Studio di risonanza magnetica funzionale delle funzioni attentive in

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Studio di risonanza magnetica funzionale delle funzioni attentive in
EUR MED PHYS 2008;44(Suppl. 1 to No. 3)
Studio di risonanza magnetica funzionale
delle funzioni attentive in pazienti
con danno assonale diffuso dopo trauma cranico
S. GALBIATI1, A. BARDONI1, M. RECLA1, F. LOCATELLI1, A. COSTA2, E. CAPANNINI2, A. PASTORI2, V. BRANCA2, S. STRAZZER1
Introduzione
Il trauma cranico rappresenta la principale causa di morte e invalidità nei soggetti giovani adulti. Si tratta di una condizione patologica caratterizzata da complessi esiti neurologici che coinvolgono, non
solo le capacità motorie, ma anche quelle comportamentali e cognitive1. I disturbi neuropsicologici rappresentano un grave e costante
problema nel paziente post-traumatico, interferendo con i processi
di recupero, con l’equilibrio psichico e comportamentale e con le
possibilità di reinserimento scolastico e lavorativo2,3.
Il grado di recupero a distanza e dopo la riabilitazione neurologica in soggetti con trauma cranico non sembra essere legato solamente alla sede ed all’estensione della lesione focale, ma anche ad
un differente pattern di attivazione corticale, che si instaura grazie ai
meccanismi fisiologici di plasticità neuronale propri di ciascun individuo4,5. Negli ultimi anni sono numerosi gli studi di attivazione
cerebrale condotti su soggetti sani, mediante l’utilizzo della Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI), una nuova tecnica di neuroimmagine sicura e non invasiva che permette, accanto ad una buona definizione del danno tessutale, il monitoraggio dei cambiamenti metabolici e riorganizzativi del Sistema Nervoso Centrale (SNC) a seguito di
una lesione6-13.
Studi su pazienti con esiti di trauma cranico hanno documentato i
processi di riorganizzazione funzionale nelle aree cerebrali risparmiate dalla lesione, mostrando un pattern di attivazione esteso a più
aree corticali e evidenziando un’attivazione anche di aree controlaterali, fisiologicamente non coinvolte nel processo cognitivo in esame.
Tali studi riguardavano in modo specifico una delle funzioni cognitive maggiormente coinvolte in pazienti con trauma cranico, ossia la
working memory7. Al momento attuale non esistono studi invece
che analizzano la riorganizzazione dell’attività corticale in compiti
che implicano un’altra funzione cognitiva, l’attenzione, particolarmente compromessa a seguito di trauma cranico14-16.
Lo scopo fondamentale dello studio è identificare le aree di attivazione cerebrale durante un compito di attenzione sostenuta in un
gruppo di soggetti che abbiano subito un trauma cranico severo,
con quadro RM compatibile con DAI e che abbiano recuperato i
deficit attenzionali conseguenti alle lesioni, e in un gruppo di volontari sani compatibili per età, sesso e scolarità. L’analisi dei dati è
finalizzata ad evidenziare le differenze tra soggetti sani e malati e
quelle correlate al differente trattamento riabilitativo dei pazienti.
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2Unità
1IRCCS
“E. Medea”, Bosisio Parini (Lecco);
di Neuroradiologia Diagnostica ed Interventistica,
Fondazione IRCCS Policlinico di Milano
Materiali e metodi
Pazienti
I soggetti inclusi nel nostro studio provenivano dall’Unità di Neuroriabilitazione delle Cerebrolesioni Acquisite dell’Istituto Scientifico
Eugenio Medea. Tutti i pazienti afferiti dopo un trauma cranico vengono sottoposti ad una valutazione multidisciplinare comprendente
valutazioni cliniche (visita neurologica, fisiatrica, oculistica, ORL,
internistica), strumentali (EEG, ABR, SEP, PEV), cognitive (test di
livello, attenzione, memoria, funzioni esecutive). Tali pazienti, se
necessario, vanno incontro a trattamenti intensivi di FKT, logopedia
e neuropsicologia.
Da un gruppo di circa 150 pazienti con esiti di trauma cranico
afferiti alla nostra Unità, sono stati selezionati 73 pazienti con età
compresa tra i 16 e i 21 anni al momento dello studio. Di questi
pazienti sono state visionate le immagini di Risonanza Magnetica
dell’encefalo al fine di individuare un gruppo omogeneo di soggetti
con un documentato danno assonale diffuso. Sono stati così individuati 25 pazienti omogenei per tipologia di danno cerebrale. Tali
pazienti sono stati sottoposti alle seguenti valutazioni cliniche:
anamnesi clinica, visita neurologica, visita oculistica ed ortottica, esame audioimpedenzometrico, valutazioni cognitive, valutazione psicologica.
Tra questi sono stati selezionati e inclusi nello studio 6 soggetti (5
maschi e 1 femmina), che rispondevano ai seguenti criteri di inclusione: GCS<8, almeno 12 mesi di distanza dal trauma cranico, nessuna terapia farmacologia in corso con molecole che possono interferire con i processi cognitivi (neurolettici, antiepilettici, benzodiazepine), assenza di disturbi comportamentali significativi, assenza di
deficit motori significativi, assenza di deficit visivi di origine centrale,
assenza di deficit uditivi, livello cognitivo nella norma (QI>85), deficit attentivi marcati nella fase subacuta, recupero delle capacità
attentive al momento dell’inclusione nello studio, recupero delle
capacità mnestiche e delle funzioni esecutive.
Volontari
Sono stati reclutati 7 soggetti sani comparabili per età, sesso e
scolarità. Tali volontari sono stati valutati dal punto di vista cognitivo
attraverso la medesima batteria somministrata ai pazienti.
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Assessment neuropsicologico
Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad una specifica valutazione
neuropsicologica. Per valutare l’attenzione si è utilizzato il Continuous Performance Test II (CPT II)17, che valuta l’attenzione sostenuta, il livello di arousal e di impulsività. Questo test valuta l’attenzione sostenuta con l’Overall Index, la velocità di elaborazione
cognitiva con i tempi di reazione(RT) e il tipo di errore con gli indici
Commission e Omission.
Il livello cognitivo è stato valutato con la Wechsler Scale, che
valuta il quoziente intellettivo verbale e operativo (VIQ and PIQ).
La Wechsler Memory Scale18 e la Memory Assessment Scale19 sono
state utilizzate per valutare la memoria verbale e visuo-spaziale immediata e dopo 30 minuti. Questi test forniscono un indice di memoria
globale “Memory Quotient Index” (MQ per pazienti di età>18 anni) e
“General Memory Index” (GM per pazienti di età<18 anni).
Le funzioni esecutive sono state valutate con Wisconsin Card Sorting Test, attraverso l’analisi degli indici: Numero di categorie individuate (NCAT), numero di errori Total Errors (TErr) and le Risposte
Perseverative (PResp).
Implementazione del test CPT da somministrare durante fMRI
Il test CPT versione fMRI è stato implementato attraverso “Presentation - version 0.81, build” (Neurobehavioral Systems). Il pacchetto
“Presentation” supporta, oltre alla preparazione degli stimoli, la possibilità di dialogare con il tomografo RM e di sincronizzarsi con esso
(funzione mripulse), la possibilità di ottenere dati da un pulsante
esterno (response box) collegato alla presa seriale del PC e, infine, la
possibilità di ottenere un tabulato finale (logfile) dei tempi di insorgenza dello stimolo e di pressione del pulsante.
Le lettere vengono presentate ad intervalli (ISI) di 1 sec e di 2 sec
e rimangono visibili sullo schermo per 250 ms ciascuna (durata dello
stimolo). La lettera scelta come target è la X, le altre lettere sono
prese dall’alfabeto utilizzato dalla lingua inglese. Il soggetto deve
premere il più velocemente possibile un tasto specifico sulla response box ogni qual volta compare una lettera (stimolo frequente) e
non premere alcun tasto se la lettera è la X (stimolo target). Il periodo di riposo con cui confrontare i periodi di attenzione è posto all’inizio e alla fine della presentazione del test. Ciascun intervallo di
riposo dura 2 min. ed è rappresentato dalla visione di immagini senza senso (linee geometriche poste in diverse direzioni dello spazio).
Il periodo di attivazione, ossia il test vero e proprio di attenzione
sostenuta, dura 10 minuti (600 lettere suddivise in 5 blocchi da 120)
e viene svolto senza interruzioni.
Lo schermo del computer su cui vengono presentate le lettere è
collegato ad un sistema di occhialini indossati dal soggetto all’interno della sala diagnostica durante l’acquisizione delle immagini RM.
Il soggetto indossa anche delle cuffie attraverso cui può comunicare
con l’esterno e da cui riceve le informazioni ed istruzioni relative al
test da eseguire.
A ciascun soggetto durante la somministrazione del test CPT viene acquisita una serie di 290 volumi cerebrali (durata 3 secondi ciascuno) per una durata complessiva di circa 14.5 minuti e così suddivisi: i primi 10 volumi (30 sec.), esclusi dall’analisi di attivazione,
vengono utilizzati per mandare a regime i gradienti e di regola usati
per fornire le istruzioni, volumi da 11 a 50 (2 min.) primo periodo di
riposo, volumi da 51 a 250 (10 min.) test di attenzione sostenuta,
volumi da 251-290 (2 min.) secondo periodo di riposo.
EPI (Echo Planar Imaging) con TR = 3 s, TE = 60 ms, FA = 90°, FOV
24 x 24 cm2 e costituite da: 26 sezioni transassiali 64x64 (pixel size
3.97 mm) spesse 4mm e gap =0, parallele alla linea bicommisurale
(AC-PC). Sono state anche acquisite immagini anatomiche ad alta
risoluzione spaziale, con sequenza Spin-Echo pesate in T1, per mappare sui corrispondenti riferimenti anatomici le attivazioni delle aree
cerebrali.
Analisi dei dati fMRI
I volumi delle immagini cerebrali RM sono stati trasferiti via
DICOM dalla workstation di acquisizione ad un PC dotato di software per la conversione in formato Analyze e di SPM2 (Wellcome
Department of Cognitive Neurology, London-UK) per la stima delle
mappe di attivazione.
Test CPT-fMRI: I 280 volumi sono stati riallineati, normalizzati e
filtrati con filtro gaussiano con FWHM di 10 mm. Nell’analisi statistica è stato considerato il disegno a blocchi per ciascuno dei 5 intervalli da 2 min (da 0 a 10 min) del test CPT-fMRI e sono stati posti
come baseline i due intervalli di riposo all’inizio e alla fine di ognuno di essi. Ciascun intervallo di attivazione è risultato pertanto costituito da 40 volumi ciascuno. Per ciascuno dei 5 intervalli è stata stimata la corrispondente mappa di attivazione ponendo a 1 il relativo
valore di contrasto e p<0,001 senza correzione per confronti multipli. Per ciascuno degli 8 soggetti normali sono state ottenute le mappe di attivazione per i 5 differenti intervalli di attivazione. Gli 8 soggetti normali per ciascun intervallo sono stati analizzati insieme
come 8 sessioni da 1 trial per ottenere la mappa di attivazione
media. Le mappe di attivazione sono state rappresentate sull’immagine anatomica T1-pesata di uno dei volontari dopo normalizzazione
all’immagine template basata sull’atlante di Talairach.
Tutti i soggetti prima di essere sottoposti agli studi di risonanza
funzionale sono stati edotti ed addestrati in modo da poter eseguire
correttamente i diversi test di stimolazione.
Risultati
Sono stati selezionati ed inclusi nello studio 6 pazienti, 5 maschi
e 1 femmina, di età media pari a 17,21 (DS: 3,6), 5 destrimani e un
mancino. Il gruppo di volontari presentava un’età media di 18,8 (DS:
2,9), 6 maschi e 1 femmina, tutti destrimani.
Tutti i pazienti in fase acuta mostravano una GCS inferiore a 8.
All’epoca del trauma cranico presentavano un’età superiore a 12
anni, con un valore medio di 16,8 anni (DS: 3.1). Al momento dell’inserimento nello studio la media dei mesi trascorsi dall’evento
traumatico era 31.8 mesi (DS: 10,4). Dal punto di vista neuropsicologico il gruppo di pazienti in fase acuta mostrava un Quoziente Intellettivo totale deficitario con un livello medio pari a 62.5 (DS: 12.3) e
un marcato deficit attentivo, evidente al test CPT (Overall Index:16,5
DS:5,2). Nella fase acuta i pazienti presentavano deficit specifici delle funzioni mnestiche ed esecutive di varia entità e compatibili con il
livello di compromissione cognitiva globale.
A distanza dal trauma (fase degli esiti) presentavano un miglioramento complessivo del quadro di funzionamento cognitivo, con un
Quoziente Intellettivo totale medio nella norma (QIT: 98,33; DS:
8,59) e un miglioramento significativo del deficit attentivo (Overall
Index: 4,87; DS:4,14) (Tab. I).
I soggetti volontari presentavano un livello cognitivo nella norma
e non mostravano deficit attentivi.
Acquisizione studio fMRI
Aree di attivazione
Gli studi sono stati acquisiti con il sistema Eclipse -Philips da 1.5
T utilizzando la bobina encefalo.
Durante la somministrazione dei test le sequenze di immagini
volumetriche pesate in T2* sono state acquisite utilizzando sequenze
L’identificazione e il mappaggio delle aree di attivazione ottenute
durante il test CPT-fMRI sono stati effettuati con la collaborazione di
uno specialista neuroradiologo, che non era a conoscenza né della
storia clinica, né dei trattamenti dei pazienti e volontari. Le immagini
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Tabella I. – Profilo clinico e neuropsicologico del gruppo sperimentale e di controllo al momento dello studio.
Characteristics
Age/gender
Time to test (months)
Wechsler scale
VIQ
PIQ
FIQ
Wechsler memory
MQ (I)
MAS
GM (I)
WCST
NCAT
Terr
PResp
CPT
Commision
Omission
RT
Overall index
TBI patients
Controls (n=7)
1
2
3
4
5
6
Mean
SD
Mean
SD
113
84
100
90
99
93
83
99
89
97
97
96
115
109
114
95
103
98
98,83
98,5
98,33
12,2
8,29
8,59
105
108
104
11,2
10,3
8,9
93
98
–
–
100
92
95,75
3,86
102
4,2
–
–
129
100
–
–
114,5
20,51
–
6
101
103
5
87
90
6
101
97
6
125
135
6
120
120
6
125
135
5,83
109,83
113,33
0,41
15,75
19,5
6
125
130
0,7
14,3
15,2
78
65
70
9,2
52
41,62
63,45
0,0
75
74
72,2
5,63
70
72
65
0,0
71,05
70
76,58
9,2
72,14
50
71
5,2
69,69
63,78
69,7
4,87
9,15
14,23
4,83
4,14
50
65
70
3,5
8,4
13,2
3,9
4,2
–
I punteggi del test CPT sono espressi in percentili.
sono state dapprima valutate singolarmente, caso per caso e poi si è
provveduto ad analizzare le medie dei due gruppi presi in considerazione, verificando anche le variazioni dell’attività nel tempo. Nei
pazienti, è stata evidenziata una maggiore attivazione delle aree
fronto-opercolari bilaterali, delle aree temporali bilaterali e dell’area
supplementare motoria. Dopo i primi due minuti nei quali le attivazioni sono simili, si osserva una complessiva e progressiva riduzione
delle attività molto variabile da individuo a individuo. In particolare,
alcuni soggetti mostrano un calo progressivo e graduale delle attivazioni nelle aree frontali e temporali che si protrae per tutta la durata
del test, fino agli ultimi due minuti nei quali si ha un modesto recupero. In altri soggetti, invece, dopo i primi 2-4 minuti, l’intensità delle attivazioni cala bruscamente e si mantiene a livelli minimi, rimanendo attiva solo un’esigua porzione dell’area supplementare motoria (SMA) fino al termine dell’esame. È stato osservato che i pazienti
nei quali l’intensità dell’attivazione è significativamente ridotta sono
quelli che non erano stati sottoposti a trattamenti riabilitativi neuropsicologici dopo essere stati dimessi dal trattamento intensivo in fase
subacuta.
Il gruppo dei volontari sani dimostra una complessiva omogeneità nella distribuzione delle aree cerebrali attivate, simile a quella
ottenuta nei pazienti. In particolare l’area fronto-opercolare, il giro
temporale superiore e l’area supplementare motoria si dimostrano
sempre attivate. Nei primi due minuti del test, tutti i volontari presentano invariabilmente un’importante attivazione delle aree T1, F2
ed F3 senza una evidente lateralizzazione; nei successivi due minuti
le attivazioni aumentano in due casi, mentre negli altri esse rimangono sostanzialmente invariate. A partire dal blocco seguente, si osserva una progressiva riduzione di tali attività soprattutto nelle aree F3
e T1, mentre nella SMA si osserva un progressivo aumento di attivazione. Infine, nell’ultimo blocco, le attivazioni si riducono ulteriormente, in particolare a livello della SMA.
Dal confronto volontari-pazienti, emerge che nelle fasi iniziali
l’intensità dell’attivazione nei sani è minore rispetto al gruppo dei
pazienti, ma successivamente, il gruppo di controllo riesce a mantenere un’attività più stabile, che tende ad esaurirsi solo nelle fasi finali del test, ma che comunque resta sempre superiore ai pazienti
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(Figura 1, 2). In entrambi i gruppi il test di finger tapping ha dimostrato l’attivazione delle aree attese.
Discussione
I deficit motori, cognitivi e comportamentali che seguono ad un
trauma cranico presentano un’evoluzione nel tempo estremamente
variabile da soggetto a soggetto. Tale osservazione clinica permette
di dedurre che il sistema nervoso non è statico, fisso e immutabile,
ma dinamico, in grado di modificarsi e rispondere attivamente agli
stimoli lesivi per recuperare o vicariare, quando possibile, le funzioni perdute. La riorganizzazione e il grado di recupero sono funzioni
proprie di ciascun individuo e sono possibili grazie a meccanismi di
plasticità neuronale.
Lo studio dell’attività cerebrale mediante fMRI permette di valutare direttamente in vivo le modificazioni dei pattern di attivazione
corticale legate ai meccanismi di plasticità neuronale, in soggetti con
differenti patologie. Gli studi finora condotti con tale metodica si
sono concentrati sulla riorganizzazione corticale delle funzioni motorie e, nell’ambito delle funzioni cognitive, sulla working memory o
memoria di lavoro18.
Questo studio invece ha come oggetto un’altra importante funzione cognitiva finora poco indagata mediante fMRI, ossia l’attenzione
sostenuta.
I soggetti reclutati sono vittime di trauma cranico con gravi problemi attentivi nel post trauma che sono riusciti a recuperare tali
deficit, o in modo autonomo, o attraverso appropriati trattamenti riabilitativi neuropsicologici volti a stimolare la loro plasticità neuronale.
Mediante fMRI sono state acquisite immagini relative all’attivazione corticale dei soggetti durante l’esecuzione di un compito di attenzione sostenuta, ed esse sono poi state confrontate con quelle ottenute da un gruppo di volontari sani per evidenziarne le differenze.
Un elemento di novità di questo studio, rispetto ai precedenti, è
che l’analisi delle attivazioni è stata effettuata suddividendo il processo di acquisizione delle immagini in blocchi della durata di due
minuti ciascuno. E’ pertanto possibile ricostruire il profilo temporale
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delle attivazioni cerebrali, analizzando come esse si modificano nel
tempo.
La prima osservazione che si può trarre dai risultati ottenuti è
che, anche nel nostro studio, si è dimostrato fondamentale nell’intraprendere compiti di attenzione sostenuta il contributo delle aree
cerebrali frontali e dell’area supplementare motoria. Tale coinvolgimento può forse essere attribuito al reclutamento del sistema attentivo anteriore (AAS) che ha la funzione di riconoscere e interpretare
le qualità formali degli stimoli20 che nel nostro caso erano rappresentati da lettere dell’alfabeto.
Minore è risultata invece l’attivazione del sistema attentivo posteriore (PAS) che ha il compito di spostare il fuoco attenzionale nello
spazio verso lo stimolo, e che, nel nostro test, non si è attivato proprio perché il target compariva sempre nella porzione centrale del
campo visivo21-25. Rispetto ai precedenti studi nei quali si evidenzia
soprattutto il coinvolgimento di aree frontali, parietali e della SMA26-29,
abbiamo individuato un’importante attivazione anche di aree temporali, che precedentemente non era stata osservata. Il significato di tale
attivazione è ancora da definire.
Come ci si attendeva, nel gruppo dei sani l’attivazione aumenta
nei primi blocchi del test a causa del mantenimento di un livello
attenzionale elevato. I soggetti reclutano aree cerebrali progressivamente più estese in modo tale da eseguire il compito richiesto nel
modo migliore, come confermato dai buoni risultati che in questa
fase si ottengono nel CPT. Successivamente, invece, l’attivazione si
riduce, parallelamente ad uno scadimento fisiologico della performance del CPT. Questo calo dell’attività cerebrale può essere interpretato come indice di un esaurimento delle risorse attentive del
soggetto che non è in grado di garantire lo stesso livello di prestazione per un periodo prolungato di tempo, oppure può essere legato alla insorgenza di fenomeni di automatismo che caratteristicamente sono meno “dispendiosi” per il soggetto, ma che sono inficiati da
un maggior grado di errore. Dopo i primi minuti nei quali i soggetti
sani attivamente e consapevolmente cercano di mantenere alto il
livello di vigilanza reclutando aree cerebrali più ampie possibili, si
instaurano, probabilmente in modo inconscio, meccanismi automatici che determinano uno scadimento della performance attentiva e
una riduzione delle attivazioni.
Interessante è anche notare come dal confronto tra il gruppo dei
pazienti e quello dei controlli sani emerga una sostanziale equivalenza nella distribuzione delle aree di attivazione, mentre il profilo
temporale e l’entità delle stesse siano decisamente diverse. A seguito
del trauma e del danno assonale diffuso quindi i processi attentivi
continuano ad essere localizzati nelle medesime aree della fase pretraumatica, anche se la loro organizzazione funzionale si modifica.
Infatti nei primi minuti del test i soggetti con trauma cranico
mostrano una maggiore intensità di attivazione rispetto ai sani, che
poi però decresce rapidamente e in maniera significativa, nonostante
la performance attentiva rimanga soddisfacente (Fig. 1).
Invece nel soggetto sano, il reclutamento di aree corticali più
ampie permette di mantenere più stabile l’attivazione nel tempo e
rendere meno evidenti gli effetti di esaurimento delle capacità attentive. In base a tali osservazioni è possibile ipotizzare che il livello di
attivazione nei soggetti sani sia sovrabbondante rispetto alle effettive
necessità che il compito richiede.
In seguito al trauma cranico e al danno neuronale, invece, si verifica una modificazione dell’organizzazione corticale dei processi
attentivi per cui il soggetto traumatizzato non è in grado di mantenere a lungo un livello di attivazione elevato, come i controlli. Si ha
perciò, dopo i primi minuti di intensa attività, una progressiva riduzione fino a che non rimangono attive solo le aree effettivamente
indispensabili all’esecuzione del compito30.
È come se il soggetto con trauma cranico fosse in grado di attivarsi solo il minimo indispensabile, mentre nel soggetto sano vi fos-
4
se un reclutamento di aree più estese che garantisce un minore affaticamento complessivo.
Frequentemente i soggetti con trauma cranico, anche se hanno
recuperato i propri deficit, lamentano difficoltà quotidiane nell’eseguire i compiti di attenzione sostenuta che tuttavia non sono rilevate
dai comuni test neuropsicologici. Anche i nostri pazienti, nonostante
presentassero un’adeguata prestazione misurata dal CPT, hanno
dichiarato di avvertire fatica nell’eseguire abitualmente compiti attentivi. Si può ipotizzare che la minore entità ed il più rapido e importante scadimento delle attivazioni individuato dalle immagini fMRI
dei pazienti, possano rappresentare il correlato neurofunzionale di
tali difficoltà soggettive.
All’interno del gruppo di pazienti affetti da trauma cranico erano
presenti tre soggetti che hanno eseguito trattamenti riabilitativi neuropsicologici successivi alla fase subacuta, in regime ambulatoriale e
tre soggetti che non hanno eseguito i trattamenti specifici. Sicuramente il campione in oggetto è troppo esiguo per poter trarre conclusioni generalizzate, tuttavia alcune importanti differenze sono state rilevate dal confronto delle attivazioni nei trattati rispetto ai non
trattati. Tali evidenze andranno confermate in successivi studi su
campioni più ampi di popolazione.
Il dato più evidente emerso dal confronto tra pazienti trattati e non
trattati, è che, nei primi, l’estensione e l’entità delle attivazioni, pur
mantenendosi inferiore rispetto ai controlli, è maggiore. I pazienti che
non hanno effettuato un trattamento neuropsicologico mirato dimostrano entità di attivazione esigua per tutta la durata del test, localizzata a livello della SMA, della corteccia temporale e, in un unico caso, di
aree ippocampali. Non vi sono significative modificazioni delle attività
nel tempo, come invece si verifica in tutti gli altri soggetti.
In base a queste osservazioni, quindi, si pensa che i trattamenti
riabilitativi siano capaci di stimolare i meccanismi di plasticità neuronale in modo da determinare una riorganizzazione corticale delle
funzioni attentive che riporta l’individuo ad uno stato simile a quello
pre-trauma. Durante il trattamento neuropsicologico al soggetto vengono insegnate strategie di compenso per ovviare ai deficit attentivi
che lo rendono meno affaticabile durante il test, come osservato dalla più stabile e intensa attivazione cerebrale. I soggetti che invece
recuperano i propri deficit autonomamente non sono in grado di
attivare aree cerebrali più ampie, ma si mantengono su livelli minimi
di attivazione. Tale esigua attività cerebrale durante l’esecuzione dei
compiti attentivi può forse essere correlata alle difficoltà quotidiane
in ambito sociale che i pazienti spesso lamentano.
L’omogeneità del campione preso in esame rafforza le osservazioni finora esposte. Gli studi presenti in letteratura infatti sono stati
spesso condotti su gruppi di pazienti affetti dalla medesima patologia, ma con quadri RM e TAC non uniformi. L’aver selezionato per il
nostro studio individui che avessero tutti un quadro di DAI alla RM
garantisce un buon grado di affidabilità alle osservazioni ottenute.
Tali preliminari conclusioni devono essere confermate da studi su
campioni più ampi.
Conclusioni
Nello studio condotto è stato possibile identificare i pattern di
attivazione cerebrale durante l’esecuzione di un compito di attenzione sostenuta in un gruppo di soggetti sani ed in un gruppo di soggetti con precedente trauma cranico grave e quadro radiologico
compatibile con DAI.
Attraverso l’utilizzo della metodica di neuroimaging fMRI è stato
dimostrato come le aree di attivazione nei due gruppi siano sovrapponibili per la loro localizzazione, ma non per il loro profilo temporale.
Inoltre all’interno del gruppo dei pazienti sono emerse differenze
tra i soggetti che erano stati sottoposti a riabilitazione neuropsicologica e quelli che invece non avevano ricevuto trattamento.
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Da tali evidenze è possibile dedurre che il trauma cranico, e il
DAI in particolare, determinano una compromissione significativa a
livello dell’organizzazione corticale dei processi attentivi, che tuttavia
i soggetti sono in grado di superare grazie ai meccanismi di plasticità neuronale.
I trattamenti neuropsicologici sembrano migliorare non solo le
prestazione complessive dell’individuo, ma anche il pattern fMRI dei
pazienti rendendolo maggiormente sovrapponibile a quello degli
individui sani. In letteratura poco è noto sulla ridistribuzione delle
aree di attivazione in seguito a trattamenti riabilitativi in pazienti con
esiti di trauma cranico.
I dati presentati sono ancora preliminari e in via di osservazione
sia per il futuro arruolamento di pazienti, sia per la possibilità si riesaminare i dati di fMRI con modalità di post-processing differenti e
di rivalutare gli stessi pazienti a distanza di un anno senza supporto
riabilitativo.
Confronto attivazione pazienti (in rosso) e volontari (in verde)
Figura 1: 0-2 minuti.
Figura 2: 6-8 minuti.
Bibliografia
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