IL SILENZIO DEL NATALE - Parrocchia S.Maria Assunta

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IL SILENZIO DEL NATALE - Parrocchia S.Maria Assunta
PARROCCHIA S. MARIA ASSUNTA
RECALE
IL SILENZIO DEL NATALE
Il silenzio è lo spazio della nascita di Dio. Solo se entriamo anche noi nello
spazio del silenzio, perveniamo lì dove avviene la nascita di Dio. In
quest’espressione echeggia una delle frasi più antiche della liturgia del
Natale, frase che in seguito avrebbe ispirato tanti canti e che ricorre nel libro
della Sapienza:“Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la
notte era a metà del suo corso, la tua Parola onnipotente discese dal cielo,
dal tuo trono regale”(Sap. 18,14s.). A questa frase si era già ispirato S. Ignazio
di Antiochia all’inizio del II° secolo cristiano, allorché parlò dei tre misteri che
gridano ad alta voce e che rimangono nascosti al principe di questo mondo,
perché sono avvenuti nel silenzio di Dio (Ef. 19,1). Il Natale ci invita a entrare
nel silenzio di Dio, e il suo mistero rimane nascosto a così tanti perché non
riescono a trovare il silenzio in cui Dio agisce. Come lo troviamo? Il semplice
tacere non lo crea ancora. Un uomo può infatti tacere esteriormente ed essere
tuttavia completamente in balìa dell’inquietudine. Può tacere ed essere
tuttavia rumorosamente agitato dentro di sé. Fare silenzio significa trovare un
nuovo ordine interiore. Significa non preoccuparsi solo delle cose che
possiamo mostrare e ostentare. Significa non guardare solo a ciò che conta tra
gli uomini e ha fra di loro un valore commerciale Significa sviluppare i sensi
interiori, il senso della coscienza, il senso dell’eterno in noi, della capacità di
ascoltare Dio. In passato si è parlato dell’eclissi di Dio, oggi si può parlare
dell’eclissi dell’uomo. Egli possiede infinite potenzialità tecniche ma un cuore
diventato vuoto. Uno spegnersi della capacità di percepire la voce di Dio in
noi, di conoscere e riconoscere il bene, il bello e il vero. E’ urgente restituire
alla ragione il posto che le spetta nell’uomo. Il silenzio richiesto dalla fede
consiste nel fare in modo che l’uomo non sia completamente assorbito dal
sistema della civiltà economica e tecnica e ridotto ad essere una sua funzione.
Dobbiamo di nuovo imparare a vedere che tra la scienza e la superstizione c’è
ancora qualcos’altro nel mezzo, quella conoscenza morale e religiosa più
profonda, che sola mette al bando la superstizione e rende l’uomo umano,
perché lo mantiene nella luce di Dio. Il Natale ci deve aiutare a trovare questa
correzione di rotta per poter donare a noi e al mondo l’amore di cui più
spesso ha bisogno. La miseria più profonda degli uomini contemporanei non
dipende infatti dalla crisi delle nostre riserve materiali, bensì dal fatto che le
finestre che permettono di vedere Dio vengono murate e corriamo così il
pericolo di perdere l’aria che serve al cuore per respirare, di perdere il nucleo
della libertà e della dignità umana.
Uno scrittore russo P. Evdokìmov, in un suo libro, La Teologia della Bellezza
scrive:“Che cosa ti offriamo, o Cristo, perché per noi Tu nasci sulla terra come un
uomo? Ciascuna delle creature che sono opera tua ti reca infatti la sua testimonianza
di gratitudine: gli angeli il loro canto, i cieli la stella, i pastori la loro ammirazione, la
terra la grotta, il deserto la mangiatoia, i Magi i loro doni; ma noi ti offriamo una
Madre vergine”. Maria è il dono degli uomini a Cristo, il che nello stesso tempo
significa: dall’uomo Dio non vuole qualcosa, ma vuole lui stesso; Dio non
vuole da noi percentuali, bensì il nostro cuore e il nostro essere. Vuole la
nostra fede, una vita animata dalla fede e quindi i doni di cui parla la
parabola del giudizio universale: cibo e indumenti per i poveri, compassione e
amore fraterno, la parola e la vicinanza consolante ai perseguitati, agli abbandonati e
ai perduti.
Che cosa dobbiamo offrirti, o Gesù bambino? Ti offriamo sicuramente troppo
poco, se ci limitiamo a scambiare tra di noi regali preziosi, che non sono
affatto più espressione di noi stessi e della nostra inespressa gratitudine.
Cerchiamo di offrirgli la fede e noi stessi, anche se nella forma estrema: credo,
Signore, ma tu aiuta la mia incredulità! E nel giorno in cui scende nel gelo della
nostra vita, non dimentichiamo i molti nei quali Egli soffre sulla terra Nel
Prologo del Vangelo di S. Giovanni 1,14 leggiamo: “E il Verbo si fece carne e
venne ad abitare in mezzo a noi”. Il senso eterno del mondo è venuto in
maniera talmente reale a noi che possiamo toccarlo e contemplarlo. Quel che
Giovanni, infatti, chiama “il Verbo”, in greco significa nello stesso tempo
anche il Senso. Perciò potremmo tranquillamente tradurre: il Senso si fece
carne. Ma questo senso non è semplicemente un’idea, è una Parola rivolta a
noi, ci conosce, ci chiama, ci guida: è Persona, è il Figlio di Dio, che nacque
nella stalla di Betlemme. Viene da domandarsi: E’ cosa degna di Dio essere un
bambino? Si stenta a credere che la verità è bella; stando alla nostra esperienza
la verità è alla fine, il più delle volte crudele e sporca e quando non sembra
esserlo ci giriamo attorno fin quando, con le nostre congetture, riusciamo di
nuovo ad avere ragione. L’incontro con la verità non nobilita più, ma umilia.
Di qui il sarcasmo per il Natale, il dileggio della nostra gioia. E in effetti: se
Dio non esiste, non esiste nemmeno più alcuna luce e rimane solo la lurida
terra. Qui sta la verità tragica di questa ‘poesia’. Egli è venuto come bambino
per spezzare la nostra superbia. Forse davanti alla potenza, davanti alla
sapienza avremmo capitolato. Egli però non vuole la nostra capitolazione, ma
vuole il nostro amore. Ci vuole liberare dal nostro orgoglio e renderci così
veramente liberi. Lasciamo perciò che la gioia di questo giorno entri
tranquillamente nella nostra anima. Essa non è un’illusione. La verità è bella,
è buona e l’incontro con essa rende l’uomo buono, parla del Bambino che è
nello stesso tempo il Figlio di Dio.
Questi Versi li dedico a tutti quelli che stanno attraversando momenti difficili.
LA MIA STRADA CON TE
Voglio fare con te la mia strada.
Posso farla solo con te.
So che non ami i freddi cieli lontani,
nei quali ti hanno chiuso i nostri sapienti.
So che ami la terra, la nostra povera terra
da fatica, sudore e sangue bagnata.
So che un giorno percorresti i nostri impervi
e fangosi sentieri, segnati dalle nostre sciagure
e follie, per essere il Dio con noi.
Torna anche oggi, ti prego!
Le strade si sono allargate, ma vi troverai
assiepati più ciechi e mendichi di allora.
Non sanno il tuo nome ma hanno bisogno di te.
Anch’io ti aspetto e ti chiamo, per me e per tutti.