Gli Etruschi e il Mediterraneo. La città di Cerveteri PERCORSO
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Gli Etruschi e il Mediterraneo. La città di Cerveteri PERCORSO
Gli Etruschi e il Mediterraneo. La città di Cerveteri PERCORSO ESPOSITIVO - INTRODUZIONE: STORIA DI UNA SCOPERTA La riscoperta, a partire dagli anni venti dell’Ottocento, dei grandi siti etruschi, in particolare di Cerveteri, coincide con la nascita dell’archeologia moderna. La successione dei ritrovamenti, il numero e la qualità dei reperti riportati alla luce suscitano una curiosità nuova, dando il via a ricerche sistematiche sul campo e alla creazione, a Roma nel 1829, dell’Istituto di corrispondenza archeologica, progenitore degli importanti istituti archeologici di oggi. Cerveteri fornisce una ricca documentazione relativa a quest’epoca: nel 1826 vengono rinvenute centinaia di terrecotte votive di notevole fattura (una vasta selezione sarà presentata in mostra) e all’inizio degli anni trenta del secolo risale la scoperta delle circa cinquanta tombe della necropoli della Banditaccia. Ma a suscitare l’ammirazione dei contemporanei è soprattutto il rinvenimento, nel 1836, della tomba RegoliniGalassi: i sontuosi corredi funebri trovati intatti rivelano l’incredibile ricchezza dei principi etruschi e il loro ritrovamento porta nel 1837 alla creazione in Vaticano del Museo Gregoriano Etrusco, il primo dedicato a questa civiltà. Per tutto l’Ottocento le scoperte si moltiplicano, inizialmente per iniziativa dei proprietari locali, come il principe Ruspoli e il principe Torlonia, che nel 1845 dona una parte dei suoi ritrovamenti al Gabinetto delle medaglie della Bibliotèque nationale de France (una selezione di questi pezzi sarà presentata in mostra). Ma anche collezionisti facoltosi si dedicano agli scavi: è il caso del marchese Campana, al quale il Louvre deve la sua ricca collezione etrusca. Giovanni Pietro Campana La figura di Giovanni Pietro Campana (1808-1880) incarna l’interesse di questi anni per l’archeologia: brillante uomo di mondo, filantropo, amante dell’arte e dell’archeologia e membro di diverse accademie scientifiche, è un appassionato di antichità e conduce numerose campagne di scavo a Roma, a Veio e soprattutto a Cerveteri. È a lui che si deve la scoperta di alcuni tra i più alti capolavori dell’arte etrusca come il sarcofago degli Sposi, le lastre Campana, i grandi vasi greci provenienti dalle necropoli ceretane, nonché il ritrovamento di una delle più belle tombe etrusche, la tomba dei Rilievi, evento rievocato in un dipinto inedito appartenuto a Campana, oggi esposto al pubblico per la prima volta. Grazie agli scavi, ma anche agli acquisti sul mercato antiquario, Campana raccoglie la più vasta collezione archeologica dell’Ottocento, ricca di oltre diecimila pezzi. Segnalata in ogni guida di Roma, celebre in tutta Europa e ambita da importanti musei, la collezione Campana viene confiscata e messa in vendita dall’amministrazione pontificia nel 1857, dopo l’arresto del marchese. Quest’ultimo, che dal 1833 dirigeva a Roma il Monte di Pietà, aveva impegnato la propria collezione in cambio di ingenti somme, finendo così per immobilizzare il patrimonio dell’ente. Accusato di peculato, viene arrestato e poi costretto all’esilio. Napoleone III acquista per la Francia la quasi totalità della collezione, in particolare la maggior parte delle opere etrusche, che fanno il loro ingresso al Louvre nel 1863. Nel corso di tutto l’Ottocento, numerose altre campagne di scavo alimentano il mercato antiquario e arricchiscono i grandi musei d’Europa e presto anche degli Stati Uniti. L’unificazione d’Italia nel 1871, fornisce agli scavi un quadro istituzionale con la creazione delle Soprintendenze archeologiche e, nel 1889, del Museo nazionale etrusco di Villa Giulia. - LA NASCITA DI UNA CITTÀ (XII-VIII secolo a.C.) La presenza di insediamenti umani sul territorio che in seguito sarà quello della città di Cerveteri è documentata fin dalla fine del secondo millennio. Le comunità si mostrano subito molto aperte ai traffici coi paesi del Mediterraneo, come dimostrano i frammenti di vasellame di tipo miceneo rinvenuti nel corso di scavi recenti, che saranno esposti per la prima volta. Nell’età villanoviana (IX-VIII sec. a.C.) i diversi villaggi disseminati in tutta l’area gradualmente si riuniscono per fondare la città. Il sito prescelto si trova a circa 6 chilometri dalla linea di costa, in posizione elevata e naturalmente difesa. La mostra presenta alcuni frammenti di capanne dell’epoca, rare testimonianze dell’antico insediamento. Tuttavia l’elemento più importante per la documentazione di quella società è costituito dalle necropoli. Una selezione di corredi funebri permetterà di comprendere le modalità di sepoltura e la cultura materiale dei primi ceretani, come anche il progressivo processo di differenziazione dei ruoli maschili e femminili. Nell’VIII secolo, l’emergere di figure di status sociale elevato è rilevabile dalla presenza nelle tombe di oggetti di prestigio, come i morsi per cavallo in bronzo (750-725 a.C.). L’attestazione sempre più frequente di oggetti ispirati a modelli latini o lidi, ma anche di vasi provenienti dal mondo greco dimostra l’importanza in quest’epoca degli scambi commerciali e culturali con le altre regioni del mondo mediterraneo. - I PRINCIPI DI CERVETERI: ETRURIA, ORIENTE E GRECIA (VII secolo a.C.) Alla fine dell’VIII secolo, le ricchezze ottenute dai giacimenti minerari, le risorse derivanti dai traffici via mare e il controllo delle rotte commerciali favoriscono l’emergere delle grandi famiglie aristocratiche. In pochi decenni, la città diventa un’importante metropoli del Mediterraneo, centro culturale cosmopolita in cui confluiscono merci, persone, idee e tecnologie. Ancora una volta, la ricchezza e la complessità della cultura dei principi di Cerveteri è nota soprattutto attraverso le necropoli: le grandi tombe del VII secolo, concepite come veri e propri monumenti familiari, si distinguono sia per l’architettura molto elaborata sia per i corredi sontuosi, in cui si rispecchia il nuovo stile di vita dei nobili. Monumenti e corredi funerari: le insegne del potere I tumuli, monumenti funerari circolari, possono raggiungere all’incirca i sessanta metri di diametro e sono costituiti da diverse camere scavate nel tufo rispondenti in larga misura all’architettura e all’arredamento delle dimore dei vivi. La tomba delle Cinque Sedie, in parte ricostruita per la mostra, ne è uno degli esempi più sorprendenti. Destinata a una coppia, contiene un ambiente in cui è stata scolpita direttamente nella pietra la riproduzione di un banchetto familiare. Due troni, simbolicamente attribuiti alla coppia di defunti, si trovano accanto ai cinque scranni sui quali sono collocate altrettante statuette raffiguranti gli antenati. Il potere e la ricchezza di queste famiglie si esprimono anche nella magnificenza degli oggetti e degli arredi collocati nelle tombe: la mostra presenta quattro dei principali corredi funebri scoperti in zona (in particolare quelli rinvenuti nella tomba Regolini-Galassi), composti da vasellame d’argento, ceramiche e preziosi oggetti d’importazione. Una sezione è dedicata ai modelli aristocratici, in gran parte mutuati dalle élite del mondo orientale e greco. La pratica del banchetto è il segno più evidente dei nuovi stili di vita che contraddistinguono i principi etruschi. Nei servizi per i banchetti si mescolano prestigiosi oggetti importati e di produzione locale, che riflettono la ricchezza dell’artigianato ceretano. È in particolare a Cerveteri che si sviluppa il bucchero, un tipo di ceramica tipica dell’Etruria. Inoltre, per affermare il proprio status sociale spesso gli aristocratici importano oggetti preziosi, che influenzano l’artigianato locale. Infine, le élite etrusche mutuano l’alfabeto dai Greci insediati nell’Italia meridionale: anche in questo caso Cerveteri svolge un ruolo determinante nella diffusione della scrittura etrusca, le cui funzioni sono illustrate da una serie di iscrizioni che attestano la proprietà o la donazione di un bene. La cultura scritta della nobiltà ceretana è inscindibile da quella visiva: il VII secolo è segnato infatti anche dalla comparsa delle immagini e la mostra riunisce i principali vasi dipinti trovati a Cerveteri, in cui figurano, in particolare, le prime rappresentazioni dei miti greci. In quest’epoca, le figure di Ulisse o Medea diventano familiari per gli Etruschi, che si distinguono per la grande apertura nei confronti della cultura greca. Tra le opere presentate in mostra, notevole è in particolare il celebre cratere di Aristonothos (650 a.C. circa) in cui sono raffigurati, da un lato, l’accecamento del ciclope Polifemo da parte di Ulisse e dei suoi compagni, dall’altro una scena di battaglia navale, tema significativo per gli aristocratici etruschi, che traevano dal controllo del mare una parte del loro potere. - L’APOGEO: CERVETERI IN EPOCA ARCAICA (VI-V secolo a.C.) In quest’epoca, l’organizzazione politica della città si trasforma. Il potere delle grandi famiglie aristocratiche del periodo orientalizzante, che pure rimangono molto presenti, viene gradualmente sostituito dalla costituzione di un corpo politico di cittadini. Da allora il fasto non è più al servizio degli individui e della loro gloria personale, ma contribuisce allo splendore dell’intera città. Questo è senza dubbio il periodo in cui l’aspetto di Cerveteri meglio corrisponde al concetto greco di polis: una città-stato indipendente, dotata di magistrature che garantiscono il buon funzionamento della vita pubblica nonché di una religione articolata con santuari e templi. Gli spazi urbani sono chiaramente definiti; le strutture e le infrastrutture urbane sono pensate per la comunità, non più soltanto per la classe dirigente. Architettura e urbanistica Gli scavi ottocenteschi avevano già messo in luce l’importanza delle strutture urbane e delle grandi decorazioni dei templi in terracotta policroma: ne sono testimonianza numerosi reperti importanti, quali il Cavallo alato del Vaticano, nonché gli elementi del frontone proveniente dalla Vigna Marini-Vitalini, dispersi nell’Ottocento tra diverse collezioni e ora riuniti in mostra. Tuttavia gli scavi intrapresi negli ultimi decenni hanno aperto nuovi orizzonti alla nostra conoscenza dell’assetto urbanistico e dell’articolazione del territorio della città: la mostra presenta gli ultimi risultati degli importanti scavi condotti sul sito della Vigna Parrocchiale e presso il santuario di Sant’Antonio, nel cuore della città antica. Una sezione speciale è dedicata a Pyrgi, il porto principale di Cerveteri, dove la città fece costruire uno dei santuari più ricchi e celebri del mondo antico. Per le dimensioni e la posizione sulla costa, Pyrgi si impose come la dimostrazione diretta del potere ceretano. Fu anche luogo di scambio, come testimoniano le lamine d’oro che recano iscrizioni dedicatorie in etrusco e punico – infatti nel tempio la dea etrusca Uni era in parte assimilata alla dea orientale Astarte. I due grandi santuari di Pyrgi si distinguono per la ricca decorazione, di cui in mostra sono presentati vari elementi inediti o mai esposti. Allo stesso modo, la sezione dedicata alle ultime scoperte avvenute nella parte meridionale del santuario, in particolare per quanto concerne i grandi depositi votivi, permette di comprendere i riti etruschi nonché il ruolo che in essi avevano i grandi vasi greci. Gli scambi L’importanza del porto e del santuario di Pyrgi è legata anche all’intensità degli scambi che la città di Cerveteri intrattiene in quest’epoca con le diverse regioni del mondo mediterraneo. La città è in primo luogo uno dei principali importatori di vasi greci del periodo. In una sala della mostra è visibile la varietà dei prodotti che giungono a Cerveteri, tra cui si distinguono la ceramica prodotta a Corinto e poi soprattutto quella ateniese. A volte i vasi attici sono addirittura realizzati in funzione dei clienti etruschi, come dimostra la scelta di alcune forme particolari. Questi manufatti sono spesso di qualità molto elevata: numerosi capolavori della ceramica greca provengono da Cerveteri; in mostra sono presentati anche il grande cratere di Eufronio del Louvre e il magnifico psykter (vaso per raffreddare il vino) di Duride, conservato al British Museum. Tuttavia gli scambi non sono a senso unico. La città esporta molti prodotti, soprattutto vino e olio. I relitti di navi carichi di anfore ceretane, rinvenuti al largo della costa francese, attestano che la Provenza e la Linguadoca costituivano per Cerveteri importanti sbocchi commerciali. La mostra presenta in particolare un campione del carico del relitto del Grand Ribaud F, una delle più grandi navi del tempo, costituito da anfore risalenti agli inizi del V secolo a.C. Si tratta di una delle scoperte più importanti dell’archeologia subacquea. La pittura: una specialità ceretana Cerveteri, città aperta agli scambi commerciali e culturali, attrae naturalmente gli artigiani greci. Sappiamo che nella seconda metà del VI secolo a.C., gli artigiani provenienti dalle città greche dell’Asia Minore (Ionia) si trasferiscono in Etruria e in particolare a Cerveteri, contribuendo a diffondervi un nuovo stile artistico, evidente nei diversi tipi di produzione. Proprio a loro si deve lo straordinario sviluppo della pittura ceretana, che in seguito sarà riecheggiata nei testi romani. Si tratta inizialmente di grandi lastre dipinte, una produzione tipicamente ceretana di cui alcuni esemplari sono stati rinvenuti sia nelle tombe che nei santuari e negli edifici pubblici. Alcune delle migliori testimonianze di questa arte sono raccolte per la prima volta intorno al capolavoro di tale produzione: la serie delle cinque Lastre Campana conservate al Louvre. Gli stessi artigiani ionici creano anche una serie di vasi che sono tra le realizzazioni più alte della ceramica antica: le idrie ceretane, grandi recipienti per l’acqua dalle ricche decorazioni policrome, che illustrano con virtuosismo non privo di umorismo i grandi miti greci, a cominciare dalle gesta di Eracle. Le necropoli e il corredo funerario Le necropoli riflettono anche i cambiamenti intervenuti nell’organizzazione politica e sociale della città. Gli opulenti tumuli cedono il posto ad allineamenti di tombe tutte uguali (tombe a dado) e nella necropoli della Banditaccia queste file di sepolcri uniformi formano vere e proprie vie funerarie dalla disposizione regolare, simile a quella degli edifici del centro urbano. Tuttavia, se da un lato la tipologia delle tombe si fa sempre più standardizzata, la qualità degli oggetti che compongono il corredo funerario non diminuisce, come dimostra la raffinatezza dei gioielli. In questi anni si è anche molto sviluppata l’arte della scultura funeraria: un grande leone scoperto nel 2012 nella necropoli della Banditaccia e ancora inedito testimonia l’evoluzione finora poco nota della statuaria in pietra. Ma è ovviamente la scultura in terracotta, una delle specialità degli Etruschi, ad offrire gli esempi più belli, con il sarcofago degli Sposi e la serie di urne cinerarie che lo accompagna. Presentato per la prima volta al di fuori di Parigi da quando, nel 1863, fece il suo ingresso nella capitale francese, il sarcofago degli Sposi è una delle opere più celebri del Louvre. La scultura si inserisce nella lunga tradizione del sarcofago di terracotta e rappresenta i defunti a banchetto. Una donna riccamente vestita è semidistesa accanto al marito su una kline, cioè un letto conviviale. I volti sorridenti mostrano l’influenza del linguaggio artistico tipico della Grecia orientale. La mano destra della donna, oggi vuota, doveva tenere in mano un vaso di profumo: probabilmente la moglie versava alcune gocce di olio profumato nella mano del coniuge, seguendo un uso tipico del banchetto. Il simposio, evocato anche dai due otri sui quali si appoggia la figura maschile, costituiva uno degli elementi essenziali del rituale funerario etrusco. Il monumento rimanda in effetti sia al banchetto funebre offerto dalla famiglia, sia a quello dei beati che si svolge nell’aldilà. Il sarcofago è anche una testimonianza dello status privilegiato di cui godevano le donne in Etruria. Mentre ad Atene soltanto le cortigiane (etère) e le musiciste potevano condividere con gli uomini i letti conviviali e a Roma non si concepiva per le donne occupazione migliore della filatura della lana e della cura della casa, in Etruria le donne partecipavano ai banchetti ed assistevano al fianco degli uomini ai giochi atletici, come testimoniano gli affreschi rinvenuti nelle tombe. In occasione della presente mostra, il sarcofago è stato oggetto di un nuovo intervento di restauro presso il Louvre-Lens. IL RINNOVAMENTO DELLA CITTÀ: CERVETERI E ROMA (IV-III secolo a.C.) Dopo un periodo di relativa crisi nella seconda metà del V secolo, l’Etruria conosce nel IV secolo un profondo rinnovamento, testimoniato dalle nuove decorazioni dei principali santuari e dal ritrovato fasto delle tombe aristocratiche. In un momento in cui le città etrusche devono far fronte all’espansione romana, Cerveteri riafferma il suo potere. La città nel IV secolo a.C.: il rinnovamento delle aristocrazie Gli ultimi decenni di indipendenza della città sono contrassegnati dal desiderio di affermazione politica e culturale delle élite locali. Le decorazioni dei grandi santuari attestano la ricchezza ritrovata e ancora una volta manifestano l’apertura dell’artigianato locale ai nuovi linguaggi artistici elaborati nel mondo greco, come illustra in particolare la splendida testa femminile in terracotta di Pyrgi. La presentazione delle recenti scoperte (tomba delle Teste Votive), permette anche di seguire lo sviluppo a Cerveteri di nuove forme di culto. I reperti delle necropoli di questo periodo richiamano i fasti delle grandi tombe del VII secolo. In particolare la tomba dei Sarcofagi riflette questa volontà di auto-celebrazione da parte dei nobili, che adottano volentieri i modelli in voga presso le varie élite del mondo mediterraneo. Così il sarcofago del Magistrato, il più antico dei quattro presenti nella tomba, mostra il defunto sul coperchio, secondo una tipologia mutuata dai modelli cartaginesi. Questo nuovo tipo di sarcofago in pietra, di cui abbiamo qui la più antica attestazione, conosce una grande fortuna in Etruria. I bassorilievi ai lati del sarcofago evocano l’alto ufficio del magistrato e al tempo stesso alludono al viaggio verso l’aldilà ormai intrapreso dal defunto. Per la prima volta, inoltre, sono qui riuniti tutti gli elementi delle decorazioni in pietra della tomba di Greppe Sant’Angelo: un’imponente porta che decorava la facciata, una coppia di leoni a difesa della tomba, una statua del demone della morte Charun. LA FINE DI UNA STORIA: CERVETERI ROMANA (III secolo a.C. – I secolo d.C.) Già da tempo tra Cerveteri e Roma esistevano forti legami politici e culturali: a Cerveteri i giovani aristocratici romani andavano a imparare l’etrusco, considerato all’epoca la lingua della cultura. L’esistenza di buoni rapporti non impedì certo la conquista della città etrusca da parte dei Romani, ma ne favorì l’integrazione nell’impero. Tra il III e il I secolo a.C., la romanizzazione della città è attestata dal crescente uso del latino negli epitaffi, evidente in una varietà di cippi funerari che recano iscrizioni etrusche e presto anche latine. A quell’epoca è Roma a dettare ormai i nuovi codici di rappresentazione. Tuttavia, le città etrusche romanizzate perderanno la loro specificità culturale in modo molto graduale e gli aristocratici spesso vorranno tramandare la memoria degli antenati e la loro cultura. La Tyrrhenika scritta dall’imperatore Claudio, prima opera storica dedicata agli Etruschi (purtroppo perduta), rende omaggio a questo ricco patrimonio e segna simbolicamente l’inizio dell’“etruscologia”. Gli elementi scolpiti che concludono la mostra risalgono proprio all’epoca di Claudio. Proveniente con tutta probabilità da un edificio legato al culto imperiale, questo insieme comprende numerosi ritratti di imperatori, tra cui il ritratto di Augusto conservato al Louvre, in cui l’imperatore è raffigurato, a titolo postumo, con la corona di quercia, o corona civica, che il Senato gli aveva conferito nel 27 a.C. È esposto inoltre il frammento di un bassorilievo della metà del I secolo d.C., conservato al Museo Gregoriano Profano (Città del Vaticano), con la personificazione delle città etrusche. Questa evocazione rivela la volontà dei Romani di perpetuare la passata grandezza della città etrusca di Cerveteri, divenuta ormai un luogo della memoria.