fino a quando non si rese conto che
anche Ardesia e lo stesso Hrist si trovavano
58
nelle medesime condizioni, attorniati dall’intero
college in cerca di risposte proprio come lo era
lei.
Ma, nonostante fosse riuscita a raggiungere
entrambi, facendosi largo tra la folla, Mythel
non approdò comunque a nulla poiché neppure
loro erano a conoscenza delle motivazioni che
potevano aver spinto Redsel ad un simile gesto.
Hrist le sorrise con una semplice alzata di
spalle, poi si allontanò come nulla fosse mai
accaduto.
La voce sul duello tra lui e Redsel si sparse nel
giro di poche ore, dando subito vita a diverse
fazioni in favore dell’uno o dell’altro.
Tra i più entusiasti di assistere all’inconsueto
avvenimento vi furono persino le tre ex sostenitrici di Redsel Avalon, che scelsero però
di parteggiare per Hrist Rednite in nome di
Ardesia, il loro idolo.
Al calare del tramonto, quando la cena fu
pronta nella mensa dell’Aleksander, il silenzio
regnò di colpo sovrano proprio in segno di
rispetto nei riguardi dei duellanti.
La luna riprese poi il suo posto nel cielo vitreo e
notturno mentre la neve incessante ricopriva
come sempre ogni cosa e Hrist cavalcava tra gli
alberi del bosco dell’Aleksander, seguito dalla
selvatica e flessuosa figura di Ardesia che già
andava assumendo le consuete sembianze di
lupo, correndo man mano sempre più veloce e
balzando in avanti con sempre maggior
precisione.
Una volta raggiunti i limiti del bosco, decisero
infine di sostare per un po’ sotto una delle
grandi magnolie iridescenti.
Hrist lasciò scorrere le dita tra il folto e soffice
pelo del dorso di Ardesia e poi sul muso dalle
striature argentate.
Lei socchiuse gli occhi riassaporando quel gesto
familiare dopo un tempo che le parve quasi
interminabile e adagiò il capo sulle sue gambe
distese come aveva sempre fatto.
Ma stavolta qualcosa era cambiato e non
riguardava il luogo in cui si trovavano, né altro,
solo che Ardesia sentì di essere ormai pronta a
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rivelargli i propri sentimenti senza altre remore.
“No, non dire nulla, non ce n’è alcun bisogno,
Ardesia. Anch’io ti amo da molto, moltissimo
tempo, ti ho sempre amata, ma non sapevo se
fosse giusto essere amato da te allo stesso
modo, credevo di non esserne degno, capisci?”.
Ardesia annuì e una lacrima le scivolò
dolcemente
lungo
il
muso
vellutato,
desiderando che l’alba giungesse al più presto
per potergli dimostrare tutto il suo amore sotto
forma umana o che non giungesse, nel timore
che si trattasse solo di un bel sogno che sarebbe
svanito alle prime luci del sole, come un
orrendo scherzo del destino, quello creato dalla
loro adorata Mythel.
“Credi che lei in fondo già sapesse che sarebbe
andata comunque così tra noi?” gli domandò
Ardesia ad occhi socchiusi.
- “Forse… chi può dirlo! A volte neanche lei
conosce davvero se stessa, non ha ancora
ben compreso chi lei realmente sia e di
cosa possa essere in grado di fare, ma lo
scoprirà col tempo, soprattutto grazie a
noi. Ma il giorno in cui questo accadrà”
- “ssh… no, Hrist, non dirlo, te ne prego” lo
supplicò col cuore in gola pur di non udire
quelle infauste parole.
- “Come preferisci, Ardesia. Ora è meglio
comunque tornare indietro. Conosci
l’importanza del tuo ruolo, non è così?”.
Si salutarono per l’ultima volta prima
dell’indomani con occhi luminosi, colmi di
passione, desiderio e di un amore talmente
intenso da avere l’impressione che il cuore
avrebbe di colpo potuto infrangersi in migliaia
di pezzi.
Mythel non fu in grado di parlare con Redsel
prima che l’alba giungesse sull’Aleksander
College e così lo scontro tra lui e Hrist sembrò
ormai inevitabile.
Vide Ardesia sorriderle dalla cucina, mentre
sorseggiava un marmellata calda.
Ma ben altro la distolse di colpo dai propri
60
pensieri quando il suo sguardo cadde sul dorso
della mano in cui l’Eyowin stava scintillando di
un viola quasi purpureo.
Di chi si sarebbe trattato stavolta?
E quando le avrebbe palesato la sua presenza in
quella lunga, lunghissima giornata appena
iniziata?
“Ora abbiamo altro a cui pensare, non credi mia
creatrice?” le ricordò Ardesia con il consueto
tono gentile, ma anche molto persuasivo.
Mythel si limitò ad annuire e a indossare subito
l’uniforme.
Nei corridoi ancora bui dell’Aleksander regnava
un silenzio spettrale, ma di tanto in tanto
qualcuno sgattaiolava fuori da una stanza per
raggiungere in fretta il luogo prestabilito per il
duello.
Che situazione insensata!
Un personaggio partorito dalla fantasia di
Mythel che doveva fare i conti con un essere
reale quanto lei…
Rev, Katt e Julv le precedevano di alcuni passi e
solo quando videro la loro adorata Ardesia, si
fermarono per un profondo inchino e farle
passare avanti per non mancare loro di rispetto.
Ardesia sorrise quando incrociò lo sguardo
stupito di Mythel e, senza dire una sola parola,
la condusse per mano fino al cortile della
biblioteca dove già si era radunata una discreta
affluenza di spettatori attorno ai due sfidanti,
pronti a battersi.
Sia Mythel che il resto dei presenti trattennero
il fiato non appena Hrist e Redsel incrociarono
le spade per dare inizio al duello e la tensione di
entrambi sembrò attraversare il cortile come la
furia di un lampo improvviso ed abbagliante.
Ma d’un tratto avvenne qualcosa di alquanto
bizzarro: una voce proveniente da chissà dove
iniziò ad intonare un motivo del tutto ignoto
come nulla fosse, distogliendo inevitabilmente
l’attenzione generale sull’evento tanto atteso.
“Chi osa disturbarci?” domandò Redsel in tono
imperioso, al colmo dello sdegno.
Da uno dei tetti dell’Aleksander comparve
dapprima una chioma grigio-azzurra, poi una
61
minuta figura femminile vestita in maniera del
tutto inconsueta che impugnava un’arma dalla
foggia altrettanto indefinibile, simile ad una
picca dei tornei di un tempo.
La videro balzare giù dal tetto con un’agilità
impressionante
e,
infine,
presentarsi
assumendo una posa dominante ma altrettanto
raffinata.
“Crimson Valo è il mio nome, signore, e vorrei
vi batteste con me anziché col presente
cavaliere, se anche lui accondiscende alla mia
richiesta” propose con aria del tutto naturale e
impavida.
Redsel rifiutò subito la sfida con altrettanta
fermezza e Crimson sferrò allora impietosa il
primo colpo per demolire il suo orgoglio.
“Temete forse il confronto con una ragazza più
giovane e atletica di voi, signor Avalon?” lo
schernì con aria beffarda.
Hrist sorrise alle spalle di Redsel che sembrò di
colpo perdere l’uso della parola dinanzi
all’audace Crimson.
Mythel e Ardesia assistettero più che divertite
alla scena, mentre l’Aleksander era in subbuglio
per l’arrivo inatteso di una duellante tanto
temeraria, quanto affascinante e determinata.
Redsel non ebbe altra scelta e accettò la sfida
con l’amaro in bocca già pregustando
comunque la vittoria.
“Ti consiglio di stare in guardia, folle insolente,
perché non avrò alcun riguardo nei confronti di
chi ha osato intromettersi in questo duello”
affermò nel rispondere con un colpo altrettanto
rapido e preciso.
Ma Crimson lo schivò come si fosse trattato di
un fastidioso insetto, poi lo costrinse a
schermarsi e retrocedere non appena scattò al
contrattacco, fingendo di colpirlo per schernirlo
ancora una volta.
Assalito dalla rabbia e dall’indignazione, Redsel
si vide costretto a reagire di conseguenza e
rimettere quella ragazza al proprio posto con
una stoccata decisiva che però finì per andare a
vuoto e ridicolizzarlo una volta di più.
La situazione degenerò nell’arco di breve tempo
62
e divenne realmente insostenibile, fino a
quando Redsel non perse ogni controllo,
agendo d’istinto come un animale in trappola.
Eppure Crimson non si degnò neanche di
prenderlo sul serio e, dopo aver schivato ogni
suo colpo tra le urla di ammirazione che si
levavano attorno a loro, decise d’un tratto di
porre fine all’impari duello con una stoccata
micidiale che tagliò di traverso la divisa di
Redsel dalla spalla al fianco con una simmetria
perfetta.
Il mormorio entusiasta cessò di colpo e parve
quasi di udire la neve posare al suolo per il
pesante silenzio che si venne a creare quando
tutti compresero che la sconfitta di Redsel
Avalon segnava la scintillante e inequivocabile
vittoria della nuova arrivata.
Rev, Katt e Julv furono tra le prime a
congratularsi
con
lei,
ignorando
lui
volutamente, e quando la folla fu ormai
dispersa, Crimson poté infine fare la
conoscenza di Mythel e riunirsi ai suoi amici.
“Ben arrivata e… grazie” l’accolse Hrist
scompigliandole i capelli in un moto d’affetto
che la fece sorridere imbarazzata, ma felice di
essere ancora una volta al loro fianco in
presenza della sua creatrice.
Redsel restò ad osservarli in disparte, deriso
dalle sue tre ex-sostenitrici, sentendosi come un
estraneo, qualcuno di ben poco gradito e da
ignorare del tutto.
Perché quella ragazza era stata in grado di
batterlo tanto facilmente e con una tale
rapidità?
La vide sorridere ancora e stringere Mythel a sé,
mentre Hrist e Ardesia si guardavano sottecchi
con aria complice.
Redsel fu costretto ad ammettere con se stesso
che il suo comportamento nei confronti di Hrist
non era stato affatto ammirevole né tantomeno
da persona matura, dimostrando solo di essere
un buffone ormai indegno della considerazione
di chiunque, in particolar modo della loro.
L’unica soluzione, quindi, restava quella di
ammettere i propri errori e tentare di farsi
63
perdonare in un modo o nell’altro.
Ma ciò che più gli premeva, senza comunque
comprenderne il motivo, era il poter
approfondire la conoscenza di colei che l’aveva
appena sconfitto.
“Cos’è un piknik?” la sentì domandare a Mythel
proprio allora.
- “E’ una merenda all’aperto fino al calare
della sera. Qui all’Aleksander è di rito per
inaugurare l’inizio dell’estate a Tefiros. A
fine giugno di ogni anno di studio ci si
ritrova tutti al termine delle lezioni sotto i
ciliegi in fiore e si trascorre l’intera
giornata insieme. Ancora non posso
credere che proprio oggi tu sia dei nostri,
Crimson, ne sono così felice!” esclamò
entusiasta con le lacrime agli occhi,
abbracciandola.
Non c’era da stupirsi, dopotutto Crimson Valo
era uno dei personaggi femminili che lei
preferiva del suo Felonhar No Shi, persino Hrist
e Ardesia ne erano a conoscenza.
“Nonostante tu mi abbia battuto, sappi che
anche io sono felice di averti all’Aleksander e mi
scuso con tutti voi per il mio assurdo
comportamento. So di aver sbagliato e vi chiedo
di perdonarmi” asserì d’un tratto Redsel
raggiungendoli.
Sia Mythel che gli altri lo fissarono subito con
aria torva e diffidente, ma dopo neanche un
secondo gli sorrisero, invitandolo ad unirsi a
loro per il piknik che avrebbe avuto luogo nel
tardo pomeriggio.
Dopo anni di solitudine e di amarezze, Mythel si
sentì finalmente circondata dall’affetto di
persone speciali per poter perfino trascorrere
una giornata in compagnia di amici veri e fidati
all’insegna del buonumore, tutto ciò che aveva
sempre desiderato e mai sperato di ottenere
nella propria grigia esistenza.
“Ma dovremo comunque indossare la divisa?”
chiese Ardesia mentre si avviavano verso la sala
della colazione.
- “Non noi, solo quelli del primo anno”
rispose Redsel tenendo però lo sguardo
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fisso su Crimson pur senza darlo a vedere.
- “Questa sì che è una bella notizia! Così
non sarò costretta a cambiarmi” esordì
proprio lei a quel punto, sistemandosi la
redingote con un gesto deciso.
Hrist scoppiò a ridere e Mythel lo imitò.
Ma lei non vi fece neanche caso e con uno scatto
felino balzò sulla gradinata d’ingresso del
college, arrampicandosi poi nuovamente sul
tetto in men che non si dica.
“Ne approfitto per dare ancora un’occhiata a
questo posto prima che inizino le lezioni. Ci
rivedremo oggi, Mythel! A più tardi, amici!” e
svanì tra i comignoli dei tetti e la nebbia
mattutina così come era apparsa qualche ora
prima.
“Ma non fa colazione?” domandò Redsel
piuttosto contrariato.
Mythel scosse la testa, ma fu Ardesia a spiegare:
“lei non è tipo da trascorrere la mattina seduta
a tavola a mangiare”.
Stringendosi nelle spalle, Redsel preferì
comunque dare ascolto al proprio stomaco e
attendere pazientemente che giungesse il
tramonto per rivederla, ascoltarla e, magari,
anche parlarle… almeno prima della partenza
per Kether.
La neve riprese la sua lenta discesa sulla già
diafana città di Tefiros, ma come sempre ciò
non impedì agli studenti dell’Aleksander di
dedicarsi appena possibile all’allestimento del
piknik secondo i propri gusti sotto i ciliegi loro
assegnati dai rappresentanti del college.
E tra di essi figurava persino Rev Forylt che si
era occupata personalmente del ciliegio
secolare da addobbare come ogni anno secondo
la tradizione.
Ad assisterla nell’impresa vi erano sia Ardesia
che Mythel, scelte da lei come sue collaboratrici
in via del tutto eccezionale.
Hrist e Redsel vennero invece incaricati di
occuparsi dell’illuminazione dei ciliegi per
quando sarebbe giunta l’ora del tramonto.
Nel fresco nevoso di inizio giugno oscillavano
una miriade di lampioncini colorati di carta
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vetrata come in un contorto gioco di intarsi tra i
rami fioriti dal delicato profumo inebriante.
I più intensi erano quelli tondi rossovino, poi
quelli traforati gialloluna e infine gli
asimmetrici azzurrolatta.
Nella sera calante gli studenti si radunavano
chiassosi e dai sorrisi accesi sotto i ciliegi
variopinti e luminosi per festeggiare fino
all’ultimo un altro indimenticabile piknik ormai
prossimo alla sua ennesima conclusione.
Redsel si poggiò al tronco dell’ultimo ciliegio a
cui aveva appena fissato uno dei restanti
lampioncini rossovino e socchiuse gli occhi,
esausto.
“Dev’essere stato piuttosto faticoso per te dopo
lo scontro di stamani” sentì dire da una voce
proveniente al di sopra della sua testa.
Sollevò lo sguardo e scorse la figura scattante di
Crimson Valo saltare da un ramo all’altro del
ciliegio fino a raggiungerlo con un balzo che
aveva dell’incredibile.
Decise subito di eludere la domanda e di
spostare ogni argomento su di lei per sapere
qualcosa di più sul suo conto.
“Mythel starà di certo chiedendosi dove tu sia
finita per tutto questo tempo” asserì senza
scomporsi.
“Lei o tu per la precisione?”.
Redsel restò di sasso mentre lei con un sorriso
beffardo si dileguava attraverso la folla senza
più voltarsi.
“Non farci caso, lei è fatta così, ma se ti ha
rivolto la parola per prima è perché già nutre
della simpatia nei tuoi confronti, ne sono certo”
lo rassicurò allora Hrist sbucando da chissà
dove.
Redsel si strinse nelle spalle non sapendo se
credere o no alle sue parole.
“Dai, raggiungiamo Mythel ora, ci stanno
aspettando per gustare i dolci preparati dai suoi
nonni e penso ne valga davvero la pena, invece
di star qui a rimuginare inutilmente”
- “già… hai proprio ragione Hrist, meglio
muoversi”.
Fianco a fianco s’incamminarono verso il
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ciliegio secolare per unirsi a Rev, Mythel,
Ardesia e anche alla nuova arrivata, tutta presa
dai colori che sfavillavano nella sera sulla
candida neve che li circondava e dall’invitante
aroma che proveniva dai dolci dell’Eis Kaffe.
“Quelli che gusto hanno? Sembrano davvero
prelibati a vedersi”, la udì chiedere a Mythel in
tono referente.
“Mousses alla pera con crema di cioccolato e
gocce di miele, tieni: assaggiane una”.
Redsel la fissò con avidità, desiderando per un
istante essere il cucchiaino che s’insinuava tra le
sue morbide labbra per poterla baciare e saziare
come quel dolce succulento.
Si soffermò ad osservarla nei minimi particolari
e chissà per quale strano motivo si ritrovò a
confrontarla con Ardesia e Mythel.
Qualcosa le accomunava l’una all’altra in
maniera indefinibile, qualcosa di misterioso e
accattivante al tempo stesso che le rendeva
simili tra loro nonostante le innegabili
differenze fisiche e comportamentali, qualcosa
che non era davvero in grado di comprendere in
alcun modo, ma che lo attraeva invincibilmente.
Vide Mythel sorridere, come mai prima di
allora, al colmo dell’entusiasmo e della gioia più
intensa.
Un’immagine che da lì a breve sarebbe rimasta
impressa nella fotografia che il signor Henklod
scattò a tutti loro per il lavoro svolto; lei al
centro, abbracciata sulla destra da Crimson e
sulla sinistra da Ardesia, al fianco di Hrist e
Rev, mentre lui stava alle sue spalle come un
angelo custode, ma con un’espressione non di
certo felice come il resto del gruppo.
Una foto ricordo che Redsel avrebbe comunque
portato con sé a Kether…
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CAPITOLO V
Riflessi di Luna
su Neve d’Agosto
La notte scivolava sul pendio innevato e
attraverso un bagliore bluastro si rifletteva nel
Lyseis dove sfavillanti stelle nuotavano
silenziose.
Ma lungo Tefiros e per i suoi borghi immersi
ancora nel sonno, il vento era già più tiepido e
soave, e risvegliava i cristalli di neve sulle rocce
e quelli sui tronchi d’albero nelle foreste
argentate.
La Quinta Stagione era alle porte e con essa
anche la partenza di Redsel per l’accademia
militare di Kenson; quelli sarebbero stati i tre
giorni più lunghi dell’anno che loro avrebbero
condiviso prima di salutarsi definitivamente.
Nei sogni di Redsel la neve avvolgeva Tefiros e
l’Aleksander College in una tormenta infernale
mentre Crimson gli voltava le spalle senza mai
riuscire a raggiungerla, la propria voce
sembrava riecheggiare intorno a lui perdendosi
nelle spirali di vento gelido.
In quelli di Mythel invece, lei si addentrava
nell’incavo di un’enorme quercia secolare per
trovare riparo da un sole accecante che
sembrava volerle bruciare la pelle ad ogni
passo, ma quel tronco la riconduceva
finalmente a Tefiros e alla sua amata neve.
“Visto che sei tornata, credo dovresti andare a
lezione. Oggi c’è l’esame di fine quadrimestre,
ricordi?” le chiese Ardesia quando la vide
svegliarsi con un’espressione beata dipinta sul
volto.
Osservò l’amica piuttosto confusa: le aveva
forse letto nel pensiero persino in sogno?
Ardesia annuì e le sorrise senza dire una sola
parola, uscendo poi dalla stanza con la divisa
estiva già indosso.
- Ma come…? - si domandò incredula.
Si alzò dal letto trovando come sempre la
colazione già pronta sul tavolo - quando era
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ormai troppo tardi per quella della mensa - poi
si vestì e raggiunse in fretta l’aula per l’esame
appena in tempo, evitando così una magra
figura.
Redsel l’aveva persino
attesa
dinanzi
all’ingresso insieme a Hrist per darle il
buongiorno e ricordarle che quel pomeriggio si
sarebbero organizzati per andare tutti insieme
al lago della Quinta Stagione.
“Quello è il Lyseis? Ma è stupendo! Non
immaginavo fosse così grande!” esclamò
Ardesia quando Redsel glielo indicò dalla
torretta dell’Aleksander insieme a Hrist.
“Lo sarà ancora di più stasera, vedrai” le
assicurò.
- “Ah, lo credo! E’ la prima volta che ne
vedo uno vero!”.
Hrist la osservò con occhi ardenti nel vederla
così eccitata poi, non appena Redsel si fu
allontanato…
“Ardesia”
- “Sì, dimmi” rispose voltandosi verso di lui
in tutto il suo splendore.
Ma Hrist non aggiunse altro e la baciò soltanto,
e a lungo, assaporando la sua bocca e le sue
labbra con tutto l’amore che sentiva per lei
scorrergli nelle vene.
Redsel proseguì a scendere le scale fino a
quando il suo sguardo non incrociò quello di
Crimson, appollaiata su un balcone del college
con una gamba penzoloni nel vuoto.
Sembrava così assorta nei suoi pensieri da non
essersi neppure accorta di fissarlo.
Le si avvicinò cautamente.
- Forse ce l’ha ancora con me perché al piknik
non le ho dato tregua. E’ talmente suscettibile! rifletté prima di salutarla con un cenno della
mano.
“Ah…sei tu, Redsel. Che ci fai quassù?”
- “Ero insieme a Hrist e Ardesia per
mostrargli il lago dove andremo stasera”
spiegò restando in piedi accanto alla
portafinestra.
69
- “Mm…capisco, quindi se sei qui è solo per
una pura coincidenza, dico bene?”
- “Crimson… aspetta, ascolta un momento:
io non voglio tormentarti, sono solo
curioso di conoscerti dato che anch’io
sono amico di Mythel, mi spiace di averti
infastidita tempo fa, ma vorrei che non mi
evitassi ogni volta come fossi un
appestato, d’accordo?”.
Crimson socchiuse gli occhi e si limitò ad una
semplice alzata di spalle, ignorandolo per
continuare a crogiolarsi al sole come un gatto
assonnato.
I capelli seguivano la direzione del vento,
schiaffeggiandole il viso di tanto in tanto, e la
divisa estiva che indossava le modellava il corpo
come una seconda pelle per non parlare delle
sue labbra sempre così invitanti, appena
dischiuse.
Non sapendo in che modo comportarsi, decise
di andarsene senza dire altro.
Crimson riaprì gli occhi lentamente e lo vide
allontanarsi a testa bassa lungo il corridoio
attraverso la luce che filtrava dalle finestre.
Dopotutto cosa poteva farci se lui riusciva
sempre e solo ad irritarla?
Ogni volta che lo vedeva era come se ricevesse
una scarica elettrica e doveva sforzarsi non poco
per riuscire a mantenere saldo il proprio
autocontrollo.
“Mythel sei pronta?” la chiamò Ardesia dopo
averle assegnato una sua nuova creazione
adatta all’evento di quella sera.
- “Sì, arrivo!”.
Il costume da bagno che le aveva dato da
indossare le stava alla perfezione, i colori in
particolare le donavano molto, un azzurro cielo
e bianco panna che la rendevano ancor più
adorabile.
“Ah! Hrist, noi andiamo…”, ma nell’attesa si era
addormentato sul divano e Ardesia ci rimase
piuttosto male.
“E ora che facciamo?” chiese Redsel ridendo.
70
- “Beh… ci può sempre raggiungere più
tardi. Lasciamogli un biglietto, d’accordo?”
suggerì Mythel semplificando subito le cose.
- “Allora? Andiamo oppure no?” - chiese a
quel punto Crimson sbucando dal nulla sul
balcone alle loro spalle - “Beh? Che avete? Non
vi sentite bene?” incalzò sfacciatamente.
- “No, no… è solo che sei comparsa così
all’improvviso!” rispose Mythel piuttosto
sorpresa del suo arrivo inatteso.
- “Veramente ero già qui fuori da un pezzo
e mi ero davvero stancata di aspettare”.
D’un tratto un libro attraversò la stanza,
colpendo Crimson dietro la testa.
“Ti sembra questo il modo di rivolgerti a
Mythel?” le chiese Hrist risvegliandosi.
- “Ah, ciao” lo salutò senza scomporsi con
la
solita
aria
impertinente,
massaggiandosi la nuca.
“Scusa se ti abbiamo svegliato” disse invece
Mythel al suo posto.
“Fa niente… meglio così dopotutto.
Piuttosto, non dovremmo già essere al Lyseis a
quest’ora?”.
Dopo che tutti ebbero preso il necessario per
cenare in riva al lago e asciugarsi al termine del
bagno, finalmente uscirono dall’Aleksander,
dirigendosi oltre il bosco, giù per la gradinata
dei Darkob lungo il pendio.
Tefiros innevata e calda dal cielo terso
trapuntato di stelle al calare del sole.
Tre giorni di vera estate come negli altri paesi di
Iakes che Mythel poteva finalmente vivere
insieme a esseri speciali come Ardesia, Hrist,
Crimson e anche Redsel.
Quella era la prima volta che vedeva il Lyseis di
notte durante la Quinta Stagione, ne aveva
sempre sentito parlare, ma oltre al non
possedere ancora l‘età adatta fino all’anno
precedente, Mythel non avrebbe neppure
saputo con chi andarvi…
E ora invece anche lei lì a poter godere delle
meraviglie di quel periodo grazie ai suoi
71
preziosi amici.
“Manca ancora molto?” si lamentò Crimson
essendo costretta a mantenere il loro passo
senza poter saltare da un ramo all’altro come al
suo solito.
“No, vedi quella grande roccia laggiù?
Dietro si estende il Lyseis e se comunque
fossimo giunti prima del tramonto non avresti
potuto vedere lo spettacolo a cui assisterai tra
poco” le rispose Redsel in tono carezzevole.
Quando giunsero nel punto da lui indicato
nessuno ebbe più il coraggio di parlare, come se
avessero infranto chissà quale incantesimo nel
farlo e fu così che subito dopo rimasero tutti
senza fiato nell’osservare estasiati lo scenario
che gli si parò di fronte.
I raggi della luna d’agosto attraversavano le
acque del lago rendendolo quasi surreale
mentre già alcuni studenti dell’Aleksander,
dopo avervi gettato i cristalli di neve
incandescenti raccolti dalle rocce circostanti, si
lasciavano andare a calde nuotate notturne.
Le rocce sembravano brillare di luce propria e
quasi iridescente come diamanti perfetti, e ogni
cosa si rifletteva sulla neve argentata in un
gioco di luci vibranti senza fine.
Mythel credette per un attimo che il proprio
cuore sarebbe presto esploso per l’emozione
incontenibile che tutto ciò le fece provare.
E non era di certo l’unica…
Persino Crimson era senza parole e così pure
Hrist e Ardesia, stretti l’uno all’altra.
Redsel le sorrise comprendendo il suo stato
d’animo, ma alcune voci dall’altra sponda del
lago interruppero quel magico momento,
attirando di colpo la loro attenzione.
Si trattava come sempre delle solite tre
scatenate sostenitrici di Ardesia che si congedò
da loro con Hrist al fianco per raggiungerle.
“A quanto pare siamo rimasti solo noi” asserì
Crimson con aria seccata.
Mythel avrebbe voluto rispondere ma qualcuno
lo fece al suo posto, dichiarando:
“non è del tutto esatto”.
D’un tratto però tutto divenne immobile
72
attorno a sé ed ecco comparirle accanto, come
un essere lunare, il sovvertitore spaziotemporale Asgar Furlok che la sollevò da terra,
conducendola a danzare sulla superficie del lago
con sé in un silenzio irreale.
L’Eyowin stava difatti brillando di una luce
dorata sulla sua mano, ma solo ora se ne
rendeva conto.
“Sono onorato di fare la tua conoscenza mia
amata creatrice. Non pensavo sarebbe stato
realmente possibile un giorno” confessò
tenendo lo sguardo cristallino fisso su di lei
prima di aggiungere:
“e non credevo neanche tu fossi tanto deliziosa,
Mythel Eis”.
Lei arrossì, imbarazzata come non mai dinanzi
a quelle parole tanto sincere, ringraziando il
fatto che nessuno potesse vederla, soprattutto
Redsel.
“Cosa provi per lui in tutta onestà?” le chiese a
bruciapelo.
- “Dovresti saperlo”
- “posso leggere la tua mente, non il tuo
cuore, Mythel”.
Lei tacque, annuendo ad occhi bassi.
Si sentiva proprio una stupida certe volte!
“No, sai di non esserlo, ma penso che tu non sia
ancora in grado di darmi una risposta in merito
o sbaglio?”.
Mythel scosse energicamente il capo e sentì
Asgar allentare la presa intorno alla sua vita per
scortarla di nuovo sulla sponda del lago, nel
punto esatto in cui si trovava inizialmente.
“Ti ringrazio per avermi concesso questo ballo,
ci rivedremo domattina, d’accordo?”
- “perché non resti?” lo supplicò in tono
cortese.
- “Lo vorrei anch’io, credimi, ma attirerei
troppo l’attenzione stasera con tutta
questa gente, non pensi?” le fece notare
per poi posarle un lieve bacio sulla fronte
e svanire di colpo così com’era venuto.
“Hai detto qualcosa Redsel?” chiese Crimson
riprendendo vita assieme a tutto il resto.
Mythel sorrise alle loro spalle, sentendosi
73
comunque un po’ sola quando Asgar se n’era
andato.
Chissà dove e quando si sarebbero rivisti
l’indomani!
Fortunatamente quella non era una notte come
le altre e lei doveva ancora iniziare a divertirsi
insieme agli altri.
Si tuffò in acqua, seguita subito da Crimson e
Redsel che si sfidarono in una gara di nuoto,
scommettendo di riuscire ad attraversare
l’intero Lyseis in lungo e in largo senza mai
fermarsi.
Mythel si convinse definitivamente che fossero
completamente pazzi e senza più alcuna
speranza di guarigione.
Ripensò alla domanda di Asgar riguardante i
suoi sentimenti per Redsel e in quel preciso
istante si rese conto di non provare alcuna
gelosia per il legame che stava instaurandosi tra
lui e Crimson, anzi, semmai l’esatto contrario.
“La Quinta Stagione è davvero meravigliosa su
questo lago!” esclamò Ardesia con espressione
trasognata.
Hrist la osservò rilassarsi dopo una lunga
nuotata sotto i rami di un gigantesco ciliegio e
sorrise.
“Il Lyseis è un luogo che ha qualcosa di magico,
non trovi?” le domandò.
- “Allora lo pensi anche tu!” - esclamò
Mythel raggiungendoli - “Non trovate che
sia uno scenario da favola?”.
Gli amici annuirono subito, invitandola a
sedersi insieme a loro.
“Qui è dove si sono incontrati i miei genitori per
la prima volta…”.
Ardesia la fissò intensamente, sentendosi di
colpo molto triste, mentre Hrist affermava con
serenità:
“ecco perché desideravi così tanto vederlo, non
è vero?”.
Mythel rimase soprappensiero per un po’ e
Ardesia la fissò con maggior apprensione,
avvertendo distintamente tutta la sua
malinconia attraversarla nell’animo come un
brivido improvviso.
74
- Forse dovrei andarli a trovare… è passato
quasi un anno dall’ultima volta - rifletté
senza più far caso a quel che la
circondava.
“Ma certo!” - esclamò Ardesia, illuminandosi in
volto - “Domani, prima di venire qui, li
andremo a salutare, d’accordo?”.
Il sorriso che apparve sul volto di Mythel
sembrò illuminare istantaneamente ogni cosa,
mentre sia Hrist che Ardesia l’abbracciavano.
“E vorreste forse andarci senza di noi?”
domandò Crimson comparendo dal nulla.
Redsel tentò di capire a cosa si stesse riferendo
quando la raggiunse, ma dovette attendere le
parole di Hrist per riuscirci.
“Penso che a Mythel farebbe piacere se veniste
anche voi dai suoi genitori. In fin dei conti tutti
le vogliamo bene, no?”.
Gli occhi di Redsel di spostarono subito su di
lei.
La vide annuire imbarazzata, ma felice.
Per un attimo gli si offuscò la vista nel vederla
così vulnerabile e forte al tempo stesso.
Al solo pensiero che presto avrebbe dovuto
separarsi da lei e da Crimson - troppo presto
per accettarlo - si sentì quasi mancare, come gli
fosse di colpo arrivato un pugno in pieno
stomaco.
Se solo ci fosse stato un modo per restare con
loro ancora per qualche tempo…
Come poteva definire il sentimento che
provava?
Il cielo era ancora terso e l’aria tiepida: una
nuova giornata da dedicare a se stessa insieme
alle persone che” le volevano bene”, come aveva
detto Hrist la sera precedente.
Al suo fianco Crimson e Redsel che indossavano
abiti bianchi per accedere al luogo in cui erano
poste le lapidi dei genitori di Mythel.
“Non sapevo ci fosse un cimitero da queste
parti…” disse lui quando ne varcarono la soglia.
Avevano attraversato il sentiero del Kareisty
75
sotto il sole della Quinta Stagione e, poco prima
di giungere nel centro di Tefiros, Mythel si era
infilata in una sorta di vicolo strettissimo
ricoperto di edera rampicante sulla loro sinistra
e dopo alcuni metri erano giunti in quel luogo
che sembrava appartenere ad un altro mondo.
Aceri rossi e dorati le cui foglie avevano svariate
gradazioni di colore e avvolgevano il piccolo
cimitero come un manto che lo proteggesse
sempre da vento e gelo durante il resto
dell’anno, un luogo dove il tempo sembrava
essersi fermato, lasciando ogni cosa intatta e
immacolata.
“In effetti io e i nonni siamo gli unici a
conoscerne l’esistenza”
- “come mai? Quelle non sono tombe di
altre
persone?”
chiese
Redsel
indicandogliele.
- “Non proprio… quelle sono degli animali
appartenuti alla nostra famiglia prima che
io nascessi. Era un tradizione degli Eis di
alcuni secoli fa” precisò con un lieve
sorriso.
- “Che pensiero gentile…” asserì Crimson
sospirando.
Solo Mythel poté comprendere al volo il perché
di quel tono malinconico tanto inusuale in lei;
di certo sentiva la mancanza di uno dei suoi
amati draghi, morto nella battaglia finale contro
il crudele Felonhar.
Era il drago che lei aveva allevato come un figlio
e che era stato trafitto da una freccia letale,
quella di qualcuno che avrebbe preferito non
rivedere mai più per il resto della sua vita.
“L’appuntamento con Hrist e Ardesia era qui
però o mi sbaglio?” chiese Redsel non riuscendo
a comprendere come avrebbero potuto arrivarci
da soli non essendo di Tefiros.
“Sì, di sicuro sono già…”
- “Mythel!” si sentì chiamare infatti da loro,
fermi dinanzi alle lapidi dei suoi.
- “Ben arrivati! Non vi sembra un luogo
meraviglioso in cui venire con questo
cielo?”
- “Mm… in un certo senso direi di sì”
76
rispose Redsel guardandosi attorno
estasiato.
- “Avanti, non perdiamo tempo, siamo qui
per altri motivi” affermò Crimson
piuttosto rudemente.
In silenzio si posizionarono tutti intorno alle
tombe dei coniugi Eis, quella della madre, Arten
e quella del padre, Fersel.
“Sono molto ben tenute… sarà già venuto
qualcun altro prima di noi?”
- “Credo proprio di sì. E’ stata sicuramente
la nonna. Lei amava così tanto il papà e la
mamma”.
Redsel tacque e rimase a fissare le due lapidi
con mille pensieri accavallati nella mente
riguardo alla vita che aveva condotto Mythel
senza di loro e alla Mythel che era diventata,
crescendo al fianco dei nonni terribilmente
protettivi.
“Cos’è successo ai tuoi genitori?” le domandò
poi d’un tratto.
- “Mi hanno detto che sono stati travolti da
una valanga mentre lavoravano”
- “cosa facevano?”.
Mythel sembrò tornare indietro nel tempo,
persa nei ricordi che all’epoca non era stata in
grado di comprendere a fondo, essendo solo
una bambina.
“Erano due archeologi, stavano cercando i resti
della principessa Galaksiel” rispose infine
sedendosi sulla tomba della madre.
“Guardate! Non sono stupendi?”, Ardesia gli
indicò i bucaneve cresciuti spontaneamente
dietro le lapidi dei coniugi Eis, sfiorandoli con
le dita.
- “Già… questi sono gli unici rimasti in
tutta Tefiros ormai: Il nonno mi ha
spiegato che è per
via della barriera naturale creata dagli
alberi di questo luogo se sono spuntati qui
restando in vita”.
Crimson le si sedette accanto, scrutandola
attentamente in viso.
“Loro… credi siano felici che tu ci abbia portato
qui con te a salutarli?”.
77
Mythel le rispose senza alcun dubbio di sì e
sorrise, illuminandosi di colpo.
Gli occhi le brillavano come i cristalli
incandescenti nel Lyseis della notte prima e
Redsel tentò di capire come vi riuscisse perché
ogniqualvolta lui invece pensava alla propria
sorella o a tutto il resto, inclusa l’imminente
partenza per Kether, il suo “io” iniziava a
vacillare e qualunque sorriso svaniva dal suo
volto senza trovare alcun rimedio.
Come avrebbe fatto senza di lei?
Poteva ancora insegnargli così tanto per
accettare il passato e andare avanti con
determinazione…
Ma ormai non aveva più tempo per fare nulla,
né rimpiangere ciò che non sarebbe stato: lui
avrebbe preso comunque l’Under Ekspress per
entrare all’Accademia Militare Strategica di
Kenson e divenire un Warlike a tutti gli effetti,
questa era la realtà e nulla poteva cambiarla!
Sulla strada di ritorno all’Aleksander Mythel
notò qualcosa di davvero inusuale per la città di
Tefiros: da quando il vento aveva cessato di
soffiare mentre le foglie degli alberi
sembravano essere scosse da raffiche violente e
improvvise?
Si voltò verso Crimson per capire cosa stesse
accadendo e se anche lei avesse notato quello
strano fatto, ma la vide sorriderle come nulla
fosse e dire semplicemente:
“sta arrivando”.
Non fu subito in grado di afferrare il senso delle
sue parole finché non si ritrovò faccia a faccia
con Asgar in tenuta estiva.
“Buongiorno a tutti” salutò con espressione
imperscrutabile.
Mythel lo trovò ancora più affascinante della
sera prima, tanto che non riuscì neppure a
rispondere.
“Non credo di averti mai visto all’Aleksander
fino ad oggi o mi sbaglio?” gli chiese Redsel
porgendogli istintivamente la mano.
- “Infatti è così. Il mio nome è Asgar
78
Furlok, sono arrivato solo stamattina. Tu
invece devi essere Redsel Avalon. Ho
sentito parlare molto di te dai miei amici”
rispose accennando col capo al gruppo
che li contornava.
- “Già… immagino” ironizzò con un mezzo
sorriso, riducendo gli occhi a due fessure
per scrutarsi attorno in modo circospetto.
Asgar sorrise, lasciandosi poi abbracciare dai
suoi compagni e tenendo comunque lo sguardo
sempre fisso sulla radiosa Mythel che finì per
arrossire senza esserne cosciente.
Redsel si rese immediatamente conto
dell’effetto che quel ragazzo aveva su di lei
eppure, strano a dirsi, non provò alcuna gelosia
nei suoi confronti, anzi, la sensazione che ebbe
istantaneamente fu di sollievo.
Pensare che una volta partito per Kether,
Mythel avrebbe avuto tutti loro al suo fianco,
incluso quell’Asgar di cui sentiva di potersi
fidare ciecamente, gli dava la certezza assoluta
di lasciarla al sicuro.
“Stasera dobbiamo festeggiare il tuo arrivo e la
mia prossima partenza, non credi?” gli
domandò di punto in bianco.
Mythel ebbe un sussulto a quelle parole: come
aveva potuto dimenticare che presto, troppo
presto, Redsel li avrebbe lasciati?
“Con piacere… sempre che Mythel sia dei
nostri” soggiunse nel vederla con la testa
altrove.
Redsel e gli altri rimasero in attesa di una sua
risposta affermativa, ma lei non vi riuscì e gli
occhi si riempirono improvvisamente di lacrime
a stento trattenute.
“Hey, Myth! Che ti prende?” le chiese scioccato
dalla sua reazione del tutto inaspettata.
Crimson e Ardesia tentarono di farla calmare,
mentre Hrist si rivolgeva ad Asgar in tono
piuttosto serio.
Redsel si sentì tagliato fuori per un attimo da
quella situazione e si sforzò di mantenere la
calma, ragionando sul motivo per cui Mythel
fosse scoppiata in lacrime.
Possibile fosse dispiaciuta quanto lui del fatto
79
che l’indomani si sarebbero separati per chissà
quanto?
“Vi chiedo scusa” disse quando sembrò essersi
ripresa.
Asgar le si avvicinò per asciugarle il volto con
un fazzoletto e Crimson le sorrise per infonderle
coraggio e continuare a parlare.
Lei annuì, aggiungendo:
“avevo cancellato dalla mia mente che saresti
partito e che non avrei neanche potuto finire
quest’anno di studio insieme a te. Mi dispiace,
ma ti voglio così bene che non riesco proprio ad
accettare il fatto che tu vada tanto lontano,
scusami Redsel”.
Crimson iniziò a spazientirsi.
“Ma insomma! Si può sapere qual è il
problema? Possiamo sempre partire con lui,
no? Siamo in vacanza dopotutto e nessuno ci
vieta di fare quel che ci pare!” affermò allora
con risolutezza.
Sia Mythel che gli altri sgranarono gli occhi per
la sorpresa: chi avrebbe mai pensato ad una
soluzione simile se non Crimson?
Entusiasti all’idea di viaggiare attraverso le città
del sottosuolo di Iakes, il gruppo di amici tornò
nuovamente a sorridere e tutto parve assumere
ancora una volta i toni dell’armonia nelle sue
più svariate e intense sfumature d’insieme.
A volte le soluzioni più ovvie erano così a
portata di mano da sembrare quasi
irrealizzabili, ma per fortuna Crimson faceva
eccezione ed era in grado di riuscirci senza
tante inutili complicazioni.
“Adesso l’unico problema sarà convincere mio
nonno” asserì dopo qualche minuto Mythel
tornando a sorridere; già immaginava la faccia
che avrebbe fatto quando gli avrebbe chiesto di
partire con l’Under Ekspress…
Il Pivot era iper-affollato come ogni fine
settimana, ma mentre Redsel e Hrist cercavano
di rimediare un tavolo per il loro gruppo, Asgar
scortava le ragazze all’Eis Kaffe per mettersi
d’accordo con il nonno di Mythel affinché la
80
lasciasse partire alla volta dello Iakes
sotterraneo.
E come avevano immaginato non fu affatto
semplice riuscire nell’impresa…
“Non ho idea di chi siate, né per quale motivo
vogliate portare Mythel con voi tanto lontano.
Lei non è ancora pronta per affrontare un
viaggio del genere, non lo pensi anche tu
Sephir?” chiese poi rivolto alla moglie.
Lei si limitò ad osservare attentamente
ognuno di loro fino ad incrociare lo sguardo
carico d’attesa e di speranza dell’amata
nipote.
Fu Asgar ad intervenire a quel punto in tono
grave, ma altrettanto sereno.
“Mythel sta imparando a vivere e a crescere
insieme a noi. Non è più una bambina da
proteggere e anche voi ormai ne siete
consapevoli se non erro”.
Crimson e Ardesia si guardarono sconcertate da
tanta franchezza, ma la risposta dei nonni di
Mythel continuò a tardare.
Maximilian si volse nuovamente verso la moglie
in cerca di una soluzione.
Le parole di quel ragazzo dai capelli plumbei e
lo sguardo penetrante lo avevano scosso
profondamente perché sapeva in cuor suo
quanto fossero veritiere, ma non riusciva
proprio a mandar giù l’idea che Mythel si
allontanasse da loro così all’improvviso.
Dopo aver perso suo figlio Fersel non era per
nulla facile lasciarla andare col rischio di non
vederla mai più tornare da loro.
“Le località del sottosuolo sono molto
pericolose, ne siete consapevoli?” domandò
Sephir tutt’a un tratto, lasciando il marito di
stucco.
Ognuno di loro si limitò ad annuire, Mythel
inclusa, che iniziò finalmente ad intravedere
nelle parole della nonna uno spiraglio di luce.
“Allora dovete promettermi che continuerete a
prendervi cura della mia Mythel. In particolar
modo tu” dichiarò poi indicando Asgar con un
cenno del capo.
- “Sarò la sua ombra, signora. Non lascerei
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le accadesse nulla neppure giungesse la
fine del mondo, può credermi sulla
parola”.
Sia Sephir che il burbero e diffidente
Maximilian si ritennero soddisfatti, decidendo
così di acconsentire alla loro richiesta seppur a
malincuore...
Ma Mythel era ormai maggiorenne ed aveva
tutto il diritto di spiccare il volo anche se un
volo sotterraneo.
“Cosa?! Non vorranno mica partire senza di noi
sul serio?” esclamò Rev indispettita non appena
venne a conoscenza del viaggio che Ardesia e gli
altri avrebbero intrapreso il giorno seguente.
Julv e Katt si ridussero ad un’alzata di spalle
non sapendo che dire.
“E poi si può sapere perché nessuno di loro ci
ha ancora presentate al nuovo arrivato?”
- “Si chiama Asgar Furlok, l’ho incrociato
stamattina nel cortile principale andando
a mensa per colazione” la informò Katt
con occhi sognanti.
- “E che tipo ti è sembrato?” le chiese pur
vedendola
con
quell’espressione
inequivocabile sul viso.
- “Da favola… mi ha persino salutata!”.
Julv e Rev la fissarono incredule: da quando
Katt si comportava come un’adolescente alla
sua prima infatuazione?
Forse era meglio darsi una mossa e scoprire di
persona chi altri si era unito al gruppo di
Ardesia prima fosse troppo tardi.
“Poco fa hai detto che si trovano al Pivot,
vero Julv?” le domandò Rev assumendo di
colpo un tono bellicoso.
Quando furono pronte uscirono dall’Aleksander
e si diressero al centro di Tefiros.
Rev con un succinto completo color glicine e
bianco tutto trine e merletti, Katt con un lungo
abito nero ebano e Julv in un elegante spezzato
dal taglio maschile, ruggine e viola.
Quando fecero il loro ingresso nel locale,
attirando come sempre l’attenzione di molti,
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qualcuno stava esibendosi dal vivo nonostante
non ci fosse alcun evento live previsto per
quella sera.
La voce della cantante però, avevano la vaga
impressione di averla già sentita da qualche
altra parte prima di allora.
Katt indicò subito loro il tavolo dov’erano
riuniti Ardesia e gli altri con gli occhi fissi verso
il palco dove una ragazza con la chitarra stava
cantando a squarciagola un brano sconosciuto,
ma a dir poco straziante e impetuoso al tempo
stesso.
Man mano che si avvicinavano, sentivano
brividi di passione scorrere lungo la schiena
come improvvise scariche elettriche fino a
quando non riconobbero Crimson sotto i
riflettori multicolore del palco.
Stordite da una tale intensità e potenza vocale,
rimasero in piedi ad ascoltarla sino alla fine
senza più neanche rendersi conto del reale
motivo per cui si trovassero lì.
Non compresero subito il titolo, ma si ritennero
fortunate di poterla ascoltare fin dall’inizio.
Steps
As a flower die
And youth go out of date
Even life in its steps grows
With every sense and virtue
But cannot be eternal.
When life calls, heart must be
Ready to leave and start again
Offer itself calm and valiant
To new and different links.
Every start has a spell
That protect us and helps to live.
We must cross spaces
Without stop our foot in them
Universal spirit won’t tie us
But relieve us step by step.
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As we get used to a place
We risk to weaken in laziness
Only who’s ready to move and leave
Hits the jamming boredom
Maybe the death itself
Will lead us to new spaces
The call of life is endlessly…
Come on my heart, leave and recover!
L’esplosione di urla e applausi che seguì le note
finali di quella canzone sottolineò l’effetto
incredibile che aveva ottenuto su tutti i
presenti.
Crimson ringraziò con un inchino e poi saltò giù
dal palco lasciando che Mythel si congratulasse
con lei, abbracciandola più forte che poteva.
Poi, finalmente, Rev, Katt e Julv si risvegliarono
dallo stato confusionale in cui l’esibizione di
Crimson le aveva gettate e decisero di farsi
avanti senza ulteriori tentennamenti.
“ ‘Sera a tutti” li salutò la loro leader.
Ardesia e gli altri si volsero piuttosto sorpresi
nel trovarsele davanti così all’improvviso, ma le
accolsero comunque con un sorriso, invitandole
a sedersi insieme a loro.
“Come mai da queste parti?” chiese Ardesia in
tono inquisitorio.
- “Abbiamo saputo che domani partirete
con l’Under Ekspress per Kether e
volevamo accertarci che non si trattasse
solo di un’invenzione”.
Come sempre all’Aleksander College certe cose
non passavano mai sotto silenzio perciò le
parole di Rev non sorpresero affatto nessuno di
loro.
“No, non si tratta di un’invenzione. Mythel e gli
altri hanno deciso di accompagnarmi nel
viaggio sotterraneo. Partiremo domani sera” le
informò Redsel con espressione malinconica.
Dopotutto, anche dover lasciare alle proprie
spalle tre simili soggetti lo rattristava e non
poco, a dire il vero.
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“Capisco… ma allora perché non avete chiesto
di unirci a voi? Pensate forse non c’interessi che
lui parta?” chiese a quel punto Julv rivolta ai
presenti con fare accusatorio.
- “Nessuno vi impedisce di partire con noi
se proprio ci tenete. In fondo a me farà
piacere avervi ancora intorno prima di
arrivare a destinazione” ammise Redsel
con una rapida alzata di spalle.
I
volti
delle
sue
tre
ex-sostenitrici
s’illuminarono
all’istante,
sentendogli
pronunciare quelle parole e con aria soddisfatta
si unirono al loro gruppo sedendosi tra Crimson
e Hrist, mentre gli occhi di Katt cadevano
inesorabilmente sul volto del misterioso Asgar
Furlok.
La serata proseguì fino a tardi senza ulteriori
questioni in sospeso e, quando Redsel propose
di dirigersi verso il giardino Galatense - aperto
solo dalla mezzanotte fino all’alba - per far
visita al labirinto di ghiaccio, subito decisero di
seguirlo a ruota sia Mythel che Asgar e
Crimson.
La loro ultima uscita nella bianca Tefiros che
li avrebbe condotti attraverso la pregevole
gradinata di lavagna intagliata dei Darkob
fin dentro l’Ismeiros, nella zona più alta
dell’ex-città imperiale.
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CAPITOLO VI
Gradini Oltre Confine
Si stagliava nell’oscurità notturna del giardino
Galatense come un’enorme costruzione di
cristallo tra i mandorli in fiore che rifletteva la
luce lunare rendendo l’Ismeiros un labirinto di
ghiaccio quasi trasparente ed impalpabile.
Redsel li condusse all’ingresso iniziando a
spiegare loro le origini di quel luogo da favola.
Mythel, Crimson e Asgar ascoltarono le sue
parole in ossequioso silenzio, varcando la soglia
del labirinto al suo fianco.
La storia della sua realizzazione su richiesta di
Aleksander Sekyen per la futura sposa Galaksiel
era quella della grande amicizia che nacque
all’epoca tra l’imperatore e il giovane architetto
proveniente dalla città di Galatea.
Amicizia che però si concluse drasticamente
con lo svelarsi dei sentimenti del creatore
galatense di nome Arbel Kansin, quando
Aleksander vide il centro del labirinto dedicato
all’incantevole principessa.
“E perché?” chiese subito Mythel incuriosita
dalle parole di Redsel.
- “Lo capirete tra poco” asserì in tono
sostenuto.
Crimson lo osservò con aria interrogativa,
mentre Asgar si accostava a Mythel
prendendola per mano e lasciandola a bocca
aperta per quel gesto inatteso.
Raggiunsero infine il centro dell’Ismeiros,
notando una sinuosa ed elegante statua di
ghiaccio completamente nuda, raffigurante
Galaksiel ad occhi socchiusi, volto chino e
braccia strette attorno al corpo, come se vista
da occhi indiscreti.
“Guardate laggiù in quell’angolo” disse allora
Redsel indicando il punto in cui era stata
scolpita una maschera di ghiaccio.
“Oh! Non ci avevo fatto caso!” esclamò Mythel
riacquistando l’uso della parola.
Sentiva il calore propagarsi dalla mano di Asgar
86
alla propria fino al resto del corpo e le sembrò
davvero strano provare una simile sensazione
perché le era del tutto nuova e sicuramente da
ritenere molto intensa.
Lo fissò di sottecchi, trovandolo affascinante al
di sopra di ogni sua aspettativa in base
all’immagine da lei creata nella propria mente.
“Era la maschera che Arbel Kansin aveva
indossato durante la serata di benvenuto che si
era tenuta in suo onore alcuni mesi prima.
Quando Aleksander se ne rese conto lo cacciò
da Tefiros senza un apparente motivo. Kansin
trascorse i suoi restanti giorni di vita scrivendo
lettere d’amore mai inviate alla principessa
Galaksiel che, come tutti già sapete, morì in
seguito alla valanga dopo solo una settimana
dal matrimonio con Aleksander, in coincidenza
col brusco allontanamento dell’architetto, il
quale finì per non sposarsi mai ed essere
ricoverato in una lontana casa di cura sulle rive
di Liltia, dove morì di crepacuore,
completamente solo”.
Le parole di Redsel toccarono nel profondo del
cuore ognuno di loro, commuovendoli
immensamente.
Crimson in particolare si sentì scuotere dal suo
resoconto, chiedendo che le mostrasse il resto
del labirinto per meglio comprendere l’animo
del geniale, ma infelice, Arbel Kansin.
Mythel e Asgar decisero d’intraprendere il
percorso opposto per lasciarli soli e raggiungere
l’uscita del labirinto prima di rendersi conto che
qualcuno li aveva preceduti, scoccando delle
frecce nei blocchi di ghiaccio per indicare loro la
strada da seguire; frecce verde fluorescente…
quelle di Fulgor Kamlot!
Mythel fissò subito il dorso della mano per
scorgere il colore che illuminava l’Eyowin e capì
che non poteva essere altri che lui, senza alcuna
ombra di dubbio!
“Ah! Finalmente ce l’avete fatta, vedo!” esclamò
Fulgor in persona con aria seccata e braccia
conserte.
Mythel si sorprese dell'accoglienza che le offrì
uno dei suoi personaggi, così brusca rispetto a
87
quella che le avevano riservato tutti gli altri
prima di lui.
Ma d'improvviso lo vide sorriderle amabilmente
e poi abbracciare contemporaneamente sia lei
che Asgar, conducendoli fuori dal labirinto per
far ritorno all'Aleksander.
"Eri qui da molto, Fulgor?" chiese lei in tono
lieve, un po' intimorita dalla sua figura alta e
slanciata.
- "No, solo da qualche minuto, ma non è un
problema mia creatrice perché conoscerti
di persona è un vero onore per me"
rispose inginocchiandolesi dinanzi col
capo chino in segno di referenza.
- "Sei sempre il solito, eh?" disse Asgar
scotendo la testa osservandolo.
Quando però Fulgor si risollevò il suo sguardo
tornò ad incupirsi nel vedere Crimson in
compagnia di qualcuno che non conosceva.
"Allora a domani, buonanotte" lo sentì salutarla
primi di allontanarsi.
"Si può sapere chi era quello e perché eri da sola
con lui, eh?" l'aggredì senza che Crimson avesse
il tempo di accorgersi della sua presenza.
- "Mpf... non ti riguarda e comunque è
sicuramente qualcuno meglio di te"
rispose aspramente voltandogli le spalle
per poi saltare verso una sporgenza del
college e raggiungere il tetto in un batter
d'occhio.
- "Dove credi di andare?! Mi devi delle
spiegazioni, dannazione, torna qui!" le
gridò
dietro
indignato
dal
suo
atteggiamento noncurante.
- "Non ci penso neanche!" fu invece la
risposta che si sentì dare.
Nel frattempo Asgar seguiva divertito le loro
scaramucce, anche se Mythel non capiva cosa ci
fosse da ridere, soprattutto quando vide Fulgor
mirare a Crimson con una delle sue frecce.
Ma non appena questa la raggiunse ai piedi,
vide la sua beniamina spiccare un salto
spettacolare e poi svanire dietro un altro tetto,
evitandola abilmente senza lasciar più traccia di
sé.
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"Maledetta! Tanto non potrà sfuggirmi in
eterno... e tu, Asgar, invece di divertirti alle mie
spalle perché non mi dici qualcosa del tizio che
era con lei poco fa?".
Ma fu Mythel a rispondere in sua vece:
”Redsel Avalon, amico e... fratello acquisito che
domani accompagneremo nel suo viaggio per
Kether, dove resterà per molti anni, quindi non
devi temere che il tuo affetto per Crimson
svanisca a causa sua perché sai benissimo che
lei non ha mai detto di odiarti" asserì
gravemente fissandolo negli occhi, sicura più
dei sentimenti dei suoi personaggi che dei
propri…
"Già... ma non ha mai affermato neppure il
contrario, mia creatrice" e detto ciò decise di
ritirarsi nella stanza assegnatagli dal college.
Il sole tornò a splendere su Tefiros rendendola
ancora più scintillante del solito e giunse
finalmente l'ora della partenza.
Anche i nonni di Mythel si unirono al gruppo
per salutarli alla stazione dell'Under Ekspress.
Entrambi li avvertirono che il loro non sarebbe
stato affatto un viaggio comune perché lo Iakes
Eks' li avrebbe condotti in luoghi sotterranei del
tutto diversi da quelli in superficie.
Anche se nessuno di loro, tranne forse Redsel,
capì cosa volessero dire con quelle parole, li
ringraziarono comunque dell'avvertimento,
salutandoli calorosamente.
L'abbraccio tra nonno e nipote sembrò quasi
non aver mai fine, ma il fischio del treno li
avvertì che il tempo a loro disposizione era
comunque scaduto e che dovevano per forza
separarsi.
Mythel, seduta nello scompartimento scarlatto
in compagnia di Asgar, Crimson, Redsel, Hrist,
Fulgor, Ardesia e le tre sostenitrici di
quest'ultima, si domandò perché tanto timore
nella voce del nonno, ma non seppe darsi una
risposta.
"Ah! Finalmente la colazione!" esclamò Ardesia
vedendo avvicinarsi loro la ragazza addetta al
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servizio dopo alcuni minuti dalla partenza.
"A me del cappuccino speziato!" chiesero Katt e
Julv all'unisono, ridendo.
E mentre Mythel addentava una fetta di torta al
caffellatte, ascoltò in silenzio le voci di ognuno
di loro sentendosi felice di stare lì e di potersi
godere quel viaggio, senza più provare quel
senso di tristezza che l'aveva accompagnata fino
a qualche ora prima.
"La nostra prima tappa sarà Vitria*, sotto la
città di Lunegarde" li informò Redsel
sorseggiando la sua cioccolata piccante.
"E dopo?" chiese Mythel sempre più curiosa.
"Dopo sarà la volta di Kyassion, sotto Valkyra, e
infine Laserk" spiegò con espressione sognante.
"Che posto è Vitria?" intervenne a quel punto
Rev, conoscendo ben poco del sottosuolo di
Iakes.
"Lo scoprirai presto. Io del resto ho solo visto
qualche documentario in proposito, ma non vi
ho mai messo piede, le soste dureranno per
città solo mezz'ora, ma credo proprio varrà la
pena dare un'occhiata da quel poco che ho visto
in rete".
Lo Iakes Eks' procedeva alla velocità di 520
Km/h e si avvicinava alla meta sempre di più
così, quand'ebbero terminato di far colazione
sentirono una voce che li avvisava dell'arrivo a
Vitria.
Scesero tutti dal treno col cuore in gola per
l'emozione mentre Asgar prendeva subito la
mano di Mythel nella propria come ormai fosse
del tutto naturale.
Fulgor li osservò alle spalle con aria di
disappunto e sentì Crimson domandargli il
motivo di quella sua reazione.
“Lei non potrà mai amarlo e Asgar lo sa,
eppure, nonostante questo lui non vuole darsi
per vinto, perché?".
Crimson si limitò ad un'alzata di spalle,
incrociando per un attimo gli sguardi sorridenti
di Hrist e Ardesia che li precedevano nel loro
percorso verso l'uscita dalla stazione della città
che, come lasciava già intendere il nome, era
stata interamente costruita in vetro e cristalli
90
pregiati.
Lo stupore che investì il gruppo non appena
videro le architetture di Vitria incastonate come
pietre preziose tra radici d'albero secolari e
foglie iridescenti, fu uno stupore che li convinse
delle parole del nonno di Mythel: lo Iakes del
sottosuolo era un mondo completamente a sé
rispetto a quello in cui erano sempre vissuti.
"Benvenuti signori, volete visitare la nostra città
in questo breve tempo che lo Iakes Eks' vi ha
concesso?" li accolse una guida con un
abbigliamento totalmente diverso dal loro e
dall'aspetto etereo, come se anch'egli fosse stato
fatto di vetro.
"Che ne dite?" chiese Redsel al gruppo che
subito acconsentì alla proposta con notevole
entusiasmo.
"O.K. allora... quanto ci costerà questo
servizio?"
- "Nulla signori. La visita di Vitria è già
compresa nel costo del vostro biglietto di
viaggio. Ah! Scusate per non essermi
ancora presentato: il mio nome è Virgil".
Come prima tappa del tour, egli li scortò alla
cattedrale d'ametista della città, dove si stava
tenendo un inconsueto rito per proteggere
Vitria da qualunque invasione.
"Siete forse minacciati da altri paesi?" chiese
Hrist stupito che un luogo simile potesse
correre un rischio talmente antico.
- "Non proprio signore... si tratta delle
nuove razze del sottosuolo che spesso
entrano in contrasto con le nostre leggi e
tradizioni"
- "quali nuove razze?!" esclamò Rev
sconvolta dalle parole di Virgil.
Fu allora che un essere alato e dalle orecchie a
punta piombò sull'altare, frantumando una
delle vetrate policrome della cattedrale per
appropriarsi del balascio che prima ravvivava il
candelabro sacro.
Era il ragazzo più bello che avessero mai visto,
ma
Fulgor
non
si
lasciò trascinare
dall'ammirazione insensata che gli altri
provarono nel vederlo e decise d'impedirne la
91
fuga verso l'alto, scoccando una delle sue frecce.
Lo immobilizzò a metà percorso, costringendolo
con un'ala sanguinante ad un angolo della
cattedrale.
Mythel, sebbene spaventata dall'aspetto di quel
giovane, decise di avvicinarglisi per osservarlo
meglio.
Ma alcune guardie irruppero nella cattedrale
munite di alabarde cristalline per trarlo in
arresto, ringraziando Fulgor di essere
intervenuto tempestivamente.
Sia Redsel che le tre sostenitrici non furono
però del loro stesso avviso, dopotutto cosa
sapevano loro delle motivazioni che avevano
spinto quell'essere a comportarsi in modo
ostile; di chi avesse torto o ragione?
E poi quel Fulgor così tenebroso e introverso
da quando si era amalgamato al loro gruppo,
oltretutto munito di arco e frecce fuori dal
comune?
"Perché l'hai fatto?!" domandò Julv in tono
accusatorio, puntandogli un dito contro.
- "Non credo di dovermi giustificare con chi
non è certo migliore di me".
Il senso della parole di Fulgor fece subito centro
e nessuno si azzardò più a dir nulla riguardo il
suo modo d'agire.
Ma lo sguardo di rimprovero che Mythel gli
riservò non appena si volse per uscire dalla
cattedrale fu comunque abbastanza eloquente,
tanto da farlo sentire parzialmente in colpa nei
confronti del malcapitato.
Virgil non fece commenti in proposito e li
scortò fuori di lì fino ad una taverna in cui offrì
loro la bevanda tipica del luogo: birra scura alla
ciliegia.
Eppure Mythel non sembrò gradire quel facile
silenzio che celava ostentatamente la verità e
Asgar percepì subito il suo stato d'animo, tanto
da trascinarla fuori dal locale per farle sputare il
rospo.
"Allora? Cos'è che ti tormenta in fondo al
cuore?".
Lei sgranò gli occhi su di lui, sentendosi con le
spalle al muro e infine, dopo un grosso sospiro,
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decise di parlare.
"Fulgor è troppo impulsivo! Non avrebbe
dovuto intromettersi ferendo quel ragazzo
senza motivo!" asserì in tono alterato.
- "Comprendo i tuoi sentimenti Mythel e
condivido il tuo disappunto, ma ricorda
che Fulgor è pur sempre una tua
creazione" le fece notare a malincuore
poiché anche per lui valeva il medesimo
ragionamento.
Quelle parole le aprirono finalmente gli occhi
sulla realtà che non aveva saputo o, forse,
voluto vedere e tacque.
Fulgor rappresentava il "suo" lato impulsivo e,
quindi, era lei ad avere ferito quell'essere e non
viceversa...
Virgil e gli altri li raggiunsero proprio allora,
informandoli che era giunto il momento di
ripartire, lasciandosi Vitria alle spalle con tutti i
suoi misteri insoluti.
Redsel gli si avvicinò, tentando di capire perché
Mythel fosse tanto depressa e salì nuovamente
sullo Iakes Eks' per la tappa successiva.
Fulgor evitò di entrare nel loro stesso
scompartimento, decidendo di restarsene in
disparte per un po' ed evitare così lo sguardo
della sua creatrice che tanto l'aveva turbato.
"Forse dovrei andare a parlare con lui, non
credi Asgar?" domandò Mythel poco dopo che il
treno si fu rimesso in moto.
"E perché dovresti?" intervenne invece Redsel
precedendolo.
Lei osservò Fulgor in fondo al vagone attraverso
i pannelli divisori e disse:
"perché lui credeva di essere nel giusto quando
ha tirato quella freccia, non aveva cattive
intenzioni".
La sua affermazione lasciò Redsel allibito come
anche il resto del gruppo, tranne Asgar che
naturalmente conosceva il vero motivo che
l'aveva portata a quella conclusione.
"Allora è meglio tu vada a dirglielo" concordò
Asgar sorridendole.
Lei si alzò svanendo in fondo al vagone e fece
ritorno con Fulgor solo quando vennero
93
informati dell'imminente arrivo a Kyassion.
Una città fantasma, ridotta in macerie, così
apparve Kyassion ai loro occhi una volta scesi
dal treno.
Nessuno ad accoglierli, nessun segno di vita che
potesse convincerli del contrario: Kyassion era
una città morta.
"Ma che razza di posto è mai questo?!" esordì
Rev in tono alterato.
- "Già! Che senso ha fermarsi qui? Non c'è
più nulla da vedere non vi sembra?"
soggiunse Julv.
Redsel scrollò le spalle non riuscendo a capire
neanche lui il perché di quella sosta, ma Ardesia
non fu del loro stesso avviso.
"No, non è così... percepisco ancora la presenza
di qualcuno"
- "e dove?" le chiese subito Mythel, ansiosa
di scoprire la verità su quel luogo.
- "Non credo sia una buona idea, è meglio
tornare dentro".
Ma le parole di Redsel vennero del tutto
ignorate dall'intero gruppo che decise
comunque di avviarsi alle soglie della città.
Quel che restava di una lastra metallica ai piedi
del portale riportava la seguente scritta:
KYASSION, CITTA' DI ETERNA
PERFEZIONE
Eppure, dallo stato in cui verteva quel luogo,
non si sarebbe mai detto... ma tanto bastò per
incuriosirli ulteriormente e indurli a procedere,
varcando il portale con passo rapido e deciso.
Gli unici segni di vita lungo il percorso in salita
che sembrava condurre verso il nulla erano
minuscoli alberi rigogliosi e dall'intenso
profumo ai margini del sentiero verde rame, ma
nulla di più.
Non vi era traccia di abitazioni né altro, almeno
sino a quando non raggiunsero la fine del
sentiero, ritrovandosi dinanzi ad un immenso
giardino dagli sgargianti colori mai visti prima e
al suo centro una piccola abitazione dalle
enormi vetrate ovali, avvolta da rampicanti di
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biancospino.
Sembrava essere l'unico luogo a far fede alle
parole dell'iscrizione che li aveva accolti prima
di entrare.
E di certo chi viveva in quella casa era anche
colui che si prendeva cura di quel che restava di
Kyassion.
Mythel fu ansiosa di scoprire la verità e
convinse gli altri a seguirla fino alla porta
azzurro mare, bussando con forza sul robusto
legno di cui era fatta.
Silenzio assoluto.
Redsel riprovò con più decisione, ma ottenendo
il medesimo risultato.
"Posso esservi utile?" chiese una voce sottilesottile alle loro spalle, cogliendoli di sorpresa.
Si volsero di scatto, restando senza parole, a
metà fra l'incredulo e il perplesso.
In piedi di fronte a loro nel suo mezzo metro di
altezza c'era una creatura dagli occhi da gatto
verde smeraldo e un paio d'ali trasparenti sul
dorso come quelle di una libellula.
Ma chi o cosa era in realtà?
Una bambina vestita in modo strano per
destare stupore negli estranei o più
semplicemente... una fatina?
Il nonno di Mythel li aveva avvertiti che
dopotutto quel viaggio attraverso lo Iakes
sotterraneo gli avrebbe riservato parecchie
sorprese e li aveva anche messi in guardia in
proposito.
Mythel a quel punto decise di mantenere la
calma e reagire nella maniera migliore per non
spaventare quella creatura leggendaria.
"Sai dirci chi vive in questa casa?" le domandò
gentilmente.
- "Ma Certo! E' la mia!"- asserì svolazzando
verso di loro per poi aprire la porta con un
gesto della mano, senza neanche sfiorarla
- "Prego, entrate pure se volete. Non ho
molto da offrire al momento, ma potrò
sempre rimediare se saprò quel che vi
piace".
Redsel iniziò a credere di essersi addormentato
sul treno e che tutto fosse solo un sogno, ma in
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realtà era cosciente di non essere l'unico a
pensarla così, tranne Mythel a quanto pareva.
Entrarono insieme a lei e si sedettero dove gli
venne indicato prima che la padroncina di casa
decidesse di presentarsi.
"Il mio nome è Kloi. Felice di conoscervi".
Gli ospiti seguirono subito il buon esempio,
facendo altrettanto dopodiché Redsel decise di
porre la domanda che era nell'aria fin
dall'inizio.
"Cos'è successo a Kyassion?".
La piccola Kloi si rattristò di colpo e le sue ali
scintillanti si spensero, chiudendosi attorno a
lei come il bozzolo di una farfalla.
"Le nuove razze sono state la causa della sua
distruzione
alcuni
anni
fa"
affermò
socchiudendo gli occhi quasi rivivesse quei
terribili momenti di angoscia e terrore.
"Anche a Vitria ne abbiamo sentito parlare, ma
chi sono in realtà?" intervenne Rev a quel
punto, ormai incapace di trattenere oltre la sua
curiosità riguardo gli eventi del sottosuolo.
- "Vitria, la città degli elfi vampiri; luogo di
scontri sanguinosi e violenti tra loro e gli
umani che ormai si susseguono da quasi
un secolo".
Mythel e gli altri non riuscirono più a dire
alcunché tanto li impressionarono le parole di
Kloi, ma si chiesero una volta di più se quello
non fosse solo un sogno e se ben presto non si
sarebbero svegliati ridendoci sopra.
"Sotto Lunegarde esistono anche le città di
Kalisfera, Hevnet ed Etheryaki dove vivono gli
esseri superiori delle nuove razze"
- "e chi sarebbero?" chiese Fulgor
ricordando quel ch'era avvenuto poche
ore prima nella cattedrale di Vitria.
- "Sono gli angeli vampiri. La razza
suprema da cui dipendono tutte le altre,
persino quelle dei druidi oni e delle fate
oni"
- "incredibile!" esclamò Redsel non
sapendo che altro dire.
- "Quindi non sei sola qui, voglio dire... ci
sono altre fate con te"
96
"no, loro sono diverse e io sono una
semplice fata di antiche origini. Se ne
andarono via quando Kyassion venne
attaccata dagli elfi vampiri" rispose Kloi
alle parole di Mythel.
- "E tu allora perché sei rimasta?" chiese
Asgar a quel punto.
Gli occhi di Kloi indugiarono su di lui come
stessero sforzandosi di metterlo a fuoco, poi si
spostarono nuovamente su Mythel con un
sorriso beffardo prima di dire:
"perché Kyassion e io siamo un'unica cosa, non
potrei lasciarla né ora né mai: io morirò con lei
e lei con me".
Tutti compresero cosa Kloi intendesse tranne
Redsel e il trio delle sue ex-sostenitrici.
Nulla di cui stupirsi dato che solo Mythel e le
sue creature condividevano il medesimo destino
di Kloi e Kyassion.
Loro erano l'una il riflesso dell'altra come
quello di un'anima allo specchio, una grande
anima...
Il fischio del treno li riportò bruscamente alla
realtà: la loro sosta a Kyassion era giunta al
termine.
"Dovete già andar via? Così presto?".
Il tono di Kloi divenne improvvisamente
ansioso, ma Mythel la rassicurò subito:
"al ritorno passeremo di nuovo da te,
d'accordo?"
- "Mm... promesso?".
Mythel annuì e così il resto del gruppo, persino
Redsel che ben sapeva non sarebbe più tornato
indietro.
"Allora, prima che ve ne andiate, voglio darvi
qualcosa di speciale che potrà tornarvi utile
durante il viaggio" e detto ciò svanì nel retro
della casa con un solo battito d'ali.
Quando fece ritorno donò a ognuno di loro una
candela diversa per forma e colore poi si
congedò con un lieve inchino e, in un turbine di
polvere fluorescente, scomparve senza più
lasciar traccia di sé.
Chissà a cosa sarebbero servite loro quelle
piccole candele... Kloi non era sembrata
-
97
dell'avviso di informarli in proposito, anzi,
semmai l'esatto contrario.
L'aveva fatto per gioco o per un motivo ben
preciso?
Nessuno avrebbe saputo rispondere a quella
domanda perciò non restò loro altro da fare che
congedarsi da quel luogo fatato e salire
nuovamente sullo Iakes Eks' in direzione di
Laserk, la loro ultima tappa.
Asgar prese Mythel per mano mentre il treno
ricominciava a muoversi, lasciandosi Kyassion
alle spalle.
98
CAPITOLO VII
Memorie di un Tempo Lontano
Oscurità tutt’intorno, solo oscurità.
Possibile che Laserk fosse una città priva di
alcuna fonte di luce?
Kloi già sapeva, ecco il senso di quel dono prima
della loro partenza da Kyassion.
Accesero le candele l’uno con l’altra, avvertendo
un intenso odore di rugiada e terra bagnata
propagarsi nell’aria, poi scesero dallo Iakes Eks’
in cerca di risposte.
“Credo sia meglio spostarci in cerchio per
evitare sgradevoli sorprese” suggerì Crimson
non appena misero piede sul suolo levigato
di quello strano luogo.
Seguendo subito il suo consiglio, il gruppo
iniziò a muoversi in direzione opposta a quella
del treno.
Sollevarono le candele, e fin dove la luce
giungeva non si vedevano altre forme di vita
oltre la loro, neppure l’ombra di un animale o di
un fiore, solo cunicoli dalle infinite diramazioni
come si trovassero all’interno di un labirinto di
cui fosse impossibile conoscere la via d’uscita.
“Così non arriveremo da nessuna parte!”
affermò Redsel spazientito.
- “E’ vero” - concordò Julv sedendosi in
terra – “è meglio tornare indietro finché
siamo in tempo”.
Ma Hrist e Ardesia non furono d’accordo;
tornare al treno non era un problema per loro,
ricordavano la strada alla perfezione.
“D’accordo allora, ma che senso ha proseguire?!
Non c’è nulla qui eccetto noi, andare avanti
senza sapere dove non ha senso” insistette Rev
contrariata da quell’atmosfera spettrale.
Tutt’a un tratto le fiamme delle candele presero
a tremolare in modo convulso, lasciando tutti
col fiato sospeso.
“ Chi è là?” chiese Fulgor in tono imperioso,
puntando arco e freccia in ogni direzione.
- “Seguite il sentiero di specchi” rispose una
99
voce di rimando quasi provenisse
dall’oltretomba.
Asgar fece loro cenno di seguirlo nel percorso
indicatogli senza mai lasciare la mano di
Mythel.
“Non temere, io e gli altri saremo sempre
accanto a te”.
Lei annuì, sentendosi più sicura di sé e
intrecciò con forza le proprie dita alle sue.
“Noi preferiamo restare qua, se non vi dispiace”
asserì Katt determinata a non muoversi da lì
neanche sotto tortura.
- “Mah… come preferite, a dopo!” le salutò
Asgar di spalle prima di intraprendere la
strada che gli si presentava dinnanzi.
- ”Io resterò con loro” li avvertì poi Redsel
staccandosi dal resto del gruppo di punto
in bianco senza aggiungere altro.
- “Dobbiamo muoverci. Questo posto non
mi piace affatto. Meglio usare le tue
frecce, Fulgor, o non ne usciremo più”.
Mythel fu d’accordo con Hrist e chiese ad Asgar
di fermare il tempo in modo da evitare che il
treno ripartisse senza di loro.
Fulgor scagliò la prima freccia per vedere la fine
di quel tunnel, ma sembrò perdersi nel vuoto.
“Lasciate fare a me” disse Ardesia piegandosi in
terra per annusare attentamente il percorso.
- “Non credo ce ne sia più bisogno” la
informò Asgar dopo qualche minuto.
Sollevarono le candele dalla luce immutabile
dinanzi a loro e quel che videro li lasciò senza
parole.
Il punto in cui erano giunti doveva essere il
centro di Laserk, una sorta di piazza del
mercato dai colori vividi e sgargianti dove si
aggiravano uomini e donne dal volto
mascherato in diverse forme.
Sulla destra campeggiava un’epigrafe scolpita
nella roccia che li informava di trovarsi a
Laserk, nessun benvenuto però, solo il nome
della città a lettere cubitali.
“Sarà meglio lasciar tornare il tempo al suo
naturale scorrimento” suggerì Mythel a quel
punto, ansiosa di conoscere gli usi e i costumi di
100
quel luogo tanto bizzarro, quanto affascinante.
Asgar assecondò la sua richiesta senza
obiettare e tutto tornò a muoversi
normalmente come nulla fosse.
Un uomo dal volto mascherato in foggia
d’orologio si avvicinò loro con lento incedere
e passo levitante, quasi neppure toccasse
terra, poi si fermò indicando Mythel.
“Lei deve venire con me” disse.
Ma né Asgar né gli altri furono d’accordo in
proposito e si misero a scudo della loro
creatrice.
“Non senza di noi!” asserì Crimson in tono di
sfida.
L’uomo dal volto d’orologio tornò sui propri
passi, svanendo tra la folla del mercato.
Non una parola, non un solo cenno che
lasciasse trasparire il suo pensiero, ma
improvvisamente la musica che risuonava tra le
parole dei venditori e quelle degli acquirenti
cessò, tutto divenne immobile come se Asgar
fosse intervenuto ancora una volta.
Ma non era così… le maschere si voltarono
contemporaneamente verso di loro poi si
misero in ginocchio, chinando il capo.
“Che significa? Perché si comportano così?”
chiese Mythel stupefatta dinanzi a quello strano
atteggiamento.
- “Cosa volete da lei?” tuonò Fulgor
perdendo del tutto la pazienza.
- “La speranza” rispose l’uomo-orologio,
riemergendo dalla folla.
Nella mano guantata di sinistra stringeva una
lanterna priva di luce con piccoli vetri smaltati,
in quella di destra, la mano di una bambina col
volto fasciato da un velo azzurro polvere.
“Che vuol dire? Di quale speranza parlate?”
chiese a quel punto Ardesia con fare
indagatorio.
La bambina si staccò
dall’uomo-orologio,
avvicinandosi a Mythel senza indugi e,
prendendo poi una mano tra le sue, pallide e
minute, la trascinò con sé verso la piccola
lanterna.
“E’ stata Kloi a darvi quelle candele, non è
101
così?” chiese una donna dal volto di cristallo
alle loro spalle, sbucando da chissà dove.
Mythel annuì e così fecero i suoi compagni non
riuscendo però ancora a capire quale fosse il
punto.
“Lei è Lune, gemella di Kloi, la sola in grado di
riportare la luce a Laserk perché l’unica fata a
non aver subìto la mutazione della nuova razza.
Ma è anche questo il motivo che fino a oggi le
ha impedito di far tornare la nostra città allo
splendore di un tempo, prima che gli elfi
vampiri la distruggessero durante la notte tra le
fiamme delle tenebre eterne. Lune fu mandata
da Kloi per proteggerci e, quando comprese che
il fuoco degli elfi vampiri non sarebbe mai stato
spento con semplici incantesimi di elementi
contrari, decise di assorbire quelle fiamme su di
sé fino a che Laserk non smise di ardere, ma a
caro prezzo…”.
Mythel si inginocchiò al fianco di Lune con gli
occhi offuscati dalle lacrime.
“Cos’è avvenuto dopo?” domandò tra i
singhiozzi, immaginando quale dolore avesse
provato nel compiere un simile gesto.
“Da allora i nostri corpi e i nostri volti,
come i suoi del resto, hanno perso ogni
definizione. Siamo solo dei mostri che vagano
nell’oscurità perenne di questi cunicoli,
emarginati per sempre da qualunque altra
società del sottosuolo. La nostra unica speranza
era che Kloi venisse un giorno a salvarci da
questa condanna, ma Kyassion rischiò di subire
il medesimo trattamento poche ore dopo e lei
non poté far altro che inviarci messaggi di
speranza telepatici fino ad oggi, quando ci ha
informati del tuo arrivo” disse con voce
tremante.
“Kloi e Lune conoscono la tua essenza,
dicono tu sia l’unica a poter finalmente far
tornare Laserk allo splendore di un tempo e,
noi, alla rinascita come esseri umani. Kloi ti ha
dato la candela che ci ridarà la vita perciò ne
abbiamo bisogno” soggiunse l’uomo-orologio,
chiedendole poi di inserirla nella lanterna.
“Ora allontanatevi e osservate il potere
102
della speranza” disse la donna-cristallo.
Lune prese la lanterna e pronunciò parole
sconosciute fino a quando la luce della candela
non divenne talmente forte da divampare
improvvisa su tutti gli abitanti di Laserk,
abbagliando sia Mythel che gli altri.
Fu allora che videro una sorta di arcobaleno tra
le fiamme prima che si spegnessero sul nulla.
Dov’erano finiti?
In terra solo cenere ma… qualcosa sembrò
muoversi sotto di essa e, lentamente, dei corpi
riemersero emanando una luce accecante.
Una fatina dai capelli fluenti e lunghissimi color
del cielo volò loro incontro.
“Lune!” esclamò Mythel incredula dinanzi a ciò
cui aveva appena assistito.
“Sì, proprio io. Grazie, grazie di cuore a
tutti voi! E ora… che sia luce… per sempre!”.
Gli abitanti di Laserk senza più maschere in
volto osservarono rapiti il flusso luminoso che
invadeva nuovamente i cunicoli della loro città
fino al luogo in cui si trovavano ed esultarono di
gioia, abbracciandosi l’un l’altro come non si
vedessero da chissà quanti anni.
E in un certo qual senso era davvero così…
Mythel e i suoi compagni d’avventura risero
felici nel osservare quel luogo risplendere di
nuova vita, ma il lungo fischio del treno
rammentò loro che era giunta l’ora della
partenza per Kether, l’ultima tappa prima del
rientro a Tefiros.
“Addio amici e grazie!” li salutarono i laserkiani
con sorrisi senza fine.
Mythel e gli altri corsero indietro per
raggiungere lo Iakes Eks’ dove certamente
Redsel, Katt, Rev e Julv stavano aspettandoli
impazientemente.
Asgar avrebbe voluto fermare il tempo ancora
una volta, ma Mythel glielo impedì… che senso
aveva ormai?
Il loro compito era stato portato a termine e nel
viaggio di ritorno avrebbero avuto tutto il
tempo che desideravano.
103
“Qui si conclude il nostro viaggio miei carissimi
amici” disse Redsel in tono rassegnato prima di
aggiungere:” mi mancherete tutti, ognuno di
voi”.
Allargò le braccia e lasciò che lo avvinghiassero
da ogni parte, stringendosi a lui come al tronco
di un albero.
Infine giunse il momento in cui qualcuno venne
a prelevare Redsel dal cancello della Kenson; un
uomo alto e dal portamento elegante che si
presentò come Suteki Mastery, direttore
dell’Accademia Militare Strategica.
Ma Mythel non parve dell’idea di lasciarlo
andare tanto presto, restando l’unica ancora
stretta abbracciata a lui.
“Che c’è sorellina? Non vuoi farmi entrare alla
Kenson?” le domandò in tono talmente dolce e
affettuoso da spaccarle quasi il cuore a metà.
“Eppure dovresti saperlo Myth: ognuno di noi
deve avere la possibilità di realizzare i propri
sogni” asserì poi sollevandole il viso verso di sé.
“Sì, lo so, lo so” rispose mentre Asgar,
Ardesia, Hrist, Fulgor e Crimson la
osservavano con sguardi dolorosi,
troppo dolorosi per ignorarli.
Si allontanò da Redsel con delicatezza, sorrise e
poi tornò tra i suoi fedeli compagni ai quali
aveva dato vita.
Loro erano il suo sogno da realizzare, come
poteva ignorarli?
Redsel sorrise con occhi tristi mentre lo
salutavano ancora di spalle, allontanandosi da
lui passo dopo passo senza più voltarsi indietro.
Toccò a Hrist e Ardesia consolare le sue tre exsostenitrici in lacrime mentre tornavano alla
stazione di Kether, ma le parole di Redsel erano
giuste, dopotutto ognuno doveva seguire la
propria strada nella vita se voleva realizzare i
propri sogni.
Anche Mythel era sul punto di riuscirci,
mancava così poco all’arrivo di Deimos…
Il percorso all’inverso dello Iakes Eks’ li riportò
– dopo un breve giro di acquisti nella stazione
104
di Kether – tra i cunicoli luminosi di Laserk,
lasciati solo qualche ora prima in preda alla ben
comprensibile euforia dei suoi abitanti.
Nell’accoglierli per la seconda volta, Lune li
scortò sino ad una grotta di diamanti dove
condivisero una suntuosa cena a base di
verdure loro ignote sia per forma che per
origine.
Dopo il lungo abbraccio tra Mythel e Lune,
ripartirono alla volta di Kyassion per
ringraziare Kloi e portarle i preziosi saluti della
gemella contenuti in una sfera di vetro azzurro.
Sfera che lei lasciò cadere in terra per ascoltare
le parole di Lune contenute al suo interno.
Ma prima di risalire sullo Iakes Eks’ per
raggiungere nuovamente la città di Vitria, Kloi
informò Mythel che l’elfo vampiro colpito da
Fulgor era ancora in vita e aveva ottenuto il
rilascio grazie all’intervento di un essere
superiore, forse uno degli angeli vampiri.
Mythel si sentì sollevata nell’apprendere la
notizia e, quando si ritrovò nel vagone insieme
agli altri, tirò un grosso sospiro sedendosi al
fianco di Asgar con il volto che emanava una
radiosità contagiosa del tutto sconosciuta in lei
fino ad allora.
Intrecciò le dita con quelle dell’amico e così le
lasciò anche una volta giunti a Vitria, dove li
accolse nuovamente Virgil che confermò le
parole di Kloi e li condusse a trascorrere la
notte in una delle locande più antiche ed
apprezzate dell’intera isola di Lunegarde, prima
di tornare in superficie.
Ardesia e Crimson divisero la loro stanza con
Mythel per non lasciarla in una singola da sola,
chiacchierando tutta la notte di quel viaggio
meraviglioso ormai giunto al termine.
Fu una lunga notte che però trascorse rapida
come un fulmine risvegliandoli da sogni
inquietanti e meravigliosi al tempo stesso e
rimettendoli in viaggio per la loro Tefiros dalla
neve eterna.
105
“Sei felice?”.
Mythel si svegliò di soprassalto; si era
appisolata sotto uno dei ciliegi cristallini
mentre ripassava la lezione di storia di quel
giorno.
La domanda le ronzava ancora nella testa e non
poté far altro che rifletterci su, decidendo che,
sì, lo era ma… aveva la sensazione le mancasse
effettivamente qualcosa.
Risollevandosi dal morbido tappeto di muschio,
ricoperto solo in parte dalla neve, si riassettò la
divisa con le mani e decise di andare a cercare
gli altri per un giro in città.
Neanche finì di formulare quel pensiero però,
che se li ritrovò tutti insieme radunati nel
cortile dell’Aleksander come la stessero già
attendendo.
“Allora? Che si fa?” le chiese Crimson col suo
solito modo di fare non appena la scorse.
- “Vi Andrebbe di visitare la zona più
commerciale di Tefiros? Io non ci sono
mai stata…”
- “cosa?!” esclamarono i suoi amici
piuttosto sorpresi.
- “Ma tu sei nata qui! Possibile tu non ci sia
andata mai neppure una volta in tutta la
tua vita?”, soggiunse Fulgor con
espressione incredula.
Mythel scosse energicamente il capo.
“Beh… ragione di più per rimediare subito, non
vi pare?” suggerì Ardesia, circondando le spalle
della sua creatrice con un braccio.
Tutti acconsentirono, sorridendole, e lei si sentì
ancora una volta felice di averli al proprio
fianco giorno dopo giorno in qualunque
circostanza.
Alzò lo sguardo colmo di gratitudine e incrociò
quello di Asgar, infinitamente dolce, che la
indusse a sorridergli d’istinto.
“Quando sarai mia …”.
Mythel ebbe un sussulto: ancora quella voce!
Era quella del sogno fatto poco prima, ma non
apparteneva a nessuno di loro.
Si volse in cerca di aiuto da parte di Ardesia, ma
l’amica la continuò a guardare come se niente
106
fosse e allora si convinse di averla solo
immaginata perché altrimenti lei avrebbe
captato di certo il suo turbamento in proposito.
Evitò di pensarci e si andò a cambiare per
uscire con tutti loro tra i negozi di Tefiros
mentre la neve aveva ripreso a cadere e le
strade andavano affollandosi col trascorrere del
tempo.
Ai lati del viale Katakai* vibravano le fiamme
delle lanterne centenarie e le vetrine
scintillavano di una luce azzurra molto intensa
che le contraddistingueva da quelle del resto
della città.
Vetrine con abiti di ogni tipo provenienti dalle
più famose accademie stilistiche, altre
stracolme di libri d’arte e, qualcuna, di candele
e spezie d’importazione, rarissime.
Girarono fino a quando non sentirono i morsi
della fame e decisero di fermarsi a mangiare in
uno dei tanti locali della zona.
Mythel sedette capotavola con al fianco Asgar
da una parte e Crimson dall’altra.
A metà cena sentì la mano di Asgar stringere la
sua con più forza del solito e notò che anche lo
sguardo non era lo stesso di alcune ore prima.
E quando uscirono dal locale capì perché …
“Voi andate pure avanti, noi passeremo dal
corso della Yukilis. A più tardi” informò su due
piedi il resto del gruppo per poi trascinarla via
con sé nella notte.
Non aveva neanche avuto il tempo di
acconsentire, ma non le dispiacque più di tanto
e lo seguì senza fiatare finché non si ritrovarono
soli, fianco a fianco, sul ponte dal tetto
traforato.
“Che succede Asgar?”.
Lui fissò le stelle sopra di loro e senza
guardarla rispose:
“volevo restare un po’ da solo con te”.
Mythel sentì improvvisamente il proprio cuore
accelerare i battiti come impazzito, ma non
disse nulla, spostando anche lei lo sguardo
sopra di loro.
107
“Sono innamorato di te mia creatrice” disse poi
in tono deciso volgendo gli occhi su di lei e
restando in attesa di una sua parola.
Mythel osservò con attenzione i suoi capelli
argentati sotto i raggi lunari e il volto dal profilo
perfetto, chiedendosi se anche lei non si fosse
per caso innamorata di lui.
Era sicura le piacesse e sentiva di provare
qualcosa di speciale quando gli stava accanto,
ma come poteva dire con assoluta certezza che
quello fosse amore?
“Finalmente vi ho raggiunti!” esclamò Hrist
comparendo di punto in bianco a metà del
ponte.
“Le lapidi di Aleksander e Galaksiel sul sentiero
sono scomparse, completamente svanite nel
nulla e, cosa ancor più strana, è che non vi è
alcuna traccia siano state trafugate”.
Asgar utilizzò i suoi poteri per attraversare le
barriere spazio-temporali e raggiungere in
meno di un secondo il punto esatto del Kareisty
dove prima giacevano le lapidi.
Gli altri erano già lì sotto le luci dei lampioni,
silenziosi come le tombe ormai assenti, al cui
posto si ergevano solo due rami intrecciati,
ricoperti dal ghiaccio.
Mythel avvertì la strana sensazione che
quell’inspiegabile avvenimento avesse a che fare
con l’arrivo di Deimos Alukar e perciò sorrise,
pur non essendo in grado di comprendere in
realtà quale legame vi fosse tra le due cose.
Solo allora i suoi amici si resero conto che
Deimos era effettivamente vicino, molto più
vicino di quanto non avessero sperato.
Ma persino a loro sfuggiva il senso di quel gesto
da parte sua.
“Sarà meglio rientrare per stasera” asserì Fulgor
piuttosto infastidito da quei pensieri.
Tutti accondiscesero alle sue parole e
s’incamminarono in direzione dell’Aleksander,
sapevano fin troppo bene che comunque non
c‘era altra scelta.
Mythel si volse un’ultima volta in direzione del
Kareisty prima di varcare il portone e sentì
108
un’eccitazione incontenibile attraversarla come
una scarica elettrica da capo a piedi.
Deimos stava per raggiungerla…
La fresca brezza del primo mattino accarezzò
Tefiros al suo risveglio, lasciando il cielo terso e
azzurro come in un giorno della Quinta
Stagione.
Crimson osservava dalla torre più alta
dell’Aleksander la bianca Tefiros illuminata dal
sole invernale, mentre Fulgor e Hrist
cavalcavano attraverso i boschi e Ardesia
tentava di insegnare alle sue ormai fedelissime
sostenitrici il modo migliore per prendere un
avversario in contropiede senza sbilanciarsi.
Asgar la salutò in quel momento dal balcone
della propria stanza con un cenno del capo, ma
non le sorrise com’era solito fare ogni mattina,
difatti il suo sguardo cupo sembrava quello di
un cucciolo appena abbandonato.
Non l’aveva mai visto così prima di allora e le
fece davvero uno strano effetto.
Poi vide anche lei, Mythel, che si dirigeva
nuovamente verso il Kareisty con il cappuccio
della mantella all’indietro e i corti capelli fulvi
mossi dal vento che le schiaffeggiavano il viso di
tanto in tanto.
Quando oltrepassò il cancello del college però,
la perse di vista e allora tornò a guardare sotto
di sé, decidendo di raggiungere Ardesia e
approfittare della situazione per esercitarsi con
loro e sgranchirsi un po’ le ossa.
No, non si era trattato di un sogno, le lapidi
erano davvero scomparse.
Ora, alla luce del giorno, ne aveva avuto la
conferma definitiva.
Eppure, chissà per quale motivo, al risveglio
aveva sperato con tutto il proprio cuore fossero
ancora lì.
Posò una mano sui due rami intrecciati e
socchiuse gli occhi, pregando che quello non
fosse un infausto presagio.
109
D’un tratto avvertì il dorso della mano bruciarle
come stesse prendendo fuoco e sgranò gli occhi
sull’Eyowin che risplendeva di un bianco
argentato,
costringendola
a
richiuderli
istintivamente.
“La mia Mythel”.
Quella voce… Deimos!
“Sì, proprio io, ma non avevo intenzione di
spaventarti, chiedo scusa” disse inchinandosi
davanti a lei con espressione contrita.
Era proprio lui in carne e ossa: gli occhi di un
verde trasparente come le acque di un lago, i
corti capelli viola e l’uniforme del medesimo
colore dai bordi a scacchi bianchi e rossi
dell’Aleksander…
“Tutto bene mia creatrice?” chiese preoccupato
chinandosi verso di lei per guardarla dritto in
viso.
Mythel arrossì di colpo e distolse lo sguardo
sentendosi scavare nel più profondo dell’anima
da quegli occhi penetranti.
“Sì, sì, tutto a posto! E’ che non mi sembra
ancora vero tu sia qui”
- “mm, capisco” asserì con espressione
semiseria.
Perché continuava a starle così vicino?
E perché aveva l’impressione che stesse
prendendosi gioco di lei?
Fece due passi indietro e tentò di comprendere
cosa mai le stesse accadendo tutto d’un tratto.
Sentiva la testa girare e il corpo tremare in
modo convulso: non era affatto normale.
Era attratta da lui indecentemente e lo temeva
proprio per questo… non aveva mai provato
nulla del genere in tutta la sua vita!
Neanche al fianco di Asgar.
“Dobbiamo tornare all’Aleksander per avvertire
gli altri”
- “dobbiamo?” le domandò perplesso.
Ma che razza di personaggio aveva creato?
Ma, soprattutto, perché aveva la netta
sensazione che dal momento stesso in cui
l’aveva incontrato, fosse lui ad avere il controllo
delle sue emozioni e non viceversa?
“Forse non sarei dovuto arrivare così
110
all’improvviso, scusami” disse voltandole le
spalle per allontanarsi in direzione opposta a
quella dell’Aleksander.
“No, Deimos aspetta! Non è così, credimi!” e
tentò di fermarlo, ma lui si girò proprio in
quell’istante e Mythel perse l’equilibrio,
vedendosi già stesa lunga in terra se non
l’avessero sorretta in tempo le sue braccia.
“Tutto a posto?” le domandò seriamente
preoccupato.
Lei si limitò ad annuire senza avere il coraggio
di sollevare lo sguardo su di lui.
Si vergognava da morire per quella figuraccia e
temeva che Deimos avrebbe riso di lei, ma non
fu così.
L’aiutò a rialzarsi e, prendendole il mento tra le
dita, la costrinse a guardarlo negli occhi.
Mythel a quel punto divenne scarlatta e distolse
subito lo sguardo dal suo così serio, gentile e al
contempo così pericolosamente carico di
fascino, ma di un fascino oscuro, avido e,
nondimeno sensuale.
“Guardami” le disse con fermezza.
Lei scosse il capo, cercando nel frattempo di
divincolarsi dalla morsa delle sue mani.
Ma
a
quel
punto
Deimos
l’attirò
inaspettatamente verso sé con una forza
inaudita e, mettendole una mano tra i capelli,la
costrinse a fare come le aveva detto per poi
impossessarsi della sua bocca senza tanti
complimenti.
Mythel si sentì di colpo trasportare in un
mondo a lei del tutto sconosciuto, dove la realtà
che la circondava perdeva ogni definizione e la
propria mente era libera di perdersi.
In lontananza udì però una voce chiamarla
distintamente finché non comprese che si
trattava di quella di Asgar.
Riaprì gli occhi, ritrovandosi completamente
sola sul sentiero, nel punto in cui sino ad un
attimo prima Deimos la stava baciando.
Sussultò a quel pensiero e di nuovo avvertì il
sangue affluire al viso, stordendola.
“Sapevo che eri qui” disse Asgar una volta che
l’ebbe raggiunta.
111
Mythel annuì in silenzio, evitando di guardarlo
in faccia.
Le labbra ancora le dolevano per l’intensità di
quel bacio e la tensione continuava a scorrerle
nelle vene, sarebbe stato comunque del tutto
inutile spiegare ad Asgar qualcosa che neppure
lei riusciva a comprendere, perciò preferì tacere
e incamminarsi nuovamente su per il sentiero
del Kareisty.
Ma Asgar non si lasciò trarre in inganno così
facilmente e, trattenendola per un braccio, le
domandò se le fosse accaduto qualcosa.
Lei scosse energicamente il capo sebbene
avrebbe di gran lunga preferito non tacergli la
verità per alcun motivo poi, assalita dal senso di
colpa, fu tentata di dirgliela ma lo sguardo
intenso di Deimos glielo impedì, convincendola
subito del contrario.
Ricomparve dal nulla, fissandola con
espressione cupa e, quando Asgar lo vide,
sollevò un braccio per salutare entrambi senza
dire una sola parola.
Si allontanò verso l’Aleksander ad occhi
socchiusi e Mythel sentì il cuore impazzire
d’inquietudine
dinanzi
a
quel
suo
atteggiamento tanto indifferente.
- Che vuol dire? Cosa significa quello sguardo?
– si domandò voltandosi verso di lui.
“Deimos!” lo chiamò a gran voce, ma lui
proseguì imperterrito varcando il cancello
dell’Aleksander con passo deciso.
In quel momento… se Asgar non fosse stato al
suo fianco…
“Lo avevi già incontrato, non è così Mythel?” le
domandò cogliendola di sorpresa.
- “Eh? Ah sì, poco fa… ma non ho avuto
ancora modo di parlargli” mentì
spudoratamente.
- Non è da me comportarmi così. Cosa mi
sta succedendo? – si chiese sentendosi un
verme - Perché Deimos mi ha guardata in
quel modo poi? Si è comportato come se
ce l’avesse con me quando dovrebbe
essere il contrario. Devo assolutamente
parlare con lui! – decise ad un tratto.
112
- “Se vuoi andare va’ pure” le disse a quel
punto Asgar in tono rassegnato.
- “Scusami..”
- “Non c’è problema, ma ti consiglio di
stare attenta a Deimos: non fidarti troppo
di lui” la mise in guardia prima di
stringerla forte a sé senza alcun preavviso.
Il cielo si oscurò di nubi rapidamente e un vento
gelido sferzò il volto di Mythel come uno
schiaffo, spingendola ad allontanarsi con
estrema fermezza.
Lo salutò e corse via in direzione del cancello,
varcandolo in preda ad uno strano senso
d’inquietudine mai provato prima.
“Signor Henklod potrebbe dirmi in quale stanza
dell’Aleksander alloggia Deimos Alukar?”.
L’interpellato sgranò gli occhi, fissandola più
che stupito poi, schiarendosi la voce disse:
“nell’ala
universitaria,
la
numero…”,
controllò meglio sul registro e dichiarò
solennemente:
“la numero 6. Sì, sì, proprio così”.
Ma quando risollevò lo sguardo, di Mythel non
vi era già più alcuna traccia.
Giunta dinanzi alla porta di Deimos, allungò
una mano per bussare, sentendo il sangue
pulsarle alle tempie incessantemente per la
tensione e, sul punto di decidersi a farlo, la
stessa si spalancò di colpo.
Deimos la scrutò freddamente dal basso verso
l’alto e, infine, le volse le spalle sul punto di
chiuderle la porta in faccia.
“Insomma, perché ti comporti così?!” gli chiese
trattenendolo per una manica.
- “Chissà! Forse perché sono solo geloso o
forse perché mi hai ferito. Ora vattene per
favore”.
Mythel restò di sasso mentre il bracco le
ricadeva senza vita lungo un fianco.
“Non capisci, eh? Vederti con Asgar sul punto di
parlargli di noi non mi ha fatto per nulla
piacere. Dopotutto… io ti ho sempre amato,
Mythel”.
Lo sguardo con cui le rivolse quelle parole la
lasciò in balia di un turbine di emozioni
113
contrastanti tanto da farle girare la testa.
Deimos l’amava? E da quando?
Era per questo che l’aveva baciata poco prima?
Dopo una confessione del genere come doveva
comportarsi con lui?
Le tornò alla mente l’avvertimento di Asgar, ma
non ebbe modo di rifletterci ché Deimos le
disse:
“se ti fidi più di lui, allora puoi anche andare”.
Se l’avesse trapassata una lama affilata in
quell’istante avrebbe di certo provato meno
dolore…
La ferita che si aprì nell’animo della giovane
Mythel fu talmente profonda e intensa da
costringerla a reagire con violenza per la prima
volta in vita sua.
“Con quale diritto mi tratti così?! Hai
dimenticato a chi devi la tua esistenza?”.
Deimos la trascinò di colpo dentro la stanza,
sbattendo la porta dietro di loro.
Mythel lo fissò per un attimo che parve
interminabile con puro timore:
era davvero quella la natura del suo
personaggio principale?
Colui che tanto aveva atteso?
Lo vide farsi più vicino a lei con la solita
espressione impassibile, carezzarle la nuca con
una mano e poi dirle come nulla fosse:
“ascoltami, se vuoi che io svanisca… basterà
desiderarlo ma, se non è così, allora dovrai
imparare ad accettare anche il mio lato oscuro.
Quindi ora dimmi: cosa intendi fare?”.
Al solo pensiero che non l’avrebbe mai più
rivisto in carne e ossa come in quel preciso
istante la fece sentire nuovamente fragile, in
procinto di scoppiare in lacrime da un
momento all’altro.
“No, desidero che tu rimanga accanto a me
perché voglio conoscere la tua vera essenza”
- “intendi forse… più da vicino?” le chiese
sorridendo maliziosamente.
Mythel si rese conto di trovarsi nella gabbia del
leone e, scotendo nervosamente la testa, si voltò
per dirigersi a passo spedito verso la porta, ma
Deimos glielo impedì, avvinghiandola a sé con
114
entrambe le braccia.
Avvertì la sua totale fisicità scontrarsi
rudemente
con
la
propria,
cosciente
all’improvviso del fatto che lui fosse un uomo a
tutti gli effetti.
Ma, stranamente, Mythel non tentò neppure di
divincolarsi, anzi… lasciò ricadere il capo
all'indietro sul suo petto con un sospiro mentre
una mano di Deimos scendeva ad accarezzarle
un seno con delicatezza, scivolando fino al
ventre dove lei avvertì sprigionarsi un gran
calore mai provato prima.
"Cosa...?"
- "Ssh" la zittì subito Deimos tornando con
la mano verso l'alto per scostarle i capelli
da un lato e, in seguito, posarle sul collo
piccoli morsi senza fine.
I brividi di quell'intenso e del tutto sconosciuto
piacere attraversarono il corpo di Mythel,
urlandole disperatamente il loro incontenibile
desiderio di essere portati all'apice.
"Sei tu che mi appartieni, ricordalo" affermò poi
in un sussurro.
L'incantesimo si spezzò.
Mythel tentò subito di divincolarsi, ma fu lo
stesso Deimos a lasciarla di colpo libera,
aggiungendo:
"e ora puoi anche andare, se vuoi".
Non se lo fece ripetere due volte.
Fuori nel corridoio però, Mythel eruppe in
singhiozzi tra le lacrime fino ad allora
trattenute, sentendosi tremendamente stupida
per non essere stata capace di tenergli testa e
rimetterlo al suo posto.
Perché?! Perché non c'era riuscita?
Possibile che Deimos avesse un tale potere su di
lei?
Barcollò fino al portone dove trovò Asgar ad
attenderla.
Senza dire una parola, le asciugò le lacrime con
un dito, carezzandole la nuca.
Quando Mythel si fu calmata almeno un po',
Asgar le fece cenno di seguirlo.
"Devo mostrarti una cosa".
Il tono con cui le si rivolse non lasciava
115
presagire nulla di buono, ma non si tirò indietro
e si mise al suo fianco in assoluto silenzio per
essere teleportata chissà dove.
La prima cosa che vide non appena ebbe
riaperto gli occhi furono però le lapidi di
Aleksander e Galaksiel di cui non si aveva più
traccia.
Subito volse lo sguardo interrogativo verso
Asgar, rendendosi poi conto del luogo in cui si
trovavano.
"Non sembra strano anche a te, Mythel?".
Lei non seppe cosa rispondere perché lei per
prima non era assolutamente in grado di
comprendere il senso di quell'evento.
"Sono convinto che tutto questo abbia a che fare
con
l'arrivo
di
Deimos"
asserì
poi
inginocchiandosi dinanzi alle lapidi tra la neve.
Erano all'interno del bosco, dove veniva
celebrata la Snohanen, ma Mythel non riusciva
proprio a capire quale legame potesse esistere
tra Deimos e quel luogo... almeno fino a quando
Asgar non le fece notare che quello in cui si
trovavano non era un punto qualunque.
E solo allora Mythel capì.
Quegli alberi che sembravano circondarli, la
forma dei tronchi e il protendersi dei rami
ghiacciati... era la stessa radura dove lei aveva
espresso il suo desiderio, dove l'Eyowin si era
materializzato sul dorso della sua mano: come
aveva potuto dimenticarlo?
"Deimos ci nasconde qualcosa, ne sono certo.
Anche gli altri hanno dei sospetti, ma nessuno
ha il coraggio di affrontarlo apertamente.
L'unica in grado di scoprire la verità sei solo tu,
Mythel, sai bene che per noi è del tutto
impossibile competere con Deimos" asserì
Asgar nel risollevarsi da terra e voltandosi a
guardarla con espressione sofferta.
Mythel comprese in quel momento che se
Deimos era quel che era non doveva biasimare
altri che se stessa.
Averlo reso invincibile forse poteva non essere
stata la scelta migliore...
"Non so cos'abbia in mente Deimos, ma riuscirò
a scoprirlo in un modo o nell'altro, te lo
116
prometto".
Ma in realtà la sola idea di affrontarlo
nuovamente non allettava neppure lei, anzi, la
spaventava a morte perché sapeva fin troppo
bene che mettere a tacere le proprie emozioni
sarebbe stato del tutto inutile.
Asgar la osservò mentre si allontanava da lui a
testa china senza neanche un cenno di saluto
poi, di colpo decise di fermarla, ma qualcosa
glielo impedì.
Fu come se la neve si fosse improvvisamente
tramutata in una morsa di ghiaccio, fondendosi
irrimediabilmente col resto del suo corpo,
rendendo persino inutilizzabili i poteri di cui
era dotato.
Sollevò lo sguardo e la vide svanire dietro la
piccola cancellata del bosco... Deimos era
sicuramente nei paraggi.
"Perché devi deludermi in questo modo?".
Mythel se lo ritrovò dietro il tronco di un pesco
al margine del sentiero a braccia conserte e con
espressione seccata.
Presa in contropiede, cercò subito le parole
adatte per rispondergli per le rime, ma quando
incrociò il suo sguardo non poté far altro che
tacere, arrossendo violentemente.
"Il tuo comportamento è del tutto inaccettabile
per quel che mi riguarda. So fin troppo bene
cosa provi per me, inutile negarlo, ti pare?"
tagliò corto.
Lei però non volle darsi per vinta e si sforzò di
reagire per venire a capo della verità.
"Qual'è il tuo segreto Deimos? Cosa ti lega a
quelle tombe?"
- "Ancora?!" tuonò infuriandosi di colpo,
"dubiti ancora di me? Perché Mythel?
Non ti rendi conto che ti amo davvero?
Dimmi tu la verità: cosa provi per
Asgar?".
Tremante di paura e di attrazione convulsa,
balbettò qualcosa di incomprensibile, evitando
il suo sguardo furente.
117
Ma fu quel suo modo di fare a istigare
ulteriormente Deimos e spingerlo ad assalirla.
Mythel finì tra la neve sotto di lui, ricoperta dal
suo corpo che la imprigionava tenacemente
senza alcuna probabilità di fuga.
"Perché non vuoi ammettere di amarmi?" le
chiese con voce roca, restando immobile.
Le lacrime bruciavano scendendole sul viso, ma
il suo cuore ardeva molto di più e non era facile
dire a Deimos che era nel giusto, non lo era
affatto.
"... Non piangere. Non sono venuto qui nel tuo
mondo per vederti piangere, dovresti saperlo"
le sussurrò baciandole via le lacrime una ad una
fino alle labbra socchiuse che assaggiò con la
punta della lingua.
- "Sì... lo so".
Quelle parole di assenso le uscirono di bocca
senza quasi accorgersene, ma era la pura verità
e, anche se stava tremando come una foglia
sotto di lui, chiuse gli occhi e abbracciò Deimos
intorno al collo, premendo il viso contro il suo
petto.
"Non ti farò del male, te lo prometto. Ma tu devi
credere in me".
Mythel annuì e decise di smettere di temerlo
perché in fondo al proprio cuore già sapeva - e
aveva sempre saputo - che non c'era motivo di
farlo.
L'aiutò a rialzarsi e, prendendola per mano,
fecero ritorno all'Aleksander.
"Allora è davvero qui? Non era solo una mia
impressione" disse Ardesia posando la tazza di
cappuccino ancora fumante sul tavolo della
mensa studentesca.
Asgar si limitò ad annuire mentre tutti gli altri
restavano avvolti in un silenzio di pietra.
"E da quello che ci hai raccontato devo dedurre
che voglia quindi tenerci lontani da Mythel..."
indagò Ardesia colpendo nel segno.
- "Esatto, questo è ciò che penso" confermò
allora Asgar, sentendosi però a disagio.
Il silenzio perdurò e una volta terminato il
118
pranzo - rivelatosi piuttosto amaro in quella
giornata invernale -, ognuno di loro si alzò con
espressione accigliata e uscì nel cortile del
college per capire in che modo avrebbero
dovuto comportarsi.
E fu proprio allora che lo videro arrivare al
fianco di Mythel con la consueta aria di
sufficienza e lo sguardo sornione.
Crimson gli puntò subito contro l'alabarda
dicendo:
"non so quali siano i tuoi piani e francamente
neanche m'interessa saperlo, ma se hai
intenzione di allontanarci da Mythel, tieni bene
a mente che non te lo permetteremo mai.
Lei è la nostra creatrice e ci ha voluti qui con sé
proprio come ha voluto te, noi siamo ormai
parte della sua vita e tu non hai alcun diritto di
volerla solo per te, sono stata chiara?".
Deimos ascoltò imperturbabile il suo discorso e
infine esplose in una fragorosa risata.
"Cos'hai da ridere?!" l'aggredì Fulgor andando
su tutte le furie.
- "Niente..."
rispose
sollevando
un
sopracciglio con aria sorpresa, "sono solo
felice per la calorosa accoglienza. Ma non
capisco il senso delle parole di Crimson.
Non ho mai avuto intenzione di fare nulla
del genere; Mythel fa parte di ognuno di
noi, come ha appena detto lei. Penso non
dovreste fidarvi troppo delle apparenze e
neanche dei discorsi di un innamorato
reso cieco dai suoi stessi sentimenti".
Asgar tacque, sfidando Deimos con lo sguardo
che, al contrario, gli sorrise senza alcun
preavviso. Doveva interpretarlo come un gesto
di superiorità oppure...?
Non riusciva a capirlo ma, dopotutto, nessuno
ne era mai stato in grado.
L'atteggiamento di Deimos e il suo pensiero
erano sempre stati un enigma per chiunque e
non c'era quindi da stupirsi che anche ora fosse
così.
"Finalmente siete tutti qui, questo è ciò che più
conta per me, dovreste saperlo" affermò Mythel
a quel punto con le lacrime agli occhi.
119
Fu allora, e soltanto allora, che Asgar e gli altri
si resero conto di quanto avessero sbagliato a
comportarsi in maniera tanto aggressiva, dando
per scontato che Deimos nascondesse loro
chissà che cosa, ma era stato un loro dubbio o
di Mythel in realtà?
Decisero di non pensarci più e di riunirsi
tutt'attorno alla loro creatrice per dare il
benvenuto al tanto atteso e temuto personaggio
chiave di Felonhar No Shi.
Dopotutto quel che più contava era che Mythel
fosse felice di averli accanto a sé per sempre...
"Stasera andremo in centro per cenare insieme,
siete d'accordo?"
- "Sì, certamente!" assentì una voce nota
alle loro spalle.
E di altri non poteva trattarsi che della bionda
Rev con al fianco le sue due inseparabili
compagne.
"Inoltre il Pivot ha deciso di dare il benvenuto
alla Snohanen di quest'anno con una speciale
serata in maschera a tema" precisò Katt più che
entusiasta dell'idea, mangiandosi Deimos con
gli occhi.
- "Davvero? E quale sarebbe?" chiese
Ardesia in tono rassegnato.
Ormai avere a che fare con quelle tre “
pedinatrici
ficcanaso”
era
diventata
un'abitudine...
Mythel, eccitata come una bambina, restò in
attesa di una risposta che Julv non tardò a
fornire, lasciando tutti loro a bocca aperta.
Strano che un sogno da sempre desiderato si
realizzasse in modo così casuale... ma si trattava
poi davvero di un caso o forse no?
Mythel non riusciva ancora a credere possibile
di avere indosso un abito del genere.
S'infilò il lungo cappello a punta color indaco
sul capo e, presa la bacchetta che le porgeva
Crimson, si guardò nello specchio della stanza
con aria terribilmente seria.
Sembrava proprio una maga non c'era che dire!
120
Poi Ardesia le sorrise nel suo abito nero da
strega e lei fece altrettanto mentre Crimson
apriva loro la porta per raggiungere gli altri al
Pivot.
Ma nel scendere le scale, Mythel ricordò di aver
dimenticato il sacchetto di stelline argentate e
corse indietro per prenderlo.
Che maga sarebbe stata senza?
Ridendo di gusto, Crimson e Ardesia le
gridarono di sbrigarsi.
Quando rientrò nella stanza però ebbe uno
strano presentimento vedendo nuovamente la
propria immagine riflessa.
Come se per un attimo avesse scorto un viso
diverso dal suo che le era comunque parso
familiare.
Ci rise su e con il sacchetto tra le mani tornò
dalle sue amiche per salire sull'Over Ekspress e
raggiungere il Pivot, dove avrebbero trascorso
una serata all'insegna del divertimento e della
magia.
Dinanzi all'ingresso trovarono Hrist ad
attenderle, tra lanterne a forma di luna ed altre
di zucca ma, quando Mythel chiese di Deimos,
lui non poté far altro che stringersi nelle spalle,
restando in silenzio.
"Arriverà più tardi, vedrai Myth, non temere" la
rassicurò Ardesia con dolcezza.
Lei annuì ed entrò con loro nel locale immerso
nell'oscurità tranne che per alcune candele
accese sui tavoli della sala affollata.
Al tavolo prenotato già li attendevano Rev, Katt
e Julv insieme a Fulgor, ma di Deimos non vi
era effettivamente nessuna traccia.
Mythel sospirò, chiedendosi che fine avessero
fatto lui e Asgar, pensando subito al peggio.
Ma proprio allora li vide entrare nella sala
fianco a fianco senza più percepire alcuna
tensione tra loro.
Di certo si erano chiariti, pensò con sollievo.
La salutarono, raggiungendola al tavolo, con un
bacio l'uno per ogni guancia che la fece
arrossire nella penombra del Pivot come una
ciliegia matura e, infine, la cena ebbe inizio.
I tavoli, su cui di solito comparivano solamente
121
sottobicchieri e posacenere, erano stati decorati
con tovagliette nere dai ricami fosforescenti.
Il cibo che venne servito si rivelò ottimo sotto
ogni punto di vista e, in attesa del dolce di
mezzanotte, si esibì a sorpresa il gruppo dei
Gust, il preferito di Mythel.
Quando sul palco del Pivot apparve Korn
Krissel Blaze, sentì il proprio cuore esplodere di
gioia.
La commozione che provò in quel momento,
circondata da tutti i suoi personaggi in perfetta
armonia tra loro, superò persino lo stupore,
sorridendo con gli occhi lucidi mentre Deimos
la fissava di un'intensità quasi spaventosa.
La desiderava, Mythel lo aveva capito fin troppo
bene, ma in modo assoluto ed era questo a
spaventarla davvero.
Anche se lo amava, temeva di non essere ancora
pronta per un passo del genere e che avrebbe
finito col sentirsi in colpa per averlo comunque
fatto.
Poi lui le sorrise e allora le sue paure si
sgretolarono
di
colpo,
tramutandosi
nuovamente in speranza e fiducia.
Le prime note di Fears and Desires afferrarono
subito il suo animo intorpidito, portandolo al
risveglio e trascinandolo in un vortice di
emozioni contrastanti.
Deimos la osservò di sottecchi, divorandola con
lo sguardo e pregustando il momento in cui
sarebbe stata sua... per sempre.
Ma le parole della ballata dei Gust attrassero
inevitabilmente anche lui, oltre al resto degli
spettatori nel locale e le ascoltò attentamente
sino alla fine.
Open your eyes, candles everywhere
shadows on the bed and desire in my head
come to me babe, I need to lose myself
looking all the time at you and
forget the world around
Fears and desires
scare me when you close that door
122
I try to escape again 'cause you will punish me
and with love possess me
everytime you want
My body is full of all your love for me
gyve around my hands and
shivers through the skin
Look at me babe, I'm a slave for you
feeling only alive when I let you touch me as
you can do
Fears and desires
scare me when you close that door
I try to escape again 'cause you will punish me
everytime you want
Gli applausi e le grida di apprezzamento si
levarono
impetuosi
fino
in
strada,
oltrepassando le pesanti porte del Pivot come le
acque di un fiume in piena.
"Come?! Davvero siederanno a cenare qui con
noi?" esclamò Mythel quando Hrist la informò
che l'intero gruppo dei Gust si sarebbe unito al
loro.
Deimos la squadrò per traverso: cos'era tutto
quell'entusiasmo?
"Ricorda che entro l'una dobbiamo rientrare
all'Aleksander" le fece presente nel tentativo di
avere nuovamente tutta la sua attenzione.
Ma proprio allora li raggiunsero i componenti
dei Gust: il cantautore e chitarrista Korn Krissel
Blaze, la bassista e cantante Kirei Kaulik e il
batterista Uriel Danarc.
Gli occhi di Mythel lo fissarono per una frazione
di secondo come fosse diventato trasparente
tutt'ad un tratto poi, fece un cenno di assenso e
mandò giù un altro sorso di vino alle viole.
"Non ne starai bevendo un po' troppo?" le
chiese in tono di rimprovero.
- "Perché? Non mi sento male, anzi, sto
benissimo" rispose con le guance
arrossate.
- "Mm... se lo dici tu. Comunque è meglio
123
uscire un attimo per prendere una
boccata d'aria”
- "ma proprio ora?!" si lamentò Mythel ben
poco entusiasta dell'idea.
Deimos si alzò in piedi senza aggiungere altro in
attesa che lei facesse lo stesso.
Capì di non avere altra scelta e, dopo aver
gettato un'ultima malinconica occhiata verso il
tavolo, si allontanò con lui fuori dal locale.
La neve fredda della notte le si posò su una
guancia, rinfrescandola; la sensazione che ne
derivò le fece chiudere gli occhi e assaporare il
silenzio della via deserta in completa sintonia
con essa finché non avvertì il calore delle labbra
di Deimos contro le sue e un brivido di piacere
l'attraversò da capo a piedi.
"Io torno al college. Ci vediamo domani,
d'accordo?" le disse di punto in bianco.
- "Ma come?! Non vuoi restare ancora un
po'?"
- "Meglio di no. Buonanotte" rispose
facendole l'occhietto.
Mythel si sentì d'improvviso abbandonata a se
stessa e lo guardò allontanarsi sotto la neve
avvolto nel mantello da druida.
"Aspetta! Deimos, aspetta, vengo con te!" lo
richiamò correndogli dietro per fermarlo.
Deimos si voltò con espressione indecifrabile.
"Beh? Che ti è preso? Non volevi restare al
Pivot?"
- "Sì, ma... senza di te non sarebbe la stessa
cosa".
L'imbarazzo dopo aver pronunciato quella frase
la spinse ad abbassare la testa in attesa che
Deimos dicesse qualcosa anziché fissarla in
modo tanto intenso.
La risata sommessa con cui l'accolse sotto il suo
mantello
fu
comunque
abbastanza
soddisfacente e, insieme, fecero ritorno
all'Aleksander senza dire altro.
"E Mythel?" domandò Crimson a Fulgor
quando rientrò nel locale.
- "Deimos deve averla riaccompagnata al
college. Forse non si sentiva molto bene"
124
suppose tornando a sedersi accanto a lei.
- "Già... o forse voleva semplicemente
restare da sola con lui" soggiunse Asgar
con aria abbattuta.
Ardesia e Hrist lo scrutarono dispiaciuti,
sapendo che comunque nulla avrebbe potuto
risollevarlo da quello stato, tanto meno il
parlarne.
Allo scoccare della mezzanotte arrivò infine il
momento di gustare il dolce che rivelò avere la
stessa forma dell'Eyowin.
Un'altra coincidenza?
Nessuno di loro disse nulla in proposito e
mangiò la sua fetta di dolce con un lieve senso
di malinconia.
Subito dopo i Gust salirono di nuovo sul palco
per chiudere la magica serata con un'altra
canzone e salutare la città di Tefiros.
Deimos continuò a tacere fino a quando non
giunsero davanti al portone d'ingresso.
"Vieni a dormire da me?".
Mythel ebbe un sussulto improvviso a quella
proposta cui non seppe proprio cosa
rispondere.
Quali erano le sue intenzioni?
Di certo non le sarebbe più saltato addosso
come quella mattina... ma d'altro canto era pur
sempre un uomo e chissà cosa poteva passargli
per la testa avendola sotto le coperte!
"Va bene, non fa niente... ti riaccompagno nella
tua stanza e poi tolgo il disturbo"
- No, non è questo che voglio! - pensò affranta.
"Davvero?! Allora andiamo da me, su sbrigati"
le ordinò con una lieve pacca sul fondoschiena
che la lasciò ancora una volta senza parole.
Le aveva letto nel pensiero proprio come sapeva
fare in Felonhar No Shi però... così non era
molto corretto da parte sua!
Eppure non poteva sentirsi davvero arrabbiata
con lui per averlo fatto perché in realtà ne era
felice.
Lo seguì fin dentro la stanza in preda alla voglia
di essere ancora baciata da lui e avvolta dalle
sue braccia, e fu ciò che avvenne non appena la
125
porta si richiuse dietro di lei, trovandocisi
premuta contro dal suo corpo.
"E adesso va' a cambiarti. In bagno c'è la
maglietta sportiva del college, puoi metterti
quella per dormire"
- "sì" rispose correndo a svestirsi.
Una volta tolto l'abito da maga si osservò nuda
nello specchio, arrossendo al pensiero di quel
che forse sarebbe accaduto di lì a breve con
indosso quella maglietta così grande per lei...
"Mythel! Non vorrai mica dormire lì dentro,
vero?" le chiese da dietro la porta in tono
spazientito.
- "No, no! Eccomi!" lo rassicurò uscendo
subito dopo.
Lo trovò seduto sul letto ad attenderla in boxer
e canotta grigio-blu, i capelli scompigliati con
una strana espressione dipinta sul volto.
Lei rimase immobile dov'era, sentendo il suo
sguardo scorrere lungo le gambe snelle fino al
suo volto in fiamme.
"Vieni a letto, su" le disse con voce vellutata.
Passo dopo passo riuscì finalmente ad
avvicinarsi a lui, infilandosi in tutta fretta sotto
il caldo piumone multicolore.
Deimos sorrise e le accarezzò la nuca con
dolcezza infinita, poi si alzò e svanì in bagno a
sua volta.
Mythel avvertì lo scrosciare dell'acqua nella
doccia e immaginò il corpo di Deimos, nudo e
bagnato, stretto al suo come quel mattino sulla
neve, provando quell'eccitazione incontenibile
che solo lui era in grado di risvegliare.
Quel rumore accompagnò gentilmente i suoi
pensieri fino a che non si addormentò,
dimenticando del tutto dove si trovasse.
"Mythel?".
Qualcuno la stava chiamando, ma sembrava
essere così lontano!
Da dove proveniva quella voce?
"Mythel, vuoi lasciarmi dormire e smettere di
stuzzicarmi?".
Aprì gli occhi di colpo, ritrovandosi a pochi
centimetri da Deimos, avvinghiata a lui con una
mano sotto la sua canotta.
126
- Ma che stavo facendo?! - si chiese sul
punto di allontanarsi.
"No, non muoverti, ormai e troppo tardi" le fece
notare Deimos spostando la sua mano verso il
basso.
Capì che aveva ragione pur non ritenendosi una
grande esperta nel campo e tentò di ritrarla
immediatamente, ma senza alcun successo.
Ormai era davvero troppo tardi...
Le labbra di Deimos sfiorarono prima la pelle
del suo collo mentre una mano le si insinuava
tra le gambe e poi più su, fino a sollevarle la
maglietta e baciarle i seni turgidi, stuzzicando
con la punta della lingua entrambe i capezzoli.
Si stava perdendo in lui e voleva essere sua in
ogni senso, ma un pensiero la sfiorò,
improvviso come un fulmine a ciel sereno: cosa
avrebbe perso donandogli tutta se stessa?
A cosa avrebbe dovuto dire addio?
Il dolore che la colpì quando lo sentì spingere
contro di lei la riportò bruscamente a
concentrarsi su quel che stava per avvenire.
"Ti sto facendo male?"
- "Un po'..." rispose con voce tremula.
- "ma tu mi vuoi, non è così?".
Mythel sussurrò un sì appena percettibile e
Deimos le diede un bacio da togliere il fiato che
sciolse ogni tensione residua, liberandole la
mente e lasciando che lui entrasse finalmente in
lei.
Le lacrime di dolore si tramutarono lentamente
in puro piacere finché Mythel non fu più in
grado di distinguere dove finisse il suo corpo e
iniziasse quello di Deimos.
Lo strinse forte a sé, felice come non mai e,
ansimando, spinta dopo spinta sotto di lui,
raggiunsero il culmine del piacere.
In lontananza le sembrò di udire l'ululato di
Ardesia perdersi nella notte e solo quando le
braccia di Deimos l'ebbero avvolta con tutto il
loro calore lei si sentì davvero al sicuro.
Il sonno le diede il suo benvenuto e ogni
pensiero seguì una diversa direzione, facendole
perdere qualunque legame con il resto del
mondo.
127
Si svegliò di soprassalto e percepì che qualcosa
era cambiato.
Innanzi tutto... dov'era Deimos?
Scese dal letto e perlustrò il resto della stanza
nella speranza di trovarlo e dargli il
buongiorno, ma niente da fare.
Perché si era alzato senza di lei?
Vide la propria divisa appesa alla finestra e,
indossandola, notò che le aderiva perfettamente
in ogni parte del corpo.
L'abbottonò e i capelli le sfiorarono la schiena
nuda.
Ma da quando erano divenuti così lunghi?
Sollevò lo sguardo sulle vetrate di fronte a sé e
restò senza fiato: chi era la giovane donna che vi
era riflessa?
Così sinuosa, alta, dai lunghissimi capelli e il
volto elegante?
Si avvicinò tremante all'immagine e comprese
di essere proprio lei.
D'istinto guardò sul dorso della mano e vide che
l'Eyowin era del tutto scomparso, svanito nel
nulla senza lasciare alcuna traccia.
Mythel iniziò a capire cosa potesse essere
successo durante la notte e si catapultò fuori da
quella stanza, in cerca di Ardesia o chiunque
altro fosse in grado di fornirle una spiegazione
plausibile.
Una volta raggiunta la sala della mensa, vide
Rev andarle incontro e augurarle il buongiorno
chiamandola persino per nome come se nulla
fosse.
Ma che stava succedendo?!
"Hai visto Ardesia per caso?" le domandò
temendo la risposta.
Rev la guardò con aria interrogativa.
"Chi stai cercando?"
- "Ardesia, Ardesia Fenrir" rispose sempre
più in ansia.
La vide scuotere la testa e sorridere prima di
chiederle:
"cos'è? Uno scherzo? Credi forse che non
ricordi i nomi dei personaggi del tuo racconto
dopo averlo letto chissà quante volte in questi
128
anni?".
- Anni?! - pensò Mythel confusa e sconvolta
al tempo stesso.
E finalmente le fu chiara ogni cosa... ma non
riuscì ad accettare il fatto che si fosse trattato
solo di un sogno.
Si scusò con Rev e uscì dal college per dirigersi
come una furia verso il bosco della Snohanen in
cerca di risposte, contravvenendo alle regole.
Le lapidi erano di nuovo scomparse ma,
improvvisamente, una bellissima coppia si
materializzò, ergendosi dalla neve in terra.
"Mythel Eis, stavamo aspettandoti. Siamo qui
per ringraziarti. Ora che finalmente le nostre
anime si sono ricongiunte, la Snohanen non ha
più motivo di esistere" e, detto ciò, Aleksander e
Galaksiel si dissolsero in una fresca e bianca
nebbia.
A quel punto Mythel si rese conto che se lei era
divenuta una donna, lo era proprio grazie ai
suoi personaggi e, in particolar modo, a
Deimos.
Si erano sacrificati per lei, ma non poteva e non
voleva accettarlo.
Le lacrime rigarono il suo viso e a pugni stretti
per la disperazione insopportabile gridò:
"non a questo prezzo però! Non... a questo
prezzo!".
Ognuno di loro faceva ormai parte di lei in tutto
e per tutto, non esisteva altra spiegazione.
L'unico modo per sentirli ancora accanto a sé
era quello di scrivere una nuova storia, una in
cui lei in persona stavolta sarebbe stata
protagonista assieme a Deimos...
I mesi passarono e nelle vetrine di Tefiros
scintillava sotto le luci della sera il nuovo libro
di Mythel Eis intitolato: Kilys.
Era il due di novembre e la neve scendeva più
fitta del solito sulla città, ma ciò non impedì a
centinaia di persone di raggiungere la libreria
Angolo 21, dove l'autrice firmava da oltre un'ora
e mezza dediche con autografi per ogni suo
fanatico lettore.
Sollevava lo sguardo di tanto in tanto verso
129
l'orologio accanto all'uscita, sperando di poter
presto tornare a casa e iniziare a preparare i
bagagli per il lungo viaggio sulla città itinerante
di Windroze che aveva deciso d'intraprendere.
Ma d'un tratto scorse qualcuno identico a
Deimos varcare la soglia della libreria e uscire,
pur sapendo che era una follia, lasciò tutto e
corse fuori per raggiungerlo.
Si guardò attorno e lo vide salire sul corso della
Yukilis.
Col fiato corto, tentò di chiamarlo, ma dalle sue
labbra non uscì nulla.
Riprese a correre e ad un certo punto sentì una
voce familiare alle sue spalle chiedere:
"Myth, dove vai a quest'ora della sera?".
Si voltò di colpo e li vide tutti lì, dinanzi a sé
mentre le sorridevano, andandole incontro per
abbracciarla.
"Siete… davvero qui!" - esclamò incredula e al
colmo della felicità - "Ma come è possibile?"
- "Devi chiederlo a lui" le rispose Asgar
indicando Deimos alle sue spalle.
Mythel restò in attesa di una spiegazione: era
ancora molto arrabbiata con lui per non averle
mai detto la verità ed essere scomparso dalla
notte al giorno in quel modo.
"Dopo che Aleksander aveva realizzato il tuo
desiderio, io decisi di ricambiarlo e ritrovare il
corpo della sua amata Galaksiel, chiedendo
però di realizzare anche il mio e cioè quello di
averti accanto a tutti noi per sempre".
Mythel avvertì il grande amore che li legava a
lei e comprese che ora il suo più immenso
desiderio era quello di vivere con loro in eterno,
ma nel mondo da lei creato e non più Iakes
perché questo era sempre stato il sogno da
realizzare.
L'Eyowin tornò a risplendere sul dorso della sua
mano in una miriade di colori e lei svanì al loro
fianco dalla bianca Tefiros attraverso una luce
sfolgorante, quella di una nuova vita da iniziare
e non più da scrivere.
Fine
130
Glossario dei Nomi
Presenti in Deimos Wing:

Personaggi
Agris Kannor > amazzone arciera al servizio della corte
imperiale di Aleksander Sekyen
Aleksander Sekyen > imperatore del regno di Tefiros.
Cognome formato dal giapponese "sekihen", cioè
"fiocco di neve".
Arbel Kansin > costruttore galatense dell'Ismeiros, il
labirinto di ghiaccio situato all'interno del Giardino
Galatense di Tefiros. Cognome dal giapponese
"kanshin", interesse.
Ardesia Fenrir > donna-lupo il cui nome deriva dalla
parola "ardesia", cioè il materiale grigio-blu utilizzato
per tetti, gradinate e selciati + "Fenrir", nome del
leggendario lupo al fianco del temibile dio nordico
Odino.
Arson Tiff > studente dell'Aleksander College, rivale di
Redsel Avalon nonché figlio del proprietario
dell'accademia teatrale Pikke Station di Rubia.
Arten Matia Eis > Nome della madre di Mythel. Il nome
deriva dal tedesco "arten", di carattere e dal greco
“matia”, sguardo.
Asgar Furlok > sovvertitore spazio-temporale il cui
nome deriva da "Askar", tratto dalla serie tv de "I
Cavalieri dello Zodiaco" + "furl" e "lock", cioè il serrare
le vele.
Crimson Valo > evocatrice di draghi il cui nome deriva
da "crimson", cremisi + "valor", coraggio.
Danthys > unicorno leggendario la cui statua è posta al
centro della Piazza delle Fate di Tefiros.
Deimos Alukar > nobile guerriero sanguemisto il cui
nome deriva da "Deimos", cioè terrore, nome del dio
nato da Venere e Marte + "Alucard", nome del
protagonista vampiro del videogioco di Castlevania Simphony of the Night.
Deliter Mazu > lanciere al servizio della corte imperiale
Fulgor Kamlot > arciere alquanto abile il cui
nome deriva da "fulgor”, folgore - lampo +
"Camelot", regno di Re Artù.
Galaksiel Kuryou > principessa promessa sposa
131
di Aleksander Sekyen. Nome derivante da
"galaxy", galassia + "Galadriel", elfa bianca del
romanzo di Tolkien, Il Signore degli Anelli.
Cognome dal giapponese "kouryou", cioè
desolazione.
Gust > gruppo rock composto da Korn Krissel
Blaze, Kirei Kaulik e Uriel Danarc. Nome il cui
significato è raffica, rivolta, impeto di passione.
Havoc > gruppo rock composto da Devon Saito,
Van Souryo e Smok Yagami, rivali dei Gust.
Nome il cui significato è rovina, distruzione,
strage.
Hrist Rednite > cavaliere di nobili origini il cui
nome deriva da "Hrist" , Cristo + "red", rosso, e
"knight", cavaliere.
Julv Reven > studentessa dell'Aleksander
College e componente del Redsel Klùb. Il nome
deriva dal norvegese "julv", lupo e "reven",
oscuro, nero.
Katt Lysroth > studentessa dell'Aleksander
College e componente del Redsel Klùb. Il nome
deriva dal norvegese "katt", gatto e "lysroth",
biondo ramato.
Kirei Kaulik > bassista e cantante del gruppo
dei Gust. Il nome deriva dal giapponese “kirei”,
bella e dall’inglese “cowlick”, rosa (dei capelli).
Kloi > Fata-oni di Kyassion. Nome derivante
dal greco, il cui significato è “erba”.
Korn Krissel Blaze > cantautore e chitarrista
del gruppo dei Gust. Nome che deriva dalla
trasformazione di “Chris Cornell”, cantante del
gruppo degli Audioslave e “blaze”, fiamma –
bagliore.
Lune > Sorella gemella di Kloi. Fata il cui nome
deriva
dal
tedesco
“lùnette”,
lunetta
(architettonica). Si pronuncia come si scrive.
Maximilian Eis > nonno paterno di Mythel Eis,
proprietario dell'Eis Kaffe. Il nome deriva da
"Maximilian", Massimiliano + "ice", ghiaccio.
Mythel Eis > studentessa dell'Aleksander
College, scrittrice del racconto di "Felonhar no
Shi". Il nome deriva da "Maetel", personaggio
femminile protagonista del manga Galaxy
Express 999 di Leiji Matsumoto + "ice",
ghiaccio.
132
Oife > gemella dell’ unicorno Danthys. Nome
derivante da un essere leggendario irlandese.
Olen Darkob > mercenaria al servizio della
corte imperiale di Aleksander Sekyen.
Orlandes Yamagushi > giovane cavaliere al
servizio della corte imperiale di Aleksander
Sekyen.
Ramsiel Kuryou > principe fratellastro della
scomparsa Galaksiel.
Rein Ark > acrobata internazionale della Gilda
delle Maschere. Il nome deriva da "rain",
pioggia e "arc", arco.
Rev Forylt > studentessa dell'Aleksander
College, fondatrice e leader del Redsel Klùb. Il
nome deriva dal norvegese "rev", volpe +
"forgylt", dorata.
Sephir Eis > nonna paterna di Mythel Eis,
comproprietaria dell'Eis Kaffe. Nome derivante
da "sephir", zefiro.
Smok Yagami > Chitarrista del gruppo degli
Havoc. Nome derivante da “smoke”, fumo e
“Yagami”, cognome del personaggio “Iori
Yagami” presente nel videogioco di King of
Fighters.
Suteki Mastery > Direttore dell’Accademia
Militare Strategica “ Kenson” di Kether. Nome
derivante dal giapponese “suteki”, meraviglioso
e dall’inglese “mastery”, conoscenza.
Uriel Danarc > Batterista del gruppo dei Gust.
Nome derivante da “Uriel”, il più potente dei
sette arcangeli e “dan”, gradino – scala +
“archangel”, arcangelo.
Van Souryo > Batterista del gruppo degli
Havoc. Nome derivante da “van”, avanguardia e
“Souryo”, cognome dell’autrice di manga
Fuyumi Souryo (Mars, Es…).
Luoghi
Aleksander College > ex-residenza imperiale
della nobile stirpe dei Sekyen.
Angolo 21 > libreria nel centro di Tefiros, nei
pressi del corso della Yukilis.
Aolykt > terre di provenienza di Hrist Rednite.
133
Nome derivante dal giapponese "aoi", celeste +
il norvegese "lykt", luce.
Arkan Kort > accademia di recitazione di
Tefiros. Nome derivante da "arkan", arcana +
"kort", corte. Nome tratto dal fumetto di Corto
Maltese, Corte Sconta Detta Arcana.
Arlot > terre di provenienza di Ardesia Fenrir.
Nome derivante da "argot", gergo + "lot",
destino, sorte.
Borgo degli Artisti > zona di Tefiros in cui ha
sede il Cubo della Gilda delle Maschere e la
prima fermata della Over Ekspress.
Borgo Tukirot > zona di Tefiros in cui ha sede
l'Eis Kaffe. Il nome deriva dal giapponese
"tuki", luna + il tedesco "rot", rossa.
Corso della Yukilis > passaggio di congiunzione
elevato nel centro di Tefiros con ponte coperto
in acciaio traforato inossidabile. Nome che
deriva dal giapponese "yuki", neve + il
norvegese "lys", luce.
Cubo > luogo in vetro infrangibile trasparente
in cui si svolgono le esibizioni pubbliche degli
acrobati variopinti della Gilda delle Maschere.
Darkob > gradinata in ardesia, costruita in
onore della mercenaria Olen Darkob. Nome che
deriva da "dark", nero + "kob", cigno maschio.
Eis Kaffe > antica pasticceria della famiglia Eis.
Nome che deriva da "ice", ghiaccio + "caffè".
Etheryaki > città del sottosuolo di Lunegarde il
cui nome deriva da “etere” + il giapponese
“aki”, rosso.
Galatena > città accademica della moda e dello
spettacolo il cui nome deriva da “galatea” cioè
celeste + “Atena”.
Giardino Galatense > luogo in cui è stato
costruito l’Ismeiros, il labirinto di ghiaccio.
Gilda delle Maschere > antica compagnia di
acrobati e giullari di cui facevano parte anche i
membri della famiglia Avalon, oltre alla famosa
Rein Ark.
Hevnet > città del sottosuolo dell’isola di
Lunegarde il cui nome deriva dal norvegese
“hevn”, vendetta + “net”, rete.
Iaga > mondo immaginario creato da Mythel
Eis per il racconto di Felonhar no Shi. Nome
134
che deriva dal’ ‘inverso del termine "Gaia", il
pianeta terra.
Iakes > pianeta dove vivono i personaggi reali
del ciclo di racconti di Samantha Provenzale. Il
nome deriva dal termine giapponese in forma
speculare "sekai", mondo.
Ismeiros > labirinto di ghiaccio situato
all'interno del Giardino Galatense e costruito da
Arbel Kansin su commissione dell'imperatore
Aleksander Sekyen. Il nome deriva dal
norvegese "is", ghiaccio + il giapponese
"meiro", labirinto.
Kalisfera > città del sottosuolo di Lunegarde.
Nome derivante dal greco “kalispéra”,
buonasera + “sfera”.
Kareisty > antico sentiero che percorrevano i
valorosi cavalieri della corte imperiale di
Aleksander Sekyen alla partenza e al rientro da
una battaglia. Il nome deriva dal giapponese
"karei", splendore + il norvegese "sti", sentiero.
Katakai > Viale del centro di Tefiros, dedicato
esclusivamente alla moda. Nome derivante dal
giapponese “kata”, stile + “kai”, riunione.
Kenson > Accademia Militare Strategica della
città di Kether. Il nome deriva dal giapponese
"kenson", modestia, umiltà.
Kether > città in cui ha sede la nota Accademia
di Kenson. Nome derivante dall'ebraico
"kether", corona, una delle dieci emanazioni
della Sephiroth.
Kyassion > Città del sottosuolo di Valkyra nel
mondo di Iakes. Nome derivante dalla
contrazione dei termini giapponesi “ki”, anima
+ “ya”, negozio + “sio”, sale.
Laserk > Città del sottosuolo di Kether nel
mondo di Iakes. Nome derivante dalla
contrazione del termine “laser” + il norvegese
“merke”, traccia.
Liltia > città sul mare il cui nome deriva da
“lilla” + “stia”, cioè gabbia.
Lunegarde > Città da cui prende nome l’intera
isola sotto cui risiedono alcune città del
sottosuolo: Kalisfera, Hevnet, Vitria
ed
Etheryaki. Significato: “Sguardo della Luna”.
Lyseis > lago ghiacciato della Quinta Stagione.
135
Il nome deriva dal norvegese "lys", luce + "ice",
ghiaccio.
Piazza della Quinta Stagione > zona di Tefiros
in cui ha sede il Pivot Pub.
Piazza delle Fate > zona di Tefiros in cui è posta
la statua del leggendario unicorno Danthys.
Pikke Station > accademia teatrale della città di
Rubia di proprietà di Lanceor ed Arson Tiff. Il
nome deriva da "picche", seme delle carte da
gioco che simboleggia la morte nella
cartomanzia + "station", stazione.
Pivot Pub > music-pub situato nella Piazza
della Quinta Stagione di Tefiros. Nome
derivante da "pivot", cardine, perno.
Rubia > città in cui ha sede l'accademia teatrale
della Pikke Station. Nome derivante dal
femminile del termine "rubino", rossa.
Tefiros > città dalla neve eterna il cui nome
nasce dall'anagramma del termine ebraico
"sefirot", la rappresentazione cabalistica delle
dieci emanazioni di Dio agli uomini: corona,
intelligenza, sapienza, conoscenza, forza,
amore,
bellezza,
splendore,
eternità,
fondamento.
Vitria > Città del sottosuolo di Kalisfera nel
mondo di Iakes. Nome derivato dalla parola
“vetro”.
Windroze > Città - isola
itinerante di
antichissime origini il cui nome deriva da
“windrose”, rosa dei venti.
Nomi di vario genere
Eyowin > cristallo che compare sul dorso della
mano di Mythel Eis durante la Snohanen.
Nome derivante dal giapponese "eiyo", gloria +
"wing", ala.
Iakes Eks’ > treno ad altissima velocità
sotterraneo che collega le città al di sotto della
superficie dell'intero mondo di Iakes.
Kilys > Titolo del seguito di Felonhar No Shi,
che significa “Spirito di luce” da “ki”, in
giapponese, spirito e “lys” dal norvegese, luce.
Over Ekspress > treno ad alta velocità
136
sopraelevato della sola città di Tefiros che
collega l'Aleksander College al centro e
viceversa.
Piknik > pic-nic rituale dell'Aleksander College
di fine giugno.
Plume-Cake > dolce tipico del periodo della
Snohanen a forma di piuma. Nome derivante da
"plume", piuma + "cake", dolce.
Quinta Stagione > stagione di tre giorni tra fine
luglio e inizio agosto in cui smette di nevicare
nella città di Tefiros e si festeggia sulle rive del
Lyseis, il lago ghiacciato.
Redsel Klùb > club fondato dalle tre sostenitrici
di Redsel Avalon.
Shadowlys > titolo della rappresentazione
teatrale della Arkan Kort. Nome derivante da
"shadow", ombra + il norvegese "lys", luce.
Snohanen > solenne festività di Tefiros per la
ricorrenza millenaria della scomparsa di
Galaksiel. Nome che deriva da "snow", neve + il
giapponese "hane", ala, piuma + "hen", strano.
In senso letterale "neve piumata" per la strana
forma che assumono i fiocchi di neve nel bosco
dell'Aleksander College solo in quel giorno.
Tiyuki Legend > leggenda sulla morte della
principessa Galaksiel. Nome derivante dal
giapponese "ti", sangue + "yuki", neve.
Trodakai > ninna-nanna di origini antichissime
che la nonna materna di Mythel cantava
quando lei era bambina. Nome che deriva dal
norvegese "trod", filo + il giapponese "akai",
rosso. Il filo rosso è in Giappone il simbolo del
destino che lega due persone.
Under Ekspress > treno sotterraneo di Tefiros
che conduce anche alla stazione per lo Iakes
Eks’.
Warlike > il più alto grado di guerriero
assegnato dall'accademia militare strategica di
Kenson. Nome che deriva da "warlike",
guerriero.
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