LEGGE MADIA MODELLO MILANO UTILITY

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LEGGE MADIA MODELLO MILANO UTILITY
ANNO 35 – 3/2016
AZIENDE E CORTE DEI CONTI
UN CONFRONTO POSITIVO
SU NUOVO CODICE APPALTI
E DECRETO LEGGE N. 175
L’IN V ERNO
DEMOGR A FICO
E il welfare va sotto
pressione
FARMACI
Procedure d’acquisto alla
luce della nuova sentenza
della Corte europea
A MBIENTE
Focus giuridico
sulla nuova disciplina
del Sistri
LEGGE MADIA
MODELLO
MIL ANO
UTILIT Y
La riforma della PA e i
decreti attuativi per le
aziende partecipate
Il Patto per Milano:
un’opportunità di
consolidamento e
sviluppo per la città
metropolitana
La nuova LGH
rinnovata nei vertici
presenta il Piano
industriale 2016/2020
al territorio
CONFSERVIZI CISPEL LOMBARDIA
SOMMARIO
DIRETTORE RESPONSABILE
Biagio Longo
3
COMITATO EDITORIALE
Giovanni Bordoni, Biagio Longo,
Giuseppe Viola
EDITORIALE
5
GUARDARE OLTRE I PROPRI CONFINI TERRITORIALI
7
RIFORMA MADIA
10
MODELLO MIL ANO
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NUOVO CODICE APPALTI
16
PROCEDURE D’ACQUIS TO DEI FARMACI
21
WELFARE A ZIENDALE
24
IL FUTURO? È RICERC A E INNOVA ZIONE
27
FORMA ZIONE PER COMPE TERE E TR A SME T TERE INNOVA ZIONE
29
L A NUOVA DISCIPLINA DEL SIS TRI
32
COMPLIANCE REGOL ATA E SITI WEB
36
LINE A GROUP HOLDING
38
ACQUA E RESILIENZ A URBANA
DIRETTORE EDITORIALE
Giuseppe Viola
REDAZIONE
Biagio Longo, Giuseppe Viola, Paola Busto,
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COLLABORATORI
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Uffici Stampa e Comunicazione delle
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Paolo Franco, Nicola Giugni, Iginio Granata,
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DIRETTORE GENERALE
Giuseppe Viola
REDAZIONE E PUBBLICITÀ
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3
PRESERVARE
IL VALORE
DELLE SOCIETÀ
PARTECIPATE
di Giovanni Bordoni
Presidente di Confservizi Cispel Lombardia
a partecipazione pubblica tra
“ Società
nuovo codice degli appalti dei contratti,
Testo unico sulle società a partecipazione
pubblica e nuove norme sulla trasparenza
e integrità
“
Rassegniamoci! Occorre tornare tra i banchi di una scuola che
non c’è, per cercare di destreggiarci tra materie che non sono
esattamente il pane quotidiano dei comuni mortali, quali sono
di regola gli Amministratori delle società a partecipazione
pubblica. Nel nostro incontro per l’assemblea annuale tenutasi a Cernobbio, abbiamo cominciato a confrontarci con il
nuovo Codice degli appalti.
I qualificatissimi relatori ci hanno consegnato la certezza
dell’incertezza, perché lo strumento legislativo, pure in sé
pregevole per gli obiettivi di trasparenza che si pone, ha
ancora sul piano procedurale pagine bianche che vanno
scritte. Questo a parte, la pluralità delle stazioni appaltanti
volge al tramonto per lasciare il posto a strutture accreditate
e qualificate, in grado di adempiere in modo sistematico alle
necessità richieste dal nuovo Codice, senza il rischio di incorrere in errori ed omissioni che espongono i responsabili a
sanzioni pesantissime.
Regione Lombardia è in grado di mettere a disposizione una
struttura qualificata in questo senso ma, come ogni soggetto
ad elevata professionalità, costa non poco. Del resto non è
pensabile di continuare a gestire le forniture pubbliche con le
logiche dei soggetti singoli che, per fare una gara, rischiano
in proprio, con penalizzazioni importanti e risultati modesti
sul piano della qualità e del prezzo. Tutto bene allora? Non
ne siamo convinti, anche perché questo significa affidarsi ad
un mercato globale nel quale, insieme ad imprenditori onesti,
si mescolano fornitori che possono accreditarsi, senza che
questo di per sé costituisca una garanzia sulle forniture.
SERVIZI&SOCIETÀ
Difficoltà si riscontrano anche per talune categorie
merceologiche, materiali o immateriali, che costituiscono
spesso l’elemento decisivo per operare una scelta o l’altra.
Insomma, questo Codice necessita di una riorganizzazione
complessiva del mercato da un lato e delle procedure
dall’altra, senza le quali potrà essere perfetta la forma, ma
affatto garantita la tutela della Pubblica Amministrazione che
si vorrebbe salvaguardare dai rischi.
Circa le nuove regole su trasparenza e integrità della Pubblica
Amministrazione, la normativa è costituita dal Decreto Legislativo 97/2016 del 23 giugno scorso. Questo decreto modifica
ed integra il decreto legislativo 33 del 2013, in buona parte
riscrivendolo, aggiungendoci altresì alcune parti. Pur considerando che in 3 anni c’è stato sicuramente il tempo di sperimentare l’efficacia della prima normativa introdotta e che risultava
sicuramente utile mettere in campo una serie di procedure
consolidate e rinnovate, a seconda dell’efficacia riscontrata, ci
sarebbe piaciuto come risultato quello di disporre di un testo
nuovo, evitando di tenere in vita il vecchio decreto.
A parte la fatica di confrontare norme complesse con uno
slalom da mal di testa tra i due provvedimenti, davvero
speravamo che la nuova cifra di questo Governo fosse anche
un modo diverso di scrivere le leggi. E invece ci troviamo,
tanto per fare qualche esempio, che l’art. 2 del decreto 97
modifica l’art. 1 del 33; l’art. 3 del 97 modifica l’art. 2 del 33
e ci aggiunge l’art. 2 bis; l’art. 4 del 97 modifica l’art.3 del 33;
l’art. 5 del 97 inserisce l’art. 4 bis e il capo I bis nel 33; l’art. 6
del 97 modifica l’art. 5 del 33 e inserisce gli artt.5 bis. 5 ter e il
capo 1 ter e via discorrendo. Potremmo andare avanti fino in
fondo, ma garantisco che la situazione non migliora. La fatica
è davvero improba e la confusione assolutamente dietro
l’angolo, fino ad arrivare al capo II del decreto legislativo 97
che modifica addirittura la legge 190 e quindi un decreto
legislativo fatto dal Governo modifica la legge base in materia
di corruzione votata dal Parlamento. A ciascuno valutare la
tecnica legislativa adottata.
Ho lasciato per ultimo un breve commento sul Testo Unico,
noto con l’acronimo di TUSSP in materia di società a partecipazione pubblica, la così detta riforma Madia, redatta sulla
scorta della delega contenuta nella legge 124 del 2015.
Occorre dire, senza infingimenti, che si tratta di un lavoro
molto complesso, al quale non sono mancati gli apporti di
valutazione , i suggerimenti e i pareri delle Società dei Servizi
di livello territoriale e di quelle quotate in borsa, per tutelare
il sistema nel suo complesso, prendendo per altro atto della
necessità di un riposizionamento delle regole italiane all’interno dell’impianto europeo, che ha portato alla possibile
necessità di ridisegnare la natura delle compagini societarie
nel campo dei servizi pubblici locali.
Non mi soffermo sui contenuti che certamente chi legge
questa rivista già ben conosce. Il lavoro c’è stato eccome ed
anche i contributi apportati dalle Organizzazioni Datoriali
sono leggibili all’interno del decreto. La sostanza è che le
società pubbliche ne escono spesso con qualche compito
da svolgere ed anche con qualche passaggio di assetto
4
delicato, in quanto sempre più devono
risultare sovrapponibili alle società
private. I problemi si porranno alla
scadenza delle concessioni in house,
soprattutto in relazione alla evoluzione
del sistema che conseguirà a questo
provvedimento. Pare scontato che il
sostanziale ed obbligato allineamento
delle società pubbliche a quelle
private in termini di regole, nonché la
sostanziale perdita delle garanzie di
esclusiva, costituiscano situazioni che
aprono scenari non facili per le aziende,
ma anche per i cittadini che potrebbero
ritrovarsi all’improvviso con i privati
a gestire l’intero settore dei servizi
pubblici locali o comunque aziende non
più esclusivamente pubbliche com’è
oggi per l’acqua ed animate da obiettivi
che si ispirano alla logica del profitto.
La concorrenza è elemento positivo di
una economia matura, ma il sistema
costituito dalle società pubbliche dei
servizi non merita una rottamazione
acritica per una prospettiva di vantaggi
veri o presunti che il privato può
mettere in campo, trincerandosi dietro
efficienze ed economicità i cui costi si
ritroveranno poi spalmati all’interno di
tariffe costantemente in crescita. Non
dobbiamo guardare troppo lontano per
trovare riscontri a questa affermazione.
5
GUARDARE
OLTRE I PROPRI
CONFINI
TERRITORIALI
L A NUOVA SEDE CONFSERVIZI
LOMBARDIA
Un passo avanti per la comunità delle aziende lombarde
di Giuseppe Viola
Direttore generale Confservizi Cispel Lombardia
Una nuova immagine per rappresentare il nuovo orizzonte
di Confservizi Cispel Lombardia. Un nuovo spazio, una nuova
sede, una sfida rinnovata, ma anche un nuovo posizionamento
dell’Associazione territoriale all’interno di una dimensione
nazionale, senza trascurare il contesto internazionale in cui
si collocano sempre più le nostre aziende socie, in grado di
competere e confrontarsi con le colleghe d’Europa.
Inoltre con la firma del protocollo d’intesa tra Confservizi
Cispel Lombardia e la Federazione nazionale Utilitalia (che
riunisce le Aziende che operano nei servizi pubblici dell’Acqua,
dell’Ambiente, dell’Energia Elettrica e del Gas) abbiamo un
altro grande motivo di soddisfazione: è stato infatti aperto
uno spazio di confronto e di collaborazione istituzionale che
aiuterà le imprese lombarde a vivere la dimensione regionale
e nazionale superando le distanze e le varie dimensioni industriali, con un contatto più diretto in una delle regioni più
attive e industrializzate d’Italia.
Ricordiamo che in Italia, ma soprattutto all’interno
dell’economia di una regione forte come quella lombarda, il
peso delle Utilities è cresciuto e quelle che ancora troppo
spesso ci si ostina a chiamare riduttivamente ‘municipalizzate’,
sono diventate grandi aziende con una nuova e cresciuta professionalità, consapevolezza dei cambiamenti del mercato, capacità sempre maggiori di affrontare, con innovazione, risorse
finanziarie, dimensioni e organizzazione adeguate, i nuovi
business per fare impresa.
Il mondo dei servizi pubblici locali, oltre a garantire attività
fondamentali per i cittadini, continua a svolgere un ruolo decisivo per la dimensione economica lombarda e italiana.
La nostra missione sarà sempre più
quella di mettere in rete, avvicinare le
realtà territoriali che rappresentano
questo mondo, attraverso Confservizi
Cispel Lombardia e Utilitalia, comprendere, accompagnare e interpretare i bisogni di chi sta costruendo una
parte decisiva del futuro industriale del
nostro Paese.
Confservizi Cispel Lombardia
è
impegnata a favore delle aziende
con una disponibilità e apertura che
il trasferimento nella nuova sede
all’interno del centro direzionale di
Milanofiori a Rozzano ha fattivamente
concretizzato anche in un luogo fisico.
La nostra nuova ‘casa’, più accogliente
e prestigiosa, moderna e tecnologicamente attrezzata, è e deve diventare
sempre più il simbolo dello spazio di
confronto, di scambio di professionalità
e competenze, un luogo per l’approfondimento, la formazione e l’incontro,
a disposizione della comunità delle
aziende lombarde.
Desideriamo essere sempre più un interlocutore professionale, affidabile e
riconosciuto per la qualità del proprio
essere e del proprio fare per gli associati.
SERVIZI&SOCIETÀ
6
nuova sfida che le nostre
“Laaziende
dei servizi pubblici
locali dovranno affrontare
sarà quella di apripista
pubblico verso gli obiettivi di
sostenibilità del 2030.
“
Tratti distintivi che ci hanno consentito
di sedere ai tavoli istituzionali, tecnici
e politici, interpellati come voce autorevole e rappresentativa di una realtà industriale vasta, eterogenea e trainante
il settore.
Capaci anche di qualificare il dibattito
e di costruire importanti momenti di
confronto.
Lo dimostra il positivo confronto sul decreto legislativo del 19 agosto 2016, n.
175, Testo Unico in materia di Società
a partecipazione pubblica, organizzato
proprio a Milano a metà novembre, in
collaborazione con Utilitalia e la Corte
dei Conti Sezione regionale di controllo
per la Lombardia.
Qui ne riportiamo il programma con un
ampio resoconto sul prossimo numero.
Guardando al futuro la grande sfida
che le nostre aziende dei servizi pubblici locali si trovano ad affrontare
sarà quella di apripista-pubblico nella
crescita sostenibile del Paese e nel
raggiungimento degli obiettivi che
l’Agenda delle Sviluppo Sostenibile si
pone entro il 2030.
Risparmio energetico ed idrico,
economia
circolare,
salvaguardia
delle
risorse
e
prevenzione
dell’inquinamento, riduzione delle
emissioni climalteranti e innovazione
tecnologica,
teleriscaldamento
e
reti intelligenti, Italia digitale ed
altri ancora, non dovranno rimanere
temi da forum tematici e per pochi
‘pionieri’ , ma diventare la quotidianità
dell’organizzazione produttiva, come
le nostre aziende ‘made in Lombardia’
hanno già dimostrato di saper fare e
come noi, con questa rivista, raccontiamo
ogni giorno.
DECRETO LEGISLATIVO 19 AGOSTO 2016, N. 175
T.U. IN MATERIA DI SOCIETÀ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA
14 NOVEMBRE 2016 – ORE 9:30
VIA MARINA, 5 – MILANO
Ore 9:30 - Caffè di benvenuto
Saluti
Simonetta ROSA
Presidente della Sezione di controllo della Lombardia
I profili industriali delle società a partecipazione pubblica
Giovanni VALOTTI
Professore ordinario di Economia delle Aziende e delle
Amministrazioni Pubbliche dell’Università Bocconi Presidente di A2A – Presidente Utilitalia
Le principali novità del decreto legislativo n. 175 del 2016,
recante il T.U. in materia di società a partecipazione pubblica
Stefano POZZOLI
Professore Ordinario presso la Facoltà di Economia della
Università di Napoli Parthenope
Le società a partecipazione pubblica: dalla costituzione alla
crisi di impresa Laura DE RENTIIS
Magistrato della Corte dei conti – Sezione di controllo per la
Regione Lombardia
Discussant:
Antonio VIVENZI Presidente Gruppo LGH –Vicepresidente
Confservizi Cispel Lombardia
Presupposti e requisiti per l’affidamento diretto di appalti e
concessioni.
Le innovazioni normative nel testo unico e nel nuovo codice
dei contratti pubblici Donato CENTRONE,
Magistrato della Corte dei conti – Sezione di controllo per la
Regione Lombardia
Discussant:
Alessandro RUSSO
Presidente Gruppo CAP – Vicepresidente vicario Confservizi
Cispel Lombardia
I piani di razionalizzazione: i presupposti e gli obiettivi
Roberto SCANAGATTI
Presidente di Anci Lombardia e sindaco di Monza
Discussant:
Cristian PETTINARI Magistrato della Corte dei conti
La responsabilità per danno erariale di amministratori e
dipendenti delle società a partecipazione pubblica
Fabrizio CERIONI
Magistrato della Corte dei conti – Procura regionale Lombardia
Antonino GRASSO
Magistrato della Corte dei conti – Procura regionale Lombardia
Discussant:
Rappresentante ANCI
Moderatore:
Gianni TROVATI Giornalista de Il Sole24Ore
Segreteria organizzativa:
Corte dei conti Lombardia: tel. 02 7711 4326 - email: [email protected]
Servizio Relazioni Esterne Utilitalia: – tel. 06 94528280 email: [email protected]
Confservizi Cispel Lombardia: tel. 02 57300000 – email: [email protected]
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RIFORMA MADIA
IL GR ANDE IMPAT TO
Oltre cinquemila le imprese a partecipazione pubblica interessate al “taglio”
Colarullo (Utilitalia):
“Per
apprezziamo l’iniziativa legislativa,
ma ci aspettavamo qualcosa in più.
“
Anche per le politiche di riforma
della
Pubblica
Amministrazione
Milano sembra essere una vetrina ed
un’eccezione per l’Italia.
Lo ha voluto sottolineare il Ministro
Marianna Madia che a fine settembre,
a pochi giorni dall’apertura dell’anno
scolastico, si è incontrata con il sindaco
Giuseppe Sala ed in una conferenza
stampa a Palazzo Marino ha voluto
annunciare insieme al sindaco la
decisione del Comune di Milano di
assumere a tempo indeterminato,
nell’arco dei prossimi tre anni, 450
educatrici ed educatori per i servizi
pubblici all’infanzia.
L’obiettivo è quello di garantire ai
28 mila bambini che ogni anno
frequentano le scuole e i nidi che
sono a gestione diretta del Comune
la continuità dei servizi educativi.
Le assunzioni - come ha spiegato il
sindaco Sala - riguardano precari fino
a ora impiegati con contratto a tempo
determinato: il provvedimento è stato
approvato dalla Giunta comunale, ma
lo sblocco delle assunzioni è stato reso
possibile dalla legge 160 del 2016 che
il ministro Madia aveva fatto approvare
in Consiglio dei ministri.
“Non solo a Milano ma in molte città italiane si è cronicizzato
il fenomeno che vede un utilizzo strutturale e reiterato di
personale educativo precario,che oltretutto aveva già superato
selezioni pubbliche”, ha voluto sottolineare il ministro Madia
riconoscendo anche la tempestività del Comune di Milano
nell’attuazione della norma ed aggiungendo che così “viene
superato un fattore di incertezza per lavoratori, famiglie
e bambini. Il governo si era impegnato perché quest’anno
scolastico potesse iniziare con più stabilità e ha mantenuto
l’impegno con l’approvazione della legge 160”.
Non si è parlato in questa occasione - né era previsto - dei
Decreti sui Servizi pubblici locali, entrati ormai in questi
mesi nel pieno della loro definizione attuativa.
Proprio qualche giorno prima di venire a Milano il ministro
Madia era stata in audizione presso la Commissione Affari
costituzionali della Camera, che aveva all’ordine del giorno
la valutazione dello schema di decreto. E proprio in questa
occasione il Ministro ha fatto una importante affermazione.
SERVIZI&SOCIETÀ
8
da parte del ministro la
“Dimostrata
disponibilità e l’apertura del governo a
trattare separatamente la disciplina del
servizio idrico integrato.
“
Madia ha infatti confermato il sì del
Governo allo stralcio delle norme
sul servizio idrico. Il governo, cioè, è
disponibile a stralciare la disciplina
del servizio idrico integrato dallo
schema del decreto legislativo recante
il Testo unico sui servizi pubblici locali di
interesse economico generale, attuativo
della legge delega per la riforma
della
pubblica
amministrazione;
ed è altresì disponibile a trattare
tutta la materia esclusivamente
nel Disegno di legge “Principi per
la tutela, il governo e la gestione
pubblica delle acque”, all’esame della
Commissione Ambiente del Senato
dopo l’approvazione da parte della
Camera. Il ministro ha poi precisato,
sempre in Commissione Affari
costituzionali della Camera, come
si legge nel resoconto della seduta
della Commissione di Montecitorio,
“la disponibilità del Governo a
confrontarsi con la Commissione al
fine di scegliere la sede più opportuna
per affrontare tale delicato tema,
valutando eventualmente anche di
espungere dallo schema di decreto
legislativo in esame la parte che lo
riguarda”.
È un primo passo importante nei confronti degli operatori
del sistema idrico ed anche per l’associazione delle imprese
dei servizi pubblici locali.
Proprio Giordano Colarullo, neo direttore generale di
Utilitalia, aveva lamentato l’occasione persa con questi
decreti per incentivare le aggregazioni delle partecipate.
“Apprezziamo l’iniziativa legislativa perché condensa le
norme in unico testo normativo e quindi semplifica, ma ci
aspettavamo qualcosa in più”. In particolare, Colarullo
sottolinea, in rappresentanza delle imprese operanti nei
servizi pubblici, che sarebbero servite “maggiori iniziative
verso le aggregazioni tra aziende” e parla di “un’occasione
persa rispetto all’incentivazione che avrebbe garantito
una massa critica dimensionale migliore ed economie di
scala che avrebbero portato benefici”. Anche se, “questo
non significa che il settore rimarrà fermo - aggiunge - è pur
sempre un settore dinamico come ha dimostrato in questi
ultimi anni”.
Un altro elemento che “getta più ombre che luci” secondo
Colarullo riguarda “i criteri di distinzione tra chi subisce un
regime pubblicistico e chi fa impresa perché questi criteri
9
tagliano fuori tante nostre associate che hanno già adottato
un approccio di carattere industriale al servizio dei cittadini”.
In definitiva il direttore di Utilitalia lamenta “la mancanza di
un quadro normativo più confacente alle aspettative come,
del resto, era stato previsto dalla legge delega”.
Sono tutti aspetti che verranno approfonditi nei vari seminari
che Utilitalia e anche Confservizi Lombardia stanno dedicando
all’argomento, alla vigilia dell’entrata in vigore del Testo
unico sulle società a partecipazione pubblica, in attuazione
della legge delega 124 del 2015, ovvero la riforma Madia.
Come è noto il Governo ha dato il via libera definitivo a tre
decreti che ridisegnano tre aspetti importanti nel mondo
della pubblica amministrazione: il Testo unico sul processo
contabile, il nuovo Codice dell’amministrazione digitale e il
“taglia partecipate”.
Per il taglio delle partecipate il limite del fatturato medio
resta fissato in un milione di euro nei tre anni precedenti.
Non è stato perciò accolto né il passo indietro chiesto a suo
tempo dal Parlamento, che aveva spinto per un dimezzamento
a 500mila euro della soglia minima, nè quello che voleva
escludere le società nelle quali l’affidamento fosse avvenuto
con gara dalle nuove regole sulla composizione dei Cda.
Con questi criteri saranno non meno di
5mila le società tagliate dalla riforma:
prime fra tutte le partecipazioni in
società che non si occupano di attività
necessarie ai fini istituzionali dell’ente
proprietario oppure che non lavorano
per servizi di interesse generale;
poi toccherà alle partecipate che
non rientrano nell’elenco contenuto
nel nuovo testo unico; le società
che hanno più amministratori che
dipendenti; infine quelle che svolgono
attività similari; e infine le aziende che
non abbiano raggiunto il milione di
euro nel fatturato medio nel triennio
precedente.
La riforma si propone di sfoltire
anche il numero degli amministratori,
con
la regola dell’amministratore
unico: la presenza di un CdA dovrà
essere motivata per esplicite ragioni
organizzative, in base a parametri
fissati dal Governo. E saranno introdotti
nuovi limiti pure per i compensi degli
amministratori, con l’annullamento
delle buonuscite qualora la società
fosse in perdita per responsabilità
dell’amministratore.
Due date regolano le tappe di
attuazione della riforma: a sei mesi
dalla sua entrata in vigore (quindi
entro il febbraio 2017) ogni ente
interessato dovrà elaborare un piano
per alienare, vendere o aggregare le
società fuori dai parametri previsti
dalla legge e si dovrà effettuare un
censimento di tutto il personale in
esubero (e l’elenco dei lavoratori che
risultassero ‘eccedenti’ sarà gestito
dalle Regioni per agevolare processi di
mobilità in ambito regionale).
E dal 2018 partiranno poi revisioni
e controlli di conformità a quanto
prescritto dalla riforma.
SERVIZI&SOCIETÀ
10
MODELLO
MIL ANO
PRENDERE PER MANO IL PAESE
Il Patto per Milano come opportunità di sviluppo economico
Intervista a Giuseppe Sala
Sindaco di Milano
Nella prima parte di questo 2016 abbiamo potuto positivamente registrare il superamento di molte delle incertezze
che gravano sulla vita economica, politica ed amministrativa del Paese.
Le elezioni amministrative di giugno sono state infatti ricche di novità. In Lombardia, in particolare, il successo della proposta di Beppe Sala, divenuto sindaco di Milano, ha
prodotto –pur nella novità del suo programma - non solo
una percezione concreta di stabilità, ma soprattutto una rilevante e persistente visibilità nazionale al ‘sistema Milano’
il quale è diventato, anche sull’onda del successo di Expo,
un ‘modello’ per l’intero Paese.
Un ‘modello’ che risalta ancora di più a fronte dei tanti punti irrisolti che le cronache politiche e amministrative quotidianamente continuano a porci sotto gli occhi.
E Milano è diventata, tra sorpresa e soddisfazione, la città
più visitata dagli esponenti del governo: da quelli lombardi più conosciuti come Maurizio Martina, a quelli come il
ministro della amministrazione pubblica, Marianna Madia,
alle prese con la sfida di rinnovare il sistema della Pubblica
Amministrazione, comprese le aziende dei servizi pubblici
locali, partecipate dai Comuni ed oggi nel vivo di una profonda trasformazione.
Ma lo stesso presidente del consiglio, non fa mistero di
puntare molto sul capoluogo della Lombardia, dove si gioca
molto del futuro del Paese: questo è il significato del Patto
per Milano che Matteo Renzi ha voluto personalmente firmare con il sindaco Sala; qui sta l’importanza data anche
all’investimento sul progetto di Human Technopole sull’area
ex-Expo i cui primi 80 milioni sono stati già allocati (si
prevede tra gennaio e febbraio prossimi la prima pietra e
l’avvio dei laboratori), e che dovrebbe mettere in moto una
realtà di 1427 tra dipendenti e collaboratori scientifici.
Presentando di recente questo ambizioso quanto innovativo progetto di cittadella per la ricerca sulla medicina
predittiva e le biotecnologie, così come all’Assemblea di
Assolombarda, Matteo Renzi ha voluto sottolineare la sua
gratitudine verso Milano, perché “…abbiamo anche fortunatamente qualche città, che anziché rifiutare la sfida, che anziché dire no, prende per mano il Paese e lo porta verso il
futuro”.
11
BEPPE SALA, UN SINDACO
PER UNA CITTA’ COMPETITIVA
Il Patto per Milano: una opportunità di consolidamento
e sviluppo per tutta l’area metropolitana
Fare di Milano una città solida, innovativa, accogliente e in
grado di competere con le più grandi aree urbane del mondo, sia per benessere dei suoi residenti, sia per attrattività e
capacità di sviluppo economico e finanziario: questa la mission ambiziosa che il nuovo sindaco ha disegnato per il suo
mandato.
Il Patto per Milano, che è stato firmato a settembre, sancisce una alleanza forte con il Governo e fornisce gli strumenti che possono assicurare il successo di obiettivi così
impegnativi. Come ha dimostrato con la conduzione di
Expo, Beppe Sala non si spaventa delle grandi sfide.
Anzi. E’ riuscito a comunicare così bene all’Italia un modello
ed uno stile, fatto di pragmatismo, determinazione e
responsabile serietà nel perseguimento di un traguardo,
al punto che tra osservatori ed editorialisti è invalsa
addirittura la battuta: “ma questa Milano, non è Italia…”.
Pragmatismo, dicevamo. Significa fare le cose concretamente, passo dopo passo, utilizzando in maniera intelligente la leva delle risorse disponibili.
Questa è la filosofia del “Patto” sottoscritto tra Sala e Renzi.
La nascita di una no tax area sui terreni di Expo, in modo da
attrarre investimenti (anche approffitando di tutta la delocalizzazione messa in moto da Brexit). La riqualificazione
delle periferie. Il prolungamento delle linee del metrò per
migliorare la mobilità.
Sono tra i punti forti del Patto per Milano, siglato con il
premier Matteo Renzi nella sala Alessi di Palazzo Marino.
“I progetti che abbiamo messo in moto in tutto valgono due miliardi e mezzo” dice Sala durante la conferenza stampa. “Ad oggi
abbiamo finanziato - attraverso fondi del Comune, fondi europei
e fondi addizionali che ci vengono garantiti dal governo - le necessità dei primi due anni, ovvero del 2017 e del 2018: si tratta di
650 milioni già allocati sui vari progetti”.
I principali punti del Patto disegnano la mappa degli interventi più urgenti per risolvere alcune le esigenze di sviluppo della
città. Una città che si identifica sempre di più con quella vasta area metropolitana dove in un area di 60 km si concentra
il 25% dell’export e della manifattura italiani, per dirla con le
recenti parole di Assolombarda. Proprio il presidente degli industriali lombardi dice che occorre “far volare Milano per far
volare l’Italia”.
il 2017 e 2018 sono stati messi in
“Per
conto 174 milioni di euro per quel recupero
delle periferie e degli alloggi di edilizia
popolare sfitti, recupero che è sicuramente
una nostra priorità...
“
Lei, signor Sindaco cosa ne dice.
Qual è il suo pensiero?
SALA “Proprio dal palco dell’Assolombarda
ho detto, nel mio saluto, che gli industriali,
i tanti operatori economici e finanziari che si
concentrano nella grande area milanese sono
i protagonisti di una visione che partendo da
Milano può effettivamente sostenere un miglioramento delle condizioni economiche e
sociali del nostro Paese. Ho poi anche sottolineato che questa comune volontà si basa sul
principio, molto semplice e molto Ambrosiano,
per cui tutti a cominciare da Milano devono
fare la propria parte. È vero che questa città
rappresenta un luogo straordinario, in cui
si incrociano capitale economico, capitale
artistico, capitale scientifico e soprattutto capitale sociale: faremo in modo che tutti
questi fattori possano intrecciarsi in una contaminazione feconda ed è uno sforzo che faremo con tutta la squadra che compone la mia
Giunta”.
Non c’è osservatore pubblico, analista, editorialista dell’informazione che non indichi
ormai Milano come il ‘modello’ da seguire.
Qualcuno addirittura ha espresso il timore
che, nella sua eccellenza, Milano si stacchi
sempre più dal resto del Paese. È un rischio
reale?
SALA “Non lo credo, se - lo ripeto - ognuno in
Italia fa la sua parte. Vede, negli anni recenti
il Comune ha lavorato duramente per fare di
Milano quella che è. Non c’è dubbio che anche Expo ha fatto la sua parte. Ed oggi la città
vive una situazione positiva. Nella consapevolezza che non è un risultato caduto dal cielo.
E che si tratta soprattutto di continuare ancora
a lavorare duramente. Io sono ottimista perchè
vedo che è la città tutta ad essere fortemente
motivata a consolidare queste situazioni”.
SERVIZI&SOCIETÀ
Quali in particolare?
Quali situazioni considera più urgente consolidare?
SALA “Faccio alcuni esempi. Per il terzo anno consecutivo Milano
ha superato Roma per il numero di visitatori. Come riportano
gli indici specializzati Milano è posizionata al 14esimo posto
nella classifica mondiale, e nel 2016 si aspettano 7,6 milioni di
visitatori. È un dato straordinario, che va tenuto in gran conto in
ogni strategia.
Un altro esempio. Di recente si è parlato molto dei 110mila giovani italiani che fuggono all’estero ogni anno. Milano invece è in
controtendenza. Nell’ultimo anno 46 mila giovani sono venuti
a stare nella nostra città: sono venuti per studiare nelle nostre
sette università; oppure perchè qui si trova più facilmente lavoro, e con questo non voglio negare il fatto che il tema dell’occupazione giovanile è il tema che anche Milano ha ancora;
eppoi vengono anche per la nostra qualità della vita: magari
qualche anno fa si sarebbe fatta dell’ironia, ma oggi c’è effettivamente qualità della vita a Milano. Di questi giovani circa 25
mila sono studenti stranieri, e di essi 3 su 4 provengono da paesi extra europei, rappresentando l’11 % degli studenti: non mi
sembra quindi che ci sia precisamente una fuga di cervelli da
questa città, ma piuttosto si esprime la capacità di essere attrattivi. Lo siamo anche per altri settori, in alcune attività commerciali, nei brevetti, ecc”.
Lei poi, sindaco, è stato tra i primi, parlando di attrattività, a
dire che bisogna saper approfittare di Brexit.
SALA “Si certo. Ci siamo subito mossi. Anche se, da questo punto di vista, bisogna fare molta attenzione. Si muovono in tanti.
E altri paesi, basta citare la Spagna, stanno facendo una robusta
offensiva. Anche noi, come Paese, dobbiamo stare attenti: ogni
giorno perso sarà un giorno da recuperare”.
Al momento quali sono i progetti sui quali bisogna puntare?
SALA “Per fare vivere le aree Expo, oltre al progetto del polo
scientifico dello Human Technopole, del quale il premier Renzi
ha già indicato i tempi di realizzazione, l’obiettivo sarà di favorire, attraverso incentivi anche di tipo fiscale, la localizzazione di
aziende innovative e di attività di ricerca e sviluppo all’interno
dell’area. Ne ho già parlato anche con Maroni. Occorre avvio
alla procedura per la creazione di una Zona economica speciale
(Zes), con importanti ricadute in termini di impiego di personale altamente qualificato. Per quanto riguarda le agenzie europee che tentiamo di portare a Milano dopo l’uscita della Gran
Bretagna dall’Ue, la scelta è ricaduta sull’Ema, l’Agenzia del farmaco. Questa scelta nasce anche dalla considerazione che sul
nostro territorio ci sono già parecchie industrie del settore. E
l’Agenzia del farmaco aggiungerebbe alla città 500-600mila
notti di albergo, consolidando così positivamente i flussi del turismo d’affari”.
Riaffrontiamo la questione del Patto per Milano. C’è molta invidia in giro...
SALA “La decisione di lanciare questo progetto nasce da una
considerazione condivisa con Roma e in primis con il Presidente del Consiglio. Crediamo che Milano oggi sia realisticamente e
oggettivamente la punta avanzata del Paese. Lo affermiamo ov-
12
viamente senza nessuna volontà di autocelebrazione, ma anzi con la disponibilità di essere
una risorsa al servizio del rilancio dell’internazionalizzazione dell’Italia. Mirando all’obiettivo
di includere ancora di più Milano nel ristretto
club delle città globali”.
Le periferie sono state un cavallo di battaglia
del Suo programma elettorale. Cosa si prevede nel Patto?
SALA “Per il 2017 e 2018 sono stati messi in
conto 174 milioni di euro per quel recupero
delle periferie e degli alloggi di edilizia popolare sfitti, recupero che è sicuramente una nostra priorità. Di questi, 134 milioni saranno messi sul piatto dal Comune, mentre i restanti 40
arriveranno da risorse europee e statali”.
Sulla Città metropolitana e sulle sue necessità di bilancio, si addensano tante tensioni.
Si è previsto qualcosa nel patto?
SALA “Oggetto degli accordi tra Comune e
Governo sono stati anche i problemi di bilancio del nuovo ente che proprio ad ottobre ha
rinnovato il proprio Consiglio con un buon successo del centrosinistra. Sul documento non
c’è una voce specifica, bensì sono allocati investimenti che riguardano alcune criticità del
territorio metropolitano, come per esempio, le
esondazioni del Seveso. Il Patto prevede uno
stanziamento di 151 milioni già messo in programma mesi fa per vasche di laminazione e
scolmatore. Sono perciò certo che in due anni
riusciremo a ridurre notevolmente il rischio di
esondazioni del Seveso e del Lambro. Ho avuto inoltre assicurazione che il governo garantirà 25 milioni di euro che ci permetteranno di
chiudere il bilancio del 2016”.
Insomma si delinea un quadro positivo. Lei è
ottimista?
SALA “E’ comunque una sfida con cui ogni
giorno ci confrontiamo: la guida di realtà certamente complesse, come oggi sono le grandi
città, richiede visione lunga e capacità di accettare quotidianamente le sfide che si presentano. Si può chiamare ottimismo, o forse serietà: ma io, per carattere, non dico mai no alle
sfide”.
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SERVIZI&SOCIETÀ
14
NUOVO CODICE
APPALTI
RIVOLUZIONE NELLE A ZIENDE
“Il nuovo Codice appalti introduce un valore aggiunto: un controllo
pregnante su concessione o appalti”.
Focus di Confservizi Cispel Lombardia e Utilitalia e Villa Erba di
Cernobbio (CO).
Atteso, studiato, commentato e ‘bollato’ come portatore di una rivoluzione
nel settore appalti pubblici. Il nuovo
Codice degli appalti e delle concessioni è stato senza dubbio una delle normative più discusse e approfondite nel
corso del 2016. Un documento foriero
di cambiamento su cui anche Confservizi Cispel Lombardia, e in collaborazione con Utilitalia e alcune aziende
socie (Comodepur e Acsm Agam), ha
voluto aprire un focus e promuovere
a Villa Erba di Cernobbio un convegno con alcuni dei massimi esperti del
settore.
“Il nuovo Codice appalti introduce un
valore aggiunto: un controllo pregnante su concessione o appalti. Un
atto doveroso, certo, ma occorre tener
presente che molte pubbliche amministrazioni non hanno al loro interno
le alte professionalità richieste per
poter gestire un sistema articolato e
complesso come quello richiesto”. Non
nasconde alcune perplessità il presidente di Confservizi Cispel Lombardia
Giovanni Bordoni durante il convegno
lanciando, a margine dell’evento, la
proposta di “realizzare stazioni appalt-
anti forti sui diversi territori attraverso
la costituzione di strutture condivise
di esperti”.
Il nuovo codice, come illustrato dall’on.
Chiara Braga, della Commissione Ambiente, territorio e Lavori Pubblici
della Camera dei Deputati, si propone
un ambizioso obiettivo: coniugare le
esigenze, finora ritenute in potenziale
conflitto, dell’efficienza della spesa
pubblica e della concorrenzialità degli
affidamenti. Sinora lo scenario normativo e industriale di riferimento era
stato caratterizzato da rigidità. “Questo
documento rappresenta una discontinuità rispetto passato, non è stato calato dall’alto per vessare e controllare,
ma è fortemente innovativo. E’ uno
sforzo nell’ottica della trasparenza,
efficienza, sburocratizzazione delle
procedure, per attuare maggiore ed
effettiva concorrenza. L’idea è che dal
settore degli appalti passi un pezzo
importante della crescita e sviluppo
del nostro Paese. Bisognava mettere
mano a quegli aspetti che nel tempo
avevano creato condizioni per l’infiltrarsi di azioni illecite”. “Sicuramente
le nostre aziende inizialmente av-
ranno qualche difficoltà a recepire la
complessità di questa normativa ancora giovane – ha sostenuto il direttore
generale Confservizi Cispel Lombardia
Giuseppe Viola - ma in prospettiva
ritengo che aver individuato un punto
di riferimento forte su base nazionale,
la presenza dell’ANAC (Autorità anticorruzione), identificata come elemento di supporto alle stazioni appaltanti,
che non sia mero controllo, rappresenti
un elemento positivo. Avere linee comuni nazionali sarà più semplice per
chi bandisce gare e per chi partecipa”.
Pur rilevando qualche difetto di stesura, Eugenio Bruti Liberati professor
ordinario di Diritto Amministrativo
del Piemonte Orientale ha aggiunto:
“Se vogliamo un’Amministrazione efficiente imparziale e trasparente dobbiamo declinare verso l’innovazione le
possibilità che il codice ci offre. Il successo della riforma dipende da quello
che faranno le stazioni appaltanti. Il
successo dipende dal fatto che la domanda diventi più smart. Non abbiamo
regolamenti migliori di questo. Purché
il regolatore deve faccia il regolatore
non cane da guardia! ANAC non deve
15
dimenticare di essere un’autorità di
regolazione indipendente, non solo per
lotta alla corruzione. Deve conciliare
questa finalità con quella di garantire
funzionamento efficiente”.
Giudizio complessivamente positivo
è stato espresso in chiusura anche
dal vicepresidente di Utilitalia Mauro
D’Ascenzi che ha ribadito però la necessità di ulteriore chiarezza e semplificazione sul tema controllo.
“Fatico ancora a conciliare da un lato
l’obiettivo di grande efficienza e apertura della norma, dall’altra del supercontrollo da parte di poteri sovrapposti”. Si chiede infatti chi avrà l’ultima
parola quando attualmente i controllori sono molteplici: ANAC, Antitrast,
Autorità per l’energia elettrica gas e
per il sistema idrico.
Ad animare il dibattito erano presenti anche l’avvocato Daniela Anselmi,
Antonio Gitto di Anconambiente SpA e
Alessandro Russo del Gruppo Cap SpA.
Nel pomeriggio si è svolta anche la
XXXVIII Assemblea dei soci di Confservizi Cispel Lombardia in cui è stata
illustrata l’attività dell’associazione
nel corso del 2015 e annunciati i programmi per i 12 mesi successivi.
SERVIZI&SOCIETÀ
16
PROCEDURE D’ACQUISTO
DEI FARMACI
ALCUNE RIFLESSIONI DOPO SENTENZ A DELL A
CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA
di Mario Calzoni e Angelo Quieti
17
1. PREMESSA
1.1 La recente pronuncia della Sezione V della Corte di Giustizia Europea (2 giugno 2016 n. C-410-14) ha
riproposto all’attenzione degli operatori del settore farmaceutico alcune
riflessioni che possono costituire valida occasione di approfondimento in
tema di procedure per l’acquisto di
farmaci da parte di soggetti pubblici.
Per l’opportuno inquadramento delle
problematiche affrontate dalla sentenza occorre rilevare preliminarmente che l’articolo 1, paragrafo 2,
lettera a), della direttiva UE 2004/18/
CE relativa al coordinamento delle
procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e
di servizi, deve essere interpretato nel
senso che non costituisce un appalto
pubblico, un “sistema di convenzioni”
attraverso il quale un ente pubblico
intende acquistare beni sul mercato,
contrattando, per tutto il periodo di
validità del “sistema”, con qualsiasi
operatore economico che si impegni a
fornire i beni in questione a condizioni predefinite, senza operare alcuna
scelta tra gli operatori interessati, a
condizione che questi aderiscano (a
detto sistema) per tutto il periodo
di validità dello stesso, entro il perimetro definito dal complesso di atti
“quadro” originari.
1.2 Con la conseguenza che nei limini
in cui l’oggetto di ammissione ad un
sistema di convenzioni presenti un
soggetto (anche) extranazionale certo,
essa deve essere concepita e organizzata sulla base dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento, tra operatori economici, oltre che
del connesso obbligo di trasparenza.
SERVIZI&SOCIETÀ
2. CONSIDERAZIONI
2.1 Elementi fondamentali da tenere
fermi sono, quindi, fra l’altro:
a. la presenza di un sistema di convenzioni tra enti pubblici (sempre
da collocarsi nell’ambito della
procedura di gara discendente dai
preesistenti “atti e provvedimenti
quadro”, cui è stato fatto riferimento nella parte finale del punto 1.1.).
b. la determinazione di un periodo
temporale di operatività;
c. l’impegno del fornitore a fornire i
beni, a condizioni specificamente
predefinite, nell’ambito di quanto
esposto al punto a).
2.2 Solo così, infatti, sussistono:
• le condizioni legittimanti lo svolgersi dell’intera procedura, oggetto di trattazione;
• il rispetto del principio di
trasparenza, non discriminazione e
della parità di trattamento tra operatori economici.
2.3 Letteralmente, la Corte, così si è
espressa: “ … (omissis) … allorché un
ente pubblico cerchi di concludere contratti di fornitura con tutti gli operatori
economici desiderosi di fornire i prodotti
in questione alle condizioni indicate da
tale ente, la mancata designazione di un
operatore economico a cui sia accordata l’esclusività su un appalto fa sì che
non sussista la necessità d’inquadrare
l’azione di tale amministrazione aggiudicatrice ai sensi delle precise norme
della direttiva 2004/18, per impedire di
attribuire un appalto favorendo gli operatori nazionali. La scelta di ….. un aggiudicatario, sembra quindi un elemento
intrinsecamente legato all’inquadramento degli appalti pubblici da parte di tale
direttiva e, di conseguenza, alla nozione
di “appalto pubblico” ai sensi dell’articolo
1, paragrafo 2, lettera a), della stessa.
Tale constatazione è corroborata dall’articolo 43, primo comma, lettera e), della
direttiva 2004/18, a termini del quale,
per ogni appalto, ogni accordo quadro e
ogni istituzione di un sistema dinamico
di acquisizione, l’amministrazione aggiudicatrice redige un verbale contenente
il nome dell’aggiudicatario e la giustificazione della scelta della sua offerta.
Occorre, pertanto, rilevare che questo
18
principio è espressamente enunciato nella definizione della nozione di “appalto pubblico” ormai iscritta nell’articolo 1,
paragrafo 2, della direttiva 2014/24, del quale un elemento è
la scelta da parte dell’amministrazione aggiudicatrice dell’operatore economico, dal quale acquisirà, attraverso un appalto
pubblico, lavori, forniture o servizi che costituiscono l’oggetto
di tale appalto.
Infine, è opportuno rilevare che la particolarità di un sistema
di concezioni …..è insita nel fatto che esso è permanentemente
aperto, durante tutta la durata della sua validità, agli operatori
interessati, e dunque non è limitato ad un periodo preliminare
durante il quale le imprese sarebbero chiamate a manifestare
il loro interesse presso l’ente pubblico interessato, è sufficiente
a distinguere tale sistema da un accordo quadro. Infatti, conformemente all’articolo 32, paragrafo 2, secondo comma, della
direttiva 2004/18, gli appalti basati su un accordo quadro possono essere attribuiti soltanto agli operatori economici inizialmente parti dell’accordo quadro”.
3. CONCLUSIONI
3.1 E’ doveroso evidenziare che – a nostro parere – la sostanza della procedura va posta “a monte”, per poter concludere
che “… (omissis)… non costituisce un appalto pubblico (N.D.R.
ai sensi della direttiva 2004/18) … un sistema di convenzioni … attraverso il quale un ente pubblico intende acquistare
beni sul mercato contrattando, per tutto il periodo di validità di
tale sistema, con qualsiasi operatore economico che s’impegni
a fornire i beni in questione a condizioni predefinite, senza operare alcuna scelta tra gli operatori interessati e permettendo a
questi di aderire a detto sistema per tutto il periodo di validità
dello stesso”.
19
•
3.2 In sintesi: perché si possa procedere nell’ambito dei principi elaborati dalla Corte di Giustizia Europea occorre – fra
l’altro:
a. che vi sia come stazione appaltante (procedente) un ente
pubblico;
b. che questo ente intenderà acquistare beni sul mercato:
- contrattando (nell’ambito delle procedure quadro
definite, come detto, “a monte”) mediante un sistema
di convenzioni caratterizzate da trasparenza e non
discriminazione, previa pubblicità adeguata;
- per un determinato periodo temporale nel quale ha
validità il sistema;
- con qualsiasi operatore economico disposto a fornire
i beni stessi a condizioni predefinite (dall’Ente pubblico procedente).
3.3 In particolare, per l’opportuno inquadramento del complesso di problemi (e problematiche), tra gli ulteriori approfondimenti, meritano senz’altro particolare attenzione, i §§
13, 14 e 15, 22 e 29 della richiamata sentenza, riferiti al «Procedimento principale e questioni pregiudiziali».
il § 13 – peraltro – chiarisce che il
tasso di sconto era (per il caso sottoposto a valutazione) specificato
dalla stazione appaltante, all’interno di una procedura discendente da un accordo-quadro;
• il § 14 della pronuncia prevede
che sulla base dei parametri individuati dalla stazione appaltante
(tasso di sconto compreso), per
tutta la prefissata durata dell’accordo quadro (cfr. il § 6), qualsiasi
operatore economico poteva aderire alla procedura;
• il § 15 rimarca (sempre per il caso
deciso dalla Corte) che la procedura di ammissione non era soggetta al diritto degli appalti pubblici,
in quanto non sussisteva alcun
automatismo tra il soggetto che
(aderendo ai prefissati parametri
di gara), era stato ammesso ed il
diritto all’aggiudicazione dell’appalto in esclusiva al medesimo.
• il § 22, d’altro canto, ribadisce
quanto già evidenziato. (Infatti,
tale aspetto costituisce il focus
dell’intervento del giudice comunitario).
• il § 29 chiarisce – significativamente – che il procedimento principale (e cioè: l’aggiudicazione
dell’accordo quadro) deve essere
mantenuto distinto dalla procedura di ammissione che, nel caso di
specie, rimaneva aperta per tutta
la durata dell’accordo quadro e
senza un diritto di esclusiva (all’interno di detta procedura) a favore
dei soggetti che – in tale periodo
– hanno accettato (aderendo alla
procedura) lo sconto richiesto (cfr.
il § 31).
In tal senso, la stazione appaltante
(cfr. il § 32 della sentenza citata) si
è infatti riservata di contrattare con
tutti i soggetti che hanno aderito alla
procedura. (Ciò trova poi espressa
conferma nel dettato dei successivi
§§ 40, 41 e 45).
3.4 La verifica dei requisiti citati –
peraltro – è demandata al Giudice nazionale.
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WELFARE AZIENDALE
L’INVERNO DEMOGR AFICO E IL
WELFARE SOT TO PRESSIONE
Il problema del welfare italiano è che il grande compromesso su cui si fonda il
nostro modello (occupazione stabile e diffusa + famiglia solida) non regge più
di Luca Pesenti
Docente Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
meno nascite e aumento degli over
“Sempre
65 che sono ormai il 21% della popolazione.
Cresce la criticità degli indici di sostenibilità
sociale.
“
Il problema del welfare italiano è che
il grande compromesso su cui si fonda
il nostro modello di benessere sociale
(occupazione stabile e diffusa + famiglia solida) si è sensibilmente indebolito proprio nelle sue fondamenta.
Mentre l’ipotesi macroeconomica di
fondo, quella di una crescita costante
dell’economia (e dunque del PIL) è
entrata in crisi a partire dagli anni
Settanta ed è risultata semplicemente
aggravata dalle molte crisi che si sono
succedute strada facendo.
La sommatoria di queste due faglie di
frizione diventa inesorabile: mentre
aumentano i bisogni, il sistema
economico crea sempre meno ricchezza e dunque sempre meno risorse
spendibili dal sistema di welfare per
far fronte ai nuovi bisogni. Primi tra
tutti quelli generati dal lungo “inverno demografico” che non accenna a
finire.
Il Censimento della popolazione effettuato da ISTAT nel 2011 ci dice, tra le
altre cose, che l’età media degli ital-
SERVIZI&SOCIETÀ
iani è cresciuta in un decennio di ben
2 anni, attestandosi a 44 anni di età.
L’Italia è dunque un Paese che invecchia, avendo raggiunto nel 2015, con
486 mila nascite, un punto di minimo
mai registrato in oltre 150 anni di storia. E’ l’amara realtà di un tessuto sociale, economico e culturale dove agiscono meccanismi di rinvio nell’avere
un figlio, talvolta trasformato in definitiva rinuncia, che hanno portato le
donne italiane a esprimere, nel breve
spazio di un salto generazionale (circa
trent’anni), una fecondità ridotta del
50%. Va per altro ricordato che è da
quasi quarant’anni (dal lontano 1977)
che in Italia il numero medio di figli
per donna risulta inferiore alla soglia
richiesta per assicurare la semplice
sostituzione tra la generazione dei
genitori e quella dei figli. Dall’altro
lato della piramide demografica (sempre più simile a un panettone, a dire
il vero), gli over 65 sono oggi più di
12 milioni e dunque oltre il 21% della
popolazione, e tra questi la metà sono
ultra 75enni. La tendenza alla crescita
della popolazione anziana sarà inarrestabile fino a ben oltre la metà del
secolo: nel 2059 si prevede che gli
ultra 75enni raggiungeranno il picco
massimo del 23% della popolazione,
con livelli particolarmente drammatici
nelle regioni del Sud.
Il risultato netto di queste dinamiche
demografiche è (e sempre più sarà)
una crescente criticità relativa agli
indici di sostenibilità sociale. Uno di
questi è l’indice di dipendenza degli
anziani, che rappresenta il numero di
individui non autonomi per ragioni demografiche (età>=65) ogni 100 individui potenzialmente indipendenti (età
15-64): l’Italia nel 2013 ha registrato
il dato più negativo in Europa, con 32,7
anziani ogni 100 persone potenzialmente indipendenti. Lo score del nostro paese è peggiore anche di quello
presente in Germania, dove però l’andamento del PIL segnala l’esistenza di
un’economia forte e, a valle, di un welfare ancora abbondantemente sostenibile. Leggermente migliore in chiave
comparativa, ma comunque negativo,
è invece l’indice di dipendenza strutturale: in Italia nel 2013 il 54,2% degli
22
rappresenta un elemento
“L’invecchiamento
centrale con cui sempre di più occorrerà fare
i conti. Oltre al tema della sostenibilità della
spesa pensionistica e di quella sanitaria si
pone il problema della cura delle persone
non autosufficienti e dei conseguenti servizi
di long-term care.
“
individui erano inattivi (pensionati, disabili, studenti) e dunque a carico della minoranza di percettori di reddito. Peggio
di noi stanno soltanto Francia, Svezia, Danimarca e Finlandia, ma anche in questi casi le dinamiche economiche garantiscono in questi paesi sistemi di welfare più sostenibili.
A fronte di questo drammatico quadro demografico, numerosi segnali mostrano come la spesa sociale, per come
è concepita in Italia, fatichi a tenere il passo dell’aumento dei bisogni sociali espressi, determinando uno squilibrio
perdurante del sistema. L’invecchiamento della popolazione
ha oggi (e avrà maggiormente in futuro) un effetto rilevante
proprio sulle due più corpose aree di spesa (pensioni e sanità) che già oggi risultano soggette a crescenti pressioni e
richiedono in modo crescente un intervento in compartecipazione da parte delle famiglie. Le numerose politiche pensionistiche susseguitesi nell’ultimo ventennio hanno messo
sotto controllo la spesa, al prezzo però di un peggioramento delle condizioni previste per chi andrà in pensione negli
anni futuri quando entrerà a pieno regime il sistema ma totalmente contributivo.
Di fronte a una prospettiva di arretramento della copertura
pensionistica, non sembrano per altro corrispondere spinte
rilevanti sul fronte della previdenza complementare. Le
pensioni integrative, fortemente sviluppatesi a partire dalle
innovazioni normative degli anni Novanta, non hanno successivamente raggiunto i livelli di diffusione auspicati: il
tasso di adesione complessivo (al lordo dei non versanti) di
tutti i fondi è infatti pari al 32,2% sul totale degli occupati e
al 28,3% sul totale delle forze di lavoro (comprese dunque
le persone in cerca di occupazione), con tassi di adesione
però molto bassi (5,2%) per quanto riguarda i dipendenti
pubblici (COVIP, 2015).
Sul fronte sanitario, siamo invece di fronte all’unica voce di
spesa che ha dovuto subire tagli nel corso ultimi anni, dopo
un quindicennio di costi crescenti. La spesa è passata del 5%
sul PIL del 1995 al 7% del 2010, per poi scendere al 6,8% nel
2013. Si tratta di un decremento netto di circa 100 euro pro
capite a parità di potere di acquisto (da 1857,98 del 2010 ai
1.748,88 del 2013), risultanti da riduzioni di spesa di circa
4 miliardi nello steso periodo (da 112,4 a 108,7 miliardi). La
conseguenza di questa contrazione di spesa pubblica è stata
la crescita dei ticket sanitari, con un conseguente aumento
di spesa a carico delle famiglie: la spesa sanitaria privata
è così cresciuta in modo costante, aumentando la propria
23
incidenza sul totale dei consumi delle famiglie italiane. Nel
2006 l’incidenza era del 3,5% per un totale di quasi 24 miliardi di euro, nel 2013 l’incidenza era salita al 3,9% (circa
30 miliardi di spesa), per toccare il massimo di incidenza
nel 2015 (4,5%) per una spesa complessiva che supera i 34
miliardi.
L’incidenza di queste due voci sul totale della spesa sociale tende per altro a spingere costantemente ai margini
dall’impianto tradizionale di protezione i nuovi rischi sociali,
mentre i bisogni che ne derivano continuano a diversificarsi e ampliarsi. E anche su questo secondo versante critico
il problema dell’invecchiamento rappresenta un elemento
centrale con cui sempre di più occorrerà fare i conti, poiché
accanto ai problemi di sostenibilità della spesa pensionistica
e di quella sanitaria si pone il problema della cura delle persone non autosufficienti e dei conseguenti servizi di longterm care (LTC) da garantire ad una popolazione progressivamente sempre più ampia. Una recente analisi di questo
nuovo versante del bisogno sociale in Italia ha stimato (al
2013) in 3,4 milioni di persone il numero dei potenziali
utenti bisognosi di cure LTC, di cui soltanto una piccola quota (250.000) risulta ricoverata in strutture di lungodegenza,
mentre la rimanente parte è curata in famiglia. Il numero
di chi è a carico delle famiglie è cresciuto del 21,4% rispetto a dieci anni prima, mentre i ricoverati sono cresciuti del
34% (Barbetta, Sangrigoli e Turati, 2015). A fronte di questo
crescente bisogno, l’Italia presenta una spesa per i servizi di
LTC pari all’1,91% del PIL, nel complesso sufficientemente
in linea con quanto si spende in Francia, Regno Unito e Germania. Si tratta
però di una spesa sbilanciata sul fronte dei trasferimenti monetari, in particolare nei confronti della spesa per
assistenza domiciliare: ciò determina
il fatto che in l’Italia debba scontare il
più basso tasso di copertura di servizi
(residenziali e domiciliari) rispetto ai
paesi comparabili (Ciarini, 2015).
Questo dato risulta particolarmente
problematico, per quanto riguarda
l’Italia, non soltanto se lo si associa alle
prospettive di ulteriore invecchiamento determinate dalle dinamiche demografiche, ma anche se si tiene conto
del parallelo indebolimento delle reti
famigliari su cui si scaricano gli effetti
della mancanza di servizi. Il sistema di
welfare poteva “appoggiarsi” nel 1971
su una famiglie composte in media da
3,35 componenti, in un contesto in cui
le famiglie unipersonali erano circa 2
milioni, mentre attualmente (secondo
i dati censuari del 2011) l’ampiezza
delle famiglie si è drasticamente ridotta (2,4 componenti per famiglia) mentre
sono cresciute fino a 7,5 milioni le famiglie unipersonali. Famiglie più piccole
e più individui soli garantiscono dunque una ridotta capacità di protezione
sociale, aumentando i rischi di vulnerabilità sociale in assenza di una ricalibratura adeguata del welfare, che
come si è visto destina in Italia appena
il 4,1% del totale della spesa sociale
alle famiglie (rendendo poco efficaci le auspicate politiche di conciliazione vita-lavoro, in altri paesi assai
robuste e variegate) e meno dell’1%
agli interventi di contrasto dell’esclusione sociale. Si riduce dunque l’effetto di riequilibrio delle diseguaglianze,
soprattutto in una difficile congiuntura economica come quella che stiamo
osservando nell’ultimo decennio, con la
conseguenza di aumento significativo
della povertà assoluta, condizione in cui
i trovano nel 2015 il 6,1% delle famiglie residenti (erano il 5,7% nel 2014)
e il 7,6% della popolazione (rispetto al
6,8% dell’anno precedente), proprio per
effetto di una maggiore incidenza tra le
famiglie con più di un figlio.
SERVIZI&SOCIETÀ
24
INNOVAZIONE
IL FUTURO?
È RICERC A E INNOVA ZIONE
Intervista a Luca Del Gobbo
Assessore all’Università, Ricerca e Open innovation Regione Lombardia
Assessore Del Gobbo quali priorità
vede oggi per Regione Lombardia?
Certamente quella di rimettere in
moto la macchina dello sviluppo, che
vuol dire rilancio e sostegno del lavoro e delle attività produttive. Ma ogni
sforzo sarà vano se non teniamo sempre acceso il motore di tutto, e cioè la
ricerca e l’innovazione continua. Faccio
fatica a vedere il futuro della Lombardia senza pensare oggi, nel presente, a come stimolare efficacemente
ricerca e innovazione.
Classe 1964, cittadino di Magenta di cui è stato prima Consigliere comunale (1993/2001) e poi Sindaco per due mandati consecutivi fino
al 2012, eletto nel 2013 in Consiglio regionale dove ha ricoperto il
ruolo di Capogruppo del Nuovo Centrodestra , Luca Del Gobbo ad
inizio 2016 è entrato in Giunta di Regione Lombardia (in sostituzione
dell’uscente assessore Melazzini) con il prestigioso incarico di Assessore all’Università, Ricerca e Open innovation.
Velocità, sintesi e chiarezza sono le caratteristiche che lo contraddistinguono e che ha ereditato da una ventennale esperienza professionale
in comunicazione e collaborando come giornalista, libero professionista, con radio, giornali, tv e uffici stampa. Sono doti che emergono anche
dalla nostra intervista.
Sono in molti a condividere questa analisi, che rischia di diventare quasi un luogo comune. Ma poi in concreto che si fa?
No. Le mie non sono parole soltanto o
progetti da venire. Vede, proprio lo scorso 22 settembre ho potuto illustrare
nella seduta della Commissione Attività produttive del Consiglio regionale,
quelli che sono i principi ispiratori, le
finalità e gli strumenti contenuti nel
progetto di legge “Lombardia è ricerca”. Sarà una Legge certamente ispirata
dalle linee generali che il presidente
Maroni ha inserito nel suo programma.
Ma in più voglio sottolineare come essa
25
sia anche nata dal contributo di tanti utenti che popolano la piattaforma
Open Innovation. Già nella sua denominazione “Lombardia è ricerca” traspare
la nostra intenzione e consapevolezza:
conferire una governance unitaria del
sistema di Ricerca e innovazione, che e’
ricco e variegato, ma spesso si muove
in modo disgregato, rischiando, quindi, di risultare poco efficace. Serve fare
sistema, serve favorire quella capacita’
di fare rete e massa critica che può far
bene non solo alla ricerca stessa, ma
anche e soprattutto al sistema delle
imprese.
Quindi avete avviato l’iter per l’ok definitivo al vostro progetto di legge.
Temete lungaggini nelle discussioni in
aula?
Come sempre cerchiamo il consenso
di tutti. Né si tratta di una materia che
può sollecitare scontri e contrapposizioni con l’opposizione. Ad ogni modo
a breve, il provvedimento sarà esaminato da un gruppo di lavoro della
stessa Commissione con l’obiettivo di
migliorarne il testo e portarlo in aula
per il via libera definitivo per metà novembre.
Quindi tutti d’accordo, mi pare.
Sono convinto di sì. Già la presentazione
in Commissione Attività produttive, ha
fatto emergere una condivisione davvero ampia dei suoi obiettivi: il sistema
produttivo deve necessariamente incamminarsi lungo i binari di una ricerca più spinta, di una digitalizzazione dei
processi, di una condivisione delle informazioni e delle esperienze in modo
che le aziende lombarde possano
avere strumenti adeguati per primeggiare nel mondo. Tutto questo proces-
so sarà valorizzato partendo da quanto
esiste già e che non bisogna mai dimenticare: cioè un ecosistema fatto da
ricercatori, centri all’avanguardia, università apprezzate a livello internazionale, un tessuto imprenditoriale solido ma che va messo in condizioni di
crescere. La legge sarà uno strumento
utile per cogliere questo obiettivo.
Ma veniamo al merito. Cosa contiene
questo Progetto di legge?
Il Progetto di legge rappresenta la prima risposta di una Regione ai tentativi
di creare una vera e propria governance
in tema di ricerca e innovazione. La Lombardia potrà essere così la prima Regione che avrà una legge specifica per
mettere a sistema tutte le iniziative
realizzate fino ad oggi. Va tenuto presente che ogni anno, in Lombardia, vengono investiti 7 miliardi di euro sia a
livello pubblico che privato; siamo anche al primo posto per quanto riguarda
le start-up innovative (se ne possono
elencare ben 1.183) e anche per i brevetti depositati (oltre 190mila). Tutto
questo va coordinato e governato.
In concreto cosa dispone la legge?
Quali mezzi mette a disposizione?
Gli strumenti sono innanzitutto composti da agevolazioni fiscali a imprese
che investono in ricerca, anche nell’area post Expo. Prevediamo poi accordi
per la Ricerca ed Innovazione tra Pubblica amministrazione e reti formate
da imprese e centri di ricerca e università (40 milioni di euro fino al 2020).
Così come è importante anche il finanziamento di percorsi di formazione e
ricerca in impresa, realizzati in accordo
con le università per il trasferimento
tecnologico (1,3 milioni già nel 2016).
Inoltre l’acquisto di soluzioni innovative per la pubblica amministrazione (3
milioni nel triennio 206/2018) ed una
Agenzia regionale per la Ricerca e Innovazione (Ari) per valutare, informare
e favorire il trasferimento tecnologico.
Da sottolineare anche la Giornata della
ricerca, con premi ai migliori ricercatori
ed alle imprese innovative (1,5 milioni
di euro per il 2016); e infine infrastrutture digitali per migliorare l’accesso
alle tecnologie, sia per l’informazione
che per la comunicazione (20 milioni
di euro fino al 2020).
SERVIZI&SOCIETÀ
Questo Progetto di Legge lo considerate
un punto d’arrivo o di partenza?
Né uno, né l’altro. Perché il progetto di
legge ‘Lombardia è Ricerca’ è uno dei
momenti di una strategia. Di un percorso, cioè, iniziato nel 2014 con ‘Impresa
Lombardia’ che ha semplificato le regole del sistema e introdotto strumenti
come gli accordi per la competitività
che hanno tutelato migliaia di posti
di lavoro. A questo è seguito, nel 2015,
‘Manifattura diffusa 4.0’ che ha fornito
gli strumenti tecnologici necessari per
competere sul mercato, indipendentemente dalla dimensione d’impresa:
proprio agli inizi di ottobre, in occasione del Rapporto2016 su artigianato
e piccole imprese, è stato riscontrato
un trend positivo di crescita per il settore, che la Regione vuole continuare
a facilitare con un sostegno alla progettazione e all’acquisto di tecnologie
innovative e strumenti creativi; con
la messa a disposizione di spazi, aree,
laboratori per la manifattura diffusa.
26
Ecco, assessore Del Gobbo, Lei cita dei
settori specifici. Le chiedo: anche per il
settore delle aziende dei servizi pubblici locali si prevedono interventi particolari?
I servizi pubblici locali, per la parte
che rientrano nella Pubblica amministrazione sono interessati dalla riforma
Madia; per quelle imprese più grandi
che sono invece sul mercato aperto
dell’energia, dell’ambiente, dei servizi idrici, ecc. vale quanto disposto per
tutti: a noi spetta di assicurare una
crescita competitiva del sistema imprenditoriale con interventi legislativi
che garantiscono piu’ semplificazione,
più attrattività, più ricerca, innovazione
e trasferimento tecnologico. Quindi
Regione Lombardia svolge un ruolo di
stimolo; ma sono poi le imprese - anche quelle dei servizi pubblici - che
devono cogliere le opportunità e, in
un certo qual modo, stare nei processi
di innovazione. Le aziende di pubblica
utilità della Lombardia, sono aziende di
eccellenza e si misurano con il mercato. Spesso sono avanti nella sperimentazione di soluzioni innovative: basti
pensare per esempio al mondo delle
smart-cities che interessa le principali
città della lombardia. La nostra politica e’ quella di offrire opportunità, di
creare occasioni perchè esplodano tutta la ricchezza e le potenzialità di due
sistemi - quello della ricerca e quello
delle imprese - che oggi più che mai
devono correre affiancati l’uno all’altro.
Infine assessore un’ultima domanda.
Lei è anche referente del tavolo post
Brexit in Regione, cioè l’organismo che
si propone di attrarre in Lombardia
imprese, enti, infrastrutture che intendono lasciare la Gran Bretagna. Come
si sta muovendo a riguardo?
Vogliamo l’Agenzia europea del farmaco a Milano. E stiamo preparando il
dossier per la candidatura ufficiale per
il trasferimento dell’Ema (European
Medicines Agency). Ogni anno dall’Ema
passano 56mila delegati provenienti
da tutta Europa. Solo nel 2015, l’Agenzia europea del farmaco ha autorizzato
la vendita di 93 medicinali di cui 39
con nuove sostanze attive. L’Italia è il
secondo mercato del farmaco in Europa dopo la Germania ed è uno dei
Paesi fondatori dell’Unione europea. A
Parma poi, a un’ora e mezza d’auto, ha
sede l’Autorità europea per la sicurezza
alimentare e ritengo strategico, come
accade negli Stati Uniti ad esempio,
unificare nello stesso Paese le agenzie che hanno a che fare con salute e
cibo. Ecco perché questo obiettivo, su
cui molto si spende anche il presidente Maroni e il sindaco di Milano Sala
è stato inserito nel ‘Patto per Milano’
siglato con il Governo.
Milano, come di recente ha sottolineato il premier Renzi, sarà la città dello ‘Human Technopole’ il quale, con i
suoi laboratori di eccellenza, già dal
prossimo anno occuperà il sito di Expo.
Abbiamo quindi le infrastrutture adeguate. Ma anche, non dimentichiamolo,
un personale qualificato: la Lombardia
è la regione italiana con più addetti nel settore farmacologico (28mila).
L’Ema è una struttura di 800 dipendenti, con un budget annuale di 300 milioni. Con piena sinergia tra istituzioni, governo e mondo imprenditoriale
faremo di tutto per portarla a Milano:
averla qui significa non solo garantire
il futuro dell’area Expo, bensì - cosa
assai più importante - offrire ai nostri
giovani laureati in medicina, scienze
biologiche, ingegneria genetica ed altro, nuove occasioni ed opportunità di
trovare lavoro di eccellenza senza dover necessariamente emigrare.
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FORMAZIONE
PER COMPETERE
E TR ASMETTERE
INNOVAZIONE
Intervista a Roberto Cavalieri
Direttore di Fonservizi
Nel panorama della formazione finanziata hanno acquisito un
rilievo sempre maggiore i Fondi Paritetici Interprofessionali per
la Formazione Continua, uno strumento importante per garantire,
attraverso il finanziamento della formazione dei lavoratori, maggiore competitività e adattabilità delle aziende ad un contesto
economico in continua evoluzione.
Per comprendere meglio la natura dei Fondi Interprofessionali
abbiamo intervistato Roberto Cavalieri, Direttore di Fonservizi,
un Fondo Interprofessionale pensato e dedicato ai Servizi Pubblici Industriali, nato a seguito dell’Accordo Interconfederale sottoscritto il 5 Luglio 2010 tra Confservizi (Asstra, Utilitalia) e le
organizzazioni sindacali dei lavoratori CGIL, CISL, UIL.
Buongiorno Direttore.
“E’ sempre più ampia la platea delle aziende e dei lavoratori
che utilizza i Fondi Interprofessionali per il finanziamento
della formazione continua, dove si colloca Fonservizi?
I Fondi Interprofessionali, nella loro mission istituzionale,
rappresentano un’opportunità di contatto tra le esigenze di
innovazione delle aziende e le esigenze di crescita e valorizzazione dei lavoratori. Questo è un intreccio decisivo se
si vuole scommettere sul futuro delle nostre aziende. Per
quanto riguarda Fonservizi, dopo il consolidamento dei 3
comparti core del fondo, “Trasporto Pubblico Locale”, “Acqua, Luce, Gas” e “Igiene Ambientale”, ad arricchire la platea
dei possibili beneficiari degli interventi formativi è arrivato il “comparto Socio Sanitario” e il “comparto Altri Settori
Economici”, che intercettano rispettivamente il settore sanitario e ospedaliero allargato, assicurando percorsi di integrazione sociosanitaria e socioassistenziale e le aziende
non riconducibili ad uno specifico settore produttivo.
Il bilancio dei primi sei mesi del 2016 è molto incoraggiante
e in linea con le previsioni di crescita del fondo stimate a
fine anno.
Ci può fornire qualche numero?
Il trend di crescita delle adesioni a Fonservizi è positivo: da
gennaio a luglio 2016 si è passati da 1368 a 1514 aziende
con un incremento pari a circa il 10 %. Il comparto produttivo che è cresciuto di più è “altri settori economici”, seguito
da “igiene ambientale”.
Per quanto riguarda invece il numero di dipendenti si è
passati da circa 125.000 unità, registrate a gennaio, a circa
133.000 aderenti.
SERVIZI&SOCIETÀ
Come si articola l’offerta formativa
di Fonservizi?
Come è noto, Fonservizi ha strutturato la propria offerta formativa
su due diversi canali: il Conto Formazione Aziendale e gli avvisi pubblici.
Il Conto Formazione Aziendale (CFA)
è lo strumento che Fonservizi mette
a disposizione alle imprese aderenti
per finanziare Piani Formativi a
favore dei propri dipendenti, utilizzando direttamente il 70 % del contributo obbligatorio, pari allo 0,30
%, che le imprese versano all’INPS a
titolo di «assicurazione obbligatoria
contro la disoccupazione involontaria».
Gli avvisi pubblici invece sono veri
e propri bandi ad evidenza pubblica
gestiti con procedura competitiva.
Sono state pubblicate da poco le
nuove Linee Guida del Conto Formazione Aziendale.
Perché un’azienda dovrebbe attivare
il proprio CFA con Fonservizi?
Il CFA è il nostro vero punto di forza.
Con le nuove linee guida sono state
introdotte nuove semplificazioni per
le aziende:
• Riconoscimento del 100% della
portabilità in caso di revoca da
altri Fondi;
• Nessun parametro di costo
orario da rispettare;
• Piena discrezionalità nella scelta
dell’eventuale fornitore e delle
tematiche formative;
• Possibilità di erogare formazione
in FAD;
• Riconoscimento del 100% del
finanziamento della formazione
sulla
sicurezza
obbligatoria
per legge (ex D.Lgs.81/2008 e
ss.mm.ii.);
• Disponibilità di usufruire di 3 annualità per l’utilizzo delle risorse
accantonate annualmente prima
del disimpegno;
• Minima richiesta di documentazione nel rispetto delle procedure concordate con il Ministero
28
•
•
•
•
•
del lavoro;
Iter veloce di approvazione dei
piani formativi presentati;
Procedure di gestione snelle e
semplificate e tempi di pagamento rapidi;
Massima trasparenza nell’accesso all’estratto conto aziendale e allo stato dei versamenti;
Assistenza alle aziende durante
tutte le fasi di gestione;
Da gennaio 2017, le aziende potranno scegliere se usufruire
dell’80% del versato sul proprio
CFA o continuare ad utilizzare
il 70%. In un’ottica di pari opportunità di accesso ai finanziamenti anche da parte delle PMI,
le aziende che sceglieranno di
utilizzare l’80% sul CFA non potranno partecipare al sistema
degli Avvisi e godranno di un
biennio per utilizzare le risorse
versate.
E’ stato pubblicato a fine luglio l’Avviso 01_2016, un bando a sportello.
Di che si tratta?
Si tratta del settimo bando ad
evidenza pubblica emanato da
Fonservizi dall’inizio della programmazione dell’offerta formativa ad
oggi. E’ un Avviso Pubblico rivolto
a tutte le aziende aderenti al Fondo
entro il mese di settembre 2016 e
non attivatrici del Conto Formazione
Aziendale.
Tra i punti più significativi del nuovo
Avviso:
- € 600.000,00 di dotazione finanziaria;
- € 8.000,00 come importo massimo per Piano;
- Un solo Regime di Aiuti di Stato,
il De Minimis;
- 2 tipologie di Piano Formativo
ammesse (Aziendale e Individuale);
- 4 mesi come durata massima dei
Piani;
- Una sola richiesta per Impresa
Beneficiaria;
- Nessun limite percentuale rispetto al
monte ore totale per il finanziamento
della formazione obbligatoria.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con il DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 150
ha inserito i Fondi interprofessionali
nella rete delle politiche attive per il
lavoro. Che cosa significa questo per
Fonservizi?
Con il Decreto 150 viene istituita
la Rete Nazionale dei servizi per le
politiche del lavoro che rappresenta
uno strumento di governance per
garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva
del lavoro su tutto il territorio
nazionale.
Il vero tema delle politiche del
lavoro riguarda la scarsa capacità di
mettere in connessione i vari attori
del sistema in modo tale che tutti gli
sforzi convergano per raggiungere
un unico obiettivo: raggiungere un
livello di occupabilità soddisfacente
per il nostro paese. L’importanza dei
fondi in questa rete riguarda la capacità di trasmettere innovazione,
rendendo spendibili sul mercato del
lavoro le competenze acquisite durante i percorsi formativi attuati.
La competitività e l’innovazione in
qualsiasi settore sono strettamente
correlate alle risorse umane e alla
capacità delle aziende di veicolare
patrimoni comuni di conoscenze e
competenze.
L’obiettivo delle aziende dunque è
molto ambizioso ma doveroso, soprattutto nel contesto economico
difficile in cui queste si trovano ad
operare. In questo scenario, appare
chiaro come i Fondi Interprofessionali diventino attori di prima
linea nel favorire lo sviluppo di piani
o programmi formativi aziendali
spendibili nel mercato del lavoro.
Attendiamo comunque di conoscere
nel dettaglio le direttive ministeriali….
Grazie direttore e buon lavoro
29
L A NUOVA
DISCIPLINA
DEL SISTRI
FOCUS TECNICO SULL A NUOVA
NORMATIVA DEL SET TORE AMBIENTE
CHE REGOL AMENTA L A TR ACCIABILITÀ
DEI RIFIUTI ( PARTE PRIMA)
di Bernardino Albertazzi
Giurista Ambientale-Consulente Confservizi Cispel Lombardia
Il DECRETO MINISTERO DELL’AMBIENTE
30 marzo 2016, n. 78 “Regolamento
recante disposizioni relative al funzionamento e ottimizzazione del sistema
di tracciabilita’ dei rifiuti in attuazione
dell’articolo 188-bis, comma 4-bis, del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”
entrato in vigore il giorno 8 giugno 2016,
ha abrogato e riscritto la previgente,
complessa, articolata e mal coordinata
disciplina del SISTRI.
REGIME TRANSITORIO
E NUOVE PROCEDURE
Dispone infatti l’art.23 del decreto che:
“1. A partire dalla data di entrata in
vigore del presente regolamento, e’
abrogato il decreto del Ministro dell’ambiente 18 febbraio 2011, n. 52, «Regolamento recante istituzione del sistema di
controllo della tracciabilita’ dei rifiuti, ai
sensi dell’articolo 189 del Dlgs 152/2006
e dell’articolo 14-bis della legge 3 agosto
2009, n. 102».
E’ stato cioè abrogato l’originario decreto
istitutivo del SISTRI e tutte le sue successive modificazioni.
Inoltre ha disposto il secondo comma del
medesimo articolo che:
“Per quanto non espressamente indicato
dal presente regolamento, fino all’approvazione delle procedure operative con
il decreto di cui all’articolo 2, comma 1,
si applicano le procedure indicate nei
manuali e nelle guide rese disponibili
nel sito SISTRI (www.sistri.it), previo
visto di approvazione del Ministero
dell’ambiente”. Il richiamato comma è
quello che dispone che spetta ad “uno o
piu’ decreti del Ministro dell’ambiente, di
natura non regolamentare, definire:
• le procedure operative necessarie
per l’accesso al SISTRI;
• l’inserimento e la trasmissione dei
dati;
• nonche’ quelle da applicare nei casi
in cui, in ragione delle peculiarita’
degli stessi, si richiedano disposizioni
differenziate o specifiche;
• le modifiche dell’allegato 1 (che
disciplina l’entità dei contributiSISTRI in relazione alle tipologie di
attività) del nuovo regolamento;
• la revisione dell’entita‘ dei contributi
a carico dei soggetti che aderiscono
al SISTRI su base volontaria, che sono
stabiliti in misura ridotta rispetto agli
importi dovuti dai soggetti obbligati
per le analoghe categorie di riferimento.
Per quanto riguarda la vigenza, nell’attesa
dei cit. decreti, delle “procedure indicate
nei manuali e ne le guide rese disponibili
nel sito SISTRI (www.sistri.it)” si segnala
che attualmente il punto di riferimento
è il MANUALE OPERATIVO SISTRI elaborato dal Ministero dell’Ambiente in data 7
giugno 2016.
SERVIZI&SOCIETÀ
Le future procedure di affidamento del
sistema di tracciabilita’ informatica dei
rifiuti dovranno assicurare:
a. la razionalizzazione e la semplificazione del sistema, attraverso l’abbandono:
1. dei dispositivi elettronici per
l’accesso al SISTRI;
2. dei dispositivi da installarsi sui
veicoli di trasporto dei rifiuti
avente la funzione di monitorare il percorso effettuato dal
veicolo durante il trasporto, cioè
le black box;
3. dei dispositivi USB per l’interoperabilita’ di cui all’articolo 18.
Inoltre spetta ad un decreto ministeriale:
1. la rimodulazione dei contributi
dovuti dalla categoria dei trasportatori;
2. l’individuazione di strumenti idonei a
garantire l’efficace resa del servizio di
tracciabilita’ dei rifiuti;
3. la tenuta in formato elettronico
dei registri di carico e scarico e dei
formulari di trasporto con compilazione in modalita‘ off-line e trasmissione asincrona dei relativi dati;
4. la generazione automatica del
modello unico di dichiarazione di cui
alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, ai
fini della dematerializzazione della
corrispondente documentazione.
In futuro poi sarà compito della societa’
concessionaria del servizio di gestione
del SISTRI predisporre ed aggiornare
la modulistica descrittiva, i manuali e
le guide sintetiche a supporto degli
operatori e la pubblicazione sul portale
informativo SISTRI (www.sistri.it), previo
visto di approvazione del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare. Tra le Definizioni di cui all’art.1
sono di notevole rilievo quelle di:
«delegato»: il soggetto che, nell’ambito
dell’organizzazione aziendale, è eventualmente delegato dall’ente o impresa
all’utilizzo del sistema;
«titolare del dispositivo»: ciascun operatore obbligato ad aderire al SISTRI o che
aderisce al SISTRI su base volontaria;
«titolare della firma elettronica»: la
persona fisica cui è attribuita la firma
elettronica del dispositivo USB e, ove
presente, del dispositivo USB per l’interoperabilità;
30
«unita’ locale»: qualsiasi sede, impianto o
insieme delle unita’ operative, nelle quali
l’operatore esercita stabilmente una o piu’
attivita’ che determinano la produzione di
rifiuti da cui deriva l’obbligo o la facolta’ di
adesione al SISTRI;
«unità operativa»: reparto, impianto o
stabilimento, all’interno di una unita’
locale, dalla quale sono autonomamente
originati rifiuti.
Il nuovo decreto conferma (in quanto
esiste già una disposizione di legge in
tal senso) che sono tenuti ad aderire al
SISTRI i soggetti indicati dall’articolo
188-ter, comma 1, del Dlgs 152/2006 e
dalle disposizioni attuative approvate ai
sensi del comma 3 del medesimo articolo e sottolinea che “rientrano nell’ambito delle categorie individuate ai sensi
del comma 1, in particolare, i seguenti
soggetti:
a. nel caso delle imprese e degli enti
che raccolgono o trasportano rifiuti
pericolosi,
1. i soggetti che raccolgono o
trasportano rifiuti pericolosi
prodotti da terzi a titolo professionale, nonche’
2. le imprese e gli enti che trasportano i rifiuti pericolosi da loro
stessi prodotti iscritti all’Albo
nazionale gestori ambientali in
categoria 5 (raccolta e trasporto
di rifiuti speciali pericolosi. ) ,
o , se iscritti in categoria 2-bis
(produttori iniziali di rifiuti non
pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei
propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi
che effettuano operazioni di
raccolta e trasporto dei propri
rifiuti pericolosi in quantità non
eccedenti trenta chilogrammi o
trenta litri al giorno di cui all’articolo 212, comma 8, del Dlgs
152/2006), solo quando obbligati ad aderire come produttori.
Il comma terzo fa infine chiarezza sull’obbligo dei Comuni di iscriversi o meno al
SISTRI dichiarando esplicitamente che i
comuni, indipendentemente dal numero
di abitanti, non iscrivono le unita’ locali
con meno di dieci dipendenti, ivi
comprese quelle affidate ad associazioni
senza scopo di lucro.
Nel caso in cui non ci sia nessuna unita’
locale con piu’ di dieci dipendenti, si
iscrive comunque il comune, con la
somma dei dipendenti delle singole
unita’ locali.
Si sottolinea inoltre che gli Enti pubblici
(in generale, sono le persone giuridiche
attraverso cui la P.A. esplica l’attività
amministrativa) titolari dell’autorizzazione all’esercizio di impianti pubblici
di trattamento di rifiuti possono, in
attesa della voltura dell’autorizzazione,
delegare l’iscrizione e le procedure
SISTRI a terzi soggetti in possesso dei
requisiti soggettivi richiesti dalla legge
per la gestione impianti in conto terzi , ai
quali e’ affidata la gestione dell’impianto,
dandone comunicazione al SISTRI.
In tali ipotesi l’iscrizione al SISTRI e’
effettuata a nome del soggetto gestore.
INFORMAZIONI DA FORNIRE AL SISTRI
Gli operatori iscritti al SISTRI devono
comunicano le quantita’ e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto della
loro attivita‘ mediante la compilazione
della scheda SISTRI - Area registro cronologico e della scheda SISTRI - Area movimentazione. I produttori di rifiuti iscritti
devono inserire le informazioni relative
ai rifiuti prodotti entro dieci giorni lavorativi dalla produzione dei rifiuti stessi e
31
comunque prima della movimentazione
degli stessi. Le informazioni relative allo
scarico effettuato a seguito della presa
in carico dei rifiuti da parte del trasportatore, devono essere compilate e firmate
elettronicamente entro dieci giorni lavorativi dal completamento del trasporto.
I commercianti, gli intermediari e i
consorzi devono inserire le informazioni
relative alle transazioni effettuate entro
dieci giorni lavorativi dalla conclusione
della transazione stessa.
Nel caso di spedizioni transfrontaliere
dall’Italia, il produttore del rifiuto
inserisce nel SISTRI copia del documento
di movimento di cui al regolamento (CE)
n. 1013/2006 relativo alla spedizione dei
rifiuti effettuata, restituito dall’impianto
di destinazione o, per i rifiuti dell’Elenco
verde di cui all’articolo 3, paragrafi 2 e 4,
del suddetto regolamento, l’allegato VII
del regolamento medesimo.
REGISTRI DI CANTIERE
Nel caso di rifiuti prodotti in cantiere:
• la cui attivita‘ lavorativa non si
protragga oltre i sei mesi;
• e che non dispongano di tecnologie
adeguate per l’accesso al SISTRI;
• le schede SISTRI sono compilate
dal delegato della sede legale o
dell’unita’ locale dell’impresa;
• nel caso di cantieri complessi
comportanti l’intervento di diversi
soggetti, l’attivita’ del cantiere e’
calcolata per ciascuno di essi con
riferimento al contratto del quale e’
titolare.
PROCEDURE PER LA GESTIONE DI
SPECIALI CATEGORIE DI RIFIUTI
Nel caso di rifiuti prodotti da attivita’ di
manutenzione o da altra attivita’ svolta
fuori dalla sede dell’unita’ locale:
• la scheda SISTRI - Area registro
cronologico e’ compilata dal delegato della sede legale dell’ente o
impresa o dal delegato dell’unita’
locale che gestisce l’attivita’;
• per i materiali tolti d’opera per i
quali deve essere effettuata la valutazione tecnica della riutilizzabilita’;
• qualora dall’attivita’ di manutenzione;
• derivino rifiuti pericolosi;
• la movimentazione dei rifiuti dal
luogo di effettiva produzione alla
sede legale o dell’unita’ locale
dell’ente o impresa effettuata dal
manutentore e’ accompagnata da
una copia cartacea della scheda
SISTRI - Area movimentazione, da
scaricarsi dal portale SISTRI (www.
sistri.it) accedendo all’area autenticata, debitamente compilata e
sottoscritta dal soggetto che ha
effettuato la manutenzione.
Viene inoltre disciplinato il caso di
rifiuti pericolosi prodotti dall’attivita’
del personale sanitario delle strutture
pubbliche e private, che erogano le
prestazioni di cui alla legge 23 dicembre
1978, n. 833, ed al decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, e s.m., al di fuori
delle strutture medesime , ovvero in
caso di rifiuti pericolosi prodotti presso
gli ambulatori decentrati dell’azienda
sanitaria di riferimento .
In tali casi fermo restando quanto
stabilito dall’articolo 4 del DPR 15 luglio
2003, n. 254, comma 1, cioè - la scheda
SISTRI - Area registro cronologico e’
compilata dal delegato della sede
legale dell’ente o impresa o dal delegato
dell’unita’ locale
che gestisce l’attivita’.
Qualora i rifiuti prodotti presso il domicilio del paziente assistito siano trasportati dal personale sanitario alla sede
dell’azienda sanitaria di riferimento,
- non si effettua la compilazione della
scheda SISTRI - Area movimentazione.
Viene inoltre stabilito che con il futuro
il decreto ministeriale di cui all’articolo
2, comma 1 cit., saranno disciplinate le
procedure da applicare alla movimentazione dei rifiuti dal luogo di produzione
alla sede dell’azienda sanitaria di riferimento.
DISPOSIZIONI SPECIFICHE PER I
TRASPORTATORI
Il trasportatore di rifiuti che aderisce
al SISTRI deve accedere al sistema ed
inserire i propri dati relativi al trasporto
prima dell’operazione di movimentazione, salvo giustificati motivi di
emergenza da indicare nella parte della
scheda da compilare disponibile per le
annotazioni.
Durante il trasporto i rifiuti sono accompagnati dalla copia cartacea della scheda
SISTRI - Area movimentazione relativa ai
rifiuti movimentati, stampata dal produttore al momento della presa in carico dei
rifiuti da parte del conducente dell’impresa di trasporto. Ove necessario sulla
base della normativa vigente, i rifiuti
sono accompagnati da copia del certificato analitico che ne identifica le
caratteristiche, che il produttore dei
rifiuti inserisce come allegato nel sistema
SISTRI. Il più volte cit. decreto di cui all’articolo 2, comma 1, dovrà definire anche:
• procedure e tempistiche specifiche
per le attivita’ di microraccolta;
• e per i rifiuti elettrici ed elettronici
(RAEE).
IMPIANTI DI RECUPERO E DI
SMALTIMENTO DI RIFIUTI URBANI
Ai sensi dell’art.15 gli impianti di recupero o di smaltimento dei rifiuti urbani
adempiono alla tenuta del registro di
carico e scarico ed all’obbligo:
• di comunicazione annuale di cui alla
legge 25 gennaio 1994, n. 70;
• tramite la compilazione della scheda
SISTRI - Area registro cronologico.
Nel caso di movimentazione dei rifiuti
urbani in uscita da impianti comunali o
intercomunali che effettuano, in regime
di autorizzazione, unicamente operazioni
di messa in riserva R13 di cui all’allegato
C della Parte quarta del Dlgs 152/2006
e deposito preliminare D15 di cui all’allegato B della Parte quarta del medesimo
decreto legislativo, effettuata da
soggetti iscritti all’Albo nazionale gestori
ambientali nella categoria 1, (raccolta
e trasporto di rifiuti urbani) la scheda
SISTRI - Area movimentazione, stampata e firmata dal gestore, e’ consegnata
all’impresa di trasporto ed accompagna
il trasporto dei rifiuti fino all’impianto di
recupero o smaltimento di destinazione.
Ai fini dell’assolvimento della responsabilita’ del gestore dell’impianto comunale o intercomunale si applica l’articolo
161. Gli impianti di recupero o di smaltimento dei rifiuti urbani sono facoltizzati
ad effettuare, al termine di ciascuna giornata lavorativa, un’unica registrazione
di carico per ciascuna tipologia di rifiuti
conferita da ciascun comune.
(Seconda parte sul prossimo numero della Rivista)
SERVIZI&SOCIETÀ
32
COMPLIANCE
REGOL ATORIA
E SITI WEB
DEGLI ENTI DI GESTIONE/SOCIETÀ DEI SERVIZI NEI
SETTORI REGOLATI DALL’AUTORITÀ PER L’ENERGIA
ELETTRICA, IL GAS E IL SISTEMA IDRICO
Il caso dei gestori delle reti di distribuzione e degli esercenti la vendita di gas naturale: Check list aggiornata
di Francesco Piron
Avvocato Senior Partner dello Studio Macchi di Cellere Gangemi
33
Molti degli Enti di gestione e società dei servizi associate a
Confservizi Cispel Lombardia operanti nel settore dell’energia
probabilmente da diversi anni dedicano un impegno particolare nell’attività di compliance regolatoria alle numerosissime
delibere del Regolatore di settore e saranno quindi state spettatrici privilegiate dell’evoluzione dell’utilizzo del web come
formidabile strumento interattivo.
L’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico (in seguito “AEEGSI”), infatti, sin dalla sua prima operatività ha fatto
ampio ricorso al web, anzitutto come strumento attraverso il
quale garantire la pubblicità legale dei propri provvedimenti.
Inizialmente infatti la pubblicazione dei provvedimenti avveniva contemporaneamente sul proprio sito internet, sulla
Gazzetta Ufficiale e sul Bollettino previsto dalla legge istitutiva dell’Autorità n. 481/1995. In un secondo tempo, ossia
dall’entrata in vigore dell’art. 32, comma 1, della legge 69/09,
la pubblicità legale degli atti e dei provvedimenti di carattere
normativo ed a contenuto generale dell’Autorità, viene assicurata attraverso la sola ed esclusiva pubblicazione sul sito internet dell’Autorità stessa. Quest’ultima circostanza, peraltro,
ha rappresentato una importante occasione di semplificazione
e razionalizzazione degli oneri connessi alla pubblicità legale.
Ma specie negli ultimi anni, l’Autorità ha utilizzato il web anche
come un formidabile strumento interattivo, peraltro in continua evoluzione, per consentire il flusso comunicativo con i
soggetti regolati (si pensi all’anagrafica degli operatori nel sito
web dell’AEEGSI come unico punto di accesso ai servizi online
creato allo scopo di dematerializzare i flussi informativi, oppure, in tema di risoluzione extragiudiziale delle controversie,
al nuovo Servizio di conciliazione clienti energia che si svolge
interamente on line, nonché, anche da ultimo, al Registro online degli operatori ai fini della normativa Remit (che utilizza la
medesima piattaforma informatica dell’anagrafica operatori).
Allo stesso modo, negli ultimi anni il web è divenuto fondamentale anche per gli operatori del settore energia in primis
proprio i gestori dei servizi pubblici essenziali in materia di energia, nel senso che l’attuale regolazione dell’AEEGSI impone
ai soggetti regolati per il tramite dei loro siti aziendali numerosi obblighi informativi e di trasparenza del loro operato nei
confronti dei clienti-utenti e/o di altri soggetti della filiera.
Da ciò discende la crescente importanza per gli operatori soggetti alla regolazione dell’AEEGSI di verificare la compliance
anche dei propri siti web alle previsioni regolatorie di rilievo.
In un’ottica pragmatica, seppure senza alcuna pretesa di esaustività, con il presente contributo verranno, di seguito, presi
sinteticamente in rassegna alcuni dei principali obblighi di
compliance via web -- divisi per area tematica (Testi Integrati)
e prediligendo quelli più recenti -- cui sono tenuti, da un lato,
i gestori delle reti di distribuzione del gas naturale e, dall’altro,
gli esercenti la vendita di gas naturale.
Gestori delle reti di distribuzione del gas naturale
TIVG – Calendario Letture.
Nell’ambito del riformato testo integrato dell’attività di vendita al dettaglio di gas naturale distribuito a mezzo reti urbane
valido dal 1 gennaio 2016, è utile evidenziare come all’art. 14
(Modalità di rilevazione e archiviazione delle misure nei pun-
ti di riconsegna), in particolare all’art.
14.4.lett. a) si prevede che “ (…) nell’espletamento delle attività programmate
ai fini del rispetto di quanto previsto ai
precedenti commi 14.1 e 14.2 (i.e. tentativi di raccolta della misura), l’impresa
di distribuzione è tenuta a: a) pubblicare
sul proprio sito internet il calendario dei
passaggi del personale incaricato di raccogliere le misure organizzando le informazioni almeno per CAP comunale (…)”.
TIMG – Capacità settimanale di sospensione residua. Le recenti modifiche della
disciplina sulla morosità hanno previsto
una serie di nuovi obblighi informativi non solo per le società esercenti la
vendita ma anche in capo ai distributori
di gas naturale. Es. l’art. 5 (Richiesta di
Chiusura del punto di riconsegna per
sospensione della fornitura per Morosità) prevede che qualora la capacità
settimanale di sospensione residua sia
stata completamente allocata, l’impresa
di distribuzione può mettere a disposizione, in maniera non discriminatoria
e secondo le modalità dalla medesima
definite, ulteriore capacità mensile di
sospensione (v. art. 5.11). In tale ipotesi l’impresa di distribuzione “entro il 30
settembre di ogni anno è tenuta a pubblicare, sul proprio sito internet il prezzo
della prestazione accessoria e le modalità di messa a disposizione in vigore nei
12 mesi successivi” (v. art. 5.12).
TUDG - RQDG 2014-2019. Piano di ispezione mensile: l’art. 12.1 lett. e) prevede che l’impresa distributrice ha l’obbligo di “(…) e) pubblicare a consuntivo, sul
sito internet e con visibilità per almeno
24 mesi, il piano di ispezione mensile
degli impianti entro il mese successivo quello dell’ispezione, indicando il
Comune, il codice e la denominazione
dell’impianto di distribuzione, l’elenco
delle vie/piazze/strade oggetto di ispezione, le parti dell’impianto ispezionate, distinguendo tra rete in AP/MP, rete
in BP, impianto di derivazione di utenza
parte interrata, impianto di derivazione
di utenza parte aerea, gruppo di misura”;
Pronto intervento: l’art. 14.1 lett. g) prevede che l’impresa distributrice “(…) g) é
tenuta a pubblicare sul proprio sito internet i recapiti telefonici per il servizio
di pronto intervento ed a comunicarli
in forma scritta, per la dovuta infor-
SERVIZI&SOCIETÀ
mazione ai clienti finali, al venditore al
momento della sua richiesta di accesso
alla rete di distribuzione ed all’Autorità
con le modalità da essa definite”. Ancora
l’art. 14.1 lett. h) prevede che l’impresa
distributrice “(…) h) nel caso di eventuale variazione dei recapiti telefonici
per il servizio di pronto intervento, è
tenuta alla pubblicazione immediata
sul proprio sito internet dei nuovi recapiti telefonici ed alla loro tempestiva
comunicazione in forma scritta ai venditori che svolgono l’attività di vendita
sul suo territorio ed all’Autorità con le
modalità da essa definite”. Costi verifica gruppi di misura: l’art. 46.2 prevede
che “in assenza di specifiche disposizioni
dell’Autorità, l’impresa di distribuzione
determina i costi di verifica del gruppo
di misura per ogni tipologia di utenza,
sia presso il cliente finale sia in laboratorio, e li pubblica nel proprio sito internet. Il venditore informa di tali costi
il cliente finale che richiede la verifica.
Costi verifica pressione di fornitura: l’art.
48.2 prevede che “in assenza di specifiche disposizioni dell’Autorità, l’impresa di distribuzione determina i costi di
verifica della pressione di fornitura e li
pubblica nel proprio sito internet.”. Preventivi: l’art. 65.4 prevede che “l’impresa
distributrice pubblica nel proprio sito
internet i dati necessari per la predisposizione su richiesta di un richiedente
del preventivo per l’esecuzione di lavori
semplici o complessi di cui all’Articolo
40, comma 40.5.”
TUDG - RTDG 2014-19. Tariffe. L’art. 3.3.
prevede che “entro 30 (trenta) giorni
dalla data di pubblicazione delle tariffe da parte dell’Autorità, le imprese
distributrici pubblicano a loro volta, sul
proprio sito internet, le tariffe obbligatorie e le opzioni tariffarie relative ai
servizi erogati. Le medesime devono
essere altresì rese disponibili presso i
propri uffici aperti al pubblico”.
TIBEG – Bonus sociale. l’AEEGSI con
il Testo Integrato di cui alla Del.
402/2013/R/com ha previsto precisi obblighi di informativa sulla disciplina in
tema di regimi di compensazione della
spesa sostenute dai clienti domestici
disagiati, sia per le forniture di energia
elettrica che di gas naturale. In particolare l’art. 31 del TIBEG prevede che
34
di tale disciplina ciascun distributore del gas (così come ogni
venditore) provveda a darne la più ampia pubblicità alle disposizioni del presente provvedimento, anche tramite il proprio
sito internet.
TIQV – Reclami scritti multipli. Nel caso (art. 11.2) di più reclami che si riferiscono al medesimo disservizio, qualora il disservizio sia riconducibile all’attività di distribuzione (disservizio
aventi le caratteristiche di cui all’art. 5.11 del TIQV) il venditore segnala al distributore la necessità di fornire la risposta
a mezzo stampa e il distributore “è tenuto a provvedere, facendo pubblicare, a proprie spese, un comunicato su almeno
un quotidiano a diffusione adeguata rispetto all’estensione del
disservizio e sul proprio sito internet, nonché a darne comunicazione diretta agli altri venditori interessati dal medesimo
disservizio”.
Vi sono molti altri obblighi di compliance, tramite il sito web,
a cui sono tenuti i distributori di gas naturale (Del. 40/14/R/
Gas art. 11.6 in tema di sicurezza impianti utenza gas; Del.
191/13/R/Gas art. 5.1. in tema di assicurazioni clienti finali;
Del. 108/06 (CRDG) artt. 2.1. e 2.2. informazioni su impianti
gestiti, artt. 4.4. e 4.6. su profili di prelievo e utenti operanti
su porzioni dello stesso impianto o su impianti interconnessi,
artt. 11.3.1. e 12.3.1. rispettivamente su modalità di misura e
ripartizione consumi; Del. 157/07 art. 6.2 su accesso ai dati di
base; Del. 294/06 All. A in tema di standard di comunicazione; Del. 138/04 artt. 4.1. e 6.1 rispettivamente su descrizione
dell’impianto e programmi di estensione, potenziamento e
manutenzione, ecc.), tra questi merita un ultimo cenno (specie per l’evoluzione della compliance sul tema in prospettiva)
quello che deriva dalla normativa di attuazione della direttiva
2012/27/UE sull’efficienza energetica (v. D.Lgs. 4/7/14 n. 102)
con cui si è previsto, in tema di misurazione e fatturazione dei
consumi energetici (art. 9 D.lgs. 102), un obbligo anche per le
imprese di distribuzione di provvedere “affinché i clienti finali
abbiano la possibilità di accedere agevolmente a informazioni complementari sui consumi storici che consentano loro di
effettuare controlli autonomi dettagliati (…)Tali dati sono resi
disponibili al cliente finale via internet o mediante l’interfaccia
del contatore per un periodo che include almeno i 24 mesi
precedenti o per il periodo trascorso dall’inizio del contratto di
fornitura, se inferiore (…)”.
Esercenti la vendita di gas naturale
Confermano l’attenzione dell’Autorità sul tema i più recenti
provvedimenti che, in materia di morosità, standard di qualità e fatturazione, hanno introdotto nuovi e numerosi obblighi
informativi propri per i siti internet degli esercenti la vendita
(che si vanno ad aggiungere a quelli già previsti).
Morosità dei clienti finali. Il nuovo art. 20 del TIMG (come
modificato con Delibera 501/2014/R/com, relativa alla c.d.
“Bolletta 2.0”) impone, in particolare, agli esercenti la vendita,
35
con riferimento alle forniture di gas naturale, di “pubblicare sul proprio sito internet
le informazioni relative alle tempistiche e alle modalità per la costituzione in mora
e agli indennizzi automatici previsti in caso di mancato rispetto di tale disciplina”.
Parimenti l’art. 17 del TIMOE (ex art. 10bis.1, della Delibera ARG/elt 4/08, come modificato con Delibera 501/2014/R/com) prevede che “la controparte commerciale è
tenuta a pubblicare sul proprio sito internet le informazioni relative alle tempistiche
e alle modalità di costituzione in mora e agli indennizzi automatici previsti in caso di
mancato rispetto di tale disciplina”. Tali informazioni, oltre che nelle condizioni contrattuali, a partire dal 1° gennaio 2016 dovranno, quindi, trovare adeguata evidenzia
anche sul sito web di ogni esercente la vendita.
Standard di qualità commerciale. A far data dal 1° gennaio 2016, l’art. 40 del TIQV
(come modificato con Delibera 501/2014/R/com) impone espressamente agli esercenti la vendita di pubblicare entro il 30 giugno di ogni anno, sul proprio sito internet,
le informazioni relative agli standard specifici e generali di qualità di competenza,
nonché relative agli indennizzi automatici previsti in caso di mancato rispetto per
ciascuna categoria di clientela, e al grado di rispetto di tali standard, con riferimento
all’anno precedente a quello di informazione (cfr. nuovo art. 40.1, TIQV). Per i regimi
di tutela, inoltre, gli esercenti la vendita dovranno pubblicare, sempre sul sito proprio
internet, anche le informazioni relative agli standard specifici e generali di qualità
di competenza del distributore, nonché agli indennizzi automatici previsti in caso di
mancato rispetto di tali standard” (cfr. nuovo art. 40.2, TIQV).
Contratti non richiesti. Ai sensi dell’art. 3 Del. 153/2012/R/com (Protocolli di autoregolazione) i venditori che si dotano, singolarmente o in forma congiunta, di un
protocollo di autoregolazione volontaria in materia di contratti e attivazioni non richiesti, devono indicarne i contenuti sul proprio sito internet con adeguata evidenza e
renderne scaricabile il testo integrale. Diversamente, l’art. 10 (Ambito di applicazione delle procedure di ripristino) prevede che l’adesione, da parte dell’esercente la
vendita, alla c.d. procedura di ripristino debba essere indicata nel protocollo di autoregolazione di cui al precedente articolo 3, nonché nel sito internet dell’esercente
medesimo e nelle informazioni precontrattuali di cui all’articolo 9, commi 9.1 e 9.5
del Codice di condotta commerciale.
Trasparenza dei documenti di fatturazione. La Delibera 501/2014/R/COM, art. 20,
ha introdotto, a far data dal 1° gennaio 2016, l’obbligo di pubblicare sul sito internet
degli esercenti la vendita di energia elettrica e/o gas una guida alla lettura della
bolletta, contenente una descrizione completa delle singole voci che compongono
gli importi fatturati. Tale guida dovrà essere aggiornata in caso di introduzione di
nuove componenti che concorrono alla determinazione delle voci che compongono
gli importi fatturati. Si segnala, altresì, che dovrà essere pubblicata una guida alla
lettura per ciascuna offerta scelta dai clienti finali, da redigersi utilizzando un linguaggio semplice, comprensibile e in coerenza con il Glossario emanato dall’AEEGSI.
Per i soli regimi di tutela la guida alla lettura è stata predisposta dall’Autorità e approvata con Delibera 300/2015/R/com.
Infine, sempre a fare data dal 1° gennaio 2016 debbono essere pubblicati i nuovi glossari (per le forniture di energia elettrica e gas naturale) emanati con Del.
200/2015/R/COM (All. A e B).
Ovviamente quelli sopra illustrati non esauriscono il novero degli obblighi di compliance regolatoria a cui sono tenuti gli esercenti la vendita tramite il siti web aziendali,
ve ne sono molti altri tra i quali ricordiamo: gli artt. 9 e 21 del TIQV in tema di
obblighi di pubblicità dei contatti a cui i
clienti possono inviare eventuali reclami
(modulo reclamo, anagrafica operatore
e standard di qualità); l’art. 18 del TIVG
in tema di pubblicità delle condizioni di
fornitura dei mercati (libero e tutelato)
applicate dall’esercente; l’art. 31 del TIBEG di cui alla Del. 402/2013/R/com circa gli obblighi di informativa sui regimi
di compensazione della spesa sostenute
dai clienti domestici disagiati, sia per le
forniture di energia elettrica che di gas
naturale; l’art. 13 della Del. 40/2014/R/
GAS in tema di pubblicità sugli accertamenti della sicurezza post contatore;
ancora in tema di sicurezza, l’art. 5 della
Del. 191/2013/R/GAS circa gli obblighi
informativi in materia di assicurazione a
favore di clienti finali del gas; infine l’art.
5.1 del Codice di Condotta Commerciale
come modificati dalla Del. 269/2015/R/
COM circa gli obblighi di pubblicità
relativi alle aliquote delle imposte applicate alla fornitura.
Già da questo breve excursus si comprende la crescente importanza dei siti
web degli esercenti la vendita e dei
distributori del gas naturale, ma più
in generale di tutti i soggetti regolati
dall’AEEGSI, come fondamentali strumenti di compliance regolatoria.
A motivo di ciò è ragionevole aspettarsi una altrettanto crescente attenzione da parte del regolatore in termini
di attività di monitoraggio e vigilanza
(verifiche ispettive, indagini di settore,
ecc.) specifica sui siti web degli operatori; attenzione peraltro che suggerisce
agli operatori di non trascurare l’analisi
di confronto dei propri siti web aziendali
con l’articolato sistema di obblighi informativi imposti dall’AEEGSI.
SERVIZI&SOCIETÀ
36
LINEA GROUP HOLDING
UNA UTILITY RINNOVATA
Rinnovata nei vertici presenta il nuovo piano industriale 2016/2020 alle comunità locali e al suo
territorio
Antonio Vivenzi è stato
nominato nuovo presidente
di Linea Group Holding (LGH),
e Massimiliano Masi nuovo
amministratore delegato.
Il nuovo Presidente, Antonio
Vivenzi, già sindaco di Paderno
Franciacorta (BS), è una figura
di spicco nel panorama politico lombardo ed ha l’incarico di
consigliere politico della Presidenza del Consiglio dei Ministri
presso il sottosegretario per le
Politiche e gli Affari Esteri.
Massimiliano Masi, dopo la
laurea in economia aziendale
conseguita presso l’Università
L.Bocconi di Milano, ha iniziato
la sua carriera in consulenza in
Arthur Andersen e A.D. Little,
passando poi nell’energia: qui
ha ricoperto ruoli di Direzione
mercato e CFO in Enia (ora
Iren) e dal 2010 in A2A con ruolo fra l’altro di CFO di Edison
prima di assumere la responsabilità di AD di Edipower e di
Responsabile della filiera Generazione e Trading del Gruppo.
Il nuovo vertice ha subito avuto
modo di ringraziare l’Assemblea sottolineando nelle prime
dichiarazioni l’impegno e la
responsabilità per il mandato
ricevuto.
Negli ultimi mesi il mondo lombardo
delle utilities si è arricchito di un nuovo polo trainante di sviluppo: è quello nato dalla partnership industriale
tra A2A e le aziende che aderivano
a Linea Group Holding (le principali
società di servizio pubblico locale
della bassa padana).
Si tratta di una delle realtà industriali più significative della Lombardia,
che fornisce servizi energetici e ambientali ad un vasto territorio di oltre
200 Comuni tra cui Cremona(ex AEM),
Pavia (exASM), Lodi (ASTEM), Rovato
(COGEME), Crema (exSCS/SCRP), con
oltre un milione di abitanti serviti.
Proprio lo scorso agosto infatti l’Assemblea dei soci di LGH non solo ha
approvato il progetto di partnership,
di cui si parlava da tempo, ma ha dato
contestualmente il via all’elezione di
un nuovo Consiglio di Amministrazione e ad un rinnovamento degli organi
dirigenti, ai quali ha affidato il mandato per predisporre ed attuare il prossimo piano Industriale.
Il NUOVO Consiglio
di Amministrazione
Nel nuovo board di Linea Group Holding insieme al Presidente Vivenzi e all’AD Masi sono
stati eletti Consiglieri: Maria Ester Benigni,
Stefano Antonio Donnarumma, Lorenzo Giorgio Giussani, Fulvio Roncari, Emilia Rio, Rita
Daniela Giupponi, Dino Martinazzoli, Massimo
Maria Mustarelli, Salvatore Nupieri, Fiorella
Lazzari, Paolo Formentini.
37
“ll nostro compito - ha dichiarato Vivenzi - sarà quello di dare
corpo ad un progetto capace da un lato di cogliere significativi obiettivi di sviluppo e di crescita industriale e dall’altro di
mantenere, anzi di incrementare, il nostro radicamento territoriale, cioè la vicinanza alle comunità locali, impegnate oggi
a contrastare una crisi che morde e si fa sentire. Un sentito
grazie, infine, credo sia giusto tributarlo a chi ci ha preceduto
alla guida di LGH e che ha dimostrato capacità manageriale e
lungimiranza nel perseguire l’accordo strategico con A2A”.
“La positiva conclusione dell’accordo di partnership industriale
con A2A - ha avuto modo di sottolineare Massimiliano Masi - è
sicuramente l’operazione più importante degli ultimi anni nel
settore. Da oggi LGH ha davanti a sé sfide impegnative a partire dal prossimo Piano Industriale 2016-20120. Son sfide che
affronteremo con la consapevolezza di avere alle spalle solide
competenze e gli strumenti giusti per vincerle. Il nostro impegno sarà di assicurare quella crescita industriale, efficienza e
qualità dei servizi che meritano i cittadini e i clienti dei territori
in cui siamo presenti”.
E puntualmente come annunciato il Piano Strategico 20162020 lo scorso settembre è stato approvato dal Consiglio di
Amministrazione di Linea Group Holding Spa. Un piano industriale ambizioso ma molto concreto, che non perde mai
di vista le ricadute sul territorio. Tra gli obiettivi di fondo:
il pieno rilancio industriale del Gruppo e delle sue società,
anche grazie alle sinergie messe a punto con A2A, ed il rafforzamento del suo radicamento territoriale nel Sud Lombardia.
Il Piano prevede circa 242 milioni di ¤ di investimenti, e un
incremento al 2020 dell’EBITDA di oltre 40 M¤ (da quasi 80
M€ a oltre 120 M€), per effetto della collaborazione con
A2A e delle nuove iniziative industriali di sviluppo. Tra gli
altri punti qualificanti: il mantenimento delle sedi territoriali e la salvaguardia dei livelli occupazionali, con 100 nuove
assunzioni pianificate nel corso dei quattro anni.
LGH, nel periodo 2016-2020, proseguirà nella valorizzazione
della sua vocazione multi - servizio e svilupperà progetti
di particolare rilevanza nel settore ambientale (ciclo dei rifiuti) ed in quello del teleriscaldamento e delle reti di distribuzione, grazie anche a significativi investimenti nel settore. Particolare attenzione anche alle nuove tecnologie e
allo sviluppo di servizi di smart city.
Tra gli obiettivi fissati sono certamente da mettere in rilievo:
• Una forte crescita dell’EBITDA di LGH, prevista da € 79
milioni nel 2015 a € 120 milioni nel 2020;
• Sinergie attese, a regime, pari a circa il 15% dell’EBITDA
2015 di LGH;
• Gli investimenti complessivi pari a ¤ 242 milioni, di cui
più di 110 milioni per attività di sviluppo nei settori
delle reti (€ 70 milioni), dell’ambiente (€ 15 milioni) e
del teleriscaldamento (€ 16 milioni).
•
La Posizione Finanziaria Netta nel
periodo prevista in riduzione di
circa € 100 milioni.
L’Amministratore Delegato di LGH,
Massimiliano Masi, commenta così il
nuovo Piano 2016-2020: “Gli obiettivi
industriali del Piano sono sicuramente
sfidanti, ma coerenti con le reali potenzialità di LGH e delle sue Società
ed in linea con i contenuti della partnership A2A-LGH. Linea Group dovrà
ricercare l’eccellenza in tutti i settori
nei quali opera (reti, ambiente, energia, nuove tecnologie) lavorando a più
stretto contatto con i territori e con gli
attori pubblici e privati dello sviluppo
locale ed, in particolare, Pubblica Amministrazione e mondo delle Imprese,
e mantenendo elevata la qualità dei
servizi erogati ai cittadini”.
Il Presidente di LGH Antonio Vivenzi ci
tiene anche a sottolineare come “saper
coniugare in azioni concrete e visibili
la crescita industriale con la capacità
di mantenere salde radici nei territori
è la nostra sfida dei prossimi anni.
LGH, anche grazie alle partnership con
A2A, può rappresentare in Italia un innovativo modello per la gestione dei
servizi pubblici locali. Questo Piano
per essere realizzato dovrà poter contare non solo sull’impegno e la professionalità degli oltre 1300 dipendenti
del Gruppo ma dovrà pienamente
coinvolgere anche le comunità locali
a partire dagli oltre 200 Comuni soci.
Per l’autunno prevediamo infatti una
sorta di road show di presentazione
e di confronto sul nuovo Piano Industriale nei territori dove opera LGH.
Dobbiamo sapere progettare il futuro
insieme alle nostra comunità locali”.
SERVIZI&SOCIETÀ
38
ACQUA E
RESILIENZA
URBANA
I PROGETTI DI GRUPPO CAP PER
LA GESTIONE DELLE ACQUE DI
PIOGGIA A CONFRONTO CON LE
CASE HISTORY EUROPEE
Dalle “cipolle” di Malmö alle piazze
acquatiche di Rotterdam, da laghi artificiali di Dortmund al recupero del
reticolo idrico dei Cistercensi nell’hinterland di Milano. L’Europa si rimbocca
le maniche per affrontare il tema delle
alluvioni e delle cosiddette “bombe
d’acqua”, e lo fa adottando soluzioni
che, da Paese a Paese, stanno rivelando la capacità di resilienza di molte
metropoli.
Una panoramica delle soluzioni in atto
a livello internazionale per rispondere
alla sfida dei cambiamenti climatici e
della gestione delle acque di pioggia è
stata offerta a Milano da Gruppo CAP,
nella giornata di studio promossa lo
scorso luglio allo spazio Base in via
Bergognone, voluta per condividere le
esperienze più significative e individuare
con gli stakeholder una strada per il futuro.
La cronaca degli ultimi mesi infatti,
con l’esondazione della Senna a Parigi,
gli allagamenti nel sud della Germania
ma anche Seveso e Lambro costantemente sotto osservazione, conferma la necessità di individuare nuove
soluzioni efficaci che garantiscano un
approccio integrato tra la gestione del
suolo e dell’acqua. Obiettivo: consentire uno sviluppo urbano sostenibile e
prevenire il rischio idrogeologico che
è sempre più dipendente da situazioni
territoriali, climatiche e ambientali in
costante mutamento.
Per confrontarsi su queste sfide si è tenuta appunto la giornata “Acqua e resilienza territoriale: costruire il futuro
delle aree metropolitane”, promossa
da CAP e dedicata alla gestione delle
acque piovane in ambito urbano, in
cui sono stati presentati i progetti di
sviluppo sostenibile più innovativi di
alcune smart city europee.
Come evidenziato dalla Conferenza
sui cambiamenti climatici di Parigi (COP21), è emerso il ruolo decisivo che il sistema idrico può svolgere
nell’elaborare un modello all’avanguardia che coinvolga tutti coloro che
intervengono nei processi di pianificazione territoriale, ambientale e idrica.
“Proprio la pianificazione dei sistemi
idrico e idraulico rappresenta una delle
sfide cruciali del nostro Paese, per
sperimentare politiche di vasta scala
in grado di superare la frammentari-
età generata dai confini amministrativi
– ha commentato Alessandro Russo,
presidente di Gruppo CAP –. L’Unione
Europea, in diverse direttive, ha affrontato il tema auspicando l’elaborazione
di un approccio che coordini gli strumenti di pianificazione urbanistica con
le politiche per l’efficienza energetica,
per l’agricoltura, per l’ambiente e per
la gestione delle risorse idriche. Da
questa esigenza impellente è nata la
volontà di promuovere una giornata
internazionale dedicata a questo tema
così attuale e rilevante”.
Dalle “cipolle” di Malmö alle piazze
acquatiche di Rotterdam, da laghi artificiali di Dortmund al recupero del
reticolo idrico dei Cistercensi nell’hinterland di Milano. L’Europa si rimbocca
le maniche per affrontare il tema delle
alluvioni e delle cosiddette “bombe
d’acqua”, e lo fa adottando soluzioni
che, da Paese a Paese, stanno rivelando la capacità di resilienza di molte
metropoli.
Una panoramica delle soluzioni in atto
a livello internazionale per rispondere
alla sfida dei cambiamenti climatici e
della gestione delle acque di pioggia è
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stata offerta a Milano da Gruppo CAP, nella giornata di studio promossa lo scorso luglio allo spazio Base in via Bergognone, voluta per condividere le esperienze più significative
e individuare con gli stakeholder una strada per il futuro.
La cronaca degli ultimi mesi infatti, con l’esondazione della
Senna a Parigi, gli allagamenti nel sud della Germania ma
anche Seveso e Lambro costantemente sotto osservazione,
conferma la necessità di individuare nuove soluzioni efficaci che garantiscano un approccio integrato tra la gestione
del suolo e dell’acqua. Obiettivo: consentire uno sviluppo
urbano sostenibile e prevenire il rischio idrogeologico che è
sempre più dipendente da situazioni territoriali, climatiche
e ambientali in costante mutamento.
Per confrontarsi su queste sfide si è tenuta appunto la giornata “Acqua e resilienza territoriale: costruire il futuro delle aree
metropolitane”, promossa da CAP e dedicata alla gestione delle
acque piovane in ambito urbano, in cui sono stati presentati
i progetti di sviluppo sostenibile più innovativi di alcune
smart city europee.
Come evidenziato dalla Conferenza sui cambiamenti climatici di Parigi (COP21), è emerso il ruolo decisivo che il sistema idrico può svolgere nell’elaborare un modello all’avanguardia che coinvolga tutti coloro che intervengono nei
processi di pianificazione territoriale, ambientale e idrica.
“Proprio la pianificazione dei sistemi idrico e idraulico
rappresenta una delle sfide cruciali del nostro Paese, per
sperimentare politiche di vasta scala in grado di superare
la frammentarietà generata dai confini amministrativi – ha
commentato Alessandro Russo, presidente di Gruppo CAP –.
L’Unione Europea, in diverse direttive, ha affrontato il tema
auspicando l’elaborazione di un approccio che coordini gli
strumenti di pianificazione urbanistica con le politiche per
l’efficienza energetica, per l’agricoltura, per l’ambiente e per
la gestione delle risorse idriche. Da questa esigenza impellente è nata la volontà di promuovere una giornata internazionale dedicata a questo tema così attuale e rilevante”.
Durante la giornata, promossa con il patrocinio del Ministero per le Politiche agricole, Regione Lombardia, Città
Metropolitana di Milano, Provincia di Monza e Brianza, ATO
della Città Metropolitana, Confservizi Cispel Lombardia, Legambiente e Consolato generale dei Paesi Bassi, sono state
presentate diverse esperienze internazionali insieme con alcuni progetti
pilota varati da CAP.
È il caso di Flood Hide, il progetto
nato dal coinvolgimento della facoltà
di Agraria dell’Università Statale di
Milano e del Consorzio di Bonifica
Est Ticino-Villoresi (ETVilloresi) per lo
studio di fattibilità sull’utilizzo del reticolo idrico minore per la laminazione
dei deflussi urbani. Alla base di Flood
Hide l’idea che le zone rurali possano,
anziché soffrire lo scarico delle acque
reflue urbane, beneficiarne in termini
di riutilizzo, limitando il tradizionale
dualismo fra metropoli e agricoltura,
storicamente “rivali” nel contendersi
la risorsa idrica del territorio.
Oggi infatti il problema della qualità
dell’acqua crea interdipendenze in termini di inquinamento da agricoltura e
da deflussi urbani, con conseguenze su
entrambe le aree. Da qui il progetto,
illustrato nel corso della giornata dai
docenti dell’Università Statale di Milano Gian Battista Bischetti e Claudio
Gandolfi, e sul quale è stato investito
in fase di avvio un milione di euro.
Tra i relatori internazionali sono intervenuti esponenti delle amministrazioni di
Malmö, Lione, Barcellona, Rotterdam,
Essen, e gli esperti di De Urbanisten,
UN-PPP for Cities, C40, e delle Università di Milano, Bologna, Pavia, Firenze
accanto ai referenti delle istituzioni
nazionali e locali che si sono confrontati su nuovi modelli di gestione e di
sviluppo sostenibile che siano in grado di contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici sulle città.
SERVIZI&SOCIETÀ
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Tra gli interventi in apertura anche
quello di Alberto Biancardi, componenti del collegio AEEGSI e vicepresidente
di Wareg (European Water Regulators),
l’associazione che riunisce gli enti di
regolazione in Europa, che ha sottolineato come in Italia gli investimenti
nel settore idrico siano aumentati del
55% tra il 2012 e nel 2015.
In questa mole di investimenti, spiccano appunto i progetti per far fronte al dissesto idrogeologico e per
affrontare la gestione delle acque
meteoriche. Oltre a Flood Hide, che sta
vivendo una prima fase di test nei comuni di Cisliano, Sedriano e Vittuone
nella cintura ovest di Milano, sempre
il Gruppo CAP è impegnato per esempio con lo studio di architettura Land
per la tutela del bacino del Seveso.
Alla base degli sforzi lanciati dai tecnici di CAP, dalle università e dai centri di ricerca coinvolti, così come dagli
esperti spagnoli, olandesi, tedeschi e
svedesi che si sono alternati nel dibattito promosso da Milano, c’è il tentativo di recuperare corsi d’acqua naturali o crearne di nuovi e artificiali per
potenziare o comunque amplificare la
capacità di un territorio di farsi “spugna”
in caso di eventi meteorici estremi. Insomma innovazione tecnologica che
in alcuni casi si innesta sul recupero
del passato, per esempio al Medioevo
quando i cistercensi per primi avevano
progettato il fitto reticolo di rogge e
canali che oggi potrà tornare a drenare
le acque in eccesso del Milanese.
Lione e i “giardini drenanti” – Lione, secon-
da città metropolitana della Francia dopo Parigi. Le inondazioni sono un problema antico, già
affrontato alla fine degli anni Novanta creando
un bacino di raccolta dell’acqua di 90 ettari (con
un potenziale di stoccaggio da 70mila metri cubi)
nel Parco tecnologico La Porte des Alpes a SaintPriest. Il nuovo progetto è un sistema “gentile”
di drenaggio delle meteoriche, per esempio con
aiuole che drenano strade e marciapiedi.
Dortmund
e il fiume Emscher – A lungo simbolo del boom industriale, l’area tedesca
lungo il fiume Emscher (affluente del Reno e per
anni discarica a cielo aperto) sta registrando importanti interventi di riconversione. A Dortmund
un ex stabilimento siderurgico ha lasciato posto
a un lago artificiale.
Barcellona e la centrale operativa – Bar-
cellona si è attrezzata per far fronte al rischio alluvioni con una serie di cisterne per lo stoccaggio
di acqua piovana che raccolgono fino a mezzo
milione di metri cubi. Per monitorare i rischi, è
entrata in funzione una centrale operativa che
riceve i dati da 2.900 sensori, 13 serbatoi, 29
stazioni di pompaggio, 44 chiuse.
Malmo e il sistema di canali, stagni e “mezze
cipolle” – Malmo, nel sud della Svezia, ha sviluppato un sistema aperto di canali e stagni interconnessi per drenare le acque piovane. E nei
canali di scolo sono stati inseriti dei sistemi triangolari di “mezze cipolle”, una sorta di ciottoli
artificiali che rallentano il flusso dell’acqua.
Rotterdam e le Watersquares – Convivere
con l’innalzamento dell’acqua non è certo una
novità a Rotterdam, la città olandese che deriva
anche il suo nome da una diga (dam) su un fiume
(il Rotte). Per contrastare le bome d’acqua Rotterdam sta sperimentando le Watersquares, piazze
acquatiche, sostanzialmente dei campi ribassati
che ospitano campi da basket, auditorium o comunque spazi aperti, e che all’occasione possono
“riempirsi d’acqua”, evitando di allagare gli edifici. Il primo progetto è costato 4 milioni di euro a
Benthemsquare.
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