Contro la grande crisi si ergono i piccoli libri
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Contro la grande crisi si ergono i piccoli libri
6 Cultura e Società domenica 29 luglio 2012 l'Adige Incontro delle case editrici trentine: «La crescita della comunità, al di là delle difficoltà del momento, dipende anche dalla qualità delle letture» Contro la grande crisi si ergono i piccoli libri MARIO COSSALI I libri non sono un optional. Non lo sono cioè le letture: solo aprendo la mente, aumentando le conoscenze, si possono dare risposte all’altezza alle sfide che il tempo ci pone continuamente S alviamo i libri, non solo quelli cartacei che sono assediati dall’avanzata degli ebook ma i libri in sé, non sufficientemente frequentati in questa complessa Italia. La rivista «Totemblueart», assieme all’assessorato alla Cultura del Comune di Brentonico, domani, dalle 18 alle ore 20 a Palazzo Baisi organizza, all’interno della due giorni dedicata ai Totem per l’arte e la cultura, (assegnati quest’anno a Duccio Canestrini, Flavio Faganello, Franco Finotti Nereo Pederzolli, Francesca Temporin) un incontro tra le Case editrici tren- BRENTONICO La giornalista Isabella Bossi Fedrigotti e ventuno «stampatori» provinciali Il parterre dei partecipanti all’incontro di Brentonico (moderatrice Isabella Bossi Fedrigotti): Osiride, Keller, Egon-Zandonai, La Grafica, Erikson, Temi, Arte e Crescita, Publistampa, Curcu & Genovese, Panorama, Arca, La Finestra, Il Margine, Uomo Città Territorio, Museo Storico della Guerra di Rovereto, Museo Civico di Rovereto, Accademia degli Agiati, Museo Storico di Trento, Judicaria, Il Sommolago, Nord-Sud e Reverdito. MUSICA tine disponibili a fare il punto sulla situazione del mercato librario e sull’influenza delle aspettative culturali del pubblico. Isabella Bossi Fedrigotti interloquirà con gli editori. «Salviamo il libro», il titolo dell’incontro, nella convinzione e nella prospettiva che questo, anche nella dimensione informatica, costituisca sempre e comunque uno strumento indispensabile per la crescita culturale e questa d’altro canto resti alla fine il termometro più sensibile della salute generale della comunità, al di là delle difficoltà del momento storico attraversato. Il libro si poteva salvare dal rogo delle dittature imitando gli eroi di Fahrenheit 451, mandando a memoria e recitando giornalmente i grandi capolavori della letteratura mondiale di ogni tempo, ma certo oggi si deve salvare dalla prepotenza del sistema delle immagini e del consumo. Non sarà eroico, ma non è facile. Succede di pensare ai libri come ai personaggi dell’Antologia di Spoon River: «Tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina». Ma poi troviamo le parole Rilke: «Sono qui seduto e leggo un poeta. Nella sala (ndr, Biblioteca Nazionale a Parigi) ci sono molte persone, ma non si fanno sentire. Sono dentro i libri. Qualche vol- ta si muovono tra un foglio e l’altro, come uomini che si rivoltano nel sonno, fra un sogno e l’altro. Come si sta bene in mezzo agli uomini quando leggono. Perché non sono sempre così?». Ecco perché bisogna discutere del destino del libro, dei libri, ed ecco perché bisogna sostenere la funzione civile dell’editoria, una funzione salutare in tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo, quando c’è bisogno sia di spirito critico che di creatività. Il confronto sul tema è molto attuale, perché è pur vero che il panorama della diffusione della lettura non è mai apparso in Italia tra i più confortanti, ma è anche sotto gli occhi di tutti che mai come in questi mesi si è discusso di libri, di editori, di biblioteche, del rapporto tra tradizionale pagina scritta su carta e nuovi strumenti informatici di lettura. Se ne è discusso in pubblico e non solo tra addetti ai lavori e le iniziative sono andate moltiplicandosi, anche in Trentino, con risultati di accoglienza significativi. La promozione del libro va di pari passo con la promozione della cultura e questo binomio è stato fatto proprio anche dagli editori, soprattutto i piccoli editori, che hanno cercato e cercano di farsi ognuno riconoscere per una specifica qualità quasi esclusiva. Il fascino di Dobet Gnahoré a Forte Corno La nuova voce dell’Africa DENISE ROCCA A Forte Corno, in Valle del Chiese, i «Suoni delle Dolomiti» portano i ritmi del continente nero, con il concerto, giovedì 2 agosto (ore 14) di Dobet Gnahoré, la nuova grande voce dell’Africa. Il viso scolpito e dipinto di mille colori e forme geometriche alla maniera delle tribù africane, treccine nero pece, lunghissime e coloratissimi gioielli che le ondeggiano attorno mentre si muove sinuosa sul palco o fa risuonare le percussioni, Dobet Gnahoré è una visione estetica che fa del corpo una cassa d’amplificazione per la sua musica. L’artista, classe 1982 e originaria della Costa d’Avorio, porta sul palco un’energia contagiosa e un carisma irresistibile: balla, suona le percussioni, canta, recita, senza un attimo di tregua, La natura le ha regalato una voce potente e una femminilità vigorosa, ha ereditato la forza della tradizione Béte da suo padre Boni Gnahorè, maestro percussionista di Abidjan e componente del gruppo pan-africano Ky-Yi Mbock, per mescolarla con la rumba congolese, il bikoutsi camerunense, l’high-life ghaniano e una serie di influenze ritmiche che le provengono da tutto il mondo africano e francese. Ne esce un mix travolgente di musiche panafricane, interpretate nelle numerose lingue del continente nero, capace di fare dell’artista ivoriana un’ambasciatrice dell’Africa in suoni. Dobet Gnahoré muove i primi passi nel mondo della musica con il celebre padre e il gruppo Ky-Yi Mbock, fino a quando incontra il chitarrista francese Colin Laroche de Feline con il quale forma il Duo Ano Neko in lingua Bété significa «creia- La grande artista ivoriana, classe 1982, è una visione estetica che fa del corpo una cassa d’amplificazione per la sua musica mo insieme» - e nel 2004 esce il primo disco, omonimo, della band, fortemente caratterizzato da una visione dell’Africa unitaria e della musica come un tutt’uno con il ballo e il teatro. Compaiono una miscela di elementi sonori e ritmici: dalle melodie mandingue alla rumba congolese, dal ziglibiti ivoriano al bikoutsi camerunense, dall’hig-life ghanese ai cori zulu, dai canti betè ai canti pigmei centraficani - diventata ormai il marchio d’autore dell’artista africana. La calebasse, la sanza, il bala- fon, percussioni dai nomi semisconosciuti ma dal suono caldo e avvolgente che immediatamente fa pensare a lunghi vestiti multicolore, bocche sorridenti di denti candidi e grasse risate piene del sole di un continente allegro e spensierato, nonostante i mali che lo affliggono. Un’allegria che nella musica di Dobet Gnahoré sfuma in melanconia quando si coglie la dolcezza di testi che ricordano gli enormi squilibri di un continente in sofferenza: l’Aids, la povertà, lo sfruttamento, la fame. L’Europa, dove vive, e l’Africa alla quale appartiene, sono i due elementi in perenne comunicazione nell’arte di Dobet Gnahoré. I ritmi tribali e le melodie funky della band (Colin Laroche de Feline alla chitarra acustica, Boris Tchango alla batteria e Nabil Mehrezy al basso), i dialetti africani e il francese, la danza delle ballate e quella da discoteca interagiscono per trasmettere un unico messaggio, universale come il linguaggio ritmico e vocale della cantante ivoriana: la volontà di un mondo migliore, senza fame e pieno di amore. Ecco Bellocchio, Castellitto e Matteo Garrone Festival di Toronto, triade italiana «Bella addormentata di Marco Bellocchio, «Venuto al mondo» di Sergio Castellitto e «Reality» di Matteo Garrone sono i tre film italiani che avranno una vetrina nella prossima edizione del Festival di Toronto, presentato alla stampa a circa un mese e mezzo dal suo debutto, a settembre. A Toronto ci saranno film dal Giappone, dall’Italia, dalla Cina, dall’India, dal Regno Unito, dalSergio Castellito la Danimarca». Il 7 arriva la Williams che si batté per la pace nell’Ulster Betty, Nobel a Campiglio MICHELE COMPER l Premio Nobel per la Pace 1976 Betty Williams, che con coraggio e intelligenza seppe contrapporsi alla lunga, terribile scia di sangue che percorse gli anni ‘70 e ‘80 nordirlandesi, è una delle ospiti del Mistero dei Monti, il festival culturale estivo di Madonna di Campiglio e della val Rendena che intitola l’edizione 2012, quella del decennale, alla «Madre montagna». Dieci anni di confronto in vetta per uno sguardo sulla contemporaneità e una riflessione «dall’alto», con occhio reso più acuto dagli ampi orizzonti che si aprono dalla cima. Fino al 27 agosto un cartellone di iniziative e proposte le più varie, ma soprattutto testimonianze diverse di «madri», donne cioè che si sono distinte, nei diversi ambiti, per aver generato, dato vita, nutrito e accolto. Betty Williams (teatro Hofer di Campiglio il 7 agosto) ha meritato il massimo riconoscimento I per la pace (assieme a Mairead Corrigan) in virtù del ruolo di co-fondatrice della Community of Peace People che si è battuta per una soluzione pacifica della questione nordirlandese. Una «madre coraggio» divenuta tale in circostanze tragiche, per aver assistito alla morte di tre fratellini investiti da un’auto, alla cui guida era un latitante dell’Ira che perse il controllo dopo essere stato colpito da proiettili della polizia britannica. Pochi giorni dopo la tragedia Betty ha già ottenuto seimila firme su una petizione che chiede la pace in Irlanda del Nord, e con Mairead (sorella di Anne Maguire, la madre dei tre bambini) ha organizzato una marcia alla quale parteciperanno diecimila persone, soprattutto donne, sia protestanti sia cattoliche. Oggi, all’età di 69 anni, è a capo della Global Children’s Foundation e presidente del World Centers of Compassion for Children International, e in tutto il pianeta rappresenta un punto di riferimento e una speranza per migliaia di bambini Betty Williams, la morte di tre bambini e l’impegno per la pace che ogni giorno subiscono la tragedia della guerra. Per loro e per le loro famiglie da anni lavora alla costruzione di una «città della pace», un’area di sicurezza al cui progetto il festival campigliano concretamente partecipa con un sostegno, assieme all’assessore provinciale alla solidarietà internazionale. «Madre montagna» sono anche la regista Lina Wertmüller (4 agosto, teatro Hofer) e Gioconda Segantini Leykauf, nipote del pittore che studiò la luce dei monti (18 agosto, rifugio Segantini). Altri incontri in quota sono con il teologo cardinal Walter Kasper, sul tema di Santa Maria dei Campei, ovvero la storia del santuario in quota origine di Campiglio (3 agosto, teatro Hofer); il direttore di Meridiani Montagne Marco Albino Ferrari sul tema del lupo (10 agosto, sala Rainalter); l’alpinista Fausto De Stefani, il professor Agopik Manoukian e il giornalista Franco De Battaglia sulle «montagne madri» (17 agosto, giardino del teatro Hofer).