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L’ANTIDISPENSA
Appunti del corso di Medicina di Laboratorio
Biochimica e Patologia Clinica
Cap 1 – introduzione alla biochimica clinica
Cap 2:
o Curva di taratura
o Tecniche immunoanalitiche, immunoenzimatiche, ottiche,
elettroforetiche, cromatografiche
Cap 3 – enzimologia clinica ed enzimi del siero
Cap 4 – proteine del plasma
Cap 5 – valutazione assetto lipidico
Cap 6 – omeostasi glucidica
Cap7 – valutazione dell’uricemia
Cap 8 – valutazione funzionalità renale:
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Esame urine
Equilibrio acido-base
Emogasanalisi
Azotemia, uremia, creatinemia, creatininemia
Equilibrio idro-elettrico
Cap 9 – valutazione ipertensione arteriosa
Cap 10 – esami di laboratorio nelle malattie allergiche
Cap 11 – la costellazione antigenica dei tumori, i markers tumorali
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Antigeni oncofetali tumorali
Antigeni associati a tumori e markers di turn-over
Ormoni e recettori
Proteine
Enzimi
Marcatori immunitari
Marcatori immunoematologici
Acidi nucleici
Metabolici urinari
Risposte immunitarie
Cap 12 – esame emocromocitometrico
Cap 12.1 – anemie
Cap 13 - emostasi ed emocoagulazione
o Sistema e fattori della coagulazione
o Sistema fibrinolitico
o Esami di laboratorio nello studio dell’emostasi (I e II livello)
o Screening della fase fibrinolitica
Cap 14 – valutazione funzionalità ormonale
Cap 15 – valutazione funzionalità epatica
redatta sulla base di quella che circola dai fotocopiatori
Introduzione alla biochimica clinica – cap 1
La biochimica clinica è una scienza applicata che studia l’effetto delle patologie sui
processi biochimici dell’organismo, prendendo in esame qualsiasi tessuto o fluido
biologico e misurandone sostanze o proprietà indicative.
Il fine della biochimica clinica è quello di prevenire, diagnostica ed, eventualmente,
curare uno stato di malattia.
Questa scienza offre diversi contributi importanti:
1: offre spiegazioni su base puramente biochimica (enzimatica, proteica,
dislipidemica etc…).
2: offre una classificazione nosografica ezio-patologica che affianca quella clinica.
3: offre reperti statisticamente significativi.
4: controlla i fattori di rischio ambientali e di lavoro.
Caratteristiche generali delle misurazioni
Attendibilità
L’attendibilità o bontà di una misurazione è il grado di concordanza tra il valore
“vero” oggetto della misura, e la stima che l’analisi biochimica determina. Questo,
ovviamente, può essere influenzato dal metodo, che rappresenta l’insieme dei metodi
di misura, dell’esperienza del personale, delle influenze ambientali etc…
Precisione
La precisione è il grado di concordanza tra misure replicate effettuate sullo stesso
campione; questo è un valore non esprimibile in termini numerici, ma lo è il suo
reciproco, definita imprecisione; quest’ultima è una misura del grado di discordanza
tra più misure replicate, ed è espressa dal valore della deviazione standard (DS),
espressa nella stessa unità di misura in cui è espresso il valore della singola misura.
L’imprecisione può essere calcolata, inoltre, come DS relativa, anche definta
oefficiente di variazione, calcolata come segue:
CV = (DS/media) x 100
Che cos’è la deviazione standard DS?
La media è un indicatore di tendenza centrale. Dà, infatti, una misura del valore del centro
dei dati. È molto importante avere anche una misura di quanto i dati siano distanti dalla
media. Si utilizza la varianza indicata con 2.
2
La sua radice =
è la deviazione standard o scarto quadratico medio. Questo nome
indica l'operazione per calcolarla: lo scarto dalla media è la distanza tra il dato e la media |
> |; lo scarto quadratico è il
i- <
quadrato dello scarto; dei numeri così ottenuti si considera la media (si sommano e il totale
si divide per il numero dei dati); la radice quadrata di questo numero dà una misura (in
media) di quanto i dati si discostino dalla media.
É già stato detto che fonti di variazione sono presenti in ogni misurazione di un
carattere biologico. Tale variabilità non è tuttavia del tutto imprevedibile: infatti,
molti fenomeni naturali seguono un modello teorico definito «curva di distribuzione
normale» o «gaussiana».
Questo modello è particolarmente utile, in quanto possiamo impiegarlo conoscendo
soltanto la media e la deviazione standard. Infatti, in una gaussiana il 95% dei dati
cade nell'intervallo media ± 2 volte la deviazione standard.
Più precisamente, si può dimostrare che l'intervallo (media ± deviazione standard)
comprende il 68% circa dei dati; l'intervallo (media ± 2 deviazioni standard) ne
comprende il 95% e l'intervallo (media ± 3 deviazioni standard) comprende pressoché
tutti i dati (99.7%).
Ripetibilità
È la misura della deviazione dei risultati dal valore medio.
Riproducibilità
È la misura della deviazione dei dati dal valore medio nel corso di più settimane
effettuata da tecnici che non conoscono l’identità del campione.
Accuratezza
È il grado di concordanza tra la migliore stima (grado medio trovato) ed il valore
vero (conosciuto) della grandezza. 1 Questo è un concetto astratto e si considera come
il più probabile valore ottenibile con metodi differenti che richiedono apparecchiature
complicate, che danno, però, risultati complicati.
Specificità - (fi)
È la caratteristica del metodo di dosare solo ed interamente la sostanza studiata senza
subire interferenza positive e negative da parte di altre sostanza presenti nel
1
Si osservi che precisione e accuratezza sono due caratteristiche tra loro indipendenti.
materiale; non ha valore numerico. Le tecniche radioimmunologiche hanno, ad
esempio, alta specificità perché le reazioni Ag-Ab sono altamente specifiche.
La specificità diagnostica è usato per indicare l’incidenza di risultati negativi che si
ottengono applicando il test a soggetti non portatori di malattia. Se il test applicato a
100 persone sane offre 100 risultati negativi, la specificità sarà del 100%.
Specificità = VN / (VN + FP) x100
Limite di Rivelabilità
È la più piccola sostanza che il metodo riesce a dosare.
Sensibilità - (psi)
È l’attitudine del metodo a dosare piccole quantità del componente studiato; non ha
valore numerico.
Le tecniche ottiche hanno una sensibilità che va da 10-4 a 10-6, cioè dai mg ai g.
Le tecniche radioimmunologiche hanno una sensibilità nell’orgine di 10-10, cioè
degli Å.
La sensibiltà diagnostica indica l’incidenza di risposte positive che si ottengono
applicando il test a pazienti affetti da una malattia. Se un test ha sensibilità del 100%,
fornisce 100 risposte positive se effettuato su 100 persone malate. 2
Sensibilità diagnostica = VP / (VP + FN) x 100
Prevalenza
Rappresenta il numero di pazienti su 100.000 affetti da una malattia in un
determinato momento.
Incidenza
È il numero di pazienti su 100.000 che in un anno contraggono la malattia. 3
Valore Predittivo
Il valore predittivo di un risultato positivo è la percentuale di veri positivi, rispetto ai
positivi totali, che si ottengono quando il test è applicato ad una popolazione mista
(malati + sani).
Valore predittivo = VP / (VP + FP) x 100
Analogamente il valore predittivo di un risultato negativo è la percentuale di veri
negativi rispetto ai negativi totali. (veri negativi + falsi negativi)
2
Un buon test deve essere molto sensibile e poco specifico. Si deve tener presente, però, che sensibilità e specificità
sono interdipendenti ed inversamente proporzionali.
3
Risulta chiaro che per le patologie croniche la prevalenza è alta e l’incidenza è bassa, mentre vale il contrario per le
forme acute.
Curva di taratura
È la premessa a qualsiasi metodica di laboratorio, perché ne permette
l’interpretazione.
È la rappresentazione grafica della densità ottica in funzione della concentrazione
della sostanza in esame.
Si costruisce effettuando una serie di misurazioni con concentrazioni note della
sostanza e, conoscendo le corrispondenti densità ottiche, si ottiene, in un sistema di
assi cartesiani, una retta, definita retta di interpolazione; questa è una risposta
lineare. Qualora non fosse possibile ottenere una linearità della risposta, significa che
la reazione chimica non segue la legge di Lambert-Beer; in questo caso occorre
tracciare una curva di taratura, da preparare eseguendo un maggior numero di
concentrazioni.
Una volta stabilite la retta o curva di interpolazione, è possibile misurare tutti i
campioni con concentrazioni comprese tra i due limiti, mediante il metodo grafico,
ovvero tracciando rette perpendicolari, e mediante il metodo algebrico.
Cc : Cst = DOc : Dost
Cc = (Cst x DOc) / DOst
Dove:
Cc: concentrazione del campione.
Cst: concentrazione standard.
DOc: densità del campione.
DOst: densità standard.
Se la densità ottica del campione in esame cade al di fuori dei limiti, si possono
operare concentrazioni o diluizioni; in tal caso, però, il risultato dovrà essere per
quanto è stato concentrato, o moltiplicato per quanto è stato diviso.
La curva di taratura definisce, pertanto, i limiti di utilizzazione, ovvero il range di
valori a noi più utili; per esempio le proteine sieriche, in concentrazione media di 7
grammi/100 ml, avrà un range da 1 a 10 grammi/100 ml, corrispondente ai valori
minimi e massimi compatibili con la vita.
È chiaro, inoltre, che il range di concentrazione deve essere quanto più ristretto
possibile per minimizzare al massimo il margine d’errore.
Tecniche immunoanalitiche
L’Immunometria comprende tutte le tecniche che utilizzano una reazione Ab-Ag
per misurare la concentrazione di un dato analita. Tra di esse alcune utilizzano isotopi
radioattivi, altre utilizzano reazioni colorimetriche o reazioni enzimatiche. Il
complessi Ab-Ag possono essere sia in fase liquida che su supporto; gli Ab, a loro
volta, possono essere monoclonali o policlonali.
RIA – Dosaggio Radioimmunologico (Radio Immuno Assay)
È di largo impiego per il dosaggio di ormoni ed altre sostanze di interesse (ferritina,
antigeni virali, CEA). La condizione essenziale è la disponibilità di un antigene
identico a quello che si vuole misurare, marcato con un radioisotopo.
Questa tecnica si basa sulla competizione tra un antigene freddo ed una quantità
limitante de corrispondente antigene marcato, per il legame con un numero limitato di
siti anticorpali presenti in una quantità costante d’antisiero.
All’equilibrio, in presenza di un eccesso di antigene, ci saranno sia antigeni liberi
che antigeni legati. La quantità di antigene marcato all’anticorpo diminuirà con
l’aumento dell’antigene freddo nel campione.
Allestendo una curva di taratura, ponendo in ascissa quantità note e crescenti
dell’antigene da dosare ed in ordinata il segnale radioattivo, dato il complesso AbAg, sarà possibile risalire alle concentrazioni incognite dell’analita nei vari liquidi
biologici.
All’aumentare della concentrazione dell’analita diminuirà la radioattività del
complesso, essendo la quantità dell’antigene da dosare crescente e la quantità di
antigene marcato e di anticorpo uguale in tutte le prove.
Vantaggi:
Uso di immunogeni puri.
Sensibilità alta (pg).
Specificità
Automatizzabile.
Svantaggi:
Costi.
Deperibilità dei radioattivi.
Rischio.
Personale specializzato.
Negli antigeni proteici il gruppo fenolico di un residuo di tirosina marcato con 125I;
gli apteni non proteici sono normalmente marcati con 3H+.
IRMA – Dosaggio Immuno-Radiometrico (Immuno-Radiometric-Assay)
Prevede l’utilizzo di antisieri marcati che reagiranno con il campione fino a marcare
tutto l’antigene. Il conteggio della radioattività determinerà la misura diretta
dell’antigene presente. È, questa, la principale differenza con RIA, perché in questo
caso la proporzionalità diretta tra radioattività e concentrazione di antigeni è diretta,
mentre nel RIA è inverse ed è un procedimento che si basa sulla competizione.
Si effettua il dosaggio diretto degli anticorpi marcati. Il vantaggio sta nelle facilità,
nel minore rischio e nella maggiore specificità (10-15).
Immunoprecipitazione
Un anticorpo diretto contro un antigene proteico è usato per isolare l’antigene
specifico da una miscela. L’anticorpo è legato ad una matrice insolubile. L’antigene
purificato è distaccato dall’Ab mediante cambiamenti di pH ed analizzato con
elettroforesi in gel di poliacrilamide.
ImmunoBlot (Western Blot)
Serve per calcolare la quantità relativa ed il peso molecolare di una proteina
contenuta in una miscela di proteine.
L’antigene è sottoposto a separazione elettroforetica dagli altri. Le proteine sono
trasferite (blotting) dal gel su una membrana di nitrocellulosa. La posizione
dell’antigene sulla membrana è visualizzata mediante legame di un anticorpo
radiomarcato o coniugato con un enzima mediante una reazione con un substrato
cromogeno specifico.
Immunofluorescenza (FIA)
La sensibilità di questa tecnica è nell’ordine di 10-8. Con adatti procedimenti è
possibile coniugare gli anticorpi di un siero con alcune sostanze fluorescenti, come
l’isotiocianato di fluoresceina.
Diretta: Ab fluorescenti a contatto diretto con l’antigene e illuminazione del
preparato con UV.
Indiretta: antigene con il siero immune o presunto tale. Sopo incubazione si
aggiunge un siero contenente Ab anti-Ig e poi si procede all’illuminazinoe con
UV.
Immunoluminescenza (LIA)
L’illuminescenza è il fenomeno di emissione di luce da una molecola in seguito al
passaggio da uno stato elettronico eccitato allo stato fondamentale. Questo
procedimento è legato al reazioni esoergoniche, che cedono energia al sistema, come
l’incubazione del composto adatto con H2O2.
La sensibilità è paragonabile a quella del RIA, ma la specificità risulta inferiore.
Tecniche Immunoenzimatiche
Queste tecniche sfruttano la possibilità di coniugare anticorpi con alcuni enzimi; il
legame enzima-Ab è svelato agiungendo il substrato ed i reattivi necessari per la
reazione catalizzata; il prodotto terminale deve essere colorato e la sua
concentrazione è direttamente proporzionale alla concentrazione dell’analita.
ELISA – Dosaggio Immuno Assorbente Legato all’Enzima (Enzima-linked
Immuno-sorbent Assay)
Le reazioni sono eseguite in pozzetti, al cui interno vengono fatti aderire antigeni o
anticorpi noto. Vanno inseriti, poi, gli analiti e dopo i lavaggi necessari, i complessi
Ab-enzima. La positività della reazione dell’enzima al substrato si appalesa per la
comparsa di un prodotto di reazione colorato, quantizzato mediante
spettrofotometria.
Il metodo così descritto è il più utilizzato, definito Sandwich.
L’ELISA è molto specifico, ma la sensibilità è legata alla densità ottica, per cui non è
molto alta, inferiore a quella del RIA, nell’ordine di 10-6 (pg).
Tecniche ottiche
Tutte le tecniche d’analisi ottiche si basano sul fatto che tutte le sostanze sono
composte da molecole che assorbono elettivamente alcune radiazioni di determinare
lunghezze d’onda; questo assorbimento decresce gradualmente per quelle radiazioni
di lunghezza d’onda più lunga o più corta di quelle maggiormente assorbite.
Il fenomeno dell’assorbimento delle radiazioni luminose per una soluzione dipende,
in definitiva, dalla concentrazione delle molecole che costituiscono i centri di
assorbimento della sostanza disciolta. Quanto maggiore è il numero di queste
molecole, maggiore sarà l’assorbimento delle radiazioni incidenti.
Legge di Lambert – Beer
Il fenomeno dell’assorbimento della luce da parte delle soluzioni è definito in termini
quantitativi dalla legge di Lambert – Beer.
Se una radiazione monocromatica passa attraverso una soluzione, l’assorbimento
subito dalle radiazioni è direttamente proporzionale allo spessore ed alle
concetrazini della soluzione stessa. 4
Le legge di L.-B. stabilisce il legame esistente tra l’intensità della luce che esce dalla
soluzione e l’intensità della luce che l’ha colpita (trasmittanza), e tra quest’ultima e
la concentrazione della sostanza assorbente, presente in soluzione (soluto):
I/I0 = T = e-klc
Dove:
I: intensità della luce tramessa dalla soluzione.
I0: è l’intensità della luce incidente.
T: trasmittanza.
l: spessore della soluzione attraversata dalla luce.
c: concentrazione della sostanza assorbente in soluzione.
k: coefficiente di estinzione molare (caratteristico per ogni sostanza ad una
determinaa lungheza d’onda per un determinato solvente e per una determinata
temperatura; in questo caso l’acqua).
Questa relazione è espressa graficamente come un’iperbole equilatera, ma possiamo
linealizzarla con il logaritmo di T:
-logT = assorbanza (o densità ottica) = klc
Se l e c sono unitarie, la densità ottica corrisponde al coefficiente di estinzione
molare. La densità ottica sarà del 100% quando tutta la luce incidente è assorbita;
questa deve essere tra 0,1 e 1,6-1,7.
Quando ci si presta a fare nuove analisi, bisogna sempre controllare le giuste
concentrazioni e la fonte d’emissione delle radiazioni.
4
Questa legge è valida solo per soluzioni diluite e radiazioni incidenti monocromatiche.
Le tecniche ottiche principali si basano su questo principio e sono la fotometria e
la spettrofotometria. Queste sono le misure dell’assorbimento da parte del materiale
in esame di radiazioni luminose incidenti, di caratteristiche spettrali ben definite, in
genere comprese tra 220 e 800 nm.
Per ogni sostanza, dunque, è possibile determinare uno spettro o curva
d’assorbimento che, come ricordato prima, dipende dal numero delle molecole in
esame; i picchi d’assorbimento possono essere anche doppi e multipli, nel qual caso
si sceglie quello più intenso (cioè quello più alto).
L’analisi fotometrica diretta avviene quando si studiano sostanze che presentano uno
spettro di assorbimento naturale come le porfirine e la bilirubina.
L’analisi fotometrica indiretta avviene quando si studiano sostanze che necessitano
la trasformazione in un derivato fotoassorbente.
Spettrofotometria per i dosaggi enzimatici
Questa tecnica ci permette di studiare anche l’attività enzimatica, come quantità di
substrato consumato o quantità di prodotto ottenuto.
Il NAD+ che diventa NADH produce un aumento di assorbanza a 340 nm e
viceversa. Esistono vari esempi:
Piruvato + NADH + H+ Lattato + NAD+;
Si misura l’attività della LDH, registrando il decrmento di assorbanza a 340 nm,
dato dall’ossidazione del NADH.
Chetoglutarato + Alanina Glutammato + Piruvato;
Piruvato + NADH + H+ Lattato + NAD+;
Il decremento di assorbanza fornito da NAD+ è funzione del substrato Piruvato
presente, la cui concentrazione è funzione dell’attività transaminasica ALT.
Creatinin-P + ADP
ATP + Creatina;
Piruvato + ATP Fosfoenolpiruvato + ADP (mediante PK);
Piruvico + NADH + H+ Lattato + NAD+ (mediante LDH);
Si misura la quantità di Creatini-P presente nel siero di un paziente.
I fotometri servono per studi dell’assorbimento nella regione del visibile, mentre gli
spettrofotometri permettono studi anche monocromatici e nell’infrarosso ed
ultravioletto. Entrambi i due sistemi sono composti da:
Sorgente di luce policromatica.
Lente collimatrice.
Filtro o un monocromatore.
Cella o cuvetta di lettura.
Lente che focalizza la luce trasmessa su un sistema fotometrico.
Un sistema fotorilevatore.
Fluorimetria
Si basa sulla proprietà di alcune sostanze di assorbire energia di una data lunghezza
d’onda e di emetterne una a lunghezza d’onda maggiore (fluorescenti). Se la sostanza
da dosare non è florescente, la si marca, con, ad esempio, fluoresceina.
Turbidimetria
È una tecnica che misura la luce assorbita da parte di un sistema eterogeneo, quale
una soluzione colloidale o un precipitato finemente disperso.
Nefelometria
È adatta per lo studio di fasi finemente disperse o fini e si basa sullo studio della luce
diffratta. È molto sensibile.
Fotometria d’emissione
Questa studia le radiazioni caratteristiche emesse dalle molecole, dagli ioni o dagli
atomi, legati ai processi di eccitazione. È impiegata per o studio di concentrazioni di
metalli alcalini (Na+ e K+). Per fotometria ad emissione a fiamma s’intende lo
stesso procedimento ma con l’ausilio di una fiamma ossidante come energia termica
per l’eccitazione del materiale da studiare.
Tecniche elettroforetiche
Elettroforesi
Per elettroforesi s’intende la migrazione di particelle cariche attraverso un mezzo
fluido, sotto l’influenza di un campo elettrico. Questo processo di migrazione deriva
dalla ionizzazione dei gruppi di superficie o per assorbimento preferenziale di anioni
o cationi. 5 La migrazione va dal polo negativo (catodo) al polo positivo (anodo) e
migreranno, perciò, quelle più positive. Questo è uno studio semi-qualitativo e semiquantitativo, perché non si determina specificamente una sola molecola, come nel
caso delle proteine sieriche, ma gruppi di proteine (o famiglie).
L’intensità del fenomeno di ionizzazione dipende, inoltre, dal pH della soluzione. A
valori di pH inferiori al punto isoelettrico, si avrà prevalenza di cariche positive e
viceversa. Il tampone più usato è quello di Michaelis al Veronall a pH 8.6.
Per quanto concerne il supporto, si distingue una elettroforesi zonale, che avviene su
supporto solido, ed una elettroforesi frontale, in fase libera.
In particolare quella zonale avviene tra i pori di un supporto solido, ottenendo la
separazione delle varie specie a diversa mobilità che si localizzano in zone o bande.
Diversi tipi di supporto sono:
Carta da filtro: Watman 1 e 3.
Acetato di cellulosa: più utilizzato perché consente la separazione delle
sieroproteine in 5 bande, in tempi brevi e meglio.
Agar e agarosio: consentono una buona separazione delle proteine e dei liquidi
-2-globuline in
biologici. Permette, inoltre, lo sdoppiamento delle
macroglobuline ed aptoglobuline.
Gel di poliacrilamide: permette di frazionare in base alla mobilità elettroforetica
e alla dimensione molecolare, mediante la porosità del supporto.
Gel di silice o di albumina: molto sottile.
5
L’intero processo è legato, ovviamente, ad altre proprietà della molecola, quali diametro, peso specifico, massa,
densità.
Gel di amido.
In particolare quella frontale avviene secondo la tecnica di Tiselius, mediante un
tubo ad “U”, applicando una differenza di potenziale ai lati del tubo in cui è
contenuta la soluzione. Le molecole si dispongono secondo la loro carica. Le frazioni
proteiche vengono misurate attraverso variazioni dell’indice di rifrazione della
soluzione, in corrispondenza delle zone di localizzazione delle frazioni.
Tecniche cromatografiche
La cromatografia è una tecnica per la separazione dei componenti di una miscela,
sulla base de diversi principi, quali le differenti fasi, la carica elettrica, le dimensioni
molecolari. A seconda che il componente sia disciolto in fase liquida o allo stato
gassoso, si parla di cromatografia liquida o di gas-cromatografia.
Lo studio delle proteine avviene mediante la separazione da moecole molto piccole
con la dialisi, attraverso una membrana semipermeabile, come una membrana porosa
di cellulosa.
Cromatogradia per filtrazione su gel – gel cromatografia
Si ottengono separazioni nette in base alle dimensioni.
Il campione è applicato su una colonna che consiste di granuli porosi di un polimero
insolubile, altamente idratato, come Destrano o Agarosio o la Poliacrilamide. 6
Questi granuli hanno, in genere, un diametro di 100 m (0,1 mm). le molecole più
piccole possono entrare nei granuli. Il risultato è che le molecole più piccole si
distribuiscono nella soluzione acquosa sia all’interno dei granuli che intorno ad essi,
mentre le molecolr più grandi passano rapidamente attraverso la colonnae e ne
escono prima. L’ordine in cui le molecole escono è inverso a quello dell’elettroforesi
in gel, in cui una struttura polimerica continua impedisce il movimento delle
molecole più grandi.
Cromatografia a scambio ionico
Le proteine si separano in base alla carica netta, utilizzando questa tecnica. Se una
proteina ha una carica netta positiva a pH7, si attaccherà in genere ad una colinna di
granuli che contengono gruppi carbossilici, mentre una proteina con carica negativa
non avrà interazione.
Cariche negativamente: colonne di DEAE, Dietil-amio-etil-cellulosa.
Cariche positivamente: colonne di CM cellulosa, Carbossi-metil-cellulosa.
Cromatografia per affinità
È un altro metodo per purificare le proteine per gruppi chimici specifici.
Per esempio la Concanavalina A si attaccherà a colonne di granuli contenenti residui
di glucosio, per la presenza di residui affini.
6
Nomi commerciali: Sephadex, Sepharosio e Bio-gel.
Cromatografia liquida ad alta risoluzione ed automazione della
cromatografia (HPLC = high performance liquid cromatography)
Si tratta di una tecnica basata su un apparecchio che fa circolare il liquido in esame a
pressione discreta in un sistema cromatografico chiuso. Con questo macchinario si
possono misurare componenti a basse concentrazion, senza necessità di purificazione
o preventiva separazione. Esempi:
Hb-glicosata: glicemia e diabete.
Hb A2: -talassemia eterozigotica.
Catecolammine: ipertensione, feocromocitoma.
Cataboliti del collagene: osteoporosi.
Enzimologia Clinica – cap 3
Metodi di misura dell’attività anzimatica
Per determinare l’attività enzimatica si misura la velocità della reazione, cioè la
quantità di substrato trasformato. È chiaro, quindi, che l’enzima è il fattore limitante
ed il substrato deve essere presente in eccesso, così da saturare completamente
l’enzima.
Temperature adatte: 30°C – 37°C.
pH: è quella in cui l’enzima ha attività massima.
Esistono due metodi di misura:
A due punti: si eseguono due determinazioni dalla cui differenza sono calcolate le
variazioni di concentrazione del substrato o del prodotto di reazione.
Di continuo: usati quando si possono misurare variazioni di peculiari parametri,
come pH, torbidità, diffrazione, fluorescenza, potenziale elettrico, ma spt
l’assorbanza, che è il parametro più usato.
Misura in continuo dell’assorbanza del substrato o del prodotto
p-nitrofenolfosfato + H20
p-nitrofenolo + fosfato
P-nitrofenolo formato è colorato in giallo; si può seguire la reazione misurando
l’aumento dell’A. a 405 nm.
Misura in continuo mediante test ottico semplice
(LDH)
Piruvato + NADH + H
Lattato + NAD (reazione 1)
Nella deidrogenazione del NAD scpmare l’anello aomatico piridinico e si forma un
composto con un forte assorbimento a 340 nm. Si registra il decremento di estinzione
del NADH a 340 nm.
Aspartato + -Chetoglutarato
Ossalacetato + NADH + H
(AST)
(Malico DH)
Ossalacetato + Glutammato
Malato + NAD (reazione 2).
Misura in continuo mediante test ottico con indicatore
Chetoglutarato + Alanina
(ALT)
Glutammato + Piruvato
LA REAZIONE SU DESCRITTA NON HA POSSIBILITÀ DI MISURAZIONE DIRETTA; IL
PIRUVATO È, PERÒ, IN RAPPORTO STECHIOMETRICO CON LA REAZIONE SOPRA,
QUINDI SI USA R1.
Con la stessa reazione si può dosare, in presenza di Malico-DH anche l’attività
dell’AST.
Enzimi del siero – cap 3
Gli enzimi del siero sono di due tipi: un gruppo presenta livelli piuttosto elevati nel
plasma, dove svolgono un ruolo preciso; un altro gruppo è presente in concentrazioni
basse, perché sono presenti in cellule specifiche e sono indicativi di stati fisiologici e
patologici (con degragazione epatica, RES o emunzione renale).
Le proteine / enzimi cellulari si riversano nel torrente ematico ogni volta che vi sia
una perturbazione metabolica che determini deficit di ATP, cui è legata
l’insufficienza di permeabilita della membrana cellulare.
Fattori che influenzano i passaggio nel siero di proteine enzimatiche intracellulari:
Solubilità.
Dimensione.
C.
Sede (membranaria, citosolica, mitocondriale, nucleare).
Idrofobicità.
Ancoraggio alle membrane.
È necessario tenere conto anche dei differenti tipi di un enzima, definiti isoenzimi:
enzimi che catalizzano la stessa reazione ma che esistono in forme molecolari, cosa
che determina precise caratteristiche, tra cui quelle elettroforetiche e cinetiche. Questi
sono studiati principalmente mediante elettroforesi.
Vantaggi
Informazioni precoci.
Affidabilità ed economicità
processo.
Precede l’immunologia clinica.
del
Svantaggi
Impossibile misurazione con enzimi
mutati.
Necessità di tempi utili.
Scarsa specificità per E ubiquitari.
CLASSIFICAZIONE DEGLI ENZIMI:
Enzimi aspecifici: GOT, GPT, LDH e ALP.
Enzimi specifici:
Epatici: AST, ALT, LDH, GLDH, ALP e OCT (AST e OCT sono
mitocondriali, quindi sono gravi). Per ittero spt le TRANS; necrosi spt OCT e
GLDH; colostasi ALP, LPS e -GT – DD con ittero emolitico LDH 1 e 2.
Miocardici: nell’ordine CK-MB (2-4 / 15-30), AST (6-8 / 24-48 / 4-5g),
LDH1 (24 / 3-4g / 7g – LDH1 > LDH2), inversione di LDH1/LDH2 (CK-MB
torna normale).
Pancreatici: AMY e LPS.
Muscolari: ALS e CK-MM.
Ossei: ALP.
Prostatici: ACP.
ALT o GPT
Alanina Trans – Glutammato-Piruvico Trans
Diffusione: enzima più specifico delle TRANS.
Azione: catalizza trasferimento di aminogruppo dall’alanina o dal glutammato ai
chetoacidi corrispondenti chetoglutarato o piruvato.
Metodo: associazione ad indicatore, come R1.
Valori: 0-35 f / 0-40 m
Ruolo: patologia epatica.
ALS
Aldolasi
È nel muscolo scheletrico e catalizza scissione di F6P (in diidrossiacetonefosfato e
gliceraldeide 3P). Si valuta con R1. Ha diversi isoenzimi, dati da A, B e C. A prevale
nel muscolo.
Valori: 0-7,9 U/l.
Significato: patologie muscolari, spt infarto miocardico, con acme in 12 ore.
AST o GOT
Aspartato Trans – Glutammico-Ossalacetico Trans
Distribuzione: molti organi, ma spt in fegato e cuore.
Azione: trasferisce aminogruppo da Aspartato e Glutammato ai chetoacidi
corrispondenti Chetoglutarato o Ossalacetato.
Misurazione: R2.
Valori: 0-35 f / 0-40 m U/l
Isoenzimi: mAST (fegato, cuore e muscolo) e cAST (siero)
Significato: fisiologicamente nel neonato; infarto miocardico (acme in 24-48 ore) e
epatite virale.
AMY o AMS
Amilasi
Distribuzione: pancreas e ghiandole salivari.
Azione: scissione idrolitica di polisaccaridi.
Metodo: scomparsa di substrato amido con turbidometria o densitometria.
Isoenzimi: S-AMY (salivari) e P-AMY (pancreas).
Valori: 0-220 siero e plasma / 0-1200 urina
Significato: pancreatite acuta (P) e parotite (S).
CHE
Colinesterasi
Distribuzione: fegato, pancreas e miocardio e anche SNC bianca. Va distinta
dall’Acetilcolinesterasi (ACHE) che sta nella sostanza grigia.
Azione: idrolizza esteri della colina, per una nuova trasmissione di un nuovo
impulso.
Valori: 3500 – 8500 per uomini e donne superiori a 40 anni.
2800 – 7400 per donne inferiori 40 anni.
2400 – 6000 per gestanti.
Significato: indice di funzionalità epatica.
CK o CPK
Creatinchinasi
Distribuzione: muscolo scheletrico e nel miocardio.
Azione: trasferimento reversibile di P da ATP a Creatina.
Metodo: formazione di NADPH con incremento di assorbanza a 340 nm.
Isoenzimi: tre diverse forme; CK-BB (cervello), CK-MB (cuore), CK-MM (muscolo
scheletrico).
Valori: 0-130 f / 0-160 m.
Significato: tutte le patologie muscolari. Infarto miocardio con acme in 12 ore e
svanisce in 3 giorni.
ACP
FOSFATASI ACIDA PROSTATICA
Distribuzione: prostata, ma anche su molte cellule ematiche; è lisosomiale.
Azione: idrolisi di legame estere tra alcol e acido fosforico.
Metodo: RIA per dosaggio di ACP.
Isoenzimi: 5 frazioni e ACP2 è spt nella prostata.
Valori: 0-9 f / 2.5 – 11.5 m.
Significato: monitoraggio CA prostata.
ALP o AP
Fosfatasi alcalina
Distribuzione: su membrana cellulare per intestino, placenta, fegato ed osteoclasti.
Isoenzimi: ALP-I (intestino); ALP-P (placenta); ALP-L (fegato), ALP-O (ossea); la
forma epatica ed ossea sono presenti fisiologicamente nel siero; fisiopatologicamente
si ritrovano l’ALP intestinale e placentare..
Azione: idrolisi di monoesteri fosforici a pH alcalino.
Metodo: idrolisi di paranitrofelifosfato a paranitrofenolo e decremento A a 404 nm.
Valori: 98-279 U/l
Significato: malattie ossee (sola) ed epato-biliari (stasi biliare se associata a -GT).
È fisiologica in bambini e gravidanza.
-GT
-GLUTAMILTRANSPEPTIDASI
Distribuzione: su membrana di cellule con alta attività secretoria o assorbimento
(epitelio del tubulo prossimale renale, intestino, fegato, pancreas).
Azione: trasporto di residuo glutamilico ad un accettore (aa, peptide o acqua).
Metodo: spettrofotometria.
Valori: 0-40 f / 0-50 m.
Significato: disturbi del fegato o delle vie biliari.
Isoenzimi: importanti pr DD di patologie epato-biliari;
neoplasie.
nelle cirrosi e
nelle
G6PDH
GLUCOSIO-6P DEIDROGENASI
Distribuzione: quasi tutti i tipi di cellule.
Azione: trasferimento di H da G6P a NADP per formazione di 6-fosfoglucolattone e
NADPH; è importante per il ciclo dei pentosi, spt nei GR.
Metodo: spettrofotometria ed aumento di A a 340 nm (per formazione di NADPH).
Valori: 120-140 mU/109 GR.
Significato: manifestazioni emolitiche; protezione per la malaria.
GLDH
Glutammato Deidrogenasi
Distribuzione: molti tessuti, ma maggiore fegato, è mitocondriale.
Azione: riduzione del Chetoglutarato a Glutammato.
Metodo: R1.
Valori: 0-3 f /0-4 m U/l.
Significato: epatopatia grave.
LDH
LATTATO DEIDROGENASI
Distribuzione: cuore, muscolo scheletrico, pancreas, milza, fegato e polmone.
Azione: riduzione del Piruvato a Lattato.
Metodo: R1.
Valori: 227-450 U / l.
Isoenzimi: da LDH1 a LDH5, da due subunità M e H. LDH 1 e 2 nel cuore e
cervello e gr. LDH 3 nelle piastrine. LDH 4 e 5 nel fegato e muscolo scheletrico.
Nell’infarto miocardico si ha aumento di LDH1. Nell’infarto polmonare si ha
aumento di LDH2 e LDH3. LDH4 in citolisi epatica.
Significato: malattie ematologiche, miocardite, scompenso ed infarto miocardico,
con acme dopo 48-60 ore.
LPS
Lipasi pancreatica
Distribuzione: acini pancreatici.
Azione: idrolizza gli esteri del glicerolo con acidi grassi a lunga catena.
Metodi: turbidimetria.
Valori: 0-190 U/l
Significato: specifico per patologia epatica.
OCT
Ornitina Carbamil Transferasi
Distribuzione: mitocondri epatici.
Azione: catalizza la seconda tappa del ciclo dell’urea, traformando ornitina in
citrullina.
Metodo: colorimetria.
Valori: 11-19 U/l.
Significato: indice specifico di danno epatocellulare.
PK
PIRUVATO CHINASI
Distribuzione: gr, epatociti e muscolo.
Azione: nella via glicolitica forma piruvato e ATP.
Metodo: spettrofotometria con decremento di A per ossidazione di NADH.
Isoenzimi: M nel muscolo e cuore e SN, L nel fegato e altri e K nella vita fetale.
Significato: negli eritrociti in corso di anemia emolitica e patologie muscolari come
infarto miocardico.
Valori: 60-220 mU/109 gr.
0-26 mU/ml nel siero.
SDH
SORBITOLO DEIDROGENASI
Distribuzione: fegato.
Azione: ossidazione del sorbitolo a fruttosio.
Metodo: spettrofotometria con dim A a 340 nm per ox di NADH.
Significato: patologie epatiche.
Valori: 0-0,5 U/l.
Proteine del plasma cap 4
Allora, cominciamo con il dire che, nonostante si parli di proteine plasmatiche
dall’esame di biologia al primo anno, il sottoscritto, e probabilmente tanti altri, siate
onesti, non sanno ancora esattamente quali proteine sono presenti nelle varie frazioni
elettroforetiche. Quindi ne devo parlare! Considerando il plasma o il siero, in una
indagine elettroforetica possiamo avere 6 o 5 bande… si si si, lo so, ora lo ripetiamo
perché non è ancora ben chiaro.
Il plasma è la componente liquida del sangue mediante aggiunta di un
anticoagulante, perché esso deve contenere i fattori della coagulazione. Il siero,
invece, è la parte liquida del sangue ottenuta senza l’aggiunta di anticoagulante; i
fattori della coagulazione sono eliminati.
Riprendendo ciò che dicevamo poco fa, l’elettroforesi su plasma determina la
formazione di 6 bande: albumina, 1, 2, , e . L’elettroforesi sul siero determina
la formazione di cinque bande, esclusa .
g/dl
Albumina
1
2
TOT
3,2 – 5
0,1 – 0,4
0,6 – 1
0,6 – 1,3
0,7 – 1,5
6,5 – 8,5
%
55 - 65
1-4
4 – 10
7 – 13
8 – 19
Per fare una corretta analisi bisogna tener presente:
Proteine totali: stabilire se il pz è ok, se ha iperconsumo o perdite.
Albumina/Globulina (A/G): oscilla tra 1,1 e 1,8; è la prima prova di
funzionalità epatica.
Profilo: maggione o minore specificità di bande elettroforetiche; il picco
dell’albumina è solitamente stretto e lungo.
Quantità dei picchi in % e valore assoluto: la valutazione della
distribuzione ci fa capire se la proteina è maggiore in modo relativo.
La sintesi delle proteine plsmatiche avviene principalmente nel fegato. Le
plasmacellule producono Ig; i macrofagi producono i fattori del C’; l’intestino
produce le apoproteine.
Il catabolismo delle proteine avviene spt nel fegato, nel rene e nel SRE (milza e
midollo osseo).
La distribuzione plasmatica è regolata dagli endotelii.
Denutrizione, malassorbimento, infiammazione, sono cause frequenti di
iperconsumo.
Gravidanza, neoplasie e flogosi in fase acuta sono cause di iperproduzione.
Le bande elettroforetiche
Prealbumina
Tale banda è all’inizio del campo elettroforetico; è conosciuta come transtiretina,
con siti di legame specifici per T3 e T4. È associata all’RBP (retinol binding protein),
impedendo la perdita del retinolo. È sintetizzata dal fegato.
Aumenta: nefrosi.
Diminusce: reazioni infiammatorie.
Valori: 10 – 40 mg/dl.
Albumina
È sintetizzata dagli epatociti. È la maggiore responsabile di pressione colloidoosmotica del sangue in circolo. È responsabile anche del trasporto di numerose
sostanze: BRB, acido urico, istamina, acidi grassi; ne esistono diverse varianti
genetiche, definite alloalbumine. Al di sotto di 3,2 g si parla di ipoalbuminemia;
l’edema compare al di sotto di 2,5 g.7
L’ipoalbuminemia si riscontra per:
Perdita:
Nefriti: scarsa albuminemia e ipertensione arteriosa.
Nefrosi: notevole albuminuria e scarsi effetti sulla pressione.
Ustioni: perdita attraverso la superficie cutanea lesa.
Flogosi: Alterazioni acute e cronica.
Apporto inadeguato: stati tumorali, malassorbimento, enteriti, vomito,
diarrea.
Diminuita sintesi epatica: epatopatia.
Aumento catabolismo: ipertiroidismo, diabete scompensato, febbre,
sindrome di Cushing.
Clinostatismo.
Flogosi: riduzione della [albumina] perché il fegato è impegnato nella
sintesi nella sintesi delle proteine della fase acuta. Si ha una
ipoalbuminemia disprotidemica con inversione A/G.
1
Questa zona è attribuibile spt all’ 1-antitripsina; è un importante inibitore di
proteasi sieriche come collagenasi ed elastasi.8
Aumento: processi infiammatori acuti, necrosi e neoplasie, se vi è un contemporaneo
aumento delle proteine della fase acuta come PCR. L’aumento singolo è tipicodelle
flogosi epatiche.
In questa banda rientrano anche 1-antichimotripsina, 1-glicoproteina e la proteina
legante la vit. D.
7
8
In questi casi si attivano meccanismi quali iperincrezione di aldosterone, riduzione del filtrato.
Il suo deficit si accompagna a enfisema polmonare.
2
Sono presenti essenzialmente 2 proteine principali:
2-macroglobulina: lega molte endopeptidasi (tripsina, trombina e plasmina).
Aptoglobina: lega l’Hb libera, formando un complesso grande incapace di
oltrepassare la soglia renale. Diminuisce nelle anemie emolitiche.
Aumentano entrambi, assieme alle 1 nel corso delle flogosi.
Sono presenti due proteine:
Transferrina: proteina si sintesi epatica che lega due atomi di ferro. Aumenta in
carenza marziale e diminuisce nelle malattie epatiche, nelle nefrosi e nelle
grosse flogosi.
Frazione C3 del C’: aumenta in tutti i processi flogistici.
Questa è la zona del fibrinogeno, presente se il campione è il plasma. È sintetizzata
dal fegato ed è scissa in monomeri di fibrina che polimerizzano e sono, poi,
stabilizzati da fattore XII. È fondamentale nel campo della coagulazione ed è uno
degli indici più sensibile e precoce di processi di flogosi acuta.
Rappresenta per lo più le immunoglobuline di classe G (IgG); solo queste sono visibili perché le
altre sono troppo eterogenee e si disperdono. Può essere diviso in due parti principali: 1) serie A, E
ed M; 2) serie G ed M.
Le ipo globulinemia si può verificare per deficit immunitari primitivi o secondari a
infezioni, neoplasie linfoidi e non, farmaci immunosoppressori, denutrizione e
senescenza.
Le iper globulinemie sono legatea ad iperplasia di un singolo clone immunitario
( patia monoclonale), o di una porzione più o meno rilevante della massa cellulare Igproducente ( patie policlonali).
patie monoclonali: iperproliferazione di un clone di cellule della linea B in
assenza di stimoli antigenici:
Benigne: componente monoclonale < 10 g/dl, come ad esempio le
crioglobulinemie associate ad epatopatia.
Maligne: mieloma multiplo e plasmocitoma (tutte tranne IgM), Malattia di
Waldenstrom (sindrome linfoproliferativa delle catene pesanti - IgM), leucemia
linfatica cronica; si associano quasi tutte a proteinuria di Bence-Jones.
M.G.U.S.: patia monoclonale ad incerto significato.
patie policlonali: epatopatie e cirrosi; malattie del collagene come il LES;
infezioni come TBC, Mononucleosi ed endocardite infettiva.
Valutazione dell’assetto lipidico – cap 5
Fisiopatologia dei lipidi del plasma
Data la natura idrofobica dei lipidi, questi non possono circolare liberi nel plasma e
sono trasportate in complessi macromolecolari definit lipoproteine, con un centro
idrofobico con trigliceridi, esteri del CLS, ed una periferia idrofilica, con le
apoproteine, altre proteine, CLS non esterificato e fosfolipidi. Le APO hanno,
inoltre, funzione di stabilizzare il complesso, ma anche funzioni metaboliche quali:
modulazione dei sistemi enzimatici e legame con strutture recettoriali cellulari.
Mediante l’ultracentrifugazione le LP possono essere divise in 5 frazioni principali
in base alla loro densità crescente:
LP
Chilomicroni
VLDL
IDL
LDL
HDL
% Lipidi
98
90
84
80
45
% Proteine
2
10
16
20
55
Qual è la vita delle LP? (anche perché nessuno lo sa ancora bene…)
1. Gli acidi grassi, provenienti dalla digestione ed assorbimento dei lipidi alimentari
sono convertiti nelle cellule intestinali a TG (trigliceridi); arrivano nel sangue
sottoforma di KM (chilomicroni).
I KM sono composti da:
APO B48.
APO CII (da HDL).
APO E (da HDL).
TG.
I KM, mediante la APO CII attivano la lipasi lipo-proteica presente sull’endotelio
capillare del tessuto adiposo e muscolare, attivata dall’APO CII. Si ha, così, idrolisi
parziale dei KM e gli AG (acidi grassi) ottenuti saranno metabolizati nel muscolo o
ritrasformati in TG nell’adipe.
2. I KM residui, definiti Remnants, attraverso APO E-R (recettore per APO E)
presente sugli epatociti, sono da questi captati e scissi in TG e CLS (colesterolo).
3. L’epatocita convoglierà questi TG (così come quelli da altre fonti) per la sintesi
delle VLDL.
Le VLDL sono composte da:
APO B100.
APO CII (da HDL).
APO E (da HDL).
TG 80%.
CLS 10%.
Queste VLDL subiscono riduzione di TG, mediata anche stavolta dalle lipasi
lipoproteica attivata dall’APO CII, trasformandosi in IDL.
Le IDL sono composte da:
APO B100.
APO CII (da HDL).
APO E (da HDL).
TG 37%.
CLS 30%.
Le IDL saranno captate dal fegato per la presenza dell’APO E.
4. La maggior parte delle VLDL, per azione della lipasi lipoproteica, verrà
trasformata in LDL.
Le LDL sono composte da:
APO B100.
APO CII.
APO E.
TG 10%.
CLS 45%.
Il APO B100-R (recettore per APO B 100) si trova in diversi tessuti, quali fegato,
adipe, gonadi, fibroblasti, cellule muscolari liscie e macrofagi. Queste cellule
sfruttano le LDL per l’assimilazione del CLS, che avrà una destino diverso in base
alla cellula. Le LDL hanno, quindi, funzione di trasporto del CLS alla periferia.
In particolare nel fegato CLS è eliminato nella bile e convertito, in parte, in acidi biliari; il
CLS, inoltre, inibirà l’idrossimetilglutaril-CoA-reduttasi, che è l’enzima chiave per la
sintesi endogena di colesterolo.
5. La funzione di trasporto di CLS dalla periferia al fegato è svolto dalle HDL.
Le HDL sono composte da:
APO AI.
APO AII – lega i fosfolipidi.
APO CII e APO E – che sono cedute alle VLDL.
TG e CLS variabile.
La APO AI, in particolare, attiva l’enzima Lectina-CLS-Acil-Transferasi che
catalizza l’esterificazione del CLS con acidi grassi, facilitando la sua incorporazione
nelle HDL.
6. Le HDL, inoltre, trasferiscono CLS alle LDL che, tramite APO B100-R, verranno
catturate dal fegato, con la conseguente eliminazione di CLS in esse contenuto.
Le HDL hanno, quindi, valore protettivo nei confronti del rischio aterogeno.9
Dosaggio dell’assetto lipidico
LIPIDOGRAMMA ELETTROFORETICO
9
I fattori di rischio maggiormente coinvolti sono età, sesso, razza, obesità, ipertensione arteriosa, fumo, ma spt diabete
e condizioni di iperdislipidemia con aumento di LDL.
Mediante elettroforesi, eseguita analogamente al quella delle plasma-proteine, si
studiano le frazioni lipoproteiche, con coloranti specifici10 e con scansione
densitometrica.
Si ottengono, così, tre bande:11
-lipop: 20-40% - HDL.
Pre- -lipop: 10-25 % - VLDL.
-lipop: 40-60% - LDL.
(LDL+VLDL)/HDL
esprime l’assetto lipidico, ed è
Il rapporto ( +pre- )/
compreso normalmente tra 1,5 e 4. Questo rapporto ci offre solo informazioni tra le
varie frazioni; un’analisi dettagliata richiede, perciò, lo studio di altri parametri.
DOSAGGIO DEI TG
Utile per valutazione di eventuale discrepanza tra apporto energetico esogeno e
utilizzazione. Non sono, inoltre, direttamente aterogeni, ma lo diventano in presenza
di altri fattori come CLS, fumo, iperglicemia, alterazione funzionale piastrinica.
Valori: 60 – 170 mg/dl.
CLS TOTALE
Sommatoria del CLS di HDL, LDL, VLDL e Albumina.
Valori: 125 – 200 mg/dl.
RAPPORTO TRA CLS E HDL-CLS
HDL-CLS
È legato a prevenzione di rischio aterogeno. Il valore normale è circa 45 mg/dl.
LDL-CLS
È correlato direttamente al rischio aterogeno.
Un aumento di CLS totale dovrebbe essere sempre rapportato a HDL-CLS. LDLCLS ha valore che oscilla tra i 50 ed i 130 mg/dl, desunta con la formula empirica di
Friedwald:
LDL = CLS TOT – HDL-CLS – 1/5 TG TOT
Questo indice serve a correggere la quota di CLS-VLDL.
Iperlipidemie
Secondo Fredrikson le iperlipidemie possono essere classificate primitive e
secondarie;
IPERLIPIDEMIE PRIMITIVE
10
Sudan Black-B, Oil Red 0, Fat Red 7B.
Le IDL migrano, in genere, tra le pre- e le . I KM non sono di solito presenti, visto che il lipidogramma è
effettuato sempre dopo 12 ore di digiuno. Se le tieni, stai inguaiato!
11
Le primitive sono divise in 5 tipi:12
Iperchilomicronemia - I: aspetto torbido, infantile.
Ipercolesterolemia Familiare - IIa: limpido, con aumento di LDL, insorge ad
ogni età, legata a difetto dei recettori per LDL, legata a Xantomi e Xantelasmi.
Iperlipidemia mista - IIb: torbido, con aumento di VLDL e LDL, insorge ad ogni
età, legata ad obesità da ipersintesi di CLS.
Iperlipidemia mista a bande larghe – III: torbido, con aumento di VLDL e IDL,
legata a carenza di APO E; è legata a Xantomi. È tipica degli adulti.
Ipertrigliceridemia endogena – IV: torbido, legata ad aumento di VLDL e TG
senza CLS. Si manifesta con obesità e epato-splenomegalia, legata ad aumentata
produzione di VLDL. È tipica degli adulti.
Ipertrigliceridemia mista – V: torbido, legata ad aumento di KM e VLDL,
presente nei giovani, con Xantomi eruttivi. È legata a iperproduzione di VLDL.
IPERLIPIDEMIA SECONDARIA
Sono associate a fattori ambientali e genetici:
IDDM.
Alcolismo.
Ipotiroidismo: mixedema.
Malattie renali.
Malattie epatiche.
Farmaci: estrogeni, -bloccanti e glucocorticoidi.
Deficit familiari di lipoproteine
Morbo di Tangier: assenza di HDL e CLS circa 100 mg/dl.
a -lipoprotinemia: assenza di sintesi epatica di APO B100.
Metodiche di misura
CLS
Con la metodica enzimatica si procede dapprima all’idrolisi di CLS mediante azione
della CLS esterasi:
CLS-esteri
esterasi
CLS + R-COOH
Questo CLS è sottoposto all’azione della Colesterolo ossidasi:
CLS + O2
ossidasi
-4-colestenone + H2O2
Il perossido d’idrogeno così formato è determinato mediante la reazione di Trinder
(RT):
12
Sono tutte associate sempre ad aumento di CLS e TG, tranne il tipo IV, ove CLS è normale.
H2O2 + 4-aminofenazone
fenolo perossidasi
chinonimina13 + H2O.
La chinonimina è in rapporto stechiometrico con CLS ed offre un assorbimento a
500 nm. Si determina la concentrazione di CLS dalla concentrazione della
chinonimina colorata.
HDL-CLS
Al siero si aggiungono polianioni, come l’eparina, e cationi bivalenti; in tal modo le
frazioni VLDL e LDL precipitano e separate per centrifugazione, mentre la frazione
HDL che resta, è misurata con i metodi sopraindicati.
LDL-CLS
Le LDL sono fatter precipitare con polisaccaridi complessi come il polivinil-solfato.
Si misurano le frazioni HDL e VLDL e questo valore si sottre al CLS totale per
ottenere il valore di LDL-CLS.
TG
Con il metodo enzimatico si ha idrolisi dei TG mediante l’azione della lipasi e dell’ chimotripsina (che la potenzia).
TG
LPS +
chimotripsina
glicerolo + AG
Il glicerolo derivante da questa reazione è fosforilato dalla glicerolo kinasi.
Glicerolo + ATP
glicerolo kinasi
Glicerolo 3P + ADP
Glicerolo 3P è ossidato dalla glicerolo-P ossidasi
Glicerolo 3P + O2
Glicerolo ossidasi
diidrossiacetone-P + H2O2.
Perossido d’idrogeno è misurato mediante RT, perché in rapporto sterchiometrico
con il glicerolo, legato ai TG.
AG
Ci si basa su una reazione di attivazione dei NEFA catalizzata dalla Acil-CoAsintasi in cui è consumato ATP.
Acile + ATP + CoA
acil-CoA-sintasi
L’acil-CoA è ossidato mediante Acil-CoA ossidasi:
13
Chinonimina: 4-p-benzochinone-mono-iminofenazone.
Acil-CoA + AMP + Ppi
Acil-CoA + O2
Acil-CoA-Ossidasi
Il Perossido d’Idrogeno è misurato con RT.
Enoil-CoA + H2O2.
FOSFOLIPIDI TOTALI
Il rapporto FSL-TOT/CLS è in rapporto con la severità dell’aterosclerosi coronarica. Il
metodo più usato è quello di Takayama. I fosfolipidi sono idrolizzati mediante
fosfolipasi D.
FSL + 2H2O
fosfolipasi D
Acido fosfatidico + colina
La colina è ossidata mediante colina ossidasi.
Colina + 2°2 + H20
colina ossidasi
Il perossido d’idrogeno è misurato mediante RT.
betaina + 2H2O2
Omeostasi Glicidica - cap6
In condizioni fisiologiche la concentrazione di glucosio nel sangue è di 70-100
md/dl. Questo valore tende a cambiare sia dopo un pasto (con innalzamento della
glicemia), e sia durante il digiuno e l’attività fisica (con diminuzione della glicemia);
questa è mantenuta costante dai meccanismi dell’omeostasi glucidica; gli ormoni che
permettono la regolazione sono: insulina e gli ormoni contro-regolatori quali
glucagone, cortisolo, catecolamine, Gh e ormoni tiroidei.
Omeostasi dopo un pasto: in the fed state
Considerando la dieta media di un occidentale, si ha il 50% di carboidrati, 35% di
grassi e 15% di proteine. I carboidrati complessi sono assorbiti come glu, fru e gal,
trasportati nel sangue dal sistema di carrier mediato, presente all’interno delle cellule
intestinali. Una parte di glu, circa il 60%, passa nel fegato per la produzione di glic,
ed in parte minore per la sintesi di acidi grassi a lunga catena che, esterificati con
CLS, saranno trasportate alla periferia mediante le VLDL; un’altra piccola parte è
usata per la glicolisi.1
L’altra parte del glu assorbito entra nella circolazione sistemica determinando
innalzamento della glicemia 80-150 mg/dl. A questo punto cosa succede?
1. Liberazione di insulina dalle cellule .
2. Diminuzione di glucagone dalle cellule .
3. Riduzione della liberazione epatica di glu con inibizione della glicogenolisi e
neoglucogenesi.
4. Aumento della captazione di glu per induzione della glucochinasi epatica (che
fosforila glu a glu-6P).
In aggiunta al glu, normalmente agiscono da coadiuvanti per la liberazione di Ins:
Incretine: gastrina, secretina, CCK.
A.a.: arginina, lisina e leucina.
Attività colinergica tramite innervazione vagale delle -isole.
L’aumento di insulina accelera il passaggio di glu nel muscolo e nel tessuto adiposo.
Muscolo: una parte è ossidata, mentre il resto è immagazzinato come glic.
Blocca la proteolisi.
Adipe: è usato via acil-CoA per la sintesi degli acidi grassi a lunga catena,
esterificati, poi, con il glicerolo a formare TG (lipogenesi). Blocca la
lipolisi.
Omeostasi a digiuno: during fasting
Tra un pasto e l’altro e durante le situazioni d’emergenza, provocate da stress o
esercizio fisico, il glicogeno epatico, e quindi la glicogenolisi epatica, è la prima
riserva per preservare la glicemia. Nel fegato, infatti, sono presenti dagli 80 ai 100 g
di glicogeno che possono essere usati come fonte diretta in un arco di 24-48 ore; una
serie di cascate enzimatiche prevede la liberazione di glu-6P dal glic, fino a glu libero
1
Il glucosio passa nel fegato liberamente perché questi è insulino-indipendente.
mediante la glu-6P-fosfatasi. Altri 10 grammi sono sempre conservati per usi
d’emergenza. Oltre questa quota, la riserva di glu deve essere reintegrata mediante i
processi di gluconeogenesi, partendo da specifici precursori.
Glicerolo: deriva dall’idrolisi dei TG dell’adipe ed offre il contributo minore.
Lattato: quindi dal piruvato, è una delle vie principali per lo smaltimento del
lattato, originatori dai processi glicolitici delle cellule del sangue, dal tessuto
nervoso e spt dai muscoli, per un aumentato catabolismo anaerobico.
Aminoacidi: sono il più importante substrato gluconeogenetico, derivati dalla
proteolisi del muscolo. L’alanina, che si forma nel muscolo per transaminazione
del piruvato, e la glutamina sono i più importanti.2 Nonostante la notevole forza
neoglucogenetica, la diminuzione di insulina determina un rallentamento della
gluconeogenesi a partire dai precursori aminoacidici, per evitare il crollo delle
proteine strutturali.
Un altro meccanismo importante per il recupero d’energia è lagato alla chetogenesi
nel tessuto adiposo. Si ha, infatti, mobilizzazione degli acidi grassi liberi, che
vengono trasportati nei mitocondri degli epatociti dalla carnitina-Acil-transferasi,
dove vengono trasformati in corpi chetonici: acetoacetato e -idrossibutirrato e
acetone. Sono importanti e la loro produzione può anche triplicare in casi gravi,
essendo, al pari del glu, i soli substrati energetici utili per il SNC.
Azioni principali degli ormoni dell’omeostasi glucidica
INSULINA
Promuove captazione cellulare del glucosio.
Favorisce la glicogenosintesi.
Aumenta protidosintesi e lipogenesi.
Diminuisce gluconeogenesi, chetogenesi, lipolisi e proteolisi.
GLUCAGONE – aumenta:
Glicogenolisi.
Gluconeogenesi.
Lipolisi.
Chetogenesi.
CATECOLAMINE
Attivano la glicogeno fosforilasi attraverso i recettori -adrenergici (cAMP) e gli
-adrenergici (Ca2+) nel fegato e nel muscolo con aumento di glicogenolisi.
Liberazione dei NEFA.
ORMONI TIROIDEI
Aumentano assorbimento intestinale di glu.
2
Insieme a tutti gli altri, eccetto la leucina.
Aumentano glicogenolisi epatica.
Accelerano la degradazione dell’insulina.
GLUCOCORTICOIDI (CORTISOLO)
Azione permissiva sul glucagone.
Aumento della proteolisi e gluconeogenesi epatica.
Aumento della glicogenosintesi.
Aumento della chetogenesi.
Diminuzione dell’utilizzazione periferica del glu
fosforilazione).
(per
inibizione
della
GH
Aumento della lipolisi.
Aumento della chetogenesi.
Aumento della glicogenolisi epatica.
Riduzione della sensibilità all’insulina.
Indagini di laboratorio nella Iperglicemia
PROVE STATICHE
Glicemia
Su sangue venoso, ma anche su urine e liquor.
Valori a digiuno: 60-100 mg/dl (glicemia plasmatica ma non ematica, perché gluc
sierico è 12% più alto per il minore contenuto idrico dei gr.) secondo l’OMS, si ha
Diabete Mellito con 2 riscontri a digiuno di glicemia 126 mg/dl.
Metodo: enzimatico
Glu + H2O + O2
glu-ossidasi
acido gluconico + H2O2
Il perossido d’idrogeno è misurato con RT, vedi cap 5.
Glicosuria
Normalmente il glu filtrato è riassorbito a livello tubulare. La soglia renale è circa
180 mg/dl, a partire dalla quale compare glu nelle urine.
Metodo: enzimatoc mediante cartine reattive (Stick) contenenti gli enzimi glucosio
ossidasi e perossidasi (per RT) ed un cromogeno che subisce viraggio di colore in
funzione della quantità di H2O2 prodotta. La lettura della riflettanza dell’intensità
del colore consente di quantificare il risultato.
Chetonuria
I corpi chetonici sono normalmente quasi assenti nelle urine. la chetonuria è misurata
con cartine reattive che contengono nirtoprussiato, glicina ed un tampone
fortemente alcalino: Ketostix. L’acido acetico e l’acetone reagiscono con il
nitroprussiato per formare un colore rosso viola, che può essere quantificato.
Insulinemia
Serve per distinguere IDDM da NIDDM.
Valori: 2,5 e 25 mU/ml.
Metodo: ELISA o RIA.
Peptide C
Il peptide C deriva dalla scissione della proinsulina nell’apparato del Golgi nelle
cellule . L’emivita del peptide C è più lunga dell’insulina. Questa misurazione offre
una misura della capacità di secrezione delle cellule , dato che insulina e pepC sono
in concentrazioni equimolari.
Il vantaggio è che si può analizzare la funzionalità in soggetti con Ab anti-Insulina e
chi è trattato con Insulina esogena.
Valori: 0,66 – 2,5 ng/dl.
Il test di stimolo del PepC permette di identificarne il livelo dopo 6 minuti e
discriminare, quindi, tra IDDM e NIDDM. Può essere utile in sospetto tumore
insulino-secernente.
Hb-glicosilata
Queste molecole sono frazioni di Hb che hanno la possibilità di legare glucosio dopo
l’avvenuta sintesi. Il loro studio si basa sull’eletroforesi. La frazione più importante è
l’HbAlc, che rappresenta il 4% dell’Hb totale di un soggetto sano. Il livello di HbAlc
è indicativo della glicemia nei 2-3 mesi precedenti.
I gruppi aminici primari formano legami covalenti con gruppi carbonilici,3 base di
Schiff, in due tappe principali. A questo legame, con formazione di aldimina, segue
un riarrangiamento intramolecolare con formazione di un composto chetoaminico
stabile.4
Glu + NH2 (valina terminale)
aldimina (base di Schiff)
HbAlc
Questa reazione è essenzialmente chimica, in quanto non interviene nessun enzima; si
basa solo sulla concentrazione del glucosio.
I metodi di studio più utilizzati sono quello microcromatografico ed elettroforetico.
Questo trest è molto importante in medicina legale.
Fruttosamine
Questo dosaggio rileva l’iperglicemia delle ultime 2-3 settimane. Si valuta, infatti, la
quantità di protene sieriche, principalmente l’Albumina, che ha emivita di 15-20
giorni, che sono glicate. I valori di fruttosamine sono 150-285 mmol/l.
3
4
Il gruppo glicosidico è un gruppo carbonilico.
Reazione di Amadori.
PROVE DINAMICHE
OGTT – Oral Glucose Tolerance Test
È la prova più usata.
La metodica si base sulla somministrazione di glucosio anidro di 75 grammi sciolto
in 250-300 ml di acqua e somministrato in 5-10 minuti.5 Questa prova va eseguita a
riposo dopo 10 ore di digiuno.
I prelievi vengono fatti su sangue venoso prima dell’assunzione di glucosio e,
successivamente a questa, per 2 ore ogni mezz’ora.ù
Nel diabete la glicemia dopo due ore dal carico deve essere superiore ai 200 mg/dl.
In caso di intolleranza, questa sarà compresa tra 140 e 200 mg/dl.
Per il diabete gestazionale i criteri sono più restrittivi: non deve superare i 190 mg/dl
dopo 1 ora e i 170 mg/dl dopo 2 ore.
Carico di glucosio e.v.
Viene effettuato in pz con patologie a carico del sistema gastrointestinale che
possono compromettere il risultato dell’esame.
Il test si basa sulla somministrazione di 0,33 g/Kg di glu in soluzione al 33% per 3
minuti. Nel soggetto normale ciò comporta un immediato rialzo della glicemia ed una
rapida risposta insulinica (picco max in 1-3 minuti). I prelievi vengono effettuati
prima dell’iniezione e successivamente dopo 3, 10, 20, 30, 40, 50 e 60 minuti dopo.
Si calcola un coefficiente K che dipende dalla quantità di glu iniettato ed indica
assimilazione: pertanto è ridotto nel diabete.
K = (0,693) x 100)/Tempo di dimezzamento della glicemia.
In un soggetto normale, con 0,33 g/Kg di glucosio, K è in media 1,34. Si riduce
quanto più è grave la patologia.
Test alla Tolbutamide
La Tolbutamide è in grado di stimolare le -cellule per la secrezione di insulina.
Questa prova serve nello studio della riserva pancreatica di insulina.
Si inietta e.v. 1 g di Tolbutamide in 3 minuti circa. I prelievi per la determinazione
della glicemia ed insulinemia sono effettuati dopo 3, 5, 20, 30 e 60 minuti.
Normalmente al 20° min la glicemia si abbassa dell’80%. Se quella del 20° min è >
dell’80% e quella del 30° è > del 77% rispetto alla glicemia basale, si è di fronte ad
un pz diabetico.
Il picco dell’insulinemia nei soggetti normali si ha tra il 3° ed il 5° minuto, con una
successiva rapida caduta fino al 20° minuto.
5
Per i bambini la dose è di 1,75 mg/kg; nella donna gravida è di 100 mg/Kg.
Test al glucagone
L’iniezione i.m. di glucagone determina un aumento dell’insulinemia per stimolo
delle cellule ilari.
Test di stimolo con a.a.
L’infusione di 25 g di arginina in 20 minutio determina un aumento dell’insulinemia.
Test di soppressione del PepC dopo insulina
ESAMI PER LA RICERCA DI RESISTENZA ALL’INSULINA
Ab anti-insulina: ICA, ICA-CF, ICSA, GCA, SCA; ruolo predittivo.
Ab anti-recettore per insulina.
Determinazione degli antigeni del sistema HLA: IDDM hanno DR3 e/o DR4
associato a B8, B18, DQ.
Determinazione dei metaboliti intermedi: corpi chetonici, NEFA, diminuzione di
Lattato e alanina.
Lipidemia: nel diabete scompensato di tipo I vi è una ipertrigliceridemia
superiore ad 1 g/dl con iperchilomicronemia da ridotta rimozione plasmatica. Nel
diabete di tipo II si ha modesta ipertrigliceridemia (150-400 mg/dl), indice di
aumentata lipidosintesi epatica.
Valutazione dell’Uricemia – cap 7
L’acido urico è il principale catabolita purinico eliminato con le urine. è filtrato
attraverso i glomeruli, riassorbito e secreto.
URICEMIA
I valori normali di uricemia sono 4-7 mg/dl nell’uomo e 3-6 mg/dl nella donna.
L’iperuricemia può causare precipitazione nei tessuti, con insorgenza della gotta,
caratterizzata da episodi ricorrenti di artrite acuta e dalla presenza di depositi uratici
nelle articolazioni, nelle zone periarticolari e nel rene, con possibili danni.
L’iperuricemia prevede due eziologie:
Ipercatabolismo delle nucleo-proteine: spt nelle anemie emolitiche, anemie
perniciose, altre emopatie, diete sballate, ma spt durante trattamento con
antiblastici o raggi-X.
Insufficiente escrezione renale dell’acido urico.
URICOSURIA
Il valore normale di uricemia è 250-750 mg/24h.
Un aumento può essere legato a diete sballate o farmaci come salicilati che sono
uricosurici. Questo eccesso di può portare alla precipitazione di calcoli di acido urico,
quando il pH urinario è nettamente acido (< 5).
La precipitazion di cristalli nella parte terminale del nefrome può portare ad IRA.
DOSAGGIO DELL’ACIDO URICO NEL SANGUE
I metodi sono di natura enzimatica mediante lo studio dell’uricasi.
Acido Urico + H2O + O2
Uricasi
Allantoina + H2O2 + CO2
Il perossido d’idrogeno è misurato mediante RT.
Per la misura dell’ uricosuria è indispensabile eseguire la raccolta delle urine nelle
24 ore, in presenza di una soluzione di 10 ml di NaOH 2 M, per evitare la
precipitazione di acido urico, perché è molto poco solubile a pH acido.
Valutazione della funzionalità renale – cap 8
ESAME DELLE URINE
Caratteristiche fisiche ed organolettiche
Colore: varia in base alla concentrazione delle urine e l’alimentazione.
Giallo paglierino: Vogel da I a III; urina normale.
Giallo intenso: urine concentrate, come dopo attacchi febbrili o con urobilinogeno
in eccesso – sbattendo fa schiuma.
Giallo oro: rioflavina o tetracicline.
Marrone-verdastro: bilirubina e biliverdina “vov o marsala”.
Rosso limpido: mioglobina, Hb e barbabietole.
Rosso bruno: metaHb – urine vecchie.
Bruno nerastro: alcaptonuria.
Blu-verde: Pseudomonas.
Incolore: diabete insipido.
Quantità: fisiologicamente 600-2.000 mg/24h.
Aumento: poliuria; ha basso peso specifico nel diabete mellito, o in altre
patologie renali, somministrazione di diuretici, eccesso di ingestione di liquidi.
Diminuzione: oliguria; disidratazione eccessiva, vomito, febbre, diminuito
apporto d’acqua.
Assenza: anuria; <40-50 cc.
Odore: sui generis; può andare in contro a variazioni acide, solforose, ammoniacali.
Tipica e del tutto normale è l’odore dopo ingestione di asparagi. Nella
fenilchetonuria si ha odore “a urine di topo”.
Aspetto: ad occhio nudo.
Torbidità: diminuisce con acido acetico – fosfati e carbonati. Aumenta con acido
acetico – proteine e cellule di sfaldamento
Lattescenza: piuria, lipuria (da danno renale) e chiluria (linfa).
Densità: 1.016 – 1.022; è indice di capacità di concentrazione renale.
Poco dense: assunzione di molti liquidi.
Molto dense: aumento metabolismo basale, febbre, attività fisica.
pH: 4,5-6,5; è espressione della regolazione dell’equilibrio acido-base. È modificato
da tutto: cibo, bevande, attività fisica, temperatura, ventilazione polmonare. Si studia
mediante strisce reattive.
Caratteristiche chimiche
1
Proteine: max 150 mg/24h: 16 mg albumina, 6 mg Ig, 70 mucoproteine, 16
mucopolisaccaridi ed il resto sono ormoni ed enzimi. La proteinuria ortostatica, da
sforzo e da febbre, sono intermittenti e di poco >1g.
Le proteinurie patologiche sono divise in:
Minime: 0,5 g/l, come in GN e nel rene policistico.
Moderate: GN acuta, mieloma multiplo.
Grave: LES e GN acuta.
La proteinuria può anche essere distinta in glomerulare, selettiva e non, e tubulare. La
tubulare è contraddistinta solo da proteine a bassi peso molecolare.
La proteinuria può dipendere da: cistiti, prostatiti, uretriti.
Si usa il metodo turidimetrico: aggiunta di 1 ml di acido solfosalicilico al 20% in 78 ml di urine, la lettura è praticata ad occhio nudo dopo 5 minuti.1
La proteinuria di Bence-Jones ha notevole significato prognostico nei casi di
disprotidemia mielomatosa. Si valuta constatando che un intorbidimento dell’urina,
verificabile a 50-60°C, scompare con ulteriore riscaldamento a 100°C, ricomparendo
raffreddandosi.
Glucosio: è normalmente non percepibile perché si aggira sui 0,1 g/l. la sensibilità
delle strisce va da un minimo di 0,3 g/dl. Si usa la reazione glucosio ossidasiperossidasi, utile solo per glucosio: diabete mellito, renale e danno tubulare.
Corpi Chetonici: fino a 20 mg/24 h nei soggetti sani. Diabete mellito, gravidanza,
hanno una chetonuria elevata, misurata con la prova di Legal.2
Sangue
Ematuria: rosso torbido per la presenza di corpuscoli; può essere d’origine
ureterale, vescicale, prostatica, uretrale ed extrarenale. Nei casi di sola
microematuria (raro reperto di emazie), bisogna escludere la natura emotiva, da
sforzo o da freddo. Se per + di 6-12 mesi con proteinuria GN.
Emoglobinuria: 500.000 gr/24h. I metodi comuni rilevano Hb > o,1 mg/l
corrispondente a 3.000.000 gr. I falsi positivi sono da attribuire a mioglobinuria
(rabdomiolisi) e batteriuria.
Urobilinogeno: 1 mg/24h. Hanno valore prognostico solo valori elevati, tipici, ad
esempio, di malattie emolitiche. I metodi sono basati sull’uso di sali di diazonio.
Pigmenti biliari: nelle persone sane sono assenti. Compaiono solo quando il livello
ematico supera i 2mg/dl. Si basa su sali di diazonio.
Oltre a tutte questi valori principali, bisogna ricordare che molti altri valori possono
essere usati come indagini: Ca2+ in terapie da mineralizzazioni ossee, Pb in malattie
professionali, prodotti di degradazione del fibrinogeno in turbe dell’emostasi.
1
2
Piuria e batteriuria possono dare falsa positività.
Colorazione rosso-violetta con nitroprussiato di sodio e NaOH, che dà pH alcalino ed acido acetico.
2
Esame del sedimento
Raccolta delle urine per lo studio del sedimento:
Urine del mattino.
Assenza di intensa attività fisica.
Pasto leggero o digiuno.
Pulizia dei genitali.
Mitto intermedio o meglio urina di 2 ore.
Antidiuresi (urine concentrate).
Corretta centrifugazione.
Rimozione del volume fisso sovranatante.
Risospensione delicata del precipitato.
Trasferimento sul vetrino di un volume fisso di urina.
Apposizione di un coprioggetto.
Leucociti: PMN e non sempre ha significato patologico. Cistiti acute e croniche,
prostatiti, uretriti, TBC renale, calcolosi renale, sono le cause più frquenti. Sono
anche riscontrabili eosinofili in nefrite interstiziale da farmaci, e linfociti (nella
GVHD).
Cellule epiteliali: sfaldamento della mucosa delle base vie. Non hanno significato
patologico.
Poligonali e larghe: vagina o uretra.
Piccole e numerose: uretere.
Tubulari: danno nefronico.
Cilindri: derivano da proteine, come la Tamm-Horsfall dall’ansa di Henle, che
gelificano nel lume tubulare assumendone la forma. In genere hanno una forma
allungata e presentano una coda. Possono contenere emazie, leucociti etc. ed hanno
significato patologico.
Sali e cristalli: la loro presenza è significativa solo se se ne trovano alte quantità.
Precipitano in base al pH.
pH acido: precipitazione di cristalli di acido urico.
pH basico: precipitazione di cristalli di ossalato, tipico del vegetariano.
I vari tipi di cristallo sono:
Ossalato: biancastro, a forma di lettera o X, urine basiche.
Fosfoammoniomagnesio: a forma di coperchi di bare, urine acide.
Cistina: trasparenti ed incolori, esagonali, urine acide.
Acido urico: bruno rossiccio, forma variabile, in caso di gotta, urine acide.
La terapia si basa su dieta, allopurinolo e FANS.
3
Globuli rossi: per abnorme passaggio attraverso la membrana glomerulare o per
sanguinamento delle vie urinarie. Bisogna valutarne la morfologia.
Altri reperti
Bastoncelli: batteri e miceti che formano catenelle e protozoi quali Trichomonas.
Artefatti di laboratorio: bolle d’aria e filamenti di muco e filamenti vegetali.
Lettura del sedimento
Valutazione di pH, peso specifico e Hb del campione.3
Conoscenza dei valori del soggetto normale.
Osservazione a vari ingrandimenti di diversi campi.
Quantizzaziion degli elementi osservati.
Stesura adeguata del referto.
Tipi di microscopi usati
Contrasto di fase.
Campo chiaro.
Contrasto interfunzionale.
Immunofluorescenza.
Microscopio elettronico.
Colorazioni per il sedimento
Generali o sopravitali.
Specifiche per eosinofili, istiociti e linfociti.
Raccolta dei campioni
Esame routinario completo: 10 ml di urina in apposita provetta.
Raccolta di due ore: dopo svotamento, si raccoglie urina prodotta in due ore.
24 ore: lo stesso ma per 24 ore.
Alcune ricerche particolari
ricerche ormonali: 17-chetosteroidi e 11-idrossi-corticosteroidi.
VMA e metanefrina: eliminare 48 ore prima farmaci contenenti catecolammine.
Catecolammine: eliminare 48 ore prima caffè, frutta, cioccolato etc.
Uroporfirine: evitare esposizione alla luce.
Porfobilinogeno: raccolta con Na2CO3.
Acido ippurico: 48 ore prima dieta senza pere e prugne.
EQUILIBRIO ACIDO-BASE
ACIDI, BASI e pH
3
L’alcalinità distrugge i cilindri.
4
Acido: sostanza che in acqua è capace di cedere H+
HA + H2O
H3O+ + A- ; HA
H + + ABase: sostanza che in acqua è capace di accettare H+ 4
B + H2 O
BH+ + OH- ; B + H
BH
Gli acidi e le basi sono distinti in forti e deboli e la loro forza può essere misurata
applicando la legge di azione di massa5. All’equilibrio, ricordando che la quantità di
acqua può ritenersi costante:
Acido: ([A-] [H3O+])/[HA] = Ka, ove Ka è la costante di ionizzazione dell’acido,
che è la misura della forza dell’acido;
Base: ([BH+] [OH-])/[B] = Kb, ove Kb è la costante di ionizzazione della base,
che è la misura della forza della base.
Anche l’acqua, subendo un processo di autoprotolisi, è, all’equilibrio, una miscela di
acidi e basi:
H3O+ + OH2H2O
Analogamente per gli acidi e le basi suddette, si ha:
[H3O+] [OH-] = Kw, ove Kw è il prodotto ionico dell’acqua ed a 25°C vale 1,0 x 1014
. Nell’acqua pura [H3O+] deve essere uguale a [OH-], dunque:
[H3O+] = [OH-] = 10-7
In una soluzione per aggiunta di un acido può aumentare [H3O+], mentre per aggiunta
di una base può diminuire, ovvero aumentare [OH-]; una soluzione può essere:
acida: [H3O+]>10-7;
neutra: [H3O+]= 10-7
basica: [H3O+]<10-7
Questi valori possono essere espressi in forma logaritmica decimale anziché in forma
esponenziale: pH = -log [H3O+]. Una soluzione, infine, è acida se pH < 7, neutra se
pH = 7, basica se pH > 7.
Sistemi tampone
I sistemi tampone si basano sulla teoria di Brönsted e Lowry.
Normal Range pH: 7,37 – 7,43. Questo valore di pH è fondamentale per lo
svolgimento delle funzioni fisiologiche dell’organismo che, come si sa, sono legate
alla perfetta funzionalità degli enzimi. Una variazione del pH può compromettere in
maniera assai grave la vita delle cellule. L’evoluzione ha fatto si che si formassero
dei meccanismi capaci di regolare il pH verso un livello standard; questi meccanismo
sono detti sistemi tampone. Ogni tampone è caratterizzato dalla presenza di un
acido ed una base coniugati, entrambi moderatamente deboli. In soluzione sono
all’equilibrio tramite la reazione:
4
Ne consegue che una base è anche una sostanza capace di liberare ioni OHLa legge di azione di massa regola le reazioni all’equilibrio dinamico: all’equilibrio, il rapporto tra i prodotti delle
[prodotti] e i prodotti delle [reagenti], elevate ad una potenza pari al coeff. stechiometrico, è costante a temperatura
costante. Se Keq è grande, la reazione è spostata verso i prodotti, se piccola, verso i reagenti, se prossima all’unità, è
tendente all’equilibrio dinamico..
5
5
HA+ H2O
A - + H 3 O+
Se viene aggiunto un acido forte a questo sistema, l’equilibrio tende a spostarsi verso
dx, per l’aumento di [H3O+]. Nonostante la presenza dell’acido forte, [H3O+] non
aumenta come previsto per la presenza della base debole del sistema tampone che
tede a ristabilire l’equilibrio aumentando [HA]. All’opposto, se viene aggiunta una
base H+ e OH- reagiscono sostando l’equilibrio verso sx, ma HA si dissocia più del
normale, limitando la diminuzione di H+.
Plasma e sangue
Il pH fisiologico del sangue e dei liquidi extracellulari in genere è tra i 7,37 – 7,43,
corrispondente ad una [H+] arteriosa 40 mEq/L; nel sangue venoso il pH è inferiore
di 0,02 unità. Tale pH è mantenuto costante nonostante le cellule espellino scorie
metaboliche basiche e scorie metaboliche acide (circa 72 mEq di H+ e 25 mol CO2
pro die). I margini entro cui [H+]L.E.C. può variare sono ristretti, da 16 a 160 nmol/l.
Il viraggio verso l’acidità è caratterizzato da:
CO2;
Acido lattico del lavoro muscolare;
Acidi da chetosi diabetica (ac acetico, acetacetico, ac. -idrossibutirrico);
Ingestione di sali acidificanti (NH4Cl e CaCl2);
Patologie renali per scarso recubero di bicarbonati.
Il viraggio verso la basicità è caratterizzato da:
Frutta per alto contenuto di Na+ e K+ con ac. organici deboli, i cui anioni sono
metaboliizati a CO2, lasciando nel corpo NaHCO3 e KHCO3.
Ingestione di NaHCO3 e KHCO3 ed altri alcali;
Vomito e diarrea.
È importante ricordare che il pH del sangue è quello del plasma vero e cioè del
plasma che si è equilibrato con Hb negli eritrociti.
Tamponi extracellulari
Proteine: i gruppi carbossilici e aminici in soluzione e all’equilibrio sono
dissociati e possono accettare o cedere H+;
Hb: i gruppi imidazolici dei residui istidinici. A pH tra 7,0 e 7,7 questi residui
contribuiscono poco, ma la molecola di Hb presenta 38 residui istidinci e, quindi,
risulta uno dei tamponi più efficienti.
Tampone H2CO3-HCO3- e sistema respiratorio/renale: il sistema
bicarbonato-ac.carbonico è quello più efficiente, perché mentre questi tende a
regolare il pH ematico, altri apparati, respiratorio e renale, sono impegnati nel suo
mantenimento. Per questo sistema tampone all’equilibrio si ha:
([H+] [HCO3-])/[H2CO3]) = K
[H+] = K [H2CO3] / [HCO3-]
6
[H+] =
PaCO2 / [HCO3-] 6
[H+] = 40 mEq/L
pH = 7,40
Normal Ranges:
PH = 7,37 – 7,43;
PaCO2 = 36-44 mmHg;
[HCO3-] = 22-26 mEq/L;
PaO2 = 103,5 – (0,43 x età)7
Il sistema respiratorio è regolato dai chemocettori aortici e carotidei, stimolati
dall’elevata [H+] e dall’elevata PaCO2, mentre sono depressi se [H+] è bassa e se
PaCO2 è bassa. Ad un aumento della [CO2] o una diminuzione di pH, il sistema
respiratorio risponde con una iperventilazione e viceversa con una
ipoventilazione.
Il sistema renale presenta diverse vie per preservare il pH:
Risparmio del Na+: fondamentale è la presenza di una pompa Na+-K+-ATPasi
che trasporta 1 Na+ nel L.I.C. e 1 K+ nella cellula del tubulo. Da qui K+ per
diffusione tende a ritornare nel L.I.C.; CO2 e H2O sono convertiti dall’anidrasi
carbonica8 in H2CO3 che subito si dissocia in HCO3- e H+; dato il deficit di Na+,
H+ è escreto nel lume del tubulo e Na+ è riassorbito dal lume. Per ciascun H+
escreto, sono riassorbiti un Na+ ed un HCO3-.
Riutilizzo di CO2 e uso del tampone fosfato: quando vengono riassorbiti tutti
HCO3-, si potrebbe acidificare l’urina. Nel liquido tubulare è presente il tampone
HPO42-/H2PO4- che evita che ciò accada. CO2 e H2O sono assorbiti dal capillare
6
per effetto della respirazione, [H2CO3] è direttamente proporzionale alla PaCO2 mediante la costante , coefficiente di
dissociazione CO2, dato che CO2 + H2O
H2CO3
H+ + HCO3-. PcCO2. = 0,0301; PaCO2 = 40 mmHg.
7
Sono presenti cambiamenti fisiologici della [O2] arteriosa in base all’età, così come è diversa PA [O2] 100 mmHg da
Pa [O2] 95 mmHg, data la presenza di shunt artero-venosi, ovvero anastomosi tra arterie e vene polmonari; 1,2%
dell’intera G.C. non passa attraverso il microcircolo.
8
La formazione di H2CO3 è catalizzata dall’anidrasi carbonica; molti diuretici inibiscono questo enzima deprimendo
l’escrezione di acido; è questo il caso dell’alcalosi respiratoria.
7
peri-tubulare e si ha la formazione di H+ e HCO3-. H+ viene escreto nel tubulo in
scambio di Na+ che è legato al tampone fosfato sottoforma di fosfato bisodico; si
forma fosfato monosodico che è eliminato; Na+ una volta liberato, entra nella
cellula del tubulo e si lega a HCO3- ed è liberato nell’interstizio sottoforma di
NaHCO3.
Tampone NH3/NH4+: i mitocondri delle cellule dl tubulo producono NH3 ad
opera della glutaminasi che scinde il ruppo amidico della glutamina formando
ac.glutammico e ammoniaca. NH3 nel tubulo cattura H+ della reazione
dell’anidrasi carbonica e per bilancio elttrolitico è riassorbito il Na+ nel tubulo.
Tamponi intracellulari
Ubiquitario: tutte le cellule accettano H+ e lasciano K+; rischio di ipercalemia;
Osteociti: le cellule dell’osso accettano 2H+ per Ca2+; a lungo andare, rischio di
osteomalacia, osteoporosi etc.
Gap Anionico
La valutazione dell’equilibrio acido-base deve comprendere sempre il calcolo del gap
anionico. Per la legge dell’elettroneutralità, la somma delle cariche positive deve
eguagliare quella delle cariche negative. Poiché la concentrazione del sodio è
maggiore della somma delle concentrazioni dei bicarbonati, si determina l’anion gap.
8
Il GA esprime la differenza sierica tra [anioni] e [cationi]; in realtà [anioni] dovrebbe
essere uguale a [cationi].
[cationi] = Na+ + K+ + CNM; [anioni] = HCO3- + Cl- + ANM9.
Na+ + K+ + CNM = Cl- + HCO3- + ANM
Dato che K+ è nel plasma in piccolissime quantità, può essere compreso tra CNM,
quindi:
Na+ - (Cl- + HCO3-) = ANM – CNM
Pertanto il gap anionico è ANM – CNM che è 8-16 mEq/L ( 12 mEq/L).
Può aumentare con l’aumento di albumina. Aumento con normali livelli di
albumina:
Acidi senza cloro;
Aumento di solfato e fosfato;
Chetoacidi (diabete);
Lattato;
Salicilati o tossine;
Aumento carica ionica albumina (per alcalosi).
Può risultare diminuito:
Aumento cationi non misurabili;
Aumento di Cloro (diarrea);
Cationi esogeni come Litio;
Ig cationiche;
Diminuzione [albumina];
Riduzione carica ionica albumina (per acidosi);
Iperlipidemia marcata.
Patologie
Nota bene: la [K+] plasmatica risente sempre delle variazioni di pH.
Acidosi: aumento della potassiemia perché gli ioni H+ sono scambiati con K+
intracellulare.
Alcalosi: diminuzione della potassiemia.
La potassiemia aumenta o riduce di 0,6 mEq/l per ogni modificazione di pH di 0,1.
Acidosi metabolica: massimo impiego ed incapacità dei bicarbonati a neutralizzare
radicali acidi di qualsiasi provenienza.
pH diminuito (7,25 – 7,35);
HCO3- diminuito (circa 10 mEq/L);
PaCO2 diminuita (20-30 mmHg per iperventilazione);
PaO2 aumentata o normale.
9
CNM: cationi non misurabili; ANM: anioni non misurabili, anche proteine anioniche, fosfati, solfati e anioni
inorganici.
9
Nell’acidosi metabolica pura, per ogni mEq di diminuzione di HCO3-, PaCO2
diminuisce di 1,2 mmHg.
Cause:
Invasione esogena o endogena (diabete o acidosi lattica);
Insufficienza renale acuta (acidosi tubulare tipo secondo; no NH4+; no H+)
Fuga di basi dall’intestino (colera, diarrea).
Ingestione di salicilati e ClNH4.
Iperpotassemia: Addison o ipoaldosteronismo.
Compenso:
Sistemi tampone: Hb, bicarbonato e fosfato.
Compenso respiratorio: diminusione pCO2.
Difesa renale: escrezione di acidi.
Si apprezza iperventilazione per stimolazione del centro del respiro. Nelle acidosi
metaboliche il gap anionico è di norma aumentato, mentre è diminuito in caso di
diarrea7.
Le forme di acidosi metabolica possono essere legate o meno, ad un aumento del
gap anionico. Una acidosi con gap anionico normale è una condizione legata ad
ipercloremia.
Perdita gastroenterica di bicarbonati (diarrea).
Perdita renale di bicarbonati.
Uso di acetazolamide, inibitore dell’anidrasi carbonica.
Una acidosi con gap anionico aumentato è legato a:
Aumento della produzione di acidi.
Ingestione di sostanze tossiche come i salicilati.11
Insufficiente escrezione di acidi.
Ingestione di metanolo e glico-etilenico.
Acidosi respiratoria: massimo impegno ed infine insufficiente escrezione
respiratoria di CO2 (ipercapnia); gli H+ ritenuti provengono dai bicarbonati che non
riescono a bilanciare il danno.
pH diminuito o non modificato se c’è compenso;
PaCO2 fortemente aumentata (70 – 80 mmHg);
HCO3- aumentati (30 – 50 mEq/L per esaltato riassorbimento renale)12;
PaO2 diminuita.
PIO2 è circa 150 mmHg, ma nell’alveolo PAO2 è circa 100mmHg per la presenza del
vapore acqueo. Per conoscere PAO2, bisogna applicare la seguente:
PAO2 = PIO2 – (1,25 x PaCO2)13
PAO2 100 mmHg; PaO2 95-96 mmHg per la presenza degli shunt arterovenosi.
Nella Acidosi Metabolica da diarrea si ha ipercloremia per l’iperattivazione della pompa HCO3-/Cl- intestinale.
Stimolano il centro del respiro con diminuzione di pCO2 e conseguente acidosi metabolica.
12
Se è scompensata, il livello dei bicarbonati si riduce attorno ai 25 mEq/L.
13
1,25 è il coefficiente respiratorio di scambio: rapporto consumo O2 e produzione CO2; 1,25 O2 1 CO2. CO2/O2 =
0,8: quoziente respiratorio.
7
11
10
Un aumento di 10 mmHg CO2 corrisponde ad un aumento di 3,5 mEq/L HCO3-.
Se pH 7,6, si ha un disturbo misto, poiché si sfocia nell’Alcalosi respiratoria;
Se si ha HCO3- fortemente aumentata si può avere Alcalosi metabolica.
Se HCO3- è fortemente diminuita si ha iperventilazione.
In casi in cui PaCO2 è troppo alta, 100 mmHg, bisogna intubare il paziente, ma
dopo l’intubazione può andare nuovamente in crisi.
Cause:
Compromissione centri e/o vie respiro (infiammazioni, tumori pontini, traumi
etc.);
Compromissione apparato respiratorio (fratture, BPCO, enfisema, polmonite etc.,
sindrome di PICKWICK);
Compenso: CO2 in eccesso diffonde nel globulo rosso.
Si ha cianosi, sudore, confusione mentale, cefalea e iperventilazione; la situazione
può peggiorare in coma ipercapnico e morte per ipossia.
Sindrome acuta
Caratterizzata da insorgenza breve, presenta pH 7,20, PaCO2 80 mmHg, HCO338 mEq/L e PaO2 40 mmHg; è caratterizzata da ipossia; è frequente nei soggetti
anziani, spesso fumatori ed enfisematosi, dovuta a lievi infezioni.
Un aumento di 10 mmHg PaCO2 corrisponde ad un aumento di 1 mEq/L HCO3-, per
assenza di compenso renale che è cronico.
Sindrome cronica
Presenta un aumento PaCO2 protratto nel tempo. Spesso pH è normale o ridotto.
Un aumento di 10 mmHg PaCO2 corrisonde a aumento 3-4 mEq/L HCO3-.
Alcalosi metabolica: aumento [HCO3-] senza un proporzionale aumento di PaCO2.
pH aumentato (7,45 o OK se compensata);
PaCO2 lievemente aumentata o normale;
HCO3- aumentati;
PaO2 normale
Un aumento di 10 mEq/L HCO3- corrisponde ad aumento di 2-3 mmHg CO2.
Cause:
Ipopotassemia (con passaggio di H+ in cellule);
Eccessiva somministrazione di alcali (apporto di bicarbonato);
Perdita di acidi (vomito incoercibile);
Perdita renale (uso di lassativi, eccessivi mineralcorticoidi, iperaldosteronismo
primitivo di CONN, ipercalcemia – tetanismo da alcalosi -).
Compenso:
Sistemi tampone con H+ nel compartimento cellulare.
Compenso respiratorio: ipoventilazione.
Compenso renale: aumentata escrezione di bicarbonati.
Alcalosi respiratoria: diminuzione della pCO2 per aumento della ventilazione.
pH aumentato;
PaCO2 diminuita;
11
HCO3- diminuita;
PaO2 aumentata, ok o diminuita.
Una diminuzione di 10 mmHg PaCO2 corrisponde a diminuzione di 5 mEq/l HCO3-.
Cause:
Iperventilazione volontaria o respirazione in ambienti umidi o surriscaldati;
Grandi altitudini ed esercizio fisico a grandi altitudini;
Intossicazione da salicilato;
Setticemie da Gram -, come polmonite14;
Coma epatico per probabile stimolazione del centro del respiro.
PaO2 può variare:
Diminuita per ipossiemia da polmonite, fibrosi interstiziale15, embolie
polmonari16, tumori pontini, infiammazioni etc…
Normale se compensata;
Aumentata nelle anemie e talassemie per iperventilazione; ipotensione; elevata
altitudine.
Compenso:
Azione dei tamponi: liberazione di H+ dalle cellule.
Azione renale: diminuzione di assorbimento dei bicarbonati e della
escrezione di H+; aumenta, così, escrezione di sodio e potassio.
Ac. Met.
Ac. Resp.
Alc. Met.
Alc. Resp.
PH
Bicarbonato
pCO2
EMOGASANALISI
La valutazione dell’equilibrio acido-base impiega analizzatori automatici capaci di
effettuare contemporaneamente la misura del pH, della pCO2, della pO2 e dell’Hb. Il
dosaggio è effettuato su un piccolo campione di sangue, 125 nl, pelevato con una
siringa eparinizzata, dell’arteria femorale o omerale. L’analizzatore comprende
elettrodi speciali ed un fotometro.
Misurazione di pH
Si serve di un elettrodo di vetro sensibile al pH. Si genera, per scambio ionico, V
proporzionale alla differenza di pH che c’è tra le soluzioni separate dal vetrino.
Valore: 7,37 – 7,43.
Misurazione della pCO2
14
Il paziente si presenta con febbre, dispnea, dolore puntorio di stimolazione pleurica, brividi; spesso ha torace
iperespanso, epatizzazione alveolare, rinforzo di FVT, ipofonesi o afonesi, assenza di mormore vescicolare e soffio
bronchiale.
15
La fibrosi interstiziale stimola i recettori IOTA dell’interstizio alveolare determinando iperventilazione.
16
Insufficienza ventricolare sx ipertensione microcircolo trombo embolia polmonare ipossiemia.
12
Si serve dell’elettrodo di Seringhaus e Bradley, rivestito da una membrana di
teflon. La CO2 diffonde attraverso la membrana in funzione del gradiente pressorio.
Attraversata la membrana ed a contatto con HCO3 e NaCl, si idrata e produce acido
carbonico secondo la seguente:
CO2 + H2O
H2CO3
H- + HCO3
Si crea, così, una variazione di pH proporzionale alla quantità di CO2 penetrata e,
quindi, alla sua pressione parziale.
Valori: 36-44 mmHg.
HCO3-: 22-26 mEq/l.
Misurazione della pO2
Si serve dell’elettrodo di Clarke, riempito con una soluzione elettroconduttrice con
KCl a debole concentrazione in tampone fosfato, rivestito da una membrana di
propilene. O2 diffonde attraverso la membrana fino alla superficie del catodo; tra
catodo ed anodo è presente una V di 630 mV:
Se non è presente O2, non ci sarà riduzione.
Se è presente O2, si genera una corrente elettrica proporzionale alla tensione di O2.
Valore: 96 mmHg.
PaO2: 103,5 – (0,43 x età) mmHg; sono presenti cambiamenti fisiologici della [O2]
arteriosa in base all’età, così come è diversa PA [O2] 100 mmHg da Pa [O2] 95
mmHg, data la presenza di shunt artero-venosi, ovvero anastomosi tra arterie e vene
polmonari; 1,2% dell’intera G.C. non passa attraverso il microcircolo.
Dosaggio dell’Hb
Si basa sulla legge di Beer, secondo la quale, la quantità di luce monocromatica
assorbita da una soluzione colorata è funzione esponziale della sostanza assorbente
presente in soluzione.
Valore: 15 g% - 12,5 – 15,5 g/dl.
Basandosi su questi 4 valori, si può ricavare:
Bicarbonati.
CO2 totale plasmatica.
Eccesso di basi.
Saturazione di O2.
AZOTEMIA
L’azoto totale del plasma comprende:
Azoto proteico delle plasmaproteine.
Azoto non proteico o incoagulabile: misurato previo allontanamento delle
plasmaproteine per coagulazione.
13
Per azotemia si intende la quantità di azoto non proteico presente in 100 ml di
sangue. Questo valore comprende l’azoto dell’urea, della creatina, della creatinina,
degli aminoacidi, l’ammoniaca e l’acido urico.
Valori a digiuno: 20 – 40 mg%. Di questi sono 10-15 mg appartengono all’urea.
L’iperazotemia è un aumento della [azoto non coagulabile] nel sangue > 40 mg%.
Può aumentare per:
Ritenzione ureica a livello intestinale, cutaneo o pericarido.
Iperazotemie glomerulari.
Iperazotemie tubulari.
Iperazotemie extrarenali: edemi, shock, emorragie.
Urea
È il più importante catabolita azotato. Proviene dal ciclo di aminoacidi azotati, il ciclo
dell’urea.
Valori: 10 – 15 mg/dl; 3,3 – 7,5 mmol/l.
Metodo: misura colorimentrica basata sull’idrolisi enzimatica dell’urea.
Urea + H2O
2NH3 + CO2
UREASI
L’ammoniaca prodotta dall’urea può essere misurata mediante la reazione seguente:
NH3 + -chetoglutarato + NADH + H+
GLDH
glutammato + NAD+ + H2O
Si misura la variazione di A a 340 nm.
Creatina
Siero
Donna: 0,35 – 0,93 mg/dl.
Uomo: 0,17 – 0,70 mg/dl.
Urine
Donna: 0,80 mg/dl.
Uomo: 0,40 mg/dl.
Metodo di misura: la creatina regisce con il diacetil-1-naftolo in ambiente alcalino,
formando un cromoforo rosso. Spettrofotometricamente si misura la diminuzione di
A a 340 nm dall’ossidazione di NADH.
Cretina + ATP
CREATINA CHINASI
fosfocreatina + ADP
ADP + fosfoenolpiruvato
PK
ATP + Piruvato
Piruvato + NADH + H+
LDH
lattato + NAD+
14
Un aumento della creatinemia o della sua velocità di escrezione renale è osservabile
in malattie muscolari croniche come la distrofia muscolare.
Un aumento della creatinuria si ha in corso di artrite reumatoide o sforzo fisico
prolungato.
Creatinina
La Creatinina è l’anidride della creatina.
Valori: 0,5 – 1,20 mg/dl.
Metodo: analisi spettrofotometrica a 340 nm, con la reazione seguente.
Creatinina + H2O
CREATININA AMIDOIDROLASI
creatina.
Continua come per la Creatina.
La clearance17 delle Creatinina può essere usata per stimare la VFG in sospetta
insufficienza renale acuta o cronica.
Nota bene: urea e creatinina aumentano in modo sensibile nel sangue in corso di
insufficienza renale acuta o cronica.
Ammoniaca
Valori: 20-80 g/dl.
Metodo: enzimatico mediante la seguente.
-chetoglutarato + NADPH + NH4+
GLDH
glutammato + NADP+ + H2O
Si misura la variazione di A a 340 nm.
La misura dell’ammoniemia è utile in sospetta encefalopatia epatica e S. di Reye.
Acido Urico
Vedi capitolo sulla valutazione di uricemia e uricuria.
EQUILIBRIO IDRO-ELETTRICO
Il rene è un organo essenziale per l’omeostasi idro-elettrica, grazie ai suoi processi di
escrezione e riassorbimento, mantenimento dell’equilibrio idrico, sotto il controllo di
ADH. Oltre ai bicarbonati, K+ e Na+ e Cl-, i più importanti sono Ca2+, Mg2+ e PO43-.
Valutazione dell’equilibrio ionico
Si basa sulla misura delle concentrazioni plasmatiche di sodio, potassio e cloruro.
Valori di riferimento:
Elettrolita
Sodio
17
Plasma (mmol/l)
135-145
Urina 24h (mmol)
95 – 310
La clearance è il V di plasma da cui un’analita può essere completamente eliminato con le urine nell’unità di tempo.
15
Potassio
Cloruro
3,6 – 5,5
98 – 109
40 – 100
80 – 270
La sodiemia riflette il reale contenuto dello ione nell’organismo (ed anche
dell’acqua), per la localizzazione extracitoplasmatica. Le variazioni di cloruremia
seguono fedelmente quelle della sodiemia.18
Natriemia – Sodiemia
Iposodiemia: vomito, diarrea, sudorazioni, ustioni, diuretici, Addison, stati
edematosi.
Ipersodiemia: insufficiente apporto idrico, diuresi elevata, come nel diabete
insipido, diabete mellito, perdita d’acqua gastrointestinale o cutanee.
Kaliemia – Potassiemia
Ipopotassiemia: apporto inadeguato, infusione senza K, perdite renali, diuretici,
trauma severo, cirrosi.
Iperpotassiemia: disidratazione, insufficienza renale, ipoaldosteronismo,
Addison, farmaci anti-aldosteronici (spironolattone).
Valutazione bilancio idrico
L’acqua nell’organismo è presente per circa il 67% nelle cellule, per il 25%
nell’interstizio e per l’8% nel plasma.
La concentrazione dei sodio e l’osmolarità sono i valori più indicativi di
iperidratazione o disidratazione. Una sodiemia di 150-160 mmol/l, ad esempio,
indica disidratazione moderata.
L’osmolarità del siero, così come quella dell’urina, sono valutate mediante un
osmometro, che consente di risalire all’osmolarità dall’abbassamento del punto di
congelamento del liquido in esame.
Valori POSM: 280-295 mOsm/Kg.
Valori POSM urina: 300 – 900 mOsm/kg.
Metodi di misura
Sodio: fotometria di emissione e potenziometria con elettrodi iono-selettivi.
Potassio: fotometria di emissione e potenziometria con elettrodi a valino-micina.19
Cloro: come sodio.
Ioni calcio, magnesio e fosfato
Il calcio è il minerale di gran lunga più abbondante. Un individuo di 70 Kg contiene
circa 25 moli di Calcio. I fosfati sono circa 21 moli ed il 99% si trova nel tessuto
osseo. Il prelievo viene effettuano in assenza di stasi venosa, perché determinerebbe
una ipeproteinemia locale, con emoconcentrazione. Va effettuata a digiuno e bisogna
18
Eccetto per sistuazioni quali vomito perdurante o compromissione renale.
L’emolisi costituisce una grave causa di alterazione della misura del potassio sierico: 0,3 – 0,5 mmol/l per 100 mg/dl
Hb fuoriuscita dai GR.
19
16
evitare l’emolisi. Per la misura si usano 50 ml HCl 3 moi/l per avere un pH < 2
affinché non si abbia precipitazione di fosfati od ossalati.
Calcemia: 2,20 – 2,65 mmol/l – 8,5 – 10,6 mg/dl.
Ipercalcemia: neoplasie, iperparatiroidismo. Si ha astenia, sete, poliuria, nausea e
vomito.
Ipocalcemia: ipoalbuminemia, ipoparatiroidismo; si ha tetano e depressione,
paretesie.
Calciuria:
Donna: 2,3 – 9 mmol/24h; 100-360 mg/24h.
Uomo: 2,5 – 10,0 mmol/24h; 100-400 mg/24h.
Aumentata calciuria: iperparatiroidismo.20
Diminuita calciuria: ipoparatiroidismo ed ipercalcemia familiare ipocalciurica.
La calcemia e la calciuria si studiano mediante precipitazione.
Fosfatemia: 3,5 – 4,5 mg/dl.
Ipofosfatemia: iperparatiroidismo ed ipovitaminosi D.
Iperfosfatemia: ipoparatiroidismo ed ipervitamnosi D.
Fosfaturia: 3-42 mmol/24h; 400-1300 mg/24h.
Aumentata fosfaturia: maggior assorbimento e processi osteolitici.
Diminuita fosfaturia: diminuito assorbimento, gravidanza, allattamento.
La fosfatemia e la fosfaturia si studiano mediante la formazione del complesso
fosfomolibdato.
Magnesio:
Siero: 1,5 – 2,6 mg/dl; 0,62 – 1,07 mmol/l.
Urine: 15-300 mg/24 h.
20
Ipoparatiroidismo: ipocalcemia + iperfosfatemia. Iperparatiroidismo: ipercalcemia ed ipofosfatemia.
17
Prove di laboratorio nell’Ipertensione Arteriosa
Diagnosi di ipertensione
Anamnesi ed esame obiettivo.
Misurazione pressoria.
Esame urine: densità, colore, quantità, proteinuria, clindruria, ematuria o
emoglobinuria; tutti questi sono indici diretti o indiretti di patologia renale,
tenendo conto del suo ruolo nella regolazione pressoria.
Azotemia.
Creatininemia.
Uricemia.
Kssiemia, Namia.
Assetto lipidico: rischio aterogeno.
Glicemia.
ECG ed ECO.
Dosaggio dell’attività reninica plasmatica
Anche se la renina è prodotta in grande quantità, il suo funzionamento è molto basso.
I suoi effetti, in realtà, vanno riferiti alla quantità di Angiotensina I 1 prodotta nel
tempo (ng/ml/h). il dosaggio avviene con metodo radioimmunologico, con uso di
inibitori delle proteasi che possono fare lo stesso sporco lavoro.
Per stabilizzare l’angiotensinogeno, inoltre, ne viene aggiunta, inoltre, una quantità
fissa e saturante, permettendo alla renina di funzionare al meglio. È aggiunto EDTA
per bloccare l’ACE e l’angiotensinasi.
Per la presenza di prorenina che può andare incontro a crioattivazione, la PRA va
effettuata a temperatura ambiente.
Lo studio della PRA in condizioni basali è utile in tutti gli ipertesi perché
l’ipertensione reno-vascolare (da stenosi dell’arteria renale) ed i tumori renali
renina-secernenti sono accompagnati da un aumento della PRA.
Nell’iperaldosteronismo primitivo la PRA è soppressa.
Altri esami nella valutazione della ipertensione secondaria:
Feocromocitoma: adrenalina stimola i miocardiociti, mentre la noradrenalina
stimola la contrazione delle fibrocellule muscolari lisce della parete arteriosa. È
legato a episodi di crisi ipertensiva. La misura sierica si basa sull’assorbimento
della catecolamine su albumina-gel e lette con la fluorimetria, oppure dosate con
RIA. I valori sono circa 100-500 ng/l. Se si riscontrano valori medio-alti si
procede con il test provocativo:
Test alla Fentolamina: la Fentolamina è un -bloccante; si somministrano 5
mg i.v. che determina riduzione della pressione di 25-35 mmHg in 2 minuti.
Tuttavia il polso aumenta perché l’ipotensione rappresenta uno stimolo per
l’attività cardiaca.
1
L’Angiotensina I è una 2-globulina.
Il dosaggio urinario nel feocromocitoma si basa sulla ricerca delle catecolamine,
ma spt i loro metaboliti Acido Vanil-Mandelico (VMA) e Metanefrina. Questi
aumentano nelle 24 ore dopo la crisi ipertensiva.
Valori di riferimento:
Adrenalina e noradrenalina <100 mg.
VMA < 10 mg.
Metanefrina < 1,3 mg.
Alimenti ricchi di vanilina, come la banana e la vaniglia, possono interferire
con la diagnosi, così come farmaci.
Iperaldosteronismo: può essere primario o secondario (aumento reninaangiotensina, increzione di ACTH, sindrome nefrosica, cirrosi e scompenso
cardiaco congestizio). La diagnosi si basa su:
Potassiemia: 3,8 – 5,5 mmol/l.
Sodiemia: 136-144 mmol/l.
Renina.
Aldosterone plasmatico o urinario.
ECG per gli effetti della ipokalemia.
Tolleranza glucidica: alterata secrezione insulinca per effetto della
ipokalemia.
Prova di funzionalità renale: tubulopatie kaliopenica
Prova di KEM: è una prova dinamica; somministrazione endovenosa di 2 l di
fisiologica per 2 h. in caso di iperaldosteronismo la concentrazione ematica di
aldosterone scende al di sotto dei 100 pg/ml. Per una diagnosi differenziale tra
iperald. primario e secondario, l’elemento discriminante è il PRA, che è
diminuito o assente nel primo caso.
Ipertiroidismo: aumento degli ormoni tiroidei con aumento della pressione
differenziale, dovuta a vasodilatazione periferica secondaria all’aumento del
metabolismo ossidativo. La pressione diastolica è, però, sempre aumentata.
Nefropatia: stenosi della arteria renale o ipertensione nefro-parenchimale (legata
a glomerulopatie) si ha aumento dell’attivazione del sistema renina-angiotensina.
Esami di laboratorio nelle malattie allergiche – cap 10
Cenni di fisiopatologia
L’immunità acquisita è fondamentale per le risposte ad agenti estranei. Se le risposte
sono capaci di provocare danno tissutale e malattia, queste prendono il nome di
malattie da ipersensibilità:
Tipo 1: mediate da IgE e mastociti.
Tipo 2: mediate da anticorpi diversi.
Tipo 3: mediate da immunocomplessi – sistemiche.
Tipo 4: mediate da linfociti T.
Tipo 1 – ipersensibilità immediata
Sono caratterizzate dalla liberazione di un grande quantità di mediatori che
provocano vasodilatazione, contrazione muscolatura bronchiale e viscerale ed
infiammazione locale. Il mediatore principale è l’istamina, che determina, a sua
volta, liberazione di PAF ed eicosanoidi, cui segue l’attivazione cellulare. Questo tipo
di ipersensibilità è definita immediata. Oltre a questa risposta, ne segue una ritardata,
caratterizzata da infiltrato ricco in eosinofili, basofili e neutrofili. Se gli antigeni sono
ambientali, queste reazioni sono dette allergiche (asma, orticaria, febbre da fieno).
Nella forma più estrema, chiamata anafilassi, i mediatori possono provocare effetti
sistemici importanti quali edemi diffusi (edema di Quincke) e broncocostrizione tale
da determinare asfissia.
I soggetti che presentano ipersensibilità ad antigeni ambientali sono detti atopici.
Trasmissione autosomica poligenica.
Tappe del processo:
Produzione di IgE, definite reagine, da parte di linfociti B in risposta alla
sensibilizzazione, che è il primo contatto con l’allergene.
Segue un periodo di latenza o di sensibilizzazione.
C’è, poi, il legame delle Ig ai recettori specifici presenti sulla superficie di
mastociti e basofili (Fc R1).
Interazione dell’allergene, che può essere un antigene o un anticorpo anti-IgE,
nuovamente introdotto nell’organismo, con le IgE fissate su mastociti e basofili.
Attivazione cellulare, definita contatto scatenante, e rilascio di mediatori
(istamina in primis).
Nell’uomo, l’esempio classico di ipersensibilità immediata è la reazione pomfo
eritematosa; il sito di iniezione dell’antigene diventa iperemico per dilatazione del
letto capillare, con conseguente congestione dei globuli rossi. Successivamente ci
sarà un altro rapido rigonfiamento a causa di fuoriuscita di plasma dai capillari,
definito pomfo. La reazione completa si sviluppa nel giro di 5-10 minuti e si spegne
nel giro di un’ora. Dopo la reazione, i granuli dei mastociti appaiono svuotati. Gli
infiltrati infiammatori della fase tardiva della reazioni di ipersensibilità immediata
sono tipicamente ricchi in eosinofili. Questi, che si cmportano da cellule effettrici,
regolano la sintesi delle IgE.
Tipo 2
Le reazioni di ipersensibilità mediate da anticorpi sono legate a specificità per
determinati tessuti. Gli ab possono essere:
Autoanticorpi: duranti la maturazione linfocitaria, i meccanismi di tolleranza
possono non essere sufficienti, formando anticorpi che regiscono contro il self; un
esempio è la miastenia.
Ab cross-reagenti: ab prodotti come difesa da determinati agenti possono crossreagire con antigeni self. Ciò vuol dire che esiste una “somiglianza aplotipica”, tra
antigeni non-self e self, scatenante l’aggressione immune. Un esempio è la
gromerulonefrite post-streptococcica.
Tipo 3
Le reazioni da immunocomplessi hanno la caratteristica di essere sistemiche.
L’ospite produce anticorpi contro determinati antigeni che tendono a formare
complessi macromolecolari. Per l’alto peso molecolare e specifico, questi tendono a
precipitare sull’endotelio dei piccoli vasi, nelle articolazioni, nei glomeruli renali. La
presenza di questi immunocomplessi stimola l’attivazione del sistema del
complemento determinando infiltrazione leucocitaria.
Un esempio è il LES, caratterizzato dalla produzione di moltissimi autoanticorpi
verso nucleoproteine o DNA.
Tipo 4
Le reazioni di ipersensibilità legata ai linfociti T determinano danno tissutale causato
da distruzione delle cellule. Queste determinano attivazione macrofagica e
liberazione di intermedi reattivi.
Un esempio è il IDDM.
A volte reazioni di ip. mediata da linf. T può essere caratterizzata da attivazione di
CTL, come in alcune infezioni virali, anche se i virus non sono citopatici, perché
queste possono esprimere antigeni virali.
Metodi di dosaggio
La concentrazione normale ematica delle IgE è 20 - 400 ng/ml, potendo raggiungere
valori di molto superiori, fino a 700 – 1000 ng/ml. I metodi di dosaggio delle IgE
sono R.I.S.T., P.R.I.S.T. e R.A.S.T.
Per la diagnosi di malattie allergiche si ricorre, spesso, anche ad una serie di test
cutanei come Patch e Scratch e Prick test.
È molto utile il conteggio degli eosinofili circolanti e quelli nelle secrezioni, come
anche il test di degranulazione dei basofili ed il dosaggio dell’istamina.
Test radioimmunologici
R.I.S.T. (RADIO IMMUNO-SORBENT TEST)
Ab anti-IgE legati a particelle di Sephadex sono cimentati con il siero in esame, con
le IgE incognite, e con le IgE marcate con I125 in concentrazione nota. Si ha
competizione. Dopo centrifugazione e lavaggio, con un contatore è effettuato un
conteggio della radioattività che sarà tanto minore quanto maggiore è la
concentrazione delle IgE non marcate.
P.R.I.S.T. (PAPER RADIO IMMUNO SORBENT TEST)
Ab anti IgE sono legati con legami covalenti a piccoli dischi di carta, i quali sono
bagnati con dosi determinate di siero in esame, contenente le IgE. Questi sono
bagnati, successivamente, con IgE marcati. Si effettua lo stesso controllo al contatore
.
R.A.S.T. (RADIO ALLERGO SORBENT TEST)
È un test in cui si ricercano IgE specifiche. Il siero del paziente è cimentato in una
serie di dischetti di un polimero insolubile, a ciascuno dei quali è fissato, con legame
covalente, un determinato antigene. Nel dischetto con le IgE legate si inseriscono le
IgE marcate e si studia con un contatore . È un metodo molto costoso.
Test cutanei
Scratch test – scarificazione
Si effettuano scarificazioni lineari di 1 cm, distanziate 2 cm l’una dall’altra. Su
ciascuna di queste si applica una goccia dell’estratto antigenico. La prova è positiva
quando, entro 10-30 minuti, si sviluppa una reazione pomfoide od orticarioide.
Prick test – puntura
Vengono effettuate punture anziché scarificazioni.
Patch test – epicutaneo
È utile nella diagnosi di dermatiti da contatto. Si applica una pomata allergenica e si
ricopre l’area con una sottile lamina d’alluminio, che porta al centro un sottile disco
di cellulosa. La reazione è positiva se dopo 48 ora appare un eczema pruriginoso.
Altre prove
Conteggio degli eosinofili
È effettuato al microscopio con la colorazione di May-Grunvald-Giemsa; gli
eosinofili sono riconoscibili, infatti, per la colorabilità in arancio-rosa della PBM.
Gli eosinofili possono essere ricercati anche nelle secrezioni.
Test di degranulazione dei basofili e dosaggio dell’istamina
I leucociti del paziente sono rimossi dal prelievo ematico e sono fatti interagire con
un antigene, misurando la quantità d’antigene rilasciata.
LA COSTELLAZIONE ANTIGENICA DEI TUMORI
La caratteristica principale delle cellule tumorali è l’alta variabilità fenotipica, cui è
legata un’altrettanto pari eterogeneità di sitanzae che possono costituire elementi di
valutazione clinica; possono fornire, infatti, info sulla presenza di un tumore o info
prognostiche.
Per avere il 100% di sensibilità e specificità, un biomarcatore dovrebbe avere tali
caratteristiche:
Assenza nella popolazione sana.
Produzione solitaria nel tumore.
Possibilità di reilevazione in fase preclinica.
Concentrazione proporzionale alla massa tumorale.
Concentrazione proporzionale ai risultati terapeutici.
I markers tumorali non hanno quasi mai queste caratteristiche insieme.
I markers tumorali sono, normalmente, acidi nucleici, protidi ed altri composti a
basso peso molecolare quali metaboliti, poliammine e steroidi.
Gli antigeni neoplastici possono essere divisi in due grandi gruppi:
antigeni tumore specifici TSA (tumor specific antigens) e antigeni tumore associati
TAA (tumor accociated antigens).
Antigeni oncofetali tumorali
Molti antigeni sono non espressi nel tessuto normale, ma solo durante l’ontogenesi.
Ciò significa, quindi, che antigeni presenti in vita fetale, normalmente assenti, poi,
nella vita extrauterina, possono essere presentati dalle cellule neoplastiche1; sono
detti antigeni oncofetali.
Antigeni non neoplastici: HbF, HbE e EPA (pre-albumina embrionale).
AFP: alfafetoproteina. È legata alla non repressione del genoma. È una
glicoproteina con peso molecolare di 70.000. Nel feto è sintetizzata dagli
epatociti, testicoli ed ovaio. È legata allo sviluppo degli organi, lega gli estrogeni
ed è immunosoppressore di gravidanza. Il suo valore soglia è di 20 ng/ml. Nelle
forme non neoplastiche come le cirrosi aumenta di poco. La determinazione
avviene mediante: tecniche immunoenzimatiche, RIA ed ELISA. È legata ai CA
epatocellulari, con una specificità del 90%, ed ai teratocarcinomi; se aumenta
nel liquor si è di fronte ad un tumore a cellule germinative intracranico. Aumenta,
spesso, in coso di gravidanza con S. di Down.
CEA: antigene carcino-embrionale. È un precursore degli antigeni ABh presenti
su tutte le cellule epiteliali e sui GR. Il suo livello normale è 2-10 ng/ml. Si ritrova
in CA mammario e dell’apparato respiratorio. Può essere presente in alte
concentrazioni ematiche in svariati processi flogistici come bronchiti, gastriti,
pancreatici.
2-H-globulina: è una proteina contenete ferro sintetizzata dagli epatociti fetali.
È importante indice prognostico. È rilevabile nei bambini con neuroblastomi e
nefroblastomi.
1
Gli antigeni oncofetali sono indice di anaplasia cellulare. Le cellule neoplastiche ontogeneticamente seguono un
percorso inverso di differenziazione.
BFP: betafetoproteina. È anch’essa una proteina sintetizzata dagli epatociti del
feto fino al settimo mese di gravidanza; è indice di epatomi, colangiomi, CA
gastrici.
ASF: è un altro antigene oncofetale sintetizzato dalle cellule dei tumori gastrici
ed esofagei.
POA: antigene oncofetale pancreatico. È presente al 60% nelle neoplasie
pancreatiche.
Antigeni associati a tumori e markers di turn-over cellulare
Sono, in genere, sostanze prodotte da una neoplasia riscontrabili nel siero o in altri
fluidi biologici.
TPA: antigene polipeptidico tissutale. È presente sulle cellue normali di tutti gli
epiteli e sulle cellule neoplastiche dell’epiteli del tratto gastroenterico, genitourinario, della mammella, del polmone e della tiroide.
PAP: Fosfatasi Acida Prostatica; utile come aggiunta all’analisi di PSA, ma non
specifico per identificare ipertrofia o CA. È sintetizzata dalle cellule epiteliali
della prostata e secreta nel liquido seminale. Deve superare i 1,2 U/ml per poter
essere indicativa.
PSA: è una glicoproteina che esfolia dalle cellule neoplastiche e diffonde nel
sangue dove è ricercato con metodiche immunometriche. È anche un importante
marcatore di controllo. Nei soggetti sani si trova a livelli inferiori ai 4 ng/ml. Una
ipertofia benigna può registrare livelli di PSA intorno ai 10 ng/ml. Concentrazioni
superiori a 20 ng/ml devono indurre il medico a svolgere ulteriori esami.
CA 125: è il marker principale per il CA ovario, spt i cistoadenocarcinomi.
L’epitopo è veicolato da una mucina associata all’epitelio celomatico. È
fondamentale come indicatore di avanzamento della malattia in donne trattate. Ha
una emivita di 4-8 gg, ed ha livelli sierici bassi. In casi di endometriosi, ciclo
mestruale e gravidanza può raggiungere anche le 35 U/l, non superando mai, però,
questo valore.
CA 19.9: questo è definito come gastro-intestinal cancer antigen. Livelli di CA
19.9 superiori a 37 U/ml si ritrovano in pazienti con tumori pancreatici, gastrici,
del colon e delle vie biliari.
CA 15.3: è un antigene glicoproteico conosciuto come episialina, presente in
grandi quantità nel CA mammario. Levati livelli di CA 15.3, oltre i 31 U/ml sono
descritti soprattutto in pazienti con CA mammario. L’interessamento linfonodale è
correlato con un aumento della [CA 15.3]. Ha una bassa specificità perché è poco
utile negli stadi precoci della patologia, ma è utile nel monitoraggio del decorso
clinico.
MCA: mucinous-like cancer antigen; è una glicoproteina acidosolubile. Presenta
elevate concentrazioni in pazienti con CA mammario. Il livello soglia è 12 U/ml.
È importante nella stadiazione.
TAG-72: è legato alle metastasi di CA mammario, ma presenta elevata affinità
anche con il CA gastrico. È conosciuto anche come CA 72-4 o GTA
(Glicoproteina Tumore Associata).
CA 50: è una glicoproteina presente in molti gangliosidi della superficie cellulare.
Risulta elevato nei tumori del tratto gastrointestinale; può aumentare in corso di
pancreatiti e colangiti.
Citocheratina 19: è tipica dei CA a cellule squamose, spt nel polmone. Non è,
però, molto specifica.
Mage-1, S-100 e LASA: LASA: Acido Sialico Legato di Lipidi. Sono tipici
marcatori di melanoma.
SSC: squamous cell carcinoma antigen; è una proteina di 500 kDa evidenziata nei
citoplasmi delle cellule dei carcinomi squamo-cellulari. Alti livelli di SSC si
ritrova nei tumori avanzati ed in maniera molto minore in malattie della pelle non
neoplastiche come la psoriasi, il pemfigo e l’eczema.
Ormoni e recettori
La situazione ormonale di un pz con tumori influenza la crescita della neoplasia. Il
caso del CA mammario è tipico, specialmente se si pensa che la terapia può basarsi
sull’uso di estrogeni o anti-estrogeni.
HCG e SP1: marcatori trofoblastici; se presenti sono indice prognostico molto
negativo. Sono espressi dalla mola vescicolare e dal coriocarcinoma e da CA
polmonari. hCG ha un’emivita di 24 ore.
Calcitonina: è tipico del CA midollare tiroideio. Può essere prodotta in maniera
ectopica da diversi tumori quali mammella, bronchi e pancreas, così come
prostata.
ACTH: è tipico dei microcitomi, ma anche degli apudomi e del CA midollare
tiroideo.
Gh: raramente nei CA polmonari e gastrici.
ADH: raramente nel microcitoma e nei CA prostatici ed eofagei.
Gonadotropine: diversi tumori del sistema riproduttivo, così come del colonretto.
Sostanza PTH-simile: è legata all’ipercalcemia non associata a fenomeni di
osteolisi locale. È tipica del mieloma, così come i CA squamocellulari e la
leucemia T.
EPO: tumori renali ed extra-renali.
Tireoglobulina: aumenta considerevolmenrte in caso di CA tiroide.
Proteine
Ferritina: è una proteina di deposito marziale nei tessuti. È presente nell’uomo in
20-200 ng/ml e nella donna in 15-150 ng/dl. Si ritrova aumentata in leucemie e
linfomi di Hodgkin. Aumenta anche in neoplasie del tratto digerente, della
mammella e del testicolo – isoferritine neoplastiche.
Proteine della gravidanza: PAPP-C (Pregnancy Associated Plasma Protein – C);
CA mammella e colon-retto.
Proteine fase acuta: PCR, -1 antitripsina, -glicoproteina e aptoglobina. Sono
indice di metastasi. Vanno associate ad altri markers.
Enzimi
Fosfatasi acide: si intende una popolazione eterogenea di isenzimi con attività
fosfatasica a pH < 7. Sono localizzate in fegato, milza, gr, piastrine, midollo osseo
e prostata, così come nel latte materno.
FA eritrocitaria: è importante nel controllo della glicolisi.
FA lisosomiale: appartiene ad un gruppo di proteine di membrana lisosomiale.
FA osteoclastica: macrofagica; livelli alti di questo enzima sono correlati con
riassorbimento osseo fisiologico o patologico. È importente per la scoperta di
metastasi ossee osteolitiche, come il CA prostatico nell’uomo ed CA
mammario nella donna, così come nella malattia di Paget, nell’osteoporosi e
dell’Iperparatiroidismo. Aumenta nei fumatori.
FA prostatica: Fosfatasi Acida Prostatica; utile come aggiunta all’analisi di
PSA, ma non specifico per identificare ipertrofia o CA. È sintetizzata dalle
cellule epiteliali della prostata e secreta nel liquido seminale. Deve superare i
1,2 U/ml per poter essere indicativa.
NSE: Enolasi Neurormone Specifica, espressa da tutte le neoplasie
neuroendocrine, specialmente gli Apudomi2. I livelli sierici nei soggetti normali
sono in media di 10 ng/ml. È importante come valore diagnostico e prognostico,
soprattutto per la diagnosi differenziale di tumori endocrini e non endocrini. È
indicativo anche del microcitoma polmonare.
ALP: fosfatasi alcalina; Distribuzione: su membrana cellulare per intestino,
placenta, fegato ed osteoclasti. Isoenzimi: ALP-I (intestino); ALP-P (placenta);
ALP-L (fegato), ALP-O (ossea); la forma epatica ed ossea sono presenti
fisiologicamente nel siero; fisiopatologicamente si ritrovano l’ALP intestinale e
placentare. Azione: idrolisi di monoesteri fosforici a pH alcalino. Metodo: idrolisi
di paranitrofelifosfato a paranitrofenolo e decremento A a 404 nm. Valori: 98-279
U/l. Significato: malattie ossee ed epato-biliari. È fisiologica in bambini e
gravidanza. Va associata ad altri markers quali CA125, LDH e NSE.
LDH: linfomi, leucemie e neoplasie encefaliche (nel liquor). L’aumento di LDH è
legato alle condizioni vitali delle cellule neoplastiche, che soffrono di scarsi
approvvigionamenti di O2; si ha, dunque, molta glicolisi anaerobia. Gli
isoenzimi I e II risultano elevati nella maggior parte delle neoplasie, in particolare
nella leucemia linfoblastica acuta, nei linfomi e nel carcinoma del testicolo,
neuroblastomi e sarcomi. Si può ritrovare anche in infarti renali, miocardici ed in
muscolo danneggiato.
CK-BB: creatin-chinasi; è la frazione aspecifica, legata a tumori della mammella,
della prostata e del cervello.
2
Il NSE è spesso espresso in grandi concentrazioni insieme alla cromogranina.
TD: timidina-chinasi; è l’enzima che promuove l’integrazione delle timina nel
DNA, indice dell’attività proliferativa delle cellule. È molto alta la sua
concentrazione in linfomi, leucemie, tumori cerebrali e polmonari.
PHI: fosfoesoso isomerasi; prostata, mammella e fegato con metastasi, tubo
digerente, pancreas e polmoni.
LAP: leucina amino peptidasi; pancreas e fegato e stasi biliare.
MARCATORI IMMUNITARI
CALLa o CD10: Common Acute Lymphoblastic Leucemia Antigen. Permette di
distinguere le cellule della leucemia acuta linfoblastica ALL dai linfociti normali
e da quelli del midollo osseo. È un antigene di differenziazione. Normalmente i
CALLA+ sono presenti solo all’1%.
Pre-T: CD2, CD3, TCR.
Pre-B: CD19, CD20, CD22.
Ig e paraproteine: in corso di neoplasie linfoidi; si ha uno sviluppo monoclonale,
come nel linfoma linfoplasmacitico di Waldernstom (solo IgM), o policlonale,
come nel mieloma multiplo, (tutte tranne le IgM).
Crioglobuline: globuline che precipitano tra 4 e 37°C.
Bence-Jones: spt nei mielomi. Sono frazioni di IgG (60%), IgA (20%) o catene
leggere (20%); costante è la proteinuria di Bence-Jones, generalmente di tipo .
-2-microglobulina: è una catena leggera degli antigeni di istocompatibilità,
presenti sulle superfici delle cellule nucleate. È indice di metastsi del S.N.C.,
perché compare nel liquor prima delle cellule neoplastiche.
Marcatori immunoematologici
La maggior parte dei tumori sperimentali ed umani esprime sulla propria superficie
glicoproteine e glicolipidi anomali, risultanti da alterazione del processo di
glicosilazione dei nuclei proteici e lipidici. Tra questi ricordiamo: glicosidi alterati ed
espressione aumentata di gruppi ematici, come A o Lewis Y – questi possono anche
cambiare.
Acidi nucleici
La valutazione della ploidia e la presenza di alterazioni gentiche precise sono alla
base di nuove metodiche di ricerca: mutazioni ras e Ph’ (traslocazione t(9;22)
(q34;q11). Questa traslocazione interessa un segmento del gene bcr (Breakpoint
Cluster Region; non ancora ben conosciuto), sul cromosoma 9, ed il segmento del
gene abl, sul cromosoma 22. La fusione bcr-abl codifica per la proteina p210 con
altissima attività tirosin-chinasica) e presenza di genoma di virus oncogeni quali
HPV, Hadenovirus, HepaDNAvirus ed Herpesvirus.
Metaboliti urinari
Poliammine: cadaverina, putrescina e spermina; regolano la crescita cellulare e
metabolismo di acidi nucleici.
Idrossiprolina: componente del collageno. Aumenta nei CA mammari e
prostatici.
5 HIAA: acido 5 idrossi-indolacetico; catabolita della serotonina, è tipico degli
apudomi.
VMA e metanefrina: cataboliti di adrenalina e noradrenalina; è tipico del
feocromocitoma.
Altri Markers
Marcatori cinetici:
o KI67: in tutte le fasi del ciclo cellulare tranne che in G0.
o Ciclone: fase G1.
RISPOSTE IMMUNITARIE
Secondo la teoria della sorveglianza immunitaria, le cellule tumorali possono essere
eliminate grazie al riconoscimento dei loro antigeni da parte del sistema immunitario.
La presenza in circolo, o in un tessuto, di cellule tumorali non equivale alla presenza
di un tumore.
Sia la immunità umorale che citotossica sono coinvolte:
Linfociti T: le cellule neoplastiche sono uccise principalmente mediante i CTL
CD8+, riconoscendo peptidi derivati da proteine mutate, o da proteine virali ad
attività oncogena, presentate in associazione con le molecolle MHC classe II. È
possibile isolare dal tumore i TIL (Tumor-Infiltrating Lymphocytes), capaci di
lisare le cellule del tumore dal quale sono state rimosse.
Il ruolo dei T helper CD4+, probabilmente, è quello di secernere citochine quali
TNF e IFN- capaci di potenziare l’espressione delle molecole MHC. Le cellule
APC, infine, sono importanti in questi processi perché inglobano le cellule
tumorali presentando gli antigeni tumorali e i costimolatori necessari per indurre
differenziazione dei CD8+ in CTL specifici per quel tumore.
NK: le cellule NK sono fondamentali per l’eliminazione delle cellule che hanno
una ridotta espressione di antigeni di membrana; il riconoscimento di antigeni,
infatti, determina nella cellula NK un segnale inibitorio. La lisi delle cellule
tumorali può anche essere indotta da Ig che si legano al frammento Fc per le Ig
delle cellule NK: CD16 (Fc RIII). Le cellule NK possono essere attivate anche
dal linfochine quali IL-2 e IL-12: sono dette LAK (cellule NK attivate da
linfochine).
Macrofagi: i macrofagi possono essere attivati mediante specifici antigeni
tumorali o mediante INF- prodotto dai CTL. L’azione si esplica mediante
liberazione d’enzimi lisosomiali, intermedi reattivi dell'ossigeno e dell'ossido. I
macrofagi possono, inoltre, secernere TNF che può avere effetto inibitorio diretto
sulle cellule neoplastiche, o indurre trombosi della vascolatura tumorale.
Anticorpi: possono essere prodotti anticorpi contro il tumore, come succede nel
caso dei linfomi da EBV. Questi possono attivare il complemento o stimolare
l’attività citotossica (NK e Linoficiti).
“ESCAPE”
Lo sviluppo di un tumore si ha quando si verifica il fenome dello escape, cioè quando
le prime cellule neoplastiche riescono a sfuggire alla sorveglianza esercitata dal
sistema immune. Sono svariati meccanismi; analizziamoli uno per volta:
Secrezione di sostanze inibitrici (in tal modo la immunodepressione che si
sviluppa col cancro rappresenterebbe un post-factum):
TGF- .
metaboliti delle vie lipossigenasica e ciclossigenasica, soprattutto leucotrieni
e prostaglandine.
cAMP che, al contrario del cGMP, ha azione inibitoria su Linfociti B e T.
enhancement: le Ig tendono a mascherare gli antigeni delle cellule tumorali,
sottraendoli all’attività immune.
Modulazione antigenica:
Ridotta espressione di molecole MHC-I/II.
Espressione di antigeni non antigenici.
Espressioni di geni verso cui è presente tolleranza antigenica (antigeni
oncofetali).
Espressione di nuovi antigeni: i cloni cellulari risultano essere insensibili alla
loro presenza.
Formazione di un bozzolo di fibrina intorno alle cellule tumorali in circolo.
TERAPIE IMMUNOLOGICHE
Vaccini a DNA con antigeni tumorali condivisi da tumori diversi (MAGE, p53,
Ras);
Potenziamento mediante fonte di costimolazione;
Potenziamento mediante citochine (IL-2), che però induce sintesi e secrezione di
TNF e IL-1 che inducono shock settico;
GM-CSF o IL-11 possono prevenire la leucopenia in caso di radio-chemioterapia;
Inoculo di anticorpi anti-CD3 per attivazione linfociti T;
TERAPIA CELLULARE ADOTTIVA (espansione clonale di CTL specifici e
inoculo);
TERAPIA CON ANTICORPI TUMORE-SPECIFICI (agli anticorpi si possono
legare
agenti tossici per il tumore; questi complessi vengono definit
immunotossine).
Esame emocromocitometrico – cap 12
GR E HB
Eritrociti: 4.500.000 – 5.500.000 /mm3.
Reticolociti: 5-20 ogni 1000 GR; 0,5-2,5% del totale = 25.000 – 100.000 /mm3.
La conta dei GR è effettuata nella camera contaglobuli di Bürker, si effettua il
conteggio con metodo ottico: una cellula fotoelettrica rivela la luce diffratta, rifratta
o dispersa dalle cellule che passano attraverso il sistema ottico; può avvenire per
diffrazione di un raggio di luce non monocromatica o per diffrazione di un raggio
laser.
HBG: emoglobina.
Donna: 12-16 g/dl.
Uomo: 14-17 g/dl.
Il dosaggio è effettuato mediante spettrofotometria. Data la presenza di vari tipi di Hb
(ossiHb, carbossiHb, metaHb), si trasforma tutta l’Hb in cian-meta-Hb, mediante
miscela di ferro-cianuro di potassio e cianuro di sodio; ha un picco di assorbanza a
540 nm.
HCT: ematocrito; volume dei GR in 100 ml di sangue; è il rapporto tra la parte
corpuscolata e la parte liquida.
Donne: 37-48%.
Uomo: 45-52%.
In generale, una sua diminuzione è indice di anemia, mentre un suo aumento è indice
di policitemia (ipereritremia).3
MCV: volume corpuscolare medio; è il rapporto tra Ematocrito ed il numero di
globuli rossi per l in milioni.
MCV = HCT x 10 / GR x l = 85-90
3
.
Per MCV < 85 3
anemia microcitica.
3
anemia macrocitica.
Per MCV > 95-100
MCHC: concentrazione emoglobinica corpuscolae media. È il rapporto tra Hb e
l’Ematocrito; esprime il contenuto medio di Hb in ciascun GR.
MCHC = Hb x 100 / HCT = 30-35 g/dl.
Per MCHC < 30 g/dl
3
anemia ipocromica.
Un aumento di questo valore determina un aumento della viscosità, con rallentamento del flusso capillare e rischio di
trombosi.
Per MCHC > 35 g/dl
anemia ipercromica.
RDW: indice di distribuzione dei volumi eritrocitari; è calcolato come coefficiente di
variazione, espresso in percentuale, del volume dei singoli eritrociti. In pratica è il
rapporto tra deviazione standard della distribuzione del volumi dei GR e MCV.
RDW = SD / MCV = 11,5-14,5%
HDW: indice di distribuzione della concentrazione emoglobinica: 22-32 g/dl.
VG: valore globulare; esprime il contenuto di Hb nei singoli eritrociti. È determinato
mediante il rapporto tra la quantità di Hb espressa in centesimi, ed il doppio delle
prime due cifre del numero dei GR per mm3. Nel soggetto normale, con un valore
del 100% di Hb e con 5.000.000 di GR/mm3, avremo:
VG = 100/2x50 = 1
I valori fisiologici sono compresi tra 0,85 e 1.
Per VG normale
anemia normocromica.
Per VG < 0,85 anemia ipocromica.
Per VG > 0,85 anemia ipercromica.
GLOBULI BIANCHI
GBIA: 4.000 – 7.500 / mm3.
Formula leucocitaria:4
Neutrofili
Eosinofili
Basofili
Linfociti
Monociti
Elementi / l
1.800 – 6.800
0 – 400
0 – 150
1.500 – 3.500
0 - 700
Percentuale
50 – 70%
0 – 7%
< 1%
20 – 40 %
0 – 10%
Diverse patologie sono associate a diminuzione od aumento delle quantità di queste
cellule; elenchiamo qui di seguito alcuni esempi.
Aumento
Neutrofilia: anche il 90%; si riscontra in infezioni da batteri, sepsi, LMC, febbre
reumatica e flogosi croniche, emorragie, crisi emolitiche, infarto del miocardio,
neoplasie del tubo digerente.
4
Sono presenti in casi di leucemie, le LUC (large unstained cells), grandi cellule mononucleate Perossidasi-: 0,2-1%.
Eosinofilia: aumento percentuale; stati allergici, infestazioni intestinali da vermi,
malattie della pelle come la scarlattina, LH e febbre reumatica.
Basofilia: aumento percentuale; patologie allergiche, LMC, altri sindrome
mieloproliferative.
Linfocitosi: aumento percentuale dei linfociti nella formula. Si divide in assoluta
e relativa.
Assoluta: aumenta % nella formula ed il Relativa: aumenta solo %.
numero globale dei linfociti per mm3.
Infanzia;
Ileotifo e paratifo.
TBC cronica;
Brucellosi.
Convalescenza malattie infettive
Vaiolo.
acute;
Malaria.
Patologie linfoproliferative.
Monocitosi: aumento dei monociti; malattie infettive, mononucleosi, malaria e
leishmaniosi viscerale, endocardite e vaiolo.
Diminuzione
Neutropenia: diminuzione %; atrofia mieloide acuta o cronica, shock anafilattico
e condizioni da ipersensibilità da medicamenti.
Eosinopenia: diminuzione %; ileotifo, infarto, Cushing, stess.
Basopenia: diminuzione %; infezioni acute, stress e trattamenti corticosteroidei.
Linfopenia: diminuzione %; LH, AIDS e radio-chemioterapia.
Monicitopenia: diminuzie %; malattie associate a pancitopenie, tricoleucemia,
AIDS, LES ed artrite reumetoide.
PIASTRINE
I valori normali sono 150.000 – 400.000 / mm3.
MPV: volume piastrinico medio. È espresso in femptolitri: 7,2 – 11,1 fl.
PCT: piastrinocrito. È espresso in percentuale: 0,10 – 0,40 %.
PDW: indice statistico di distribuzione dei volumi piastrinici. È espresso in
femptolitri:25-65 fl.
VES
La VES è la velocità di eritrosedimentazione. Il peso specifico dei GR è 1,096 ed è
> di quello di plasma, che è 1,027; essi sedimentano lentamente nel sangue reso
incoagulabile. La velocità con cui questi sedimentano segue la legge di Stokes:
V = 2ac (d1-d2) g / 7,65
dove:
a: diametro.
c: spessore.
d1 e d2: densità della sfera e del fluido in cui è immersa.
: viscosità del fluido.
g: gravità.
La VES dipende, in ultima analisi, dal diametro della sfera. La VES è misurata con il
metodo di Westergreen: si raccolgono da una vena 4 ml di sanue in una siringa
contenente come anticoagulante citrato di sodio al 3,8%; i 5 ml di soluzione sono
versati in un piccolo recipiente dal quale il sangue è aspirato fino al segno 0 di una
pipetta graduata di Westergreenm chiudendo subito dopo l’estremità aperta. La
pipetta è posta, poi, verticalmene, nel tassosedimetro. Dopo un’ora e dopo due ore si
legge il livello raggiunto dai GR, espresso in mm. L’indice di Katz elabora i valori
della VES:
IK = mm dopo 1 ora + (mm dopo 2 ore/2) / 2
In condizioni fisiologiche:
Donna: 2-12 e 4-20 con IK tra 1 e 11.5
Uomo: 1-8 e 2-16 con IK tra 2 e 8.
La sedimentazione dei GR è legata alla formazione dei roleaux, che sono aggregati
piliformi di cellule, la cui resistenza alla corrente è più bassa per la ridotta superficie
per unità di volume. Questo fenomeno di impilamento è maggiore quanto maggiore è
la VES. Un ruolo fondamentale nell’aumento della VES è legato alle
plasmaproteine che, riducendo le cariche elettronegative sulle emazie, ne riducono
la repulsione, favorendone l’adesione e la sedimentazione. Queste sono le proteine
della fase acuta:
Fibrinogeno.
Aptoglobina.
-1-antitripsina.
-1-antichimotripsina.
C3 e C4.
Ceruloplasmina.
PCR.
Orosomucoide.
e - lipoproteine.
Paraproteine (aggregati di Ig).
Un aumento dell’albumina riduce la VES.
5
Nella gravidanza la VES si accresce di molto.
Le condizioni associate ad aumento della VES sono:
Processi infiammatori.
Forme di necrosi tissutale, come infarto miocardio e neoplasie maligne.
Ormoni.
Farmaci.
La VES ha valore indicativo per tutte queste condizioni.
Una riduzione della VES è legata a casi di policitemia e shock anafilattici.
TAS
Il titolo anti-streptolisinico indica la concentrazione sierica delle antistreptolisine
O; non offrono immunità ma sono prognostiche di infezione streptococcica.
Aumenta dopo 1-3 settimane dopo la comparsa di infezione e raggiunge il massimo
in 3-5 settimane, diminuendo entro 6 mesi.
Adulto, 200: infezione pregressa.
Adulto 800-1600: infezione in atto.
Bambino 200: sospetto di infezione, esame da ripetere dopo 10-15 gg.
12.1 Anemie e Sideremia
L’anemia è una riduzione della quantità totale di Hb circolante nel sangue periferico
o nei GR. Si parla di anemia quando i valori di Hb sono inferiori a:
11 g/dl nel bambino o in gravidanza.
12 g/dl nella donna.
13 g/dl nell’uomo.
Grado
Lieve
Medio
Grave
[Hb] in g/dl
> 10
8 - 10
<8
Eritropoiesi:
CFU-GEMM
IL-3
GM-CSF
BFU-E
CFU-E
IL-3
GM-CSF
GM-CSF
EPO
EPO
eritroblasti
reticolociti
EPO
L’eritropoiesi è divisa in efficace (90%) ed inefficace (10%).
GR E HB
G.R.
Eritrociti: 4.500.000 – 5.500.000 /mm3.
Reticolociti: 5-20 ogni 1000 GR; 0,5-2,5% del totale = 25.000 – 100.000 /mm3.
La conta dei GR è effettuata nella camera contaglobuli di Bürker, si effettua il
conteggio con metodo ottico: una cellula fotoelettrica rivela la luce diffratta, rifratta
o dispersa dalle cellule che passano attraverso il sistema ottico; può avvenire per
diffrazione di un raggio di luce non monocromatica o per diffrazione di un raggio
laser.
HBG: emoglobina.
Donna: 12-16 g/dl.
Uomo: 14-17 g/dl.
Il dosaggio è effettuato mediante spettrofotometria. Data la presenza di vari tipi di Hb
(ossiHb, carbossiHb, metaHb), si trasforma tutta l’Hb in cian-meta-Hb, mediante
miscela di ferro-cianuro di potassio e cianuro di sodio; ha un picco di assorbanza a
540 nm.
HCT: ematocrito; volume dei GR in 100 ml di sangue; è il rapporto tra la parte
corpuscolata e la parte liquida.
Donne: 37-48%.
Uomo: 45-52%.
In generale, una sua diminuzione è indice di anemia, mentre un suo aumento è indice
di policitemia (ipereritremia).6
MCV: volume corpuscolare medio; è il rapporto tra Ematocrito ed il numero di
globuli rossi per l in milioni.
MCV = HCT x 10 / GR x l = 85-90
3
.
Per MCV < 85 3
anemia microcitica.
3
anemia macrocitica.
Per MCV > 95-100
MCHC: concentrazione emoglobinica corpuscolae media. È il rapporto tra Hb e
l’Ematocrito; esprime il contenuto medio di Hb in ciascun GR.
MCHC = Hb x 100 / HCT = 30-35 g/dl.
Per MCHC < 30 g/dl
Per MCHC > 35 g/dl
6
anemia ipocromica.
anemia ipercromica.
Un aumento di questo valore determina un aumento della viscosità, con rallentamento del flusso capillare e rischio di
trombosi.
RDW: indice di distribuzione dei volumi eritrocitari; è calcolato come coefficiente di
variazione, espresso in percentuale, del volume dei singoli eritrociti. In pratica è il
rapporto tra deviazione standard della distribuzione del volumi dei GR e MCV.
RDW = SD / MCV = 11,5-14,5%
HDW: indice di distribuzione della concentrazione emoglobinica: 22-32 g/dl.
VG: valore globulare; esprime il contenuto di Hb nei singoli eritrociti. È determinato
mediante il rapporto tra la quantità di Hb espressa in centesimi, ed il doppio delle
prime due cifre del numero dei GR per mm3. Nel soggetto normale, con un valore
del 100% di Hb e con 5.000.000 di GR/mm3, avremo:
VG = 100/2x50 = 1
I valori fisiologici sono compresi tra 0,85 e 1.
Per VG normale
anemia normocromica.
Per VG < 0,85 anemia ipocromica.
Per VG > 0,85 anemia ipercromica.
2.0 I GRUPPO – ANEMIE APLASTICHE
Sono anemie da ridotta eritroblastogenesi, normocromiche e normocitiche (MCV,
MCHC e VG normali).
2.1 Anemie aplastiche costituzionali – primitive
Insufficienza midollare che interessa l’eritrone.
Anemia di J.B.D.: entro 1° anno di vita + alterazioni scheletriche; è ad eziologia
sconosciuta.
Sindrome di Fanconi: entro 1° anno di vita + alterazioni scheletriche. È aut. Rec.;
è accompagnata sa neutropenia e piastrinopenia. È legata a carenza di strutture
riparatrici il DNA.
2.2 Anemie aplastiche acquisite – secondarie
Insufficiente EPO da danno renale (+ frequente).
Distruzione cellule staminali (agenti fisici o chimici).
Malattie autoimmuni.
Trasformazione neoplastiche delle cellule staminali (leucemia).
In questo gruppo i reticolociti sono sempre ridotti. È necessaria la mielobiopsia ed
eventuali trattamenti con EPO.
3.0 II gruppo – anemie megaloblastiche
Sono anemia da ridotta eritrocitogenesi, normocromiche macrocitiche (MCV
aumentato e MCHC e VG normale).
Difetto: eritroblastosi intramidollare inefficiente o aumento dell’ereitropoiesi
inefficace. I reticolociti sono sempre pochi.
Hanno un difetto di sintesi del DNA, quindi si formano eritroblasti giganti, per
aumento di sintesi di Hb senza divisione: megaloblasti (MCV aumentato).
Cause: deficit di B12 e Folati + farmaci.
Vitamina B12: cobalamina; è sintetizzata dai batteri e l’uomo la assume con carne,
pesce, molluschi, latte, latticini e tuorlo d’uovo.
Fabbisogno giornaliero: 2,5 g. Il deficit si instaura < 100 pg.
5’deossiadenosilcobalamina – metilcobalamina
pH acido stomaco
legame a proteina R (saliva e succhi gastrici)
scissione mediata dai succhi pancreatici + legame a fattore intrinseco FI secreto
da cellule parietali gastriche – avviene nella 2° parte del duodeno
assorbimento nell’ileo + distacco da FI
cobalamina legata a transcobalamina II TCII – ha emivita breve
legame a transcobalamina I TCI
Folati: acido pteroilglutaminco in carne, pesce, uova, vegetali e frutta
Fabbisogno: 50-100 g;7 deficit se non assunto per vari mesi.
Poliglutammati assorbiti nel digiuno
formazione di N5-metiltetraidrofolato
distribuzione in vari tessuti
La carenza di B12 e folati provoca difetto di sintesi di DNA.
Interazione tra B12 e folati
Il tetraidrofolato trasporta i gruppi alchilici per la sintesi di purine + metionina +
dTMP (da dUMP). B12 catalizza la conversione di omocisteina metionina.
7
Nelle gestanti ed in allattamento il fabbisogno è circa 300 g/die.
Omocisteina
N5-metiltetraidrofolato
tetraidrofolato
metilcobalamina
Metionina
Se è assente B12 si ha accumulo di N5-metiltetraidrofolato, che esce dai tessuti
carenza di tetraidrofolato intrappolamento dei folati.
problemi
La carenza di B12, inoltre, determina ridotta sintesi di lipidi e fosfolipidi
neurologici per carenza di mielina.
Eziologia:
Deficit d’assorbimento (carenze alimentari).
Alcol (interferisce con i folati).
Deficit di FI (carenza esclusiva di B12).
Farmaci (NO – anestetico – ossida l’atomo di cobalto).
Sono definite anemie pernicioseformi. L’anemia perniciosa è, infatti, un’altra forma
appartenente al II gruppo, legata alla presenza di Ab anti-mucosa gastrica che
determina carenza di FI.
La sindrome tabeforme: è legata ad anemia, patologia gastrica e lesioni
neurologiche, con tipica andatura paretico-spastica + iperriflessia (segno di Babinski
+). Si deve effettuare terapia sostitutiva.
4.0 III gruppo – difettosa sintesi di Hb
Sono anemie ipocromiche (MCHC e VG diminuti) e microcitiche (MCV diminuito).
4.1 Anemia sideropenica – ferropriva
Nell’organismo ci sono 4 g di ferro, di cui 3 g sono in circolo e circa 1 g è nei
depositi.
Donna: 35mg/kg – 200-400 mg nei depositi.8
Uomo: 50mg/kg – 1000 mg nei depositi.
Il 70% è legato all’Hb come ferro ferroso Fe++.
Il 25% è nei depositi sottoforma di complessi alla ferritina ed all’emosiderina.
Ferritina: serve alla mobilizzazione; è ubiquitaria, ma maggiormente
presente nel fegato, milza e midollo. Lega ferro ferrico Fe+++ e lo riduce per
rilasciarlo. È costituita da un guscio proteico detto apoferritina, contenente
idrossido ferrico e fosfato ferrico; ogni nucleo può contenere circa 4.500
atomi di ferro. I valori normali di ferritina sono intorno a 20 g/dl.
8
La donna perde circa 17,5-40 mg Fe ogni mese per le sue cose.
Donna: 230 mg.
Uomo: 700 mg.
Una piccola quota di ferritina si ritrova nel siero come ferritina sierica,
contenente circa 20-200 g Fe+++ /dl.
Emosiderina: sono aggregati di ferritina di varie dimensioni.
Altro 5-10% è legato a citocromi (0,07 g) e mioglobina (0,15 g), catalasi e
perossidasi.
Lo 0,1 %, cioè circa 4 mg, circola nel plasma veicolato da:
Transferrina: è una 1-globulina; ha due siti di legame per il ferro. La sua
concentrazione è circa 2,5 g/dl.
Il fabbisogno giornaliero nell’uomo adulto e nella donna non mestruata è circa 1
g/die. Nella donna mestruata si aggira intorno ai 1,5-2 g/die. Le perdite nell’uomo e
nella donna non mestruata si aggirano intorno ad 1 mg/die. La donna mestruata perde
circa 17-40 mg/die.
Sideremia: quantità di ferro nel sangue; 50-150 g/dl. Questa è in diretto rapporto
con la transferrina, la cui concentrazione è proporzionale alla TIBC (Plasma Total
Iron Binding Capacity); questa misura la quantità di ferro che il plasma è in grado di
legare ed i valori normali sono 200-360 g/dl.
Il rapporto tra Sideremia e TIBC esprime la saturazione transferrinica ST:
Sideremia x 100 / TIBC = ST
La saturazione scende con alti depositi di ferro e viceversa. ST è in media, in un
soggetto sano, al 33%, potendo oscillare, però, tra 21 a 50%.
Analogamente si può valutare la UIBC (Unsatured Iron Binding Capacity), che è il
potenziale di capacità legante non satura. I valori di riferimento sella UIBC sono 150250 g/dl.
Deriva:
TIBC = Sideremia + UIBC
Metabolismo del Fe
L’assorbimento del Fe non emico, dalla digestione peptica, è legato alle proprietà
ioniche. Fe+++ tende a precipitare come idrossido ferrico e non assorbito. Fe++ è
maggiormente solubile e sostanze chelanti come acido citrico, acido ascorbico,
formano complessi e sono assorbiti nel duodeno e nella metà prossimale del
digiuno.
L’assorbimento del ferro emico è legato alla liberazione dei gruppi eme mediante la
digestione. Questi sono ossidati ed assorbiti. Si ha legame, quindi, alla trasnferrina
dopo la liberazione di Fe++ adoperata dall’EME-OSSIGENASI.
In condizioni normali la quantità di ferro trasferita è determinata da specifici
meccansimi. Quando c’è carenza aumenta la quantità trasferita e viceversa.
Sintesi di apoferritina nelle cellule della mucosa digiuno-duodenale, che aumenta
nelle carenze e viceversa.
Variazione del numero dei recettori per la transferrina sulle cellule periferiche
mediante due meccanismi:9
Aumento sintesi del recettore.
Stabilizzazione di m-RNA specifico.
I meccanismi di riduzione del ferro sono regolati da enzimi del siero chiamati
FERROSSIDASI:
Fe++ + ferrossidasi
Fe+++ + ferrossidasi ridotta
La ferrossidasi I è anche conosciuta come CERULOPLASMINA.
Si ha anemia sideropenica in tutte le condizioni di diminuzione delle riserve.
L’eziologia nel maschio è da ricondurre, nella maggior parte delle volte, a patologie
intestinali per ridotto assorbimento; va ricercato il sangue occulto nelle feci ed il
controllo della sideremia. Nella donna è più frequente per ridotto apporto per
l’alterazione dell’equilibrio legato al ciclo mestruale.
Esistono 3 fasi principali:
1: deficit prelatente; depositi impoveriti e ferritina < 20 g/ml. TIBC 360
g/dl.
2: deficit latente; anemia ancora non manifesta. I depositi sono quasi
esauriti. Ferritina è molto bassa, circa 3 g/ml. TIBC e sideremia diminuita.
3: deficit completo; depositi esauriti. L’anemia è evidente.
I sintomi principali sono:
Astenia.
Sindrome di Plummer-Winson: stomatite angolare, disfagia, anormalità della
lingua e coilonichia.
I reticolociti sono pochi.
Hb
GRADI DI ANEMIA
Normale
15 g
MCV
MCHC
Deposito di Fe
Fe sierico
Ferro-enzimi
TIBC
9
Ok
Ok
Si
100/300
Ok
33%
Lieve
13 g
Moderata
10 g
Grave
9g
Diminuito
Ok
No
75/300
Ok
27%
Diminuito
Diminuito
No
50/450
Ok
18%
Diminuito +
Diminuito +
No
25/60
Diminuiti
< 10%
È da tener presente che esiste una distribuzione asimmetrica dei recettori per il Fe.
4.2 Talassemie
Patologie geniche legate ad alterazioni quantitative/qualitative dell’Hb
anemia,
eritropoiesi inefficace, eritroblasto/eritrocito-lisi. La produzione di Hb varia durante
la vita:
Embrione:
2 2: Hb Gower 1.
2 2: Hb Portland.
2 2: Hb Gower 2.
Feto:
2 2: HbF; la sintesi di HbF diventa sempre più dominante. La sua caratteristica
principale è quella di avere una affinità per O2 maggiore dell’Hb materna. In
questo stadio le catene sono prodotte poco.
Adulto:
2 2: HbA 2 – neonatale; prodotta per 1-2 mesi.
2 2: HbA – adulta.
A seconda delle catene colpite dal difetto, si possono avere , , , talassemie. I
geni per le caterne sono sul cromosoma 16 e quelli per le catene su 11.
-talassemie
4.2.1 Talassemia Major – M. di Cooley - -talassemia omozigote
Eziologia: mutazioni puntiformi e non delezioni geniche. È aut. rec.
È una condizione grave, molto severa assenza o ridotta [ catene ].
precipitazione catene
eritrolisi.
aumento produzione HbF (per aumento compensatorio dell’attività dell’eritrone).
Quadro clinico:
Anemia grave.
Ittero.
Epatosplenomegalia.
Facies orientaloide (enorme sviluppo del tessuto eritropoietico).
Emocromo:
Eritrociti a bersaglio.
Leptocitosi.
Schistocitosi.
elettroforesi
picco di
Si pone il problema di DD con anemia sideropenica
HbF.
La terapia si basa su un regime supertrasfusionale e uso di chelanti di ferro
(desferrioxamina B) ogni 12 ore + trapianto allogenico.
4.2.2 Talassemia Minor - -talassemia eterozigote
Eziologia: mutazioni puntiformi e non delezione genica, ma per un solo allele; ha
trasmissione aut. rec.
Si ha produzione appena sufficiente di HbA. Si ha una anemia lieve e Hb mai < 8
g/dl. In alcuni soggetti è presente subittero, splenomegalia e facile stancabilità. Può
esservi un aumento di HbF.
La terapia si basa sulla somministrazione periodica di B12 e folati.
4.2.3 Talassemia intermedia
Doppia eterozigosi per e talassemia. Il midollo produce poche e poche . Si ha
ittero e subittero con una anemia < 10 g/dl. Si fanno emotrasfusioni occasionali.
4.2.4 -talassemie
La sintesi delle catene
è controllata da due loci sul cromosoma 16
4 loci.
L’eziologia delle -talassemie prevede solo delezioni. Hanno trasmissione aut. rec.
Omozigote (- - / - -) – è la forma + grave.
-talassemia 1
Eterozigote (
/ - -)
Omozigote ( - /
-)
-talassemia 2
Eterozigote (
/
-)
4.2.5 -talassemia 1 omozigote
L’organismo non produce catene
incompatibile con la vita.
Si ha la formazione di Hb Bart ( 4); questa ha una affinità per O2 > 10 volte
non
cede O2 ai tessuti. Si instaura il quadro di idrope-ascite fetale con morte del feto
dopo poche ore dalla nascita.
4.2.6 -talassemia 1 eterozigote
Ha un quadro clinico simile alla -talassemia minor con Hb < 10 g/dl. Anche qui è
presente Hb Bart, ma molto meno.
4.2.7 -talassemia 2 omo-eterozigote
È presente lieve anemia. Spesso l’eterozigosi non ha nessun segno clinico. È assente
Hb Bart.
4.2.8 Doppia eterozigosi talassemia 1 e 2
Il locus 1 ha eterozigosi per talassemia 1
(--/
Il locus 2 ha eterozigosi per
talassemia 2
-)
Il paziente possiede solo 1 gene
appena sufficiente. Si forma un tetramero
patologico 4: HbH. È un tetramero molto instabile e detemina lisi eritrocitaria. HbH
può precipitare, formando i cosiddetti corpi di Heintz. Si può limitare il danno con la
splenectomia.
4.2.9 Hb Lepore
Hb anormale con composizione 2 ( )2.
L’eziologia è un crossing over ineguale sul cromosoma 11 ed i geni e risultano
adiacenti gene di fusione .
Omozigosi: no catene e , solo Hb Lepore e HbF.
Eterozigosi: metà Hb Lepore e metà HbA
condizione di talassemia minor.
5.0 IV GRUPPO – RIDOTTA EMIVITA DI GR
Sono anemie normocromiche e normocitiche.10 Il GR sano ha emivita di 120 giorni. a
questo gruppo appartengono le anemie da ridotta emivita. Anemia emolitica.
I segni di emolisi sono:
Ittero.
Splenomegalia.
Aumento bilinogeno fecale e urobilinuria.
Aumento bilirubinemia non coniugata.
Aumento reticolociti.
Iperplasie eritroblastica.
5.1 Sferocitosi ereditaria
È una patologia al 75 % aut dom ed al 25% aut rec con penetranza variabile.
Eziopatogenesi: difetto di membrana con alterazione del trasporto cationico
aumento fragilità.
Cellula normale
Na+K+ATPasi
Na+ esce
K+ entra
Cellula sferocitica
Na+K+ATPasi
No
Na+ entra
K+ esce
Aumento permeabilità passiva a K+ che esce.
Aumento attività Na+K+ATPasi con conseguente ridotta [K+] nei GR.
Tutto ciò determina un rigonfiamento cellulare
anemia emolitica variabile, con
Hb da 4 a 10 g/dl. Si ha un aumento dei reticolociti.
Risulta obbligatoria la splenectomia e la somministrazione di B12 e folati.
5.2 Deficit di PK
10
Raramente si hanno anemie macrocitiche.
Il deficit di PIRUVATO-KINASI è a trasmissione aut rec. Questa carenza determina
diminuzione di ATP, con una glicolisi anaerobia insufficiente. Si ha anemia
emolitica lieve e moderata, associata a subittero, astinenza, feci ed urine ipercromiche
e coleltiasi. È obbligatoria la splenectomia.
5.3 Deficit di G6P-DH
Il deficit di GLU-6P-DEDROGENASI ha trasmissione x-linked rec.
Azione: trasferimento di H da G6P a NADP per formazione di 6-fosfoglucolattone e
NADPH; è importante per il ciclo dei pentosi, spt nei GR.
Metodo: spettrofotometria ed aumento di A a 340 nm (per formazione di NADPH).
Valori: 120-140 mU/109 GR.
Significato: manifestazioni emolitiche; protezione per la malaria.
In caso di deficit si ha riduzione di NADPH e diminuzione della riduzione del
glutatione instabilità Hb formazione dei corpi di Heintz. emolisi.
Favismo: emolisi dopo ingestione di fave, legato, presumibilmente, alle alte [LDOPA]. Nell’arco di 6-24 ore si svluppauna crisi emoltica massiva con
anemizzazione, febbre, nausea, diarrea, vomito ed exitus.
Farmaco: gli stessi effetti si possono avere con farmcaci come aspirina e
primachina (anti-malarico).
5.4 EPN
L’emoglobinuria parossistica notturna è una patologia legata ad emolisi cronica e
crisi notturne. I sintomi ed i segni sono quelli classici per anemie emolitiche. Questa
è legata ad un aumento di instabilità del C’; si ha, infatti, carenza di DAF (Decay
dissociazione di C3b, che si lega agli eritrociti; è tipica la
Accelerating Factor)
crisi notturna per rallentamento del flusso ematico.
5.5 Anemia Falciforme
È una patologia emolitica con quadro clinico sovrapponibile totalmente alla talassemia minor. È caratteristica la presenza di eritrociti a falce per la sostituzione,
in posizione 6 sulla catena , di acido glutammico con valina.
5.6 altre patologie
Sono anemie emolitiche legate a fenomeni autoimmunitari, per cross-reattività. La
patologia tipica è l’eritroblastosi fetale, con madre Rh- e padre Rh+. Il figlio è Rh+ e
stimola il sistema immunitario della madre a produrre anticorpi anti-Rh. Durante il
parto, una commistione di sangue madre-figlio può determinare una massiccia crisi
emolitica.
VARIAZIONI
DELLA SIDEREMIA E DELLA
TIBC
IN PARTICOLARI QUADRI
PATOLOGICI
Anemia sideropenica
Anemia emolitica
Anemia perniciosa
Epatite
Ittero ostruttivo
Nefrosi
Anemia da neoplasie
Flogosi acute
Sideremia %
+
TIBC
o OK
++
OK
o OK
OK
Variabile
o OK
OK
Emostasi ed emocoagulazione – cap 13
L’emostasi è un insieme di meccanismi fisiologici che l’organismo mette in atto per
riparare una lesione di continuo di un vaso. È un processo finemente regolato,
localizzato e finito nel tempo.
SISTEMA DELLA COAGULAZIONE
Il sistema della coagulazione consta di due vie convergenti intimamente connesse
fra loro, che culminano con l’attivazione della trombina (dalla protrombina) con
conseguente formazione di fibrina (dal fibrinogeno).11
All’emostasi prendono parte cinque sistemi:
Sistema vasale sottoendoteliale.
Piastrine.
Cascata emocoagulativa.
Sistema della fibrinolisi.
Sistema degli anticoagulanti naturali.
In presenza di una lesione, si ha una vasocostrizione del lume, determinata dalla
uno stimolo simpatico riflesso e dalla liberazione di mediatori d’origine dal
sottoendotelio e dalle piastrine, come serotonina, trombossano A2 e catecolamine
(si ha contrazione solo per una lesione del vaso di natura trasversale), in modo da
arrestare per un breve periodo l’emorragia (1).
Si ha la formazione di un primo tappo emostatico, legato all’adesione delle
piastrine al sottoendotelio – fase parietale (2); in un primo momento le piastrine
si legano alle fibre collagene del connettivo sottoendoteliale esposte a causa della
lesione, formando una fitta rete. Questa blocca anche il passaggio di eritrociti,
leucociti, proteine ecc., che concorrono alla formazione del tappo emostatico
temporaneo.
A questo segue la formazione del tappo emostatico temporaneo, legata
all’aggregazione delle piastrine; si forma il cosidetto tappo bianco; basta un
aumento del flusso perché questo sia eliminato – fase piastrinica (3).
Questo, poi, mediante vari meccanismi, sarà trasformato in tappo rosso, grazie
all’attivazione del sistema della coagulazione, essenzialmente grazie
all’esposizione del sangue alle fibre collagene ed al TPL, con il consolidamento
del tappo con fibrina e l’intrappolamento delle emazie – fase plasmatica (4).
Infine c’è la fibrinolisi locale con ripristino del circolo (5).
Il sistema intrinseco, che parte dal contatto del sangue con le fibre collagene,
determina l’attivazione del fattore XII, in XIIa, mediante chininogeno HMW e
callicreina. Il fattore XIIa attiva XI in XIa. Il fattore XIa attiva il fattore IX in fattore
IXa, il quale forma un complesso con VIII, trasformato in VIIIa, in presenza di Ca2+
e PL. Così si attiva il fattore X in Xa, che forma un complesso con V, trasformato in
Va, in presenza di PL e Ca2+, che attiva il fattore II o Protrombina, in Trombina.
11
Il coagulo, lasciato a se, dopo qualche ora si coarta ed al di sopra di esso si esprime il siero, che è il plasma deprivato
di fibrina, protrombina e fattori V e VIII. La retrazione del coagulo dipende da un protide plasmatico: trombostenina o
retractozima piastrinico.
Quest’ultima attiva il Fibrinogeno in Fibrina. Questa reazione è catalizzata dal
fattore XIIIa, in presenza di Ca2+.
Il sistema estrinseco, invece, parte con la sola presenza di TPL tessutale 12. Il TPL,
attiva il fattore VII in VIIa il quale, a sua volta, attiva, in presenza di PL, TPL e Ca2+,
la reazione del sistema intrinseco attivando il fattore IX in IXa.
Si evince, dunque, che l’attivazione di IXa rappresenta il punto d’incontro dei due
sistemi. Il momento fondamentale, però, resta l’attivazione di X, in quanto, senza di
esso non vi è attivazione della Trombina, tappa fondamentale per l’attivazione di
Fibrinogeno in Fibrina.
Due fattori specifici ci permettono di collegare la coagulazione con l’infiammazione:
Trombina: la trombina, fattore IIa, taglia il fibrinogeno (I) in fibrina (Ia). Durante questa
conversione si formano dei fibrinopeptidi, che inducono l’aumento della permeabilità
vascolare ed hanno attività chemiotattica.
Fattore Xa: questo è il punto di convergenza tra la via estrinseca e la via intrinseca ed
aumenta la permeabilità e l’essudazione leucocitaria.
I fattori della coagulazione
I.
II.
III.
12
Fibrinogeno.
Protrombina.
Tromboplastina tissutale o trombochinasi.
TPL: tromboplastina, fattore tissutale, TF, tissue factor.
Ioni Ca2+.
Proaccelerina o fattore labile.
Corrisponde al fattore V attivato.
Provonvertina o fattore stabile.
Fattore antiemofiliaco A; il deficit congenito di questo fattore determina
l’emofilia A, malattia X-linked recessiva.
IX. Fattore di Christmas: il deficit congenito di questo fattore determina l’emofilia
B, malattia X-linked recessiva; è meno grave della forma A, perché è
conservata l’attivazione del sistema estrinseco.
X.
Fattore di Stuart-Prower.
XI. Antecedente tromboplastinico plasmatico.
XII. Fattore di Hageman.
XIII. Fattore di Laki Lorand.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
Analisi dei componenti
Sistema endoteliale
Rappresentando un vero e proprio organo, è definito anche bilancia emostatica.
Nelle cellule endoteliali predominano le proprietà di controllo dei meccanismi della
coagulazione e della risposta piastrinica – attività antitrombotica.
Nei miociti e nei fibroblasti, ed anche nel collageno, eparina ed altre citoadesine 13,
prevalgono gli stimoli alla attivazione del sistema emostatico – proprietà
tromobofiliche.
Fattori antitrombotici dell’endotelio
La regolazione antitrombotica avviene a due livelli:
Regolazione del flusso.
Proprietà anti-piastriniche delle cellule endoteliali:
Regolazione del flusso: NO e prostaciclina hanno azione vasodilatatrice e
endotelina e DAG hanno azione vasocostrittrice.
Proprietà anti-piastriniche: prostaciclina attiva cAMP e NO attiva cGMP.
Altri fattori: ADPasi (inibizione dell’aggregazione piastrinica), prodotti della
lipossigenasi (inibitori di adesione ed aggregazione).
Altre proprietà: produzione di trombomodulina e TPA.
Fattori trombogenici del sottoendotelio
Si tratta di glicoproteine, recettori piastrinici e mucopolisaccaridi della membrana
basale, dei fibroblasti e dei miociti della tunica media, che, quando l’endotelio è
scoperto da una lesione, si trovano liberi di interagire con le piastrine.
Fattore di Von Willebrand: è presente maggiormente nell’endotelio, ma anche
nelle piastrine come granuli di Weibel-Palade ed anche nel plasma. È liberato
13
Citoadesine: collagene, elastina, eparina, trombospondina.
dai granuli per mediare l’interazione tra collageno tissutale ed i recettori piastrinici
GPIa e GPIb; fa da ponte.
Il vWF plasmatico è presente come multimero (500 – 10.000 kDa), ed è normalmente non attivo; è attivato in
seguito ad interazione con la matrice extracellulare. vWF plasmatico è fondamentale nel legame di fattore VIII
(fattore antiemofiliaco A), suo partner naturale; se così non fosse, FVIII sarebbe sempre riconosciuto dalla
Proteina C, importante componente del sistema fibrinolitico.
Il deficit di vWF è la più diffusa causa di alterazione di aggregazione piastrinica,
determinando una condizione di emostasi inefficace. Se ne conoscono tre tipi:
Tipo I: 70%; aut. dom. - vWF e VIII.
Tipo II: 25 %: aut. rec. – alterazioni qualitative di vWF.
Tipo III: aut. rec. – è rara, legata all’assenza completa di vWF.
PAF: fattore di aggregazione piastrinica.
ATP: aggregazione piastrinica
Renina, angiotensina convertasi: induttori di aggregazione piastrinica.
Piastrine – trombociti
Le piastrine o trombociti sono fammenti di citoplasma dei
megacariociti. Le piastrine hanno forma discoidale; non hanno
nucleo con una emivita di 5-6 giorni. contengono diversi tipi di
granuli.
Elettrondensi - : ATP, ADP, fosfato inorganico, calcio, serotonina.
Non elettrondensi - : fibrinogeno, PDGF, -tromboglobulina, PF4 ed albumina.
Mitocondri.
Lisosomi: fosfatasi acide e proteasi – catepsine A e D.
Siderosomi: ricchi in ferritina.
L’adesione all’endotelio provoca l’esposizione del flusso ematico al sottoendotelio; le
piastrine subiscono lo spreading, o metamorfosi viscosa, per cui dalla forma
discoidale passano alla forma bizzarra ricca di estroflessioni, facilitando
l’aggregazione delle altre piastrine. Le fasi sono:
Adesione: il complesso vWF-VIII si lega ad un recettore piastrinico GPIb ed a
uno del sottoendotelio, come GPIa presente sul collageno.
Attivazione: emissione di pseudopodi ed assunzione di forma sferica.
Aggregazione: si ha il rovesciamento della membrana piastrinica, con esposizione
dei recettori per il collageno, fibronectina, laminina, trombospondina, fibrinogeno,
vWF. Con il release dei fattori dei granuli termina l’emostasi primaria e si ha,
quindi, l’aggregazione irreversibile.
Aggregazione secondaria: è la fase in cui si forma il trombo rosso, che avviene
dopo la degranulazione piastrinica. Si ha produzione di serotonina, con attivazione
della cascata coagulatoria ed intrappolamento delle emazie.
SISTEMA FIBRINOLITICO
Esistono vari meccanismi, nel corpo umano, detti fattori limitanti che agiscono
come freno all’attività coagulante. Se non vi fossero, una lesione causerebbe
coagulazione dell’intero torrente sanguigno.
Anticoagulanti naturali
I meccanismi che limitano e localizzano il processo di coagulazione hanno una
importanza preventiva contro un’eccessiva produzione di trombina e deposizione di
fibrina. I deficit congeniti e acquisiti di tali meccanismi portano ad uno stato di
trombofilia con aumentato rischio trombotico. Sono:
Inibitore
Antitrombina III
Sistema della proteina C
Cofattore eparinico II
Inibitore del tissue factor TPL
Annexina V
-1-antitripsina
-2-macroglobulina
Inibitore di C1 esterasi
Nexine
Fattore inibito
XIIa, Xia, Xa, Ixa, IIa, callicreina
VIII, V
Iia
VIIa, Xa
III (PL).
XI, Iia, callicreina
IIa, callicreina
XIIa, Xia, callicreina
Proteasi
Antitrombina III – ATIII
Appartenente alla famiglia delle serpine (inibitori delle Serin-Proteasi). Sintetizzata
nel fegato e nell’endotelio.
Inibisce:
Trombina e Xa.
IXa, Xia, XIIa.
L’eparina aumenta di circa 200 volte la velocità d’interazione ATIII-trombina.
Deficit:
Deficit congeniti aut. dom.
Ridotta sintesi per epatopatie.
Aumentato catabolismo come CID e ustioni.
Perdite renali come sindrome nefrosica.
Farmaci come estrogeni.
I metodi di studio per l’ATIII sono immunochimici. Il più usato è la cromatografia
per affinità: indaga l’affinità di ATIII per eparina. Ad una diluizione di plasma in
tampone eparinato, è aggiunta per un tempo fisso un eccesso di trombina. La quantità
di trombina residua, misurata con un substrato cromogenico, è inversamente
proporzionale dell’attività di ATIII.
Sistema della proteina C
Si parla di sistema, poiché sono necessari più componenti:
trombina, trombomodulina, proteina C e proteina S.
Trombomodulina – TM
È una glicoproteina localizzata a livello capillare. TM si lega alla trombina, ne
cambia la conformazione e ne aumenta l’affinità per la proteina C (PC). Il legame
PC-TM-Trombina è Ca2+ (FIV) dipendente. Si studia con ELISA e RIA.
Proteina C – PC
È una glicoproteina vit-K dipendente, prodotta dal fegato.
Inibisce:
Va: determina perdita dei siti di legame per la protrombina e per Xa.
VIIIa.
Necessita, per il suo funzionamento, degli ioni calcio (FIV) e PL (FIII). Ha un
importante sito di legame con FVIII; questo si stacca da vWF quando è attiva la
cascata coagulativa, bloccando l’azione fibrinolitica.
Deficit:
Deficit congenito aut. dom.; tipo I: riduzione dei livelli antigenici e funzionali;
tipo II: riduzione dei livelli funzionali con normali livelli antigenici.
Ridotta sintesi: cirrosi epatica.
Aumentata escrezione: sindrome nefrosica.
Aumentato consumo: CID.
Farmacit: anticoagulanti orali.
Lo studio è effettuato mediante isolamento dal plasma con immunoadsorbimento ed attivazione
mediante trombina e trombomodulina. Si misura, così, l’attività enzimatica contro substrati
specifici.
Proteina S
È anch’essa una glicoproteina vit.K-dipendente. È il cofattore di PC, favorendone
l’interazione con PL (FIII). La carenza congenita di PS è trasmessa con carattere
autosomico dominante. Si studia mediante immunoelettroforesi, IRMA ed ELISA.
Cofattore eparinico II – HCII
La sua azione inibitoria è apparentemente rivolta solo contro la
trombina ed è potenziata da eparina ed, a differenza dell’ATIII,
anche dal dermatan-solfato. È prodotto nel fegato e si studia con la
determinazione dell’attività enzimatica, mediante la misura della
trombina residua nel plasma con dermatan-solfato.
Inibitore del fattore tissutale – TFI
Complessa X, sottraendo Xa dal circolo. Il complesso Xa/TFI inattiva, inoltre, anche il fattore VII,
fattore iniziale del sistema estrinseco.
Ab anti-PL
Gli Ab anti-PL sono IgM e IgG diretti contro i fosfolipidi a carica
totale negativa. Questi provocano una sindrome caratterizzata da
trombosi venose, aborti ripetuti e trombocitopenia.
Ab anti-cardiolipina
Necessitano del cofattore -2-glicoproteina-1, cui è legato il loro effetto inibitorio.
Sono diagnosticati mediante ELISA. Valori: < 7 U/ml IgG, < 4 U/ml IgM.
Ab di tipo Lupus
È essenzialmente descritto in pz con LES. Necessita del cofattore protrombina.
Questi Ab impediscono la formazione del complesso Xa-Va per la formazione di
protrombina in trombina.
Eventi in dettaglio
Il primo è l’antitrombina III, inibitore di proteasi circolante nel torrente sanguigno:
si lega alle proteasi seriniche del sistema emocoagulativo e ne blocca l’azione.
Inibisce i fattori IX, X, XI e XII.
L’altro intervento è dovuto alla Plasmina, forma attiva del Plasminogeno, che lisa i
coaguli di Fibrina.
L’intervento della Plasmina è dovuto alla presenza di una molecola nel circolo
sanguigno, la Trombomodulina; quest’ultima si lega alla Trombina. Il complesso
trombomodulina-trombina, attiva la proteina C, sbloccando il FVIII (fattore
antiemofiliaco A, partner naturale di vWF, che vi si lega, bloccando la cascata
coagulatoria), in Proteina C attivata (ACP).
Quest’ultima, blocca un inibitore dell’attivatore della plasminogeno tessutale (tPA). Il plasminogeno è attivato in plasmina e avviene la lisi di fibrina (i residui di
fibrina inibiscono anche Trombina libera).
La Plasmina è formata da:
Attivatore del plasminogeno tessutale (t-PA).
Attivatore del plasminogeno di tipo urochinasico (u-PA).
La plasmina ha un triplice ruolo nei processi d’infiammazione:
Scindendo la fibrina, determina formazione dei fibrinopeptidi, che inducono aumento della
permeabilità e aumentano la chemiotassi del leucociti.
Attiva il callicreinogeno plasmatico in callicreina plasmatica, scindendo il chiningeno
HMW in bradichinina.
Attiva il sistema del complemento attivando C1 in C1a e scindendo C3, determinando aumento di
C3a e C5a, importanti fattori permeabilizzanti (C5a è anche importante fattore chemiotattico).
Altri enzimi fibrinolitici
Endogeni: urochinasi (serin-proteasi), serve per tenere pervi i lumi dei piccoli vai,
è presente, infatti, anche nelle prime vie urinarie; tripsina, che è aspecifico;
Esogeni: streptochinasi e stafilochinasi.
Le alterazioni della fibrinolisi determinano malattie trombotiche. In caso di
iperfibrinolisi si hanno malattie emorragiche.
ESAMI DI LABORATORIO NELLO STUDIO DELL’EMOSTASI
Il prelievo di sangue è effettuato mediante puntura venosa diretta, con siringa di
plastica e ago di medie dimensioni. Il sangue prelevato va messo in provette conteneti
anticoagulante, solitamente citrato di sodio in rapporto sangue – anticoagulante
9:1.14
Motivi frequenti di richiesta d’esami emocoagulativi
Screening pre-operatorio.
Valutazione epatica.
Controllo terapie antitrombotiche.
Sospetto di malattia emorragica.
Sospetto di malattia trombotica.
Emergenza emorragica.
Ruolo dell’anamnesi
Storia familiare: frequentemente positiva.
Sede d’emorragia in atto.
Emorragie cutanee.
Emorragie mucose e parenchimali.
Sede di trombosi.
Trattamento effettuato.
Indagini per le patologie dell’emostasi legate ai vasi
Test alla vasopressina: stimola direttamente le cellule endoteliali a produrre vWF.
Agisce simulando l’attivazione delle piastrine. Può essere usato nella malattia di vW
ti tipo I.
Test alla ristocetina: è un antibiotico che permette a vWF di legarsi alle piastrine ed
agglutinarle. Serve, dunque, per la dimostrazione della presenza e della funzionalità
di vWF e del suo recettore.
14
Per la conta piastrinica si usa, come nell’esame emocromo, l’EDTA.
Prove di valutazione della fase vascolare
Prova del laccio: si pone lo sfigmomanometro tra 70 e 90 mmHg per 5 minuti ad un
arto e si valuta il numero delle petecchie che si formano. Normali sono i valori tra 1 e
10.
Prova del martello: si esegue percuotendo una zona circoscritta sovrastante la
clavicola con un martelletto da riflessi. La prova è positiva con la comparsa di
petecchie ed ecchimosi. Il risultato della prova è espressa empiricamente con valori
da 1 a 4.
Prova del pizzicotto: si dà un pizzicotto nella zona interessata. In uno stato di
fragilità vasale compare rapidamente un’ecchimosi o un ematoma nella zona
traumatizzata.
Screening per le diatesi emorragiche di I livello
Conta piastrinica: il metodo più affidabile prevede una diluizione 1:100 del
campione di sangue, raccolto in EDTA, in una soluzione di ossalato d’ammonio
all’1%. Si ha, così, lisi degli eritrociti con una conta più facile delle piastrine. Si
esegue, poi, la semina in camera di BURKER. Le piastrine vanno da 150.000 a
350.000.
Tempo di emorragia: o tempo di stillicidio o tempo di sanguinamento; valuta la
funzione vaso-piastrinica, indipendentemente dal numero di piastrine. Il sistema più
usato è quello di Duke: consiste nel praticare una piccola incisione nel lobo
auricolare del pz, asciugando periodicamente il sangue e registrando il tempo
dall’incisione fino all’arresto totale del sanguinamento; nel pz normale è < 3 minuti.
Il metodo più affidabile è, per, il test di Ivy: si posizione uno sfigmomanometro a 40
mmHg all’arto superiore del pz e si fa una piccola incisione sulla superficie volare
dell’avambraccio, evitando di ledere vene superficiali; nel pz normale è < 7 minuti.
Questi valori risultano elevati nelle trombocitopenie gravi acquisite o congenite, in
carenza di fattori della coagulazione e nei pz che assumono antiaggreganti.
Tempo di protrombina – PT / tempo di Quick: valuta entrambe le vie. È la misura
del tempo impiegato dal plasma, povero di piastrine, a formare fibrina, dopo
l’aggiunta di TPL (FIII) e Ca2+ (FIV). Le fonti di TPL sono varie e si può estrarre da
PL da cervello, placenta e polmoni umani.
Come si effettua?
Si incubano 100 l di sangue per una o due ore a 37°C. Si aggiungono 200 l di TPL e Ca2+ e si
avvia il contasecondi fino alla formazione dei primi filamenti di fibrina.
Misurazione
È il rapporto ratio tra tempo di coagulazione del plasma del pz ed il tempo di coagulazione
normale.
Ratio = PTpaziente / PTnormale
È > 1 in deficit di coagulazione del plasma. Data l’esistenza di diversi kit preparati,
ad ognuno è affidato un indice di sensibilità. La misura corretta del PT si chiama
INR: International Normalized Ratio.
INR = Ratio indice di sensibilità
Indicazioni
Valutazione delle carenza della via intrinseca.
Controllo della terapia eparinica.
In combinazione con il aPPT, valutazione della funzionalità emostatica
plasmatica globale ad eccezione di FXIII.
Significato diagnostico:
Risulta prolungato nei deficit dei fattori VII, X, V, II e fibrinogeno.
Tempo di Tromboplastina - PTT: tempo di tromboplastina parziale attivata – aPTT;
indaga entrambe le vie della coagulazione.
È la misura del tempo impiegato dal plasma povero di piastrine a formare i primi
filamenti di fibrina per azione di un attivatore della fase di contatto ed in presenza di
PL (FIII) che simulano quelli piastinici.
Valori: 90-120 sec.
Come si effettua?
Incubare 100 l di reagente nella cuvetta per 5 minuti.
Aggiungere 100 l di plasma ed incubare per 3-10 minuti.
Aggiungere 100 l di starter CaCl2 0,02 M preincubato a 37°C.
Registrare il tempo.
Indicazioni
Valutazione delle carenza della via intrinseca.
Controllo della terapia eparinica.
In combinazione con il PT, valutazione della funzionalità emostatica
plasmatica globale ad eccezione di FXIII.
Significato diagnostico:
Se aPTT aumenta e PT è normale, c’è carenza congenita di un fattore della via
intrinseca o c’è la presenza di un inibitore.
PTT è prolungato in tutte le carenze dei fattori della coagulazione, ad esclusione
di VII e XIII.
Tempo di coagulazione del sangue intero TC
Fibrinogeno: prove biologiche (quantità della proteina funzionante), gravimetriche e
immunologiche misurano la concentrazione di fibrinogeno. Si calcola dopo
coagulazione del plasma, successiva separazione del coagulo fibrinico e
quantificazione del coagulo attraverso la determinazione in azoto.
Valori: 160-240 mg/dl.
Significato diagnostico:
Afibrinogenemia ed ipofibrinogenemia.
Malattie infiammatorie ed autoimmuni (il fibrinogeno è una proteina della fase
acuta).
Monitoraggio della terapia fibrinolitica.
SCREENING DI LABORATORIO PER LE DIATESI EMORRAGICHE DI II LIVELLO
Tempo di Trombina – TT: misura il tempo di coagulazione del plasma in presenza
d trombina. Si mettono 0,2 ml di plasma citratao a bagnomaria e si aggiungono 0,2
ml di trombina diluita.
Valori: 18-20 secondi.
Significato diagnostico:
Basse [fibrinogeno]: < 100 mg/ml.
Difetto qualitativo del fibrinogeno.
Presenza di eparina.
Presenza di inibitori della polimerizzazione dei monomeri di fibrina.
Tempo di reptilasi e trombin-coagulasi: misurano il tempo del plasma citratato a
coagulare in presenza di reptilasi o di altri enzimi simili. Hanno lo stesso significato
del TT, ma non risentono del trattamento eparinico.
Indagini per la valutazione della fase piastrinica
Aggregometria: nell’aggregometro di Born; studia la quantità di luce che passa
attraverso una sospensione di piastrine quando ad esse è aggiunto un aggregante. Si
usa la misura di assorbanza o di trasmittanza. Il pz non deve assumere farmaci, come
aspirina.15 Si aggiungono anticoagulanti in rapporto 9:1 (citrato di sodio). Gli agonisti
dell’aggregazione piastrinica sono: ADP, trombossano A2, trombina, collagene, PAF,
adrenalina, serotonina, complessi Ag-Ab, enzimi proteolitici, vasopressina, acido
arachidonico. L’aggregometro svela diverse patologie:
S. di Bernard-Soulier: assenza o alterazione del recettore per GPIb.
L’aggregometro non dà risposta; ha trasmissione aut. rec.
15
I FANS, in particolare l’aspirina, inibiscono la ciclossigenasi per la produzione di prostaglandine e trombossano A2,
frenando l’aggregazione piastrinica indotta dal collagene.
M. di von Willebrand: assenza del vWF. Il deficit di vWF è la più diffusa causa
di alterazione di aggregazione piastrinica, determinando una condizione di
emostasi inefficace. Se ne conoscono tre tipi:
Tipo I: 70%; aut. dom. - vWF e VIII.
Tipo II: 25 %: aut. rec. – alterazioni qualitative di vWF.
Tipo III: aut. rec. – è rara, legata all’assenza completa di vWF.
Fattore di Von Willebrand: è presente maggiormente nell’endotelio, ma anche nelle piastrine
come granuli di Weibel-Palade ed anche nel plasma. È liberato dai granuli per mediare
l’interazione tra collageno tissutale ed i recettori piastrinici GPIa e GPIb; fa da ponte.
Il vWF plasmatico è presente come multimero (500 – 10.000 kDa), ed è normalmente non attivo;
è attivato in seguito ad interazione con la matrice extracellulare. vWF plasmatico è fondamentale
nel legame di fattore VIII (fattore antiemofiliaco A), suo partner naturale; se così non fosse,
FVIII sarebbe sempre riconosciuto dalla Proteina C, importante componente del sistema
fibrinolitico.
Trombastenia di Glanman: è una malattia di aggregazione piastrinica dovuta al
defici del recettore del fibrinogeno GPIIb-IIa; ha trasmissione aut. rec.
Like-Aspirin Syndrome: è un deficit della ciclossigenasi; ha trasmissione aut.
dom. Pur aggiungendo AA non si ha variazione all’aggregometro.
Altri test funzionali: è possibile dosare nel plasma e nellpiastrine alcune sostanze
contenute o rilasciate dalle piastrine come serotonica e -trombomodulina.
Dosaggio dei nucleotidi intrapiastrinici
SCREENING DI LABORATORIO DELLA FASE FIBRINOLITICA
Dosaggio del plasminogeno: è sintetizzato dal fegato. Questo test misura la plasmina
generata dopo attivazione con streptochinasi. Si usano test funzionali, con l’uso di
substrati cromogeni, e test immunologici, con Ab specifici.
Valori: 16-24 mg/dl.
Le carenza possono essere dovute a basse concentrazioni da CID ed epatopatie e
terapie con trombolitici, ed alterazioni del plasminogeno con ridotta attività
funzionale.16
Dosaggio della plasmina: viene evidenziata mediante il dosaggio dei FDP. I prodotti
di degradazione del fibrinogeno sono frammenti derivati dall’azione dela plasmina su
fibrinogeno e fibrina. Aumentano in CID e gravi epatopatie e malattie renali. Nel pz
16
Ipoplasminogenemia o carenza tipo 1 nel primo caso e displasminogenemia o carenza tipo 2 nel secondo.
normale sono < 3 g/dl. Questo dosaggio è comune nelle CID o nelle sindromi
iperfibrinolitiche.
Dosaggio del TPA: l’attivatore tissutale del plasminogeno è il principale attivatore
fisiologico della fibrinolisi. Il TPA è l’ideale a livello del trombo, ma inefficiente a
livello del plasma. È liberato continuamente dalle cellule endoteliali e spt
nell’esercizio fisico, nella stasi venosa e nelle forme di stress. In terapia è utilizzato
nella trombolisi in infarto del miocardio e nell’embolia polmonare.
Dosaggio:
Test funzionali: misurazione del tempo di lisi del coagulo; la quantità di TPA è
determinata dall’attività della plasmina sul substrato.
Test immunologici: ELISA.
Test da stimolo: si induce stasi venosa in un arto e si effettuano misure su enrambi
gli arti.
Dosaggio di PAI: inibitore dell’attivatore del plasminogeno. Ne esistono 2 tipi:
endoteliale e placentare. Il dosaggio si effettua mediante la neutralizzazione del TPA
aggiunto al plasma, oppure in un dosaggio immunoenzimatico.
Dosaggio di -2-antiplasmina: è il più importante inibitore della plasmina. Si
misura con test funzionali, con un substrato cromogenico per la plasmina, e test
immunologici, con antisieri specifici.
Valori: 4-6 mg/dl.
Le carenza si può avere per difetto congenito, con grave diatesi per lisi prematura del
tappo, o per riduzione dei livelli plasmatici, dovuta a CID e gravi epatopatie.
È importante per le diatesi emorragiche eredo-familiari.
STUDIO DELL’EMOSTASI IN DIFFERENTI CONDIZIONI PATOLOGICHE
Difetto vascolare Alterata funzione
piastrinica
Conta piastrinica
Tempo
di
sanguinamento
Tempo
di
protrombina
Tempo
di
tromboplastina
parziale
Riduzione del
numero di
piastrine
Alterazioni delle
proteine
plasmatiche
Ok
Alterato
Ok
Alterato
Alterato
Alterato
Ok
Ok*
Ok
Ok
Ok
Alterato o ok
Ok
Ok
Ok
Alterato o ok
* con l’eccezione della malattia di von Willebrand.
Valutazione della funzionalità endocrina – cap 14
Tiroide
Ormoni tiroidei
All’interno dei follicoli è contenuta la colloide, contenente, a sua volta, la
tireoglobulina. Questa è una glicoproteina contenente 140 residui di tirosina, dei
quali il 25% sono iodinati dopo la sintesi. La iodinazione è catalizzata dalla
PEROSSIDASI, associata alla membrana del lume del follicolo. Questa produce
Monoiodotirosina (MIT) e Diiodotirosina (DIT). Questa reazione è seguita da
accoppiamento di residui MIT e DIT per formare triiodotironina (T3) o
tetraiodotironina o tiroxina (T4).
T3: è prodotto al 20% dalla tiroide e all’80% per deiodazione di T4.
T4: è prodotto interamente dalla tiroide.
Il processo di mobilizzazione è stimolato da TSH, regolato un meccanismo di feedback negativo.17
Gli ormoni sono in circolo legati a:
TBG: Tiroxin Binding Globulin; 70-75%.
TBPA: Tiroxin Binding Prealbumin; 15-20%
Albumina: 5-10%.
La forma attiva degli ormoni tiroidei è solo T3, che, eccezion fatta per cervello e
testicolo, agisce su tutti i tessuti. T4 è, invece, un precursore e la sua attivazione
avviene per diodazione in posizione 5’ nei tessuti periferici.18
L’acido tetraiodotiroacetico TETRAC e l’acido triodotiroacetico TRIAC sono i
prodotti di degradazione degli ormoni tiroidei.
Nella tiroide è prodotto, inoltre, un altro ormone, la calcitonina, dalle cellule
parafollicolai o cellule C.
Azione degli ormoni tiroidei
Stimolazione di termogenesi.
Se in eccesso determinano effetto catabolico.
Agiscono sul metabolismo glucidico, lipidico, proteico e vitaminico.
e
recettori, cui è legata l’ipertensione, la
Aumentano l’espressione di
tachicardia e la sudorazione.
Valutazione della funzionalità tiroidea
I livelli sierici degli ormoni tiroidei sono influenzati da alcuni fattori:
Vanno definiti in ogni laboratorio perché influenzati dalle metodiche usate.
Eutiroidismo è compatibile con livelli anormali di TBG e con livell di T4 totale
aumentati o diminuitim in quanto solo T3 è attivo.
17
18
T3 e T4 inibiscono il release ipotalamico legandosi ai recettori per la Tireoliberina ipotalamica TRH.
La deiodazione in posizione 5, invece, forma un intermedio inattivo definito T3 inversi rT3.
T3 è 3-4 volte + attivo di T4, pertanto il solo T4 sierico non è necessariamente
indicativo dello stato della ghiandola.
T4 è utile per le definizioni della terapia.
TRH
Si somministrano in vena 200 g di TRH e si valuta la concentrazione
plasmatica di TSH a –15, 0, 15, 30, 45, 90 e 12° minuti e del T3 a 180 minuti.
Normalmente si ha un picco di TSH tra 20 e 45 minuti, circa 5 volte il livello
basale. Aumenta nella donna e diminuisce nell’anziano.
Questo test va effettuato nella ricerca di ipotiroidismo secondario o terziario, nella
valutazione di ipofunzionalità tiroidea.
Tsh
La secrezione di TSG va da uno zenit verso mezzanotte con un ritmo circadiano.
Il dosaggio radioimmunologico di TSH è sensibile per ipertiroidismo primitivo.
Valori: 0,5 – 6,0 mU/l.
Nell’ipertiroidismo i livelli sono bassi.
T4 TOTALE
Valori: 80 g/l.
Aumento: ipertiroidismo.
Diminuzione: ipotiroidismo.
Va associato a dosaggio di TBG, perché un aumento di TBG determina aumento di
T4 totale..
Si usa il RIA.
T4 libera
È lo 0,02% di T4 totale. È l’indice migliore perché questa è la quota trasformata in
T3. Il metodo usato è l’immunochemioiluminescenza. I valori vanno da 10 a 30
pmol/l.
Indice di Tiroxina libera
È il rapporto tra tiroxinemia e captazione di T3.
Tiroxinemia x 100 / captazione di T3 = 3,5 – 12,5
Aumenta negli ipertiroidei.
TBG SIERICA
È importante perché una aumento di TBG causa una diminuzione di
T4 libera con ipotiroidismo. Alcuni farmaci possono, infatti,
interferire con i siti di legame per TBG.
T3 TOTALE E T3 LIBERA
La valutazione di T3 totale è utile nel sospetto di tireotossicosi, ed è utile per definire
stati di ipertiroidismo. Nel bambino sono più elevati di 0,08 nmol/l. Nell’anziano si
ha conversione di T4 a T3 deficitaria.
I metodi sono RIA ed EIA.
Valori T3 totale: 4 g/l.
Valori T3 libera: 1,3 g/l.
T3 inversa
Il dosaggio è radioimmunologico RIA.
Valori rT3 totale: 0,8 g/l.
Valori rT3 libera: 0,25 g/l.
Ab
La ricerca di autoanticorpi anti-tiroide è utile per riconoscere patologie autoimmuni. Con RIA si possono analizzare:
TMAb: anticorpi anti-microsomi tiroidei; presenti nel 95% dei casi di tiroidite
cronica di Hashimoto e nell’85% nei casi di malattia di Graves.
TgAb: anticorpi anti-tireoglobulina; presenti nel 60% dei casi di Hashimoto e nel
30% dei casi di Graves.
Ig stimolante la tiroide
Il siero di molti pz con Graves contiene TSIg, diretto contro il TSH. Hanno una
sensibilità del 95% nel morbo di Graves.
Tireoglobulina
Mediante IRMA e RIA. È in circolo in concentrazioni di 3-25 g/dl.
È utile perché aumenta nel CA metastatico ed è assente in caso di tireotossicosi,
anche se è l’ultimo parametro da utilizzare.
Calcitonina
Il dosaggio è utile per la diagnosi di CA midollar, effettuato con RIA.
Possono essere effettuati anche altri test, quali CLS, LH, LAD, AST e Mioglobina,
tutti aumentati nell’ipotiroidismo.
Prove di stimolazione e di soppressione
Stimolazione di TRH
È utile per stabilire tireotossicosi, ma per stabilire il tipo di ipertiroidismo.
Si somministrano 200-500 pg di TRH e si preleva sangue a –5, 20, 30 e 60 minuti.
Gli individui normali rispondono con un picco di TSH in 30 minuti, da 5 a 30 mU/l.
Ipertiroidismo primitivo: risposta assente.
Ipotiroidismo primitivo: risposta elevata.
Soppressione da T3
Si basa sulla capacità di abolire la funzionalità tiroidea somministrando T3 e valutando la captazione di iodio mediante scintigrafia.
Stimolazione da TSH
Consiste nella misura dell’incorporazione di iodio radioattivo prima e durante tre
giorni di trattamento i.m. di TSH 5 UI/die, usato nello studio dell’ipotiroidismo
ipofisario (secondario).
Scintigrafia tiroidea
La prova di incorporazione di iodio radioattivo RAIU. Consiste nel somministrare,
per via endovenosa, una dose tracciante di I131, seguito dalla valutazione della sua
incorporazione dopo 24 ore. I valori di riferimento variano da 5 a 30%.
Nell’ipertiroidismo aumentano.
Esempi diagnostici
TSH alto, ormoni bassi: ipotiroidismo primario (gozzo).
TSH alto, ormoni alti: ipertiroidismo secondario da adenoma ipofisario.
TSH alto, ormoni ok: ipotiroidismo da carenza recettoriale ipofisaria.
TSH basso, ormoni alti: morbo di Basedow; patologia autoimmune caratterizzata
da Ab-tiroidostimolanti che si legano al recettore per TSH. È legata a
tireotossicosi, esoftalmo e mixedema pretibiale.
TSH basso, ormoni alti: ipertiroidismo primario.
TSH basso, ormoni bassi: ipotiroidismo secondario.
TSH alto, ormoni bassi: Hashimoto; è la tiroidite cronica linfocitaria. È dovuta ad
insufficiente soppressione dei T helper. Sono presenti Ab anti-Tg e anti-PO.
TSH ok, TRH non responsivo, ormoni ok/bassi: ipotiroidismo terziario.
Dosaggio degli steroidi urinari
17-chetosteroidi urinari
Sono gli androgeni: deidroepiandrosterone, androstenedione e androsterone. Nella
donna derivano dalla surrene, mentre nell’uomo anche dal testicolo. Un loro aumento
è indice di tumori ovarici, surrenalici o testicolari. La diminuzione si presenta
nell’Addison, nell’ipotiroidismo.
Valori normali:
Donna: 8-20 mg/24h.
Uomo: 6-15 mg/24h.
17-idrossi-corticosteroidi urinari
Sono gli steroidi C21 con –OH in posizione C21 e C17 e –CO in C20. Hanno
prevalentemente azione glucocorticoide e mineralcorticoide. Sono: cortisolo,
cortisone, 11-idrossicortisolo, 17-OH-progesterone.
Valori normali:
Donna: 3-5 mg/24h.
Uomo: 4-6 mg/24h.
Questi aumentano nella S. di Cushing, cioè l’ipercorticosurrenalismo. Questa
consegue all’ipersecrezione di glucocorticoidi per eccesso di ACTH, sia di origine
adeno-ipofisaria, sia che ectopica, come il microcitoma polmonare.
Si può riscontrare sempre:
Ipersecrezione di ACTH.
Iperplasia bilaterale surrenale.
Scomparsa del ritmo circadiano.
Alterazioni del metabolismo.
La funzione cortico-surrenale si può misurare con il cortisolo libero urinario o coem
cortisolo nel siero. Il livello ematico dell’ormone è 10-25 g/dl.
Ipercorticosurrenalismi
Per valutare la presenza di iperplasia surrenalica o tumori surrenalici o ectopici
ACTH-secernenti, si effettua il test di soppressione con desametazone.
Nei pz con iperplasia surrenalica si ha inibizione della secrezione di ACTH; negli
altri casi no.
Si può effettuare anche il test dell’ipoglicemia insulino-indotta. Si valuta, infatti, la
quantità di cortisolo in circolo dopo iniezione e.v. di insulina.
Ipocorticosurrenalismi
Il test di stimolo con ACTH permette di distinguere tra ipocorticosurrenalismo
primario (nessuna modifica) e secondario (ipofisario, si cambiamento).
Il test da stimolo con CRH permette di distinguere tra ipocorticosurrenalismo
secondario (nessuna modifica) e terziario (ipotalamico, si cambiamente, secrezione di
ACTH da ipofisi).
PROVE DI FUNZIONALITÀ EPATICA – CAP 15
Metabolismo dell’eme
La BRB è prodotta dal gruppo eme, il quale deriva per l’85-90% dal catabolismo
dell’Hb, e per il 10-15% dal catabolismo di mioglobina e citocromi.
eme
biliverdina
EME OSSIGENASI
biliverbina + Fe2+
BILIVERDINA REDUTTASI (MILZA)
BRB + glucuronato
bilirubina (lega Albumina)
GLUCURONIL-TRANSFERASI (FEGATO)
BRB coniungata
La BRB coniugata, per la sua idrofilicità legata al legame con l’acido glucuronico, è
definita diretta e la sua concentrazione nel sangue è circa 0,2 mg/dl.
La BRB non coniugata, per la sua idrofobicità, è definita indiretta e la sua
concentrazione nel sangue è circa 0,8 mg/dl.
La quantità di BRB totale è circa 0,2 - 1 mg/dl.
Destino della BRB
La BRB coniugata è secreta nei canalicoli biliari per raggiungere il lume intestinale
con la bile. Questa è trasformata in urobilinogeno, che sono catene lineari, dalle
IDROLASI BATTERICHE. Questo composto formato viene ossidato a stercobilina,
pigmento colorato, espulso con le feci, del cui colore è il responsabile.
Una piccola quota di urobilinogeno, però, è riassorbito mediante il circolo enteroepatico: ritorna al fegato o è espulso nelle urine come urobilina.
Definizioni:
Colalemia: presenza di bilirubina nel sangue (bilirubinemia).
Coluria: presenza di bilirubina nelle urine (bilirubinuria).
Urobilinemia: presenza di urobilina nel sangue.
Urobilinuria: presenza di urobilina nelle urine.
Ittero
Colalemia e coluria determinano ittero, che è associato a colorito giallastro della
cute, delle mucose e delle sclere; è presente, spesso, prurito.
Esistono diverse forme di ittero.
ITTERO PRE-EPATICO
È legato all’iperproduzione di BRB; le cause possono essere:
Emocateresi aumentata: anemie emolitiche e talassemie.
Infettiva: malaria.
Autoimmunitaria: eritroblastosi fetale.
Iperproduzione: sindrome d’Israel.
Questo è ittero a BRB non coniugata: colalemico, associato a pleiocromia fetale.
ITTERO EPATICO
È un ittero da alterata funzione dell’epatocita. Si divide in tre tipi principali:
S. di Gilbert: ittero indiretto, non coniugato. I meccanismi di produzione e
captazione di BRB sono normali, ma si ha alterazione della GLUCURONIL –
TRANSFERASI. È un ittero colalemico a BRB non coniugata.
S. Dubin-Johnson: ittero diretto, coniugato. I meccanismi di produzione,
captazione e coniugazione della BRB sono corretti; il difetto è di escrezione. È un
ittero a fegato nero (per la presenza di pigmento). È un ittero colalemico e
colurico con ipocromia fecale, per l’associazione a colestasi. ALP e -GT sono
aumentate.
S. di Crigler-Najjar: è un ittero fisiologico del neonato per l’insufficiente
sviluppo del fegato. In questo caso BRB passa la barriera ematoencefalica,
depositando il pigmento nel liquor; si lega a tutti i componenti lipici,
determinando ritardo. È un ittero colalemico.
ITTERO POST-EPATICO
È un ittero da ostruzione del coledoco, per ostruzione ad estrinseco, come un tumore
della testa del pancreas, o per litiasi, o, infine, per alterazione della motilità del
coledoco. È un ittero colalemico e colurico, con prurito ed ipocromia fecale.
Siero
Pre-epatico
Gilbert
Dubin-Johnson
Crigler Najjar
Danno epatico
Post-epatico
BRB totale
Aumenta
Aumenta
Aumenta
Aumenta
Aumenta
Aumenta
BRB diretta
Normale
Normale
Diminuita
Aumentata
Aumentata
aumentata
Urine
BRB
Assente
Assente
Assente
Aumentata
Aumentata
Aumentata
Livelli di BRB in condizioni patologiche
Dosaggio della BRB
SANGUE
Si esegue la reazione di H. Van Den Berg.
0,25 ml di siero sono mescolati con 0,20 ml di reattivo diazoico di Ehrlich, che va
preparato estemporaneamente, aggiungendo a 5 ml di soluzione A 19 due gocce di
soluzione B 20. La BRB coniugata può reagire subito con l’acido solfanilico
diazotato; quella libera può reagire solo mediante estrazione alcolica del campione di
siero. Il prodotto della reazione è l’acetofenolazobilirubina, di colore rosso, è letta
spettrofotometricamente.
URINE
19
20
A: 1 g Acido Solfanilico, 15 di HCl purissimo, 1 litro acqua distillata.
B: 0,5 g nitrito di sodio in 100 ml d’acqua.
La comparsa di BRB nelle urine testimonia la comparsa di BRB nel sangue. Si
esegue la reazione di Gmelin. Su pochi ml di urina si stratifica una piccola quantità
di acido nitroso-nitrico se vi è BRB si avrà la formazione di un anello policromo di
colore verde-blu-violetto-rosso.
Acidi biliari e loro dosaggio
Gli acidi biliari colico e chenodeossiclico sono prodotti a partire dal colesterolo nel
fegato e coniugati con glicina e taurina, formando i sali biliari acido glicocolico e
taurocolico, escreti con la bile. Nell’intestino sono in parte degradati ad acido
deossicolico e litocolico dalla flora batterica e riassorbiti mediante il circolo enteroepatico.
Per il dosaggio degli acidi biliari si esegue la metodica RIA. In una provetta rivestita
internamente da una fase solida contente un Ab specifico contro l’acido glicocolico,
sono introdotti e fatti competere il siero in esame ed una quantità nota di acido
glicocolico marcato con I125. La radioattività è misurata con una contatore ; tanto
maggiore è la quantità di acido glicolico libero, tanto minore sarà la radioattività
misurata.
I valori normali sono < 6 mol/l. Un netto aumento si verifica in casi di patologie
epatiche.
Valutazione di coniugazione ed escrezione
La valutazione delle funzioni di captazione, coniugazione ed escrezione, può essere
effettuata mediante somministrazione di sostanze estranee e la misurazione della loro
misurazione dal sangue. Il test più impiegato è quello alla bromosulfontaleina
(BSF). Dopo un prelievo di base, il test prevede la somministrazione di BSF per via
endovenosa 5 mg/Kg; dopo 45 minuti si valuta la quantità ancora presente in circolo;
in un soggetto normale è < 5%.