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L’ANTIDISPENSA Appunti del corso di Medicina di Laboratorio Biochimica e Patologia Clinica Cap 1 – introduzione alla biochimica clinica Cap 2: o Curva di taratura o Tecniche immunoanalitiche, immunoenzimatiche, ottiche, elettroforetiche, cromatografiche Cap 3 – enzimologia clinica ed enzimi del siero Cap 4 – proteine del plasma Cap 5 – valutazione assetto lipidico Cap 6 – omeostasi glucidica Cap7 – valutazione dell’uricemia Cap 8 – valutazione funzionalità renale: o o o o o Esame urine Equilibrio acido-base Emogasanalisi Azotemia, uremia, creatinemia, creatininemia Equilibrio idro-elettrico Cap 9 – valutazione ipertensione arteriosa Cap 10 – esami di laboratorio nelle malattie allergiche Cap 11 – la costellazione antigenica dei tumori, i markers tumorali o o o o o o o o o o Antigeni oncofetali tumorali Antigeni associati a tumori e markers di turn-over Ormoni e recettori Proteine Enzimi Marcatori immunitari Marcatori immunoematologici Acidi nucleici Metabolici urinari Risposte immunitarie Cap 12 – esame emocromocitometrico Cap 12.1 – anemie Cap 13 - emostasi ed emocoagulazione o Sistema e fattori della coagulazione o Sistema fibrinolitico o Esami di laboratorio nello studio dell’emostasi (I e II livello) o Screening della fase fibrinolitica Cap 14 – valutazione funzionalità ormonale Cap 15 – valutazione funzionalità epatica redatta sulla base di quella che circola dai fotocopiatori Introduzione alla biochimica clinica – cap 1 La biochimica clinica è una scienza applicata che studia l’effetto delle patologie sui processi biochimici dell’organismo, prendendo in esame qualsiasi tessuto o fluido biologico e misurandone sostanze o proprietà indicative. Il fine della biochimica clinica è quello di prevenire, diagnostica ed, eventualmente, curare uno stato di malattia. Questa scienza offre diversi contributi importanti: 1: offre spiegazioni su base puramente biochimica (enzimatica, proteica, dislipidemica etc…). 2: offre una classificazione nosografica ezio-patologica che affianca quella clinica. 3: offre reperti statisticamente significativi. 4: controlla i fattori di rischio ambientali e di lavoro. Caratteristiche generali delle misurazioni Attendibilità L’attendibilità o bontà di una misurazione è il grado di concordanza tra il valore “vero” oggetto della misura, e la stima che l’analisi biochimica determina. Questo, ovviamente, può essere influenzato dal metodo, che rappresenta l’insieme dei metodi di misura, dell’esperienza del personale, delle influenze ambientali etc… Precisione La precisione è il grado di concordanza tra misure replicate effettuate sullo stesso campione; questo è un valore non esprimibile in termini numerici, ma lo è il suo reciproco, definita imprecisione; quest’ultima è una misura del grado di discordanza tra più misure replicate, ed è espressa dal valore della deviazione standard (DS), espressa nella stessa unità di misura in cui è espresso il valore della singola misura. L’imprecisione può essere calcolata, inoltre, come DS relativa, anche definta oefficiente di variazione, calcolata come segue: CV = (DS/media) x 100 Che cos’è la deviazione standard DS? La media è un indicatore di tendenza centrale. Dà, infatti, una misura del valore del centro dei dati. È molto importante avere anche una misura di quanto i dati siano distanti dalla media. Si utilizza la varianza indicata con 2. 2 La sua radice = è la deviazione standard o scarto quadratico medio. Questo nome indica l'operazione per calcolarla: lo scarto dalla media è la distanza tra il dato e la media | > |; lo scarto quadratico è il i- < quadrato dello scarto; dei numeri così ottenuti si considera la media (si sommano e il totale si divide per il numero dei dati); la radice quadrata di questo numero dà una misura (in media) di quanto i dati si discostino dalla media. É già stato detto che fonti di variazione sono presenti in ogni misurazione di un carattere biologico. Tale variabilità non è tuttavia del tutto imprevedibile: infatti, molti fenomeni naturali seguono un modello teorico definito «curva di distribuzione normale» o «gaussiana». Questo modello è particolarmente utile, in quanto possiamo impiegarlo conoscendo soltanto la media e la deviazione standard. Infatti, in una gaussiana il 95% dei dati cade nell'intervallo media ± 2 volte la deviazione standard. Più precisamente, si può dimostrare che l'intervallo (media ± deviazione standard) comprende il 68% circa dei dati; l'intervallo (media ± 2 deviazioni standard) ne comprende il 95% e l'intervallo (media ± 3 deviazioni standard) comprende pressoché tutti i dati (99.7%). Ripetibilità È la misura della deviazione dei risultati dal valore medio. Riproducibilità È la misura della deviazione dei dati dal valore medio nel corso di più settimane effettuata da tecnici che non conoscono l’identità del campione. Accuratezza È il grado di concordanza tra la migliore stima (grado medio trovato) ed il valore vero (conosciuto) della grandezza. 1 Questo è un concetto astratto e si considera come il più probabile valore ottenibile con metodi differenti che richiedono apparecchiature complicate, che danno, però, risultati complicati. Specificità - (fi) È la caratteristica del metodo di dosare solo ed interamente la sostanza studiata senza subire interferenza positive e negative da parte di altre sostanza presenti nel 1 Si osservi che precisione e accuratezza sono due caratteristiche tra loro indipendenti. materiale; non ha valore numerico. Le tecniche radioimmunologiche hanno, ad esempio, alta specificità perché le reazioni Ag-Ab sono altamente specifiche. La specificità diagnostica è usato per indicare l’incidenza di risultati negativi che si ottengono applicando il test a soggetti non portatori di malattia. Se il test applicato a 100 persone sane offre 100 risultati negativi, la specificità sarà del 100%. Specificità = VN / (VN + FP) x100 Limite di Rivelabilità È la più piccola sostanza che il metodo riesce a dosare. Sensibilità - (psi) È l’attitudine del metodo a dosare piccole quantità del componente studiato; non ha valore numerico. Le tecniche ottiche hanno una sensibilità che va da 10-4 a 10-6, cioè dai mg ai g. Le tecniche radioimmunologiche hanno una sensibilità nell’orgine di 10-10, cioè degli Å. La sensibiltà diagnostica indica l’incidenza di risposte positive che si ottengono applicando il test a pazienti affetti da una malattia. Se un test ha sensibilità del 100%, fornisce 100 risposte positive se effettuato su 100 persone malate. 2 Sensibilità diagnostica = VP / (VP + FN) x 100 Prevalenza Rappresenta il numero di pazienti su 100.000 affetti da una malattia in un determinato momento. Incidenza È il numero di pazienti su 100.000 che in un anno contraggono la malattia. 3 Valore Predittivo Il valore predittivo di un risultato positivo è la percentuale di veri positivi, rispetto ai positivi totali, che si ottengono quando il test è applicato ad una popolazione mista (malati + sani). Valore predittivo = VP / (VP + FP) x 100 Analogamente il valore predittivo di un risultato negativo è la percentuale di veri negativi rispetto ai negativi totali. (veri negativi + falsi negativi) 2 Un buon test deve essere molto sensibile e poco specifico. Si deve tener presente, però, che sensibilità e specificità sono interdipendenti ed inversamente proporzionali. 3 Risulta chiaro che per le patologie croniche la prevalenza è alta e l’incidenza è bassa, mentre vale il contrario per le forme acute. Curva di taratura È la premessa a qualsiasi metodica di laboratorio, perché ne permette l’interpretazione. È la rappresentazione grafica della densità ottica in funzione della concentrazione della sostanza in esame. Si costruisce effettuando una serie di misurazioni con concentrazioni note della sostanza e, conoscendo le corrispondenti densità ottiche, si ottiene, in un sistema di assi cartesiani, una retta, definita retta di interpolazione; questa è una risposta lineare. Qualora non fosse possibile ottenere una linearità della risposta, significa che la reazione chimica non segue la legge di Lambert-Beer; in questo caso occorre tracciare una curva di taratura, da preparare eseguendo un maggior numero di concentrazioni. Una volta stabilite la retta o curva di interpolazione, è possibile misurare tutti i campioni con concentrazioni comprese tra i due limiti, mediante il metodo grafico, ovvero tracciando rette perpendicolari, e mediante il metodo algebrico. Cc : Cst = DOc : Dost Cc = (Cst x DOc) / DOst Dove: Cc: concentrazione del campione. Cst: concentrazione standard. DOc: densità del campione. DOst: densità standard. Se la densità ottica del campione in esame cade al di fuori dei limiti, si possono operare concentrazioni o diluizioni; in tal caso, però, il risultato dovrà essere per quanto è stato concentrato, o moltiplicato per quanto è stato diviso. La curva di taratura definisce, pertanto, i limiti di utilizzazione, ovvero il range di valori a noi più utili; per esempio le proteine sieriche, in concentrazione media di 7 grammi/100 ml, avrà un range da 1 a 10 grammi/100 ml, corrispondente ai valori minimi e massimi compatibili con la vita. È chiaro, inoltre, che il range di concentrazione deve essere quanto più ristretto possibile per minimizzare al massimo il margine d’errore. Tecniche immunoanalitiche L’Immunometria comprende tutte le tecniche che utilizzano una reazione Ab-Ag per misurare la concentrazione di un dato analita. Tra di esse alcune utilizzano isotopi radioattivi, altre utilizzano reazioni colorimetriche o reazioni enzimatiche. Il complessi Ab-Ag possono essere sia in fase liquida che su supporto; gli Ab, a loro volta, possono essere monoclonali o policlonali. RIA – Dosaggio Radioimmunologico (Radio Immuno Assay) È di largo impiego per il dosaggio di ormoni ed altre sostanze di interesse (ferritina, antigeni virali, CEA). La condizione essenziale è la disponibilità di un antigene identico a quello che si vuole misurare, marcato con un radioisotopo. Questa tecnica si basa sulla competizione tra un antigene freddo ed una quantità limitante de corrispondente antigene marcato, per il legame con un numero limitato di siti anticorpali presenti in una quantità costante d’antisiero. All’equilibrio, in presenza di un eccesso di antigene, ci saranno sia antigeni liberi che antigeni legati. La quantità di antigene marcato all’anticorpo diminuirà con l’aumento dell’antigene freddo nel campione. Allestendo una curva di taratura, ponendo in ascissa quantità note e crescenti dell’antigene da dosare ed in ordinata il segnale radioattivo, dato il complesso AbAg, sarà possibile risalire alle concentrazioni incognite dell’analita nei vari liquidi biologici. All’aumentare della concentrazione dell’analita diminuirà la radioattività del complesso, essendo la quantità dell’antigene da dosare crescente e la quantità di antigene marcato e di anticorpo uguale in tutte le prove. Vantaggi: Uso di immunogeni puri. Sensibilità alta (pg). Specificità Automatizzabile. Svantaggi: Costi. Deperibilità dei radioattivi. Rischio. Personale specializzato. Negli antigeni proteici il gruppo fenolico di un residuo di tirosina marcato con 125I; gli apteni non proteici sono normalmente marcati con 3H+. IRMA – Dosaggio Immuno-Radiometrico (Immuno-Radiometric-Assay) Prevede l’utilizzo di antisieri marcati che reagiranno con il campione fino a marcare tutto l’antigene. Il conteggio della radioattività determinerà la misura diretta dell’antigene presente. È, questa, la principale differenza con RIA, perché in questo caso la proporzionalità diretta tra radioattività e concentrazione di antigeni è diretta, mentre nel RIA è inverse ed è un procedimento che si basa sulla competizione. Si effettua il dosaggio diretto degli anticorpi marcati. Il vantaggio sta nelle facilità, nel minore rischio e nella maggiore specificità (10-15). Immunoprecipitazione Un anticorpo diretto contro un antigene proteico è usato per isolare l’antigene specifico da una miscela. L’anticorpo è legato ad una matrice insolubile. L’antigene purificato è distaccato dall’Ab mediante cambiamenti di pH ed analizzato con elettroforesi in gel di poliacrilamide. ImmunoBlot (Western Blot) Serve per calcolare la quantità relativa ed il peso molecolare di una proteina contenuta in una miscela di proteine. L’antigene è sottoposto a separazione elettroforetica dagli altri. Le proteine sono trasferite (blotting) dal gel su una membrana di nitrocellulosa. La posizione dell’antigene sulla membrana è visualizzata mediante legame di un anticorpo radiomarcato o coniugato con un enzima mediante una reazione con un substrato cromogeno specifico. Immunofluorescenza (FIA) La sensibilità di questa tecnica è nell’ordine di 10-8. Con adatti procedimenti è possibile coniugare gli anticorpi di un siero con alcune sostanze fluorescenti, come l’isotiocianato di fluoresceina. Diretta: Ab fluorescenti a contatto diretto con l’antigene e illuminazione del preparato con UV. Indiretta: antigene con il siero immune o presunto tale. Sopo incubazione si aggiunge un siero contenente Ab anti-Ig e poi si procede all’illuminazinoe con UV. Immunoluminescenza (LIA) L’illuminescenza è il fenomeno di emissione di luce da una molecola in seguito al passaggio da uno stato elettronico eccitato allo stato fondamentale. Questo procedimento è legato al reazioni esoergoniche, che cedono energia al sistema, come l’incubazione del composto adatto con H2O2. La sensibilità è paragonabile a quella del RIA, ma la specificità risulta inferiore. Tecniche Immunoenzimatiche Queste tecniche sfruttano la possibilità di coniugare anticorpi con alcuni enzimi; il legame enzima-Ab è svelato agiungendo il substrato ed i reattivi necessari per la reazione catalizzata; il prodotto terminale deve essere colorato e la sua concentrazione è direttamente proporzionale alla concentrazione dell’analita. ELISA – Dosaggio Immuno Assorbente Legato all’Enzima (Enzima-linked Immuno-sorbent Assay) Le reazioni sono eseguite in pozzetti, al cui interno vengono fatti aderire antigeni o anticorpi noto. Vanno inseriti, poi, gli analiti e dopo i lavaggi necessari, i complessi Ab-enzima. La positività della reazione dell’enzima al substrato si appalesa per la comparsa di un prodotto di reazione colorato, quantizzato mediante spettrofotometria. Il metodo così descritto è il più utilizzato, definito Sandwich. L’ELISA è molto specifico, ma la sensibilità è legata alla densità ottica, per cui non è molto alta, inferiore a quella del RIA, nell’ordine di 10-6 (pg). Tecniche ottiche Tutte le tecniche d’analisi ottiche si basano sul fatto che tutte le sostanze sono composte da molecole che assorbono elettivamente alcune radiazioni di determinare lunghezze d’onda; questo assorbimento decresce gradualmente per quelle radiazioni di lunghezza d’onda più lunga o più corta di quelle maggiormente assorbite. Il fenomeno dell’assorbimento delle radiazioni luminose per una soluzione dipende, in definitiva, dalla concentrazione delle molecole che costituiscono i centri di assorbimento della sostanza disciolta. Quanto maggiore è il numero di queste molecole, maggiore sarà l’assorbimento delle radiazioni incidenti. Legge di Lambert – Beer Il fenomeno dell’assorbimento della luce da parte delle soluzioni è definito in termini quantitativi dalla legge di Lambert – Beer. Se una radiazione monocromatica passa attraverso una soluzione, l’assorbimento subito dalle radiazioni è direttamente proporzionale allo spessore ed alle concetrazini della soluzione stessa. 4 Le legge di L.-B. stabilisce il legame esistente tra l’intensità della luce che esce dalla soluzione e l’intensità della luce che l’ha colpita (trasmittanza), e tra quest’ultima e la concentrazione della sostanza assorbente, presente in soluzione (soluto): I/I0 = T = e-klc Dove: I: intensità della luce tramessa dalla soluzione. I0: è l’intensità della luce incidente. T: trasmittanza. l: spessore della soluzione attraversata dalla luce. c: concentrazione della sostanza assorbente in soluzione. k: coefficiente di estinzione molare (caratteristico per ogni sostanza ad una determinaa lungheza d’onda per un determinato solvente e per una determinata temperatura; in questo caso l’acqua). Questa relazione è espressa graficamente come un’iperbole equilatera, ma possiamo linealizzarla con il logaritmo di T: -logT = assorbanza (o densità ottica) = klc Se l e c sono unitarie, la densità ottica corrisponde al coefficiente di estinzione molare. La densità ottica sarà del 100% quando tutta la luce incidente è assorbita; questa deve essere tra 0,1 e 1,6-1,7. Quando ci si presta a fare nuove analisi, bisogna sempre controllare le giuste concentrazioni e la fonte d’emissione delle radiazioni. 4 Questa legge è valida solo per soluzioni diluite e radiazioni incidenti monocromatiche. Le tecniche ottiche principali si basano su questo principio e sono la fotometria e la spettrofotometria. Queste sono le misure dell’assorbimento da parte del materiale in esame di radiazioni luminose incidenti, di caratteristiche spettrali ben definite, in genere comprese tra 220 e 800 nm. Per ogni sostanza, dunque, è possibile determinare uno spettro o curva d’assorbimento che, come ricordato prima, dipende dal numero delle molecole in esame; i picchi d’assorbimento possono essere anche doppi e multipli, nel qual caso si sceglie quello più intenso (cioè quello più alto). L’analisi fotometrica diretta avviene quando si studiano sostanze che presentano uno spettro di assorbimento naturale come le porfirine e la bilirubina. L’analisi fotometrica indiretta avviene quando si studiano sostanze che necessitano la trasformazione in un derivato fotoassorbente. Spettrofotometria per i dosaggi enzimatici Questa tecnica ci permette di studiare anche l’attività enzimatica, come quantità di substrato consumato o quantità di prodotto ottenuto. Il NAD+ che diventa NADH produce un aumento di assorbanza a 340 nm e viceversa. Esistono vari esempi: Piruvato + NADH + H+ Lattato + NAD+; Si misura l’attività della LDH, registrando il decrmento di assorbanza a 340 nm, dato dall’ossidazione del NADH. Chetoglutarato + Alanina Glutammato + Piruvato; Piruvato + NADH + H+ Lattato + NAD+; Il decremento di assorbanza fornito da NAD+ è funzione del substrato Piruvato presente, la cui concentrazione è funzione dell’attività transaminasica ALT. Creatinin-P + ADP ATP + Creatina; Piruvato + ATP Fosfoenolpiruvato + ADP (mediante PK); Piruvico + NADH + H+ Lattato + NAD+ (mediante LDH); Si misura la quantità di Creatini-P presente nel siero di un paziente. I fotometri servono per studi dell’assorbimento nella regione del visibile, mentre gli spettrofotometri permettono studi anche monocromatici e nell’infrarosso ed ultravioletto. Entrambi i due sistemi sono composti da: Sorgente di luce policromatica. Lente collimatrice. Filtro o un monocromatore. Cella o cuvetta di lettura. Lente che focalizza la luce trasmessa su un sistema fotometrico. Un sistema fotorilevatore. Fluorimetria Si basa sulla proprietà di alcune sostanze di assorbire energia di una data lunghezza d’onda e di emetterne una a lunghezza d’onda maggiore (fluorescenti). Se la sostanza da dosare non è florescente, la si marca, con, ad esempio, fluoresceina. Turbidimetria È una tecnica che misura la luce assorbita da parte di un sistema eterogeneo, quale una soluzione colloidale o un precipitato finemente disperso. Nefelometria È adatta per lo studio di fasi finemente disperse o fini e si basa sullo studio della luce diffratta. È molto sensibile. Fotometria d’emissione Questa studia le radiazioni caratteristiche emesse dalle molecole, dagli ioni o dagli atomi, legati ai processi di eccitazione. È impiegata per o studio di concentrazioni di metalli alcalini (Na+ e K+). Per fotometria ad emissione a fiamma s’intende lo stesso procedimento ma con l’ausilio di una fiamma ossidante come energia termica per l’eccitazione del materiale da studiare. Tecniche elettroforetiche Elettroforesi Per elettroforesi s’intende la migrazione di particelle cariche attraverso un mezzo fluido, sotto l’influenza di un campo elettrico. Questo processo di migrazione deriva dalla ionizzazione dei gruppi di superficie o per assorbimento preferenziale di anioni o cationi. 5 La migrazione va dal polo negativo (catodo) al polo positivo (anodo) e migreranno, perciò, quelle più positive. Questo è uno studio semi-qualitativo e semiquantitativo, perché non si determina specificamente una sola molecola, come nel caso delle proteine sieriche, ma gruppi di proteine (o famiglie). L’intensità del fenomeno di ionizzazione dipende, inoltre, dal pH della soluzione. A valori di pH inferiori al punto isoelettrico, si avrà prevalenza di cariche positive e viceversa. Il tampone più usato è quello di Michaelis al Veronall a pH 8.6. Per quanto concerne il supporto, si distingue una elettroforesi zonale, che avviene su supporto solido, ed una elettroforesi frontale, in fase libera. In particolare quella zonale avviene tra i pori di un supporto solido, ottenendo la separazione delle varie specie a diversa mobilità che si localizzano in zone o bande. Diversi tipi di supporto sono: Carta da filtro: Watman 1 e 3. Acetato di cellulosa: più utilizzato perché consente la separazione delle sieroproteine in 5 bande, in tempi brevi e meglio. Agar e agarosio: consentono una buona separazione delle proteine e dei liquidi -2-globuline in biologici. Permette, inoltre, lo sdoppiamento delle macroglobuline ed aptoglobuline. Gel di poliacrilamide: permette di frazionare in base alla mobilità elettroforetica e alla dimensione molecolare, mediante la porosità del supporto. Gel di silice o di albumina: molto sottile. 5 L’intero processo è legato, ovviamente, ad altre proprietà della molecola, quali diametro, peso specifico, massa, densità. Gel di amido. In particolare quella frontale avviene secondo la tecnica di Tiselius, mediante un tubo ad “U”, applicando una differenza di potenziale ai lati del tubo in cui è contenuta la soluzione. Le molecole si dispongono secondo la loro carica. Le frazioni proteiche vengono misurate attraverso variazioni dell’indice di rifrazione della soluzione, in corrispondenza delle zone di localizzazione delle frazioni. Tecniche cromatografiche La cromatografia è una tecnica per la separazione dei componenti di una miscela, sulla base de diversi principi, quali le differenti fasi, la carica elettrica, le dimensioni molecolari. A seconda che il componente sia disciolto in fase liquida o allo stato gassoso, si parla di cromatografia liquida o di gas-cromatografia. Lo studio delle proteine avviene mediante la separazione da moecole molto piccole con la dialisi, attraverso una membrana semipermeabile, come una membrana porosa di cellulosa. Cromatogradia per filtrazione su gel – gel cromatografia Si ottengono separazioni nette in base alle dimensioni. Il campione è applicato su una colonna che consiste di granuli porosi di un polimero insolubile, altamente idratato, come Destrano o Agarosio o la Poliacrilamide. 6 Questi granuli hanno, in genere, un diametro di 100 m (0,1 mm). le molecole più piccole possono entrare nei granuli. Il risultato è che le molecole più piccole si distribuiscono nella soluzione acquosa sia all’interno dei granuli che intorno ad essi, mentre le molecolr più grandi passano rapidamente attraverso la colonnae e ne escono prima. L’ordine in cui le molecole escono è inverso a quello dell’elettroforesi in gel, in cui una struttura polimerica continua impedisce il movimento delle molecole più grandi. Cromatografia a scambio ionico Le proteine si separano in base alla carica netta, utilizzando questa tecnica. Se una proteina ha una carica netta positiva a pH7, si attaccherà in genere ad una colinna di granuli che contengono gruppi carbossilici, mentre una proteina con carica negativa non avrà interazione. Cariche negativamente: colonne di DEAE, Dietil-amio-etil-cellulosa. Cariche positivamente: colonne di CM cellulosa, Carbossi-metil-cellulosa. Cromatografia per affinità È un altro metodo per purificare le proteine per gruppi chimici specifici. Per esempio la Concanavalina A si attaccherà a colonne di granuli contenenti residui di glucosio, per la presenza di residui affini. 6 Nomi commerciali: Sephadex, Sepharosio e Bio-gel. Cromatografia liquida ad alta risoluzione ed automazione della cromatografia (HPLC = high performance liquid cromatography) Si tratta di una tecnica basata su un apparecchio che fa circolare il liquido in esame a pressione discreta in un sistema cromatografico chiuso. Con questo macchinario si possono misurare componenti a basse concentrazion, senza necessità di purificazione o preventiva separazione. Esempi: Hb-glicosata: glicemia e diabete. Hb A2: -talassemia eterozigotica. Catecolammine: ipertensione, feocromocitoma. Cataboliti del collagene: osteoporosi. Enzimologia Clinica – cap 3 Metodi di misura dell’attività anzimatica Per determinare l’attività enzimatica si misura la velocità della reazione, cioè la quantità di substrato trasformato. È chiaro, quindi, che l’enzima è il fattore limitante ed il substrato deve essere presente in eccesso, così da saturare completamente l’enzima. Temperature adatte: 30°C – 37°C. pH: è quella in cui l’enzima ha attività massima. Esistono due metodi di misura: A due punti: si eseguono due determinazioni dalla cui differenza sono calcolate le variazioni di concentrazione del substrato o del prodotto di reazione. Di continuo: usati quando si possono misurare variazioni di peculiari parametri, come pH, torbidità, diffrazione, fluorescenza, potenziale elettrico, ma spt l’assorbanza, che è il parametro più usato. Misura in continuo dell’assorbanza del substrato o del prodotto p-nitrofenolfosfato + H20 p-nitrofenolo + fosfato P-nitrofenolo formato è colorato in giallo; si può seguire la reazione misurando l’aumento dell’A. a 405 nm. Misura in continuo mediante test ottico semplice (LDH) Piruvato + NADH + H Lattato + NAD (reazione 1) Nella deidrogenazione del NAD scpmare l’anello aomatico piridinico e si forma un composto con un forte assorbimento a 340 nm. Si registra il decremento di estinzione del NADH a 340 nm. Aspartato + -Chetoglutarato Ossalacetato + NADH + H (AST) (Malico DH) Ossalacetato + Glutammato Malato + NAD (reazione 2). Misura in continuo mediante test ottico con indicatore Chetoglutarato + Alanina (ALT) Glutammato + Piruvato LA REAZIONE SU DESCRITTA NON HA POSSIBILITÀ DI MISURAZIONE DIRETTA; IL PIRUVATO È, PERÒ, IN RAPPORTO STECHIOMETRICO CON LA REAZIONE SOPRA, QUINDI SI USA R1. Con la stessa reazione si può dosare, in presenza di Malico-DH anche l’attività dell’AST. Enzimi del siero – cap 3 Gli enzimi del siero sono di due tipi: un gruppo presenta livelli piuttosto elevati nel plasma, dove svolgono un ruolo preciso; un altro gruppo è presente in concentrazioni basse, perché sono presenti in cellule specifiche e sono indicativi di stati fisiologici e patologici (con degragazione epatica, RES o emunzione renale). Le proteine / enzimi cellulari si riversano nel torrente ematico ogni volta che vi sia una perturbazione metabolica che determini deficit di ATP, cui è legata l’insufficienza di permeabilita della membrana cellulare. Fattori che influenzano i passaggio nel siero di proteine enzimatiche intracellulari: Solubilità. Dimensione. C. Sede (membranaria, citosolica, mitocondriale, nucleare). Idrofobicità. Ancoraggio alle membrane. È necessario tenere conto anche dei differenti tipi di un enzima, definiti isoenzimi: enzimi che catalizzano la stessa reazione ma che esistono in forme molecolari, cosa che determina precise caratteristiche, tra cui quelle elettroforetiche e cinetiche. Questi sono studiati principalmente mediante elettroforesi. Vantaggi Informazioni precoci. Affidabilità ed economicità processo. Precede l’immunologia clinica. del Svantaggi Impossibile misurazione con enzimi mutati. Necessità di tempi utili. Scarsa specificità per E ubiquitari. CLASSIFICAZIONE DEGLI ENZIMI: Enzimi aspecifici: GOT, GPT, LDH e ALP. Enzimi specifici: Epatici: AST, ALT, LDH, GLDH, ALP e OCT (AST e OCT sono mitocondriali, quindi sono gravi). Per ittero spt le TRANS; necrosi spt OCT e GLDH; colostasi ALP, LPS e -GT – DD con ittero emolitico LDH 1 e 2. Miocardici: nell’ordine CK-MB (2-4 / 15-30), AST (6-8 / 24-48 / 4-5g), LDH1 (24 / 3-4g / 7g – LDH1 > LDH2), inversione di LDH1/LDH2 (CK-MB torna normale). Pancreatici: AMY e LPS. Muscolari: ALS e CK-MM. Ossei: ALP. Prostatici: ACP. ALT o GPT Alanina Trans – Glutammato-Piruvico Trans Diffusione: enzima più specifico delle TRANS. Azione: catalizza trasferimento di aminogruppo dall’alanina o dal glutammato ai chetoacidi corrispondenti chetoglutarato o piruvato. Metodo: associazione ad indicatore, come R1. Valori: 0-35 f / 0-40 m Ruolo: patologia epatica. ALS Aldolasi È nel muscolo scheletrico e catalizza scissione di F6P (in diidrossiacetonefosfato e gliceraldeide 3P). Si valuta con R1. Ha diversi isoenzimi, dati da A, B e C. A prevale nel muscolo. Valori: 0-7,9 U/l. Significato: patologie muscolari, spt infarto miocardico, con acme in 12 ore. AST o GOT Aspartato Trans – Glutammico-Ossalacetico Trans Distribuzione: molti organi, ma spt in fegato e cuore. Azione: trasferisce aminogruppo da Aspartato e Glutammato ai chetoacidi corrispondenti Chetoglutarato o Ossalacetato. Misurazione: R2. Valori: 0-35 f / 0-40 m U/l Isoenzimi: mAST (fegato, cuore e muscolo) e cAST (siero) Significato: fisiologicamente nel neonato; infarto miocardico (acme in 24-48 ore) e epatite virale. AMY o AMS Amilasi Distribuzione: pancreas e ghiandole salivari. Azione: scissione idrolitica di polisaccaridi. Metodo: scomparsa di substrato amido con turbidometria o densitometria. Isoenzimi: S-AMY (salivari) e P-AMY (pancreas). Valori: 0-220 siero e plasma / 0-1200 urina Significato: pancreatite acuta (P) e parotite (S). CHE Colinesterasi Distribuzione: fegato, pancreas e miocardio e anche SNC bianca. Va distinta dall’Acetilcolinesterasi (ACHE) che sta nella sostanza grigia. Azione: idrolizza esteri della colina, per una nuova trasmissione di un nuovo impulso. Valori: 3500 – 8500 per uomini e donne superiori a 40 anni. 2800 – 7400 per donne inferiori 40 anni. 2400 – 6000 per gestanti. Significato: indice di funzionalità epatica. CK o CPK Creatinchinasi Distribuzione: muscolo scheletrico e nel miocardio. Azione: trasferimento reversibile di P da ATP a Creatina. Metodo: formazione di NADPH con incremento di assorbanza a 340 nm. Isoenzimi: tre diverse forme; CK-BB (cervello), CK-MB (cuore), CK-MM (muscolo scheletrico). Valori: 0-130 f / 0-160 m. Significato: tutte le patologie muscolari. Infarto miocardio con acme in 12 ore e svanisce in 3 giorni. ACP FOSFATASI ACIDA PROSTATICA Distribuzione: prostata, ma anche su molte cellule ematiche; è lisosomiale. Azione: idrolisi di legame estere tra alcol e acido fosforico. Metodo: RIA per dosaggio di ACP. Isoenzimi: 5 frazioni e ACP2 è spt nella prostata. Valori: 0-9 f / 2.5 – 11.5 m. Significato: monitoraggio CA prostata. ALP o AP Fosfatasi alcalina Distribuzione: su membrana cellulare per intestino, placenta, fegato ed osteoclasti. Isoenzimi: ALP-I (intestino); ALP-P (placenta); ALP-L (fegato), ALP-O (ossea); la forma epatica ed ossea sono presenti fisiologicamente nel siero; fisiopatologicamente si ritrovano l’ALP intestinale e placentare.. Azione: idrolisi di monoesteri fosforici a pH alcalino. Metodo: idrolisi di paranitrofelifosfato a paranitrofenolo e decremento A a 404 nm. Valori: 98-279 U/l Significato: malattie ossee (sola) ed epato-biliari (stasi biliare se associata a -GT). È fisiologica in bambini e gravidanza. -GT -GLUTAMILTRANSPEPTIDASI Distribuzione: su membrana di cellule con alta attività secretoria o assorbimento (epitelio del tubulo prossimale renale, intestino, fegato, pancreas). Azione: trasporto di residuo glutamilico ad un accettore (aa, peptide o acqua). Metodo: spettrofotometria. Valori: 0-40 f / 0-50 m. Significato: disturbi del fegato o delle vie biliari. Isoenzimi: importanti pr DD di patologie epato-biliari; neoplasie. nelle cirrosi e nelle G6PDH GLUCOSIO-6P DEIDROGENASI Distribuzione: quasi tutti i tipi di cellule. Azione: trasferimento di H da G6P a NADP per formazione di 6-fosfoglucolattone e NADPH; è importante per il ciclo dei pentosi, spt nei GR. Metodo: spettrofotometria ed aumento di A a 340 nm (per formazione di NADPH). Valori: 120-140 mU/109 GR. Significato: manifestazioni emolitiche; protezione per la malaria. GLDH Glutammato Deidrogenasi Distribuzione: molti tessuti, ma maggiore fegato, è mitocondriale. Azione: riduzione del Chetoglutarato a Glutammato. Metodo: R1. Valori: 0-3 f /0-4 m U/l. Significato: epatopatia grave. LDH LATTATO DEIDROGENASI Distribuzione: cuore, muscolo scheletrico, pancreas, milza, fegato e polmone. Azione: riduzione del Piruvato a Lattato. Metodo: R1. Valori: 227-450 U / l. Isoenzimi: da LDH1 a LDH5, da due subunità M e H. LDH 1 e 2 nel cuore e cervello e gr. LDH 3 nelle piastrine. LDH 4 e 5 nel fegato e muscolo scheletrico. Nell’infarto miocardico si ha aumento di LDH1. Nell’infarto polmonare si ha aumento di LDH2 e LDH3. LDH4 in citolisi epatica. Significato: malattie ematologiche, miocardite, scompenso ed infarto miocardico, con acme dopo 48-60 ore. LPS Lipasi pancreatica Distribuzione: acini pancreatici. Azione: idrolizza gli esteri del glicerolo con acidi grassi a lunga catena. Metodi: turbidimetria. Valori: 0-190 U/l Significato: specifico per patologia epatica. OCT Ornitina Carbamil Transferasi Distribuzione: mitocondri epatici. Azione: catalizza la seconda tappa del ciclo dell’urea, traformando ornitina in citrullina. Metodo: colorimetria. Valori: 11-19 U/l. Significato: indice specifico di danno epatocellulare. PK PIRUVATO CHINASI Distribuzione: gr, epatociti e muscolo. Azione: nella via glicolitica forma piruvato e ATP. Metodo: spettrofotometria con decremento di A per ossidazione di NADH. Isoenzimi: M nel muscolo e cuore e SN, L nel fegato e altri e K nella vita fetale. Significato: negli eritrociti in corso di anemia emolitica e patologie muscolari come infarto miocardico. Valori: 60-220 mU/109 gr. 0-26 mU/ml nel siero. SDH SORBITOLO DEIDROGENASI Distribuzione: fegato. Azione: ossidazione del sorbitolo a fruttosio. Metodo: spettrofotometria con dim A a 340 nm per ox di NADH. Significato: patologie epatiche. Valori: 0-0,5 U/l. Proteine del plasma cap 4 Allora, cominciamo con il dire che, nonostante si parli di proteine plasmatiche dall’esame di biologia al primo anno, il sottoscritto, e probabilmente tanti altri, siate onesti, non sanno ancora esattamente quali proteine sono presenti nelle varie frazioni elettroforetiche. Quindi ne devo parlare! Considerando il plasma o il siero, in una indagine elettroforetica possiamo avere 6 o 5 bande… si si si, lo so, ora lo ripetiamo perché non è ancora ben chiaro. Il plasma è la componente liquida del sangue mediante aggiunta di un anticoagulante, perché esso deve contenere i fattori della coagulazione. Il siero, invece, è la parte liquida del sangue ottenuta senza l’aggiunta di anticoagulante; i fattori della coagulazione sono eliminati. Riprendendo ciò che dicevamo poco fa, l’elettroforesi su plasma determina la formazione di 6 bande: albumina, 1, 2, , e . L’elettroforesi sul siero determina la formazione di cinque bande, esclusa . g/dl Albumina 1 2 TOT 3,2 – 5 0,1 – 0,4 0,6 – 1 0,6 – 1,3 0,7 – 1,5 6,5 – 8,5 % 55 - 65 1-4 4 – 10 7 – 13 8 – 19 Per fare una corretta analisi bisogna tener presente: Proteine totali: stabilire se il pz è ok, se ha iperconsumo o perdite. Albumina/Globulina (A/G): oscilla tra 1,1 e 1,8; è la prima prova di funzionalità epatica. Profilo: maggione o minore specificità di bande elettroforetiche; il picco dell’albumina è solitamente stretto e lungo. Quantità dei picchi in % e valore assoluto: la valutazione della distribuzione ci fa capire se la proteina è maggiore in modo relativo. La sintesi delle proteine plsmatiche avviene principalmente nel fegato. Le plasmacellule producono Ig; i macrofagi producono i fattori del C’; l’intestino produce le apoproteine. Il catabolismo delle proteine avviene spt nel fegato, nel rene e nel SRE (milza e midollo osseo). La distribuzione plasmatica è regolata dagli endotelii. Denutrizione, malassorbimento, infiammazione, sono cause frequenti di iperconsumo. Gravidanza, neoplasie e flogosi in fase acuta sono cause di iperproduzione. Le bande elettroforetiche Prealbumina Tale banda è all’inizio del campo elettroforetico; è conosciuta come transtiretina, con siti di legame specifici per T3 e T4. È associata all’RBP (retinol binding protein), impedendo la perdita del retinolo. È sintetizzata dal fegato. Aumenta: nefrosi. Diminusce: reazioni infiammatorie. Valori: 10 – 40 mg/dl. Albumina È sintetizzata dagli epatociti. È la maggiore responsabile di pressione colloidoosmotica del sangue in circolo. È responsabile anche del trasporto di numerose sostanze: BRB, acido urico, istamina, acidi grassi; ne esistono diverse varianti genetiche, definite alloalbumine. Al di sotto di 3,2 g si parla di ipoalbuminemia; l’edema compare al di sotto di 2,5 g.7 L’ipoalbuminemia si riscontra per: Perdita: Nefriti: scarsa albuminemia e ipertensione arteriosa. Nefrosi: notevole albuminuria e scarsi effetti sulla pressione. Ustioni: perdita attraverso la superficie cutanea lesa. Flogosi: Alterazioni acute e cronica. Apporto inadeguato: stati tumorali, malassorbimento, enteriti, vomito, diarrea. Diminuita sintesi epatica: epatopatia. Aumento catabolismo: ipertiroidismo, diabete scompensato, febbre, sindrome di Cushing. Clinostatismo. Flogosi: riduzione della [albumina] perché il fegato è impegnato nella sintesi nella sintesi delle proteine della fase acuta. Si ha una ipoalbuminemia disprotidemica con inversione A/G. 1 Questa zona è attribuibile spt all’ 1-antitripsina; è un importante inibitore di proteasi sieriche come collagenasi ed elastasi.8 Aumento: processi infiammatori acuti, necrosi e neoplasie, se vi è un contemporaneo aumento delle proteine della fase acuta come PCR. L’aumento singolo è tipicodelle flogosi epatiche. In questa banda rientrano anche 1-antichimotripsina, 1-glicoproteina e la proteina legante la vit. D. 7 8 In questi casi si attivano meccanismi quali iperincrezione di aldosterone, riduzione del filtrato. Il suo deficit si accompagna a enfisema polmonare. 2 Sono presenti essenzialmente 2 proteine principali: 2-macroglobulina: lega molte endopeptidasi (tripsina, trombina e plasmina). Aptoglobina: lega l’Hb libera, formando un complesso grande incapace di oltrepassare la soglia renale. Diminuisce nelle anemie emolitiche. Aumentano entrambi, assieme alle 1 nel corso delle flogosi. Sono presenti due proteine: Transferrina: proteina si sintesi epatica che lega due atomi di ferro. Aumenta in carenza marziale e diminuisce nelle malattie epatiche, nelle nefrosi e nelle grosse flogosi. Frazione C3 del C’: aumenta in tutti i processi flogistici. Questa è la zona del fibrinogeno, presente se il campione è il plasma. È sintetizzata dal fegato ed è scissa in monomeri di fibrina che polimerizzano e sono, poi, stabilizzati da fattore XII. È fondamentale nel campo della coagulazione ed è uno degli indici più sensibile e precoce di processi di flogosi acuta. Rappresenta per lo più le immunoglobuline di classe G (IgG); solo queste sono visibili perché le altre sono troppo eterogenee e si disperdono. Può essere diviso in due parti principali: 1) serie A, E ed M; 2) serie G ed M. Le ipo globulinemia si può verificare per deficit immunitari primitivi o secondari a infezioni, neoplasie linfoidi e non, farmaci immunosoppressori, denutrizione e senescenza. Le iper globulinemie sono legatea ad iperplasia di un singolo clone immunitario ( patia monoclonale), o di una porzione più o meno rilevante della massa cellulare Igproducente ( patie policlonali). patie monoclonali: iperproliferazione di un clone di cellule della linea B in assenza di stimoli antigenici: Benigne: componente monoclonale < 10 g/dl, come ad esempio le crioglobulinemie associate ad epatopatia. Maligne: mieloma multiplo e plasmocitoma (tutte tranne IgM), Malattia di Waldenstrom (sindrome linfoproliferativa delle catene pesanti - IgM), leucemia linfatica cronica; si associano quasi tutte a proteinuria di Bence-Jones. M.G.U.S.: patia monoclonale ad incerto significato. patie policlonali: epatopatie e cirrosi; malattie del collagene come il LES; infezioni come TBC, Mononucleosi ed endocardite infettiva. Valutazione dell’assetto lipidico – cap 5 Fisiopatologia dei lipidi del plasma Data la natura idrofobica dei lipidi, questi non possono circolare liberi nel plasma e sono trasportate in complessi macromolecolari definit lipoproteine, con un centro idrofobico con trigliceridi, esteri del CLS, ed una periferia idrofilica, con le apoproteine, altre proteine, CLS non esterificato e fosfolipidi. Le APO hanno, inoltre, funzione di stabilizzare il complesso, ma anche funzioni metaboliche quali: modulazione dei sistemi enzimatici e legame con strutture recettoriali cellulari. Mediante l’ultracentrifugazione le LP possono essere divise in 5 frazioni principali in base alla loro densità crescente: LP Chilomicroni VLDL IDL LDL HDL % Lipidi 98 90 84 80 45 % Proteine 2 10 16 20 55 Qual è la vita delle LP? (anche perché nessuno lo sa ancora bene…) 1. Gli acidi grassi, provenienti dalla digestione ed assorbimento dei lipidi alimentari sono convertiti nelle cellule intestinali a TG (trigliceridi); arrivano nel sangue sottoforma di KM (chilomicroni). I KM sono composti da: APO B48. APO CII (da HDL). APO E (da HDL). TG. I KM, mediante la APO CII attivano la lipasi lipo-proteica presente sull’endotelio capillare del tessuto adiposo e muscolare, attivata dall’APO CII. Si ha, così, idrolisi parziale dei KM e gli AG (acidi grassi) ottenuti saranno metabolizati nel muscolo o ritrasformati in TG nell’adipe. 2. I KM residui, definiti Remnants, attraverso APO E-R (recettore per APO E) presente sugli epatociti, sono da questi captati e scissi in TG e CLS (colesterolo). 3. L’epatocita convoglierà questi TG (così come quelli da altre fonti) per la sintesi delle VLDL. Le VLDL sono composte da: APO B100. APO CII (da HDL). APO E (da HDL). TG 80%. CLS 10%. Queste VLDL subiscono riduzione di TG, mediata anche stavolta dalle lipasi lipoproteica attivata dall’APO CII, trasformandosi in IDL. Le IDL sono composte da: APO B100. APO CII (da HDL). APO E (da HDL). TG 37%. CLS 30%. Le IDL saranno captate dal fegato per la presenza dell’APO E. 4. La maggior parte delle VLDL, per azione della lipasi lipoproteica, verrà trasformata in LDL. Le LDL sono composte da: APO B100. APO CII. APO E. TG 10%. CLS 45%. Il APO B100-R (recettore per APO B 100) si trova in diversi tessuti, quali fegato, adipe, gonadi, fibroblasti, cellule muscolari liscie e macrofagi. Queste cellule sfruttano le LDL per l’assimilazione del CLS, che avrà una destino diverso in base alla cellula. Le LDL hanno, quindi, funzione di trasporto del CLS alla periferia. In particolare nel fegato CLS è eliminato nella bile e convertito, in parte, in acidi biliari; il CLS, inoltre, inibirà l’idrossimetilglutaril-CoA-reduttasi, che è l’enzima chiave per la sintesi endogena di colesterolo. 5. La funzione di trasporto di CLS dalla periferia al fegato è svolto dalle HDL. Le HDL sono composte da: APO AI. APO AII – lega i fosfolipidi. APO CII e APO E – che sono cedute alle VLDL. TG e CLS variabile. La APO AI, in particolare, attiva l’enzima Lectina-CLS-Acil-Transferasi che catalizza l’esterificazione del CLS con acidi grassi, facilitando la sua incorporazione nelle HDL. 6. Le HDL, inoltre, trasferiscono CLS alle LDL che, tramite APO B100-R, verranno catturate dal fegato, con la conseguente eliminazione di CLS in esse contenuto. Le HDL hanno, quindi, valore protettivo nei confronti del rischio aterogeno.9 Dosaggio dell’assetto lipidico LIPIDOGRAMMA ELETTROFORETICO 9 I fattori di rischio maggiormente coinvolti sono età, sesso, razza, obesità, ipertensione arteriosa, fumo, ma spt diabete e condizioni di iperdislipidemia con aumento di LDL. Mediante elettroforesi, eseguita analogamente al quella delle plasma-proteine, si studiano le frazioni lipoproteiche, con coloranti specifici10 e con scansione densitometrica. Si ottengono, così, tre bande:11 -lipop: 20-40% - HDL. Pre- -lipop: 10-25 % - VLDL. -lipop: 40-60% - LDL. (LDL+VLDL)/HDL esprime l’assetto lipidico, ed è Il rapporto ( +pre- )/ compreso normalmente tra 1,5 e 4. Questo rapporto ci offre solo informazioni tra le varie frazioni; un’analisi dettagliata richiede, perciò, lo studio di altri parametri. DOSAGGIO DEI TG Utile per valutazione di eventuale discrepanza tra apporto energetico esogeno e utilizzazione. Non sono, inoltre, direttamente aterogeni, ma lo diventano in presenza di altri fattori come CLS, fumo, iperglicemia, alterazione funzionale piastrinica. Valori: 60 – 170 mg/dl. CLS TOTALE Sommatoria del CLS di HDL, LDL, VLDL e Albumina. Valori: 125 – 200 mg/dl. RAPPORTO TRA CLS E HDL-CLS HDL-CLS È legato a prevenzione di rischio aterogeno. Il valore normale è circa 45 mg/dl. LDL-CLS È correlato direttamente al rischio aterogeno. Un aumento di CLS totale dovrebbe essere sempre rapportato a HDL-CLS. LDLCLS ha valore che oscilla tra i 50 ed i 130 mg/dl, desunta con la formula empirica di Friedwald: LDL = CLS TOT – HDL-CLS – 1/5 TG TOT Questo indice serve a correggere la quota di CLS-VLDL. Iperlipidemie Secondo Fredrikson le iperlipidemie possono essere classificate primitive e secondarie; IPERLIPIDEMIE PRIMITIVE 10 Sudan Black-B, Oil Red 0, Fat Red 7B. Le IDL migrano, in genere, tra le pre- e le . I KM non sono di solito presenti, visto che il lipidogramma è effettuato sempre dopo 12 ore di digiuno. Se le tieni, stai inguaiato! 11 Le primitive sono divise in 5 tipi:12 Iperchilomicronemia - I: aspetto torbido, infantile. Ipercolesterolemia Familiare - IIa: limpido, con aumento di LDL, insorge ad ogni età, legata a difetto dei recettori per LDL, legata a Xantomi e Xantelasmi. Iperlipidemia mista - IIb: torbido, con aumento di VLDL e LDL, insorge ad ogni età, legata ad obesità da ipersintesi di CLS. Iperlipidemia mista a bande larghe – III: torbido, con aumento di VLDL e IDL, legata a carenza di APO E; è legata a Xantomi. È tipica degli adulti. Ipertrigliceridemia endogena – IV: torbido, legata ad aumento di VLDL e TG senza CLS. Si manifesta con obesità e epato-splenomegalia, legata ad aumentata produzione di VLDL. È tipica degli adulti. Ipertrigliceridemia mista – V: torbido, legata ad aumento di KM e VLDL, presente nei giovani, con Xantomi eruttivi. È legata a iperproduzione di VLDL. IPERLIPIDEMIA SECONDARIA Sono associate a fattori ambientali e genetici: IDDM. Alcolismo. Ipotiroidismo: mixedema. Malattie renali. Malattie epatiche. Farmaci: estrogeni, -bloccanti e glucocorticoidi. Deficit familiari di lipoproteine Morbo di Tangier: assenza di HDL e CLS circa 100 mg/dl. a -lipoprotinemia: assenza di sintesi epatica di APO B100. Metodiche di misura CLS Con la metodica enzimatica si procede dapprima all’idrolisi di CLS mediante azione della CLS esterasi: CLS-esteri esterasi CLS + R-COOH Questo CLS è sottoposto all’azione della Colesterolo ossidasi: CLS + O2 ossidasi -4-colestenone + H2O2 Il perossido d’idrogeno così formato è determinato mediante la reazione di Trinder (RT): 12 Sono tutte associate sempre ad aumento di CLS e TG, tranne il tipo IV, ove CLS è normale. H2O2 + 4-aminofenazone fenolo perossidasi chinonimina13 + H2O. La chinonimina è in rapporto stechiometrico con CLS ed offre un assorbimento a 500 nm. Si determina la concentrazione di CLS dalla concentrazione della chinonimina colorata. HDL-CLS Al siero si aggiungono polianioni, come l’eparina, e cationi bivalenti; in tal modo le frazioni VLDL e LDL precipitano e separate per centrifugazione, mentre la frazione HDL che resta, è misurata con i metodi sopraindicati. LDL-CLS Le LDL sono fatter precipitare con polisaccaridi complessi come il polivinil-solfato. Si misurano le frazioni HDL e VLDL e questo valore si sottre al CLS totale per ottenere il valore di LDL-CLS. TG Con il metodo enzimatico si ha idrolisi dei TG mediante l’azione della lipasi e dell’ chimotripsina (che la potenzia). TG LPS + chimotripsina glicerolo + AG Il glicerolo derivante da questa reazione è fosforilato dalla glicerolo kinasi. Glicerolo + ATP glicerolo kinasi Glicerolo 3P + ADP Glicerolo 3P è ossidato dalla glicerolo-P ossidasi Glicerolo 3P + O2 Glicerolo ossidasi diidrossiacetone-P + H2O2. Perossido d’idrogeno è misurato mediante RT, perché in rapporto sterchiometrico con il glicerolo, legato ai TG. AG Ci si basa su una reazione di attivazione dei NEFA catalizzata dalla Acil-CoAsintasi in cui è consumato ATP. Acile + ATP + CoA acil-CoA-sintasi L’acil-CoA è ossidato mediante Acil-CoA ossidasi: 13 Chinonimina: 4-p-benzochinone-mono-iminofenazone. Acil-CoA + AMP + Ppi Acil-CoA + O2 Acil-CoA-Ossidasi Il Perossido d’Idrogeno è misurato con RT. Enoil-CoA + H2O2. FOSFOLIPIDI TOTALI Il rapporto FSL-TOT/CLS è in rapporto con la severità dell’aterosclerosi coronarica. Il metodo più usato è quello di Takayama. I fosfolipidi sono idrolizzati mediante fosfolipasi D. FSL + 2H2O fosfolipasi D Acido fosfatidico + colina La colina è ossidata mediante colina ossidasi. Colina + 2°2 + H20 colina ossidasi Il perossido d’idrogeno è misurato mediante RT. betaina + 2H2O2 Omeostasi Glicidica - cap6 In condizioni fisiologiche la concentrazione di glucosio nel sangue è di 70-100 md/dl. Questo valore tende a cambiare sia dopo un pasto (con innalzamento della glicemia), e sia durante il digiuno e l’attività fisica (con diminuzione della glicemia); questa è mantenuta costante dai meccanismi dell’omeostasi glucidica; gli ormoni che permettono la regolazione sono: insulina e gli ormoni contro-regolatori quali glucagone, cortisolo, catecolamine, Gh e ormoni tiroidei. Omeostasi dopo un pasto: in the fed state Considerando la dieta media di un occidentale, si ha il 50% di carboidrati, 35% di grassi e 15% di proteine. I carboidrati complessi sono assorbiti come glu, fru e gal, trasportati nel sangue dal sistema di carrier mediato, presente all’interno delle cellule intestinali. Una parte di glu, circa il 60%, passa nel fegato per la produzione di glic, ed in parte minore per la sintesi di acidi grassi a lunga catena che, esterificati con CLS, saranno trasportate alla periferia mediante le VLDL; un’altra piccola parte è usata per la glicolisi.1 L’altra parte del glu assorbito entra nella circolazione sistemica determinando innalzamento della glicemia 80-150 mg/dl. A questo punto cosa succede? 1. Liberazione di insulina dalle cellule . 2. Diminuzione di glucagone dalle cellule . 3. Riduzione della liberazione epatica di glu con inibizione della glicogenolisi e neoglucogenesi. 4. Aumento della captazione di glu per induzione della glucochinasi epatica (che fosforila glu a glu-6P). In aggiunta al glu, normalmente agiscono da coadiuvanti per la liberazione di Ins: Incretine: gastrina, secretina, CCK. A.a.: arginina, lisina e leucina. Attività colinergica tramite innervazione vagale delle -isole. L’aumento di insulina accelera il passaggio di glu nel muscolo e nel tessuto adiposo. Muscolo: una parte è ossidata, mentre il resto è immagazzinato come glic. Blocca la proteolisi. Adipe: è usato via acil-CoA per la sintesi degli acidi grassi a lunga catena, esterificati, poi, con il glicerolo a formare TG (lipogenesi). Blocca la lipolisi. Omeostasi a digiuno: during fasting Tra un pasto e l’altro e durante le situazioni d’emergenza, provocate da stress o esercizio fisico, il glicogeno epatico, e quindi la glicogenolisi epatica, è la prima riserva per preservare la glicemia. Nel fegato, infatti, sono presenti dagli 80 ai 100 g di glicogeno che possono essere usati come fonte diretta in un arco di 24-48 ore; una serie di cascate enzimatiche prevede la liberazione di glu-6P dal glic, fino a glu libero 1 Il glucosio passa nel fegato liberamente perché questi è insulino-indipendente. mediante la glu-6P-fosfatasi. Altri 10 grammi sono sempre conservati per usi d’emergenza. Oltre questa quota, la riserva di glu deve essere reintegrata mediante i processi di gluconeogenesi, partendo da specifici precursori. Glicerolo: deriva dall’idrolisi dei TG dell’adipe ed offre il contributo minore. Lattato: quindi dal piruvato, è una delle vie principali per lo smaltimento del lattato, originatori dai processi glicolitici delle cellule del sangue, dal tessuto nervoso e spt dai muscoli, per un aumentato catabolismo anaerobico. Aminoacidi: sono il più importante substrato gluconeogenetico, derivati dalla proteolisi del muscolo. L’alanina, che si forma nel muscolo per transaminazione del piruvato, e la glutamina sono i più importanti.2 Nonostante la notevole forza neoglucogenetica, la diminuzione di insulina determina un rallentamento della gluconeogenesi a partire dai precursori aminoacidici, per evitare il crollo delle proteine strutturali. Un altro meccanismo importante per il recupero d’energia è lagato alla chetogenesi nel tessuto adiposo. Si ha, infatti, mobilizzazione degli acidi grassi liberi, che vengono trasportati nei mitocondri degli epatociti dalla carnitina-Acil-transferasi, dove vengono trasformati in corpi chetonici: acetoacetato e -idrossibutirrato e acetone. Sono importanti e la loro produzione può anche triplicare in casi gravi, essendo, al pari del glu, i soli substrati energetici utili per il SNC. Azioni principali degli ormoni dell’omeostasi glucidica INSULINA Promuove captazione cellulare del glucosio. Favorisce la glicogenosintesi. Aumenta protidosintesi e lipogenesi. Diminuisce gluconeogenesi, chetogenesi, lipolisi e proteolisi. GLUCAGONE – aumenta: Glicogenolisi. Gluconeogenesi. Lipolisi. Chetogenesi. CATECOLAMINE Attivano la glicogeno fosforilasi attraverso i recettori -adrenergici (cAMP) e gli -adrenergici (Ca2+) nel fegato e nel muscolo con aumento di glicogenolisi. Liberazione dei NEFA. ORMONI TIROIDEI Aumentano assorbimento intestinale di glu. 2 Insieme a tutti gli altri, eccetto la leucina. Aumentano glicogenolisi epatica. Accelerano la degradazione dell’insulina. GLUCOCORTICOIDI (CORTISOLO) Azione permissiva sul glucagone. Aumento della proteolisi e gluconeogenesi epatica. Aumento della glicogenosintesi. Aumento della chetogenesi. Diminuzione dell’utilizzazione periferica del glu fosforilazione). (per inibizione della GH Aumento della lipolisi. Aumento della chetogenesi. Aumento della glicogenolisi epatica. Riduzione della sensibilità all’insulina. Indagini di laboratorio nella Iperglicemia PROVE STATICHE Glicemia Su sangue venoso, ma anche su urine e liquor. Valori a digiuno: 60-100 mg/dl (glicemia plasmatica ma non ematica, perché gluc sierico è 12% più alto per il minore contenuto idrico dei gr.) secondo l’OMS, si ha Diabete Mellito con 2 riscontri a digiuno di glicemia 126 mg/dl. Metodo: enzimatico Glu + H2O + O2 glu-ossidasi acido gluconico + H2O2 Il perossido d’idrogeno è misurato con RT, vedi cap 5. Glicosuria Normalmente il glu filtrato è riassorbito a livello tubulare. La soglia renale è circa 180 mg/dl, a partire dalla quale compare glu nelle urine. Metodo: enzimatoc mediante cartine reattive (Stick) contenenti gli enzimi glucosio ossidasi e perossidasi (per RT) ed un cromogeno che subisce viraggio di colore in funzione della quantità di H2O2 prodotta. La lettura della riflettanza dell’intensità del colore consente di quantificare il risultato. Chetonuria I corpi chetonici sono normalmente quasi assenti nelle urine. la chetonuria è misurata con cartine reattive che contengono nirtoprussiato, glicina ed un tampone fortemente alcalino: Ketostix. L’acido acetico e l’acetone reagiscono con il nitroprussiato per formare un colore rosso viola, che può essere quantificato. Insulinemia Serve per distinguere IDDM da NIDDM. Valori: 2,5 e 25 mU/ml. Metodo: ELISA o RIA. Peptide C Il peptide C deriva dalla scissione della proinsulina nell’apparato del Golgi nelle cellule . L’emivita del peptide C è più lunga dell’insulina. Questa misurazione offre una misura della capacità di secrezione delle cellule , dato che insulina e pepC sono in concentrazioni equimolari. Il vantaggio è che si può analizzare la funzionalità in soggetti con Ab anti-Insulina e chi è trattato con Insulina esogena. Valori: 0,66 – 2,5 ng/dl. Il test di stimolo del PepC permette di identificarne il livelo dopo 6 minuti e discriminare, quindi, tra IDDM e NIDDM. Può essere utile in sospetto tumore insulino-secernente. Hb-glicosilata Queste molecole sono frazioni di Hb che hanno la possibilità di legare glucosio dopo l’avvenuta sintesi. Il loro studio si basa sull’eletroforesi. La frazione più importante è l’HbAlc, che rappresenta il 4% dell’Hb totale di un soggetto sano. Il livello di HbAlc è indicativo della glicemia nei 2-3 mesi precedenti. I gruppi aminici primari formano legami covalenti con gruppi carbonilici,3 base di Schiff, in due tappe principali. A questo legame, con formazione di aldimina, segue un riarrangiamento intramolecolare con formazione di un composto chetoaminico stabile.4 Glu + NH2 (valina terminale) aldimina (base di Schiff) HbAlc Questa reazione è essenzialmente chimica, in quanto non interviene nessun enzima; si basa solo sulla concentrazione del glucosio. I metodi di studio più utilizzati sono quello microcromatografico ed elettroforetico. Questo trest è molto importante in medicina legale. Fruttosamine Questo dosaggio rileva l’iperglicemia delle ultime 2-3 settimane. Si valuta, infatti, la quantità di protene sieriche, principalmente l’Albumina, che ha emivita di 15-20 giorni, che sono glicate. I valori di fruttosamine sono 150-285 mmol/l. 3 4 Il gruppo glicosidico è un gruppo carbonilico. Reazione di Amadori. PROVE DINAMICHE OGTT – Oral Glucose Tolerance Test È la prova più usata. La metodica si base sulla somministrazione di glucosio anidro di 75 grammi sciolto in 250-300 ml di acqua e somministrato in 5-10 minuti.5 Questa prova va eseguita a riposo dopo 10 ore di digiuno. I prelievi vengono fatti su sangue venoso prima dell’assunzione di glucosio e, successivamente a questa, per 2 ore ogni mezz’ora.ù Nel diabete la glicemia dopo due ore dal carico deve essere superiore ai 200 mg/dl. In caso di intolleranza, questa sarà compresa tra 140 e 200 mg/dl. Per il diabete gestazionale i criteri sono più restrittivi: non deve superare i 190 mg/dl dopo 1 ora e i 170 mg/dl dopo 2 ore. Carico di glucosio e.v. Viene effettuato in pz con patologie a carico del sistema gastrointestinale che possono compromettere il risultato dell’esame. Il test si basa sulla somministrazione di 0,33 g/Kg di glu in soluzione al 33% per 3 minuti. Nel soggetto normale ciò comporta un immediato rialzo della glicemia ed una rapida risposta insulinica (picco max in 1-3 minuti). I prelievi vengono effettuati prima dell’iniezione e successivamente dopo 3, 10, 20, 30, 40, 50 e 60 minuti dopo. Si calcola un coefficiente K che dipende dalla quantità di glu iniettato ed indica assimilazione: pertanto è ridotto nel diabete. K = (0,693) x 100)/Tempo di dimezzamento della glicemia. In un soggetto normale, con 0,33 g/Kg di glucosio, K è in media 1,34. Si riduce quanto più è grave la patologia. Test alla Tolbutamide La Tolbutamide è in grado di stimolare le -cellule per la secrezione di insulina. Questa prova serve nello studio della riserva pancreatica di insulina. Si inietta e.v. 1 g di Tolbutamide in 3 minuti circa. I prelievi per la determinazione della glicemia ed insulinemia sono effettuati dopo 3, 5, 20, 30 e 60 minuti. Normalmente al 20° min la glicemia si abbassa dell’80%. Se quella del 20° min è > dell’80% e quella del 30° è > del 77% rispetto alla glicemia basale, si è di fronte ad un pz diabetico. Il picco dell’insulinemia nei soggetti normali si ha tra il 3° ed il 5° minuto, con una successiva rapida caduta fino al 20° minuto. 5 Per i bambini la dose è di 1,75 mg/kg; nella donna gravida è di 100 mg/Kg. Test al glucagone L’iniezione i.m. di glucagone determina un aumento dell’insulinemia per stimolo delle cellule ilari. Test di stimolo con a.a. L’infusione di 25 g di arginina in 20 minutio determina un aumento dell’insulinemia. Test di soppressione del PepC dopo insulina ESAMI PER LA RICERCA DI RESISTENZA ALL’INSULINA Ab anti-insulina: ICA, ICA-CF, ICSA, GCA, SCA; ruolo predittivo. Ab anti-recettore per insulina. Determinazione degli antigeni del sistema HLA: IDDM hanno DR3 e/o DR4 associato a B8, B18, DQ. Determinazione dei metaboliti intermedi: corpi chetonici, NEFA, diminuzione di Lattato e alanina. Lipidemia: nel diabete scompensato di tipo I vi è una ipertrigliceridemia superiore ad 1 g/dl con iperchilomicronemia da ridotta rimozione plasmatica. Nel diabete di tipo II si ha modesta ipertrigliceridemia (150-400 mg/dl), indice di aumentata lipidosintesi epatica. Valutazione dell’Uricemia – cap 7 L’acido urico è il principale catabolita purinico eliminato con le urine. è filtrato attraverso i glomeruli, riassorbito e secreto. URICEMIA I valori normali di uricemia sono 4-7 mg/dl nell’uomo e 3-6 mg/dl nella donna. L’iperuricemia può causare precipitazione nei tessuti, con insorgenza della gotta, caratterizzata da episodi ricorrenti di artrite acuta e dalla presenza di depositi uratici nelle articolazioni, nelle zone periarticolari e nel rene, con possibili danni. L’iperuricemia prevede due eziologie: Ipercatabolismo delle nucleo-proteine: spt nelle anemie emolitiche, anemie perniciose, altre emopatie, diete sballate, ma spt durante trattamento con antiblastici o raggi-X. Insufficiente escrezione renale dell’acido urico. URICOSURIA Il valore normale di uricemia è 250-750 mg/24h. Un aumento può essere legato a diete sballate o farmaci come salicilati che sono uricosurici. Questo eccesso di può portare alla precipitazione di calcoli di acido urico, quando il pH urinario è nettamente acido (< 5). La precipitazion di cristalli nella parte terminale del nefrome può portare ad IRA. DOSAGGIO DELL’ACIDO URICO NEL SANGUE I metodi sono di natura enzimatica mediante lo studio dell’uricasi. Acido Urico + H2O + O2 Uricasi Allantoina + H2O2 + CO2 Il perossido d’idrogeno è misurato mediante RT. Per la misura dell’ uricosuria è indispensabile eseguire la raccolta delle urine nelle 24 ore, in presenza di una soluzione di 10 ml di NaOH 2 M, per evitare la precipitazione di acido urico, perché è molto poco solubile a pH acido. Valutazione della funzionalità renale – cap 8 ESAME DELLE URINE Caratteristiche fisiche ed organolettiche Colore: varia in base alla concentrazione delle urine e l’alimentazione. Giallo paglierino: Vogel da I a III; urina normale. Giallo intenso: urine concentrate, come dopo attacchi febbrili o con urobilinogeno in eccesso – sbattendo fa schiuma. Giallo oro: rioflavina o tetracicline. Marrone-verdastro: bilirubina e biliverdina “vov o marsala”. Rosso limpido: mioglobina, Hb e barbabietole. Rosso bruno: metaHb – urine vecchie. Bruno nerastro: alcaptonuria. Blu-verde: Pseudomonas. Incolore: diabete insipido. Quantità: fisiologicamente 600-2.000 mg/24h. Aumento: poliuria; ha basso peso specifico nel diabete mellito, o in altre patologie renali, somministrazione di diuretici, eccesso di ingestione di liquidi. Diminuzione: oliguria; disidratazione eccessiva, vomito, febbre, diminuito apporto d’acqua. Assenza: anuria; <40-50 cc. Odore: sui generis; può andare in contro a variazioni acide, solforose, ammoniacali. Tipica e del tutto normale è l’odore dopo ingestione di asparagi. Nella fenilchetonuria si ha odore “a urine di topo”. Aspetto: ad occhio nudo. Torbidità: diminuisce con acido acetico – fosfati e carbonati. Aumenta con acido acetico – proteine e cellule di sfaldamento Lattescenza: piuria, lipuria (da danno renale) e chiluria (linfa). Densità: 1.016 – 1.022; è indice di capacità di concentrazione renale. Poco dense: assunzione di molti liquidi. Molto dense: aumento metabolismo basale, febbre, attività fisica. pH: 4,5-6,5; è espressione della regolazione dell’equilibrio acido-base. È modificato da tutto: cibo, bevande, attività fisica, temperatura, ventilazione polmonare. Si studia mediante strisce reattive. Caratteristiche chimiche 1 Proteine: max 150 mg/24h: 16 mg albumina, 6 mg Ig, 70 mucoproteine, 16 mucopolisaccaridi ed il resto sono ormoni ed enzimi. La proteinuria ortostatica, da sforzo e da febbre, sono intermittenti e di poco >1g. Le proteinurie patologiche sono divise in: Minime: 0,5 g/l, come in GN e nel rene policistico. Moderate: GN acuta, mieloma multiplo. Grave: LES e GN acuta. La proteinuria può anche essere distinta in glomerulare, selettiva e non, e tubulare. La tubulare è contraddistinta solo da proteine a bassi peso molecolare. La proteinuria può dipendere da: cistiti, prostatiti, uretriti. Si usa il metodo turidimetrico: aggiunta di 1 ml di acido solfosalicilico al 20% in 78 ml di urine, la lettura è praticata ad occhio nudo dopo 5 minuti.1 La proteinuria di Bence-Jones ha notevole significato prognostico nei casi di disprotidemia mielomatosa. Si valuta constatando che un intorbidimento dell’urina, verificabile a 50-60°C, scompare con ulteriore riscaldamento a 100°C, ricomparendo raffreddandosi. Glucosio: è normalmente non percepibile perché si aggira sui 0,1 g/l. la sensibilità delle strisce va da un minimo di 0,3 g/dl. Si usa la reazione glucosio ossidasiperossidasi, utile solo per glucosio: diabete mellito, renale e danno tubulare. Corpi Chetonici: fino a 20 mg/24 h nei soggetti sani. Diabete mellito, gravidanza, hanno una chetonuria elevata, misurata con la prova di Legal.2 Sangue Ematuria: rosso torbido per la presenza di corpuscoli; può essere d’origine ureterale, vescicale, prostatica, uretrale ed extrarenale. Nei casi di sola microematuria (raro reperto di emazie), bisogna escludere la natura emotiva, da sforzo o da freddo. Se per + di 6-12 mesi con proteinuria GN. Emoglobinuria: 500.000 gr/24h. I metodi comuni rilevano Hb > o,1 mg/l corrispondente a 3.000.000 gr. I falsi positivi sono da attribuire a mioglobinuria (rabdomiolisi) e batteriuria. Urobilinogeno: 1 mg/24h. Hanno valore prognostico solo valori elevati, tipici, ad esempio, di malattie emolitiche. I metodi sono basati sull’uso di sali di diazonio. Pigmenti biliari: nelle persone sane sono assenti. Compaiono solo quando il livello ematico supera i 2mg/dl. Si basa su sali di diazonio. Oltre a tutte questi valori principali, bisogna ricordare che molti altri valori possono essere usati come indagini: Ca2+ in terapie da mineralizzazioni ossee, Pb in malattie professionali, prodotti di degradazione del fibrinogeno in turbe dell’emostasi. 1 2 Piuria e batteriuria possono dare falsa positività. Colorazione rosso-violetta con nitroprussiato di sodio e NaOH, che dà pH alcalino ed acido acetico. 2 Esame del sedimento Raccolta delle urine per lo studio del sedimento: Urine del mattino. Assenza di intensa attività fisica. Pasto leggero o digiuno. Pulizia dei genitali. Mitto intermedio o meglio urina di 2 ore. Antidiuresi (urine concentrate). Corretta centrifugazione. Rimozione del volume fisso sovranatante. Risospensione delicata del precipitato. Trasferimento sul vetrino di un volume fisso di urina. Apposizione di un coprioggetto. Leucociti: PMN e non sempre ha significato patologico. Cistiti acute e croniche, prostatiti, uretriti, TBC renale, calcolosi renale, sono le cause più frquenti. Sono anche riscontrabili eosinofili in nefrite interstiziale da farmaci, e linfociti (nella GVHD). Cellule epiteliali: sfaldamento della mucosa delle base vie. Non hanno significato patologico. Poligonali e larghe: vagina o uretra. Piccole e numerose: uretere. Tubulari: danno nefronico. Cilindri: derivano da proteine, come la Tamm-Horsfall dall’ansa di Henle, che gelificano nel lume tubulare assumendone la forma. In genere hanno una forma allungata e presentano una coda. Possono contenere emazie, leucociti etc. ed hanno significato patologico. Sali e cristalli: la loro presenza è significativa solo se se ne trovano alte quantità. Precipitano in base al pH. pH acido: precipitazione di cristalli di acido urico. pH basico: precipitazione di cristalli di ossalato, tipico del vegetariano. I vari tipi di cristallo sono: Ossalato: biancastro, a forma di lettera o X, urine basiche. Fosfoammoniomagnesio: a forma di coperchi di bare, urine acide. Cistina: trasparenti ed incolori, esagonali, urine acide. Acido urico: bruno rossiccio, forma variabile, in caso di gotta, urine acide. La terapia si basa su dieta, allopurinolo e FANS. 3 Globuli rossi: per abnorme passaggio attraverso la membrana glomerulare o per sanguinamento delle vie urinarie. Bisogna valutarne la morfologia. Altri reperti Bastoncelli: batteri e miceti che formano catenelle e protozoi quali Trichomonas. Artefatti di laboratorio: bolle d’aria e filamenti di muco e filamenti vegetali. Lettura del sedimento Valutazione di pH, peso specifico e Hb del campione.3 Conoscenza dei valori del soggetto normale. Osservazione a vari ingrandimenti di diversi campi. Quantizzaziion degli elementi osservati. Stesura adeguata del referto. Tipi di microscopi usati Contrasto di fase. Campo chiaro. Contrasto interfunzionale. Immunofluorescenza. Microscopio elettronico. Colorazioni per il sedimento Generali o sopravitali. Specifiche per eosinofili, istiociti e linfociti. Raccolta dei campioni Esame routinario completo: 10 ml di urina in apposita provetta. Raccolta di due ore: dopo svotamento, si raccoglie urina prodotta in due ore. 24 ore: lo stesso ma per 24 ore. Alcune ricerche particolari ricerche ormonali: 17-chetosteroidi e 11-idrossi-corticosteroidi. VMA e metanefrina: eliminare 48 ore prima farmaci contenenti catecolammine. Catecolammine: eliminare 48 ore prima caffè, frutta, cioccolato etc. Uroporfirine: evitare esposizione alla luce. Porfobilinogeno: raccolta con Na2CO3. Acido ippurico: 48 ore prima dieta senza pere e prugne. EQUILIBRIO ACIDO-BASE ACIDI, BASI e pH 3 L’alcalinità distrugge i cilindri. 4 Acido: sostanza che in acqua è capace di cedere H+ HA + H2O H3O+ + A- ; HA H + + ABase: sostanza che in acqua è capace di accettare H+ 4 B + H2 O BH+ + OH- ; B + H BH Gli acidi e le basi sono distinti in forti e deboli e la loro forza può essere misurata applicando la legge di azione di massa5. All’equilibrio, ricordando che la quantità di acqua può ritenersi costante: Acido: ([A-] [H3O+])/[HA] = Ka, ove Ka è la costante di ionizzazione dell’acido, che è la misura della forza dell’acido; Base: ([BH+] [OH-])/[B] = Kb, ove Kb è la costante di ionizzazione della base, che è la misura della forza della base. Anche l’acqua, subendo un processo di autoprotolisi, è, all’equilibrio, una miscela di acidi e basi: H3O+ + OH2H2O Analogamente per gli acidi e le basi suddette, si ha: [H3O+] [OH-] = Kw, ove Kw è il prodotto ionico dell’acqua ed a 25°C vale 1,0 x 1014 . Nell’acqua pura [H3O+] deve essere uguale a [OH-], dunque: [H3O+] = [OH-] = 10-7 In una soluzione per aggiunta di un acido può aumentare [H3O+], mentre per aggiunta di una base può diminuire, ovvero aumentare [OH-]; una soluzione può essere: acida: [H3O+]>10-7; neutra: [H3O+]= 10-7 basica: [H3O+]<10-7 Questi valori possono essere espressi in forma logaritmica decimale anziché in forma esponenziale: pH = -log [H3O+]. Una soluzione, infine, è acida se pH < 7, neutra se pH = 7, basica se pH > 7. Sistemi tampone I sistemi tampone si basano sulla teoria di Brönsted e Lowry. Normal Range pH: 7,37 – 7,43. Questo valore di pH è fondamentale per lo svolgimento delle funzioni fisiologiche dell’organismo che, come si sa, sono legate alla perfetta funzionalità degli enzimi. Una variazione del pH può compromettere in maniera assai grave la vita delle cellule. L’evoluzione ha fatto si che si formassero dei meccanismi capaci di regolare il pH verso un livello standard; questi meccanismo sono detti sistemi tampone. Ogni tampone è caratterizzato dalla presenza di un acido ed una base coniugati, entrambi moderatamente deboli. In soluzione sono all’equilibrio tramite la reazione: 4 Ne consegue che una base è anche una sostanza capace di liberare ioni OHLa legge di azione di massa regola le reazioni all’equilibrio dinamico: all’equilibrio, il rapporto tra i prodotti delle [prodotti] e i prodotti delle [reagenti], elevate ad una potenza pari al coeff. stechiometrico, è costante a temperatura costante. Se Keq è grande, la reazione è spostata verso i prodotti, se piccola, verso i reagenti, se prossima all’unità, è tendente all’equilibrio dinamico.. 5 5 HA+ H2O A - + H 3 O+ Se viene aggiunto un acido forte a questo sistema, l’equilibrio tende a spostarsi verso dx, per l’aumento di [H3O+]. Nonostante la presenza dell’acido forte, [H3O+] non aumenta come previsto per la presenza della base debole del sistema tampone che tede a ristabilire l’equilibrio aumentando [HA]. All’opposto, se viene aggiunta una base H+ e OH- reagiscono sostando l’equilibrio verso sx, ma HA si dissocia più del normale, limitando la diminuzione di H+. Plasma e sangue Il pH fisiologico del sangue e dei liquidi extracellulari in genere è tra i 7,37 – 7,43, corrispondente ad una [H+] arteriosa 40 mEq/L; nel sangue venoso il pH è inferiore di 0,02 unità. Tale pH è mantenuto costante nonostante le cellule espellino scorie metaboliche basiche e scorie metaboliche acide (circa 72 mEq di H+ e 25 mol CO2 pro die). I margini entro cui [H+]L.E.C. può variare sono ristretti, da 16 a 160 nmol/l. Il viraggio verso l’acidità è caratterizzato da: CO2; Acido lattico del lavoro muscolare; Acidi da chetosi diabetica (ac acetico, acetacetico, ac. -idrossibutirrico); Ingestione di sali acidificanti (NH4Cl e CaCl2); Patologie renali per scarso recubero di bicarbonati. Il viraggio verso la basicità è caratterizzato da: Frutta per alto contenuto di Na+ e K+ con ac. organici deboli, i cui anioni sono metaboliizati a CO2, lasciando nel corpo NaHCO3 e KHCO3. Ingestione di NaHCO3 e KHCO3 ed altri alcali; Vomito e diarrea. È importante ricordare che il pH del sangue è quello del plasma vero e cioè del plasma che si è equilibrato con Hb negli eritrociti. Tamponi extracellulari Proteine: i gruppi carbossilici e aminici in soluzione e all’equilibrio sono dissociati e possono accettare o cedere H+; Hb: i gruppi imidazolici dei residui istidinici. A pH tra 7,0 e 7,7 questi residui contribuiscono poco, ma la molecola di Hb presenta 38 residui istidinci e, quindi, risulta uno dei tamponi più efficienti. Tampone H2CO3-HCO3- e sistema respiratorio/renale: il sistema bicarbonato-ac.carbonico è quello più efficiente, perché mentre questi tende a regolare il pH ematico, altri apparati, respiratorio e renale, sono impegnati nel suo mantenimento. Per questo sistema tampone all’equilibrio si ha: ([H+] [HCO3-])/[H2CO3]) = K [H+] = K [H2CO3] / [HCO3-] 6 [H+] = PaCO2 / [HCO3-] 6 [H+] = 40 mEq/L pH = 7,40 Normal Ranges: PH = 7,37 – 7,43; PaCO2 = 36-44 mmHg; [HCO3-] = 22-26 mEq/L; PaO2 = 103,5 – (0,43 x età)7 Il sistema respiratorio è regolato dai chemocettori aortici e carotidei, stimolati dall’elevata [H+] e dall’elevata PaCO2, mentre sono depressi se [H+] è bassa e se PaCO2 è bassa. Ad un aumento della [CO2] o una diminuzione di pH, il sistema respiratorio risponde con una iperventilazione e viceversa con una ipoventilazione. Il sistema renale presenta diverse vie per preservare il pH: Risparmio del Na+: fondamentale è la presenza di una pompa Na+-K+-ATPasi che trasporta 1 Na+ nel L.I.C. e 1 K+ nella cellula del tubulo. Da qui K+ per diffusione tende a ritornare nel L.I.C.; CO2 e H2O sono convertiti dall’anidrasi carbonica8 in H2CO3 che subito si dissocia in HCO3- e H+; dato il deficit di Na+, H+ è escreto nel lume del tubulo e Na+ è riassorbito dal lume. Per ciascun H+ escreto, sono riassorbiti un Na+ ed un HCO3-. Riutilizzo di CO2 e uso del tampone fosfato: quando vengono riassorbiti tutti HCO3-, si potrebbe acidificare l’urina. Nel liquido tubulare è presente il tampone HPO42-/H2PO4- che evita che ciò accada. CO2 e H2O sono assorbiti dal capillare 6 per effetto della respirazione, [H2CO3] è direttamente proporzionale alla PaCO2 mediante la costante , coefficiente di dissociazione CO2, dato che CO2 + H2O H2CO3 H+ + HCO3-. PcCO2. = 0,0301; PaCO2 = 40 mmHg. 7 Sono presenti cambiamenti fisiologici della [O2] arteriosa in base all’età, così come è diversa PA [O2] 100 mmHg da Pa [O2] 95 mmHg, data la presenza di shunt artero-venosi, ovvero anastomosi tra arterie e vene polmonari; 1,2% dell’intera G.C. non passa attraverso il microcircolo. 8 La formazione di H2CO3 è catalizzata dall’anidrasi carbonica; molti diuretici inibiscono questo enzima deprimendo l’escrezione di acido; è questo il caso dell’alcalosi respiratoria. 7 peri-tubulare e si ha la formazione di H+ e HCO3-. H+ viene escreto nel tubulo in scambio di Na+ che è legato al tampone fosfato sottoforma di fosfato bisodico; si forma fosfato monosodico che è eliminato; Na+ una volta liberato, entra nella cellula del tubulo e si lega a HCO3- ed è liberato nell’interstizio sottoforma di NaHCO3. Tampone NH3/NH4+: i mitocondri delle cellule dl tubulo producono NH3 ad opera della glutaminasi che scinde il ruppo amidico della glutamina formando ac.glutammico e ammoniaca. NH3 nel tubulo cattura H+ della reazione dell’anidrasi carbonica e per bilancio elttrolitico è riassorbito il Na+ nel tubulo. Tamponi intracellulari Ubiquitario: tutte le cellule accettano H+ e lasciano K+; rischio di ipercalemia; Osteociti: le cellule dell’osso accettano 2H+ per Ca2+; a lungo andare, rischio di osteomalacia, osteoporosi etc. Gap Anionico La valutazione dell’equilibrio acido-base deve comprendere sempre il calcolo del gap anionico. Per la legge dell’elettroneutralità, la somma delle cariche positive deve eguagliare quella delle cariche negative. Poiché la concentrazione del sodio è maggiore della somma delle concentrazioni dei bicarbonati, si determina l’anion gap. 8 Il GA esprime la differenza sierica tra [anioni] e [cationi]; in realtà [anioni] dovrebbe essere uguale a [cationi]. [cationi] = Na+ + K+ + CNM; [anioni] = HCO3- + Cl- + ANM9. Na+ + K+ + CNM = Cl- + HCO3- + ANM Dato che K+ è nel plasma in piccolissime quantità, può essere compreso tra CNM, quindi: Na+ - (Cl- + HCO3-) = ANM – CNM Pertanto il gap anionico è ANM – CNM che è 8-16 mEq/L ( 12 mEq/L). Può aumentare con l’aumento di albumina. Aumento con normali livelli di albumina: Acidi senza cloro; Aumento di solfato e fosfato; Chetoacidi (diabete); Lattato; Salicilati o tossine; Aumento carica ionica albumina (per alcalosi). Può risultare diminuito: Aumento cationi non misurabili; Aumento di Cloro (diarrea); Cationi esogeni come Litio; Ig cationiche; Diminuzione [albumina]; Riduzione carica ionica albumina (per acidosi); Iperlipidemia marcata. Patologie Nota bene: la [K+] plasmatica risente sempre delle variazioni di pH. Acidosi: aumento della potassiemia perché gli ioni H+ sono scambiati con K+ intracellulare. Alcalosi: diminuzione della potassiemia. La potassiemia aumenta o riduce di 0,6 mEq/l per ogni modificazione di pH di 0,1. Acidosi metabolica: massimo impiego ed incapacità dei bicarbonati a neutralizzare radicali acidi di qualsiasi provenienza. pH diminuito (7,25 – 7,35); HCO3- diminuito (circa 10 mEq/L); PaCO2 diminuita (20-30 mmHg per iperventilazione); PaO2 aumentata o normale. 9 CNM: cationi non misurabili; ANM: anioni non misurabili, anche proteine anioniche, fosfati, solfati e anioni inorganici. 9 Nell’acidosi metabolica pura, per ogni mEq di diminuzione di HCO3-, PaCO2 diminuisce di 1,2 mmHg. Cause: Invasione esogena o endogena (diabete o acidosi lattica); Insufficienza renale acuta (acidosi tubulare tipo secondo; no NH4+; no H+) Fuga di basi dall’intestino (colera, diarrea). Ingestione di salicilati e ClNH4. Iperpotassemia: Addison o ipoaldosteronismo. Compenso: Sistemi tampone: Hb, bicarbonato e fosfato. Compenso respiratorio: diminusione pCO2. Difesa renale: escrezione di acidi. Si apprezza iperventilazione per stimolazione del centro del respiro. Nelle acidosi metaboliche il gap anionico è di norma aumentato, mentre è diminuito in caso di diarrea7. Le forme di acidosi metabolica possono essere legate o meno, ad un aumento del gap anionico. Una acidosi con gap anionico normale è una condizione legata ad ipercloremia. Perdita gastroenterica di bicarbonati (diarrea). Perdita renale di bicarbonati. Uso di acetazolamide, inibitore dell’anidrasi carbonica. Una acidosi con gap anionico aumentato è legato a: Aumento della produzione di acidi. Ingestione di sostanze tossiche come i salicilati.11 Insufficiente escrezione di acidi. Ingestione di metanolo e glico-etilenico. Acidosi respiratoria: massimo impegno ed infine insufficiente escrezione respiratoria di CO2 (ipercapnia); gli H+ ritenuti provengono dai bicarbonati che non riescono a bilanciare il danno. pH diminuito o non modificato se c’è compenso; PaCO2 fortemente aumentata (70 – 80 mmHg); HCO3- aumentati (30 – 50 mEq/L per esaltato riassorbimento renale)12; PaO2 diminuita. PIO2 è circa 150 mmHg, ma nell’alveolo PAO2 è circa 100mmHg per la presenza del vapore acqueo. Per conoscere PAO2, bisogna applicare la seguente: PAO2 = PIO2 – (1,25 x PaCO2)13 PAO2 100 mmHg; PaO2 95-96 mmHg per la presenza degli shunt arterovenosi. Nella Acidosi Metabolica da diarrea si ha ipercloremia per l’iperattivazione della pompa HCO3-/Cl- intestinale. Stimolano il centro del respiro con diminuzione di pCO2 e conseguente acidosi metabolica. 12 Se è scompensata, il livello dei bicarbonati si riduce attorno ai 25 mEq/L. 13 1,25 è il coefficiente respiratorio di scambio: rapporto consumo O2 e produzione CO2; 1,25 O2 1 CO2. CO2/O2 = 0,8: quoziente respiratorio. 7 11 10 Un aumento di 10 mmHg CO2 corrisponde ad un aumento di 3,5 mEq/L HCO3-. Se pH 7,6, si ha un disturbo misto, poiché si sfocia nell’Alcalosi respiratoria; Se si ha HCO3- fortemente aumentata si può avere Alcalosi metabolica. Se HCO3- è fortemente diminuita si ha iperventilazione. In casi in cui PaCO2 è troppo alta, 100 mmHg, bisogna intubare il paziente, ma dopo l’intubazione può andare nuovamente in crisi. Cause: Compromissione centri e/o vie respiro (infiammazioni, tumori pontini, traumi etc.); Compromissione apparato respiratorio (fratture, BPCO, enfisema, polmonite etc., sindrome di PICKWICK); Compenso: CO2 in eccesso diffonde nel globulo rosso. Si ha cianosi, sudore, confusione mentale, cefalea e iperventilazione; la situazione può peggiorare in coma ipercapnico e morte per ipossia. Sindrome acuta Caratterizzata da insorgenza breve, presenta pH 7,20, PaCO2 80 mmHg, HCO338 mEq/L e PaO2 40 mmHg; è caratterizzata da ipossia; è frequente nei soggetti anziani, spesso fumatori ed enfisematosi, dovuta a lievi infezioni. Un aumento di 10 mmHg PaCO2 corrisponde ad un aumento di 1 mEq/L HCO3-, per assenza di compenso renale che è cronico. Sindrome cronica Presenta un aumento PaCO2 protratto nel tempo. Spesso pH è normale o ridotto. Un aumento di 10 mmHg PaCO2 corrisonde a aumento 3-4 mEq/L HCO3-. Alcalosi metabolica: aumento [HCO3-] senza un proporzionale aumento di PaCO2. pH aumentato (7,45 o OK se compensata); PaCO2 lievemente aumentata o normale; HCO3- aumentati; PaO2 normale Un aumento di 10 mEq/L HCO3- corrisponde ad aumento di 2-3 mmHg CO2. Cause: Ipopotassemia (con passaggio di H+ in cellule); Eccessiva somministrazione di alcali (apporto di bicarbonato); Perdita di acidi (vomito incoercibile); Perdita renale (uso di lassativi, eccessivi mineralcorticoidi, iperaldosteronismo primitivo di CONN, ipercalcemia – tetanismo da alcalosi -). Compenso: Sistemi tampone con H+ nel compartimento cellulare. Compenso respiratorio: ipoventilazione. Compenso renale: aumentata escrezione di bicarbonati. Alcalosi respiratoria: diminuzione della pCO2 per aumento della ventilazione. pH aumentato; PaCO2 diminuita; 11 HCO3- diminuita; PaO2 aumentata, ok o diminuita. Una diminuzione di 10 mmHg PaCO2 corrisponde a diminuzione di 5 mEq/l HCO3-. Cause: Iperventilazione volontaria o respirazione in ambienti umidi o surriscaldati; Grandi altitudini ed esercizio fisico a grandi altitudini; Intossicazione da salicilato; Setticemie da Gram -, come polmonite14; Coma epatico per probabile stimolazione del centro del respiro. PaO2 può variare: Diminuita per ipossiemia da polmonite, fibrosi interstiziale15, embolie polmonari16, tumori pontini, infiammazioni etc… Normale se compensata; Aumentata nelle anemie e talassemie per iperventilazione; ipotensione; elevata altitudine. Compenso: Azione dei tamponi: liberazione di H+ dalle cellule. Azione renale: diminuzione di assorbimento dei bicarbonati e della escrezione di H+; aumenta, così, escrezione di sodio e potassio. Ac. Met. Ac. Resp. Alc. Met. Alc. Resp. PH Bicarbonato pCO2 EMOGASANALISI La valutazione dell’equilibrio acido-base impiega analizzatori automatici capaci di effettuare contemporaneamente la misura del pH, della pCO2, della pO2 e dell’Hb. Il dosaggio è effettuato su un piccolo campione di sangue, 125 nl, pelevato con una siringa eparinizzata, dell’arteria femorale o omerale. L’analizzatore comprende elettrodi speciali ed un fotometro. Misurazione di pH Si serve di un elettrodo di vetro sensibile al pH. Si genera, per scambio ionico, V proporzionale alla differenza di pH che c’è tra le soluzioni separate dal vetrino. Valore: 7,37 – 7,43. Misurazione della pCO2 14 Il paziente si presenta con febbre, dispnea, dolore puntorio di stimolazione pleurica, brividi; spesso ha torace iperespanso, epatizzazione alveolare, rinforzo di FVT, ipofonesi o afonesi, assenza di mormore vescicolare e soffio bronchiale. 15 La fibrosi interstiziale stimola i recettori IOTA dell’interstizio alveolare determinando iperventilazione. 16 Insufficienza ventricolare sx ipertensione microcircolo trombo embolia polmonare ipossiemia. 12 Si serve dell’elettrodo di Seringhaus e Bradley, rivestito da una membrana di teflon. La CO2 diffonde attraverso la membrana in funzione del gradiente pressorio. Attraversata la membrana ed a contatto con HCO3 e NaCl, si idrata e produce acido carbonico secondo la seguente: CO2 + H2O H2CO3 H- + HCO3 Si crea, così, una variazione di pH proporzionale alla quantità di CO2 penetrata e, quindi, alla sua pressione parziale. Valori: 36-44 mmHg. HCO3-: 22-26 mEq/l. Misurazione della pO2 Si serve dell’elettrodo di Clarke, riempito con una soluzione elettroconduttrice con KCl a debole concentrazione in tampone fosfato, rivestito da una membrana di propilene. O2 diffonde attraverso la membrana fino alla superficie del catodo; tra catodo ed anodo è presente una V di 630 mV: Se non è presente O2, non ci sarà riduzione. Se è presente O2, si genera una corrente elettrica proporzionale alla tensione di O2. Valore: 96 mmHg. PaO2: 103,5 – (0,43 x età) mmHg; sono presenti cambiamenti fisiologici della [O2] arteriosa in base all’età, così come è diversa PA [O2] 100 mmHg da Pa [O2] 95 mmHg, data la presenza di shunt artero-venosi, ovvero anastomosi tra arterie e vene polmonari; 1,2% dell’intera G.C. non passa attraverso il microcircolo. Dosaggio dell’Hb Si basa sulla legge di Beer, secondo la quale, la quantità di luce monocromatica assorbita da una soluzione colorata è funzione esponziale della sostanza assorbente presente in soluzione. Valore: 15 g% - 12,5 – 15,5 g/dl. Basandosi su questi 4 valori, si può ricavare: Bicarbonati. CO2 totale plasmatica. Eccesso di basi. Saturazione di O2. AZOTEMIA L’azoto totale del plasma comprende: Azoto proteico delle plasmaproteine. Azoto non proteico o incoagulabile: misurato previo allontanamento delle plasmaproteine per coagulazione. 13 Per azotemia si intende la quantità di azoto non proteico presente in 100 ml di sangue. Questo valore comprende l’azoto dell’urea, della creatina, della creatinina, degli aminoacidi, l’ammoniaca e l’acido urico. Valori a digiuno: 20 – 40 mg%. Di questi sono 10-15 mg appartengono all’urea. L’iperazotemia è un aumento della [azoto non coagulabile] nel sangue > 40 mg%. Può aumentare per: Ritenzione ureica a livello intestinale, cutaneo o pericarido. Iperazotemie glomerulari. Iperazotemie tubulari. Iperazotemie extrarenali: edemi, shock, emorragie. Urea È il più importante catabolita azotato. Proviene dal ciclo di aminoacidi azotati, il ciclo dell’urea. Valori: 10 – 15 mg/dl; 3,3 – 7,5 mmol/l. Metodo: misura colorimentrica basata sull’idrolisi enzimatica dell’urea. Urea + H2O 2NH3 + CO2 UREASI L’ammoniaca prodotta dall’urea può essere misurata mediante la reazione seguente: NH3 + -chetoglutarato + NADH + H+ GLDH glutammato + NAD+ + H2O Si misura la variazione di A a 340 nm. Creatina Siero Donna: 0,35 – 0,93 mg/dl. Uomo: 0,17 – 0,70 mg/dl. Urine Donna: 0,80 mg/dl. Uomo: 0,40 mg/dl. Metodo di misura: la creatina regisce con il diacetil-1-naftolo in ambiente alcalino, formando un cromoforo rosso. Spettrofotometricamente si misura la diminuzione di A a 340 nm dall’ossidazione di NADH. Cretina + ATP CREATINA CHINASI fosfocreatina + ADP ADP + fosfoenolpiruvato PK ATP + Piruvato Piruvato + NADH + H+ LDH lattato + NAD+ 14 Un aumento della creatinemia o della sua velocità di escrezione renale è osservabile in malattie muscolari croniche come la distrofia muscolare. Un aumento della creatinuria si ha in corso di artrite reumatoide o sforzo fisico prolungato. Creatinina La Creatinina è l’anidride della creatina. Valori: 0,5 – 1,20 mg/dl. Metodo: analisi spettrofotometrica a 340 nm, con la reazione seguente. Creatinina + H2O CREATININA AMIDOIDROLASI creatina. Continua come per la Creatina. La clearance17 delle Creatinina può essere usata per stimare la VFG in sospetta insufficienza renale acuta o cronica. Nota bene: urea e creatinina aumentano in modo sensibile nel sangue in corso di insufficienza renale acuta o cronica. Ammoniaca Valori: 20-80 g/dl. Metodo: enzimatico mediante la seguente. -chetoglutarato + NADPH + NH4+ GLDH glutammato + NADP+ + H2O Si misura la variazione di A a 340 nm. La misura dell’ammoniemia è utile in sospetta encefalopatia epatica e S. di Reye. Acido Urico Vedi capitolo sulla valutazione di uricemia e uricuria. EQUILIBRIO IDRO-ELETTRICO Il rene è un organo essenziale per l’omeostasi idro-elettrica, grazie ai suoi processi di escrezione e riassorbimento, mantenimento dell’equilibrio idrico, sotto il controllo di ADH. Oltre ai bicarbonati, K+ e Na+ e Cl-, i più importanti sono Ca2+, Mg2+ e PO43-. Valutazione dell’equilibrio ionico Si basa sulla misura delle concentrazioni plasmatiche di sodio, potassio e cloruro. Valori di riferimento: Elettrolita Sodio 17 Plasma (mmol/l) 135-145 Urina 24h (mmol) 95 – 310 La clearance è il V di plasma da cui un’analita può essere completamente eliminato con le urine nell’unità di tempo. 15 Potassio Cloruro 3,6 – 5,5 98 – 109 40 – 100 80 – 270 La sodiemia riflette il reale contenuto dello ione nell’organismo (ed anche dell’acqua), per la localizzazione extracitoplasmatica. Le variazioni di cloruremia seguono fedelmente quelle della sodiemia.18 Natriemia – Sodiemia Iposodiemia: vomito, diarrea, sudorazioni, ustioni, diuretici, Addison, stati edematosi. Ipersodiemia: insufficiente apporto idrico, diuresi elevata, come nel diabete insipido, diabete mellito, perdita d’acqua gastrointestinale o cutanee. Kaliemia – Potassiemia Ipopotassiemia: apporto inadeguato, infusione senza K, perdite renali, diuretici, trauma severo, cirrosi. Iperpotassiemia: disidratazione, insufficienza renale, ipoaldosteronismo, Addison, farmaci anti-aldosteronici (spironolattone). Valutazione bilancio idrico L’acqua nell’organismo è presente per circa il 67% nelle cellule, per il 25% nell’interstizio e per l’8% nel plasma. La concentrazione dei sodio e l’osmolarità sono i valori più indicativi di iperidratazione o disidratazione. Una sodiemia di 150-160 mmol/l, ad esempio, indica disidratazione moderata. L’osmolarità del siero, così come quella dell’urina, sono valutate mediante un osmometro, che consente di risalire all’osmolarità dall’abbassamento del punto di congelamento del liquido in esame. Valori POSM: 280-295 mOsm/Kg. Valori POSM urina: 300 – 900 mOsm/kg. Metodi di misura Sodio: fotometria di emissione e potenziometria con elettrodi iono-selettivi. Potassio: fotometria di emissione e potenziometria con elettrodi a valino-micina.19 Cloro: come sodio. Ioni calcio, magnesio e fosfato Il calcio è il minerale di gran lunga più abbondante. Un individuo di 70 Kg contiene circa 25 moli di Calcio. I fosfati sono circa 21 moli ed il 99% si trova nel tessuto osseo. Il prelievo viene effettuano in assenza di stasi venosa, perché determinerebbe una ipeproteinemia locale, con emoconcentrazione. Va effettuata a digiuno e bisogna 18 Eccetto per sistuazioni quali vomito perdurante o compromissione renale. L’emolisi costituisce una grave causa di alterazione della misura del potassio sierico: 0,3 – 0,5 mmol/l per 100 mg/dl Hb fuoriuscita dai GR. 19 16 evitare l’emolisi. Per la misura si usano 50 ml HCl 3 moi/l per avere un pH < 2 affinché non si abbia precipitazione di fosfati od ossalati. Calcemia: 2,20 – 2,65 mmol/l – 8,5 – 10,6 mg/dl. Ipercalcemia: neoplasie, iperparatiroidismo. Si ha astenia, sete, poliuria, nausea e vomito. Ipocalcemia: ipoalbuminemia, ipoparatiroidismo; si ha tetano e depressione, paretesie. Calciuria: Donna: 2,3 – 9 mmol/24h; 100-360 mg/24h. Uomo: 2,5 – 10,0 mmol/24h; 100-400 mg/24h. Aumentata calciuria: iperparatiroidismo.20 Diminuita calciuria: ipoparatiroidismo ed ipercalcemia familiare ipocalciurica. La calcemia e la calciuria si studiano mediante precipitazione. Fosfatemia: 3,5 – 4,5 mg/dl. Ipofosfatemia: iperparatiroidismo ed ipovitaminosi D. Iperfosfatemia: ipoparatiroidismo ed ipervitamnosi D. Fosfaturia: 3-42 mmol/24h; 400-1300 mg/24h. Aumentata fosfaturia: maggior assorbimento e processi osteolitici. Diminuita fosfaturia: diminuito assorbimento, gravidanza, allattamento. La fosfatemia e la fosfaturia si studiano mediante la formazione del complesso fosfomolibdato. Magnesio: Siero: 1,5 – 2,6 mg/dl; 0,62 – 1,07 mmol/l. Urine: 15-300 mg/24 h. 20 Ipoparatiroidismo: ipocalcemia + iperfosfatemia. Iperparatiroidismo: ipercalcemia ed ipofosfatemia. 17 Prove di laboratorio nell’Ipertensione Arteriosa Diagnosi di ipertensione Anamnesi ed esame obiettivo. Misurazione pressoria. Esame urine: densità, colore, quantità, proteinuria, clindruria, ematuria o emoglobinuria; tutti questi sono indici diretti o indiretti di patologia renale, tenendo conto del suo ruolo nella regolazione pressoria. Azotemia. Creatininemia. Uricemia. Kssiemia, Namia. Assetto lipidico: rischio aterogeno. Glicemia. ECG ed ECO. Dosaggio dell’attività reninica plasmatica Anche se la renina è prodotta in grande quantità, il suo funzionamento è molto basso. I suoi effetti, in realtà, vanno riferiti alla quantità di Angiotensina I 1 prodotta nel tempo (ng/ml/h). il dosaggio avviene con metodo radioimmunologico, con uso di inibitori delle proteasi che possono fare lo stesso sporco lavoro. Per stabilizzare l’angiotensinogeno, inoltre, ne viene aggiunta, inoltre, una quantità fissa e saturante, permettendo alla renina di funzionare al meglio. È aggiunto EDTA per bloccare l’ACE e l’angiotensinasi. Per la presenza di prorenina che può andare incontro a crioattivazione, la PRA va effettuata a temperatura ambiente. Lo studio della PRA in condizioni basali è utile in tutti gli ipertesi perché l’ipertensione reno-vascolare (da stenosi dell’arteria renale) ed i tumori renali renina-secernenti sono accompagnati da un aumento della PRA. Nell’iperaldosteronismo primitivo la PRA è soppressa. Altri esami nella valutazione della ipertensione secondaria: Feocromocitoma: adrenalina stimola i miocardiociti, mentre la noradrenalina stimola la contrazione delle fibrocellule muscolari lisce della parete arteriosa. È legato a episodi di crisi ipertensiva. La misura sierica si basa sull’assorbimento della catecolamine su albumina-gel e lette con la fluorimetria, oppure dosate con RIA. I valori sono circa 100-500 ng/l. Se si riscontrano valori medio-alti si procede con il test provocativo: Test alla Fentolamina: la Fentolamina è un -bloccante; si somministrano 5 mg i.v. che determina riduzione della pressione di 25-35 mmHg in 2 minuti. Tuttavia il polso aumenta perché l’ipotensione rappresenta uno stimolo per l’attività cardiaca. 1 L’Angiotensina I è una 2-globulina. Il dosaggio urinario nel feocromocitoma si basa sulla ricerca delle catecolamine, ma spt i loro metaboliti Acido Vanil-Mandelico (VMA) e Metanefrina. Questi aumentano nelle 24 ore dopo la crisi ipertensiva. Valori di riferimento: Adrenalina e noradrenalina <100 mg. VMA < 10 mg. Metanefrina < 1,3 mg. Alimenti ricchi di vanilina, come la banana e la vaniglia, possono interferire con la diagnosi, così come farmaci. Iperaldosteronismo: può essere primario o secondario (aumento reninaangiotensina, increzione di ACTH, sindrome nefrosica, cirrosi e scompenso cardiaco congestizio). La diagnosi si basa su: Potassiemia: 3,8 – 5,5 mmol/l. Sodiemia: 136-144 mmol/l. Renina. Aldosterone plasmatico o urinario. ECG per gli effetti della ipokalemia. Tolleranza glucidica: alterata secrezione insulinca per effetto della ipokalemia. Prova di funzionalità renale: tubulopatie kaliopenica Prova di KEM: è una prova dinamica; somministrazione endovenosa di 2 l di fisiologica per 2 h. in caso di iperaldosteronismo la concentrazione ematica di aldosterone scende al di sotto dei 100 pg/ml. Per una diagnosi differenziale tra iperald. primario e secondario, l’elemento discriminante è il PRA, che è diminuito o assente nel primo caso. Ipertiroidismo: aumento degli ormoni tiroidei con aumento della pressione differenziale, dovuta a vasodilatazione periferica secondaria all’aumento del metabolismo ossidativo. La pressione diastolica è, però, sempre aumentata. Nefropatia: stenosi della arteria renale o ipertensione nefro-parenchimale (legata a glomerulopatie) si ha aumento dell’attivazione del sistema renina-angiotensina. Esami di laboratorio nelle malattie allergiche – cap 10 Cenni di fisiopatologia L’immunità acquisita è fondamentale per le risposte ad agenti estranei. Se le risposte sono capaci di provocare danno tissutale e malattia, queste prendono il nome di malattie da ipersensibilità: Tipo 1: mediate da IgE e mastociti. Tipo 2: mediate da anticorpi diversi. Tipo 3: mediate da immunocomplessi – sistemiche. Tipo 4: mediate da linfociti T. Tipo 1 – ipersensibilità immediata Sono caratterizzate dalla liberazione di un grande quantità di mediatori che provocano vasodilatazione, contrazione muscolatura bronchiale e viscerale ed infiammazione locale. Il mediatore principale è l’istamina, che determina, a sua volta, liberazione di PAF ed eicosanoidi, cui segue l’attivazione cellulare. Questo tipo di ipersensibilità è definita immediata. Oltre a questa risposta, ne segue una ritardata, caratterizzata da infiltrato ricco in eosinofili, basofili e neutrofili. Se gli antigeni sono ambientali, queste reazioni sono dette allergiche (asma, orticaria, febbre da fieno). Nella forma più estrema, chiamata anafilassi, i mediatori possono provocare effetti sistemici importanti quali edemi diffusi (edema di Quincke) e broncocostrizione tale da determinare asfissia. I soggetti che presentano ipersensibilità ad antigeni ambientali sono detti atopici. Trasmissione autosomica poligenica. Tappe del processo: Produzione di IgE, definite reagine, da parte di linfociti B in risposta alla sensibilizzazione, che è il primo contatto con l’allergene. Segue un periodo di latenza o di sensibilizzazione. C’è, poi, il legame delle Ig ai recettori specifici presenti sulla superficie di mastociti e basofili (Fc R1). Interazione dell’allergene, che può essere un antigene o un anticorpo anti-IgE, nuovamente introdotto nell’organismo, con le IgE fissate su mastociti e basofili. Attivazione cellulare, definita contatto scatenante, e rilascio di mediatori (istamina in primis). Nell’uomo, l’esempio classico di ipersensibilità immediata è la reazione pomfo eritematosa; il sito di iniezione dell’antigene diventa iperemico per dilatazione del letto capillare, con conseguente congestione dei globuli rossi. Successivamente ci sarà un altro rapido rigonfiamento a causa di fuoriuscita di plasma dai capillari, definito pomfo. La reazione completa si sviluppa nel giro di 5-10 minuti e si spegne nel giro di un’ora. Dopo la reazione, i granuli dei mastociti appaiono svuotati. Gli infiltrati infiammatori della fase tardiva della reazioni di ipersensibilità immediata sono tipicamente ricchi in eosinofili. Questi, che si cmportano da cellule effettrici, regolano la sintesi delle IgE. Tipo 2 Le reazioni di ipersensibilità mediate da anticorpi sono legate a specificità per determinati tessuti. Gli ab possono essere: Autoanticorpi: duranti la maturazione linfocitaria, i meccanismi di tolleranza possono non essere sufficienti, formando anticorpi che regiscono contro il self; un esempio è la miastenia. Ab cross-reagenti: ab prodotti come difesa da determinati agenti possono crossreagire con antigeni self. Ciò vuol dire che esiste una “somiglianza aplotipica”, tra antigeni non-self e self, scatenante l’aggressione immune. Un esempio è la gromerulonefrite post-streptococcica. Tipo 3 Le reazioni da immunocomplessi hanno la caratteristica di essere sistemiche. L’ospite produce anticorpi contro determinati antigeni che tendono a formare complessi macromolecolari. Per l’alto peso molecolare e specifico, questi tendono a precipitare sull’endotelio dei piccoli vasi, nelle articolazioni, nei glomeruli renali. La presenza di questi immunocomplessi stimola l’attivazione del sistema del complemento determinando infiltrazione leucocitaria. Un esempio è il LES, caratterizzato dalla produzione di moltissimi autoanticorpi verso nucleoproteine o DNA. Tipo 4 Le reazioni di ipersensibilità legata ai linfociti T determinano danno tissutale causato da distruzione delle cellule. Queste determinano attivazione macrofagica e liberazione di intermedi reattivi. Un esempio è il IDDM. A volte reazioni di ip. mediata da linf. T può essere caratterizzata da attivazione di CTL, come in alcune infezioni virali, anche se i virus non sono citopatici, perché queste possono esprimere antigeni virali. Metodi di dosaggio La concentrazione normale ematica delle IgE è 20 - 400 ng/ml, potendo raggiungere valori di molto superiori, fino a 700 – 1000 ng/ml. I metodi di dosaggio delle IgE sono R.I.S.T., P.R.I.S.T. e R.A.S.T. Per la diagnosi di malattie allergiche si ricorre, spesso, anche ad una serie di test cutanei come Patch e Scratch e Prick test. È molto utile il conteggio degli eosinofili circolanti e quelli nelle secrezioni, come anche il test di degranulazione dei basofili ed il dosaggio dell’istamina. Test radioimmunologici R.I.S.T. (RADIO IMMUNO-SORBENT TEST) Ab anti-IgE legati a particelle di Sephadex sono cimentati con il siero in esame, con le IgE incognite, e con le IgE marcate con I125 in concentrazione nota. Si ha competizione. Dopo centrifugazione e lavaggio, con un contatore è effettuato un conteggio della radioattività che sarà tanto minore quanto maggiore è la concentrazione delle IgE non marcate. P.R.I.S.T. (PAPER RADIO IMMUNO SORBENT TEST) Ab anti IgE sono legati con legami covalenti a piccoli dischi di carta, i quali sono bagnati con dosi determinate di siero in esame, contenente le IgE. Questi sono bagnati, successivamente, con IgE marcati. Si effettua lo stesso controllo al contatore . R.A.S.T. (RADIO ALLERGO SORBENT TEST) È un test in cui si ricercano IgE specifiche. Il siero del paziente è cimentato in una serie di dischetti di un polimero insolubile, a ciascuno dei quali è fissato, con legame covalente, un determinato antigene. Nel dischetto con le IgE legate si inseriscono le IgE marcate e si studia con un contatore . È un metodo molto costoso. Test cutanei Scratch test – scarificazione Si effettuano scarificazioni lineari di 1 cm, distanziate 2 cm l’una dall’altra. Su ciascuna di queste si applica una goccia dell’estratto antigenico. La prova è positiva quando, entro 10-30 minuti, si sviluppa una reazione pomfoide od orticarioide. Prick test – puntura Vengono effettuate punture anziché scarificazioni. Patch test – epicutaneo È utile nella diagnosi di dermatiti da contatto. Si applica una pomata allergenica e si ricopre l’area con una sottile lamina d’alluminio, che porta al centro un sottile disco di cellulosa. La reazione è positiva se dopo 48 ora appare un eczema pruriginoso. Altre prove Conteggio degli eosinofili È effettuato al microscopio con la colorazione di May-Grunvald-Giemsa; gli eosinofili sono riconoscibili, infatti, per la colorabilità in arancio-rosa della PBM. Gli eosinofili possono essere ricercati anche nelle secrezioni. Test di degranulazione dei basofili e dosaggio dell’istamina I leucociti del paziente sono rimossi dal prelievo ematico e sono fatti interagire con un antigene, misurando la quantità d’antigene rilasciata. LA COSTELLAZIONE ANTIGENICA DEI TUMORI La caratteristica principale delle cellule tumorali è l’alta variabilità fenotipica, cui è legata un’altrettanto pari eterogeneità di sitanzae che possono costituire elementi di valutazione clinica; possono fornire, infatti, info sulla presenza di un tumore o info prognostiche. Per avere il 100% di sensibilità e specificità, un biomarcatore dovrebbe avere tali caratteristiche: Assenza nella popolazione sana. Produzione solitaria nel tumore. Possibilità di reilevazione in fase preclinica. Concentrazione proporzionale alla massa tumorale. Concentrazione proporzionale ai risultati terapeutici. I markers tumorali non hanno quasi mai queste caratteristiche insieme. I markers tumorali sono, normalmente, acidi nucleici, protidi ed altri composti a basso peso molecolare quali metaboliti, poliammine e steroidi. Gli antigeni neoplastici possono essere divisi in due grandi gruppi: antigeni tumore specifici TSA (tumor specific antigens) e antigeni tumore associati TAA (tumor accociated antigens). Antigeni oncofetali tumorali Molti antigeni sono non espressi nel tessuto normale, ma solo durante l’ontogenesi. Ciò significa, quindi, che antigeni presenti in vita fetale, normalmente assenti, poi, nella vita extrauterina, possono essere presentati dalle cellule neoplastiche1; sono detti antigeni oncofetali. Antigeni non neoplastici: HbF, HbE e EPA (pre-albumina embrionale). AFP: alfafetoproteina. È legata alla non repressione del genoma. È una glicoproteina con peso molecolare di 70.000. Nel feto è sintetizzata dagli epatociti, testicoli ed ovaio. È legata allo sviluppo degli organi, lega gli estrogeni ed è immunosoppressore di gravidanza. Il suo valore soglia è di 20 ng/ml. Nelle forme non neoplastiche come le cirrosi aumenta di poco. La determinazione avviene mediante: tecniche immunoenzimatiche, RIA ed ELISA. È legata ai CA epatocellulari, con una specificità del 90%, ed ai teratocarcinomi; se aumenta nel liquor si è di fronte ad un tumore a cellule germinative intracranico. Aumenta, spesso, in coso di gravidanza con S. di Down. CEA: antigene carcino-embrionale. È un precursore degli antigeni ABh presenti su tutte le cellule epiteliali e sui GR. Il suo livello normale è 2-10 ng/ml. Si ritrova in CA mammario e dell’apparato respiratorio. Può essere presente in alte concentrazioni ematiche in svariati processi flogistici come bronchiti, gastriti, pancreatici. 2-H-globulina: è una proteina contenete ferro sintetizzata dagli epatociti fetali. È importante indice prognostico. È rilevabile nei bambini con neuroblastomi e nefroblastomi. 1 Gli antigeni oncofetali sono indice di anaplasia cellulare. Le cellule neoplastiche ontogeneticamente seguono un percorso inverso di differenziazione. BFP: betafetoproteina. È anch’essa una proteina sintetizzata dagli epatociti del feto fino al settimo mese di gravidanza; è indice di epatomi, colangiomi, CA gastrici. ASF: è un altro antigene oncofetale sintetizzato dalle cellule dei tumori gastrici ed esofagei. POA: antigene oncofetale pancreatico. È presente al 60% nelle neoplasie pancreatiche. Antigeni associati a tumori e markers di turn-over cellulare Sono, in genere, sostanze prodotte da una neoplasia riscontrabili nel siero o in altri fluidi biologici. TPA: antigene polipeptidico tissutale. È presente sulle cellue normali di tutti gli epiteli e sulle cellule neoplastiche dell’epiteli del tratto gastroenterico, genitourinario, della mammella, del polmone e della tiroide. PAP: Fosfatasi Acida Prostatica; utile come aggiunta all’analisi di PSA, ma non specifico per identificare ipertrofia o CA. È sintetizzata dalle cellule epiteliali della prostata e secreta nel liquido seminale. Deve superare i 1,2 U/ml per poter essere indicativa. PSA: è una glicoproteina che esfolia dalle cellule neoplastiche e diffonde nel sangue dove è ricercato con metodiche immunometriche. È anche un importante marcatore di controllo. Nei soggetti sani si trova a livelli inferiori ai 4 ng/ml. Una ipertofia benigna può registrare livelli di PSA intorno ai 10 ng/ml. Concentrazioni superiori a 20 ng/ml devono indurre il medico a svolgere ulteriori esami. CA 125: è il marker principale per il CA ovario, spt i cistoadenocarcinomi. L’epitopo è veicolato da una mucina associata all’epitelio celomatico. È fondamentale come indicatore di avanzamento della malattia in donne trattate. Ha una emivita di 4-8 gg, ed ha livelli sierici bassi. In casi di endometriosi, ciclo mestruale e gravidanza può raggiungere anche le 35 U/l, non superando mai, però, questo valore. CA 19.9: questo è definito come gastro-intestinal cancer antigen. Livelli di CA 19.9 superiori a 37 U/ml si ritrovano in pazienti con tumori pancreatici, gastrici, del colon e delle vie biliari. CA 15.3: è un antigene glicoproteico conosciuto come episialina, presente in grandi quantità nel CA mammario. Levati livelli di CA 15.3, oltre i 31 U/ml sono descritti soprattutto in pazienti con CA mammario. L’interessamento linfonodale è correlato con un aumento della [CA 15.3]. Ha una bassa specificità perché è poco utile negli stadi precoci della patologia, ma è utile nel monitoraggio del decorso clinico. MCA: mucinous-like cancer antigen; è una glicoproteina acidosolubile. Presenta elevate concentrazioni in pazienti con CA mammario. Il livello soglia è 12 U/ml. È importante nella stadiazione. TAG-72: è legato alle metastasi di CA mammario, ma presenta elevata affinità anche con il CA gastrico. È conosciuto anche come CA 72-4 o GTA (Glicoproteina Tumore Associata). CA 50: è una glicoproteina presente in molti gangliosidi della superficie cellulare. Risulta elevato nei tumori del tratto gastrointestinale; può aumentare in corso di pancreatiti e colangiti. Citocheratina 19: è tipica dei CA a cellule squamose, spt nel polmone. Non è, però, molto specifica. Mage-1, S-100 e LASA: LASA: Acido Sialico Legato di Lipidi. Sono tipici marcatori di melanoma. SSC: squamous cell carcinoma antigen; è una proteina di 500 kDa evidenziata nei citoplasmi delle cellule dei carcinomi squamo-cellulari. Alti livelli di SSC si ritrova nei tumori avanzati ed in maniera molto minore in malattie della pelle non neoplastiche come la psoriasi, il pemfigo e l’eczema. Ormoni e recettori La situazione ormonale di un pz con tumori influenza la crescita della neoplasia. Il caso del CA mammario è tipico, specialmente se si pensa che la terapia può basarsi sull’uso di estrogeni o anti-estrogeni. HCG e SP1: marcatori trofoblastici; se presenti sono indice prognostico molto negativo. Sono espressi dalla mola vescicolare e dal coriocarcinoma e da CA polmonari. hCG ha un’emivita di 24 ore. Calcitonina: è tipico del CA midollare tiroideio. Può essere prodotta in maniera ectopica da diversi tumori quali mammella, bronchi e pancreas, così come prostata. ACTH: è tipico dei microcitomi, ma anche degli apudomi e del CA midollare tiroideo. Gh: raramente nei CA polmonari e gastrici. ADH: raramente nel microcitoma e nei CA prostatici ed eofagei. Gonadotropine: diversi tumori del sistema riproduttivo, così come del colonretto. Sostanza PTH-simile: è legata all’ipercalcemia non associata a fenomeni di osteolisi locale. È tipica del mieloma, così come i CA squamocellulari e la leucemia T. EPO: tumori renali ed extra-renali. Tireoglobulina: aumenta considerevolmenrte in caso di CA tiroide. Proteine Ferritina: è una proteina di deposito marziale nei tessuti. È presente nell’uomo in 20-200 ng/ml e nella donna in 15-150 ng/dl. Si ritrova aumentata in leucemie e linfomi di Hodgkin. Aumenta anche in neoplasie del tratto digerente, della mammella e del testicolo – isoferritine neoplastiche. Proteine della gravidanza: PAPP-C (Pregnancy Associated Plasma Protein – C); CA mammella e colon-retto. Proteine fase acuta: PCR, -1 antitripsina, -glicoproteina e aptoglobina. Sono indice di metastasi. Vanno associate ad altri markers. Enzimi Fosfatasi acide: si intende una popolazione eterogenea di isenzimi con attività fosfatasica a pH < 7. Sono localizzate in fegato, milza, gr, piastrine, midollo osseo e prostata, così come nel latte materno. FA eritrocitaria: è importante nel controllo della glicolisi. FA lisosomiale: appartiene ad un gruppo di proteine di membrana lisosomiale. FA osteoclastica: macrofagica; livelli alti di questo enzima sono correlati con riassorbimento osseo fisiologico o patologico. È importente per la scoperta di metastasi ossee osteolitiche, come il CA prostatico nell’uomo ed CA mammario nella donna, così come nella malattia di Paget, nell’osteoporosi e dell’Iperparatiroidismo. Aumenta nei fumatori. FA prostatica: Fosfatasi Acida Prostatica; utile come aggiunta all’analisi di PSA, ma non specifico per identificare ipertrofia o CA. È sintetizzata dalle cellule epiteliali della prostata e secreta nel liquido seminale. Deve superare i 1,2 U/ml per poter essere indicativa. NSE: Enolasi Neurormone Specifica, espressa da tutte le neoplasie neuroendocrine, specialmente gli Apudomi2. I livelli sierici nei soggetti normali sono in media di 10 ng/ml. È importante come valore diagnostico e prognostico, soprattutto per la diagnosi differenziale di tumori endocrini e non endocrini. È indicativo anche del microcitoma polmonare. ALP: fosfatasi alcalina; Distribuzione: su membrana cellulare per intestino, placenta, fegato ed osteoclasti. Isoenzimi: ALP-I (intestino); ALP-P (placenta); ALP-L (fegato), ALP-O (ossea); la forma epatica ed ossea sono presenti fisiologicamente nel siero; fisiopatologicamente si ritrovano l’ALP intestinale e placentare. Azione: idrolisi di monoesteri fosforici a pH alcalino. Metodo: idrolisi di paranitrofelifosfato a paranitrofenolo e decremento A a 404 nm. Valori: 98-279 U/l. Significato: malattie ossee ed epato-biliari. È fisiologica in bambini e gravidanza. Va associata ad altri markers quali CA125, LDH e NSE. LDH: linfomi, leucemie e neoplasie encefaliche (nel liquor). L’aumento di LDH è legato alle condizioni vitali delle cellule neoplastiche, che soffrono di scarsi approvvigionamenti di O2; si ha, dunque, molta glicolisi anaerobia. Gli isoenzimi I e II risultano elevati nella maggior parte delle neoplasie, in particolare nella leucemia linfoblastica acuta, nei linfomi e nel carcinoma del testicolo, neuroblastomi e sarcomi. Si può ritrovare anche in infarti renali, miocardici ed in muscolo danneggiato. CK-BB: creatin-chinasi; è la frazione aspecifica, legata a tumori della mammella, della prostata e del cervello. 2 Il NSE è spesso espresso in grandi concentrazioni insieme alla cromogranina. TD: timidina-chinasi; è l’enzima che promuove l’integrazione delle timina nel DNA, indice dell’attività proliferativa delle cellule. È molto alta la sua concentrazione in linfomi, leucemie, tumori cerebrali e polmonari. PHI: fosfoesoso isomerasi; prostata, mammella e fegato con metastasi, tubo digerente, pancreas e polmoni. LAP: leucina amino peptidasi; pancreas e fegato e stasi biliare. MARCATORI IMMUNITARI CALLa o CD10: Common Acute Lymphoblastic Leucemia Antigen. Permette di distinguere le cellule della leucemia acuta linfoblastica ALL dai linfociti normali e da quelli del midollo osseo. È un antigene di differenziazione. Normalmente i CALLA+ sono presenti solo all’1%. Pre-T: CD2, CD3, TCR. Pre-B: CD19, CD20, CD22. Ig e paraproteine: in corso di neoplasie linfoidi; si ha uno sviluppo monoclonale, come nel linfoma linfoplasmacitico di Waldernstom (solo IgM), o policlonale, come nel mieloma multiplo, (tutte tranne le IgM). Crioglobuline: globuline che precipitano tra 4 e 37°C. Bence-Jones: spt nei mielomi. Sono frazioni di IgG (60%), IgA (20%) o catene leggere (20%); costante è la proteinuria di Bence-Jones, generalmente di tipo . -2-microglobulina: è una catena leggera degli antigeni di istocompatibilità, presenti sulle superfici delle cellule nucleate. È indice di metastsi del S.N.C., perché compare nel liquor prima delle cellule neoplastiche. Marcatori immunoematologici La maggior parte dei tumori sperimentali ed umani esprime sulla propria superficie glicoproteine e glicolipidi anomali, risultanti da alterazione del processo di glicosilazione dei nuclei proteici e lipidici. Tra questi ricordiamo: glicosidi alterati ed espressione aumentata di gruppi ematici, come A o Lewis Y – questi possono anche cambiare. Acidi nucleici La valutazione della ploidia e la presenza di alterazioni gentiche precise sono alla base di nuove metodiche di ricerca: mutazioni ras e Ph’ (traslocazione t(9;22) (q34;q11). Questa traslocazione interessa un segmento del gene bcr (Breakpoint Cluster Region; non ancora ben conosciuto), sul cromosoma 9, ed il segmento del gene abl, sul cromosoma 22. La fusione bcr-abl codifica per la proteina p210 con altissima attività tirosin-chinasica) e presenza di genoma di virus oncogeni quali HPV, Hadenovirus, HepaDNAvirus ed Herpesvirus. Metaboliti urinari Poliammine: cadaverina, putrescina e spermina; regolano la crescita cellulare e metabolismo di acidi nucleici. Idrossiprolina: componente del collageno. Aumenta nei CA mammari e prostatici. 5 HIAA: acido 5 idrossi-indolacetico; catabolita della serotonina, è tipico degli apudomi. VMA e metanefrina: cataboliti di adrenalina e noradrenalina; è tipico del feocromocitoma. Altri Markers Marcatori cinetici: o KI67: in tutte le fasi del ciclo cellulare tranne che in G0. o Ciclone: fase G1. RISPOSTE IMMUNITARIE Secondo la teoria della sorveglianza immunitaria, le cellule tumorali possono essere eliminate grazie al riconoscimento dei loro antigeni da parte del sistema immunitario. La presenza in circolo, o in un tessuto, di cellule tumorali non equivale alla presenza di un tumore. Sia la immunità umorale che citotossica sono coinvolte: Linfociti T: le cellule neoplastiche sono uccise principalmente mediante i CTL CD8+, riconoscendo peptidi derivati da proteine mutate, o da proteine virali ad attività oncogena, presentate in associazione con le molecolle MHC classe II. È possibile isolare dal tumore i TIL (Tumor-Infiltrating Lymphocytes), capaci di lisare le cellule del tumore dal quale sono state rimosse. Il ruolo dei T helper CD4+, probabilmente, è quello di secernere citochine quali TNF e IFN- capaci di potenziare l’espressione delle molecole MHC. Le cellule APC, infine, sono importanti in questi processi perché inglobano le cellule tumorali presentando gli antigeni tumorali e i costimolatori necessari per indurre differenziazione dei CD8+ in CTL specifici per quel tumore. NK: le cellule NK sono fondamentali per l’eliminazione delle cellule che hanno una ridotta espressione di antigeni di membrana; il riconoscimento di antigeni, infatti, determina nella cellula NK un segnale inibitorio. La lisi delle cellule tumorali può anche essere indotta da Ig che si legano al frammento Fc per le Ig delle cellule NK: CD16 (Fc RIII). Le cellule NK possono essere attivate anche dal linfochine quali IL-2 e IL-12: sono dette LAK (cellule NK attivate da linfochine). Macrofagi: i macrofagi possono essere attivati mediante specifici antigeni tumorali o mediante INF- prodotto dai CTL. L’azione si esplica mediante liberazione d’enzimi lisosomiali, intermedi reattivi dell'ossigeno e dell'ossido. I macrofagi possono, inoltre, secernere TNF che può avere effetto inibitorio diretto sulle cellule neoplastiche, o indurre trombosi della vascolatura tumorale. Anticorpi: possono essere prodotti anticorpi contro il tumore, come succede nel caso dei linfomi da EBV. Questi possono attivare il complemento o stimolare l’attività citotossica (NK e Linoficiti). “ESCAPE” Lo sviluppo di un tumore si ha quando si verifica il fenome dello escape, cioè quando le prime cellule neoplastiche riescono a sfuggire alla sorveglianza esercitata dal sistema immune. Sono svariati meccanismi; analizziamoli uno per volta: Secrezione di sostanze inibitrici (in tal modo la immunodepressione che si sviluppa col cancro rappresenterebbe un post-factum): TGF- . metaboliti delle vie lipossigenasica e ciclossigenasica, soprattutto leucotrieni e prostaglandine. cAMP che, al contrario del cGMP, ha azione inibitoria su Linfociti B e T. enhancement: le Ig tendono a mascherare gli antigeni delle cellule tumorali, sottraendoli all’attività immune. Modulazione antigenica: Ridotta espressione di molecole MHC-I/II. Espressione di antigeni non antigenici. Espressioni di geni verso cui è presente tolleranza antigenica (antigeni oncofetali). Espressione di nuovi antigeni: i cloni cellulari risultano essere insensibili alla loro presenza. Formazione di un bozzolo di fibrina intorno alle cellule tumorali in circolo. TERAPIE IMMUNOLOGICHE Vaccini a DNA con antigeni tumorali condivisi da tumori diversi (MAGE, p53, Ras); Potenziamento mediante fonte di costimolazione; Potenziamento mediante citochine (IL-2), che però induce sintesi e secrezione di TNF e IL-1 che inducono shock settico; GM-CSF o IL-11 possono prevenire la leucopenia in caso di radio-chemioterapia; Inoculo di anticorpi anti-CD3 per attivazione linfociti T; TERAPIA CELLULARE ADOTTIVA (espansione clonale di CTL specifici e inoculo); TERAPIA CON ANTICORPI TUMORE-SPECIFICI (agli anticorpi si possono legare agenti tossici per il tumore; questi complessi vengono definit immunotossine). Esame emocromocitometrico – cap 12 GR E HB Eritrociti: 4.500.000 – 5.500.000 /mm3. Reticolociti: 5-20 ogni 1000 GR; 0,5-2,5% del totale = 25.000 – 100.000 /mm3. La conta dei GR è effettuata nella camera contaglobuli di Bürker, si effettua il conteggio con metodo ottico: una cellula fotoelettrica rivela la luce diffratta, rifratta o dispersa dalle cellule che passano attraverso il sistema ottico; può avvenire per diffrazione di un raggio di luce non monocromatica o per diffrazione di un raggio laser. HBG: emoglobina. Donna: 12-16 g/dl. Uomo: 14-17 g/dl. Il dosaggio è effettuato mediante spettrofotometria. Data la presenza di vari tipi di Hb (ossiHb, carbossiHb, metaHb), si trasforma tutta l’Hb in cian-meta-Hb, mediante miscela di ferro-cianuro di potassio e cianuro di sodio; ha un picco di assorbanza a 540 nm. HCT: ematocrito; volume dei GR in 100 ml di sangue; è il rapporto tra la parte corpuscolata e la parte liquida. Donne: 37-48%. Uomo: 45-52%. In generale, una sua diminuzione è indice di anemia, mentre un suo aumento è indice di policitemia (ipereritremia).3 MCV: volume corpuscolare medio; è il rapporto tra Ematocrito ed il numero di globuli rossi per l in milioni. MCV = HCT x 10 / GR x l = 85-90 3 . Per MCV < 85 3 anemia microcitica. 3 anemia macrocitica. Per MCV > 95-100 MCHC: concentrazione emoglobinica corpuscolae media. È il rapporto tra Hb e l’Ematocrito; esprime il contenuto medio di Hb in ciascun GR. MCHC = Hb x 100 / HCT = 30-35 g/dl. Per MCHC < 30 g/dl 3 anemia ipocromica. Un aumento di questo valore determina un aumento della viscosità, con rallentamento del flusso capillare e rischio di trombosi. Per MCHC > 35 g/dl anemia ipercromica. RDW: indice di distribuzione dei volumi eritrocitari; è calcolato come coefficiente di variazione, espresso in percentuale, del volume dei singoli eritrociti. In pratica è il rapporto tra deviazione standard della distribuzione del volumi dei GR e MCV. RDW = SD / MCV = 11,5-14,5% HDW: indice di distribuzione della concentrazione emoglobinica: 22-32 g/dl. VG: valore globulare; esprime il contenuto di Hb nei singoli eritrociti. È determinato mediante il rapporto tra la quantità di Hb espressa in centesimi, ed il doppio delle prime due cifre del numero dei GR per mm3. Nel soggetto normale, con un valore del 100% di Hb e con 5.000.000 di GR/mm3, avremo: VG = 100/2x50 = 1 I valori fisiologici sono compresi tra 0,85 e 1. Per VG normale anemia normocromica. Per VG < 0,85 anemia ipocromica. Per VG > 0,85 anemia ipercromica. GLOBULI BIANCHI GBIA: 4.000 – 7.500 / mm3. Formula leucocitaria:4 Neutrofili Eosinofili Basofili Linfociti Monociti Elementi / l 1.800 – 6.800 0 – 400 0 – 150 1.500 – 3.500 0 - 700 Percentuale 50 – 70% 0 – 7% < 1% 20 – 40 % 0 – 10% Diverse patologie sono associate a diminuzione od aumento delle quantità di queste cellule; elenchiamo qui di seguito alcuni esempi. Aumento Neutrofilia: anche il 90%; si riscontra in infezioni da batteri, sepsi, LMC, febbre reumatica e flogosi croniche, emorragie, crisi emolitiche, infarto del miocardio, neoplasie del tubo digerente. 4 Sono presenti in casi di leucemie, le LUC (large unstained cells), grandi cellule mononucleate Perossidasi-: 0,2-1%. Eosinofilia: aumento percentuale; stati allergici, infestazioni intestinali da vermi, malattie della pelle come la scarlattina, LH e febbre reumatica. Basofilia: aumento percentuale; patologie allergiche, LMC, altri sindrome mieloproliferative. Linfocitosi: aumento percentuale dei linfociti nella formula. Si divide in assoluta e relativa. Assoluta: aumenta % nella formula ed il Relativa: aumenta solo %. numero globale dei linfociti per mm3. Infanzia; Ileotifo e paratifo. TBC cronica; Brucellosi. Convalescenza malattie infettive Vaiolo. acute; Malaria. Patologie linfoproliferative. Monocitosi: aumento dei monociti; malattie infettive, mononucleosi, malaria e leishmaniosi viscerale, endocardite e vaiolo. Diminuzione Neutropenia: diminuzione %; atrofia mieloide acuta o cronica, shock anafilattico e condizioni da ipersensibilità da medicamenti. Eosinopenia: diminuzione %; ileotifo, infarto, Cushing, stess. Basopenia: diminuzione %; infezioni acute, stress e trattamenti corticosteroidei. Linfopenia: diminuzione %; LH, AIDS e radio-chemioterapia. Monicitopenia: diminuzie %; malattie associate a pancitopenie, tricoleucemia, AIDS, LES ed artrite reumetoide. PIASTRINE I valori normali sono 150.000 – 400.000 / mm3. MPV: volume piastrinico medio. È espresso in femptolitri: 7,2 – 11,1 fl. PCT: piastrinocrito. È espresso in percentuale: 0,10 – 0,40 %. PDW: indice statistico di distribuzione dei volumi piastrinici. È espresso in femptolitri:25-65 fl. VES La VES è la velocità di eritrosedimentazione. Il peso specifico dei GR è 1,096 ed è > di quello di plasma, che è 1,027; essi sedimentano lentamente nel sangue reso incoagulabile. La velocità con cui questi sedimentano segue la legge di Stokes: V = 2ac (d1-d2) g / 7,65 dove: a: diametro. c: spessore. d1 e d2: densità della sfera e del fluido in cui è immersa. : viscosità del fluido. g: gravità. La VES dipende, in ultima analisi, dal diametro della sfera. La VES è misurata con il metodo di Westergreen: si raccolgono da una vena 4 ml di sanue in una siringa contenente come anticoagulante citrato di sodio al 3,8%; i 5 ml di soluzione sono versati in un piccolo recipiente dal quale il sangue è aspirato fino al segno 0 di una pipetta graduata di Westergreenm chiudendo subito dopo l’estremità aperta. La pipetta è posta, poi, verticalmene, nel tassosedimetro. Dopo un’ora e dopo due ore si legge il livello raggiunto dai GR, espresso in mm. L’indice di Katz elabora i valori della VES: IK = mm dopo 1 ora + (mm dopo 2 ore/2) / 2 In condizioni fisiologiche: Donna: 2-12 e 4-20 con IK tra 1 e 11.5 Uomo: 1-8 e 2-16 con IK tra 2 e 8. La sedimentazione dei GR è legata alla formazione dei roleaux, che sono aggregati piliformi di cellule, la cui resistenza alla corrente è più bassa per la ridotta superficie per unità di volume. Questo fenomeno di impilamento è maggiore quanto maggiore è la VES. Un ruolo fondamentale nell’aumento della VES è legato alle plasmaproteine che, riducendo le cariche elettronegative sulle emazie, ne riducono la repulsione, favorendone l’adesione e la sedimentazione. Queste sono le proteine della fase acuta: Fibrinogeno. Aptoglobina. -1-antitripsina. -1-antichimotripsina. C3 e C4. Ceruloplasmina. PCR. Orosomucoide. e - lipoproteine. Paraproteine (aggregati di Ig). Un aumento dell’albumina riduce la VES. 5 Nella gravidanza la VES si accresce di molto. Le condizioni associate ad aumento della VES sono: Processi infiammatori. Forme di necrosi tissutale, come infarto miocardio e neoplasie maligne. Ormoni. Farmaci. La VES ha valore indicativo per tutte queste condizioni. Una riduzione della VES è legata a casi di policitemia e shock anafilattici. TAS Il titolo anti-streptolisinico indica la concentrazione sierica delle antistreptolisine O; non offrono immunità ma sono prognostiche di infezione streptococcica. Aumenta dopo 1-3 settimane dopo la comparsa di infezione e raggiunge il massimo in 3-5 settimane, diminuendo entro 6 mesi. Adulto, 200: infezione pregressa. Adulto 800-1600: infezione in atto. Bambino 200: sospetto di infezione, esame da ripetere dopo 10-15 gg. 12.1 Anemie e Sideremia L’anemia è una riduzione della quantità totale di Hb circolante nel sangue periferico o nei GR. Si parla di anemia quando i valori di Hb sono inferiori a: 11 g/dl nel bambino o in gravidanza. 12 g/dl nella donna. 13 g/dl nell’uomo. Grado Lieve Medio Grave [Hb] in g/dl > 10 8 - 10 <8 Eritropoiesi: CFU-GEMM IL-3 GM-CSF BFU-E CFU-E IL-3 GM-CSF GM-CSF EPO EPO eritroblasti reticolociti EPO L’eritropoiesi è divisa in efficace (90%) ed inefficace (10%). GR E HB G.R. Eritrociti: 4.500.000 – 5.500.000 /mm3. Reticolociti: 5-20 ogni 1000 GR; 0,5-2,5% del totale = 25.000 – 100.000 /mm3. La conta dei GR è effettuata nella camera contaglobuli di Bürker, si effettua il conteggio con metodo ottico: una cellula fotoelettrica rivela la luce diffratta, rifratta o dispersa dalle cellule che passano attraverso il sistema ottico; può avvenire per diffrazione di un raggio di luce non monocromatica o per diffrazione di un raggio laser. HBG: emoglobina. Donna: 12-16 g/dl. Uomo: 14-17 g/dl. Il dosaggio è effettuato mediante spettrofotometria. Data la presenza di vari tipi di Hb (ossiHb, carbossiHb, metaHb), si trasforma tutta l’Hb in cian-meta-Hb, mediante miscela di ferro-cianuro di potassio e cianuro di sodio; ha un picco di assorbanza a 540 nm. HCT: ematocrito; volume dei GR in 100 ml di sangue; è il rapporto tra la parte corpuscolata e la parte liquida. Donne: 37-48%. Uomo: 45-52%. In generale, una sua diminuzione è indice di anemia, mentre un suo aumento è indice di policitemia (ipereritremia).6 MCV: volume corpuscolare medio; è il rapporto tra Ematocrito ed il numero di globuli rossi per l in milioni. MCV = HCT x 10 / GR x l = 85-90 3 . Per MCV < 85 3 anemia microcitica. 3 anemia macrocitica. Per MCV > 95-100 MCHC: concentrazione emoglobinica corpuscolae media. È il rapporto tra Hb e l’Ematocrito; esprime il contenuto medio di Hb in ciascun GR. MCHC = Hb x 100 / HCT = 30-35 g/dl. Per MCHC < 30 g/dl Per MCHC > 35 g/dl 6 anemia ipocromica. anemia ipercromica. Un aumento di questo valore determina un aumento della viscosità, con rallentamento del flusso capillare e rischio di trombosi. RDW: indice di distribuzione dei volumi eritrocitari; è calcolato come coefficiente di variazione, espresso in percentuale, del volume dei singoli eritrociti. In pratica è il rapporto tra deviazione standard della distribuzione del volumi dei GR e MCV. RDW = SD / MCV = 11,5-14,5% HDW: indice di distribuzione della concentrazione emoglobinica: 22-32 g/dl. VG: valore globulare; esprime il contenuto di Hb nei singoli eritrociti. È determinato mediante il rapporto tra la quantità di Hb espressa in centesimi, ed il doppio delle prime due cifre del numero dei GR per mm3. Nel soggetto normale, con un valore del 100% di Hb e con 5.000.000 di GR/mm3, avremo: VG = 100/2x50 = 1 I valori fisiologici sono compresi tra 0,85 e 1. Per VG normale anemia normocromica. Per VG < 0,85 anemia ipocromica. Per VG > 0,85 anemia ipercromica. 2.0 I GRUPPO – ANEMIE APLASTICHE Sono anemie da ridotta eritroblastogenesi, normocromiche e normocitiche (MCV, MCHC e VG normali). 2.1 Anemie aplastiche costituzionali – primitive Insufficienza midollare che interessa l’eritrone. Anemia di J.B.D.: entro 1° anno di vita + alterazioni scheletriche; è ad eziologia sconosciuta. Sindrome di Fanconi: entro 1° anno di vita + alterazioni scheletriche. È aut. Rec.; è accompagnata sa neutropenia e piastrinopenia. È legata a carenza di strutture riparatrici il DNA. 2.2 Anemie aplastiche acquisite – secondarie Insufficiente EPO da danno renale (+ frequente). Distruzione cellule staminali (agenti fisici o chimici). Malattie autoimmuni. Trasformazione neoplastiche delle cellule staminali (leucemia). In questo gruppo i reticolociti sono sempre ridotti. È necessaria la mielobiopsia ed eventuali trattamenti con EPO. 3.0 II gruppo – anemie megaloblastiche Sono anemia da ridotta eritrocitogenesi, normocromiche macrocitiche (MCV aumentato e MCHC e VG normale). Difetto: eritroblastosi intramidollare inefficiente o aumento dell’ereitropoiesi inefficace. I reticolociti sono sempre pochi. Hanno un difetto di sintesi del DNA, quindi si formano eritroblasti giganti, per aumento di sintesi di Hb senza divisione: megaloblasti (MCV aumentato). Cause: deficit di B12 e Folati + farmaci. Vitamina B12: cobalamina; è sintetizzata dai batteri e l’uomo la assume con carne, pesce, molluschi, latte, latticini e tuorlo d’uovo. Fabbisogno giornaliero: 2,5 g. Il deficit si instaura < 100 pg. 5’deossiadenosilcobalamina – metilcobalamina pH acido stomaco legame a proteina R (saliva e succhi gastrici) scissione mediata dai succhi pancreatici + legame a fattore intrinseco FI secreto da cellule parietali gastriche – avviene nella 2° parte del duodeno assorbimento nell’ileo + distacco da FI cobalamina legata a transcobalamina II TCII – ha emivita breve legame a transcobalamina I TCI Folati: acido pteroilglutaminco in carne, pesce, uova, vegetali e frutta Fabbisogno: 50-100 g;7 deficit se non assunto per vari mesi. Poliglutammati assorbiti nel digiuno formazione di N5-metiltetraidrofolato distribuzione in vari tessuti La carenza di B12 e folati provoca difetto di sintesi di DNA. Interazione tra B12 e folati Il tetraidrofolato trasporta i gruppi alchilici per la sintesi di purine + metionina + dTMP (da dUMP). B12 catalizza la conversione di omocisteina metionina. 7 Nelle gestanti ed in allattamento il fabbisogno è circa 300 g/die. Omocisteina N5-metiltetraidrofolato tetraidrofolato metilcobalamina Metionina Se è assente B12 si ha accumulo di N5-metiltetraidrofolato, che esce dai tessuti carenza di tetraidrofolato intrappolamento dei folati. problemi La carenza di B12, inoltre, determina ridotta sintesi di lipidi e fosfolipidi neurologici per carenza di mielina. Eziologia: Deficit d’assorbimento (carenze alimentari). Alcol (interferisce con i folati). Deficit di FI (carenza esclusiva di B12). Farmaci (NO – anestetico – ossida l’atomo di cobalto). Sono definite anemie pernicioseformi. L’anemia perniciosa è, infatti, un’altra forma appartenente al II gruppo, legata alla presenza di Ab anti-mucosa gastrica che determina carenza di FI. La sindrome tabeforme: è legata ad anemia, patologia gastrica e lesioni neurologiche, con tipica andatura paretico-spastica + iperriflessia (segno di Babinski +). Si deve effettuare terapia sostitutiva. 4.0 III gruppo – difettosa sintesi di Hb Sono anemie ipocromiche (MCHC e VG diminuti) e microcitiche (MCV diminuito). 4.1 Anemia sideropenica – ferropriva Nell’organismo ci sono 4 g di ferro, di cui 3 g sono in circolo e circa 1 g è nei depositi. Donna: 35mg/kg – 200-400 mg nei depositi.8 Uomo: 50mg/kg – 1000 mg nei depositi. Il 70% è legato all’Hb come ferro ferroso Fe++. Il 25% è nei depositi sottoforma di complessi alla ferritina ed all’emosiderina. Ferritina: serve alla mobilizzazione; è ubiquitaria, ma maggiormente presente nel fegato, milza e midollo. Lega ferro ferrico Fe+++ e lo riduce per rilasciarlo. È costituita da un guscio proteico detto apoferritina, contenente idrossido ferrico e fosfato ferrico; ogni nucleo può contenere circa 4.500 atomi di ferro. I valori normali di ferritina sono intorno a 20 g/dl. 8 La donna perde circa 17,5-40 mg Fe ogni mese per le sue cose. Donna: 230 mg. Uomo: 700 mg. Una piccola quota di ferritina si ritrova nel siero come ferritina sierica, contenente circa 20-200 g Fe+++ /dl. Emosiderina: sono aggregati di ferritina di varie dimensioni. Altro 5-10% è legato a citocromi (0,07 g) e mioglobina (0,15 g), catalasi e perossidasi. Lo 0,1 %, cioè circa 4 mg, circola nel plasma veicolato da: Transferrina: è una 1-globulina; ha due siti di legame per il ferro. La sua concentrazione è circa 2,5 g/dl. Il fabbisogno giornaliero nell’uomo adulto e nella donna non mestruata è circa 1 g/die. Nella donna mestruata si aggira intorno ai 1,5-2 g/die. Le perdite nell’uomo e nella donna non mestruata si aggirano intorno ad 1 mg/die. La donna mestruata perde circa 17-40 mg/die. Sideremia: quantità di ferro nel sangue; 50-150 g/dl. Questa è in diretto rapporto con la transferrina, la cui concentrazione è proporzionale alla TIBC (Plasma Total Iron Binding Capacity); questa misura la quantità di ferro che il plasma è in grado di legare ed i valori normali sono 200-360 g/dl. Il rapporto tra Sideremia e TIBC esprime la saturazione transferrinica ST: Sideremia x 100 / TIBC = ST La saturazione scende con alti depositi di ferro e viceversa. ST è in media, in un soggetto sano, al 33%, potendo oscillare, però, tra 21 a 50%. Analogamente si può valutare la UIBC (Unsatured Iron Binding Capacity), che è il potenziale di capacità legante non satura. I valori di riferimento sella UIBC sono 150250 g/dl. Deriva: TIBC = Sideremia + UIBC Metabolismo del Fe L’assorbimento del Fe non emico, dalla digestione peptica, è legato alle proprietà ioniche. Fe+++ tende a precipitare come idrossido ferrico e non assorbito. Fe++ è maggiormente solubile e sostanze chelanti come acido citrico, acido ascorbico, formano complessi e sono assorbiti nel duodeno e nella metà prossimale del digiuno. L’assorbimento del ferro emico è legato alla liberazione dei gruppi eme mediante la digestione. Questi sono ossidati ed assorbiti. Si ha legame, quindi, alla trasnferrina dopo la liberazione di Fe++ adoperata dall’EME-OSSIGENASI. In condizioni normali la quantità di ferro trasferita è determinata da specifici meccansimi. Quando c’è carenza aumenta la quantità trasferita e viceversa. Sintesi di apoferritina nelle cellule della mucosa digiuno-duodenale, che aumenta nelle carenze e viceversa. Variazione del numero dei recettori per la transferrina sulle cellule periferiche mediante due meccanismi:9 Aumento sintesi del recettore. Stabilizzazione di m-RNA specifico. I meccanismi di riduzione del ferro sono regolati da enzimi del siero chiamati FERROSSIDASI: Fe++ + ferrossidasi Fe+++ + ferrossidasi ridotta La ferrossidasi I è anche conosciuta come CERULOPLASMINA. Si ha anemia sideropenica in tutte le condizioni di diminuzione delle riserve. L’eziologia nel maschio è da ricondurre, nella maggior parte delle volte, a patologie intestinali per ridotto assorbimento; va ricercato il sangue occulto nelle feci ed il controllo della sideremia. Nella donna è più frequente per ridotto apporto per l’alterazione dell’equilibrio legato al ciclo mestruale. Esistono 3 fasi principali: 1: deficit prelatente; depositi impoveriti e ferritina < 20 g/ml. TIBC 360 g/dl. 2: deficit latente; anemia ancora non manifesta. I depositi sono quasi esauriti. Ferritina è molto bassa, circa 3 g/ml. TIBC e sideremia diminuita. 3: deficit completo; depositi esauriti. L’anemia è evidente. I sintomi principali sono: Astenia. Sindrome di Plummer-Winson: stomatite angolare, disfagia, anormalità della lingua e coilonichia. I reticolociti sono pochi. Hb GRADI DI ANEMIA Normale 15 g MCV MCHC Deposito di Fe Fe sierico Ferro-enzimi TIBC 9 Ok Ok Si 100/300 Ok 33% Lieve 13 g Moderata 10 g Grave 9g Diminuito Ok No 75/300 Ok 27% Diminuito Diminuito No 50/450 Ok 18% Diminuito + Diminuito + No 25/60 Diminuiti < 10% È da tener presente che esiste una distribuzione asimmetrica dei recettori per il Fe. 4.2 Talassemie Patologie geniche legate ad alterazioni quantitative/qualitative dell’Hb anemia, eritropoiesi inefficace, eritroblasto/eritrocito-lisi. La produzione di Hb varia durante la vita: Embrione: 2 2: Hb Gower 1. 2 2: Hb Portland. 2 2: Hb Gower 2. Feto: 2 2: HbF; la sintesi di HbF diventa sempre più dominante. La sua caratteristica principale è quella di avere una affinità per O2 maggiore dell’Hb materna. In questo stadio le catene sono prodotte poco. Adulto: 2 2: HbA 2 – neonatale; prodotta per 1-2 mesi. 2 2: HbA – adulta. A seconda delle catene colpite dal difetto, si possono avere , , , talassemie. I geni per le caterne sono sul cromosoma 16 e quelli per le catene su 11. -talassemie 4.2.1 Talassemia Major – M. di Cooley - -talassemia omozigote Eziologia: mutazioni puntiformi e non delezioni geniche. È aut. rec. È una condizione grave, molto severa assenza o ridotta [ catene ]. precipitazione catene eritrolisi. aumento produzione HbF (per aumento compensatorio dell’attività dell’eritrone). Quadro clinico: Anemia grave. Ittero. Epatosplenomegalia. Facies orientaloide (enorme sviluppo del tessuto eritropoietico). Emocromo: Eritrociti a bersaglio. Leptocitosi. Schistocitosi. elettroforesi picco di Si pone il problema di DD con anemia sideropenica HbF. La terapia si basa su un regime supertrasfusionale e uso di chelanti di ferro (desferrioxamina B) ogni 12 ore + trapianto allogenico. 4.2.2 Talassemia Minor - -talassemia eterozigote Eziologia: mutazioni puntiformi e non delezione genica, ma per un solo allele; ha trasmissione aut. rec. Si ha produzione appena sufficiente di HbA. Si ha una anemia lieve e Hb mai < 8 g/dl. In alcuni soggetti è presente subittero, splenomegalia e facile stancabilità. Può esservi un aumento di HbF. La terapia si basa sulla somministrazione periodica di B12 e folati. 4.2.3 Talassemia intermedia Doppia eterozigosi per e talassemia. Il midollo produce poche e poche . Si ha ittero e subittero con una anemia < 10 g/dl. Si fanno emotrasfusioni occasionali. 4.2.4 -talassemie La sintesi delle catene è controllata da due loci sul cromosoma 16 4 loci. L’eziologia delle -talassemie prevede solo delezioni. Hanno trasmissione aut. rec. Omozigote (- - / - -) – è la forma + grave. -talassemia 1 Eterozigote ( / - -) Omozigote ( - / -) -talassemia 2 Eterozigote ( / -) 4.2.5 -talassemia 1 omozigote L’organismo non produce catene incompatibile con la vita. Si ha la formazione di Hb Bart ( 4); questa ha una affinità per O2 > 10 volte non cede O2 ai tessuti. Si instaura il quadro di idrope-ascite fetale con morte del feto dopo poche ore dalla nascita. 4.2.6 -talassemia 1 eterozigote Ha un quadro clinico simile alla -talassemia minor con Hb < 10 g/dl. Anche qui è presente Hb Bart, ma molto meno. 4.2.7 -talassemia 2 omo-eterozigote È presente lieve anemia. Spesso l’eterozigosi non ha nessun segno clinico. È assente Hb Bart. 4.2.8 Doppia eterozigosi talassemia 1 e 2 Il locus 1 ha eterozigosi per talassemia 1 (--/ Il locus 2 ha eterozigosi per talassemia 2 -) Il paziente possiede solo 1 gene appena sufficiente. Si forma un tetramero patologico 4: HbH. È un tetramero molto instabile e detemina lisi eritrocitaria. HbH può precipitare, formando i cosiddetti corpi di Heintz. Si può limitare il danno con la splenectomia. 4.2.9 Hb Lepore Hb anormale con composizione 2 ( )2. L’eziologia è un crossing over ineguale sul cromosoma 11 ed i geni e risultano adiacenti gene di fusione . Omozigosi: no catene e , solo Hb Lepore e HbF. Eterozigosi: metà Hb Lepore e metà HbA condizione di talassemia minor. 5.0 IV GRUPPO – RIDOTTA EMIVITA DI GR Sono anemie normocromiche e normocitiche.10 Il GR sano ha emivita di 120 giorni. a questo gruppo appartengono le anemie da ridotta emivita. Anemia emolitica. I segni di emolisi sono: Ittero. Splenomegalia. Aumento bilinogeno fecale e urobilinuria. Aumento bilirubinemia non coniugata. Aumento reticolociti. Iperplasie eritroblastica. 5.1 Sferocitosi ereditaria È una patologia al 75 % aut dom ed al 25% aut rec con penetranza variabile. Eziopatogenesi: difetto di membrana con alterazione del trasporto cationico aumento fragilità. Cellula normale Na+K+ATPasi Na+ esce K+ entra Cellula sferocitica Na+K+ATPasi No Na+ entra K+ esce Aumento permeabilità passiva a K+ che esce. Aumento attività Na+K+ATPasi con conseguente ridotta [K+] nei GR. Tutto ciò determina un rigonfiamento cellulare anemia emolitica variabile, con Hb da 4 a 10 g/dl. Si ha un aumento dei reticolociti. Risulta obbligatoria la splenectomia e la somministrazione di B12 e folati. 5.2 Deficit di PK 10 Raramente si hanno anemie macrocitiche. Il deficit di PIRUVATO-KINASI è a trasmissione aut rec. Questa carenza determina diminuzione di ATP, con una glicolisi anaerobia insufficiente. Si ha anemia emolitica lieve e moderata, associata a subittero, astinenza, feci ed urine ipercromiche e coleltiasi. È obbligatoria la splenectomia. 5.3 Deficit di G6P-DH Il deficit di GLU-6P-DEDROGENASI ha trasmissione x-linked rec. Azione: trasferimento di H da G6P a NADP per formazione di 6-fosfoglucolattone e NADPH; è importante per il ciclo dei pentosi, spt nei GR. Metodo: spettrofotometria ed aumento di A a 340 nm (per formazione di NADPH). Valori: 120-140 mU/109 GR. Significato: manifestazioni emolitiche; protezione per la malaria. In caso di deficit si ha riduzione di NADPH e diminuzione della riduzione del glutatione instabilità Hb formazione dei corpi di Heintz. emolisi. Favismo: emolisi dopo ingestione di fave, legato, presumibilmente, alle alte [LDOPA]. Nell’arco di 6-24 ore si svluppauna crisi emoltica massiva con anemizzazione, febbre, nausea, diarrea, vomito ed exitus. Farmaco: gli stessi effetti si possono avere con farmcaci come aspirina e primachina (anti-malarico). 5.4 EPN L’emoglobinuria parossistica notturna è una patologia legata ad emolisi cronica e crisi notturne. I sintomi ed i segni sono quelli classici per anemie emolitiche. Questa è legata ad un aumento di instabilità del C’; si ha, infatti, carenza di DAF (Decay dissociazione di C3b, che si lega agli eritrociti; è tipica la Accelerating Factor) crisi notturna per rallentamento del flusso ematico. 5.5 Anemia Falciforme È una patologia emolitica con quadro clinico sovrapponibile totalmente alla talassemia minor. È caratteristica la presenza di eritrociti a falce per la sostituzione, in posizione 6 sulla catena , di acido glutammico con valina. 5.6 altre patologie Sono anemie emolitiche legate a fenomeni autoimmunitari, per cross-reattività. La patologia tipica è l’eritroblastosi fetale, con madre Rh- e padre Rh+. Il figlio è Rh+ e stimola il sistema immunitario della madre a produrre anticorpi anti-Rh. Durante il parto, una commistione di sangue madre-figlio può determinare una massiccia crisi emolitica. VARIAZIONI DELLA SIDEREMIA E DELLA TIBC IN PARTICOLARI QUADRI PATOLOGICI Anemia sideropenica Anemia emolitica Anemia perniciosa Epatite Ittero ostruttivo Nefrosi Anemia da neoplasie Flogosi acute Sideremia % + TIBC o OK ++ OK o OK OK Variabile o OK OK Emostasi ed emocoagulazione – cap 13 L’emostasi è un insieme di meccanismi fisiologici che l’organismo mette in atto per riparare una lesione di continuo di un vaso. È un processo finemente regolato, localizzato e finito nel tempo. SISTEMA DELLA COAGULAZIONE Il sistema della coagulazione consta di due vie convergenti intimamente connesse fra loro, che culminano con l’attivazione della trombina (dalla protrombina) con conseguente formazione di fibrina (dal fibrinogeno).11 All’emostasi prendono parte cinque sistemi: Sistema vasale sottoendoteliale. Piastrine. Cascata emocoagulativa. Sistema della fibrinolisi. Sistema degli anticoagulanti naturali. In presenza di una lesione, si ha una vasocostrizione del lume, determinata dalla uno stimolo simpatico riflesso e dalla liberazione di mediatori d’origine dal sottoendotelio e dalle piastrine, come serotonina, trombossano A2 e catecolamine (si ha contrazione solo per una lesione del vaso di natura trasversale), in modo da arrestare per un breve periodo l’emorragia (1). Si ha la formazione di un primo tappo emostatico, legato all’adesione delle piastrine al sottoendotelio – fase parietale (2); in un primo momento le piastrine si legano alle fibre collagene del connettivo sottoendoteliale esposte a causa della lesione, formando una fitta rete. Questa blocca anche il passaggio di eritrociti, leucociti, proteine ecc., che concorrono alla formazione del tappo emostatico temporaneo. A questo segue la formazione del tappo emostatico temporaneo, legata all’aggregazione delle piastrine; si forma il cosidetto tappo bianco; basta un aumento del flusso perché questo sia eliminato – fase piastrinica (3). Questo, poi, mediante vari meccanismi, sarà trasformato in tappo rosso, grazie all’attivazione del sistema della coagulazione, essenzialmente grazie all’esposizione del sangue alle fibre collagene ed al TPL, con il consolidamento del tappo con fibrina e l’intrappolamento delle emazie – fase plasmatica (4). Infine c’è la fibrinolisi locale con ripristino del circolo (5). Il sistema intrinseco, che parte dal contatto del sangue con le fibre collagene, determina l’attivazione del fattore XII, in XIIa, mediante chininogeno HMW e callicreina. Il fattore XIIa attiva XI in XIa. Il fattore XIa attiva il fattore IX in fattore IXa, il quale forma un complesso con VIII, trasformato in VIIIa, in presenza di Ca2+ e PL. Così si attiva il fattore X in Xa, che forma un complesso con V, trasformato in Va, in presenza di PL e Ca2+, che attiva il fattore II o Protrombina, in Trombina. 11 Il coagulo, lasciato a se, dopo qualche ora si coarta ed al di sopra di esso si esprime il siero, che è il plasma deprivato di fibrina, protrombina e fattori V e VIII. La retrazione del coagulo dipende da un protide plasmatico: trombostenina o retractozima piastrinico. Quest’ultima attiva il Fibrinogeno in Fibrina. Questa reazione è catalizzata dal fattore XIIIa, in presenza di Ca2+. Il sistema estrinseco, invece, parte con la sola presenza di TPL tessutale 12. Il TPL, attiva il fattore VII in VIIa il quale, a sua volta, attiva, in presenza di PL, TPL e Ca2+, la reazione del sistema intrinseco attivando il fattore IX in IXa. Si evince, dunque, che l’attivazione di IXa rappresenta il punto d’incontro dei due sistemi. Il momento fondamentale, però, resta l’attivazione di X, in quanto, senza di esso non vi è attivazione della Trombina, tappa fondamentale per l’attivazione di Fibrinogeno in Fibrina. Due fattori specifici ci permettono di collegare la coagulazione con l’infiammazione: Trombina: la trombina, fattore IIa, taglia il fibrinogeno (I) in fibrina (Ia). Durante questa conversione si formano dei fibrinopeptidi, che inducono l’aumento della permeabilità vascolare ed hanno attività chemiotattica. Fattore Xa: questo è il punto di convergenza tra la via estrinseca e la via intrinseca ed aumenta la permeabilità e l’essudazione leucocitaria. I fattori della coagulazione I. II. III. 12 Fibrinogeno. Protrombina. Tromboplastina tissutale o trombochinasi. TPL: tromboplastina, fattore tissutale, TF, tissue factor. Ioni Ca2+. Proaccelerina o fattore labile. Corrisponde al fattore V attivato. Provonvertina o fattore stabile. Fattore antiemofiliaco A; il deficit congenito di questo fattore determina l’emofilia A, malattia X-linked recessiva. IX. Fattore di Christmas: il deficit congenito di questo fattore determina l’emofilia B, malattia X-linked recessiva; è meno grave della forma A, perché è conservata l’attivazione del sistema estrinseco. X. Fattore di Stuart-Prower. XI. Antecedente tromboplastinico plasmatico. XII. Fattore di Hageman. XIII. Fattore di Laki Lorand. IV. V. VI. VII. VIII. Analisi dei componenti Sistema endoteliale Rappresentando un vero e proprio organo, è definito anche bilancia emostatica. Nelle cellule endoteliali predominano le proprietà di controllo dei meccanismi della coagulazione e della risposta piastrinica – attività antitrombotica. Nei miociti e nei fibroblasti, ed anche nel collageno, eparina ed altre citoadesine 13, prevalgono gli stimoli alla attivazione del sistema emostatico – proprietà tromobofiliche. Fattori antitrombotici dell’endotelio La regolazione antitrombotica avviene a due livelli: Regolazione del flusso. Proprietà anti-piastriniche delle cellule endoteliali: Regolazione del flusso: NO e prostaciclina hanno azione vasodilatatrice e endotelina e DAG hanno azione vasocostrittrice. Proprietà anti-piastriniche: prostaciclina attiva cAMP e NO attiva cGMP. Altri fattori: ADPasi (inibizione dell’aggregazione piastrinica), prodotti della lipossigenasi (inibitori di adesione ed aggregazione). Altre proprietà: produzione di trombomodulina e TPA. Fattori trombogenici del sottoendotelio Si tratta di glicoproteine, recettori piastrinici e mucopolisaccaridi della membrana basale, dei fibroblasti e dei miociti della tunica media, che, quando l’endotelio è scoperto da una lesione, si trovano liberi di interagire con le piastrine. Fattore di Von Willebrand: è presente maggiormente nell’endotelio, ma anche nelle piastrine come granuli di Weibel-Palade ed anche nel plasma. È liberato 13 Citoadesine: collagene, elastina, eparina, trombospondina. dai granuli per mediare l’interazione tra collageno tissutale ed i recettori piastrinici GPIa e GPIb; fa da ponte. Il vWF plasmatico è presente come multimero (500 – 10.000 kDa), ed è normalmente non attivo; è attivato in seguito ad interazione con la matrice extracellulare. vWF plasmatico è fondamentale nel legame di fattore VIII (fattore antiemofiliaco A), suo partner naturale; se così non fosse, FVIII sarebbe sempre riconosciuto dalla Proteina C, importante componente del sistema fibrinolitico. Il deficit di vWF è la più diffusa causa di alterazione di aggregazione piastrinica, determinando una condizione di emostasi inefficace. Se ne conoscono tre tipi: Tipo I: 70%; aut. dom. - vWF e VIII. Tipo II: 25 %: aut. rec. – alterazioni qualitative di vWF. Tipo III: aut. rec. – è rara, legata all’assenza completa di vWF. PAF: fattore di aggregazione piastrinica. ATP: aggregazione piastrinica Renina, angiotensina convertasi: induttori di aggregazione piastrinica. Piastrine – trombociti Le piastrine o trombociti sono fammenti di citoplasma dei megacariociti. Le piastrine hanno forma discoidale; non hanno nucleo con una emivita di 5-6 giorni. contengono diversi tipi di granuli. Elettrondensi - : ATP, ADP, fosfato inorganico, calcio, serotonina. Non elettrondensi - : fibrinogeno, PDGF, -tromboglobulina, PF4 ed albumina. Mitocondri. Lisosomi: fosfatasi acide e proteasi – catepsine A e D. Siderosomi: ricchi in ferritina. L’adesione all’endotelio provoca l’esposizione del flusso ematico al sottoendotelio; le piastrine subiscono lo spreading, o metamorfosi viscosa, per cui dalla forma discoidale passano alla forma bizzarra ricca di estroflessioni, facilitando l’aggregazione delle altre piastrine. Le fasi sono: Adesione: il complesso vWF-VIII si lega ad un recettore piastrinico GPIb ed a uno del sottoendotelio, come GPIa presente sul collageno. Attivazione: emissione di pseudopodi ed assunzione di forma sferica. Aggregazione: si ha il rovesciamento della membrana piastrinica, con esposizione dei recettori per il collageno, fibronectina, laminina, trombospondina, fibrinogeno, vWF. Con il release dei fattori dei granuli termina l’emostasi primaria e si ha, quindi, l’aggregazione irreversibile. Aggregazione secondaria: è la fase in cui si forma il trombo rosso, che avviene dopo la degranulazione piastrinica. Si ha produzione di serotonina, con attivazione della cascata coagulatoria ed intrappolamento delle emazie. SISTEMA FIBRINOLITICO Esistono vari meccanismi, nel corpo umano, detti fattori limitanti che agiscono come freno all’attività coagulante. Se non vi fossero, una lesione causerebbe coagulazione dell’intero torrente sanguigno. Anticoagulanti naturali I meccanismi che limitano e localizzano il processo di coagulazione hanno una importanza preventiva contro un’eccessiva produzione di trombina e deposizione di fibrina. I deficit congeniti e acquisiti di tali meccanismi portano ad uno stato di trombofilia con aumentato rischio trombotico. Sono: Inibitore Antitrombina III Sistema della proteina C Cofattore eparinico II Inibitore del tissue factor TPL Annexina V -1-antitripsina -2-macroglobulina Inibitore di C1 esterasi Nexine Fattore inibito XIIa, Xia, Xa, Ixa, IIa, callicreina VIII, V Iia VIIa, Xa III (PL). XI, Iia, callicreina IIa, callicreina XIIa, Xia, callicreina Proteasi Antitrombina III – ATIII Appartenente alla famiglia delle serpine (inibitori delle Serin-Proteasi). Sintetizzata nel fegato e nell’endotelio. Inibisce: Trombina e Xa. IXa, Xia, XIIa. L’eparina aumenta di circa 200 volte la velocità d’interazione ATIII-trombina. Deficit: Deficit congeniti aut. dom. Ridotta sintesi per epatopatie. Aumentato catabolismo come CID e ustioni. Perdite renali come sindrome nefrosica. Farmaci come estrogeni. I metodi di studio per l’ATIII sono immunochimici. Il più usato è la cromatografia per affinità: indaga l’affinità di ATIII per eparina. Ad una diluizione di plasma in tampone eparinato, è aggiunta per un tempo fisso un eccesso di trombina. La quantità di trombina residua, misurata con un substrato cromogenico, è inversamente proporzionale dell’attività di ATIII. Sistema della proteina C Si parla di sistema, poiché sono necessari più componenti: trombina, trombomodulina, proteina C e proteina S. Trombomodulina – TM È una glicoproteina localizzata a livello capillare. TM si lega alla trombina, ne cambia la conformazione e ne aumenta l’affinità per la proteina C (PC). Il legame PC-TM-Trombina è Ca2+ (FIV) dipendente. Si studia con ELISA e RIA. Proteina C – PC È una glicoproteina vit-K dipendente, prodotta dal fegato. Inibisce: Va: determina perdita dei siti di legame per la protrombina e per Xa. VIIIa. Necessita, per il suo funzionamento, degli ioni calcio (FIV) e PL (FIII). Ha un importante sito di legame con FVIII; questo si stacca da vWF quando è attiva la cascata coagulativa, bloccando l’azione fibrinolitica. Deficit: Deficit congenito aut. dom.; tipo I: riduzione dei livelli antigenici e funzionali; tipo II: riduzione dei livelli funzionali con normali livelli antigenici. Ridotta sintesi: cirrosi epatica. Aumentata escrezione: sindrome nefrosica. Aumentato consumo: CID. Farmacit: anticoagulanti orali. Lo studio è effettuato mediante isolamento dal plasma con immunoadsorbimento ed attivazione mediante trombina e trombomodulina. Si misura, così, l’attività enzimatica contro substrati specifici. Proteina S È anch’essa una glicoproteina vit.K-dipendente. È il cofattore di PC, favorendone l’interazione con PL (FIII). La carenza congenita di PS è trasmessa con carattere autosomico dominante. Si studia mediante immunoelettroforesi, IRMA ed ELISA. Cofattore eparinico II – HCII La sua azione inibitoria è apparentemente rivolta solo contro la trombina ed è potenziata da eparina ed, a differenza dell’ATIII, anche dal dermatan-solfato. È prodotto nel fegato e si studia con la determinazione dell’attività enzimatica, mediante la misura della trombina residua nel plasma con dermatan-solfato. Inibitore del fattore tissutale – TFI Complessa X, sottraendo Xa dal circolo. Il complesso Xa/TFI inattiva, inoltre, anche il fattore VII, fattore iniziale del sistema estrinseco. Ab anti-PL Gli Ab anti-PL sono IgM e IgG diretti contro i fosfolipidi a carica totale negativa. Questi provocano una sindrome caratterizzata da trombosi venose, aborti ripetuti e trombocitopenia. Ab anti-cardiolipina Necessitano del cofattore -2-glicoproteina-1, cui è legato il loro effetto inibitorio. Sono diagnosticati mediante ELISA. Valori: < 7 U/ml IgG, < 4 U/ml IgM. Ab di tipo Lupus È essenzialmente descritto in pz con LES. Necessita del cofattore protrombina. Questi Ab impediscono la formazione del complesso Xa-Va per la formazione di protrombina in trombina. Eventi in dettaglio Il primo è l’antitrombina III, inibitore di proteasi circolante nel torrente sanguigno: si lega alle proteasi seriniche del sistema emocoagulativo e ne blocca l’azione. Inibisce i fattori IX, X, XI e XII. L’altro intervento è dovuto alla Plasmina, forma attiva del Plasminogeno, che lisa i coaguli di Fibrina. L’intervento della Plasmina è dovuto alla presenza di una molecola nel circolo sanguigno, la Trombomodulina; quest’ultima si lega alla Trombina. Il complesso trombomodulina-trombina, attiva la proteina C, sbloccando il FVIII (fattore antiemofiliaco A, partner naturale di vWF, che vi si lega, bloccando la cascata coagulatoria), in Proteina C attivata (ACP). Quest’ultima, blocca un inibitore dell’attivatore della plasminogeno tessutale (tPA). Il plasminogeno è attivato in plasmina e avviene la lisi di fibrina (i residui di fibrina inibiscono anche Trombina libera). La Plasmina è formata da: Attivatore del plasminogeno tessutale (t-PA). Attivatore del plasminogeno di tipo urochinasico (u-PA). La plasmina ha un triplice ruolo nei processi d’infiammazione: Scindendo la fibrina, determina formazione dei fibrinopeptidi, che inducono aumento della permeabilità e aumentano la chemiotassi del leucociti. Attiva il callicreinogeno plasmatico in callicreina plasmatica, scindendo il chiningeno HMW in bradichinina. Attiva il sistema del complemento attivando C1 in C1a e scindendo C3, determinando aumento di C3a e C5a, importanti fattori permeabilizzanti (C5a è anche importante fattore chemiotattico). Altri enzimi fibrinolitici Endogeni: urochinasi (serin-proteasi), serve per tenere pervi i lumi dei piccoli vai, è presente, infatti, anche nelle prime vie urinarie; tripsina, che è aspecifico; Esogeni: streptochinasi e stafilochinasi. Le alterazioni della fibrinolisi determinano malattie trombotiche. In caso di iperfibrinolisi si hanno malattie emorragiche. ESAMI DI LABORATORIO NELLO STUDIO DELL’EMOSTASI Il prelievo di sangue è effettuato mediante puntura venosa diretta, con siringa di plastica e ago di medie dimensioni. Il sangue prelevato va messo in provette conteneti anticoagulante, solitamente citrato di sodio in rapporto sangue – anticoagulante 9:1.14 Motivi frequenti di richiesta d’esami emocoagulativi Screening pre-operatorio. Valutazione epatica. Controllo terapie antitrombotiche. Sospetto di malattia emorragica. Sospetto di malattia trombotica. Emergenza emorragica. Ruolo dell’anamnesi Storia familiare: frequentemente positiva. Sede d’emorragia in atto. Emorragie cutanee. Emorragie mucose e parenchimali. Sede di trombosi. Trattamento effettuato. Indagini per le patologie dell’emostasi legate ai vasi Test alla vasopressina: stimola direttamente le cellule endoteliali a produrre vWF. Agisce simulando l’attivazione delle piastrine. Può essere usato nella malattia di vW ti tipo I. Test alla ristocetina: è un antibiotico che permette a vWF di legarsi alle piastrine ed agglutinarle. Serve, dunque, per la dimostrazione della presenza e della funzionalità di vWF e del suo recettore. 14 Per la conta piastrinica si usa, come nell’esame emocromo, l’EDTA. Prove di valutazione della fase vascolare Prova del laccio: si pone lo sfigmomanometro tra 70 e 90 mmHg per 5 minuti ad un arto e si valuta il numero delle petecchie che si formano. Normali sono i valori tra 1 e 10. Prova del martello: si esegue percuotendo una zona circoscritta sovrastante la clavicola con un martelletto da riflessi. La prova è positiva con la comparsa di petecchie ed ecchimosi. Il risultato della prova è espressa empiricamente con valori da 1 a 4. Prova del pizzicotto: si dà un pizzicotto nella zona interessata. In uno stato di fragilità vasale compare rapidamente un’ecchimosi o un ematoma nella zona traumatizzata. Screening per le diatesi emorragiche di I livello Conta piastrinica: il metodo più affidabile prevede una diluizione 1:100 del campione di sangue, raccolto in EDTA, in una soluzione di ossalato d’ammonio all’1%. Si ha, così, lisi degli eritrociti con una conta più facile delle piastrine. Si esegue, poi, la semina in camera di BURKER. Le piastrine vanno da 150.000 a 350.000. Tempo di emorragia: o tempo di stillicidio o tempo di sanguinamento; valuta la funzione vaso-piastrinica, indipendentemente dal numero di piastrine. Il sistema più usato è quello di Duke: consiste nel praticare una piccola incisione nel lobo auricolare del pz, asciugando periodicamente il sangue e registrando il tempo dall’incisione fino all’arresto totale del sanguinamento; nel pz normale è < 3 minuti. Il metodo più affidabile è, per, il test di Ivy: si posizione uno sfigmomanometro a 40 mmHg all’arto superiore del pz e si fa una piccola incisione sulla superficie volare dell’avambraccio, evitando di ledere vene superficiali; nel pz normale è < 7 minuti. Questi valori risultano elevati nelle trombocitopenie gravi acquisite o congenite, in carenza di fattori della coagulazione e nei pz che assumono antiaggreganti. Tempo di protrombina – PT / tempo di Quick: valuta entrambe le vie. È la misura del tempo impiegato dal plasma, povero di piastrine, a formare fibrina, dopo l’aggiunta di TPL (FIII) e Ca2+ (FIV). Le fonti di TPL sono varie e si può estrarre da PL da cervello, placenta e polmoni umani. Come si effettua? Si incubano 100 l di sangue per una o due ore a 37°C. Si aggiungono 200 l di TPL e Ca2+ e si avvia il contasecondi fino alla formazione dei primi filamenti di fibrina. Misurazione È il rapporto ratio tra tempo di coagulazione del plasma del pz ed il tempo di coagulazione normale. Ratio = PTpaziente / PTnormale È > 1 in deficit di coagulazione del plasma. Data l’esistenza di diversi kit preparati, ad ognuno è affidato un indice di sensibilità. La misura corretta del PT si chiama INR: International Normalized Ratio. INR = Ratio indice di sensibilità Indicazioni Valutazione delle carenza della via intrinseca. Controllo della terapia eparinica. In combinazione con il aPPT, valutazione della funzionalità emostatica plasmatica globale ad eccezione di FXIII. Significato diagnostico: Risulta prolungato nei deficit dei fattori VII, X, V, II e fibrinogeno. Tempo di Tromboplastina - PTT: tempo di tromboplastina parziale attivata – aPTT; indaga entrambe le vie della coagulazione. È la misura del tempo impiegato dal plasma povero di piastrine a formare i primi filamenti di fibrina per azione di un attivatore della fase di contatto ed in presenza di PL (FIII) che simulano quelli piastinici. Valori: 90-120 sec. Come si effettua? Incubare 100 l di reagente nella cuvetta per 5 minuti. Aggiungere 100 l di plasma ed incubare per 3-10 minuti. Aggiungere 100 l di starter CaCl2 0,02 M preincubato a 37°C. Registrare il tempo. Indicazioni Valutazione delle carenza della via intrinseca. Controllo della terapia eparinica. In combinazione con il PT, valutazione della funzionalità emostatica plasmatica globale ad eccezione di FXIII. Significato diagnostico: Se aPTT aumenta e PT è normale, c’è carenza congenita di un fattore della via intrinseca o c’è la presenza di un inibitore. PTT è prolungato in tutte le carenze dei fattori della coagulazione, ad esclusione di VII e XIII. Tempo di coagulazione del sangue intero TC Fibrinogeno: prove biologiche (quantità della proteina funzionante), gravimetriche e immunologiche misurano la concentrazione di fibrinogeno. Si calcola dopo coagulazione del plasma, successiva separazione del coagulo fibrinico e quantificazione del coagulo attraverso la determinazione in azoto. Valori: 160-240 mg/dl. Significato diagnostico: Afibrinogenemia ed ipofibrinogenemia. Malattie infiammatorie ed autoimmuni (il fibrinogeno è una proteina della fase acuta). Monitoraggio della terapia fibrinolitica. SCREENING DI LABORATORIO PER LE DIATESI EMORRAGICHE DI II LIVELLO Tempo di Trombina – TT: misura il tempo di coagulazione del plasma in presenza d trombina. Si mettono 0,2 ml di plasma citratao a bagnomaria e si aggiungono 0,2 ml di trombina diluita. Valori: 18-20 secondi. Significato diagnostico: Basse [fibrinogeno]: < 100 mg/ml. Difetto qualitativo del fibrinogeno. Presenza di eparina. Presenza di inibitori della polimerizzazione dei monomeri di fibrina. Tempo di reptilasi e trombin-coagulasi: misurano il tempo del plasma citratato a coagulare in presenza di reptilasi o di altri enzimi simili. Hanno lo stesso significato del TT, ma non risentono del trattamento eparinico. Indagini per la valutazione della fase piastrinica Aggregometria: nell’aggregometro di Born; studia la quantità di luce che passa attraverso una sospensione di piastrine quando ad esse è aggiunto un aggregante. Si usa la misura di assorbanza o di trasmittanza. Il pz non deve assumere farmaci, come aspirina.15 Si aggiungono anticoagulanti in rapporto 9:1 (citrato di sodio). Gli agonisti dell’aggregazione piastrinica sono: ADP, trombossano A2, trombina, collagene, PAF, adrenalina, serotonina, complessi Ag-Ab, enzimi proteolitici, vasopressina, acido arachidonico. L’aggregometro svela diverse patologie: S. di Bernard-Soulier: assenza o alterazione del recettore per GPIb. L’aggregometro non dà risposta; ha trasmissione aut. rec. 15 I FANS, in particolare l’aspirina, inibiscono la ciclossigenasi per la produzione di prostaglandine e trombossano A2, frenando l’aggregazione piastrinica indotta dal collagene. M. di von Willebrand: assenza del vWF. Il deficit di vWF è la più diffusa causa di alterazione di aggregazione piastrinica, determinando una condizione di emostasi inefficace. Se ne conoscono tre tipi: Tipo I: 70%; aut. dom. - vWF e VIII. Tipo II: 25 %: aut. rec. – alterazioni qualitative di vWF. Tipo III: aut. rec. – è rara, legata all’assenza completa di vWF. Fattore di Von Willebrand: è presente maggiormente nell’endotelio, ma anche nelle piastrine come granuli di Weibel-Palade ed anche nel plasma. È liberato dai granuli per mediare l’interazione tra collageno tissutale ed i recettori piastrinici GPIa e GPIb; fa da ponte. Il vWF plasmatico è presente come multimero (500 – 10.000 kDa), ed è normalmente non attivo; è attivato in seguito ad interazione con la matrice extracellulare. vWF plasmatico è fondamentale nel legame di fattore VIII (fattore antiemofiliaco A), suo partner naturale; se così non fosse, FVIII sarebbe sempre riconosciuto dalla Proteina C, importante componente del sistema fibrinolitico. Trombastenia di Glanman: è una malattia di aggregazione piastrinica dovuta al defici del recettore del fibrinogeno GPIIb-IIa; ha trasmissione aut. rec. Like-Aspirin Syndrome: è un deficit della ciclossigenasi; ha trasmissione aut. dom. Pur aggiungendo AA non si ha variazione all’aggregometro. Altri test funzionali: è possibile dosare nel plasma e nellpiastrine alcune sostanze contenute o rilasciate dalle piastrine come serotonica e -trombomodulina. Dosaggio dei nucleotidi intrapiastrinici SCREENING DI LABORATORIO DELLA FASE FIBRINOLITICA Dosaggio del plasminogeno: è sintetizzato dal fegato. Questo test misura la plasmina generata dopo attivazione con streptochinasi. Si usano test funzionali, con l’uso di substrati cromogeni, e test immunologici, con Ab specifici. Valori: 16-24 mg/dl. Le carenza possono essere dovute a basse concentrazioni da CID ed epatopatie e terapie con trombolitici, ed alterazioni del plasminogeno con ridotta attività funzionale.16 Dosaggio della plasmina: viene evidenziata mediante il dosaggio dei FDP. I prodotti di degradazione del fibrinogeno sono frammenti derivati dall’azione dela plasmina su fibrinogeno e fibrina. Aumentano in CID e gravi epatopatie e malattie renali. Nel pz 16 Ipoplasminogenemia o carenza tipo 1 nel primo caso e displasminogenemia o carenza tipo 2 nel secondo. normale sono < 3 g/dl. Questo dosaggio è comune nelle CID o nelle sindromi iperfibrinolitiche. Dosaggio del TPA: l’attivatore tissutale del plasminogeno è il principale attivatore fisiologico della fibrinolisi. Il TPA è l’ideale a livello del trombo, ma inefficiente a livello del plasma. È liberato continuamente dalle cellule endoteliali e spt nell’esercizio fisico, nella stasi venosa e nelle forme di stress. In terapia è utilizzato nella trombolisi in infarto del miocardio e nell’embolia polmonare. Dosaggio: Test funzionali: misurazione del tempo di lisi del coagulo; la quantità di TPA è determinata dall’attività della plasmina sul substrato. Test immunologici: ELISA. Test da stimolo: si induce stasi venosa in un arto e si effettuano misure su enrambi gli arti. Dosaggio di PAI: inibitore dell’attivatore del plasminogeno. Ne esistono 2 tipi: endoteliale e placentare. Il dosaggio si effettua mediante la neutralizzazione del TPA aggiunto al plasma, oppure in un dosaggio immunoenzimatico. Dosaggio di -2-antiplasmina: è il più importante inibitore della plasmina. Si misura con test funzionali, con un substrato cromogenico per la plasmina, e test immunologici, con antisieri specifici. Valori: 4-6 mg/dl. Le carenza si può avere per difetto congenito, con grave diatesi per lisi prematura del tappo, o per riduzione dei livelli plasmatici, dovuta a CID e gravi epatopatie. È importante per le diatesi emorragiche eredo-familiari. STUDIO DELL’EMOSTASI IN DIFFERENTI CONDIZIONI PATOLOGICHE Difetto vascolare Alterata funzione piastrinica Conta piastrinica Tempo di sanguinamento Tempo di protrombina Tempo di tromboplastina parziale Riduzione del numero di piastrine Alterazioni delle proteine plasmatiche Ok Alterato Ok Alterato Alterato Alterato Ok Ok* Ok Ok Ok Alterato o ok Ok Ok Ok Alterato o ok * con l’eccezione della malattia di von Willebrand. Valutazione della funzionalità endocrina – cap 14 Tiroide Ormoni tiroidei All’interno dei follicoli è contenuta la colloide, contenente, a sua volta, la tireoglobulina. Questa è una glicoproteina contenente 140 residui di tirosina, dei quali il 25% sono iodinati dopo la sintesi. La iodinazione è catalizzata dalla PEROSSIDASI, associata alla membrana del lume del follicolo. Questa produce Monoiodotirosina (MIT) e Diiodotirosina (DIT). Questa reazione è seguita da accoppiamento di residui MIT e DIT per formare triiodotironina (T3) o tetraiodotironina o tiroxina (T4). T3: è prodotto al 20% dalla tiroide e all’80% per deiodazione di T4. T4: è prodotto interamente dalla tiroide. Il processo di mobilizzazione è stimolato da TSH, regolato un meccanismo di feedback negativo.17 Gli ormoni sono in circolo legati a: TBG: Tiroxin Binding Globulin; 70-75%. TBPA: Tiroxin Binding Prealbumin; 15-20% Albumina: 5-10%. La forma attiva degli ormoni tiroidei è solo T3, che, eccezion fatta per cervello e testicolo, agisce su tutti i tessuti. T4 è, invece, un precursore e la sua attivazione avviene per diodazione in posizione 5’ nei tessuti periferici.18 L’acido tetraiodotiroacetico TETRAC e l’acido triodotiroacetico TRIAC sono i prodotti di degradazione degli ormoni tiroidei. Nella tiroide è prodotto, inoltre, un altro ormone, la calcitonina, dalle cellule parafollicolai o cellule C. Azione degli ormoni tiroidei Stimolazione di termogenesi. Se in eccesso determinano effetto catabolico. Agiscono sul metabolismo glucidico, lipidico, proteico e vitaminico. e recettori, cui è legata l’ipertensione, la Aumentano l’espressione di tachicardia e la sudorazione. Valutazione della funzionalità tiroidea I livelli sierici degli ormoni tiroidei sono influenzati da alcuni fattori: Vanno definiti in ogni laboratorio perché influenzati dalle metodiche usate. Eutiroidismo è compatibile con livelli anormali di TBG e con livell di T4 totale aumentati o diminuitim in quanto solo T3 è attivo. 17 18 T3 e T4 inibiscono il release ipotalamico legandosi ai recettori per la Tireoliberina ipotalamica TRH. La deiodazione in posizione 5, invece, forma un intermedio inattivo definito T3 inversi rT3. T3 è 3-4 volte + attivo di T4, pertanto il solo T4 sierico non è necessariamente indicativo dello stato della ghiandola. T4 è utile per le definizioni della terapia. TRH Si somministrano in vena 200 g di TRH e si valuta la concentrazione plasmatica di TSH a –15, 0, 15, 30, 45, 90 e 12° minuti e del T3 a 180 minuti. Normalmente si ha un picco di TSH tra 20 e 45 minuti, circa 5 volte il livello basale. Aumenta nella donna e diminuisce nell’anziano. Questo test va effettuato nella ricerca di ipotiroidismo secondario o terziario, nella valutazione di ipofunzionalità tiroidea. Tsh La secrezione di TSG va da uno zenit verso mezzanotte con un ritmo circadiano. Il dosaggio radioimmunologico di TSH è sensibile per ipertiroidismo primitivo. Valori: 0,5 – 6,0 mU/l. Nell’ipertiroidismo i livelli sono bassi. T4 TOTALE Valori: 80 g/l. Aumento: ipertiroidismo. Diminuzione: ipotiroidismo. Va associato a dosaggio di TBG, perché un aumento di TBG determina aumento di T4 totale.. Si usa il RIA. T4 libera È lo 0,02% di T4 totale. È l’indice migliore perché questa è la quota trasformata in T3. Il metodo usato è l’immunochemioiluminescenza. I valori vanno da 10 a 30 pmol/l. Indice di Tiroxina libera È il rapporto tra tiroxinemia e captazione di T3. Tiroxinemia x 100 / captazione di T3 = 3,5 – 12,5 Aumenta negli ipertiroidei. TBG SIERICA È importante perché una aumento di TBG causa una diminuzione di T4 libera con ipotiroidismo. Alcuni farmaci possono, infatti, interferire con i siti di legame per TBG. T3 TOTALE E T3 LIBERA La valutazione di T3 totale è utile nel sospetto di tireotossicosi, ed è utile per definire stati di ipertiroidismo. Nel bambino sono più elevati di 0,08 nmol/l. Nell’anziano si ha conversione di T4 a T3 deficitaria. I metodi sono RIA ed EIA. Valori T3 totale: 4 g/l. Valori T3 libera: 1,3 g/l. T3 inversa Il dosaggio è radioimmunologico RIA. Valori rT3 totale: 0,8 g/l. Valori rT3 libera: 0,25 g/l. Ab La ricerca di autoanticorpi anti-tiroide è utile per riconoscere patologie autoimmuni. Con RIA si possono analizzare: TMAb: anticorpi anti-microsomi tiroidei; presenti nel 95% dei casi di tiroidite cronica di Hashimoto e nell’85% nei casi di malattia di Graves. TgAb: anticorpi anti-tireoglobulina; presenti nel 60% dei casi di Hashimoto e nel 30% dei casi di Graves. Ig stimolante la tiroide Il siero di molti pz con Graves contiene TSIg, diretto contro il TSH. Hanno una sensibilità del 95% nel morbo di Graves. Tireoglobulina Mediante IRMA e RIA. È in circolo in concentrazioni di 3-25 g/dl. È utile perché aumenta nel CA metastatico ed è assente in caso di tireotossicosi, anche se è l’ultimo parametro da utilizzare. Calcitonina Il dosaggio è utile per la diagnosi di CA midollar, effettuato con RIA. Possono essere effettuati anche altri test, quali CLS, LH, LAD, AST e Mioglobina, tutti aumentati nell’ipotiroidismo. Prove di stimolazione e di soppressione Stimolazione di TRH È utile per stabilire tireotossicosi, ma per stabilire il tipo di ipertiroidismo. Si somministrano 200-500 pg di TRH e si preleva sangue a –5, 20, 30 e 60 minuti. Gli individui normali rispondono con un picco di TSH in 30 minuti, da 5 a 30 mU/l. Ipertiroidismo primitivo: risposta assente. Ipotiroidismo primitivo: risposta elevata. Soppressione da T3 Si basa sulla capacità di abolire la funzionalità tiroidea somministrando T3 e valutando la captazione di iodio mediante scintigrafia. Stimolazione da TSH Consiste nella misura dell’incorporazione di iodio radioattivo prima e durante tre giorni di trattamento i.m. di TSH 5 UI/die, usato nello studio dell’ipotiroidismo ipofisario (secondario). Scintigrafia tiroidea La prova di incorporazione di iodio radioattivo RAIU. Consiste nel somministrare, per via endovenosa, una dose tracciante di I131, seguito dalla valutazione della sua incorporazione dopo 24 ore. I valori di riferimento variano da 5 a 30%. Nell’ipertiroidismo aumentano. Esempi diagnostici TSH alto, ormoni bassi: ipotiroidismo primario (gozzo). TSH alto, ormoni alti: ipertiroidismo secondario da adenoma ipofisario. TSH alto, ormoni ok: ipotiroidismo da carenza recettoriale ipofisaria. TSH basso, ormoni alti: morbo di Basedow; patologia autoimmune caratterizzata da Ab-tiroidostimolanti che si legano al recettore per TSH. È legata a tireotossicosi, esoftalmo e mixedema pretibiale. TSH basso, ormoni alti: ipertiroidismo primario. TSH basso, ormoni bassi: ipotiroidismo secondario. TSH alto, ormoni bassi: Hashimoto; è la tiroidite cronica linfocitaria. È dovuta ad insufficiente soppressione dei T helper. Sono presenti Ab anti-Tg e anti-PO. TSH ok, TRH non responsivo, ormoni ok/bassi: ipotiroidismo terziario. Dosaggio degli steroidi urinari 17-chetosteroidi urinari Sono gli androgeni: deidroepiandrosterone, androstenedione e androsterone. Nella donna derivano dalla surrene, mentre nell’uomo anche dal testicolo. Un loro aumento è indice di tumori ovarici, surrenalici o testicolari. La diminuzione si presenta nell’Addison, nell’ipotiroidismo. Valori normali: Donna: 8-20 mg/24h. Uomo: 6-15 mg/24h. 17-idrossi-corticosteroidi urinari Sono gli steroidi C21 con –OH in posizione C21 e C17 e –CO in C20. Hanno prevalentemente azione glucocorticoide e mineralcorticoide. Sono: cortisolo, cortisone, 11-idrossicortisolo, 17-OH-progesterone. Valori normali: Donna: 3-5 mg/24h. Uomo: 4-6 mg/24h. Questi aumentano nella S. di Cushing, cioè l’ipercorticosurrenalismo. Questa consegue all’ipersecrezione di glucocorticoidi per eccesso di ACTH, sia di origine adeno-ipofisaria, sia che ectopica, come il microcitoma polmonare. Si può riscontrare sempre: Ipersecrezione di ACTH. Iperplasia bilaterale surrenale. Scomparsa del ritmo circadiano. Alterazioni del metabolismo. La funzione cortico-surrenale si può misurare con il cortisolo libero urinario o coem cortisolo nel siero. Il livello ematico dell’ormone è 10-25 g/dl. Ipercorticosurrenalismi Per valutare la presenza di iperplasia surrenalica o tumori surrenalici o ectopici ACTH-secernenti, si effettua il test di soppressione con desametazone. Nei pz con iperplasia surrenalica si ha inibizione della secrezione di ACTH; negli altri casi no. Si può effettuare anche il test dell’ipoglicemia insulino-indotta. Si valuta, infatti, la quantità di cortisolo in circolo dopo iniezione e.v. di insulina. Ipocorticosurrenalismi Il test di stimolo con ACTH permette di distinguere tra ipocorticosurrenalismo primario (nessuna modifica) e secondario (ipofisario, si cambiamento). Il test da stimolo con CRH permette di distinguere tra ipocorticosurrenalismo secondario (nessuna modifica) e terziario (ipotalamico, si cambiamente, secrezione di ACTH da ipofisi). PROVE DI FUNZIONALITÀ EPATICA – CAP 15 Metabolismo dell’eme La BRB è prodotta dal gruppo eme, il quale deriva per l’85-90% dal catabolismo dell’Hb, e per il 10-15% dal catabolismo di mioglobina e citocromi. eme biliverdina EME OSSIGENASI biliverbina + Fe2+ BILIVERDINA REDUTTASI (MILZA) BRB + glucuronato bilirubina (lega Albumina) GLUCURONIL-TRANSFERASI (FEGATO) BRB coniungata La BRB coniugata, per la sua idrofilicità legata al legame con l’acido glucuronico, è definita diretta e la sua concentrazione nel sangue è circa 0,2 mg/dl. La BRB non coniugata, per la sua idrofobicità, è definita indiretta e la sua concentrazione nel sangue è circa 0,8 mg/dl. La quantità di BRB totale è circa 0,2 - 1 mg/dl. Destino della BRB La BRB coniugata è secreta nei canalicoli biliari per raggiungere il lume intestinale con la bile. Questa è trasformata in urobilinogeno, che sono catene lineari, dalle IDROLASI BATTERICHE. Questo composto formato viene ossidato a stercobilina, pigmento colorato, espulso con le feci, del cui colore è il responsabile. Una piccola quota di urobilinogeno, però, è riassorbito mediante il circolo enteroepatico: ritorna al fegato o è espulso nelle urine come urobilina. Definizioni: Colalemia: presenza di bilirubina nel sangue (bilirubinemia). Coluria: presenza di bilirubina nelle urine (bilirubinuria). Urobilinemia: presenza di urobilina nel sangue. Urobilinuria: presenza di urobilina nelle urine. Ittero Colalemia e coluria determinano ittero, che è associato a colorito giallastro della cute, delle mucose e delle sclere; è presente, spesso, prurito. Esistono diverse forme di ittero. ITTERO PRE-EPATICO È legato all’iperproduzione di BRB; le cause possono essere: Emocateresi aumentata: anemie emolitiche e talassemie. Infettiva: malaria. Autoimmunitaria: eritroblastosi fetale. Iperproduzione: sindrome d’Israel. Questo è ittero a BRB non coniugata: colalemico, associato a pleiocromia fetale. ITTERO EPATICO È un ittero da alterata funzione dell’epatocita. Si divide in tre tipi principali: S. di Gilbert: ittero indiretto, non coniugato. I meccanismi di produzione e captazione di BRB sono normali, ma si ha alterazione della GLUCURONIL – TRANSFERASI. È un ittero colalemico a BRB non coniugata. S. Dubin-Johnson: ittero diretto, coniugato. I meccanismi di produzione, captazione e coniugazione della BRB sono corretti; il difetto è di escrezione. È un ittero a fegato nero (per la presenza di pigmento). È un ittero colalemico e colurico con ipocromia fecale, per l’associazione a colestasi. ALP e -GT sono aumentate. S. di Crigler-Najjar: è un ittero fisiologico del neonato per l’insufficiente sviluppo del fegato. In questo caso BRB passa la barriera ematoencefalica, depositando il pigmento nel liquor; si lega a tutti i componenti lipici, determinando ritardo. È un ittero colalemico. ITTERO POST-EPATICO È un ittero da ostruzione del coledoco, per ostruzione ad estrinseco, come un tumore della testa del pancreas, o per litiasi, o, infine, per alterazione della motilità del coledoco. È un ittero colalemico e colurico, con prurito ed ipocromia fecale. Siero Pre-epatico Gilbert Dubin-Johnson Crigler Najjar Danno epatico Post-epatico BRB totale Aumenta Aumenta Aumenta Aumenta Aumenta Aumenta BRB diretta Normale Normale Diminuita Aumentata Aumentata aumentata Urine BRB Assente Assente Assente Aumentata Aumentata Aumentata Livelli di BRB in condizioni patologiche Dosaggio della BRB SANGUE Si esegue la reazione di H. Van Den Berg. 0,25 ml di siero sono mescolati con 0,20 ml di reattivo diazoico di Ehrlich, che va preparato estemporaneamente, aggiungendo a 5 ml di soluzione A 19 due gocce di soluzione B 20. La BRB coniugata può reagire subito con l’acido solfanilico diazotato; quella libera può reagire solo mediante estrazione alcolica del campione di siero. Il prodotto della reazione è l’acetofenolazobilirubina, di colore rosso, è letta spettrofotometricamente. URINE 19 20 A: 1 g Acido Solfanilico, 15 di HCl purissimo, 1 litro acqua distillata. B: 0,5 g nitrito di sodio in 100 ml d’acqua. La comparsa di BRB nelle urine testimonia la comparsa di BRB nel sangue. Si esegue la reazione di Gmelin. Su pochi ml di urina si stratifica una piccola quantità di acido nitroso-nitrico se vi è BRB si avrà la formazione di un anello policromo di colore verde-blu-violetto-rosso. Acidi biliari e loro dosaggio Gli acidi biliari colico e chenodeossiclico sono prodotti a partire dal colesterolo nel fegato e coniugati con glicina e taurina, formando i sali biliari acido glicocolico e taurocolico, escreti con la bile. Nell’intestino sono in parte degradati ad acido deossicolico e litocolico dalla flora batterica e riassorbiti mediante il circolo enteroepatico. Per il dosaggio degli acidi biliari si esegue la metodica RIA. In una provetta rivestita internamente da una fase solida contente un Ab specifico contro l’acido glicocolico, sono introdotti e fatti competere il siero in esame ed una quantità nota di acido glicocolico marcato con I125. La radioattività è misurata con una contatore ; tanto maggiore è la quantità di acido glicolico libero, tanto minore sarà la radioattività misurata. I valori normali sono < 6 mol/l. Un netto aumento si verifica in casi di patologie epatiche. Valutazione di coniugazione ed escrezione La valutazione delle funzioni di captazione, coniugazione ed escrezione, può essere effettuata mediante somministrazione di sostanze estranee e la misurazione della loro misurazione dal sangue. Il test più impiegato è quello alla bromosulfontaleina (BSF). Dopo un prelievo di base, il test prevede la somministrazione di BSF per via endovenosa 5 mg/Kg; dopo 45 minuti si valuta la quantità ancora presente in circolo; in un soggetto normale è < 5%.