Caro Politico Comunicazione e partecipazione.

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Caro Politico Comunicazione e partecipazione.
GRAZIE DEL PENSIERO
NEWSLETTER DI THINK THANKS
GENNAIO 2014
In questo numero: Antonio Pirpan, La Comunicazione dopo la scomunicazione; Serena Multari, Cosa farò da grande; Serena Bonamassa, Renzi 2.0;
Giovanna D Alise, Il rispetto che vogliamo; Fabio Turato, Padania guscio vuoto; Claudia Buonaiuto, Lo scoop; Luigi de Magistris, Ignoranza politica e
politica assoluta; Nicola Campoli, Comitati di strada; Osvaldo Cammarota, Che la politica governi; Giuliana Santagata, Tasi, Tares, IUC e Mutui sulla
casa; Daniela Irrera, Agenda globale e credibilità internazionale; Raffaele Nocera, Diagnosi America Latina; Luigi Rossi, Restare in questa terra;
Alessandra Riccio, La politica che vorrei; Marco Perillo, Perché non ci proviamo; INTERVISTA a Gianni Pittella; Avv.Giuseppe Brandi, Sull obbligatorietà
dell assicurazione professionale; Antonino Anastasi, Profeti e professionisti della democrazia; Claudio Mazza, Napolitano napoletano; Luigi Amodio,
Sviluppo senza ricerca; Flora Grauso, Una giornata con me; Massimo Cerulo, Natural born politicians.
Caro Politico
Comunicazione e partecipazione.
Non è la prima volta che entriamo nel dibattito politico nazionale. Lo abbiamo fatto
in passato con altre newsletter dedicate alle elezioni, alle associazioni e alla società
civile. Questa volta, abbiamo provato a rivolgerci in modo diretto alla politica, grazie
ai tanti che hanno risposto all appello lanciato sui social network da Think Thanks.
Non tutti i contributi ricevuti sono stati pubblicati. In un periodo complicato come
quello attuale, la campagna caro politico , più che mirare a raccogliere l ormai
consueto dissenso nei confronti della classe politica, ha chiesto di chiedere, di
avanzare istanze precise, di ricercare un interlocuzione matura con personalità di
governo e con politici di professione. E nonostante ciò, in più di una lettera, tra le
dieci selezionate, si avverte un sentimento di disaffezione verso la classe politica.
I contributi scelti sono pertanto quelli che più si avvicinano alla filosofia della critica
costruttiva e del dialogo a distanza. Si tratta di un esercizio che dovrebbe essere
frequente in un paese democratico, dove i cittadini dovrebbero interrogare la
politica, oltre che lamentarsi o peggio ancora richiedere vantaggi o favori.
Proveremo a recapitare questo numero di grazie del pensiero ai diretti interessati,
alla ricerca delle risposte che meritano. Trattandosi di un iniziativa che parte da
Napoli, non potevano mancare lettere indirizzate a politici nostrani, come il
Presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, il Sindaco di Napoli, Luigi de
Magistris. Inevitabili anche i riferimenti alle annose questioni ambientaliste che
flagellano i territori campani. Ma i destinatari sono tanti, ben oltre i confini locali e
toccano diversi esponenti nazionali risalendo fino al Presidente della Repubblica.
Ad impreziosire questo numero anche il contributo di numerosi intellettuali,
ricercatori e professori universitari ma anche manager e professionisti della
comunicazione. Ovviamente non poteva mancare una esigua quanto autorevole
rappresentanza dei diretti interessati, politici che su nostra sollecitazione hanno
accettato un confronto serrato sui temi della comunicazione e della partecipazione
politica.
Lucio Iaccarino
CEO Think Thanks
LA COMUNICAZIONE
DOPO LA SCOMUNICAZIONE
di Antonio Pirpan
Per allontanare ragionamenti da markettari impuniti e sacrileghi meglio
affidare la mia analisi al dialogo tra i cardinali Mark e Ting, autori e registi
segreti delle vaticane cose, buona lettura.
Mark - qui salta tutto Ting, io sono preoccupato mica poco. Qua non è che
abbiamo il secondo lavoro eh. Troppi casini, guarda qua i numeri: la Cina, i
Protestanti, i giovani sudamericani, i preservativi in Africa, Internet!
Ting - calma Mark, non indulgere al catastrofismo, il sud America nel
complesso è saldo, l Asia piano piano la riprendiamo, ti ricordo sempre
quel tale che nelle Filippine si fa crocifiggere a Pasqua con i chiodi veri!
Con quello spacchiamo e manco lo paghiamo. National Geographic l ha
mandato in mondovisione, in Calabria già lo copiano!
Mark - buono Ting non ti esaltare, a essere bello è bello ma non è con i casi
umani che risolviamo. Qua non ci si fila più nessuno, i sound makers vanno
nelle chiese di Roma per registrare gli scricchiolìi dei tarli nelle panche! E
poi abbiamo lui, il Papa più impopolare da non so quanti secoli!
Ting - ci si può lavorare ancora, adesso stiamo provando con Twitter...
Mark - ma falla finita Ting, Twitter! Quello non cinguetta, quello gracchia! I
followers fanno il tiro al piccione ad ogni gracchiata!
Dobbiamo intervenire Ting, e come prima cosa va tolto proprio lui.
Ting - il tedesco?
Mark - e chi se no? mr. messa in latino, scarpette Prada, paramenti medievali,
islamici scostatevi e sguardi in camera peggio del nemico di Batman.
Ting - in effetti, manco fotogenico...
Mark - e gli Angelus alla finestra? in Italia l ultimo che parlava così era Villaggio
quando faceva Kranz..
Ting - .. teteshko ti cermania, ya..
Mark - il teatrante polacco sì che aveva capito l antifona. Abbiamo sbagliato a
pensare di recuperare con una chiesa di destra, più rigida e poco Pop.
Nell'epoca della conversazione e dei movimenti dal basso la Chiesa dura è una
Chiesa morta. Va tolto Ting, e anche velocemente, non possiamo aspettare che
se ne vada da solo!
Ting - ok Mark, solito caffettino corretto e addio a tutti con il sorriso sulle
labbra?
Mark - no roba vecchia, con Internet ci romperebbero le scatole peggio che
con le torri gemelle.
Ting - lo spingiamo giù dalla finestra mentre saluta i quattro gatti sotto? Finale
eclatante e col botto alla Dan Brown..
Mark - troppa fiction Ting, bisogna essere pratici e parlare il linguaggio della
gente. Molto semplicemente lo licenziamo e gli facciamo dare le dimissioni, ci
capiranno tutti, i lavoratori precari, gli impiegati, gli operai, gli esodati...
Ting - ganzo, originalissimo e super dal basso . Lui Papa incoronato dall alto
dallo spirito santo e lui che dal basso si dimette. Preparo i fogli con TFR e
pensione. Ma chi mettiamo dopo?
Mark - mettiamo uno che dia un segnale forte Contro Tutto, che faccia
dimenticare Ratzinger sia come Papa che come nome da robot.
Ting - un fraticello con la chitarra rinnegatore delle ricchezze paterne?
Che dici? Ne ho una dozzina.
Mark - quasi. Uno che capovolga le cose, che porti il contrasto alla
ribalta, che lo incarni proprio.
Ting - esagero: tipo un Gesuita Francescano!
Mark - ...un Gesuita Francescano! Sì! Ma è strepitosa sta cosa!
Ting - veramente ero ironico. E magari lo chiamiamo pure Francesco!...
Mark - Fantastico! Sì! Francesco! Così senza manco il numero! Il numero è
vecchio e standardizzato, il primo Papa senza numero! Il Papa number
free! Senza numero ma rintracciabilissimo, presente, non ha bisogno del
numero perché chiama lui! Fico!
Ting - veramente scherzavo Mark, ma sei serio?
Mark - ovvio che sono serio, sto già pensando al paese di provenienza...
Ting - be o Brasile o Argentina direi, parlata dolce, terra nostra,
cattolicesimo d acciaio, bianchi caucasici...
Mark - si infatti, il Papa asiatico o nero ce lo giochiamo dopo, adesso va
recuperata la situazione drammatica, anche linguisticamente.
Ting - ok allora lo cerco, lo prendo vero o finto?
Mark - è lo stesso, organizza il casting.
Ting - intendi il conclave.
Mark - si quello, e procuriamoci i video. Scriviti questi promemoria: deve
concreto, l essenziale, il populista, il demolitore, il semplificatore, il
parlare contro lo IOR così ci togliamo di dosso pure Bertone con quella
cambia regole se non servono, etc.
facciaccia brutta e incomunicabile; deve amare la povertà, esserne
Noi sforniamo il Papa giusto al momento giusto.
fanatico, tipo che deve guidare una fiat 500 o cose così, pagarsi gli
In Europa ce lo giochiamo come il vento di rinnovamento, l elemento
alberghi, telefonare a tutti pure che ne so... a Scalfari, andare a
unificante, il collante, etc.
Lampedusa e buttarsi in acqua per accogliere i migranti, parlare
Asia e Islam ce li tiriamo dietro con le carte di bontà e tolleranza e in
semplice, dire buon pranzo, buona serata, salire sugli autobus, andare su
America e Germania apriamo il dialogo con i luterani. Francesco senza
Facebook, ste cose qua insomma capito?
numero butterà avanti Cristo su tutto il resto e ci calmiamo
gradualmente con santi e madonne.
Ting - mmmh, Mark, vero mi sa che non lo trovo ma ci provo.
Vai Ting, lasciami solo adesso, vedrai che così spacchiamo tutto.
Mark - ripeto: vero o finto m importa poco, serve solo uno bravo e che
Ting - spacchiamo tutto Mark, stavolta sì. Ti saluto.
sorrida!
¿Hola? Soy el cardinal Ting, ¿me pasa por favor con La Pobre Obra Pia
Ting - e sul piano politico?
De los Pobres Actores del Pobrecito de Assisi? Gracias...
Mark - corsi e ricorsi Ting, adesso è il momento dello scazzo popolare, il
Antonio Pirpan, campano, classe 1970, Direttore Brand e comunicazione
vaso traboccato, niente più fuffa di centro o berlusconate, vince il
di Optima Italia Spa.
CARO POLITICO
di SERENA MULTARI
Cosa farò da grande.
Al Ministro dell Istruzione Maria Chiara Carrozza,
Cara Maria Chiara,
in quanto Ministro dell Istruzione, hai ereditato una situazione di certo
non facile e mi rivolgo a te in quanto questa eredità l ho subita con la
stessa impotenza (e sicuramente con minori vantaggi!). È dunque con te
che vorrei condividere alcuni interrogativi sorti contestualmente alla mia
esperienza di Dottore(ssa) di Ricerca (d ora in avanti, DdR), percorso di
vita ormai conclusosi, che rappresenta piuttosto un vicolo cieco.
Sorvolerò sull implementazione del sistema 3+2 che, rendendo la
matematica un opinione, oggi è finalmente riuscito a ridurre l università
ad un processo schematico, svuotato di una qualunque complessità
culturale.
Per quanto riguarda il Dottorato di Ricerca, mi limiterò ad una serie di
dati oggettivi: quest anno appena terminato ha visto la riduzione
vertiginosa dei dottorati attivi, destino inevitabile segnato da una
progressiva e costante riduzione del numero delle borse di studio e - più
in generale - dei fondi dedicati all università.
Se poi vogliamo considerare la situazione estera, tornare a guardare il
contesto autoctono diventa davvero faticoso, oltre che emotivamente
letale. Sebbene la congiuntura economica attuale imponga una
contrazione generale alle sovvenzioni destinate ai vari istituti culturali
europei (perché si sa, in caso di crisi la prima cosa che si taglia è la
cultura), il dottorato continua ad essere per l Europa un primo passo
verso la docenza universitaria e la sostanza culturale che essa veicola.
Allora chiedo a te, Maria Chiara, perché in Spagna se sei un DdR ti
guardano con ammirazione in quanto guardiano della Cultura e dello
Sviluppo del Pensiero; così come in Argentina, dove un dottorato è la
speranza affinché la docenza universitaria diffonda la Cultura contro
l Orrore dell ignoranza conservatrice e militare. Chiedo a te, Maria Chiara,
perché in Messico se sei un DdR ti collocano in cima alla piramide
dell Istruzione, ed in quanto tale - non senza un pizzico di mistica
cosmogonica - sei ritenuto alla stessa stregua di un Demiurgo forgiatore
delle coscienze collettive. Perché a Cuba il vicepreside della facoltà di
Filosofía y Letras ha 29 anni eppure non è il discepolo/portaborse di
nessun barone, né la sua voce è meno autoritaria perché giovane (e
quindi inesperto?!). Perché in Germania le docenze tenute durante il
dottorato vengono retribuite regolarmente, cumulativamente ad una
eventuale borsa di studio, e contribuiscono a creare punteggio anziché
coprire l indisponibilità del docente titolare del corso. Ti chiedo anche
perché in Francia, sebbene l università sia ancora strettamente
gerarchica, la partecipazione degli studenti alla cultura e alla politica
rappresenta una parte fondante del movimento tellurico delle idee ed un
DdR rappresenta un anello di congiunzione imprescindibile che riordina e
matura le proposte culturali studentesche.
Infine chiedo a te, Maria Chiara, perché toccando con mano tutte queste
realtà non posso che pensare con amarezza al nostro Paese, dove
quando dico di essere una DdR mi chiedono Ah. E dunque da grande
cosa farai? .
Serena Multari, Project manager Think Thanks, napoletana, 30 anni,
Ph.D. in Culture dei Paesi di Lingue Iberiche ed Iberoamericane,
globetrotter impenitente che ha deciso di tornare ad investire
nel proprio Paese.
RENZI 2.0
di SERENA BONAMASSA
Una volta era la piazza il luogo in cui la politica incontrava la gente. L agorà, quello spazio sociale, economico e culturale in cui la relazione tra il cittadino e l autorità aveva
dei confini ben definiti. Ora la piazza ha cambiato i suoi connotati: non è più un luogo reale, fisico, ma virtuale, ampio ed indefinito. Il riferimento, ovviamente è al web che
ha contribuito a rendere la nostra società liquida, per dirla alla Bauman. Uno spazio pubblico allargato, come aveva previsto alla fine degli anni 80 l intellettuale francese
Dominique Wolton, è l ambito in cui il sistema politico, quello dei media ed i cittadini si confrontano su questioni di interesse comune, dando vita a quella che chiamiamo
comunicazione politica.
La politica sembra aver tratto vantaggio dalla nuova veste 2.0: più vicina ed accessibile, alla portata di tutti. O quasi. La parola d ordine resta avere dimestichezza con i
social, ovviamente. Il filo è comunque molto sottile: se i politici non sono capaci di gestire con spirito democratico la loro virtualità, l azione rischia di diventare un
boomerang. Un dato è certo: non può esserci politico che non abbia un blog, un profilo Facebook e Twitter perché è a colpi di post e cinguettii che si esprimono opinioni,
si lanciano messaggi, comunicando esattamente cosa si pensa. I social diventano, così, delle fonti primarie di informazione a cui tutti hanno liberamente accesso.
In Italia l affermazione della rete come luogo della politica è arrivata con il Movimento 5 stelle, che proprio da un social network ‒ Meetup ‒ ha iniziato la sua ascesa nel
2005. Tra i politici, invece, il primo che ha fatto della crossmedialità il suo punto di forza è stato Matteo Renzi.
Vincitore alle primarie del Partito democratico l 8 dicembre scorso, Renzi ha fatto della sua strategia comunicativa uno dei punti di forza. Un anno fa, dopo la sconfitta
contro Pierluigi Bersani, non erano in molti a credere che il suo modo nuovo di fare politica avrebbe conquistato l elettorato di centro-sinistra. E invece oggi, ad aver avuto
presa è stato anche quest approccio molto diretto e social. Sulla stampa estera viene definito L uomo della comunicazione a riprova che, dietro questo recente successo
ha il suo peso una verve espansiva e disinvolta.
Sin dal 2010, quando lanciò la sua idea della rottamazione della politica senza incentivi , Renzi è apparso come un buon comunicatore, un politico che con le parole aveva
dimestichezza.
Un modello comunicativo di chiara ispirazione americana guida
le strategie del Sindaco di Firenze, che in realtà non è stato il
primo a guardare agli Usa.
Sulla scia del successo ottenuto da Obama durante la sua
prima campagna elettorale nel 2008 infatti il famoso yes we
can ‒ lo slogan diventato un must nella terra a stelle e strisce ‒
arrivò anche nel Belpaese. A sperimentarlo fu Walter Veltroni,
allora segretario PD, che si preparava ad affrontare la sfida
preelettorale. Il risultato però non fu dei migliori: il si può fare
all italiana non ebbe lo stesso esito, a dimostrazione che la
comunicazione non poteva essere improvvisata.
Intanto, fu anche grazie a quell esperienza non positiva che
oggi Renzi sa come muoversi in questo scenario.
Entriamo nel vivo, analizzando gli aspetti salienti del modello
comunicativo renziano.
1) Il contesto e il linguaggio non verbale: nei dibattiti si
presenta da solo sul palco, senza contraddittorio e i suoi
discorsi sono ravvivati dal continuo ricorso a battute comiche.
Quasi mai resta dietro al leggio, preferendo passeggiare per il
palco. Durante le interviste assume sempre una posizione
rilassata ma composta, denotando apertura e sicurezza. Il suo
look è sempre molto casual: è raro vederlo in giacca e cravatta
e in genere si mostra in maniche di camicia. A proposito di
contesti, Renzi ha fatto parlare di sé dopo aver partecipato
nell aprile 2013 ad una puntata del talent show di Canale 5,
Amici di Maria De Filippi . Una vetrina interessante che gli ha
permesso di parlare a giovani tra i 18 e i 23 anni, una fascia
normalmente lontana dalla politica. E ovviamente per un
ambiente giovanile che si rispetti, anche il look non poteva
essere da meno: chiodo nero e jeans.
2) Le parole e gli slogan. La sua campagna per la corsa alla
guida del Pd è costituita da parole chiave. Semplici ed efficaci:
cambiare, futuro, la strada, gli italiani, vincere, bravi, semplicità.
Otto parole scritte su sfondi colorati, dietro alle quali appaiono
parole opposte e scritte al rovescio, a sostegno dello slogan di
tutta la campagna del sindaco «l'Italia cambia verso». Una
carrellata dei temi centrali delle politiche che il sindaco intende
mettere al centro del suo programma. Ecco, in dettaglio, tutte
le parole, il loro contrario e una breve spiegazione.
«Cambiare-lamentarsi»: «non passeremo il tempo a recriminare
su come potrebbero andare meglio le cose. Le cambieremo».
«Futuro-conservazione»: «se pensiamo solo a conservare quello
che abbiamo, presto non avremo più nemmeno quello.
Crescere vuol dire creare, innovare, cambiare».
«Coraggio-paura»: «paura degli extracomunitari, paura della
recessione, paura di cambiare. Da oggi ci riprendiamo la
fiducia, la voglia di fare, il futuro».
«La strada-il palazzo»: «conoscere il prezzo di un litro di latte, usare i mezzi pubblici, fare la fila alla posta. Tre ottimi modi per
costruire un programma di governo».
«Gli italiani-il Cavaliere»: «da vent anni la politica si occupa di una sola persona. Noi ci occuperemo di tutti gli altri».
«Vincere-perdere bene»: «l'importante, si sa, è partecipare. Ma per cambiare l Italia bisogna fare qualcosa in più: vincere».
«Bravi-raccomandati»: «la meritocrazia è l'unica medicina per la politica, per l impresa, per la ricerca, per la pubblica
amministrazione. Gli amici degli amici se ne faranno una ragione».
«Semplicità-burocrazia»: «il rispetto delle regole non ha niente a che vedere con la tortura cui sono sottoposti cittadini e aziende
per ottenere un banale permesso. Spenderemo quel tempo ritrovato per far crescere l Italia».
Social network. Twitter e Facebook: ecco l immagine social di Renzi.
Nel profilo Twitter appare una foto profilo sorridente, per nulla impostata. L unico riferimento al Partito Democratico è nella
biografia candidato segretario PD . Prevale il cambia verso , una sorta di rottamazione 2.0; anche la scelta del Diamo un nome al
futuro rappresenta in pieno la politica delle parole chiave e dei nomi.
Veniamo a Facebook: la foto profilo è di Renzi in bicicletta questa volta con la fascia tricolore da Sindaco, mentre la foto copertina
è per il binomio il palazzo-la strada e i tre punti che fanno riferimento al politico che cambia verso.
Durante la campagna per le primarie, Renzi si è messo a disposizione sui social attraverso l hastag #matteorisponde. Domande
dirette a cui fornire risposte in tempo reale. Nessun filtro, nessun assistente. Renzi da solo davanti ad un pc, pronto a twittare o a
rispondere a voce, in diretta su You Tube. Grande naturalezza con le parole chiave, i trend topics ed il mondo digitale. Il risultato è
stato importante: le sue riflessioni sotto forma di tweet sono finite in primo piano nei telegiornali, che hanno analizzato
prontamente il nuovo fenomeno della politica 2.0. Che lo si appoggi oppure no, bisogna riconoscere che Matteo Renzi è il primo
politico a mettersi in primo piano nella veste social. E come ha affermato Antonio Deruda, esperto di politica e digitale, il
#matteorisponde sancisce ufficialmente la fine della politica del Lei .
Bibliografia di riferimento
P. Mazzoleni, La comunicazione politica, 2004
P. Natale, Sondopolitica dopo Grillo Matteo Renzi, 2013
F. Pira, La net comunicazione politica, 2012
Serena Bonamassa, ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Scienza Politica e Istituzioni in Europa presso l Università degli
studi di Napoli Federico II , con una specializzazione in geopolitica economica. Appassionata non solo di politologia, ma anche di
comunicazione svolge attività di consulenza nell ambito degli uffici stampa ed è writer, vice-editor e social content curator per una
testata giornalistica on line.
CARO POLITICO
smaltire illegalmente i rifiuti attraverso i fuochi, ha reso l aria che respiriamo
irrespirabile.
di GIOVANNA D ALISE
La Campania felix è stata deturpata.
Il rispetto che vogliamo.
Il mondo è un bel posto e per esso vale la pena di lottare E. Hemingway
E inutile adesso cercare delle responsabilità?
Vedo ammalarsi persone care a me vicine, l ultima vittima del biocidio è la piccola
Al Presidente della Regione Campania
Stefano Caldoro.
Gaia, di soli 8 anni, di Marcianise, in provincia di Caserta, che sta combattendo
per sconfiggere un terribile male. La lotta alle ecomafie non può lasciarci
indifferenti!
Egregio Presidente Caldoro,
da sette mesi a questa parte guardo il mondo con occhi completamente diversi.
La mia prospettiva è inevitabilmente cambiata, perché diventare genitore ti
sbatte in faccia una ineludibile verità: il piccolo essere che hai messo al mondo
sarà destinato a morire, esattamente come te, ma la gioia della nascita è in
grado di cancellare questo triste pensiero.
Non possiamo più far finta di niente perché tanto a me non succede .
Presidente Caldoro,
Vogliamo il rispetto per l ambiente! Vogliamo che abbia inizio la vera svolta, per
dare ai nostri figli un futuro migliore. Siamo stanchi di chinare il capo, di
accettare con rassegnazione quello che è accaduto e sta accadendo ormai da
Cosa desideri, dunque, con tutte le tue forze? Di rendere serena, amorevole,
degna e vivibile la sua esistenza. E da qui partono milioni di dubbi ed interrogativi:
troppo tempo. Siamo stufi di essere considerati incivili, di essere costantemente
una regione in emergenza !
sarò capace, da genitore, di offrirle tutto questo? Il mondo che la circonda saprà
essere accogliente?
Vogliamo controlli sui prodotti, vogliamo la mappatura e il censimento delle zone
inquinate così da impedirne la produzione agricola o sostenere la loro bonifica!
Mi guardo intorno: la mia Campania è ora più che mai una regione desolata e
smarrita. Ho scelto di continuare a viverci perché la amo, la mia terra, nonostante
le sue mille contraddizioni. Vorrei che la amasse dello stesso amore anche la mia
piccola. Ma come far finta di nulla se, negli ultimi tempi, quella che Roberto
Saviano citò in Gomorra come la Terra dei fuochi ‒ espressione utilizzata per
la prima volta nel 2003 nel Rapporto Ecomafie curato da Legambiente ‒ è
diventata il nome delle nostre paure?
Ho paura, sì. Lo ammetto. Lo sversamento di rifiuti tossici ha contaminato le
nostre terre, tanto da renderne difficile, se non impossibile, l estrazione dal suolo;
La Terra dei fuochi non deve morire, Presidente Caldoro!
Il nostro futuro è nelle mani delle istituzioni. Non abbassiamo la guardia,
rendiamo il popolo consapevole ed informato. Vogliamo le risposte che
aspettiamo da anni, e le vogliamo subito.
Lo dobbiamo a noi e lo dobbiamo ai nostri figli.
Giovanna D Alise
Nata a Napoli, 35 anni fa.
Laureata in Lingue e Letterature straniere.
PADANIA GUSCIO VUOTO
di FABIO TURATO
Le elezioni del febbraio 2013 descrivono modificazioni profonde nei comportamenti elettorali del paese
che probabilmente non si sono ancora completate. L analisi del voto nel Nord mette in evidenza come
siano soprattutto le province venete le aree di maggiore crisi leghista, dove il confronto fra le aspirazioni
riformiste del sindaco Flavio Tosi ‒ che non esita a proporsi come candidato del centrodestra di domani
‒ e la componente più tradizionalista, producono cali nei consensi che raggiungono anche il 19% proprio
a Verona. Ma diminuzioni considerevoli si registrano anche in Lombardia (Sondrio ‒13% e Bergamo ‒
11%), nonché in Piemonte (‒12% a Cuneo e Verbano Cusio Ossola). I dati elaborati dal LaPolis ‒
Laboratorio di Studi Politici e Sociali dell Università di Urbino ‒, descrivono il crollo nelle roccaforti del
consenso leghista. Ciononostante, la vittoria di Roberto Maroni alle contemporanee elezioni regionali
lombarde mostra anche come il disegno istituzionale della Lega si sia completato. Infatti, le tre regioni
più importanti del Nord sono oggi guidate da presidenti leghisti. Veneto, Piemonte e Lombardia
rappresentano il cuore della Padania sognata da Umberto Bossi: del Nord che produce contrapposto
allo stato centralista e burocratico. Il dubbio è semmai che dietro la «conquista dei palazzi del potere» la
Lega Nord abbia ormai smarrito buona parte dei suoi consensi: un dato preoccupante per un partito di
massa a base spiccatamente territoriale. La sconfitta elettorale della Lega sancisce la fine della diversità
leghista, segnata da scandali e rivalità interne. Inoltre, il travaso di voti nel Movimento 5 Stelle e in Scelta
Civica indica ‒ soprattutto in Veneto ‒ un mutamento profondo nei comportamenti di voto del
centrodestra. Infatti il principio dei «vasi comunicanti» che aveva caratterizzato lo scambio elettorale fra
Lega e Pdl risulta seriamente messo in discussione. Tanto che il forzaleghismo sembra entrato in una
crisi profonda, come mostrano altresì le elezioni regionali di ottobre in Trentino‒Alto Adige. Dove la
leader del Pdl di Bolzano Michaela Biancofiore, cercando risposte alla sconfitta nelle elezioni politiche,
preme per una lista unica con la Lega Nord ma raccogliendo solo un magro 2,5%.
Dunque la Lega chiama oggi soprattutto i leader delle tre principali
regioni del Nord a guidare la riscossa; ma in una fase di
complessivo (e sofferto) ridimensionamento del modello di piccola e
media impresa che ne aveva sancito i successi, pare una strategia
tutt altro che facile da disegnare. Tanto che i leader leghisti cercano
il recupero dei consensi attraverso l attacco all unità nazionale con
la creazione della famigerata «macroregione Padania»: agganciando
il Nord al centro Europa e lasciando il Mezzogiorno in balia di se
stesso. Tuttavia, risulta sempre più palpabile la sensazione che si
tratti di generali senza più truppe da guidare, all assalto di una
trincea sempre più indefinita. Immigrazione, Mezzogiorno e rivolta
fiscale appaiono slogan senza più presa dopo anni di prediche
elettorali che hanno portato a riforme contraddittorie e a casi di
corruzione, relativizzando la presunta qualità superiore della classe
politica leghista. Infine, i tre cavalli di battaglia della Lega:
secessione, decentramento e federalismo sono verosimilmente
rimasti vittime della peculiare refrattarietà del sistema politico
italiano a riformarsi efficacemente, dimostrando ancora l incapacità
leghista di influire sui cambiamenti anche quando il consenso
elettorale era elevato. Infatti, oggi è la crisi internazionale, l Unione
Europea e il Mediterraneo che stanno rudemente collegando il
paese ‒ spesso nostro malgrado ‒ a quel che credevamo solo ci
accadesse intorno, convinti che mai ci avrebbe potuto realmente
toccare.
CARO POLITICO
di CLAUDIA BUONAIUTO
Lo scoop.
Alla presidente della Commissione bicamerale Antimafia, On.
Rosi Bindi.
Cara Presidente, sul finire del 2013 è stata in Campania per
ragioni legate alla sua veste istituzionale e si è messa a
fotografare i cumuli di immondizia che fanno parte del nostro
arredo urbano non già negli ultimi decenni di questa
cosiddetta emergenza immondizia, ma per quello che io
ricordi, da almeno quarant'anni. Su alcuni siti giornalistici
risulta che lei avrebbe addirittura scattato per organizzare un
reportage fotografico sui cumuli di spazzatura che
abbelliscono le nostre strade e le nostre terre, perché
evidentemente da Corona in poi va di moda rubare foto anche
senza riscatto, tant è che anche il ministro dei beni culturali ha
scattato immagini nella Reggia di Caserta per denunciare i
disservizi e le mancanze della tutela del patrimonio. Mi chiedo:
ma è mai possibile che chi ha incarichi istituzionali così
importanti nel nostro paese debba addirittura mettersi a fare
come qualsiasi reporter un reportage fotografico delle nostre
storture? Per quello che so, la Campania è parte del territorio
italiano, e mi sembra strano che un presidente della
Commissione Antimafia che dovrebbe avere a disposizione gli
strumenti migliori e più raffinati per indagare su uno dei nostri
più annosi mali, non possegga invece le informazioni
necessarie sullo stato reale del nostro paese! Com è possibile
che Lei si stupisca dello stato di abbandono della Campania e
del fatto che l emergenza rifiuti non si è mai risolta, tanto da
farne delle foto giornalistiche? Ma non ha mai saputo dei 7
Commissari straordinari del governo italiano sull immondizia in
Campania che si sono succeduti negli ultimi vent anni e del
procedimento sui rifiuti del Tribunale di Napoli che quest anno
si è concluso senza trovare colpevoli? Ma se non possiede
informazioni su questo, figuriamoci se avrà visto le proteste
dei cittadini che da almeno dieci anni scendono in piazza per
urlare la loro disperazione rispetto all avvelenamento della loro
salute e le sarà sicuramente sfuggito di vedere le immagini
delle ennesime percosse ai danni dei cittadini che urlavano
sotto le finestre del governo regionale per l ennesimo bando di
gara per l inceneritore che ancora una volta prevedono, e ci
scommettono, andrà aggiudicato ai soliti grandi player.
Forse, Presidente, posso immaginare che abbia scattato quelle
foto come molti cittadini italiani, che sentono il bisogno
grottesco di immortalarsi vicino al luogo del delitto, e non già
per iniziare oggi la sua attività investigativa sul morto in casa,
che ahimè puzza da vent anni.
IGNORANZA POLITICA
E POLITICA ASSOLUTA
di LUIGI DE MAGISTRIS
La politica se non è arte è mestiere, diceva Libero Bovio. Per fare politica, ci
vuole molta umanità e capacità di ascolto, un talento che è effettivamente
quasi artistico. Ma seppure io sia lontano dai corifei della tecnocrazia, sono
convinto che un approccio scientifico sia possibile.
La scienza in politica si dispiega attraverso la costruzione di un'organizzazione,
di una rete di soggetti che possano supportare il politico, esperti le cui
competenze specifiche e d'ambito vadano dal diritto al management sanitario,
dalla gestione dei rifiuti all'economia dei trasporti.
Il dato più rilevante è che la politica, oggi, gestisce tutto. Come sindaco della
città di Napoli, l'amministrazione che guido eroga servizi, come dicono in
America, dalla culla alla tomba. Appena nasciamo, ci rechiamo all'anagrafe e,
quando moriamo, è il momento dei servizi cimiteriali.
Tanti servizi, su tutto lo scibile, significa che il politico non può sapere tutto e
non può fare tutto da solo. Alcune volte i giornalisti, come le Iene, pongono ai
nostri politici domande che vengono puntualmente lisciate . Certo, alcuni
nostri politici ci sembrano molto lontani dalla Repubblica dei sapienti pensata
dai filosofi ma la verità è che le materie politiche da conoscere sono tante, e i
nostri politici non sono onniscienti, e tanto meno sono assimilabili ai filosofi
immaginati da Platone e Aristotele.
Certo, dobbiamo pretendere sempre più politici preparati ma, un po' come i
bambini che da piccoli pensano che il padre sappia tutto per poi scoprire,
piano piano, che non era il superman dei nostri sogni infantili, noi cittadini
dobbiamo maturare: e dobbiamo smettere di credere che i politici siano dei
supereroi. Salvo poi pensare che siano una casta di inetti, una volta scoperto
che non riescono a cambiare le cose con la bacchetta magica. Se un politico
funziona è perché c'è una squadra dietro.
Fare tutto da soli, in politica, è diventato impossibile perché il nostro Stato,
benché rappresenti un'evoluzione del sistema liberale, è, per certi versi, più
potente dello Stato assoluto. Questa riflessione, che prendo in prestito da
Norberto Bobbio, è relativa al dato che l'antica monarchia assoluta, per quanto
assoluta, si occupava solo di sicurezza e di battere moneta.
Lo Stato liberale, per quanto non assoluto nei modi di esercizio del potere, è
assoluto nell'estensione delle sfere di potere: mai, in passato, lo Stato si
sarebbe occupato di campi come le staminali, la procreazione assistita, la
bioetica. Dunque, l'evoluzione dei nostri sistemi politici fa sì che al filosofo,
nell'arte della polis, si sia accompagnato o sostituito il tecnologo. Per quanto
riguarda la mia sensibilità e il mio approccio, ben vengano i saperi tecnici per
aiutare e servire la politica, ma sono scettico e preoccupato da certe derive
tecnocratiche del potere che, a mio avviso, nascondono sempre pulsioni
autoritarie e antidemocratiche. In politica non si può decidere sulla testa del
popolo, anche quando lo si fa in nome di un presunto bene comune; si tratta di
una leadership patriarcale che è contro la mia sensibilità. Passi per la
metafora, del diritto civile, che le persone corrette debbano comportarsi come
il buon padre di famiglia. Ma la politica non può scegliere in nome di un
popolo bambino da guidare. Il bene comune non può essere deciso dall'alto,
anche da un politico ispirato, senza coinvolgere i cittadini stessi nel processo
di determinazione plurale e dal basso del comune.
Questo significa tornare alla principale e più importante virtù politica: l'ascolto.
In nome del pluralismo che è il confronto e non la determinazione unilaterale e
dall'alto di ciò che un gruppo di politici, in dato momento, considera il bene
comune , che è più spesso il coacervo di interessi di parte.
Per questo, a Napoli, dove sono sindaco, abbiamo l'abitudine di sentire le
associazioni e convocare le assemblee cittadine ogni qual volta vada presa una
decisione collettiva. Su di una corsia preferenziale, su di un filobus, su di un
parcheggio, non abbiamo mai la verità in tasca. Magari i tecnici sostengono
che ci voglia quel dato parcheggio, quel filobus, quella corsia preferenziale. Ma
fin quando non ti confronti con il cittadino, non scoprirai che, magari, quel
piano nascondeva un difetto che solo chi abita quel territorio poteva
conoscere. Allo stesso modo, non si possono e non si devono fare opere che
prevedano una forte opposizione di una parte del popolo. Certo, vanno evitate
le strategie NIMBY ed è sempre importante definire l'utile collettivo di un'opera
pubblica. Ma le popolazioni residenti vanno ascoltate e rispettate. A Napoli, lo
abbiamo fatto quando abbiamo ascoltato i residenti e abbiamo capito che
l'inceneritore di Napoli Est non lo volevamo fare, non soltanto perché siamo
contrari agli inceneritori; ma perché i cittadini di quella parte di Napoli hanno
patito tanto inquinamento e la prima cosa che si aspettavano dalla politica era
ed è il recupero ambientale dei luoghi. Per capire questa cosa semplice eppure
difficilissima, non serve una squadra di spin doctor. Basta tornare alla politica
all'antica. Andando sul territorio, parlando con la gente e vedendo con i propri
occhi.
CARO POLITICO
di NICOLA CAMPOLI
Comitati di strada.
Caro Sindaco,
come potevo rinunciare ad un'occasione così ghiotta che
mi é stata offerta, altresì, in modo del tutto inaspettata.
D'altronde, eviterò rigorosamente, come mio solito, ogni
evidenza di interesse personale. Miro esclusivamente a
segnalare aspetti di vita quotidiana, di carattere micro, cui
tanti napoletani si imbattono camminando per strada. La
nostra é una città difficile da governare e noi napoletani
siamo gente cui piace, però, lamentarsi senza alzare un dito.
Di fatto, facciamo tutti tanta fatica a fare fronte comune,
ritrovando quei momenti nei quali, invece, sarebbe
opportuno sviluppare uno spirito diverso di coraggiosa
coesione. Utile a spronare tutti a riguardare comportamenti
poco qualificanti di una comunità che punta a far crescere
la sua vocazione turistica e a innalzare la qualità della vita.
Si tratta di aspetti che fanno parte della cultura innata di
ogni napoletano, che generano micro diseconomie sul
territorio, e che contribuiscono a dare una immagine, senza
dubbio, poco in linea con il necessario e impellente cambio
di passo. Credo che per alimentare un nuovo senso
comune, da diffondere tra tutti, l'unica strada percorribile,
come già avvenuto in tante altre città italiane e straniere, é
quella di costituire piccoli comitati di strada. Momenti
condominiali che innescano un più forte senso di
appartenenza. Non c'é, infatti, altra soluzione se non quella
di alimentare un controllo del territorio che veda
protagonisti gli stessi suoi primi attori, cioè i cittadini.
Insomma, nei confronti di comportamenti quali: il deposito
fuori orario dei rifiuti, l'irresponsabilità dei proprietari di
animali a quattro zampe, il gettare a terra cicche di
sigarette e carte, il parcheggiare in seconda fila o davanti i
varchi dei passaggi per disabili, a imbrattare muri e luoghi
pubblici, e tanto altro ancora, non si può che creare una
sensibilità di prossimità che possa creare dal basso un
naturale deterrente. Gli sforzi di un'amministrazione
comunale, che vive momenti difficili dal punto di vista delle
risorse di bilancio, non possono vanificarsi per
atteggiamenti squalificanti di alcuni cittadini. Va ripreso,
caro Sindaco, quel lavoro di intenso dialogo con i
napoletani. Non é che lei non lo faccia. Al contrario, si
impegna molto in tale direzione. Ma occorre una spinta
diversa. Dunque, deve coinvolgere in tale lavoro risorse
specifiche della sua giunta. Un lavoro duro e in ombra che,
però, se svolto con costanza e passione potrebbe
contribuire a diffondere un più concreto amor proprio per
la città. Certo ciò non può gravare sulle sue sole forze, ma
deve vedere coinvolti direttamente i cittadini e interlocutori
stabili e disponibili della sua squadra. Sarà possibile? Ritiene
che ciò sia un punto qualificante per rendere duraturi nel
tempo alcuni progetti che sta realizzando? Cosa pensa dei
possibili comitati civici di strada?
CHE LA POLITICA GOVERNI
di OSVALDO CAMMAROTA
La Politica è arte di governare le società. Chi voglia dedicarsi a questo nobile
mestiere deve sviluppare la capacità di conoscere e governare la complessità
sociale, perché questo è il tratto caratteristico delle società del nostro tempo.
Da troppo tempo la politica è esercitata in maniera mediocre e inefficace.
Soverchiata dal potere finanziario, tenta di reagire con la tecnica , ma con evidenti
insufficienze e improprietà.
Colpa di chi fa politica e di come la fa? Dei mutamenti storico-politici globali? Di un
sistema istituzionale obsoleto? La crisi dei partiti è causa o effetto della crisi della
politica?
Nel dibattito su questi temi c è una vasta letteratura che analizza questi e altri
aspetti. E forse utile provare a cogliere le connessioni e gli intrecci tra i diversi
fenomeni che determinano la crisi della politica e hanno fatto smarrire la sua ragion
d essere: governare.
Per governare , beninteso, intendiamo avere cura , non esercitare un potere
vessatorio attraverso scorciatoie semplificative. La precisazione è d obbligo se si
considera come i fenomeni degli ultimi trent anni (craxismo, leghismo,
berlusconismo, dipietrismo, grillismo, leaderismi di sinistra), abbiano verticalizzato i
particolarismi e favorito facile accesso alla politica sotto diverse bandiere. Il più
recente rottamismo promette il superamento delle mediocrità così selezionate, ma
non sembra adoperare stili diversi. Vedremo.
Queste pratiche, di fatto, hanno ridotto la politica a scontro tra interessi parziali e tra
singole personalità. Uno scontro tutto interno a un sistema autoreferenziale che ‒
favorito da leggi elettorali da tutti verbalmente vituperate ‒ ha smarrito alcuni
princìpi e presupposti fondamentali, quali, ad esempio, l unitarietà dello Stato e la
ricerca del Bene Comune.
Tutto ciò ha progressivamente alimentato sentimenti di profonda estraneità dei
cittadini dalla politica, fino a considerarla causa stessa del corrompimento della vita
pubblica... e siamo a oggi.
La politica stenta a rappresentare e a dare valore alla complessità sociale.
Il recupero di senso della politica passa inevitabilmente attraverso questa sfida che può dare nuovo senso e pregnanza alla nobile arte. Magari ci vorrà tempo prima che sia
di nuovo considerata un arte nobile, ma si può sperare che almeno recuperi la sua funzione di governo.
La lunga latitanza di questa funzione è comprovata dal frequente ricorso a governi tecnici nel corso degli ultimi trent anni. Non a caso, nei momenti difficili, lo Stato ha
dovuto affidarsi a personalità provenienti da altri ambienti ‒quasi sempre Banca d Italia- fino a varare il recente governo Monti, dichiaratamente tecnico e palesemente
inadeguato a districare conflitti e contrapposizioni di cui il sistema politico italiano si è nutrito in trent anni e più.
L illusione di poter affidare il governo del paese a soluzioni tecniche è durata poco. È bastato introdurre un minimo di rigore e, senza nemmeno poter mettere mano alla
dichiarata intenzione di equità, il governo Monti ha dovuto capitolare. Sono riaffiorati gli spiriti animali e, su tutti, è prevalso lo spirito più animale di tutti: la conservazione.
Non dissimile, per molti versi, è la storia dell attuale governo di larghe intese . Oltre ogni facile battuta, non vi è chi non veda le difficoltà a governare mediante l estenuante
ricerca di equilibri e mediazioni che, spesso, mettono in discussione la funzione e l efficacia stessa dell azione di governo. Il Parlamento è lo specchio frantumato della
società complessa , si rappresenta in molteplici frammenti che si compongono secondo dinamiche mutevoli e opportuniste. Non riesce a fare eccezione nemmeno l unica
formazione che si sforza di mantenere, nel nome e nella forma, i caratteri di Partito .
Ci vorrebbero Partiti più strutturati e affidabili? Forse sì, ma di certo non sui modelli del 900.
La crisi della politica genera anche dall inadeguatezza di partiti formatisi in epoche in cui la rappresentanza era più semplicemente riconducibile ai conflitti tra Capitale e
Lavoro; Est e Ovest.
Già dagli anni 90, con la crisi del fordismo e il crollo del muro di Berlino, queste forme-partito si sono mostrate incapaci di interpretare i nuovi conflitti quali, ad esempio, tra
inclusi ed esclusi, tra economia e finanza, tra locale e globale, tra l emergere di nuove ansie di libertà individuali e la tutela di civiltà, etc... Queste e altre contraddizioni irrisolte,
danno corpo a una realtà sociale infinitamente più complessa, ancora oggi scarsamente esplorata e priva di rappresentanza.
La complessità sociale può essere intesa come caos o ricchezza.
Sfruttare il caos per aver successo elettorale è facile, basta fiutare il vento, farsi megafono del senso comune, assecondare istinti populisti. Ma la politica serve a superare i
conflitti, non a cavalcarli. Serve una politica che governi. La complessità sociale può essere una ricchezza, purché si sappia esplorare, conoscere, capire e accompagnare
verso esiti coesivi.
Osvaldo Cammarota è Operatore di sviluppo Territoriale
Coordinatore BRI ‒ Banca Risorse Immateriali
CARO POLITICO
di GIULIANA SANTAGATA
Tasi, Tares, IUC e Mutui sulla casa.
Egr. Ministro Saccomanni, nell augurarLe buon anno, Le rivolgo alcune
considerazioni relative alla tassazione sugli immobili, circoscrivendole ai soli
immobili per uso abitativo. Da quanto emerge dalle ultime novità sulla Legge di
Stabilità, con buona probabilità ci imbatteremo nella IUC, tassa che, se ne ho
compreso esattamente la natura, sarà connotata solo parzialmente di una
componente patrimoniale, mentre rivestirà i panni di una service tax a favore dei
Comuni in quanto comprenderà anche la Tasi e la Tares.
Il risultato è lo stesso se non peggiore, avremo nuovamente una tassa sull immobile
stimata anche come più onerosa (se saranno confermate le variazioni sulla
detrazione dei figli a carico, in senso peggiorativo) e per la parte che riguarda i
servizi, sarà di più ampio respiro perché interesserà anche chi vive in affitto.
Personalmente non ho condiviso l abolizione dell IMU sulla prima casa. Credo che la
tassazione sulla prima casa, intesa come tassa patrimoniale, sia necessaria, ma così
come una parte della dirigenza politica, anche io ritengo che debba essere riscritta
nel senso di una tassazione progressiva rispetto ai redditi dichiarati e al numero dei
figli e/o componenti familiari a carico. Presupposto di base: onestà intellettuale e
senso civico degli italiani con conseguente azzeramento dell evasione fiscale... un
sogno?!...
Inoltre: in più occasioni ho sentito dire che l 80% degli italiani è proprietario della
casa in cui vive: bene! Se è così! Ma tra questi, quanti hanno contratto un mutuo
bancario (per la maggiore con rilascio di ipoteca a favore dell istituto bancario
emittente) che con buona probabilità lo accompagnerà fino all età pensionabile o
oltre? Magari la percentuale non è altissima (e meglio così...questo significherebbe
una maggiore base imponibile) ma a mio avviso anche questa distinzione andrebbe
fatta perché è palese che, a parità di reddito, chi paga una rata mensile a rimborso
di un mutuo, ha una capacità reddituale di gran lunga inferiore, rispetto a chi non è
gravato da tale onere.
Questa distinzione, assieme alla progressività della tassazione, non solo andrebbe
verso una direzione di una maggiore equità sociale ma potrebbe essere anche da
stimolo al settore immobiliare.
Ho sentito spesso, infatti, da quella parte della politica che ha fortemente sostenuto
l abolizione dell IMU sulla prima casa, che tale tassazione contribuiva a deprimere il
mercato immobiliare: questo, a mio avviso, può essere solo marginalmente vero.
Purtroppo il mercato immobiliare è stato depresso anche, se non soprattutto, dalla
stretta creditizia da parte del mondo bancario, legato, tra le altre, anche alla
gravissima situazione in cui versa il mondo del lavoro che non consente di dare più
garanzie.
Io ipotizzerei una tassazione sull immobile ad uso abitativo nei confronti di quei
cittadini che ne detengono la reale proprietà, esonerando quindi coloro che per
l acquisto dell immobile stesso (che sia prima casa o meno...) abbiano contratto un
Mutuo con un istituto di credito; questo potrebbe dare nuova linfa al mercato
immobiliare: possiamo immaginare molti casi in cui i soggetti interessati dalla
tassazione della loro prima casa (non gravata da ipoteche legate all esistenza di
relativi mutui e fermo restando la natura progressiva della stessa, rispetto al reddito),
possano sentirsi maggiormente incoraggiati ad investire nell immobiliare anche se per
la realizzazione dell investimento dovesse rendersi necessario ricorrere al credito
bancario: quanto meno sapranno che per quell investimento non avranno ulteriori
tasse da pagare. Uno dei rischi ipotizzabili? Che una maggiore domanda nel suddetto
mercato possa portare ad un aumento del prezzo degli immobili e che una maggiore
domanda di credito verso le banche possa portare ad un aumento dei tassi di
interesse applicati: beh, tutto può succedere se determinati processi non vengono
regolamentati ma, piuttosto, vengono lasciati al caso; viceversa si potrebbe innescare
un nuovo circolo virtuoso che consente di trovare un giusto equilibrio ed un nuovo
assestamento. Una tassazione della proprietà pura (scevra da mutui collegati) degli
immobili, commisurata al reddito, probabilmente potrebbe rendere non più necessaria
la tassazione sulle rendite finanziarie: le banche potrebbero riprendere a produrre
profitti mediante maggiori operazioni di raccolta finanziaria e potersi permettere di
non inasprire il prezzo degli impieghi attraverso un aumento dei tassi d interesse;
anche questo significa favorire un circolo virtuoso, colpendo una sola volta la
ricchezza patrimoniale degli italiani e non più volte come si farebbe invece con una
tassazione sull immobile poco ponderata e una contestuale tassazione sulle rendite
finanziarie.
Giuliana Santagata si è laureata a Napoli in Economia del Commercio
Internazionale. Impiegata in una società finanziaria dal 2001. Coniugata e
mamma di due bimbi di 3 e 6 anni. Napoletana vive a Verona. Appassionata di
politica economica.
AGENDA GLOBALE E CREDIBILITÀ INTERNAZIONALE
di DANIELA IRRERA
Il mondo in cui viviamo è caratterizzato da una costante e rapida evoluzione che
interessa cittadini, istituzioni, attori sociali. In quanto rappresentanti di interessi ed
amministratori di scelte e beni pubblici, i politici di professione, qualunque sia il loro
colore politico ed il loro livello di formazione culturale, non possono sottrarsi a tali
processi, né tentare di evitarne le implicazioni con dichiarazioni retoriche.
La politica estera e le relazioni esterne di un paese come l Italia, già inserito in una
rete stabile di alleanze consolidate, ma proiettato anche verso l approfondimento di
relazioni nuove e cruciali, deve essere affidata ad una élite politica che sia in grado
innanzitutto di capire gli eventi che si susseguono intorno ad essa e,
successivamente, di formulare risposte adeguate ed innovative rispetto ai
cambiamenti.
L analisi dei temi che trovano collocazione nell agenda politica globale offre la prima
chiave di lettura. Alcuni di essi permangono nel lungo periodo e sono
tradizionalmente legati alla sovranità statale, alla diplomazia, al diritto internazionale,
alla dimensione militare e strategica della politica.
La gestione dei conflitti civili e regionali, la regolamentazione delle dotazioni
nucleari, la lotta al terrorismo e alle sue fonti di finanziamento, lo sfruttamento
razionale delle risorse energetiche sono problemi connessi alle relazioni tra medie e
grandi potenze, toccano interessi nazionali e richiedono sforzi che implicano
capacità diplomatiche e strategiche. E inevitabile continuare ad occuparsene sulla
scorta della lunga esperienza acquisita. La guerra fredda, però, è terminata da un
tempo considerevolmente lungo e nuovi problemi spingono ormai per trovare
collocazione piena in agenda. La tutela dei diritti umani unita alla responsabilità di
proteggere i civili durante i conflitti armati, i flussi migratori, i mutamenti climatici, i
traffici illeciti di droga, armi ed esseri umani, la resilienza e le implicazioni politiche e
sociali dei disastri naturali sono problemi collettivi che chiamano in causa non più e
non soltanto gli stati, ma anche le istituzioni internazionali e regionali, le
partnerships strutturate e le alleanze informali. E inevitabile fare i conti anche con
questa parte oscura e complessa dell agenda.
Il mondo cambia rapidamente anche dal punto di vista geopolitico e fornisce la
seconda chiave di lettura. La rassicurante zona euro-atlantica resta il centro del
policy-making a tutti i livelli ma non è più l unico, da molto tempo. La cosiddetta
periferia del sistema politico globale è sempre più mobile ed attiva. Il Caucaso,
l Asia Centrale, il sud-est asiatico, l America Latina, il Nord-Africa, i paesi BRICS si
affiancano al Medio Oriente e al resto del mondo arabo e non possono più essere
considerati solo destinatari di politiche commerciali e/o di sicurezza, né di forme di
dialogo dominate dalla condizionalità calata dall alto. La periferia rappresenta
sempre una sfida alla sicurezza e alla stabilità ma è ormai soprattutto un luogo di
esperimenti di cooperazione, di affinamento di alleanze nuove ed alternative, di
tentativi volti ad individuare principi e idee comuni.
Entrambe le chiavi di lettura sono molto più pratiche di quanto possano apparire.
Quello che è richiesto al politico italiano che voglia interagire con il mondo di oggi è
la flessibilità di sapersi muovere fra tradizione ed innovazione, fra la diplomazia e le
alleanze già esistenti e la capacità di cogliere nuovi trends e adattarsi ad essi.
L esperienza che l Italia ha maturato nei decenni non può che costituire la base di
partenza, così come non è possibile prescindere dalle relazioni atlantiche, dai vincoli
che derivano dall appartenenza alla NATO, alle Nazioni Unite, all Unione Europea.
Così come è imprescindibile continuare a rafforzare la partecipazione alle istituzioni
economiche internazionali, dalla Banca Mondiale all Organizzazione Mondiale del
Commercio.
E necessario, però, fare anche il salto ‒ culturale e politico ‒ verso strategie
regionali e globali di lungo periodo. La cooperazione multilaterale ha già aperto le
porte a Cina, India, Russia, Sudafrica, Brasile e l élite politica italiana non può
limitarsi a stare a guardare o semplicemente a supportare iniziative imprenditoriali.
L Italia ha bisogno, in altri termini, di una classe politica illuminata dalla razionalità e
dal multiculturalismo senza confini, che osservi attentamente ‒ e capisca ‒ la realtà
globale, che sappia sapientemente usare la tradizione per proteggere gli interessi
nazionali, che si renda realmente conto della collocazione geopolitica del paese ma
che abbia anche la capacità di andare oltre questa per non rimanere indietro e che,
infine, non abbia timore di investire risorse nelle zone oscure dell agenda politica
globale.
Ad essere in gioco non è soltanto la credibilità internazionale del paese, ma anche e
soprattutto la sua capacità di evoluzione e sviluppo.
DIAGNOSI AMERICA LATINA
di RAFFAELE NOCERA
Nell ultimo decennio, in America Latina si sono registrate l interruzione delle
privatizzazioni selvagge (fiore all occhiello della stagione neoliberista), l aumento della
spesa statale e una più incisiva difesa dei lavoratori. In controtendenza rispetto ad
altre aree del pianeta, si è verificato poi un andamento positivo del PIL che ha
permesso di assorbire gli effetti della crisi internazionale del 2008. Vero è che negli
ultimi tre anni è calato (dal 4,3% nel 2011 al 2,6% nel 2013), ma nel 2014 ci si
aspetta una leggera ripresa con una crescita del 3,2%.
Un po dovunque si è assistito, inoltre, a un significativo miglioramento di molti
indicatori sociali. Il salario minimo è aumentato, la disoccupazione è diminuita,
mentre le percentuali del lavoro informale sono ancora molto elevate. Si è registrata
però un apprezzabile riduzione del numero dei poveri. Secondo la Comisión
Económica para América Latina y el Caribe, il suo tasso nel 2013 si è attestato al
27,9% (164 milioni di persone) contro il 48% del 1990, mentre quello di indigenza è
passato dal 22 all 11,5% (68 milioni di persone). I paesi più virtuosi sono stati Cile,
Uruguay e Costa Rica.
Nel campo delle diseguaglianze nella distribuzione del reddito i risultati sono stati
modesti. Secondo le Nazioni Unite e la Banca mondiale, nonostante i progressi
registrati negli ultimi anni in molti settori (istruzione, salute, uguaglianza di genere,
ecc.), l America Latina è ancora la regione più diseguale al mondo , con Brasile e
Cile al vertice di questa poco edificante graduatoria. Nel subcontinente, in media, il
10% delle famiglie più ricche percepisce il 30% del reddito totale, mentre il 40% di
quelle più povere rimane con appena il 10% del reddito. Questa drammatica iniquità
appare indipendente dallo sviluppo economico, dalla presenza di governi progressisti
e dallo stesso varo di politiche di riduzione della povertà, e contribuisce a minare la
governabilità della regione, accrescendone la vulnerabilità.
A insidiare la legittimazione del nuovo assetto istituzionale interviene poi la
criminalità, il cui rilevante aumento negli ultimi anni ha corroso le aspettative
maturate circa i regimi democratici. In realtà, la violenza è un fenomeno persistente
ma in passato non produceva effetti invalidanti del sistema politico e non era in cima
alla lista di priorità dell opinione pubblica. Stando a un recente rapporto dell UNPD
(United Nations Development Programme) nella regione si registrano circa 100.000
omicidi l anno (28 omicidi ogni 100.000 abitanti).
Detto in altri termini, nel solo primo decennio del nuovo millennio sono state assassinate un milione di persone. Si tratta di un fenomeno che riguarda in
particolar modo giovani di classi popolari tra i 15 e i 24 anni e che ha pure elevati costi economici. L eccesso di morti causa, infatti, una riduzione dello 0,5%
della crescita economica, vale a dire una perdita di circa 2,4 miliardi di dollari l anno. Le nazioni più colpite sono Colombia, Brasile, Messico, Venezuela e
alcune repubbliche centroamericane e caraibiche, ma in realtà nessuna ne è immune.
Ad alimentare lo sfinimento dell opinione pubblica e a ostacolare un forte radicamento dei valori democratici interviene, poi, la forte delusione per il
funzionamento delle istituzioni rappresentative, perché persistono fenomeni destabilizzanti come, solo per citarne alcuni, la corruzione della classe politica,
l incapacità dei governi di dare risposte concrete ai problemi della maggioranza della popolazione, lo scollamento tra partiti politici e società civile, il ricorso da
parte delle forze politiche alla violenza, sprechi e cattiva amministrazione.
Così, pur svolgendosi regolarmente libere elezioni, e la libertà di espressione e di associazione e il pluripartitismo siano garantiti quasi dovunque, una fetta
consistente della popolazione latinoamericana non ritiene tuttora che la democrazia sia il miglior sistema politico ed è disposta a tollerare restrizioni alle
libertà civili in cambio di più ordine, trasparenza nell uso del denaro pubblico e sicurezza. Va segnalato che tale sfiducia non è rivolta alla democrazia in sé, ma
piuttosto alla piega che ha preso nella regione il consolidamento democratico, soprattutto alla luce delle aspettative iniziali. Quello che emerge è in ultima
analisi una democrazia di bassa intensità, che manca di profondità e qualità: viene privilegiata come sistema politico ma non la si crede ancora in grado di
migliorare le condizioni di vita dei cittadini.
La sfida dei prossimi anni è pertanto coniugare sviluppo, crescita e partecipazione all economia internazionale con il consolidamento della democrazia.
Nondimeno, in termini democratici, il trend è positivo: i regimi autoritari autentici rappresentano un eccezione e solo alcuni governi sono classificabili come
ambigui . A rendere il quadro più roseo contribuiscono una maggiore indipendenza del potere giudiziario, una più ampia partecipazione elettorale, la crescita
dei ceti medi, l aumento della partecipazione delle donne al mondo del lavoro, e, più in generale, una significativa vitalità della società civile, come dimostrato
recentemente dai movimenti studenteschi.
CARO POLITICO
di LUIGI ROSSI
Restare in questa terra
Ill.mo Presidente Giorgio Napolitano,
per prima cosa Le scrivo per ringraziarLa del coraggio nell aver accettato
un secondo mandato da Presidente della Repubblica: un evento unico
nella storia della nostra Repubblica, che io ho letto come lo sforzo di
mettersi a disposizione delle istituzioni per l ennesima volta pur di
superare l empasse politico dei giorni che precedettero la sua elezione.
Mentre le scrivo la penna sotto le dita mi trema per la sensazione che ho
di parlare con un pezzo di storia, della nostra storia di cittadini italiani. Il
Suo curriculum è noto e sarebbe ora inutile ricordare qui a Lei che tanti
avvenimenti ha vissuto e tanti ricordi ha nella sua mente e nei suoi occhi:
tanti incontri, tanti compagni di viaggio sulla Sua strada, e tanto
sicuramente da dover e poter raccontare.
Le scrivo non per incensarLa ne per farLe capire quanto invidio tanti dei
suoi incontri e conoscenze ne per raccontare la sua vita, ma per poter
porre delle domande.
Prima di tutto mi presento: sono Luigi, un trentenne della provincia di
Napoli, che dopo una laurea in Scienze Politiche, non lavora, ma continua
ad ostinarsi a cercare un lavoro qui, a Napoli, nel Sud Italia, consci e
cosciente che andarsene via da questi luoghi sarebbe come perdere,
come dichiarare un fallimento. È fin troppo facile predicare e pensare
che le cose possono cambiare, di amare la propria città, di essere parte
integrante di questo Sud che ha bisogno di rilancio, se poi alla fine lo si
abbandona, lo si lascia a sé stesso. Restare qui diventa ogni giorno più
difficile tra un lavoro che non si trova e un sistema che non ti permettere
di esprimerti, nel momento in cui vedi che altri, più o meno migliori di te,
ti sorpassano grazie ad amici e conoscenze.
Nella mia condizione ci sono tanti, tantissimi altri giovani meridionali,
dotati di talento ed intelligenza, di voglia di fare, ostinatamente convinti
che bisogna restare qui a lottare, a resistere per far rifiorire il meridione.
Lei è un meridionale, un napoletano come me, e forse può capire le mie
perplessità e la mia frustrazione nel sentirmi sempre più mortificato ed
inutile, di fronte ad un sistema e a leggi che a trent anni non ti ritengono
più oggetto di alcun piano di inserimento professionale per i giovani
perché troppo giovane, né di genere (perché uomo) né per profili
esperienziati perché troppo giovane e senza esperienza.
Non vorrei una risposta per me, ma per i tanti me meridionali e nelle
mie stesse condizioni, una risposta che sia legata ad atti per continuare a
credere in questa terra, che in alcuni casi sembra troppo facile da
abbandonare per le pochissime opportunità che offre, ma che in tanti
come me vorrebbero aiutare ad uscire da questo lungo sonno. Farla
fiorire e sviluppare come merita, diventare cartolina e copertina per un
modello di sviluppo che si basi sulla valorizzazione delle risorse e sul
capitale umano che in questa terre viene sempre più esportato e crea
vanto ad altri, lasciandoci colpevolmente indietro.
Mi auguro di non averla tediata troppo con i miei discorsi e le mie
frustrazioni, ma il momento è difficile e bisognerebbe che chi può si
rimbocchi le maniche davvero, che ci sia davvero un po di coesione, un
po come dopo la Seconda guerra mondiale.
Buon lavoro e grazie per l attenzione Presidente.
Luigi Rossi
LA POLITICA CHE VORREI
di ALESSANDRA RICCIO
Sarà ormai un decennio che alcuni specialisti in materia guardano con interesse alle diverse ed inedite strade intraprese da molti governi
dell America Latina che, prima dell Europa del Sud, hanno dovuto affrontare gravi situazioni economiche, scandalosi episodi di corruzione del
personale politico, disillusione e sfiducia nei riguardi dei partiti politici.
Siamo ormai nel 2013 senza che le esperienze di quei governi siano servite, nel nostro paese, ad indicare qualche possibile soluzione dei
problemi di sfiducia nei partiti, di risanamento dell economia, di rivalutazione dell etica come un valore. Un informazione molto eurocentrica
ha sottovalutato quegli esperimenti, quale per eccesso di populismo, quale per scarso indice di democrazia, quale per abuso di parentela,
quale per franca ignoranza della storia di quei paesi che per noi restano ancora dei mondi sconosciuti.
Perfino l esperienza di ormai due secoli di ingerenza statunitense sulla vita economica e sociale di quelle nazioni, facendo ricorso ad ogni
strumento di pressione e di dissuasione ‒ compreso indurre un paese alla fame e alla disperazione ‒ non è servita a farci mettere in allarme
sui molti modi in cui i grandi poteri economici e finanziari possono influire sui destini di paesi che si illudono ancora di essere sovrani e
continuiamo a credere che, per essere loro alleati, siano in salvo.
Oggi il paventato timore di diventare come una qualunque repubblica delle banane , non è più un timore visto che in Italia negli ultimi venti
anni ha regnato il grottesco, ne abbiamo viste di tutti i colori, abbiamo ceduto pezzi di democrazia, abbiamo sopportato una casta politica
che ha pervicacemente coltivato esclusivamente i propri interessi, ecc., ecc.
Eppure, il politico, come figura professionale e cioè esperta, preparata, cosciente
della delicatezza del proprio lavoro, non ignorante delle leggi, dei diritti e dei
doveri continua ‒ a mio parere ‒ ad avere una sua funzione, magari insieme ad
una forte sensibilità sociale e ad una conoscenza del territorio che rappresenta,
qualità questa che lo dovrebbero distinguere da un tecnico della politica.
Il politico a cui penso dovrebbe avere a cuore il problema della Democrazia,
questo feticcio di cui noi, eredi della civiltà greco-romana, ci crediamo depositari
e che abbiamo lasciato deperire senza fare uno sforzo per metterla alla pari con
i tempi. E dovrebbe coraggiosamente affrontare un analisi profonda del punto a
cui si è arenato il nostro processo democratico.
Un piccolo esempio: in Italia nessuna donna ha mai avuto accesso alle due più
importanti cariche di Presidente della Repubblica e di Primo Ministro. In Brasile,
in Argentina e prossimamente in Cile, tre grandi paesi, industriali e ricchi di
materie prime, con un sistema presidenziale, sono tre donne ad occupare il
vertice. In Bolivia è presidente un indio aymara sindacalista, depositario quindi di
molti pregiudizi escludenti: essere indio, essere povero ed essere operaio.
Eppure sta dando vita, fra molte difficoltà, ad un nuovo paese,
L esperienza latinoamericana potrebbe anche aiutarci a riflettere sui vantaggi e
sugli svantaggi delle privatizzazioni mentre il tentativo di riprendere il vecchio
sogno di Bolívar di un America Latina federata, fondata ‒ come l Alleanza
Bolivariana (ALBA), anche sull ideologia politica, ci potrebbe aiutare a pensare
alla grande occasione che stiamo mettendo a rischio, di un Europa unita non solo
da accordi economici ma da un grande progetto politico.
Si direbbe che la fine delle ideologie ci abbia portato a buttar via il bambino
insieme all acqua calda.
CARO POLITICO
di MARCO PERILLO
Perché non ci proviamo?
stesso anfiteatro di Pozzuoli aperto a singhiozzo, le
antiche ville di Stabia misconosciute e difficili da
Caro Ministro per i Beni Culturali,
c è un tarlo che da sempre mi attanaglia le meningi.
raggiungere, la piccola reggia di Carditello nel
Casertano, ormai in malora...
Una cosa che davvero non riesco a capire nel nostro
La mia riflessione parte da qui e dalla mostra su
Paese, soprattutto in una regione piena di bellezze
Pompei ed Ercolano del British Museum di Londra, che
come la Campania.
nei mesi scorsi ha fatturato almeno 7 milioni di sterline
So che ci sono tanti nodi da sciogliere, tante
anche grazie a un sontuoso merchandising.
emergenze, tante difficoltà economiche. Ma voglio
Perché la Campania, come molte altre parti
parlare, stavolta, dei beni culturali. E non partire dai noti
meravigliose dell Italia, non si sa vendere ?
crolli di Pompei ‒ anch essi metafora emblematica della
situazione italiana attuale ‒ ma dai tanti siti minori non
valorizzati nel nostro Paese che potrebbero portare
frotte di turisti, se messi a sistema, e dunque
Perché non potenziare la nostra offerta culturale,
tutelando i nostri beni e creando attorno a loro eventi,
iniziative, libri, gadget di alto livello?
benessere economico.
Si creerebbe così occupazione e interesse mediatico.
Penso, parlando di Napoli, la mia città, alle tantissime
Perché non mettiamo in piedi un sistema e ci proviamo,
chiese chiuse e in rovina, che potrebbero diventare
caro politico?
centri culturali, poli museali. E penso a siti archeologici
abbandonati ma molto suggestivi come le Cento
Camerelle a Bacoli, necropoli nei Campi Flegrei, lo
Marco Perillo, giornalista.
INTERVISTA AL VICE PRESIDENTE VICARIO
DEL PARLAMENTO EUROPEO GIANNI PITTELLA
Quanto contano le competenze per un politico di professione? quali sono le competenze per
fare politica e quali virtù deve avere il principe?
Eurobond, beni culturali, Sanità, cooperazione, turismo: la politica è dovunque. Praticamente, non c'è
ambito dello scibile in cui il politico non si confronti con l'obbligo di suggerire proposte e risolvere
problemi. Ma se la politica è tutto, il politico non può essere onnisciente. Per questo, serve una
squadra e una serie di consiglieri che consentano al politico di esercitare la sua competenza
principale: la sintesi.
Oggi viviamo questo paradosso. I cittadini non si interessano alla politica, ma la politica si interessa a
loro, proprio perché essa si esercita in ogni campo. Compito del politico è allora ricostruire questa
connessione sentimentale con i cittadini, come la chiamava Gramsci, questa fiducia, in modo che la
politica possa perseguire il bene comune e mediare fra gli interessi. Attraverso le virtù del dialogo e
dell'ascolto, la buona politica soddisfa i bisogni sociali del territorio ed è una vera missione, al servizio
dei cittadini: non a caso l'etimo di ministro è minus, cioè servo. Si tratta di un approccio
completamente diverso da quella cattiva politica, calata dall'alto e lontana dai bisogni della gente, che
da sempre combatte chi, come me, ha costruito il suo consenso battendo il proprio territorio palmo a
palmo, paese per paese.
Quanta parte della comunicazione politica è nelle mani dei partiti e quanta invece è
esternalizzata a strutture esterne (agenzie, staff del politico, portavoce)?
Non c'è una regola e credo che dipenda in massima parte dalla propria visibilità politica o anche dal
ruolo che ricopri e dalle esigenze di differenziare il tuo messaggio rispetto ai valori base del tuo
partito. Negli ultimi anni, come Vicepresidente del Parlamento Europeo, ho dovuto preoccuparmi di
fornire una comunicazione istituzionale specifica relativa al mio ruolo.
Le strutture di Bruxelles sono molto organizzate: oltre ad avere la possibilità di comunicare
attraverso i miei addetti stampa, ci sono quelli del gruppo, S&D, che ti seguono da Bruxelles a
Strasburgo, in occasione di ogni plenaria.
Ci sono errori di comunicazione politica che possono essere ascritti al Pd di Bersani? E quali
sono ‒ sempre sul versante comunicazione ‒ le principali novità che intravede con Renzi?
Bersani è stato sfortunato e gli errori commessi li ha pagati sicuramente a caro prezzo. Ciò
nonostante è chiaro che ci siano stati errori di comunicazione e forse la differenza sostanziale fra lui e
Renzi è proprio questa: Bersani è espressione di quella tradizione del mio partito che per molto tempo
ha sottovalutato la comunicazione politica, perché la considerava un aspetto deleterio, introdotto da
Berlusconi; Renzi riconosce che la comunicazione è un aspetto fondamentale della politica e di quei
meccanismi di personalizzazione che sono oramai parte del nostro sistema e che non sono
strettamente imputabili a Berlusconi.
Quanto i social network hanno cambiato il modo di comunicare in politica?
Tantissimo: c'è un dialogo costante, oramai, e tutte le tue affermazioni da politico sono subito messe
alla prova dei fatti: tutto viene rimesso al giudizio del cittadino che, tramite il web, ti risponde e ti
critica. Come in tutte le rivoluzioni di costume, ci sono ovviamente aspetti sbagliati. Pensiamo ai troll
cioè a quegli utenti pilotati , messi in giro dal tuo avversario politico, che diffondono notizie false al
solo scopo di delegittimarti.
Per questo ogni politico, oggi, deve occuparsi di web necessariamente. Perché, anche qualora tu non
volessi interessarti al web, il web si interesserà di te. E se non hai informazioni puntuali da fornire alla
rete, la rete fornirà in giro le sue informazioni su di te.
In cosa consiste la comunicazione politica di un euro-parlamentare?
Oltre alla comunicazione della tua agenda politica, tratto che non distingue l'europarlamentare da altri
rappresentanti del popolo, la cosa più difficile, secondo me, è rendere semplici le complesse attività
del gioco decisionale di Bruxelles. Un elettore poco informato ha comunque una vaga idea di cosa
siano il parlamento e il governo italiani. Solo spiegare cosa siano o come funzionino europarlamento e
Commissione è molto più complicato. Anche per questo, vorrei un'Unione costruita come un vero
Stato federale: gli Stati Uniti d'Europa. Con il parlamento che legifera e la Commissione che opera
come un vero esecutivo. Semplificare la burocrazia europea renderebbe anche la comunicazione più
semplice; e migliorerebbe il livello di partecipazione dei cittadini ai processi decisionali di Bruxelles.
Comunicazione politica e partecipazione politica: secondo Lei sono due termini diversi?
La comunicazione è il prerequisito alla partecipazione che è, per l'appunto, un'azione comune che si
innesca quando c'è stato un vero dialogo fra elettore ed eletto. Sto ovviamente ragionando in ottica
europea, all'interno di un sistema elettorale dove ci sono le preferenze, ed è naturale che gli strumenti
di comunicazione politica servano per mantenere il dialogo con il tuo elettorato.
Chi lo disattende, infatti, commette illecito disciplinare, con le eventuali sanzioni a
CARO POLITICO
carico degli Ordini di ciascuna professione, i quali non avendo avuto alcun
dell AVV. GIUSEPPE BRANDI
orientamento a riguardo, si troveranno ad applicare sanzioni anche molto diverse
tra loro a fronte dello stesso tipo d illecito.
Sull'Obbligatorietà dell assicurazione professionale.
Ill.mo Signor Presidente del Consiglio, On. Enrico Letta
Ill.ma Sig.ra Ministra della Giustizia, On. Cancellieri
Ill.mo Sig. Ministro della Pubblica Amministrazione, On. D'Alia
Ill.ma Sig.ra Ministra delle Politiche Agricole, On. De Girolamo
Ill.mo Sig. Ministro dell Ambiente, On. Orlando
Ill.mo Sig. Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, On. Lupi
Ill.mo Sig. Ministro delle Attività Culturali, On. Bray
Ill.mo Signor Presidente del Consiglio dei Ministri,
Ill.mi Sigg.ri Ministri della Repubblica,
in riferimento al Decreto Legge 138/11 (convertito in L. 148/11) e relativo
Regolamento di Riforma delle Professioni (DPR 137/12), con il quale è stato, tra
l'altro, introdotto l obbligo per i professionisti di stipulare una polizza assicurativa
per la copertura di eventuali danni arrecati a terzi nell esercizio della propria
attività, con la presente Vi rappresento tutte le mie riserve circa l effettiva portata
innovativa e di sostegno dell occupazione di tale misura.
Ebbene, detta norma ha creato da subito allarme nel già tartassato mondo
professionale e, in particolare, in oltre seicentomila professionisti dell area tecnica:
Architetti, Chimici, Dottori Agronomi e Forestali, Geologi, Geometri, Ingegneri, Periti
Agrari, Periti Industriali, molti dei quali non hanno ancora stipulato una polizza per
la responsabilità professionale.
Del resto, l obbligo di stipularne una ha esordito senza la previsione di alcuna
sanzione.
Ma questa non è l unica anomalia.
I professionisti hanno trovato difficoltà a individuare la copertura assicurativa
adeguata alle loro esigenze e ai loro volumi d affari, anche perché la previsione in
esame non ha specificato in alcun modo le caratteristiche (massimale, copertura
rischi, scoperti, franchigie, etc.) delle polizze da sottoscrivere, generando
confusione e comportamenti profittevoli e anticoncorrenziali da parte delle imprese
di assicurazioni, le quali si sono affrettate a offrire prodotti poco flessibili, costosi e
inadeguati alle diverse categorie di professionisti.
Come se ciò non bastasse, i professionisti che volessero mettersi in regola con
l obbligo assicurativo aderendo a convenzioni collettive stipulate dai Consigli
Nazionali di riferimento (anziché negoziando autonomamente la polizza), dovranno
soggiacere a forme di selezione delle compagnie assicurative convenzionate non
sempre trasparenti che, di fatto, non garantirà loro soluzioni ottimali.
In ogni caso, il richiamato Regolamento di Riforma delle Professioni, imponendo
ai professionisti di rendere noti ai clienti, al momento dell assunzione dell incarico,
gli estremi della polizza, il massimale e tutte le sue variazioni, procurerà ulteriore
nocumento alle singole categorie di professionisti e ai rispettivi rapporti di
colleganza, in quanto spingerà i clienti a rivolgersi ai professionisti assicurati con
massimali più elevati, piuttosto che ai colleghi, spesso più giovani, privi di coperture
assicurativa, ricevendone più garanzie in termini di risarcimento.
Pertanto, ravvisandosi l urgenza d interventi correttivi di tale misura, Vi sarei
grato se voleste dare riscontro alla presente con cortese sollecitudine.
Fiducioso, porgo cordiali saluti.
PROFETI E PROFESSIONISTI
DELLA DEMOCRAZIA
di ANTONINO ANASTASI
Alcuni studiosi sostengono che i moderni partiti di massa contenevano in se stessi
dalla nascita il virus che ne avrebbe via via corroso l esistenza e succhiato la linfa
vitale fino a provocarne la morte. Il virus si chiama professionismo politico, e a
intuirne efficacemente il ruolo non solo micidiale ma anche insopprimibile come una
legge di natura, è stato, com è noto, il sociologo tedesco Roberto Michels nella sua
Sociologia del partito politico (1911): nel momento in cui la presenza dei politici di
professione ha permesso la nascita di organizzazioni formate da decine di migliaia di
cittadini comuni, nello stesso momento sono state poste le basi per la formazione di
una oligarchia politico-professionale in grado di far funzionare una grande macchina
organizzativa (il partito burocratico di massa), esercitando la leadership in termini
monopolistici e, paradossalmente, non democratici. Tuttavia, è indubbio che senza i
politici di professione ‒ indipendentemente dal fatto che weberianamente vivano di
politica o per la politica ‒ i partiti di massa non sarebbero potuti nascere e senza i
partiti di massa tardo ottocenteschi, probabilmente non si sarebbe verificato
nell Europa industriale il passaggio dal liberalismo elitario alla politica di massa (dopo
il suffragio universale) e il passaggio dal parlamentarismo del XIX alle democrazie dei
partiti del XX secolo.
Bernard Manin (2010) è fra gli scienziati politici che descrivono meglio questi
cambiamenti: <<quando furono creati i partiti di massa, si credette che avrebbero
portato in carica l uomo comune . Sembrava che l ascesa di tali partiti segnasse non
solo il tramonto dei notabili" ma anche la fine dell elitismo che aveva caratterizzato il
parlamentarismo. [...] Michels rivelò (e denunciò aspramente) la distanza fra i leader e
la base in un partito di massa e di classe paradigmatico. Egli dimostrò che, anche se
possono provenire dall ambiente della classe lavoratrice, i leader e i deputati del
partito conducono una vita da piccolo-borghesi anziché da proletari. [...] Queste élite,
tuttavia, assurgono al potere sulla base di qualità e talenti specifici, cioè l attivismo e
le capacità organizzative>> (pp.230-31).
Mastropaolo fa notare che secondo Kelsen
se l individuo isolato non ha
politicamente alcuna esistenza reale, non potendo esercitare un reale influsso sulla
formazione della volontà dello stato , la democrazia può esistere soltanto se gli
individui si raggruppano secondo le loro affinità politiche, allo scopo di indirizzare la
volontà generale verso i loro fini politici, cosicché, fra l individuo e lo stato, si
inseriscano quelle formazioni collettive che, come partiti politici, riassumono le
uguali volontà dei singoli individui . Al di là dei loro limiti e difetti, i partiti sono uno
spazio d azione collettiva, circoscritto e parziale, e pur tuttavia decisivo, entro cui i
cittadini convergono per realizzare, imperfettamente non v è dubbio, l ideale
democratico dell autodeterminazione>> (Mastropaolo 2011, p.1614).
Cosicché, fino a quando lo sviluppo della grande impresa favorisce la crescita
dell occupazione e il compromesso fra interessi capitalistici e interessi operai e
popolari consente la creazione di un sistema di servizi pubblici potenzialmente
universalistico, il ruolo dei partiti ha consentito alle istituzioni democratiche di
funzionare; quando poi il modello di società cosiddetto fordista va in crisi, anche i
partiti politici hanno perso seguito e legittimità e hanno ceduto alle istanze
individualistiche, leaderistico-carismatiche e personalistiche che hanno fatto
scivolare la situazione politica dal paradigma democratico al paradigma
postdemocratico, come mettono in chiaro Mastropaolo (2001) e Colin Crouch
(2003): <<il paradigma democratico riteneva la convivenza collettiva altamente
problematica anzitutto a causa delle disuguaglianze che dividono la società
moderna>>. Ciò richiedeva un intervento riparatorio da parte della politica. Al
contrario, la tradizione liberale muove da una concezione negativa dello Stato e
positiva dell individuo. Ridotta a mercato, la società minimizza il bisogno della
politica intesa come azione collettiva e come iniziativa di governo. A questo
secondo tipo di tradizione si ispira il paradigma postdemocratico <<che si è
imposto dalla seconda metà degli anni 70, trovando attuazione pratica nelle
esperienze di governo di Margaret Tatcher, di Ronald Reagan e di altri governi
conservatori, da ultimo condizionando anche le forze politiche della sinistra,
storicamente legate al paradigma democratico >> (Mastropaolo 2001, p.1616).
Analogamente, si sostiene che <<nelle condizioni in cui la postdemocrazia cede
sempre maggior potere alle lobby economiche, è scarsa la speranza di dare priorità
a forti politiche egualitarie che mirino alla redistribuzione del potere e della
ricchezza e che mettano limiti agli interessi più potenti>> (Crouch 2003, p.7).
Lo Sviluppo del paradigma postdemocratico approda recentemente nella forma di
partito in cui il programma e l organizzazione convergono e si identificano con la
figura del leader, in base e a due distinte prassi, una impersonata da Berlusconi e
l altra impersonata dal comico Beppe Grillo. Berlusconi crea il partito personale
massmediatico a dimensione nazionale, con il quale la forza del messaggio è affidata
alla capacità di comunicazione diretta del leader. Il modello organizzativo grillino si
basa sulla conoscenza delle capacità della Rete di diffondere e amplificare i messaggi
e creare interazioni. Grillo istituisce un partito superpersonale virtuale , stando alla
recente definizione di un politologo. Il Movimento 5 Stelle, in questa concezione, si
conforma pienamente al modello berlusconiano della identificazione totale con il
capo, solo che con Grillo <<l archetipo berlusconiano si riproduce nella forma di un
inedito centralismo cybernetico, che, nel nuovo ambiente del Web, riafferma gli
elementi fondanti del successo del Cavaliere: controllo totale della comunicazione e
dell organizzazione>> (Calise 2013, pp.24-25). Degli altri partiti oggi sulla scena non
sono facilmente identificabili né i programmi politici né la forma organizzativa. Per
strano che possa sembrare, è più facile discutere del professionismo politico
osservando Berlusconi e Grillo che non riferendoci agli altri attori politici sulla scena.
Ad ogni buon conto non si scorgono all orizzonte modelli di partecipazione politica
che consentano, per dirla con Crouch, di scegliere tra un modello postdemocratico,
minimalista di democrazia in cui alla massa dei cittadini si assegna un ruolo passivo (a
parte il voto), e un modello democratico più ambizioso in cui larghi strati di cittadini
abbiano opportunità di partecipare alla vita politica.
Fa ben sperare, tuttavia, il fatto che il nuovo Papa, Francesco, abbia sostenuto in
pubblico e in privato che la Chiesa cattolica non farà più politica, intendendo con
questa espressione che la gerarchia ecclesiastica cattolica da ora in poi non intende
intervenire e condizionare (com è accaduto finora) la vita e le scelte delle istituzioni
democratiche a partire dai partiti politici. E un primo passo liberare la politica italiana
dalle cerchie ristrette degli interessi economici, culturali, religiosi e restituirla
all iniziativa dei cittadini singoli e associati.
Calise M. (2013), Fuorigioco, Roma-Bari, Laterza.
Crouch C. (2003), Postdemocrazia, Roma-Bari, Laterza
Mastropaolo A. (2001), Democrazia, neodemocrazia, postdemocrazia: tre paradigmi
a confronto , in Diritto pubblico comparato ed europeo, IV, 2001, pp.1612-35.
Michels R. (1966), La sociologia del partito politico, Bologna, Il Mulino.
Revelli M. (2013), Finale di partito, Torino, Einaudi.
Schumpeter J. (2001), Capitalismo, socialismo e democrazia, ETAS, Milano.
L eccesso di regole di cui parlo aiuterebbe a rafforzare una convivenza con
CARO POLITICO
gli altri che troppo spesso tende a logorarsi.
di CLAUDIO MAZZA
Nell ordinamento italiano esiste ormai da anni una regola, dettata dal
Napolitano napoletano.
codice della strada: l obbligo di uso del casco. A 14 anni ebbi in regalo un
Buongiorno Ill.mo Presidente Giorgio Napolitano,
motorino. Un giorno salii sullo scooter e per distrazione non pensai affatto
sono il Dott. Claudio Mazza, praticante avvocato. Ho portato a termine i 18
alla necessità di indossare il casco: motorino sequestrato a Piazza Medaglie
mesi di pratica forense presso l Avvocatura dello Stato, ufficio distrettuale
D oro e multa salata.
di Napoli.
Sono passati 13 anni da quell episodio, ma il principio di uguaglianza è
Dopo una necessaria presentazione, passo all esposizione di due questioni
ancora un utopia. Qual è la differenza che passa tra il quartiere Vomero,
che ritengo abbiano una certa rilevanza.
dove le forze dell ordine sono (si noti, non sempre) vigilanti ed il Rione
Richiamando le parole del grande filosofo Aldo Masullo, dalle origini vicine
alle nostre, vorrei fare una premessa: non è che i napoletani hanno
un indole particolare a commettere illiceità, è un luogo comune la cui falsità
Sanità? La settimana scorsa sono andato a mangiare una pizza favolosa
presso il Rione Sanità, ho visto scorazzare 20/30 motorini, ma ai miei occhi
non è sovvenuta nemmeno una scodella (casco non omologato).
è dimostrata dall inserimento professionale e sociale di napoletani in altre
Inoltre, per quale motivo devo affrontare spese così elevate per assicurare
città italiane, in Europa e nel mondo.
la mia auto o il mio scooter, se in alcune zone della città è concessa la
Quello di cui ha bisogno la nostra città sono regole, regole e ancora regole.
Un eccesso di regole, alcune delle quali senza alcuna sanzione, se non una
keep right
turbamento.
Al riguardo, a rigore, non può parlarsi nemmeno dell eccesso di
semplice sanzione sociale da parte della comunità.
In Inghilterra il volante è sulla destra, ma il
LIBERA circolazione, libera da assicurazioni, libera dal peccato e libera dal
è una regola
fondamentale nella società inglese. Se in metro sulle scale mobili sei fermo,
regolamentazione cui ho fatto riferimento, ma della semplice applicazione
di una regola che ormai è alla base del diritto mondiale.
ma non tieni la destra vieni immediatamente redarguito. Invece, se per
Lo Stato, il comune, le amministrazioni tutte non riescono a far sentire la
esempio esci alle ore 20:00 alla stazione di Vanvitelli e vai di fretta, ti
loro forte e costante presenza in regole basilari. Come si può pensare a
conviene non salire con l ausilio delle scale mobili, ma di salire le rampe di
grandi progetti e ad un futuro migliore se non si parte dal basso?
scale a passo veloce. Questa regola così elementare, che in verità molti
Approfitto di questa inusuale iniziativa e mi rivolgo a Lei, in quanto
non conoscono, è un esempio davvero banale di rispetto per gli altri. Tieni
massima carica dello Stato e soprattutto in quanto concittadino.
la destra!
SVILUPPO SENZA RICERCA
di LUIGI AMODIO
Alla fine della seconda guerra mondiale il matematico americano Vannevar Bush, consulente scientifico
di Roosevelt, scrisse un famoso rapporto in cui si analizzava l’esperienza del progetto Manhattan e in cui
si proponeva che l’esperienza maturata con questa impresa venisse utilizzata per impostare la politica
scientifica del paese in tempo di pace.
Il punto di partenza del rapporto era la constatazione che un migliaio di scienziati, fino al giorno prima
impegnati ognuno nelle proprie ricerche in vari laboratori e università, erano stati capaci – organizzati
opportunamente – di raggiungere un risultato conoscitivo, tecnologico e applicativo tale da stravolgere il
corso della storia e i connotati della civiltà umana. Ciò dimostrava che i laboratori universitari in cui si
svolgeva la ricerca fondamentale sono una palestra in cui si sviluppano conoscenze, abilità e metodi cui
accedere per conseguire importanti obiettivi strategici di interesse generale; dunque valeva la pena che
lo stato investisse ingenti risorse pubbliche a sostegno della ricerca libera, “curiosity driven”, anche se ciò
a prima vista poteva sembrare un lusso.
Le linee di politica scientifica indicate da Bush furono fatte proprie dal Presidente e dal governo USA
con la messa in campo fra l’altro di importanti strumenti come la National Science Foundation per
sostenere la ricerca spontanea, i grandi programmi e laboratori di ricerca pura, le campagne di
educazione scientifica, ecc. Ciò rese possibile lanciare e portare a termine imprese tecnico-scientifiche
di tale sofisticazione e impegno che, al confronto, il Progetto Manhattan appare come un’impresa da
ragazzi.
Insomma, fu subito chiaro che il generoso sostegno pubblico alla ricerca di base non solo produce nuova
conoscenza ma mette anche a disposizione del sistema produttivo una varietà di nuove tecnologie capaci
da un lato di migliorare la qualità della vita; dall’altro di accrescere la competitività del sistema-paese nel
contesto internazionale.
In particolare, nel caso della ricerca libera i risultati si conseguono spesso attraverso la cosiddetta
“serendipità”, cioè scoprire qualcosa mentre se ne cerca un’altra. Ma perché ciò avvenga è necessario
che il sistema produttivo sia attrezzato per filtrare e finalizzare le potenziali applicazioni della ricerca di
base; e ciò richiede che anche gli operatori della produzione siano presenti e attivi sul terreno della
ricerca con competenze e laboratori adeguati. Ecco perché nei paesi più avanzati lo Stato finanza la
ricerca libera e stimola con opportuni incentivi anche il settore privato a investire adeguatamente in
ricerca applicata.
L’Italia invece ha fatto la scelta dello “sviluppo senza ricerca”. Una scelta che affonda le sue radici nello
stato in cui il paese si trovava quando, nel secondo dopoguerra, reagì con una generale e fortissima
volontà di riscatto alla sua situazione disastrosa, facendo conto su:
1. abbondanza di manodopera a basso costo per il settore industriale e migrazione interna;
2.
3.
mercato in forte espansione, grazie alla diffusione di nuovi beni di consumo;
incentivi alla ricostruzione e agli investimenti, anche grazie al Piano Marshall;
il ricorso alla creatività e al design industriale; e così via.
Insomma, il “boom economico” si è verificato senza che la parola “ricerca” venisse nemmeno
4.
pronunciata.
Ma mentre il paese procedeva nel suo sviluppo senza ricerca, la comunità scientifica non rinunciò a
offrire e pretendere di avere un ruolo nel processo di ricostruzione. Ad esempio, nel caso della fisica, su
iniziativa di personaggi come Amaldi e Bernardini, fu elaborato un progetto di promozione della ricerca
in fisica nucleare che originò a Frascati il relativo Laboratorio Nazionale; la costituzione dell’INFN; il
CERN di Ginevra. Iniziative generosamente finanziate, palestre per i giovani ricercatori, stimolo anche
per le altre discipline scientifiche a portarsi su livelli di eccellenza.
Ora se è vero che nel nostro paese le risorse allocate alla ricerca di base sono state e sono scarse,
questa critica vale però solo in termini quantitativi; in termini qualitativi, la nostra ricerca ha svolto
egregiamente il suo ruolo in quanto dovrebbero essere le imprese (e non tanto università e laboratori)
ad attrezzarsi per tradurre in iniziative produttive le opportunità offerte dalla ricerca.
Inoltre, il sistema più efficace di trasferimento tecnologico è lo scambio e la mobilità dei ricercatori che,
purtroppo, in Italia diviene “fuga dei cervelli”, in quanto il nostro paese non crea nuovi ricercatori e non
riassorbe quelli che si trasferiscono all’estero per poter lavorare, portando all’estero anche le risorse
(pubbliche) investite per formarli, in lunghi anni di studio e alta formazione.
Tutto ciò porta a due necessità: la prima è costruire nuovi sistemi di relazione fra la ricerca e la società
intesa in senso lato; la seconda è che, uscendo dalla retorica, si finisca con la schizofrenia tutta italiana
che da un lato si esalta per le eccellenze scientifiche (magari portandole pure in Senato a vita) e
dall’altro continua a tagliare, ridurre, amputare un sistema già di per sé allo stremo.
Infine, solo l’intreccio tra ricerca, sviluppo, produzione e diffusione democratica del sapere pone le basi
per la costruzione di una società democratica della conoscenza. Il sapere scientifico e la cultura
dell’innovazione, di cui si sono pienamente appropriati i grandi operatori della produzione e
dell’economia, non appartengono alla società nella sua generalità e non sempre sono metabolizzati
organicamente in quel patrimonio di valori comuni e condivisi che costituiscono la nostra “cultura”.
Purtroppo nessuna delle maggiori culture politiche oggi in campo ne sembra consapevole.
Luigi Amodio è il Direttore di Città della Scienza.
CARO POLITICO
di FLORA GRAUSO
Una giornata con me.
Carissimi,
Alcune volte mi capita di assistere e di ascoltare cose alquanto assurde e prive di
ogni logica umana (intendo prive di una logica che qualsiasi essere vivente possa
concepire anche con il minimo intelletto). Sono Napoletana e non c è mai stato un
periodo in cui non si sia parlato della mia città e della mia regione come un posto
da cui scappare. Se si digita su un comune motore di ricerca le parole strade di
Napoli tra le immagini risultano solo foto relative ai cumuli di immondizia che per
anni hanno penalizzato la mia città. Cumuli di immondizia che ancora oggi,
nonostante nella maggior parte dei comuni della Campania sia partita la raccolta
differenziata (e nonostante continuiamo a pagare tasse sull immondizia maggiori
rispetto a tutte le altre regioni che neanche la fanno, la differenziata), il problema
rifiuti a Napoli continua a persistere: se sono stati eliminati dalla vista e dal naso dei
napoletani, si è scoperto (grazie ad una rete privata) che questa immondizia è stata
prontamente sotterrata (e qui le mie domande sul vostro intelletto iniziano ad
aumentare). Addirittura rifiuti nucleari che non sono né napoletani né italiani poiché
in Italia centrali nucleari non ce ne sono per scelta del popolo che paga i vostri
stipendi, popolo che ha sempre temuto le conseguenze di questo tipo di energia.
Ma evidentemente questo è uno dei prezzi che NOI cittadini italiani dobbiamo
pagare per far parte di questa meravigliosa UNIONE EUROPEA anche se da
quando abbiamo iniziato a farne parte non ho mai sentito parlare di un minimo,
piccolo, microscopico vantaggio nel farne parte.
La parentesi rifiuti però può sembrare noiosa, mettiamola da parte, si sta sempre a
parlare di Napoli e dell immondizia quando invece preferiamo ignorare che Napoli
oltre ad essere una delle città più belle al mondo è la città il cui dialetto è stato
nominato patrimonio dell Unesco, è stata la prima ad avere un acquedotto che
portasse l acqua in tutte le case mentre ad oggi non siamo in grado di gestire
degnamente neanche un servizio di trasporti pubblici (il servizio metropolitano
Pozzuoli-Piazza Garibaldi impiega, se tutto va bene, 45 minuti mentre la tratta
Napoli-Roma ne impiega appena 15 in più).
Detto ciò il mio pensiero ora si sposta su un politico in particolare, il Ministro Elsa
Fornero: quando in lacrime al fianco di Monti piangeva presentando i sacrifici che
gli Italiani erano costretti a fare per recuperare le mancanze dovute ai precedenti
Governi sono scoppiata a ridere dal nervoso.
Sacrifici che gli Italiani devono fare perché facciamo parte dell UNIONE EUROPEA e
dobbiamo stare al passo con gli altri Paesi che però, a differenza nostra, vivono in
città VIVIBILI, prendono stipendi più alti dei nostri, usufruiscono di servizi sanitari
efficienti, pagano meno tasse, pagano il 18% dei contributi previdenziali a fronte del
nostro 33%, vanno in pensione prima di noi... e i loro politici non guadagnano
minimamente quanto Voi, che però non siete in grado di far funzionare nulla! La
riforma del lavoro emessa dalla Signora è stato un vero disastro. A distanza di un
anno però se ne è accorta, dicendo: Oggi la farei un po diversa ... ma davvero
Signora Fornero?!
Lei ha, con una sola riforma: complicato la gestione dei contratti dei lavoratori,
complicato l apprendistato e le assunzioni da parte di aziende e messo a rischio chi
uno straccio di lavoro ce l aveva, e la disoccupazione invece di scendere è salita. Le
faccio i miei più sinceri complimenti, che letizia! E non contenta, accusa anche (e
cito con tanta simpatia le sue precise espressioni) che i giovani in Italia non
devono essere CHOOSY ... credo che sia molto semplice per Lei parlare. Posso
però consigliarLe di mettersi all entrata degli aeroporti e di fare una piccola
statistica sui viaggiatori: potrà costatare che ci sono giovani che partono ogni
giorno per andare via dalla propria città, dalla propria famiglia e dalle proprie
abitudini per cercare lavoro in un altro paese e la maggior parte di loro parte
proprio per l Inghilterra perché sono i Politici lì a non considerare CHOOSY i loro
giovani.
Concludo molto velocemente questa lettera per non rubare altro tempo a VOI che
LAVORATE, non chiedo nulla in particolare perché so che nulla di buono per noi
siete in grado di fare (al di là di farmi ridere tantissimo), però una cosa vorrei
chiederLe: trascorra con me una sola giornata, Le mostrerei una MIA giornata
lavorativa. Si parte alle 6.45 da casa e si termina alle 20.30, però mi raccomando
senza piangere: con me si ride solo...!
Tanti saluti a Voi, da Napoli è tutto (sempre ridendo, ovviamente), Flora.
Flora Grauso, Grafic Designer, puteolana, 26 anni, Freelance.
NATURAL BORN POLITICIANS
di MASSIMO CERULO
Cosa accade oggi in Italia nella comunicazione messa in atto dai politici di
professione? Si verifica un passaggio dal programma al personaggio. Dalle parole
all immagine. Pensiamo a Matteo Renzi sulla copertina di Vanity Fair a mo di
navigato attore hollywoodiano.
I politici di oggi manifestano continuamente emozioni. Ben consci di essere soggetti
riconosciuti dai cittadini, si preoccupano di apparire emozionati, di partecipare
sentimentalmente ai discorsi intrapresi e ai problemi che vengono loro sottoposti, di
condividere un sentire con il cittadino. Come ha scritto Lacroix: «devono rispondere
in modo adeguato alla domanda emotiva dell opinione pubblica. Essi non potranno
esimersi dal mostrarsi umani, compassionevoli, empatici. [...] La collettività si
riconosce nell immagine di uomini capaci di vibrare». Se si pensa al loro rapporto con
le interviste televisive, essi sanno che apparire in tv e rilasciare una dichiarazione è
fondamentale per la costruzione di quel capitale reputazionale precipuo per la loro
sopravvivenza politica. La telepolitica è oggi più che mai una realtà: rilasciare una
dichiarazione in televisione o, meglio, partecipare a un dibattito televisivo, significa
entrare nell immagine dello spettatore (probabile elettore). Per questo motivo, molti
soggetti stanno bene attenti alla loro comunicazione televisiva, si emozionano e
appaiono sentimentalmente partecipi proprio in virtù del fatto che la televisione vuol
dire costruzione del capitale reputazionale che, a sua volta, significa creazione di
consenso.
Potremmo definire tale utilizzo dei media come una teatralizzazione politicomediatica delle emozioni e dei sentimenti. Alla presenza dei giornalisti ‒ e soprattutto
delle telecamere ‒ i politici si mostrano sorridenti, formali, si sforzano di usare un
linguaggio più articolato e comprensibile possibile e, quando qualche domanda non
è di loro piacimento, interrompono la rappresentazione scenica, chiedendo al
giornalista di modificare la questione e al cameraman di spegnere l attrezzo (per
evitare ciò, spesso i soggetti pretendono di visionare le domande in anticipo).
Joshua Meyrowitz scrive sull argomento: «L abitudine televisiva di offrirci primi piani
di politici [...] contiene paradossalmente una verità sfuggente . Quando vediamo i
nostri leader in varie situazioni e luoghi, quando li osserviamo mentre rispondono a
interviste spontanee o quando sono affaticati dopo una giornata di lavoro o di
campagna elettorale, non è solo un modo per conoscerli meglio. Andando a scavare
dietro la facciata degli attori, cambiano anche i ruoli che si possono immaginare e
percepire ‒ nonché l immagine che gli attori di status sociale superiore
hanno di se stessi. La forza e la chiarezza di un determinato spettacolo da
palcoscenico, o da spazio di primo piano , dipendono dall isolamento del pubblico
dal retroscena, o dallo spazio di retroscena . Occorre allontanare dai riflettori le
prove, i momenti di pausa e i comportamenti tratti da altri ruoli da palcoscenico.
Proteggere i comportamenti da retroscena è essenziale quando si recitano ruoli
prevalentemente basati sulla mistificazione e sull aura di grandezza ‒ come quelli
recitati dai leader politici».
I politici quindi, essendo costretti a fare i conti con le dinamiche della media logic, si
muovono da consumati attori quando sono presenti telecamere e giornalisti.
Sembrano animali da palcoscenico: recitano il ruolo a memoria, appaiono
appassionati all argomento sul quale discettano, conoscono a menadito gli angoli del
palcoscenico sul quale si muovono, indossano la maschera che la carica ricoperta
fornisce loro con disinvoltura e naturalezza, quasi come se fossero nati politici.
Passano dalla scena al retroscena con studiata leggerezza, frutto di un accurato
lavoro messo in atto dai componenti dello staff (spin doctor, trainer emozionale,
ecc.).
Poca attenzione al programma, quindi, molta all immagine. Si fa leva meno sui temi e
più sulla postura emozionale nei confronti dello spettatore. D altronde, una lacrima e
un sorriso sono molto più afferrabili del miglior progetto politico descritto in termini
politichesi. L emozione è diretta, arriva sempre prima. Esempi di questa tendenza
sono le campagne pubblicitarie elettorali, dai cartelloni agli spot televisivi, in cui
conta non tanto descrivere linee guide o punti salienti del programma, bensì mettere
in risalto un immagine costruita, attraente, emozionalmente forte, e accompagnarla
con uno slogan.
Come ci insegnano i sociologi che si occupano di emozioni, in ogni situazione di vita
quotidiana il politico mette in atto tattiche di micropolitica che hanno a che fare con
le emozioni. Il politico non manifesta le sue emozioni soltanto per una mera
condivisione, per creare una empatia con il suo elettore, bensì per tenere in pugno
l elettore. Attraverso tali tattiche di micropolitica, l emozione è usata come strumento
di potere e di mantenimento di status.
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