Le trasferte dei dipendenti all`estero

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Le trasferte dei dipendenti all`estero
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22/09/2008
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Le trasferte dei
dipendenti all’estero
Gli adempimenti da rispettare per i viaggi di lavoro
Il mondo del lavoro
Savino & Partners a.s.
Mandare un dipendente in trasferta di lavoro all’estero
richiede il rispetto da parte del datore di lavoro di poche ma
essenziali regole. Come sempre, sapere in anticipo cosa prevede la legge in tali casi permette di evitare incomprensioni con
il dipendente o perdite di tempo.
Già prima della partenza del dipendente è necessario concordare le condizioni essenziali del viaggio, ovvero:
• il giorno e il luogo della partenza e il giorno di ritorno dal
viaggio,
• il luogo in cui dovrà essere svolto il lavoro all’estero,
• il periodo di durata della trasferta,
• la modalità di trasporto e, infine,
• la modalità di alloggio.
Al dipendente in trasferta di lavoro spetta una diaria, il cui
ammontare dipende dal periodo complessivo trascorso in viaggio. Il datore di lavoro è tenuto a riconoscere la diaria nell’ammontare minimo previsto dall’articolo 163 del codice del lavoro: questo nel caso in cui si tratti della sfera imprenditoriale
privata. Se non è già stato previsto nel regolamento interno
dell’azienda, il datore di lavoro può stabilire un’eventuale riduzione della diaria. Qualora il datore di lavoro non stabilisca la
riduzione in una delle modalità previste nell’articolo 170 comma 5 del codice del lavoro, al dipendente spetterà la diaria non
ridotta, anche in caso di pasto fornito gratuitamente. Nel caso
in cui la diaria erogata sia superiore al limite previsto ai sensi
dell’articolo 176 Codice del lavoro, l’intero ammontare della
diaria costituirà un costo fiscalmente deducibile, ma per il
dipendente la differenza tra l’ammontare di diaria erogato e
l’ammontare previsto dal codice del lavoro verrà tassata come
reddito insieme allo stipendio, a fine mese.
Prima della trasferta di lavoro del proprio dipendente, il
datore di lavoro può decidere di modificare le aliquote di base
della diaria in valuta straniera, l’erogazione del fondo spese ed
eventualmente altre condizioni del viaggio di lavoro. Una incombenza obbligatoria per il datore di lavoro, se non si accorda diversamente con il dipendente (quindi solo con diverso
accordo consensuale tra le parti) è quella di fornire al proprio
dipendente inviato all’estero un acconto fino all’ammontare
previsto di spese di viaggio. L’acconto può essere consegnato
attraverso il prestito della carta di credito aziendale, tramite la
consegna di un assegno di viaggio o in contanti nella valuta
concordata. È possibile erogare l’acconto anche trasferendo la
somma tramite un bonifico bancario nel conto del dipendente.
Il dipendente che si reca in trasferta di lavoro all’estero
può sostenere delle spese accessorie, ma non sempre il datore
di lavoro è disposto a rimborsarle. Per legge sono tre le condizioni che il dipendente deve rispettare, contemporaneamen28
te, per avere diritto al loro rimborso da parte del datore di
lavoro: deve trattarsi di costi che il dipendente ha sostenuto
all’estero per finalità strettamente legate alle necessità del relativo e concreto viaggio compiuto e devono essere spese
dimostrabili. Se il dipendente non è in grado di documentare
l’ammontare delle spese accessorie necessarie, il datore di
lavoro rimborserà l’ammontare corrispondente alle cose e ai
servizi usuali nel periodo e nel luogo di svolgimento della trasferta di lavoro.
Le spese di trasferta accessorie e necessarie possono essere,
ad esempio:
• spese di cambio valuta,
• spese personali quali l’uso dei servizi igienici, ecc.
• spese telefoniche connesse allo svolgimento del lavoro,
• spese di parcheggio dell’auto utilizzata in trasferta di lavoro,
• spese per il transito in tunnel o strade.
Nel caso in cui il datore di lavoro decida di rimborsare al
dipendente costi che non sono da considerarsi necessari, non
essendo trattati come costi di viaggio costituiranno costi fiscalmente indeducibili per il datore di lavoro e, dall’altra parte, un
reddito da attività dipendente per il dipendente da tassare insieme allo stipendio mensile; inoltre, questi stessi costi rientreranno nella base imponibile sulla quale si calcolano i contributi per
l’assicurazione sanitaria, sociale e il contributo per la politica
statale dell’occupazione.
Quando il dipendente è in trasferta di lavoro, l’orario di lavoro rimane uguale a quello stabilito dal datore di lavoro e applicato nel luogo di lavoro permanente, se non concordato diversamente con il dipendente. Le ore che il dipendente trascorre in
viaggio durante il suddetto orario di lavoro e durante le quali
non può lavorare, sono da considerarsi come “ostacolo al lavoro”, ovvero normale orario lavorativo, pertanto remunerate con
lo stipendio nell’ammontare del guadagno medio, se la retribuzione del dipendente è a tariffa oraria. Se invece il dipendente
percepisce uno stipendio mensile, quest’ultimo ha diritto alla
quota corrispondente.
Però, se diventa necessario svolgere l’attività lavorativa
anche al di fuori del regolare orario di lavoro, (prima o dopo
l’orario di lavoro), le ore lavorate saranno considerate come
ore di lavoro straordinario e in tal caso al dipendente spetterà
lo stipendio maturato inclusa l’indennità per lavoro straordinario corrispondente al 25% del guadagno orario medio oppure
un permesso sostitutivo, sempre se concordato tra datore di
lavoro e dipendente. In generale, il codice del lavoro non disciplina le ore trascorse in viaggio di lavoro prima dell’inizio dell’orario di lavoro e dopo la fine dell’orario di lavoro, se non si
tratta di svolgimento di lavoro.