Caro Politico Comunicazione e partecipazione.
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Caro Politico Comunicazione e partecipazione.
GRAZIE DEL PENSIERO NEWSLETTER DI THINK THANKS GENNAIO 2014 In questo numero: Antonio Pirpan, La Comunicazione dopo la scomunicazione; Serena Multari, Cosa farò da grande; Serena Bonamassa, Renzi 2.0; Giovanna D Alise, Il rispetto che vogliamo; Fabio Turato, Padania guscio vuoto; Claudia Buonaiuto, Lo scoop; Luigi de Magistris, Ignoranza politica e politica assoluta; Nicola Campoli, Comitati di strada; Osvaldo Cammarota, Che la politica governi; Giuliana Santagata, Tasi, Tares, IUC e Mutui sulla casa; Daniela Irrera, Agenda globale e credibilità internazionale; Raffaele Nocera, Diagnosi America Latina; Luigi Rossi, Restare in questa terra; Alessandra Riccio, La politica che vorrei; Marco Perillo, Perché non ci proviamo; INTERVISTA a Gianni Pittella; Avv.Giuseppe Brandi, Sull obbligatorietà dell assicurazione professionale; Antonino Anastasi, Profeti e professionisti della democrazia; Claudio Mazza, Napolitano napoletano; Luigi Amodio, Sviluppo senza ricerca; Flora Grauso, Una giornata con me; Massimo Cerulo, Natural born politicians. Caro Politico Comunicazione e partecipazione. Non è la prima volta che entriamo nel dibattito politico nazionale. Lo abbiamo fatto in passato con altre newsletter dedicate alle elezioni, alle associazioni e alla società civile. Questa volta, abbiamo provato a rivolgerci in modo diretto alla politica, grazie ai tanti che hanno risposto all appello lanciato sui social network da Think Thanks. Non tutti i contributi ricevuti sono stati pubblicati. In un periodo complicato come quello attuale, la campagna caro politico , più che mirare a raccogliere l ormai consueto dissenso nei confronti della classe politica, ha chiesto di chiedere, di avanzare istanze precise, di ricercare un interlocuzione matura con personalità di governo e con politici di professione. E nonostante ciò, in più di una lettera, tra le dieci selezionate, si avverte un sentimento di disaffezione verso la classe politica. I contributi scelti sono pertanto quelli che più si avvicinano alla filosofia della critica costruttiva e del dialogo a distanza. Si tratta di un esercizio che dovrebbe essere frequente in un paese democratico, dove i cittadini dovrebbero interrogare la politica, oltre che lamentarsi o peggio ancora richiedere vantaggi o favori. Proveremo a recapitare questo numero di grazie del pensiero ai diretti interessati, alla ricerca delle risposte che meritano. Trattandosi di un iniziativa che parte da Napoli, non potevano mancare lettere indirizzate a politici nostrani, come il Presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. Inevitabili anche i riferimenti alle annose questioni ambientaliste che flagellano i territori campani. Ma i destinatari sono tanti, ben oltre i confini locali e toccano diversi esponenti nazionali risalendo fino al Presidente della Repubblica. Ad impreziosire questo numero anche il contributo di numerosi intellettuali, ricercatori e professori universitari ma anche manager e professionisti della comunicazione. Ovviamente non poteva mancare una esigua quanto autorevole rappresentanza dei diretti interessati, politici che su nostra sollecitazione hanno accettato un confronto serrato sui temi della comunicazione e della partecipazione politica. Lucio Iaccarino CEO Think Thanks LA COMUNICAZIONE DOPO LA SCOMUNICAZIONE di Antonio Pirpan Per allontanare ragionamenti da markettari impuniti e sacrileghi meglio affidare la mia analisi al dialogo tra i cardinali Mark e Ting, autori e registi segreti delle vaticane cose, buona lettura. Mark - qui salta tutto Ting, io sono preoccupato mica poco. Qua non è che abbiamo il secondo lavoro eh. Troppi casini, guarda qua i numeri: la Cina, i Protestanti, i giovani sudamericani, i preservativi in Africa, Internet! Ting - calma Mark, non indulgere al catastrofismo, il sud America nel complesso è saldo, l Asia piano piano la riprendiamo, ti ricordo sempre quel tale che nelle Filippine si fa crocifiggere a Pasqua con i chiodi veri! Con quello spacchiamo e manco lo paghiamo. National Geographic l ha mandato in mondovisione, in Calabria già lo copiano! Mark - buono Ting non ti esaltare, a essere bello è bello ma non è con i casi umani che risolviamo. Qua non ci si fila più nessuno, i sound makers vanno nelle chiese di Roma per registrare gli scricchiolìi dei tarli nelle panche! E poi abbiamo lui, il Papa più impopolare da non so quanti secoli! Ting - ci si può lavorare ancora, adesso stiamo provando con Twitter... Mark - ma falla finita Ting, Twitter! Quello non cinguetta, quello gracchia! I followers fanno il tiro al piccione ad ogni gracchiata! Dobbiamo intervenire Ting, e come prima cosa va tolto proprio lui. Ting - il tedesco? Mark - e chi se no? mr. messa in latino, scarpette Prada, paramenti medievali, islamici scostatevi e sguardi in camera peggio del nemico di Batman. Ting - in effetti, manco fotogenico... Mark - e gli Angelus alla finestra? in Italia l ultimo che parlava così era Villaggio quando faceva Kranz.. Ting - .. teteshko ti cermania, ya.. Mark - il teatrante polacco sì che aveva capito l antifona. Abbiamo sbagliato a pensare di recuperare con una chiesa di destra, più rigida e poco Pop. Nell'epoca della conversazione e dei movimenti dal basso la Chiesa dura è una Chiesa morta. Va tolto Ting, e anche velocemente, non possiamo aspettare che se ne vada da solo! Ting - ok Mark, solito caffettino corretto e addio a tutti con il sorriso sulle labbra? Mark - no roba vecchia, con Internet ci romperebbero le scatole peggio che con le torri gemelle. Ting - lo spingiamo giù dalla finestra mentre saluta i quattro gatti sotto? Finale eclatante e col botto alla Dan Brown.. Mark - troppa fiction Ting, bisogna essere pratici e parlare il linguaggio della gente. Molto semplicemente lo licenziamo e gli facciamo dare le dimissioni, ci capiranno tutti, i lavoratori precari, gli impiegati, gli operai, gli esodati... Ting - ganzo, originalissimo e super dal basso . Lui Papa incoronato dall alto dallo spirito santo e lui che dal basso si dimette. Preparo i fogli con TFR e pensione. Ma chi mettiamo dopo? Mark - mettiamo uno che dia un segnale forte Contro Tutto, che faccia dimenticare Ratzinger sia come Papa che come nome da robot. Ting - un fraticello con la chitarra rinnegatore delle ricchezze paterne? Che dici? Ne ho una dozzina. Mark - quasi. Uno che capovolga le cose, che porti il contrasto alla ribalta, che lo incarni proprio. Ting - esagero: tipo un Gesuita Francescano! Mark - ...un Gesuita Francescano! Sì! Ma è strepitosa sta cosa! Ting - veramente ero ironico. E magari lo chiamiamo pure Francesco!... Mark - Fantastico! Sì! Francesco! Così senza manco il numero! Il numero è vecchio e standardizzato, il primo Papa senza numero! Il Papa number free! Senza numero ma rintracciabilissimo, presente, non ha bisogno del numero perché chiama lui! Fico! Ting - veramente scherzavo Mark, ma sei serio? Mark - ovvio che sono serio, sto già pensando al paese di provenienza... Ting - be o Brasile o Argentina direi, parlata dolce, terra nostra, cattolicesimo d acciaio, bianchi caucasici... Mark - si infatti, il Papa asiatico o nero ce lo giochiamo dopo, adesso va recuperata la situazione drammatica, anche linguisticamente. Ting - ok allora lo cerco, lo prendo vero o finto? Mark - è lo stesso, organizza il casting. Ting - intendi il conclave. Mark - si quello, e procuriamoci i video. Scriviti questi promemoria: deve concreto, l essenziale, il populista, il demolitore, il semplificatore, il parlare contro lo IOR così ci togliamo di dosso pure Bertone con quella cambia regole se non servono, etc. facciaccia brutta e incomunicabile; deve amare la povertà, esserne Noi sforniamo il Papa giusto al momento giusto. fanatico, tipo che deve guidare una fiat 500 o cose così, pagarsi gli In Europa ce lo giochiamo come il vento di rinnovamento, l elemento alberghi, telefonare a tutti pure che ne so... a Scalfari, andare a unificante, il collante, etc. Lampedusa e buttarsi in acqua per accogliere i migranti, parlare Asia e Islam ce li tiriamo dietro con le carte di bontà e tolleranza e in semplice, dire buon pranzo, buona serata, salire sugli autobus, andare su America e Germania apriamo il dialogo con i luterani. Francesco senza Facebook, ste cose qua insomma capito? numero butterà avanti Cristo su tutto il resto e ci calmiamo gradualmente con santi e madonne. Ting - mmmh, Mark, vero mi sa che non lo trovo ma ci provo. Vai Ting, lasciami solo adesso, vedrai che così spacchiamo tutto. Mark - ripeto: vero o finto m importa poco, serve solo uno bravo e che Ting - spacchiamo tutto Mark, stavolta sì. Ti saluto. sorrida! ¿Hola? Soy el cardinal Ting, ¿me pasa por favor con La Pobre Obra Pia Ting - e sul piano politico? De los Pobres Actores del Pobrecito de Assisi? Gracias... Mark - corsi e ricorsi Ting, adesso è il momento dello scazzo popolare, il Antonio Pirpan, campano, classe 1970, Direttore Brand e comunicazione vaso traboccato, niente più fuffa di centro o berlusconate, vince il di Optima Italia Spa. CARO POLITICO di SERENA MULTARI Cosa farò da grande. Al Ministro dell Istruzione Maria Chiara Carrozza, Cara Maria Chiara, in quanto Ministro dell Istruzione, hai ereditato una situazione di certo non facile e mi rivolgo a te in quanto questa eredità l ho subita con la stessa impotenza (e sicuramente con minori vantaggi!). È dunque con te che vorrei condividere alcuni interrogativi sorti contestualmente alla mia esperienza di Dottore(ssa) di Ricerca (d ora in avanti, DdR), percorso di vita ormai conclusosi, che rappresenta piuttosto un vicolo cieco. Sorvolerò sull implementazione del sistema 3+2 che, rendendo la matematica un opinione, oggi è finalmente riuscito a ridurre l università ad un processo schematico, svuotato di una qualunque complessità culturale. Per quanto riguarda il Dottorato di Ricerca, mi limiterò ad una serie di dati oggettivi: quest anno appena terminato ha visto la riduzione vertiginosa dei dottorati attivi, destino inevitabile segnato da una progressiva e costante riduzione del numero delle borse di studio e - più in generale - dei fondi dedicati all università. Se poi vogliamo considerare la situazione estera, tornare a guardare il contesto autoctono diventa davvero faticoso, oltre che emotivamente letale. Sebbene la congiuntura economica attuale imponga una contrazione generale alle sovvenzioni destinate ai vari istituti culturali europei (perché si sa, in caso di crisi la prima cosa che si taglia è la cultura), il dottorato continua ad essere per l Europa un primo passo verso la docenza universitaria e la sostanza culturale che essa veicola. Allora chiedo a te, Maria Chiara, perché in Spagna se sei un DdR ti guardano con ammirazione in quanto guardiano della Cultura e dello Sviluppo del Pensiero; così come in Argentina, dove un dottorato è la speranza affinché la docenza universitaria diffonda la Cultura contro l Orrore dell ignoranza conservatrice e militare. Chiedo a te, Maria Chiara, perché in Messico se sei un DdR ti collocano in cima alla piramide dell Istruzione, ed in quanto tale - non senza un pizzico di mistica cosmogonica - sei ritenuto alla stessa stregua di un Demiurgo forgiatore delle coscienze collettive. Perché a Cuba il vicepreside della facoltà di Filosofía y Letras ha 29 anni eppure non è il discepolo/portaborse di nessun barone, né la sua voce è meno autoritaria perché giovane (e quindi inesperto?!). Perché in Germania le docenze tenute durante il dottorato vengono retribuite regolarmente, cumulativamente ad una eventuale borsa di studio, e contribuiscono a creare punteggio anziché coprire l indisponibilità del docente titolare del corso. Ti chiedo anche perché in Francia, sebbene l università sia ancora strettamente gerarchica, la partecipazione degli studenti alla cultura e alla politica rappresenta una parte fondante del movimento tellurico delle idee ed un DdR rappresenta un anello di congiunzione imprescindibile che riordina e matura le proposte culturali studentesche. Infine chiedo a te, Maria Chiara, perché toccando con mano tutte queste realtà non posso che pensare con amarezza al nostro Paese, dove quando dico di essere una DdR mi chiedono Ah. E dunque da grande cosa farai? . Serena Multari, Project manager Think Thanks, napoletana, 30 anni, Ph.D. in Culture dei Paesi di Lingue Iberiche ed Iberoamericane, globetrotter impenitente che ha deciso di tornare ad investire nel proprio Paese. RENZI 2.0 di SERENA BONAMASSA Una volta era la piazza il luogo in cui la politica incontrava la gente. L agorà, quello spazio sociale, economico e culturale in cui la relazione tra il cittadino e l autorità aveva dei confini ben definiti. Ora la piazza ha cambiato i suoi connotati: non è più un luogo reale, fisico, ma virtuale, ampio ed indefinito. Il riferimento, ovviamente è al web che ha contribuito a rendere la nostra società liquida, per dirla alla Bauman. Uno spazio pubblico allargato, come aveva previsto alla fine degli anni 80 l intellettuale francese Dominique Wolton, è l ambito in cui il sistema politico, quello dei media ed i cittadini si confrontano su questioni di interesse comune, dando vita a quella che chiamiamo comunicazione politica. La politica sembra aver tratto vantaggio dalla nuova veste 2.0: più vicina ed accessibile, alla portata di tutti. O quasi. La parola d ordine resta avere dimestichezza con i social, ovviamente. Il filo è comunque molto sottile: se i politici non sono capaci di gestire con spirito democratico la loro virtualità, l azione rischia di diventare un boomerang. Un dato è certo: non può esserci politico che non abbia un blog, un profilo Facebook e Twitter perché è a colpi di post e cinguettii che si esprimono opinioni, si lanciano messaggi, comunicando esattamente cosa si pensa. I social diventano, così, delle fonti primarie di informazione a cui tutti hanno liberamente accesso. In Italia l affermazione della rete come luogo della politica è arrivata con il Movimento 5 stelle, che proprio da un social network ‒ Meetup ‒ ha iniziato la sua ascesa nel 2005. Tra i politici, invece, il primo che ha fatto della crossmedialità il suo punto di forza è stato Matteo Renzi. Vincitore alle primarie del Partito democratico l 8 dicembre scorso, Renzi ha fatto della sua strategia comunicativa uno dei punti di forza. Un anno fa, dopo la sconfitta contro Pierluigi Bersani, non erano in molti a credere che il suo modo nuovo di fare politica avrebbe conquistato l elettorato di centro-sinistra. E invece oggi, ad aver avuto presa è stato anche quest approccio molto diretto e social. Sulla stampa estera viene definito L uomo della comunicazione a riprova che, dietro questo recente successo ha il suo peso una verve espansiva e disinvolta. Sin dal 2010, quando lanciò la sua idea della rottamazione della politica senza incentivi , Renzi è apparso come un buon comunicatore, un politico che con le parole aveva dimestichezza. Un modello comunicativo di chiara ispirazione americana guida le strategie del Sindaco di Firenze, che in realtà non è stato il primo a guardare agli Usa. Sulla scia del successo ottenuto da Obama durante la sua prima campagna elettorale nel 2008 infatti il famoso yes we can ‒ lo slogan diventato un must nella terra a stelle e strisce ‒ arrivò anche nel Belpaese. A sperimentarlo fu Walter Veltroni, allora segretario PD, che si preparava ad affrontare la sfida preelettorale. Il risultato però non fu dei migliori: il si può fare all italiana non ebbe lo stesso esito, a dimostrazione che la comunicazione non poteva essere improvvisata. Intanto, fu anche grazie a quell esperienza non positiva che oggi Renzi sa come muoversi in questo scenario. Entriamo nel vivo, analizzando gli aspetti salienti del modello comunicativo renziano. 1) Il contesto e il linguaggio non verbale: nei dibattiti si presenta da solo sul palco, senza contraddittorio e i suoi discorsi sono ravvivati dal continuo ricorso a battute comiche. Quasi mai resta dietro al leggio, preferendo passeggiare per il palco. Durante le interviste assume sempre una posizione rilassata ma composta, denotando apertura e sicurezza. Il suo look è sempre molto casual: è raro vederlo in giacca e cravatta e in genere si mostra in maniche di camicia. A proposito di contesti, Renzi ha fatto parlare di sé dopo aver partecipato nell aprile 2013 ad una puntata del talent show di Canale 5, Amici di Maria De Filippi . Una vetrina interessante che gli ha permesso di parlare a giovani tra i 18 e i 23 anni, una fascia normalmente lontana dalla politica. E ovviamente per un ambiente giovanile che si rispetti, anche il look non poteva essere da meno: chiodo nero e jeans. 2) Le parole e gli slogan. La sua campagna per la corsa alla guida del Pd è costituita da parole chiave. Semplici ed efficaci: cambiare, futuro, la strada, gli italiani, vincere, bravi, semplicità. Otto parole scritte su sfondi colorati, dietro alle quali appaiono parole opposte e scritte al rovescio, a sostegno dello slogan di tutta la campagna del sindaco «l'Italia cambia verso». Una carrellata dei temi centrali delle politiche che il sindaco intende mettere al centro del suo programma. Ecco, in dettaglio, tutte le parole, il loro contrario e una breve spiegazione. «Cambiare-lamentarsi»: «non passeremo il tempo a recriminare su come potrebbero andare meglio le cose. Le cambieremo». «Futuro-conservazione»: «se pensiamo solo a conservare quello che abbiamo, presto non avremo più nemmeno quello. Crescere vuol dire creare, innovare, cambiare». «Coraggio-paura»: «paura degli extracomunitari, paura della recessione, paura di cambiare. Da oggi ci riprendiamo la fiducia, la voglia di fare, il futuro». «La strada-il palazzo»: «conoscere il prezzo di un litro di latte, usare i mezzi pubblici, fare la fila alla posta. Tre ottimi modi per costruire un programma di governo». «Gli italiani-il Cavaliere»: «da vent anni la politica si occupa di una sola persona. Noi ci occuperemo di tutti gli altri». «Vincere-perdere bene»: «l'importante, si sa, è partecipare. Ma per cambiare l Italia bisogna fare qualcosa in più: vincere». «Bravi-raccomandati»: «la meritocrazia è l'unica medicina per la politica, per l impresa, per la ricerca, per la pubblica amministrazione. Gli amici degli amici se ne faranno una ragione». «Semplicità-burocrazia»: «il rispetto delle regole non ha niente a che vedere con la tortura cui sono sottoposti cittadini e aziende per ottenere un banale permesso. Spenderemo quel tempo ritrovato per far crescere l Italia». Social network. Twitter e Facebook: ecco l immagine social di Renzi. Nel profilo Twitter appare una foto profilo sorridente, per nulla impostata. L unico riferimento al Partito Democratico è nella biografia candidato segretario PD . Prevale il cambia verso , una sorta di rottamazione 2.0; anche la scelta del Diamo un nome al futuro rappresenta in pieno la politica delle parole chiave e dei nomi. Veniamo a Facebook: la foto profilo è di Renzi in bicicletta questa volta con la fascia tricolore da Sindaco, mentre la foto copertina è per il binomio il palazzo-la strada e i tre punti che fanno riferimento al politico che cambia verso. Durante la campagna per le primarie, Renzi si è messo a disposizione sui social attraverso l hastag #matteorisponde. Domande dirette a cui fornire risposte in tempo reale. Nessun filtro, nessun assistente. Renzi da solo davanti ad un pc, pronto a twittare o a rispondere a voce, in diretta su You Tube. Grande naturalezza con le parole chiave, i trend topics ed il mondo digitale. Il risultato è stato importante: le sue riflessioni sotto forma di tweet sono finite in primo piano nei telegiornali, che hanno analizzato prontamente il nuovo fenomeno della politica 2.0. Che lo si appoggi oppure no, bisogna riconoscere che Matteo Renzi è il primo politico a mettersi in primo piano nella veste social. E come ha affermato Antonio Deruda, esperto di politica e digitale, il #matteorisponde sancisce ufficialmente la fine della politica del Lei . Bibliografia di riferimento P. Mazzoleni, La comunicazione politica, 2004 P. Natale, Sondopolitica dopo Grillo Matteo Renzi, 2013 F. Pira, La net comunicazione politica, 2012 Serena Bonamassa, ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Scienza Politica e Istituzioni in Europa presso l Università degli studi di Napoli Federico II , con una specializzazione in geopolitica economica. Appassionata non solo di politologia, ma anche di comunicazione svolge attività di consulenza nell ambito degli uffici stampa ed è writer, vice-editor e social content curator per una testata giornalistica on line. CARO POLITICO smaltire illegalmente i rifiuti attraverso i fuochi, ha reso l aria che respiriamo irrespirabile. di GIOVANNA D ALISE La Campania felix è stata deturpata. Il rispetto che vogliamo. Il mondo è un bel posto e per esso vale la pena di lottare E. Hemingway E inutile adesso cercare delle responsabilità? Vedo ammalarsi persone care a me vicine, l ultima vittima del biocidio è la piccola Al Presidente della Regione Campania Stefano Caldoro. Gaia, di soli 8 anni, di Marcianise, in provincia di Caserta, che sta combattendo per sconfiggere un terribile male. La lotta alle ecomafie non può lasciarci indifferenti! Egregio Presidente Caldoro, da sette mesi a questa parte guardo il mondo con occhi completamente diversi. La mia prospettiva è inevitabilmente cambiata, perché diventare genitore ti sbatte in faccia una ineludibile verità: il piccolo essere che hai messo al mondo sarà destinato a morire, esattamente come te, ma la gioia della nascita è in grado di cancellare questo triste pensiero. Non possiamo più far finta di niente perché tanto a me non succede . Presidente Caldoro, Vogliamo il rispetto per l ambiente! Vogliamo che abbia inizio la vera svolta, per dare ai nostri figli un futuro migliore. Siamo stanchi di chinare il capo, di accettare con rassegnazione quello che è accaduto e sta accadendo ormai da Cosa desideri, dunque, con tutte le tue forze? Di rendere serena, amorevole, degna e vivibile la sua esistenza. E da qui partono milioni di dubbi ed interrogativi: troppo tempo. Siamo stufi di essere considerati incivili, di essere costantemente una regione in emergenza ! sarò capace, da genitore, di offrirle tutto questo? Il mondo che la circonda saprà essere accogliente? Vogliamo controlli sui prodotti, vogliamo la mappatura e il censimento delle zone inquinate così da impedirne la produzione agricola o sostenere la loro bonifica! Mi guardo intorno: la mia Campania è ora più che mai una regione desolata e smarrita. Ho scelto di continuare a viverci perché la amo, la mia terra, nonostante le sue mille contraddizioni. Vorrei che la amasse dello stesso amore anche la mia piccola. Ma come far finta di nulla se, negli ultimi tempi, quella che Roberto Saviano citò in Gomorra come la Terra dei fuochi ‒ espressione utilizzata per la prima volta nel 2003 nel Rapporto Ecomafie curato da Legambiente ‒ è diventata il nome delle nostre paure? Ho paura, sì. Lo ammetto. Lo sversamento di rifiuti tossici ha contaminato le nostre terre, tanto da renderne difficile, se non impossibile, l estrazione dal suolo; La Terra dei fuochi non deve morire, Presidente Caldoro! Il nostro futuro è nelle mani delle istituzioni. Non abbassiamo la guardia, rendiamo il popolo consapevole ed informato. Vogliamo le risposte che aspettiamo da anni, e le vogliamo subito. Lo dobbiamo a noi e lo dobbiamo ai nostri figli. Giovanna D Alise Nata a Napoli, 35 anni fa. Laureata in Lingue e Letterature straniere. PADANIA GUSCIO VUOTO di FABIO TURATO Le elezioni del febbraio 2013 descrivono modificazioni profonde nei comportamenti elettorali del paese che probabilmente non si sono ancora completate. L analisi del voto nel Nord mette in evidenza come siano soprattutto le province venete le aree di maggiore crisi leghista, dove il confronto fra le aspirazioni riformiste del sindaco Flavio Tosi ‒ che non esita a proporsi come candidato del centrodestra di domani ‒ e la componente più tradizionalista, producono cali nei consensi che raggiungono anche il 19% proprio a Verona. Ma diminuzioni considerevoli si registrano anche in Lombardia (Sondrio ‒13% e Bergamo ‒ 11%), nonché in Piemonte (‒12% a Cuneo e Verbano Cusio Ossola). I dati elaborati dal LaPolis ‒ Laboratorio di Studi Politici e Sociali dell Università di Urbino ‒, descrivono il crollo nelle roccaforti del consenso leghista. Ciononostante, la vittoria di Roberto Maroni alle contemporanee elezioni regionali lombarde mostra anche come il disegno istituzionale della Lega si sia completato. Infatti, le tre regioni più importanti del Nord sono oggi guidate da presidenti leghisti. Veneto, Piemonte e Lombardia rappresentano il cuore della Padania sognata da Umberto Bossi: del Nord che produce contrapposto allo stato centralista e burocratico. Il dubbio è semmai che dietro la «conquista dei palazzi del potere» la Lega Nord abbia ormai smarrito buona parte dei suoi consensi: un dato preoccupante per un partito di massa a base spiccatamente territoriale. La sconfitta elettorale della Lega sancisce la fine della diversità leghista, segnata da scandali e rivalità interne. Inoltre, il travaso di voti nel Movimento 5 Stelle e in Scelta Civica indica ‒ soprattutto in Veneto ‒ un mutamento profondo nei comportamenti di voto del centrodestra. Infatti il principio dei «vasi comunicanti» che aveva caratterizzato lo scambio elettorale fra Lega e Pdl risulta seriamente messo in discussione. Tanto che il forzaleghismo sembra entrato in una crisi profonda, come mostrano altresì le elezioni regionali di ottobre in Trentino‒Alto Adige. Dove la leader del Pdl di Bolzano Michaela Biancofiore, cercando risposte alla sconfitta nelle elezioni politiche, preme per una lista unica con la Lega Nord ma raccogliendo solo un magro 2,5%. Dunque la Lega chiama oggi soprattutto i leader delle tre principali regioni del Nord a guidare la riscossa; ma in una fase di complessivo (e sofferto) ridimensionamento del modello di piccola e media impresa che ne aveva sancito i successi, pare una strategia tutt altro che facile da disegnare. Tanto che i leader leghisti cercano il recupero dei consensi attraverso l attacco all unità nazionale con la creazione della famigerata «macroregione Padania»: agganciando il Nord al centro Europa e lasciando il Mezzogiorno in balia di se stesso. Tuttavia, risulta sempre più palpabile la sensazione che si tratti di generali senza più truppe da guidare, all assalto di una trincea sempre più indefinita. Immigrazione, Mezzogiorno e rivolta fiscale appaiono slogan senza più presa dopo anni di prediche elettorali che hanno portato a riforme contraddittorie e a casi di corruzione, relativizzando la presunta qualità superiore della classe politica leghista. Infine, i tre cavalli di battaglia della Lega: secessione, decentramento e federalismo sono verosimilmente rimasti vittime della peculiare refrattarietà del sistema politico italiano a riformarsi efficacemente, dimostrando ancora l incapacità leghista di influire sui cambiamenti anche quando il consenso elettorale era elevato. Infatti, oggi è la crisi internazionale, l Unione Europea e il Mediterraneo che stanno rudemente collegando il paese ‒ spesso nostro malgrado ‒ a quel che credevamo solo ci accadesse intorno, convinti che mai ci avrebbe potuto realmente toccare. CARO POLITICO di CLAUDIA BUONAIUTO Lo scoop. Alla presidente della Commissione bicamerale Antimafia, On. Rosi Bindi. Cara Presidente, sul finire del 2013 è stata in Campania per ragioni legate alla sua veste istituzionale e si è messa a fotografare i cumuli di immondizia che fanno parte del nostro arredo urbano non già negli ultimi decenni di questa cosiddetta emergenza immondizia, ma per quello che io ricordi, da almeno quarant'anni. Su alcuni siti giornalistici risulta che lei avrebbe addirittura scattato per organizzare un reportage fotografico sui cumuli di spazzatura che abbelliscono le nostre strade e le nostre terre, perché evidentemente da Corona in poi va di moda rubare foto anche senza riscatto, tant è che anche il ministro dei beni culturali ha scattato immagini nella Reggia di Caserta per denunciare i disservizi e le mancanze della tutela del patrimonio. Mi chiedo: ma è mai possibile che chi ha incarichi istituzionali così importanti nel nostro paese debba addirittura mettersi a fare come qualsiasi reporter un reportage fotografico delle nostre storture? Per quello che so, la Campania è parte del territorio italiano, e mi sembra strano che un presidente della Commissione Antimafia che dovrebbe avere a disposizione gli strumenti migliori e più raffinati per indagare su uno dei nostri più annosi mali, non possegga invece le informazioni necessarie sullo stato reale del nostro paese! Com è possibile che Lei si stupisca dello stato di abbandono della Campania e del fatto che l emergenza rifiuti non si è mai risolta, tanto da farne delle foto giornalistiche? Ma non ha mai saputo dei 7 Commissari straordinari del governo italiano sull immondizia in Campania che si sono succeduti negli ultimi vent anni e del procedimento sui rifiuti del Tribunale di Napoli che quest anno si è concluso senza trovare colpevoli? Ma se non possiede informazioni su questo, figuriamoci se avrà visto le proteste dei cittadini che da almeno dieci anni scendono in piazza per urlare la loro disperazione rispetto all avvelenamento della loro salute e le sarà sicuramente sfuggito di vedere le immagini delle ennesime percosse ai danni dei cittadini che urlavano sotto le finestre del governo regionale per l ennesimo bando di gara per l inceneritore che ancora una volta prevedono, e ci scommettono, andrà aggiudicato ai soliti grandi player. Forse, Presidente, posso immaginare che abbia scattato quelle foto come molti cittadini italiani, che sentono il bisogno grottesco di immortalarsi vicino al luogo del delitto, e non già per iniziare oggi la sua attività investigativa sul morto in casa, che ahimè puzza da vent anni. IGNORANZA POLITICA E POLITICA ASSOLUTA di LUIGI DE MAGISTRIS La politica se non è arte è mestiere, diceva Libero Bovio. Per fare politica, ci vuole molta umanità e capacità di ascolto, un talento che è effettivamente quasi artistico. Ma seppure io sia lontano dai corifei della tecnocrazia, sono convinto che un approccio scientifico sia possibile. La scienza in politica si dispiega attraverso la costruzione di un'organizzazione, di una rete di soggetti che possano supportare il politico, esperti le cui competenze specifiche e d'ambito vadano dal diritto al management sanitario, dalla gestione dei rifiuti all'economia dei trasporti. Il dato più rilevante è che la politica, oggi, gestisce tutto. Come sindaco della città di Napoli, l'amministrazione che guido eroga servizi, come dicono in America, dalla culla alla tomba. Appena nasciamo, ci rechiamo all'anagrafe e, quando moriamo, è il momento dei servizi cimiteriali. Tanti servizi, su tutto lo scibile, significa che il politico non può sapere tutto e non può fare tutto da solo. Alcune volte i giornalisti, come le Iene, pongono ai nostri politici domande che vengono puntualmente lisciate . Certo, alcuni nostri politici ci sembrano molto lontani dalla Repubblica dei sapienti pensata dai filosofi ma la verità è che le materie politiche da conoscere sono tante, e i nostri politici non sono onniscienti, e tanto meno sono assimilabili ai filosofi immaginati da Platone e Aristotele. Certo, dobbiamo pretendere sempre più politici preparati ma, un po' come i bambini che da piccoli pensano che il padre sappia tutto per poi scoprire, piano piano, che non era il superman dei nostri sogni infantili, noi cittadini dobbiamo maturare: e dobbiamo smettere di credere che i politici siano dei supereroi. Salvo poi pensare che siano una casta di inetti, una volta scoperto che non riescono a cambiare le cose con la bacchetta magica. Se un politico funziona è perché c'è una squadra dietro. Fare tutto da soli, in politica, è diventato impossibile perché il nostro Stato, benché rappresenti un'evoluzione del sistema liberale, è, per certi versi, più potente dello Stato assoluto. Questa riflessione, che prendo in prestito da Norberto Bobbio, è relativa al dato che l'antica monarchia assoluta, per quanto assoluta, si occupava solo di sicurezza e di battere moneta. Lo Stato liberale, per quanto non assoluto nei modi di esercizio del potere, è assoluto nell'estensione delle sfere di potere: mai, in passato, lo Stato si sarebbe occupato di campi come le staminali, la procreazione assistita, la bioetica. Dunque, l'evoluzione dei nostri sistemi politici fa sì che al filosofo, nell'arte della polis, si sia accompagnato o sostituito il tecnologo. Per quanto riguarda la mia sensibilità e il mio approccio, ben vengano i saperi tecnici per aiutare e servire la politica, ma sono scettico e preoccupato da certe derive tecnocratiche del potere che, a mio avviso, nascondono sempre pulsioni autoritarie e antidemocratiche. In politica non si può decidere sulla testa del popolo, anche quando lo si fa in nome di un presunto bene comune; si tratta di una leadership patriarcale che è contro la mia sensibilità. Passi per la metafora, del diritto civile, che le persone corrette debbano comportarsi come il buon padre di famiglia. Ma la politica non può scegliere in nome di un popolo bambino da guidare. Il bene comune non può essere deciso dall'alto, anche da un politico ispirato, senza coinvolgere i cittadini stessi nel processo di determinazione plurale e dal basso del comune. Questo significa tornare alla principale e più importante virtù politica: l'ascolto. In nome del pluralismo che è il confronto e non la determinazione unilaterale e dall'alto di ciò che un gruppo di politici, in dato momento, considera il bene comune , che è più spesso il coacervo di interessi di parte. Per questo, a Napoli, dove sono sindaco, abbiamo l'abitudine di sentire le associazioni e convocare le assemblee cittadine ogni qual volta vada presa una decisione collettiva. Su di una corsia preferenziale, su di un filobus, su di un parcheggio, non abbiamo mai la verità in tasca. Magari i tecnici sostengono che ci voglia quel dato parcheggio, quel filobus, quella corsia preferenziale. Ma fin quando non ti confronti con il cittadino, non scoprirai che, magari, quel piano nascondeva un difetto che solo chi abita quel territorio poteva conoscere. Allo stesso modo, non si possono e non si devono fare opere che prevedano una forte opposizione di una parte del popolo. Certo, vanno evitate le strategie NIMBY ed è sempre importante definire l'utile collettivo di un'opera pubblica. Ma le popolazioni residenti vanno ascoltate e rispettate. A Napoli, lo abbiamo fatto quando abbiamo ascoltato i residenti e abbiamo capito che l'inceneritore di Napoli Est non lo volevamo fare, non soltanto perché siamo contrari agli inceneritori; ma perché i cittadini di quella parte di Napoli hanno patito tanto inquinamento e la prima cosa che si aspettavano dalla politica era ed è il recupero ambientale dei luoghi. Per capire questa cosa semplice eppure difficilissima, non serve una squadra di spin doctor. Basta tornare alla politica all'antica. Andando sul territorio, parlando con la gente e vedendo con i propri occhi. CARO POLITICO di NICOLA CAMPOLI Comitati di strada. Caro Sindaco, come potevo rinunciare ad un'occasione così ghiotta che mi é stata offerta, altresì, in modo del tutto inaspettata. D'altronde, eviterò rigorosamente, come mio solito, ogni evidenza di interesse personale. Miro esclusivamente a segnalare aspetti di vita quotidiana, di carattere micro, cui tanti napoletani si imbattono camminando per strada. La nostra é una città difficile da governare e noi napoletani siamo gente cui piace, però, lamentarsi senza alzare un dito. Di fatto, facciamo tutti tanta fatica a fare fronte comune, ritrovando quei momenti nei quali, invece, sarebbe opportuno sviluppare uno spirito diverso di coraggiosa coesione. Utile a spronare tutti a riguardare comportamenti poco qualificanti di una comunità che punta a far crescere la sua vocazione turistica e a innalzare la qualità della vita. Si tratta di aspetti che fanno parte della cultura innata di ogni napoletano, che generano micro diseconomie sul territorio, e che contribuiscono a dare una immagine, senza dubbio, poco in linea con il necessario e impellente cambio di passo. Credo che per alimentare un nuovo senso comune, da diffondere tra tutti, l'unica strada percorribile, come già avvenuto in tante altre città italiane e straniere, é quella di costituire piccoli comitati di strada. Momenti condominiali che innescano un più forte senso di appartenenza. Non c'é, infatti, altra soluzione se non quella di alimentare un controllo del territorio che veda protagonisti gli stessi suoi primi attori, cioè i cittadini. Insomma, nei confronti di comportamenti quali: il deposito fuori orario dei rifiuti, l'irresponsabilità dei proprietari di animali a quattro zampe, il gettare a terra cicche di sigarette e carte, il parcheggiare in seconda fila o davanti i varchi dei passaggi per disabili, a imbrattare muri e luoghi pubblici, e tanto altro ancora, non si può che creare una sensibilità di prossimità che possa creare dal basso un naturale deterrente. Gli sforzi di un'amministrazione comunale, che vive momenti difficili dal punto di vista delle risorse di bilancio, non possono vanificarsi per atteggiamenti squalificanti di alcuni cittadini. Va ripreso, caro Sindaco, quel lavoro di intenso dialogo con i napoletani. Non é che lei non lo faccia. Al contrario, si impegna molto in tale direzione. Ma occorre una spinta diversa. Dunque, deve coinvolgere in tale lavoro risorse specifiche della sua giunta. Un lavoro duro e in ombra che, però, se svolto con costanza e passione potrebbe contribuire a diffondere un più concreto amor proprio per la città. Certo ciò non può gravare sulle sue sole forze, ma deve vedere coinvolti direttamente i cittadini e interlocutori stabili e disponibili della sua squadra. Sarà possibile? Ritiene che ciò sia un punto qualificante per rendere duraturi nel tempo alcuni progetti che sta realizzando? Cosa pensa dei possibili comitati civici di strada? CHE LA POLITICA GOVERNI di OSVALDO CAMMAROTA La Politica è arte di governare le società. Chi voglia dedicarsi a questo nobile mestiere deve sviluppare la capacità di conoscere e governare la complessità sociale, perché questo è il tratto caratteristico delle società del nostro tempo. Da troppo tempo la politica è esercitata in maniera mediocre e inefficace. Soverchiata dal potere finanziario, tenta di reagire con la tecnica , ma con evidenti insufficienze e improprietà. Colpa di chi fa politica e di come la fa? Dei mutamenti storico-politici globali? Di un sistema istituzionale obsoleto? La crisi dei partiti è causa o effetto della crisi della politica? Nel dibattito su questi temi c è una vasta letteratura che analizza questi e altri aspetti. E forse utile provare a cogliere le connessioni e gli intrecci tra i diversi fenomeni che determinano la crisi della politica e hanno fatto smarrire la sua ragion d essere: governare. Per governare , beninteso, intendiamo avere cura , non esercitare un potere vessatorio attraverso scorciatoie semplificative. La precisazione è d obbligo se si considera come i fenomeni degli ultimi trent anni (craxismo, leghismo, berlusconismo, dipietrismo, grillismo, leaderismi di sinistra), abbiano verticalizzato i particolarismi e favorito facile accesso alla politica sotto diverse bandiere. Il più recente rottamismo promette il superamento delle mediocrità così selezionate, ma non sembra adoperare stili diversi. Vedremo. Queste pratiche, di fatto, hanno ridotto la politica a scontro tra interessi parziali e tra singole personalità. Uno scontro tutto interno a un sistema autoreferenziale che ‒ favorito da leggi elettorali da tutti verbalmente vituperate ‒ ha smarrito alcuni princìpi e presupposti fondamentali, quali, ad esempio, l unitarietà dello Stato e la ricerca del Bene Comune. Tutto ciò ha progressivamente alimentato sentimenti di profonda estraneità dei cittadini dalla politica, fino a considerarla causa stessa del corrompimento della vita pubblica... e siamo a oggi. La politica stenta a rappresentare e a dare valore alla complessità sociale. Il recupero di senso della politica passa inevitabilmente attraverso questa sfida che può dare nuovo senso e pregnanza alla nobile arte. Magari ci vorrà tempo prima che sia di nuovo considerata un arte nobile, ma si può sperare che almeno recuperi la sua funzione di governo. La lunga latitanza di questa funzione è comprovata dal frequente ricorso a governi tecnici nel corso degli ultimi trent anni. Non a caso, nei momenti difficili, lo Stato ha dovuto affidarsi a personalità provenienti da altri ambienti ‒quasi sempre Banca d Italia- fino a varare il recente governo Monti, dichiaratamente tecnico e palesemente inadeguato a districare conflitti e contrapposizioni di cui il sistema politico italiano si è nutrito in trent anni e più. L illusione di poter affidare il governo del paese a soluzioni tecniche è durata poco. È bastato introdurre un minimo di rigore e, senza nemmeno poter mettere mano alla dichiarata intenzione di equità, il governo Monti ha dovuto capitolare. Sono riaffiorati gli spiriti animali e, su tutti, è prevalso lo spirito più animale di tutti: la conservazione. Non dissimile, per molti versi, è la storia dell attuale governo di larghe intese . Oltre ogni facile battuta, non vi è chi non veda le difficoltà a governare mediante l estenuante ricerca di equilibri e mediazioni che, spesso, mettono in discussione la funzione e l efficacia stessa dell azione di governo. Il Parlamento è lo specchio frantumato della società complessa , si rappresenta in molteplici frammenti che si compongono secondo dinamiche mutevoli e opportuniste. Non riesce a fare eccezione nemmeno l unica formazione che si sforza di mantenere, nel nome e nella forma, i caratteri di Partito . Ci vorrebbero Partiti più strutturati e affidabili? Forse sì, ma di certo non sui modelli del 900. La crisi della politica genera anche dall inadeguatezza di partiti formatisi in epoche in cui la rappresentanza era più semplicemente riconducibile ai conflitti tra Capitale e Lavoro; Est e Ovest. Già dagli anni 90, con la crisi del fordismo e il crollo del muro di Berlino, queste forme-partito si sono mostrate incapaci di interpretare i nuovi conflitti quali, ad esempio, tra inclusi ed esclusi, tra economia e finanza, tra locale e globale, tra l emergere di nuove ansie di libertà individuali e la tutela di civiltà, etc... Queste e altre contraddizioni irrisolte, danno corpo a una realtà sociale infinitamente più complessa, ancora oggi scarsamente esplorata e priva di rappresentanza. La complessità sociale può essere intesa come caos o ricchezza. Sfruttare il caos per aver successo elettorale è facile, basta fiutare il vento, farsi megafono del senso comune, assecondare istinti populisti. Ma la politica serve a superare i conflitti, non a cavalcarli. Serve una politica che governi. La complessità sociale può essere una ricchezza, purché si sappia esplorare, conoscere, capire e accompagnare verso esiti coesivi. Osvaldo Cammarota è Operatore di sviluppo Territoriale Coordinatore BRI ‒ Banca Risorse Immateriali CARO POLITICO di GIULIANA SANTAGATA Tasi, Tares, IUC e Mutui sulla casa. Egr. Ministro Saccomanni, nell augurarLe buon anno, Le rivolgo alcune considerazioni relative alla tassazione sugli immobili, circoscrivendole ai soli immobili per uso abitativo. Da quanto emerge dalle ultime novità sulla Legge di Stabilità, con buona probabilità ci imbatteremo nella IUC, tassa che, se ne ho compreso esattamente la natura, sarà connotata solo parzialmente di una componente patrimoniale, mentre rivestirà i panni di una service tax a favore dei Comuni in quanto comprenderà anche la Tasi e la Tares. Il risultato è lo stesso se non peggiore, avremo nuovamente una tassa sull immobile stimata anche come più onerosa (se saranno confermate le variazioni sulla detrazione dei figli a carico, in senso peggiorativo) e per la parte che riguarda i servizi, sarà di più ampio respiro perché interesserà anche chi vive in affitto. Personalmente non ho condiviso l abolizione dell IMU sulla prima casa. Credo che la tassazione sulla prima casa, intesa come tassa patrimoniale, sia necessaria, ma così come una parte della dirigenza politica, anche io ritengo che debba essere riscritta nel senso di una tassazione progressiva rispetto ai redditi dichiarati e al numero dei figli e/o componenti familiari a carico. Presupposto di base: onestà intellettuale e senso civico degli italiani con conseguente azzeramento dell evasione fiscale... un sogno?!... Inoltre: in più occasioni ho sentito dire che l 80% degli italiani è proprietario della casa in cui vive: bene! Se è così! Ma tra questi, quanti hanno contratto un mutuo bancario (per la maggiore con rilascio di ipoteca a favore dell istituto bancario emittente) che con buona probabilità lo accompagnerà fino all età pensionabile o oltre? Magari la percentuale non è altissima (e meglio così...questo significherebbe una maggiore base imponibile) ma a mio avviso anche questa distinzione andrebbe fatta perché è palese che, a parità di reddito, chi paga una rata mensile a rimborso di un mutuo, ha una capacità reddituale di gran lunga inferiore, rispetto a chi non è gravato da tale onere. Questa distinzione, assieme alla progressività della tassazione, non solo andrebbe verso una direzione di una maggiore equità sociale ma potrebbe essere anche da stimolo al settore immobiliare. Ho sentito spesso, infatti, da quella parte della politica che ha fortemente sostenuto l abolizione dell IMU sulla prima casa, che tale tassazione contribuiva a deprimere il mercato immobiliare: questo, a mio avviso, può essere solo marginalmente vero. Purtroppo il mercato immobiliare è stato depresso anche, se non soprattutto, dalla stretta creditizia da parte del mondo bancario, legato, tra le altre, anche alla gravissima situazione in cui versa il mondo del lavoro che non consente di dare più garanzie. Io ipotizzerei una tassazione sull immobile ad uso abitativo nei confronti di quei cittadini che ne detengono la reale proprietà, esonerando quindi coloro che per l acquisto dell immobile stesso (che sia prima casa o meno...) abbiano contratto un Mutuo con un istituto di credito; questo potrebbe dare nuova linfa al mercato immobiliare: possiamo immaginare molti casi in cui i soggetti interessati dalla tassazione della loro prima casa (non gravata da ipoteche legate all esistenza di relativi mutui e fermo restando la natura progressiva della stessa, rispetto al reddito), possano sentirsi maggiormente incoraggiati ad investire nell immobiliare anche se per la realizzazione dell investimento dovesse rendersi necessario ricorrere al credito bancario: quanto meno sapranno che per quell investimento non avranno ulteriori tasse da pagare. Uno dei rischi ipotizzabili? Che una maggiore domanda nel suddetto mercato possa portare ad un aumento del prezzo degli immobili e che una maggiore domanda di credito verso le banche possa portare ad un aumento dei tassi di interesse applicati: beh, tutto può succedere se determinati processi non vengono regolamentati ma, piuttosto, vengono lasciati al caso; viceversa si potrebbe innescare un nuovo circolo virtuoso che consente di trovare un giusto equilibrio ed un nuovo assestamento. Una tassazione della proprietà pura (scevra da mutui collegati) degli immobili, commisurata al reddito, probabilmente potrebbe rendere non più necessaria la tassazione sulle rendite finanziarie: le banche potrebbero riprendere a produrre profitti mediante maggiori operazioni di raccolta finanziaria e potersi permettere di non inasprire il prezzo degli impieghi attraverso un aumento dei tassi d interesse; anche questo significa favorire un circolo virtuoso, colpendo una sola volta la ricchezza patrimoniale degli italiani e non più volte come si farebbe invece con una tassazione sull immobile poco ponderata e una contestuale tassazione sulle rendite finanziarie. Giuliana Santagata si è laureata a Napoli in Economia del Commercio Internazionale. Impiegata in una società finanziaria dal 2001. Coniugata e mamma di due bimbi di 3 e 6 anni. Napoletana vive a Verona. Appassionata di politica economica. AGENDA GLOBALE E CREDIBILITÀ INTERNAZIONALE di DANIELA IRRERA Il mondo in cui viviamo è caratterizzato da una costante e rapida evoluzione che interessa cittadini, istituzioni, attori sociali. In quanto rappresentanti di interessi ed amministratori di scelte e beni pubblici, i politici di professione, qualunque sia il loro colore politico ed il loro livello di formazione culturale, non possono sottrarsi a tali processi, né tentare di evitarne le implicazioni con dichiarazioni retoriche. La politica estera e le relazioni esterne di un paese come l Italia, già inserito in una rete stabile di alleanze consolidate, ma proiettato anche verso l approfondimento di relazioni nuove e cruciali, deve essere affidata ad una élite politica che sia in grado innanzitutto di capire gli eventi che si susseguono intorno ad essa e, successivamente, di formulare risposte adeguate ed innovative rispetto ai cambiamenti. L analisi dei temi che trovano collocazione nell agenda politica globale offre la prima chiave di lettura. Alcuni di essi permangono nel lungo periodo e sono tradizionalmente legati alla sovranità statale, alla diplomazia, al diritto internazionale, alla dimensione militare e strategica della politica. La gestione dei conflitti civili e regionali, la regolamentazione delle dotazioni nucleari, la lotta al terrorismo e alle sue fonti di finanziamento, lo sfruttamento razionale delle risorse energetiche sono problemi connessi alle relazioni tra medie e grandi potenze, toccano interessi nazionali e richiedono sforzi che implicano capacità diplomatiche e strategiche. E inevitabile continuare ad occuparsene sulla scorta della lunga esperienza acquisita. La guerra fredda, però, è terminata da un tempo considerevolmente lungo e nuovi problemi spingono ormai per trovare collocazione piena in agenda. La tutela dei diritti umani unita alla responsabilità di proteggere i civili durante i conflitti armati, i flussi migratori, i mutamenti climatici, i traffici illeciti di droga, armi ed esseri umani, la resilienza e le implicazioni politiche e sociali dei disastri naturali sono problemi collettivi che chiamano in causa non più e non soltanto gli stati, ma anche le istituzioni internazionali e regionali, le partnerships strutturate e le alleanze informali. E inevitabile fare i conti anche con questa parte oscura e complessa dell agenda. Il mondo cambia rapidamente anche dal punto di vista geopolitico e fornisce la seconda chiave di lettura. La rassicurante zona euro-atlantica resta il centro del policy-making a tutti i livelli ma non è più l unico, da molto tempo. La cosiddetta periferia del sistema politico globale è sempre più mobile ed attiva. Il Caucaso, l Asia Centrale, il sud-est asiatico, l America Latina, il Nord-Africa, i paesi BRICS si affiancano al Medio Oriente e al resto del mondo arabo e non possono più essere considerati solo destinatari di politiche commerciali e/o di sicurezza, né di forme di dialogo dominate dalla condizionalità calata dall alto. La periferia rappresenta sempre una sfida alla sicurezza e alla stabilità ma è ormai soprattutto un luogo di esperimenti di cooperazione, di affinamento di alleanze nuove ed alternative, di tentativi volti ad individuare principi e idee comuni. Entrambe le chiavi di lettura sono molto più pratiche di quanto possano apparire. Quello che è richiesto al politico italiano che voglia interagire con il mondo di oggi è la flessibilità di sapersi muovere fra tradizione ed innovazione, fra la diplomazia e le alleanze già esistenti e la capacità di cogliere nuovi trends e adattarsi ad essi. L esperienza che l Italia ha maturato nei decenni non può che costituire la base di partenza, così come non è possibile prescindere dalle relazioni atlantiche, dai vincoli che derivano dall appartenenza alla NATO, alle Nazioni Unite, all Unione Europea. Così come è imprescindibile continuare a rafforzare la partecipazione alle istituzioni economiche internazionali, dalla Banca Mondiale all Organizzazione Mondiale del Commercio. E necessario, però, fare anche il salto ‒ culturale e politico ‒ verso strategie regionali e globali di lungo periodo. La cooperazione multilaterale ha già aperto le porte a Cina, India, Russia, Sudafrica, Brasile e l élite politica italiana non può limitarsi a stare a guardare o semplicemente a supportare iniziative imprenditoriali. L Italia ha bisogno, in altri termini, di una classe politica illuminata dalla razionalità e dal multiculturalismo senza confini, che osservi attentamente ‒ e capisca ‒ la realtà globale, che sappia sapientemente usare la tradizione per proteggere gli interessi nazionali, che si renda realmente conto della collocazione geopolitica del paese ma che abbia anche la capacità di andare oltre questa per non rimanere indietro e che, infine, non abbia timore di investire risorse nelle zone oscure dell agenda politica globale. Ad essere in gioco non è soltanto la credibilità internazionale del paese, ma anche e soprattutto la sua capacità di evoluzione e sviluppo. DIAGNOSI AMERICA LATINA di RAFFAELE NOCERA Nell ultimo decennio, in America Latina si sono registrate l interruzione delle privatizzazioni selvagge (fiore all occhiello della stagione neoliberista), l aumento della spesa statale e una più incisiva difesa dei lavoratori. In controtendenza rispetto ad altre aree del pianeta, si è verificato poi un andamento positivo del PIL che ha permesso di assorbire gli effetti della crisi internazionale del 2008. Vero è che negli ultimi tre anni è calato (dal 4,3% nel 2011 al 2,6% nel 2013), ma nel 2014 ci si aspetta una leggera ripresa con una crescita del 3,2%. Un po dovunque si è assistito, inoltre, a un significativo miglioramento di molti indicatori sociali. Il salario minimo è aumentato, la disoccupazione è diminuita, mentre le percentuali del lavoro informale sono ancora molto elevate. Si è registrata però un apprezzabile riduzione del numero dei poveri. Secondo la Comisión Económica para América Latina y el Caribe, il suo tasso nel 2013 si è attestato al 27,9% (164 milioni di persone) contro il 48% del 1990, mentre quello di indigenza è passato dal 22 all 11,5% (68 milioni di persone). I paesi più virtuosi sono stati Cile, Uruguay e Costa Rica. Nel campo delle diseguaglianze nella distribuzione del reddito i risultati sono stati modesti. Secondo le Nazioni Unite e la Banca mondiale, nonostante i progressi registrati negli ultimi anni in molti settori (istruzione, salute, uguaglianza di genere, ecc.), l America Latina è ancora la regione più diseguale al mondo , con Brasile e Cile al vertice di questa poco edificante graduatoria. Nel subcontinente, in media, il 10% delle famiglie più ricche percepisce il 30% del reddito totale, mentre il 40% di quelle più povere rimane con appena il 10% del reddito. Questa drammatica iniquità appare indipendente dallo sviluppo economico, dalla presenza di governi progressisti e dallo stesso varo di politiche di riduzione della povertà, e contribuisce a minare la governabilità della regione, accrescendone la vulnerabilità. A insidiare la legittimazione del nuovo assetto istituzionale interviene poi la criminalità, il cui rilevante aumento negli ultimi anni ha corroso le aspettative maturate circa i regimi democratici. In realtà, la violenza è un fenomeno persistente ma in passato non produceva effetti invalidanti del sistema politico e non era in cima alla lista di priorità dell opinione pubblica. Stando a un recente rapporto dell UNPD (United Nations Development Programme) nella regione si registrano circa 100.000 omicidi l anno (28 omicidi ogni 100.000 abitanti). Detto in altri termini, nel solo primo decennio del nuovo millennio sono state assassinate un milione di persone. Si tratta di un fenomeno che riguarda in particolar modo giovani di classi popolari tra i 15 e i 24 anni e che ha pure elevati costi economici. L eccesso di morti causa, infatti, una riduzione dello 0,5% della crescita economica, vale a dire una perdita di circa 2,4 miliardi di dollari l anno. Le nazioni più colpite sono Colombia, Brasile, Messico, Venezuela e alcune repubbliche centroamericane e caraibiche, ma in realtà nessuna ne è immune. Ad alimentare lo sfinimento dell opinione pubblica e a ostacolare un forte radicamento dei valori democratici interviene, poi, la forte delusione per il funzionamento delle istituzioni rappresentative, perché persistono fenomeni destabilizzanti come, solo per citarne alcuni, la corruzione della classe politica, l incapacità dei governi di dare risposte concrete ai problemi della maggioranza della popolazione, lo scollamento tra partiti politici e società civile, il ricorso da parte delle forze politiche alla violenza, sprechi e cattiva amministrazione. Così, pur svolgendosi regolarmente libere elezioni, e la libertà di espressione e di associazione e il pluripartitismo siano garantiti quasi dovunque, una fetta consistente della popolazione latinoamericana non ritiene tuttora che la democrazia sia il miglior sistema politico ed è disposta a tollerare restrizioni alle libertà civili in cambio di più ordine, trasparenza nell uso del denaro pubblico e sicurezza. Va segnalato che tale sfiducia non è rivolta alla democrazia in sé, ma piuttosto alla piega che ha preso nella regione il consolidamento democratico, soprattutto alla luce delle aspettative iniziali. Quello che emerge è in ultima analisi una democrazia di bassa intensità, che manca di profondità e qualità: viene privilegiata come sistema politico ma non la si crede ancora in grado di migliorare le condizioni di vita dei cittadini. La sfida dei prossimi anni è pertanto coniugare sviluppo, crescita e partecipazione all economia internazionale con il consolidamento della democrazia. Nondimeno, in termini democratici, il trend è positivo: i regimi autoritari autentici rappresentano un eccezione e solo alcuni governi sono classificabili come ambigui . A rendere il quadro più roseo contribuiscono una maggiore indipendenza del potere giudiziario, una più ampia partecipazione elettorale, la crescita dei ceti medi, l aumento della partecipazione delle donne al mondo del lavoro, e, più in generale, una significativa vitalità della società civile, come dimostrato recentemente dai movimenti studenteschi. CARO POLITICO di LUIGI ROSSI Restare in questa terra Ill.mo Presidente Giorgio Napolitano, per prima cosa Le scrivo per ringraziarLa del coraggio nell aver accettato un secondo mandato da Presidente della Repubblica: un evento unico nella storia della nostra Repubblica, che io ho letto come lo sforzo di mettersi a disposizione delle istituzioni per l ennesima volta pur di superare l empasse politico dei giorni che precedettero la sua elezione. Mentre le scrivo la penna sotto le dita mi trema per la sensazione che ho di parlare con un pezzo di storia, della nostra storia di cittadini italiani. Il Suo curriculum è noto e sarebbe ora inutile ricordare qui a Lei che tanti avvenimenti ha vissuto e tanti ricordi ha nella sua mente e nei suoi occhi: tanti incontri, tanti compagni di viaggio sulla Sua strada, e tanto sicuramente da dover e poter raccontare. Le scrivo non per incensarLa ne per farLe capire quanto invidio tanti dei suoi incontri e conoscenze ne per raccontare la sua vita, ma per poter porre delle domande. Prima di tutto mi presento: sono Luigi, un trentenne della provincia di Napoli, che dopo una laurea in Scienze Politiche, non lavora, ma continua ad ostinarsi a cercare un lavoro qui, a Napoli, nel Sud Italia, consci e cosciente che andarsene via da questi luoghi sarebbe come perdere, come dichiarare un fallimento. È fin troppo facile predicare e pensare che le cose possono cambiare, di amare la propria città, di essere parte integrante di questo Sud che ha bisogno di rilancio, se poi alla fine lo si abbandona, lo si lascia a sé stesso. Restare qui diventa ogni giorno più difficile tra un lavoro che non si trova e un sistema che non ti permettere di esprimerti, nel momento in cui vedi che altri, più o meno migliori di te, ti sorpassano grazie ad amici e conoscenze. Nella mia condizione ci sono tanti, tantissimi altri giovani meridionali, dotati di talento ed intelligenza, di voglia di fare, ostinatamente convinti che bisogna restare qui a lottare, a resistere per far rifiorire il meridione. Lei è un meridionale, un napoletano come me, e forse può capire le mie perplessità e la mia frustrazione nel sentirmi sempre più mortificato ed inutile, di fronte ad un sistema e a leggi che a trent anni non ti ritengono più oggetto di alcun piano di inserimento professionale per i giovani perché troppo giovane, né di genere (perché uomo) né per profili esperienziati perché troppo giovane e senza esperienza. Non vorrei una risposta per me, ma per i tanti me meridionali e nelle mie stesse condizioni, una risposta che sia legata ad atti per continuare a credere in questa terra, che in alcuni casi sembra troppo facile da abbandonare per le pochissime opportunità che offre, ma che in tanti come me vorrebbero aiutare ad uscire da questo lungo sonno. Farla fiorire e sviluppare come merita, diventare cartolina e copertina per un modello di sviluppo che si basi sulla valorizzazione delle risorse e sul capitale umano che in questa terre viene sempre più esportato e crea vanto ad altri, lasciandoci colpevolmente indietro. Mi auguro di non averla tediata troppo con i miei discorsi e le mie frustrazioni, ma il momento è difficile e bisognerebbe che chi può si rimbocchi le maniche davvero, che ci sia davvero un po di coesione, un po come dopo la Seconda guerra mondiale. Buon lavoro e grazie per l attenzione Presidente. Luigi Rossi LA POLITICA CHE VORREI di ALESSANDRA RICCIO Sarà ormai un decennio che alcuni specialisti in materia guardano con interesse alle diverse ed inedite strade intraprese da molti governi dell America Latina che, prima dell Europa del Sud, hanno dovuto affrontare gravi situazioni economiche, scandalosi episodi di corruzione del personale politico, disillusione e sfiducia nei riguardi dei partiti politici. Siamo ormai nel 2013 senza che le esperienze di quei governi siano servite, nel nostro paese, ad indicare qualche possibile soluzione dei problemi di sfiducia nei partiti, di risanamento dell economia, di rivalutazione dell etica come un valore. Un informazione molto eurocentrica ha sottovalutato quegli esperimenti, quale per eccesso di populismo, quale per scarso indice di democrazia, quale per abuso di parentela, quale per franca ignoranza della storia di quei paesi che per noi restano ancora dei mondi sconosciuti. Perfino l esperienza di ormai due secoli di ingerenza statunitense sulla vita economica e sociale di quelle nazioni, facendo ricorso ad ogni strumento di pressione e di dissuasione ‒ compreso indurre un paese alla fame e alla disperazione ‒ non è servita a farci mettere in allarme sui molti modi in cui i grandi poteri economici e finanziari possono influire sui destini di paesi che si illudono ancora di essere sovrani e continuiamo a credere che, per essere loro alleati, siano in salvo. Oggi il paventato timore di diventare come una qualunque repubblica delle banane , non è più un timore visto che in Italia negli ultimi venti anni ha regnato il grottesco, ne abbiamo viste di tutti i colori, abbiamo ceduto pezzi di democrazia, abbiamo sopportato una casta politica che ha pervicacemente coltivato esclusivamente i propri interessi, ecc., ecc. Eppure, il politico, come figura professionale e cioè esperta, preparata, cosciente della delicatezza del proprio lavoro, non ignorante delle leggi, dei diritti e dei doveri continua ‒ a mio parere ‒ ad avere una sua funzione, magari insieme ad una forte sensibilità sociale e ad una conoscenza del territorio che rappresenta, qualità questa che lo dovrebbero distinguere da un tecnico della politica. Il politico a cui penso dovrebbe avere a cuore il problema della Democrazia, questo feticcio di cui noi, eredi della civiltà greco-romana, ci crediamo depositari e che abbiamo lasciato deperire senza fare uno sforzo per metterla alla pari con i tempi. E dovrebbe coraggiosamente affrontare un analisi profonda del punto a cui si è arenato il nostro processo democratico. Un piccolo esempio: in Italia nessuna donna ha mai avuto accesso alle due più importanti cariche di Presidente della Repubblica e di Primo Ministro. In Brasile, in Argentina e prossimamente in Cile, tre grandi paesi, industriali e ricchi di materie prime, con un sistema presidenziale, sono tre donne ad occupare il vertice. In Bolivia è presidente un indio aymara sindacalista, depositario quindi di molti pregiudizi escludenti: essere indio, essere povero ed essere operaio. Eppure sta dando vita, fra molte difficoltà, ad un nuovo paese, L esperienza latinoamericana potrebbe anche aiutarci a riflettere sui vantaggi e sugli svantaggi delle privatizzazioni mentre il tentativo di riprendere il vecchio sogno di Bolívar di un America Latina federata, fondata ‒ come l Alleanza Bolivariana (ALBA), anche sull ideologia politica, ci potrebbe aiutare a pensare alla grande occasione che stiamo mettendo a rischio, di un Europa unita non solo da accordi economici ma da un grande progetto politico. Si direbbe che la fine delle ideologie ci abbia portato a buttar via il bambino insieme all acqua calda. CARO POLITICO di MARCO PERILLO Perché non ci proviamo? stesso anfiteatro di Pozzuoli aperto a singhiozzo, le antiche ville di Stabia misconosciute e difficili da Caro Ministro per i Beni Culturali, c è un tarlo che da sempre mi attanaglia le meningi. raggiungere, la piccola reggia di Carditello nel Casertano, ormai in malora... Una cosa che davvero non riesco a capire nel nostro La mia riflessione parte da qui e dalla mostra su Paese, soprattutto in una regione piena di bellezze Pompei ed Ercolano del British Museum di Londra, che come la Campania. nei mesi scorsi ha fatturato almeno 7 milioni di sterline So che ci sono tanti nodi da sciogliere, tante anche grazie a un sontuoso merchandising. emergenze, tante difficoltà economiche. Ma voglio Perché la Campania, come molte altre parti parlare, stavolta, dei beni culturali. E non partire dai noti meravigliose dell Italia, non si sa vendere ? crolli di Pompei ‒ anch essi metafora emblematica della situazione italiana attuale ‒ ma dai tanti siti minori non valorizzati nel nostro Paese che potrebbero portare frotte di turisti, se messi a sistema, e dunque Perché non potenziare la nostra offerta culturale, tutelando i nostri beni e creando attorno a loro eventi, iniziative, libri, gadget di alto livello? benessere economico. Si creerebbe così occupazione e interesse mediatico. Penso, parlando di Napoli, la mia città, alle tantissime Perché non mettiamo in piedi un sistema e ci proviamo, chiese chiuse e in rovina, che potrebbero diventare caro politico? centri culturali, poli museali. E penso a siti archeologici abbandonati ma molto suggestivi come le Cento Camerelle a Bacoli, necropoli nei Campi Flegrei, lo Marco Perillo, giornalista. INTERVISTA AL VICE PRESIDENTE VICARIO DEL PARLAMENTO EUROPEO GIANNI PITTELLA Quanto contano le competenze per un politico di professione? quali sono le competenze per fare politica e quali virtù deve avere il principe? Eurobond, beni culturali, Sanità, cooperazione, turismo: la politica è dovunque. Praticamente, non c'è ambito dello scibile in cui il politico non si confronti con l'obbligo di suggerire proposte e risolvere problemi. Ma se la politica è tutto, il politico non può essere onnisciente. Per questo, serve una squadra e una serie di consiglieri che consentano al politico di esercitare la sua competenza principale: la sintesi. Oggi viviamo questo paradosso. I cittadini non si interessano alla politica, ma la politica si interessa a loro, proprio perché essa si esercita in ogni campo. Compito del politico è allora ricostruire questa connessione sentimentale con i cittadini, come la chiamava Gramsci, questa fiducia, in modo che la politica possa perseguire il bene comune e mediare fra gli interessi. Attraverso le virtù del dialogo e dell'ascolto, la buona politica soddisfa i bisogni sociali del territorio ed è una vera missione, al servizio dei cittadini: non a caso l'etimo di ministro è minus, cioè servo. Si tratta di un approccio completamente diverso da quella cattiva politica, calata dall'alto e lontana dai bisogni della gente, che da sempre combatte chi, come me, ha costruito il suo consenso battendo il proprio territorio palmo a palmo, paese per paese. Quanta parte della comunicazione politica è nelle mani dei partiti e quanta invece è esternalizzata a strutture esterne (agenzie, staff del politico, portavoce)? Non c'è una regola e credo che dipenda in massima parte dalla propria visibilità politica o anche dal ruolo che ricopri e dalle esigenze di differenziare il tuo messaggio rispetto ai valori base del tuo partito. Negli ultimi anni, come Vicepresidente del Parlamento Europeo, ho dovuto preoccuparmi di fornire una comunicazione istituzionale specifica relativa al mio ruolo. Le strutture di Bruxelles sono molto organizzate: oltre ad avere la possibilità di comunicare attraverso i miei addetti stampa, ci sono quelli del gruppo, S&D, che ti seguono da Bruxelles a Strasburgo, in occasione di ogni plenaria. Ci sono errori di comunicazione politica che possono essere ascritti al Pd di Bersani? E quali sono ‒ sempre sul versante comunicazione ‒ le principali novità che intravede con Renzi? Bersani è stato sfortunato e gli errori commessi li ha pagati sicuramente a caro prezzo. Ciò nonostante è chiaro che ci siano stati errori di comunicazione e forse la differenza sostanziale fra lui e Renzi è proprio questa: Bersani è espressione di quella tradizione del mio partito che per molto tempo ha sottovalutato la comunicazione politica, perché la considerava un aspetto deleterio, introdotto da Berlusconi; Renzi riconosce che la comunicazione è un aspetto fondamentale della politica e di quei meccanismi di personalizzazione che sono oramai parte del nostro sistema e che non sono strettamente imputabili a Berlusconi. Quanto i social network hanno cambiato il modo di comunicare in politica? Tantissimo: c'è un dialogo costante, oramai, e tutte le tue affermazioni da politico sono subito messe alla prova dei fatti: tutto viene rimesso al giudizio del cittadino che, tramite il web, ti risponde e ti critica. Come in tutte le rivoluzioni di costume, ci sono ovviamente aspetti sbagliati. Pensiamo ai troll cioè a quegli utenti pilotati , messi in giro dal tuo avversario politico, che diffondono notizie false al solo scopo di delegittimarti. Per questo ogni politico, oggi, deve occuparsi di web necessariamente. Perché, anche qualora tu non volessi interessarti al web, il web si interesserà di te. E se non hai informazioni puntuali da fornire alla rete, la rete fornirà in giro le sue informazioni su di te. In cosa consiste la comunicazione politica di un euro-parlamentare? Oltre alla comunicazione della tua agenda politica, tratto che non distingue l'europarlamentare da altri rappresentanti del popolo, la cosa più difficile, secondo me, è rendere semplici le complesse attività del gioco decisionale di Bruxelles. Un elettore poco informato ha comunque una vaga idea di cosa siano il parlamento e il governo italiani. Solo spiegare cosa siano o come funzionino europarlamento e Commissione è molto più complicato. Anche per questo, vorrei un'Unione costruita come un vero Stato federale: gli Stati Uniti d'Europa. Con il parlamento che legifera e la Commissione che opera come un vero esecutivo. Semplificare la burocrazia europea renderebbe anche la comunicazione più semplice; e migliorerebbe il livello di partecipazione dei cittadini ai processi decisionali di Bruxelles. Comunicazione politica e partecipazione politica: secondo Lei sono due termini diversi? La comunicazione è il prerequisito alla partecipazione che è, per l'appunto, un'azione comune che si innesca quando c'è stato un vero dialogo fra elettore ed eletto. Sto ovviamente ragionando in ottica europea, all'interno di un sistema elettorale dove ci sono le preferenze, ed è naturale che gli strumenti di comunicazione politica servano per mantenere il dialogo con il tuo elettorato. Chi lo disattende, infatti, commette illecito disciplinare, con le eventuali sanzioni a CARO POLITICO carico degli Ordini di ciascuna professione, i quali non avendo avuto alcun dell AVV. GIUSEPPE BRANDI orientamento a riguardo, si troveranno ad applicare sanzioni anche molto diverse tra loro a fronte dello stesso tipo d illecito. Sull'Obbligatorietà dell assicurazione professionale. Ill.mo Signor Presidente del Consiglio, On. Enrico Letta Ill.ma Sig.ra Ministra della Giustizia, On. Cancellieri Ill.mo Sig. Ministro della Pubblica Amministrazione, On. D'Alia Ill.ma Sig.ra Ministra delle Politiche Agricole, On. De Girolamo Ill.mo Sig. Ministro dell Ambiente, On. Orlando Ill.mo Sig. Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, On. Lupi Ill.mo Sig. Ministro delle Attività Culturali, On. Bray Ill.mo Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, Ill.mi Sigg.ri Ministri della Repubblica, in riferimento al Decreto Legge 138/11 (convertito in L. 148/11) e relativo Regolamento di Riforma delle Professioni (DPR 137/12), con il quale è stato, tra l'altro, introdotto l obbligo per i professionisti di stipulare una polizza assicurativa per la copertura di eventuali danni arrecati a terzi nell esercizio della propria attività, con la presente Vi rappresento tutte le mie riserve circa l effettiva portata innovativa e di sostegno dell occupazione di tale misura. Ebbene, detta norma ha creato da subito allarme nel già tartassato mondo professionale e, in particolare, in oltre seicentomila professionisti dell area tecnica: Architetti, Chimici, Dottori Agronomi e Forestali, Geologi, Geometri, Ingegneri, Periti Agrari, Periti Industriali, molti dei quali non hanno ancora stipulato una polizza per la responsabilità professionale. Del resto, l obbligo di stipularne una ha esordito senza la previsione di alcuna sanzione. Ma questa non è l unica anomalia. I professionisti hanno trovato difficoltà a individuare la copertura assicurativa adeguata alle loro esigenze e ai loro volumi d affari, anche perché la previsione in esame non ha specificato in alcun modo le caratteristiche (massimale, copertura rischi, scoperti, franchigie, etc.) delle polizze da sottoscrivere, generando confusione e comportamenti profittevoli e anticoncorrenziali da parte delle imprese di assicurazioni, le quali si sono affrettate a offrire prodotti poco flessibili, costosi e inadeguati alle diverse categorie di professionisti. Come se ciò non bastasse, i professionisti che volessero mettersi in regola con l obbligo assicurativo aderendo a convenzioni collettive stipulate dai Consigli Nazionali di riferimento (anziché negoziando autonomamente la polizza), dovranno soggiacere a forme di selezione delle compagnie assicurative convenzionate non sempre trasparenti che, di fatto, non garantirà loro soluzioni ottimali. In ogni caso, il richiamato Regolamento di Riforma delle Professioni, imponendo ai professionisti di rendere noti ai clienti, al momento dell assunzione dell incarico, gli estremi della polizza, il massimale e tutte le sue variazioni, procurerà ulteriore nocumento alle singole categorie di professionisti e ai rispettivi rapporti di colleganza, in quanto spingerà i clienti a rivolgersi ai professionisti assicurati con massimali più elevati, piuttosto che ai colleghi, spesso più giovani, privi di coperture assicurativa, ricevendone più garanzie in termini di risarcimento. Pertanto, ravvisandosi l urgenza d interventi correttivi di tale misura, Vi sarei grato se voleste dare riscontro alla presente con cortese sollecitudine. Fiducioso, porgo cordiali saluti. PROFETI E PROFESSIONISTI DELLA DEMOCRAZIA di ANTONINO ANASTASI Alcuni studiosi sostengono che i moderni partiti di massa contenevano in se stessi dalla nascita il virus che ne avrebbe via via corroso l esistenza e succhiato la linfa vitale fino a provocarne la morte. Il virus si chiama professionismo politico, e a intuirne efficacemente il ruolo non solo micidiale ma anche insopprimibile come una legge di natura, è stato, com è noto, il sociologo tedesco Roberto Michels nella sua Sociologia del partito politico (1911): nel momento in cui la presenza dei politici di professione ha permesso la nascita di organizzazioni formate da decine di migliaia di cittadini comuni, nello stesso momento sono state poste le basi per la formazione di una oligarchia politico-professionale in grado di far funzionare una grande macchina organizzativa (il partito burocratico di massa), esercitando la leadership in termini monopolistici e, paradossalmente, non democratici. Tuttavia, è indubbio che senza i politici di professione ‒ indipendentemente dal fatto che weberianamente vivano di politica o per la politica ‒ i partiti di massa non sarebbero potuti nascere e senza i partiti di massa tardo ottocenteschi, probabilmente non si sarebbe verificato nell Europa industriale il passaggio dal liberalismo elitario alla politica di massa (dopo il suffragio universale) e il passaggio dal parlamentarismo del XIX alle democrazie dei partiti del XX secolo. Bernard Manin (2010) è fra gli scienziati politici che descrivono meglio questi cambiamenti: <<quando furono creati i partiti di massa, si credette che avrebbero portato in carica l uomo comune . Sembrava che l ascesa di tali partiti segnasse non solo il tramonto dei notabili" ma anche la fine dell elitismo che aveva caratterizzato il parlamentarismo. [...] Michels rivelò (e denunciò aspramente) la distanza fra i leader e la base in un partito di massa e di classe paradigmatico. Egli dimostrò che, anche se possono provenire dall ambiente della classe lavoratrice, i leader e i deputati del partito conducono una vita da piccolo-borghesi anziché da proletari. [...] Queste élite, tuttavia, assurgono al potere sulla base di qualità e talenti specifici, cioè l attivismo e le capacità organizzative>> (pp.230-31). Mastropaolo fa notare che secondo Kelsen se l individuo isolato non ha politicamente alcuna esistenza reale, non potendo esercitare un reale influsso sulla formazione della volontà dello stato , la democrazia può esistere soltanto se gli individui si raggruppano secondo le loro affinità politiche, allo scopo di indirizzare la volontà generale verso i loro fini politici, cosicché, fra l individuo e lo stato, si inseriscano quelle formazioni collettive che, come partiti politici, riassumono le uguali volontà dei singoli individui . Al di là dei loro limiti e difetti, i partiti sono uno spazio d azione collettiva, circoscritto e parziale, e pur tuttavia decisivo, entro cui i cittadini convergono per realizzare, imperfettamente non v è dubbio, l ideale democratico dell autodeterminazione>> (Mastropaolo 2011, p.1614). Cosicché, fino a quando lo sviluppo della grande impresa favorisce la crescita dell occupazione e il compromesso fra interessi capitalistici e interessi operai e popolari consente la creazione di un sistema di servizi pubblici potenzialmente universalistico, il ruolo dei partiti ha consentito alle istituzioni democratiche di funzionare; quando poi il modello di società cosiddetto fordista va in crisi, anche i partiti politici hanno perso seguito e legittimità e hanno ceduto alle istanze individualistiche, leaderistico-carismatiche e personalistiche che hanno fatto scivolare la situazione politica dal paradigma democratico al paradigma postdemocratico, come mettono in chiaro Mastropaolo (2001) e Colin Crouch (2003): <<il paradigma democratico riteneva la convivenza collettiva altamente problematica anzitutto a causa delle disuguaglianze che dividono la società moderna>>. Ciò richiedeva un intervento riparatorio da parte della politica. Al contrario, la tradizione liberale muove da una concezione negativa dello Stato e positiva dell individuo. Ridotta a mercato, la società minimizza il bisogno della politica intesa come azione collettiva e come iniziativa di governo. A questo secondo tipo di tradizione si ispira il paradigma postdemocratico <<che si è imposto dalla seconda metà degli anni 70, trovando attuazione pratica nelle esperienze di governo di Margaret Tatcher, di Ronald Reagan e di altri governi conservatori, da ultimo condizionando anche le forze politiche della sinistra, storicamente legate al paradigma democratico >> (Mastropaolo 2001, p.1616). Analogamente, si sostiene che <<nelle condizioni in cui la postdemocrazia cede sempre maggior potere alle lobby economiche, è scarsa la speranza di dare priorità a forti politiche egualitarie che mirino alla redistribuzione del potere e della ricchezza e che mettano limiti agli interessi più potenti>> (Crouch 2003, p.7). Lo Sviluppo del paradigma postdemocratico approda recentemente nella forma di partito in cui il programma e l organizzazione convergono e si identificano con la figura del leader, in base e a due distinte prassi, una impersonata da Berlusconi e l altra impersonata dal comico Beppe Grillo. Berlusconi crea il partito personale massmediatico a dimensione nazionale, con il quale la forza del messaggio è affidata alla capacità di comunicazione diretta del leader. Il modello organizzativo grillino si basa sulla conoscenza delle capacità della Rete di diffondere e amplificare i messaggi e creare interazioni. Grillo istituisce un partito superpersonale virtuale , stando alla recente definizione di un politologo. Il Movimento 5 Stelle, in questa concezione, si conforma pienamente al modello berlusconiano della identificazione totale con il capo, solo che con Grillo <<l archetipo berlusconiano si riproduce nella forma di un inedito centralismo cybernetico, che, nel nuovo ambiente del Web, riafferma gli elementi fondanti del successo del Cavaliere: controllo totale della comunicazione e dell organizzazione>> (Calise 2013, pp.24-25). Degli altri partiti oggi sulla scena non sono facilmente identificabili né i programmi politici né la forma organizzativa. Per strano che possa sembrare, è più facile discutere del professionismo politico osservando Berlusconi e Grillo che non riferendoci agli altri attori politici sulla scena. Ad ogni buon conto non si scorgono all orizzonte modelli di partecipazione politica che consentano, per dirla con Crouch, di scegliere tra un modello postdemocratico, minimalista di democrazia in cui alla massa dei cittadini si assegna un ruolo passivo (a parte il voto), e un modello democratico più ambizioso in cui larghi strati di cittadini abbiano opportunità di partecipare alla vita politica. Fa ben sperare, tuttavia, il fatto che il nuovo Papa, Francesco, abbia sostenuto in pubblico e in privato che la Chiesa cattolica non farà più politica, intendendo con questa espressione che la gerarchia ecclesiastica cattolica da ora in poi non intende intervenire e condizionare (com è accaduto finora) la vita e le scelte delle istituzioni democratiche a partire dai partiti politici. E un primo passo liberare la politica italiana dalle cerchie ristrette degli interessi economici, culturali, religiosi e restituirla all iniziativa dei cittadini singoli e associati. Calise M. (2013), Fuorigioco, Roma-Bari, Laterza. Crouch C. (2003), Postdemocrazia, Roma-Bari, Laterza Mastropaolo A. (2001), Democrazia, neodemocrazia, postdemocrazia: tre paradigmi a confronto , in Diritto pubblico comparato ed europeo, IV, 2001, pp.1612-35. Michels R. (1966), La sociologia del partito politico, Bologna, Il Mulino. Revelli M. (2013), Finale di partito, Torino, Einaudi. Schumpeter J. (2001), Capitalismo, socialismo e democrazia, ETAS, Milano. L eccesso di regole di cui parlo aiuterebbe a rafforzare una convivenza con CARO POLITICO gli altri che troppo spesso tende a logorarsi. di CLAUDIO MAZZA Nell ordinamento italiano esiste ormai da anni una regola, dettata dal Napolitano napoletano. codice della strada: l obbligo di uso del casco. A 14 anni ebbi in regalo un Buongiorno Ill.mo Presidente Giorgio Napolitano, motorino. Un giorno salii sullo scooter e per distrazione non pensai affatto sono il Dott. Claudio Mazza, praticante avvocato. Ho portato a termine i 18 alla necessità di indossare il casco: motorino sequestrato a Piazza Medaglie mesi di pratica forense presso l Avvocatura dello Stato, ufficio distrettuale D oro e multa salata. di Napoli. Sono passati 13 anni da quell episodio, ma il principio di uguaglianza è Dopo una necessaria presentazione, passo all esposizione di due questioni ancora un utopia. Qual è la differenza che passa tra il quartiere Vomero, che ritengo abbiano una certa rilevanza. dove le forze dell ordine sono (si noti, non sempre) vigilanti ed il Rione Richiamando le parole del grande filosofo Aldo Masullo, dalle origini vicine alle nostre, vorrei fare una premessa: non è che i napoletani hanno un indole particolare a commettere illiceità, è un luogo comune la cui falsità Sanità? La settimana scorsa sono andato a mangiare una pizza favolosa presso il Rione Sanità, ho visto scorazzare 20/30 motorini, ma ai miei occhi non è sovvenuta nemmeno una scodella (casco non omologato). è dimostrata dall inserimento professionale e sociale di napoletani in altre Inoltre, per quale motivo devo affrontare spese così elevate per assicurare città italiane, in Europa e nel mondo. la mia auto o il mio scooter, se in alcune zone della città è concessa la Quello di cui ha bisogno la nostra città sono regole, regole e ancora regole. Un eccesso di regole, alcune delle quali senza alcuna sanzione, se non una keep right turbamento. Al riguardo, a rigore, non può parlarsi nemmeno dell eccesso di semplice sanzione sociale da parte della comunità. In Inghilterra il volante è sulla destra, ma il LIBERA circolazione, libera da assicurazioni, libera dal peccato e libera dal è una regola fondamentale nella società inglese. Se in metro sulle scale mobili sei fermo, regolamentazione cui ho fatto riferimento, ma della semplice applicazione di una regola che ormai è alla base del diritto mondiale. ma non tieni la destra vieni immediatamente redarguito. Invece, se per Lo Stato, il comune, le amministrazioni tutte non riescono a far sentire la esempio esci alle ore 20:00 alla stazione di Vanvitelli e vai di fretta, ti loro forte e costante presenza in regole basilari. Come si può pensare a conviene non salire con l ausilio delle scale mobili, ma di salire le rampe di grandi progetti e ad un futuro migliore se non si parte dal basso? scale a passo veloce. Questa regola così elementare, che in verità molti Approfitto di questa inusuale iniziativa e mi rivolgo a Lei, in quanto non conoscono, è un esempio davvero banale di rispetto per gli altri. Tieni massima carica dello Stato e soprattutto in quanto concittadino. la destra! SVILUPPO SENZA RICERCA di LUIGI AMODIO Alla fine della seconda guerra mondiale il matematico americano Vannevar Bush, consulente scientifico di Roosevelt, scrisse un famoso rapporto in cui si analizzava l’esperienza del progetto Manhattan e in cui si proponeva che l’esperienza maturata con questa impresa venisse utilizzata per impostare la politica scientifica del paese in tempo di pace. Il punto di partenza del rapporto era la constatazione che un migliaio di scienziati, fino al giorno prima impegnati ognuno nelle proprie ricerche in vari laboratori e università, erano stati capaci – organizzati opportunamente – di raggiungere un risultato conoscitivo, tecnologico e applicativo tale da stravolgere il corso della storia e i connotati della civiltà umana. Ciò dimostrava che i laboratori universitari in cui si svolgeva la ricerca fondamentale sono una palestra in cui si sviluppano conoscenze, abilità e metodi cui accedere per conseguire importanti obiettivi strategici di interesse generale; dunque valeva la pena che lo stato investisse ingenti risorse pubbliche a sostegno della ricerca libera, “curiosity driven”, anche se ciò a prima vista poteva sembrare un lusso. Le linee di politica scientifica indicate da Bush furono fatte proprie dal Presidente e dal governo USA con la messa in campo fra l’altro di importanti strumenti come la National Science Foundation per sostenere la ricerca spontanea, i grandi programmi e laboratori di ricerca pura, le campagne di educazione scientifica, ecc. Ciò rese possibile lanciare e portare a termine imprese tecnico-scientifiche di tale sofisticazione e impegno che, al confronto, il Progetto Manhattan appare come un’impresa da ragazzi. Insomma, fu subito chiaro che il generoso sostegno pubblico alla ricerca di base non solo produce nuova conoscenza ma mette anche a disposizione del sistema produttivo una varietà di nuove tecnologie capaci da un lato di migliorare la qualità della vita; dall’altro di accrescere la competitività del sistema-paese nel contesto internazionale. In particolare, nel caso della ricerca libera i risultati si conseguono spesso attraverso la cosiddetta “serendipità”, cioè scoprire qualcosa mentre se ne cerca un’altra. Ma perché ciò avvenga è necessario che il sistema produttivo sia attrezzato per filtrare e finalizzare le potenziali applicazioni della ricerca di base; e ciò richiede che anche gli operatori della produzione siano presenti e attivi sul terreno della ricerca con competenze e laboratori adeguati. Ecco perché nei paesi più avanzati lo Stato finanza la ricerca libera e stimola con opportuni incentivi anche il settore privato a investire adeguatamente in ricerca applicata. L’Italia invece ha fatto la scelta dello “sviluppo senza ricerca”. Una scelta che affonda le sue radici nello stato in cui il paese si trovava quando, nel secondo dopoguerra, reagì con una generale e fortissima volontà di riscatto alla sua situazione disastrosa, facendo conto su: 1. abbondanza di manodopera a basso costo per il settore industriale e migrazione interna; 2. 3. mercato in forte espansione, grazie alla diffusione di nuovi beni di consumo; incentivi alla ricostruzione e agli investimenti, anche grazie al Piano Marshall; il ricorso alla creatività e al design industriale; e così via. Insomma, il “boom economico” si è verificato senza che la parola “ricerca” venisse nemmeno 4. pronunciata. Ma mentre il paese procedeva nel suo sviluppo senza ricerca, la comunità scientifica non rinunciò a offrire e pretendere di avere un ruolo nel processo di ricostruzione. Ad esempio, nel caso della fisica, su iniziativa di personaggi come Amaldi e Bernardini, fu elaborato un progetto di promozione della ricerca in fisica nucleare che originò a Frascati il relativo Laboratorio Nazionale; la costituzione dell’INFN; il CERN di Ginevra. Iniziative generosamente finanziate, palestre per i giovani ricercatori, stimolo anche per le altre discipline scientifiche a portarsi su livelli di eccellenza. Ora se è vero che nel nostro paese le risorse allocate alla ricerca di base sono state e sono scarse, questa critica vale però solo in termini quantitativi; in termini qualitativi, la nostra ricerca ha svolto egregiamente il suo ruolo in quanto dovrebbero essere le imprese (e non tanto università e laboratori) ad attrezzarsi per tradurre in iniziative produttive le opportunità offerte dalla ricerca. Inoltre, il sistema più efficace di trasferimento tecnologico è lo scambio e la mobilità dei ricercatori che, purtroppo, in Italia diviene “fuga dei cervelli”, in quanto il nostro paese non crea nuovi ricercatori e non riassorbe quelli che si trasferiscono all’estero per poter lavorare, portando all’estero anche le risorse (pubbliche) investite per formarli, in lunghi anni di studio e alta formazione. Tutto ciò porta a due necessità: la prima è costruire nuovi sistemi di relazione fra la ricerca e la società intesa in senso lato; la seconda è che, uscendo dalla retorica, si finisca con la schizofrenia tutta italiana che da un lato si esalta per le eccellenze scientifiche (magari portandole pure in Senato a vita) e dall’altro continua a tagliare, ridurre, amputare un sistema già di per sé allo stremo. Infine, solo l’intreccio tra ricerca, sviluppo, produzione e diffusione democratica del sapere pone le basi per la costruzione di una società democratica della conoscenza. Il sapere scientifico e la cultura dell’innovazione, di cui si sono pienamente appropriati i grandi operatori della produzione e dell’economia, non appartengono alla società nella sua generalità e non sempre sono metabolizzati organicamente in quel patrimonio di valori comuni e condivisi che costituiscono la nostra “cultura”. Purtroppo nessuna delle maggiori culture politiche oggi in campo ne sembra consapevole. Luigi Amodio è il Direttore di Città della Scienza. CARO POLITICO di FLORA GRAUSO Una giornata con me. Carissimi, Alcune volte mi capita di assistere e di ascoltare cose alquanto assurde e prive di ogni logica umana (intendo prive di una logica che qualsiasi essere vivente possa concepire anche con il minimo intelletto). Sono Napoletana e non c è mai stato un periodo in cui non si sia parlato della mia città e della mia regione come un posto da cui scappare. Se si digita su un comune motore di ricerca le parole strade di Napoli tra le immagini risultano solo foto relative ai cumuli di immondizia che per anni hanno penalizzato la mia città. Cumuli di immondizia che ancora oggi, nonostante nella maggior parte dei comuni della Campania sia partita la raccolta differenziata (e nonostante continuiamo a pagare tasse sull immondizia maggiori rispetto a tutte le altre regioni che neanche la fanno, la differenziata), il problema rifiuti a Napoli continua a persistere: se sono stati eliminati dalla vista e dal naso dei napoletani, si è scoperto (grazie ad una rete privata) che questa immondizia è stata prontamente sotterrata (e qui le mie domande sul vostro intelletto iniziano ad aumentare). Addirittura rifiuti nucleari che non sono né napoletani né italiani poiché in Italia centrali nucleari non ce ne sono per scelta del popolo che paga i vostri stipendi, popolo che ha sempre temuto le conseguenze di questo tipo di energia. Ma evidentemente questo è uno dei prezzi che NOI cittadini italiani dobbiamo pagare per far parte di questa meravigliosa UNIONE EUROPEA anche se da quando abbiamo iniziato a farne parte non ho mai sentito parlare di un minimo, piccolo, microscopico vantaggio nel farne parte. La parentesi rifiuti però può sembrare noiosa, mettiamola da parte, si sta sempre a parlare di Napoli e dell immondizia quando invece preferiamo ignorare che Napoli oltre ad essere una delle città più belle al mondo è la città il cui dialetto è stato nominato patrimonio dell Unesco, è stata la prima ad avere un acquedotto che portasse l acqua in tutte le case mentre ad oggi non siamo in grado di gestire degnamente neanche un servizio di trasporti pubblici (il servizio metropolitano Pozzuoli-Piazza Garibaldi impiega, se tutto va bene, 45 minuti mentre la tratta Napoli-Roma ne impiega appena 15 in più). Detto ciò il mio pensiero ora si sposta su un politico in particolare, il Ministro Elsa Fornero: quando in lacrime al fianco di Monti piangeva presentando i sacrifici che gli Italiani erano costretti a fare per recuperare le mancanze dovute ai precedenti Governi sono scoppiata a ridere dal nervoso. Sacrifici che gli Italiani devono fare perché facciamo parte dell UNIONE EUROPEA e dobbiamo stare al passo con gli altri Paesi che però, a differenza nostra, vivono in città VIVIBILI, prendono stipendi più alti dei nostri, usufruiscono di servizi sanitari efficienti, pagano meno tasse, pagano il 18% dei contributi previdenziali a fronte del nostro 33%, vanno in pensione prima di noi... e i loro politici non guadagnano minimamente quanto Voi, che però non siete in grado di far funzionare nulla! La riforma del lavoro emessa dalla Signora è stato un vero disastro. A distanza di un anno però se ne è accorta, dicendo: Oggi la farei un po diversa ... ma davvero Signora Fornero?! Lei ha, con una sola riforma: complicato la gestione dei contratti dei lavoratori, complicato l apprendistato e le assunzioni da parte di aziende e messo a rischio chi uno straccio di lavoro ce l aveva, e la disoccupazione invece di scendere è salita. Le faccio i miei più sinceri complimenti, che letizia! E non contenta, accusa anche (e cito con tanta simpatia le sue precise espressioni) che i giovani in Italia non devono essere CHOOSY ... credo che sia molto semplice per Lei parlare. Posso però consigliarLe di mettersi all entrata degli aeroporti e di fare una piccola statistica sui viaggiatori: potrà costatare che ci sono giovani che partono ogni giorno per andare via dalla propria città, dalla propria famiglia e dalle proprie abitudini per cercare lavoro in un altro paese e la maggior parte di loro parte proprio per l Inghilterra perché sono i Politici lì a non considerare CHOOSY i loro giovani. Concludo molto velocemente questa lettera per non rubare altro tempo a VOI che LAVORATE, non chiedo nulla in particolare perché so che nulla di buono per noi siete in grado di fare (al di là di farmi ridere tantissimo), però una cosa vorrei chiederLe: trascorra con me una sola giornata, Le mostrerei una MIA giornata lavorativa. Si parte alle 6.45 da casa e si termina alle 20.30, però mi raccomando senza piangere: con me si ride solo...! Tanti saluti a Voi, da Napoli è tutto (sempre ridendo, ovviamente), Flora. Flora Grauso, Grafic Designer, puteolana, 26 anni, Freelance. NATURAL BORN POLITICIANS di MASSIMO CERULO Cosa accade oggi in Italia nella comunicazione messa in atto dai politici di professione? Si verifica un passaggio dal programma al personaggio. Dalle parole all immagine. Pensiamo a Matteo Renzi sulla copertina di Vanity Fair a mo di navigato attore hollywoodiano. I politici di oggi manifestano continuamente emozioni. Ben consci di essere soggetti riconosciuti dai cittadini, si preoccupano di apparire emozionati, di partecipare sentimentalmente ai discorsi intrapresi e ai problemi che vengono loro sottoposti, di condividere un sentire con il cittadino. Come ha scritto Lacroix: «devono rispondere in modo adeguato alla domanda emotiva dell opinione pubblica. Essi non potranno esimersi dal mostrarsi umani, compassionevoli, empatici. [...] La collettività si riconosce nell immagine di uomini capaci di vibrare». Se si pensa al loro rapporto con le interviste televisive, essi sanno che apparire in tv e rilasciare una dichiarazione è fondamentale per la costruzione di quel capitale reputazionale precipuo per la loro sopravvivenza politica. La telepolitica è oggi più che mai una realtà: rilasciare una dichiarazione in televisione o, meglio, partecipare a un dibattito televisivo, significa entrare nell immagine dello spettatore (probabile elettore). Per questo motivo, molti soggetti stanno bene attenti alla loro comunicazione televisiva, si emozionano e appaiono sentimentalmente partecipi proprio in virtù del fatto che la televisione vuol dire costruzione del capitale reputazionale che, a sua volta, significa creazione di consenso. Potremmo definire tale utilizzo dei media come una teatralizzazione politicomediatica delle emozioni e dei sentimenti. Alla presenza dei giornalisti ‒ e soprattutto delle telecamere ‒ i politici si mostrano sorridenti, formali, si sforzano di usare un linguaggio più articolato e comprensibile possibile e, quando qualche domanda non è di loro piacimento, interrompono la rappresentazione scenica, chiedendo al giornalista di modificare la questione e al cameraman di spegnere l attrezzo (per evitare ciò, spesso i soggetti pretendono di visionare le domande in anticipo). Joshua Meyrowitz scrive sull argomento: «L abitudine televisiva di offrirci primi piani di politici [...] contiene paradossalmente una verità sfuggente . Quando vediamo i nostri leader in varie situazioni e luoghi, quando li osserviamo mentre rispondono a interviste spontanee o quando sono affaticati dopo una giornata di lavoro o di campagna elettorale, non è solo un modo per conoscerli meglio. Andando a scavare dietro la facciata degli attori, cambiano anche i ruoli che si possono immaginare e percepire ‒ nonché l immagine che gli attori di status sociale superiore hanno di se stessi. La forza e la chiarezza di un determinato spettacolo da palcoscenico, o da spazio di primo piano , dipendono dall isolamento del pubblico dal retroscena, o dallo spazio di retroscena . Occorre allontanare dai riflettori le prove, i momenti di pausa e i comportamenti tratti da altri ruoli da palcoscenico. Proteggere i comportamenti da retroscena è essenziale quando si recitano ruoli prevalentemente basati sulla mistificazione e sull aura di grandezza ‒ come quelli recitati dai leader politici». I politici quindi, essendo costretti a fare i conti con le dinamiche della media logic, si muovono da consumati attori quando sono presenti telecamere e giornalisti. Sembrano animali da palcoscenico: recitano il ruolo a memoria, appaiono appassionati all argomento sul quale discettano, conoscono a menadito gli angoli del palcoscenico sul quale si muovono, indossano la maschera che la carica ricoperta fornisce loro con disinvoltura e naturalezza, quasi come se fossero nati politici. Passano dalla scena al retroscena con studiata leggerezza, frutto di un accurato lavoro messo in atto dai componenti dello staff (spin doctor, trainer emozionale, ecc.). Poca attenzione al programma, quindi, molta all immagine. Si fa leva meno sui temi e più sulla postura emozionale nei confronti dello spettatore. D altronde, una lacrima e un sorriso sono molto più afferrabili del miglior progetto politico descritto in termini politichesi. L emozione è diretta, arriva sempre prima. Esempi di questa tendenza sono le campagne pubblicitarie elettorali, dai cartelloni agli spot televisivi, in cui conta non tanto descrivere linee guide o punti salienti del programma, bensì mettere in risalto un immagine costruita, attraente, emozionalmente forte, e accompagnarla con uno slogan. Come ci insegnano i sociologi che si occupano di emozioni, in ogni situazione di vita quotidiana il politico mette in atto tattiche di micropolitica che hanno a che fare con le emozioni. Il politico non manifesta le sue emozioni soltanto per una mera condivisione, per creare una empatia con il suo elettore, bensì per tenere in pugno l elettore. Attraverso tali tattiche di micropolitica, l emozione è usata come strumento di potere e di mantenimento di status. Ghost writing, documentari, riviste cartacee, sito internet, newsletter, piani di comunicazione, marketing strategico, indagini di mercato, brand identity, eventi, casa editrice. Think Thanks Srl nasce a Napoli nel 2007 con l obiettivo di supportare imprese, liberi professionisti, istituzioni e associazioni grazie agli strumenti della ricerca scientifica e del marketing strategico. Gioco di parole, traducibile con grazie del pensiero , Think Thanks è ricerca di saperi, esperienze e soluzioni per migliorare le performance economiche dei suoi clienti. Con una rete di oltre sessanta ricercatori attiva sull intero territorio nazionale, Think Thanks ha prodotto indagini di mercato, piani marketing ed eventi a favore di importanti clienti su scala nazionale e internazionale come: Rsa Group (Assicurativo), Premio Strega (Evento culturale), Italia Futura (Advocacy Group) e Optima Italia (Multiutility), Esseti (farmaceutici), Polo dello Shipping (polo di professionisti). Ha collaborato con prestigiosi enti come il Master in Criminologia critica dell Università degli Studi di Padova e la Conferenza Episcopale Italiana, con organizzazioni formative internazionali come Arcadia University. La mission di Think Thanks è l'impresa di fare ricerca quando la ricerca si fa impresa lavorando sempre in modo sistematico e con un approccio scientifico nella produzione di contenuti e saperi. La sua vision è trasformare le informazioni in conoscenze a vantaggio dei tanti nodi (persone e organizzazioni) in rete con Think Thanks. Periodicamente Think Thanks sviluppa azioni di empowerment rivolte proprio a questa rete ricorrendo a strumenti come le newsletter, gli eventi culturali, le presentazioni di libri e la pubblicazione di policy report. www.thinkthanks.it Grazie del Pensiero!