Care socie, vorremmo invitarvi a progettare un manifesto sul

Transcript

Care socie, vorremmo invitarvi a progettare un manifesto sul
Care socie,
vorremmo invitarvi a progettare un manifesto sul tema Stanze,
più avanti descritto ampiamente, che andrà a costituire con tutti
i lavori inviati, in uno spazio espositivo online, una nuova galleria
sul sito dell’Aiap, e successivamente un piccolo catalogo stampato.
Tra i manifesti inviati ne saranno selezionati trenta, da un comitato
scientifico composto da Simonetta Ferrante (Graphic designer, Artista,
Proboviro dell’Aiap, Milano, Italia), Aysegul Izer (Graphic designer,
Direttore del Dipartimento di Graphic Design, Mimar Sinan Fine Arts
University, Istanbul, Turchia), Lucille Tenazas (Graphic designer, Membro
dell’Alliance Graphique Internationale, AGI, Stati Uniti). I manifesti saranno
esposti in una mostra allestita al Museo Archeologico di Gela dal 28 luglio
al 30 agosto 2010, all’interno della manifestazione Letiziedigiugnoluglio.
Il progetto si pone più obiettivi:
- coinvolgere tutte le socie Aiap a confrontarsi su un tema attuale e comune;
- conoscere meglio la nostra base associativa;
- riuscire a individuare sia nuove linee di ricerca sia nuovi linguaggi che
rischierebbero di rimanere sommersi;
- iniziare un dialogo che possa portare ad attivare nuove iniziative come
l’organizzazione di mostre online e nella storica sede milanese dell’Aiap,
mostre improntate su riflessioni rese visuali dallo strumento del manifesto,
antico ma mai sorpassato;
- e per ultimo raccogliere i materiali che andranno ad arricchire l’archivio
dell’associazione.
STANZE. Il progetto a cura di Cinzia Ferrara, Daniela Piscitelli, Lucia Roscini
è promosso dall’Aiap (Associazione Italiana della Progettazione per
la Comunicazione Visiva).
Il tema. Da Una stanza tutta per sè alla Wunderkammer. Lo spazio
del manifesto come metafora della camera in cui gli oggetti contenuti
e accumulati, familiari, singolari o fantastici, siano essi naturalia, artificialia
o mirabilia, ne trasformano lo spazio fisico in un luogo delle meraviglie,
in cui nascono e crescono i progetti.
I manifesti. Il progetto ha l’obiettivo di indagare, attraverso lo strumento
del manifesto, il tema dello spazio in cui ha luogo la progettazione, sia esso
intellettivo o fisico, alloggiato nella propria mente, nella propria stanza, nel
proprio spazio, nel proprio territorio.
Il formato. Il manifesto dovrà essere inviato in duplice copia per web
e stampa: il primo in jpg, a 72 dpi, in RGB, con dimensioni di 35 x 50 cm
(in orizzontale o in verticale) e dovrà avere un peso massimo di 2 Mb;
il secondo in pdf, a 300 dpi, in CMYK, con dimensioni di 70 x 100 cm
(in orizzontale o in verticale) e dovrà avere un peso massimo di 8 Mb.
La scadenza. Il manifesto con le caratteristiche richieste dovrà essere
inviato al seguente indirizzo email [email protected] entro e non oltre le ore
12.00 del 17 luglio 2010.
Le informazioni. Per informazioni o chiarimenti scrivere a [email protected] o
contattare direttamente Cinzia Ferrara M 328 1253241.
▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪
Una stanza tutta per sè. Hermion Lee descrive lo spazio che Virginia Woolf
aveva scelto per potere lavorare, spazio insieme a una fonte di denaro, a
suo parere indispensabile per ogni donna, per potersi dedicare alla propria
professione. Quasi un secolo dopo la situazione socio economica, specie in
Europa è mutata, ma ciò nonostante alcune considerazioni della scrittrice
inglese mantengono inalterata la loro acutezza e validità.
Virginia e Leonard Woolf comprarono la loro casa nel Sussex, la Monks House
a Rodmell, nel 1919, per 700 £. Due anni dopo a Virginia venne costruito
in giardino un piccolo studio, ricavato da un capanno degli attrezzi di legno
sotto un solaio.
Aveva ampie finestre e una vista sui Downs attraverso il
Monte Caburno. Virginia vi scriveva in estate, le piaceva molto, nonostante
non fosse l’ideale per la concentrazione. Veniva continuamente distratta, da
Leonard che sistemava mele sul solaio proprio sopra la sua testa, o dalle
campane della chiesa in fondo al giardino, oppure dal chiasso dei bambini
nella scuola lì vicino, dal cane che le sedeva affianco e si grattava e lasciava
le sue impronte sulle pagine dei manoscritti. In inverno c’era così freddo e
così tanta umidità che non riusciva a impugnare la penna e doveva rientrare
in casa. Nel 1924 introdussero nella stanza una stufa a olio. Dieci anni dopo,
la “loggia della scrittura”, come lei la chiamava, venne spostata alla fine del
giardino, sotto un castagno, accanto al muro di pietra della chiesa. Scriveva
con una tavola di legno appoggiata sulle ginocchia, come faceva suo padre,
Leslie Stephen. Davanti alla loggia poi, costruirono una piccola terrazza di
mattoni, e nelle sere d’estate gli ospiti in visita potevano sedersi e assistere
alle gare di bocce che si giocavano davanti a loro, sul prato.
Nella sua “loggia della scrittura”, la Woolf scrisse parte dei suoi più famosi
romanzi, dalla Signora Dalloway a Tra un atto e l’altro, tanti saggi e
recensioni, e tante lettere. Fu qui che Leonard nel luglio del 1931, dopo
aver finito di leggere il suo ultimo romanzo Le Onde, le disse che era un
capolavoro. Fu qui che nel 1934 si affaticò per mesi per terminare Gli Anni,
tentando di smettere di fumare, almeno dalle sei o sette di sera alla mattina
dopo. Fu qui che, il venerdì del 28 marzo del 1941, in una fredda mattina
di primavera, scrisse la sua lettera di addio a Leonard, prima di correre
velocemente giù verso il fiume Ouse, lasciando le sue carte in disordine,
tutte le revisioni del suo ultimo saggio Mrs Thrale nel cestino, e un immenso
numero di fogli scritti a macchina sparse per la stanza.
Quella stanza oggi appare di sicuro più ordinata.
Wunderkammer o la Camera delle Meraviglie. Wunderkammer
è un’espressione appartenente alla lingua tedesca, usata per indicare
particolari ambienti in cui, dal XVI secolo al XVIII secolo, i collezionisti
erano soliti conservare raccolte di oggetti straordinari per le loro
caratteristiche intrinseche ed esteriori. Quello delle Wunderkammer
fu un fenomeno tipico del Cinquecento, che però affonda le sue radici
nel Medioevo. Esso poi si sviluppò per tutto il Seicento alimentandosi
delle grandiosità barocche e si protrasse fino al Settecento favorito
dal tipico amore per le curiosità scientifiche, proprio dell’Illuminismo.
Quelli che la natura stessa forniva erano detti, con termine latino,
naturalia e potevano avere in sé qualcosa di eccezionale relativamente
alla forma o alle dimensioni.
Diversi ma ugualmente ambiti erano gli oggetti creati dalle mani dell’uomo,
detti artificialia, particolari per la loro originalità e unicità, fatti con tecniche
complicate o segrete e provenienti da ogni parte del mondo. Tutti questi
reperti erano mirabilia, ovvero cose che suscitavano la meraviglia dell’uomo.
▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪
[…] la donna entra nella stanza [1] – ma a questo punto si dovrebbero
tendere all’infinito [2] tutte le possibilità [3] della lingua [4] inglese
e interi sciami [5] di parole [6] dovrebbero farsi strada volando
illeggittimamente [7] nell’aria fino a prendere vita, prima che una donna
sia in grado di spiegare [8] che cosa succede quando entra in una stanza.
Le stanze sono così diverse [9] l’una dall’altra; sono tranquille [10]
o tempestose [11]; affacciate [12] sul mare o, al contrario, sul cortile
di un carcere; con il bucato appeso ad asciugare; o risplendenti di opali
e di sete; sono dure [13] come crini di cavallo o soffici [14] come piume –
basta entrare in qualunque stanza di qualunque strada perchè salti agli occhi
tutta quella forza, estremamente complessa [15], che è la femminilità.
E come potrebbe essere altrimenti? Perchè sono milioni di anni che le donne
siedono in quelle stanze, cosicchè ormai le pareti stesse sono intrise [16]
della loro forza creativa, la quale ha sopraffatto a tal punto la forza dei
mattoni e della malta che deve per forza attaccarsi alle penne e ai pennelli e
agli affari e alla politica. Ma tale forza creativa differisce enormemente dalla
forza creativa degli uomini. E si deve concludere che sarebbe mille volte
un peccato se essa venisse ostacolata o sciupata [17], perchè era stata
conquistata con secoli della più drastica disciplina e non c’è niente che possa
prenderne il posto. Sarebbe mille volte un peccato se le donne scrivessero
come gli uomini o vivessero come gli uomini o assumessero l’aspetto
di uomini, perchè se due sessi sono insufficienti, considerata la vastità
e varietà del mondo, come faremmo mai con uno solo? non dovrebbe forse
l’istruzione fare emergere e rendere più salde le differenze anzichè
le somiglianze [18]? […]
Virginia Woolf, Una stanza tutta per sè, Mondadori, Milano, 2000, pp. 104-105
[1] (stanza) stanza, spazio, luogo, ubiquità
[2] (infinito) infinito, finito, limite, margine
[3] (possibilità) possibilità, casualità, ipotesi, ibridazione
[4] (lingua) lingua, linguaggio, idioma, multiculturalità
[5] (sciami) sciame, moltitudine, massa, nomadismo
[6] (parole) parola, racconto, intreccio, tessitura
[7] (illeggittimamente) illeggittimo, irregolare, eccentrico, prospettico
[8] (spiegare) spiegare, aprire, intersecare, simultaneità
[9] (diverse) diverso, differente, dissimile, simmetria / asimmetria
[10] (tranquille) tranquillo, immobile, silenzioso, tempo lento
[11] (tempestose) tempestoso, impetuoso, subitaneo, tempo veloce
[12] (affacciate) affacciato, rivolto, in bilico, visione
[13] (dure) duro, impenetrabile, resistente, modernità
[14] (soffici) soffice, fluido, cedevole, amodernità
[15] (complessa) complesso, molteplice, multiforme, multiverso
[16] (intrise) intriso, pervaso, pregnante, densità
[17] (sciupata) sciupato, usato, tracciato, segnato
[17] (somiglianze) somiglianza, analogia, affinità, connessione
Una mappa di parole. Il testo che descrive la stanza, tratto dal saggio
di Virgina Woolf, diventa un sistema dal quale fare emergere una serie
di parole che possano come getti, condurci attraverso un processo di
similitudini, assonanze, concatenamenti, contrasti, verso altre parole
fortemente legate e collegate alla contemporaneità. Quello che abbiamo
immaginato per il progetto del manifesto è di fornire alle progettiste,
oltre alle tante suggestioni che possono venire dal testo e dal tema nel
suo complesso, un sistema più definito e determinato di parole chiave
dalle quali partire, che vanno scelte, combinate, intersecate, frantumate e
ricomposte, attraverso le quali definire, con traiettorie o perimetri, lo spazio
del lavoro intellettuale o fisico, nel quale avviene la progettazione. Una
mappa all’interno della quale le progettiste potranno muoversi e orientarsi,
riconoscendo elementi familiari o individuando elementi estranei, scegliendo
i termini con i quali confrontarsi e con essi tessere sistemi relazionali,
aperti ad antiche o nuove possibilità interpretative, nel tentativo di evitare
la deriva del solipsismo e dell’introspezione e di attivare invece una
riflessione e un panorama di visioni, che possano descrivere secondo diverse
prospettive, tante quante saranno i manifesti progettati, la contemporaneità
nella quale siamo immersi.