Arte negli edifici pubblici
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Arte negli edifici pubblici
Paola Valenti è ricercatore in Storia dell’Arte Contemporanea presso la Scuola di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Genova, dove insegna Metodologie per lo studio dell’arte contemporanea, Storia della scultura in età contemporanea, Architettura contemporanea (quest’ultimo per la Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte). Si occupa di arti visive del XX e XXI secolo con particolare attenzione al contesto tedesco e ai rapporti tra arte, architettura e urbanistica. Ha pubblicato studi monografici su Lucio Fontana (Genova 2009), Paul Klee (Deiningen 2009), Ludwig Meidner (Genova 2009), Valori Plastici e Nuova Oggettività (Deiningen 2013) e saggi in miscellanee, cataloghi di mostre e riviste scientifiche; un suo contributo dal titolo Autour de Lucio Fontana. Quelques réflexions sur le rapport art/architecture dans les années 1950 et 1960 è apparso nel numero monografico L’Art de la Façade: Architecture et Arts Visuels della rivista “Histoire de l’Art. Revue de recherche et d’information” (Parigi 2014). Ha curato, tra l’altro, i volumi Sguardi sul Mediterraneo. Studi a margine del convegno internazionale Genoa, Columbus and the Mediterranean (Genova 2012) e Asger Jorn. Oltre la forma/The Form and Beyond (Genova 2014); è attualmente impegnata nella realizzazione di una monografia sui rapporti tra arte e architettura in Italia nel secondo dopoguerra (Mimesis Edizioni). Paola Valenti Copertina progetto_Layout 1 13/06/16 10.32 Pagina 1 Arte negli edifici pubblici L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN LIGURIA DAL 1949 A OGGI Risultato finale del progetto di ricerca L’arte negli edifici pubblici. Applicazione della “legge del 2%” in Liguria ideato e realizzato da Regione Liguria e dal Dipartimento di Italianistica, Romanistica, Antichistica, Arti e Spettacolo (DIRAAS) dell’Università degli Studi di Genova, nell'ambito dell'Accordo di Programma Quadro "Beni e attività culturali III Integrativo", il volume raccoglie, attraverso un corposo lavoro di schedatura storico-critica, i dati relativi alla presenza di opere d’arte negli edifici pubblici del territorio ligure realizzate dal secondo dopoguerra ad oggi in ottemperanza della cosiddetta “legge del 2%”. I saggi critici che integrano la schedatura riconducono il caso ligure al contesto nazionale e internazionale, seguendo l’iter della legge e della sua ricezione e ragionando sulle nuove declinazioni dell’arte pubblica in rapporto alle tendenze emergenti nel panorama artistico contemporaneo. REGIONE LIGURIA In copertina: Christopher Klein, Chaos, 1997, La Spezia. © Benvenuto Saba, courtesy Comune di La Spezia DE FERRARI Arte negli edifici pubblici A CURA DI PAOLA VALENTI RICERCA Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA Arte negli edifici pubblici L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN LIGURIA DAL 1949 A OGGI A CURA DI PAOLA V ALENTI GENOVA UNIVERSITY PRESS Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 2 GENOVA UNIVERSITY PRESS È IL MARCHIO DI REGIONE LIGURIA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA VOLUME A CURA DI Paola Valenti COMITATO SCIENTIFICO Prof. Alberto Beniscelli, Università degli Studi di Genova Prof.ssa Giovanna Franco, Università degli Studi di Genova Prof. Lauro Magnani, Università degli Studi di Genova Prof. Stefano Musso, Università degli Studi di Genova Prof. Luca Quattrocchi, Università degli Studi di Siena Prof.ssa Ornella Selvafolta, Politecnico di Milano Prof. Francesco Tedeschi, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Il presente volume è stato referato dal Comitato Scientifico DIRAAS UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA Progetto di ricerca L'arte negli edifici pubblici. Applicazione della "legge del 2%" in Liguria ideato e realizzato da Regione Liguria e dal Dipartimento di Italianistica, Romanistica, Antichistica, Arti e Spettacolo (DIRAAS) dell’Università degli Studi di Genova, nell'ambito dell'Accordo di Programma Quadro «Beni e attività culturali III Integrativo - Intervento BF-10 Progettazioni per lo sviluppo di programmi di valenza strategica in materia di Cultura» RESPONSABILI SCIENTIFICI DEL PROGETTO Francesca Carosio, Regione Liguria Paola Valenti, Università degli Studi di Genova COORDINAMENTO SCIENTIFICO DEL PROGETTO Alessandra Piatti, Rocco Pietro Spigno CONSULENZA PER ATTIVITÀ CATALOGRAFICA Simonetta Mazzi, Regione Liguria COLLABORATORI Claudia Andreotta, Giorgia Barzetti, Sonia Braga, Francesca Bulian, Alessandra Piatti, Rocco Pietro Spigno Progetto grafico: Elena Menichini Realizzazione editoriale © 2016 - De Ferrari Comunicazione S.r.l. Via D'Annunzio, 2/3 - 16121 Genova Tel. 010 5956111 - 010 587682 - 010 460020 Fax 010 0986823 - cell. 348 7654815 [email protected] L’editore rimane a disposizione per gli eventuali diritti sulle immagini pubblicate. I diritti d’autore verranno tutelati a norma di legge. UN RINGRAZIAMENTO SPECIALE A Arianna Adamo, Franco Boggero, Fabio Caffarena, Cristina Cellone, Anna Costantini, Michele Di Fiore, Ivo Gensini, Roberto Granata, Leo Lecci, Pierre Marie Lunghi, Stefano Lungo, Loretta Marchi, Eliana Mattiauda, Maurizia Migliorini, Simonetta Ottani, Patrizia Peirano, Alessandro Sicuro, Raimondo Sirotti, Laura Stagno, Marzia Ratti, Daniela Rossello, Barbara Viale, Cesare Viel UN COMMOSSO RICORDO A Franco Sborgi e Liliana Ughetto IN COPERTINA: Christopher Klein, Chaos, 1997, La Spezia. © Benvenuto Saba, courtesy Comune di La Spezia Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 3 SOMMARIO PRESENTAZIONE Ilaria Cavo p. 5 PRESENTAZIONE Alberto Beniscelli p. 7 p. 9 p. 15 OLTRE L’ITALIA: CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL “PERCENTO ARTISTICO” Alessandra Piatti p. 37 DEMATERIALIZZAZIONE E RI-MATERIALIZZAZIONE DELL’OGGETTO D’ARTE NELL’EDIFICIO E NELLO SPAZIO PUBBLICO Francesca Bulian p. 56 L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN PROVINCIA DI GENOVA Rocco Pietro Spigno p. 67 Schede Provincia di Genova p. 89 L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN PROVINCIA DI LA SPEZIA Sonia Braga p. 113 Schede Provincia di La Spezia p. 117 L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN PROVINCIA DI SAVONA Giorgia Barzetti p. 125 Schede Provincia di Savona p. 129 L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN PROVINCIA DI IMPERIA Claudia Andreotta p. 137 Schede Provincia di Imperia p. 141 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA a cura di Francesca Bulian p. 150 INDICE DEI NOMI a cura di Rocco Pietro Spigno p. 156 INDICE DEGLI EDIFICI SCHEDATI a cura di Alessandra Piatti p. 159 INTRODUZIONE ARTE PER L’ARCHITETTURA - ARCHITETTURA PER L’ARTE Stefano Musso SAGGI DALLA “LEGGE DEL 2%” ALLE NUOVE DECLINAZIONI DELL’ARTE PUBBLICA Paola Valenti RICOGNIZIONE SUL TERRITORIO APPARATI Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 4 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 5 PRESENTAZIONE Ilaria Cavo, Assessore alla Cultura della Regione Liguria L’Accordo di Programma Quadro Beni e Attività culturali III integrativo - sottoscritto nel 2007 da Regione Liguria e dagli allora Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero per i Beni e le Attività Culturali - ha sostenuto, fra gli altri, l’intervento Progettazioni per lo sviluppo di programmi di valenza strategica in materia di cultura, che Regione Liguria, in qualità di soggetto attuatore, ha declinato in una serie di progetti di ricerca e di approfondimento, diversi per materia ma tutti finalizzati alla documentazione del patrimonio culturale presente sul territorio della Liguria, per la sua promozione così come per la creazione di strumenti di rilevamento e conoscenza scientificamente idonei ad attivare le linee di una programmazione consapevolmente orientata, fra l’altro, ad evidenziare elementi di identità culturali comuni e accrescere le potenzialità del turismo culturale, anche attraverso la fruizione digitale. L’elevata qualità del lavoro svolto, che ha trovato ulteriore copertura istituzionale con la sottoscrizione di uno specifico protocollo di intesa con l’Università degli Studi di Genova, è stata assicurata, sul piano scientifico, dalla collaborazione con i Dipartimenti dell’Ateneo genovese di volta in volta competenti. In particolare, la linea tematica L’arte negli edifici pubblici. Applicazione della “legge del 2%” in Liguria ha attivato un censimento delle opere pubbliche realizzate sul territorio regionale che, a partire dal secondo dopoguerra, sono state interessate dall’applicazione della legge 717/1949 Arte negli edifici pubblici, comunemente nota come “Legge del 2%”. La norma dispone che, nella realizzazione di opere pubbliche, il 2% dell'importo dei lavori sia destinato all'integrazione di interventi artistici nel contesto architettonico degli edifici costruiti. Il progetto di ricerca, condotto dal Dipartimento DIRAAS dell’Università di Genova, ha previsto la formazione di una banca dati delle opere e la loro schedatura sulla base dei tracciati catalografici dell'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, oltre ad un’ampia attività di comunicazione, articolata su differenti azioni: la presentazione dei risultati con la realizzazione di un convegno internazionale; la pubblicazione di un volume per la sistematizzazione e la diffusione presso la comunità scientifica e accademica delle conoscenze acquisite; la divulgazione per la fruizione da parte di un pubblico più ampio tramite il portale regionale culturainliguria.it 5 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 6 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 7 PRESENTAZIONE Alberto Beniscelli, direttore DIRAAS Nell’ormai lontano 2011 Franco Sborgi, professore ordinario di Storia dell’arte contemporanea ed allora Direttore del Dipartimento di Italianistica, Romanistica, Antichistica, Arti e Spettacolo dell’Ateneo genovese, aveva ideato il programma di ricerca che oggi culmina nella realizzazione di questo significativo volume. Fondamentale per la realizzazione del progetto è stata la stipula con la Regione Liguria della Convenzione di Ricerca L’arte negli edifici pubblici. Applicazione della “legge del 2%” in Liguria, attuata nell’ambito del Programma Quadro “Beni e Attività Culturali III Integrativo - Intervento BF-10 Progettazioni per lo sviluppo di programmi di valenza strategica in materia di cultura”. Grazie ad essa, l’interesse che gli studiosi del nostro Dipartimento rivolgono tradizionalmente allo studio, alla valorizzazione e alla tutela dei beni culturali presenti sul territorio ligure ha potuto unirsi all’impegno che la Regione Liguria dedica, con i propri strumenti e professionalità, al medesimo ambito. Nel tempo, l’efficace collaborazione culturale e scientifica ha coinvolto altre Scuole e Dipartimenti della nostra Università: in particolare la Scuola Politecnica e il Dipartimento DSA di Scienze per l’Architettura, impegnato, all’interno dello stesso Programma Quadro, in una ricerca sull’architettura contemporanea in Liguria, condotta in parallelo a quella i cui risultati sono offerti nel volume. Va inoltre evidenziato come, per merito del progetto e della presente pubblicazione - entrambi patrocinati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e dal Ministero dello sviluppo economico -, la Liguria sia stata capace di cogliere tempestivamente o addirittura di precorrere l’interesse che dopo la pioneristica esperienza dell’Emilia Romagna, prima fra le regioni italiane ad avere promosso uno studio sistematico e una capillare catalogazione delle opere d’arte realizzate in ottemperanza alla Legge 717/49, si sta delineando sull’argomento a livello nazionale e internazionale. Dopo la prematura scomparsa del caro amico e collega Franco Sborgi è toccato a Paola Valenti, ricercatore e docente di Metodologie per lo studio dell’arte contemporanea e di Architettura contemporanea presso il DIRAAS, il compito di assumere la responsabilità scientifica del progetto di ricerca e il coordinamento del gruppo di giovani studiosi impegnati nella indagine documentaria e nella mappatura e schedatura delle opere d’arte realizzate nella nostra regione, dal 1949 a oggi, in seguito all’applicazione della “legge del 2%”. Anche come membro del comitato scientifico di questo volume ho avuto modo di apprezzare la capacità di individuare temi e problemi e la qualità anche metodologica della ricerca. Con un ricco ex-cursus storico Paola Valenti ha ricostruito il dibattito che ha portato alla concezione della “legge del 2%” e che ha accompagnato le varie fasi di applicazione e le numerose modifiche. Alessandra Piatti e Francesca Bulian hanno aperto nuove prospettive di analisi linguistica e di confronto con le le- 7 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 8 gislazioni e i progetti realizzati nell’ambito dell’applicazione delle politiche del Percento per l’Arte fuori dall’Italia. Rocco Spigno, Giorgia Barzetti, Sonia Braga e Claudia Andreotta hanno analizzato accuratamente, con 8 saggi e schede, le vicende dell’applicazione della legge nelle quattro province liguri. Ad autori e curatori va il mio personale ringraziamento per i contenuti innovativi e i molti spunti di riflessione offerti dal loro lavoro. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 9 ARTE PER L’ARCHITETTURA - ARCHITETTURA PER L’ARTE Stefano Musso L’intenso dibattito che ha accompagnato l’iter di formulazione e approvazione della Legge n. 717 del 1949, sul cosiddetto “2%” per l’arte legata alle Opere Pubbliche, dice quanto la ricerca qui presentata sia ricca di temi cruciali. Essa ha affrontato questioni che hanno riguardato l’architettura e i suoi rapporti con le altre arti – e viceversa – nel periodo considerato, ma non solo questo. In gioco, vi erano anche più generali rapporti tra spazi, luoghi, forme e immagini, il ruolo dei messaggi e dei loro possibili “veicoli” (materiali e no), dei contenitori e dei rispettivi contenuti. Tutto ciò chiama in causa molte discipline, dalla storia alla storia dell’arte, dall’iconologia all’iconografia, dalla semeiotica alla semantica, sullo sfondo del perenne dialogo/incontro/scontro tra significati e significanti, tra sostanza e apparenza, tra uso e consumo dello spazio di vita collettivo, quale bene pubblico primario. Sono dunque molti i temi che il libro affronta e questa breve nota introduttiva riguarda quelli emersi con maggiore chiarezza e ricorrenza, rimandando ai singoli, nella loro autonomia, l’illustrazione dei contenuti e degli esiti specifici della ricerca. Nei dibattiti intorno alla legge, sembrano così riecheggiare, anzitutto, antiche “querelles”, mai del tutto sopite, sul rapporto tra le tre arti “figurative” per eccellenza. Già Giorgio Vasari, nel proemio alle Vite, accennava a una “disputa, nata e nutrita tra molti senza proposito, del principato e nobiltà, non dell’architettura, che questa hanno lasciato da parte, ma della scultura e della pittura…”1. La polemica non toccava, dunque, l’arte dell’edificare e Vasari lo conferma, annunciando la struttura e i contenuti del testo, quando dichiara: “Comincerommi dunque da l’architettura, come da la più universale e più necessaria et utile agli uomini, et al servizio et ornamento della quale sono le altre due…”2. Già per Vitruvio, d’altra parte, l’Architettura era regina di tutte le arti e l’architetto doveva essere il regista del loro concerto, mentre, per Seneca, essa era condannabile per ragioni morali, secondo un’antica tradizione di pensiero. È un fatto, in ogni caso, che la presunta superiorità dell’architettura sulle “arti sorelle” non fu mai universalmente accettata, tra ricorrenti polemiche sul primato della “mimesi” rispetto alla natura (unico modello, perché creazione divina), o della libera creazione-invenzione dell’artista, svincolata da ogni modello o canone prescrittivo. Alla luce di quest’antico rapporto, si comprendono allora anche le alterne posizioni di difesa (degli architetti), o di rivendicazione (degli artisti), a sostegno della propria opera, della sua specificità e autonomia, o i ricorrenti richiami all’armonica composizione di progettazione architettonica ed espressioni artistiche, che accompagnano le recenti discussioni sul ruolo dell’arte negli edifici e luoghi pubblici. Rileggendo le parole dei protagonisti del dibattito sulla “legge del 2%”, ampiamente riportate da Paola Valenti, si scopre non casualmente il continuo alternarsi di posizioni apparentemente inconciliabili. Emergono, in più momenti, forti rivendicazioni del ruolo primario e autonomo dell’architettura, 9 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 10 STEFANO MUSSO 10 che pure è figlia del dialogo con le (o affetta dalle influenze delle) contemporanee espressioni delle arti “sorelle”. A esse, però, fanno da controcanto le altrettanto convinte rivendicazioni dei diritti di scultori e pittori che chiedono di essere coinvolti, sin dall’inizio, nell’iter progettuale degli edifici e degli spazi in cui la loro opera era (o avrebbe potuto essere) destinata. In fondo, la contesa era tra un’idea dell’opera d’arte (pittorica o scultorea), in quanto semplicemente ospitata “dentro” (o intorno) all’architettura, o quale elemento integrato a (e coerente con) essa. A ciò miravano i ripetuti appelli a una necessaria “sintesi” delle arti, già raggiunta, ad esempio, in periodo rinascimentale e barocco, pur con differenze di tono e d’intensità. Al centro di tutto, come naturale, vi era - e ancora vi è – anche la discussione sul ruolo pubblico e di servizio dell’architettura e delle altre arti. I saggi del volume, tuttavia, chiariscono come il problema fosse ben più complesso. Al richiamo all’indipendenza delle arti, rispetto ai programmi che sollecitavano la produzione delle rispettive opere, corrispondeva spesso il rifiuto di ogni coinvolgimento “a priori” degli artisti nei processi decisionali relativi alle architetture e la necessità coinvolgerli solo in un secondo momento, mediante procedure di concorso pubblico, a tutela della loro stessa libertà espressiva e a garanzia della loro indipendenza da eccessive ingerenze del committente. È difficile non cogliere a questo proposito gli echi delle preoccupazioni per quanto avvenuto quando, sotto il fascismo, lo Stato usò senza limiti l’arte, esercitando su di essa un controllo spesso asfissiante e annichilente. È però anche difficile ignorare gli appelli degli artisti alla propria dignità, nel tentativo di sottrarsi al ruolo di semplici attori “subordinati” delle imprese dello Stato, richiesti solo di “abbellire” ciò che ad altri era affidato prioritariamente (come se l’architettura, in sé, non fosse in grado di creare bellezza). La polemica sui rapporti tra le arti e su quale fosse tra esse la maggiore, d’altra parte, durava ormai da secoli, dopo che le prime riflessioni moderne sui “Sistemi delle Arti”, dalla Francia del XVIII secolo, si estesero a tutta Europa.3 Per alcuni, l’Architettura era allora la minore o più bassa, perché priva di modelli di riferimento nella natura e troppo “meccanica” (secondo criteri di classificazione antichi e medievali). Per altri, all’opposto, proprio questa condizione ne faceva l’unica e vera espressione della creatività umana. Con l’Ottocento, la situazione sembrò finalmente virare a favore dell’Architettura ma, al termine del secolo, quando più forte divenne il bisogno di rinnovamento, i suoi rapporti con le altre arti tornarono a essere terreno d’incontro-scontro, d’ispirazione o di netto rifiuto. In fondo, la “legge del 2%”, risentì ancora fortemente di quelle tensioni. Anche ciò rende questo lavoro interessante e utile non solo per i cultori d’arte, ma per chiunque voglia capire come e per quali vie si giunga spesso a provvedimenti che non sono mai puri atti legislativi ma, piuttosto, condensati finali di storie assai lunghe e complesse. Il fatto è che “un rapporto” tra architettura e arti (non solo “visive”) è da sempre esistito, variabile nel tempo e nello spazio, riflesso di questioni non esclusivamente interne ad esse, ma dei più generali caratteri delle società, dei luoghi, dell’economia e della politica, delle istituzioni e delle forme di governo della “cosa pubblica”. Per questo, il saggio di Alessandra Piatti sulle modifiche successive della legge, in confronto con l’Europa e il resto del mondo, e quello di Francesca Bulian sulla “immaterialità e materialità dell’arte”, mettono giustamente in risalto i profondi cambiamenti che l’Architettura e le Arti hanno conosciuto negli ultimi decenni, mutando radicalmente la realtà cui la legge dovrebbe oggi essere ancora Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 11 INTRODUZIONE applicata. Altri mutamenti, d’altra parte, certamente verranno, in un mondo che cambia sempre più velocemente, mettendo così ancora più in discussione le antiche divisioni e gerarchie in questo ambito. In fondo (e da sempre), l’Arte è anche “Instrumentum regni”, o veicolo/espressione di molte intenzioni/valori e non possiamo ignorare questa sua condizione, se intendiamo comprendere i “caratteri interni” di ogni opera (iconologici, iconografici, tecnici, simbolici, espressivi…) e il ruolo che esse giocano verso l’esterno, soprattutto se nate, o scelte, per stare ove sono (centri del potere, spazi urbani, luoghi pubblici, di culto, di lavoro, dell’istruzione o della cura, senza dimenticare le dimore private). Si pensi, ad esempio, ai soggetti e ai temi delle opere di cui il libro offre un’ampia documentazione storica e iconografica, o alla loro “materialità” (che talvolta significa pregio, prestigio, valore economico, durabilità, simbolo e richiamo…). Come potremmo comprendere quei temi e soggetti, o quelle consistenze, se ignorassimo le condizioni “oggettive” entro le quali le opere sono state “create”, o senza conoscere i loro autori, con le loro storie personali e i loro profili artistici? È per questo inevitabile registrare il profondo mutamento tra i soggetti e i temi di molte opere d’arte, in edifici e luoghi pubblici delle città italiane, compresa Genova - come documenta il saggio di Rocco Pietro Spigno – durante il periodo “fascista”, rispetto a quelli che appaiono con la Repubblica democratica, pur con gli imbarazzi, le inerzie o le vaghezze che hanno contraddistinto la sua nascita e il suo consolidamento. Non possiamo ignorare, infatti, le preoccupazioni per un’arte chiamata ad assolvere compiti e intenti educativi, propagandi- stici e manipolatori delle coscienze individuali e dell’intero corpo sociale, a vantaggio del “Potere” o dei poteri. Come non vedere, inoltre, che la scelta (o non-scelta) degli aspetti connotativi e denotativi delle singole opere finanziate s’intrecciava, talvolta, con il perdurante dibattito-scontro tra figuratività, astrattismo, simbolismo (e altre tendenze ancora) dell’arte italiana di quei tempi. Certo, la polemica inizialmente richiamata, sul rapporto tra le arti, ancora presente nel dibattito sulla legge del ’49, è in parte ormai sopita o superata, ma è forse destinata a produrre in futuro altri frutti, tra nuovo figurativismo, concettualismo, installazioni, eventi e performances. Non resta, quindi, che attendere nuovi sviluppi e non chiudere le menti e le porte. Un ringraziamento, in conclusione, va alla Regione Liguria, per questa ricerca affidata al dipartimento DIRAAS e per quella sull’architettura contemporanea, sviluppata in parallelo dal dipartimento DSA di Scienze per l’Architettura. È stata un’importante occasione preziosa per gettare uno sguardo attento e approfondito sulla nostra storia recente, collaborando da punti di vista differenti per conoscere e comprendere un fragile patrimonio comune, spesso ignorato e negletto. Di questi risultati, spero, sarebbe contento Franco Sborgi, che ricordiamo con stima e riconoscenza. NOTE: 1 Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri, (nell’edizione per i tipi di Lorenzo Torrentino, Firenze, 1550), Einaudi, Torino 1991, p. 8. 2 Ivi, p. 16. 3 Cfr. Giorgio Pigafetta, Architettura ed estetica. Le teorie architettoniche nei sistemi delle arti moderni, Alinea, Firenze 1984. 11 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 12 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 13 SAggi RifleSSioni StoRiche SullA “legge del 2%” e pRoSpettive AttuAli Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 14 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 15 DALLA “LEGGE DEL 2%” ALLE NUOVE DECLINAZIONI DELL’ARTE PUBBLICA Paola Valenti I. Roma 1936: il Convegno Volta come incubatore della “legge del 2%” Tra il 25 e il 31 ottobre 1936 si svolse a Roma, presso la Reale Accademia d’Italia, il VI Convegno promosso dalla Fondazione Alessandro Volta: organizzato dall’Accademico Marcello Piacentini su investitura della neoistituita Classe delle Arti, il simposio radunò nella capitale eminenti studiosi, artisti e architetti chiamati a confrontarsi sul tema, allora di viva attualità, dei Rapporti dell’architettura con le arti figurative1. Nonostante l’ampiezza delle problematiche all’ordine del giorno, la maggior parte degli interventi dei relatori e delle argomentazioni avanzate nei dibattiti si concentrò, più o meno direttamente, sull’opportunità di indurre artisti e architetti a dar vita a nuove forme di “sintesi delle arti” che tenessero in considerazione le specifiche esigenze estetiche, culturali e sociali dell’epoca2. Alla metà degli anni trenta tale questione non poteva risultare, certo, scevra da ingenti implicazioni politiche e ideologiche: esse erano emerse prepotentemente, soprattutto, nella terza seduta del convegno, dedicata al Ritorno delle arti figurative ai compiti monumentali, durante la quale Antonio Maraini - critico d’arte, segretario della Biennale di Venezia dal 1927, del Sindacato Nazionale Belle Arti dal 1932 ed egli stesso autore di rilevanti interventi di arte pubblica aveva salutato la “rinascita di una collaborazione tra le arti, che un secolo di positivismo ed individualismo esasperato aveva come dissociato e sciolto da ogni ordine gerarchico”, conducendo fino “all’insubordinazione estetica delle parti verso il tutto e della veste decorativa verso l’ossatura architettonica, alla esaltazione dell’oggetto d’arte applicata al disopra dell’opera d’arte pura e dell’astrazione formale o coloristica, in quest’ultima, al di sopra di ogni verosimiglianza figurativa”3. Nel proprio contributo Maraini, formulando l’auspicio che l’architettura razionalista potesse superare la reticenza a “giovarsi delle arti sorelle”, aveva ricondotto le origini della nuova corrente architettonica a quei “germi salutari della reazione” che, dopo l’“opera di disgregazione” compiuta da romanticismo, impressionismo, futurismo, cubismo, espressionismo, dovevano necessariamente “condurre a ripristinare un ordine”4. Maraini si faceva così fautore di una interpretazione dell’architettura del movimento moderno come fenomeno reazionario che trovava non pochi oppositori tra i convenuti: tra questi Giuseppe Pagano, il quale, confutando diversi punti della relazione presentata durante la seconda seduta da Ugo Ojetti, altro eminente relatore, aveva indicato per l’architettura moderna ben altra genealogia e aveva posto la questione del suo rapporto con le arti figurative su basi morali e non aprioristiche: Per conto mio desidero soltanto affermare che gli architetti moderni, quelli delle pareti nude, quelli che difendono una architettura che egli [Ojetti] definisce come priva di elementi positivi, sono nati per diretta comprensione e derivazione dei movimenti pittorici degli ultimi anni, assai più che per effetto delle scuole di architettura. I nostri primi amici, e direi anzi i nostri primi 15 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 16 PA O L A VA L E N T I maestri, sono stati i pittori. Ricordo Casorati, Carrà, Sironi e i futuristi di anteguerra. È assolutamente infondato il pregiudizio di ostilità degli architetti verso i pittori. I nostri rapporti tra pittura e architettura hanno carattere etico e artistico. Il punto morale è questo: la nostra avversione alla rettorica vuota, formale, roboante, fatta di decorazioni pleonastiche, e da opere decorative che non sono giustificate né da una ragione utilitaria né da una ragione artistica. Noi odiamo il fasto per il fasto, l’inutile per il lusso irriverente, il grazioso, il frivolo. Siamo per l’orgoglio della modestia. E questo non esclude che il nostro mondo morale e il nostro desiderio di alta espressione non sia affidato proprio all’esecuzione pittorica5. 16 Il “punto morale” chiamato in causa da Pagano portava alla luce un aspetto saliente della questione del rapporto tra arte e architettura negli anni trenta, destinato a condizionarne le sorti anche negli anni della ricostruzione postbellica e nei decenni seguenti: il problema, per quanto concerneva l’architettura moderna, si spostava infatti dall’ortodossia del muro bianco all’avversione per una decorazione retorica e pleonastica, aggettivi che ben definiscono gran parte degli interventi decorativi realizzati o progettati dal regime fascista, sia nell’edilizia pubblica sia nei contesti espositivi. Basti pensare che già nel 1933, in un momento in cui il ruolo dell’arte murale non era ancora così ideologicamente definito come lo sarà subito dopo, la Triennale di Milano era stata concepita da Mario Sironi, Gio Ponti e Carlo Alberto Felice come una occasione per riflettere sulle “possibilità iconografiche, di impatto, di poetica che l’arte monumentale poteva offrire alla diffusione dell’ideologia dominante”6. La gran parte delle opere realizzate per l’occasione, pur di alto livello qualitativo, tradiva l’intima aspirazione dei loro esecutori “a partecipare al rinnovamento del mito antico nell’Italia moderna e fascista. Per tutti gli anni Trenta la pittura murale venne salutata come la vera arte contemporanea, il rinnovamento profondo, in nome della tradizione, della cultura figurativa italiana e come presa di distanza dall’espressione artistica appartata e intimista che ancora si esprimeva solo attraverso le esposizioni e che nulla insegnava alle masse”7. Alla luce di queste considerazioni e di quelle di Pagano, l’auspicio di Maraini che l’architettura del movimento moderno potesse superare la reticenza a “giovarsi delle arti sorelle” risulta, dunque, profondamente connotato in senso politico: proprio in quegli anni, infatti, autorevoli critici, teorici e architetti come Pier Maria Bardi, Carlo Belli e Alberto Sartoris miravano a promuoverla ad “architettura di Stato”, avendone compreso l’intima parentela con il coevo ritorno al classicismo e avendo intuito la possibilità di far passare attraverso le sue esigenze di “ordine” del sistema compositivo e plastico un messaggio politico di ossequio e di adesione all’“ordine” del potere costituito; un messaggio, certo, più raffinato e sottile di quello comunicato da magniloquenti archi romani, timpani e lesene ma non per questo meno efficace8. Anche l’architettura moderna era, dunque, chiamata a favorire l’attuazione del programma dello stato fascista che voleva, per l’arte, una funzione sociale ed educatrice - “essa deve tradurre l’etica del nostro tempo […] la concezione individualistica dell’‘arte per l’arte’ è superata”, si legge nel Manifesto della pittura murale, scritto da Massimo Campigli, Carlo Carrà, Achille Funi e Mario Sironi nel dicembre del 1933 - e, pertanto, toccava agli architetti favorire concretamente il ritorno degli artisti ai loro compiti monumentali, come già aveva fatto il regime fascista “invitando nella Biennale veneziana e nella Triennale milanese, gli artisti a dipingere e a scolpire per decorare, su argomenti vivi, date pareti e date sale”9. Lanciando agli architetti del movimento moderno il proprio implicito invito alla collabo- Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 17 DALLA “LEGGE DEL 2%” A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A razione con gli artisti Maraini aveva, presumibilmente, anche voluto giocare d’anticipo sulle argomentazioni contrarie che, nella successiva seduta pomeridiana dedicata alle Tendenze dell’architettura razionalista in rapporto alla collaborazione della scultura e della pittura, Le Corbusier avrebbe esposto nella prima parte della propria relazione - significativamente intitolata Lo studio della tendenza che impera invece nell’architettura razionalista di escludere come superflue, secondo una logica rigorosa, il concorso delle arti figurative10 - in un passaggio saliente della quale pittura e scultura sarebbero state additate addirittura come responsabili di una deriva dell’architettura verso la perdita della sua funzione: Se si parla di architettura razionale o funzionalista, è perché se ne immagina, all’opposto, un’altra irrazionale e non-funzionante. Si ammette dunque la presenza, in queste ore nuove della società umana, di una architettura che non è né irrazionale né non-funzionante. Si ammette che ciò esiste, che ciò sia ormai acquisito, irrimediabilmente; ma che si tratta di collegarla all’altra - l’irrazionale e la non-funzionante - per mezzo dell’aiuto di una terza persona, già appiccicata all’altra, e che forse l’ha condotta a diventare non-funzionante e irrazionale: la decorazione, la pittura e la scultura. Io, per conto mio, opino che tale discussione è fuori luogo, senza frutto. Non vi è architettura razionale o irrazionale. Vi sono degli architetti che rispettano la loro missione, edificando costruzioni “funzionanti”, e altri che sono degli sciagurati e dei ladri, e che costruiscono edifici non-funzionanti e irrazionali. Concludo: l’architettura è una attività estendentesi a ogni costruzione soggetta alle leggi della visione. La società è criminale se essa edifica delle costruzioni che non servono a nulla o servono male agli usi degli utenti. L’oggetto di questa attività: costruire, si estende a una massa impensata di oggetti innumerevoli e diversi di forma, grandezza, destinazione e materia. Il giuoco architettonico [nei passaggi precedenti Le Corbusier aveva definito l’architettura un giuoco sapiente, corretto e magnifico delle forme sotto la luce, n.d.a.] non per questo vi giuoca con minor rigore, sulla base di avvenimenti organici e plastici che ne sono il considerato oggetto. Io non capisco quale imperativa missione abbiano le arti figurative in questa faccenda. Io dico: l’architettura non ne ha alcun bisogno! Ma aggiungo senza indugio: l’architettura, in talune occasioni può esaurire il suo compito e aumentare il diletto degli uomini con una collaborazione eccezionale e magnifica delle arti maggiori: pittura e statuaria. Problemi nobili ed eminenti che possono altrettanto preoccupare l’inquilino di un alloggio, quanto il potente, innalzante edifici alla gloria del suo popolo11. Il complesso intervento di Le Corbusier, completato da una seconda parte della relazione dal titolo L’opera d’arte, presenza insigne, nella quale l’architetto svizzero aveva prospettato che all’artista venisse affidato il compito di “rimettere a posto la cose dell’architettura” laddove vi fossero “muri fastidiosi, imposti - soffitti o pavimenti - da ragioni intempestive estranee alla disciplina architettonica”12, aveva suscitato accese reazioni, tra cui quella di Gino Severini, indispettito dal ruolo, a parer suo “subalterno”, che l’architetto svizzero aveva previsto per il pittore o lo scultore chiamato a intervenire nello spazio architettonico13. Un parere condiviso da Virgilio Guzzi, non direttamente coinvolto nel convegno ma suo attento recensore, il quale in un articolo apparso nel novembre successivo su “La Nuova Antologia”, ricalcando in parte la reazione di Pagano all’intervento di Ojetti, aveva polemicamente annotato: Che la pittura si adegui allo spirito dell’architettura? Ma lo spirito è uno, tant’è vero che l’architettura moderna è debitrice della pittura moderna [...]. Se il pittore deve essere degno dell’architet- 17 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 18 PA O L A VA L E N T I tura, come vuole il Le Corbusier, l’architetto, noi diciamo, dev’essere degno della pittura14. 18 Nel medesimo articolo Guzzi aveva anche lamentato la mancanza, nell’impostazione del convegno, di un rigoroso metodo critico che “avrebbe forse impedito che si indugiasse non senza qualche compiacimento sopra questioni vecchie e sbandate”15 e che si scivolasse di frequente in disquisizioni astratte e in sofismi; in effetti, erano rimaste sullo sfondo del dibattito questioni salienti, come quella sollevata da Margherita Sarfatti, illustre assente al Convegno Volta, in un articolo che anticipava di alcuni mesi il simposio romano, nel quale la corifea di Novecento invitava a non chiedersi se fosse giusto o meno fare pittura murale bensì a verificare quali fossero tra i contemporanei gli artisti in grado di farla realmente16. Anche le riflessioni sulla destinazione architettonica della pittura o della plastica murale erano state sporadiche e occasionali: tra i pochi a fare emergere con chiarezza e incisività la questione era stato Severini, il quale aveva colto l’occasione per contestare a Le Corbusier anche l’affermazione, sopra riportata, secondo la quale il problema del rapporto con la pittura e la scultura avrebbe dovuto “preoccupare l’inquilino di un alloggio, quanto il potente, innalzante edifici alla gloria del suo popolo”17, richiamando opportunamente alla necessità di separare il problema della casa d’abitazione da quello dei grandi edifici collettivi - religiosi, statali e in generale pubblici - nei quali imperative esigenze d’ordine sociale o etico avrebbero potuto esigere “assolutamente una rappresentazione figurativa o simbolica, un’arte suscettibile di suscitare delle idee, evocare delle immagini”18. Severini aveva così affrontato in sede teorica un problema che avrebbe presto acquisito centralità non solo nel dibattito critico ma anche sul piano legislativo, culminando con la promulgazione, nell’agosto del 1942, della Legge per le opere d’arte negli edifici pubblici, la cosid- detta “legge del 2%” o “legge Bottai” per il ruolo centrale che ebbe nella sua formulazione l’allora ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai: tale provvedimento legislativo avrebbe trasformato in norma la consuetudine già diffusa nei cantieri edili di destinare all’esecuzione di opere d’arte almeno il 2% dell’impegno di spesa totale previsto per ogni intervento edilizio pubblico, riservando esplicitamente proprio agli edifici collettivi, e non a quelli a uso abitativo, l’apporto edificante ed estetico della decorazione19. Altri argomenti tra quelli discussi al Convegno Volta sembrano preparare il terreno alla definizione della “legge del 2%” da un punto di vista operativo e non solo culturale: la proposta di Piacentini, letta da Romanelli, di finanziare interventi d’arte murale sottraendo denaro all’organizzazione di mostre temporanee e, ancor più, la presentazione durante la settima seduta, dedicata alla Tutela e inquadramento statale degli artisti, di iniziative quali la costituzione di un sindacato degli artisti e di un albo professionale. Ma, al di là delle questioni specifiche, era stato l’intero convegno, con il suo esplicito invito a ragionare intorno ai Rapporti dell’architettura con le arti figurative a favorire una generale sensibilizzazione rispetto all’idea dell’utilità sociale degli artisti e della loro necessaria partecipazione “alla creazione di un’immagine unitaria e composta della cultura italiana”20. Forse consapevole delle potenzialità insite in un tale simposio, Giuseppe Bottai, al tempo ancora Governatore di Roma, non aveva fatto mancare il suo saluto ai partecipanti al Convegno Volta nella seduta inaugurale in Campidoglio. II. Il dibattito intorno alla “legge del 2%” In una intervista rilasciata al “Corriere della Sera” il 24 gennaio 1940 per presentare compiti e finalità del nuovo Ufficio per l’arte contemporanea da lui stesso istituito, Bottai aveva così annunciato la prossima definizione della legge: Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 19 DALLA “LEGGE DEL 2%” A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A Un altro punto del nostro programma è, infine, la partecipazione sempre più larga degli artisti contemporanei alle opere edilizie del Regime. La nostra collaborazione con il Ministero dei Lavori Pubblici si farà sempre più intensa, affinché un’architettura schiettamente moderna dia alle nostre città il volto dei nostri tempi; e poiché i problemi dell’architettura nuova e della pittura e della scultura d’oggi sono uno solo, una sola sarà la soluzione, anche al di là dei provvedimenti attuali che prevedono, nella misura del 2 per cento, la partecipazione dei pittori e degli scultori alle opere edilizie dello Stato21. Già dai primi anni trenta, infatti, nei grandi concorsi per le opere pubbliche reiterate circolari ministeriali avevano provveduto a regolamentare lo stanziamento di fondi per finanziare gli interventi decorativi da affidare a pittori e scultori22. Senza dubbio, con la codificazione in legge di una prassi diffusa lo Stato fascista puntava a mettere a punto un ulteriore strumento - dopo quello, assai efficace, del Sindacato Nazionale Belle Arti - attraverso il quale estendere il proprio controllo sull’arte contemporanea e assicurarsi l’aderenza e il consenso di numerosi artisti alla propria politica: questa norma si prefiggeva, infatti, di rendere sempre più vincolante il rapporto tra gli artisti e i poteri politici, come emerge con evidenza dall’affermazione dello stesso Bottai contenuta in un articolo apparso, subito dopo l’approvazione della legge, sulla rivista “Le Arti”: esigendo la collaborazione dell’artista nelle opere da tramandare al futuro, lo Stato assume direttamente la responsabilità di quell’arte, che ora soltanto possiamo, in senso più che cronologico chiamare contemporanea: contemporanea infatti, come la storia che lo Stato realizza e nella quale viviamo23. Bottai aveva orgogliosamente posto l’accento su quelle che riteneva essere le vere finalità della legge, presentandola come una concreta risposta agli assertori dell’agnosticismo dello Stato nelle cose dell’arte: lo Stato giudica, sceglie, commette le opere d’arte. Ma l’importante è che, rendendo obbligatoria la partecipazione degli artisti alle opere di pubblica utilità, lo Stato non tende affatto a garantirsi un’arte celebrativa, subordinata a fini pratici, e siano pure altissimi: lo dimostra il testo stesso della legge, che demanda l’assegnazione dei lavori a due organi altrettanto, seppur diversamente, responsabili della cultura artistica nazionale: il Ministero dell’Educazione e il Sindacato. La responsabilità di questi due organi è specifica: e investe, soprattutto, la qualità, cioè la dignità formale delle opere, passando in seconda linea qualsiasi altra considerazione. In altre parole: scopo della legge non è di assicurare ai pubblici edifici un congruo apparato decorativo, ma di affermare il valore di pubblica utilità del lavoro artistico24. I rischi e le ambiguità insite in tale programma erano palesi e destavano preoccupazioni di vario genere: in primis, la legge si rivelava essere un potente strumento di cui il Sindacato delle Belle Arti - la cui forza politica era ben presente al governo - mirava a servirsi a tutela della corporazione degli artisti e, di fatto, privava gli architetti progettisti di ogni potere decisionale in merito ai luoghi dove inserire le opere d’arte murale, le tecniche decorative da utilizzare, i contenuti e la scelta degli artisti. Le reazioni, a questo proposito, non si erano fatte attendere: nel settembre 1942 la rivista “Architettura” aveva pubblicato il risentito parere di Enrico Del Debbio: Per conto nostro diremo che la formulazione della legge è sotto ogni aspetto ottima; ci duole soltanto che non si sia tenuto conto della responsabilità che grava sull’architetto progettista, e che nel quadro delle competenze sulla scelta dei collaboratori non sia stato incluso anche l’ar- 19 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 20 PA O L A VA L E N T I chitetto a cui si deve l’opera architettonica che dovrà accogliere quelle dei pittori e degli scultori. Non vorremmo che l’Architettura fra le Arti maggiori fosse quella tenuta in minor conto, come potrebbe apparire da alcuni scritti, dacché le sue sorelle, pittura e scultura, vengono esaltate, curate, regolate, discusse, protette dagli organi statali e dalla critica25. 20 Affine era stata la posizione di Marcello Piacentini, il quale, intervenendo nel dibattito che lo stesso Bottai aveva aperto nell’aprile del 1942 sulle pagine di “Primato” con lo scritto Socialità dell’arte26, non aveva esitato ad affermare che la selezione degli artisti per le decorazioni di un edificio, i temi figurativi da affrontare e persino le tecniche da utilizzare dovevano necessariamente spettare all’architetto progettista - previa intesa con il Committente e con il Sindacato poiché egli soltanto era in grado di capire “chi concorda con la sua arte [...]. Altrimenti verrebbe a mancare nell’opera d’arte la unità, che ne è la base elementare”27. Significativamente, nel rivendicare il ruolo primario dell’architetto, Piacentini si era trovato in pieno accordo con Giovanni Michelucci che, già nel 1938, era intervenuto su “Le Arti” per affermare il diritto del progettista dell’edificio di decidere sulla decorazione, in base a un concetto di funzionalità al quale egli riteneva dovesse essere subordinato ogni altro intervento28. Sulle pagine di “Primato” le riserve di Piacentini sulle modalità di scelta degli artisti previste dalla “legge del 2%” erano condivise da Melchiorre Bega29, da Gio Ponti30 e da Giuseppe Pagano; quest’ultimo era entrato nel merito di uno degli altri grandi rischi insiti nella legge, ossia quello di un suo utilizzo strumentale da parte del potere politico, manifestando grave perplessità nell’immaginare un efficace sistema di controllo per quanto potrà riferirsi alla scelta qualitativa delle opere di arte, alla loro determinazione dimensionale, ai loro rapporti di collaborazione con l’insieme architettonico, all’accentuazione della loro effettiva necessità celebrativa, e soprattutto alla giustificazione artistica morale della loro funzione ‘monumentale’31. Perplessità condivisa da Carlo Carrà, al quale non era sfuggito neppure il rischio di un uso reazionario della legge, insito nel fatto stesso che lo Stato, facendosi committente, rivendicava in sostanza a sé, attraverso i propri organi di controllo, il giudizio di valore dell’arte contemporanea: Per l’avvenire artistico del nostro paese io mi auguro pertanto che la suddetta legge non abbia a servire a certi vecchi sistemi demagogici fin troppo conosciuti nel campo dell’arte, né abbia a fare da infermiera provvidenziale a correnti pseudo artistiche boccheggianti. Né vorremmo che nella sua attuazione pratica la legge in parola servisse di pretesto ai podestà e a qualche ministro per intorbidire vieppiù le acque dell’arte figurativa come già è accaduto in non lontane circostanze; o servisse agli architetti per sfuggire alle responsabilità che essi pure hanno verso l’arte italiana32. La denuncia dell’ambiguità della legge è latente anche nell’affermazione di Mario Labò: Si è temuto che la legge del due per cento vagheggi, anche senza dirlo, una pittura ed una scultura apologetiche, e che appunto quelle essa intenda di promuovere. Noi, nel silenzio del legislatore, prendiamo l’espressione qual è. Pittura e scultura, che potranno anche avere una funzione puramente plastica e ritmica33. Nel proprio intervento Labò aveva, inoltre, messo a fuoco un aspetto destinato a condizionare in modo determinante, in negativo, le sorti della legge negli anni della ricostruzione postbellica e nei decenni ancora successivi, avendo intuito che il primo effetto della “legge del 2%” sarebbe stato Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 21 DALLA “LEGGE DEL 2%” A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A quello di avviare gli architetti a stringere i tempi nell’abituarsi a considerare pittura e scultura come elementi di prim’ordine nella accentuazione od anche soltanto nella determinazione dell’espressione architettonica. A considerarli elementi non più straordinari ma abituali, almeno negli edifici pubblici, cioè nelle architetture, se non di maggiore impegno, almeno di maggiori dimensioni34. La questione si era rivelata tanto complessa e delicata da indurre Pier Maria Bardi a proporre alcuni principi da seguire nell’applicazione della legge per evitare abusi e distorsioni: 1) progettare l’opera di architettura con la collaborazione degli artisti prescelti per la cosiddetta decorazione, cioè riunire finalmente l’architetto, il pittore, lo scultore in un unitario lavoro creativo; 2) combinare gruppi di artisti di intenzioni affini, per giovarsi di una collaborazione affiatata concorde; 3) istituire, per gli aventi diritto, una gerarchia, nel senso di ristabilire la ‘bottega’, dove un artista è capintesta, altri sono aiuti, altri sono garzoni; 4) far giudicare i progetti da un consesso che stia al di sopra del Consiglio superiore delle B.A. e del Consiglio superiore dei LL.PP., un consesso formato di poche persone senza parenti artisti, senza amici artisti, senza clientele artistiche, con l’incarico specifico di vigilare sull’armonia delle opere35. Se il pericolo di un uso clientelare della legge implicitamente denunciato da Bardi si rivelerà una premonizione che, tradottasi in realtà, accompagnerà la normativa per tutto il suo corso, non meno subdola era l’idea che la “legge del 2%” dovesse concorrere a sollevare le difficili condizioni economiche degli artisti, da un lato mettendo ulteriormente a repentaglio la qualità degli interventi che sarebbero stati promossi, dall’altro esponendo ancor più pittori e scultori al controllo ricattatorio del regime. La necessità di tenere separata la questione occupazionale degli artisti dalle considerazioni riguardanti il loro intervento nell’architettura era, del resto, emersa già durante il Convegno Volta, motivando il perentorio monito di Le Corbusier: “Attenzione, né miscuglio, né confusione! Aiuto alla disoccupazione? No, si tratta, qui, di architettura”36. Il dibattito aveva, dunque, registrato obiezioni, timori, malumori che le rassicurazioni di Bottai sulla mancanza nella legge di una volontà dirigistica e propagandistica non erano riuscite a prevenire o a sedare37: era infatti fin troppo evidente che, al di là delle intenzioni degli estensori - ai quali si erano affiancati consulenti del calibro di Giulio Carlo Argan, Cesare Brandi e Roberto Longhi38 - lo Stato fascista fosse determinato a servirsi del nuovo strumento giuridico sia per attirare il consenso degli artisti ed esercitare su di loro pressioni e controlli, sia per assicurarsi un ulteriore canale di diffusione della propria ideologia in un momento storico quanto mai delicato; ed era indubbio che avesse tutto l’interesse a legittimare un’arte che, sebbene restia ad essere definita “di Stato”, era, di fatto, al suo servizio39. Proprio in questa connotazione “totalitaria” della legge è probabilmente da ricercarsi una delle ragioni che ne ostacolarono l’applicazione nel dopoguerra quando, parzialmente modificata, tornò in vigore come Legge 29 luglio 1949, n. 717 e con la nuova titolazione Norme per l’arte negli edifici pubblici40: in un clima culturale diffusamente deciso a rigettare il magniloquente programma di “fascistizzazione” che aveva caratterizzato l’edilizia monumentale dai primi anni trenta in poi e che aveva interessato capillarmente tutta la penisola, la “legge del 2%” doveva certo risultare irrimediabilmente gravata dalle finalità con cui il regime se ne era servito. La mancata applicazione sistematica della “legge del 2%” fu uno dei fattori che certo non giocarono a favore della ripresa del dialogo tra 21 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 22 PA O L A VA L E N T I architetti e artisti nel dopoguerra: a questo proposito si deve anche osservare che le nuove Norme, oltre a integrare le prerogative degli architetti nel testo della legge (“la scelta degli artisti per la esecuzione delle opere d’arte [...] sarà fatta dall’Amministrazione sul cui bilancio grava la spesa, con la partecipazione del progettista e di un rappresentante dei lavoratori delle arti figurative”), stabilivano che, qualora il progetto architettonico non avesse previsto l’esecuzione in sito di opere d’arte, il 2% sarebbe stato devoluto all’acquisto e all’ordinazione di opere d’arte mobili di pittura e di scultura, destinate a integrare la decorazione degli interni. La legge del 29 luglio 1949 aveva così snaturato profondamente la precedente legge Bottai, offrendo sia agli amministratori sia agli architetti la possibilità di eludere la fattiva collaborazione con gli artisti. 22 III. Intorno alla “legge del 2%”: II caso di Genova attraverso i documenti conservati presso l’Archivio Storico del Comune Il giorno 8 gennaio 1958 il pittore Pietro Dodero, venuto fortuitamente a conoscenza del fatto che la Civica Amministrazione genovese avrebbe potuto “applicare la norma riguardante le costruzioni comunali per le quali una percentuale del loro costo, sarebbe destinata ad opere d’arte decorativa”, indirizza all’Assessore ai Lavori Pubblici, Dottor Grondona, una lettera con la quale chiede di essere tenuto presente “in tale eventualità”. Questa lettera costituisce il documento più antico tra quelli conservati nel Fondo Belle Arti, cartella 22, fascetta 74/31-Opere d’arte in edifici pubblici (1958-1971) dell’Archivio Storico del Comune di Genova. Le annotazioni autografe apposte a margine e in calce alla lettera sono rivelatrici della “novità” che la richiesta di Dodero viene a rappresentare per l’amministrazione comunale41: l’assessore in carica - che dal timbro risulta es- sere l’ing. Vita e non il Grondona cui Dodero indirizza la lettera - si rivolge all’Ing. Capo del Comune chiedendo se davvero vi fosse “un tale obbligo”; in calce, con la data dell’11 gennaio 1958, compare un breve appunto per l’assessore, firmato dall’incaricato, in cui si legge: per edifici pubblici viene stanziato il 2% per opere artistiche che possono essere [conferite] per concorso o assegnate diversamente secondo le proposte della Riunione B.A.. Esiste l’obbligo di legge peraltro non sempre osservato. La lettera di Dodero viene quindi trasmessa, per competenza, alla Direzione Belle Arti. La norma cui fa riferimento Dodero, cogliendo impreparati i funzionari comunali, era all’epoca già in vigore da oltre otto anni, trattandosi proprio della Legge 29 luglio 1949, n. 717 che sostituiva l’originaria “legge del 2%”. Un trafiletto, apparso su “L’Unità” il 27 febbraio 1958, rivela come la mancata osservanza della norma non fosse un problema locale, ma riguardasse l’intero paese: il breve articolo dà notizia di una proposta di legge presentata alla Camera dall’On. Mario Alicata per apportare modifiche alla legge 1949/717 eliminando “quelle disposizioni che finora hanno consentito di eludere l’applicazione delle norme”. La nuova proposta di legge si propone di semplificare “i criteri per l’assegnazione delle opere d’arte e per la composizione delle commissioni giudicatrici”, stabilendo altresì che “nei casi in cui il valore delle opere da assegnare superi i due milioni debba essere indetto pubblico concorso”42. Nel fondo dell’Archivio Storico del Comune questo trafiletto accompagna una lettera indirizzata all’Assessore Matteo Vita dall’Ingegnere Capo dell’Ufficio Tecnico dei Lavori Pubblici della Città di Torino, Ing. Lonardi, datata, anch’essa, 27 febbraio 1958: alla richiesta di informazioni circa lo stato dell’applicazione della Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 23 DALLA “LEGGE DEL 2%” A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A legge nel capoluogo piemontese, l’ingegnere Lonardi aveva così risposto: In relazione alla Sua richiesta del 19 febbraio c.m. circa l’applicazione della legge 29 luglio 1949 n. 717 per Opere Artistiche negli edifici pubblici di importo superiore ai 50 milioni, la Città di Torino ha finora provveduto solamente nell’edificio di una Scuola Materna di Via Giacinto Collegno facendo eseguire dei pannelli decorativi nell’atrio d’ingresso ad opera di una pittrice, e sta provvedendo per la nuova Biblioteca Civica attualmente in corso di costruzione. Per questo caso è stato deliberato dalla Giunta di bandire un concorso fra artisti italiani per un’opera artistica da collocarsi sulla facciata dell’edificio. La spesa per tale opere artistica è prevista nella cifra di £. 9.000.000, pari a circa il 2% dell’intero costo dell’edificio. Per la Galleria d’Arte Moderna che è pressoché ultimata, risulterebbe che l’Amministrazione Civica voglia destinare il 2% per l’acquisto di opere d’arte da esporre nella Galleria medesima43. Questa lettera, oltre a confermare una diffusa tendenza a disattendere l’applicazione della normativa vigente, fornisce alcune informazioni su cui è interessante soffermarsi: l’ingegnere torinese riferisce, correttamente, che ricadono sotto l’applicazione della legge solo edifici pubblici di importo superiore ai 50 milioni ma non chiarisce l’obbligatorietà di indire un pubblico concorso qualora l’importo da stanziare per le (singole) opere d’arte superasse le 500.000 lire, come regolamentato dall’art. 2 della legge; altro dato rilevante - assente nella legge Bottai e introdotto dalla legge del 1949 - è il riferimento alla possibilità di impegnare la quota del 2% per l’acquisto di opere d’arte mobili piuttosto che per la realizzazione in loco di interventi artistici. Della necessità di indire pubblici concorsi, del resto, erano consapevoli anche gli amministratori genovesi: già il 7 febbraio 1958, l’ingegnere Camillo Vergani, a capo della Ripartizione Edilizia Comunale del Comune di Genova, aveva indirizzato all’assessore ai Lavori Pubblici, e per conoscenza a quelli alle Belle Arti e all’Istruzione Pubblica, la seguente comunicazione Il Provveditorato OO.PP. nell’approvare progetti di edifici scolastici ha richiamato il Comune alla stretta osservanza della legge in oggetto, imponendo, nella compilazione delle perizie, la previsione di una somma pari al 2% dell’importo della spesa totale, da destinarsi ad opere d’ arte. La prima, e prossima, applicazione della legge ricade sulla “A. Volta” di Sestri, per la quale il 2% della spesa presunta comporterà un’assegnazione di più di 5 milioni per opere d’arte. Dato lo stato di avanzamento dei lavori, ritengo necessario che la S.V. promuova una riunione con gli Assessori competenti, Belle Arti ed Istruzione Pubblica, al fine di concordare il da farsi per poter poi predisporre il bando di concorso ed i relativi provvedimenti amministrativi44. 23 L’urgenza e la “nuova” ineluttabilità dell’applicazione della legge induce Vergani a rivolgersi alla Ripartizione Legale del Comune di Genova chiedendo chiarimenti in merito alla corretta interpretazione delle norme; il 10 marzo l’Avv. N. Elena inoltra al capo Ripartizione Edilizia Comunale, al Segretario Generale e al Direttore Belle Arti il Parere n° 46 che si riporta qui integralmente, in quanto contiene diversi punti di notevole interesse: Il Sig. Ing. Vergani nella sua nota del 28.2.58 ha posto i seguenti quesiti in relazione alla interpretazione delle norme della legge 29.7.1949, n. 717: a) con riferimento all’art. 1 - “Se, ogni qual volta il progetto architettonico non preveda l’esecuzione in sito, di opere d’arte di pittura e scultura, (e quindi affreschi, mosaici, bassorilievi, decorazioni scultoree in genere, ecc.) il 2% possa essere devoluto allo acquisto sul marcato (gallerie, aste pubbliche, mostre, ecc.) di opere d’arte di pittura Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 24 PA O L A VA L E N T I 24 e scultura, mobili, qualunque sia il loro valore unitario. Ossia, nell’ipotesi che il 2% destinato ad opere d’arte assommi ad un certo numero di milioni, se l’amministrazione possa acquistare sul mercato sia opere d’arte di valore singolo inferiore alle lire 500.000 sia una sola opera assorbente l’intero 2%, sia diverse opere di valore singolo superiore alla £. 500.000. b) Con riferimento agli artt.1 e 2 - “Se ogni qual volta siano previste opere di pittura e scultura eseguite in sito, ovvero non siano previste e l’Amministrazione ricorra all’ordinazione di opere d’arte di pittura e scultura mobili (intendendosi quindi, nell’uno e nell’altro, che le suddette opere siano ancora da eseguire e la scelta debba quindi cadere sull’artista.) sia chiaro ed inequivocabile che, superando in valore ogni singola opera le lire 500.000, debba essere indetto pubblico concorso, inteso appunto alla scelta dell’artista su tema più o meno limitato”. c) “Se, nel caso di concorso pubblico, lo stesso debba intendersi a carattere nazionale o regionale” d) “Se, nel caso che il progetto architettonico non preveda opere in sito, il ricorso all’acquisto sul mercato piuttosto che all’ordinazione ad uno o più artisti debba ritenersi perfettamente libero”. La legge 29.7.1949 n. 717 sostituisce la precedente legge 11.5.1942 n. 839, completandola e integrandola con nuove norme. Ciò premesso, osservo: sub. a) L’art.1 della nuova legge riproduce, con poche modifiche, nei primi tre commi le norme formulate nell’art.1 della legge precedente; vi aggiunge però un quarto comma nell’ipotesi che il progetto architettonico non preveda l’esecuzione “in sito” di opere d’arte; In tal caso il 2% del costo totale della costruzione o ricostruzione ne verrà devoluto “all’acquisto ed all’ordinazione di opere d’arte mobili, di pittura e di scultura, che integrino la decorazione degli interni”. La legge parlando d’acquisto e di ordinazione, sembra volersi riferire a due ben distinti concetti; si acquista l’opera già esistente, si ordina l’opera da eseguirsi. Per l’esecuzione l’art.2 della legge prescrive la scelta degli artisti con determinate modalità e prevede il concorso per opere di valore maggiore alle lire 500.000. Ma, trattandosi di acquisto d’opere già esistenti l’Amministrazione non sembra legata a vincoli particolari; ragioni di opportunità potranno eventualmente indurre l’Amministrazione a considerare se convenga procedere all’acquisto unicamente per le opere di artisti defunti, e all’ordinazione per opere di artisti viventi, tenendo presente che, in un caso o nell’altro, le opere devono essere tali da “integrare la decorazione degli interni”. Non mi par dubbio che l’Amministrazione possa, con suo criterio discrezionale, acquistare sia opere d’arte di valore inferiore alle Lire 500.000, sia opere d’arte di valore superiore. La legge parla d’opere d’arte mobili di pittura o di scultura; sembra pertanto che tali opere che integrano la decorazione, debbano essere più d’una. Ma non è da escludersi che possa, a giudizio dell’Amministrazione, acquistarsi un’opera unica (che assorba il 2% preventivato) la quale, per il suo pregio e per le caratteristiche dell’edificio, basti da sola a integrarne la decorazione. sub. b) Non vi è dubbio che quando il valore superi le Lire 500.000 l’assegnazione debba seguire mediante concorso. La Legge precedente lasciava facoltà alle singole Amministrazioni di indire o meno concorso imponendo però alle Amministrazioni interessate di prendere accordi con i ministri dei Lavori Pubblici e dell’Educazione nazionale. La nuova Legge, invece, adotta il criterio del valore, imponendo sempre il concorso quando il valore superi la cifra accennata. sub. c) È in facoltà dell’Amministrazione di indire concorsi locali o di carattere nazionale non dettando la legge criteri specifici Alcuni membri della Commissione giudicatrice (rappresentante della Accademia delle Belle Arti ove esista “in luogo”, delle Associazioni Sindacali esistenti “nella rispettiva zona”) devono essere Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 25 DALLA “LEGGE DEL 2%” A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A scelti “in loco”; ma nulla vieta che, per opere di particolare rilievo, sia indetto un concorso a carattere nazionale, restando però sempre la Commissione giudicatrice costituita secondo le norme dell’art. 2 della Legge. sub. d) Qualora il progetto architettonico non preveda l’esecuzione di opere d’arte “in sito”, l’amministrazione potrà procedere vuoi all’acquisto vuoi all’ordinazione con criterio discrezionale. Nonostante le precise indicazioni contenute nel parere legale richiesto da Vergani nel febbraio del 1958 e subito reso noto agli assessori genovesi, gli amministratori locali, allineandosi verosimilmente ai comportamenti adottati a livello nazionale dai loro colleghi, non si rivelano particolarmente inclini a osservare le disposizioni della legge. Due articoli apparsi, rispettivamente, sul quotidiano nazionale “Il Cittadino” il 6 gennaio 1959 e su quello locale “Il Genovese” il 20 giugno 1960 testimoniano la diffusa tendenza a non applicare la legge e richiamano l’attenzione del lettore sulla duplice finalità del provvedimento, teso a valorizzare e incrementare il patrimonio artistico nazionale e a garantire agli artisti contemporanei, “cui la struttura sociale del mondo moderno fa così ardue condizioni di vita e di lavoro, nuove e importanti condizioni per svolgere la loro attività”, rilevando altresì come la norma legislativa avesse trovato da noi una applicazione assai limitata da parte delle amministrazioni dello Stato e nessuna, o quasi, applicazione da parte degli enti locali e parastatali. Infatti, facendo riferimento alle trattenute del 2 per cento sugli importi destinati ad opere d’arte nei pubblici edifici versate dall’Ente nazionale di assistenza e previdenza per i pittori e gli scultori a norma dell’art. 3 della predetta legge, risulta che nel periodo 1952-56 sono stati eseguiti lavori di pittura e scultura per poco più di 40 milioni; somma assolutamente sproporzionata al valore dei lavori per l’edilizia pubblica eseguiti nello stesso periodo, con fonti attinti dal bilancio dello Stato, che assommano ad oltre 250 miliardi di lire45. Dalle pagine de “Il Genovese” Lelio Pierro incalza: Spesso ed in varie occasioni tale provvida legge non è stata applicata, talvolta per incuria, talvolta per cavillose interpretazioni o per ritardi burocratici, a tutto danno comunque della riconosciuta sensibilità artistica italiana46. Entrambi gli articoli riferiscono di sostanziali modifiche della L.717/49; mentre, però, l’anonimo collaboratore de “Il Cittadino” correttamente annuncia l’imminente discussione alla Camera della nuova proposta di legge che sarebbe stata discussa il 14 gennaio 1959, nel suo appello all’osservanza della “legge del 2%” Lelio Pierro su “Il Genovese” scrive di una “proposta di legge” destinata a riformare la normativa vigente che, in realtà, alla data di pubblicazione dell’articolo era già da alcuni mesi “legge” a tutti gli effetti: il 3 marzo 1960 era stata infatti approvata e promulgata la legge 237/1960, intitolata “Modificazioni alla legge 29 luglio 1949, n. 717, contente norme per l’arte nei pubblici edifici”. Come evidenziato nei due articoli, il nuovo testo di legge, pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” del 1 aprile 1960 e firmato Gronchi, Segni, Togni, Medici, Tambroni, estende con chiarezza anche alle Regioni, alle Province, ai Comuni e a tutti gli altri enti che sovrintendano alla costruzione di nuovi edifici pubblici e alla ricostruzione di complessi edilizi pubblici distrutti per cause di guerra il dovere di destinare al loro abbellimento mediante opere d’arte una quota non inferiore al 2% della spesa totale prevista nel progetto; precisa e aggiorna - come già anticipato nel trafiletto apparso su “L’Unità” il 27 febbraio 1958 sopra ricordato - i criteri economici e concorsuali, 25 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 26 PA O L A VA L E N T I 26 modificando la composizione delle commissioni e decretando l’obbligatorietà di indire un concorso nazionale nei casi in cui il valore complessivo delle opere d’arte da eseguirsi superasse i due milioni di lire; soprattutto, introduce ex novo un articolo in base al quale si subordina il collaudo dell’edificio alla verifica dell’avvenuto adempimento agli obblighi previsti dalla legge. Le penalità per le amministrazioni inadempienti sono severe: dovranno versare “la somma relativa alle opere mancanti maggiorata del 5 per cento alla soprintendenza alle gallerie competente per territorio, la quale si sostituisce alla amministrazione interessata per l’adempimento degli obblighi di legge”47. È proprio l’introduzione di questo nuovo articolo a determinare una maggiore, seppure non sistematica, applicazione della legge, a favore della quale si mobilita prontamente anche il sindacato degli artisti: il 18 luglio 1960 il Comune di Genova protocolla la lettera inviata il 12 luglio 1960 dall’Unione Sindacale Artisti Italiani Belle Arti (U.S.A.I.B.A.) con la quale la segreteria del sindacato richiama l’attenzione delle pubbliche amministrazioni sulle nuove disposizioni di legge e auspica “di potere stabilire con gli organi competenti [...] la migliore collaborazione, nell’interesse della categoria, acciocché le disposizioni previste dalla legge in parola siano senza ritardi di sorta poste in attuazione”48. Tornando alle vicende genovesi, il 13 luglio 1960 la Direzione Belle Arti viene così sollecitata dall’Ing. Capo dei Lavori Pubblici: La Gazzetta Ufficiale del 1/4/1960 n. 80 ha pubblicato la nuova legge, a modifica della numero 717 del 29/7/1949, relativa alle “Norme per la arte dei pubblici edifici”, con cui, tra l’altro, vengono dichiarate non collaudabili le costruzioni per le quali non sia stato provveduto in conformità alle norme predette. Richiamando le presenti note sull’argomento, ed in particolare le n. 594454/B del 27/11/1959 e n. 594537/B del 31/12/1959, che si allegano in copia, si invita codesta Direzione a predisporre i bandi di concorso per le scuole di Prato e via Montezovetto, già segnalate, provvedendo altresì a prendere accordi con la Ripartizione Edilizia per quanto riguarda altri edifici compiuti od in corso di costruzione. Si allega copia della citata legge 3/3/1960, n. 23749. Le comunicazioni cui viene fatto riferimento contenevano i resoconti dei sopralluoghi effettuati dall’Ingegnere Capo della ripartizione Edilizia Comunale nella scuola elementare di Prato (per la quale si proponeva l’esecuzione di un pannello in ceramica, a bassorilievo, da collocarsi sulla parete esterna, alla sinistra dell’ingresso) e nella Scuola Brignole Sale di via Montezovetto (per la quale si suggeriva di sistemare una scultura nel piazzale antistante la palestra). L’invito a predisporre i bandi viene recepito dalla Direzione Belle Arti che, in data 29 agosto, li trasmette in bozza all’Ingegnere Capo dell’Edilizia Comunale. Nei mesi successivi i documenti relativi ai due concorsi passano da un ufficio all’altro, spesso accompagnati dalle proposte dei nominativi con cui formare la Commissione giudicatrice appuntate a mano ai margini o in calce alle varie comunicazioni. Nel frattempo vengono indetti nuovi bandi che trovano anche eco sulla stampa locale, come nel caso dei due concorsi per decorare l’atrio d’ingresso e le facciate della nuova sede del Liceo Scientifico G. D. Cassini agli Orti Sauli, annunciati il 2 settembre 1961 dalle pagine de “Il Nuovo Cittadino”50 e da Lelio Pierro nella rubrica Taccuino delle Arti de “Il Genovese”51. Il 20 dicembre 1961 viene nominata la Commissione per la scelta dell’artista cui affidare l’esecuzione dell’opera d’arte, consistente in un pannello a mosaico a soggetto libero della superficie di mq. 15 ÷ 20, da collocare nel l’atrio del costruendo edificio scolastico Villa Roncalli in località Coronata a Cornigliano: la presi- Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 27 DALLA “LEGGE DEL 2%” A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A denza viene assegnata all’Assessore alle Belle Arti Mario Cifatte, affiancato da Caterina Marcenaro, Direttore Antichità e Belle Arti; Giovanni Castelnovi, Soprintendente Gallerie Liguria; Eugenio Fuselli, architetto progettista; Angelo Pugliese, Capo Sezione della Ripartizione LL.PP. nel ruolo di segretario52. I primi tre nomi e l’ultimo erano già comparsi il 7 settembre 1961 nelle nomine della Commissione giudicatrice per la scelta dell’artista cui affidare l’esecuzione dell’opera d’arte da collocare nella già ricordata scuola elementare di Prato, affiancati in questo caso dall’architetto Roberto Tassistro, progettista dell’edificio53. La vicenda di questa scuola può essere presa ad esempio delle lungaggini e delle pastoie burocratiche spesso connesse all’applicazione della legge: la seconda seduta della Commissione giudicatrice, indetta per esaminare il bozzetto del pannello richiesto dalla stessa Commissione a Emanuele Luzzati a seguito delle decisioni prese nella seduta del 7 settembre 1961, si tiene infatti a oltre tre anni di distanza, e precisamente l’11 settembre 1964. Si devono attendere altri due anni per arrivare alla collocazione dell’opera, come rivela una lettera delle Belle Arti alla Ripartizione Amministrativa dei Lavori Pubblici datata 9 dicembre 1966 nella quale si legge: Con riferimento a nota n. 16726 del 11 novembre 1966 di Codesta Ripartizione, questa Direzione, previo sopralluogo, ha potuto constatare che l’inserimento dell’opera d’arte in oggetto sulla parete esterna sinistra del prospetto dell’edificio, anziché su quella interna dell’atrio, si è rivelato opportuno ed è valso a meglio evidenziare il valore didascalico degli episodi colombiani rappresentati nelle ceramiche del Luzzati. Pertanto si approva lo spostamento operato e si rilascia nulla osta all’approvazione dell’opera. Quello stesso giorno arriva il seguente parere dell’architetto Roberto Tassistro, progettista dell’edificio, anch’egli favorevole alla nuova collocazione delle opere: Nella mia qualità di progettista della scuola elementare di Ge-Prato e di membro della Commissione Giudicatrice del concorso per l’opera d’arte decorativa per la scuola stessa, dichiaro con la presente di approvare la collocazione delle formelle di ceramica di cui trattasi, sulla parete esterna sinistra dell’edificio anziché sulla parete interna dell’atrio come precedentemente previsto con verbale del 14 settembre 1964. La nuova ubicazione, scelta dall’Artista, appare in effetti migliore di quella a suo tempo suggerita dalla Commissione. Per tutti gli anni sessanta e i primi anni settanta si succedono bandi di concorso e convocazioni di commissioni giudicatrici per opere d’arte da collocare in varie sedi scolastiche della città tra cui la scuola materna in via Romana di Quinto, la scuola media in Villa Doria a Pegli (concorso vinto da Enzo Vicentini), la scuola media in via Bolzaneto, l’ex Istituto Casaregis di Sampierdarena, la scuola materna di Sant’Eusebio (concorso vinto da Angelo Biancini), la scuola speciale Nazario Sauro sita nello stabilimento balneare San Nazzaro, gli istituti scolastici Giuseppe Parini e Giovan Battista Perasso, le scuole Giovanni Mazza in via Napoli e Pier Maria Canevari in viale Bernabò Brea; l’edificio scolastico Alessandro Volta a Cornigliano. Nel caso del concorso indetto per quest’ultima scuola la commissione, non trovando a una prima selezione dei progetti pervenuti alcuna opera adeguata alla collocazione per essa prevista, invia in data 7 luglio 1965 all’Assessore alle Belle Arti la seguente comunicazione: Come a conoscenza della S.V. in data 8 giugno 1965 si è riunita la Commissione in oggetto. La commissione ha deciso di non conferire ad alcuno dei partecipanti al concorso a carattere na- 27 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 28 PA O L A VA L E N T I zionale l’incarico per l’esecuzione dell’opera d’arte stessa. Poiché l’art. 4 del bando di concorso prevede la riserva per l’Amministrazione di bandire altri concorsi eventualmente per l’esecuzione di opere anche diverse da quelle oggetto del bando stesso, si chiede se sia il caso di indire un nuovo bando di concorso oppure suggerire alla Amministrazione l’acquisto di un’opera d’arte mobile esistente rimettendone la scelta alla Direzione Belle Arti, sentite eventualmente la Soprintendenza alle Gallerie ed Opere d’Arte della Liguria ed il progettista. Solo due giorni più tardi l’Assessore rende nota la decisione di non bandire un nuovo concorso pubblico nazionale e propone all’Amministrazione l’acquisto di un’opera d’arte mobile, affidandone la scelta alla Direzione Belle Arti e alla Soprintendenza alle Gallerie per la Liguria54. 28 A fronte delle numerose procedure relative all’edilizia scolastica, tra i documenti conservati presso l’Archivio Storico del Comune di Genova è stata trovata una sola comunicazione inerente l’abbellimento mediante opere d’arte di un edificio pubblico con un’altra destinazione: si tratta della decorazione degli atri del nuovo reparto di Igiene e Sanità, alle quali si riferisce una lettera indirizzata dalla ripartizione Edilizia alla Direzione Belle Arti il 17 agosto 1965: Si comunica che l’Assessorato all’Igiene intende provvedere alla decorazione degli atrii della nuova sede del reparto Igiene e Sanità, sito in via Archimede civv. n.ri 82 r, e 86 r., mediante n° 4 bassorilievi progettati dal Prof. Stelvio Pestelli (atrio civ.n° 82 r.) e n° 1 scultura a grande fuoco progettata dal Geom. Luciano Lovisolo (atrio civ. n° 86 r.). Si trasmettono pertanto per l’approvazione di competenza i relativi elaborati progettuali. La pratica ha carattere della massima urgenza in quanto l’Amministrazione intende inaugurare quanto prima la nuova sede del Reparto Igiene e Sanità completa delle decorazioni in questione. Si raccomanda pertanto la più cortese sollecitudine. La ricognizione sul Fondo Belle Arti, cartella 22, fascetta 74/31 - Opere d’arte in edifici pubblici (1958-1971) dell’Archivio Storico del Comune di Genova ha, dunque, permesso di verificare, partendo dal contesto locale ma consentendo interessanti raffronti con la situazione nazionale, la tardiva applicazione della legge 29 luglio 1949, n. 717, che si è rivelata faticosa e discontinua anche dopo le modifiche apportate dalla Legge 3 marzo 1960, n. 237. IV. Verso il presente: ulteriori modifiche e tracce del recente dibattito sulla “legge del 2%” Nell’articolo Il rischio dei falsi esperti, apparso su “Il Corriere della Sera” il 26 luglio 2003, Arturo Carlo Quintavalle, ragionando in merito al disegno di legge Urbani sulla qualità architettonica (n. 2867, sospeso in data 3 novembre 2004), scrive tra l’altro: Ricordo che, quando si applicava la legge del 2%, che imponeva quel valore percentuale di opere d’arte a fronte del costruito, i bravi artisti non partecipavano mai e quei denari, che erano poi molti milioni se li dividevano equamente i rappresentanti dei diversi sindacati, o gli amici dei locali assessori. Risultato: non abbiamo mai, o quasi mai, opere d’arte appena accettabili nei nostri luoghi pubblici55. Un’inchiesta condotta nel 2005 sulle agevolazioni per artisti e “mecenati” previste dalla proposta di legge presentata nel 2004 da Enzo Carra ha raccolto anche pareri a commento della “legge del 2%”, tra cui quelli di Massimo Di Carlo, allora presidente dell’Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, che ha imputato alla “farraginosità delle procedure” e al “numero dei componenti Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 29 DALLA “LEGGE DEL 2%” A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A le commissioni per la scelta delle opere” il mancato funzionamento della legge; di Philippe Daverio che, ritenendo una “fortuna” la diffusa disapplicazione della legge, ha posto l’accento sul pericolo di un uso inappropriato di una “massa tale” di denaro; di Danilo Eccher, allora direttore del Macro di Roma, che ha osservato come la “legge del 2%” abbia “provocato nel corso di questi decenni non pochi disastri quando è stata applicata”. Eccher ha inoltre richiamato l’attenzione sui criteri di selezione ormai obsoleti e ha evidenziato la necessità di tenere conto, nell’individuazione dei soggetti chiamati ad applicarla, che la situazione attuale è molto diversa da quella del dopoguerra: si sono sviluppate grandi personalità, sensibilità e professionalità sia nel campo pubblico sia in quello privato. Questo è uno degli elementi per cui la legge è stata aggirata, non solo per la mancanza di sanzioni56. Studi approfonditi come quello, pionieristico, condotto da Claudia Collina sulla applicazione della “legge del 2%” in Emilia-Romagna57 che ha anche costituito un imprescindibile modello di riferimento per questa ricognizione sul contesto ligure - permettono di attenuare, almeno in parte, la severità di tali giudizi, dimostrando come lo studioso che si impegni ad analizzare, contestualizzare e documentare con sistematicità le opere realizzate in ottemperanza alla “legge del 2%” possa arrivare a delineare un panorama assai più ricco e interessante di quello che si mostra a uno sguardo occasionale. Anche il problema critico generato dalla inattualità di molti interventi non dovrebbe essere scisso, come evidenziato da Eccher, dalla incapacità - o mancanza di volontà - di aggiornare lo strumento legislativo sulle linee di sviluppo dell’arte contemporanea e del sistema all’interno del quale essa agisce. Del resto, le varie proposte di modifica della legge che si sono succedute negli ultimi anni si sono rivelate, ancora una volta, interessate ad aggiornare la normativa nei parametri economici piuttosto che a rivederne sostanzialmente i criteri, ad esempio rimediando alla grave assenza, tra i componenti delle commissioni giudicatrici, delle figure dello storico e del critico d’arte contemporanea che in tali scelte dovrebbero, anzi, avere un peso prevalente58: significativo, in questo senso, è il caso della proposta di legge n. 959, presentata dall’On. Alessio Butti il 21 giugno 2001, che in merito alla riforma della commissione giudicatrice avanza l’anacronistica e fuorviante proposta di portare da due a quattro il numero degli “artisti scelti dalle associazioni sindacali di categoria a carattere nazionale maggiormente rappresentative”. Una apertura, seppure parziale, in direzione di una applicazione più sistematica, consapevole e moderna della legge arriva dal Decreto 23 marzo 2006 Linee guida per l’applicazione della legge n. 717/1949 recante norme per l’arte negli edifici pubblici, promulgato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in concerto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 gennaio 2007. Significativamente il decreto, attraverso le Linee Guida con cui vengono commentati e annotati i singoli articoli della legge, in riferimento all’articolo 2 che indica il criterio di composizione della commissione concorsuale, precisa che per quanto riguarda la composizione della Commissione, la norma in commento prevede la presenza di due artisti di “chiara fama”. Si può ritenere che questa prescrizione, oltre ad assicurare la presenza di un apporto specialistico ai lavori della Commissione, sia intesa a garantire che l’acquisto (o la realizzazione) di opere d’arte concorra, a tutti gli effetti, ad incrementare il patrimonio artistico dello Stato. In questo senso, la stazione appaltante, cui spetta il compito di costituire la Commissione di aggiudicazione del concorso per opere artistiche, 29 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 30 PA O L A VA L E N T I 30 oltre al proprio rappresentante, al progettista e al Soprintendente, deve prevedere la presenza di artisti che, per la loro rappresentatività (nota 6) sul piano (almeno) nazionale, siano in grado di offrire un apporto specialistico, particolarmente qualificato, nella selezione delle opere poste a concorso. Quanto sopra deve considerarsi come risposta al dettato della norma. Peraltro, dall’esame di alcuni bandi pubblicati da Amministrazioni comunali, si rileva che, per concorsi di particolare complessità, si è ritenuto opportuno far partecipare alle attività della Commissione giudicatrice esperti in possesso di riconosciute competenze nel settore della storia e della critica dell’arte contemporanea. Tale orientamento è da ritenersi condivisibile in quanto amplia l’ambito di valutazione dell’opera d’arte introducendo criteri storico-artistici che possono rappresentare un’ulteriore garanzia nella scelta dell’opera. Resta inteso che la partecipazione degli esperti ha carattere consultivo e che alla valutazione dei concorrenti in senso stretto (con attribuzione di punteggi e votazioni) possono partecipare soltanto i cinque componenti della Commissione previsti dall’art. 2. La novità più importante introdotta dal decreto è però un’altra: finalmente, all’alba della primavera del 2006, si inizia a prendere coscienza che l’evoluzione conosciuta dall’arte contemporanea dal dopoguerra al periodo attuale ha reso anacronistiche le disposizioni della L. 717/49. Già nell’Introduzione il decreto evidenzia, infatti, la necessità di rivedere l’impianto teorico-culturale della legge, partendo dalla considerazione che lo stesso inserimento di un’opera d’arte in un edificio pubblico con l’intento dichiarato di abbellirlo risulta, al giorno d’oggi, un’operazione quantomeno controversa. Parlare di “abbellimento di un edificio pubblico”, usando oggi la terminologia della “legge 2%”, potrebbe non solo significare che la qualità estetica dell’architettura di iniziativa pubblica sia insufficiente, ma potrebbe anche relegare l’arte in un ruolo sottordinato. Sulla base dell’esperienza maturata a livello degli enti pubblici, statali e a ordinamento locale, si può sostenere che i risultati migliori si sono ottenuti nei casi in cui l’inserimento dell’opera d’arte è stata intesa quale esigenza prioritaria sin dalle fasi iniziali (o almeno durante il corso) della progettazione architettonica […]. Peraltro le indicazioni fornite dal progettista non hanno comportato limitazioni alla libertà espressiva dell’artista ma hanno contribuito a creare le condizioni per un inserimento “non casuale” e non marginale dell’opera d’arte, offrendo reciproche suggestioni utili alla qualità finale dell’intervento. In passato, di contro, le stazioni appaltanti pubbliche hanno applicato la “legge del 2%” in modo disomogeneo sia con riferimento alla fase temporale dell’inserimento dell’opera d’arte rispetto all’iter dell’intervento, che riguardo a modalità di selezione degli artisti e ai criteri di valutazione delle opere […]. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, quale Amministrazione statale che assomma competenze in materia di progettazione e realizzazione di opere pubbliche e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, per le competenze ad esso attribuite, hanno ritenuto opportuno emanare le presenti Linee Guida per l’applicazione della legge 29 luglio 1949, “Arte negli Edifici Pubblici”, nelle quali i singoli articoli di legge sono commentati e annotati, con la finalità di fornire i necessari indirizzi per una applicazione non solo coerente ed omogenea, ma culturalmente consapevole per garantire risultati di qualità nell’interesse dello Stato. V. Quale futuro per la “legge del 2%”? A dispetto delle intenzioni, le Linee Guida si dimostrano, però, ancora lontane dal promuo- Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 31 DALLA “LEGGE DEL 2%” A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A vere una applicazione “culturalmente consapevole” della legge. Va certo in direzione diametralmente opposta la decisione di escludere dall’obbligo della sua applicazione proprio l’edilizia scolastica - destino davvero singolare per una legge nata con l’intento di portare nell’edilizia pubblica, non senza finalità educative, un’arte che fosse “contemporanea […] come la storia che lo Stato realizza e nella quale viviamo”59 - così come si dimostra, ancora una volta, anacronistico il riferimento a specifiche tipologie di intervento - scultura, opera pittorica, mosaico, bassorilievo - contenuto anch’esso nell’Introduzione al decreto. E non solo perché molti altri sono ormai i linguaggi e le tecniche con cui gli artisti contemporanei si esprimono, soprattutto se chiamati a lavorare su scala monumentale o in dimensione ambientale ma, soprattutto, perché è ormai radicalmente mutata la concezione stessa di arte pubblica. Una vasta bibliografia, internazionale e nazionale, nonché piattaforme online, siti web e pagine a tema nei social network rendono facilmente accessibile il ricco e variegato panorama in cui, oggi, l’arte si innesta nella sfera pubblica con l’intento di promuovere o favorire necessari processi di trasformazione sociale. Sono situazioni in cui l’arte va oltre ogni questione attinente il suo portato estetico e diventa, secondo la definizione di Joseph Beuys, “scultura sociale”60, capace di insinuare tra i membri di una comunità l’idea che il mondo sia un materiale plastico che si può modificare attraverso processi di conoscenza e di condivisione61. L’arte nello spazio pubblico, infatti “può essere uno strumento in grado di risvegliare la consapevolezza e lo spirito critico delle persone, di stimolare creatività e capacità di generare l’inedito; un linguaggio di mediazione culturale costruito su sintassi inclusive e lessici multidisciplinari”62. È questo ciò di cui, oggi, si avrebbe davvero bisogno e non di “apposizioni cosmetiche” - per usare un’efficace espressione di Enrico Crispolti - in ordinari complessi edilizi. Anche perché, d’altro canto, l’architettura qualificata sotto il profilo ideativo, estetico e funzionale, soprattutto se “firmata” da qualche architetto di fama, rifiuta ora più che mai l’apporto delle “arti sorelle”, impegnata come è ad asserire il proprio intrinseco valore “scultoreo”, a configurarsi essa stessa come dato plastico in grado di attivare lo spazio circostante in virtù della propria forma, del proprio colore, del proprio materiale, della propria luce. È obsoleto, dunque, anche solo ragionare in termini di intervento dell’artista in un singolo edificio, sia perché tale è l’attuale condizione - per molti una deriva - dell’architettura, sia perché la maggior parte dei progetti davvero efficaci di arte pubblica, intesa come esperienza partecipata dalla comunità che ne è destinataria, passa per processi di riqualificazione di intere aree urbane. Valga come esempio, per rimanere nel nostro paese, ciò che è avvenuto a Torino, in zona Mirafiori, con le opere inserite nel tessuto urbano da Stefano Arienti, Massimo Bartolini, Claudia Losi e Lucy Orta, portate a realizzazione attraverso il programma internazionale denominato Nouveaux Commanditaires63. Per finanziare quel progetto sono stati usati, tra l’altro, i fondi europei del Programma di Iniziativa Comunitaria URBAN II, destinati “all’elaborazione e l’attuazione di strategie innovative ai fini della rivitalizzazione socioeconomica dei centri urbani medio-piccoli o di quartieri degradati delle grandi città”64, uno strumento istituzionale che, nel caso torinese, ha portato alla realizzazione di interventi che potrebbero essere presi a modello per una applicazione della “legge del 2%” davvero in linea con le esigenze del nostro tempo. Traendo ispirazione da tale esperienza si potrebbe addirittura ipotizzare un futuro radicalmente nuovo per la “legge del 2%”: ogni Amministrazione responsabile della costruzione e del finanziamento di opere edilizie pubbliche 31 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 32 PA O L A VA L E N T I 32 potrebbe, infatti, destinare annualmente il 2% calcolato sull’ammontare globale della spesa per tali opere alla sovvenzione di interventi artistici finalizzati a favorire una vera e profonda riqualificazione sociale in diverse aree delle città, nella consapevolezza che “in questo senso l’arte pubblica diventa risorsa non per l’attrattività turistica di breve periodo, ma per uno sviluppo sociale che si traduce in termini economici strutturali”65. Fondamentale, in questa visione dell’intervento dell’artista nello spazio pubblico, è il coinvolgimento fattivo del tessuto sociale in processi partecipativi che dovrebbero avere come scopo primario quello di fornire strumenti adeguati “per la lettura e il ri-disegno consapevole del territorio in termini identitari”66. L’arte pubblica, così intesa, rivela profondi legami con le esperienze del Movimento Internazionale per un Bauhaus Immaginista (MIBI) e dell’Internazionale Situazionista (IS) che, nel pensiero e nell’azione di Asger Jorn, artista e teorico di riferimento di entrambe le correnti, assegnano all’espressione incondizionata dell’energia creativa innata in ciascun individuo il compito di dar vita a “nuove giungle caotiche”: significativamente, per Jorn, era quella la via maestra da percorrere per superare proprio il funzionalismo invocato da Le Corbusier al Convegno Volta, destinato a diventare uno strumento fondamentale della ristrutturazione economico-sociale e culturale degli anni cinquanta e dei decenni seguenti. Jorn sapeva che, con il predominio del funzionalismo, il dogma dell’utilità avrebbe prevalso sulle svariate manifestazioni della complessità espressiva dell’uomo, precludendo ogni possibilità di veder nascere nuove, reali forme di “sintesi delle arti” e, in piena opposizione, ribadiva la centralità dell’intervento creativo e immaginativo per rendere vive le architetture e le città, per modellare l’ambiente e abitare il pianeta attraverso una espressività semplice, spontanea e ludica67. Questa necessità, già viva nella “condizione postmoderna” teorizzata da Jean François Lyotard, si rivela ancora più pressante nella attuale fase di estinzione del postmoderno che, cercando di promuovere nuove assunzioni di responsabilità nei confronti della realtà - intesa anche come sistema di relazione consapevole con il proprio tempo - agisce nei diversi contesti sociali rendendoli sempre meno inclini ad “accettare operazioni di mera celebrazione dell’arte come segno estetico, cosmetico, del tutto o in parte sterile nel dialogo con una comunità che […] non è più in grado di riconoscere e riconoscersi in stilemi che si rifanno alle grandi narrazioni collettive del passato”68. È, pertanto, oggi più che mai necessario interrogarsi su quale possa essere la funzione pubblica di un’opera d’arte in una società “liquida”, per usare la definizione ancora attuale di Zygmunt Bauman, nella quale i concetti e i valori che, fino a poco tempo fa, rappresentavano il cardine del vivere comune sono diventati inafferrabili. Qualsiasi riformulazione della “legge del 2%”, qualsiasi decreto che si proponga di mettere al passo con i tempi la sua applicazione non può esimersi dal cercare di dare una risposta a questa domanda. NOTE: 1 Rapporti dell’architettura con le arti figurative, Atti del Convegno, Reale Accademia d’Italia, Roma 1937. Oltre ad averne curato l’organizzazione Marcello Piacentini avrebbe dovuto presiedere il convegno ma, ammalatosi nell’imminenza dell’inizio dei lavori, dovette cedere l’incarico allo scultore Romano Romanelli. 2 Per sollevare le sorti socio-economiche del paese dopo la prima guerra mondiale, già dal 1926 il regime fascista si era dedicato a incentivare l’edilizia e la produzione artistica attraverso concorsi nazionali; tra i primi progetti che avevano coinvolto sia artisti sia architetti si ricordano quelli per le Terme Littorie di Roma (1926), per il Ministero delle Corporazioni (1926-1932), per il Palazzo di Giustizia di Milano (1929-1936), per la Città universitaria di Roma (1933-1935). Si vedano a proposito Giorgio Ciucci, Gli architetti e il fascismo. Architettura e città 1922-1944, Einaudi, Torino 2002, i saggi di Maristella Casciato, I concorsi per gli edifici pubblici: 1927-36, pp. 208-233, e di Francesco Dal Co e Marco Mulazzani, Stato e regime: una nuova committenza, pp. 234-259, in Giorgio Ciucci, Giorgio Muratore (a cura di), Storia dell’architettura italiana. Il primo Novecento, Electa, Milano 2004. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 33 DALLA “LEGGE 3 DEL 2%” A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A Antonio Maraini, Ritorno delle arti figurative ai compiti monumentali, in Rapporti dell’architettura...,cit., 1937, p. 81. 4 Ivi, p. 83. 5 Giuseppe Pagano, in Rapporti dell’architettura...,cit., 1937, p. 60. Ojetti aveva presentato una relazione sul seguente tema: Come il ritorno della pittura a compiti monumentali possa giovare anche alla pittura di cavalletto, in Rapporti dell’architettura..., cit., 1937, pp. 55-57. 6 Mariastella Margozzi, L’arte negli edifici pubblici e la legge del due per cento, in Vincenzo Cazzato (a cura di), Istituzioni e politiche culturali in Italia negli anni Trenta, Tomo I, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 2001, pp. 124-125; si veda a proposito Elisabetta Longari, Sironi e la V Triennale di Milano, Ilisso, Nuoro 2007. 7 Ivi, p. 125. Sulla vicenda della chiamata agli artisti a cimentarsi con la pittura murale alla Triennale del 1933 si veda anche Ester Coen, Simonetta Lux (a cura di), 1935: gli artisti nell’Università e la questione della pittura murale, Multigrafica, Roma 1985. 8 Cfr. Corrado Maltese, Il dramma dell’architettura, in Id., Storia dell’arte in Italia 1785-1943, Einaudi, Torino 1960 (Ed. 1992, p. 400). 9 Ugo Ojetti, Come il ritorno della pittura a compiti monumentali possa giovare anche alla pittura di cavalletto, in Rapporti dell’architettura...,cit., 1937, p. 56. 10 Le Corbusier, Lo studio della tendenza che impera invece nell’architettura razionalista di escludere come superflue, secondo una logica rigorosa, il concorso delle arti figurative, in Rapporti dell’architettura..., cit., 1937, pp. 119-125. 11 Ivi, pp. 124-125. 12 Le Corbusier, L’opera d’arte, presenza insigne, in Rapporti dell’architettura..., cit., 1937, p. 127. 13 Cfr. Gino Severini in Rapporti dell’architettura..., cit., 1937, p. 135. 14 Virgilio Guzzi, in “Nuova Antologia”, 16 novembre 1936, p. 233, cit. in Carlo Fabrizio Carli, Il Convegno Volta del 1936, in Vittorio Fagone, Giovanna Ginex, Tulliola Sparagni (a cura di), Muri ai pittori. Pittura murale e decorazione in Italia 1930-1950, catalogo della mostra (Milano, Museo della Permanente, 16 ottobre 1999 - 3 gennaio 2000), Mazzotta, Milano 1999, p. 103. 15 Ibidem. 16 Margherita Sarfatti, Arti decorative, ovvero: l’oggetto corre dietro alla propria ombra, in “Nuova Antologia”, 1 luglio 1936, p. 63, cfr. Carli in Fagone, Ginex, Sparagni, Muri ai pittori, cit., 1999, p. 100. 17 Le Corbusier, in Rapporti dell’architettura..., cit., 1937, p. 125. 18 Gino Severini, in Rapporti dell’architettura...,cit., 1937, p. 135. 19 La Legge 11 maggio 1942, n. 839, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale solo nell’agosto successivo (G.U. del 5 agosto 1942, n. 183), portava le firme del re Vittorio Emanuele III e di Mussolini, Gorla, Vidussoni, Di Revel, Bottai, Pareschi, Host Venturi, Ricci, Pavolini. 20 Margozzi in Cazzato, Istituzioni e politiche culturali …, cit., 2001, p. 127. 21 Giuseppe Bottai, Il Regime per l’arte, in “Corriere della Sera”, 24 gennaio 1940, p. 3. 22 Per una ricostruzione puntale dell’iter propedeutico al disegno definitivo della “legge del 2%” si rimanda a Domenico Guzzi, 2% - Considerazioni in margine, Joyce & Co., Roma 1990, pp. 177 ssg.; Elisabetta Cristallini, La legge del 2%, in Lux, Coen, 1935: gli artisti…, cit., 1985, pp. 135, 138; Margozzi in Cazzato, Istituzioni e politiche culturali .., cit., 2001, p. 123; Eva Ori, Enrico Prampolini tra arte e architettura. Teorie, progetti e Arte Polimaterica, Dottorato di Ricerca in Architettura, Scuola di Dottorato in Ingegneria Civile ed Architettura, Università di Bologna XXVI Ciclo, 2014, pp. 159-164 (consultabile online all’indirizzo http://amsdottorato.unibo.it/6275/1/Ori_Eva_tesi.pdf; data ultima consultazione: 15 novembre 2015). 23 Giuseppe Bottai, La legge sulle arti figurative, in “Le Arti”, a. IV, n. 4, 1942, p. 243; le parole di Bottai ritornano amplificate nel redazionale dal titolo Le arti nel ventennale (in “Le Arti”, a. V, n. I, 1942, p. 1) nel quale si legge: “I tempi della politica artistica sono molti; ne citeremo due soli. Il primo è la costituzione del Sindacato Fascista degli artisti: semplice provvedimento organizzativo, in apparenza, ma col quale s’affermava la pubblica utilità della produzione artistica e la necessità di partecipazione degli artisti, come tali, ai poteri legislativi dello Stato. L’ultimo, di pochi mesi or sono, è la legge detta del due per cento: con la quale lo Stato, associando l’artista a tutte le proprie imprese edilizie, praticamente s’attribuisce la responsabilità dell’attualità storica e del valore educativo dell’arte contemporanea”. 24 Ibidem. L’art. 2 della L. 839/42 stabiliva, nello specifico, che la scelta degli artisti dovesse essere fatta dalle amministrazioni sul cui bilancio gravava la spesa, in base ad un elenco di nomi di artisti iscritti al sindacato proposto dalla confederazione fascista dei professionisti e degli artisti. Le amministrazioni interessate avrebbero dovuto procedere in accordo con i ministeri dei lavori pubblici e dell’educazione nazionale, anche nel caso in cui avessero deciso di provvedere all’esecuzione delle opere mediante concorso. I due ministeri, inoltre, avrebbero dovuto procedere d’intesa per le opere di loro competenza. 25 Cit. in Giovanna Ginex, Il dibattito critico e istituzionale sul muralismo in Italia, in Fagone, Ginex, Sparagni, Muri ai pittori, cit., 1999, pp. 39-40. 26 Giuseppe Bottai, Socialità dell’Arte, in “Primato”, a. III, n. 8, 15 aprile 1942, p. 152. 27 Marcello Piacentini, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n. 11, 1 giugno 1942, pp. 209-210, cfr. Ginex in Fagone, Ginex, Sparagni, Muri ai pittori, cit., 1999, pp. 40; per una analisi d’insieme del ruolo culturale e della linea editoriale della rivista si rimanda a Vito Zagarrio, Primato: arte, cultura, cinema del fascismo attraverso una rivista esemplare, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2007, e a Lorenzo Tronfi, Il “Primato” di Giuseppe Bottai cultura e politica (1940-1943), Moderna Edizioni, Ravenna 2011. 28 Cfr. Ginex, in Fagone, Ginex, Sparagni, Muri ai pittori, cit., 1999, pp. 40. 29 Melchiorre Bega, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n. 11, 1 giugno 1942, p. 211; egli afferma, tra l’altro: “il pericolo che voglio denunciare fin d’ora risiederebbe nella norma degli incarichi affidati senza preventivo parere dell’architetto”. 30 Gio Ponti, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n. 14, 15 luglio 1942, p. 270: nel suo intervento si legge: “Poiché dunque si tratta d’ottenere un risultato d’architettura e d’arte e non di be- 33 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 34 PA O L A VA L E N T I 34 neficienza né di asilo a pittori e scultori, è agli architetti (poiché non c’è nessuna Commissione che in ciò possa sostituirli) che deve essere demandato di identificare a priori, nei progetti loro, la presenza di determinate opere d’arte e di ordinarle, coordinarle, disciplinarle e governarle come è avvenuto del resto nelle mostre dove questa presenza è stata vistosa e felice. Questa legge deve diventare un costume dell’architettura, deve cementare una collaborazione naturale, deve unire fecondamente architetti e artisti e non accostarli in nozze infeconde. Ma questa felice unità fra architetture ed opere d’arte non si può realizzare che sotto la responsabilità addirittura iniziale dell’architetto, cosa del resto conseguente al fatto che tutte le altre responsabilità son sue e che quella di integrare l’edifico con opere d’arte è la più delicata. Da questa nuova responsabilità dell’architetto, da questo nuovo carico demandatogli dalla legge, deriverà poi un fatto architettoniche [sic] quanto mai importante: l’architetto concepirà il suo edificio anche con le opere d’arte, lo penserà per l’intervento di determinati artisti; egli procederà per unità e non per accostamenti, si varrà dell’opera d’arte come d’una nuova alta materia formativa del suo edificio”. Anche un pittore come Nino Bertocchi riconosce il diritto decisionale dell’architetto: “Occorre fin d’ora favorire l’incontro tra spiriti architettonici affini. Non si obblighi un architetto a collaborare con pittori o scultori insensibili al suo linguaggio plastico. Un intervento critico molto intelligente potrebbe suggerire, tempestivamente, certi accordi di forze. I Sindacati, al più, dovrebbero offrire gli elenchi dei nomi disponibili. Ottenuta una concordia di temperamenti, sarà agevole fra architetti, pittori e scultori, uno scambio di idee, di sentimenti, di entusiasmi, fecondissimo per un’intesa compiuta. Là dove un affresco o un altorilievo non saranno necessari, quadri e statue improntati da un rigoroso sentimento dello stile potranno valere come testimonianze di civiltà. Una sovraintendenza speciale, potrà essere incaricata del giudizio critico sulle opere da eseguire o da sistemare” (Nino Bertocchi, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n. 13, 1 luglio 1942, p. 252). 31 Giuseppe Pagano, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n. 12, 15 giugno 1942, p. 234. Come ha osservato Mariastella Margozzi “la posizione di Pagano è di dura polemica contro quanti hanno condotto una esperienza, quella dell’arte murale, che era nata agli albori degli anni Trenta proprio da una stretta comunione di intenti da parte di architetti rinnovatori e di artisti di grande levatura, a diventare una pratica gestita da incompetenti e per lo più condotta nell’ambito di una architettura accademica, scenografica, disposta a tutto, mentre non si comprende la vera forza rivoluzionaria dell’architettura funzionale”, in Cazzato, Istituzioni e politiche culturali …, cit., 2001, p. 130. Affine a quella di Pagano è la posizione di Gino Severini: “Nella maggior parte degli architetti, eccettuati pochissimi che conosciamo (e che mi perdoneranno tale generalizzazione che non li riguarda), non vedo un concetto chiaro di spazio, di ordine e di armonia, nel quale possa entrare l’elemento: arte murale, non come elemento aggiunto (arredamento), ma come elemento pensato nell’insieme, e strettamente unito nell’insieme dell’opera. […] Quanto agli artisti, considerati anch’essi da un punto di vista generale, si può dire che sono ancor più impreparati degli architetti. Essi non si figurano nemmeno le facoltà di astrazione che occorrono per portare in una parete tutto un insieme di figure o di cose; su questo piano di astrazione, i migliori sanno appena portare qualche oggetto o figura; come si può sperare che subito vi portino una composizione? […] Nello stato di confusione estetica da una parte e, dall’altra, di un’insufficiente semplicità e preparazione organizzativa in cui ci troviamo, io stimo per ora prematuro sperare dei risultati positivi lodevoli dalla legge del 2 per cento, e ancor meno, se si vedono in blocco le opere realizzate fin qui in questo campo, una sua influenza sullo svolgimento del gusto, il quale è relativo allo svolgimento della cultura, e particolarmente, in questo caso, soprattutto della cultura artistica, oggi generalmente mediocre” (Gino Severini, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n. 15, 1 agosto 1942, pp. 290-291). 32 Carlo Carrà, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n. 12, 15 giugno 1942, p. 236. 33 Mario Labò, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n. 13, 1 luglio 1942, p. 254. 34 Ibidem. Proprio contro questo rischio, infatti, la maggior parte degli architetti della ricostruzione avrebbe serrato le fila, dimostrandosi recalcitrante all’idea di tradurre in pratica quella “sintesi delle arti” da più parti auspicata in sede teorica. 35 Pietro Maria Bardi, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n.12, 15 giugno 1942, p. 234; a proposito dell’intervento di Bardi si veda anche Silvia Bignami, Strategie monumentali negli anni Trenta, in Modernidade Latina. Os Italianos e os Centros do Modernismo Latino-americano, atti del seminario organizzato da Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo, Universidade de São Paulo Faculdade de Arquitetura e Urbanismo e Dipartimento dei Beni Culturali e Ambientali da Università degli Studi di Milano, São Paulo, 9-11 aprile 2013 (http://www.mac.usp.br/mac/conteudo/academico/publicacoes/anais/modernidade/pdfs/SILVIA_ITA.pdf; ultima consultazione: 15 novembre 2015). 36 Le Corbusier, Opera d’arte, presenza insigne, in Rapporti dell’architettura...,cit., 1937, p. 129. Si veda a proposito anche il severo monito di Gio Ponti alla nota 30. 37 Cfr. Giuseppe Bottai, La legge sulle arti figurative, cit., in “Le Arti”, n. 4, 1942, p. 243; si veda a proposito anche Silvia Bignami, Paolo Rusconi, Le arti e il fascismo: Italia anni Trenta, Giunti, Firenze 2012, in particolare p. 46. 38 Cfr. Andrea Emiliani, Un’arte di Stato in Italia?, in Oltre il 2%: l’arte negli edifici pubblici, ipotesi e prospettive, Atti del Convegno, Modena, 2-3 luglio 1993, Teatro Fondazione Collegio S. Carlo di Modena, s.e., s.l., s.d. [1993?], p. 13; si veda a proposito Ori, Enrico Prampolini …, cit., 2014, p. 167. 39 Cfr. Margozzi in Cazzato, Istituzioni e politiche culturali …, cit., 2001, pp. 133-134: “In sostanza, nella legge del due per cento, che possiamo considerare uno sforzo governativo estremo, anche da un punto di vista cronologico, gli artisti vedono quasi interamente accolte le loro rivendicazioni; tuttavia, mentre acquisiscono la possibilità di lavorare su larga scala al servizio dello Stato, tutelati dallo stesso governo per il tramite del Sindacato, essi perdono progressivamente autonomia espressiva. La legge del due per cento premierà, come del resto aveva già fatto nella pratica (e l’esperienza romana dell’E42 ne è solo l’esempio più eclatante), non il talento, non la capacità di leggere i tempi nuovi e interpretarli ma il Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 35 DALLA “LEGGE DEL 2%” A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A supino asservimento nei confronti delle regole e delle tematiche voluti dalla committenza e assoggettati pur sempre in qualche misura alle esigenze progettuali degli architetti”. 40 La legge, in seguito ancora aggiornata dal legislatore nei criteri economici e nei meccanismi concorsuali (L.237/1960; L.352/1997), è a tutt’oggi in vigore ma, come si avrà occasione di constatare negli interventi raccolti in questo volume, è stata nel corso dei decenni largamente disattesa e necessita oggi di una radicale revisione. 41 In realtà, a quella data nel capoluogo ligure la L. 717/49 era già stata applicata in vari casi, senza però coinvolgere direttamente l’ente comunale (cfr. in questo volume il saggio di Rocco Pietro Spigno e le schede nn. 1, 2); altri interventi precedenti il 1958 hanno interessato la provincia di Imperia (cfr. in questo volume il contributo di Claudia Andreotta). 42 Cfr. “L’Unità”, 27 febbraio 1958; la proposta di legge comportava, infatti, anche un aggiornamento dei criteri economici, prevedendo che si dovesse procedere mediante pubblico concorso qualora la cifra destinata alla realizzazione delle opere d’arte superasse i due milioni di lire e non più le 500.000 lire previste dalla legge in vigore. Dato che l’obbligo di applicare la legge riguardava solo gli edifici pubblici il cui preventivo per la costruzione o ricostruzione superasse i 50 milioni di lire, si deduce che la cifra minima di 500.000 lire, corrispondente all’1%, si riferisse al valore di ogni singola opera che sarebbe entrata nell’edificio e non alla cifra totale destinata all’intervento artistico, per il quale la somma minima prevista dalla legge avrebbe raggiunto almeno il milione di lire. 43 Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle Arti, cartella 22, fascetta 74/31 - Opere d’arte in edifici pubblici (1958 -1971). 44 Ibidem. 45 Per dare lavoro a pittori e scultori più opere d’arte nei pubblici uffici, in “Il Cittadino”, 7 gennaio 1959. 46 Lelio Pierro, È doveroso rispettare la “legge del 2 per cento„, in “Il Genovese”, 20 giugno 1960. 47 L. 237/60, art. 4. 48 Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle Arti, cartella 22, fascetta 74/31 - Opere d’arte in edifici pubblici (1958-1971). 49 Ibidem. 50 Mosaici e sculture per il liceo Cassini, in “Il Nuovo Cittadino”, 2 settembre 1961. 51 Lelio Pierro, Concorsi della Provincia di Genova, in “Il Genovese”, 2 settembre 1961. 52 Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle Arti, cartella 22, fascetta 74/31 - Opere d’arte in edifici pubblici (1958-1971). 53 Ibidem. 54 In realtà venne l’opera a mosaico venne poi eseguita; cfr. in questo volume la scheda n. 6. 55 Arturo Carlo Quintavalle, Il rischio dei falsi esperti, in “Il Corriere della Sera”, 26 luglio 2003. 56 Cfr. Marta Romana, Roma: Il vero problema resta un’Iva europea, in http://www.mecenate.info/roma-il-vero-problemaresta-univa-europea (ultima consultazione: 15 novembre 2015). 57 Claudia Collina (a cura di), Il percento per l’arte in EmiliaRomagna. La legge del 29 luglio 1949 n. 717: applicazioni ed evoluzioni del 2% sul territorio, Bologna, Editrice Compositori, 2009. 58 La L. 237/60 prevede all’art. 3 comma 1 che della Commissione giudicatrice debbano fare parte quattro rappresentanti dell’amministrazione interessata, di cui almeno uno deve essere un artista o un critico d’arte: evidentemente tale disposizione, oltre a pregiudicare la possibilità di coinvolgere professionisti ed esperti della materia al di fuori di coloro che ricoprano incarichi negli enti, riduce l’esercizio di un giudizio di merito sul valore culturale delle opere all’espletamento di un mero atto amministrativo. 59 Cfr. nota 23. 60 Cfr. Joseph Beuys, Conversation with Eddy Devolder. Social Sculpture, Invisible sculpture, Alternative Society, Free International University, Ed. Tandem, Gerpinnes 1990. 61 Claudio Mustacchi, Ogni uomo è un artista, Meltemi, Roma 1999, p. 63. 62 Catterina Seia, Prefazione, in Gabi Scardi (a cura di), Paesaggio con figura. Arte, sfera pubblica, trasformazione sociale, Umberto Allemandi & C., Torino 2011, p. 10; si veda in questo volume anche il contributo di Francesco Tedeschi, Oltre il monumento. La scultura urbana e il problema della collocazione di opere d’arte nello spazio pubblico, pp. 53-67. 63 Cfr. a.titolo (a cura di), Nuovi Committenti: Torino Mirafiori Nord, Luca Sossella, Roma 2004; a.titolo (a cura di), Nuovi Committenti: arte contemporanea, società e spazio culturale, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2008. 64 Cfr. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv:g24209 (ultima consultazione: 15 novembre 2015); merita forse ricordare che Genova, sebbene sia stata una delle poche città ad aggiudicarsi i finanziamenti europei sia nella fase I (1994-99) sia nella fase II (2000-2006) del Programma di Iniziativa Comunitaria Urban, non ha destinato alcuna parte di quei fondi alla promozione o realizzazione di progetti di arte pubblica; cfr. http://www.urbancenter.comune.genova.it/node/282; http://ec.europa.eu/regional_policy/archive/country/prordn/details.cfm?gv_OBJ=6&gv_PAY=IT&gv_reg=ALL&gv_THE=6 &gv_PGM=349&LAN=10&gv_PER=1&gv_defL=7 (ultima consultazione: 15 novembre 2015). 65 Seia in Scardi, Paesaggio con figura, cit., 2011, p. 10. 66 Ivi, p. 12. 67 Cfr. Leonardo Lippolis, Asger Jorn e l’architettura. Superare il funzionalismo attraverso “nuove giungle caotiche”, in Luca Bochicchio, Paola Valenti (a cura di), Asger Jorn. Oltre la forma / The Form and Beyond, Genova University Press, Genova 2014, pp. 93-99. 35 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 36 TIMELINE LEGISLATIVA DI RIFERIMENTO 1935 Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici, 9 febbraio 1935, n. 3790/129. 1937 Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici, 29 aprile 1937, Div. V, n. 4182. 1942 Legge 11 maggio 1942, n. 839 (“Legge Bottai”). 1949 Legge 9 luglio 1949, n. 717, “Norme per l'arte negli edifici pubblici” (detta “Legge del 2%”). 1960 Legge 3 marzo 1960, n. 237, art. 4. 1975 Legge 5 agosto 1975, n. 412, art. 9, “Norme sull'edilizia scolastica e piano finanziario d'intervento”. 1979 Legge 19 febbraio 1979, n. 54, “Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 1978, n. 817, recante norme transitorie per il personale precario dell'università”. 1993 Legge 4 dicembre 1993, n. 492, art. 3, comma 6, “Disposizione in materia di edilizia sanitaria”. 2006 Decreto-legge, 23 marzo 2006, “Linee guida per l'applicazione della legge n. 717/1949 recante norme per l'arte negli edifici pubblici”. 2012 Decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, art. 47, comma 1. Legge 24 marzo 2012, n. 27. 2014 Circolare 28 maggio 2014, n. 3728. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 37 OLTRE L’ITALIA: CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL “PERCENTO ARTISTICO” Alessandra Piatti I. Il “percento per l’arte”: un dialogo transnazionale Much of contemporary public art history is linked to Percent-for-Art initiatives that have combined the requirement for public art to be part of new building projects in many cities around the world1. “Percentage pour l’art”, “uno por cien cultural”, “percent-for-art scheme”, “legge del 2%”: tante sono le denominazioni, declinate in lingue differenti, utilizzate per definire la medesima politica di committenza pubblica; una committenza che nasce dall’investimento di una percentuale del costo complessivo della costruzione di un edificio pubblico per l’abbellimento e la decorazione dello stesso attraverso l’integrazione o l’inserimento di un’opera d’arte nella sua architettura. Nel corso del XX secolo tali politiche si sono progressivamente diffuse in numerosi paesi europei, americani e australiani, trovando così a supportarle una rete di confronto e di dialogo transnazionale. Il rinnovato interesse per la politica del “percento per l’arte” si può far risalire all’ampia risonanza critica che ha avuto, nelle ultime due decadi, l’arte pubblica; un’arte che si è aggiornata e che ha cambiato le proprie modalità di comunicazione e la stessa relazione tra spazio urbano/architettonico e abitanti, così come le forme, le circostanze e i soggetti promotori della sua committenza2. Sebbene l’attuale tendenza si orienti verso committenze ibride - tra pubblico e privato, tra artista, gruppi sociali co-partecipanti e curatori/mediatori3 - si possono ancora distinguere, in accordo con Julia Lossau4, tre forme canoniche di finanziamento, attivate rispettivamente dall’artista, da privati e, infine, dalle amministrazioni pubbliche. Ognuna di queste modalità interagisce con l’artista, con il processo di creazione, di realizzazione dell’opera e con il fruitore, facendo emergere significative differenze all’interno della più ampia nozione di arte pubblica. Public art may be seen as an intermediating agency in social culture and thus as a powerful yet elusive player in spatial politics (Deutsche 1996; Kester 1998). Its existence is often linked to institutional and policy contexts that enable public-art initiatives, particularly percent-for-art regulations (Cartiere and Willis 2008; Fazakerley 2008; Zebracki 2011)5. Studiare le politiche del “percento per l’arte”, le opere prodotte in quest’ambito, le relazioni e i meccanismi di cui sono state attivatrici nell’arco di più di settant’anni a livello internazionale, permette quindi di costruire, seppur a frammenti, la fisionomia di una delle più rilevanti forme di committenza pubblica per l’arte contemporanea concepita come strumento per portare l’arte “fuori dal museo”, avvicinandola al cittadino6. A tale scopo le politiche e i corrispettivi ordinamenti legislativi elaborati per supportarle si basano, fin dall’origine, su due obiettivi fondamentali: 1. integrare l’arte con l’architettura e, in seguito, con lo spazio circostante l’edificio; 37 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 38 A L E S S A N D R A P I AT T I 2. stimolare l’arte contemporanea ed educare il pubblico “non esperto” alla sua fruizione in luoghi non istituzionalmente depositari della cultura artistica visiva, ma abitualmente vissuti dai cittadini. Sebbene i piani di “percento per l’arte” siano raggruppati sotto denominazioni simili e si avvalgano apparentemente degli stessi principi, ogni nazione, regione e addirittura, in molti casi, ogni municipalità, ha avuto tempi e modalità di applicazione del tutto differenti dando origine a opere e a progetti artistici eterogenei per qualità e quantità. II. Il tentativo di fare network 38 Nel 1979 si tiene a Stoccarda il IX International Congress of Art. Questo evento segna un importante passaggio nel processo di ripensamento del tema Art and the Public7. Si afferma qui, nuovamente a livello internazionale, il valore assunto dall’arte pubblica e dalla collaborazione tra artisti, architetti e artigiani. Sempre in Europa, nel 1982, l’Institute of Contemporary Art (ICA) di Londra organizza due giorni di conferenza sul rapporto Art and Architecture8, un argomento che, nonostante sia stato al centro di frequenti e costanti occasioni di studio e di discussione nel corso di tutto il Novecento, continua a rivelarsi di assoluta attualità nell’Europa postmoderna. A further legacy of the 1982 conference and related exhibitions was the establishment that year of the Art and Architecture Society, launched to strengthen the connection between the two professions, and to continue developing the dialogue in relation to both promoting and critiquing collaborative practice. From the outset, staff on the Public Art course - followed soon after by successive years of students - were involved with the new organization, for a time cosponsoring the visiting speaker program, which included artists, architects, and designers from across the formal and political spectrum, enabling and continuing an often uncomfortable dialogue which has nonetheless contributed to the public art discourse for over twenty years9. Per la prima volta tale tematica viene analizzata, anche dal punto di vista legislativo, da un gruppo di lavoro preposto allo studio della legislazione del “percento per l’arte” in Europa, in Canada e negli Stati Uniti. Sebbene lo scopo ultimo delle giornate di lavoro londinesi non fosse tanto l’internazionalizzazione della politica attraverso la creazione di un network, quanto il perfezionamento del “percento artistico” inglese - grazie allo studio delle medesime realtà europee e, soprattutto, statunitensi - già in quell’occasione emergono questioni rimaste ancora oggi di attualità: quali misure vorremmo adottare e a chi demandare il compito di progettarle? Ad artisti professionisti, ad architetti, ad amministratori pubblici, ad associazioni regionali delle arti o a un corpo nazionale creato ad hoc? Quali dovrebbero essere le modalità e i criteri di selezione degli artisti? Sarebbe utile creare un registro o un archivio nazionale di questi interventi? È necessario un controllo della qualità delle opere? Quale l’obiettivo di tale politica? La decorazione, l’integrazione, entrambe o qualcos’altro ancora? Le misure dovrebbero includere una previsione di manutenzione dell’opera? Chi è il proprietario dei diritti? Come possiamo garantire benefici a tutte le parti coinvolte?10 Emergono già chiaramente le problematicità comuni di una politica che sta progressivamente assumendo un respiro e una diffusione internazionale: le questioni legate alla sostenibilità e alla qualità dell’intervento, ai costi di manutenzione, al copyright, alle parti chiamate in causa (artisti, architetti, pubblico). Ci vorranno ancora vent’anni, tuttavia, prima che queste tematiche ritornino all’ordine del giorno in un reale confronto tra organizzazioni di nazioni differenti. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 39 O LT R E L ’ I TA L I A : CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL Tra i paesi maggiormente interessati a gettare le basi per la formazione di una rete dal carattere significativamente internazionale spiccano - come sempre in posizione d’avanguardia - i Paesi Bassi: nel 2005 l’Atelier Rijksbouwmeester organizza l’European Expert Meeting on Percent for Art Schemes11. Il convegno internazionale ha lo scopo di far dialogare tutte le organizzazioni europee coinvolte in politiche assimilabili al “percento per l’arte”, attraverso la presentazione e la discussione di casi studio particolarmente problematici. Appare quindi evidente, anche in questo ambito, come l’unica metodologia utile a creare uno sviluppo in campi e discipline rese complesse dalla molteplicità di implicazioni e di professionalità coinvolte, sia quella del caso studio: ogni committenza di arte pubblica diventa un caso isolato con caratteristiche specifiche in relazione ai ruoli chiamati in causa, al luogo e alla particolare relazione che si crea tra opera, spazio e fruitori. La prima parte del Meeting è dedicata a un preliminare e introduttivo scambio di idee e di esperienze attraverso la presentazione di interessanti casi studio nazionali che rientrano in sei sezioni corrispondenti a differenti ambiti di discussione: partendo dal più specifico tema della committenza artistica negli edifici pubblici (Art Commissions in State Buildings), si passa poi a trattare temi più generici, quali la relazione tra arte e sfera sociale e tra arte e infrastrutture, la sostenibilità dell’arte, e infine le prospettive di un’arte del futuro: What kind of policies do the different European countries have for art designed for government buildings? What are the successes and failures of these regulations and how can quality be sustained? Can art really contribute to large-scale projects and what kind of role does and should art play in these complex economic processes? And what are the consequences if these projects are a form of self critique? “PERCENTO A RT I S T I C O ” Is there a need for a European organisation or network that supervises and commissions artworks and architecture for buildings which are part of the European Community? How does one deal, as an art organisation, with all the different interests of parties in large scale building projects which develop out of cooperation between public and private partners? How could exchanging knowledge and experience contribute to achieving higher quality? Should this exchange be organised on a regular basis, for instance every two or three years?12 A fronte di un’evidente condivisione a livello internazionale delle medesime problematiche relative all’arte negli edifici pubblici, si valuta, in questa occasione, la possibilità di creare un’organizzazione o una rete internazionale che abbia il compito di supervisionare e commissionare sia le opere sia gli edifici architettonici appartenenti alla Comunità Europea. I paesi partecipanti sono Svezia, Finlandia, Belgio, Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Norvegia e Olanda, mentre tra i grandi esclusi si annovera l’Italia che, secondo gli organizzatori, non possiede un’istituzione che si occupi propriamente dell’arte negli spazi pubblici e che, di conseguenza, si possa interfacciare con le agenzie rappresentative degli altri paesi europei13. Nel 2004, però, anche l’Italia aveva ospitato un’iniziativa importante in tale ambito: il convegno Duexcento. Poetiche e politiche dell’arte nell’architettura i cui risultati sono raccolti in un ricco dossier di materiali relativi alla questione dell’arte negli edifici pubblici e del rapporto arte-architettura soprattutto nei paesi europei e americani. Oltre all’iniziale e nutrita sezione dedicata alla tanto discussa norma, il dossier registra la prima apertura alle realtà estere all’interno di un dibattito tutto italiano14: l’intento - ripreso da questo stesso saggio - era quello di allargare gradualmente l’inquadratura per costruire una preliminare storia 39 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 40 A L E S S A N D R A P I AT T I transnazionale della diffusione, del radicamento e della trasformazione del “percento artistico” nell’ambito dei paesi di cultura occidentale. III. Dal 2% a una percentuale graduale: il caso italiano 40 Attraverso il progetto di catalogazione e di ricognizione sul territorio regionale delle opere artistiche negli edifici pubblici eseguite in ottemperanza alla “legge del 2%” che ha dato origine a questo studio, Genova e la Liguria si inseriscono in un più ampio programma di monitoraggio avviato da alcune regioni italiane, tra le quali l’Emilia Romagna che ha assunto il ruolo di capofila15. In seguito al dibattito nato in occasione del progetto emiliano, la legislazione che regola le “Norme per l’arte negli edifici pubblici” ha subito alcune rilevanti modifiche16: dal 2% si è passati, infatti, ispirandosi alle legislazioni di molti paesi europei e statunitensi, a una percentuale graduale che varia dallo 0.5 “per gli importi pari o superiori a venti milioni di euro”, al 2 per i progetti “di importo pari o superiore ad un milione di euro ed inferiori a cinque milioni di euro”17. Grazie al contributo emiliano e ligure e ad altre importanti - seppur ancora isolate - esperienze18, il quadro della storia legislativa del “2%” in Italia e la sua applicazione in termini di risultati storico-artistici si stanno facendo progressivamente più chiare. Sono state studiate le opere e gli artisti che le hanno eseguite, i soggetti scelti e il linguaggio usato per interagire con l’architettura e per dialogare con i cittadini. A partire dal secondo dopoguerra questa formula di committenza pubblica in Italia ha dato risultati spesso discutibili, perlopiù votati a operazioni dal carattere didascalico, a volte localistico, privi di un vero e proprio aggiornamento sulle nuove tendenze contemporanee (cfr. in questo volume il contributo di France- sca Bulian) o, in continuità con la pittura muralista degli anni trenta, innervati dalle implicazioni del realismo sociale postbellico sostenuto da Palmiro Togliatti19. L’applicazione più sistematica della norma si ha tra la fine degli anni cinquanta e la metà degli anni settanta: in questo periodo sussiste una sorta di parallelismo tra l’imponente crescita edilizia del paese e gli edifici interessati dall’obbligatorietà dell’applicazione della legge mentre, successivamente, si assiste a una fase discendente che, contrariamente a quanto accade in molti paesi europei, porta all’esclusione di intere tipologie. Progressivi esoneri hanno, infatti, via via escluso i complessi scolastici (1975), quelli universitari (1979) e, infine, le strutture sanitarie (1993)20; rimangono paradossalmente incluse ancora oggi le caserme, le carceri, le capitanerie di porto, i palazzi di giustizia e gli uffici statali, tutti luoghi che, per la maggior parte, sono soggetti a restrizioni di accesso per la cittadinanza. Tale situazione ha comportato un progressivo svilimento della legge, ritenuta oggi di limitata valenza estetica e didattica, e ha contribuito a ritardare negli artisti e nella committenza pubblica, in seno alla “legge del 2%” i processi di aggiornamento dei temi, delle tecniche e dei media. Tale discronia si riscontra, in modo evidente, anche nei bandi di più recente pubblicazione che ancora richiedono, spesso, la realizzazione di opere dal carattere tradizionale (“pannello decorativo”, “fontana”, “elemento scultoreo”, “mosaico”), mentre sono rare le richieste di “installazioni”, di “progetto relazionale” o “partecipato”. Esempi di interventi artistici in spazi urbani realizzati grazie alla legge 717/49 che abbiano dato risultati di effettivo pregio e interesse, come è accaduto, ad esempio, nel caso della decorazione della metropolitana di Napoli21, sono ad oggi assai rari, anche se di recente l’adesione ai nuovi linguaggi dell’arte contemporanea ha avuto significativi riscontri in una precisa Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 41 O LT R E L ’ I TA L I A : CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL tipologia edilizia pubblica, quella museale. È il caso del MAXXI concorso bandito nel 2008 in occasione del collaudo di una delle più discusse architetture statali italiane, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma progettato da Zaha Hadid22. I vincitori sono Maurizio Mochetti e Massimo Grimaldi23, due personalità differenti ma che ben rappresentano le due anime dell’Italia: quella più storica, legata al discorso d’integrazione tra arte e architettura, e quella più giovane, sfrontata, che oltrepassa qualsiasi tipo di territorialità e di materialità per progettare un’opera apparentemente invisibile e, insieme, un’operazione artistica in cui l’azione e la relazione prendono il posto della forma e della tecnica. Linee rette di luce nell’Iperspazio Curvilineo di Maurizio Mochetti è un’installazione progettata a partire dal rapporto che si crea tra quattro tubi di colore rosso in fibra di carbonio contenenti dispositivi di proiezione luminosa, appesi tramite tiranti d’acciaio, e l’ampio spazio curvo e monocromatico grigio della hall museale. Il progetto di Grimaldi, invece, va al di là di ogni convezione, forzando i limiti della “legge del 2%”: l’artista, infatti, propone alla commissione di devolvere il 92% dell’importo destinato alla realizzazione dell’intervento alla costruzione di un ospedale di Emergency, il Paediatric Centre, in Sudan. Con il restante 8% l’artista realizza l’opera destinata a rimanere al museo e a dialogare con la sua struttura architettonica: si tratta di una doppia videoproiezione sincrona le cui immagini, scattate dall’artista, documentano sul prospetto principale dell’edifico le fasi di costruzione dell’ospedale. La videoproiezione, per sua natura immateriale e incapace di qualsiasi relazione di tipo permanente con lo spazio architettonico, scardina quell’antica e restrittiva condizione delle politiche del “percento artistico” che prevede un’opera dalle caratteristiche ben definite: durevole, materiale, permanente e, soprattutto, che necessiti di poca manutenzione24. Se il ca- “PERCENTO A RT I S T I C O ” rattere installativo dei più recenti interventi e l’internazionalizzazione dei concorsi sono momenti positivi della storia italiana della “legge del 2%”, è necessario ricordare che queste operazioni nascono all’interno di musei d’arte contemporanea ormai ben inseriti nel circuito museale internazionale. La politica del “percento artistico” in Italia sembra voler quindi far rientrare l’arte all’interno del museo, contraddicendo in parte la sua vocazione originaria. IV. Le legislazioni e le politiche sul “percento per l’arte” nei paesi europei: dagli anni trenta a oggi Il caso francese La legislazione del “percento artistico”, i progetti e le politiche applicati a suo supporto, hanno avuto in Europa una graduale diffusione dall’immediato secondo dopoguerra fino ai giorni nostri, diffusione riconducibile al clima politico, sociale e culturale del decennio precedente. La gestazione dell’italiana “Legge Bottai” non è un caso isolato in Europa: al 1936 risale, infatti, l’embrione della legislazione francese, al 1937 quella norvegese, invocata dagli stessi artisti, e quella svedese che, attraverso la fondazione di un’organizzazione nazionale, il Statens Konstrȧd, si propone di finanziare e portare l’arte contemporanea nello spazio pubblico. Sebbene in condizioni socio-politiche del tutto differenti, nello stesso periodo anche gli Stati Uniti gettano i semi di una politica di committenza pubblica che poi sfocerà nei successivi ma sempre più numerosi “Percent-for-art programs” che spopoleranno in suolo americano dagli anni Settanta. Si tratta dei “Works Progress Administration - Federal Art Project” governativi, promossi dal Presidente Roosvelt per reagire alla Grande Depressione, che dal 1935 al 1943 coinvolsero gli artisti nella decorazione degli edifici federali attraverso la realizzazione di murales, sculture e dipinti. 41 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 42 A L E S S A N D R A P I AT T I 42 Tornando all’Europa e, in particolare, alla Francia, è del Fronte Popolare, attraverso il senatore Mario Roustan e il Ministro dell’Educazione Nazionale Jean Zay, l’iniziativa di sensibilizzare il pubblico alla creazione artistica, contribuendo alla diffusione dell’arte fuori dai musei e dai luoghi della tradizione, attraverso una politica di integrazione tra arte e architettura. Siamo quindi negli stessi anni in cui in Italia si sta formando il dibattito intorno alla “sintesi delle arti” e all’integrazione negli edifici pubblici di opere di abbellimento artistico, dal valore pedagogico e sociale25. La proposta di legge francese, tuttavia, si differenzia da quella italiana: essa prevede la realizzazione di opere d’arte a partire dall’1% dell’importo totale di spesa destinata a una tipologia ben definita, l’edilizia scolastica. La precisa destinazione di queste opere rivela l’importanza del valore didattico-educativo con il quale è concepita tale politica di committenza pubblica: rispetto alla situazione italiana - che non è scevra da una politica, manovrata dal regime, di controllo dell’operato artistico - in Francia si assiste alla creazione di un programma caratterizzato da un forte intento di democratizzazione delle arti a partire dai luoghi embrionali della cultura: le scuole e le università. Similmente ad altre nazioni europee, la Francia matura una vera e propria legislazione in questo campo a partire dal secondo dopoguerra. Il 18 maggio 1951 nasce il cosiddetto “1% artistique”26, che prevede la devoluzione dell’1% - o più - dell’importo destinato alla costruzione di edifici scolastici e universitari a lavori di decorazione con l’obiettivo di arricchire tali ambienti attraverso l’inserimento dell’arte nell’architettura. Negli anni successivi l’applicazione della legge si estenderà agli edifici sportivi e socio-educativi (1960), alle nuove costruzioni di pertinenza di tutti i ministeri (1981), alle autostrade (1996), per giungere a una totale integrazione dell’architettura con l’ambiente circostante27. Nel 1983, in seguito alla legge sulla decentralizzazione dei compiti dell’amministrazione pubblica, l’applicazione dell’ordinamento è delegata alle collettività territoriali, ai dipartimenti, alle regioni e ai comuni28. Sebbene la decentralizzazione abbia contribuito, in taluni casi, a rendere più nebulosa la divisione di competenze relative all’applicazione della norma29, esistono alcuni esempi d’eccellenza, il più noto dei quali è quello della cittadina Villeneuve d’Ascq. Nata nel 1967 e divenuta negli anni la città universitaria della vicina Lille, conta, a fronte di non più di 60.000 abitanti, un centinaio di opere artistiche create in ottemperanza alla legge dell’ “1% artistique”. Il fenomeno di Villeneuve d’Ascq ha origine dalla felice combinazione tra il processo di decentralizzazione e il rinnovato legame che tale politica culturale sancisce con le università30. Con il “Decret relatif à l’obligation de décoration des constructions publiques et précisant les conditions de passation des marchés ayant pour objet de satisfaire à cette obligation” del 2002 si precisano nuovamente le condizioni e le modalità di applicazione della legge31. La chiamata diretta o l’acquisizione di una o più opere da artisti viventi sono previste se la percentuale corrisponde a una cifra inferiore ai 30.000 euro; se si supera tale cifra deve essere bandito un concorso pubblico e convocata una commissione di valutazione artistica formata dal progettista dell’edificio, dal direttore regionale degli affari culturali, da un rappresentante degli utenti del complesso e da tre personalità qualificate nelle arte plastiche (una scelta dal progettista e due dal direttore regionale degli affari culturali)32. Con la nuova legislazione del 2002 le politiche dell’ “1% artistique” assumono progressivamente una maggiore importanza nei programmi culturali nazionali: se da un lato cresce il numero delle committenze, dall’altra si attivano differenti progetti di catalogazione, di monitoraggio e di ricerca sulle opere d’arte Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 43 O LT R E L ’ I TA L I A : CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL pubbliche concepite grazie a tale legge. Secondo le ricerche effettuate dagli studiosi francesi, il numero delle opere complessivamente commissionate a più di 4000 artisti dal 1951 al 2012 si aggira intorno ai 12.30033. Gli spazi pubblici interessati da questi tipi di interventi sono per la maggior parte scuole e università che annualmente si aprono al pubblico nell’ambito di una giornata dedicata alla valorizzazione del patrimonio culturale e artistico francese34. Gli autori, selezionati tramite concorso o chiamati direttamente a sviluppare progetti di integrazione con l’architettura e con l’ambiente urbano, sono di diversa provenienza – anche se perlopiù francesi - e notorietà: tra i più importanti si ricordano Henri Matisse, Pablo Picasso, Louise Bourgeois, Roy Lichtenstein, Jean-Pierre Bertrand, Sol LeWitt, Daniel Buren, Christian Boltanski, Angela Detanico e Rafael Lain, Giuseppe Penone. Ad aprire la stagione dell’applicazione della legge dell’“1% cultural” in Francia è Les Abeilles (195455) di Henri Matisse. Si tratta di una vetrata colorata, un diaframma di luce che altera il rapporto tra l’interno e l’esterno dell’Ecòle Henri Matisse di Cateau-Cambrésis. L’opera, intitolata in un primo tempo Fleuve de vie, era destinata alla Chapelle du Rosaire di Vence. Tuttavia, terminata la maquette in gouaches, l’artista si rende conto che la traduzione materiale non corrisponde all’idea originaria e al luogo per il quale era stata concepita, adattandosi invece perfettamente a un altro edificio che stava per essere concluso, l’École maternelle, poi denominata Henri Matisse. Il compimento del progetto, dopo la scomparsa dell’artista, viene coordinato da Emmanuelle Macarez, responsabile dello sviluppo del Museo Henri Matisse di Cateau-Cambrésis, attenta a rispettare l’integrazione con l’architettura e, soprattutto, i colori voluti dall’artista: quelli primari (rosso, giallo e blu) e i non colori (nero e bianco). Un serrato dialogo tra architettura d’interni e opere d’arte caratterizza anche gli interventi de- “PERCENTO A RT I S T I C O ” stinati alla Bibliothéque National de France Site François Mitterrand, per la quale sono chiamati a intervenire sei artisti di fama internazionale con opere realizzate tra il 1996 e il 1997: Water Lilies di Roy Lichtenstein, Partition métallique aux taches de lumière di Jean-Pierre Bertrand, Toi et moi di Louise Bourgeois, La Rosée (hommage à Cervantès) di Gérard Garouste, Donne-moi une parole et je serai guéri di Martial Raysse, Sans titre di Claude Viallat. Anche in questo caso l’operazione oltrepassa la semplice “obligation de decoration”35, per creare una continuità spaziale tra la dimensione architettonica e quella artistica. Se questi interventi rimangono ancora nell’ambito delle tipologie tradizionali della decorazione all’interno di un edificio pubblico, dal 2000 l’ “1% cultural” si è aperto a operazioni del tutto inedite: nel 2001 la Direction Régionale des Affaires culturelles (DRAC) della Regione Rhone Alpes commissiona ad Alain Bublaix non più un’opera scultorea o installativa, dal carattere monumentale o ambientale ma un sito web che raccolga gli interventi artistici realizzati in ottemperanza alla legge dell’ “1% culturel” tra il 1985 e il 200036. Ce bilan, qui fait le point sur les projets réalisés ou non dans le cadre des procédures de commande publique et du 1 % pour les universités, est d’ailleurs une commande ... de la commande publique, puisque c’est au titre de cette procédure que la DRAC a fait appel à l’artiste Alain Bublex pour la conception et la mise en forme du site!37. L’opera di Bublaix rinuncia a un rapporto con l’architettura reale per divenire un luogo/piattaforma di presentazione dell’arte pubblica. Il carattere interattivo e di relazione che identifica il sito web fa sì che l’opera venga riconosciuta non più come un paesaggio virtuale ma reale, pubblico, di condivisione, che offre una nuova configurazione e geografia urbana. Tra i più innovativi e allo stesso tempo discussi interventi di “1% artistique” si ricorda, in anni 43 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 44 A L E S S A N D R A P I AT T I recenti, quello concepito da Daniel Buren per la stazione e la linea di tram della città di Tours, costato quasi 1 milione di euro e concluso nel 201338. L’opera, progettata in dialogo con un team di designer, architetti, ingegneri e scultori di luce, si compone di sette differenti interventi che spaziano dalla decorazione dei tram, delle banchine e delle stazioni di servizio, caratterizzate dall’inconfondibile pattern a strisce bianche e nere, a una serie di inserti totem bicolore di altezze degradanti o tettoie circolari di vetro che catturano e scompongono la luce naturale - in ambienti di raccolta e di passaggio, al fine di creare spiazzanti giochi di rifrazioni luminose e di spazi. V. Dal dopoguerra agli anni recenti in Europa: alcuni esempi 44 Il periodo della ricostruzione postbellica, dal 1949 in poi, corrisponde al momento di maggiore diffusione e successo delle politiche del “percento artistico”. Al secondo dopoguerra, infatti, risalgono molteplici piani di edilizia pubblica nei quali l’arte assume un ruolo fondamentale e, connesse a questi, le prime legislazioni. Nel 1949 la Germania dell’Ovest promuove il Kunst am Bau39, un programma di investimento negli edifici di nuova costruzione che prevede una percentuale variabile (dallo 0.5% al 2%). Diversamente dall’Italia e dalla Francia, il Kunst am Bau non è una legge, ma una politica di successo che segue linee guida federali. Il 25 marzo 1950 il Bundestag decide, infatti, di convogliare parte delle somme destinate all’edilizia pubblica, all’ingegneria civile e ai progetti paesaggistici e infrastrutturali, alla realizzazione di opere artistiche. Lo scopo è duplice: favorire lo sviluppo dell’arte figurativa, bloccata da anni a causa della guerra, e promuovere gli artisti a livello sociale. Anche nel caso tedesco tale programma viene considerato la naturale evoluzione della politica nazista di integrazione tra arte e architettura40. La man- canza di un piano nazionale coeso e coerente e di una forte volontà di trasformare questa tendenza in legge, ha portato alla natura frammentaria del fenomeno di finanziamento pubblico tedesco e, spesso, anche alla manifestazione di evidenti criticità nella sua applicazione. Lamentano, per esempio, difficoltà derivanti dalla fagocitante macchina burocratica i coniugi Kienholz, Edward e sua moglie Nancy Reddin, trasferitisi a Berlino nel 1973 e vincitori di un concorso che prevedeva la costruzione di un’opera d’arte pubblica in Ernst-Reuter-Platz. We won a competition to build a mountain on Ernst-Reuter-Platz in Berlin. That was a long saga … let’s just say The Berlin Fountain was never built and the six hundred thousand Deutsche marks allocated to the project disappeared into some bureaucratic pocket41. Il progetto quindi, mai realizzato, doveva essere concepito come […] a crazy piece of public art. He wanted to build a see-through car wash in the middle of Berlin’s Ernst-Reuter-Platz. Rooftop fountains would spray water onto a Mercedes-Benz car that moved back and forth upon a conveyer track a sit was cleaned by constantly rotating brushes. The plans for this project, developed by him and Nancy, won the international Art in Construction (Kunst-am-Bau) Competition at Berlin’s Technical University in 1983. It’s astounding that they won that prize. The Berlin Fountain dealt with the theme of German guilt – like you see in movies, the killer forever trying to get the blood off his hands. Kienholz said, “I want perfect Mercedes-Benz to be washed to pieces, and when it wears out, we’ll get a new one”. He thought Daimler-Benz should agree to keep on replacing the car. He loved the Mercedes-Benz. He thought it was the best car Germany made. The mountain seemed so innocent. But he wanted that the beautiful car washed until the paint came off and it rusted away42. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 45 O LT R E L ’ I TA L I A : CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL Le difficoltà di applicazione di tale politica hanno portato, nel 1994, a modificare la regolamentazione in materia - tradottasi nel frattempo in una direttiva per l’esecuzione di lavori edili dello stato federale di competenza del Ministero delle Finanze che ne aveva minacciato l’abrogazione - eliminando la soglia del 2%. Alle problematiche burocratiche e finanziarie si affiancano difficoltà relative al rapporto tra opera, artista e pubblico. Uno scollamento, quello tra operazione artistica e pubblico, che ha nuovamente coinvolto l’artista Daniel Buren, chiamato nel 1999 a intervenire nella Rollplatz, al centro di Weimar43. Attraverso la collocazione di aste metalliche di varie dimensioni distinte dal tipico pattern a strisce verticali Buren intendeva riconsegnare ai cittadini una piazza da anni utilizzata unicamente come parcheggio auto, per trasformarla nuovamente in un punto di incontro e di scambio. Sebbene entrambi i progetti - quello dei Kienholz e di Buren - non giungeranno mai effettivamente a compimento, l’intervento proposto dall’artista francese ha attivato, in parte, una macchina relazionale che ha coinvolto in un dialogo durato tre anni, l’artista, la pubblica amministrazione e i cittadini stessi: divisi tra chi ne desiderava la realizzazione e chi osteggiava, gli abitanti di Weimar hanno comunque rivendicato un ruolo di attiva partecipazione nella fase di progettazione dell’opera44. Negli anni cinquanta anche la Finlandia formula un programma di devoluzione dell’1% del budget previsto per la costruzione di nuovi edifici pubblici all’arte45 e, similmente alla Francia, è il Ministero dell’Educazione ad avere la responsabilità di affidare a una commissione (Valtion Taideteostoimikunta) la selezione e la gestione delle opere. Come sostiene il conservatore Paivi Kyllonen-Kunnas, membro dell’Oulu Art Acquisition, Care and Conservation Working Group: “Starting in the year 2000, there has been a great deal of interest in “PERCENTO A RT I S T I C O ” the acquisition of artworks by the Percent-forArt principle in Oulu, as well as in other cities in Finland”46. All’interesse per le acquisizioni di opere d’arte pubblica finanziate dal “percento per l’arte” corrisponde anche un crescente impegno dedicato alla loro conservazione e manutenzione. Una sensibilità che, nel caso finlandese di Oulu, si spiega grazie al coinvolgimento, nella gestione delle acquisizioni, nella produzione e nella conservazione delle opere pubbliche, della struttura museale di riferimento. Se in Finlandia è il museo, in quanto ente pubblico preposto alla cura dell’arte contemporanea, a occuparsi della promozione, gestione e cura della macchina applicativa delle politiche del “percent-for-art”, in Norvegia dalla fine degli anni settanta esiste un organo specializzato in tale mansione: il KORO - Kunst i offentlig rom/Public Art Norway47, agenzia governativa nata nel 1977 allo scopo di gestire i fondi assegnati in base all’Art Scheme for new government-owned Buildings. Questo piano di finanziamento pubblico per l’arte, nato in maniera embrionale nel 1937 ha assunto, proprio grazie all’introduzione di questa tipologia di agenzia “cuscinetto”, una progressiva rilevanza a livello nazionale e internazionale giungendo, nel 1998, a sancire una percentuale che varia (dallo 0.5 all’1.5) in base a differenti parametri: la tipologia dell’edificio, la sua accessibilità, il numero degli utenti, il grado di estensione spaziale della costruzione e, nondimeno, il suo valore simbolico. KORO, inoltre, si occupa dell’intera fase di gestazione dell’opera, dalla progettazione, produzione e curatela fino alla sua manutenzione, avvalendosi spesso di curatori esterni che, di volta in volta, possano rivelarsi i più adatti intermediari alle sempre nuove sfide dell’arte contemporanea. Il riconoscimento dell’importanza che assume, all’interno della politica del “percento per l’arte”, il momento della selezione delle opere, ha portato per esempio i Paesi Bassi - i cui primi 45 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 46 A L E S S A N D R A P I AT T I piani di “percent-for-art” risalgono agli anni cinquanta48 - ad avvalersi di un’agenzia governativa, la Rijksgebouwendienst (Government Buildings Agency) e di una commissione presieduta dall’Architetto capo del Governo (Atelier Rijksbouwmeester - Chief Government Architect) e da un gruppo di lavoro costituito da un architetto, un progettista e un rappresentante dei futuri fruitori dell’edificio. 46 Advisors from the office of Netherlands’ Chief Government Architect (Atelier Rijksbouwmeester), advise the prospective client in a building construction project, and together with the project manager of Dutch Government Building Department (Rijksbouwendienst or Rgd), they have a seat in the arts committees that makes the recommendations. A substantively wellgrounded advisor can make his mark on the process, but so too can other seriously engaged members of the committee. In the formal sense, the Chief Government Architect is officially responsible for the selection49. In maniera simile alle altre nazioni che tra gli anni trenta e gli anni cinquanta del Novecento concepiscono la percentuale per l’arte come una norma per “decorare” gli edifici, i Paesi Bassi superano tale formula divenendo tra i maggiori committenti di opere pubbliche. Secondo Huib Haye van der Werf, curatore e consulente della commissione (Rijksbouwmeester) per la selezione delle proposte artistiche tra il 2004 e il 2008, nel 2006 si sono riunite più di 2000 commissioni artistiche50. In questi anni, infatti, il governo olandese inizia ad applicare il “percentage scheme” per progetti su larga scala ambientale. Negli anni ottanta le politiche del “percento artistico” prendono piede anche in Belgio (1984), in Irlanda (1988) e in Spagna (1985). Dopo l’isolamento che la dittatura franchista le aveva imposto, la penisola iberica attiva, avvalendosi di una nuova energia e un rinno- vato slancio, una politica culturale aperta al riallineamento con quella europea. Risale, infatti, al 1977, la creazione del Mistero della Cultura e al 1985 la prima legislazione in materia di patrimonio culturale spagnolo. All’interno di questa normativa un articolo è interamente dedicato al “porcentaje del 1 por ciento”: Art. 68. 1. En el presupuesto de cada obra pública, financiada total o parcialmente por el Estado, se incluirá una partida equivalente al menos al 1 por 100 de los fondos que sean de aportación estatal con destino a financiar trabajos de conservación o enriquecimiento del Patrimonio Histórico Español o de fomento de la creatividad artística, con preferencia en la propia obra o en su inmediato entorno. 2. Si la obra pública hubiera de construirse y explotarse por particulares en virtud de concesión administrativa y sin la participación financiera del Estado, el 1 por 100 se aplicará sobre el presupuesto total para su ejecución. 3. Quedan exceptuadas de lo dispuesto en los anteriores apartados las siguientes obras públicas: a) Aquéllas cuyo presupuesto total no exceda de cien millones de pesetas. b) Las que afecten a la seguridad y defensa del Estado, así como a la seguridad de los servicios públicos. 4. Por vía reglamentaria se determinará el sistema de aplicación concreto de los fondos resultantes de la consignación de 1 por 100 a que se refiere este artículo (49)51. L’“uno por cien cultural” spagnolo si differenzia dalla maggioranza delle politiche internazionali per il raggio di estensione che può assumere l’intervento artistico: non più legata alla costruzione di un nuovo edificio pubblico, la devoluzione della suddetta percentuale scatta per “cada obra pública financiada total o parcialmente por el Estado”52, per finanziare qualsiasi lavoro che riguardi la conservazione o l’arricchimento del patrimonio culturale spagnolo, nonché la promozione della creatività artistica. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 47 O LT R E L ’ I TA L I A : CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL Trabajos de conservación, restauración, rehabilitación, consolidación, incluyendo la elaboración de proyectos técnicos. Trabajos de enriquecimiento del Patrimonio Histórico Español (adquisición de bienes culturales, exposiciones, publicaciones). Fomento de la creatividad artística o lo que es lo mismo, adquisición de obras de autores vivos o encargos a estos que realicen obras. Se deben descartar, de un modo general, las construcciones u obras de nueva planta, aunque sean para actividades culturales. Se exceptúan edificios que alberguen museos, archivos o bibliotecas públicas, que por criterio de la ley son considerados Bienes de Interés Cultural53. Nel 2004 il Real Decreto 1893/2004 por el que se crea la Comisión Interministerial para la coordinación del 1% cultural sancisce la nascita di una Commissione Interministeriale con il compito di coordinare la politica dell’ “1% cultural” e di creare, di volta in volta, gruppi di lavoro specializzati54. All’interno di questa ampia casistica esistono alcuni paesi che, pur ispirandosi e applicando informalmente il “percento per l’arte”, non hanno mai tradotto tale politica in legislazione. È il caso della Gran Bretagna che, tra la fine degli anni settanta e la prima metà degli anni ottanta, inizia a prendere in esame le formule di committenza pubblica europee e statunitensi. Since the late 1960s, works of contemporary art and craft have increasingly been located in city squares and government buildings, corporate plazas, parks and garden festivals, schools, hospitals, railway stations and on the external walls of houses, in a growth of commissioning echoing, in a different visual language and with a broader range of settings, that of statues and memorials in the nineteenth century. Most public art in the UK has been initiated by the public sector about three times as much as that found in private sector property development (Roberts et al., 1993), and much in the USA and Europe “PERCENTO A RT I S T I C O ” (including the UK) has been commissioned through public bodies. The Arts Councils in the UK promote a Percent for Art policy, through which a given percentage (usually 1 per cent) within the budget for a building scheme is set aside for the commissioning of art or craft works; such policies are currently operated (at levels from 0.5 per cent to 2 per cent) by more than 90 cities and states in the USA. Public art is a major area of state patronage, but the way in which it conveys the state’s ideology is seldom overt, concealed in matters of style and the bureaucracies of arts management55. Nel 1977 stabilisce il programma Art in Public Places, incoraggiando le iniziative di investimento in arte pubblica da parte delle amministrazioni. Sarà solo nel 1982, con la conferenza - già ricordata in precedenza - organizzata dall’Institute of Contemporary Art (ICA) di Londra dal titolo Art and Architecture, che i programmi di “percent-for-art” inizieranno a essere introdotti, informalmente, nelle differenti città inglesi. Sebbene gli esempi di legislazione e di applicazione di tali politiche avessero raggiunto in Europa alti livelli per quantità e qualità, la Gran Bretagna sceglie di ispirarsi al modello statunitense. Here, in the United Kingdom, the advisability of such a policy emerged in 1983, with the recommendation by the House of Commons Select Committee on Public and Private Funding of the Arts that businesses, local authorities, and government departments consider dedicating a proportion of the full cost of the project to commissioning new works of art - a policy considered and nominally adopted but very unevenly sustained or implemented over the years by the relevant bodies empowered so to do. Nonetheless, the government initiative served to draw the attention of local authorities, planning departments, and other agencies to the potential opportunities for addressing aspects of urban decay and regeneration, inter alia, through such a 47 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 48 A L E S S A N D R A P I AT T I program. The prospect was therefore now more firmly embedded, at least nominally, in the arts agenda, at the levels of planning, funding, education, and practice56. 48 La “percent-for-art policy”, promossa dall’Arts Council a partire dal 1989, prevede la destinazione di una percentuale pari all’1% del budget della costruzione di un edificio pubblico, per la realizzazione di “art or craft works”57. Il primo edificio costruito applicando il “percent for art” è il noto Broadgate che dal 1986 diventerà in breve il centro finanziario londinese. Per tale progetto vengono acquistate dieci sculture monumentali, tra le quali Fulcrum di Richard Serra (1987). Come era accaduto qualche anno prima a New York con Tilted Arc (1981), Fulcrum rende instabile lo spazio della piazza antistante il grattacielo, dividendola e frammentandone la percezione. Sempre nel 1987 Vivien Lovell fonda la prima Public Art Commissions Agency a Birmingham, finanziata dalla West Midlands Arts e dalla Calouste Gulbenkian Foundation. La peculiarità che contraddistingue la Gran Bretagna che si pone seguendo il modello statunitense in posizione d’avanguardia rispetto agli altri paesi europei – è la stretta collaborazione, anche e soprattutto in materia di finanziamento, tra pubblico e privato. In accordo a quanto afferma Huib Haye van der Werf tendencies toward privatization of governmentcontrolled agencies have had a direct effect on the application of the percentage ruling; the cooperation between private and public parties affects the framework in which an artistic commission is realized58. Nel 1991 la RSA (Royal Society for the encouragement of Arts, Manufactures & Commerce) mette a punto l’Art for Architecture scheme basato sulla sovvenzione di premi per la realizzazione di progetti nati dalla collabo- razione tra artisti, architetti, paesaggisti, ingegneri e designers59. Nel 1993 il distretto Teignbridge porta a compimento un piano locale che incorpora il “percento per l’arte”, riconoscendo tale politica come un motore per migliorare la qualità dell’ambiente e contribuire alla creazione di un’identità locale in edifici pubblici, strade e parchi. Il report redatto dall’Arts Council Percent-for-Art teering Group, infatti, riporta: “Percent-for-Art is the method of making sure that art and craft of high quality is part of the environmental heritage we leave behind”60. Sebbene l’arte pubblica abbia avuto un’enorme fortuna negli ultimi vent’anni - un successo confermato dalla creazione di importanti piattaforme on line come Public Art Online61 o di progetti di committenza ancora oggi di rilievo, quali Platform for Art o Art on the Underground62, pensata per trasformare gli spazi di attesa e di passaggio della città in luoghi di incontro con l’arte nel 2005 le politiche del “percento per l’arte” a Londra interessano ancora una proporzione minima di 12 quartieri su 3263. VI. Dalla fine degli anni sessanta e i “percent-for-art schemes” in USA, in Canada e in Australia La politica del “percento artistico” si diffonde quasi contemporaneamente e con le stesse modalità della Gran Bretagna negli Stati Uniti e in Canada. La critica è concorde nel dare a tali programmi un ruolo di massima rilevanza nell’ambito della nascita dell’arte pubblica64. La prima ordinanza risale al 1959, quando il Philadelphia’s City Council promuove il programma Aesthetic Ornamentation of City Structures65. Nel corso di tutti gli anni sessanta le opere d’arte contemporanea, grazie alla progressiva diffusione di questa politica nei differenti stati, regioni e amministrazioni locali, arricchiscono piazze, edifici, parchi e ospedali. In breve, infatti, simbolo di queste politiche e Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 49 O LT R E L ’ I TA L I A : CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL dell’importanza che assumeranno - confermata dalla moltiplicazione dei “percent-for-art programs” in ogni paese della Confederazione diventerà La Grand Vitesse (1969) di Alexander Calder situata sulla piazza antistante il municipio a Grand Rapids nel Michigan. Passata alla storia come la prima opera di arte pubblica statunitense, commissionata nel 1967 dalla NEA (National Endowment for the Arts)66, la scultura monumentale viene finanziata per 45.000 dollari mentre 83.000 sono destinati alla commissione giudicatrice, al trasporto e alla sua costruzione. Un altro momento fondamentale che caratterizza i primi anni di espansione della politica di committenza pubblica è quello della già citata vicenda di Tilted Arc, l’opera di Richard Serra installata a Lower Manhattan, New York nel 1981 e rimossa nel 1989. Sebbene la scultura in COR-TEN dall’andamento curvilineo fosse stata commissionata nell’ambito dell’Artsin-Architecture Program dell’U.S. General Services Administration67, attraverso l’investimento dello 0.5 percento del costo dell’edificio federale e della piazza antistante (Federal Plaza), la pubblica opinione, condizionata soprattutto dall’opposizione degli utilizzatori degli uffici e della piazza, si batte - nell’illusione di rispettare i bisogni del presunto “pubblico” destinatario dell’opera - per la sua rimozione. Gli inizi controversi di questa politica non hanno fatto che aumentare l’interesse e contribuire al miglioramento dei programmi di finanziamento pubblico statunitense. Dal 1967 al 2005 sono 31 i paesi che hanno aderito e applicato nuovi piani di “percento artistico”. Il primo stato ad adottarlo sono le Hawaii con il cosiddetto Art in Public Places Program del 196768, creato allo scopo di: enhance the environmental quality of state public buildings and spaces throughout the state for the enjoyment and enrichment of the public; cultivate the public’s awareness, understanding “PERCENTO A RT I S T I C O ” and appreciation of visual arts in all media, styles and technique; contribute toward the development and recognition of a professional artistic community; and acquire, interpret, preserve and display works of art expressive of the character of the Hawaiian Islands, the multicultural heritage of its people, and the various creative interests of its artists69. Tra gli anni settanta e ottanta le legislazioni e i programmi di “percent-for-art” si moltiplicano, come conferma Tom Finkelpearl in Dialogues in Public Art: Through selected firsthand accounts, Dialogues in Public Art chronicles a period in which artists, administrators, and communities have reinvented the field of public art. Since modernism effectively segregated art to the museum context, there was no recent tradition to draw upon when hundreds of Percent for Art laws were enacted across the United States in the 1970s and 1980s. Suddenly, there was a funding source for contemporary art at practically every firehouse, park, library, and government office building in the country, interest in large-scale projects at corporate headquarters, and a number of nonprofit organizations dedicated to sponsoring public art projects. For better or worse, a new professional category had emerged70. Secondo Finkelpearl, direttore del Percent for Art Program di New York tra il 1990 e il 1996, la reintroduzione dell’arte nella città, dopo il lungo periodo di isolamento nel museo proprio del modernismo, coincide, a livello burocratico, con quello che lo stesso autore definisce movimento del “percento per l’arte”. Questo si articola in differenti legislazioni e programmi municipali - se ne sono contati 350 nel 201571 - da quali prendono vita numerose operazioni artistiche. Emblematico è il caso dell’Ohio (1990), che ha promosso l’acquisizione e l’installazione di più di cento opere in venticinque anni attra- 49 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 50 A L E S S A N D R A P I AT T I verso la devoluzione alle agenzie di stato preposte a tale compito di una percentuale pari all’1 % del costo dell’edificio. L’applicazione della legge coinvolge la costruzione o il rinnovamento di edifici pubblici, comprendendo tuttavia anche gli spazi circostanti (parchi, marciapiedi, ponti, ferrovie) mentre i singoli committenti, gli enti governativi per i quali l’opera è commissionata, sono università, college, dipartimenti preposti all’agricoltura, alla salute, alla pubblica sicurezza, etc.72. Diversamente dalla politica italiana, quella statunitense estende la sua operatività all’ambiente urbano “to give the public access to the best art of our time outside of museum walls”73. Gli scopi sono molteplici: to the ongoing desire to identify who we are, beautifies, contributes to social change, shocks, excites, challenges social conventions, has meaning, educates, inspires, celebrates and remembers, draws us together, envisions new paradigms and crosses disciplines, and is a catalyst for change74. 50 Il grado di adattabilità e di estensione della legge non solo si manifesta a livello ambientale, ma caratterizza anche le tecniche e i media artistici scelti per la produzione dell’opera, facendo emergere - soprattutto per le difficoltà di mantenimento di lavori realizzati con materiali variabili e instabili - un aggiornamento maggiore rispetto ad alcuni paesi europei. Le forme d’arte previste per il “percento per l’arte” statunitense rientrano in “all forms of original creations of visual art”75: (a) Paintings, including all media and both portable and permanently affixed works of art such as murals; (b) Sculpture, including bas-relief, high relief, mobile, fountain, kinetic, environmental, electronic, and in-the-round sculpture (c) Prints, calligraphy, clay, drawings, stained glass, mosaics, photographs, fiber and textiles, wood, metal, plastics and other materials or combinations of materials; (d) Mixed media, including any combination of forms of media76. Conferma tale apertura l’Università di Cincinnati che nel 1996 chiama Nam June Paik per la creazione di un’opera site specific per le gallerie espositive del College of Design, Art, Architecture and Planning (DAAP), progettato da Peter Eisenman77. Per tale spazio l’artista coreano concepisce Cinci-Mix (1997), una videoinstallazione a tre canali composta da un muro di monitor che proiettano in loop differenti video creati a partire dall’immaginario dell’artista e inframmezzati da immagini di archivi, database, estratti del lavoro e della vita universitaria degli studenti, e da informazioni su Eisenman. Tra gli undici interventi realizzati per i diversi edifici dell’Università di Cincinnati, l’opera di Paik è l’unica che utilizza media non tradizionali. Tuttavia, la sfida lanciata dall’artista in termini di conservazione e mantenimento della sua opera viene colta appieno dal College trasformandola in un esemplare caso di studio. Nel 2007, a un anno dalla morte dell’artista, sei monitor smettono di funzionare e l’opera viene tolta dall’esposizione e spostata nei depositi dell’edificio, in attesa di trovare una soluzione sia a livello economico sia a livello di rispetto dell’intento dell’artista e della funzione dell’opera - per la sua manutenzione, documentazione e conservazione. Inizia così la discussione, attraverso l’organizzazione di un simposio internazionale, Nam June Paik and the Conservation of Video Sculpture, sulle modalità di preservazione di Cinci-Mix e, in particolare, sulla possibilità di conciliare la sua conservazione con la funzione originaria per la quale è stata concepita, quella di dialogo con lo spazio e con i suoi utenti, gli studenti78. L’esempio di Cincinnati fa emergere una delle maggiori problematiche relative alle opere realizzate in applicazione del “percento per l’arte”: il mancato aggiornamento riguardo alle modalità di finanziamento di opere di natura variabile, la cui sostenibilità futura in termini di conservazione, sostituzione e riattiva- Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 51 O LT R E L ’ I TA L I A : CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL zione, deve necessariamente essere prevista nel momento della sua assegnazione. Contemporaneamente agli Stati Uniti anche il Canada nella prima metà degli anni ’60, introduce un programma di finanziamento dell’arte pubblica, il Fine Art Program del 1964, coordinato da un dipartimento dedicato specificatamente alle opere d’arte pubblica, attraverso una misura governativa che riserva una percentuale dei costi di realizzazione di un edificio per la creazione di opere che tengono conto dell’architettura interna ed esterna e degli spazi a essa adiacenti, nonché della vocazione del luogo e della tipologia di fruitori. Il programma - che prevede che “one-percent of the construction costs of new public-access federal buildings would be allocated for works of art-and that those works would be integrated with the architecture” al fine di “give Canadians a sense of quality in their environment”79 - si inserisce in una politica culturale orientata sempre di più, fin dagli anni ottanta, verso l’arte pubblica. In seguito all’Expo di Vancouver del 1986, che aveva lasciato un notevole numero di interventi artistici su scala urbana, la città inizia a concepire un programma di promozione, di organizzazione e di gestione dell’arte pubblica che sfocerà, in una prima versione, nel Vancouver Public Art Program del 1991, successivamente revisionato e aggiornato nel 200880. Tale programma si sviluppa parallelamente al Percent for Art Program coinvolgendo non solo la pubblica amministrazione ma anche i privati costruttori, ai quali si chiede la commissione di un’opera d’arte per la collettività da collocarsi negli spazi pubblici adiacenti all’edificio o il versamento di una quota al fondo per l’arte pubblica. Il successo di una politica come quella canadese che agisce su una più ampia sensibilizzazione trova maggiore riscontro se si confrontano i risultati di un’indagine condotta in Québec, la prima regione canadese che ha adottato tale ordinamento: secondo un recente bilancio, infatti, “PERCENTO A RT I S T I C O ” dal 1961 al 2007 le opere create in ottemperanza a tale misura, sono circa 2.60081. Se la storia della nascita e dell’applicazione delle politiche del “percento per l’arte” in Canada può essere assimilabile, in termini cronologici, a quella statunitense è l’Australia il paese che ha più di recente introdotto questa tipologia di finanziamento pubblico. Dal 1989 a 1997 il governo dell’Australia occidentale ha applicato un Percent for Art Scheme coordinato dal Ministerial Taskforce on Public Art (1988-1997) basato su due obiettivi chiave: “Improve the quality of the built environment and value of public facilities” e “Identify and create new professional and economic opportunities for West Australian artists”. Accanto a questi il programma si propone di: Establish new design partnerships between artists, architects and other professionals; Create new opportunities for community expression; Enliven and enhance public buildings and spaces; Heighten a public profile for the arts; Enhance the tourist potential of our towns and cities; Increase employment opportunities for West Australian artists; Increase public awareness of the value of art and design; Further the integration of contemporary art and daily life82. VII. Il “percento artistico” oggi: alcuni nodi problematici condivisi Le criticità manifestate dagli ordinamenti di “percento per l’arte” sono molteplici. Esistono tuttavia numerosi benefici, riconosciuti internazionalmente, che permettono a queste politiche, non solo di continuare a essere applicate, ma anche di essere promosse e di trovare un’identità all’interno della formula arte pubblica. Accanto a quelli più manifesti, quali l’integrazione tra arte e architettura e la valorizzazione dell’arte contemporanea, tale politica è divenuta, negli anni, una modalità di riconoscimento per gli artisti. L’apparato concorsuale, infatti, che soprattutto 51 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 52 A L E S S A N D R A P I AT T I 52 in molti paesi europei è previsto per accedere all’assegnazione dell’incarico, apre numerose possibilità per realizzare opere pubbliche anche ad artisti che non appartengono ai circuiti esclusivi del mercato dell’arte. Nonostante la diffusione del “percento artistico” e il suo progressivo riconoscimento a livello internazionale - che ha visto non solo una continuità di tale politica di committenza ma addirittura un aumento degli interventi da essa finanziati - sono le problematiche e le criticità a rimanere al centro del dibattito internazionale e nazionale: la modalità di selezione degli artisti e, di conseguenza, la scelta dei membri della commissione, il mantenimento della qualità dei progetti, la pigrizia, a volte, degli enti territoriali di competenza. Tra i problemi che tali legislazioni hanno fatto emergere, pare rilevante soffermarsi su questioni che hanno coinvolto maggiormente l’opinione pubblica e la critica internazionale, creando dei veri e propri casi di studio utili al più ampio dibattito sull’arte pubblica. Il primo riguarda lo scarto che si crea tra cittadini, committenza e artista che cambia, attraverso la sua opera di natura permanente, la percezione dello spazio urbano. È il caso della già citata distruzione dell’opera di Richard Serra, Tilted Arc, e della conseguente controversia legale, o del caso di Piazza, il progetto mai realizzato per Weimar di Daniel Buren. Tilted Arc ha, infatti, portato alla luce tutte le maggiori questioni e problematiche relative all’arte pubblica, al suo sistema di finanziamento, ai suoi destinatari e a chi ha il diritto di determinare il valore di un’opera e la sua funzione. “I don’t think it is the function of art to be pleasing” “Art is not democratic. It is not for the people83” afferma Serra in risposta alle accuse rivolte al suo intervento anche da esponenti della cultura internazionale come Arthur Danto: The public has an interest in the existence of museums, but it also has an interest in not having all of its open spaces treated as though they were museums, in which aesthetic [i.e., private] interests rightly dominate. The delicate architectural sitting of Tilted Arc in Federal Plaza ignores the human realities of the place. Were he not blind to everything but the aesthetic, Serra could learn something about human orientation to space and place. Standing where it does, Tilted Arc is the metal grin of the art world having bitten off a piece of the public world, which it means to hold in its teeth forever, the public be damned84. Se gli esempi appena citati aprono ulteriori problematiche legate alla violazione dei diritti autoriali e alla temporalità dell’intervento, altri riflettono sul grado di fruibilità dell’opera d’arte in edifici ad accesso limitato, sulla sua funzione didattica ed educativa che ha portato alcune nazioni a delegare proprio al Ministero dell’Educazione il compito di sovrintendere le ricerche relative al “percento per l’arte” (cfr. in questo saggio: Il caso francese). Oggi il “percento per l’arte” si apre, infine, al finanziamento di progetti dal carattere variabile o non permanente anche grazie all’intervento di agenzie fondate ad hoc per la gestione dell’iter produttivo dell’opera e della sua complessa manutenzione e documentazione. Agenzie “cuscinetto” che hanno la funzione di rendere più agile il dialogo tra la macchina burocratica dello stato, l’artista, la sua opera e il fruitore/utilizzatore. NOTE: 1 Cameron Cartiere, Coming in from the Cold. A Public Art History, in Cameron Cartiere, Shelly Willis (a cura di), The Practice of Public Art, Routledge, London, New York 2008, p. 8. 2 L’arte pubblica è stata oggetto in questi anni di numerosi studi diacronici e sincronici, di convegni internazionali, di networks partecipativi online, di progetti, di residenze d’artista e di premi. Tra i maggiori critici impegnati da anni nel dibattito sull’arte pubblica si ricorda Claire Bishop, professore di arte contemporanea presso la City University of New York; cfr. Claire Bishop, Inferni artificiali. La politica della spettatorialità nell’arte partecipativa, a cura di Cecilia Guida, Luca Sossella Editore, Bologna 2014 (ed. or. Artificial Hells: Participatory Art and the Politics of Spectatorship, 2012). 3 Per maggiori informazioni su tale progetto si rimanda, in Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 53 O LT R E L ’ I TA L I A : CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL questo volume, al contributo di Paola Valenti; cfr. a.titolo (a cura di), Nuovi Committenti, Arte contemporanea, società e spazio pubblico, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2008. 4 Julia Lossau, Tree Planting. The Use of Public Art as Social Practice, in Julia Lossau, Quentin Stevens, The Uses of Art in Public Space, Routledge, New York 2014, p. 84. 5 Martin Zebracki, Art Engagers: What Does Public Art Do to Its Publics? The Case of the ‘Butt Plug Gnome’, in Lossau, Stevens, The Uses of Art in Public Space, cit., 2014, p. 168. 6 Elisabetta Cristallini (a cura di), L’arte fuori dal museo. Saggi e interviste, Gangemi editore, Roma 2008. 7 Henry Lydiate, Percentage for Art, Come gather round people, Wherever you roam, in “Art Monthly”, June 1982, n. 57, p. 35. Lydiate, Visiting Professor di Art Law presso la University of the Arts di Londra, è stato colonnista della rivista “Art Montly”. Gli articoli estratti da questa rubrica attiva dal 1976 sono oggi tutti raccolti e pubblicati all’interno della sezione ArtLaw della piattaforma inglese Artquest (consultabile online all’indirizzo http://www.artquest.org.uk/articles/view/percentage-for-art, data ultima consultazione: 30 gennaio 2015). 8 Faye Carey, A Fine Public Art & Design Education, in Cartiere, Willis, The Practice of Public Art, cit., 2008, p. 109. 9 Ibidem. 10 Ibidem. 11 L’Expert Meeting, composto da varie organizzazioni europee che si occupano di “percento per l’arte”, organizzato dall’Atelier HSL (High Speed Line South Studio) in collaborazione con l’Atelier Rijksbouwmeester (Chief Government Architect’s Studio), si è tenuto il 26 e il 27 settembre 2005. 12 Cfr. European Expert Meeting on Percentage Scheme, Report of the Expert Meeting 26/27 September 2005, (http://www.publicartonline.org.uk/resources/reports/percentforart/expert_me eting_index.php, data ultima consultazione: 25 ottobre 2015). 13 Ibidem. 14 Il convegno Duexcento. Poetiche e politiche dell’arte nell’architettura si è svolto presso lo IUAV di Venezia il 6 luglio 2004; una copia del dossier è conservata presso l’Archivio d’Arte Contemporanea - AdAC dell’Università degli Studi di Genova. 15 Claudia Collina (a cura di), Il percento per l’arte in Emilia Romagna. La legge del 29 luglio 1949 n.717: applicazioni ed evoluzioni del 2% sul territorio, Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia Romagna, Editrice Composilori, Bologna 2009. 16 Ivi, pp. 249-257. 17 Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Circolare 28 maggio 2014, n. 3728, Circolare in merito alle modalità di attuazione della legge 29 luglio 1949, n. 717 e ss.mm. e ii. «Norme per l’arte negli edifici pubblici», G.U. Serie Generale n. 133 del 11 giugno 2014. 18 Nel 2015, ad esempio, sono stati organizzati due eventi di rilievo nell’ambito del tema del “percento per l’arte”: la Fondazione OAT (Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Torino) ha organizzato presso la propria sede il corso Una questione difficile: tra arte pubblica e legge del 2 per cento, Torino, 2 e 9 aprile 2015; nel “PERCENTO A RT I S T I C O ” settembre 2015 in occasione del Forum dell’arte contemporanea italiana organizzato presso il Centro Luigi Pecci di Prato, un tavolo di discussione, coordinato da Cecilia Guida, è stato dedicato alla Famigerata e invisibile: la legge del 2% (http://www.forumartecontemporanea.it/tavoli/famigerata-einvisibile-la-legge-del-2, data ultima consultazione: 25 febbraio 2016). 19 Per la politica culturale degli anni trenta in Italia, cfr. Vincenzo Cazzato, Istituzioni e politiche culturali in Italia negli anni Trenta, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 2001, vol. 1. 20 Per le progressive modifiche della L.717/49 si rimanda alla Timeline legislativa contenuta in questo volume alla p. 36. 21 Cfr. Achille Bonito Oliva, La metropolitana di Napoli. Nuovi spazi per la mobilità e la cultura, Electa, Milano 2000; Giovanna Cassese (a cura di), La conservazione dell’arte pubblica in Italia. Il caso del metrò dell’arte a Napoli, Arte’m, Napoli 2011. 22 Concorso per la selezione di due opere d’arte da collocare presso il MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo di via Guido Reni in Roma, G.U. Serie 4a Speciale concorsi, n. 80 del 14 ottobre 2008. 23 I vincitori sono stati selezionati da una commissione giudicatrice composta dal Direttore generale PARC, da un rappresentante del Provveditorato interregionale per le OO.PP. per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna, dal Soprintendente alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, dall’architetto progettista Zaha Hadid, dagli artisti Alfredo Jaar e Giuseppe Penone, e dal critico d’arte Mario Codognato. 24 Altri musei italiani, quali il romano MACRO e il Museo d’Arte Moderna di Bologna (MAMbo), già ospitano degli interventi di tipo installativo realizzati in applicazione del “percento per l’arte”: nel primo caso si tratta di Rope di Arthur Duff e di Orizzonte Galleggiante di Nathalie Junod Ponsard, nel secondo di AA.VV. (Autori Vari) di Eva Marisaldi. Per una disamina più approfondita della vicenda concorsuale bolognese si rimanda al contributo di Dede Auregli, IdeARTe per la Manifattura delle Arti di Bologna, in Collina 2009, pp. 111-118. 25 Per approfondire il dibattito nato in Italia negli anni trenta si veda il contributo di Paola Valenti. 26 Definitivo variamente anche “1 % culturel” o “1 % decoratif”. 27 La “Circulaire du 1 er Décembre 1972” modifica le procedure di applicazione dell’“1% artistique” negli istituti di formazione prevedendo la possibilità di devolvere l’1% anche a interventi estesi nello spazio pubblico. Cfr. L’Art, c’est le plus court chemin de l’homme. A vérifier au cours d’une balade découverte des ouvres d’art dans la ville, Service Valorisation du patrimoine, Villeneuve d’Ascq 2012, p. 4 (http://www.villeneuvedascq.fr/introduction_art.html, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016). 28 Legge n. 663 del 22 luglio 1983, completata dalla Legge n. 8 del 7 gennaio 1983 «relative à la répartition de compétences entre les communes, les départements, les régions et l’Etat». 29 “Il semblerait que les collectivités territoriales aient tendance à ne pas affecter à la création artistique 1% des budgets de construction ou d’extension des bâtiments scolaires des lors que le travaux n’interviennent pas strictement dans le 53 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 54 A L E S S A N D R A P I AT T I 54 cadre d’un transfert de compétence de l’Etat”, in Jean Vincent, Droit des arts visuels: contrats d’auteurs, Editions Lamy, Paris 2010, p. 114. 30 L’Art, c’est le plus court chemin de l’homme…, cit., 2012. 31 Il quadro e le modalità di applicazione del 1% artistico francese sono definite dal Decreto n. 2002-667 del 29 aprile 2002 modificato dal Decreto n. 2005-90 del 4 febbraio 2005. La circolare del Ministero della Cultura e della Comunicazione del 16 agosto 2006 precisa la procedura (Circ. 16 agosto 2006, relativa all’applicazione del decreto n. 2002-667 del 29 aprile 2002 relativo all’obbligo di decorazione delle costruzioni pubbliche, modificato dal decreto n. 2005-90 del 4 febbraio 2005). 32 Vincent, Droit des arts visuels…, cit., 2010, p. 114. 33 Philippe Régnier è l’autore di un catalogo dedicato alle grandi realizzazioni del 1% artistico francese concepito in occasione dei 60 anni della legge. Cfr. Philippe Régnier, Cent 1%, Les Editions du patrimoine, Paris 2012. 34 Le più recenti “Journées du 1 % artistique, de l’école à l’enseignement supérieur” sono state organizzate dal Ministero dell’Educazione nell’autunno 2015. 35 D. 2002/677. 36 Marianne Homiridis, Perrine Lacroix, L’art contemporain dans les espaces publics. Territoire du Grand Lyon 1978/2008, édition La BF15, Lyon 2008. 37 Consultabile online all’indirizzo http://www.rhone-alpes.culture.gouv.fr/cp/site_html/pres.html, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016. 38 Su questa operazione l’opinione pubblica ha aperto un ampio dibattito sulla stampa locale e nazionale. Al centro della polemica è stata, come in altre occasioni legate alla committenza pubblica e al divario tra qualità dell’intervento artistico e ricezione da parte della cittadinanza, la consistenza dell’importo destinato a un intervento ritenuto di semplice decoro urbano. Tra questi per esempio si rimanda a: Daniel Buren et les polémiques, in «La nouvelle republique», 31 luglio 2013, (http://www.lanouvellerepublique.fr/Indre-et-Loire/Communautes-NR/n/Contenus/Articles/2013/02/04/Daniel-Buren-leretour, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016). 39 Kunst am Bau, http://www.bbr.bund.de/BBR/DE/Bauprojekte/KunstAmBau/kunstambau_node.html, data ultima consultazione: 29 febbraio 2016. 40 Cfr. Beate Mielsch, Die historischen Hintergrunde der “Kunstam-Bau” – Regelung, in Volker Plagemann (a cura di), Kunst im offentlinchen Raum. Anstoße der 80er Jahre, DuMont, Koln 1989; Uwe Lewitzky, Kunst für alle?: Kunst im öffentlichen Raum zwischen Partizipation, Intervention und Neuer Urbanität, Transcript, Bielefeld 2005. 41 Nancy Kienholz in Walter Hopps, Edward &Nancy Redding Kienholz, in “Grand Street”. Portfolio 7, n. 69, Berlin Summer 1999, p. 185. 42 Ibidem. 43 L’iter burocratico e amministrativo si è concluso con la bocciatura dell’opera da parte del Consiglio comunale di Weimer. Cfr. Draganovic, La Piazza mai costruita – un fallimento di successo, in Cristallini, L’arte fuori dal museo…, cit., 2008, pp. 92-107. 44 Ibidem. Come per altri paesi anche le radici della politica finlandese del “percento per l’arte” sono da collocare tra gli anni venti e trenta del Novecento. 46 Paivi Kyllonen-Kunnas, Percent-for-Art Policy and Contemporary Art Care and Conservation-Restoration in the City of Oulu Art Collections, in “CeROArt”, n. 8, 2012 (consultabile online all’indirizzo https://ceroart.revues.org/2847, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016). 47 KORO (http://koro.no/, data di ultima consultazione: 17 gennaio 2016). 48 Nel 1951 il Consiglio dei Ministri approva una nuova normativa definita “the ruling for the decorative dressing of governmental buildings”, in Huib Haye van der Werf, ‘Expert Meeting’, in Tanja Karreman, Janine Schulze (a cura di), PRESENT Percentage for Art in the Netherlands 2004-2006, Jap Sam Book, Heijningen 2007, p. 22. 49 Mels Crouwel, Foreword, in Karreman, Schulze, PRESENT Percentage for Art…, cit., 2007, p. 5. 50 Ibidem. Come risulta dalla pubblicazione qui citata, le opere progettate ed eseguite nell’ambito di questa politica sono di varia natura: progetti relazionali, fotografici, installativi e mediali. 51 L.16/1985, Art. 68, “Patromonio Histórico Español”. 52 Ibidem. 53 Orden CUL/596/2005, del 28 febbraio 2005, “por la que se publica el acuerdo de la Comisión Interministerial sobre los criterios de coordinación de la gestión del 1% cultural”. 54 Real Decreto 1893/2004, del 10 settembre 2004, “por el que se crea la Comisión Interministerial para la coordinación del 1% cultural”. L’anno successivo l’Orden CUL/596/2005, del 28 febbraio 2005, esplicita i criteri con i quali tale commissione dovrebbe agire per gestire tale compito. 55 Ivi, p. 3. 56 Faye Carey, A Fine Public Art & Design Education Learning and Teaching Public Art, in Cartiere, Willis, The Practice of Public Art, cit., p. 109. 57 Malcolm Miles, Art Space and the City: Public Art and urban futures, Routledge, London 1999, p. 5. 58 Van der Werf, ‘Expert Meeting’, cit., 2007, p. 24. 59 Phyllida Shaw, Percent for Art: A Review, AN Publications, London 1993. 60 In un volume pubblicato nel 1990 dall’Arts Council allo scopo di persuadere le autorità locali ad adottare tali politiche si esplicitano gli obiettivi dei programmi di “percento per l’arte”: “To make a place more interesting and attractive. To make contemporary arts and crafts more accessible to the public. To highlight the identity of different parts of a building or community. To increase a city’s/county’s/or company’s investment in the arts. To improve the conditions for economic regeneration by creating a richer visual environment. To create employment for artists, craftspeople, fabricators, suppliers and manufacturers of materials, and transporters. To encourage closer links between artists and craftspeople and the professions that shape our environment: architecture, landscaping, engineering and design. Cfr. Arts Council, n. 16, 1991. 45 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 55 O LT R E L ’ I TA L I A : 61 CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL Dal 2000 Public Art SouthWest è diventata una delle maggiori risorse online di arte pubblica. 62 Consultabili online all’indirizzo: http://art.tfl.gov.uk/, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016; cfr: Tamsin Dillon, Platform For Art: Art On The Underground, Black Dog, London 2007. 63 Cartiere, Willis, The Practice of Public Art, cit., p. 246. 64 Cfr. Jeffrey L. Cruikshank, Pam Korza, Going Public: A Field Guide to Developments in Art in Public Places, Arts Extension Service, University of Massachusetts, Amherst 1988; Tom Finkelpearl, Dialogues in Public Art, MIT Press, Cambridge 2000; Miles, Art Space and the City: Public Art and urban futures, cit.; Cartiere, Willis, The Practice of Public Art, cit.; Lossau, Stevens, The Uses of Art in Public Space, cit. 65 Finkelpearl, Dialogues in Public Art, cit., p. 20. 66 Cruikshank, Korza, Going Public..., cit. 67 Nel 1972 viene stabilito il programma “The Government Services Administration (GSA) Art in Architecture”, richiedendo lo 0.5% dell’importo previsto per la costruzione degli edifici federali. 68 Gordon Chang, Mark Dean Johnson, Paul J. Karlstrom, Sharon Spain, Greg Robinson, Asian American Art: A History, 1850–1970, Stanford University Press, Palo Alto 2008, e in “Journal of American Ethnic History”, vol. 30, n. 1 (FALL 2010), pp. 112 - 115. 69 State of Hawaii. Hawaii State Foundation on Culture and the Arts (http://sfca.hawaii.gov/art-in-public-places/purposehistory/, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016). 70 Finkelpearl 2000, p. viii. 71 Percent-for-Art Programs, Public Art Network, (http://www.americansforthearts.org/sites/default/files/pdf/2013/by_pr ogram/networks_and_councils/public_art_network/PublicArtAdvocacy_talkpnts.pdf, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016). 72 State of Ohio Percent for Art Legislation (http://www.oac.state.oh.us/grantsprogs/percentforart.asp, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016). “PERCENTO A RT I S T I C O ” 73 Suzanne Lacy, Mapping the terrain. New Genre Public Art, Bay Press, 1994, p. 22. 74 Cartiere, Willis, The Practice of Public Art, cit., p. 2. 75 Si veda per questo lo Statuto dell’Ohio: Percent for Art, Title 33, Chapter 3379, Section 3379.10. 76 Ibidem. 77 Sul ruolo dell’università come committente si rimanda a: Marjorie Garber, Patronizing the Arts, Princeton University Press, New Jersey 2008. 78 Steven Rosen, Preservation Overhaul. Video sculpture is art you can watch, but how do you save it?, April 13th, 2011, (consultabile on line all’indirizzo http://citybeat.com/cincinnati/article-23082preservation-overhaul.html, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016). 79 Cfr. Intégration des arts à l’architecture et à l’environnement: bilan 2004-2007, Ministère de la Culture, des Communications et de la Condition féminine du Québec, avec la collaboration de la Direction des relations publiques, p. 9, Gouvernement du Québec, 2008. 80 Per maggiori informazioni si consulti il Vancouver Public Art Program (http://vancouver.ca/files/cov/CulturePlanPhase1-PublicArt-Review-Plan.pdf, data ultima consultazione: 29 febbraio 2016). 81 Ibidem. Integrating Views. A Review of the State Government’s Percent for Art Scheme, Department of Culture and the Arts, 2002-2003 p. 1, (consultabile online all’indirizzo www.dca.wa.gov.au/Documents/Developing%20Arts%20and%20Culture/Spaces%20and% 20Places/Percent%20for%20Art/Dev%20Arts%20and%20Cult_ Spaces%20and%20Places_Percent%20for%20Art_Integrating%2 0Views.pdf, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016). 83 Richard Serra in Richard Serra’s Tilted Arc, in “Flashpoints”, PBS (consultabile online all’indirizzo: http://www.pbs.82 org/wgbh/cultureshock/flashpoints/visualarts/tiltedarc.ht ml, data ultima consultazione 17 gennaio 2016). 84 Arthur Danto, The State of the Art, Prentice-Hall Press, New York 1987, pp. 93-94. 55 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 56 DEMATERIALIZZAZIONE E RI-MATERIALIZZAZIONE DELL’OGGETTO D’ARTE NELL’EDIFICIO E NELLO SPAZIO PUBBLICO Francesca Bulian 56 La bellezza è un valore impalpabile che nessuna nazione del mondo sente più pesante, materiale dell’Italia: nel dopoguerra, con un territorio mutilato nel profondo, lo Stato italiano da poco repubblicano sancisce che la bellezza rappresenta un patrimonio del nostro paese, da tutelare e valorizzare. Lo fa attraverso il nono articolo della Costituzione – che indica nel patrimonio storico-artistico e paesaggistico un bagaglio identitario della nazione, da proteggere – e anche attraverso la legge numero 717 promulgata nel 1949, la cosiddetta “legge del 2%”, tutt’oggi in vigore se pur con modifiche, il cui proposito è quello di supportare artisti contemporanei nell’ideazione di nuove opere decorative con la finalità di “abbellimento” dell’edificio pubblico. Una decisione per nulla scontata: nel primo dopoguerra, anziché accantonare istanze che potevano apparire persino “accessorie” rispetto ai bisogni più impellenti della ricostruzione e urbanizzazione, lo Stato ribadisce invece, a livello ufficiale, l’importanza del ruolo della decorazione artistica all’interno di un’architettura1. Seguire la storia della “legge del 2%” in Italia significa anche indagare la natura dell’arte dal punto di vista delle istituzioni contemporanee. Già dall’inizio del novecento si era delineata una cesura spesso netta tra l’architettura e la sua decorazione artistica: se nei secoli precedenti erano sovente fuse in un unico progetto, nell’ideazione di un “oggetto artistico” dotato di stile che era l’edificio stesso – chiesa, palazzo, torre –, nel novecento divengono due forme di espressione non necessariamente unite e, anzi, un’intera scuola di pensiero predilige l’idea estetica di un manufatto in cui la bellezza stia proprio nell’assenza di decorazione. Il Razionalismo architettonico, infatti, prende le mosse precisamente dall’idea di una struttura che risponda solo ai bisogni pratici della collettività, trascurando ogni aspetto superfluo2. In questa accezione, il concetto di “decorazione” assume una connotazione negativa, di surplus che non aggiunge niente all’opera e, anzi, rappresenta il contrario esatto di utilità, primo obiettivo da raggiungere3. Emerge qui il primo dato significativo da osservare: le nuove architetture edificate in Italia nel primo trentennio del dopoguerra sono, nella maggior parte dei casi, costruite nel solco di un male interpretato razionalismo e, pertanto, esauriscono la loro natura estetica nella loro stessa funzione, in una sintesi portata a estreme conseguenze4. Eppure, lo Stato Italiano decide di affiancare al progetto dell’architetto e degli ingegneri il lavoro creativo di un artista, chiamato attraverso un concorso pubblico quasi a “sigillare” l’edificio finito con la sua opera. Due figure professionali diverse, quindi, che si rivelano quasi in antagonismo: la razionalità dell’architetto contro la creatività dell’artista preposto alla decorazione. In Liguria, in effetti, buona parte delle opere realizzate in applicazione delle “legge del 2%” prese in esame si avvicinano più all’arte pura che all’arte applicata. Solo in rari casi, come in quello del palazzo degli uffici statali del Provveditorato alle Opere Pubbliche delle regioni Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 57 Lombardia e Liguria in viale Brigate Partigiane 2 (schede nn. 18a e 18b), si ottiene l’effetto di integrare l’esteso mosaico nell’ambiente architettonico in modo sia decorativo che funzionale, poiché esso scandisce il succedersi dei vari piani del palazzo. Capita, però, molto più spesso che le opere d’arte, pur pregevoli, create grazie alla cifra stanziata dallo Stato si manifestino nel risultato come entità non omogenee col contesto: a Genova ne sono un esempio la scultura marmorea Orfeo di Lorenzo Garaventa (Genova, 1913 - 1998) al CEP di Prà5 (scheda n. 7), il Chirone di Enzo Vicentini (Castelbelforte, 1921 - Milano, 2011) nell’atrio della scuola media Galeazzo Alessi a Pegli (scheda n. 5), il mosaico (di cui non è rimasta testimonianza certa rispetto all’autore e all’eventuale titolo) nello scalone d’atrio dell’ex Istituto Casaregis di Sampierdarena (scheda n. 28), e molti altri tra quelli schedati. Opere che, pur mutando il contesto in cui sono ospitate, non entrano in piena relazione con esso, tanto da poter essere prelevate dalla loro collocazione e spostate in uno scenario differente senza difficoltà o perdita di contenuto. L’Orfeo di Garaventa, per esempio, è stato traslato in Largo Alessandro Pertini nel corso dell’inverno 2014 in occasione di una mostra dedicata all’artista dal Museo dell’Accademia Ligustica: la diversa possibilità di fruizione, invece di compromettere l’opera, si è rivelata funzionale alla sua valorizzazione. Anziché “decorazioni”, dunque, diverse opere del 2% appaiono come manufatti “ospiti” negli uffici pubblici, che si risolvono in se stessi anziché legarsi al contesto. La responsabilità di questa mancanza di integrazione tra l’opera decorativa e l’edificio non è interamente da attribuirsi agli artisti: molti di loro eseguivano solo quanto richiesto nel bando. La “legge del 2%” stessa parla di “inserimento” dell’opera d’arte nell’edificio, un inserimento che non avviene in parallelo alla sua costruzione ma è prevista in un secondo momento, dopo la conclusione del progetto o persino a lavori terminati. In numerosi casi, inoltre, il bando definiva nello specifico quale avrebbe dovuto essere l’aspetto dell’opera da realizzarsi: le dimensioni, la posizione all’interno della struttura, la tecnica e il materiale da impiegarsi. Queste, per esempio, le indicazioni fornite dal bando di concorso per la scuola media Alessandro Volta in via Cornigliano 9 a Genova: L’opera d’arte può essere costituita o da pannello in mosaico o ceramica, o da bassorilievo marmoreo raffigurante un soggetto di libera composizione attinente alla funzione educatrice della scuola e deve essere eseguita e resa in opera su di una parete murale interna dell’edificio, le cui dimensioni sono: 2,69 di lunghezza e 2,78 di altezza6. Tali requisiti tecnici sono fedelmente rispettati dall’opera vincitrice, il mosaico del romano Saro Mirabella (Catania, 1914 – Roma, 1972), realizzata nel 1968 e tutt’ora visibile nell’atrio dell’istituto (scheda n. 6). Nel bando per la scuola Alessi di Pegli, sempre degli anni sessanta, si legge: L’opera può essere costituita da una scultura, in marmo o pietra, ovvero anche in bronzo o ferro, da collocarsi sul fondo dell’atrio di ingresso, in angolo con l’ampia finestratura protetta da grata che affaccia sul lato piazza Bonavino7. In questo, come nella maggioranza dei casi, viene stabilito a livello preliminare quale sarà la collocazione specifica dell’opera, spesso relegata in parti dell’edificio molto ridotte e delimitate. Appare chiaro, perciò, che lo strumento legislativo messo a punto dallo Stato, pur chiamando in causa i concetti di “decorazione” e “abbellimento”, non guardava più ai tempi in cui la norma era l’armonia tra scheletro e guscio dell’edificio, al punto da attendersi una decorazione della superficie integrale e omo- 57 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 58 58 genea allo stesso, ma si limitava a finanziare l’inserimento di opere che erano, quantomeno, facilmente de-contestualizzabili in caso di un ripensamento e, comunque, non essenziali al completamento dell’“oggetto architettonico”. Questo limite non si riscontra, ovviamente, in tutti i 2% realizzati in Liguria, ma sicuramente è una tendenza dominante nell’applicazione della legge: nel momento in cui lo Stato afferma l’importanza dell’opera d’arte, afferma anche a livello di sottotesto l’esatto contrario, ossia la necessità che essa non sia di interferenza alla realizzazione fisica e stilistica dell’edificio, ovvero la sua alterità rispetto a esso. Un dato di estremo interesse è l’indicazione, nei bandi di concorso, del materiale da utilizzare: in molte occasioni si tratta di materiali pregiati, dotati di per sé di un valore economico, esattamente quantificabili nel peso, nel numero e nel costo. Anche quando la scelta è lasciata all’artista, il bando suggerisce le opzioni possibili: marmo, pietra, bronzo, ferro; tutti materiali “pesanti” e, sopra a ogni cosa, classici. Nel 1949, quando la legge è stata redatta, non era in alcun modo prevedibile la rivoluzione che, di lì a poco, avrebbe radicalmente trasformato la natura stessa dell’arte, in tutto il mondo: sarebbe stata proprio la materia l’entità che avrebbe perso progressivamente centralità nel fare artistico, divenendo in molti casi povera, industriale o persino assente. La seconda metà degli anni sessanta – il medesimo periodo in cui vengono realizzati, sempre come esempio, il mosaico (privo di titolo ma abbinato al motto La forza del toro in sede concorsuale) di Mirabella, il Chirone di Vicentini e l’Orfeo di Garaventa – coincide con il momento storico di consacrazione dell’Arte Concettuale e di tutti quei movimenti artistici che mettevano al centro delle opere non un oggetto, ma un’azione, un processo, un’idea, la comunicazione e il linguaggio. Negli anni immediatamente seguenti la critica americana Lucy Lippard scrive un saggio decisivo, Six Years: the Dematerialisation of the Art Object from 1966 to 1972, che individua nei sei anni indicati dal titolo il momento di passaggio dall’arte intesa come produzione di oggetti all’arte come atto intellettuale8; seguiranno testi redatti da critici autorevoli come Rosalind Krauss, Jack Burnham, Jacob Lillemose e da artisti-teorici come Joseph Kosuth, Lawrence Weiner e Hans Haacke, tutti accomunati dalla volontà di dimostrare come l’opera d’arte si concretizzasse ormai come un’azione di matrice intellettuale, mutevole e in profonda relazione con l’ambiente circostante. Non si tratterebbe più, quindi, di monadi separate dal loro contesto e dotate di “aura”, come invece, nelle intenzioni, le opere del 2% continuano a essere. Si genera perciò un doppio binario in cui un modo di fare arte diventa il calco negativo dell’altro: in un caso l’arte è processo intellettuale, in comunicazione con l’ambiente e destinata a interferire con esso, nell’altro è manufatto spesso finalizzato alla pura decorazione, misurabile e nettamente quantificabile, “gravante” nella sua identità materiale. Ovviamente non si sta affermando che nelle opere realizzate col contributo del 2% sia assente una natura intellettuale: si nota, però, come essa non venga mai enunciata né sia un fattore preso in considerazione dallo Stato, laddove il solo scopo è “l’abbellimento”. Il lemma finisce per apparire, contro ai propositi di chi nel 1949 lo scelse, come un termine anacronistico, in profondo conflitto con l’identità dell’arte del secondo novecento. Da molto tempo essa non ha come obiettivo il “bello”, meno che meno l’abbellimento di qualcosa che è altro rispetto a sé. Inoltre, nonostante la legge riguardi l’arte negli edifici pubblici, gli esiti risultano molto distanti rispetto a quell’arte in relazione con lo spazio e con la collettività che caratterizza le forme espressive degli anni sessanta e settanta. Qualche esempio di interazione con lo spazio si presenta marginalmente in alcuni edifici pubblici Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 59 liguri; in particolare, per quanto riguarda il ponente genovese, le opere di Giambattista Valdieri Pestelli (Genova 1925) nel Liceo scientifico Enrico Fermi a Sampierdarena - tre rivestimenti in ceramica per una parete e una colonna e un altorilievo in pietra di Finale per la facciata esterna, realizzati nel 1970-72 - hanno il pregio di riuscire a trasformare almeno in parte l’ambiente della scuola attraverso iconografie astratte che rimandano al mondo organico e naturale (schede nn. 25a e 25b). Anche in questo caso, nella contabilità preliminare alla realizzazione delle opere finanziate con il 2%, le parole usate sono “sistemazione scultorea e architettonica del pilastro esistente nell’atrio principale del liceo Enrico Fermi con bassorilievi in materiale pregiato”9. Ancora una volta viene conferita molta importanza al valore economico del materiale da impiegarsi, facilmente quantificabile nel computo. Tuttavia, fin dal bando di concorso del 196910, si presenta agli artisti la possibilità di lavorare a un progetto leggermente più esteso, che coinvolge più ambienti della scuola e consente, perciò, di fornire un seppur moderato apporto stilistico all’aspetto dell’edificio tramite l’intervento artistico. Un altro esempio di buona integrazione dell’opera 2% nello spazio è l’opera realizzata per il Cimitero dei Pini Storti di Sestri Ponente (via Sant’Alberto 44): inizialmente il primo bando di concorso su Gazzetta Ufficiale del 1989 richiedeva un genere di opera più convenzionale rispetto a quella che poi sarà effettivamente realizzata, ovvero una “croce di bronzo dell’altezza di circa ml 4,50 e larghezza circa ml 3,50”, senza indicazioni più specifiche sulla futura collocazione della medesima. Il concorso avrà uno sviluppo travagliato tanto che l’effettiva risoluzione di una commissione giudicatrice – di cui erano membri anche Aurelio Caminati e Raimondo Sirotti, artisti che avevano a loro volta realizzato opere a destinazione pubblica – arriverà solo nel 2003, con l’assegnazione dell’intervento all’artista Adriano Leverone. L’opera eseguita, dal titolo Dalla terra al cielo (scheda n. 14), è lontana dall’idea della croce proposta in prima battuta, poiché il monolite di bronzo privo di braccia è una figura più allusiva, un’allegoria naturale e allo stesso tempo trascendentale della Resurrezione, dove la dimensione celeste è rappresentata da una culminante forma ovoidale e dorata11. La collocazione dell’opera è, in questo caso, la tappa finale del progetto di ampliamento del cimitero a opera di Guido Veneziani intrapreso negli anni ottanta, in cui era stato lasciato un apposito spazio vuoto sulla cima di un frontone che fungeva da confine simbolico tra la zona storica del cimitero e quella nuova. In questo caso, dunque, nonostante l’iter burocratico tormentato che porta al concreto inserimento, l’opera di Leverone è pensata già da principio come elemento coerente al progetto architettonico. Il Liceo Fermi e il Cimitero dei Pini Storti offrono due diversi esempi di più decisa interazione con lo spazio, anche se neppure in questi casi si arriva a entrare in rapporto con una viva dimensione ambientale e, in primo luogo, “pubblica”. Le opere del 2% vivono, inoltre, in un ulteriore paradosso: la loro specificità dovrebbe essere l’inserimento nello spazio pubblico ma, anche per le ragioni sopra esaminate, esse non arrivano a instaurare un autentico dialogo con la collettività, facendo così venire meno uno degli aspetti caratterizzanti la rivoluzione artistica post-anni sessanta che ricercava invece un’arte aperta alla comunicazione col “pubblico”, nelle varie accezioni del termine12. Le opere del 2% sono opere raccolte attorno alla loro natura materiale, tradizionali nella loro essenza, incastrate in un limbo irrisolto tra passato e presente. Non appartengono più alle arti decorative che regalavano integrità, finitezza e identità a un oggetto architettonico, ma neanche all’arte “pura” a loro contemporanea, che pone invece il medium in un piano subalterno rispetto agli aspetti comunicativi dell’idea, con uno spirito totalmente opposto a quello del “materiale pregiato”. 59 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 60 60 Proprio negli anni sessanta e settanta l’arte “pura” sta uscendo dallo “spazio di conforto” del museo per scendere letteralmente nelle strade, nei luoghi pubblici e quotidiani: dopo che la Pop Art aveva portato nelle sale delle gallerie immagini appartenenti all’immaginario “basso” dei mass media, l’artista concettuale Joseph Kosuth (Toledo 1945) compie il procedimento opposto: affigge manifesti pubblicitari di grande formato nelle strade delle città per “esporre” le sue Investigation: Art as Idea as Idea, opere linguistiche che usano definizioni tratte dal dizionario, precedentemente presentate sulle pareti museali e, in un secondo momento, pubblicate su giornali e riviste, in un graduale e spiazzante passaggio tra luoghi dell’arte e luoghi della vita pubblica13. Non vi è più traccia della volontà di “abbellire” lo spazio pubblico, quello che conta è la sua potenzialità come luogo di scambio intellettuale, come agorà. Lo stesso principio vale per gli edifici: che siano musei, come accade nei Real Time System di Hans Haacke, o lo spazio dell’università, come in Windham College Pentagon del 1968 di Douglas Huebler (Ann Arbor, 1924 - Cape Cod, 1997), le opere degli artisti concettuali sono sempre aperte alla comunicazione – con la vita sociale nel caso di Haacke, con i luoghi della natura nel caso di Huebler. In maniera ancora più esemplare aveva proceduto l’americano Allan Kaprow (Atlantic City, 1927 - Encintas 2006) che nei tardi anni Cinquanta aveva inventato il concetto di happening dal quale avevano avuto origine nuove modalità espressive così descritte dal critico americano Jack Burnham: gli happening stabiliscono una indivisibilità tra se stessi e la vita di tutti i giorni; consciamente evitano materiali e procedure identificate come arte; consentono ampiezza e mobilità geografica; includono esperienza e durata come parte della loro struttura estetica; ed enfatizzano attività pratiche come i più significanti metodi di procedimento14. Gli happening si svolgevano nei luoghi della comunità, prevedevano una relazione tra le persone e con l’ambiente, e oltre a interagire con esso lo condizionavano: come sottolinea Burnham vi è una scelta precisa di non impiegare materiali, né tecniche, tradizionalmente artistiche. Una tendenza che coinvolgerà anche altre manifestazioni come la performance, l’arte processuale in senso lato, l’arte linguistica caratteristica del Concettuale15. Tutto ciò è l’esatto opposto di ciò che viene riconosciuto come “arte pubblica” a livello ufficiale. In Italia, poi, il legame con la materia dell’arte appare ancora più vincolante di quanto avvenga in altre nazioni del mondo, Stati Uniti in primis: lo stesso movimento italiano dell’Arte Povera, pur mostrando una profonda connessione con gli aspetti concettuali che negli anni Sessanta stavano pressoché ovunque conducendo alla de-materializzazione dell’opera d’arte, è sensibilmente legata alla materia e alla tecnica che gli artisti impiegano. Così come sono più pressanti che in altri paesi i movimenti di ritorno alla figuratività negli anni ottanta. Durante il novecento, a partire dalle ricerche di Marcel Duchamp, l’arte ha visto progressivamente venire meno non solo la materia in sé ma il valore, la centralità conferita alla materia, culminata nell’impiego dei nuovi strumenti tecnologici, soprattutto digitali; a fronte di tale processo l’Italia ha sempre dimostrato una forte volontà di spinta nell’opposta direzione, una tenace materializzazione e ri-materializzazione dell’arte, forse sulla base della radicata convinzione che un’opera d’arte abbia nella sua natura fisica la sua identità, che sia appunto un “patrimonio” e come tale misurabile, vendibile, delimitato nello spazio e, possibilmente e col nostro apporto, non soggetto all’influenza del tempo. La legge del 2% è, perciò, uno specchio anche psicologico del rapporto del popolo italiano con l’idea, a volte preconcetta, di cosa sia Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 61 “creare arte”: plasmare, manipolare materia per far scaturire un oggetto, la cui sola presenza garantirebbe un miglioramento estetico – e anche morale – di un progetto architettonico. Eppure, proprio l’arte immateriale ha dimostrato a più riprese di essere in grado di mutare radicalmente anche l’apparenza di uno spazio collettivo. Soprattutto gli artisti americani hanno saputo realizzare in spazi pubblici del nostro paese, profondamente connotati in senso storico e culturale, opere emblematiche: si pensi a I linguaggi dell’equilibrio, l’opera che Joseph Kosuth allestì nel 2007 in occasione della Biennale di Venezia nell’Isola di San Lazzaro degli Armeni e che prevedeva una scritta al neon di 150 metri disposta su diverse parti dell’architettura del complesso monumentale16; oppure al lavoro di Dan Flavin (New York, 1933-1996) nella Chiesa di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa a Milano dove l’opera d’arte, attiva dal 1996, è l’illuminazione degli interni del luogo sacro: una luce che muta colore e allude al mondo metafisico. Opere semplici nelle loro concezione – il linguaggio da una parte, la luce nell’altra, ove il medium è aspetto secondario – e che pure si dimostrano capaci di integrarsi con l’architettura, nella sua dimensione ambientale, come un tempo facevano le arti decorative quando rientravano in un progetto che traguardasse l’obiettivo dell’unità stilistica e comunicativa. Le opere pubbliche poste in essere dall’applicazione della “legge del 2%” raramente raggiungono tale obiettivo: come già evidenziato sono spesso semplici inserzioni di oggetti artistici, spesso confinati in luoghi secondari dell’architettura e privati di ogni possibilità comunicativa. Agli artisti, nondimeno, viene spesso chiesto di realizzare opere che, nell’iconografia, rimandino alla città e alla funzione specifica dell’edificio ed è pertanto interessante valutare, dal punto di vista storico-artistico e culturale, in che modo i differenti artisti abbiano ottemperato a tale richiesta: alludendo a modelli classici con materiali però innovativi, come accade con il Chirone di Vicentini – personaggio mitologico che inerisce proprio al tema dell’istruzione dei fanciulli –, realizzato con metallo industriale di recupero; eludendo il soggetto attraverso soluzioni allegoriche, come negli esempi citati di Pestelli e Leverone; rappresentando figurativamente attività umane legate strettamente allo scopo dell’edificio pubblico, come accade nel palazzo di Viale Brigate Partigiane oppure nel palazzo sede delle società sportive e federazioni di canottaggio sulla Fascia di Rispetto di Prà, costruito negli anni 2000. In quest’ultimo caso, i quattro pannelli a bassorilievo dipinti da Pietro Millefiore (Genova, 1956) mostrano proprio canottieri in gara ma la tecnica e il materiale sono abbastanza inediti per un 2%, poiché si tratta di modellatura del cartone applicata sul pannello, ricoperta di resina acrilica e infine colorata. I pannelli vengono apposti nel 2004 sulle porte d’ingresso del bar dell’associazione, in una posizione scarsamente illuminata, e sono testimonianza di una maggiore apertura anche in sede ufficiale verso i “nuovi media” artistici – seppur sempre indiscutibilmente legati a una natura estremamente materiale dell’opera (scheda n. 38). Una legge nata con l’intenzione, tra le altre, di dare supporto agli artisti mette perciò in risalto, involontariamente, le innumerevoli contraddizioni di un paese che vede sì, in essi, i potenziali artefici del proprio patrimonio in divenire ma che, tuttavia, non può fare a meno di collocarli in una posizione subalterna rispetto alle esigenze strettamente pratiche, finanziarie, industriali17. Ciò risulta particolarmente palese se si guarda agli anni del boom economico, periodo in cui la gran parte delle istituzioni culturali italiane non si era mostrata davvero interessata a guardare a ciò che stava accadendo all’arte internazionale, alle prese con una messa in discussione dalle sue fondamenta, e si era limitata a sponsorizzare un’idea astratta e tradizionale di oggetto artistico come “bene d’acquisto”. 61 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 62 62 E se, da un lato, l’arte immateriale delle neoavanguardie è stata destinataria, in Italia, di una diffusa ostilità, dovuta alla sua presunta cripticità e ai suoi presupposti anti-estetici, le opere del 2% non godono di fatto di una sorte migliore: gli esempi descritti sono quelli più felici, poiché l’opera è stata comunque realizzata, seppure in tempi lunghi, mentre molti sono i casi occorsi in cui si è preferito rinunciare a fare eseguire un lavoro artistico, ripiegando, come consentito dalla legge, sull’acquisto di opere già pronte; non di rado, inoltre, la legge è stata del tutto disattesa oppure le controversie sorte intorno alla sua applicazione hanno dato vita a contenziosi che ancora devono essere risolti. In ogni caso, le opere del 2% rappresentano un pezzo di storia italiana, una testimonianza diretta e tangibile della convergenza tra diverse forze in gioco: l’ideologia, l’architettura, gli iter legali e burocratici e la storia personale degli artisti che, grazie a questi concorsi, nutrivano l’aspirazione che il loro operato creativo venisse riconosciuto e anche retribuito dallo Stato. L’importanza storica di queste opere è stata, fino ad ora, sottovalutata, al punto che molta documentazione risulta distrutta o dispersa, nonostante la realizzazione relativamente recente degli interventi. Diventa importante, perciò, oltre allo studio approfondito e all’azione di schedatura che la Regione Liguria ha finalmente reso possibile, una futura valutazione riguardo alla loro “sopravvivenza” che preveda eventuali provvedimenti di monitoraggio, protezione e restauro, trattandosi di manufatti che, in quanto “ospiti” in luoghi pubblici, sono particolarmente esposti a danneggiamenti: si veda, ad esempio, la scultura in marmo di Carrara Halexe di Antonino Cerda (Agrigento 1955), composta da tre elementi geometrici a tutto tondo e creata per la fontana dei giardini “Ex Elah” a Genova Prà; l’opera, realizzata nel 2002, appare già compromessa da innumerevoli graffiti, mentre la fontana stessa non è più funzionante da tempo (scheda n. 37). Il rischio più concreto che queste opere corrono è quello di diventare “oggetti invisibili” proprio per molte delle ragioni qui trattate: la loro natura di opere intrinsecamente materiali è diventata paradossale concausa della loro difficoltà a essere veramente presenti nell’ambiente che occupano. Nonostante ciò, esse sono parte significativa del percorso artistico di molti artisti italiani del Novecento, i quali lavorando nel contesto dell’applicazione della “legge del 2%” potevano misurarsi con i vincoli della committenza pubblica, arrivando in alcuni casi a realizzare interventi di non trascurabile interesse. Le opere del 2% fungono anche da contraltare e termine di paragone importante nello studio dei movimenti artistici di natura differente a loro contemporanei: l’evoluzione della legge, i modi e tempi della sua applicazione concreta corrono su una linea parallela a quella delle manifestazioni artistiche che si presentano nel nostro paese nel corso degli stessi decenni. Lo studio dell’una è utile a una definizione maggiore dei contorni dell’altra e offre a chi voglia analizzare la storia dell’arte italiana del dopoguerra un tassello che non deve mancare. NOTE: 1 Cfr. Manfredo Tafuri, Storia dell’architettura italiana (19441985), Einaudi, Torino 1986, pp. 41-51. 2 Cfr. Pasquale De Meo, Maria Luisa Scalvini, Destino della città: strutture industriali e rivoluzione urbana , Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1965. 3 Cfr. Manfredo Tafuri, Teoria e critica nella cultura urbanistica italiana del dopoguerra, in La citta territorio. Un esperimento didattico sul Centro direzionale di Centocelle, Leonardo da Vinci Editrice, Bari 1964, pp. 39-40. 4 Cfr. Vittorio Franchetti Pardo (a cura di), L’Architettura nelle città italiane del XX secolo. Dagli anni Venti agli anni Ottanta, Jaca Book, Milano 2003, pp. 29-30. 5 Franco Sborgi, Lorenzo Garaventa, catalogo della mostra (Genova, Museo di S. Agostino 11 novembre 1992 - 15 gennaio 1993), Tormena, Genova 1992. 6 Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, cartella “Pratica espletata con relativo collaudo”, documento del 2 maggio 1966 relativo al Bando di concorso nazionale ai sensi della legge 29 luglio 1949 n. 717 e della legge 3 marzo 1960 n. 237 per la creazione ed esecuzione di opera d’arte nel Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 63 nuovo edificio scolastico “A. Volta” sito in Genova via Cornigliano (scheda n. 6). 7 Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, cartella “Pratica espletata con relativo collaudo”, documento senza data relativo al Bando di concorso nazionale ai sensi della legge 29 luglio 1949 n. 717 e della legge 3 marzo 1960 n. 237 per la creazione ed esecuzione di opera d’arte del nuovo edificio scolastico adibito a scuola media nella Villa Doria a Genova Pegli; nella cartella sono contenuti altri documenti risalenti al biennio 1968-1969 (scheda n. 5). 8 Lucy R. Lippard, Six Years: The Dematerialisation of the Art Object from 1966 to 1972, Praeger, New York 1973. 9 Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, Fondo Legge 2%, cartella “Pratica espletata con relativo collaudo Genova Sampierdarena - Liceo “E. Fermi”, perizia del 13 luglio 1967 Mod. N. 454 A, Costruzione del Liceo Scientifico “E. Fermi” in Genova Sampierdarena - Computo delle opere d’arte di abbellimento ai sensi della Legge 29 luglio 1949, n. 717 modificata con la legge 3 marzo 1960, n. 237 (scheda nn. 26a e 26b). 10 Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, Fondo Legge 2%, cartella “Pratica espletata con relativo collaudo Genova Sampierdarena - Liceo “E. Fermi”, documento della Provincia di Genova del 15 novembre 1969 relativo al Concorso Pubblico per la progettazione ed esecuzione delle opere artistiche per la nuova sede del Liceo Scientifico “Enrico Fermi” in Genova Sampierdarena; il documento porta le firme di Carlo Pastorino (Presidente) e di Gastone D’Arin (Segretario Generale). 11 Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, Fondo Legge 2%, fascicolo illustrativo dell’opera intitolato Adriano Leverone – Dalla terra al cielo, cimitero dei Pini Storti di Sestri Ponente, Genova 2004 (scheda n. 14). 12 Boris Groys, Going public, Postmedia Books, Milano 2013, pp. 11-12. 13 John Bird, Michael Newman, Introduction, in John Bird, Michael Newman (a cura di), Rewriting Conceptual Art, Reaktion Books, London 1999, p. 17. 14 Jack Burnham, Systems Esthetics, in “Artforum”, a. VII, n. 1, settembre 1968, pp. 30-35. 15 Cfr. Marshall McLuhan, Il medium è il messaggio, Corraini Edizioni, Mantova 2011, (ed. or. The Medium is the Message. An Inventory of Effects, 1967), p. 63. 16 Joseph Kosuth, Languages of Equilibrium / I linguaggi dell’Equilibrio, Mondadori Electa, Milano 2009. 17 Cfr. anche Claudia Collina (a cura di), Il percento per l’arte in Emilia-Romagna. La legge del 29 luglio 1949 n. 717: applicazioni ed evoluzioni del 2 per cento sul territorio, Compositori, Bologna 2009. 63 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 64 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 65 Ricognizione Sul teRRitoRio vicende StoRiche dell’ApplicAzione dellA “legge del 2%” in liguRiA, RiceRcA documentARiA e SchedAtuRA degli inteRventi Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 66 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 67 P R OV I N C I A D I G E N OVA L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN PROVINCIA DI GENOVA Per un percorso attraverso rinnovamento urbano e decorazione pubblica a Genova tra gli anni ’50 e l’inizio del nuovo millennio Rocco Pietro Spigno La spinta urbanistico-architettonica impressa all’Italia negli anni problematici del regime fascista viene drasticamente interrotta dalla guerra e anche a Genova, come nel resto della penisola, il periodo del conflitto costituisce una dolorosa cesura anche per le vicende costruttive cittadine1. La ripresa di tali attività avviene verso la fine degli anni ’40, quando almeno i danni “riparabili” inferti dai bombardamenti si possono considerare in gran parte risarciti. Proprio in quegli anni, infatti, il Piano INA Casa dà avvio a una nuova urbanizzazione, offrendo nel contempo case per i lavoratori e rimedio alla dilagante disoccupazione. La produzione architettonica genovese degli anni ’50 è caratterizzata da una adesione massiva alle istanze razionaliste e funzionaliste espresse soprattutto nel riferimento alla ricerca internazionale di Gropius e Le Corbusier. Tuttavia, proprio in relazione al sopraccitato Piano, fioriscono in città situazioni differenziate, alcune delle quali di alto livello tecnico ed estetico, altre meno innovative e maggiormente conservatrici, come gli edifici INA Casa di San Teodoro, che fondano il proprio senso sull’idea della casa-torre, tipica del contesto genovese2. Una sintesi tra i più recenti stimoli funzionalisti e la tradizione locale è tentata da Giulio Zappa nell’ideazione delle Case Popolari di viale Teano, nelle quali la proporzionalità contenuta e l’accentuazione volumetrica essenziale costituiscono un legame con il territorio, mentre l’elevazione delle architetture su agili pilotis indica un evidente aggancio alla modernità e alla più avanzata ricerca europea. Di significato decisamente innovativo sono, invece, i quartieri INA Casa Bernabò Brea (1950-53)3, nonché quelli di Mura degli Angeli (1954-62) e di Forte Quezzi (1956-68). Nel primo Luigi Carlo Daneri, Luciano Grossi Bianchi e Giulio Zappa si dimostrano particolarmente attenti alla funzionalità degli edifici, ai servizi, al territorio, alla varietà estetica delle architetture gestite nella evidente contrapposizione tra pieni e vuoti e articolate in altezza in rapporto al parco con cui si mettono in dialogo. Nel secondo, progettato da Luigi Carlo Daneri per offrire alloggio a ottocento persone, l’esteso organismo architettonico trova ispirazione nell’Unité d’Habitation di Le Corbusier ed esteticamente è ritmato da pilastroni e lunghe cornici marcapiano, tra i quali trovano affaccio sul panorama cittadino tutte le abitazioni4. Forte Quezzi, infine, nasce destinato a un’utenza di cinquemila persone e alla sua progettazione concorrono Daneri, Fuselli, Morozzo della Rocca, Pateri, Pulitzer, Sibilla. L’idea originale e del tutto innovativa per la città è quella di assecondare, con la ciclopica estensione delle architetture, le curve orografiche del terreno, proponendo, come nel caso dell’edificio maggiore progettato da Daneri, l’idea 67 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 68 P R OV I N C I A D I G E N OVA 68 di una grande unità abitativa sul modello, come già avveniva a Mura degli Angeli, della Ville Radieuse di Le Corbusier5. In queste operazioni costruttive destinate a una fruizione popolare si esprime il gotha della progettazione architettonica cittadina, occupato contemporaneamente nella produzione di architetture di diversa funzione e destinazione. Così Daneri si distingue per la progettazione delle case signorili al Lido d’Albaro, con una rivisitazione di Le Corbusier modulata in rapporto al contesto paesaggistico di corso Italia, richiedente volumi calibrati. Le tre palazzine di quattro piani, sorrette da pilotis e disposte a U, evocano la struttura urbanistica della piazza del Mare, altrimenti detta Case Alte alla Foce, opera dello stesso architetto. Quest’ultima, fortemente apprezzata da Piacentini per l’organizzazione degli spazi, costituisce notevole esempio di adeguamento alle istanze della contemporaneità, nell’elaborazione di un modello architettonico e urbanistico perfettamente aderente alle istanze di un funzionalismo risolto nel rigore estetico6. Tra gli edifici più interessanti sorti in città poco oltre la metà degli anni ’50 vale la pena di ricordare, di diversa sostanza e sorprendente impatto estetico, il Palazzo già degli Uffici tecnici del Comune (1956-58) in via Amba Alagi, progettato, poco prima della guerra, da Robaldo Morozzo della Rocca, imponente costruzione il cui andamento perimetrale sinuoso costituisce elemento di sorpresa nel forte impatto volumetrico dei movimentati prospetti rivestiti in pietra di Finale. Dello stesso autore è d’obbligo ricordare, più tarda di qualche anno, Villa Ollandini (1958-62)7, cui si accennerà in seguito. Intanto si continuavano le opere pubbliche cittadine e la Fiera del Mare, opera di Daneri, Chiari, Braccialini, Mangiarotti, con il Palazzo dello Sport di Finzi, chiudono, obbedienti a un criterio di multifunzionalità e agile gestione degli spazi, il quinto decennio del secolo, fornendo occasione di promozione internazionale per la città. Tra le opere pubbliche di grande rilievo sono da ricordare le istituzioni museali: dall’albiniana rifunzionalizzazione dei Musei Comunali di Strada Nuova, che costituisce modello esemplare per l’Italia di quegli anni, al brano poetico di grande suggestione, concretizzato dallo stesso autore nel Museo del Tesoro di San Lorenzo, ricavato nella significativa penombra del sottosuolo del chiostro del palazzo vescovile e collegato alla cattedrale mediante un corridoio, favoloso e arcaico spazio, appena rischiarato dalla flebile luce degli inserti in vetrocemento, nel quale si incontrano simboli, storia, ricchezza e bellezza, in un gioco di contrappunto con la severa intelligenza dell’impianto a tholoi8. Mentre la città sta faticosamente riprendendosi dai disastrosi eventi bellici, la legge 717 del 1949 giunge a confortare la rinnovata architettura con interventi artistici, finanziati in rapporto al 2% del valore dell’immobile. Tali interventi sono destinati alle architetture pubbliche di cui la città, nel nuovo assetto urbanistico e architettonico, va punteggiandosi. Non è una novità per l’architettura essere accompagnata a situazioni di carattere artistico e decorativo: lo si era ben visto con la legge Bottai, durante il ventennio, quando la politica del regime aveva trovato nell’arte, alla quale si dava per cornice l’architettura, una degna alleata nei propri intenti propagandistici. Tali intenti trovano trasfigurazione e rinnovamento nella legge del 1949, in rapporto alla nascita e crescita di uno stato democratico che ha finalmente riconquistato e che vuole dimostrare, attraverso l’arte, libertà di giudizio e di espressione. Per dare corso alla legge, è necessario sottoporre i bozzetti dell’opera a una commissione ufficiale di cui fanno parte solitamente il Soprintendente ai Beni Mobili, il progettista dell’edificio, un rappresentante dell’Amministrazione pubblica e due rappresentanti degli artisti, i quali, attraverso una selezione che tenga conto della qualità dell’opera, del carat- Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 69 P R OV I N C I A D I G E N OVA tere di originalità, della congruenza del tema in rapporto alla destinazione d’uso del nuovo organismo architettonico, assegnano il lavoro a uno o più partecipanti alla selezione. I. Gli anni ‘50 tra rigore compositivo e occasione per ripensare la decorazione Circa gli esiti relativi alla decorazione pubblica genovese dagli anni ’50 in avanti, vale la pena di soffermarsi su alcune delle opere che hanno accompagnato l’applicazione della legge di cui sopra. A risarcire i danni inferti dai bombardamenti nei portici di Sottoripa sorgeva nei primi anni ’50 il Grattacielo delle Poste9, architettura costruita dalla romana Società Immobiliare Generale e poco amata dai genovesi, perché lontana dalla tradizione estetica della Ripa Maris, sebbene utile al risarcimento dei volumi che erano stati stravolti dal conflitto e capace di garantire, in termini di funzionalismo architettonico, le condizioni ideali per il lavoro che all’interno di esso doveva essere svolto. L’edificio, inoltre, recupera non solo l’idea della casa torre genovese, ma altresì si collega ai due grattacieli di recente tradizione cittadina (Piacentini e Rosso in Piazza Dante), attraverso il grande basamento a più piani, da cui si diparte l’elevazione dell’organismo architettonico, in maniera simile a quello che sarebbe poi accaduto nel grattacielo di Luigi Vietti per la Banca Popolare di Novara costruito nel 195910 e in quello della SIP, nato su progetto di Piero Gambacciani, Melchiorre Bega e Attilio Viziano tra il 1964 e il 1968. Il rigore compositivo della costruzione, basato sulla geometria pulita delle forme, si scompone nel portale d’accesso all’edificio, nel quale creano movimentazione chiaroscurale i sei rilievi di Giuseppe Tampieri11, raffiguranti le attività marine e terrestri legate al lavoro sul territorio. L’artista, fortemente ancorato alla tradizione figurativa, pone in sequenza, sugli stipiti del portone, la voca- zione marinara della città legata all’“esplorazione di terre lontane”, alla “pesca” e alle “attività portuali”; quindi “le attività agricole”, “l’artigianato” e “il lavoro industriale”. Il segno evidenzia forme materiche ed essenziali, che si stagliano su sfondi costellati di elementi decorativi ai quali si delega il compito di creare la suggestione chiaroscurale, richiamando attenzione ai rilievi. Non è ancora spenta in Tampieri l’eco della cultura novecentista, particolarmente evidente nelle figure umane e nei temi del lavoro dell’uomo, qui emblematici di progresso e libertà (scheda n. 1). Agli stessi anni (1953-57) risale l’intervento di Edoardo Alfieri12 a coronamento dell’edificazione del Porticato di S. Antonino, ultimo importante lotto del Cimitero Monumentale di Staglieno, all’interno del quale troveranno collocazione opere dei maggiori scultori italiani di quegli anni. Le statue di Alfieri, rappresentanti Fede e Speranza13, sono poste ai lati dell’accesso principale del porticato e, simbolicamente, sembrano dare avvio al clima artistico contemporaneo che caratterizza questa porzione cimiteriale (schede nn. 19a e 19b). L’artista, attento alla dinamica delle forme grazie a una giovanile esperienza futurista, fa del movimento uno dei propri stilemi compositivi, sia che operi all’interno di un sistema espressivo innovativo, sia che si esprima attraverso forme tradizionali come nel caso delle due statue in questione. La dimensione classico-naturalistica su cui si fondano le due opere acquisisce valenza spirituale nell’allungamento delle forme e nel lieve disassamento dei corpi che, attraverso la contenuta torsione dei busti, trova naturale conclusione nei volti orientati al cielo, testimoniando, attraverso tale gesto, certezze “altre” oltre il limite della materia. Il ricordo delle esperienze scultoree tardogotiche modula l’impostazione tradizionale delle statue che acquisiscono, anche grazie a ciò, senso compiuto proprio in rapporto al luogo per cui sono state concepite. 69 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 70 P R OV I N C I A D I G E N OVA 70 Lo stesso autore, nel 1954, si aggiudica il Concorso per i rilievi dell’atrio del Palazzo degli Uffici14 della Provincia di Genova, con un bozzetto ispirato al motto “La città del Sole”15. L’opera è costituita da sei rilievi raffiguranti le Opere pubbliche, l’Assistenza all’infanzia, l’Assistenza ai malati di mente da un lato e le Attività marinare, le Attività agricole e l’Istruzione pubblica dall’altro. I pannelli (scheda n. 2), in pietra di Vicenza, sono occupati da grandi ed essenziali figure, caratterizzate da una gestualità ritmica, che emergono da fondi poco lavorati. La dimensione classica dell’autore si esprime attraverso l’insistenza sulle forme umane, rese più evidenti dagli scarni interventi decorativi e da una sorta di geometrizzazione dei corpi. L’altorilievo offre possibilità espressive attraverso il dialogo fra la profondità delle ombre e le vaste porzioni di materia in piena luce. Nella più moderna e ampia strada genovese pensata da Marcello Piacentini a copertura del torrente Bisagno e costruita tra il 1923 e il 1930, si progetta, nel 1949, ad opera di Aldo Mattei16, l’edificio sede dell’Ufficio del Genio Civile. Di struttura cubica e ricoperto con lastre di travertino, conserva all’interno una serie di mosaici realizzati da Eugenio Da Venezia17 su progetto proprio e di Riccardo Licata18 (scheda n. 18a). I due mosaici del piano terra rappresentano la Città di Genova evocata nei suoi monumenti medievali più noti e il Porto con le sue strutture di servizio e le navi. Altri cinque mosaici trovano posto sulle pareti dei pianerottoli, tra un piano e l’altro dell’edificio, venendo a creare una fascia decorativa ascendente, incastonata tra le due verticali in vetrocemento da cui prendono luce le scale. Le tematiche dei mosaici sono attinenti alle attività ingegneristiche del Genio Civile e rappresentano, in sequenza, dal primo all’ultimo piano, l’Attività costruttiva, la Carpenteria lignea, lo Sbancamento, la Costruzione dei ponti, la Progettazione ingegneristica. Gli autori, di provenienza veneziana e dunque costituzionalmente addentro alle questioni musive, mantengono in questa impegnativa opera, la loro singola individualità. Da Venezia, incline alla dimensione paesaggistica di ascendenza postimpressionista, riassume in maniera esemplare l’ambiente cittadino e portuale, mettendo in evidenza la struttura articolata della città compressa tra mare e monti, nonché l’arco del porto con i suoi moli e le alte case che caratterizzano l’ambiente urbano circostante. Navi, gru e pontoni galleggianti in primo piano evocano il mondo del lavoro che gravita attorno alla città. Le altre scene sono più pertinenti allo stile di Licata, per quella dimensione ritmico musicale che caratterizza la sua arte di quegli anni. La gestualità insistita e ripetuta dei personaggi pare riferirsi, infatti, allo studio che l’autore aveva portato avanti sui gesti dei direttori d’orchestra, qui applicati alle attività lavorative nell’ambito della sfera ingegneristico costruttiva. L’iterazione dei gesti, così come di altri elementi della composizione - quali, ad esempio, i movimenti dell’acqua nella Costruzione dei ponti - sembra assumere valenza simbolica, confortata dalla bidimensionalità delle immagini, particolarmente cara ai maestri veneziani. Il programma decorativo dell’edificio si completa nei due rilievi in rame smaltato applicati a supporti in marmo rosa del Portogallo, collocati nella sala riunioni degli uffici al secondo piano. Le opere, realizzate da Idro Colombi nel 195519, rappresentano le attività legate al mare (scheda n. 18b). In questo rilievo realizzato dall’autore nella sua tarda maturità, con la collaborazione di Marisa Micca e altri componenti della Comunità artistica di Torino20, le figure umane mantengono un ruolo di primo piano nell’economia del racconto; esse, tuttavia, sono semplificate ed essenziali e la dimensione volumetrica, perseguita dall’autore nella prima fase del suo percorso, viene ora esaltata dagli inserti cromatici. Il tratto vivace si accompagna a forme dinamiche assemblate sopra la lastra marmorea, rese guizzanti dall’incidenza Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 71 P R OV I N C I A D I G E N OVA della luce e dal contrasto cromatico tra i rilievi e il loro fondo. Come si è detto più sopra, gli anni ’50 sono per Genova l’inizio di un intenso periodo di crescita urbanistica applicata allo sviluppo dei quartieri periferici e delle valli interne, costruzioni per lo più legate a esigenze abitative, in una città in cui si afferma sempre di più la dimensione industriale che si rivelerà, almeno fino agli anni ’80, traino dell’economia cittadina. La Val Bisagno, oltre ai modelli abitativi che ne popolano le colline e ne caratterizzano la geografia, si apre alla progettazione e all’edilizia di servizio. Rimesse per i mezzi pubblici, sottostazioni elettriche, impianti sportivi e, nel 1950, gli Uffici AMGA in via Piacenza, progettati da Renato Tassistro21, la cui cifra stilistica conduce ad una logica tra Razionalismo e Neoplasticismo, riportando altresì a De Klerk della Scuola di Amsterdam in un gioco tra volumi, spazi prospicienti la strada, forme morbide e curvilinee in dialogo con la squadratura della torre per uffici, utile a connotarne la forma che, di profilo, ricorda quella di una nave con la prua orientata verso mare. Nella sala deputata a refettorio, ora utilizzata come palestra, trovano posto, recentemente restaurati, i graffiti di Emanuele Luzzati22 e Dario Bernazzoli23, realizzati nel 1949, a completamento dei lavori di decorazione del complesso. I graffiti, su fondo color mattone che riprende il colore dominante del paramento murario esterno, raccontano la storia del lavoro da Adamo ed Eva alle industrie del ’900, mettendo in luce la funzione trainante delle attività umane descritte con segno gioioso, da leggersi in rapporto a un presente e a un futuro densi di promesse e positività24. Proseguendo un percorso che tenga conto della cronologia, è d’obbligo fare riferimento alle opere decorative nate in rapporto alla costruzione dell’edificio municipale di Recco. Esso costituisce il fulcro del nuovo assetto urbanistico della cittadina rivierasca dopo i disastri del secondo conflitto mondiale25 e si fa portatore di un funzionalismo pulito, addolcito appena dalla presenza di una balaustra marmorea a colonnine, che manifesta lontani echi storicistici. Gli interventi decorativi a rilievo sono affidati a Nanni Servettaz26 e raffigurano, in facciata, le Gioie dell’Uomo e il Lavoro, mentre all’interno, Biagio Assereto e Nicolosio da Recco. I due rilievi di facciata in pietra di Finale, datati 1955 e posti ai lati estremi della stessa, pur se risolti in un linguaggio di assoluta contemporaneità, manifestano evidenti e precisi richiami a opere antiche, tradotte in uno stile grafico accentuato, caratterizzato da profondi solchi delineanti il contorno delle figure poste in sequenza ritmica (scheda n. 42b). Una tavola bronzea a firma di Guido Galletti27, datata 1954, raffigurante San Giovanni Bono benedicente, porta in scena la città ricostruita, ponendo in evidenza, subito dietro alla figura del vescovo, la chiesa parrocchiale e il palazzo municipale all’interno del quale l’opera è contenuta. Nel proseguire un percorso ideale attraverso alcune tra le più significative opere di decorazione degli edifici pubblici nella provincia di Genova è interessante notare come sia stato possibile trovare applicazione della legge 717 del 1949 anche in Val Fontanabuona. Sebbene i documenti testimonino che il progetto decorativo per la scuola elementare e di avviamento professionale di Cicagna prevedesse in un primo momento l’esecuzione di grandi rilievi raffiguranti Minerva, la Madonna dei Miracoli, la Famiglia e i Miracolati e l’Allegoria dell’Industria e del Commercio reggente lo stemma di Cicagna, l’unica opera realizzata e tuttora presente all’ingresso dell’edificio è un rilievo in ardesia raffigurante la Famiglia, l’Agricoltura e l’Industria dell’ardesia, eseguito negli anni ’60 da Vittorio Tollo Mazzola28. L’opera entra nel merito della dimensione sociale e lavorativa della Val Fontanabuona e si esprime attraverso la solida plasticità dell’altorilievo, favorita da 71 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 72 P R OV I N C I A D I G E N OVA una adesione allo stile di Novecento, contaminato da una tendenza espressionistica di derivazione sudamericana (scheda n. 17). II. Arte per l’architettura tra novità e tradizione: gli anni ’60 72 Il decennio successivo è in buona parte caratterizzato dall’adeguamento delle infrastrutture e dalla costruzione di architetture di servizio pubblico, quali scuole e stabili per uffici; si apre altresì all’uso della prefabbricazione, sul modello di ciò che stava avvenendo anche nel resto d’Europa e all’impiego delle tecnologie più avanzate quali, ad esempio, l’uso della struttura in acciaio. A quest’ultima si riferiscono gli architetti Fera, Grossi Bianchi e Romano nella progettazione della Strada Sopraelevata (1961-1962) tra la Foce e Sampierdarena, infrastruttura destinata ad assorbire il traffico automobilistico nei collegamenti tra il centro e il ponente cittadino. La pesante struttura che fiancheggia per un lungo tratto le mura sul lato a mare (come un tempo facevano le terrazze di marmo) entra con prepotenza all’interno del tessuto storico urbano in prossimità del Mandraccio e prosegue frapponendosi tra la città e il suo porto, come facevano le antiche mura, fino a Sampierdarena, provocando una sorta di ingombro visivo tra i portici, gli edifici della Ripa e le loro viste sul bacino portuale, ma favorendo nel suo percorso aereo su due carreggiate indipendenti, ottenute con solette di cemento armato ancorate alla struttura metallica, l’approccio visivo con Genova e il suo anfiteatro di colline29. Negli stessi anni (1960-1967) si progetta, ad opera di Morandi e Cherubini, il Viadotto sul Polcevera, facendo appello alle ultime risorse tecnologiche e creando, grazie a cavalletti, stralli e tiranti, un ponte sospeso di grande estensione, duplicazione a grande scala di quello di analoga paternità alla Magliana. Il Piano Regolatore generale varato nel 1959 aveva esteso l’edificabilità a buona parte della superficie comunale, dando avvio a una fase di speculazione edilizia selvaggia e incontrollabile che non avrebbe tenuto conto della storia dei luoghi, della loro conformazione, della loro vocazione, producendo edifici di difficile accessibilità, privi di spazi vitali e di servizi indispensabili quali, ad esempio, garage e posti auto; edifici costruiti con materiali scadenti e per nulla curati nel loro aspetto esteriore. Il verde delle colline genovesi lascia forzatamente e velocemente il posto alla cementificazione indiscriminata del territorio con disastrose conseguenze estetiche e con pesantissime ripercussioni sul governo delle acque: nella furia edificatoria viene sottovalutato il problema del corretto incanalamento e del conseguente sbocco a mare dei rivi, causa prima dei ciclici disastri idrogeologici del territorio genovese, tristemente noti a tutti. A fianco di un’edilizia scriteriata e indirizzata esclusivamente al guadagno, perdura in città anche una pratica progettuale e costruttiva di pregio, attenta sia alle novità strutturali sia al territorio e alla sua storia. Dalla recente tragica storia bellica prende vita in Robaldo Morozzo della Rocca, l’idea di Villa Ollandini (1958-1962), poetico e indelebile ricordo di una tragedia, materializzato in uno dei più interessanti edifici genovesi di quegli anni, sorto sulle rovine di una precedente costruzione. Dallo squarcio inferto dal bombardamento nasce l’idea di una forma che diventi monito per la storia futura e insieme momento di emergenza estetica cittadina; dotato, per posizione geografica, di grande visibilità, risulta molto curato nei materiali in un contrappunto cromatico raffinato tra il rosa dei listelli in pietra proveniente dalle cave del Finalese, l’azzurro del cielo su cui l’edificio si staglia e la sinuosità traslucida delle grandi vetrate30. Ancora la Storia, rappresentata dalla tradizione costruttiva genovese, e i materiali della contemporaneità diventano protagonisti nella progettazione di Fera e Grossi Bianchi per l’Istituto Champagnat (1960-1962), il cui volume Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 73 P R OV I N C I A D I G E N OVA cubico sormontato da tetto a spioventi, ricorda modelli extraurbani presenti in zona, mentre la facciata si organizza nel rigore delle superfici scandite dalle geometriche e linearistiche strutture in cemento armato31. Romano e Olcese nel Palazzo di Giustizia (1962-1970) recuperano il cuore dell’antico Ospedale di Pammatone, facendo della ineccepibile ricostruzione dell’antico cortile porticato, lo spunto compositivo della costruzione realizzata con struttura d’acciaio32. Dei grandi complessi per uffici di quel periodo forse l’intervento di maggior significato è quello di Franco Albini per gli Uffici Comunali (19521962) ricavati assecondando la conformazione degradante del giardino alle spalle di Palazzo Tursi. I corpi terrazzati offrono le loro coperture per l’allestimento di giardini pensili mantenendo intatta, nella visione dall’alto, l’idea degli spazi verdi annessi ai palazzi storici cittadini33. Ancora Albini insieme a Franca Helg progetta il Complesso per Abitazioni e Uffici INA di Piccapietra inserendo, su una lunga piattaforma porticata, quattro edifici rettangolari con tetti a spioventi; l’impatto volumetrico dei quattro corpi di fabbrica viene potenziato dal rivestimento murario in pietra di Finale che diventa protagonista delle superfici rispetto al contenimento dimensionale delle aperture. Il Grattacielo SIP di Gambacciani, Bega e Viziano (1964-1968) ha il merito di essere il primo edificio alto più di 100 metri in cui sia stata applicata, in Italia, la struttura in acciaio. L’idea vincente di questa costruzione sta nell’aver differenziato, come era già avvenuto nei precedenti grattacieli cittadini, l’ampia base d’appoggio a più piani dalla vera e propria torre che da questa sorge, riuscendo così a inserire armonicamente all’interno del vecchio quartiere di S. Vincenzo, tramite il suo volume d’appoggio, il nuovo edificio34. Quanto alle prefabbricazioni sono da ricordare soprattutto gli interventi di Marco Dasso (1963-1964) nella Scuola di Corso Europa o in quella di via P. Reti a Sampierdarena (196566) nella quale l’autore sfrutta le possibilità modulari del sistema. In ultimo risulta impossibile ignorare, ad opera di Daneri e Fuselli, l’unità ospedaliera del Monoblocco di S. Martino, rimasto per molti anni modello insuperato di funzionalità per strutture sanitarie analoghe: importante presenza di quindici piani per quasi 200 metri di estensione che si staglia sulle alture di S. Martino, assecondando la curva orografica del terreno. Gli esempi più importanti di decorazione per l’edilizia scolastica genovese nella prima metà degli anni ’60 sono riconducibili alle opere di Sergio Selva, Elia Ajolfi, al Liceo Gian Domenico Cassini, Silvio Consadori, Guido Galletti, Giovanni Servettaz presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Genova. Una lettera dell’allora Soprintendente alle Gallerie, prof. Gian Vittorio Castelnovi, datata 27 novembre 1962, conclude l’iter concorsuale per la decorazione a mosaico dell’atrio dell’edificio liceale constatando che “la rispondenza delle opere stesse ai bozzetti a suo tempo presentati dall’artista e approvati dalla commissione giudicatrice del concorso” e prendendo atto “ […] che i lavori sono stati eseguiti con cura e regola d’arte” 35. Si dichiara, quindi, liquidabile l’opera del pittore Sergio Selva36 che consta di due mosaici per il valore complessivo di 3.500.000 lire. Come indicato dal bando provinciale, datato 24 luglio 1961, per “due mosaici artistici da collocare nella sede del Liceo Cassini”, i temi delle opere dovevano essere attinenti alla destinazione dell’edificio e trattare tematiche inerenti le Materie scientifiche nella scuola e la Scienza moderna (scheda n. 21a). Altalenanti tra un figurativismo bidimensionale e un astrattismo geometrico, i mosaici costituiscono degno arredo all’atrio d’ingresso dell’edificio, manifestando una vocazione alla contemporaneità, accattivante e di facile lettura, dunque adatta a un contesto formativo scolastico. La policromia che carat- 73 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 74 P R OV I N C I A D I G E N OVA 74 terizza le opere si pone in dialogo con lo spazio esterno dell’edificio, reso accessibile dalle importanti vetrate, attraverso le quali il variegato volto urbano circostante si disvela come uno degli elementi di ispirazione per l’artista. Espletate le pratiche concorsuali37, il 30 gennaio 1963 viene affidata allo scultore Elia Ajolfi38 la commissione per la realizzazione di tre altorilievi da collocarsi sulla facciata dello stesso edificio scolastico. Questi giungono a completare la decorazione della scuola e rappresentano l’Allegoria della Scienza, quella della Tecnica e, in un riferimento simbolico alla città di Genova, San Giorgio e il Drago (scheda n. 21b). I rilievi, in pietra di Borgio Verezzi, esprimono a pieno l’attitudine figurativa dell’artista, legata alle forme umane che qui hanno già subito una forte stilizzazione e un principio di deformazione anatomica, particolarmente accentuato dalla evidente sproporzione tra il limite delle lastre e le dimensioni delle figure stesse. Questa peculiarità espressiva agevola la leggibilità del rilievo, portando con forza all’attenzione dell’osservatore le forme che assumono valenza simbolica da leggersi in rapporto al luogo per le quali sono state concepite. La lastra raffigurante San Giorgio che uccide il Drago è invece da mettere in relazione con Genova, di cui il santo è protettore, riportando in auge un tema iconografico a lungo frequentato anche, come detto più sopra, come elemento decorativo esterno, dal tardo Medioevo in avanti. Nello stesso momento storico in cui si concludono i lavori per il Cassini, l’Università di Genova porta a compimento l’edificazione del secondo padiglione progettato da Riccardo De Maestri39 per la Facoltà di Ingegneria, nel quale si esprimono forme di chiara estrazione razionalista. Nell’atrio dell’edificio si trova un ampio e importante affresco il cui tema viene indicato nel bando di concorso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 4 maggio 1962 n. 114 come segue: “L’uomo e l’energia, considerando le energie naturali utilizzate dall’uomo quali l’energia mu- scolare, la forza degli animali, l’energia del vento, dell’acqua, del fuoco, dell’elettricità, della materia, nucleare”. Sul n. 240 della Gazzetta Ufficiale del 24 settembre 1962 viene pubblicato l’esito del concorso e il nome del vincitore, l’artista Giuseppe Silvio Consadori, per un compenso a corpo di 6.700.000 lire comprensivo di tutti gli oneri. Il 15 novembre 1962 il Ministero dei Lavori Pubblici rilascia una nota disciplinare contenente le norme e le condizioni per il conferimento al pittore Giuseppe Silvio Consadori40 dell’esecuzione dell’opera. Oltre all’importo di cui si è detto, viene specificato che al pittore spetta: “1) Fornitura dei cartoni della grandezza del vero dell’opera pittorica progettata nel bozzetto; 2) Esecuzione dell’arriccio con malta idonea sull’intonaco esistente; 3) Esecuzione dell’affresco previa esecuzione dell’intonaco adatto a ricevere l’opera pittorica”. L’articolo 3 del disciplinare stabilisce inoltre che “[…] l’opera dovrà svilupparsi senza soluzione di continuità e il tempo per dare ultimata l’opera artistica è fissato in mesi quattro continui e decorrenti dalla data del verbale di consegna […]”. Si prevede inoltre una penale di 2.000 lire per ogni giorno di ritardo, riservandosi il diritto, in caso di sospensione dei lavori, di sollevare l’artista dall’incarico. Il 15 marzo 1963 l’allora Soprintendente Gian Vittorio Castelnovi constata il “buon andamento complessivo del lavoro”, nonché le varianti rispetto al bozzetto che tuttavia non inficiano “il valore né il significato dell’opera”. Raccomanda inoltre che sia: “[...] accuratissima la finitura a encausto sia per fissare bene il colore, sia per proteggerlo dai sedimenti che si prevedono copiosi data la ruvidezza e la conseguente ricettività del supporto e delle puliture che saranno piuttosto frequentemente necessarie [...]”41. La peculiare abilità di gestire ad affresco grandi spazi consente a Consadori di affrontare con disinvoltura la prova genovese, per la quale pare preoccuparsi innanzitutto di rappresentare il territorio, tenendo conto del paesaggio nel Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 75 P R OV I N C I A D I G E N OVA quale egli stesso sta dipingendo; risulta, infatti, perfettamente riconoscibile la collina di Albaro connotata, al centro, da Villa Cambiaso, perla dell’architettura di villa genovese e sede della Facoltà a cui si deve la committenza dell’affresco. L’ambientazione, col profilo alto delle colline che si staglia sulla striscia turchina del cielo pare, inoltre, ricordare un dipinto particolarmente caro alla città, quel Trattenimento in un giardino di Albaro (1735) di Alessandro Magnasco che aveva testimoniato nel Settecento la bellezza e l’amenità del paesaggio in cui anche Consadori, duecento anni più tardi, trova ispirazione. Nell’affresco si celebra altresì la Genova moderna con gli alti palazzi sulla collina, si ricorda l’attività portuale, presenza forte che si impone con le alte prue delle navi affacciate sul limite inferiore dell’affresco, e il lavoro umile e faticoso dei suoi abitanti, facendo appello a un realismo classicheggiante che attraverso il ricordo di Novecento sembra risalire alle sorgenti del Rinascimento italiano. Non manca la celebrazione della Ricerca, tappa visiva necessaria per accedere alla contemporaneità, rappresentata in secondo piano dai missili pronti alla partenza (scheda n. 3b). Tecnicamente ineccepibile, l’opera nella gestione della grande spazialità fluisce armonica attraverso le sapienti pennellate dell’artista che lascia alla città una delle sue più sintetiche e singolari prove di moderno “frescante”. L’8 aprile 1963 l’opera è terminata e il 27 agosto dello stesso anno, il Soprintendente Castelnovi effettua la visita per il collaudo, firmandone il relativo nullaosta. Il “Verbale per la scelta di un bassorilievo in marmo bianco statuario destinato all’abbellimento artistico dell’edificio” relativo al completamento di un Padiglione della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova42, indica che: […] Oggi 15 gennaio 1964 il sottoscritto Ingegnere capo (Del Giudice n.d.r.) in concorso con il Prof. G.V. Castelnovi, Soprintendente alle Gallerie ed opere d’Arte della Liguria e l’Arch. Leonardo Bucci, progettista e direttore dei lavori, si è recato nello studio dello scultore Prof. Guido Galletti in Genova, Via Barsanti 2 r, onde procedere alla scelta per l’acquisto dell’opera di scultura destinata all’edificio in parola. I sottoscritti di comune accordo, decidono per l’acquisto di un bassorilievo in marmo statuario dello spessore di cm. 10 e delle dimensioni di cm. 190 x 90 con quattro figure rappresentanti la Parola, il Simbolo, il Disegno, il Modello; che dovrà essere collocata in opera sulla facciata dell’edificio in questione a destra dell’ingresso principale a cura e spese dell’artista. I sottoscritti decidono pertanto di comune accordo per l’acquisto e posa in opera cura e spese dell’artista della suddetta opera per il prezzo di Lire 850.000. Letto, confermato e sottoscritto dagli intervenuti43 […]. Nel rilievo eseguito per il nuovo Padiglione della Facoltà di Ingegneria la sintesi rappresentativa delle figure si contamina con il decorativismo delle forme arboree di sfondo cui l’artista affida il compito, come in un rilievo medievale, di scandire lo spazio. La compressa volumetria dei corpi sembra potenziare il significato simbolico del rilievo e il rapporto con il luogo di destinazione, rendendo palesi le ragioni che hanno portato al suo acquisto. A conclusione della vicenda legata alla Facoltà di Ingegneria: […] 21 maggio 1963 Illustre Professore, a nome del Preside della Facoltà Prof. Capocaccia mi onoro chiedere alla S.V. il benestare per l’acquisto della nota scultura in marmo dello scultore Servettaz “l’Anfora” utilizzando una parte dei residui della somma a disposizione per opere artistiche destinata all’edificio di nuova costruzione della Facoltà di Ingegneria in via Causa. La scultura dovrebbe essere collocata, secondo suggerimento dello stesso Autore, sul primo pianerottolo della scala, in modo da essere visibile dall’atrio di ingresso, 75 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 76 P R OV I N C I A D I G E N OVA pur senza interferire e senza essere in contrasto con la parete già dipinta. Le sarò grato di un cortese cenno di benestare e mentre a nome del Prof. Capocaccia Le porgo i ringraziamenti per il Suo cortese interessamento, la prego gradire i miei più cordiali saluti. Prof. Eugenio Fuselli [...]. Sebbene la nota a margine “Impossibile (contro la legge) comunicare prof. Fuselli.”, manoscritta in data 31 maggio 63 dallo stesso destinatario, l’allora Soprintendente Gian Vittorio Castelnovi, indichi l’impossibilità di realizzazione del progetto d’acquisto, l’opera entra poi a far parte del patrimonio dell’Ateneo. Infatti, il 15 gennaio 1964, nel verbale per la scelta di una statua destinata all’abbellimento artistico dell’edificio in oggetto, si afferma che: 76 “[…] l’acquisto di opere d’arte di pittura o scultura per l’importo complessivo di Lire 1.500.000 è stato approvato dal provveditore regionale alle OO.PP. per la Liguria con decreto 3641 […] registrato alla Corte di Conti il 6/4/62, reg. 25, fg. 156”. Delegati all’acquisto sono l’Ingegnere capo del Genio Civile Del Giudice e il Soprintendente alla Gallerie G.V. Castelnovi, i quali “[…] si recavano nello studio dello scultore Nanni Servettaz in Genova, via Crocco n. 8 decidendo per l’acquisto di una statua intitolata Minerva in marmo bardiglio, opera dell’artista summenzionato per il prezzo di Lire 650.000 di cui 600.000 per l’opera in marmo e Lire 50.000 per il trasporto e la formazione del basamento in muratura rivestita di mattonelle Klinker, nonché il collocamento in opera della statua […]44”. Nell’ambito dell’attività di Nanni Servettaz l’opera costituisce un esempio di transizione da una dimensione stilistica di carattere arcaicizzante al secondo e definitivo periodo di recupero di un modellato classico fortemente semplificato. La serie di vicissitudini che hanno interessato l’iter procedurale per l’assegnazione a Edoardo Alfieri della commissione delle due colonne a decorazione dell’atrio del Palazzo dei Dipendenti del Ministero dei Lavori Pubblici in via Finocchiaro Aprile a Genova45, terminano con il definitivo affido dell’opera allo scultore foggiano, con il contratto del 9 novembre 1965 (n. prot. 25181)46, sottoscritto dall’artista e dall’Ingegnere capo del Genio civile di Genova, Del Giudice. Il documento stabilisce che, previa presentazione e approvazione di due modelli in gesso delle colonne, l’opera finale sarebbe stata composta da una serie di pannelli scolpiti in marmo bianco delle Alpi Apuane (Arni Alto), atti a rifasciare per intero le colonne in cemento armato presenti ai due lati dell’atrio dell’edificio. Questo lavoro giunge in un momento di forte cambiamento stilistico dello scultore che tra la metà degli anni ’50 e gli anni ’60 abbandona il figurativismo classico che l’ ha caratterizzato fino a questo momento e che riprenderà più avanti, per abbracciare una dimensione astratta attraverso la quale riesce a tradurre quell’esigenza di movimento, avvertita come più consona a una fase storica particolarmente vivace. Il tema decorativo si collega alle dinamiche insite nella storia del mondo e al continuo muoversi e trasformarsi delle forme vitali, in una sorta di eraclitiano panta rei che oltre alla materia, coinvolge emozioni e sentimenti umani. I pannelli, di forme e dimensioni diverse, si incuneano gli uni negli altri, a simboleggiare il continuo moto e l’interazione possibile tra le forme dell’esistenza, tra la materia e lo spirito. Ancora percepibile, l’apparato figurativo del periodo precedente si coniuga e si trasfigura con forme altre, in parte prese a prestito dal mondo naturale, venendo ad assumere quella connotazione astratta che farà del suo autore una delle presenze più singolari nel mondo artistico genovese. Nello stesso anno in cui Edoardo Alfieri riceve l’incarico per questo intervento decorativo, rilascia un’intervista a “L’Unità”47 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 77 P R OV I N C I A D I G E N OVA (07/09/1965) in cui sostiene, fra l’altro, la necessità di una collaborazione fra architetto e scultore “che dovrebbe esistere prima dell’opera architettonica e non in ultimo, quando ormai la scultura viene inserita soltanto come elemento decorativo”. L’edificio per cui l’artista si trova a lavorare, opera dell’Ing. Aldo Mattei, è caratterizzato da una solida geometria, sottolineata e resa inamovibile dalle cornici marcapiano e dalle specchiature che vincolano l’ordine dei piani e quello verticale delle finestre. A tanto rigore architettonico lo scultore risponde con la sorpresa di un movimento che si genera da forma a forma, nella disparità dei pannelli, rompendo gli schemi verticali e orizzontali della costruzione in un gioco al contrasto che pare cercare un dialogo fruttuoso con il progettista (scheda n. 23). Nel 1967 il Comune di Genova indice un bando finalizzato a “l’ideazione e l’esecuzione di un’opera d’arte […] destinata alla decorazione del nuovo edificio scolastico adibito a scuola media nella Villa Doria a Genova Pegli”. La relazione illustrativa del bozzetto contrassegnato col motto “Ferrum 3” indica nel tema di Chirone il soggetto, definendo come “il concetto costruttivo dell’opera, totalmente in ferro, consiste nell’utilizzo di molti elementi del suddetto metallo che per forma e senza perdere il carattere relativo al loro uso si modificano nella loro destinazione, aderendo al significato plastico del soggetto. Tutto questo porta di volta in volta ad un divertimento narrativo ed episodico per lo spettatore”. Con delibera 1338 in data 7 ottobre 1968, il Consiglio Comunale assegna allo scultore Enzo Vicentini48 la commissione dell’opera. Il Chirone vicentiniano si propone dunque come viaggio artistico sorprendente, come gioco che lega creatore e fruitore in una sorta di rimando continuo tra realtà e fantasia, ancorando l’opera alla quotidianità dell’esistenza, poiché dalle necessità del mondo, i suoi pezzi provengono, per giungere poi ad una trasfigurazione. Così, rotelle, molle, catene, forconi, tubi, ghiere, ingranaggi, valvole, ornati e altro, si trasfigurano nel mito, rimanendo tuttavia fortemente aderenti a una realtà quotidiana, per acquisire quella dimensione pop che si propone come operazione critica verso la civiltà dell’eccedenza, rifugiandosi poeticamente nel mito. Ancora rilievi, questa volta ceramici, decorano la facciata della Scuola Elementare di Prato, in val Bisagno. Sono opera di Emanuele Luzzati, assegnata per concorso il 14 settembre1964, dalla commissione formata dal progettista dell’edificio, Arch. Renato Tassistro, da Caterina Marcenaro, Gian Vittorio Castelnovi e dall’Assessore Mario Cifatte49. Si deciderà più avanti di stabilire la collocazione dell’opera, originariamente pensata per l’interno dell’edificio, su una parete esterna dello stesso. La ragione di questo spostamento è da attribuire alla volontà di rompere, con la policromia del rilievo, la monotonia dell’alto muro liscio in cui si apre l’ingresso alla biblioteca. Luzzati, che ha lunga pratica di illustratore per l’infanzia, traduce in termini accessibili ai fruitori dell’edificio l’epopea colombiana, indicando un percorso dal basso verso l’alto, attraverso una serie di 18 formelle elaborate utilizzando la sua cifra di apparente semplificazione e tuttavia di grande presa emotiva sullo spettatore (scheda n. 4). III. Gli anni ’70, i “genovesi” come scelta naturale Come si è fino a qui constatato, l’applicazione della “legge del 2%” può costituire cartina di tornasole per la storia dell’arte e del gusto italiano nel secondo cinquantennio del XX secolo e nei primi anni del secolo attuale; essa costituisce altresì concreta possibilità di indagine circa le tendenze creative delle singole regioni della penisola. Nel caso di Genova e della sua provincia (come del resto accade anche altrove) è, infatti, possibile tracciare una sintesi 77 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 78 P R OV I N C I A D I G E N OVA 78 dei percorsi artistici legati ai luoghi: molte, infatti, sono le presenze genovesi o liguri che risultano vincitrici dei concorsi ministeriali. Tale peculiarità, intervallata, come si è visto, anche da esperienze provenienti da altre regioni, probabilmente è figlia di quella cultura locale di cui fanno spesso parte i commissari di concorso, profondi conoscitori e sostenitori delle migliori vicende artistiche in atto in città; si tratta di storici, critici d’arte, artisti, architetti, esponenti dell’ intellighenzia cittadina che, attraverso i loro studi e la loro opera, hanno spesso contribuito a determinare la dimensione estetica del territorio, sulla quale si sono formati e idealmente nutriti gli artisti stessi. Nel corso dei primi anni ’70 viene inaugurato in città il Monoblocco dell’Ospedale San Martino, colossale struttura di Luigi Carlo Daneri ed Eugenio Fuselli, di cui si è parlato poc’anzi, punta di diamante della progettazione ospedaliera nazionale. Nello stesso momento storico prende avvio la progettazione del nuovo piano urbanistico del quartiere Begato, ad opera di Piero Gambacciani, con la collaborazione di Rossella Garibaldi, Giorgio Gardella, Alfredo Armanino, Maria Teresa Gambino, Pietro Vitiello, Giorgio Fioravanti, Pier Giorgio Spadolini. Il quartiere nasce destinato a un’utenza di 70.000 persone, soprattutto in previsione di uno sviluppo industriale della zona, che non ha avuto seguito. Pertanto l’imponente insediamento, nato per facilitare il collegamento casa-lavoro dei suoi abitanti, perde da subito la propria ragione fondante. Una delle personalità più note e apprezzate nella Genova degli anni ’70 è quella di Giannetto Fieschi50, il quale, seppur non genovese di nascita, si lega in maniera indissolubile alla città, che diventa punto di partenza per le sue importanti esperienze estere e riferimento ineludibile cui tornare ogni volta. Il suo percorso artistico è dettato da un’assoluta libertà espressiva che spazia tra le regioni del figurativo e dell’astratto, con soventi incursioni nell’uni- verso surrealista e dadaista. Una pittura impegnativa densa di significati nati da una meditazione profonda sull’esistenza, sulla spiritualità, sull’amore, sulla morte e governata da una cultura che pur affondando le proprie radici nella classicità, non teme l’avanguardia e si nutre di ricerca anche sui materiali. Dall’esigenza di condividere con i giovani questa cultura di origine, prendono corpo le opere che l’artista, attraverso i concorsi vinti per il “2%”51, realizza per alcuni edifici scolastici genovesi. Particolarmente emblematico è l’intervento per la Scuola Garibaldi di via Bologna, una vera e propria operazione didattica che fonda le proprie radici in quelli che l’artista suggerisce come modelli culturali dell’umanità. Dalla pittura egizia a quella medievale, dal Rinascimento a Caravaggio, a Picasso, alle moderne tecniche fotografiche, egli indica un percorso di riflessione sul ruolo dell’uomo nel mondo, citando esempi estetici maiuscoli, attraverso i quali la storia si rende tangibile e svela il proprio mistero (scheda n. 8). Tra il 1969, anno in cui viene bandito il concorso, e il 1973, anno in cui si trova nota di una richiesta di liquidazione, viene eseguita la decorazione pittorica dell’atrio della Scuola Mameli in salita Gesù e Maria, ora parte dell’Istituto Comprensivo San Francesco da Paola52. Il progetto è presentato in connessione con un lavoro scultoreo dello studio Airaldi, ma la commissione concorsuale decide di accettare esclusivamente l’intervento di Fieschi. Il dipinto, realizzato a tecnica mista, intende proporre una riflessione sul significato dello stile, da intendere come mezzo distintivo delle varie epoche che in esso si riflettono e grazie al quale l’idea acquista la concretezza dell’opera d’arte, trasfigurando la relatività dell’esistenza in dimensione d’assoluto. Il tema evoca il tempo severo della scuola e la libertà di pensiero che attraverso il sapere si acquisisce e che l’artista rappresenta nel volo vorticoso della figura femmi- Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 79 P R OV I N C I A D I G E N OVA nile, dagli echi Liberty, che rincorre una farfalla (scheda n. 24). Una ulteriore opera, purtroppo in cattivo stato di conservazione e di difficile fruibilità a causa dei lavori in corso da molto tempo all’interno dell’edificio, è quella assegnata a Fieschi nel 1972, a decorazione di una grande parete al piano terra della Facoltà di Scienze in Corso Europa, progettata dall’architetto Mario Cusmano53. Nel bando concorsuale si richiede la realizzazione di quattro opere in metallo, poi assegnate a Nello Bini, Stelvio Botta, Giannetto Fieschi e Stefano d’Amico. Se l’intervento di Stelvio Botta è andato perduto (schede n. 10), quello di Giannetto Fieschi, sebbene sia rimasto nella sua collocazione originaria, è di difficile fruibilità; consiste in una serie di installazioni in ferro che dalla parete traggono la loro origine. L’intervento di Nello Bini, posto all’ingresso dell’edificio, è un’invenzione di forme metalliche quadrangolari verticalizzate, che formano un lungo pannello orizzontale da cui prendono vita giochi chiaroscurali intensi e movimentati che riscattano l’immobilismo della parete (scheda n. 26c). In ultimo, il pilastro metallico di Stefano d’Amico si fa simbolico elemento di sostegno nell’atrio al piano terra dell’edificio54 (scheda n. 26a). Poco distante troviamo ancora il metallo come protagonista degli interventi a decorazione del Polo didattico della Clinica Chirurgica dell’Ospedale di San Martino. L’autore, Antonio Virduzzo55, preannuncia, con la scultura posta in esterno, i tre importanti pannelli delle pareti interne nell’atrio dell’edificio, in un dialogo espressamente richiesto dal bando di concorso del 26 giugno 197256. Realizzati l’anno successivo, questi rimandano alla ricerca spaziale su cui l’artista lavora dalla fine degli anni ’40, attraverso le “astrattosfere”, moduli che indicano una tensione artistica verso la perfezione, tentativo di unire attraverso i varchi circolari, quasi fossero cosmici buchi neri, le varie dimensioni temporali per coagularle nell’eterno presente dell’opera (schede nn. 27a e 27b). Come si è già visto nell’intervento di Luzzati per la scuola di Prato, un materiale spesso utilizzato a decoro degli edifici pubblici è la ceramica. Di costi contenuti e molta resa estetica, esso è impiegato, nel primo quinquennio degli anni ’70 in altri edifici scolastici tra il centro, la periferia e la provincia cittadina; ci si riferisce in particolare ai pannelli decorativi della Scuola Parini a San Fruttuoso, della Scuola materna di Sant’Eusebio e dell’Istituto professionale autonomo Giovanni Caboto di Chiavari. Legate a un’astrazione in cui il figurativo ha ancora un ruolo determinante sono le ceramiche dei primi due edifici, mentre il lavoro di Stefano D’Amico57 per il terzo è immerso in una dimensione astratta fatta di pure geometrie all’interno delle quali risultano particolarmente evidenti vettori guida, vere e proprie linee di forza, sulle quali si articola il ritmo dell’intera composizione. Il grande pannello ceramico è elaborato sulle cromie del blu, dell’azzurro e del beige e sul contrasto fra superfici lucide e opache, raggiungendo esiti di grande raffinatezza formale (scheda n. 16). Alla metà degli anni ’70 cessa l’obbligo di dotare i nuovi edifici scolastici di opere creative di abbellimento; alcuni dirigenti scolastici tuttavia, consci della funzione educativa dell’arte, decideranno di commissionare, finanziati dalle scuole stesse, interventi di carattere artistico, come nel caso della Scuola Andersen in via Mogadiscio, in cui è chiamato a lavorare a metà degli anni ’80 Emanuele Luzzati il quale, facendo appello al suo mondo favolistico, elabora ceramiche e dipinti di sicura presa sui giovani fruitori. IV. Gli anni d’oro del rinnovamento tra grandi opere e progettualità minore. Gli anni ’80 costituiscono per Genova un momento di forte impulso costruttivo e urbanistico; la città è impegnata a dare completezza 79 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 80 P R OV I N C I A D I G E N OVA 80 al proprio volto urbano con interventi centrali e periferici di grande prestigio: dal compimento, che inaugura il decennio, del Centro direzionale di via Madre di Dio, progettato da Marco Dasso e Angelo Bruzzone, al recupero del complesso monumentale di Sant’Agostino, opera di Franco Albini e Franca Helg, all’intervento di Gambacciani, Garibaldi, Ciruzzi e Messina per la Torre WTC a San Benigno, al “Matitone” su progetto dello studio newyorkese S.O.M., a Corte Lambruschini di Piero Gambacciani, con lo Starhotel President di Marco Dasso, all’operazione di restyling dello Stadio Ferraris da parte dello Studio Gregotti, alla Facoltà di Architettura di Gardella e Grossi Bianchi, al Teatro Carlo Felice di Rossi, Gardella, Reinhart e Sibilla, per finire con la grande operazione del Porto Antico, su progetto di Renzo Piano e giungere al restauro e alla rifunzionalizzazione di un simbolo della città quale l’antico Palazzo Ducale, su progetto di Giovanni Spalla. Genova sembra rendersi finalmente consapevole della propria storia, imparando a rileggerla come elemento di forte richiamo sul proprio presente, un presente che si basa su un’ottima progettazione architettonica e su una rinnovata e produttiva consapevolezza urbanistica. Proprio in questi anni, la città scopre la propria vocazione turistica, grazie alle celebrazioni colombiane del 1992 che portano nuovi e cospicui investimenti economici. Un lungo e acceso dibattito fiorisce attorno al fulcro del mondo musicale genovese, il Teatro Carlo Felice, simbolo ottocentesco di una città che già allora voleva basare sulla cultura la propria rinascita, per tornare ai prestigiosi fasti di un tempo. Il teatro lirico, danneggiato durante la seconda guerra mondiale, avrebbe dovuto subire un restauro conservativo affidato a suo tempo a Carlo Scarpa; dopo la morte di quest’ultimo (1977) si bandisce un concorso per la ricostruzione, vinto dal gruppo trainato, come si è detto, da Aldo Rossi, che decide di mantenere evidente il legame dell’edificio con la sua storia, salvando il pronao e il porticato barabiniano, proiettando tuttavia la costruzione nel presente, con l’imponente torre scenica che diventa momento di emergenza postmoderna del complesso. L’edificio assume anche una valenza urbanistica nel farsi momento di congiunzione tra piazza De Ferrari e galleria Mazzini, attraverso i percorsi pedonali del foyer esterno, mentre la torre, che ospita macchinari e tecnologie d’avanguardia, laboratori e stanze di servizio, diviene elemento di collegamento tra la dimensione verticale delle case torri medievali cittadine e i grattacieli di ultima e penultima generazione. Questa attenzione alla città si riverbera all’interno del teatro, nelle pareti laterali del palcoscenico, che fanno propri gli esterni delle case genovesi, come se la città volesse diventare coprotagonista delle forme d’arte in esso celebrate. La cifra postmoderna che tiene la mano ai progettisti può essere interpretata come l’ultimo degli storicismi attuati in città, quasi a sancire la necessità di un saldo legame tra presente e passato. Questo legame viene perseguito anche attraverso gli interventi decorativi che accompagnano la rinascita del Carlo Felice, soprattutto nelle opere di Raimondo Sirotti58 e Aurelio Caminati59. Nel primo la storia e l’arte genovese sono rievocate innanzitutto attraverso la rilettura in arazzo dell’affresco del Paradiso di Bernardo Strozzi che campeggiava al centro del catino absidale della Chiesa di San Domenico, al posto della quale venne costruito il teatro ottocentesco. Di quell’affresco, andato perduto durante la demolizione della storica chiesa genovese, resta un bozzetto conservato presso l’Accademia Ligustica di Belle Arti, donato all’istituzione, nel 1824, dal Marchese Marcello Durazzo d’Ippolito60. La rilettura dell’opera strozziana acquista, nel rinnovato teatro, un significato profondamente connesso al luogo e questo viene posto in evidenza dal- Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 81 P R OV I N C I A D I G E N OVA l’artista che, nell’arazzo da essa derivante, lascia intatta la citazione, pur movimentandola e disgregandola attraverso quel segno luminoso e dinamico che lo caratterizza, quasi a dimostrare la continuità dell’assenso che le generazioni dei genovesi hanno tributato alla loro storia artistica (scheda n. 33a). Eguali dinamiche anche se forse meno evidenti in rapporto al luogo in cui sorge il teatro, ma comunque profondamente legate alla città, animano un secondo arazzo sirottiano elaborato sul tema della Pastorale di Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto. La dimensione paesaggistica del pittore seicentesco offre opportunità di dialogo con le atmosfere luminose tipiche di Sirotti, restituite magistralmente nell’arazzo del teatro (scheda n. 33b). Il rapporto con la storia di Genova viene ripreso anche da Aurelio Caminati nei due affreschi realizzati per il Carlo Felice. I temi, dal titolo Mediterraneo 1 e Mediterraneo 2 rappresentano la partenza dell’ammiraglio genovese Guglielmo Embriaco alla prima Crociata e la costruzione di un fondaco nell’isola di Tabarca. Come di consueto l’artista appunta il proprio interesse sull’uomo, descrivendone lo spirito avventuroso e l’impegno nel condurre a termine il proprio destino. Nel primo affresco l’attitudine eroica, che è ferma determinazione, è descritta attraverso un mare concitato a cui si oppongono la forza e la volontà degli anonimi rematori orientati verso la meta; nel secondo, echi metafisici accompagnano le attività umane descritte sinteticamente. In entrambi l’autore usa un linguaggio descrittivo poco incline al dettaglio, nel tentativo di scardinare l’ovvietà della storia e di conquistare per i soggetti rappresentati, una dignità umana altra, che prescindendo dall’evento narrato, si concentra sull’azione attraverso la quale l’uomo conquista la propria dignità (scheda n. 13). Il ciclo decorativo del Carlo Felice si arricchisce del grande rilievo in bronzo, opera di Diego Attilio Mario Raco61 e Biagio Miceli, che accoglie i visitatori sulla parete di fondo del foyer interno al piano terra del teatro. Il carattere aulico del materiale bronzeo si addice all’importanza dell’architettura e del luogo mentre celebra la figura e l’arte di Nicolò Paganini. Come spiegano gli stessi autori in una nota critica che accompagna il progetto della scultura, essa intende mostrare a chi la osservi “lo spaccato di un mondo di armonie musicali complesse e pluridimensionali quale era nella sensibilità di Paganini la potenzialità espressiva del violino”. Pertanto essa non è, come invece potrebbe sembrare, un puro esercizio astratto ma rappresenta la figuratività del suono, la sua capacità di propagazione, la sua forza cromatica, espressa visivamente attraverso la varietà dei segni, del rilievo e delle patinature (scheda n. 33d). Gli artisti, cultori della libertà nell’arte, riconoscono nel grande musicista analoga disposizione e gli rendono omaggio con un’opera in cui libere variazioni e virtuosismi diventano strumento per dare concretezza ad un’idea. Il bronzo in città ha avuto il compito di sottolineare, nei secoli, l’importanza dei luoghi; bastino tre esempi a illustrare il concetto: bronzea è la statua dell’altare maggiore della chiesa cattedrale, raffigurante la Madonna Regina di Genova, opera illustre di Giovanni Battista Bianco; bronzei sono i rilievi e le statue di Giambologna e Pietro Francavilla, un tempo facenti parte della Cappella di Luca Grimaldi e trasferiti nel 1802 nel prestigioso Palazzo dell’Università; bronzeo è il pannello decorativo che accoglie il pubblico nel nuovo teatro lirico, architettura che lega con la propria epifania, passato e presente e la cui emblematica rinascita è stata fortemente voluta dai genovesi. Tre luoghi simbolo per Genova, attraverso i quali si snoda il filo rosso della storia, sottolineando, anche nel segno del bronzeo, la vocazione culturale che lega e nella quale si identificano, di tempo in tempo, le generazioni cittadine. Il grande sipario tagliafuoco, opera di Giovanni Ceccarelli, dal titolo Viva Schönberg, entra in dialogo sia con l’architettura del teatro, attra- 81 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 82 P R OV I N C I A D I G E N OVA 82 verso il richiamo alle partiture orizzontali che segnano il proscenio, sia con la dimensione musicale in esso coltivata, attraverso la sinuosità delle linee, vere e proprie onde sonore, che trovano via di espansione verso l’alto62 (scheda n. 33c). Nel nuovo millennio la città continua a restituire dignità e funzionalità alle sue opere storiche, sulla scia di un’attività di restauro e rifunzionalizzazione che aveva preso impulso anni prima, in vista delle celebrazioni colombiane. La rinascita urbana, tesa al richiamo di flussi turistici, crea interesse nei confronti della ricettività alberghiera; nasce in rapporto al Porto Antico e all’operazione vincente dell’Acquario fatta a suo tempo, il complesso alberghiero del Jolly Hotel Marina che, con gli edifici residenziali e per uffici, nati ad opera dello stesso architetto, Piero Gambacciani, usufruisce dello spazio della banchina e si protende verso il mare a recuperare uno strettissimo rapporto con il nucleo storico produttivo della città, vale a dire il suo porto. Completa il discorso, poco distante, il Museo del Mare, opera di Guillermo Vasquez Consuegra, con un’operazione di recupero di antiche strutture portuali, modernizzate e rifunzionalizzate per un utilizzo espositivo. Ancora è opportuno citare le operazioni della Fascia di Rispetto di Genova Prà, la Passeggiata della Lanterna, il recupero e riconversione degli spazi della Fiumara, in un lotto di progetti finalizzati alla conquista di una nuova dimensione economica. Non mancano le opere relative alla “legge del 2%”, tra cui i lavori di Antonio Cerda e Pietro Millefiore a Prà, Raimondo Sirotti e Aurelio Caminati per il Centro Civico di Voltri in via Calamandrei, l’opera di Adriano Leverone per il Cimitero dei Pini Storti di Sestri Ponente, e ancora gli interventi di Renzogallo, Cioffi, Tardia e Cossyro per la Caserma degli Agenti all’interno della Casa circondariale di Marassi, opere tutte, di notevole interesse, pur nella disparità degli intenti e degli esiti (schede nn. 40a, 40b, 40c, 40d, 40e, 40f). Quanto fin qui espresso in sintesi consente di fare alcune considerazioni circa l’atteggiamento della città nei confronti della cultura artistica contemporanea e offre opportuno terreno di confronto fra le arti che hanno concorso al rinnovamento urbano nell’ultimo sessantennio. Per ciò che concerne l’architettura, Genova, come si è visto, ha dimostrato di sapere accogliere e gestire i molteplici stimoli della modernità. Dalla precoce accoglienza del cemento armato tra fine Ottocento e inizio Novecento, fino all’utilizzo della struttura in acciaio e della modularità, la città attraverso i suoi architetti, non ha mai rinunciato ad aggiornare tecniche, abilità e finalità costruttive. La stagione razionalista e funzionalista ha dato frutti importanti anche al confronto con il panorama nazionale, così come la città si è distinta nel campo del restauro e della rifunzionalizzazione degli edifici. Genova ha saputo altresì concedersi spazi di pura poesia, come nel caso della morozziana Villa Ollandini o dell’albiniano Museo di San Lorenzo, senza mai perdere di vista il senso della ricerca tecnologica e strutturale. E pur se si sono verificati errori eclatanti e cadute di tono, come è accaduto nell’urbanizzazione selvaggia delle alture cittadine e di certa periferia urbana, le strategie architettoniche genovesi sono state quasi sempre calibrate sulla ricerca internazionale, rimanendo aperte nei confronti delle novità e tese all’aggiornamento. A un primo esame delle modalità decorative applicate all’architettura pubblica, la città sembra invece essersi mossa con maggiore cautela, nell’accoglienza di formule artistiche molto collaudate ed esteticamente rassicuranti e familiari, resistendo all’introduzione di elementi innovativi e di rottura, quali le esperienze informali astratte, a cui viene dato spazio più raramente e con notevole ritardo. Le ragioni di questa discrepanza tra aggiornamento architettonico e cautela artistico decorativa, espressa sia in pittura che in scultura, Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 83 P R OV I N C I A D I G E N OVA sono molteplici. In primo luogo bisogna tenere conto del fatto che la tradizione figurativa è parte connaturata del sistema espressivo della penisola, fortemente ancorato alla cultura rinascimentale riportata con vigore in auge dalle correnti novecentiste nella prima metà del XX secolo, le quali continuano a far sentire i propri influssi anche nel secondo dopoguerra. Del resto, a cimentarsi all’interno di tale tradizione per le opere del 2%, sono artisti di grande rilievo che sulle correnti neoclassiche del primo Novecento si sono formati e in seno alle quali sono diventati noti; sono questi, nel primo dopoguerra, a lasciare in città, per la pubblica fruizione, opere figurative di grande interesse. Inoltre è necessario tener conto del fatto che l’intervento decorativo, come giustamente osserva Alfieri nella sopraccitata intervista, solitamente giunge ad architettura completata, senza che ci sia stata un’intesa o un percorso condiviso con il progettista. Pertanto l’opera d’arte difficilmente entra in dialogo proficuo con il proprio contenitore, accontentandosi di assolvere al compito più superficiale di mera decorazione piuttosto che diventare parte integrante dell’azione sinergica di due o più artisti che si muovono su di una strada comune. La decorazione inoltre, per propria natura e indicazione concorsuale, sottintende il concetto di “abbellimento”, che nell’Italia di quegli anni, spesso coincide ancora con quello di classicità e, soprattutto nel caso di un’opera pubblica, solitamente tiene conto di quella che sarà la fruizione allargata a cui è destinato l’edificio. Non sempre il grande pubblico è incline ad apprezzare le novità, pertanto una delle ragioni della persistenza del figurativo, sia esso classicheggiante o sintetico e modernizzato, potrebbe essere quella di proporsi come facilmente leggibile grazie a forme collaudate e riconoscibili ai più. La soggezione che ancora oggi parte del pubblico manifesta nei confronti dell’opera astratta o concettuale potrebbe fornire indicazione circa le scelte, operate nell’ambito della tradizione storica, portate avanti in città tra gli anni ’50 e gli anni ’70 del Novecento. La stagione dell’innovazione prende deciso avvio negli ultimi trent’anni del secolo, in parte guidata da quegli stessi artisti che pur legati a una tradizione figurativa, abbracciano ora la strada del cambiamento, come è il caso di Alfieri, in parte sostenuta dai più giovani e dalla necessità di fare spazio ad un sentire diverso, modulato su di una scala di valori emozionali avvicinabile da chiunque abbia il coraggio di abbassare le difese nei confronti dell’arte; tali difese, al presente sembrano essere definitivamente cadute e la città ha dimostrato di saper scommettere sulla cultura e vedere in essa una concreta ipotesi su cui fondare il proprio divenire, a dimostrazione di una vitalità di pensiero, progettuale e artistica di cui Genova vuole continuare a farsi carico, certa della funzione formativa della creatività come linguaggio scelto per esprimere piena fiducia nel futuro. 83 NOTE: 1 Giuseppe Marcenaro, Genova il Novecento, catalogo della mostra (Genova, 20 maggio -10 luglio 1986), Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Sagep, Genova 1986; Paolo Cevini, Genova Anni ‘30. Da Labò a Daneri, Sagep, Genova 1989. 2 Paolo Cevini, Genova in Storia dell’architettura italiana del Novecento, Electa, Milano 1991; Luigi Lagomarsino (a cura di), Cento anni di architetture a Genova. 1890-2004, De Ferrari, Genova 2004; Mauro Moriconi, Francesco Rosadini, L’architettura del Movimento moderno, Testo&Immagine, Roma 2004, p. 86. 3 Luigi Carlo Daneri, Unité d’Habitation Bernabò Brea a Genes, Relazione al IX Congrés International d’architecture moderne (Aixen-Provence, 19-26 luglio 1903), CIAM, Aix-en-Provence 1953; Marcello Grisotti, Unità Residenziale Villa Bernabò Brea, in “Architettura Cantiere”, n. 12, aprile 1957; Alessandro Christen, I nuovi quartieri coordinati a Genova e il paesaggio ligure, in “Urbanistica”, n. 23, marzo 1958; Francesco Tentori, Daneri a Genova: architettura e inserimento ambientale, in “Comunità”, maggio-giugno 1968. 4 Luigi Carlo Daneri, Francesco Ginatta, Gustavo Pulitzer, Angelo Sibilla, Porta degli Angeli. Relazione, in “Genova”, aprile 1954; Christen, I nuovi quartieri…, cit., 1958. 5 Bruno Zevi, Le case a forma di verme, in “L’Espresso”, 16 febbraio 1958; Christen, I nuovi quartieri..., cit., 1958; Eugenio Fuselli, La casa più lunga in “Rotary Club di Genova”, bollettino n. 2, marzo-aprile 1968. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 84 P R OV I N C I A D I G E N OVA Case condominiali al Lido di Genova, in “Concrete Quarterly”, n. 32, gennaio-marzo 1957. 7 Cevini, Genova…, cit., 1991; Silvia Barisone, Matteo Fochessati, Gianni Franzone, Andrea Canziani, Architetture in Liguria dagli anni Venti agli anni Cinquanta, catalogo della mostra (Genova, 29 maggio - 30 giugno 2004), Abitare Segesta, Milano 2004, Scheda 126, p. 162. 8 Caterina Marcenaro, Il Museo del Tesoro della Cattedrale di S. Lorenzo, Silvana editoriale, Milano 1969. 9 Seppur nell’impossibilità di reperire la documentazione ufficiale sull’opera, essa manifesta caratteristiche congruenti con la legge 717 del 1949. 10 Il palazzo già sede della Banca Popolare di Novara in via V dicembre, progettato nel 1959 da Luigi Vietti, conteneva al suo interno due importanti fusioni in bronzo rispettivamente di Edoardo Alfieri e di Sauro Cavallini. Sebbene, data la natura privata dell’edificio, non siano riferibili alla Legge 717 del 1949, esse testimoniano come l’aspetto decorativo fosse tenuto in considerazione negli edifici destinati ad accogliere il pubblico. 11 Giuseppe Tampieri (1918-2014), paesaggista, incisore e scultore, particolarmente attivo sulla scena dell’arte italiana, si forma a Firenze e si trasferisce a Genova all’inizio degli anni ’50, città in cui lavora fino al 1982. Per notizie sull’autore si vedano: Maria Flora Giubilei, Franco Ragazzi, Franco Sborgi, Presenze liguri alle Biennali veneziane, catalogo della mostra (Genova, Palazzo Ducale, 5 ottobre - 26 novembre 1995), Tormena, Genova 1995, p. 325; Santa Cortesi, Giuseppe Tampieri scultore alla Commenda, catalogo della mostra (Faenza, Chiesa della Commenda, aprile 2001), Casanova, Faenza 2001; Germano Beringheli (a cura di), Dizionario degli artisti liguri, De Ferrari, Genova 2009. 12 Edoardo Alfieri (1913-1998), allievo di Guido Galletti e di Francesco Messina, titolare della Cattedra di Scultura all’Accademia Ligustica di Belle Arti, fu artista poliedrico e sperimentatore. La sua attività è caratterizzata da una dimensione classica di base, a cui si accompagna una vocazione informale. Per notizie in dettaglio si veda: Germano Beringheli, Scultori a Genova, catalogo della mostra (Genova, Palazzo della Commenda 13 dicembre 1985 - 13 gennaio 1985), Comune di Genova, Genova 1984; Marcenaro, Genova, il Novecento, cit., 1986, p. 492; Giovanni Paganelli, Franco Sborgi (a cura di), Edoardo Alfieri, in La scultura a Genova e in Liguria, Il Novecento, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova 1989, pp. 167-172. 13 Le statue, di cui esistono i due bozzetti in gesso dei volti, conservati presso la GAM di Genova, furono realizzate in seguito alla vittoria del Concorso Nazionale indetto dal Comune di Genova nel 1953. La commissione giudicatrice era costituita dal Sindaco di Genova Vittorio Pertusio, dall’Assessore De Bernardis, dal Presidente dell’Accademia Ligustica di Belle Arti Mario Labò, da Caterina Marcenaro, a rappresentare l’Ufficio Belle Arti, e dallo scultore Nanni Servettaz. Le due opere furono collocate in loco nel 1957. Per notizie in dettaglio sulla vicenda si veda il contributo di Matteo Fochessati, “Una bella architettura è sempre una bella scultura”. Percorsi della decorazione architettonica nella ricerca plastica di Edoardo Alfieri, 6 84 in Matteo Fochessati, Maria Flora Giubilei, Edoardo Alfieri 1913-1998 scultore del Novecento. Una donazione per Genova, Maschietto, Firenze 2008, pp. 47-63. 14 L’edificio costruito su progetto dell’Ingegner Antonio Carretta nel 1949 (fascicolo “Edilizia Privata” del Comune di Genova n. 656/49), fa riferimento allo Storicismo architettonico, molto utilizzato a Genova da architetti quali Giuseppe Crosa di Vergagni, Giuseppe Abbiati e altri, con evidenti riferimenti all’architettura alessiana e all’architettura storica cittadina. 15 L’opera, realizzata e collocata nel 1955, fu selezionata da una giuria composta da Guido Galletti, Giovanni Solari, Paolo Silvio Rodocanachi, Dino Gambetti, Lorenzo Garaventa e Luigi Navone. Per notizie in dettaglio si veda Fochessati, in Fochessati, Giubilei, Edoardo Alfieri 1913-1998…, cit., 2008. 16 Aldo Mattei, già attivo durante gli anni del regime, è noto soprattutto per avere diretto, per conto dell’Azienda Autonoma Strade (ANAS) di Bologna, i lavori per il Mausoleo di Guglielmo Marconi a Sasso Marconi (BO), inaugurato nel settembre del 1941. 17 Per notizie in dettaglio sulla vita e l’opera di Eugenio da Venezia si veda: Guido Perocco, Eugenio Da Venezia, Electa, Milano 1990. 18 Per notizie in dettaglio su Riccardo Licata si veda: Michele Beraldo (a cura di), Riccardo Licata. Una vita d’Artista, Skira, Milano 2009. 19 L’artista, formatosi all’Accademia Albertina di Torino, coltiva per buona parte della sua esistenza interessi per una dimensione classica con particolare riferimento alla cultura figurativa quattrocentesca. Per notizie in dettaglio su Idro Colombi si veda: Alberto Ripario in “Torino, rassegna mensile della città”, Anno XIII, n. XI, 1933, pp. 28-32. 20 Traggo la notizia da un documento relativo il restauro di uno dei due rilievi, frantumatosi accidentalmente nell’estate del 1975. Dallo stesso, a firma di Marisa Micca, collaboratrice di Idro Colombi, si evince che: “Questo lavoro fu eseguito dal Prof. Idro Colombi con la collaborazione mia e di altri componenti della Comunità Artistica di Torino nel 1955”. Il documento è conservato presso l’Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Genova, “Edilizia pubblica”, faldone “Palazzo degli Uffici Finanziari”, cartella “Opere d’Arte”, Prot. n.16383 del 25 settembre 1975. Lo studio del fascicolo cui appartiene il documento permette di ricostruire la vicenda dell’incidente, del relativo difficile restauro e dei costi di ripristino, vicenda che volge a conclusione solo nel novembre del 1977. 21 Per una lettura dell’interessante edificio di via Piacenza si veda: Lagomarsino, Cento anni di..., cit., 2004, p. 98. 22 Emanuele Luzzati (1921-2007), tra i maggiori scenografi del ’900, fu pittore, ceramista, decoratore e illustratore. Diplomato al École des Beaux Arts di Parigi, fonda con Tonino Conte e Aldo Trionfo il Teatro della Tosse a Genova. Illustratore per l’infanzia, gli è stato attribuito il Premio Andersen nel 1982. Molti sono stati i riconoscimenti durante la sua lunga carriera. Per notizie in dettaglio si veda: Marcenaro, Genova, il Novecento..., cit., 1986, p. 495; Beringheli, Dizionario degli artisti… cit., 2009, pp. 215-216. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 85 P R OV I N C I A D I G E N OVA Dario Bernazzoli (1908-1999) inizia la sua attività come grafico pubblicitario per dedicarsi successivamente alla pittura e all’incisione. Per notizie in dettaglio si veda: Ettore Veruggio (a cura di), Dario Bernazzoli, Marietti, Genova 1990; Catalogo Bolaffi del Manifesto italiano, Giulio Bolaffi, Torino 1995 a.v. Dario Bernazzoli. 24 Non è stato possibile reperire documentazione ufficiale sull’opera. Tuttavia essa manifesta caratteristiche perfettamente congruenti con la legge del 2%, che prevedeva un’adeguata decorazione per gli uffici pubblici. 25 Al piano di ricostruzione dell’Arch. Claudio Andreani, approvato con il Dm 8/3/1947, UTC, 2 (39), 6, 2136, aveva fatto seguito dapprima una variante dello stesso Andreani, Dm 23/6/1949, UTC, 2 (27), 1, 2136, quindi le varianti, poi realizzate, di Giuseppe Ginatta, approvate con Dm 14/7/1954, UTC, 0 (1), 0, 2099; 3 (45), 8, 2136. 26 Giovanni Servettaz (1892-1973), allievo di Cesare Ravasco e Adolfo Wildt, si dedicò soprattutto alla scultura in pietra e alla ceramica. Una prima fase della sua attività è caratterizzata dalla semplificazione delle forme mentre successivamente si dedica ad una ricerca di più intensa espressività. Per notizie in dettaglio si veda: Sborgi, Nanni Servettaz, in La scultura a Genova…, cit., III, 1989, pp. 150-153 e 285; Maria Flora Giubilei, Galleria d’arte moderna di Genova: Repertorio generale delle opere, Maschietto, Firenze 2004, vol. II, pp. 697-900. 27 Guido Galletti (1893-1967), professore e accademico di merito all’Accademia Ligustica di Belle Arti, si è dedicato sia alla pittura sia alla scultura. Particolarmente esperto nella tecnica della fusione bronzea, le sue scelte estetiche si orientano verso un naturalismo di evidente impronta classica. Per notizie in dettaglio si veda: Marcenaro, Genova…, cit., 1986, p. 386; Sborgi, La scultura a Genova…, cit., Genova 1989, pp. 71-74 e 278. 28 Vittorio Tollo Mazzola (1917-1999) dopo un periodo di attività per il design industriale, si trasferisce dal Sudamerica in Italia e si dedica alla pittura e alla scultura. Il suo stile si modella sulla lezione italiana novecentista di ascendenza classica e sul realismo popolare sudamericano. Apprezzato sia in Perù sia in Italia, partecipa a diverse mostre collettive e personali. Per notizie in dettaglio si veda: Antonio Todde (a cura di), Vittorio Tollo Mazzola, catalogo della mostra (Genova, Palazzo Ducale, 8-29 maggio 2008), Le Mani, Genova 2008. 29 Lagomarsino, Genova Cento anni…, cit., 2004, Scheda 67. 30 Architetture in Liguria…, cit., 2004, Scheda 126; Cevini, Genova anni ’30…, cit., 1991. 31 Lagomarsino, Genova Cento anni…, cit., Genova 2004, Scheda 68. 32 Idem, Scheda 83; Cevini, Genova anni ’30, cit., Genova 1991. 33 Lagomarsino, Genova Cento anni…, cit., Genova 2004, Scheda 71. 34 Idem, Scheda 85. 35 L’ampio carteggio relativo al bando per l’applicazione della legge 717 del 1949 e al collaudo delle opere d’arte a esso riferite è reperibile presso per l’Archivio della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggi, faldone “Legge 2%”, cartella “Liceo Cassini”. 36 Sergio Selva (1919-1980), pittore, frescante, mosaicista molto attivo nelle mostre nazionali e internazionali e vincitore 23 di numerosi concorsi per opere musive in edifici pubblici italiani. Per notizie sul lavoro di Selva per il Liceo Cassini si veda: Mosaici e sculture per il liceo Cassini, in “Il Nuovo Cittadino”, 2 settembre 1961. 37 Il concorso è stato bandito in data 30 gennaio 1963 dalla Provincia di Genova. Il 30 novembre 1963 (n. prot 13981) viene formalizzato l’incarico ad Elia Ajolfi il quale terminerà il lavoro nelle modalità e nei tempi richiesti, come confermato dalla lettera di Gian Vittorio Castelnovi, allora Soprintendente alle Gallerie della Liguria, (n. prot 69/39288) del 3 dicembre 1964 il quale, constatata la rispondenza delle opere alle richieste concorsuali, ne dichiara la liquidabilità per una cifra complessiva pari a 3.500.000 lire. 38 Elia Ajolfi (1916-2001), artista bergamasco si forma all’Accademia di Belle Arti di Firenze sotto la guida di Italo Griselli. Aderente a un classicismo materico, attorno agli anni ’50 inizia un processo di stilizzazione all’interno del quale abbandona il riferimento preciso al mondo antico, non rinunciando a una materialità imponente. Negli anni ’60, l’immagine si fa più asciutta, schematica ed espressiva con un frequente ritorno alla dimensione simbolica. Per notizie in dettaglio si veda Rossana Bossaglia (a cura di), Elia Ajolfi. Sculture, catalogo della mostra (Milano, Castello Sforzesco, luglio 1992), Lucchetti Banca Prov. Lombarda, Milano 1992. 39 Per notizie si veda: Sara De Maestri, Complesso Edifici Scuola Politecnica in Lauro Magnani (a cura di), Città, Ateneo, Immagine, Patrimonio storico artistico e sedi dell’Università di Genova, De Ferrari, Genova 2014, p. 255. 40 Giuseppe Silvio Consadori (1909-1994) si era formato a Brescia, sua città natale, e si era perfezionato dapprima all’Accademia di Belle Arti di Roma e successivamente, attraverso una pluriennale permanenza a Parigi. Professore al Liceo dell’Accademia di Brera, presente alle Quadriennali romane, alle Biennali veneziane e a quelle della Permanente a Milano, si dedicò, oltre che alla pittura da cavalletto, a grandi cicli di affreschi e mosaici di arte sacra per le più importanti fondazioni religiose italiane e vaticane. Per notizie in dettaglio si veda: Mario Ghilardi, Silvio Consadori, Cartelle del Ponte Rosso, Milano 1975; Claudio Toscani, Silvio Consadori. 100 disegni, Galleria del Ponte Rosso, Milano 1991; Roberto Ferrari, Silvio Consadori 1909-1994. Unico riferimento la pittura, Grafo, Brescia 2001; Flaminio Gualdoni, Paolo Biscottini, Anna Maria Consadori (a cura di), Silvio Consadori 1909-1994, Nomos, Busto Arsizio 2009. 41 Per notizie su bando ed esito del concorso si veda: Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 4 marzo 1962,n. 114, Ministero Lavori Pubblici, Provveditorato alle Opere Pubbliche per la Liguria, Concorso nazionale per l’ideazione e la realizzazione di opere artistiche da realizzarsi nell’edificio della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, pp. 1863-1864 e Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 4 marzo 1962, n. 114, Ministero Lavori Pubblici, Provveditorato alle Opere Pubbliche per la Liguria, Concorso nazionale per l’ideazione e la realizzazione di opere artistiche da realizzarsi nell’edificio della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova del 24 settembre 1962, n. 240, p. 3940. Informazioni fondamentali per lo studio 85 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 86 P R OV I N C I A D I G E N OVA 86 e la comprensione dell’opera sono state ottenute, inoltre, attraverso la consultazione di materiale conservato presso l’Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Genova, “Edilizia Universitaria”, faldone “Padiglione Facoltà di Ingegneria”, cartella “Opere d’Arte”, nella quale sono disponibili i carteggi relativi alle perizie sui “lavori di opere d’arte per l’abbellimento dell’edificio” (27 febbraio 1963, n. di prot. 327; 15 marzo 1963 n. prot. 415, 31 maggio 1963 n. prot. 821), il “Documento disciplinare contenente le norme e le condizioni per il conferimento al pittore Sig. Silvio Consadori dell’esecuzione di opere d’arte appresso indicate destinate all’abbellimento dell’edificio della facoltà di Ingegneria della Università di Genova in via Opera Pia Causa”, datato 15 novembre 1962, le “perizie di collaudo con il relativo nullaosta” (19 luglio 1963 n. prot. 1132; 27 agosto 1963 prot. n. 1237). Per ulteriori notizie riguardo al bando si rimanda a chi scrive, Complesso edifici Scuola Politecnica, in Magnani, Città, Ateneo, Immagine…, cit., 2014, pp. 250-253. 42 Il documento è conservato presso l’Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Genova, “Edilizia Scolastica”, faldone “Padiglione Facoltà di Ingegneria”, cartella “Opere d’Arte”, perizia n. 8111 (ex 8720). 43 Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Genova, “Edilizia Universitaria”, faldone “Padiglione Facoltà di Ingegneria”, cartella “Opere d’Arte”, perizia n. 8111/Ge (ex 8720) del 15 gennaio 1964. 44 Per ricostruire le vicende relative all’acquisto della statua per l’edificio sede della Ex Facoltà di Ingegneria ora Scuola Politecnica Ingegneria Architettura in via all’Opera pia Causa 15 A, sono stati consultati documenti conservati presso l’Archivio della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “I Padiglione Facoltà Ingegneria”, con riferimento ai seguenti documenti: lettera a firma del Prof. Eugenio Fuselli indirizzata a Gian Vittorio Castelnovi del 21 maggio 1963; perizia n. 8111/Ge (ex 8720); si veda inoltre, di chi scrive, Complesso…, cit., in Magnani, Città, Ateneo, Immagine…, cit., 2014, pp. 251-253. 45 Per ricostruire la problematica vicenda della prima assegnazione della commissione ad Alfieri, con successivo annullamento e nuova procedura concorsuale si veda: G.U. n. 54 del 2 marzo 1963, p. 1000; G.U. n. 70 del 13 marzo 1963, p. 1330; G.U. n. 148 del 18 giugno 1964, p. 2631; G.U. n. 180 del 24 luglio 1964, p. 3198. 46 Per una consultazione completa dei documenti si veda: Archivio della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Palazzo Lavori Pubblici”. 47 Fochessati, Una bella architettura…, cit., in Fochessati, Giubilei, Edoardo Alfieri…, cit., 2008, p. 47. 48 Per la consultazione integrale si veda Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Scuola Villa Doria”; Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle Arti, sc. 22, fascetta 74/31 – Opere d’arte in edifici pubblici (1958-1975). Per notizie su Enzo Vicentini si rimanda a Nora Ciottoli Sollazzo, http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/LA010-00089/, data ultima consultazione: 29 febbraio 2016. Per il carteggio relativo al bando, assegnazione e collocazione definitiva delle opere, si veda: Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Scuola Elementare”; Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle Arti, sc. 22, fascetta 74/31 – Opere d’arte in edifici pubblici (1958-1975). 50 Giannetto Fieschi (1921- 2010), di nascita bergamasca, pur se discendente dell’omonima nobile famiglia genovese, si trasferisce con la famiglia a Genova all’inizio degli anni ’30. Si dedica precocemente al disegno e all’incisione e dal 1940 frequenta pur senza continuità l’Accademia di Belle Arti di Genova all’interno della quale conosce Alberto Helios Gagliardo, che diventerà suo maestro. Dopo la guerra prende decisamente avvio la sua carriera artistica con una serie di mostre e lavori che lo porteranno in giro per Italia e all’estero. Tappe fondamentali della sua esperienza saranno Parigi, Barcellona e New York; negli USA dirige il Department of Fine Arts dell’Università del Tennessee fino al 1963, data del suo ritorno a Genova. Per notizie in dettaglio si veda: Rossana Bossaglia, Guido Giubbini (a cura di), Giannetto Fieschi. Le Forme, gli oggetti, i miti, catalogo della mostra (Genova, Museo di Villa Croce e Museo di San’Agostino, 23 dicembre 1986-5 febbraio 1987), Genova 1987; Giubilei, Ragazzi, Sborgi, Presenze liguri…, cit., 1995 p. 313; Enrico Crispolti, Giannetto Fieschi Pittore, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova 1999; Beringheli, Dizionario degli artisti… cit., 2009, pp. 149-150. 51 L’artista si aggiudica i concorsi per l’esecuzione delle opere a decorazione della Scuola Mameli in via Bologna, nel 1971; della scuola Giuseppe Garibaldi, sempre in via Bologna, e della Facoltà di Scienze dell’Università degli Studi di Genova, nel 1972. 52 Per notizie in dettaglio si rimanda al carteggio consultabile presso l’Archivio della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Scuola in Salita Gesù e Maria”. 53 L’Architetto Mario Cusmano (Genova 1931), dal 2006 è professore emerito di Urbanistica presso l’Università di Firenze di cui è stato Preside; dal 1985 è membro onorario dell’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze. 54 Per le vicende relative al bando di assegnazione delle opere presenti nella Facoltà di Scienze, si veda: Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Genova, “Edilizia universitaria”, faldone “Facoltà di Scienze in Corso Europa”, cartella “Opere d’Arte”. 55 Antonino Virduzzo (1926-1082) nasce a New York da una famiglia di migranti. Si forma in Italia, tra l’Accademia Albertina di Firenze e l’Accademia di Belle Arti di Roma. Per notizie in dettaglio si rimanda a Antonino Virduzzo, I gioielli, Ellegi, Roma 1972. 56 Cfr. Concorso Nazionale per l’ideazione e la realizzazione di opere d’arte per il nuovo edificio sede degli istituti di Clinica chirurgica e Patologia speciale chirurgica dell’Università di Genova, in G. U. n. 162 del 26 giugno 1972, p. 4686. 57 Stefano D’Amico (1925-2003), scultore e ceramista di fama internazionale, produce per la manifattura San Giorgio di Albissola. Per notizie in dettaglio si veda Simona Gabrielli, D’Amico ceramista, De Ferrari, Genova 2003. 49 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 87 P R OV I N C I A D I G E N OVA Raimondo Sirotti (Bogliasco 1934), tra i più importanti artisti italiani contemporanei, ha al suo attivo mostre nazionali e internazionali di notevole prestigio. Docente di pittura, Direttore e Presidente dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, è figura altamente rappresentativa del mondo culturale genovese. Per notizie in dettaglio si veda: Sandra Solimano, Raimondo Sirotti, Mostra Antologica: 1959-1995, (Genova, Villa Croce, 14 marzo - 5 maggio 1996), Electa, Milano 1996; Giubilei, Galleria d’arte moderna…, cit., vol. II, pp. 698 e 900. 59 Aurelio Caminati (1924-2012) è stato uno dei più importanti artisti genovesi del Novecento. Ha esposto in mostre personali e collettive nazionali ed internazionali. La sua primitiva adesione al realismo passa, nel tempo, attraverso esperienze metafisiche e pop, dopo le quali torna alla tradizione, concedendosi soventi incursioni nella classicità. Per notizie 58 in dettaglio si veda: Giubilei, Ragazzi, Sborgi, Presenze… cit., 1995; Franco Sborgi (a cura di), Aurelio Caminati, opere dal 1947 al 1998, catalogo della mostra (Genova, Palazzo Ducale, 4 luglio-27 settembre 1998), De Ferrari, Genova 1998. 60 Archivio Storico del Comune di Genova (ASCG), Amministrazione decurionale, vol. 407, Processi verbali 1824; Si veda inoltre Maria Grazia Montaldo (a cura di), Marcello Durazzo, Tredici discorsi sulle belle arti, Costa & Nolan, Genova, 1996, pp. 14-15 e n. 79. 61 Per notizie su Diego Attilio Mario Raco, si veda http://www.diegoattiliomarioraco.it/, (data ultima consultazione: 2/02/2016). 62 Roberto Iovino, Il Carlo Felice. Due volti di un teatro, Sagep, Genova 1991; Antonio Musiari (a cura di), Nerone Giovanni Ceccarelli Scultore, Scritturapura, Asti 2012. 87 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 88 Le schede della Provincia di Genova sono a cura di Francesca Bulian (5, 6, 7, 12, 14), Alessandra Piatti (1, 2, 4, 8, 9, 10, 13), Rocco Pietro Spigno (3a, 3b, 11); Le schede della Provincia di La Spezia sono a cura di Sonia Braga; Le schede della Provincia di Savona sono a cura di Giorgia Barzetti; Le schede della Provincia di Imperia sono a cura di Claudia Andreotta Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 89 giuSeppe tAmpieRi genovA GRATTACIELO DELLE POSTE 1. Giuseppe Tampieri Le attività di terra e di mare, 1954-1955, 6 altorilievi in marmo di Carrara, cm 100 x 120 cad. L'opera è costituita da due pannelli in marmo, ognuno dei quali suddivisi verticalmente in tre riquadri posti a coprire le fiancate laterali del portale d'ingresso dell’edificio. Tra le prime costruzioni interessate dalla “legge del 2%” a Genova, il cosiddetto “grattacielo” genovese, realizzato nei primi anni cinquanta, si contraddistingue per l’avvenuta integrazione nei suoi spazi tra architettura e intervento decorativo. L'artista scelto per assolvere a tale compito, il romagnolo Giuseppe Tampieri, trasferitosi a Genova nel 1950, lavora a bassorilievo il marmo per rappresentare l'allegoria del lavoro attraverso la raffigurazione delle attività di mare, nella fiancata sinistra, di terra, in quella destra. Le prime si riferiscono alla navigazione, all’attività ittica e al lavoro portuale; le seconde, invece, presentano l'attività agricola, mineraria e industriale-siderurgica. L'impianto figurativo dei pannelli attinge al linguaggio di matrice realista che nel secondo dopoguerra ha avuto ampio seguito in Italia. L'opera di Giuseppe Tampieri, molto apprezzata in questi anni a Genova, richiama la lezione del grande maestro Arturo Martini, attraverso una semplificazione delle forme che, tuttavia, non rinuncia mai alla centralità della figura umana. “La riproposta dell’allegoria e dell’altorilievo di sapore neoquattrocentesco, caro a scultori e ceramisti del periodo, riflette la polivalenza espressiva e operativa della specifica ricerca faentina, nella quale Tampieri si cala allorché esegue lavori in marmo (i pannelli dell’Allegoria del lavoro di terra e di mare, 1955)” (Ghetti Baldi 1999, p. 13). Il tema dell’allegoria del lavoro sarà poi riaffrontato dall’artista nel pannello in ceramica realizzato per la sede della Cassa di Risparmio di Genova (1968) e nei dipinti eseguiti per la Banca di Romagna di Faenza (1983). Il palazzo, oggetto negli anni di operazioni di lottizzazione, è oggi suddiviso in appartamenti e uffici di proprietà privata. Bibliografia di riferimento: Ghetti Baldi, in Bagattoni 1999, pp. 11-15; Bagattoni 1999, in Bagattoni 1999, pp. 42 - 45; Fochessati, in Rotondi Terminiello 2009, p. 75. 89 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 90 edoARdo AlfieRi genovA PALAZZO DELLA PROVINCIA 2. Edoardo Alfieri [“La città del Sole”] [L’agricoltura, L’assistenza ai malati di mente, L’assistenza agli anziani, L’attività marittima, I lavori pubblici, L’istruzione pubblica], 1954-1955, 6 bassorilievi in pietra Gallina di Vicenza, cm 200 x 120 cad. Nel 1954 lo scultore Edoardo Alfieri vince il concorso nazionale per l’esecuzione di due pannelli decorativi per il nuovo edificio degli Uffici dell’amministrazione provinciale genovese, inaugurato il 23 maggio 1953. La giuria giudicatrice, riunitasi nel 1954, e composta dagli artisti Guido Galletti, Giovanni Solari, Paolo Silvio Rodocanachi, Dino Gambetti, Lorenzo Garaventa e Luigi Navone, aveva selezionato il bozzetto dal titolo “La città del sole”: l’opera, che consiste in due pannelli posti a decorare i lati d’ingresso dell’atrio del palazzo, suddivisi ciascuno in tre ulteriori pannelli dalle medesime misure, illustra i diversi settori dell’attività lavorativa della Provincia di Genova: Assistenza ai malati di mente, Assistenza all'infanzia, Opere pubbliche, Istruzione pubblica, Agricoltura e Attività marinara. Nel 1956, poco dopo la loro collocazione nell’edificio, i bozzetti dei pannelli dedicati ai lavori pubblici e all’assistenza ai malati di mente vengono esposti, insieme al modello della Fede - la statua che sarà collocata presso il Porticato di Sant’Antonino al Cimitero monumentale di Staglieno nel 1957 (cfr. scheda 19a) - nella sala personale dedicata allo stesso Alfieri alla Biennale di Venezia. Numerosi sono anche gli studi di figura che Alfieri realizza per tale progetto, oggi conservati nelle Collezioni d’arte della Provincia di Genova e che rivelano una “maggiore libertà espressiva” rispetto alla “rigidezza compositiva” dei rilievi (Fochessati 2008, p. 53). Questi, infatti, pur essendo completamente occupati da figure di lavoratori, assistenti e assistiti, compongono una perfetta ed equilibrata immagine plastica, che non lascia spazio al caos, per far esaltare invece quel realismo descrittivo in “assonanza stilistica e iconografica con le contemporanee esperienze del realismo sociale” (Ibidem). All’interno di un ben strutturato gioco di gesti e di azioni che ricompone l’immagine di una provincia composta da uomini attivi e laboriosi, Alfieri riesce a far coniugare la stilizzazione e la pienezza delle forme della lezione picassiana - che nel secondo dopoguerra aveva attratto molti artisti – con il carattere narrativo tratto dai grandi maestri dell’arte plastica medievale, in primis, di Giovanni Pisano (Sborgi 1998, p. 30). Bibliografia di riferimento: Nuovo palazzo degli uffici. I pannelli simbolici dell’atrio, in Provincia di Genova. Opere edili, Genova, s.d., pp. 3839; Sborgi 1998; Fochessati, Giubilei 2008, pp. 47-63. 90 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 91 guido gAlletti EX FACOLTÀ INGEGNERIA (OGGI SCUOLA POLITECNICA DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA) 3a. Guido Galletti La Parola, Il Simbolo, Il Disegno, Il Modello, 1963, bassorilievo in marmo bianco, cm 190 x 90 x 10 Nella perizia relativa ai lavori di completamento di un Padiglione della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova è contenuto il verbale per la scelta di un bassorilievo in marmo bianco statuario destinato all’abbellimento artistico dell’edificio di via all’Opera Pia Causa. Nel gennaio 1964 Gian Vittorio Castelnovi, allora Soprintendente alle Gallerie e Opere d’Arte della Liguria e Leonardo Bucci, tra gli architetti progettisti dei lavori, scelgono dallo studio di Guido Galletti, di comune accordo, un bassorilievo delle dimensioni di cm 190 x 90 sul quale sono raffigurate quattro figure, rappresentanti rispettivamente La Parola, Il Simbolo, Il Disegno e Il Modello. Il rilievo, destinato in un primo tempo alla parete destra dell’ingresso principale, sulla facciata dell’edificio, viene poi, durante le operazioni di posa, ancorato alla sua sinistra. Guido Galletti (18931967), nato a Londra ma genovese di formazione, fu legato all’Accademia Ligustica dapprima come studente, quindi come accademico di merito e titolare della cattedra di scultura. Influssi Liberty ne caratterizzano gli esordi, genovA anche se dopo il primo conflitto mondiale, cui prende parte in prima persona, il suo stile vira verso una maggiore sintesi e austerità, anche in rapporto alle tendenze classiche e rigorose che prendono via via campo in quegli anni. Nel secondo dopoguerra l’indole severa e classicista si stempera in un naturalismo suggestivo caratterizzato in maniera decisa da movimento e chiaroscuro. Nel rilievo eseguito per il nuovo Padiglione della Facoltà di Ingegneria la sintesi rappresentativa delle figure si contamina con il decorativismo delle forme arboree di sfondo, al quale viene affidato il compito di scandire lo spazio, alla maniera dei rilievi medievali. La volumetria compressa dei corpi sembra potenziare il significato simbolico del rilievo attribuendogli senso in rapporto all’edificio per cui viene acquistato. Bibliografia di riferimento: Marcenaro 1986; Sborgi 1989; Spigno, in Magnani 2014, pp. 251-253. Riferimenti documentari: Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Primo Padiglione - Facoltà di Ingegneria, Lavori di completamento di un padiglione della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova”, Perizia n. 8111/Ge (ex 8720) del 15 gennaio 1964. 91 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 92 Silvio conSAdoRi genovA EX FACOLTÀ INGEGNERIA (OGGI SCUOLA POLITECNICA DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA) 3b. Silvio Consadori L’Energia, 1963, affresco con finitura a encausto, cm 1240 x 540 Nell’atrio della Scuola Politecnica Ingegneria e Architettura dell’Università di Genova in via Opera Pia Causa si trova un ampio e importante affresco dell’artista Giuseppe Silvio Consadori il cui tema viene indicato nel bando di concorso pubblicato nel 1962: “L’uomo e l’energia, considerando le energie naturali utilizzate dall’uomo quali l’energia muscolare, la forza degli animali, l'energia del vento, dell'acqua, del fuoco, dell'elettricità, della materia, nucleare”. Nella nota disciplinare del 15 novembre 1962 il Ministero dei Lavori Pubblici rende pubbliche le norme e le condizioni per il conferimento a Giuseppe Silvio Consadori dell’incarico esecutivo. Il 15 marzo 1963 Gian Vittorio Castelnovi, Soprintendente alle gallerie, verifica il buon andamento complessivo del lavoro, nonché le varianti rispetto al bozzetto che, tuttavia, non ne modificano valore e significato. Silvio Consadori si forma tra Brescia, Roma e Parigi. Professore al liceo dell'Accademia di Brera, è presente alle Quadriennali romane, alle Biennali veneziane e alle mostre della Permanente a Milano. Si dedica alla pittura da cavalletto e a grandi cicli di affreschi, nonché a mosaici di arte sacra per importanti fondazioni religiose italiane e vaticane. La sua peculiare abilità nell’affrescare grandi spazi gli consente di affrontare con disinvoltura la prova genovese, per la quale pensa al territorio circostante come elemento portante; la collina di Albaro con Villa Cambiaso, emblema dell'architettura di villa genovese e sede della Facoltà cui si deve la committenza dell'affresco diviene palcoscenico per la rappresentazione dei temi richiesti dal bando. Il profilo alto delle colline che si staglia sulla striscia turchina del cielo sembra ricordare quel Trattenimento in un giardino di Albaro (1735) di Alessandro Magnasco (Genova 1667-1749) che nel Settecento testimonia la bellezza e l'amenità di quello stesso paesaggio che, ancora duecento anni più tardi, si fa ispiratore di suggestioni pittoriche. Nell'affresco si celebra anche la Genova moderna con i suoi alti palazzi insediati sulla collina; si ricorda l'attività portuale, presenza forte che si impone con le alte prue delle navi affacciate sul limite inferiore dell'opera e il lavoro umile e faticoso dei suoi abitanti, raffigurati attraverso un realismo classicheggiante che, nel ricordo di Novecento, sembra risalire alle sorgenti del Rinascimento italiano. Non manca la celebrazione della Ricerca portata in primo piano e resa necessaria per conquistare la contemporaneità, 92 MACROSCHEDE rappresentata in secondo piano dai missili pronti alla partenza. Nella gestione della grande spazialità, l’opera fluisce armonica attraverso le sapienti pennellate dell'artista che lascia alla città una delle sue più sintetiche e singolari prove di moderno frescante. L'8 aprile 1963 il lavoro risulta terminato e il 27 agosto dello stesso anno il Soprintendente Castelnovi ne firma il collaudo. Bibliografia di riferimento: Ghilardi 1975; Toscani 1991; Ferrari 2001; Gualdoni 2009; Spigno, in Magnani 2014. Riferimenti documentari: Concorso nazionale per l’ideazione e realizzazione di opere artistiche da eseguirsi nell’edificio della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, in G.U. n. 114 del 4 maggio 1962, pp. 1863-1864; Esito del concorso nazionale fra artisti italiani per l’ideazione e realizzazione di opere artistiche da eseguirsi nell’edificio della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, in G.U. n. 240 del 24 settembre 1962, p. 3940; Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, Perizie sui lavori di opere d’arte per l’abbellimento dell’edificio del 27 febbraio 1963, prot. n.327; del 15 marzo 1963, prot. n.415; del 31 maggio 1963, prot. n. 821; Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Genova, faldone “Edilizia Universitaria”, cartella “Costruzione della nuova facoltà di Ingegneria”, Disciplinare Facoltà Ingegneria, prot. n.1132 del 19 luglio 1963 e n. prot. 1237 del 27 agosto 1963. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 93 emAnuele luzzAti genovA SCUOLA PRIMARIA PRATO 4. Emanuele Luzzati [senza titolo], 1967, terracotta smaltata con decoro a smalti policromi, dimensioni varie La vicenda dell’assegnazione diretta a Emanuele Luzzati “dell'esecuzione dell'opera da collocare nell'edificio scolastico elementare di Genova Prato” ha inizio nel 1960 quando l’Ingegnere Capo dei Lavori Pubblici sollecita la Direzione Belle Arti a predisporre un bando di concorso per la scuola elementare di Prato. Alla pubblicazione di un bando di concorso pubblico, tuttavia, si preferisce la nomina di una commissione giudicatrice preposta alla scelta diretta dell’artista (tra i membri si ricordano l'Assessore alle Belle Arti Mario Cifatte, la Direttrice dell'Ufficio Belle Arti e Antichità, Caterina Mercenaro, il Soprintendente alle Gallerie della Liguria, Giovanni Castelnovi e il progettista dell'edificio, Roberto Tassistro). Nel 1962 la commissione sceglie di affidare l’incarico a Emanuele Luzzati che, nella seduta del 14 settembre 1964, presenta un bozzetto per un pannello in ceramica policroma da applicare, secondo la volontà del progettista, alla parete interna dell'edificio. Il bozzetto viene particolarmente apprezzato per la “maggiore ricchezza di colore presentata dal bozzetto rispetto a quella espressa nella parete decorata dallo stesso Luzzati nel bar dell’Accademia” (Cifatte, in Commissione per la scelta dell’artista, 1964). Nel 1966, quando l'opera è pronta per essere collaudata, l'artista, in accordo con la commissione e il progettista, sceglie di collocarla sulla facciata esterna dell'edificio, ritenendo tale spazio più consono per accoglierla (lettera di Luzzati a Castelnovi del 10 ottobre 1966). Il bozzetto, ora conservato presso la Soprintendenza, riporta la numerazione per la collocazione delle formelle raffiguranti gli episodi colombiani. L'opera è composta da 18 formelle di ceramica policroma tutte inscrivibili in un quadrato e disposte in maniera alternata all'interno di un rettangolo dallo sviluppo verticale. Il tema colombiano, in realtà, non era nuovo per Luzzati: negli anni cinquanta, infatti, in occasione del celebre progetto del Calendario Colombiano (1951) l’artista illustra raccontando per immagini, mese per mese, le vicende biografiche e le avventure del concittadino genovese. Episodi che Luzzati decide di riutilizzare anche in questo nuovo progetto plastico: la nascita e la formazione a Genova; il viaggio in Spagna e l’incontro con il re Ferdinando II d’Aragona e Isabella di Castiglia che concedono a Colombo protezione e aiuto; l’arrivo in America e l’incontro con le popolazioni indigene e il ritorno in Spagna. Quest’opera, inoltre, si inserisce all’interno della ricca produzione ceramica, in particolare per arredo urbano o architettonico, alla quale si dedica tra gli anni cinquanta e gli inizi degli anni settanta presso la fornace del Bianco a Pozzo Garitta. Si pensi, tra gli altri, al rilievo del Genio Civile di Imperia (scheda n. 64d), al ciclo sulla Scoperta dell’America per l’Azienda Autonoma di Soggiorno di Albisola, al Cristoforo Colombo in Albisola ebbe i natali della Collezione del Comune di Albissola Marina, al fregio dei Re Magi e, infine, alla già citata decorazione per il bar dell’Accademia di Genova, oggi perduta. Bibliografia di riferimento: Giubbini, Sborgi 1991; Airaldi, Parma 2006, pp. 208220; Valenti 2008, pp. 318-319. Riferimenti documentari: Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle Arti, cartella 22, fascetta 74/31- Opere d’arte in edifici pubblici (1958-1975): lettera inviata dall’Ing. Capo dei Lavori Pubblici alla Direzione Belle Arti del 13 luglio 1960, nomina commissione giudicatrice del 7 settembre 1961, verbale seduta commissione giudicatrice dell’11 settembre 1964, lettera inviata dalle Belli Arti alla ripartizione Amministrativa dei Lavori Pubblici datata 9 dicembre 1966; Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Pratica espletata con relativo collaudo, Genova - Prato - Scuola elementare”: documento relativo alla Commissione per la scelta dell’artista cui affidare l’esecuzione dell’opera d’arte da collocare nell'edificio scolastico elementare di Prato del 14 settembre 1964, lettera inviata da Emanuele Luzzati a Giovanni Castelnovi del 10 ottobre 1966, lettera inviata da Emanuele Luzzati al Comune di Genova Lavori Pubblici del 14 gennaio 1967, Lettera conferimento di incarico per l’opera d’arte nella scuola elementare di Prato del 25 gennaio 1967, n. prot. 174 e lettera al Comune di Genova dal Soprintendente Castelnovi relativa al collaudo dell’opera del 12 marzo 1967. 93 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 94 enzo vicentini genovA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO GALEAZZO ALESSI 5. Enzo Vicentini Chirone, 1967-1968, Objects trouvés di ferro assemblati, pietra, cm 196 x 180 x 130 (ingombro) La scuola Galeazzo Alessi di Pegli è attualmente sede sia dell'opera scultorea del mantovano Enzo Vicentini, sia del bozzetto originale utilizzato per il concorso per opere d'arte, ancora contrassegnato dal suo motto, “Ferrum 3”, che garantiva, come previsto, l'anonimato dell'artista fino all'assegnazione del lavoro. La scultura, realizzata assemblando objects trouvés di ferro facilmente riconducibili alla loro precedente funzione grazie ai marchi di fabbrica lasciati a vista, collocata tra due colonne nell'atrio principale della scuola, è posta su un piedistallo su cui sono impresse firma e data di realizzazione. Per ricostruire la vicenda di questa opera risulta di notevole importanza la relazione illustrativa che ne ha accompagnato l’iter concorsuale, conservata presso l’archivio della Soprintendenza di Genova, dalla quale si evince come l'artista intendesse procedere: “consiste nell'utilizzo di molti elementi del suddetto metallo, che per forma e senza perdere il carattere relativo al loro uso, si modificano, nella loro destinazione, aderendo al significato plastico del soggetto”. L'opera rappresenta il centauro Chirone, figura mitologica di precettore che ebbe tra i suoi allievi anche Achille, il quale, nella versione definitiva dell'opera, cavalca la sua schiena brandendo un arco. Il bozzetto in ferro, donato dall'artista, arreda oggi l’ufficio del Preside. Riferimenti documentari: Archivio della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Genova, Pegli, Pratica espletata con relativo collaudo, Edificio Scolastico Villa Doria”: Bando di concorso nazionale a' sensi della Legge 1949 n. 717 e della Legge 3 marzo 1960 n. 237 per la creazione ed esecuzione di opera d'arte del nuovo edificio scolastico adibito a scuola nella Villa Doria 94 MACROSCHEDE a Genova-Pegli, 30 giugno 1967; relazione illustrativa del bozzetto contrassegnato col motto “Ferrum 3”, s.d. Sitografia di riferimento: Per Enzo Vicentini, in “IN Netweek Mantova”, http://man tova.netweek.it/notizie/cronaca/per-enzo-vicentini2068818.html, data ultima consultazione: 19 febbraio 2016. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 95 RoSARio SARo miRAbellA genovA SCUOLA MEDIA INFERIORE ALESSANDRO VOLTA 6. Rosario Saro Mirabella La forza del toro, 1968, mosaico su carta a rovescio con tessere miste, cm 278 x 269 L'opera parietale, collocata nell'atrio di fronte alle scale di ingresso, è caratterizzata da linee spezzate e da colori accesi. Saro Mirabella e Vittorio Tani, vincitori del concorso bandito nel 1966, scelgono di rappresentare, tramite la tecnica del mosaico, un paesaggio portuale, al centro del quale si riconosce una figura zoomorfa, che riconduce al motto “la forza del toro”. Dal verbale di assegnazione si evince che Saro (Rosario) Mirabella aveva partecipato al concorso con due diverse proposte, entrambe finaliste: il secondo bozzetto, contraddistinto dal motto “lo slancio dell'aquila”, potrebbe avere un legame con l'opera musiva presente in un'altra scuola nelle vicinanze, l’ex Istituto Casaregis di Sampierdarena (cfr. scheda n. 28), il cui autore risulta tuttora ignoto a causa della perdita della documentazione relativa all'esito del concorso. Essendo l’opera di Sampierdarena databile agli anni immediatamente successivi rispetto a quella di Cornigliano ed essendo riscontrabile una certa affinità stilistica, si potrebbe proporre un’attribuzione allo stesso Mirabella. Del mosaico della Scuola Alessandro Volta si possiede, invece, un'ampia documentazione, che comprende la relazione illustrativa allegata al bozzetto dall’artista: “[...] Per la realizzazione del mosaico verranno impiegate tessere di varia grandezza e di tipo diverso, miste tra smalti e pietre naturali dove il colore lo esiga. Le tessere in smalto saranno utilizzate per le tonalità azzurre e per i toni freddi, mentre quelle in pietre naturali verranno usate per i toni caldi pastello [...]”. La pratica musiva riveste un ruolo secondario nell’ambito della produzione di Saro Mirabella, artista noto soprattutto per i suoi dipinti e i suoi disegni. Bibliografia di riferimento: Valenti 2008, p. 319. Riferimenti documentari: Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle Arti, cartella 22, fascetta 74/31 - Opere d’arte in edifici pubblici (1958 -1975), lettera inviata dalla Commissione giudicatrice all’Assessore alle Belle Arti, datata 7 luglio 1965; Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, Fondo “Legge 2%”, Comune di Genova, Ripartizione Amministrativa Lavori Pubblici: Bando di concorso nazionale a' sensi della Legge 29 luglio 1949 n. 717 e della Legge 3 marzo 1960 n. 237 per la creazione ed esecuzione di opera d'arte nel nuovo edificio scolastico “A. Volta” sito in Genova via Cornigliano del 2 maggio 1966, Verbale della Commissione della scelta per l'artista a cui affidare l'esecuzione dell'opera d'arte da collocare nello edificio scolastico adibito a scuola media “A. Volta” in Genova Cornigliano del 20 giugno 1967. Sitografia di riferimento: Archivio Saro Mirabella, http://www.saromirabella.it/opere.asp, data ultima consultazione: 20 febbraio 2016. 95 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 96 loRenzo gARAventA SCUOLA ELEMENTARE NICCOLÒ PAGANINI DI GENOVA PRÀ 7. Lorenzo Garaventa Orfeo, 1969, marmo bianco, cm 400 x 78 x 78 ca. Nella prima perizia relativa alla costruzione di una scuola elementare nel quartiere CEP di Prà, datata 1962, il progetto prevedeva la realizzazione di un'opera d'arte molto differente da quella effettivamente portata a compimento nel 1969: l'indicazione, infatti, riferiva di un “pannello decorativo in ceramica smaltata di metri 3,00 x 2,50” per una spesa stimata di 1.400.000 lire, probabilmente da collocarsi, secondo l'idea del progettista, su una delle pareti dell'edificio. Nei documenti successivi, datati 1969, si esplicita il metodo di assegnazione dell’incarico per chiamata diretta: una commissione, appositamente formata, affida all'artista ligure Lorenzo Garaventa la realizzazione genovA di una scultura in marmo bianco a tutto tondo rappresentante un Orfeo musico, scelta che, secondo la commissione, risulta a livello tematico maggiormente in correlazione con l'intitolazione della scuola e più adatta, a livello formale, ai peculiari spazi della struttura. Nel luglio 1969 l'artista informa l'ufficio del Genio Civile di Genova che l'Orfeo è concluso. La scultura viene collocata nella piazza senza nome antistante l'ingresso della scuola. Tuttavia, in anni recenti, la sua collocazione diventa oggetto di dibattito: a seguito dello spostamento dell'Orfeo in Piazza De Ferrari nel 2014, in occasione di una mostra dedicata all'artista dall'Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova, il “Comitato genitori delle scuole di Ca' Nuova” ha caldeggiato il ritorno della statua nella sua originale posizione. Celere è stata la risposta della Fondazione Garaventa che ha sottolineato l’inadeguatezza della collocazione originaria. Per il futuro è stata ipotizzata dunque una sistemazione differente in una piazza di maggiore frequentazione del quartiere CEP di Prà. Bibliografia di riferimento: Sborgi 1992; Parodi 1995. Riferimenti documentari: Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Genova, faldone “Edilizia scolastica”, cartella "Per la costruzione di una scuola elementare nel quartiere C.E.P. di Genova/Prà”, computo metrico estimativo, Mod. Pg. 3 n. 9, Art. 26 del 1963; relazione sul conto finale e certificato di regolare esecuzione, Mod. Lv. 16 datata 1969; lettera di Lorenzo Garaventa all'Ufficio del Genio Civile, prot. n. 1675 del 24 luglio 1969; certificato di pagamento, s.d. Sitografia di riferimento: Guido Barbazza, Il Garaventa itinerante: la statua di Orfeo trasferita da Ca' Nuova a Piazza De Ferrari, in http://www.supratutto.it/?p=1747, data ultima consultazione: 18 febbraio 2016. Fondazione Garaventa, http://www.fondazionegaraventa.it/index.php, data ultima consultazione: 18 febbraio 2016. Riccardo Porcù, Ca' Nuova, La statua di Orfeo cerca una nuova collocazione, in http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2014/05/02/AQelJXgC-statua_collocazione _orfeo.shtml, data ultima consultazione: 18 febbraio 2016. Riccardo Porcù, CEP, ancora polemiche sulla collocazione dell'Orfeo di Garaventa, in http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2014/05/03/AQGRuhiC-collocazione_garaventa_polemiche.shtml, data ultima consultazione: 18 febbraio 2016. 96 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 97 giAnnetto fieSchi SCUOLA ELEMENTARE GIUSEPPE GARIBALDI 8. Giannetto Fieschi [senza titolo], 1972, 2 decorazioni murali a tecnica mista (tempera su tela, affresco, pittura su vetro, disegno, ricamo), cm 190 x 575 ca. Il 13 dicembre 1968 il Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche per la Liguria bandisce un concorso nazionale per l’ideazione e la realizzazione di due figurazioni allegoriche in pietra di Finale rosata “rappresentanti cose e persone attinenti alla denominazione della scuola ed alle principali attività didattiche” e di “decorazioni murali atte a rappresentare didascalicamente, secondo i modi più idonei all'intendimento infantile, la variabile semanticità dell'immagine attraverso le formulazioni stilistiche che sono state proposte nel corso dei secoli, in varie tecniche (graffito, encausto, affresco, mosaico, rilievo) e con particolare riferimento alla cultura della forma moderna e contemporanea". Qualche mese prima, tuttavia, lo stesso testo era stato utilizzato per un altro bando di concorso - destinato alla vicina scuola di San Teodoro, in salita Gesù e Maria (cfr. scheda n. 24) - rimasto disatteso. È Giannetto Fieschi ad aggiudicarsi entrambi i concorsi interpretando in maniera originale le condizioni del bando. Per la scuola Garibaldi l’artista satura le due pareti frontali dell’atrio. Nella parete di destra intende esemplificare le maggiori tecniche utilizzate dall'antichità a oggi: ad eccezione del disegno infantile e del ricamo, Fieschi è l’autore di questa serie di opere di pic- genovA colo formato, accompagnata da didascalie esplicative dell’origine e della storia della tecnica (la grafica, la vetrata, il mosaico e l’affresco). A sinistra, invece, il pittore presenta l'evoluzione della concezione della forma e dell'immagine attraverso la storia dell'arte, i movimenti e gli stili che l'hanno caratterizzata, dall'antico Egitto al Cristo Pantocrate bizantino, dall’arte rinascimentale con l’uomo vitruviano di Leonardo al Barocco con una delle ultime e più emblematiche opere di Michelangelo Merisi da Caravaggio, David con la testa di Golia (1610), fino alla svolta nel campo dell’ottica e della percezione avvenuta con l’invenzione della fotografia e in quella delle avanguardie artistiche dei primi anni del Novecento, in particolare con la costruzione cubista della realtà da parte di Pablo Picasso. Bibliografia di riferimento: Fieschi, Giubbini 1986; Crispolti 1999. Riferimenti documentari: Concorso nazionale per l’ideazione e la realizzazione di opere artistiche da eseguirsi nella scuola elementare “G. Garibaldi”, G.U. n. 316 del 13 dicembre 1968; Esito del concorso nazionale fra artisti italiani per la ideazione e realizzazione di opere artistiche da eseguirsi nella scuola elementare G. Garibaldi, in Genova, G.U. n. 129, 25 maggio 1970; Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio Genio Civile di Genova, faldone “Edilizia scolastica”, cartella 67, Lettera di incarico, 5 dicembre 1970. 97 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 98 RAimondo SiRotti ISTITUTO TECNICO STATALE E LICEO MARCONI DELPINO 9. Raimondo Sirotti [“De rerum natura”], 1972 - 1973, 3 tempere su muro, cm 180 x 1300, 180 x 750 (Istituto tecnico statale); cm 180 x 360 (Liceo Marconi Delpino) Secondo il “Computo delle opere d'arte di abbellimento” redatto dalla Provincia di Genova l'11 maggio 1962, gli interventi artistici da realizzarsi per il Centro Studi Medi di Chiavari avrebbero dovuto essere molteplici: una decorazione a tempera della parete di fondo dell'Aula Magna, una decorazione a tempera di due pannelli nell'atrio del Liceo scientifico e una di un pannello nell'atrio dell'Istituto tecnico commerciale e per Geometri; un pannello scultoreo in pietra di Finale sulla parete esterna del liceo e uno su quella dell'istituto tecnico. L’attenzione posta dalla committenza nei confronti di una reale integrazione tra impianto decorativo e architettonico è testimoniata da numerosi progetti contenenti prospetti in scala 1:50 degli inserimenti dei particolari decorativi nelle pareti. Se gli interventi scultorei non vengono poi assegnati ad alcun artista, le decorazioni murali sono affidate a Raimondo Sirotti, vincitore del concorso bandito dalla Provincia nel novembre del 1969. Dal verbale della commissione giudicatrice, formata da Germano Beringheli, dai rappresentanti dei sindacati nazionali di artisti, Clemente Bernasconi, Tonino Grassi e Giannetto Fieschi, dal progettista dell’edificio, Adriano Guglielmi, dal Soprintendente alle Gallerie della Liguria, Gianvittorio Castelnovi e da alcuni membri dell’Amministrazione provinciale, si evince il motto scelto dall’artista di Bogliasco: “De rerum natura”. Come l’intitolazione del motto rende esplicito in questi interventi parietali Sirotti si concede nuovamente a quel naturalismo astratto che caratterizza la sua produzione pittorica dagli anni cinquanta e che si traduce in un equilibrato rapporto di luce, colore e materia. In particolare, per la grande decorazione pittorica destinata alla parete dell’aula magna 98 MACROSCHEDE genovA dell’istituto tecnico - che si inserisce perfettamente nello spazio di quella che è oggi diventata la palestra dell’edificio scolastico - l’artista crea una sorta di grande finestra pittorica su un esterno fittizio di natura dalle suggestioni mediterranee dai colori “blu e freddi (con le consuete accensioni di gialli e di rosa) che assorbono la luce e la imprigionano in un pattern di ombre e di forme sfuggenti” (Solimano 1996, p. 16), non prive di un carattere inquietante e misterioso. Bibliografia di riferimento: Solimano 1996; Marasco, Sirotti, Sirotti 2005. Riferimenti documentari: Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Genova, fascicolo 38, cartella “Lavori di costruzione centro studi medi (Liceo scientifico ed Istituto tecnico commerciale per geometri) Comune di Chiavari”, perizia opere d’arte e prospetti particolari decorativi; Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Chiavari (GE) - Centro studi medi”: Concorso pubblico per la progettazione e l’esecuzione delle decorazioni pittoriche nella nuova sede del “CENTRO STUDI MEDI” di Chiavari del 15 novembre 1969 e verbale della seduta della commissione giudicatrice del 2 marzo 1971. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 99 Stelvio bottA genovA EX FACOLTÀ DI SCIENZE (OGGI DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA TERRA, DELL’AMBIENTE E DELLA VITA - DISTAV) 10. Stelvio Botta [senza titolo], 1972-1974, scultura in acciaio CORTEN, cm 700 x 150 x 150 Dopo il concorso vinto da Nello Bini, Stefano D’Amico e Giannetto Fieschi per la realizzazione di tre opere in metallo nella nuova sede della Facoltà di Scienze in corso Europa (cfr. schede n. 26a, 26b, 26c), nell’agosto del 1972 il Ministero della Pubblica Istruzione e il Rettore dell’Università degli Studi di Genova bandiscono un nuovo concorso per l’ideazione ed esecuzione di un’opera d’arte destinata all’abbellimento di un edificio del complesso universitario rimasto “emarginato” nella precedente vicenda concorsuale. Secondo il bando l’opera avrebbe dovuto essere “in metallo o altro materiale durevole” e sarebbe stata destinata al “ritaglio di area ricavato sulla destra dell’ingresso principale del nuovo edificio sede degli istituti della facoltà di scienze”. Le richieste da parte della committenza pubblica sono precise anche per quanto riguarda le misure: l’opera, infatti, avrebbe dovuto essere alta non meno di 7 m e con una base non superiore a un quadrato di m 1,50 x 1,50. La complessità dell’esecuzione di una scultura così imponente risulta direttamente proporzionale a quella dei lavori di stabilità e di messa in posa che l’artista avrebbe dovuto progettare. Il vincitore del bando, infatti, il Prof. Stelvio Botta, si impegna, nel Disciplinare di conferimento dell’incarico, a “realizzare l’opera in lamiera di acciaio “CORTEN” di spessore mm. 2,5 a nudo, così come ideato nel bozzetto, particolare al vero e disegno presentati al concorso” e a fornire una ricca documentazione composta da numerosi e precisi progetti dell’opera (vista fianco destro, vista fianco sinistro, elementi verticali, inclinati e profilati, vista fronte, vista dietro e sezione a quota) e delle sue componenti, che oggi hanno permesso di ricostruirne parzialmente la memoria. Accanto ai prospetti un ulteriore documento, la verifica statica della scultura, è utile per comprendere la complessità del progetto di Stelvio Botta. Se dalla documentazione relativa al collaudo l’opera risultava effettivamente installata nel luogo al quale era destinata già nel dicembre 1974, non sono state ancora rintracciate le ragioni della sua rimozione e distruzione. Riferimenti documentari: Concorso per l’ideazione ed esecuzione di un’opera d’arte destinata all’abbellimento del nuovo edificio sede degli isti- tuti della facoltà di scienze dell’Università di Genova, in G. U. n. 203 del 4 agosto 1972, pp. 5581-5582; Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio Genio Civile di Genova, faldone “Opere edilizie: edilizia universitaria 21 Genio Civile Genova – Titolo III classe D. Edifici demaniali”, cartella “Costruzione nuova facoltà Scienze – Opere d’arte”, fascicolo “Stelvio Botta”, contratto del 9 gennaio 1974; Disciplinare del 9 gennaio 1974, Verifica statica della scultura del Prof. Botta del 10 gennaio 1974; Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “GENOVA – Facoltà di Scienze”, Certificato di collaudo del 19 dicembre 1974 per il “Nuovo edificio sede degli Istituti della Facoltà di Scienze – Corso Europa – Genova - Opere d’arte”. 99 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 100 Angelo biAncini genovA SCUOLA DI SANT’EUSEBIO 11. Angelo Biancini [“Dalla scuola materna l’indirizzo per un cammino didattico e sociale”], 1975, 2 pannelli in ceramica, cm 200 x 150 Il 25 giugno del 1973 si riunisce la commissione giudicatrice del concorso nazionale per la realizzazione di due pannelli in ceramica a decorazione dell’edificio scolastico di via Val Trebbia a Sant’Eusebio. La commissione è costituita da Bruno Orsini per l’Assessorato all’Edilizia Pubblica, Vincenzo Oddi per l’Ufficio di Belle Arti e Storia, Gianfranco Bruno per l’Accademia Ligustica, Giannetto Fieschi e Nino Zucco in rappresentanza del Sindacato nazionale Artisti, Giovanni Castelnovi per la Soprintendenza alle Gallerie ed opere d’arte della Liguria e, infine, Gianfranco Gilardi in qualità di progettista dell’edificio. Dal concorso emerge come vincitore il bozzetto contrassegnato dal motto “Dalla scuola materna l’indirizzo per un cammino didattico e sociale”, realizzato dall’artista Angelo Biancini. L’opera, consegnata nel 1975 nei tempi e modi stabiliti dall’incarico ufficiale assegnato il 30 dicembre 1974, è costituita da due pannelli ceramici delle dimensioni di 2 metri per 1.50, all’interno dei quali l’artista raffigura, con linguaggio sinteticamente espressivo e con vivace policromia, il cammino di crescita dell’individuo, dalla scuola materna alla vita lavorativa. Aderente a un linguaggio figurativo semplificato, l’artista declina liberamente le storie narrate sui pannelli ceramici le cui superfici scabre potenziano gli effetti chiaroscurali. Bibliografia di riferimento: Valenti 2008, p. 319; Brugnoni 2013. Riferimenti documentari: Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle Arti, cartella 22, fascetta 74/31-Opere d’arte in edifici pubblici (1958-1975); Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio Genio Civile di Genova, faldone “Edilizia scolastica”, cartella “Scuola di sant’Eusebio”, Comitato Regionale di Controllo n. 1474/2191 del 23 gennaio 1975; Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Genova – Scuola località S. Eusebio”, certificato di collaudo del 20 febbraio 1976. 100 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 101 gino giAnnetti AEROPORTO INTERNAZIONALE CRISTOFORO COLOMBO 12. Gino Giannetti La Vela di Colombo, 1990, fusione in bronzo, cm 500 x 300 x 150 ca. L'opera di Giannetti fa parte di una serie di progetti intrapresi all'inizio degli anni novanta per la celebrazione dei cinquecento anni dall'arrivo di Cristoforo Colombo nelle Americhe. Il Consorzio del Porto di Genova assegna il progetto all'artista dopo regolare concorso nel 1989. genovA L’opera doveva andare a completare l'inaugurazione della nuova aerostazione, avvenuta nel 1986, che aveva preso il posto della precedente struttura. La statua è formata da sei vele in bronzo assemblate su due lati, la cui superficie reca scene relative alla dimensione del volo e del viaggio e in generale alla città di Genova: il viandante in un bosco fitto; la caduta di Icaro; la Lanterna; Cristoforo Colombo che scruta l'orizzonte dalla prua della sua nave; due uomini a cavallo. Alla sua esecuzione è stata dedicata una notevole attenzione: la Vela di Colombo, infatti, prima di essere posta nella sua destinazione definitiva viene presentata a Roma sulla Terrazza del Pincio nel 1990 e all'Expo di Siviglia nel 1992. Inoltre, Giannetti realizza una copia dell’opera pensata per essere donata allo Stato di New York. Dal 1998 la copia si trova in New Jersey in una piazza che, in seguito alla posa della scultura, ha cambiato la sua intitolazione da piazza del Liberty State Park a Columbus Monument Plaza. Accanto alla Vela è posta una lapide che in italiano e in inglese celebra l'impresa di Colombo e ricorda la donazione alla città di New York dell'opera gemella; le parole sono accompagnate dal motto “Navigare... Volare... Sognare”, che lo stesso Giannetti aveva scelto precedentemente per caratterizzare la sua proposta durante lo svolgimento del concorso. Altre piccole riproduzioni di 15 centimetri per 100 grammi in lamina d'oro, a tiratura limitata, vengono realizzate dalla Zecca dello Stato, co-finanziatrice del progetto. Bibliografia di riferimento: Carli 1992. Riferimenti documentari: Esito del concorso nazionale per opere artistiche, destinate all'abbellimento della nuova aerostazione passeggeri, dell'aeroporto di Genova-Sestri, in G.U. 4ª serie speciale n. 25 del 31 marzo1989. Riferimenti sitografici: AdnAgenzia, 1492-1992: la Vela di Colombo parte per New York, http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/1992/05/26/Altro/1492-1992-LA-VELADI-COLOMBO-PARTE-PER-NEW-YORK-3_18570 0.php, data ultima consultazione: 20/08/2015 Musei Vaticani, Gino Giannetti, Cenni Biografici, http://mv.vatican.va/1_CommonFiles/pdf/Eventi/conferenze/30_conf_Giannetti_cv.pdf, data ultima consultazione: 20/08/2015. 101 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 102 AuRelio cAminAti TEATRO DELL'OPERA CARLO FELICE 13. Aurelio Caminati Mediterraneo (Partenza dell'ammiraglio genovese Guglielmo Embriaco); Mediterraneo II (Costruzione di un fondaco nell’isola di Tabarca, tra la costa di Bona e Bisera, in Tunisia, prima metà del Cinquecento), 1991, 2 affreschi, cm 400 x 900 cad. Il ciclo di affreschi, concepito da Aurelio Caminati per le nicchie ai lati della base del “cono” del foyer principale del Teatro dell’Opera Carlo Felice, si ispira, su precisa richiesta del bando di concorso del 1989, a episodi della storia genovese. L’artista sceglie due precisi momenti della storia di Genova colonizzatrice del Mar Mediterraneo: la partenza dell’Ammiraglio Guglielmo Embriaco per la prima Crociata in Palestina del 1102 e la costruzione di un fondaco nell’isola di Tabarca (Tabarka) prospicente la costa tunisina. Per la prima opera l’artista decide di dedicare interamente la parete centrale della nicchia alla rappresentazione dell’equipaggio dell’ammiraglio Embriaco che, all’interno del suo veliero, indica la direzione ai marinai, dai volti inespressivi e vuoti, che lo accompagnano, remando, lontano dalla costa genovese, della quale si intravede ancora il simbolo, la Lanterna. Il secondo, invece, rievoca la dominazione dei genovesi nel Mar Mediterraneo con la rappresentazione della costruzione di un fondaco nell’isola di Tabarca, episodio che, come ricorda Franco Ragazzi, era divenuto un celebre modello della grande decorazione genovese del XVI secolo, grazie all’af- 102 MACROSCHEDE genovA fresco di Luca Cambiaso in Palazzo Lercari Mitica costruzione di un fondaco per Megollo Lercari ordinata dall’Imperatore di Trebisonda (Ragazzi 1998, p. 35). I due affreschi identificano un nuovo passaggio tecnico, stilistico e tematico nella ricerca complessa e varia dell’artista. Come ha evidenziato Franco Sborgi nel testo critico presentato in occasione di un’esposizione del 1992: “La tecnica dell’affresco e il tema determinato propongono nuove problematiche all’artista, abituato com’è a servirsi in modo del tutto libero tanto delle diverse processualità della pittura, quanto di un immaginario altrettanto libero e non prefigurato o prefigurabile” (Sborgi 1992, p. 8). La rigidità dell’affresco viene superata dall’impiego di un’operatività caratterizzata dal gesto pittorico aperto e dall’uso di “strumenti molto liberi come spugne, pennellesse” (Ibidem). Un processo documentato sia dai numerosi acquerelli preparatori, bozzetti e cartoni (conservati in parte presso la collezione del Museo di Villa Croce), sia da una nutrita e preziosa documentazione fotografica della fase di realizzazione in loco degli affreschi (oggi custodita all’interno del Fondo Caminati presso l’Archivio d’Arte Contemporanea - AdAC dell’Università degli Studi di Genova). Bibliografia di riferimento: Iovino 1991; Sborgi 1992; Ragazzi 1994; Ragazzi, in Sborgi 1998, pp. 34-37. Riferimenti documentari: AdAC, Fondo Caminati, Fotografie. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 103 AdRiAno leveRone genovA CIMITERO DEI PINI STORTI 14. Adriano Leverone Dalla terra al cielo, 2004, fusione in bronzo, cm 490 x 120 x 140 Nel 1989 viene pubblicato il bando di concorso relativo all'ampliamento architettonico del Cimitero di Sestri Ponente nel quale venivano richieste due possibili proposte per la realizzazione di una croce in bronzo. L'esito del concorso si ha nel 2003 con l'assegnazione dell'incarico all'artista Adriano Leverone per un progetto che si discosta profondamente dall'idea classica della croce cristiana da collocare alla sommità di un frontone. L'artista propone il tema della Resurrezione – non solo di Cristo, ma di tutte le anime - attraverso una forma plastica allegorica che alluda all'ascesa dello spirito dalla dimensione concreta della sepoltura a quella incorporea. L’opera consiste in un monolite di bronzo, lavorato in modo da sortire l’effetto di una materia scabra, sormontato da una forma ovoidale liscia e dorata che rappresenta la pura anima del defunto e, nel contempo, il seme di una nuova vita. La realizzazione della scultura è accompagnata da una piccola pubblicazione omonima promossa dal Comune di Genova che ne documenta le fasi di esecuzione, dal modello alla fusione vera e propria, avvenuta in collaborazione con la Fonderia Artistica Battaglia di Milano. L'opera, collocata alla sommità del frontone, è fruibile su due livelli: dal basso, frontalmente, e dal retro sul medesimo livello in cui è posizionata. A causa dell’esposizione agli agenti atmosferici cui l’opera è costantemente sottoposta, la doratura che originariamente caratterizzava l’ovale è oggi completamente scomparsa. Sulla passeggiata del lungomare di Arenzano, in provincia di Genova, è collocata una versione in scala ridotta dell'opera, firmata dallo stesso artista. Bibliografia di riferimento: Leverone 2004. Riferimenti documentari: Concorso Nazionale relativo a opere di abbellimento artistico, per l'ampliamento del Cimitero dei Pini Storti a Genova-Sestri Ponente, in G.U. 4ª serie speciale n. 55 del 21 luglio 1989; Archivio della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Ampliamento del Cimitero dei Pini Storti, a Sestri”, Convocazione della Commissione giudicatrice del concorso per l'esecuzione dell'opera di abbellimento artistico - Comune di Genova, Prot. n. 24043 del 27 maggio 2003. Sitografia di riferimento: Adriano Leverone, http://www.leveronesculptor.com, data ultima consultazione: 19 febbraio 2016. 103 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 104 C A MOG L I iStituto pRofeSSionAle AlbeRghieRo i.p.S.S.A.R. mARco polo 15a. Ivo Gensini [Le attività di mare] 1970 3 bassorilievi in cemento cm 230 x 400 cad. 15.b Ivo Gensini [Il Marinaio di Coffa] 1970 scultura in acciaio COR-TEN cm 200 x 50 ca. CHIAV A R I iStituto pRofeSSionAle Autonomo giovAnni cAboto 16. Stefano D'Amico [senza titolo] 1974 pannello in ceramica policroma cm 150 x 580 CICAGNA ScuolA mediA StAtAle AmAdeo peteR giAnnini 17. Vittorio Mazzola [Il Lavoro] [post 1961] bassorilievo in ardesia cm 75 x 120 x 7 GENOVA pRovveditoRAto RegionAle Alle opeRe pubbliche peR lA liguRiA 18a. Eugenio Da Venezia [senza titolo] 1954 10 mosaici in pietra dimensioni massime: cm 450 x 200 18b. Idro Colombi [senza titolo] 1955 2 pannelli in marmo rosa del Portogallo con rilievi in rame smaltato cm 70 x 160 cad. cimiteRo monumentAle di StAglieno 19a. Edoardo Alfieri Fede 1954-1956 2 statue in marmo bianco cm 300 (h) cad. 104 MICROSCHEDE 19b. Edoardo Alfieri Speranza 1954-1956 2 statue in marmo bianco cm 300 (h) cad. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 105 G E N OV A StAdio cARlini 20. Valdieri Pestelli L’atleta Giacomo Carlini 1956 marmo cm 200 x 80 liceo giAn domenico cASSini 21a. Sergio Selva [Le materie scientifiche nella scuola] e [La scienza moderna] 1962 2 mosaici cm 325 x 330 x 67; cm 306 x 700 21b. Elia Ajolfi [senza titolo] 1964 5 altorilievi in pietra di Borgio Verezzi cm 161 x 68 ca.; cm 139 x 80 ca.; cm 100 x 362 eX fAcoltÀ ingegneRiA (oggi ScuolA politecnicA di ingegneRiA e ARchitettuRA) vedi schede collegate 3a, 3b 22. Nanni Servettaz L’anfora 1963 scultura in marmo cm 105 x 40 x 25 AgenziA del demAnio (eX edificio ufficio dipendenti StAtAli) 23. Edoardo Alfieri [senza titolo] 1968 ca. 2 colonne in marmo cm 400 x 110 (d) ScuolA elementARe AdelAide mAmeli 24. Giannetto Fieschi Il destino [post 1969 - ante 1971] tempera su carta da spolvero, tela e intonaco cm 330 x 1380 ca. 105 MICROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 106 G E N OV A liceo Scientifico enRico feRmi 25a. Valdieri Pestelli [senza titolo] 1970-1972 3 rivestimenti in ceramica su pilastro (2) e su muro (1) cm 380 x 100 x 50;cm 270 x 60 x 30; cm 100 x 550 25b. Valdieri Pestelli [senza titolo] 1970-1972 3 altorilievi in pietra di Finale cm 200 x 436 eX fAcoltÀ di Scienze (oggi dipARtimento di Scienze dellA teRRA, dell’Ambiente e dellA vitA - diStAv) vedi scheda n. 10 26a. Stefano D'Amico [senza titolo] 1972 ca. rivestimento di pilastro in acciaio laminato cm 300 x 90 (d) x 15 (p) 26b. Giannetto Fieschi [senza titolo] 1972 scultura in ferro cm 140 x 1100 x 20 26c. Nello Bini [senza titolo] 1972 rame cm 140 x 500 x 20 polo didAttico monoblocco chiRuRgico 27a. Antonio Virduzzo [senza titolo] 1973 2 pannelli scultorei in metallo cm 345 x 120 27c. Angelo Bozzola [senza titolo] 1972-1973 scultura in acciaio inox cm 200 x 150 x 100 106 MICROSCHEDE 27b. Antonio Virduzzo [senza titolo] 1973 scultura in metallo cm 270 (h) Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 107 G E N OV A ScuolA mediA infeRioRe SAn pieR d'ARenA (eX iStituto cASARegiS) 28. [Enzo Vicentini?] [senza titolo] [post 1970] mosaico cm 350 x 150 ScuolA StAtAle i.t.c.S. luigi einAudi 29a. [L. D.] Corradi [senza titolo] [post 1973] 3 mosaici in pietra cm 295 x 73 (1); cm 90 x 657 (2) 29b. [?] Menozzi [senza titolo] [post 1973] due pannelli in bronzo cm 98 x 40 cad. ScuolA mediA pARini 30. [Stelvio Pestelli?] [senza titolo] [post 1973 – ante 1975] 3 rilievi in terracotta cm 190 x 380 pAlAzzo Sede RAi 31. Agenore Fabbri [senza titolo] [s.d.] metallo dipinto cm 573 x 200 x 3 ScuolA pRimARiA hAnS chRiStiAn AndeRSen 32a. Emanuele Luzzati [senza titolo] pittura su ceramica [1984 ca.] cm 100 x 400, piastrelle cm 20 x 20 32b. Emanuele Luzzati Pulcinella [1984 ca.] pittura su carta cm 300 x 450 (3 pannelli cm 300 x 150) 107 MICROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 108 G E N OV A ScuolA hAnS chRiStiAn AndeRSen 32c. Emanuele Luzzati Gioco dell’oca [1984 ca.] tecnica mista (tempera e pizzi incollati) su carta cm 300 x 500 32d. Emanuele Luzzati Filastrocca corta e sciocca [1984 ca.] 4 decorazioni in ceramica dipinta cm 100 x 560 cad. piastrelle cm 20 x 20 32e. Emanuele Luzzati Vagone dei mesi [1984 ca.] pittura su ceramica cm 100 x 2000 piastrelle cm 20 x 20 teAtRo dell'opeRA cARlo felice - vedi scheda n. 13 33a. Raimondo Sirotti Il Paradiso di Bernardo Strozzi [post 1989 - ante 1991] arazzo cm 300 x 300 33b. Raimondo Sirotti Il Pastorale di Grechetto [post 1989 - ante 1991] arazzo cm 300 x 300 33c. Giovanni Ceccarelli detto Nerone Viva Schönberg 1989-1990 pittura su alluminio 125 pannelli cm 1000 x 2000; mq 200 33d. Biagio Miceli, Diego Attilio Mario Raco [senza titolo] 1997 bassorilievo in bronzo cm 180 x 390 centRo di biotecnologie AvAnzAte 34. Arnaldo Pomodoro [senza titolo] 1994 scultura in bronzo cm 370 x 250 108 MICROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 109 35a. Antonio Quaranta [senza titolo] 1994 3 plinti di base per aste e sculture, pietra, bronzo cm 1500 (ingombro) G E N OV A cApitAneRiA di poRto di genovA 35b. Luigi degli Abbati [senza titolo] 1999 mosaico pavimentale cm 1800 x 2000 x 6, mq 360 35c. [ignoto] [senza titolo] 1999 3 pannelli in bronzo cm 120 x 200; cm 120 x 400; cm 120 x 200 A.d.p.S. pRÀ SApello 1952 36. Stefano Patti [senza titolo] 1997 2 bassorilievi in bronzo cm 80 x 140 AReA veRde pubblico SopRAnnominAtA “giARdini eX elAh” 37. Antonino Cerda Halexe 2002 scultura in marmo cm 140 x 126 x 63 g. S. SpeRAnzA 38. Pietro Millefiore Il viaggio attraverso la voga 2004 4 pannelli in resina e pittura acrilica su cartone e legno cm 95 x 285 109 MICROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 110 G E N OV A centRo civico di voltRi 39. Aurelio Caminati, Raimondo Sirotti [senza titolo] 2004 pittura e stampa su ceramica cm 140 x 200 cASeRmA degli Agenti, cASA ciRcondARiAle di mARASSi 40a. Stefano Cioffi sound.org(an) 2008 olio su tela cm 70 x 100 40b. Gino Filippeschi Sulle onde 2008 olio su tela cm 70x100 40c. Giuliano Giuman Inizio 2008 olio su tela di lino cm 180 x 90 40d. Lorenzo Gallo detto Renzogallo [senza titolo] 2008 ca. installazione in bronzo misure variabili 40e. Michele Valenza detto Cossyro Caduta e ripresa 2008 ca. olio su tela cm 90 x 180 40f. Enzo Tardia Modulo rosso/nero 2008 acrilico su carta cm 70 x 100ì RAPA LLO ScuolA elementARe guglielmo mARconi 41a. Luigi Comazzi [senza titolo] [post 1961 – ante 1963] scultura in bronzo cm 210 x 100 x 30 110 MICROSCHEDE 41b. Italo Primi [L’educazione scolastica] 1963 8 bassorilievi in ceramica cm 160 x 335 x 65 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 111 RE CCO pAlAzzo comunAle di Recco 42a. Nanni Servettaz Le gioie dell’uomo 1955 bassorilievo in pietra di Finale cm 278 x 230 cad. 42b. Nanni Servettaz Il lavoro 1955 bassorilievo in pietra di Finale cm 278 x 230 cad. liceo Scientifico StAtAle dA vigo nicoloSio dA Recco 43. [Giambattista Valdieri Pestelli] [senza titolo] [post 1963- ante 1974] 2 rivestimenti in ceramica smaltata su pilastro e su muro cm 256 x 45 x 52; 120 (d) ROSSIGLIONE piAStRA AmbulAtoRiAle diStRetto 8 44. Lorenzo Garaventa [senza titolo] [s.d.] bassorilievo in marmo cm 220 x 80 111 MICROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 112 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 113 PROVINCIA DI LA SPEZIA L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN PROVINCIA DI LA SPEZIA Sonia Braga Solo pochi edifici pubblici in provincia di La Spezia presentano opere d’arte realizzate per ottemperare alla legge 29 luglio 1949, n. 717 recante «Norme per l’arte negli edifici pubblici», esempi limitati al capoluogo e ai centri più grandi come Sarzana. In provincia, soprattutto per quanto riguarda l’edilizia scolastica, le occasioni perdute superano i casi di effettiva applicazione del procedimento legislativo e le opere d’arte, quando presenti, in particolare nei licei artistici o negli istituti d’arte, vanno ricondotte perlopiù a donazioni di artisti locali oppure a iniziative spontanee. La stessa situazione si ripete per l’edilizia sanitaria: basti l’esempio del concorso, poi sfumato, che avrebbe dovuto interessare il nuovo ospedale di Sarzana progettato da Giovanni Michelucci, tra i massimi esponenti del modernismo architettonico in Italia. Si assiste, dunque, a un’applicazione tardiva della legge, con i primi interventi databili alla fine degli anni sessanta. Il primo caso risale, infatti, al 1969, anno in cui l’amministrazione comunale di Sarzana bandisce il concorso nazionale per l’abbellimento artistico della Scuola Media Giuseppe Carducci, un moderno edificio razionalista con annessa palestra per lo svolgimento di attività sportive. La struttura di via Luigi Neri 22 conserva ancora oggi le opere d’arte che vi furono collocate nel 1970. Si tratta, come richiesto dal bando1, di un pannello a rilievo e di una scultura destinate all’atrio della scuola, opere che illustrano temi legati alla vita degli adolescenti. Risultano vincitori del concorso due scultori: Ugo Guidi, carrarese di formazione ed esecutore (con Giuseppe Cannavacciolo) del pannello in bronzo Giochi della gioventù, e Dino Paolini, autore del bronzo (senza titolo) raffigurante un adolescente nudo impegnato in un esercizio ginnico. Entrambe le opere sono datate 1970. Il pannello ad altorilievo di Ugo Guidi allievo di Arturo Dazzi e suo assistente presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara - si ricollega, dal punto di vista stilistico, alle numerose sculture che l’artista ha dedicato al tema sportivo2, tra le quali il monumentale Portiere in travertino posto davanti all’ingresso dello stadio comunale di Forte dei Marmi, uno dei suoi lavori più noti che gli fu commissionato proprio nel 1969. Tema centrale dell’opera Giochi della gioventù è la rappresentazione allegorica, attraverso il gioco e l’attività sportiva, delle età della vita umana. La scultura di Dino Paolini recupera e attualizza modelli legati al realismo del secondo dopoguerra e all’esperienza milanese della Galleria 15 Borgonuovo: sono molti i nudi femminili degli anni settanta stilisticamente affini alla figura di adolescente conservata presso la scuola media di Sarzana, sia per quanto riguarda la sperimentazione sui materiali dell’arte plastica, sia per lo studio accurato dei volumi nello spazio, esito di una profonda riflessione sull’opera di Henry Moore3. 113 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 114 PROVINCIA DI LA SPEZIA 114 Solo nel 1994 la “legge del 2%” è stata applicata ad alcuni edifici pubblici del capoluogo spezzino, tra cui il Tribunale di Giustizia di La Spezia (scheda n. 47), progettato da Ignazio Gardella nel 1966 e ultimato nel 1994, e la nuova sede della questura, un palazzo in vetro e acciaio disegnato dall’architetto romano Giorgio Sant’Andrea (scheda n. 46), entrambi situati in viale Italia. Il bando di concorso per le opere d’arte da destinare alla nuova sede della questura prevedeva l’assegnazione di un lotto di sei opere4:una scultura da collocare all’esterno, nella zona di ingresso del palazzo, un pannello in mosaico da posizionare in una sala comune, due dipinti e due sculture da sistemare all’interno dell’edificio. I luoghi scelti per l’installazione delle opere non rivelano particolare attenzione al legame con i volumi architettonici. Solo in un caso il bando richiede “una scultura da posizionare all’esterno […] dove è stato predisposto un piano di appoggio”5, accorgimento che intenderebbe valorizzare la vista dell’opera dalla strada. Si pone anche attenzione al materiale, “marmo bianco o pietra chiara”6, per accentuare il contrasto cromatico con gli esterni dell’edificio. Il lotto viene assegnato allo scultore Ettore Consolazione, autore di una scultura in travertino romano riconducibile alla serie degli Enigmi7, sculture astratte, talvolta di grandi dimensioni, che l’artista ha realizzato dagli anni novanta a oggi8. Tutte le altre opere si trovano all’interno del palazzo: al piano terra un pannello a mosaico in tessere vitree firmato Piero Dorazio e Paolo D’Orazio9; nell’ufficio del questore una tecnica mista di Lorenzo Gatti che riecheggia lo stile macchinista di Fernand Léger, un dipinto di Antonio D’Acchille eseguito secondo lo stile citazionista della pittura colta10, tela che raffigura un’allegoria della fedeltà al governo, e due sculture realizzate rispettivamente dall’artista armeno Henrig Bedrossian11 e da Claudio Capotondi12 scultore romano che da molti anni vive e lavora a Pietrasanta, dove realizza creazioni in marmo, pietra, acciaio. Nel 1994 è stato inoltre pubblicato il bando di concorso per un’opera da destinare al Palazzo di Giustizia di La Spezia, edificio completato circa vent’anni dopo la stesura del progetto di Ignazio Gardella, datato 1966. La relazione tecnica, attualmente conservata presso l’Archivio Storico del Comune, descrive in modo esaustivo la planimetria, i materiali e la struttura del nuovo tribunale. Sono questi gli anni in cui l’architetto milanese ricorre spesso a forme geometriche semplici come l’esagono, il cubo, il triangolo e il quadrato, “forme sintetiche nelle quali il volume e la pianta cessano di subire deformazioni o erosioni ed esprimono il concetto kahniano di ‘forma-idea’, antitetico a quello di ‘forma-funzione’ che lo stesso Gardella enuncia per il progetto del Teatro di Vicenza”13. Solidi euclidei che, come nel caso del Palazzo di Giustizia, diventano metafora - monumentale e concettuale - delle funzioni che si svolgono all’interno dell’edificio, simbolo di ordine e razionalità. Il tribunale ha una pianta quadrata ed è sollevato dal suolo grazie alle colonne di notevole diametro. Visto da lontano appare come un enorme volume cubico scandito, in superficie, dal ritmo ripetuto dei setti verticali che separano le singole finestre, sormontato da un cornicione marmoreo. Le facciate sono rivestite da lastre in marmo di Carrara bordacciato o spuntato, una tonalità calda cui fanno da contrappunto i serramenti in acciaio verniciato a fuoco. Nel 1970 Gardella stesso compilò la prima stima sommaria per le opere di abbellimento artistico, un progetto che comprendeva diversi gruppi scultorei da posizionare all’esterno dell’edificio e negli atrii del primo, secondo e terzo piano, un pannello policromo per l’Aula di Assise, due dipinti destinati ai luoghi di rappresentanza14. L’iniziativa fu presto accantonata: il concorso indetto nel 1994 richiedeva l’esecuzione di una sola scultura da collocare all’esterno dell’edificio, visibile anche dalla strada15. La commissione giudicatrice rifiutò i primi progetti perché privi di qualsiasi relazione con il contesto architettonico: “Nessuno presenta quei requisiti formali e tecnici commisurati alla rile- Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 115 PROVINCIA DI LA SPEZIA vanza della committenza e della destinazione. Questo in modo specifico in relazione al manufatto architettonico, di grande valore artistico, e dello spazio urbano entro cui andava collocata l’opera”16. L’esperimento fu quindi ripetuto nel 1996, e tra i bozzetti pervenuti, la commissione17 scelse il progetto dello scultore tedesco Christopher Klein, vincitore del concorso con l’opera “Cacto”, così chiamata dal motto indicato per partecipare alla competizione. La scultura, costituita da aste in bronzo lunghe sette metri disposte secondo un modello che ricorda i bastoncini dello shangai, presenta inoltre un progetto di light design che valorizza e accentua il dialogo con l’architettura, grazie a suggestivi giochi di luci e ombre proiettate sulla facciata dell’edificio (scheda n. 47). Lo ha descritto con grande efficacia e forza evocativa l’artista spezzino Francesco Vaccarone, in un intervento pubblicato su il “Secolo XIX”: Rientrando in auto alla Spezia ho visto per la prima volta la scultura di Klein illuminata, verso la mezzanotte. Una piacevole sorpresa. Mi sono fermato per guardarla meglio, questa scultura che misura la centralità dello spazio mediante numerosi ‘giavellotti’ bronzei con le punte rivolte verso l’alto esalta, con la ruvidezza monocromatica della loro materia, la presenza di questa sorgente luminosa. I fari, che sottolineano la superficie dei singoli elementi che si danno separatamente e nello stesso tempo in relazione tra loro, conferiscono alla scultura una leggerezza metafisica che non ho più trovato con la luce del giorno, che anzi ne esalta la pesantezza vitale. La stessa relazione tra la scultura e l’architettura muta con il mutare della luce18. Nel 2002 il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto bandisce il concorso per l’acquisizione di opere d’arte da destinare alle sedi di Sarzana-Luni, Vibo Valentia Marina, Trieste e agli uffici circondariali marittimi di Cetraro (Cosenza) e Soverato (Crotone)19. Al Comando Base Aeromobile di Sarzana-Luni è riservato un lotto di sette opere ispirate al tema del soccorso in mare con mezzi aerei: due sculture in bronzo, realizzate da Paolo Belgioso20 e Graziano Pompili, sono destinate agli esterni, mentre un pannello a rilievo sul tema delle leggende marine locali, eseguito a tecnica mista da Claudio Pellegrini, è collocato nell’ufficio di rappresentanza. Fanno parte del lotto anche due dipinti eseguiti da Achille Pace e Gianni Borta, un mosaico di Claudia Peill che raffigura “koala”, elicottero usato come mezzo di soccorso dalle capitanerie di porto, e una fontana artistica di Ettore Consolazione sul tema del volo per l’area verde che circonda la palazzina logistica. Le opere, perlopiù figurative, hanno principalmente una funzione decorativa e di rappresentanza, mentre quelle collocate negli spazi esterni sono progettate con maggiore attenzione allo spazio architettonico, quasi a segnare il passaggio tra i diversi edifici e le aree verdi che li circondano. Il concorso più recente (2009) è quello bandito dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per la nuova sede del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di La Spezia: tre opere ispirate al motto “Cives defendimus acquae ignisque furore” sono realizzate da Maria Vill e David Mannstein, Giovanni Sicuro e Enrico Durì, e da Gino Filippeschi. Opere dal carattere decorativo che non rivelano particolare attenzione al legame tra arte e architettura, realizzate principalmente per abbellire gli ampi spazi di rappresentanza. Altri concorsi, come quello bandito nel 2010 per la riqualificazione architettonica e artistica di Piazza Verdi, promosso da La Marranarteambientale di Montemarcello e messo in opera dal Comune di La Spezia, hanno proposto modelli alternativi sul tema del dialogo arte-architettura21. Il concorso, che prevedeva la presentazione di progetti ideati da una coppia artista-architetto, è stato vinto da Daniel Buren e Giannantonio Vannetti, che ridisegneranno, con un intervento in situ, la storica piazza su cui affaccia il Palazzo delle Poste di Angiolo Mazzoni, decorato dai mosaici futuristi di Fillia e Prampolini. 115 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 116 PROVINCIA DI LA SPEZIA 116 NOTE: 1 Il concorso, indetto dopo l’approvazione della delibera n. 84 (16 luglio 1968) del consiglio comunale di Sarzana, fu pubblicato all’albo del comune nel novembre del 1969. Il bando, conservato presso l’archivio storico della Regione Liguria, richiedeva l’esecuzione di “un pannello verticale di qualsiasi forma, purché inscritto in un rettangolo avente base di 125 cm e altezza di 250 cm, monocromo o policromo, trattato in una o più delle seguenti materie: pietra, mosaico, metallo semplice o smaltato, legno, ceramica. L’opera dovrà esprimere, nel modo più libero e fantasioso, motivi propri alla vita dell’adolescenza” e di “una scultura in marmo, pietra, bronzo, legno o ceramica con larghezza non superiore a 100 cm e altezza non superiore a 250 cm compresa la base con motivi legati alla vita dell’adolescenza”. 2 Cfr. Claudio Giumelli, Ugo Guidi in Umberto Baldini (a cura di), La Scultura Toscana del Novecento, Nardini Editore, Firenze, 1980 e Alessandra Frosini, Ugo Guidi: Opere 1969-1977, Gipsoteca Andreotti, Pescia 2007. 3 Cfr. Mario Ghilardi (a cura di), Paolini. Sculture – disegni – pastelli (Broni, centro artistico Contardo Barbieri, 1972), Broni (Pavia) 1972; Riccardo Barletta (a cura di), Dino Paolini: la scultura? Sì solamente la scultura (Milano, galleria d’arte Radice, 1997), Silvia Editrice, Cologno Monzese 1997. 4 G.U. Serie Speciale n. 28 dell’8 aprile 1994. 5 Ibidem. 6 Ibidem. 7 Cfr. David Frapiccini, Ettore Consolazione. Enigmi, in “Arte e critica”, n. 9, Roma, 1996; Enzo Bilardello, Concorsi negli edifici pubblici, F.lli Palombi Editori, Roma 1996; Anna Maria Corbi (a cura di) Enigmi (Roma, galleria Officina di Gorgia, 1996) Roma 1996. 8 Un’opera della medesima serie, Enigma sul carbone, è stata realizzata da Ettore Consolazione nel 2008 per la sede dell’Unipol Headquarter in piazza dell’Esquilino a Roma; di recente, una fontana artistica dal titolo Enigma in acqua (2015) è stata collocata all’esterno di un edificio pubblico a Nettuno, in provincia di Roma. 9 Pseudonimo di Piero Giustino, nato a Chieti il 2 settembre 1944. L’artista ha esposto le sue opere, incentrate sul rapporto pittura-luce-colore, in Italia e all’estero. 10 Cfr. Antonio D’Acchille, il piacere dell’illusione (Francavilla al mare, Museo Michetti, 7 agosto - 4 settembre 2011), Silvana Editoriale, Milano 2011. 11 Scultore e pittore, Henrig Bedrossian è nato a Yerevan in Armenia, 61 anni fa. Dal 1972 al 1974, frequenta l’Accademia Alexis Butros di Beirut. Prosegue la sua formazione all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove si è diplomato. Vive e lavora a Roma. Le sue sculture in ottone sono caratterizzate dall’uso di forme primitive e di materiali insoliti, in particolare l’ottone accostato a curiosi oggetti trovati. Cfr. Pinin Manoukian (a cura di), Bedrossian (Milano, Centro d’arte Bellora, 1990), Armena Editrice, Venezia 1990. 12 Claudio Capotondi è nato a Tarquinia nel 1937, ha vissuto e lavorato tra Roma (1962 - 1999) e New York (1984 - 1989). Nel 1967 ha frequentato l’Accademia di Salzburg e nel 1969 ha partecipato su invito al Simposio internazionale di Lindabrunn in Austria. Nel 1973 ha fondato un atelier a Pietrasanta, laboratorio dove ancora oggi crea le sue sculture. Ha fatto parte del Gruppo Girasole a Roma dal 1964 al 1967. Ha realizzato numerose opere pubbliche, tra cui Torsiotensione (1990) scultura in bronzo per la sede del Consiglio Regionale Lazio, nella Capitale; Fontanasfera (1992) in Piazzale Murialdo a Viterbo; Portaroma (2000), in marmo-travertino, lungo l’autostrada A1 Roma Nord Fiano Romano; Fontanastele (2010), in marmo-travertino a Roma Spinaceto e Tensosfera (2010), in resina e marmo, per la nuova sede della questura di Frosinone, nel Lazio. Altre sue opere pubbliche commissionate per concorso si trovano a Pontassieve (1968), Piacenza (1968), Modena (1975), Roma (1975). 13 Stefano Guidarini, Ignazio Gardella nell’architettura italiana. Opere 1929-1999, Skira, Milano 2002, p. 171. 14 Archivio Storico del Comune di La Spezia, Ignazio Gardella, Palazzo di Giustizia di La Spezia – Stima sommaria opere d’arte, progetto generale, Milano, 1 giugno 1970. 15 Bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della CEE in data 2 giugno 1994 e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana in data 14 giugno 1994, nonché sui quotidiani “La Nazione” in data 24 giugno 1994 e “La Repubblica” in data 19 giugno 1994. 16 Comune di La Spezia, verbale della commissione giudicatrice, concorso per opere d’arte da destinare al Palazzo di Giustizia di La Spezia, 22 giugno 1995. 17 Membri della commissione sono Ferruccio Battolini (storico dell’arte), Marzia Ratti (direttore Musei Civici e biblioteca), Franco Sborgi (docente di storia dell’arte contemporanea, Università degli Studi di Genova), Luigi Cocevari Cussar (architetto), Ignazio Gardella (progettista), Gennaro Mulazzani (soprintendente per i beni artistici e storici della Liguria), Enrico Imberciadori, Eleonora Acerbi, Elio Mercuri (nominati dal Ministero per i Beni Culturali), e Ada Milocani (funzionaria del servizio lavori pubblici). 18 Francesco Vaccarone, “Cacto”, un’opera destinata a piacere, in “Il Secolo XIX”, 17 settembre 1997. 19 Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana in data 19 marzo 2002 (serie speciale n. 19), p. 12. 20 Paolo Belgioioso è nato nel 1955 a S. Antonino di Susa, in provincia di Torino, dove vive e lavora. Allievo dello scultore Sandro Cherchi negli anni 70, è docente presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Dal 1978 espone i suoi lavori in Italia e all’estero. Ha realizzato numerose opere pubbliche eseguite in occasione di concorsi nazionali per opere d’arte, tra cui le sculture presso la Capitaneria di Caorle (Venezia), presso le caserme dell’arma dei carabinieri di Venaria Reale (Torino) e di Rose (Cosenza), e presso la struttura riabilitativa di Man (Trento). Cfr. Lodovico Gierut, De sculptura, Caleidoscopio Edizioni, Monsummano Terme (PT), 2009. 21 Una cronaca dell’evento in Matteo Fochessati, La Spezia: via libera a Buren, in “Il Giornale dell’Arte”, n. 352, aprile 2015, p. 18. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 117 Achille pAce COMANDO BASE AEROMOBILE DELLE CAPITANERIE DI PORTO DI SARZANA-LUNI 45a. Achille Pace Coordinate marine, [post 1960], tecnica mista su tela, cm 100 x 150 Achille Pace (Termoli, 1923) è un artista noto soprattutto per le ricerche neo-concrete condotte nella cerchia romana del Gruppo Uno, collettivo fondato nel 1962 su iniziativa di Nato Frascà, Paolo Santoro, Nicola Carrino e Gastone Biggi. Come altri gruppi attivi nello stesso periodo, tra cui il Gruppo Enne di Padova e il Gruppo T di Milano, elaborò una teoria critica basata sul superamento delle correnti informali, alle quali si preferiva un linguaggio razionale e calibrato, lontano dall’astrattismo lirico e vicino all’esperienza del Movimento Arte Concreta. Allo stesso modo i dipinti di Achille Pace rivelano, dalla metà degli anni sessanta, la ricerca di un’astrazione oggettiva e un’analisi concettuale degli elementi della pittura. In questo periodo il filo di cotone applicato sulla tela, tratto distintivo delle sue opere dal 1959, “perde la sua valenza di racconto assumendo SARzAnA quella di scansione e determinazione del campo cromatico come spazio-luce indefinito” (Ferri, in Gallo 1991, p. 115). Una grammatica pittorica esile e rarefatta, scandita dalle sottili geometrie del filo, che si ritrova nell’opera Coordinate Marine, una tempera su tela con inserti in smalto colorato. “Dopo qualche esperienza con materiali eterogenei, per sperimentare la loro oggettività, non soddisfatto, ho preso questo filo che inizialmente conviveva con il segno pittorico colorato. Queste tele mi hanno permesso di capire che il filo era più interessante del mio segno, più autonomo, reale e imprevedibile”, ha spiegato Pace in un’intervista del 1991 (Pace, in Gallo 1991, p. 21). Il dipinto Coordinate Marine è stato acquistato come “opera al vero” per il comando base aeromobile delle capitanerie di porto di SarzanaLuni in occasione del concorso bandito ai sensi della L. 717/49 nel 2002: il dipinto potrebbe essere stato realizzato in anni precedenti, poiché non era richiesto, in questo caso, presentare schizzi o bozzetti, ma solo un’opera finita da sottoporre alla commissione giudicatrice. Bibliografia di riferimento: Argan 1975; Montana 1976; Gallo 1991. 117 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 118 pAolo belgioioSo SARzAnA COMANDO BASE AEROMOBILE DELLE CAPITANERIE DI PORTO DI SARZANA-LUNI 45b. Paolo Belgioioso Ali sei, 2002-2003, bronzo a fusione, cm 372 x 150 x 50 Allievo dello scultore Sandro Cherchi negli anni ’70 all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e, dagli anni ’80, titolare della cattedra di Anatomia Artistica presso la medesima istituzione torinese, Paolo Belgioioso (Sant’Antonino di Susa, Torino, 1955) ha realizzato numerose sculture ispirate alle forme del corpo umano, avvalendosi sia di materiali tradizionali come il travertino e il bronzo, sia di materiali più duttili e moderni come l’acciaio lucidato. Ali sei è una scultura liberamente ispirata alle attività di soccorso in mare con mezzi aerei, collocata tra la palazzina logistica e l’hangar del comando base aeromobile di Sarzana. L’opera, definita dalla critica “una forma pura di matrice post-boccioniana” (Gierut 2009, p. 25), ricorda una vela spezzata dai venti e ha una patinatura superficiale che, attraverso i contrasti cromatici, conferisce ai volumi leggerezza e dinamismo. L’artista è risultato vincitore di numerosi concorsi nazionali per opere d’arte destinate agli edifici pubblici: tra queste, i mosaici presso il santuario Maria Immacolata di Nevegal (Belluno), le sculture in diversi materiali per la Capitaneria di Porto di Caorle (Venezia), le caserme dell’arma dei carabinieri di Venaria Reale (Torino) e di Rose (Cosenza), la struttura riabilitativa di Man (Trento), la chiesa parrocchiale di San’Antonino di Susa (Torino). Bibliografia di riferimento: Gierut 2009; Poletti 2006. Riferimenti documentari: G.U. 4a Serie Speciale n. 19 del 8 marzo 2002; Archivio del Comune di La Spezia, Paolo Belgioioso, relazione tecnica dell’opera, [2003]. 118 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 119 clAudiA peill COMANDO BASE AEROMOBILE DELLE CAPITANERIE DI PORTO DI SARZANA-LUNI 45c. Claudia Peill Koala, 2003, mosaico in tessere lapidee e pasta vitrea, cm 88 x 326 Koala è il nome di un elicottero utilizzato dal Corpo delle Capitanerie di Porto come mezzo di soccorso: da qui deriva il titolo del mosaico eseguito dall’artista Claudia Peill (Genova, 1963). “La tecnica qui proposta si basa su un disegno fondato su uno sdoppiamento e slittamento, stile attraverso cui intendo esprimere una maggiore rilevanza del soggetto stesso. Il segno, protagonista dell’opera, si spezza, si sdoppia, si sovrappone e si rincorre per ricostituire creativamente le forme primarie dei soggetti originali. Tale frammentazione intende conferire un senso di movimento e dinamismo alla composizione, ma anche leggerezza e velocità, qualità proprie dei mezzi rappresentati”, spiega l’artista. Il SARzAnA mosaico è costituito da tessere irregolari di 10 e 5 mm, ciascuna di materiali policromi diversi: marmi, pietre e smalti che conferiscono all’opera luminosità. Claudia Peill vive e lavora a Roma, dove si è diplomata all’Accademia di Belle Arti nel 1986. Tra il 1999 e il 2000 consegue una borsa di studio in Germania, presso l’Höherweg Studio di Düsseldorf. Nel 1993 tiene la sua prima mostra personale presso la Galleria Stefania Miscetti di Roma. Interessata all’interrelazione tra i linguaggi del contemporaneo, crea opere in cui l’immagine fotografica è rielaborata attraverso interventi pittorici. Vincitrice di alcuni concorsi nazionali per la realizzazione di opere d’arte (L. 717/49), ha realizzato diverse opere pubbliche, tra cui un pannello decorativo per la caserma dei carabinieri di Delia, in Sicilia (1999) e l’installazione Mercurio (2005) per il Museo del Mare e dei Miti di Crotone. Bibliografia di riferimento: Nassisi 1998; Cavallarin 2004; Dambruoso 2012. 119 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 120 ettoRe conSolAzione QUESTURA DI LA SPEZIA 46a. Ettore Consolazione [senza titolo], 1994, scultura in travertino, cm 150 x 150 x 150 La scultura in travertino romano collocata all’ingresso del palazzo della Questura di La Spezia ha le forme astratte di una spirale. È pertanto riconducibile alla serie degli Enigmi, sculture, spesso di grandi dimensioni, che Ettore Consolazione ha realizzato dagli anni novanta a oggi, in molti casi progettate per importanti edifici pubblici. Un’opera della medesima serie, Enigma sul carbone (2008), si trova, infatti, nella sede dell’Unipol in piazza dell’Esquilino a Roma, e, in tempi recenti, una fontana artistica dal titolo Enigma in acqua (2015) è stata collocata all’esterno di un palazzo pubblico a Nettuno, in provincia di Roma. Quando nel 1994 l’opera di Consolazione fu installata nel nuovo palazzo della Questura, aveva un basamento che la sosteneva, accanto alla scalinata d’ingresso. Poi, con l’ammodernamento tecnico della struttura, è stata ricollocata alla sommità dell’ascensore accessibile anche dall’esterno. Esito di una riflessione sui linguaggi del post-minimalismo, le sculture dell’artista romano sono caratterizzate 120 MACROSCHEDE lA SpeziA da volumi sinuosi e forme dinamiche: l’opera diventa così “dispositivo di uno spazio scenico” (Ferri 2005, p. 7), che ridefinisce la percezione dello spazio in cui è collocata. “Personalmente intendo la scultura come elemento scenografico del teatro della vita e dello spazio in cui si vive (…) anche da questa analogia scultura-architettura nasce la teatralità dell’opera se la si intende come particolare spazio scenico” (Consolazione, in Ferri 2005, p. 12). Un’estetica della riduzione formale, quindi, sempre più vicina alla dialettica visiva che avvicina l’arte plastica ai valori spaziali dell’architettura. Il critico Filiberto Menna, che più volte si è dedicato alla sua opera, ha così descritto il suo approccio alla scultura: “L’artista diviene costruttore di un universo libero da dipendenze gravitazionali e materiali, che allestisce rapporti puramente spaziali. Questo autorizza la scultura a dimorare stabilmente il mondo, non come arredo ma in quanto plausibile presenza” (Menna 2005, p. 24). Bibliografia di riferimento: Ferri 2005; Menna 2005. Riferimenti documentari: G.U. 4a Serie Speciale n. 28 dell’8 aprile 1994. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 121 chRiStopheR Klein TRIBUNALE DELLA SPEZIA 47. Christopher Klein Chaos, 1997, bronzo, luci al LED, dimensione ambiente Installata di fronte al Tribunale di La Spezia, l’opera di Christopher Klein è costituita da quaranta aste in bronzo lunghe sette metri, ciascuna delle quali è fissata, con inclinazione variabile, su una base circolare che sostiene l’intero gruppo scultoreo. Il minimalismo e la leggerezza dell’installazione dialogano, per contrasto, con il carattere monumentale dell’edificio progettato da Ignazio Gardella per il nuovo Palazzo di Giustizia: “l’opera risolve in maniera dialettica e originale il rapporto con il manufatto architettonico e nel contempo raggiunge esiti di equilibrio nel contesto spaziale complessivo che la ospita” (Verbale della commissione giudicatrice, marzo 1997). Inoltre, laddove Gardella imposta la sua facciata sull’orizzontalità, giocando con la bicromia e la sovrapposizione degli ordini delle finestre, Klein punta sulla verticalità, accentuando questo aspetto mediante un sistema di luci al led che attiva il dialogo con l’architettura. Chiamata genericamente “Cacto”, appellativo che circolò sulle principali cronache dell’epoca, la grande scultura di Klein si intitola in lA SpeziA realtà Chaos, un nome che evoca, in modo più diretto, i bastoncini utilizzati nel gioco dello shangai e che diviene metafora dell’atto di porre ordine al caos. Nato a Colonia nel 1962, Klein ha lavorato per un breve periodo a Pietrasanta, dove ha trasferito il suo atelier. Negli anni duemila ha fondato con il fratello Andreas Klein un laboratorio artistico a Berlino, Sculptorloft, che si dedica alla produzione di oggetti di design, progetti di public art e altri lavori su commissione. Bibliografia di riferimento: Pagano 1997; “Cacto”… 1997; Vaccarone 1997; Lena 1997. Riferimenti documentari: Archivio Comune della Spezia: Approvazione dei bandi di gara per il secondo esperimento del concorso per l’ideazione e l’esecuzione dell’opera d’arte destinata al nuovo Palazzo di Giustizia della Spezia, delibera n. 1054 del 9 maggio 1996 e verbale della terza seduta del Concorso per opera d’arte destinata al Palazzo di Giustizia, delibera n. 411 del 3 marzo 1997. Sitografia di riferimento: Sculptor Loft, http://www.sculptorloft.com/, data ultima consultazione: 29 febbraio 2016. 121 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 122 L A S PE ZIA QueStuRA di lA SpeziA - vedi scheda n. 46 48a. Paolo Dorazio e Piero D’Orazio [senza titolo] 1994 mosaico in tessere di pasta vitrea cm 200 x 300 48b. Lorenzo Gatti [senza titolo] 1994 tecnica mista su tela cm 150 x 200 48c. Antonio D’Acchille [senza titolo] 1994 olio su tela cm 200 x 150 48d. Henrig Bedrossian Stele II 1994 scultura in acciaio verniciato, ottone cm 200 x 50 x 50 48e. Claudio Capotondi [senza titolo] 1994 scultura in marmo cm 200 x 50 x 50 nuovo comAndo pRovinciAle dei vigili del fuoco di lA SpeziA 49a. David Mannstein, Maria Vill Modello di carta 2010 mosaico cm 500 x 200 49c. Gino Filippeschi [senza titolo] 2010 altorilievo in ceramica, smaltato e dipinto cm 120 x 200 122 MICROSCHEDE 49b. Giovanni Sicuro, Enrico Durì Agire 2010 rilievo in marmo cm 130 x 300 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 123 50a. Dino Paolini [senza titolo] 1970 fusione in bronzo cm 200 x 244 S A RZA N A ScuolA mediA StAtAle poggi-cARducci 50b. Ugo Guidi Giuseppe Cannavacciolo Giochi della gioventù 1970 fusione in bronzo cm 200 x 244 comAndo bASe AeRomobile delle cApitAneRie di poRto di SARzAnA-luni - vedi schede nn. 45 a,b,c 51a. Claudio Pellegrini [senza titolo] 2003 tecnica mista cm 250 x 100 51b. Gianni Borta [senza titolo] 2003 olio su tela cm 100 x 150 51c. Ettore Consolazione Volare 2003 fontana in bronzo e travertino vasca interrata: cm 300 (d) x 40 (p), muro: cm 200 x 150 x 30, elemento in bronzo: cm 0,80 x 180 51d. Graziano Pompili Ali 2005 scultura in bronzo cm 270 x 225 123 MICROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 124 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 125 P R O V I N C I A D I S AV O N A L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN PROVINCIA DI SAVONA Giorgia Barzetti L’attuazione della legge n.717/49 nella provincia savonese è principalmente legata alla costruzione di edifici scolastici e di grandi infrastrutture, quali stazioni ferroviarie, l’aeroporto di Albenga e la capitaneria di porto di Savona. La distribuzione geografica degli interventi è poco omogenea: se nelle località di riviera esistono scarse testimonianze dell’applicazione della legge, essa risulta invece maggiormente rispettata nel capoluogo e nei comuni dell’entroterra. Tra le prime opere d’arte documentate risalenti agli anni sessanta, si ricordano quelle realizzate da Roberto Bertagnin1 per la scuola elementare e media di Millesimo (1962). Lo scultore, prestando attenzione al rapporto tra le opere e l’architettura e tenendo in considerazione le finalità educative che esse avrebbero dovuto svolgere, concepisce quattro pannelli ispirati a temi didattico- pedagogici: tre di questi, decorati a sbalzo con figure di atleti, vengono collocati nella palestra della scuola, mentre per l’ingresso l’artista sceglie un pannello in rame raffigurante un’allegoria della vita scolastica e dell’educazione dei fanciulli (scheda n. 53). Similmente, nel pannello ceramico a gran fuoco progettato nel 1962 per la Scuola Elementare Goffredo Mameli di Savona, Aligi Sassu affronta il tema della crescita e della formazione dei bambini nella scuola e nella famiglia2. L’opera viene collocata alla sommità del lato sinistro della facciata nord dell’edificio, una collocazione che si rivelerà nel tempo di scarsa visibilità e fruizione, a causa della quasi totale mimetizzazione con la struttura architettonica (scheda n. 54). Una moderata integrazione tra contesto architettonico e opere d’arte caratterizza anche l’intervento di Agenore Fabbri nella Scuola Elementare e Media Ennio Carando di Savona3. Nel 1965 l’artista, che - nel medesimo anno aveva ricevuto l’incarico su convocazione diretta dell’Amministrazione comunale, presenta due sculture in bronzo realizzate tra il 1955 e il 1959. Le due statue, collocate in origine nel giardino e nell’atrio della scuola e poi conservate in un deposito comunale a causa di lavori di ristrutturazione, risultano oggi completamente snaturate (scheda n. 59a). Diverso l’esito dell’attuazione della legge nel caso degli interventi di ristrutturazione del Padiglione Ospedaliero Noceti in località Santuario, a Savona. Nel 1964 il pittore Eso Peluzzi viene chiamato a decorare le pareti della cappella del Padiglione. L’artista, insieme al nipote Claudio Bonichi, progetta un vasto impianto decorativo che si adatta perfettamente allo spazio architettonico concessogli. Fulcro della narrazione è l’episodio dell’apparizione della Madonna della Misericordia al beato Antonio Botta (scheda n. 59b), accompagnato da scene della vita di Gesù e da alcuni motivi cristologici (scheda n. 59a). Sulle pareti laterali Bonichi dipinge scene illustranti i miracoli attribuiti al- 125 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 126 P R O V I N C I A D I S AV O N A 126 l’intercessione della Madonna della Misericordia4 (scheda n. 59c). Dei dipinti murali, la cui leggibilità è in gran parte compromessa da costanti infiltrazioni di umidità, si conserva ormai solo una documentazione fotografica risalente agli anni ottanta. Rimane invece ancora in buone condizioni il dipinto raffigurante San Martino che Peluzzi aveva destinato all’atrio d’ingresso del Padiglione Noceti, oggi esposta presso la Sala Eso Peluzzi del Museo del Santuario5 (scheda n. 59d). Gli esempi citati di Savona e Millesimo evidenziano la diffusa tendenza delle pubbliche amministrazioni, nei casi di chiamata diretta, a rivolgersi ad artisti di origine locale attivi sul territorio, di chiara fama e di alto profilo artistico quali Bertagnin, Fabbri, Sassu e Peluzzi. Diversamente, nel caso di concorsi nazionali – in particolare quelli banditi dalle amministrazioni centrali - ad aggiudicarsi la vittoria sono, in gran parte, artisti completamente slegati dal contesto locale. Nel luglio 1964 vince il concorso per la realizzazione di opere artistiche per la sede savonese dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro6, il bozzetto contraddistinto dal motto “Scorpione” di Pasquale Ariosto Trinchera, in arte Astorio. L’anno successivo l’artista, originario di Brindisi ma attivo in quegli anni a Roma, conclude il mosaico in tessere polimateriche di soggetto astratto che posiziona su una parete alla sommità delle scale che conducono a una sala d’attesa destinata agli utenti dell’INAIL. Negli anni ottanta l’edificio è oggetto di lavori di ristrutturazione che ne modificano la struttura: la scalinata di accesso al primo piano viene eliminata, la sala d’attesa suddivisa in ambienti più piccoli destinati agli impiegati e il mosaico spostato in un ufficio non accessibile al pubblico, compromettendone la funzione e la stessa fruizione (scheda n. 60). Tra gli anni sessanta e settanta si collocano gli interventi destinati alla stazione ferroviaria di Savona e alla scuola elementare di Carcare. Dopo l’esito invalidato del primo concorso per la realizzazione di opere d’arte nella stazione di Savona Mongrifone, nel 1968 il Ministero dei Lavori Pubblici bandisce una seconda gara. L’opera vincitrice, proclamata nel 1970, è quella presentata dallo scultore romano Luigi Scirocchi in collaborazione con l’architetto Sergio Mezzina7: un progetto complesso e articolato in cui due gruppi, in ferro battuto, rappresentano i flussi in partenza e in arrivo dei viaggiatori che animano la stazione. L’attenzione agli elementi integrativi, la collaborazione con un architetto che lo aiuti a sviluppare un dialogo tra opera d’arte e contesto, i particolari tecnici contenuti nella relazione presentata alla commissione giudicatrice, mettono in evidenza una piena adesione dell’artista agli ideali posti alla base della “legge del 2%” (scheda n. 55). Vince, invece, il concorso bandito nel 1969 dal Comune di Carcare per la scuola elementare, il progetto contraddistinto dal motto “Olimpia-Genova-Roma”. Il 20 giugno 1970 viene firmato il contratto tra il Sindaco e Bartolomeo Tortarolo8, rappresentante dell’omonima impresa artigiana. Dal confronto tra questo documento, alcuni registri comunali e la firma autografa sulle opere, appare evidente che la produzione del lavoro è affidata a Maurizio Parodi, un giovane artista collaboratore del Tortarolo9. Le quattro opere sono caratterizzate da uno stile lineare, semplice, quasi primitivo, attribuibile con ogni probabilità alla giovane età dell’artista e alla sua scarsa frequentazione con opere di grandi dimensioni. I due pannelli, collocati nell’atrio d’ingresso della scuola, raffigurano l’allegoria della Libertà e della Schiavitù, mentre i restanti, sulla parete esterna a destra e sinistra della porta principale di accesso, presentano atleti colti durante le loro attività sportive, la lotta e la corsa (scheda n. 58). Anche per la stazione ferroviaria di Albisola Superiore il Ministero dei Lavori Pubblici apre, nel 1967, una selezione concorsuale che prevederà, dopo il giudizio negativo della commissione relativo alle opere pervenute, la pubblicazione Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 127 P R O V I N C I A D I S AV O N A di un secondo bando. Il vincitore, come nel caso savonese, è Luigi Scirocchi con il bozzetto contrassegnato dal motto “Binario 15”. Lo scultore realizza un pannello ceramico rappresentante cinque polene, in forma di figure femminili i cui corpi candidi si smaterializzano tra i giochi d’acqua ricreati dallo sfondo smaltato azzurro e blu (scheda n. 57). Nel corso degli anni settanta gli interventi principali sono destinati a istituti scolastici della città di Savona. Le opere Obelisco con volo di uccelli e Tempera sono, infatti, realizzate nel 1974 da Mario Rossello per l’Istituto Tecnico Industriale Statale Galileo Ferraris di Savona10. La prima è una scultura destinata al giardino antistante l’ingresso, caratterizzata da numerosi volatili variamente distribuiti sulla superficie di una colonna in marmo bianco. La seconda, un dipinto raffigurante una figura umana stilizzata, quasi robotica, tipica della produzione pittorica dell’artista tra gli anni sessanta e settanta, è collocata, inserendosi armonicamente nell’architettura, nell’atrio dell’edificio (scheda n. 56). Dopo un primo bando dall’esito invalidato, il Comune di Savona nel 1972 promuove un nuovo concorso per la realizzazione di un’opera da collocarsi nel cortile d’ingresso della Scuola Media Statale Bartolomeo Guidobono. Nel 1974 la commissione nomina vincitore Dario Campana, scultore di origini calabresi attivo a Rimini. L’opera, Struttura: evoluzione 3 (1975), è descritta da Campana come “una struttura la cui soluzione formale si trova nello studio di una forma geometrica parzialmente sezionata e cavata che si evolve e si torce nello spazio”11 (scheda n. 61). Gli ultimi interventi realizzati nel territorio savonese risalgono alla fine degli anni novanta e alla metà del primo decennio del nuovo secolo. Nel marzo del 1998 il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto bandisce un concorso per la realizzazione di cinque opere d’arte destinate alla sede di Savona. Per la parete esterna dell’ingresso della Capitaneria, Cristiana de Angelis e Simona Calandrini progettano un basso- rilievo in bronzo, raffigurante un’onda nel mare in tempesta (scheda n. 62); l’esecuzione di due dipinti da collocare negli uffici di rappresentanza è affidata a Mauro Chessa che, optando per un taglio fotografico, raffigura il ponte di prua di una barca a vela (scheda n. 62a), e a Romano Campagnoli che sceglie di rappresentare un paesaggio marino con imbarcazioni sorprese da un tromba d’aria (scheda n. 62b); Giuliano Giuman vince grazie a Terra e mare, una vetrata doppia policroma (collocata nell’atrio d’ingresso dell’edificio) che presenta un tratto di spiaggia con barche tirate a riva e mare all’orizzonte, realizzata in coppia con la vetrata singola dal titolo Prue, in cui una piccola barca a vela viene circondata dalle prue di due navi in mare aperto12 (scheda n. 62d). Il bando di concorso relativo alla decorazione dell’Aeroporto Clemente Panero di Villanova d’Albenga, pubblicato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel 200413, prevede la realizzazione di un pannello decorativo da collocarsi nell’ingresso dell’edificio e di sei opere pittoriche per gli uffici dirigenziali. Michele Cossyro Valenza si aggiudica l’esecuzione dell’opera presentando il progetto per un mosaico policromo14. Il pannello, collocato all’esterno dell’edificio a lato dell’ingresso partenze, non presenta alcun tipo di rapporto relazionale, estetico o funzionale con l’architettura (scheda n. 63c). I sei dipinti, invece, sono variamente distribuiti nello spazio aeroportuale (tra ingresso, uffici, sale d’attesa) come semplici oggetti d’arredo. Tra cielo e mare di Turi Sottile, eseguito con colori acrilici stesi con un rullo su un supporto di acetato nero trasparente, rappresenta la sagoma di un aereo, realizzata a risparmio. L’utilizzo di un supporto traslucido quale il foglio di acetato, permette all’artista di proporre situazioni di luminosità variabili che interagiscono con la mobilità dell’osservatore, dando maggior impulso vitale al dipinto (scheda n. 63g). Giuliano Giuman ricorre a una forte astrazione geometrica attraverso la quale il mare, il cielo, il sole e il riflesso della luce sull’acqua 127 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 128 P R O V I N C I A D I S AV O N A 128 vengono rappresentati grazie a quattro forme triangolari rivolte verso il centro della composizione, conferendo alla stessa un forte effetto dinamico (scheda n. 63e). L’opera presentata da Franco Berdini, scelta con ogni probabilità per l’affinità del soggetto rappresentato con il luogo di destinazione, risale, invece, al 1965. L’artista, attraverso la lavorazione della superficie lignea, sfrutta l’immagine formata dai naturali anelli di accrescimento presenti nel legno per proporre una visione ravvicinata di un’elica d’aereo in movimento (scheda n. 63a). L’opera di Daniele Nalin15, Aeroporto, viene, contrariamente agli altri lavori, realizzata appositamente per Villanova D’Albenga. Il collage raffigura la pista di decollo dell’aeroporto (scheda n. 63f). Gli ultimi due dipinti sono Flyer di Gino Filippeschi16, caratterizzato da una stesura pastosa e densa di colori vivaci e squillanti che con veloci pennellate evocano la figura quasi danzante del velivolo sospeso tra il cielo e la terra (scheda n. 63d), e Metarazionalità di Beppe Bonetti17. In questo dipinto, appartenente alla serie Frammenti, l’artista accentua un crescente distacco dall’idea di razionalità e di ordine, evidenziando gli elementi tipici del disordine e dell’imprevedibilità compositiva (scheda n. 63b). Rispetto agli interventi dei decenni precedenti, quelli concepiti per la Capitaneria di porto di Savona e per l’Aeroporto di Villanova rivelano la potenziale duplice natura delle “opere di abbellimento artistico” realizzabili in base alla “legge del 2%”: se da un lato esistono lavori progettati in dialogo armonico con l’edificio destinato ad accoglierle, dall’altro prevale l’inserimento di opere completamente slegate dal contesto architettonico, eseguite in precedenza e adattate alle esigenze concorsuali o ideate quali complementi d’arredo. Una modalità operativa e applicativa, ampiamente diffusa nel territorio savonese che, di fatto, aggira, pur rispettandola, le finalità di integrazione tra arti e architettura auspicata e promossa della legge 717/49. NOTE: 1 Lorenza Rossi, Roberto Bertagnin scultore, maestro contemporaneo, Marco Sabatelli editore, Savona 2009, p. 48. 2 Cfr. Silvio Riolfo Marengo, Sassu, la Liguria, il mito del Mediterraneo, in Cecilia Chilosi, Eliana Mattuada, Riccardo Zelatore (a cura di), Aligi Sassu, Cronache dalla Liguria, (Savona, Palazzo Gavotti/Albissola Marina, Circolo degli Artisti, 01 giugno - 02 settembre 2012), Savona 2012, pp.47-48. 3 Riccardo Zelatore (a cura di), Agenore Fabbri, il grido della materia, (Savona, Palazzo Gavotti, 16 aprile - 03 luglio 2011), De Ferrari, Genova 2011, p. 130. 4 Si vedano a riguardo: Adriano Grande, Il testimone Eso Peluzzi, in “Persona, rivista di letteratura, arte e costume”, a.VI, n.7, Roma 1965, p. 25; Gina Lagorio, Il pittore del Santuario in “Persona, rivista di letteratura, arte e costume”, a.VI, n.7, Roma 1965, pp. 26-28. 5 Franco Dante Tiglio (a cura di), Eso Peluzzi a Santuario. Il paese dell’anima, ADW editori, Vado Ligure 2008, p. 99. Per un ulteriore approfondimento sull’artista: cfr. Daniela Piazza, Tra Liguria e Piemonte, una produzione poco nota: i murali di Eso Peluzzi, in “Resine, quaderni liguri di cultura”, a. XXX, n. 122, Associazione Culturale Resine, Genova 2009, pp. 71-82. 6 Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, Bando di concorso per l’ideazione e la realizzazione di opere artistiche del 28 luglio1964, pubblicato in G.U. Serie generale n.193 del 7 agosto 1964. 7 Augusto e Luigi Scirocchi, http://www.luigiscirocchi.it, (data ultima consultazione: 24 febbraio 2016). 8 Comune di Carcare, Ufficio Tecnico, Contratto n. 547 del 2006-1970. 9 Il nome di Maurizio Parodi compare anche nel registro comunale dei contratti (contratto n. 547 del 20 giugno 1970); Aldo Maineri, membro della commissione giudicatrice e Antonio Licheri, presidente del Circolo degli artisti di Albissola Marina, hanno confermato la paternità dell’opera, ricordando la giovane età dell’artista, che muoveva allora i primi passi nell’ambiente artistico che abbandonò pochi anni più tardi. 10 Flavio Caroli (a cura di), Mario Rossello, Skira, Milano 1996, p. 111; Giorgia Cassini (a cura di), Mario Rossello. Natura Significante, Vanilla edizioni, Albissola Marina 2008, p. 140. 11 Comune di Savona, Ufficio Tecnico, Verbale della commissione giudicatrice del 12 febbraio 1974. 12 Giuliano Giuman, http://www.giuman.it (data ultima consultazione: 24 febbraio 2016). 13 Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Bando di concorso per opere d’arte legge 717/49 e ss.mm.ii, del 7 settembre 2004. 14 L’opera di Michele “Cossyro” Valenza è consultabile online all’indirizzo http://www.cossyro.com/ (data ultima consultazione: 24 febbraio 2016). 15 Daniele Nalin, http://www.accademiabelleartiverona.it/daniele-nalin/, (data ultima consultazione: 24 febbraio 2016). 16 Gino Filippeschi, http://www.filippeschigino.it/, (data ultima consultazione: febbraio 2016). 17 Giuseppe Bonetti, http://www.beppebonetti.it/, (data ultima consultazione: febbraio 2016). Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 129 AgenoRe fAbbRi SAvonA SCUOLA DELL'INFANZIA VALLORIA E SCUOLA PRIMARIA COLOMBO VALLORIA 52. Agenore Fabbri Uomo spaziale, 1955 ca., fusione in bronzo, cm 146 x 26 x 22; Uomo lunare, 1959 ca., fusione in bronzo, cm 135 x 22 x 30 Nel 1964 l'Amministrazione comunale di Savona affida alla ditta milanese FEAL, dopo regolare bando di gara, la fornitura e la costruzione del nuovo padiglione prefabbricato per la scuola elementare e materna in località Valloria. L'esecuzione delle opere di abbellimento artistico è affidata per assegnazione diretta, dopo un intenso carteggio tra il Comune e la Soprintendenza alla Gallerie e Opere d'Arte della Liguria, ad Agenore Fabbri. Nel 1965 l'artista accetta l'incarico proponendo due sculture in bronzo, realizzate tra il 1955 e il 1959, dal titolo Uomo Lunare e Uomo spaziale. Nonostante la datazione anteriore, il tema delle opere, di carattere "avveniristico", viene considerato adatto alla collocazione in ambito scolastico: questo può, infatti, essere interpretato come un buon auspicio per il futuro delle nuove generazioni. Le statue rappresentano, infatti, in forme simboliche, due figure umane: la prima è assimilabile a un astronauta, la seconda è accompagnata da una falce di luna. Uomo spaziale, figura stante, retta su due gambe sottili, si presenta come un intricato groviglio di membra, ossa e carni percorse da un unico lungo solco che divide quasi a metà il corpo dell'ignoto personaggio. Il torso dell’uomo è caratterizzato da un equilibrio di pieni e vuoti che culminano nella posa dinamica delle due estensioni laterali (antenne o braccia) chiuse ad arco sopra la testa del personaggio. La materia plastica, trattata in maniera espressiva, unita all'aspetto ruvido, graffiante della superficie, conferisce all'opera una forte carica emotiva, tipica di tutta la produzione di Fabbri. In origine Uomo spaziale era collocata all'interno della scuola, sul pianerottolo delle scale tra il piano terra e il primo piano dell'edificio. Oggi entrambe le sculture, in attesa di restauro, sono conservate, per ragioni di tutela, nei depositi dei Musei Civici di Savona. Bibliografia di riferimento: Zelatore 2011, p. 130. Riferimenti documentari: Archivio del Comune di Savona, Categoria 9, classe 11, fascicolo 2, faldone "edificazione scuola loc. Valloria/Via Turati", Carteggio Agenore Fabbri – Comune di Savona, 1954-1955. 129 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 130 RobeRto beRtAgnin ISTITUTO COMPRENSIVO EMANUELE LUZZATI 53. Roberto Bertagnin La scuola, 1962 ca., rame a sbalzo e patinato, cm 150 x 400; [senza titolo], 1962 ca., 3 pannelli in acciaio a sbalzo, cm 200 x 100 Sulla base dei documenti consultati è stato possibile ricostruire solo parzialmente le vicende che portarono, tra la fine degli anni cinquanta e l'inizio dei sessanta, alla realizzazione delle opere di abbellimento dell'edificio scolastico di Millesimo. La scelta dell'artista, che avviene per assegnazione diretta, ricade su Roberto Bertagnin. Lo scultore decide di eseguire quattro pannelli a sbalzo: tre in acciaio e uno in rame. I temi proposti dall'artista rispecchiano una tendenza diffusa in quegli anni per le opere di abbellimento destinate agli edifici scolastici: i tre pannelli in acciaio sono dedicati alle attività ginniche necessarie alla completa formazione dei fanciulli, mentre il quarto, collocato nell'ingresso e realizzato in rame sbalzato e patinato di formato orizzontale, propone una classica scena corale, popolata di fanciulli e adulti, raffigurante l'allegoria dell'educazione e della scuola. Bertagnin affronta il tema della formazione e della crescita degli alunni, attraverso una vera e propria messa in scena teatrale: sulla destra una rappresentazione della famiglia 130 MACROSCHEDE milleSimo composta da due bambini tra i genitori; al centro un gruppo di sette adulti intenti a discutere su temi filosofici e accompagnati, in primissimo piano, da cinque giovinetti concentrati ad ascoltarli. Sulla sinistra un piccolo gruppo di personaggi osserva il professore di disegno, autoritratto di Bertagnin, tracciare segni sulla terra. L'opera è considerata da Lorenza Rossi la prima grande epopea realizzata dall'artista, ispirata ai modelli classici della “parata dinastica e della guerra pacificata” (Rossi 2009, p. 48). Le numerose figure adulte, circondate da gruppi di fanciulli gioiosamente e armonicamente disposti lungo tutta l'estensione del pannello, si contraddistinguono per un modellato morbido e per l'andamento ritmico ed equilibrato tipico della produzione dell’artista. Bibliografia di riferimento: Rossi 2009. Riferimenti documentari: Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Savona, Titolo III, classe G, serie 1 “edilizia scolastica”, faldone 96/97, sollecito del Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche della Liguria del 22 luglio 1960; Archivio del Comune di Millesimo, faldone "costruzione edificio scolastico", lettera di Roberto Bertagnin al Comune di Millesimo n. prot. 05088, datata 23 settembre 1963. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 131 Aligi SASSu SCUOLA DELL'INFANZIA BRUNO MUNARI E SCUOLA PRIMARIA COLOMBO-MAMELI 54. Aligi Sassu [senza titolo], 1962 ca., ceramica dipinta, cm 120 x 480 Nel 1961 il Comune di Savona comunica alla Soprintendenza Gallerie e Opere d'Arte della Liguria di aver incaricato l'artista Aligi Sassu della realizzazione dell'opera di abbellimento artistico destinata alla scuola elementare Goffredo Mameli. Il pannello ceramico, eseguito ad Albisola, rappresenta una grande allegoria articolata in tre scene. Sulla sinistra si trova il gruppo detto Famiglia descritto da Sassu, nella lettera del gennaio 1962 indirizzata all'ufficio tecnico del Comune di Savona, semplicemente come “la madre con dei bimbi e il padre che pianta nel terreno un virgulto” (Sassu 1962). La composizione si sviluppa al centro secondo un andamento ritmico fortemente dinamico, attraverso le figure di sei fanciulli, simili a putti, “che avanzano gioiosi” in atteggiamento danzante con le braccia levate al cielo verso alcune colombe. Una rielaborazione di questo pannello centrale, conosciuto come La Pace, permette a Sassu di vincere, nel 1964, la quinta edizione del Concorso Internazionale di Ceramica di Gualdo Ta- SAvonA dino. Infine, sulla destra, due figure femminili sedute leggono un libro in compagnia di un bambino. La scena si svolge in un paesaggio aperto, dominato dal sole splendente, dal mare e da alcuni alberi frondosi, indicato da Sassu come “il panorama di Savona e della costa ligure” (Ibidem). Il tema affrontato dall'artista è quello dell'infanzia protetta, da un lato, dalla famiglia e, dall'altro, dalla scuola, intesa come luogo in cui formare il corpo e lo spirito. Lo stesso artista descrive l’intento che lo aveva guidato nella realizzazione: non tanto quello di dare vita a riferimenti allegorici precisi, ma di ispirare il pannello “ad un senso semplice ed esplicito di lieta poesia, di facile lettura” (Ibidem). La fruizione dell'opera risulta oggi difficoltosa a causa del cattivo stato di conservazione della superficie pittorica e del materiale ceramico, soggetti a distacchi e crepe. Bibliografia di riferimento: Marengo 2012, p. 48. Riferimenti documentari: Archivio del Comune di Savona, categoria 9, classe 11, fascicolo 2, faldone “edificio scolastico loc. Chiavella”, lettera da Aligi Sassu al Comune di Savona, 18 gennaio 1962. 131 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 132 luigi SciRocchi STAZIONE FS SAVONA MONGRIFONE 55. Luigi Scirocchi Sergio Mezzina Gli addii, 1970, fusione in bronzo, ferro, cemento armato, cm 300 x 700 x 350 Nel 1963 il Ministero per i Lavori Pubblici bandisce un concorso per la realizzazione di opere di abbellimento artistico da destinarsi al fabbricato viaggiatori della nuova stazione di Savona Mongrifone. Si aggiudica la vittoria Luigi Scirocchi, scultore romano. Nel 1967 l'esito è invalidato a causa di alcune irregolarità nella presentazione, proprio da parte del vincitore, della documentazione di accesso al concorso. L'anno successivo viene pubblicato un nuovo bando, del tutto simile a quello precedente, e l’incarico per il progetto contrassegnato dal motto “Mongrifone uno e due” viene asse- 132 MACROSCHEDE SAvonA gnato nuovamente a Luigi Scirocchi in collaborazione con l'architetto Sergio Mezzina. La scultura, intitolata successivamente Gli Addii, è composta da un insieme di statue in bronzo collocate, come previsto dal bando, nel giardino alla destra della galleria vetrata che unisce l'atrio-biglietteria al passaggio di accesso ai binari. Per ovviare al problema della scarsa visibilità dell’opera, l’artista decide di disporre le figure in posizione rialzata su due semicerchi di cemento armato contrapposti e sfalsati, con un bordo superiore leggermente ascendente, per dare dinamicità alla composizione. Le figure, fortemente stilizzate, rappresentano i viaggiatori di passaggio in stazione e i loro stati d'animo legati alle partenze, agli arrivi, ai commiati, alle attese. Scirocchi propone anche una risistemazione del giardino, poi non accolta dalla commissione, al fine di rendere l'intero contesto più armonico creando due bacini d'acqua ai piedi delle sculture con alti zampilli al centro. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 133 mARio RoSSello SAvonA ISTITUTO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE FERRARIS-PANCALDO 56. Mario Rossello Volo di Uccelli, 1974, scultura in marmo bianco, cm 450 x 99 x 50; Tempera, 1974, pittura ad acrilico su tavola, cm 250 x 174 Nel 1961 la Provincia di Savona, responsabile dei lavori di costruzione dell'edificio scolastico, assegna la quota da destinare alle opere d'arte che saranno realizzate solo dieci anni più tardi. Rispetto al progetto del 1965, in cui era prevista l’esecuzione di quattro gruppi di opere, il bando di concorso del marzo 1973 riguarda esclusivamente “l'ideazione e esecuzione di due opere d'arte destinate alla decorazione dell'atrio e dello spazio antistante l'ingresso”. Mario Rossello, unico vincitore del concorso, realizza un dipinto e una scultura. Quest'ultima è un’imponente colonna in marmo bianco, alta 4,5 metri, caratterizzata dalla presenza di numerose figure di volatili variamente distribuite sulla superficie ed è collocata nel giardino antistante la palazzina adibita ad uffici, alla sinistra del corpo principale. Tale colonna presenta per la prima volta un tema che Rossello riproporrà negli anni successivi in altre sue opere, sempre in dialogo con le architetture, in particolare nell'intervento sulla parete esterna della Rinascente di Milano del 1993 e in quello sulla chiesa dedicata a Padre Pio a San Giovanni Rotondo del 1999. Il rapporto tra l'obelisco e l'edificio scolastico risulta oggi parzialmente compromesso dalla lussureggiante vegetazione del giardino; l'opera versa inoltre in pessime condizioni di conservazione: gli uccelli addossati alla colonna riportano, infatti, numerose fratture (soprattutto teste troncate e ali e code spezzate) che rendono quindi necessaria la progettazione e attuazione di un intervento di restauro. La famiglia dell'artista conserva alcune foto d'epoca relative alla realizzazione dell'obelisco, nelle fasi che vanno dalla scelta del marmo nelle cave da parte dell'artista, a quelle successive della lavorazione, sino all'inaugurazione dell'opera nel giardino dell'edificio scolastico. Bibliografia di riferimento: Caroli 1996, p. 111; Cassini 2008, p. 140. Riferimenti documentari: Archivio del Comune di Savona, bando di concorso indetto dalla Provincia di Genova per la realizzazione di opere d’arte a decorazione dell’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore Ferraris-Pancaldo, prot. n. 2806, 30 marzo 1973. 133 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 134 A L B I S OL A S U PE RIORE StAzione fS AlbiSolA SupeRioRe 57. Luigi Scirocchi Polene 1971 ceramica smaltata cm 570 x 420 CAR C A R E ScuolA pRimARiA giAnni RodARi 58. Maurizio Parodi Il dolico; La gara; La libertà; La schiavitù 1970 4 rilievi in terracotta cm 200 x 300 (1-2); cm 167 x 295 (3-4) SAVONA R.S.A. villA noceti 59a. Eso Peluzzi Apparizione della Madonna al beato Botta; Annunciazione; 1964-1965 2 tecniche mista su intonaco cm 120 x 300; cm 120 x 295 59b. Eso Peluzzi, Claudio Bonichi Raffigurazione dei miracoli più significativi operati dalla Madonna della Misericordia. 1964-1965 tecnica mista su intonaco cm 400 x 300 59c. Claudio Bonichi Raffigurazione dei miracoli più significativi operati dalla Madonna della Misericordia. 1964-1965 tecnica mista su intonaco cm 400 x 270 59d. Eso Peluzzi San Martino e il povero 1965 pittura ad olio su tela cm 200 x 300 collocazione attuale: Museo del Santuario di N.S. di Misericordia pAlAzzo inAil 60. Ariosto "Astorio" Trinchera [Scorpione] 1965 ca. mosaico in ceramica cm 200 x 290 134 MICROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 135 S AV ON A ScuolA SecondARiA di pRimo gRAdo bARtolomeo guidobono 61. Dario Campana Struttura: evoluzione 3 1975 scultura in marmo bianco cm 300 x 200 cApitAneRiA di poRto 62a. Mauro Chessa Senza titolo 1998 pittura ad acrilico su tela cm 100 x 120 62b. Romano Campagnoli [senza titolo] 1999 pittura ad acrilico su tela cm 100 x 120 62c. Simona Calandrini, Cristiana De Angelis Destino 1999 fusione in bronzo cm 180 x 280 62d. Giuliano Giuman Prue; Terra e mare 1999 2 pitture su vetro cm 180 x 350; cm 180x700 63a. Franco Berdini Viaggio alchemico 1965 tecnica mista su tavola cm 112 x 84 63b. Giuseppe Bonetti Metarazionalità 1991 ca. pittura ad acrilico su tela cm 120 x 100 63c. Michele Cossyro Valenza Meteore 2005 mosaico in ceramica cm 150 x 200 63d. Gino Filippeschi Flyer 2005 ca. pittura ad acrilico su tela cm 117,5 x 98 VILLANOVA D'A LBENGA AeRopoRto inteRnAzionAle clemente pAneRo 135 MICROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 136 V I L L A N OV A D'A L BE N G A AeRopoRto inteRnAzionAle clemente pAneRo 63e. Giuliano Giuman Alba 2005 pittura ad acrilico su tela cm 120 x 100 63g. Salvatore "Turi" Sottile Tra cielo e mare 2005 pittura ad acrilico su acetato cm 120 x 100 136 MICROSCHEDE 63f. Daniele Nalin Aeroporto 2005 ca. collage su tela cm 120 x 100 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 137 PROVINCIA DI IMPERIA L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN PROVINCIA DI IMPERIA Claudia Andreotta Il territorio della provincia di Imperia è caratterizzato da una stretta fascia costiera che si estende verso un entroterra collinare fino a raggiungere, nella zona più prossima alla Francia, le Alpi Marittime. Questa conformazione geografica dai notevoli contrasti paesaggistici ha influito sulla natura degli insediamenti antropici portando a una netta differenziazione: le zone interne, infatti, sono costellate da piccoli borghi (prevalentemente composti da edifici storici), mentre nel litorale si susseguono, spesso senza soluzione di continuità, cittadine di medie dimensioni, nelle quali la densità demografica risulta decisamente superiore rispetto a quella dell’interno. Tali condizioni, unitamente a un progressivo spopolamento dell’entroterra, non possono essere quindi trascurate in qualsiasi studio che intenda prendere in esame, sotto vari aspetti, la situazione urbanistica della provincia. Dinamiche condizionate da questi fattori influiscono anche sull’applicazione della legge 717/1949: già a una prima ricognizione si evince, infatti, senza dubbio alcuno, che è la costa ad accogliere la maggior quantità di interventi di edilizia pubblica; sebbene nell’entroterra non manchino edifici preposti allo sviluppo delle comunità (palazzi comunali, scuole, ospedali, caserme), queste realizzazioni sono frutto di ristrutturazioni o di riadattamenti di strutture storiche o, se di recente co- struzione, non hanno mai raggiunto gli importi di spesa previsti per l’attuazione della citata normativa. La ricerca condotta nella provincia imperiese ha portato all’individuazione di un totale di soli sette edifici interessati dalla legge in oggetto. La metà degli interventi, a dimostrazione di quanto affermato poc’anzi, è situata nel territorio comunale della città di Imperia: nella zona ovest del capoluogo, in un raggio di pochi chilometri, sorgono infatti la Capitaneria di Porto, il palazzo dell’ex Genio Civile e il nuovo Comando dei Vigili del Fuoco, che accolgono rispettivamente una, undici e tre opere di abbellimento artistico; una scultura in acciaio di Giovanni Sicuro, Equilibri, è stata recentemente collocata presso il nuovo Palazzo di Giustizia situato ad est, in una zona più periferica1 (scheda n. 67). Sia nel Palazzo Comunale di Taggia, sia nel distaccamento dei Vigili del Fuoco di Ventimiglia è situata una sola opera, mentre la Casa Circondariale di Sanremo risulta, con un totale stimato di sedici opere2, l’edificio con il maggior numero di interventi. La disomogeneità che si riscontra nel numero di opere realizzate per ciascun edificio, si presenta anche a livello cronologico: dal 1957, dopo la campagna per la decorazione del Genio Civile di Imperia, gli interventi si concentrano, infatti, in un arco temporale piuttosto recente, dal 1993 al 2015. La successione temporale 137 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 138 PROVINCIA DI IMPERIA 138 più stretta si riscontra nelle opere conservate presso il Comando dei Vigili del Fuoco di Imperia e di Ventimiglia, realizzate nel 2011: esse mostrano caratteristiche tematiche simili, relative alle azioni di soccorso contro gli incendi. Se a livello provinciale la tipologia delle opere realizzate è assolutamente varia (affreschi, pannelli decorativi, vetrate, oggetti d’arte sacra, etc.), gli edifici maggiormente interessati dagli interventi, seppur con una minima prevalenza, sono ad uso militare. Per rilevanza e qualità dei manufatti, il palazzo del Genio Civile di Imperia rappresenta il caso più precoce e coerente dell’applicazione della legge sul territorio imperiese. L’edificio, progettato dall’ingegnere capo Giulio Pelosio, viene costruito tra il 1955 e il 1957 in un’area scelta per ragioni prettamente logistiche, data la vicinanza alle sedi della Prefettura, della Camera di Commercio, del Palazzo Comunale, della Posta Centrale e della Provincia. Proprio quest’ultima, prospiciente sul lato opposto di viale Matteotti (la direttrice che unisce le due parti della città, Oneglia e Porto Maurizio) condiziona lo sviluppo del Palazzo del Genio Civile, a causa di una servitù altius non tollendi3. Nonostante questo limite, il palazzo, sviluppato su tre piani, non pare di minor pregio rispetto all’edificio sovrastante, ancora legato a una concezione architettonica tardo ottocentesca (si tratta, infatti, dell’adattamento dell’ex Hotel Riviera, progettato nel 19014), qui interpretata in maniera piuttosto leziosa. L’ex Genio Civile5 è, al contrario, improntato a caratteri razionalisti e ispirato, come riferisce il progettista nella rivista “Rassegna di Lavori pubblici” a “criteri di modernità”6. L’edificio rappresenta un unicum in una città come quella di Imperia priva di architetture di rilievo risalenti a questo periodo. La ricerca di essenzialità è evidente nella facciata rivestita da lastre di pietra luserna a spacco naturale, decorata da un motivo composto da bugne in pietra sugli angoli e da un mosaico bianco nella parte apicale. Si tratta, quindi, di un insieme severo ma non greve, alleggerito anche dall’apertura pentapartita dell’ingresso, con portico rivestito di oficalce verde. Da qui, una gradinata conduce all’atrio sul quale si apre lo scalone che porta al primo piano e a quello sottostante. Come descrive Pelosio, “la gradinata anteriore, lo scalone principale e i pavimenti dell’atrio sono in massello e lastre di granito rosso imperiale, come un unico tappeto che dall’esterno passa all’interno dell’edificio”7. L’importanza nel progetto architettonico di questo percorso gradinatascalone principale è sottolineata dalla presenza delle opere d’arte: due rilievi di Emilio Scanavino nell’atrio e, lungo lo scalone, una pittura murale di Vittorio Magnani rappresentante un paesaggio industriale (piano interrato) e una scultura di Lorenzo Garaventa (primo piano)8. Tra i documenti d’archivio è stata rintracciata una copiosa corrispondenza tra gli artisti e l’Ingegnere Capo: dalla maggioranza di queste missive si evince come, nella concezione dell’edificio, le opere d’arte non venissero considerate alla stregua di un elemento secondario o meramente decorativo, ma fossero parte di un’ “idea architettonica” che Pelosio rende esplicita, ad esempio, in una indirizzata a Plinio Mesciulam, autore di due pannelli conservati negli uffici (scheda n. 64l). La S.V. dovrà tener presente che [...] verranno collocati uno nel locale sovrastante alla sala di attesa, nello spigolo nord-est del fabbricato, l’altro nel locale corrispondente, sullo stesso piano, nello spigolo nord- ovest, di guisa che i pannelli stessi saranno illuminati il primo con luce proveniente da destra e l’altro dalla sinistra di chi li guarda9. Similmente, l’ingegnere indica a Emanuele Luzzati - che progetta ed esegue per l’edificio un rilievo rappresentante Il Palio del mare di Imperia (scheda n. 64d) - come il pannello debba essere “collocato nel locale al piano rialzato nello spigolo nord-ovest del fabbricato e Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 139 PROVINCIA DI IMPERIA pertanto la S.V. nel configurarlo dovrà tener presenti le caratteristiche topografiche del locale [...] in rapporto alla finestratura”10. A Luzzati si devono anche cinque anfore, oggi collocate nella Sala dei Comuni del palazzo della Provincia di Imperia: dalla corrispondenza tra l’artista e Pelosio affiora l’eventualità della realizzazione di due pannelli e si può pertanto supporre che, avendone Luzzati realizzato uno solo, le anfore siano state eseguite in luogo di uno di essi. I pochi cenni alle opere conservate in questo palazzo fanno già comprendere come sia stata attuata (unico caso in provincia) un scelta orientata verso autori (contattati tra l’altro tramite una semplice comunicazione orale, forse telefonica11) coinvolti nel coevo dibattito storico-artistico: ai nomi citati sono, infatti, da aggiungere Aurelio Caminati (scheda n. 64a) e Giannetto Fieschi (scheda n. 64b). Le successive realizzazioni non paiono perseguire alcuna coerenza tra edificio e opere d’arte: i bandi di concorso, che descrivono in maniera molto specifica misure e caratteristiche dei manufatti, pur indicando il luogo di collocazione delle opere, pongono raramente l’accento sul rapporto tra queste e la struttura architettonica, privilegiando invece il carattere narrativo del soggetto. Non fa eccezione a questa dinamica l’imponente opera polimaterica del 1993 (primo intervento successivo al Genio Civile), collocata nell’atrio del Palazzo Comunale di Taggia12: frutto della collaborazione di tre artisti (Lorenzo Antognetti13, vincitore del concorso, Salvatore Pino Campagna e Donato Vitiello), il pannello è, infatti, un’enfatica illustrazione degli aspetti naturalistici, storici e culturali della città e della sua valle (scheda n. 68). La coesione tra opera e architettura viene meno anche nei casi degli edifici militari, dove interventi condotti con linguaggi più vicini all’astrazione, seppur non immemori di una certa figuratività, si risolvono soprattutto sul piano decorativo: ci si riferisce ai pannelli del Comando dei Vigili del Fuoco di Imperia nella ex caserma Crespi (schede nn. 66 a, 66b, 66c), alla scultura del distaccamento del medesimo corpo a Ventimiglia (scheda n. 69) e a quella della Capitaneria di Porto14 (scheda n. 65) del capoluogo di provincia, che si inseriscono negli ambienti arricchendoli, senza mostrare tuttavia un immediato rapporto15. Per la nuova Casa Circondariale di Sanremo, come anticipato, significativo è soprattutto il numero di opere di abbellimento artistico realizzate in occasione del bando concorsuale del 199616. Una certa coerenza tra opera e contesto architettonico, favorita dalla natura stessa degli oggetti, si riscontra nelle vetrate eseguite da Giuliano Giuman e nei manufatti destinati alla cappella dell’istituto di correzione: l’altare e l’acquasantiera di Luciano Gabrielli, il crocifisso di Valentino Pellizzaro e la via Crucis di Fernando De Filippi e Umberto Mariani. A completare l’impianto decorativo della Casa Circondariale sono le quattro tele eseguite da Sergio Guarneri, Ugo G. Pasini, Turi Sottile e Alessandro Trotti, i due pannelli decorativi di Ettore Consolazione e Carmengloria Morales, la decorazione per esterno di Gino Filippeschi e la scultura di Giuseppe Maraniello. Se, nel caso appena citato, le opere realizzate e inserite nel contesto architettonico al quale erano destinate non sono direttamente documentabili a causa della limitazione d’accesso alla struttura, lo spoglio del materiale di archivio ha portato a individuare, a fronte di una documentazione accurata comprensiva di progetti, di nomine di commissioni giudicatrici o di bandi pubblicati, casi di mancata esecuzione degli interventi previsti. La diffusa tendenza a non applicare la legge ha interessato, nella provincia di Imperia, soprattutto l’edilizia ospedaliera e scolastica, grazie alla possibilità offerta dalle modifiche alla normativa di esentare tali tipologie edilizie dall’obbligo di destinare il 2% all’esecuzione 139 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 140 PROVINCIA DI IMPERIA o all’acquisto di opere d’arte. L’unico intervento del quale si ha notizia all’interno di un edilizio scolastico riguarda il plesso in zona Levà (Arma di Taggia)17: nell’area antistante l’edificio era stata collocata la struttura Come un gioco 74 (1977), costituita da un insieme di blocchi geometrici. Per ragioni di sicurezza, negli anni successivi, si decise di spostare e poi rimuovere l’opera; oggi è nota unicamente grazie ad alcune fotografie del bozzetto18. Dalle ricerche e dalle ricognizioni sul territorio condotte in occasione di questo studio è emersa con evidenza la profonda contraddizione che segna il destino della “legge del 2%”: avulse dal contesto architettonico, le opere d’arte non riescono a imporsi nella coscienza della cittadinanza come parte di un patrimonio comune e, seppur nella maggioranza delle situazioni i diversi enti che custodiscono le opere mostrino una certa consapevolezza del valore artistico dei manufatti, essi risultano avvolti da un alone di occasionalità. 140 NOTE: 1 Archivio Giovanni Sicuro, Giovanni Sicuro, Relazione illustrativa per il concorso di un’opera d’arte da destinare alla nuova sede del palazzo di Giustizia di Imperia, s.d. 2 Non essendo stato possibile ottenere l’autorizzazione ad accedere alla struttura, le informazioni qui presentate sono state desunte solamente a partire dalla documentazione d’archivio reperita presso l’Archivio del Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche Lombardia e Liguria. 3 Giulio Pelosio, La nuova sede del Genio Civile di Imperia, in “Rassegna dei Lavori Pubblici”, a.VI, n. 12, dicembre 1959, p. 793. 4 Franco Boggero, Rinangelo Paglieri, Le città della Liguria Imperia, Sagep Editrice, Genova 1993. 5 Attualmente l’edificio è sede di uffici della Regione, della Provincia e del Comune di Imperia. 6 Giulio Pelosio, La nuova sede del Genio Civile…, cit.,1959, p. 793. 7 Ivi, p. 794. 8 Per i rilievi di Scanavino si veda: cfr. Roberto Campiglio, Informale, materia e muro: l’artista verso l’architettura, in Luca Massimo Barbero (a cura di), L’informale. Jean Dubuffet e l’arte europea 1945-1970, catalogo della mostra (Modena, Foro Boario, 18 dicembre 2005 - 9 aprile 2006), The Solomon Guggenheim Foundation, Skira, Milano 2005; lo studioso, tuttavia, colloca erroneamente i rilievi di Scanavino nella sede del Genio Civile di Genova. 9 Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Imperia, Faldone 4, Progetto 3C, 1.4.54 “Costruzione nuova sede Ufficio Genio Civile Imperia”, Lettera da Giulio Pelosio a Plinio Mesciulam, 8 luglio 1957. 10 Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Imperia, Faldone 4, Progetto 3C, 1.4.54 “Costruzione nuova sede Ufficio Genio Civile Imperia”, Minuta della lettera da Giulio Pelosio a Emanuele Luzzati, 20 luglio 1957. 11 Tra i documenti d’archivio è emersa, per ogni artista, una sorta di lettera di accettazione dell’incarico che si apre invariabilmente facendo riferimento “alla richiesta verbale per la decorazione del Palazzo [...] sul viale Matteotti ad Imperia”. 12 Archivio del Comune di Taggia, Comune di Taggia, Verbale di deliberazione della giunta comunale, Reg. Delib. n. 578, 16 giugno 1993. 13 Archivio Lorenzo Antognetti, Lorenzo Antognetti, Relazione per il concorso nazionale per l’ideazione e l’esecuzione di opera d’arte per l’abbellimento della nuova sede municipale, s.d. 14 Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche Lombardia e Liguria, Sede Coordinata di Genova, Faldone “Nuova Capitaneria di Porto di Imperia”, Concorso fra artisti per la realizzazione e l’ideazione di un’opera d’arte da destinare alla Nuova Capitaneria di Porto di Imperia ai sensi della Legge 717/1949, Legge 3 Marzo 1960 N. 237 e ss. mm. ii.-norme per l’arte negli edifici pubblici, Disciplinare di incarico, Rep. N.4400, 5 dicembre 2007. 15 Ciò potrebbe in parte essere dovuto al fatto che si tratta nel primo e nel terzo caso - di edifici nati da ristrutturazioni. Unica parziale eccezione è la vetrata di Giuliano Giuman, realizzata all’interno di una finestra della parete divisoria dell’atrio della caserma imperiese. 16 Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, Commissione Abbellimenti artistici casa circondariale di Sanremo (Im), Verbale di aggiudicazione, Repertorio N. 3646, 21 febbraio 1997. 17 Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, Comune di Taggia, Cartella “Legge 2% - Pratica in corso - Taggia, Scuola Elementare in fraz. Levà, Scuola Media di Arma di Taggia”, Concorso nazionale opere di abbellimento artistico nuovo edificio scuole elementari in reg. Levà- Seduta della Commissione Giudicatrice, 18 febbraio 1975. 18 La testimonianza relativa a questi fatti è stata resa dall’insegnante Valeria Lanteri. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 141 AuRelio cAminAti EX PALAZZO DEL GENIO CIVILE 64a. Aurelio Caminati Lavoratori, 1957, encausto su faesite, cm 402 x 220 Il soggetto dell'opera si inserisce con coerenza nel programma di abbellimento artistico del Genio Civile di Imperia: la maggioranza delle opere qui realizzate si ispira, infatti, al tema del lavoro, in particolare alle attività edilizie, settore nel quale l'ente operava. Nel dipinto sono raffigurati due lavoratori nell'atto di caricare una carriola; sullo sfondo si distingue un paesaggio industriale con ciminiere fumanti, macchinari e una bassa costruzione vetrata, probabilmente una fabbrica. La scelta tematica avvicina qui Caminati al neorealismo che, tra la fine degli anni quaranta e la metà del decennio successivo, rappresenta per molti artisti l’alternativa, non scevra da implicazioni politiche, alle sperimentazioni astratto-concrete o alle ricerche di matrice informale. “Come dimostrano alcune opere (tra le quali Scaricatori nella calata del 1953 e il grande pannello Lavoratori realizzato per il Genio Civile di Imperia), o dichiarazioni programmatiche, come quella impeRiA contenuta nella sua autopresentazione in occasione della mostra alla Galleria Bergamini di Milano nel 1955, le scelte espressive e tematiche di Caminati sembrano coerentemente coincidere con il panorama pittorico dei vari Guttuso, Pizzinato, Zigaina” (Fochessati 1998, p. 16). Ad accezione di alcuni episodi in cui l'artista si dimostra più vicino alle tematiche di impegno sociale, nelle coeve opere di Caminati sembra però "del tutto assente quell'apparato retorico che comunemente traduceva in termini formali l'ortodossia del messaggio ideologico" (Ibidem). Il dipinto per il Genio Civile si contraddistingue anche per "un'aurea più intimista e famigliare" (Ibidem), e per soluzioni compositive audaci, come i "tagli prospettici anticonvenzionali" (Ibidem), evidenti ad esempio nel tavolino alla destra dei lavoratori, completamente ribaltato verso lo spettatore: questo elemento non si offre quale nota aneddotica ma racchiude, negli oggetti esibiti (gli attrezzi e il fiasco di vino), proprio quella quotidianità alla quale si è fatto riferimento. Bibliografia di riferimento: Fochessati, in Sborgi 1998, pp. 16-27. 141 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 142 giAnnetto fieSchi EX PALAZZO DEL GENIO CIVILE 64b. Giannetto Fieschi Allegoria dell'ingegneria, 1957, 2 affreschi, cm 447 x 349 cad. Decisamente inusuale il soggetto di questo affresco, ma del tutto pertinente rispetto alle funzioni dell'edificio per il quale viene realizzato, il Genio Civile di Imperia. L'opera è composta da due distinte raffigurazioni sui lati brevi della stanza un tempo utilizzata come sala riunioni. Sulla parete a destra è rappresentata una figura coperta da una tunica intenta a tracciare figure con un compasso mentre, su un registro inferiore un'altra figura maschile, ignuda e stante, tiene in mano un filo a piombo. Sulla sinistra, una colonna classica separa lo spazio abitato dai due personaggi da quello destinato ad accogliere un imponente viadotto, a suggerire con tutta probabilità la continuità tra il mondo antico e l'epoca moderna. Alla parete opposta una figura femminile, con il capo velato, 142 MACROSCHEDE impeRiA incede reggendo sulla punta delle dita smagrite una colonna. Pur non totalmente in linea con la consueta visionarietà drammatica di Fieschi, queste figure mostrano un carattere inquietante e sono al centro di "un impianto narrativo [...] tutto particolare, estremamente sincopato, interno ad una trama di segni e simboli o all'azione subitanea e imprevedibile di un'immagine protagonista" (Crispolti 1991, p. 120). L'opera si inserisce nell'ambito di una singolare serie, le cosiddette "ambientazioni pittoriche" (Crispolti 1999, p.120), che comprendono le coeve realizzazioni destinate all’ingresso-corridoio di casa Forno e all’atrio, saloncino e camera matrimoniale di casa Ceccattini (entrambe a Genova Sestri), alla camera matrimoniale "secentesca" di Casa Finzi in corso Monte Grappa (Genova) e alla scala di Casa Primavera (Marina di Massa), nonché alla stanza da bagno dell'abitazione dell'artista in via Famagosta. Bibliografia di riferimento: Crispolti 1991; Crispolti 1999. Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 143 loRenzo gARAventA EX PALAZZO DEL GENIO CIVILE 64c. Lorenzo Garaventa San Leonardo da Porto Maurizio, 1957, cotto refrattario, cm 248 x 251 Il rilievo è strutturato in tre parti: nello spazio centrale, più stretto, si staglia la figura di San Leonardo, nucleo figurativo e narrativo dell'opera; a destra si distinguono personaggi intenti a svolgere attività legate al territorio imperiese (marineria e agricoltura), a sinistra probabilmente episodi della vita del santo, patrono della città. L'opera mostra alcune similitudini con le raffigurazioni allegoriche del Mausoleo del Generale Chamorra (1953), sia per la collocazione dei personaggi in blocchi distinti, sia per le figure modellate con l'intento di "potenziare il valore plastico della forma mediante la semplificazione della forma umana" (Garaventa 2013, p. 217). Questo processo di riduzione è frutto delle ricerche condotte sull'arte romanica e gotica, come scrive lo scultore stesso in una pagina della sua raccolta di riflessioni, appunti, ricordi intitolata Dialogo con l'ombra. Fondamentale in questo senso anche lo studio del cubismo come linguaggio di sintesi plastica. impeRiA Seguendo la corrispondenza tra Garaventa e l'ing. Pelosio, a capo dei lavori per la costruzione del Genio Civile, è stato possibile ricostruire l'iter di esecuzione dell'opera: il 17 settembre 1957 Garaventa auspica di poter presto accogliere Pelosio nel proprio studio "per vedere l'anteprima della definitiva conclusione; perché a parte la positiva esistenza di valori strutturali e stilistici, sarà mia viva soddisfazione la prima approvazione dei Dirigenti rappresentanti l'Ente committente" (Garaventa 1957); l'invito a visionare l'opera ultimata viene inviato il 21 ottobre, quando il rilievo si trova ancora nello studio "per la completa essiccazione prima della cottura" (Ibidem). Bibliografia di riferimento: Sborgi 1992; Garaventa, in Caprile, Di Turi, Soro 2013. Riferiementi documentari: Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio Genio Civile Imperia, Faldone 4, Progetto 3C, 1.4.54, “Costruzione nuova sede Ufficio del Genio Civico Imperia”, Lettera di Lorenzo Garaventa a Giulio Pelosio del 17 settembre 1957 e del 21 ottobre 1957. 143 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 144 emAnuele luzzAti impeRiA EX PALAZZO DEL GENIO CIVILE 64d. Emanuele Luzzati Il Palio del Mare, 1957, ceramica policroma a rilievo, cm 113 x 260 L'opera è suddivisa in quattro elementi di forma diversa, accomunati dallo sfondo verde-acqua, allusivo del mare. Nel più ampio, in basso, sono raffigurate numerose imbarcazioni a remi e il profilo di una città. Un’unica imbarcazione occupa la seconda formella, mentre la terza è dedicata alla folla che assiste al “Palio del mare”, la manifestazione alla quale l'opera è dedicata. In questa storica gara, riproposta in anni recenti, si sfidavano equipaggi dei vari rioni di Imperia, riproponendo in chiave ludica l'antica rivalità tra le due cittadine di Oneglia e Porto Maurizio, unite in unico comune nel 1923. Conclude l’opera lo stemma della città di Imperia. Tale plastica murale si inserisce a pieno titolo nella coeva produzione di Luzzati che, negli stessi anni, realizza opere con caratteristiche simili destinate alle grandi navi (Motonave Ausonia, 1956) e a locali pubblici (Londra, sede dell'Agenzia Israeliana della El Al). La produzione ceramica di Luzzati, tipologicamente assai varia (dai piatti dipinti alle sculture), ha avuto minor risonanza rispetto a quella di illustratore e scenografo: essa rappresentò, tuttavia, un settore assai fecondo per l'artista al quale si dedicherà dal 1950 al 1971, periodo corrispondente alla durata della produzione della fornace del Bianco di Pozzo Garitta di Albisola. Anche in questo tipo di opere, nelle quali converge una notevole complessità di riferimenti culturali, favoriti dalla presenza negli anni cinquanta nella cittadina ligure di artisti impegnati in ricerche linguistiche eterogenee, emerge il mondo immaginario dell'artista. Bibliografia di riferimento: Giubbini, Sborgi 1991. 144 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 145 emilio ScAnAvino EX PALAZZO DEL GENIO CIVILE 64e. Emilio Scanavino [senza titolo], 1957, 2 rilievi in bronzo, cm 437 x 50 cad. Dopo la commissione a Emilio Scanavino nel luglio 1957 di un rilievo per l'atrio del Palazzo del Genio Civile, il 18 settembre del medesimo anno l'Ing. Pelosio, a capo dei lavori per la costruzione dell'edificio, chiede all'artista l'esecuzione di un'altra opera dalle caratteristiche simili: la presenza di un solo rilievo avrebbe, infatti, comportato una forte dissimmetria tra i due lati dell'ingresso. Si legge nella missiva: “le caratteristiche strutturali e topografiche dell'atrio d'ingresso del costruendo edificio indicato in oggetto, non giustificano la dissimmetria che verrebbe a crearsi qualora una sola delle pareti laterali dell'atrio stesso venisse decorata col bassorilievo eseguito dalla S.V. e l'altra rimanesse spoglia” (Pelosio 1957). Da una fattura di pagamento datata 6 novembre 1957 relativa alle forniture per il pannello del lato sinistro, si evince che fu il pendant sul lato opposto il primo ad essere realizzato. I rilievi del Genio Civile, caratterizzati da una texture che alterna elementi aggettanti a profonde scalfiture e grovigli informali a dettagli naturalisti, vengono realizzati in un contesto operativo nel quale la scultura rappresenta un campo impeRiA di ricerca privilegiato: nel corso degli anni cinquanta, non a caso, l'artista frequenta Albisola, dove si era insediata una vivace comunità di artisti dediti alla sperimentazione di nuove tecniche e linguaggi: si ricordano Lucio Fontana ed Emanuele Luzzati - con cui Scanavino realizza un vaso “a tre mani” (Sborgi 1991, p. 17) - Asger Jorn e altri esponenti del gruppo Cobra, dello spazialismo e del movimento nucleare. Questo vivace ambiente favorisce l’inclinazione di Scanavino per una produzione artistica in costante dialogo tra pittura, scultura e ceramica. Bibliografia di riferimento: Accame 1987; Sborgi 1991; Campiglio, in Barbero 2005, pp. 200-201. Riferiementi documentari: Archivio Storico Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Imperia, Faldone 4, Progetto 3C, 1.4.54, “Costruzione nuova sede Ufficio del Genio Civico Imperia”, Lettera di Giulio Pelosio a Emilio Scanavino del 18 settembre 1957. Sitografia di riferimento: Archivio Scanavino, http://www.archivioscanavino.it/biografia.html, data ultima consultazione 28 febbraio 2016. 145 MACROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 146 I MPE RIA eX pAlAzzo del genio civile 64f. Emanuele Luzzati [senza titolo] 1957 5 vasi in ceramica policroma a rilievo cm 72 x 16 d. 64g. Vittorio Magnani [senza titolo] 1957 legno inciso e dipinto cm 349 x 300 64h. Vittorio Magnani [senza titolo] 1957 linoleum inciso cm 140 x 250 64i. Vittorio Magnani [senza titolo] 1957 tempera su muro cm 351 x 148 64l. Plinio Mesciulam [senza titolo] 1957 2 pitture su masonite cm 141 x 249 cApitAneRiA di poRto di impeRiA 65. Franco Repetto In tempestate securitas 2007 ferro brunito cm 300 x 120 comAndo pRovinciAle dei vigili del fuoco di impeRiA 66a. Silvio Cattani [senza titolo] 2011 mosaico in ceramica cm 300 x 150 146 MICROSCHEDE 66b. Giuliano Giuman [senza titolo] 2011 vetro dipinto cm 297 x 350 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 147 I MPE RIA comAndo pRovinciAle dei vigili del fuoco di impeRiA 66c. Simona Morelli Subest animo vigil ignis qui ignem extinguat 2011 mosaico in pasta vitrea e marmo cm 300 x 150 pAlAzzo di giuStiziA 67. Giovanni Sicuro Equilibri 2015 acciaio cm 115 x 365 TAGGIA pAlAzzo comunAle di tAggiA 68. Lorenzo Antognetti, Salvatore “Pino” Campagna, Donato Vitiello Pensa a Te poi di me dirai 1993 tecnica mista cm 435 x 80 VENTIMIGLIA diStAccAmento pRovinciAle dei vigili del fuoco di impeRiA A ventimigliA 69. Ettore Consolazione Fiamme 2011 bronzo cm 630 x 122 147 MICROSCHEDE Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 148 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 149 AppARAti Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 150 BIBLIOGRAFIA 150 Alberto Ripario, Idro Colombi pittore, in “Torino, rassegna mensile della città”, Anno XIII, n. 21, 1933 Margherita Sarfatti, Arti decorative, ovvero: l’oggetto corre dietro alla propria ombra, in “Nuova Antologia”, 1 luglio 1936 Rapporti dell’architettura con le arti figurative, Atti del Convegno (Roma, Reale Accademia d’Italia, Fondazione Alessandro Volta, 25 - 31 ottobre 1936), Roma 1937 Giuseppe Bottai, Il Regime per l’arte, in “Corriere della Sera”, 24 gennaio 1940 Giuseppe Bottai, La legge sulle arti figurative, in “Le Arti”, a. IV, n. 4, aprile - maggio 1942 Giuseppe Bottai, Socialità dell’Arte, in “Primato”, a. III, n. 8, 15 aprile 1942 Melchiorre Bega, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. 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p. 116 Barbazza Guido – p. 96 Barbero Luca Massimo – pp. 140, 145 Bardi Pier Maria – pp. 16, 21, 34 Barisone Silvia – p. 84 Barletta Riccardo – p. 116 Bartolini Massimo – p. 31 Barzetti Giorgia – p. 88 Battolini Ferruccio – p.116 Bauman Zygmunt – p. 32 Bedrossian Henrig – pp. 114, 116, 122 Bega Melchiorre – pp. 20, 33, 69, 73 Belgioioso Paolo – pp.116, 118 Belli Carlo – p. 16 Beraldo Michele – p. 84 Berdini Franco – pp. 128, 135 Beringheli Germano – pp. 84, 86, 98 Bernasconi Clemente – p. 98 Bernazzoli Dario – pp. 71, 85 Bertagnin Roberto – pp. 125, 126, 128, 130 Bertocchi Nino – p. 34 Bertrand Jean Pierre – p. 43 Beuys Joseph – pp. 31, 35 Biancini Angelo – pp. 27, 100 Biggi Gastone – p. 117 Bignami Silvia – p. 34 Bilardello Enzo – p. 116 Bini Nello – pp. 79, 99, 106 Bird John – p. 63 Biscottini Paolo – p. 85 Bishop Claire – p. 52 Boggero Franco – p. 140 Boltanski Christian – p. 43 Bonetti Giuseppe – pp. 128, 135 Bonichi Claudio – pp. 125, 134 Bonito Oliva Achille – p. 53 Borta Gianni – pp. 115, 123 Bossaglia Rossana – pp. 85, 86 Botta Antonio – p. 125 Botta Stelvio – pp. 79, 99 Bottai Giuseppe – pp. 18, 19, 20, 21, 22, 23, 33 Bourgeois Louise – p. 43 Bozzola Angelo – p. 106 Braccialini Mario – p. 68 Brandi Cesare – p. 21 Brugnoni Enrico – p. 100 Bruno Gianfranco – p. 100 Bruzzone Angelo – p. 80 Bublex Alain – p. 43 Bucci Leonardo – pp. 75, 91 Bulian Francesca – pp. 7, 10, 40 Buren Daniel – pp. 43, 44, 45, 52, 54, 115, 116 Burnham Jack – pp. 58, 60, 63 Butti Alessio – p. 29 Calandrini Simona – pp. 127, 135 Calder Alexander – p. 49 Cambiaso Luca – p. 102 Caminati Aurelio – pp. 59, 80, 81, 82, 87, 102, 110, 139, 141 Campagna Salvatore Pino – pp. 139, 147 Campagnoli Romano – pp. 127, 135 Campana Dario – pp. 127, 135 Campigli Massimo – p. 16 Campiglio Roberto – pp. 140, 145 Cannavacciolo Giuseppe – pp. 113, 122 Canziani Andrea –p. 84 Capocaccia – pp. 75, 76 Capotondi Claudio – pp. 114, 116, 122 Caprile Luisa – p. 143 Carando Ennio – p. 125 Carli Carlo Fabrizio – p. 33 Carli Enzo – p. 101 Caroli Flavio – pp. 129, 133 Carrà Carlo – pp. 16, 20, 34 Carra Enzo – p. 29 Carretta Antonio – p. 84 Carrino Nicola – p. 117 Cartiere Cameron – pp. 37, 52, 53, 54, 55 Casciato Maristella – p. 32 Casorati Felice – p. 16 Cassese Giovanna – p. 53 Cassini Giorgia – pp. 128, 133 Castelnovi Gianvittorio – pp. 27, 73, 74, 75, 76, 85, 91, 92, 93, 98, 100 Castiglione Giovanni Benedetto – p. 81 Cattani Silvio – p. 146 Cavallarin Martina – p. 119 Cavallini Sauro – p. 84 Cazzato Vincenzo – pp. 33, 34, 53 Ceccarelli Giovanni detto Nerone – pp. 81, 87, 108 Cellerino Flavia – p. 153 Cerda Antonino – pp. 62, 82, 109 Cevini Paolo – pp. 83, 84, 85 Chang Gordon – p. 55 Cherchi Sandro – pp. 116, 118 Cherubini – p. 72 Chessa Mauro – pp. 127, 135 Chilosi Cecilia – p. 128 Christen Alessandro – p. 83 Cifatte Mario – pp. 27, 77, 93 Cioffi Stefano – pp. 82, 110 Ciucci Giorgio – p. 32 Cocevari Cussar Luigi – p. 116 Codognato Mario – p. 53 Coen Ester – p. 33 Collina Claudia – pp. 29, 35, 53, 63 Colombi Idro – pp. 70, 84, 104 Colombo Cristoforo – p. 93 Comazzi Luigi – p. 110 Consadori Giuseppe Silvio – pp. 73, 74, 75, 85, 86, 92 Consolazione Ettore Marco – pp. 114, 115, 116, 120, 123, 139, 147 Conte Tonino – p. 84 Corbi Anna Maria – p. 116 Corradi L.D. – p. 107 Cortesi Santa – p. 84 Crispolti Enrico – pp. 86, 97, 142 Cristallini Elisabetta – pp. 33, 53, 54 Crosa di Vergagni Giuseppe – p. 84 Crouwel Mels – p. 54 Cruikshank Jeffrey – p. 55 Cusmano Mario – pp. 79, 86 D'Acchille Antonio – pp. 114, 116, 122 Dall'Acqua Marzio – p. 133 Dambruoso Alberto – p. 119 D'Amico Stefano – pp. 79, 86, 99, 104, 106 Daneri Luigi Carlo – pp. 67, 68, 73, 78, 83 Danto Arthur – pp. 52, 55 Dasso Marco – pp. 73, 80 Da Venezia Eugenio – pp. 71, 104 Daverio Philippe – p. 29 Dazzi Arturo – p. 113 Dean Johnson Mark – p. 55 De Angelis Cristiana – p. 135 De Filippi Fernando – p. 139 Degli Abbati Luigi – p. 109 De Klerk Michel – p. 71 Del Debbio Enrico – p. 19 Del Giudice – pp. 75, 76 De Maestri Riccardo – p. 74 De Maestri Sara – p. 85 De Meo Pasquale – p. 62 Detanico Angela – p. 43 Deutsche Rosalyn – p. 37 Devolder Eddy – p. 35 Di Carlo Massimo – p. 28 Dillon Tamsin – p. 55 Di Turi – p. 143 Dodero Pietro – p. 22 D'Orazio Paolo – pp. 114, 122 D'Orazio Piero – pp. 114, 122 Draganovic Julia – p. 54 Dubuffet Jean – p. 140 Duchamp Marcel – p. 60 Duff Arthur – p. 53 Durazzo Marcello – p. 80 Durì Enrico – pp. 115, 122 Eccher Danilo – p. 29 Eisenman Peter – p. 50 Embriaco Guglielmo – pp. 81, 102 Fabbri Agenore – pp. 107, 125, 126, 128, 129 Fagone Vittorio – p. 33 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 157 Fazakerley Ruth – p. 37 Fera Cesare – p. 72 Ferrari Roberto – p. 92 Ferri – pp. 117, 120 Fieschi Giannetto – pp. 78, 79, 86, 97, 98, 99, 100, 105, 106, 139, 142 Filippeschi Gino – pp. 110, 115, 123, 128, 135, 139 Finkelpearl Tom – pp. 49, 55 Finzi Luigi – p. 68 Fioravanti Giorgio – p. 78 Flavin Dan – p. 61 Fochessati Matteo – pp. 84, 86, 89, 90, 116, 141 Fontana Lucio – p. 145 Francavilla Pietro – p. 81 Franchetti Pardo Vittorio – p. 62 Francini Serena – p. 153 Franzone Gianni – p. 84 Frapiccini David – p. 116 Frascà Nato – p. 117 Funi Achille – p. 16 Fuselli Eugenio – pp. 27, 67, 73, 76, 78, 83, 86 Gabrielli Luciano – p. 139 Gabrielli Simona – p. 87 Gagliardo Alberto Helios – p. 86 Galletti Guido – pp. 71, 73, 75, 84, 85, 90, 91 Gallo Francesco – p. 117 Gallo Lorenzo – pp. 82, 110 Gambacciani Piero – pp. 69, 73, 78, 80, 82 Gambetti Dino – pp. 84, 90 Gambino Maria Teresa – p. 78 Garaventa Lorenzo – pp. 57, 58, 62, 84, 90, 96, 111, 138, 143 Garber Marjorie – p. 55 Gardella Giorgio – p. 78 Gardella Ignazio – pp. 80, 114, 116, 121 Garibaldi Rossella – p. 78, 80 Garouste Gerard – p. 43 Gatti Lorenzo – pp. 115, 122 Gensini Ivo – p. 104 Ghetti Baldi – p. 89 Ghilardi Mario – pp. 85, 92, 116 Giambologna (Jean De Boulogne) – p. 82 Giannetti Gino – p. 101 Gierut Lodovico – pp. 116, 118 Gilardi Gianfranco – p. 100 Ginatta Francesco – p. 83 Ginex Giovanna – p. 33 Giubbini Guido – pp. 86, 93, 97, 144 Giubilei Maria Flora – pp. 84, 85, 86, 87, 90 Giuman Giuliano – pp. 110, 127, 128, 135, 136, 139, 140, 146 Giumelli Carlo – p. 116 Giustino Piero – p. 116 Grande Adriano – p. 128 Grassi Tonino – p. 98 Grimaldi Massimo – p. 41 Griselli Italo – p. 85 Grisotti Marcello – p. 83 Gronchi Giovanni – p. 25 Grondona – p. 22 Gropius Walter – p. 67 Groys Boris – p. 63 Grossi Bianchi Luciano – pp. 67, 72, 80 Gualdoni Flaminio – pp. 85, 92 Guarnieri Sergio – p. 139 Guglielmi Adriano – p. 98 Guida Cecilia – pp. 52, 53 Guidi Ugo – pp. 113, 116, 122 Guttuso Renato – p. 141 Guzzi Domenico – p. 18 Guzzi Virgilio – pp. 18, 33 Haacke Hans – pp. 58, 60 Hadid Zaha – pp. 41, 53 Helg Franca – pp. 73, 80 Henry Lydiate – p. 53 Hopps Walter – p. 54 Homiridis Marianne – p. 54 Huebler Douglas – p. 60 Imberciadori Enrico – p. 116 Iovino Roberto – pp. 87, 102 Jaar Alfredo – p. 53 Johnson Mark Dean – p. 55 Jorn Asger – pp. 32, 35, 145 Junod Ponsard Nathalie – p. 53 Karlstrom Paul J. – p. 55 Kaprow Allan – p. 60 Karreman Tanja – p. 54 Kester Grant H. – p. 37 Kienholz Edward – pp. 44, 45 Kienholz Nancy – pp. 44, 45, 54 Klein Christopher – pp. 2, 115, 121 Korza Pam – p. 55 Kosuth Joseph – pp. 58, 60, 61, 63 Krauss Rosalind – p 58 Kyllonen Kunnas Paivi – pp. 45, 54 Labò Mario – pp. 20, 34, 83, 84 Lacy Suzanne – p. 55 Lacroix Perrine – p. 54 Lagomarsino Luigi – pp. 83, 84, 85 Lagorio Gina – p. 128 Lain Rafael – p. 43 Lanteri Valeria – p. 140 Le Corbusier (Charles Edouard Jeanneret Gris) – pp. 17, 18, 21, 32, 33, 34, 67, 68 Léger Fernand – p. 114 Lena Franco – p. 121 Leverone Adriano – pp. 59, 61, 63, 82, 103 Lewitt Sol – p. 43 Lewitzky Uwe – p. 54 Licata Riccardo – pp. 70, 84 Licheri Antonio – p. 128 Lichtenstein Roy – p. 43 Lillemose Jacob – p. 58 Lippard Lucy – pp. 58, 63 Lippolis Leonardo – p. 35 Lonardi – pp. 22, 23 Longhi Roberto – p. 21 Losi Claudia – p. 31 Lossau Julia – pp. 37, 53, 55 Lovell Vivien – p. 48 Lovisolo Luciano – p. 28 Lux Simonetta – p. 33 Luzzati Emanuele – pp. 27, 71, 77, 79, 84, 93, 107, 108, 130, 138, 139, 140, 144, 145, 146 Lyotard Jean Francois – p. 32 Macarez Emmanuelle – p. 43 Magnani Lauro – pp. 85, 86, 91, 92 Magnani Vittorio – pp. 138, 146 Magnasco Alessandro – pp. 75, 92 Maineri Aldo – p. 128 Maltese Corrado – p. 33 Mangiarotti – p. 68 Mannstein David – p. 122 Maraini Antonio – pp. 15, 16, 17, 33 Maraniello Giuseppe – p. 139 Marasco Emilia – p. 98 Marcenaro Caterina – pp. 77, 84 Marcenaro Giuseppe – pp. 83, 85, 91 Margozzi Maria Stella – pp. 33, 34 Mariani Umberto – p. 139 Marisaldi Eva – p. 53 Martini Arturo – p. 89 Matisse Henry – p. 43 Mattei Aldo – pp. 70, 77, 84 Mattuada Eliana – p. 128 Mazzola Tollo Vittorio – pp. 71, 85, 104 Mazzoni Angiolo – p. 115 McLuhan Marshall – p. 63 Medici Giuseppe – p. 25 Menna Filiberto – p. 120 Menozzi – p. 107 Merisi Michelangelo da Caravaggio – p. 97 Mesciulam Plinio – pp. 138, 140, 146 Messina Francesco – p. 84 Mezzina Sergio – p. 132 Micca Marisa – pp. 70, 84 Miceli Biagio – pp. 81, 108 Michelucci Giovanni – pp. 20, 113 Mielsch Beate – p. 54 Miles Malcolm – pp. 54, 55 Millefiore Pietro – pp. 61, 82, 109 Milocani Ada – p. 116 Miscetti Stefania – p. 119 Moore Henry – p. 113 Mirabella Saro – pp. 57, 58, 95 Mochetti Maurizio – p. 41 Montaldo Maria Grazia – p. 87 Montana Guido – p. 117 Morales Carmen Gloria – p. 139 Morandi Riccardo – p. 72 Morelli Simona – p. 147 Morozzo della Rocca Robaldo – pp. 67, 68, 72 Moriconi Mauro – p. 83 Mulazzani Gennaro – p. 116 Mulazzani Marco – p. 32 Muratore Giorgio – p. 32 Musiari Antonio – p. 87 Mustacchi Claudio – p. 35 Nalin Daniele – pp. 128, 136 Nassisi Anna Maria – p. 119 Navone Luigi – pp. 84, 90 Newman Michael – p. 60 Oddi Vincenzo – p. 100 Ojetti Ugo – pp. 15, 17, 33 157 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 158 158 Ori Eva – p. 53 Orsini Bruno – p. 100 Orta Lucy – p. 31 Pace Achille – pp. 115, 117 Paganini Niccolò – p. 81 Paganelli Giovanni – p. 84 Pagano Giorgio – p. 121 Pagano Giuseppe – pp. 15, 16, 17, 20, 33, 34 Paglieri Rinangelo – p. 140 Paik Nam June – p. 50 Panero Clemente – pp. 127, 135, 136 Paolini Dino – p. 113, 116, 122 Paone Fabrizio – p. 152 Parma Elena – p . 93 Parodi Margherita – p. 96 Parodi Maurizio – pp. 126, 128, 134 Pasini Ugo – p. 149 Pateri – p. 67 Patti Stefano – p. 109 Peill Claudia – pp. 115, 119 Pellegrini Claudio – pp. 115, 123 Pellizzaro Valentino – p. 139 Pelosio Giulio – pp. 138, 139, 140, 143, 145 Peluzzi Edo – pp. 125, 126, 128, 134 Penone Giuseppe – pp. 43, 53 Perocco Guido – p. 84 Pertusio Vittorio – p. 84 Pestelli Stelvio – p. 107 Piacentini Marcello – pp. 15, 18, 20, 32, 33, 70 Piano Renzo – p. 80 Piatti Alessandra – pp. 7, 10 Piazza Daniela – p. 128 Picasso Pablo – pp. 43, 78, 97 Pierro Lelio – pp. 25, 27, 36 Pizzinato Andrea – p. 141 Poletti Federico – p. 118 Pomodoro Arnaldo – p. 108 Pompili Graziano – pp. 123, 115 Ponti Gio – pp. 16, 20, 33, 34 Porcù Riccardo – p. 96 Prampolini Enrico – pp. 33, 34 Prampolini Hiero – p. 115 Primi Italo – p. 110 Pugliese Angelo – p. 27 Pulitzer Gustavo – pp. 67, 83 Quaranta Antonio – p. 109 Quintavalle Arturo Carlo – pp. 28, 36 Raco Diego Attilio Mario – pp. 81, 87, 108 Ragazzi Franco – pp. 84, 86, 87, 102 Raysse Martial – p. 43 Ravasco Cesare – p. 85 Ratti Marzia – p. 116 Régnier Philippe – p. 54 Repetto Franco – p. 146 Reinhart Fabio – p. 80 Riolfo Marengo Silvio – p. 128 Robinson Greg – p. 55 Rodocanachi Paolo Silvio – p. 84 Rolando Giovanni – p. 150 Romana Marta – p. 35 Romanelli Romano – pp. 18, 32 Romano Giovanni – p. 72 Roosvelt Franklin Delano – p. 41 Rosadini Francesco – p. 83 Rosen Steven – p. 55 Rossello Mario – pp. 127, 128, 133 Rossi Aldo – p. 80 Rossi Lorenza – pp. 128, 130 Rotondi Terminiello Giovanna – p. 89 Roustan Mario – p. 42 Rusconi Paolo – p. 34 Sant'Andrea Giorgio – p. 114 Santoro Paolo – p. 117 Sarfatti Margherita – pp. 18, 33 Sartoris Alberto – p. 16 Sassu Aligi – pp. 125, 126, 128, 131 Sborgi Franco – pp.11, 62, 84, 85, 86, 87, 90, 91, 93, 96, 102, 116, 141, 143, 144, 145 Scalvini Maria Luisa – p. 62 Scanavino Emilio – pp. 138, 140, 145 Scardi Gabi – p. 35 Scarpa Carlo – p. 80 Schulze Janine – p. 54 Augusto Scirocchi – p. 128 Scirocchi Luigi – pp. 126, 127, 128, 132, 134 Segni Antonio – p. 25 Seia Caterina – p. 35 Selva Sergio – pp. 73, 86, 105 Serra Richard – pp. 48, 49, 52, 55 Servettaz Nanni – pp. 71, 73, 75 76, 84, 85, 105, 111 Severini Gino – pp. 17, 18, 33, 34 Shaw Phyllida – p. 54 Sibilla Angelo – pp. 67, 80, 83 Sicuro Giovanni – pp. 115, 122, 137, 140, 147 Sironi Mario – pp. 16, 33 Sirotti Ilaria – p. 151 Sirotti Raimondo – pp. 59, 80, 81, 83, 87, 98, 108, 110 Sparagni Tulliola – p. 33 Solari Giovanni – pp. 84, 90 Solimano Sandra – pp. 87, 98 Sollazzo Ciottoli Nora – p. 85, Soro Rossella – p. 143 Sossella Luca – pp. 35, 52 Sottile Turi – pp. 127, 136, 139 Spadolini Piergiorgio – p. 78 Spain Sharon – p. 55 Spalla Giovanni – p. 80 Spigno Rocco Pietro – pp. 35, 67, 88, 91, 92 Stevens Quentin – pp. 53, 55 Strozzi Bernardo – pp. 80, 108 Tafuri Manfredo – p. 62 Tampieri Giuseppe – pp. 69, 84, 89 Tani Vittorio – p. 95 Tardia Enzo – p. 110 Tassistro Renato – p. 77 Tassistro Roberto – pp. 27, 93 Teglio Franco Dante – p. 128, Tentori Francesco – p. 83 Togliatti Palmiro – p. 40 Todde Antonio – p. 85 Tollo Mazzola Vittorio – pp. 71, 85, 104 Tortarolo Bartolomeo – p. 126 Toscani Claudio – pp. 85, 92 Trinchera Pasquale Antonio Ariosto detto Astorio – pp. 126, 134 Trionfo Aldo – p. 84 Trotti Alessandro – p. 139 Vaccarone Francesco – pp. 115, 116, 121 Valdieri Pestelli Giambattista – pp. 59, 105, 106, 111 Valenti Paola – pp. 9, 15, 36, 53, 93, 95, 100 Valenza Michele detto Cossyro – pp. 82, 110, 127, 128, 135 Van Der Wert Huib Haye – pp. 46, 48, 54 Vannetti Giannantonio – p. 115 Vasquez Consuegra Gullelmo – p. 82 Vergani Camillo – pp. 23, 25 Veruggio Ettore – p. 85 Vietti Luigi – pp. 69, 84 Vicentini Enzo – pp. 57, 58, 61, 86, 94, 107 Vill Maria – pp. 115, 122 Vincent Jean – p. 54 Virduzzo Antonio – pp. 79, 86, 106 Vita Matteo – p. 22 Vitiello Donato – pp. 139, 147 Viziano Attilio – pp. 69, 73 Weiner Lawrence – p. 58 Wildt Adolfo – p. 85 Willis Shelly – pp. 37, 52, 53, 54, 55 Zappa Giulio – p. 67 Zay Jean – p. 42 Zebracki Martin – pp. 37, 53 Zelatore Riccardo – pp. 128, 129 Zevi Bruno – p. 83 Zevi Luca – p. 153 Zigaina Giuseppe – p. 141 Zoia Luigi – p. 152 Zucco Nino – p. 100 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 159 INDICE DEGLI EDIFICI SCHEDATI ALBISOLA SUPERIORE Stazione FS Albisola Superiore, piazza Giulio II – pp. 126, 127, 134 CAMOGLI Istituto Professionale Alberghiero I.P.S.S.A.R. Marco Polo, via San Rocco 1 – p. 104 CARCARE Scuola Primaria Gianni Rodari, via del Collegio – pp. 126, 134 CHIAVARI Istituto professionale autonomo Giovanni Caboto, via Giovanni Battista Ghio 2 – pp. 79, 104 Istituto Tecnico Statale "In memoria dei morti per la patria", via Enrico Millo 1 – p. 98 Liceo Marconi Delpino, piazza Caduti da Nassiriya 14 – p. 98 CICAGNA Scuola media statale Amadeo Peter Giannini, via Nuova Italia 26 – p. 104 GENOVA A.D.P.S Prà Sapello 1952, via Prà 43B, Prà Sapello 1952 – p. 109 Aeroporto Internazionale Cristoforo Colombo, via Pionieri e Aviatori d'Italia 44 – p. 101 Agenzia del Demanio (ex Edificio Ufficio dipendenti), via Finocchiaro Aprile 1 – pp. 76, 105 Area verde pubblico soprannominata “Giardini Ex Elah”, via Cordaneri, Genova Prà – pp. 62, 109 Capitaneria di Porto, via Magazzini Generali 1 – p. 109 Caserma degli Agenti, Casa Circondariale di Marassi, piazzale Marassi 2 – pp. 82, 110 Centro Biotecnologie Avanzate, Largo Rosanna Benzi 10 – p. 108 Centro civico di Voltri, via Pastore, Voltri 2 – pp. 82, 110 Cimitero dei Pini Storti, via Sant'Alberto 44 – pp. 59, 63, 82, 103 Cimitero Monumentale di Staglieno, piazzale Resasco, Porticato di Sant’Antonino – pp. 69, 90, 104 Grattacielo delle Poste, via di Sottoripa 1 – pp. 69, 89 G. S. Speranza, Fascia di rispetto di Genova Prà, 16157 – p. 109 Liceo Gian Domenico Cassini, via Galata 34 –pp. 26, 35, 73, 74, 85, 105, 149 Liceo Enrico Fermi, via Ulanowski 56 – pp. 59, 63, 105 Palazzo della Provincia, via Grenchen 2 – pp. 70, 90 Palazzo sede RAI, corso Europa 126 – p. 107 Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche per la Liguria, viale delle Brigate Partigiane 2 – pp. 56, 57, 104 Scuola elementare Adelaide Mameli, via Bologna 86 – pp. 105 Scuola elementare Niccolò Paganini, via Martiri del Turchino 40 – pp. 96 Scuola elementare Giuseppe Garibaldi, via Bologna 6A – pp. 78, 86, 97 Scuola materna di Sant’Eusebio, via Valtrebbia 299 – pp. 27, 79, 100 Scuola media inferiore Alessandro Volta, via Cornigliano 9 – pp. 23, 27, 57, 63, 95 Scuola media inferiore San Pier D'Arena (ex Istituto Casaregis), via Carlo Rolando – pp. 27, 57, 95, 107 Scuola media Parini, via Archimede 46 – pp. 27, 79, 107 Scuola primaria Hans Christian Andersen, via Mogadiscio 67 – pp. 79, 107, 108 Scuola primaria Prato, via Struppa – pp. 26, 27, 77, 79, 93 Scuola Politecnica di Ingegneria e Architettura, viale Francesco Causa 13 – pp. 73, 74, 75, 85, 86, 91, 92, 105 Scuola secondaria di primo grado Galeazzo Alessi, via Ignazio Pallavicini 7 – pp. 57, 94 Scuola statale I.T.C.S. Luigi Einaudi, via Cristofoli 4 – p. 107 Stadio Carlini, via Vernazza 31 – p. 105 Teatro dell'Opera Carlo Felice, passo Eugenio Montale 4 – pp. 80, 81, 102, 108 Università degli Studi di Genova, Dipartimento di scienze della terra, dell’ambiente e della vita (DISTAV), corso Europa 26 – pp. 79, 86, 99, 106 Università degli Studi di Genova, Clinica Chirurgica, Polo didattico Monoblocco Chirurgico, via Antonio de Toni 16 e viale Benedetto XVI – pp. 79, 86, 106 IMPERIA Capitaneria di Porto, via San Lazzaro – Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Imperia, via G. Strato 2 – pp. 137, 138, 139, 146, 147 Ex Palazzo del Genio Civile, viale Matteotti 50 – pp. 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 145, 146 Palazzo di Giustizia, via Garessio 58 – pp. 137, 139, 147 LA SPEZIA Nuovo Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di La Spezia - via Antoniana 10 – pp. 115, 122, 123 Questura di La Spezia, viale Italia 497 – pp. 114, 120, 122 Tribunale della Spezia, viale Italia 142 – pp. 114, 121 MILLESIMO Istituto comprensivo Emanuele Luzzati, piazza Libertà 1 – pp. 125, 130 RECCO Liceo scientifico statale Da Vigo Nicolosio da Recco, via Marconi 41– p. 111 Palazzo comunale di Recco, piazza Nicoloso da Recco 14 – pp. 71, 111 RAPALLO Scuola elementare Guglielmo Marconi, via Ferretti 4 – p. 110 ROSSIGLIONE Piastra Ambulatoriale Distretto 8, via Roma 36 – p. 111 SARZANA Comando Base Aeromobile delle Capitanerie di Porto di Sarzana-Luni, via Alta Vecchia – pp. 115, 117, 118, 119, 123 Scuola media statale Poggi-Carducci, via Luigi Neri 22 – p. 123 SAVONA Capitaneria di Porto, lungomare Giacomo Matteotti 4b – pp. 125, 127, 128, 135 Istituto di Istruzione Secondaria Superiore Ferraris-Pancaldo, via Rocca di Legino 35 – pp. 127, 133 Museo del Santuario di N.S. di Misericordia, piazza Santuario 6 – pp. 126, 134 Palazzo INAIL, via Venezia 6 e 8 – pp. 126, 134 R.S.A. Villa Noceti, via alla Stazione 2 – pp. 126, 134 Scuola dell'infanzia Bruno Munari e Scuola primaria Colombo-Mameli, via Tagliata 2 – pp. 125, 131 Scuola dell'infanzia Valloria e Scuola primaria Colombo Valloria, via Turati 2/6 – p. 129 Scuola Secondaria di primo grado Bartolomeo Guidobono, via Machiavelli 2 – pp. 127, 135 Stazione FS Savona Mongrifone, piazza Aldo Moro – p. 126 TAGGIA Palazzo comunale di Taggia, via S. Francesco 441 – pp. 139, 147 VENTIMIGLIA Distaccamento Provinciale dei Vigili del Fuoco di Imperia, corso Limone Piemonte 2 – pp. 137, 138, 147 VILLANOVA D'ALBENGA Aeroporto internazionale Clemente Panero, viale Generale Disegna 1 – pp. 127, 128, 135, 136 159 Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 160 FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI GIUGNO 2016