Le stenosi digestive
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Le stenosi digestive
Stenosi esofagee Uno studio di Gupta et al. (1) ripropone l’utilizzo dell’esofago baritato per la differenziazione delle stenosi esofagee benigne e maligne. 100 pazienti con diagnosi radiologica di stenosi esofagea sottoposti a controllo endoscopico, associato in 57 casi a brushing o biopsia, sono stati rivalutati da due radiologi, in cieco verso la diagnosi endoscopica e anatomopatologica. Dei 100 pazienti, 75 (75%) presentavano all’esame Rx una stenosi benigna, 11 (11%) una stenosi maligna e 14 (14%) una stenosi sospetta. Nessuno dei 75 pazienti con diagnosi radiografica di stenosi benigna presentava al controllo endoscopico una lesione maligna, mentre gli 11 pazienti con diagnosi radiografica di stenosi maligna presentavano tutti all’endoscopia una neoplasia maligna. Infine 13 (93%) dei 14 pazienti con stenosi sospetta alla diagnosi radiologica avevano all’endoscopia una stenosi benigna e 1 (7%) una neoplasia. Gli Autori concludono che i pazienti con diagnosi radiologica di stenosi benigna possono essere avviati direttamente al trattamento (medico od endoscopico) mentre quelli con diagnosi radiologica di neoplasia o con stenosi sospetta devono essere sottoposti obbligatoriamente ad esame endoscopico. La strategia terapeutica del carcinoma gastro-esofageo è subordinata allo stadio della neopla- RL Giovanni D. De Palma Revisione della Letteratura > rassegna biennale Questa rassegna propone una revisione dei principali lavori in extenso, nel campo della diagnostica e del trattamento endoscopico delle stenosi digestive, presenti nella letteratura internazionale da gennaio 2002 a giugno 2005, così come riportati da Pubmed alle voci strictures/stenosis/obstruction. La revisione è stata suddivisa per organo e comprende le stenosi esofagee, gastriche, del piccolo intestino e del colon-retto. Settore di Diagnostica e Terapia Endoscopica Dipartimento di Chirurgia Generale e Tecnologie Avanzate AOU Federico II Facoltà di Medicina e Chirurgia di Napoli sia al momento della diagnosi. Wakelin et al. (2) hanno confrontato la tomografia computerizzata (TC), l’ultrasonografia per-laparoscopica (LapUS) e la ultrasonografia endoscopica (EUS) nello staging pre-operatorio delle neoplasie esofago-gastriche. 36 pazienti con diagnosi istologica di carcinoma esofageo o gastrico, candidati all’intervento chirurgico, sono stati sottoposti a TC spirale, LapUS e EUS, nel pre-operatorio. I risultati della stadiazione delle tre metodiche sono stati confrontati con la stadiazione anatomopatologica nei casi resecati e con la stadiazione intraoperatoria nei casi non suscettibili di resezione chirurgica. Per le neoplasie avanzate (T3/T4), la stadiazione fu corretta in 15/16 casi (94%) con la TC ed in 14/16 (88%) con la EUS. La LapUS fu incapace di evidenziare 11 neoplasie (delle quali 5 in stadio T3/T4) localizzate al di sopra del diaframma, mentre per le neoplasie sottodiaframmatiche la stadiazione fu corretta in 10/12 casi (83%). L’EUS si dimostrò la metodica più accurata per la stadiazione delle neoplasie precoci e per la valutazione dell’interessamento linfonodale, con una accuratezza rispettivamente del 62% (8/13 casi) e del 72% (21/29 casi). La specificità della LapUS fu del 100% comparata al 90% della TC e la LapUs fu più accurata della stessa TC nella valutazione delle metastasi a distanza (accuratezza dell’81% versus 72%). Giorn Ital End Dig 2006;29:53-60 Le stenosi digestive 53 RL Revisione della Letteratura > rassegna biennale Stenosi peptiche Due lavori riportano gli effetti della introduzione nella pratica clinica degli H2 inibitori e dei PPI sulla riduzione delle stenosi peptiche dell’esofago in corso di malattia da reflusso gastro-esofageo. Gli studi hanno confermato che l’utilizzo di questi farmaci ha ridotto, sebbene non abolito del tutto, l’incidenza di questa complicanza e la necessità della dilatazione endoscopica (3,4) nonostante un sostanziale incremento negli anni della stessa malattia. Stenosi da caustici I fattori di rischio per lo sviluppo di una stenosi dopo ingestione di caustici sono stati analizzati in uno studio di Nunes et al. (5) su 48 pazienti sottoposti ad endoscopia d’urgenza. La gravità delle lesioni all’endoscopia, l’estensione in senso longitudinale del danno esofageo, la comparsa di ematemesi e l’aumento della latticodeidrogenasi sierica hanno costituito un fattore di rischio significativo per lo sviluppo a distanza di una stenosi fibrosa. Il trattamento con dilatazione rappresenta ancora l’opzione terapeutica più utilizzata in questo tipo di stenosi. La dilatazione precoce della stenosi in associazione agli H2 inibitori o ai PPI sembrano garantire un miglioramento dei risultati a distanza (6,7). Ulteriori variabili associate ad un risultato favorevole sono rappresentate dal tipo di sostanza ingerita (alcali), dall’assenza di fenomeni infiammatori e dal numero iniziale di sedute di dilatazione necessarie a dilatare la stenosi (8). Trattamento endoscopico Giovanni D. De Palma > Le stenosi digestive 54 L’introduzione nella pratica clinica delle protesi metalliche autoespandibili e più di recente delle protesi plastiche autoespandibili, ha modificato negli ultimi anni, l’approccio al trattamento endoscopico delle stenosi esofagee e ne ha esteso le indicazioni. Un gran numero di pubblicazioni verte proprio su questi argomenti e si affianca a diversi studi che riguardano tecniche ormai consolidate. Protesi autoespandibili (metalliche e plastiche) Petruzziello e Costamagna (9) hanno pubblicato una revisione sull’utilizzo delle protesi esofagee nelle stenosi benigne e maligne. In particolare sono stati riportati i vari tipi di protesi comunemente oggi disponibili, le tecniche d’impianto, i risultati e le complicanze dell’impianto protesico. Alcuni suggerimenti pratici e discussi i futuri sviluppi possibili delle protesi. Alcuni lavori ripropongono i risultati delle protesi metalliche autoespandibili (SEMS) nel trattamento palliativo del carcinoma esofago-cardiale confermando i dati della letteratura meno recente (10-14). Uno stu- dio retrospettivo di Mosca et al. ha comparato l’utilizzo delle protesi plastiche alle SEMS nel carcinoma esofago-cardiale (15). L’analisi comparativa dei risultati conferma che le SEMS sono da preferire alle protesi plastiche per la semplicità d’impianto ed il minor rischio di complicanze immediate nel confronto con le tradizionali protesi plastiche. Due studi hanno confrontato due diversi tipi di SEMS nel cancro esofageo. Riccioni et al. (16) hanno confrontato l’utilizzo delle protesi Ultraflex ricoperte e delle Esophacoil in 50 pazienti con carcinoma esofageo inoperabile riportando risultati comparabili tra i due tipi di protesi in termini di successo tecnico, riduzione della disfagia, complicanze immediate e a distanza e sopravvivenza. Analoghi risultati sono stati ottenuti da Sabbarwal et al. nel confronto tra Ultraflex ricoperte e Flamingo Wallstent ricoperte (17). Osugi et al. hanno valutato l’utilità delle SEMS con meccanismo antireflusso nelle neoplasie del giunto gastroesofageo (18). Sono stati paragonati con Ph-metria 7 pazienti con SEMS tradizionali e 5 pazienti con SEMS dotate di meccanismo antireflusso. Si è dimostrata una riduzione significativa del tempo di esposizione a pH < 4 nel gruppo con SEMS valvolate (2.9% versus 37.8%). L’utilizzo delle protesi plastiche autoespandibili è stato esteso oltre che alle stenosi maligne (19) anche alle stenosi benigne refrattarie alla dilatazione. Repici et al. (20) hanno valutato l’utilizzo temporaneo (6 settimane) delle protesi plastiche ricoperte in 15 pazienti con stenosi benigne dell’esofago refrattarie a ripetute sedute di dilatazione. Le protesi furono impiantate con successo in tutti i casi con risoluzione completa della disfagia. Non furono registrate complicanze immediate mentre si verificò 1 caso di migrazione nello stomaco. Le protesi furono rimosse agevolmente a 6 settimane. La risoluzione a lungo termine della disfagia (follow up mediano: 22.7± 2.6 mesi) si ottenne in 12 pazienti (80%). Evrad et al. (21) hanno utilizzato protesi plastiche autoespandibili in 21 pazienti con stenosi esofagee benigne di varia eziologia. La risoluzione della disfagia si ottenne in 17/21 casi ad un follow up mediano di 21 mesi dalla rimozione della protesi. I risultati migliori si ottennero per le stenosi da caustici. Dilatazione I risultati a lungo termine della dilatazione con palloncino in una popolazione di pazienti pediatrici con stenosi benigne di varia eziologia, sono riportati da Lan et al. (22). 77 pazienti (età media 1.8 anni; range 2 mesi-20 anni), con stenosi post-operatoria (65 casi), stenosi peptica (7 casi), stenosi da caustici (3 casi), acalasia (2 casi) sono stati sottoposti in narcosi ad un totale di 260 sedute di dilatazione eseguite sotto controllo endoscopico-radiologico. Furono osservate 4 RL Revisione della Letteratura > rassegna biennale Khokhar et al. (23) riportano i risultati della dilatazione con sonde di Savary in un gruppo di 369 pazienti osservati tra il 1985 ed il 2003. Il 63.7% presentava una stenosi peptica, il 33.3% una stenosi neoplastica, il 2.2% disturbi motori e l’1.6% una stenosi da caustici. Furono eseguite un totale di 583 procedure di dilatazione, con una media di 2.5 sedute per paziente, al fine di ottenere un miglioramento significativo della disfagia. Non furono registrate complicanze maggiori in alcuno dei pazienti trattati. Said et al. (24) hanno valutato i fattori predittivi di recidiva precoce di disfagia dopo dilatazione pneumatica in 87 pazienti con stenosi benigne. I pazienti con recidiva sintomatica ad 1 anno (36 casi), dopo dilatazione, furono confrontati al gruppo di pazienti rimasti asintomatici. Le stenosi non-peptiche rappresentarono un fattore significativo di recidiva all’analisi multivariata. Per le stenosi peptiche la persistenza di pirosi e la presenza di ernia jatale si dimostrarono fattori significativi di recidiva. In un ulteriore lavoro di Chiu et al. (25), la lunghezza della stenosi (> 8 cm) ed il calibro esofageo pre-dilatazione sono stati i fattori correlabili al numero di sedute necessarie per il miglioramento del grado di disfagia ed ai risultati a distanza dopo dilatazione pneumatica. L’infiltrazione con corticosteroidi della stenosi, sembrerebbe, al contrario, stabilizzare gli affetti della dilatazione nel lungo termine (26,27). L’utilizzo della dilatazione endoscopica in associazione alla chemioterapia e/o radioterapia è stato riproposto da Ko et al. (28) nel controllo della disfagia secondaria a carcinoma del giunto gastro-esofageo. Dei 20 pazienti trattati, 15 (75%) dimostrarono una miglioramento della disfagia; di questi 7 non richiesero ulteriori sedute di dilatazione fino all’exitus. Stenosi gastro-duodenali Stenosi neoplastiche Diversi lavori hanno riguardato l’utilizzo delle protesi autoespandibili nel trattamento delle stenosi neoplastiche antro-piloro-duodenali (29-37). Le indicazioni principali erano rappresentate da vomito e nausea. L’impianto corretto della protesi si ottenne tra l’84% ed il 100% dei casi e la ripresa dell’alimentazione orale tra il 75% ed il 94.4% dei pazienti. La complicanza più frequente fu costituita dalla migrazione protesica (7%-17%). La sopravvivenza media fu tra 52 e 71 giorni dall’impianto. Alcuni lavori hanno confrontato l’utilizzo delle protesi metalliche autoespandibili alla gastroenteroanastomosi chirurgica. Lo studio di Fiori et al. (38) include 18 pazienti con stenosi neoplastiche antro-piloro-duodenali non suscettibili di resezione chirurgica. I pazienti furono assegnati, dopo randomizzazione, al trattamento endoscopico o chirurgico. Il tempo della procedura, la morbilità, la mortalità, la ripresa dell’alimentazione orale, lo svuotamento gastrico a 8 e 15 giorni ed a 3 mesi, ed il tempo di ospedalizzazione furono confrontati nei due gruppi. Nel gruppo endoscopico la durata media dell’intervento fu di 40 minuti. Non fon vi fu mortalità e complicanze maggiori si ebbero nello 11.1% dei casi. La ripresa dell’alimentazione orale si ottenne mediamente dopo 2.1 giorni. Lo svuotamento gastrico era soddisfacente nello 88.9% dopo 8 giorni e nel 100% dei casi a 15 giorni ed a 3 mesi. Il tempo medio di ospedalizzazione fu pari a 3.1 giorni. Nel gruppo chirurgico la durata media dell’intervento fu di 93 minuti. Non vi fu mortalità preoperatoria. 1 paziente (11.1%) fu rioperato per emorragia. La ripresa dell’alimentazione orale si ebbe mediamente dopo 6.3 giorni. Lo svuotamento gastrico era soddisfacente nel 66.7% dopo 8 giorni e nell’ 88.9% dei casi a 15 giorni e nel 100% a 3 mesi. Il tempo medio di ospedalizzazione fu pari a 10 giorni. Del Piano et al. (39) riporta in maniera retrospettiva i risultati di 60 pazienti sottoposti ad impianto protesico (33 casi) o gastroenteroanastomosi (23 casi). Il successo tecnico fu paragonabile nei due gruppi ma il “successo clinico” fu a svantaggio del trattamento chirurgico (92% vs 56%, p = 0.0067); la mortalità a 30 giorni fu del 30% nel gruppo chirurgico paragonata allo 0% del gruppo endoscopico. La morbilità fu più alta nel gruppo chirurgico (61% vs 17%, p = 0.0021). Johnsson et al. (40) hanno paragonato, infine, il costo associato alle due diverse procedure. Il costo globale del trattamento endoscopico fu pari a 7.215 dollari paragonato al costo di 10.190 dollari del trattamento chirurgico (p < 0.005). Stenosi benigne La dilatazione pneumatica rappresenta la tecnica più utilizzata per le stenosi benigne. Solt et al. (41) riportano i risultati in 72 pazienti con stenosi peptiche, da caustici, anastomotiche e post-vagotomia. I pazienti furono sottoposti a 177 procedure di dilatazione con un miglioramento sintomatologico dell’ 80% nel posttrattamento e del 70% a 3 mesi. Il diametro della stenosi era pari a 6 mm (range 2.0-9,5 mm) prima della dilatazione e di 16 mm (range 10-20 mm) dopo la dilatazione. 16 pazienti presentarono una recidiva della stenosi tra 1 e 18 mesi. I risultati a distanza furono correlati al tipo di stenosi: la risoluzione della stenosi si ottenne nel 100% delle stenosi anastomotiche, Giorn Ital End Dig 2006;29:53-60 complicanze maggiori (perforazione esofagea) per una delle quali fu necessario un intervento chirurgico. Nel lungo termine (follow up mediano di 6.6 anni) tutti i pazienti risultavano liberi da disfagia. 55 RL Revisione della Letteratura > rassegna biennale nell’83% delle “stenosi” post-vagotomia, nel 70% delle stenosi peptiche e nel 35% delle stenosi da caustici. Furono riportati due casi di perforazione ed 1 caso di emorragia. In caso di stenosi peptiche, in presenza di contaminazione da Hp è consigliata l’eradicazione che sembrerebbe migliorare i risultati a distanza del trattamento endoscopico (42,43). La dilatazione endoscopica è stata utilizzata anche in caso di stenosi anastomotiche in pazienti sottoposti a bypass gastrico per obesità patologica (44) con una risoluzione sintomatologia nel 100% dei casi riportati. L’utilizzo delle protesi metalliche autoespandibili in caso di stenosi benigne è controverso anche se il loro utilizzo sembrerebbe riportare buoni risultati anche nel lungo termine (45). Stenosi del piccolo intestino L’esplorazione completa del piccolo intestino è oggi possibile grazie alla introduzione nella pratica clinica della videocapsula e della “double balloon enteroscopy” (46-49) che si sono affiancate alla enteroscopia tradizionale ed alla enteroscopia per-laparoscopica. Accanto agli enteroscopi tradizionali, sono di recente comparsi dei nuovi apparecchi dotati di raddrizzatore che hanno eliminato la necessità dell’utilizzo degli over-tube (riducendo dunque il rischio di complicanze) e, grazie alla possibilità di ridurre la formazione di “looping” gastrico, consentono un inserimento più “profondo” dell’endoscopio e quindi un guadagno diagnostico e terapeutico (50,51). Esistono nella recente letteratura solo pochi lavori che riguardano in maniera specifica la diagnostica e la terapia endoscopica delle stenosi digiuno-ileali. Giovanni D. De Palma > Le stenosi digestive 56 Sunada et al. hanno valutato l’impatto diagnostico della double balloon enteroscopy” (DB-E) in 17 pazienti con diagnosi di stenosi del piccolo intestino (52). Di questi, 3 presentavano una neoplasia che fu possibile tipizzare istologicamente (i pazienti furono sottoposti a chirurgia) mentre i restanti 14 presentarono una stenosi benigna che fu sottoposta a dilatazione endoscopica. La DB-E è stata ancora utilizzata nella estrazione di una videocapsula in due stenosi del piccolo intestino, in due pazienti con malattia di Crohn e con anemia, già sottoposti a enteroclisi che aveva però escluso, in ambedue i casi, una stenosi critica. La capsula fu identificata rispettivamente a 140 cm e 310 cm dal piloro e rimossa per via endoscopica risparmiando ai pazienti un intervento chirurgico d’urgenza (53). La enteroscopia con capsula è capace di evidenziare le stenosi digiuno-ileali anche nei casi di esami radiologici negativi (54,55). Tuttavia, le stenosi “criti- che” del piccolo intestino, possono determinare una occlusione intestinale nei casi in cui si utilizzi la videocapsula (56,57). Nel sospetto di stenosi, si usa oggi la “patency”. per la valutazione preliminare della fattibilità dell’enteroscopia capsulare. È stato tuttavia segnalato un caso di occlusione intestinale “temporanea” (della durata di 30 + 76 ore) da “patency”, in un paziente con una stenosi ileale in corso di morbo di Crohn (58). Stenosi in corso di malattia di Crohn La malattia di Crohn può complicarsi con una stenosi del piccolo intestino. La terapia medica può migliorare il quadro sub-occlusivo in presenza di una stenosi infiammatoria. Le stenosi fibrotiche, tuttavia, non rispondono alla terapia medica e richiedono un trattamento chirurgico (resezione o stritturoplastica) od endoscopico. Le stenosi anstomotiche, dopo chirurgia, sono frequenti e richiedono spesso una nuova resezione chirurgica (59). Il trattamento endoscopico si avvale generalmente, in caso di stenosi accessibili, della dilatazione pneumatica (60-63). Morini et al. (64) riporta i risultati a lungo termine della dilatazione pneumatica in 43 pazienti con stenosi ileali od ileocoliche in corso di malattia di Crohn. La dilatazione ebbe successo in 34/43 (79%) casi. Al follow up (63.7 ± 44.6 mesi) un risultato positivo si ottenne in 18 pazienti (52.9%) mentre nei restanti 16 casi fu necessario un intervento chirurgico. Blanchet et al. (65) riporta i risultati della dilatazione in 16 pazienti con una stenosi anastomotica dopo resezione (lunghezza media della stenosi 4.7 cm), seguiti per 24 mesi. La dilatazione fallì in 3 casi (19%). Nei restanti 13 pazienti furono necessarie, in totale, 32 sedute per la risoluzione della stenosi. Non furono osservate complicanze. 8 pazienti furono sottoposti a terapia immunosoppressiva, 4 prima della dilatazione e 4 dopo la dilatazione. Su base attuariale, la recidiva si verificò nel 39% e nello 0% a 1 anno e nel 73% e nel 12% a 2 anni, rispettivamente nei due gruppi. L’intervallo libero da malattia non differì significativamente nel gruppo di pazienti sottoposti a sola dilatazione nel confronto del gruppo di pazienti sottoposto a dilatazione più terapia immunosoppressiva. L’iniezione locale di corticosteroidi è stata proposta in associazione alla dilatazione ma non è ancora dimostrato che essa prevenga la recidiva della stenosi (66). In caso di recidive anastomotiche refrattarie alla dilatazione è stato proposto l’utilizzo delle protesi metalliche autoespandibili (66,67). RL Revisione della Letteratura > rassegna biennale Stenosi benigne La dilatazione pneumatica rappresenta la tecnica più diffusa nel trattamento endoscopico delle stenosi benigne del grosso intestino (68). I risultati più recenti evidenziano la risoluzione a lungo termine della stenosi nel 57-77% dei casi con un’incidenza di complicanze che varia tra 0 e 1.8% (69-73). Anche per le stenosi coliche, in particolare per quelle anastomotiche, è stata proposta, per i casi refrattari, l’infiltrazione topica di steroidi, in associazione alla dilatazione, (74) o l’utilizzo delle SEMS (75). Di Giorgio et al. (76) hanno paragonato due tipi di dilatatore nel trattamento delle stenosi anastomotiche dopo resezione anteriore. 30 pazienti sintomatici furono randomizzati al trattamento con dilatatori del tipo TTS (15 casi) o con dilatatori su filo guida, simili a quelli utilizzati per il trattamento dell’acalasia (15 casi). Fu valutato il grado di risoluzione della stenosi e del quadro sintomatologico, il numero di sedute necessarie, l’incidenza delle complicanze e la durata della procedura. I pazienti furono seguiti per 24 mesi. La risoluzione della stenosi si ottenne in tutti i pazienti. Non furono lamentate complicanze. Il numero di sedute richiesto fu di 2.6 per i TTS e di 1.6 per i dilatatori su filo (p = 0.009), con una durata della risposta, nel lungo termine, inferiore nel gruppo trattato con TTS (294.2 giorni vs 560.8 giorni, p = 0.016). Stenosi neoplastiche La maggior parte dei lavori comparsi nella recente letteratura hanno riguardato i risultati dell’utilizzo delle SEMS nel trattamento temporaneo o definitivo delle neoplasie occludenti il grosso intestino. L’impianto corretto della protesi si è ottenuto mediamente nel 92% dei casi con una risoluzione del quadro occlusivo nell’88% dei pazienti. Le complicanze acute più frequenti riportate sono state rappresentate della migrazione (10%), e dalla perforazione (4%), con una mortalità dell’1% (77-84). Risultati peggiori (risoluzione della sintomatologia intorno al 65%) sono riportati nei casi di stenosi ab-estrinseco (85). Tre lavori hanno confrontato le protesi metalliche alla chirurgia in urgenza, in caso di occlusioni del grosso intestino, Carne et al. (86) hanno paragonato le SEMS alla chirurgia tradizionale aperta nei pazienti con carcinoma metastatico. 25 pazienti furono sottosti ad impianto protesico e 19 a chirurgia. L’impianto protesico ebbe successo in 22 casi e non si verificarono complicanze. Nel gruppo di pazienti sottoposti a chirurgia (2 laparotomie esplorative, 1 by-pass, 7 colostomie, 7 resezioni con anastomosi, 5 interventi secondo Hartmann) vi furono 9 complicanze maggiori. La durata della ospedalizzazione fu significativamente minore nel gruppo di pazienti sottoposti ad impianto protesico (4 giorni vs 10.4 giorni, p < 0.0001). La sopravvivenza a distanza fu sovrapponibile nei due gruppi. Targownik et al. (87) hanno confrontato due differenti strategie nei pazienti con occlusione neoplastica del colon sinistro o del retto: a) impianto protesico in urgenza seguito da resezione in elezione; b) chirurgia in urgenza. L’impianto preliminare della protesi determinò una riduzione pari al 23% delle procedure chirurgiche per paziente (1.01 vs 1.32), una riduzione dell’83% della necessità di praticare una colostomia (75 vs 43%), una riduzione della mortalità operatoria (5% vs 11%) ed una riduzione complessiva dei costi. Xinopoulos et al. (88) hanno condotto uno studio di costo-efficacia sull’utilizzo delle SEMS a confronto con la colostomia definitiva in un gruppo di pazienti con neoplasia colorettale non suscettibile di intervento recettivo, sia per la diffusione tumorale che per lo stato clinico generale. Lo studio ha dimostrato che sebbene la colostomia sia meno costosa, la differenza globale tra le due procedure è stata solo del 6.9% (pari a 132 Euro) al costo, però, di una peggiore qualità della vita residua. Corrispondenza Giovanni D. De Palma Settore di Diagnostica e Terapia Endoscopica Facoltà di Medicina e Chirurgia Dipartimento di Chirurgia Generale e Tecnologie Avanzate Università degli Studi Federico II Via Pansini 5 - 80131 Napoli Tel. +39 081 7462773 Fax +39 081 8262866 e-mail: [email protected] Bibliografia 1. Gupta S, Levine MS, Rubesin SE, Katzka DA, Laufer I. Usefulness of barium studies for differentiating benign and malignant strictures of the esophagus. AJR Am J Roentgenol 2003 Mar;180(3):737-44. 2. Wakelin SJ, Deans C, Crofts TJ, Allan PL, Plevris JN, Paterson-Brown S. A comparison of computerised tomography, laparoscopic ultrasound and endoscopic ultrasound in the preoperative staging of oesophagogastric carcinoma. Eur J Radiol 2002 Feb;41(2):161-7. 3. 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