Le trasferte dei dipendenti all`estero
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Le trasferte dei dipendenti all`estero
er53_03.qxp 22/09/2008 14.15 Pagina 28 Le trasferte dei dipendenti all’estero Gli adempimenti da rispettare per i viaggi di lavoro Il mondo del lavoro Savino & Partners a.s. Mandare un dipendente in trasferta di lavoro all’estero richiede il rispetto da parte del datore di lavoro di poche ma essenziali regole. Come sempre, sapere in anticipo cosa prevede la legge in tali casi permette di evitare incomprensioni con il dipendente o perdite di tempo. Già prima della partenza del dipendente è necessario concordare le condizioni essenziali del viaggio, ovvero: • il giorno e il luogo della partenza e il giorno di ritorno dal viaggio, • il luogo in cui dovrà essere svolto il lavoro all’estero, • il periodo di durata della trasferta, • la modalità di trasporto e, infine, • la modalità di alloggio. Al dipendente in trasferta di lavoro spetta una diaria, il cui ammontare dipende dal periodo complessivo trascorso in viaggio. Il datore di lavoro è tenuto a riconoscere la diaria nell’ammontare minimo previsto dall’articolo 163 del codice del lavoro: questo nel caso in cui si tratti della sfera imprenditoriale privata. Se non è già stato previsto nel regolamento interno dell’azienda, il datore di lavoro può stabilire un’eventuale riduzione della diaria. Qualora il datore di lavoro non stabilisca la riduzione in una delle modalità previste nell’articolo 170 comma 5 del codice del lavoro, al dipendente spetterà la diaria non ridotta, anche in caso di pasto fornito gratuitamente. Nel caso in cui la diaria erogata sia superiore al limite previsto ai sensi dell’articolo 176 Codice del lavoro, l’intero ammontare della diaria costituirà un costo fiscalmente deducibile, ma per il dipendente la differenza tra l’ammontare di diaria erogato e l’ammontare previsto dal codice del lavoro verrà tassata come reddito insieme allo stipendio, a fine mese. Prima della trasferta di lavoro del proprio dipendente, il datore di lavoro può decidere di modificare le aliquote di base della diaria in valuta straniera, l’erogazione del fondo spese ed eventualmente altre condizioni del viaggio di lavoro. Una incombenza obbligatoria per il datore di lavoro, se non si accorda diversamente con il dipendente (quindi solo con diverso accordo consensuale tra le parti) è quella di fornire al proprio dipendente inviato all’estero un acconto fino all’ammontare previsto di spese di viaggio. L’acconto può essere consegnato attraverso il prestito della carta di credito aziendale, tramite la consegna di un assegno di viaggio o in contanti nella valuta concordata. È possibile erogare l’acconto anche trasferendo la somma tramite un bonifico bancario nel conto del dipendente. Il dipendente che si reca in trasferta di lavoro all’estero può sostenere delle spese accessorie, ma non sempre il datore di lavoro è disposto a rimborsarle. Per legge sono tre le condizioni che il dipendente deve rispettare, contemporaneamen28 te, per avere diritto al loro rimborso da parte del datore di lavoro: deve trattarsi di costi che il dipendente ha sostenuto all’estero per finalità strettamente legate alle necessità del relativo e concreto viaggio compiuto e devono essere spese dimostrabili. Se il dipendente non è in grado di documentare l’ammontare delle spese accessorie necessarie, il datore di lavoro rimborserà l’ammontare corrispondente alle cose e ai servizi usuali nel periodo e nel luogo di svolgimento della trasferta di lavoro. Le spese di trasferta accessorie e necessarie possono essere, ad esempio: • spese di cambio valuta, • spese personali quali l’uso dei servizi igienici, ecc. • spese telefoniche connesse allo svolgimento del lavoro, • spese di parcheggio dell’auto utilizzata in trasferta di lavoro, • spese per il transito in tunnel o strade. Nel caso in cui il datore di lavoro decida di rimborsare al dipendente costi che non sono da considerarsi necessari, non essendo trattati come costi di viaggio costituiranno costi fiscalmente indeducibili per il datore di lavoro e, dall’altra parte, un reddito da attività dipendente per il dipendente da tassare insieme allo stipendio mensile; inoltre, questi stessi costi rientreranno nella base imponibile sulla quale si calcolano i contributi per l’assicurazione sanitaria, sociale e il contributo per la politica statale dell’occupazione. Quando il dipendente è in trasferta di lavoro, l’orario di lavoro rimane uguale a quello stabilito dal datore di lavoro e applicato nel luogo di lavoro permanente, se non concordato diversamente con il dipendente. Le ore che il dipendente trascorre in viaggio durante il suddetto orario di lavoro e durante le quali non può lavorare, sono da considerarsi come “ostacolo al lavoro”, ovvero normale orario lavorativo, pertanto remunerate con lo stipendio nell’ammontare del guadagno medio, se la retribuzione del dipendente è a tariffa oraria. Se invece il dipendente percepisce uno stipendio mensile, quest’ultimo ha diritto alla quota corrispondente. Però, se diventa necessario svolgere l’attività lavorativa anche al di fuori del regolare orario di lavoro, (prima o dopo l’orario di lavoro), le ore lavorate saranno considerate come ore di lavoro straordinario e in tal caso al dipendente spetterà lo stipendio maturato inclusa l’indennità per lavoro straordinario corrispondente al 25% del guadagno orario medio oppure un permesso sostitutivo, sempre se concordato tra datore di lavoro e dipendente. In generale, il codice del lavoro non disciplina le ore trascorse in viaggio di lavoro prima dell’inizio dell’orario di lavoro e dopo la fine dell’orario di lavoro, se non si tratta di svolgimento di lavoro.