Dispositivi di contenzione mobili - centro servizi odontoiatrici

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Dispositivi di contenzione mobili - centro servizi odontoiatrici
Prefazione
Esiste un atteggiamento ricorrente, da cui non vanno esenti anche ortodontisti esperti, per cui
ognuno tende a privilegiare il proprio apparecchio preferito, ritenendolo adattabile alla maggior parte dei casi, semplice da usare, gradito ai pazienti, privo di inconvenienti, prodigo di
brillanti risultati. Convinzioni che portano a rinunciare all’ecletticità, che il buon senso clinico impone, nel rispetto della specificità dei singoli casi clinici e dei limiti biomeccanici di
ogni dispositivo.
Lo scopo di riunire conoscenze frammentarie in sinossi ha ispirato la scelta metodologica alla base di questo manuale, che intende fornire un panorama sia dei dispositivi con le relative
indicazioni e caratteristiche biomeccaniche, sia delle patologie, materia di trattamenti condivisi con pediatri, chirurghi maxillo-facciali, otorinolaringoiatri e gnatologi.
Si tratta di un manuale di rapida consultazione, che illustra tecniche e dispositivi atti a raggiungere obiettivi intermedi, senza la pretesa di fornire guide alla diagnosi e alla pianificazione di trattamenti globali o di affrontare controversie scientifiche.
La forma di testo-atlante, con circa seicento immagini tra fotografie e schemi, risponde alle
esigenze della prassi clinica quotidiana: favorire rapidità di consultazione per la prescrizione e per la gestione clinica dei dispositivi oltre a migliorare la comunicazione tra studio e laboratorio.
La scelta metodologica che sottende alla suddivisione dei capitoli è un orientamento problem
solving, basato sul tipo di azione (ortodontica, ortopedica, funzionale) e sulle finalità terapeutiche, con particolare attenzione ai singoli movimenti dentali.
Per ogni apparecchio, delle diverse centinaia considerate, è redatta una sintetica scheda tecnica corredata di iconografia, che permette di derivare indicazioni e controindicazioni, componenti ed elementi ausiliari, regolazioni e attivazioni. La selezione comprende dispositivi rimovibili e fissi rimovibili, che rappresentano un bagaglio trasversale di nozioni comuni a diverse tecniche, indispensabili per ogni ortodontista, indipendentemente dalla scuola e dalla filosofia di trattamento.
Poiché disamine approfondite e complete sarebbero impossibili e poco proficue, abbiamo preferito limitare la trattazione a sintetiche analisi degli apparecchi di uso comune, mantenendo la consuetudine di denominare ogni dispositivo con il nome dell’autore che ne ha maggiormente contribuito allo sviluppo. In effetti, vengono impiegati dispositivi in diverse forme fondamentali, cui seguono un gran numero di varianti, talvolta con differenze talmente minime
VI
Prefazione
che spesso riesce difficile capire i criteri con cui si rivendica la paternità di una protesi ortodontica.
Il progetto di riunire in un unico testo-atlante un insieme disomogeneo organizzato per obiettivi terapeutici risente di inevitabili sovrapposizioni, imposte dalla sistematizzazione, considerando che uno stesso dispositivo può esercitare effetti terapeutici multipli ed essere utilizzato con finalità terapeutiche diverse. Il problema è stato risolto classificando gli apparecchi in base alle azioni elettive, con qualche inevitabile forzatura, e inserendo opportuni richiami nei capitoli attinenti alle indicazioni secondarie.
Ci auguriamo che i lettori possano trovare in questo manuale, la cui realizzazione per noi è
stata occasione di confronto tra ortodontisti e odontotecnici, molti dei quali docenti presso la
Scuola di Ortognatodonzia dell’Università degli Studi di Cagliari, uno strumento di lavoro e
riflessione utile alla prassi quotidiana.
Gli Autori
Cagliari, 2007
Ringraziamenti
Gli Autori ringraziano il dott. Franco Carlino, per la revisione e l’iconografia della sezione
inerente alla chirurgia ortognatodontica; la dott.ssa Valentina Marras, per la stesura della sezione sul trattamento della labiopalatoschisi; la dott.ssa Claudia Serra, per il capitolo sulla sindrome di Down.
Per l’aiuto fornito nella raccolta del materiale iconografico, si ringraziano: il prof. Federico
Tenti, per la riproduzione di schemi e disegni; il dott. Arturo Fortini, per le immagini relative al capitolo sull’ancoraggio extradentale con minimpianti; il dott. Antonio Patti e il prof. Guy
Perrier D’Arc per l’iconografia relativa al light-pull; il dott. Raffaello Cortesi per aver consentito la riproduzione di immagini tratte dal CD dei propri corsi di aggiornamento; Mauro Testa e Ugo Comparelli, per le fotografie degli apparecchi appartenenti alla jet-family; l’odontotecnico Enrico Spessot e il dott. Leone Rubini per il materiale sulle placche di Planas; gli odontotecnici Luciano Corti, Benedetto Vinci in rappresentanza dell’ORTEC per le immagini fornite dall’associazione a nome di tutti gli iscritti; Emanuele Wolf, titolare del laboratorio PTOProgresso Tecnico Ortodontico in Verona, per lo stimolo costante e il prezioso materiale che ha
permesso di completare molti capitoli.
Si ringraziano infine il dott. Riccardo Riatti per la consulenza bibliografica e il dott. Pietro
Floris per la revisione del testo e le immagini fornite.
Indice
Prefazione ...................................................................... V
Ringraziamenti .............................................................. VII
CAPITOLO 1
Movimenti dento-alveolari
e terapia ortodontica ..................................
Espansione e contrazione trasversale ........................
Espansione trasversale superiore ........................
Espansione trasversale inferiore ..........................
Espansione e contrazione sagittale ..........................
Distalizzazione e disinclinazione
dei molari superiori ................................................
Distalizzazione e disinclinazione
dei molari inferiori..................................................
Mesializzazione dei molari ....................................
Vestibolarizzazione degli incisivi ..........................
Lingualizzazione degli incisivi ..............................
Movimenti selettivi........................................................
Movimenti sagittali di canini, premolari
e incisivi ..................................................................
Torque ......................................................................
Derotazione ............................................................
Movimenti verticali ................................................
Dispositivi rimovibili attivi ..........................................
Dispositivi attivi in resina ......................................
Tecnica di Crozat ....................................................
Elastodonzia ..................................................................
Posizionatori ..........................................................
Sistema elastodontico KFO ..................................
Mascherine in polimero trasparente ....................
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Ancoraggio ....................................................................
Dispositivi di rinforzo d’ancoraggio ....................
Minimpianti ortodontici ........................................
Contenzione ..................................................................
Dispositivi di contenzione mobili ........................
Dispositivi di contenzione fissi ............................
Mantenitori di spazio..............................................
➔ MOLLA DI COFFIN ......................................................
➔ BARRA DI GOSHGARIAN ............................................
➔ PLACCHE DI ESPANSIONE TRASVERSALE
E SAGITTALE ..............................................................
➔ DISPOSITIVI PALATINI 3D DI WILSON ......................
➔ NITANIUM PALATAL EXPANDER ..............................
➔ SPRING JET ................................................................
➔ QUAD-HELIX ..............................................................
➔ PLACCA DI SCHWARZ ................................................
➔ ESPANSORI MANDIBOLARI........................................
➔ DISTALIX DI LANGLADE ............................................
➔ JONES JIG ..................................................................
➔ GRUM-RAX DI GRUMMONS ........................................
➔ DISTALIZZATORE DI VELTRI ......................................
➔ PLACCA DI CETLIN ....................................................
➔ DISTAL JET..................................................................
➔ ATTIVATORE DISTALIZZANTE ASIMMETRICO (ADA)
➔ FIRST CLASS ..............................................................
➔ FAST BACK ..................................................................
➔ ARCO BIMETRICO LABIALE DI WILSON ..................
➔ PENDULUM E PEND-X DI HILGERS ..........................
➔ DISTAL E UPRIGHTER JET ........................................
➔ LIP BUMPER................................................................
➔ MESIAL JET ................................................................
➔ DISPOSITIVI PER MOVIMENTI SAGITTALI DI CANINI,
PREMOLARI E INCISIVI ..............................................
➔ DISPOSITIVI PER MOVIMENTI DI TORQUE ..............
➔ DISPOSITIVI RIMOVIBILI ATTIVI ................................
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Indice
➔ RIALZI OCCLUSALI IN APPARECCHI RIMOVIBILI ....
➔ APPARECCHI DI CROZAT ..........................................
➔ DISPOSITIVI DI RINFORZO DI ANCORAGGIO ..........
➔ PLACCA DI HAWLEY ..................................................
➔ DISPOSITIVI DI CONTENZIONE MOBILI
(PLACCA CON ARCO WRAPAROUND, SPRING
RETAINER, SPRING ALIGNER, CLEAR ALIGNER,
DOCCE TERMOSTAMPATE ESSIX®) ..........................
➔ DISPOSITIVI DI CONTENZIONE FISSI........................
➔ MANTENITORI DI SPAZIO ..........................................
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CAPITOLO 2
Terapia ortopedica ........................................
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Sindromi di II classe ....................................................
Trazioni extraorali ..................................................
Trazioni intermascellari ........................................
Propulsori mandibolari ..........................................
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Sindromi di III classe ....................................................
Maschera di Delaire................................................
Mentoniere ..............................................................
Trazione intermascellare di III classe ..................
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Espansione trasversale del mascellare ......................
Espansione rapida chirurgicamente assistita ....
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Discrepanze scheletriche verticali..............................
Morsi aperti ............................................................
Intrusione dei settori posteriori............................
Estrusione dei settori frontali ..............................
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Morsi profondi ..............................................................
Intrusione dei settori frontali ................................
Estrusione dei settori posteriori ..........................
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➔ TEO E VARIANTI ........................................................
➔ TRAZIONI INTERMASCELLARI ..................................
➔ PROPULSORE UNIVERSALE LIGHT (PUL) ................
➔ JASPER JUMPER E TWIN FORCE BITE
CORRECTOR ..............................................................
➔ ATTIVATORI PER III CLASSE ......................................
➔ ESPANSORE DI VELTRI ..............................................
➔ ESPANSORE RAPIDO IN DENTATURA DECIDUA ......
➔ ESPANSORE RAPIDO PALATINO ................................
➔ VITE RAGNO DI SCHELLINO E MODICA....................
➔ PLACCA CON RIALZO ANTERIORE
PER ESTRUSIONE DEI POSTERIORI ........................
➔ TIPOLOGIE DI POSIZIONAMENTO DEGLI ELASTICI
DI INTERCUSPIDAZIONE PER FINITURA ................
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CAPITOLO 3
Attivatori e terapia
ortopedico-funzionale ................................
Basi della terapia funzionale........................................
Molaggio e morso di costruzione ................................
Monoblocco Andresen-Haupl ..............................
Bionator di Balters..................................................
Sistema ortopedico Bass........................................
Placca di Bassani ....................................................
Modellatore elastico Bimler ..................................
Attivatore scheletrato di Bimzat ..........................
Bio-finisher ..............................................................
Attivatore di Bondi ................................................
Placche funzionali di Cervera ..............................
Attivatore Ducovator..............................................
Regolatore di funzione Frankel ............................
Attivatore Harwold-Woodside-Sassouni ..............
Apparecchio di Herbst ..........................................
Attivatore elastico aperto di Klammt ..................
Attivatore di Lehman..............................................
Placche di Planas ....................................................
Attivatore spring di Sander....................................
Bite-jumping di Sander ..........................................
Apparecchio di Sthepenson ..................................
Kinetor di Stockfish................................................
Attivatore di Teuscher............................................
Twin Block ..............................................................
Alti attivatori ..........................................................
➔ MONOBLOCCO ANDRESEN ......................................
➔ TIPI DI BIONATOR ......................................................
➔ SISTEMA BASS ............................................................
➔ PLACCA DI BASSANI ..................................................
➔ MODELLATORE ELASTICO BIMLER ..........................
➔ ATTIVATORE SCHELETRATO DI BIMZAT ..................
➔ BIO-FINISHER ............................................................
➔ ATTIVATORE DI BONDI ..............................................
➔ PLACCHE FUNZIONALI DI CERVERA ........................
➔ ATTIVATORE DUCOVATOR ........................................
➔ REGOLATORE DI FRANKEL ......................................
➔ ATTIVATORE DI HARWOLD-WOODSIDE-SASSOUNI
➔ APPARECCHIO DI HERBST ........................................
➔ KLAMMT ......................................................................
➔ ATTIVATORE DI LEHMAN ..........................................
➔ PLACCHE DI PLANAS DI II CLASSE - EQUI-PLAN ....
➔ KINETOR ....................................................................
➔ TWIN BLOCK ..............................................................
➔ ATTIVATORE DI LAUTROU ........................................
➔ PRO-SLIDER ................................................................
➔ U-BOW ACTIVATOR DI KARWETZKY ........................
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Indice
➔ PLACCA DI RIVOLI ......................................................
➔ ATTIVATORE DI VAN BEEK ........................................
➔ HERGHENZINGHER ..................................................
➔ DISPOSITIVI FUNZIONALI DI WOODSIDE ................
➔ PLACCA DI THOUROW ..............................................
➔ PLACCA DI MAJ ..........................................................
➔ BERLINER REAKTIVATOR DI MIETHKE ....................
➔ ATTIVATORE DI GUDIN ..............................................
➔ MORFOCORRETTORE DI GIANNÌ ..............................
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Guide a pivot posteriori ........................................
Guide realizzate tramite TENS..............................
➔ DISPOSITIVI DI SVINCOLO ........................................
➔ GUIDE DI RIPOSIZIONAMENTO ANTERIORE ..........
➔ GUIDE DI STABILIZZAZIONE ....................................
➔ GUIDE A PIVOT POSTERIORI ....................................
➔ ORTOTICO DI JENKELSON ........................................
XI
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CAPITOLO 7
CAPITOLO 4
Discinesie orali
e terapia miofunzionale ..........................
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Abitudini viziate ............................................................
Dispositivi miofunzionali ......................................
➔ STIMOLATORI DELLA FUNZIONE ..............................
➔ FUNCTIONAL TRAINER..............................................
➔ MULTI-P ......................................................................
➔ POSITION TRAINER ....................................................
➔ ELEVATORI LINGUALI ................................................
➔ ENVELOPE LINGUALE NOCTURNE DI BONNET ......
➔ SCHERMI ....................................................................
➔ RESTRITTORI DELLA FUNZIONE ..............................
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CAPITOLO 5
Ortodonzia e chirurgia
maxillo-facciale ................................................
155
Chirurgia ortognatodontica............................................ 155
Labiopalatoschisi ............................................................ 159
Trattamento .............................................................. 160
CAPITOLO 6
Disturbi temporo-mandibolari
e guide occlusali ..............................................
163
Disturbi cranio-mandibolari ........................................
Ortodonzia e disturbi temporo-mandibolari ......
Placche occlusali ..........................................................
Dispositivi di svincolo ............................................
Guide di riposizionamento anteriore ..................
Guide di stabilizzazione ........................................
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168
Patologie ORL ....................................................
173
Sindrome da ipertrofia adenoidea ..............................
Patologie correlate ................................................
Respirazione orale e disarmonie dento-facciali ........
Diagnosi ..................................................................
Terapia......................................................................
Patologie delle tonsille palatine ..................................
Alterazioni della fonazione e del linguaggio..............
Nozioni di fonetica..................................................
Disordini della comunicazione..............................
Apnea ostruttiva da sonno e roncopatia ....................
Dispositivi per OSAS ..............................................
Dispositivi per roncopatia cronica..............................
➔ KLEAR WAY APPLIANCE ............................................
➔ MIRS ............................................................................
➔ NAPA ..........................................................................
➔ APPARECCHIO DI HERBST MODIFICATO ................
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202
203
CAPITOLO 8
Sindrome di Down ........................................
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Anomalie oro-facciali....................................................
Anomalie dentali ..........................................................
Protocollo di trattamento ortopedico-ortodontico ..
Gestione della postura linguale ..................................
Riabilitazione miofunzionale ................................
Espansione palatina......................................................
Trattamento ............................................................
Deficit antero-posteriore e verticale della maxilla ..
Trattamento ............................................................
Conclusioni ....................................................................
➔ PLACCA PALATINA DI CASTILLO-MORALES ............
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214
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216
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Bibliografia .................................................................... 219
CAPITOLO 1
Movimenti dento-alveolari
e terapia ortodontica
Espansione e contrazione
trasversale
In base al distretto anatomico i morsi crociati sono
classificati in: dentali (endoinclinazioni), in presenza di tipping dei denti su processi alveolari e basi
ossee normali; alveolari (endoalvelolie), in cui denti e basi ossee sono in posizione corretta; scheletrici (endognazie), quando le basi ossee sono in rapporto trasversale di contrazione.
Le disgnazie più frequentemente dipendono da
insufficienze trasversali mascellari o da ipersviluppi mandibolari; su cui si sovrappongono fenomeni
di compensazione dento-alveolari, come l’endoalveolia o linguo-inclinazione dentale inferiore e l’eCONTRAZIONI TRASVERSALI
• Endoalveolia mascellare simmetrica
con o senza latero-deviazione mandibolare
• Endoalveolia mascellare simmetrica
associata a endoalveolia mandibolare
di compenso
• Endognazia mascellare simmetrica con
morso crociato bilaterale
• Endognazia mascellare simmetrica senza
morso crociato a causa del compenso dentoalveolare mandibolare
• Endognazia o endoalveolia mascellare
unilaterale
• Esognazia mandibolare.
soalveolia o vestibolo-inclinazione dentale superiore. I casi più marcati presentano morsi a forbice con
inocclusioni trasversali esterne o interne.
Frequentemente nei pazienti con una storia di
problemi di respirazione o di abitudini viziate si riscontra la presenza di cross bite monolaterali in occlusione abituale e bilaterali in relazione centrica; si
tratta di contrazioni mascellari bilaterali con deviazioni mandibolari in chiusura da interferenze occlusali. Si tratta di latero-deviazioni funzionali che dipendono da prematurità sul tragitto di chiusura funzionale fisiologica, più spesso in dentatura decidua
per precontatti occlusali a livello dei canini decidui.
La struttura scheletrica è all’inizio simmetrica, ma la
latero-deviazione funzionale esercita nel tempo un
“effetto attivatore” sulla crescita condilare, causando una asimmetria strutturale (laterognazia). Il trattamento intercettivo delle latero-deviazioni funzionali dipende dall’eziologia e si svolge attraverso diverse fasi: rieducazione delle abitudini viziate; molaggio delle interferenze occlusali; espansione simmetrica del mascellare per permettere il ricentraggio
della mandibola. Una volta instaurata la laterognazia, si utilizzano piani occlusali e placche di ricentraggio, seguite da una finalizzazione ortodontica.
Le indicazioni all’espansione ortodontica del
mascellare sono: morsi crociati dentali e dentoalveolari, correzioni di affollamenti dento-alveolari, coordinazione tra le arcate durante terapie
di II classe.
I movimenti di tipping molare richiedono forze
semplici nell’ordine di 60 g.
2
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Nei cross bite scheletrici le espansioni ortopediche vengono raggiunte utilizzando l’espansione
rapida nel soggetto in crescita e l’espansione chirurgicamente assistita con corticotomia dopo la sinostosi della sutura palatina mediana verso i 16-17
anni. Alcuni espansori ortodontici sono utilizzati
per ottenere espansioni ortopediche in dentatura
mista – quad-helix, Ni-Ti palatal expander –, con risultati sostanzialmente sovrapponibili agli espansori ortopedici, ottenendo il 50% di cambiamento
scheletrico e il 50% di movimento dentale.
Le indicazioni all’espansione trasversale della
mandibola sono circoscritte a lievi affollamenti,
date le maggiori limitazioni nel garantire stabilità, e sono attuate mediante esoinclinazioni dento-alveolari di compenso.
A livello mandibolare campioni considerevoli di
dati dimostrano che le espansioni a livello dei canini non sono stabili e che i diametri intercanini tendono a diminuire nel corso della vita; aumenti di diametri premolari e molari hanno maggiore possibilità
di essere mantenuti (nell’ordine di 2-3 mm), mentre
per gli incisivi le possibilità di vestibolarizzazione dipendono dalla posizione iniziale ed è maggiore nei
denti lingualizzati rispetto a quelli diritti.
Le indicazioni alla contrazione trasversale posteriore mascellare (lingualizzazione di molari e
premolari) sono rappresentate dal morso crocia-
to mono o bilaterale e dal morso a forbice per
inocclusione trasversale interna o esterna.
Il morso a forbice con inocclusione trasversale
esterna è frequentemente l’esito di un uso improprio
di un dispositivo di espansione del palato, in cui la
naturale tendenza alla recidiva rende la correzione
priva di difficoltà, con l’accortezza di sbloccare l’intercuspidazione errata. Oltre i dispositivi indicati in
questo capitolo sono utilizzati anche TEO e lip bumper, modellati in contrazione o in espansione, apparecchi di Crozat e placche rimovibili con molle o
braccetti vestibolari (0,5-0,7 mm) o molle continue
linguali (diametro 1,2 mm = 0,47 inch).
Espansione trasversale superiore
Tipi di dispositivo
➔ Molla di Coffin
➔ Barra di Goshgarian
➔ Placche di espansione trasversale e sagittale
➔ Dispositivi palatini 3D di Wilson
➔ Nitanium palatal expander
➔ Spring jet
➔ Quad-helix
➔ Placca di Schwarz
➔ MOLLA DI COFFIN
Si tratta di un dispositivo di espansione palatina costituito da un filo d’acciaio da 0,9 mm modellato a
forma di W.
È utilizzato in placche rimovibili o in bande, saldo
o disinseribile. Può essere associato ad arco di Duyzing e griglia linguale.
Molla di Coffin con arco di Duyzing e griglia
Molla di Coffin in TEO
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
3
➔ BARRA DI GOSHGARIAN
Gli archi transpalatini sono dispositivi fissi-rimovibili derivati dalla molla di Coffin; sono costruiti in filo
di acciaio del diametro di 0,36 inch (0,9 mm), fissi o
disinseribili e modellati distanti 1,5-2 mm dalla mucosa per facilitare il movimento senza decubiti.
La barra di Goshgarian è il dispositivo più utilizzato e permette di ottenere diversi movimenti:
• distalizzazione molare monolaterale, inserendo
un TOE-in monolaterale e una lieve espansione
(1,5 mm)
• rotazione di molari mesio-linguo-inclinati, con
TOE-in bilaterale e leggera espansione
• torque radicolo-vestibolare, per mantenere alta
la cuspide vestibolare, che nei movimenti di tipping tende ad abbassarsi e creare interferenze
occlusali
• contrazione-espansione, associata a un torque
vestibolo-radicolare per intrudere la cuspide palatina
• controllo verticale e/o intrusione molare, con ansa modellata a 3-4 mm dalla volta palatina e inglobata in un bottone in acrilico, su cui si appoggia la lingua (v. Stimolatori della funzione linguale)
• ancoraggio di media entità; l’applicazione di un
bottone di Nance in zona palatina anteriore aumenta la funzione di ancoraggio
• stabilizzazione e contenzione dell’espansione ottenuta.
Secondo Cetlin l’ansa con convessità anteriore inclina le radici distalmente e la corona del molare
mesialmente per azione della forza intrusiva esercitata dalla lingua, contribuendo a mantenere diritti
i molari durante la distalizzazione; l’ansa posteriore inclina distalmente le corone in quanto la forza
intrusiva è esercitata dietro il centro di resistenza
molare.
Barra di Goshgarian
Barra di Goshgarian
Arco di Goshgarian con placca di Nance
Barra di Goshgarian con bottone di Nance
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ PLACCHE DI ESPANSIONE TRASVERSALE E SAGITTALE
Nella placca sezionata di Pagani la vite mediana a
ventaglio permette l’allargamento limitato alla zona anteriore di arcate mascellari coniche.
La placca di Bertoni è sezionata in tre parti e presenta una vite tridimensionale che permette contemporaneamente e/o indipendentemente sia l’espansione sagittale, per la correzione della retroalveolia o
retroinclinazione frontale, sia l’espansione trasversale del morso crociato mono o bilaterale. Analoghi dispositivi ad azione tridirezionale sono la vite di Steiner e la vite dedicata all’arcata mandibolare.
La placca di Caroll-Morillo utilizza forze leggere
e continue espresse da due molle a doppia omega,
poste nella zona centrale all’altezza dei premolari e
nella zona posteriore lungo il rafe mediano, in modo da espandere in senso sagittale e trasversale l’arcata dento-alveolare.
Varianti delle placche tripartite (a Y) sono i dispositivi ad azione settoriale, in cui la sezione non
attraversa la linea mediana e l’attivazione di viti
telescopiche permette di modificare singoli denti o
gruppi per la correzione di endoalveolie segmentarie.
Questi dispositivi asimmetrici presentano strutture di base divise in due parti: una maggiore, che funge da ancoraggio, e una minore dove si produce una
forza più elevata per unità di area e quindi lo spostamento ortodontico.
Placca con vite a ventaglio e griglia
Placca di Caroll-Morillo
Placca di espansione trasversale con griglia
Placca settoriale
Placca tridirezionale con arco di retrazione inferiore
secondo Bertoni
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
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➔ DISPOSITIVI PALATINI 3D DI WILSON
Il 3D multiaction palatal appliance è un arco transpalatino con ansa a diamante in filo d’acciaio rotondo (0,36 inch), attacchi verticali per inserimento
in tubi friction lock e due bracci laterali. Permette di
ottenere:
• espansioni e contrazioni trasversali
• espansioni e contrazioni trasversali d’arcata (mono e bilaterale)
• ancoraggio e contenzione.
• avanzamenti degli incisivi
• movimenti molari (tip, torque, derotazioni).
Il 3D palatal appliance è un arco transpalatino
(0,36 inch) con attacchi verticali sui sesti, ansa a diamante posteriore ed estensioni occlusali sui settimi.
Permette di ottenere movimenti a carico dei molari:
• movimenti di tipping
• torque radicolo-vestibolari e derotazioni
• intrusione dei settimi
Per la stabilizzazione può essere integrato con
bottoni palatini in resina tipo Nance.
Il quad-helix di Wilson è analogo al modello di
Ricketts; è costruito in filo rotondo d’acciaio (0,36
inch), estensioni laterali (0,25 inch) e attacchi verticali.
3D multiaction palatal appliance
Particolare
3D palatal appliance
Quad-helix di Wilson
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ NITANIUM PALATAL EXPANDER
L’azione del Nitanium palatal expander dipende
dalle caratteristiche della lega, che ne costituisce la
parte attiva: memoria di forma, ovvero proprietà di
ritornare alla forma originaria; temperatura di transizione, per cui le proprietà variano al variare della
temperatura (deformabile a –36 °C ed elastica con
ritorno alla forma originaria elastica con l’aumentare della temperatura).
Il dispositivo è disponibile in diverse misure (da 26
a 44 mm), che sono scelte misurando la distanza tra
le fosse centrali di primi molari inferiori e sottraendo 4 mm.
La costruzione prevede il raffreddamento dell’ansa termoattivabile con spray refrigerante e l’inserimento in attacchi linguali.
Le parti costitutive sono: 2 arms premolari; loop
tipo Coffin transpalatina; 2 omega loop che congiungono molla ad arms e loop; 2 sheats palatini, inseriti nei tubi puntati su bande molari.
I vantaggi nell’uso dell’apparecchiatura nei confronti del tradizionale espansore rapido dipendono
dall’espansione lenta che produce una migliore risposta fisiologica e stabilità; consente la correzione
di rotazioni molari (presente nel 40% dei casi di
cross bite), non possibili con gli espansori rigidi.
Rispetto al quad-helix presenta il vantaggio di arrestarsi automaticamente alla forma prescelta, in base alla quantità di espansione necessaria, sistema di sicurezza nel caso di mancati appuntamenti; richiede, inoltre, scarsa manipolazione e rischio di deformazione.
Fase iniziale e intermedia, aspetto palatale
Risultato dopo espansione
Aspetto vestibolare del caso iniziale
Risultato dopo espansione
Caso iniziale
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
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➔ SPRING JET
Nella jet family la forza è espressa dalla compressione di una molla in nichel-titanio tra una baionetta
del filo (diametro 0,9 mm) e un morsetto (chiavistello) bloccato con una vite di attivazione su una cannula, dentro cui il filo è libero di scorrere. I vantaggi
del sistema telescopico sono rappresentati dal movimento corporeo del dente senza inclinazioni dell’asse dentale; dall’applicazione di una forza leggera e
costante in assenza di frizione, che si disattiva a risultato ottenuto. Lo spring jet monotubo esprime
una forza di 400-460 g che consente l’espansione trasversale ortodontica ed è indicato nei casi di endoalveolia mascellare; la versione bitubo esercita una forza di 800-920 g sufficiente a determinare l’espansione ortopedica della sutura palatina (in modo più costante e progressivo rispetto ai disgiuntori rapidi
classici) ed è applicabile nella ipoplasia trasversale
del mascellare in soggetti in crescita.
Lo spring jet monotubo può essere progettato in
diverse varianti: adattato all’arcata mandibolare; sul
mascellare a tre vie per ottenere l’espansione trasversale e sagittale o anche con piani di rialzo cementati (v. Avanzamento incisivi).
L’attivazione non richiede regolazioni giornaliere
ed è eseguita a distanza di 4-6 settimane, spostando
il morsetto e serrando la vite di attivazione sulla cannula con una chiavetta.
Ottenuto l’effetto desiderato il dispositivo può
essere lasciato disattivo in posizione come contenzione.
Il dispositivo permette di ottenere movimenti
corporei di traslazione (come tutti i disgiuntori),
senza movimenti di vestibolo-inclinazione ed estrusione delle cuspidi palatine con conseguenti precontatti occlusali traumatici.
Spring jet monotubo monolaterale
Spring jet monotubo bilaterale
Spring jet bitubo con effetto ortopedico
Spring jet bitubo con docce occlusali
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ QUAD-HELIX
Il quad-helix di Ricketts è un arco transpalatino in
acciaio 0,9-1 mm (0,36-0,38 inch) con 2-5 occhielli
per aumentarne l’elesticità (bi-helix, tri-helix, quadhelix, penta-helix) e due braccia palatini; può essere
costruito fisso, saldato alle bande molari, o rimovibile inserito in cannule palatine.
In base alla conformazione e al tipo di attivazione il campo di applicazione comprende:
• disgiunzione della sutura palatina
• movimenti dei molari su cui sono fissate le bande
(rotazione, torque e raddrizzamento radicolare)
• stabilizzazione e contenzione dell’espansione ottenuta
• ancoraggio di media entità.
• espansione e contrazione dento-alveolare trasversale posteriore d’arcata (monolaterale, bilaterale) o selettiva a carico di molari e/o premolari
• espansione sagittale anteriore (vestibolarizzazione degli incisivi)
L’attivazione viene eseguita ogni 4-6 settimane
con pinza a tre becchi in due tempi: prima si applica
la pinza al centro ottenendo l’espansione delle parti laterali, poi la pinza agisce sui due lati per far tornare parallele i bracci laterali. Il controllo della
deformazione indotta dall’attivazione risulta più
agevole per i dispositivi disinseribili.
Quad-helix
Quad-helix saldato
Quad-helix disinseribile
Tri-helix
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
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➔ PLACCA DI SCHWARZ
Si tratta del dispositivo capostipite, indicato nei casi
di contrazione trasversale bilaterale del mascellare
e della mandibola, correggibili con inclinazioni vestibolari dei settori postero-laterali.
La placca base in resina acrilica è ancorata con
ganci di Adams e arco vestibolare; sezionata sulla linea mediana, dove è inserita una vite telescopica ad
azione trasversale. La lunghezza dell’asta filettata
(6-8 mm) determina l’apertura massima e il passo
della vite è costruito in modo che una rotazione
completa corrisponda a un allargamento di 0,8-1
mm. L’attivazione viene eseguita una volta alla settimana con un quarto di rotazione, ottenendo un allargamento di 0,1 mm circa per parte.
È possibile inserire elementi ausiliari attivi per ottenere movimenti dentali (molle, microviti, arco vestibolare di retrazione) e passivi (griglie, fili modellati per mantenere spazi). I piani occlusali rialzati
piatti o inclinati (anteriori, laterali, totali) sbloccano
l’intercuspidazione e facilitano la vestibolo-versione
dentale.
Espansione trasversale inferiore
La placca sezionale con vite ad arco anteriore (Muller) permette un allargamento limitato alla zona anteriore ed è indicata nelle arcate coniche.
Si utilizzano anche varianti della placca di
Schwarz, degli apparecchi di Crozat e open system
(v. Placche rimovibili).
Il 3D Quad action mandibular arch è costruito
con filo rotondo in acciaio con diametro 0,30 inch
per l’arco di base e 0,25 inch per i bracci laterali (extenders) (Fig. 1.1). Consente azioni sovrapponibili
al quad-helix e al bi-helix (Fig. 1.2): espansione e
Fig. 1.1 3D Quad action mandibular arch di Wilson.
Effetti indesiderati sono l’eccesso di attivazione,
sino alla comparsa di morsi a forbice, e la scarsa collaborazione in cui la placca viene allargata senza essere portata, sino a non essere più congrua.
Placca di Schwarz superiore e inferiore
contrazione trasversale posteriore monolaterale,
bilaterale e selettiva (premolari); espansione e contrazione anteriore sagittale (avanzamento e retrazione incisiva); movimenti di rotazione, tip e torque
dei molari.
Il 3D Lingual arch è utilizzato come ancoraggio
mandibolare per la distalizzazione dei molari superiori con arco bimetrico di Wilson, permette azioni
di contrazione, espansione, tip, derotazione, torque, uprighting dei molari, avanzamenti incisivi ed
estrusione di premolari inclusi (v. Arco bimetrico di
Wilson).
Fig. 1.2 Bi-helix mandibolare.
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ ESPANSORI MANDIBOLARI
Il dispositivo di Williams (tipo America) è costituito
da una vite trasversale di espansione con corpo ridotto (modificazione del classico dispositivo per la
disgiunzione rapida del mascellare); deve essere po-
sizionata perpendicolarmente alla linea mediana, all’altezza dei cingoli degli incisivi, a 1,5 mm dai tessuti molli. Due bracci linguali, modellati e saldati alle
bande dei quinti e sesti, costituiscono l’ancoraggio.
Espansore di Williams
Espansore rapido ortopedico superiore
e dento-alveolare inferiore
Espansore dento-alveolare mandibolare
Spring jet inferiore
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Espansione e contrazione
sagittale
Distalizzazione e disinclinazione
dei molari superiori
L’affermarsi di orientamenti non estrattivi ha incrementato le espansioni sagittali posteriori; queste
trovano
indicazioni nelle II classi (dentali e scheletriche
con componente mascellare e ipodivergenza) e
negli affollamenti da sproporzioni dento-alveolari e da mesializzazioni molari.
Per quanto attiene l’entità delle forze, i valori utilizzati sono mediamente: movimenti di tipping che richiedono 60 g, raddrizzamenti radicolari 100 g, derotazioni 60 g, raddrizzamenti radicolari 100 g e traslazioni 120 g, secondo diversi autori. Combinazioni di movimenti consentono aumenti del perimetro
d’arcata da 6-7 mm a 15-18 mm.
I fattori limitanti sono la presenza di spazio posteriore per l’eruzione del secondo molare e la direzione di crescita, considerando che lo spazio disponibile in arcata aumenta in caso di crescita anteriore e in ante-rotazione; la distalizzazione aumenta la dimensione verticale scheletrica.
La proliferazione di dispositivi intraorali intende
diminuire gli effetti indesiderati, che limitano l’efficacia delle soluzioni classiche: le trazioni extraorali e intermascellari richiedono la collaborazione del
paziente; le molle, in terapia mobile e fissa, causa-
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CARATTERISTICHE DEL DISPOSITIVO
DI DISTALIZZAZIONE IDEALE
• Limitata collaborazione da parte del paziente
• Traslazione simultanea del primo e secondo
molare
• Limitata perdita di ancoraggio anteriore
• Attivazione agevole e dosabile
• Forze leggere e continue
• Autoblocco una volta raggiunto l’obiettivo.
no inclinazioni vestibolari dei frontali e distali dei
molari.
Per altri dispositivi distalizzanti si rinvia alle trazioni extraorali ed elastiche intermascellari di II
classe, alle barre transpalatine, agli upper bumper
e alle placche rimovibili.
Tipi di dispositivo
➔ Distalix di Langlade
➔ Jones jig
➔ Grum-rax di Grummons
➔ Distalizzatore di Veltri
➔ Placca di Cetlin
➔ Distal jet
➔ Attivatore distalizzante asimmetrico (ADA)
➔ First class
➔ Fast back
➔ Arco bimetrico labiale di Wilson
➔ Pendulum e Pend-X di Hilgers
➔ DISTALIX DI LANGLADE
Il dispositivo deriva dal quad-helix di Ricketts e dal
Pendulum di Hilgers; originariamente creato per
movimenti simmetrici, è modificabile e adattabile al
mascellare e alla mandibola. Costruito in filo Elgiloy
blu rotondo (0,32-0,36 inch), può essere saldato o disinseribile; presenta quattro occhielli, che hanno la
funzione di aumentare l’elasticità e l’adattabilità.
Esercita forze di 200-350 g idonee ad ottenere movimenti mono e/o bilaterali di distalizzazione,
espansione, rotazione dei molari.
Distalix di Langlade
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ JONES JIG
Si tratta di dispositivo di distalizzazione con molla
compressa, composto di:
• arco palatino con bottone di Nance saldato a
bande premolari (ancoraggio)
• cannula mesiale con uncino che scorre a telescopio su un filo sezionale vestibolare
• molla aperta in Ni-Ti a grammatura costante (70 g).
L’attivazione è ottenuta comprimendo la molla
con legatura tesa tra le ali mesiali del bracket premolare e un uncino posto sulla cannula. Gli effetti
indesiderati sono tipping distali molari, mesio-inclinazioni premolari e affondamento nella mucosa del
bottone di Nance.
Jones jig
Jones jig, particolare
➔ GRUM-RAX DI GRUMMONS
È un espansore mascellare che permette di correggere
il difetto trasversale, deruotare e distalizzare i molari.
Il corpo del dispositivo è costituito da una vite per
l’espansione dei diametri trasversali; i bracci vengono modellati e bloccati con composito sulle superfici occlusali dei premolari, per stabilizzare il dispositivo e svincolare l’occlusione.
Le molle a pendolo in filo rotondo Titanium
Molibdenum Alloy (0,32-0,36 inch) sono modellate parallele al piano occlusale, discoste 1-2 mm
dalla mucosa, con elici di 4-5 mm di diametro; vengono inserite in cannule palatine saldate sui molari per esercitare una forza di rotazione leggera e
continua.
Grum-rax di Grummons
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
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➔ DISTALIZZATORE DI VELTRI
Si tratta di un distalizzatore mono e bilaterale, formato da una vite ad azione sagittale, connessa da
braccia alle bande dei sesti e quinti superiori.
L’attivazione prevede 1/4 di giro (0,2 mm), 2 volte la settimana, che corrisponde ad una distalizzazione di circa 1,5 mm al mese (si ritiene che l’osteogenesi è maggiore con forze intermittenti, rispetto
alle continue).
Al termine della fase attiva il dispositivo è bloccato in contenzione, rimuovendo i bracci anteriori.
Le modifiche sono: ancoraggio a tripode per distalizzazione monolaterale; ferule vestibolari con
uncini per trazione elastica intermascellare nelle II
classi; bottone di Nance, saldato al corpo della vite,
per aumentare l’ancoraggio anteriore.
L’azione sul piano sagittale può essere eseguita
bilateralmente o monolateralmente:
• per distalizzare i molari e aumentare il perimetro
d’arcata nelle disarmonie dentomascellari
• per distalizzare i molari e correggere rapporti occlusali di II classe, con elastici intermascellari tesi
tra uncini applicati su arco mascellare saldato vestibolarmente e arco inferiore saldato su bande
molari
• per mesializzare la parte anteriore dell’arcata superiore nelle III classi, in aggiunta all’azione ortopedica esercitata da una maschera facciale o trazioni intermascellari.
Distalizzatore di Veltri ad azione rotatoria
Distalizzatore di Veltri monolaterale
Distalizzatore di Veltri bilaterale
Distalizzatore di Veltri con vite sagittale e bottone
L’azione rotatoria è indicata in presenza di asimmetria dell’arcata superiore sul piano sagittale (II
classe da un lato e I o III controlateralmente), esercitata con viti apposite ad azione bidirezionale, per
ottenere effetti mesiali su un lato e distali sull’altro.
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ PLACCA DI CETLIN
La placca rimovibile permette di ottenere la traslazione distale molare bilaterale, mediante azione combinata di molle distalizzanti e trazione extraorale.
La base, stabilizzata con ganci di Adams sui primi
premolari e arco vestibolare, comprende un piano
rialzato anteriore per sbloccare l’intercuspidazione.
Le porzioni terminali delle molle distalizzanti, costruite in filo rotondo d’acciaio (0,7 mm), sono posizionate mesialmente ai molari, iuxtagengivali per limitare l’inclinazione distale; gli occhielli (elici 5 mm)
sono posizionati distalmente rispetto al centro dei
primi molari.
La scelta del tipo di TEO dipende dal modello di
crescita scheletrica:
• negli ipodivergenti si applicano trazioni cervicali
con archi esterni lunghi, inclinati di 15-20° verso
l’alto, per produrre distalizzazioni ed estrusioni
molari
• negli iperdivergenti la trazione è occipitale o
combinata, con bracci esterni corti, per ottenere
distalizzazioni con intrusioni.
Si può aggiungere alla placca un piano inclinato
in modo da avanzare la postura mandibolare per accelerare la crescita e/o favorire il posizionamento
anteriore.
Un elastico (2 coz, 16 mm) teso tra i bracci interni
della TEO aumenta l’ancoraggio e impedisce la vestibolarizzazione degli incisivi.
Cetlin ritiene che l’80% delle malocclusioni presenti molari contratti e ruotati mesio-lingualmente
e propone come sequenza terapeutica: prima di
ruotare, distalizzare ed espandere i sesti con una
barra palatina; poi applicare la TEO e la placca rimovibile per la distalizzazione.
L’attivazione della molla di 1-1,5 mm esercita una
forza di 30 g e la TEO viene utilizzata con una forza
ortodontica di 300 g (150 g per lato); portando la
trazione 12-14 ore al giorno e la placca costantemente, si ottengono 5-6 mm di distalizzazione corporea molare in 4-8 mesi.
Gli effetti indesiderati da controllare sono l’inclinazione distale dei molari, l’apertura del morso e la
perdita di ancoraggio anteriore con vestibolarizzazione degli incisivi.
Sequenza terapeutica
Placca di Cetlin
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
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➔ DISTAL JET
Il dispositivo mascellare è disponibile in versione
mono e bilaterale.
La componente attiva è un sistema telescopico
palatino, formato da un filo libero di scorrere in un
tubo guida (0,9 mm di diametro interno), per effetto di una molla in Ni-Ti, compressa e bloccata da un
morsetto con vite di serraggio.
La forza espressa dalla molla compressa è di 150250 g; vengono consigliati 180 g in dentizione mista
e 240 in presenza di secondi molari erotti. L’ancoraggio deriva da un bottone di Nance modificato,
ancorato a bande premolari e molari.
L’attivazione viene eseguita ogni 4-6 settimane,
spostando distalmente il morsetto; al termine, il dispositivo viene trasformato in contenzione bloccando la vite, mantenendo il bottone palatino e rimuovendo i bracci di collegamento ai premolari.
La linea di azione del sistema telescopico palatino, rispetto ai dispositivi vestibolari, si trova più vicino al centro di resistenza dentale (radice linguale
nei molari superiori), fattore che determina una diminuzione di rotazioni e inclinazioni distali, attriti e
perdite d’ancoraggio.
In caso di inclinazione mesiale del molare il sistema telescopico è inefficiente ed è necessario ricorrere a un attacco modificato (uprighter).
Distal jet monolaterale
Uprighter per distalizzazione di molare superiore
Particolare di distal jet per molare superiore
Distal jet per molari superiori
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ ATTIVATORE DISTALIZZANTE ASIMMETRICO (ADA)
L’ADA è un attivatore modificato per la distalizzazione monolaterale, composto di una placca base
sezionata e stabilizzata con ganci e arco vestibolare,
che ingloba elementi ausiliari:
• molla distalizzante in filo d’acciaio (0,9-1 mm),
fissata con viti, da molare a controlaterale
• guida di scorrimento a U, che scorre in due tubi
sul lato da distalizzare
• aletta monolaterale in resina sul lato con corretto rapporto molare
• piano inclinato retroincisivo e piano rialzato anteriore per sbloccare l’intercuspidazione.
Per la costruzione deve essere rilevata una cera di
registrazione del morso, che alzi la masticazione di
circa 2 mm.
La molla esercita forze di 250-300 g permettendo
di distalizzare il sesto e il settimo monolateralmente di 4-5 mm in 3-5 mesi, in pazienti collaboranti per
14-16 ore al giorno.
La resina della placca è modellata aderente ai
denti per contrastare la perdita di ancoraggio ante-
riore; viene scaricata appena dopo la comparsa del
diastema tra sesto e quinto, in modo da permettere
la distalizzazione spontanea per trazione delle fibre
transettali.
Attivatore distalizzante asimmetrico (ADA)
➔ FIRST CLASS
Il dispositivo è utilizzato per la distalizzazione mono e bilaterale del primo e secondo molare. La parte attiva è costituita da una vite vestibolare che scorre in un anello aperto (split ring) saldato alla banda
premolare. Sul lato palatino si trovano le seguenti
componenti:
• tubo molare (0,45 inch) con vite di stop, per l’inserimento del filo guida, che permette al molare
di scorrere distalmente senza movimenti indesiderati di tipping
• molla memoria in Ni-Ti (diametro di 0,10⳯0,45
inch e lunghezza 10 mm) per controbilanciare la
vite vestibolare e prevenire rotazioni molari e
cross bite posteriori
• bottone palatino in resina per ancoraggio, inglobante i bracci che si prolungano dalle bande su
primi molari e secondi premolari.
Durante il trattamento attivo la vite vestibolare
viene attivata con una chiavetta due volte al giorno;
alla fine viene serrata la vite di stop palatina (passiva durante la distalizzazione) per bloccare il molare
nella fase di contenzione.
First class
First class, particolare
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
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➔ FAST BACK
Si tratta di un dispositivo palatino idoneo alla distalizzazione mono o bilaterale, costituito da bande sui
primi molari e premolari, viti ad azione sagittale e
bottone palatale tipo Nance.
Le componenti anteriori delle viti sono inglobate
nel bottone palatino; le braccia posteriori scorrono
in tubi tondi (1,1 mm diametro interno) sulla superficie palatina dei molari. Molle in Ni-Ti, compresse
dall’attivazione delle viti, generano forze di 200-300
g, sollecitando il dente in direzione guidata dallo
scorrimento del braccio all’interno del tubo.
Ottenuta una distalizzazione di 1,5-2 mm la molla deve essere ricaricata, girando le viti con una chiavetta, in media ogni 4-6 settimane. Il braccio presenta uno stop di fine corsa, che lo rende programmabile e autobloccante.
Fast back monolaterale
Fast back bilaterale
Esempio di applicazione clinica
Particolare della molla in Ni-Ti e della vite di attivazione
Fast back con placca palatina
Fast black con placca retroincisiva
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ ARCO BIMETRICO LABIALE DI WILSON
L’arco mascellare presenta un diametro anteriore di
0,22 inch e posteriore di 0,40; anse distalizzanti a
omega mesiali ai molari; uncini a livello canino per
trazione intermascellare.
L’ansa a omega è modellata 3 mm al davanti della cannula molare, in modo che le molle aperte
(0,10⳯0,45 inch di diametro e lunghezza 5 mm)
vengano compresse di 2 mm, tra l’ansa a omega e la
cannula molare, al primo inserimento. Ogni 21 giorni, deformando l’omega senza rimuovere l’arco, si
riattiva la molla di 2 mm, raggiungendo la prima
classe molare mediamente in 4-6 mesi.
La perdita di ancoraggio anteriore è bilanciata da
trazione di II classe (elastici 2-3 oz), tese tra uncini
canini dell’arco superiore e molari inferiori stabilizzati con arco linguale 3D mandibolare. Quest’ultimo
viene modellato mediante deformazione dell’ansa a
diamante, in modo che sia a contatto con i cingoli
degli incisivi mandibolari.
Arco bimetrico e arco 3D di Wilson
Arco bimetrico in aspetto occlusale
Arco bimetrico di Wilson
Effetti indesiderati dell’arco bimetrico
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
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➔ PENDULUM E PEND-X DI HILGERS
Il Pendulum di Hilgers è un dispositivo idoneo alla
distalizzione mono o bilaterale dei primi e secondi
molari, costituito dalle seguenti componenti:
• bottone palatino in resina acrilica con funzione di
ancoraggio
• appoggi metallici cementati sulla superficie occlusale dei premolari
• molle con elici orizzontali in filo tondo Titanium
Molibdenum Alloy (0,32-0,36 inch), inserite nella
cannula palatale dei molari da distalizzare.
Le molle tendono a disto-inclinare e ruotare lingualmente i molari con effetto indesiderato di contrazione (cross bite) e l’aggiustamento delle elici permette di ottenere un movimento corporeo. Il PendX è una variante che inserisce una vite trasversale per
espansione nel bottone palatino; necessita di bande
premolari per una maggior stabilizzazione.
Pendulum e braccio sfilato
Distalizzazione e disinclinazione
dei molari inferiori
I movimenti di espansione sagittale posteriore nell’arcata mandibolare, mediante traslazione distale
dei molari, sono di difficile esecuzione; si tratta prevalentemente di disinclinazioni e derotazioni dei sesti, con aumento del perimetro d’arcata da 2-3 mm,
assenti gli ottavi, sino a 4-5 estratti i settimi.
Le indicazioni sono correzioni di affollamenti posteriori, conseguenti a ridotte perdite di lunghezza d’arcata per avulsioni, agenesie e carie; controindicazione è l’aumento di dimensione verticale in soggetti iperdivergenti.
Le indicazioni più frequenti sono relative a me-
Pendulum di Hilgers
Pend-X di Hilgers
sializzazioni molari a seguito di estrazioni di permanenti e perdite precoci di decidui; situazioni in
cui la migrazione spontanea determina un tipico
quadro clinico:
• deriva mesiale con tipping (mesio-versione) e rotazione mesio-linguale dei molari; migrazione distale e rotazione dei premolari
• estrusione degli antagonisti e trauma occlusale
• collasso posteriore del morso con perdita di dimensione verticale
• perdita dei punti di contatto interprossimali e impattamento di cibo negli spazi interprossimali
• formazione di pseudotasca mesiale e successivamente di tasca infraossea
• incarceramento dei premolari non erotti (in dentatura decidua).
Le sostituzioni protesiche richiedono la paralleliz-
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
L’uprighter può essere costruito, per agire sui
molari inferiori mesio-inclinati, con due diverse
meccaniche: ruotare distalmente le corone con un
fulcro a livello degli apici radicolari; mesializzare le
radici, con centro di rotazione coronale (uprighter
radicolare), dispositivo che è una combinazione tra
uprighter e mesial jet.
Lip bumper
Fig. 1.3 Distal jet per molare inferiore.
zazione dei pilastri mediante raddrizzamenti delle corone o uprighting distali (rotazioni con fulcro radicolare). I movimenti sono facilmente ottenibili con forze leggere (60 g per derotazione e tipping), mediante
dispositivi mobili o fissi; determinano estrusioni e migliorano la situazione parodontale mesiale; frequentemente richiedono l’estrazione dei terzi molari.
Distal e uprighter jet
La jet family è adattabile per la distalizzazione di
molari (Fig. 1.3), premolari e canini inferiori e superiori; per i principi di funzionamento si rimanda
al distal jet per la distalizzazione dei molari superiori.
In caso di inclinazione il sistema telescopico è
inefficiente ed è necessario ricorrere a un attacco
modificato (uprighter), che sostituisce il filo telescopico e il tubo linguale con un uncino agganciato
a un bottone palatino saldato su banda.
Fig. 1.4 Lip bumper con scudo labiale in gomma.
I paraurti labiali sono archi vestibolari costruiti in
filo d’acciaio rotondo (diametro 0,40 inch), con pieghe a baionetta da inserire come stop nei tubi molari e anse di compenso anteriori e posteriori per regolazione (Figg. 1.4 e 1.5). La parte anteriore può
essere rivestita con gomma o scudi di resina acrilica per aumentare il comfort e ampliare la superficie
su cui viene esercitata la forza.
Le indicazioni terapeutiche sono il mantenimento o il guadagno di spazio mediante effetti di tipo
meccanico e funzionale.
Gli effetti funzionali sono realizzati scaricando la
pressione centripeta delle guance e delle labbra sull’intera arcata dento-alveolare, ottenendo espansione trasversale e sagittale anteriore (vestibolarizzazione degli incisivi).
Gli effetti meccanici si realizzano per trasmissione della forza ai soli molari di ancoraggio: derotazione, disinclinazione e distalizzazione molare (espansione sagittale posteriore); controllo verticale
(estrusione, intrusione); controllo della mesializzazione (rinforzo medio d’ancoraggio e stabilizzazione del Lee-way space).
Fig. 1.5 Lip bumper con bracci linguali e scudo labiale in resina.
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ DISTAL E UPRIGHTER JET
Distal jet con molle di uprighting per molare inferiore
in disodontiasi
Uprighter molare su denti naturali
Uprighter per distalizzazione molare inferiore mediante
ancoraggio implantare
Uprighting e distalizzatore su impianto
Distal jet bilaterale mandibolare
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ LIP BUMPER
Sono utilizzate varianti di lip bumper per l’arcata superiore (upper bumper) con i settori anteriori: in
corrispondenza del margine gengivale degli incisivi
mascellari per controllare l’effetto della pressione
delle labbra ed espandere anteriormente la premaxilla; a livello degli incisivi inferiori per distalizzare i molari superiori.
Lip bumper inferiore e lip bumper superiore di Korn
Lip bumper e arco di Duyzing
In presenza di buona collaborazione (lip bumper
portato tutto il giorno e azione rinforzata con esercizi miofunzionali delle labbra) ed esatta indicazione terapeutica, le possibilità di recupero di spazio
in arcata inferiore sono stimate sino a 16,82-19,72
mm (Cetlin, Ricketts, Germane).
STIME DEGLI SPAZI RECUPERATI
(Cetlin, Ricketts, Germane)
• Incremento dei diametri trasversi a livello
intercanino (2,7 mm) e molare (5,5 mm) con
un recupero di 8,82-11,72 mm
• Raddrizzamento dei molari con recupero fino
a 2 mm per molare
• Derotazione dei molari con recupero di 2 mm
• Vestibolarizzazione degli incisivi con recupero
di 2 mm per ogni mm di avanzamento incisivo
Lip bumper in situ
Il periodo ideale d’intervento è la tarda dentizione mista, in cui l’eliminazione della pressione può
influenzare la direzione di eruzione della dentatura
permanente e modellare il processo alveolare; mentre il trattamento nella prima dentizione mista è limitato ai casi di affollamento incisivo e/o recessioni gengivali.
Nel settore anteriore il lip bumper può essere regolato a diversi livelli verticali e distanze sagittali
dai denti, cambiando l’azione del labbro: più gengivale è l’arco più il labbro vi si appoggia, favorendo
l’intrusione molare; più è incisale, maggiore risulta
la pressione sagittale con effetto di distalizzazione
molare e vestibolarizzazione incisiva.
Nel settore laterale sul piano verticale il lip bumper è collocato generalmente a livello coronale medio, per scaricare la pressione delle guance; mentre
nel caso si desideri un’intrusione molare l’arco è
posto gengivale o subgengivale in modo da racco-
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
REGOLAZIONI DEL SETTORE ANTERIORE
(secondo Cetlin) E OBIETTIVO TERAPEUTICO
• Livello incisale e distanza sagittale di
1,5-2 mm dal processo dento-alveolare, se i
molari sono mesio-inclinati o se si desidera
un rinforzo attivo dell’ancoraggio naturale
• Terzo medio coronale e distanza sagittale
di 2 mm, per vestibolarizzare gli incisivi
• Linea gengivale o subgengivale e 1,5 mm
sagittali, se non si desidera alcuna variazione
degli incisivi, ma si punta al controllo
verticale dei molari o all’intrusione
gliere la sollecitazione dell’appoggio delle guance.
Nel settore laterale sul piano trasversale le distanze sono 4-5 mm a livello premolare e 2-3 mm a livello canino.
L’attivazione con pinza va eseguita periodicamente: sagittalmente agendo a livello delle anse a U
in zona canina; trasversalmente accentuando la
baionetta a livello molare; in rotazione inserendo
15° di TOE-in sul braccio terminale; espandendo
l’arco in zona molare per aumentare il diametro posteriore.
Mesializzazione dei molari
Le indicazioni alle contrazioni sagittali posteriori sono rappresentate dai casi di eccesso di spazio in arcata (diastemi, estrazioni, agenesie),
morso aperto e modello di crescita iperdivergente, correzioni di II e III classi dentali.
In presenza di spazio la deriva mesiale avviene
spontaneamente associandosi a mesio-inclinazioni
e rotazioni; il terzo molare non erotto, in caso di
estrazione del settimo, lo sostituisce nel 70-80% dei
casi.
Le chiusure di spazi edentuli mediante mesializzazione dei molari richiedono forze ottimali allo
spostamento di 120 g per traslazioni; 100 g per raddrizzamenti radicolari, eseguendo movimenti di
uprighting con fulcro di rotazione coronale.
Rappresentano obiettivi complessi che richiedono di essere programmati in relazione agli obiettivi
terapeutici e al rischio di perdita di ancoraggio dell’unità di resistenza anteriore: limitata sull’arcata
superiore e consistente per l’arcata inferiore.
23
L’eccessivo riassorbimento della cresta alveolare
edentula (ancoraggio corticale) e l’estrusione di
denti antagonisti sono i principali motivi di insuccesso per i quali va considerata l’eventualità di corticotomie e di intrusioni degli antagonisti.
Per evitare movimenti di tipping, determinati da
dispositivi mobili, si utilizzano preferenzialmente
meccaniche di tipo fisso su archi resistenti alla
deformazione (trazioni intramascellari, intermascellari) o fissi rimovibili.
Per la mesializzazione dei settimi mesio-inclinati
a seguito della perdita dei sesti trova indicazione il
mesial jet, che appartiene alla jet family.
Vestibolarizzazione degli incisivi
L’espansione sagittale anteriore trova indicazione
per la correzione di retrusioni e biretrusioni, affollamenti dento-alveolari medi e anteriori, morsi inversi anteriori da retro-alveolie superiori.
Le controindicazioni sono rappresentate da: valori cefalometrici dentali nella norma per ridotta
stabilità e recidive; da biotipi gengivali sottili (bozze radicolari prominenti, denti triangolari, gengiva
sottile), per il rischio di recessioni gengivali e fenestrazioni ossee.
L’avanzamento degli incisivi di 1 mm permette un
guadagno di spazio doppio in arcata e la quantità ottenibile dipende dal tipo di crescita (maggiore nei
brachi-facciali e minore nei dolico-facciali) e dalla
posizione iniziale dei denti. Si ritiene che correzioni superiori di 2 mm sull’arcata mandibolare aumentino i rischi di recidive e affollamenti anteriori
tardivi. Classicamente si è sempre dato maggiore
importanza nel piano di trattamento all’arcata mandibolare (arcata guida) e alla posizione dell’incisivo
inferiore, considerando la stabilità dei diametri
d’arcata inferiori. Attualmente si tende a rivalutare
il ruolo dell’arcata mascellare:
• come arcata guida funzionale in grado di rappresentare un blocco dello sviluppo per la mandibola, in presenza di arcate mascellari contratte, incisivi lingualizzati, precontatti occlusali distalizzanti
• come arcata guida estetica considerando il rapporto degli incisivi superiori con le labbra e il rischio di appiattire il profilo (angolo naso-labiale,
distanza delle labbra dai piani estetici) con un effetto sgradevole, per la retrazione.
Esiste una sostanziale differenza nella meccani-
24
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ MESIAL JET
Nell’arcata inferiore l’ancoraggio è fornito da 3 bande unite da un arco linguale (1,1-1,2 mm), mentre
nell’arcata superiore l’ancoraggio è fornito da una
placca palatina. La molla in Ni-Ti viene compressa
spostando in avanti e bloccando il morsetto a vite,
in modo da esercitare una spinta mesiale sull’occhiello e farlo scivolare sul tubo telescopico di guida. Sono consigliate forze di 240 g che comprendono la somma delle forze ottimali allo spostamento,
degli attriti e delle perdite per disattivazione.
Mesial jet per molare inferiore, aspetto laterale
Mesial jet per molare inferiore, aspetto occlusale
Uprighter per mesializzazione di molare inferiore
Mesial jet
Mesial jet, particolare
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
25
Fig. 1.6 Advancer jet.
Fig. 1.7 Arco di Duyzing.
ca da utilizzare nello spostamento degli incisivi superiori e inferiori, per la diversa conformazione
anatomica dei mascellari nelle zone anteriori. Nell’arcata superiore è possibile utilizzare sia forze singole (dispositivi mobili) per ottenere tipping, sia sistemi di forze singole e coppie (dispositivi fissi) per
ottenere movimenti corporei. La sinfisi mandibolare, invece, presenta una forma più ristretta e corticali spesse, per cui si ricercano tipping o tipping
controllati. Questi ultimi sono ottenuti mediante
forze di torque inferiori alle forze singole, che determinano centri di rotazione vicino agli apici radicolari.
Molti dispositivi fissi rimovibili per la distalizzazione dei molari presentano, come controreazione,
una perdita di ancoraggio anteriore con tipping dei
frontali; il quale può essere sfruttato nei casi in cui
tale effetto sia desiderabile (v. arco bimetrico di
Wilson, trazioni intermascellari).
L’advancer jet è una variante del distal jet, privo
del bottone di Nance, in cui la spinta mesiale si scarica sul cingolo degli incisivi ottenendo una versione e un’espansione sagittale d’arcata (Fig. 1.6).
L’arco di Duyzing ha la funzione di vestibolarizzare mediante tipping gli anteriori, risolvendo
l’affollamento in zona incisiva; è composto di un arco linguale in filo tondo d’acciaio (1 mm), saldato a
bande molari, che serve da supporto a una molla in
acciaio (0,5 mm) (Fig. 1.7).
Altri dispositivi fissi rimovibili per la vestibolarizzazione incisiva sono rappresentati da archi transpalatini con braccia anteriori (quad-helix, bi-helix,
Quad action di Wilson).
In ortodonzia mobile si inglobano nelle placche
diversi tipi di elementi ausiliari per la vestibolarizzazione degli incisivi:
• archi retroincisivi e viti sagittali settoriali in placche sezionate per lo spostamento di interi gruppi (Fig. 1.8)
• molle e microviti per lo spostamento di singoli
denti
• piani inclinati retroincisivi associati a ginnastica
dei masseteri
• apparecchi rimovibili superiori o attivatori di
II classe con piani inclinati anteriori in resina
in contatto con la superficie linguale dei denti
inferiori.
I dispositivi ad azione tridirezionale sono composti di due viti congiunte (ad azione sagittale e trasversale) che consentono l’espansione contemporanea dei settori anteriore e posteriore nel mascellare superiore (v. apparecchio di Bertoni).
Tra altri sistemi versatili, progettati con ingombro ridotto, vanno ricordati: i dispositivi di Crozat,
i dispositivi open system, quad-helix e bi-helix (per
altre placche v. Dispositivi attivi rimovibili).
Fig. 1.8 Placca con bracci retroincisivi.
26
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Fig. 1.9 Archi di retrazione incisiva su apparecchi rimovibili.
Lingualizzazione degli incisivi
Le controindicazioni sono rappresentate da carenze di spazio in arcata (1 mm di lingualizzazione
causa la perdita di 2 mm), morsi coperti, persistenza di abitudini viziate, posizioni finali instabili con
rischio di recidiva.
La prognosi di stabilità trova conferme nelle misurazioni cefalometriche delle distanze dei margini
incisivi dal piano facciale o dentale, degli angoli formati dagli assi incisivi con i piani mandibolari e mascellari, degli angoli interincisivi.
I dispositivi rimovibili esercitano forze singole e
permettono di ottenere movimenti di inclinazione
(tipping) mediante:
• placche con archi vestibolari di retrazione (0,7
mm) (Fig. 1.9)
• elastici vestibolari tesi tra uncini posti distalmente ai canini su placche mobili o su TEO
(Figg. 1.10 e 11)
• apparecchi di Crozat con archi vestibolari o mollette verticali
Fig. 1.10 Retrazione incisiva con elastico e TEO.
Fig. 1.11 TEO con piano anteriore e uncini per elastici.
Le indicazioni alla contrazione sagittale anteriore
sono rappresentate da protrusioni dento-alveolari,
diastemi, morsi inversi per proalveolie inferiori.
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
• placche vestibolari (tipo Hotz) per la rieducazione della incompetenza labiale (v. Terapia miofunzionale)
• posizionatori elastici.
I dispositivi fissi permettono di ottenere movimenti corporei di traslazione mediante l’applicazione simultanea di forze singole e coppie di forze; allo scopo di evitare tipping incontrollati della corona e jiggling.
Nell’arcata superiore è possibile effettuare dei
movimenti di traslazione; la quantità di torque positivo è dettata dal piano di trattamento e, modulando
il rapporto tra forze e coppie, si può ottenere un ampio spettro di movimenti. Nell’arcata inferiore, il movimento è di tipping controllato (centro di rotazione
vicino agli apici radicolari) per necessità anatomiche
dettate dalla conformazione della sinfisi mandibolare; in pratica si applica un modulo meccanico con un
rapporto di 5:1 tra forza singola e coppia.
27
Movimenti selettivi
Movimenti sagittali di canini, premolari
e incisivi
Le indicazioni alla distalizzazione per canini, premolari e incisivi sono rappresentate da affollamenti nel settore anteriore, protrusioni dento-alveolari, spostamenti delle linee mediane; indicazioni alla mesializzazione sono chiusure di diastemi e recuperi di spazi protesici nei settori posteriori.
Si ritengono ottimali i seguenti range di forze, intendendo i valori minori per gli incisivi e i maggiori
per i molari: tipping 35-60 g; traslazione (movimento corporeo) 70-120 g; raddrizzamento radicolare
50-100 g.
➔ DISPOSITIVI PER MOVIMENTI SAGITTALI DI CANINI, PREMOLARI E INCISIVI
Distalizzazione di premolari con distal jet
Distalizzazione di canini con distal jet
Distalizzazione di canino e premolare
Mesializzazione di premolare
➥
28
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ DISPOSITIVI PER MOVIMENTI SAGITTALI DI CANINI, PREMOLARI E INCISIVI seguito
Placca con snodi di Planas
Placca con snodi di Planas: schema
Placca per distalizzazione e apertura spazio canino
Iron cross per mesializzazione molare da un lato
e con molla per estrusione del settimo dall’altro
Mollette per mesializzare gli incisivi inferiori
Mollette per mesializzare gli incisivi superiori
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Le difficoltà dipendono dai tipi di movimenti richiesti: uprighting coronali e tipping richiedono ausiliari su apparecchi rimovibili, in grado di esercitare
forze semplici (mollette 0,5-0,7 mm, microviti, elastici su braccetti); traslazioni, raddrizzamenti radicolari e tipping controllati necessitano di apparecchi fissi
o fissi rimovibili, in grado di esprimere combinazioni
di coppie e forze singole (ad esempio jet family).
Si tenga presente che movimenti sagittali unitari
influiscono sui denti contigui per trazione delle fibre intersettali.
La placca con snodi di Planas ha la funzione di
recuperare spazio in caso di asimmetria o perdita
precoce di elementi decidui, in particolare canini.
Si tratta di una placca sezionale inferiore che incorpora due snodi attivabili (usati in ottica), due
29
ganci di Adams sui molari con stop occlusali e due
stabilizzatori distali agli incisivi laterali.
Permette contemporaneamente un movimento
rotazionale, che distalizza i molari e vestibolarizza
gli incisivi, effetti non ottenibili con normali viti di
distalizzazione molare (per altri tipi di apparecchi
rimovibili v. Dispositivi attivi rimovibili).
Torque
Il torque è uno spostamento della radice in senso
vestibolo-linguale provocato da una coppia di forze, con centro di rotazione a livello della corona; si
distinguono torque corono-vestibolari (positivi) e
corono-linguali (negativi).
➔ DISPOSITIVI PER MOVIMENTI DI TORQUE
Inclinazione vestibolare di incisivi inferiori con molle
linguali su apparecchio di Crozat
Attivatore con molle per inclinare vestibolarmente
gli incisivi inferiori
Molle di torque per incisivi superiori su placca di Teuscher
Crozat con molle per inclinare lingualmente incisivi
inferiori
30
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
UTILIZZO DEL TORQUE
Torque corono-vestibolare (positivo)
Torque corono-linguale (negativo)
• Incisivi inferiori: per contrastare l’effetto
• Incisivi inferiori: per contrastare l’effetto
indesiderato di lingualizzazione delle corone, che
indesiderato di vestibolarizzazione della corona,
compare nelle trazioni di III classe e nelle trazioni
che compare con le trazioni di II classe, archi di
intramascellari di I classe
intrusione, archi per distalizzare i molari; quando
• Incisivi superiori: per correggere esoinclinazioni
l’apice tocca il bordo posteriore della sinfisi;
residue dopo la correzione dell’overjet o quando
quando è presente un’esoinclinazione e la
residue endoinclinazioni mantengono l’arcata
semplice lingualizzazione della corona è
mandibolare in retrusione ostacolando la
controindicata in quanto peggiorerebbe l’overjet
correzione della II classe residua
• Incisivi superiori: quando si applica una forza
vestibolarizzante per correggere una terza classe;
si tratta di un movimento complesso, che
presenta il rischio di riassorbimento della
corticale ossea vestibolare e retrazione gengivale
L’introduzione di torque sugli incisivi è parte del piano di trattamento per evitare effetti indesiderati della
meccanica e come rifinitura della correzione ortodontica. I movimenti di torque sono normalmente ottenuti con terapie fisse, calcolando il grado di torsione da
dare al filo rettangolare in base ai gradi di libertà concessi dalle dimensioni dello slot e del filo; il torque effettivo è la differenza tra torque attivo e passivo.
Sugli apparecchi rimovibili le molle di torque
(diametro 0,5-0,7 mm), sono utilizzate sull’apparecchio di Bass, di Teuscher, Twin block e attivatori di
II classe abbinati a trazioni extraorali alte.
Il torque sui molari, premolari e canini dipende dai
rapporti trasversali tra le basi ossee; nel senso che un
mascellare relativamente stretto nei confronti della
mandibola richiede una compensazione dento-alveolare con denti latero-posteriori inclinati vestibolarmente; uno largo, denti poco inclinati. Con le ap-
parecchiature mobili si tratta di compensi mediante
inclinazioni bucco-linguali, piuttosto che di torque.
Derotazione
La rotazione è un movimento frequente in presenza
di affollamento dento-alveolare e in denti contigui
a zone edentule mesiali per agenesia o estrazione.
Risulta particolarmente frequente nei molari superiori, a seguito della migrazione mesiale delle radici vestibolari, con un movimento di rotazione che
fa perno sulla radice palatina; la derotazione molare consiste nella distalizzazione della parte vestibolare della corona e permette un guadagno di 2-3 mm
sul perimetro d’arcata. Il movimento è campo di applicazione dell’ortodonzia fissa (Fig. 1.12); in ambito fisso-rimovibile e rimovibile si utilizzano:
Fig. 1.12 Derotazione su placca rimovibile mediante doppio arco palatino e vestibolare.
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Fig. 1.13 Derotazione con doppio arco vestibolare e linguale su apparecchio di Crozat.
• archi transpalatini tipo Goshgarian o quad-helix
per i molari superiori
• archi linguali per i molari inferiori
• doppi archi (vestibolari e linguali) per i frontali
(Fig. 1.13).
31
L’introduzione di meccaniche fisse non frizionali
ha semplificato la terapia e ridotto il rischio di effetti indesiderati, frequenti in caso di anchilosi e di
ostacoli all’estrusione data dai rapporti con denti
contigui (intrusione, inclinazione e rizalisi delle
unità di ancoraggio) (Figg. 1.14 e 1.15).
Le placche rimovibili per l’estrusione di denti inclusi sono utili nei pazienti che rifiutano un’apparecchiatura fissa o nei casi in cui si sospetti un’anchilosi e aumentati rischi di effetti indesiderati; l’estrusione è ottenuta per mezzo di elastici tesi tra attacco sul dente e ansa sulla placca.
L’uprighting distale si accompagna ad estrusione
e riduzione della tasca mesiale nel caso di denti meno inclinati (v. Distalizzazione e mesializzazione dei
molari).
Dispositivi rimovibili attivi
Dispositivi attivi in resina
Le intrusioni di singoli denti trovano indicazione nei
casi di estrusioni conseguenti a edentulia antagonista. Richiedono forze leggere e continue di 10-20 g.
Sono facilmente ottenibili in ortodonzia fissa; difficili in ortodonzia mobile dove l’uso di mollette a
boccaporto in filo 0,6-0,7 mm o piani di rialzo in materiale rigido o elastico su placca, sono infrequentemente utilizzate. Le estrusioni di singoli denti posteriori sono indicate nei casi di infraocclusione e di
inclusione ossea. Richiedono forze di 35-60 g.
Una placca è costituita essenzialmente da una
struttura di base, in cui vengono inseriti sistemi di
ritenzione (ganci), elementi attivi (molle, viti) e
passivi (piani occlusali, scudi).
Accanto alle forme tradizionali, c’è una morfologia open system, termine generico che indica
placche con diverse funzioni caratterizzate da riduzione degli ingombri e quindi maggior comfort e
compliance.
La placca in resina può essere costruita con resine acriliche o acetaliche polimerizzate a caldo in
muffola, resine acriliche polimerizzate a freddo, resine fotopolimerizzabili e dischi termostampati.
Fig. 1.14 Arco palatino con elementi protesici e molle per
disinclusione di incisivo laterale.
Fig. 1.15 Cantilever disinseribile per estrusione di canini inclusi.
Movimenti verticali
32
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
DISPOSITIVI RIMOVIBILI ATTIVI
Vantaggi
• Riduzione dei tempi alla poltrona
• Possibilità di rimozione da parte del paziente
In base alla funzione le placche sono classificate in:
• attive, se programmate per ottenere movimenti
dentali o dento-alveolari
• passive, se hanno la funzione di controllare la
forma d’arcata (ancoraggio, contenzione)
• funzionali, se costruite doppie o bimascellari,
con il fine di correggere le disgnazie basali
• occlusali se mediante piani rialzati sono programmate per guidare la postura mandibolare o
sbloccare l’occlusione.
La ritenzione può essere assicurata da ganci o incastri in resina nei sottosquadri; mentre gli apparecchi funzionali sono classicamente privi di mezzi
di ritenzione, funzionando “a caduta”.
Per la scelta dei ganci è indispensabile l’analisi
dei sottosquadri in modo da assicurare stabilità alla placca, assenza di interferenze occlusali, ostacoli al movimento ortodontico e all’eruzione dentale.
Sui denti naturali si possono utilizzare diversi ganci descritti in base alla morfologia (a filo, a palla, a C
con terminale a palla, lanceolato, a farfalla, a J)
o al nome dell’ideatore (Adams, Schneemann,
Sthal, Jackson, Armoric, Duyzing, Schwarz, Lucchese).
Appositi ganci trovano indicazione per l’ancoraggio a bande, in caso di placche portate contemporaneamente alla terapia fissa (clip, Korn, Dominique).
Gli archi vestibolari possono avere funzione:
• passiva di contenzione o ancoraggio per aumentare la stabilità (archi semplici, archi continui)
• attiva di lingualizzazione dei canini (a M, anatomici)
• attiva di lingualizzazione degli incisivi (di Ricketts,
retrattore di Roberts, con molla a tendeur, con
molla a grembiule, alto di Lourie, di retrazione inferiore).
Possono inoltre essere rivestiti con una guaina di
plastica o bottoni in resina per evitare una frizione
eccessiva sullo smalto.
Molle e viti entrano in contatto col dente in un solo punto e rendono possibili movimenti di versione
(tipping) di pochi millimetri.
Svantaggi
• Massima collaborazione da parte del paziente
• Impossibilità di movimenti complessi
I dispositivi rimovibili attivi presentano noti vantaggi e svantaggi: da una parte risultano graditi sia
al paziente, in quanto possono essere rimossi in occasioni socialmente rilevanti, che all’ortodontista,
in quanto riducono i tempi di lavoro alla poltrona;
per contro la risposta al trattamento è largamente
influenzata dalla collaborazione e non permettono
movimenti dentali complessi.
Anche se in teoria sono possibili movimenti corporei, in pratica la realizzazione e l’attivazione di
una coppia di forze (ottenuta con due molle o un arco vestibolare e una molla contrapposte) risultano
talmente complesse da risultare improponibili e da
far preferire gli apparecchi fissi.
Le indicazioni alle placche attive sono limitate a
movimenti coronali (tipping): all’arretramento
del gruppo incisivo vestibolarizzato e al tipping
distale, alla lingualizzazione o vestibolarizzazione di denti singoli, all’espansione dento-alveolare di segmenti d’arcata o alla correzione di malposizioni di singoli denti.
Note di biomeccanica
La difficoltà del movimento dipende dall’entità degli spostamenti apicali richiesti e quindi dalla necessità di evitare inclinazioni e rotazioni: se gli apici sono già in posizioni ideali, i movimenti di tipping
e uprighting coronali sono ottenibili con apparecchi rimovibili; se devono essere corretti sono necessari apparecchi fissi (movimenti corporei, raddrizzamenti radicolari, tipping controllati).
Per la comprensione del problema è opportuno
premettere alcuni concetti di biomeccanica.
Il dente possiede un centro di resistenza (CR) definito come il punto in cui applicando una forza
qualsiasi si ottiene un movimento corporeo; è posto
circa a livello dei 4/9 coronali dell’altezza alveolare.
L’azione di una forza singola a livello coronale
provoca una rotazione attorno al centro di rotazione istantaneo (CRi) che si trova tra il terzo medio e il terzo apicale della radice. L’effetto prodot-
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
33
Biomeccanica ortodontica
5/9
CRi
CR
CRi
d’
CR
CR
d’=k*1/d
4/9
d
Forza
FIG. 1.16 Centro di resistenza.
FIG. 1.17 Centro di rotazione istantanea.
FIG. 1.18 Effetto di forza
singola.
FIG. 1.19 Effetto di coppia
di forze.
Rapporto tra forza singola (F) e momento della coppia (M)
CRi
CRi
FIG. 1.20 M/F=5/1.
FIG. 1.21 M/F=5/1-9/1.
to è uno spostamento della corona nel senso della
forza e dell’apice inverso; il CRi si localizza lungo
l’asse radicolare ad una distanza dal CR inversamente proporzionale a quella del punto di applicazione della forza.
Coppie di forze producono rotazioni costanti al livello dei CR ottenendo movimenti opposti di apici e
FORZE OTTIMALI PER I DIVERSI MOVIMENTI
DENTALI
•
•
•
•
•
•
Tipping 35-60 g
Traslazione (movimento corporeo) 70-120 g
Raddrizzamento radicolare 50-100 g
Rotazione 35-60 g
Estrusione 35-60 g
Intrusione 10-20 g
I valori minori sono applicati agli incisivi e i maggiori ai molari
FIG. 1.22 M/F=10-11/1.
FIG. 1.23 M/F=12/1.
radici, con prevalenza dei primi (Figg. 1.16-1.19).
Prendendo ad esempio la distalizzazione canina,
in ortodonzia fissa l’effetto ortodontico può essere
modulato combinando opportunamente coppie di
forze e forze singole ottenendo ampi range di movimenti in quanto la posizione del CRi e quindi il
raggio di rotazione dipendono dal rapporto tra momento e forza (M/F) (Figg. 1.20-1.23):
• per un rapporto inferiore a 5/1 si ottiene un tipping incontrollato della corona (CRi all’interno
della radice)
• per valori tra 5/1 e 9/1 si ottiene un tipping controllato (CRi sul prolungamento dell’asse della radice), con movimenti differenti di radice e corona
• per valori intorno a 10-11/1 si determina un movimento corporeo
• per valori intorno a 12/1 si ha raddrizzamento
(uprighting), in quanto il CRi si sposta coronalmente al CR.
34
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Si deve evitare di applicare torque e tipping in
sequenza, che determinano movimenti di jiggling,
in cui l’apice radicolare riattraversa la stessa zona
di riassorbimento osseo aumentando il rischio di
rizalisi.
Progettazione
In base a specifiche situazioni cliniche è spesso necessario progettare e realizzare apparecchi particolari in cui possono variare i singoli elementi per
quanto riguarda posizione e azione.
Con le viti si applicano forze pesanti a rapido decadimento, quindi intermittenti e la quantità di movimento dipende dal passo della vite, generalmente
0,8-1 mm per giro completo.
Le viti sono disponibili in modelli con funzioni di-
verse, tutti, comunque richiedono spazio e obbligano la costruzione di placche spesse:
• ad azione sagittale, montate aperte o chiuse, per
la distalizzazione e mesializzazione di singoli denti o settori
• ad azione trasversale, montate chiuse per l’espansione in presenza di cross bite e aperte per
la contrazione di morsi a forbice
• a ventaglio, per espandere maggiormente i settori anteriori in arcate affusolate
• tridirezionale, composte di due viti per ottenere
un’espansione trasversale posteriore e sagittale
anteriore
• microviti telescopiche per la vestibolarizzazione
di singoli denti.
Le molle esercitano forze più fisiologiche di tipo
leggero e continuo; sono meno ingombranti delle
➔ DISPOSITIVI RIMOVIBILI ATTIVI
Placca open system superiore (Jackson)
Placca open system inferiore (Jackson)
Placca open system con piani di rialzo e ausiliari attivi
per espansione mascellare monolaterale
Placca open system con piano di rialzo anteriore
e ausiliari attivi per espansione mascellare
➥
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
viti e modellabili con fili da 0,5-0,7 mm in varie
morfologie:
• a balestra e a S per vestibolarizzare interi gruppi
incisivi
• per il torque, per correggere l’asse degli incisivi
• a U per la chiusura di singoli diastemi incisivi
• a zeta (semplice, con eliche, doppia) e diritte per
vestibolarizzare singoli denti
• orali per lingualizzare singoli denti
• interdentali diritte o a occhiello per distalizzare
o mesializzare singoli denti
• a bandiera per vestibolo-inclinare singoli molari
• distalizzanti (di Roberts) per distalizzare singoli
molari
• con sperone vestibolare per la derotazione di singoli denti.
35
L’attivazione di molle e viti non deve in genere superare 1 mm per volta, poiché se la forza è eccessiva tende a dislocare la placca.
I pazienti dovrebbero essere controllati ogni 4-6
settimane, programmando un movimento di circa
1 mm al mese; in pratica non più di 2 volte la settimana, considerando che una parte della forza viene persa per resilienza dei tessuti e dei materiali,
fatto che richiede un’attivazione leggermente superiore.
Nel corso del trattamento sono necessari tre tipi
di adattamenti clinici:
• stringere i ganci se si allentano
• attivare i dispositivi ausiliari
• togliere resina dalla placca in modo misurato
per liberare il movimento e mantenere la stabilità.
➔ DISPOSITIVI RIMOVIBILI ATTIVI seguito
Placca open system con piano di rialzo,
e bite anteriore di avanzamento
Placca attiva settoriale con viti di distalizzazione
molare e vallo di avanzamento mandibolare
Placca con vite settoriale per vestibolarizzazione
d’incisivo di laterale
Placca inferiore con vite settoriale per apertura
di spazio per premolare
36
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Rialzi occlusali
I piani di rialzo inglobati negli apparecchi rimovibili possono essere anteriori, laterali e totali. Caratteristica comune è la costruzione del vallo liscio e parallelo al piano occlusale per evitare versioni den-
tali indesiderate ed effetti di guida dovuti a piani inclinati.
Le finalità terapeutiche consistono nel facilitare
i movimenti dentali sbloccando il morso, intrudere
o estrudere i denti, riequilibrare la posizione mandibolare (ricentraggio).
➔ RIALZI OCCLUSALI IN APPARECCHI RIMOVIBILI
Placca tipo Korn con piano anteriore e ganci di Dominique
Piano di rialzo totale
Placca funzionale di Cervera con piani laterali
Riequilibratore derivato da placca di Hotz modificata
Placca con vallo di posizionamento anteriore
mandibolare e ganci di Dominique
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Per quanto riguarda i rialzi occlusali si deve tenere presente che:
• con bite posteriori la dimensione verticale tende a
diminuire, poiché i piani di rialzo laterali intrudono i molari (vi è però anche un’estrusione incisiva)
• con bite anteriori tende ad aumentare poiché favoriscono l’eruzione dei posteriori (vi è però anche un’intrusione incisiva)
• con bite totali rimane inalterata.
Rialzi totali sono inglobati in diverse placche attive (Teuscher, Stephenson, sistema di Bass) per
svincolare e facilitare il movimento delle arcate;
rialzi anteriori, posteriori e totali sono parte integrante del disegno di diversi attivatori.
Per il trattamento di un morso crociato monolaterale si possono utilizzare rialzi laterali con indentazioni per antagonisti e scudi linguali sul lato da
correggere per ottenere un effetto di blocco, lasciando libero il lato da correggere in modo da favorire il movimento.
Con il termine “riequilibratori” si intende apparecchi mobili con piani occlusali lisci in resina (spessore
2 mm) o in metallo (spessore 0,5 mm) che svincolano
la mandibola e le permettono di ricentrarsi in posizione eugnatica. La necessità di ricentrare la mandibola
con piani occlusali è particolarmente importante:
• in terapia intercettiva nelle latero-deviazioni funzionali (v. Espansione e contrazione trasversale)
• in terapia ortodontica in presenza di laterognazie
consolidate per verificare i rapporti tra relazione
centrica e posizione di massima intercuspidazione.
Molti di essi derivano da placche gnatologiche per
i disturbi temporo-mandibolari e dagli equilibratori di
Planas e di Cervera (v. Disturbi temporo-mandibolari e attivatori). Tra i piani di rialzo fissi rimovibili è opportuno ricordare i bite su TEO (Equi-C, Equi-C-Torino, Mass, Aless), e i piani di spessore anteriore (tipo
Sebas, Equi-B-Torino) per i quali si rimanda al capitolo inerente la terapia ortopedica di II classe.
Le placche utilizzabili come ausiliari nel corso
della terapia ortodontica fissa sono contraddistinte
da una ridotta estensione sulle superfici dentali per
non interferire con i brackets; possono essere utilizzate per diversi scopi: sbloccare o riposizionare
anteriormente l’occlusione, facilitare i movimenti
ortodontici sia sagittali che verticali, riequilibrare
la mandibolare (ricentraggio).
La placca di Lars utilizza per la ritenzione i sottosquadri dei denti mascellari in modo minimo. Per
aumentare la ritenzione è prevista l’esecuzione di
alcuni fori che permettono di inserire delle legatu-
37
re metalliche in modo da ancorare la placca ai
brackets o alle bande. Inoltre comprende una flangia retroincisiva inferiore per riposizionare anteriormente la mandibola; di estensione ridotta funziona più come memoria, per indurre un movimento di protrusione, che come uno scudo linguale.
La placca di Tripod è un bite mascellare, che come ancoraggio utilizza ganci a palla nella zona distale agli incisivi laterali e ganci a balestra sui due
primi molari; presenta due contatti posteriori in zona molare e uno anteriore (piano retroincisivo); è
utilizzata per problemi muscolari, ma anche come
mantenitore di spazio e per lasciare liberi di estrudere i premolari in modo da ridurre l’overbite.
La placca di Helsing è composta di un piano retroincisivo ancorato a un arco transpalatino; è utilizzata per miopatie, deep bite, per ottenere spazio
nei casi in cui non è possibile applicare attacchi sugli incisivi inferiori. La placca di Korn a piano rialzato anteriore o totale è sorretta da ganci di Dominique, per la stabilizzazione si inseriscono sopra i
tubi delle bande molari.
Tecnica di Crozat
Si tratta di una tecnica labio-linguale ad azione elastica in cui gli apparecchi sono costruiti con leghe
temperabili di cromo-cobalto di diametro 0,9-1 mm;
dato il minimo ingombro è bene accetta negli adulti, perciò è preferenzialmente applicata in ortodonzia preprotesica per lo spostamento di singoli denti o gruppi dentali.
L’apparecchio di base (Fig. 1.24) è indicato nell’espansione dell’arcata mascellare o mandibolare
ed è formato da cinque elementi:
Fig. 1.24 Crozat superiore e inferiore di base; l’inferiore presenta bracci vestibolari.
38
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ APPARECCHI DI CROZAT
Crozat con valli occlusali
Crozat con mollette linguali di vestibolarizzazione
Crozat con trazione elastica di II classe
Crozat con mollette vestibolari di lingualizzazione
• ganci di ritenzione (crib) posti sui primi molari,
formati da un appoggio occlusale (occlusal rest)
e una lunetta ritentiva (crescent)
• barra linguale a omega nel mascellare superiore
o a U nell’inferiore, che unisce le singole parti
dell’apparecchio e permette l’espansione
• bracci linguali che contornano la superficie linguale dei premolari per stabilizzarli o espanderli.
La tecnica è a componibilità totale, in quanto si
possono includere diversi elementi ausiliari durante la progettazione e aggiungerli nel corso della terapia; permette di espandere, contrarre, ruotare,
vestibolarizzare o lingualizzare uno o più elementi
dentali.
Le molle esplicano diverse funzioni:
• retroincisive (singole, doppie o a filo unico) per
vestibolarizzare e allineare gli incisivi (Fig. 1.25)
• retrocanine per deruotare e allineare i canini
• retromolari per allineare i molari
• a dito per distalizzare canini e premolari
• orizzontali per mesializzare premolari e canini o
per distalizzare i molari
• a semilunette per estrudere gli incisivi superiori.
Fig. 1.25 Crozat superiore e inferiore con molle retroincisive.
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
39
Fig. 1.26 Crozat superiore con viti di espansione.
Fig. 1.27 Posizionatore in caucciù su articolatore con set-up.
L’aggiunta di un arco vestibolare permette la retrazione incisiva o può servire da supporto ad altri
elementi ausiliari, come ad esempio gli spilli (pins)
che agiscono insieme alle molle retroincisive per allineare i denti frontali.
L’applicazione di una trazione extraorale o lip
bumper richiede la presenza di cannule saldate ai
ganci per trazioni extraorali.
Qualora si intenda applicare una trazione intermascellare con elastici si applicano gli uncini vestibolari
saldati sui ganci (o bracci vestibolari) e gli stabilizzatori (putter) per evitare spostamenti dell’apparecchio.
Spessori e piani di rialzo in resina facilitano la
correzione di morsi crociati, discludendo l’occlusione; griglie (retroincisive o laterali) si applicano
per parafunzioni linguali.
L’apparecchio può portare viti di espansione
(Fig. 1.26) o essere disinseribile costruito su bande
cementate per essere utilizzato contemporaneamente a una terapia fissa.
L’attivazione degli elementi attivi delle strutture
supplementari è generalmente eseguita con pinze a
tre becchi o pinze di Adams; per ottenere l’espansione delle arcate si utilizza la pinza a tre becchi che
applicata al centro della barra linguale o palatina
causa un’espansione a ventaglio dei molari; in prossimità dell’unione della barra ai ganci causa un’espansione dei premolari.
Nel 1945 H.D. Kiesling prese in considerazione
l’utilizzazione, per trattamenti ortodontici completi, di posizionatori elastici in caucciù nero (Fig.
1.27), costruiti previo allineamento con set-up in
cera su modelli, abbandonando successivamente il
progetto. Successivamente il materiale di base fu ripetutamente sostituito con alternative dotate di
maggiore elasticità come poliuretano, vinile termoplastico (Fig. 1.28), mantenendo indicazioni limitate a rifiniture di trattamenti fissi. La recente tecnologia ha riproposto materiali che consentono di
proporre la finalità di trattamenti ortodontici completi, realizzati con dispositivi rimovibili estetici.
Forze elastiche sviluppate mediante preliminari sono utilizzate anche in altri dispositivi a cui si rimanda:
• apparecchio di Stockfish (v. Attivatori)
• attivatore bionator di Tokuyama, per intrudere i
posteriori (v. Attivatori)
• position trainer, functional trainer, Multi-P per la
correzione di abitudini viziate (v. Discinesie orali e abitudini viziate).
Elastodonzia
L’elastodonzia affianca, ai meccanismi tipici degli apparecchi tradizionali (a molle, a viti, miofunzionali),
forze elastiche esercitate per effetto del totale incorniciamento dei denti mediante gomme e polimeri.
Fig. 1.28 Posizionatori vinilici.
40
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Posizionatori
Sistema elastodontico KFO
Il tooth positioner è un monoblocco di gomma che
comprende i denti di entrambe le arcate.
Per la realizzazione, oltre ai consueti modelli,
è necessario registrare un morso di costruzione
rialzato di 2 mm per garantire un sufficiente spessore al materiale. Lo schema di costruzione può
variare di spessore (2-4 mm), estensione (a livello dei colletti, fino a 6-8 mm oltre) e durezza.
Maggiore elasticità (durezza 50-60 shore) è richiesta per correzioni estese; intermedia (65-70
shore) per correzioni mirate; elevata (75-80 shore) dove è richiesto minimo ingombro e mantenimento della posizione (paradenti, correzione di
bruxismo).
Per aumentare la ritenzione possono essere inseriti ganci a palla e retine di acciaio per il torque;
fori per il passaggio dell’aria in zona incisiva servono a evitare fenomeni di succhiamento.
Sono disponibili in commercio anche posizionatori preformati (ad esempio Occluso-Guide, NiteGuide) in diverse dimensioni selezionabili in base
al caso e al tipo di trattamento ortodontico eseguito (con o senza estrazioni).
Gli apparecchi elasto-KFO sono costruiti con materiali più elastici e resistenti rispetto ai posizionatori tradizionali: permettono di ottenere movimenti
dentali più ampi e sono applicabili in qualsiasi fase
del trattamento.
Mediante una cera in relazione centrica, i modelli sono montati in articolatore, in cui il set-up predefinisce il trattamento, coordinando le superfici
dentali in base al movimento programmato (Fig.
1.29). Il modellato viene trasformato in dispositivo
definitivo mediante elastomeri di silicone, lavorati
ad alta temperatura e contraddistinti da gradi di durezza shore diversa:
• SH40, caratterizzato da massima elasticità, per
movimenti fino a 3 mm (forze di 34-118 g), utilizzato per l’elasto-finisher e l’elasto-bond;
• SH65, caratterizzato da minore elasticità, per
movimenti richiesti non superiori a 2 mm, utilizzato per l’elasto-aligner e l’Elasto-Osamu.
I dispositivi vengono portati durante la notte e
per 2 ore durante il giorno.
Sono attualmente disponibili quattro apparecchi
fondamentali, differentemente caratterizzati, a cui
sono state attribuite diverse applicazioni.
L’elasto-aligner è costruito con silicone SH65 ed
è utilizzato per la correzione di limitate malocclusioni e come apparecchio finale della terapia; può
essere abbinato a speciali bottoni di plastica.
L’elasto-finisher (Fig. 1.30) è costruito in SH40,
abbrevia la durata del trattamento multibande sostituendo gli archi di rifinitura; gli attacchi rimasti
sui denti permettono l’applicazione diretta della
forza e l’ottenimento del risultato in 4-8 settimane.
Fig. 1.29 Posizionatore KFO.
Fig. 1.30 Elasto-finisher.
Trova indicazione nei pazienti mesio e brachifacciali sia come contenzione passiva, che attiva
(previo set-up) per movimenti mirati e di entità
limitata (entro 1 mm) per migliorare i rapporti
occlusali di fine cura.
È sconsigliato in pazienti dolico-facciali, in presenza di morso aperto e di anomalie occlusali accentuate.
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
41
Mascherine in polimero trasparente
La recente tecnologia (Invisalign®) ha proposto dispositivi rimovibili trasparenti e di limitato ingombro, prevedendo diverse fasi di interazione tra ditta
costruttrice e ortodontista nella realizzazione di
una tecnica specifica (Fig. 1.32).
Candidati al trattamento sono soggetti cooperanti, con dentatura permanente erotta, che necessitano di correzioni ortodontiche per malocclusioni dento-alveolari.
Fig. 1.31 Elasto-Osamu con TEO.
Trova indicazione come apparecchio finale dopo
un trattamento multibande, apparecchio attivo
dopo eliminazione degli archi, finitura del caso,
movimenti di singoli denti.
Movimenti facili sono ritenuti tip, torque, inclinazione linguale e vestibolare; movimenti difficili
sono la rotazione di premolari e canini (denti rotondi), l’estrusione, la traslazione dentale.
La correzione di II classe è possibile mediante distalizzazioni molari di 2-3 mm, mentre non vi sono dati sulle correzioni di III classe mediante
avanzamenti dei superiori. Open e deep bite sono
risolvibili con estrusioni o intrusioni dei settori
L’elasto-bond è costruito con siliconi SH40 ed è utilizzato aggiungendo speciali brackets di plastica fissati sui denti prima dell’impronta (metodo diretto) o
fissati sui modelli di gesso e posizionati con mascherine di trasferimento costruite in laboratorio, per collocarli in punti precisi (metodo indiretto).
È indicato nei casi di morso aperto frontale e laterale, cross bite laterale, sovrapposizione di singoli denti laterali, sporgenza dei canini, chiusura
di spazi dopo estrazione, trattamento di diastema, protrusione di denti frontali.
L’elasto-strip è una striscia di silicone trasparente (2 mm di spessore e 4 di larghezza) utilizzato come completamento dell’elasto-bond, per impedire
recidive diurne e ottenere continuità nei movimenti dentali e come presidio indipendente, per eliminare diastemi anteriori, biprotrusioni funzionali,
isolate protrusioni di denti frontali superiori.
L’Elasto-Osamu (Fig. 1.31) oltre a piccoli movimenti dentali permette la correzione di protrusioni
mascellari nelle II classi, grazie all’inserimento dell’arco extraorale.
È indicato nelle II classi, significativi slivellamenti dei frontali, morsi frontali aperti, crescite
verticali, protrusioni dento-alveolari frontali superiori.
Fig. 1.32 Mascherine in polimero trasparente Invisalign®.
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
GRADI DI DIFFICOLTÀ DELLA CORREZIONE
• Facile per affollamenti leggeri-medi (risolvibili
con lieve espansione) e per movimenti dentali
isolati (diastemi, movimenti preprotesici,
morso crociato e inverso)
• Intermedia per affollamenti medi o severi
risolvibili con distalizzazioni limitate
o estrazione di un incisivo inferiore
• Difficile per affollamenti moderati-severi
corretti con estrazione di premolari e per
espansioni di cross bite posteriori
frontali, mentre gli effetti posteriori sono impredicibili.
La documentazione (impronte in gomma, radiografie) corredata da diagnosi e piano di trattamento viene inviata dall’ortodontista alla ditta costruttrice, che trasforma i modelli di gesso in un’immagine digitale tridimensionale, mediante un processo di scannerizzazione laser. Un programma
software elabora un set-up sequenziale, che simula
lo spostamento ortodontico, e predispone la versione grafica di un “trattamento virtuale” (clin
check). Dopo l’approvazione del clinico viene prodotto un set completo di mascherine (aligners), costruite come overlay in polimero plastico trasparente dello spessore di 3 mm circa.
Ogni mascherina incorpora movimenti dentali di
0,25-0,33 mm; deve essere portata per 20-22 ore al
giorno, venendo rimossa solo per l’alimentazione e
l’igiene orale; va utilizzata per 1 o 2 settimane, prima di passare alla successiva.
L’applicazione di brackets o di piccole ritenzioni in
composito è proposta in alcuni casi per migliorare il
controllo di movimenti di intrusione ed estrusione.
Il numero complessivo delle mascherine varia in
relazione alla difficoltà del caso e la durata del trattamento è sovrapponibile alla terapia fissa tradizionale.
Lo spessore della copertura occlusale genera
un’intrusione dei posteriori di 0,25-0,5 mm (bite
plane effect), che si corregge spontaneamente durante la contenzione, generalmente effettuata con
contenzioni estetiche, clear retainer o docce termostampate (tipo Essix®).
Attualmente la principale critica consiste nella
difficoltà di tradurre in clinica un trattamento rigidamente impostato a priori, data la variabilità individuale della risposta biologica; questo fatto non di
rado si traduce in parziale efficacia nella realizza-
zione degli obiettivi terapeutici e richiede una riprogrammazione con la medesima tecnica o l’aggiunta di trattamenti fissi per la rifinitura del caso.
Ancoraggio
L’ancoraggio viene definito come la capacità dei
denti di resistere a movimenti indesiderati, causati
dalle forze reciproche di reazione, attivate dalla
meccanica terapeutica. L’ancoraggio è tradizionalmente classificato per:
• intensità: minima, media, massima
• sede: extraorale, intraorale
• tipo: dentale, extradentale, corticale, mucoso,
muscolare.
L’ancoraggio extraorale scarica le forze di reazione sulle ossa della volta cranica o sul collo
(headgear, maschere facciali, fionde mentoniere) e
si confronta con problemi di limitata compliance.
L’ancoraggio intraorale è a sua volta suddiviso in diverse categorie in base alla distribuzione delle forze:
• dentale intrarcata, per contrapposizione di denti
posti sulla stessa arcata
• dentale interarcata, per trazioni di II e III classe.
L’ancoraggio intrarcata si basa sul valore di ancoraggio dei singoli denti; il parametro dipende dalle superfici radicolari ed esiste una soglia di pressione sul legamento parodontale, al di sotto della
quale la pressione non produce effetti.
Si ritiene che la capacità di ancoraggio del primo
molare e del secondo premolare in ogni arcata sia approssimativamente equivalente al canino e ai due incisivi; ne consegue che una forza intrarcata applicata per
chiudere lo spazio di estrazione di un primo premolare causa un movimento reciproco, in cui i denti si muovono l’uno verso l’altro per identica quantità di spazio.
Solidarizzando un maggior numero di denti
(placche, barre palatine, arco di Nance, legature) si
ottiene un ancoraggio rinforzato, determinando un
movimento prevalente del settore da muovere rispetto all’unità di resistenza.
Il termine ancoraggio stazionario si riferisce al vantaggio che si ottiene contrapponendo il movimento
corporeo di un gruppo di denti, al movimento di inclinazione di un altro; i movimenti di tipping si realizzano più facilmente delle traslazioni e possono essere limitati con molle ausiliarie di uprighting e/o torque.
Per esempio nella chiusura dello spazio di estrazione di un primo premolare mediante trazione intrarcata, sappiamo che la pressione richiesta per la
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
43
Ancoraggio
FIG. 1.33 Ancoraggio massimo.
FIG. 1.34 Ancoraggio medio.
FIG. 1.35 Ancoraggio minimo.
lingualizzazione del settore anteriore risulta pari alla
metà di quella necessaria al movimento corporeo dei
posteriori; ne consegue che il tipping degli anteriori è
doppio rispetto all’avanzamento corporeo dei molari.
L’ancoraggio corticale viene ottenuto inserendo
un torque sulle radici dei denti posteriori in modo da
portarle a contatto con la corticale ossea linguale o
vestibolare che è molto più resistente della midollare al riassorbimento e quindi rallenta il movimento.
Per avere un’idea dell’effetto delle corticali, si
pensi alla difficoltà che presenta la chiusura di uno
spazio di estrazione, quando si è verificato un riassorbimento con atrofia trasversale delle creste alveolari; situazioni in cui è da prendere in considerazione la corticotomia. L’ancoraggio mucoso è costituito da placche ad appoggio mucoso (tipo Nance), l’extradentale da impianti endossei, il muscolare dalla tipologia facciale (brachi e dolico- facciale) e dal tono muscolare (orbicolare della bocca).
L’ancoraggio va programmato in relazione agli
obiettivi terapeutici del caso concreto, definendo
quale sia il rischio di perdita, legato alla meccanica da
attuarsi. Nella clinica le intensità necessarie degli ancoraggi sono determinate in base a diversi fattori:
spazio necessario alla correzione dell’affollamento,
spostamento dell’incisivo inferiore in base alla posizione programmata, tipo scheletrico (nei brachi-facciali è possibile accettare incisivi inferiori più protrusi). Un ulteriore fattore è l’estetica facciale, così da
evitare di retrarre eccessivamente la dentatura e prevenire l’appiattimento del profilo (Tab. 1.1).
In base all’intensità che permette di contrastare
gli effetti indesiderati della perdita di ancoraggio, i
sistemi vengono classificati come:
• ancoraggio massimo: trazione extraorale, trazione intermascellare, placca di Nance, impianti endossei (Fig. 1.33)
• ancoraggio medio: barre transpalatine, archi linguali, placche rimovibili, lip bumper (Fig. 1.34)
• ancoraggio minimo: intrarcata tra denti singoli o
gruppi di denti solidarizzati con legature (Fig. 1.35).
Tab. 1.1 Parametri clinici e tipo di ancoraggio
Gravità
dell’affollamento
Grave
Medio
Lieve
Tipo di
ancoraggio
Massimo
Medio
Minimo
Forze
4:1
2:1
1:1
Perdita di
ancoraggio
0-2 mm
3-4 mm
5-7 mm
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Con il controllo dell’ancoraggio si intende la capacità di concentrare le forze per produrre il movimento dentale desiderato, dissipando le forze
di reazione, e si utilizzano contemporaneamente
tutti i tipi descritti.
Nella gestione va tenuto presente che la valutazione è soggettiva e va rivalutata nel corso della terapia, in quanto non è possibile stabilire le forze in
gioco solo in relazione alle superfici radicolari interessate, dal momento che intervengono fattori non
calcolabili, come il contatto con le corticali e le forze di attrito che si oppongono alla meccanica di
scorrimento.
Si ritiene che le forze di attrito nelle meccaniche
frizionali raddoppino le forze necessarie al movimento, ponendo problemi di controllo dell’ancoraggio; la situazione è migliore con le meccaniche a
bassa frizione in cui le meccaniche di scorrimento
sono effettuate con forze leggere.
Dispositivi di rinforzo di ancoraggio
Le placche asimmetriche attive sono rappresentate
da una struttura di base divisa in due parti, una più
piccola e l’altra più grande. L’attivazione delle componenti produce una forza maggiore per unità di
area nella parte più piccola inducendo, quindi, uno
spostamento maggiore nei denti compresi in questo
segmento.
Sviluppando all’estremo l’applicazione si giunge
a progettare una placca con un solo dente nella parte più piccola e tutti gli altri nella più grande. Costituiscono un buon rinforzo di ancoraggio nei pazienti con parodontopia, dove le forze di reazione
vengono scaricate in misura maggiore sulla muco-
➔ DISPOSITIVI DI RINFORZO DI ANCORAGGIO
Il tripode è un arco transpalatino supportato da tre
bande e realizzato in filo di acciaio del diametro di
0,9-1 mm; è utilizzato per la mesializzazione monolaterale dei molari e per l’estrusione di denti inclusi,
mediante forze elastiche collegate a un braccio.
L’iron cross è un dispositivo palatino utilizzato
per la mesializzazione dei molari e premolari superiori (v. Movimenti selettivi) o su placche rimovibili.
La placca di Nance è un arco transplatino che supporta una pastiglia in resina anteriore; è utilizzata per
la retrazione di premolari e canini; va rimossa per la
retrazione degli incisivi
La placca di Nance-Gugino-Vion è una modifica che
permette di eliminare la pastiglia, trasformando la
barra in un Goshgarian.
Diverse varianti di archi linguali e bottoni palatini sono disponibili come rinforzi d’ancoraggio.
Per altri dispositivi fisso-rimovibili utilizzati come
rinforzo di ancoraggio rimandiamo ad archi transpalatini, lip bumper, trazioni intermascellari di II e
III classe, ferule di Delaire e trazioni extraorali.
Arco linguale saldato
Placca di Nance
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ DISPOSITIVI DI RINFORZO DI ANCORAGGIO seguito
Placca di Nance
Placca di Nance-Gugino-Vion saldata
Placca di Nance-Gugino-Vion disinseribile
Bottone estraibile tipo Giannelli inserito
Bottone estraibile tipo Giannelli rimosso
Tripode per distalizzazione molari
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Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Ancoraggio per distalizzazione molare
FIG. 1.36 Meccanica fissa per distalizzazione e uprighting molare inferiore.
FIG. 1.37 Forze di reazione dell’arco
continuo e molla di uprighting.
sa, nei confronti dei denti la cui capacità di ancoraggio diminuisce proporzionalmente alla perdita
di legamento parodontale, a cui corrisponde uno
spostamento apicale del centro di resistenza radicolare.
Nelle figure 1.36-1.38 sono schematizzati gli effetti della fase di reazione determinati da un arco
continuo elastico nell’uprighting e/o distalizzazione
molare e l’applicazione di un rinforzo di ancoraggio
mediante arco linguale.
I dispositivi di rinforzo d’ancoraggio più usati sono:
• Tripode
• Iron cross
• Placca di Nance
• Placca di Nance-Gugino-Vion
• Archi linguali.
Minimpianti ortodontici
L’incremento della richiesta di trattamenti ortodontici e la ridotta compliance (soprattutto in pazienti
adulti con problemi protesici, riserve estetiche) ha
favorito lo sviluppo della ricerca verso forme di ancoraggio extradentale.
Le indicazioni sono prevalentemente date dalla
scarsa qualità o quantità di ancoraggio dentale per
parodontopatie ed edentulie parziali, dalla necessità di minimizzare o neutralizzare forze indesiderate di reazione durante i movimenti dentali.
Le indicazioni all’applicazione sono:
• intrusione dei denti posteriori
• estrusione o allineamento di denti inclusi
• ancoraggio per distalizzazione
FIG. 1.38 Arco linguale di ancoraggio
per bilanciare gli effetti indesiderati.
• contenzione dopo distalizzazione
• mesializzazione di molari inferiori
• retrazione di frontali mandibolari e mascellari
con concomitante scarso supporto dentale nei
settori posteriori
• intrusione e pro-inclinazione di frontali inferiori in assenza di supporto posteriore.
Sono stati proposti sistemi con caratteristiche
differenti:
• morfologia: impianti osteointegrati, onplants, fili zigomatici, ancore zigomatiche, miniplacche e
miniviti
• composizione metallica: titanio, acciaio inossidabile
• tecniche chirurgiche con minore o maggiore invasività
• possibilità di osteointegrazione
• applicazione di carico immediato.
L’esperienza recente supporta la validità di miniviti di acciaio inossidabile, sufficientemente piccole da essere introdotte tra le radici di denti adiacenti, inseribili con procedure chirurgiche semplici
e caratterizzate dalla possibilità di carico immediato. L’utilizzazione dell’acciaio comporta la fibro-integrazione, in grado di garantire sufficiente ritenzione alla trazione ortodontica, ma di facile rimozione nei confronti del titanio osteointegrato.
L’esecuzione tecnica prevede procedure di accesso chirurgico semplificate mediante microincisioni, incisioni a punch o flapless; l’inserimento di
miniviti di acciaio (Fig. 1.39) (diametro 1,5-2 mm),
con cacciavite manuale o montato su contrangolo,
nello spazio intermedio tra le radici, utilizzando
lunghezze sufficienti ad assicurare un ancoraggio
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
po terapia fissa: incisivi a 90° sul piano mandibolare;
forma individuale all’arcata (carta di Bonwill-Hawley), senza aumentare il diametro intercanino; buona
coordinazione e intercuspidazione tra le arcate.
Studi successivi a 10 anni dimostrarono recidive
nel 70% dei casi correttamente trattate, con lievi
affollamenti degli incisivi inferiori.
Attualmente si ritiene che ridotte recidive siano
imprevedibili, legate a evoluzioni fisiologiche riscontrabili anche in soggetti non trattati ortodonticamente. In particolare l’abbassamento della lingua per effetto delle gravità determina il prevalere
delle forze centripete delle labbra e delle guance
sulle arcate, con conseguente spostamento dentale verso il centro delle arcate dentarie. Il fenomeno
di deriva centripeta è più rapido tra gli 8-26 anni,
meno intenso sino a 46 anni ed è causa di arretramenti incisivi e diminuzioni dei diametri intercanini mandibolari.
I fattori in grado di influenzare la stabilità del risultato ottenuto con un trattamento ortodontico attengono a un triplice ordine di considerazioni:
• i tessuti oro-facciali e parodontali sono influenzati dai movimenti dentali e richiedono un certo
tempo per il loro rimodellamento
• i denti sono soggetti alla pressione dei tessuti
molli, che induce una costante tendenza alla recidiva
• le modifiche prodotte dalla crescita possono alterare il risultato ottenuto.
Le modalità di rimodellamento dei tessuti e la
crescita residua definiscono i principi della contenzione:
Fig. 1.39 Viti di varie misure.
bicorticale (8-12 mm); trazioni immediate con forze
non superiori a 100 cN, esercitate con moduli elastici o molle in NI-TI, tese tra i fori e le scanalature
presenti sulla testa della vite e attacchi incollati sui
denti.
I rischi della procedura sono ricollegabili a flogosi locali per scarsa igiene, danno alle radici contigue per errato inserimento, perdita della vite per
scorretto posizionamento (viti corte monocorticali), per forze eccessive o momenti rotazionali (Figg.
1.40-1.45 e 1.46-1.50).
Contenzione
Negli anni ’40-’50 del secolo scorso, Tweed propose
alcune indicazioni per ridurre il rischio di recidiva do-
METODICHE DI CONTENZIONE
•
•
•
•
•
•
•
•
Dispositivi meccanici
Placche monomascellari
Positioner
Trazioni extraorali
Attivatori
Maschera di Delaire e mentoniere
Archi linguali e palatini
Lip bumper
Splintaggi extracoronali (retainer)
Terapie miofunzionali
• Motivazione
• Esercizi di mioterapia
47
Procedure chirurgiche
• Fibrotomia
• Germectomia degli ottavi
• Glossotomia
•
•
•
•
Procedure gnatologiche
Ricostruzioni conservative
Protesi
Stripping
Molaggio selettivo
48
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Ancoraggio con minimpianti per estrusione di premolare incluso
FIG. 1.40 Caso iniziale.
FIG. 1.41 Trazione elastica.
FIG. 1.42 Caso finito.
FIG. 1.43 Rx in fase iniziale.
FIG. 1.44 Rx durante la terapia.
FIG. 1.45 Controllo radiografico del caso finito.
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Intrusione di molare
FIG. 1.46 Caso iniziale
FIG. 1.47 Rx iniziale
FIG. 1.48 Meccanica intrusiva su minimpianti.
FIG. 1.49 Stabilizzazione.
FIG. 1.50 Controllo radiografico del caso finito.
49
50
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
PREVENZIONE DELLE RECIDIVE
• Evitare la persistenza dell’eziologia (abitudini viziate) mediante terapie intercettive e miofunzionali
• Motivare il paziente per ridurre il rischio di mancata collaborazione
• Prendere in considerazione il potenziale residuo di crescita (per fattori ereditari o per fisiologica
crescita differenziale dei mascellari), individuando i casi chirurgici da quelli trattabili con ortopediaortodonzia, in cui la contenzione va prolungata
• Evitare trattamenti troppo veloci, eseguire precocemente i movimenti che recidivano con maggior
frequenza, rimuovere con gradualità la contenzione
• Terminare il trattamento con schemi occlusioni stabili (rapporti dentali corretti e assenza di interferenze)
• Rifinire il trattamento attivo in ipercorrezione, per controllare la tendenza alla recidiva
• Nei soggetti in dentatura permanente non variare la lunghezza sagittale e i diametri delle arcate
o considerare la contenzione permanente
• prescritta a tempo pieno per i primi 3-4 mesi per
permettere la riorganizzazione del legamento parodontale
• protratta a tempo parziale per 12 mesi, per contrastare le lenta risposta delle fibre gengivali
• continuata nei soggetti in crescita sino all’età
adulta.
La contenzione permanente va considerata nei
soggetti a fine crescita, in cui la pressione dei tessuti molli sia tale da non potere essere compensata
dalla stabilizzazione parodontale; come ad esempio
nei soggetti in cui sia stata eseguita un’espansione
d’arcata o persistano abitudini viziate.
Le regole generali concernenti i limiti dell’espansione dell’arcata inferiore ritengono problematico,
ai fini della stabilità, oltrepassare i 2 mm di vestibolarizzazione degli incisivi; 0-1 mm di aumento del
diametro intercanino; 2-3 mm di incremento del
diametro interpremolare e 3 mm di diametro intermolare.
I dispositivi di contenzione, per opporsi alla recidiva e preservare le correzioni effettuate, devono
essere prescritti in base alle necessità del caso specifico e rispettare alcune caratteristiche: controllo
vestibolare e buccale; un certo grado di libertà dei
singoli denti, in modo da permettere la riorganizzazione in posizione fisiologica; assenza di interferenze occlusali; minimo ingombro; stabilità e ritenzione; rimozione graduale.
Si ritiene ridotto il rischio di recidiva e quindi limitata la necessità di contenzione, nei casi di mor-
so crociato anteriore con sufficiente overbite; di
morso crociato laterale, con corretta inclinazione
assiale dei denti e buona intercuspidazione; di morsi aperti da abitudini viziate, dopo rimozione dell’eziologia; di recupero di spazio in arcata per eruzione di un elemento.
Alcune situazioni sono gravate con maggior frequenza dalla recidiva e per esse va considerata
con particolare attenzione l’applicazione di apparecchi specifici, protratti a fine crescita ed eventualmente associate ad altre metodiche: attivatori
(Bionator, Frankel), mentoniere e trazioni extraorali orizzontali nelle II e III classi; restrittori della
funzione linguale (tipo ELN) nei casi di interposizione linguale; attivatori verticali e trazioni extraorali alte negli open bite anteriori; placche superiori provviste di bite plane nei morsi profondi;
retainer fissi negli affollamenti degli incisivi inferiori.
Dispositivi di contenzione mobili
I tipi di dispositivo sono:
➔ Placca di Hawley
➔ Placca con arco wraparound
➔ Spring aligner
➔ Clear aligner
➔ Docce termostampate (Essix®)
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
51
➔ PLACCA DI HAWLEY
La placca di Hawley è un dispositivo mascellare rimovibile e passivo, composto da: un corpo di resina;
ganci di Adams realizzati sui primi molari; arco vestibolare in filo d’acciaio tondo (diametro 0,7 mm)
passante distale al canino e ansa a U attivabile per
la retrazione incisiva. L’arco retrattore di Roberts è
una variante più elastica dell’ansa a U, costruito in
acciaio del diametro di 0,5 mm.
La placca con arco vestibolare saldato è composta
di un corpo in resina e ganci di Adams sui primi molari, ai quali viene brasato un arco vestibolare superiore, da attivare per la retrazione dei frontali.
Nella placca di Hawley con arco di retrazione inferiore, l’arco vestibolare (diametro 0,9-1 mm) sfiora le superfici vestibolari degli incisivi inferiori, per
congiungersi alla placca superiore con anse lunghe
realizzate all’altezza dei canini superiori; è utilizzato per la contenzione di trattamenti per III classe
dentale.
L’inserzione su placche tipo Hawley di diversi tipi
di archi vestibolari, ganci di ritenzione e molle, su
placche stabilizzate con ganci, permette di ottenere
molteplici varianti di contenzioni attive.
Placche di Hawley superiore e inferiore
Placche di Hawley in bocca, visione laterale
Placche di Hawley, aspetto occlusale in situ
Placche di Hawley, particolari
52
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ DISPOSITIVI DI CONTENZIONE MOBILI
Placche sezionali con accessori attivi (viti, molle) sono eseguite per la correzione mirata di lievi malposizioni residue (diastemi, torque vestibolari, endoalveolie settoriali ecc.).
Le placche con trazione elastica intrarcata sono
dispositivi rimovibili stabilizzati con ganci; elastici,
tesi tra uncini posizionati vestibolarmente a livello
dei premolari, sostituiscono l’arco vestibolare per
ottenere la retrazione dei frontali.
La placca di contenzione di Van der Linden controlla la zona anteriore con archi vestibolari e lascia liberi i denti posteriori in modo che possano assestarsi
spontaneamente; in caso di instabilità possono essere
temporaneamente aggiunti ganci a palla o appoggi
posteriori che non interferiscano con l’occlusione.
La placca con arco labiale circolare (Clark o wraparound) è priva di ganci di ritenzione, per evitare
interferenze occlusali e permettere l’estrusione dentaria, mantenendo il controllo vestibolo-buccale. È
composta da un corpo in resina aderente al profilo
palatino dei denti e un arco vestibolare: costruito
con un filo di acciaio del diametro di 0,7 mm; modellato a metà altezza delle corone con un rivestimento in acrilico, passanti distali agli ultimi molari e
anse laterali a U attivabili.
La placca con arco labiale circolare modificata
(Alexander) è sovrapponibile, ma presenta il corpo
in resina palatino scostato dal profilo dentale, in
modo da permettere movimenti di assestamento
palato-buccali.
Lo spring aligner è applicato nel settore anteriore delle arcate per contrastare la recidiva degli inci-
sivi; può essere attivo o passivo e la sua azione è vincolata all’esecuzione di un set-up.
Il clear aligner consiste di una ferula, costruita
con un arco in acciaio (diametro 1 mm) ricoperto di
resina acrilica, che abbraccia a stretto contatto vestibolare e palatale gli elementi dentali, passando
distalmente all’ultimo molare. Si tratta di un dispositivo di scarso ingombro, bene accettato dai pazienti, privo di interferenze occlusali, la cui applicazione è limitata dalla fragilità, dovuta all’esiguo
spessore. Sono state proposte varianti in resina acetalica, materiale termostampato e lega metallica
per scheletrati; in alcuni casi si esegue un set-up per
correggere lievi malposizioni.
Il limite delle docce, che avvolgono le superfici occlusali come dispositivi di ritenzione, consiste nel
fatto di limitare gli assestamenti occlusali posteriori; sono quindi utilizzate come presidio temporaneo
prima di passare a dispositivi mobili classici che lasciano la superficie occlusale libera.
Le docce termostampate (tipo Essix®) sono indicate nella fase di contenzione immediata per brevi periodi, realizzate con dischi di vinile di 0,5 mm di spessore.
Gli Osamu-retainers sono apparecchi monomascellari termostampati formati da due tipi di materiali: un elastico che circonda tutti i denti eccetto la
superficie occlusale e uno più sottile e rigido che ricopre anche la superficie occlusale. Può essere eseguito con set-up per ottenere movimenti atti a migliorare i rapporti occlusali a fine cura. Per i posizionatori si rimanda al capitolo dell’elastodonzia.
Placche di contenzione su modelli
➥
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ DISPOSITIVI DI CONTENZIONE MOBILI seguito
Placca con arco wraparound
Spring retainer
Spring retainer e particolare del set-up
Spring aligner
Clear aligner
Docce termostampate Essix®
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54
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Dispositivi di contenzione fissi
In linea generale la contenzione fissa è preferita per
l’arcata inferiore e la rimovibile per la superiore.
Gli archi saldati buccali sono costruiti con fili di
acciaio di diametro 0,9-1 mm, modellati a contatto
con i denti e saldati alle bande; possono essere aggiunti accessori attivi (molle, viti) per effettuare
movimenti mirati e passivi (corpi in resina) con
azioni intercettive.
I retainers sono indicati per la ritenzione degli incisivi inferiori, sui quali vengono fissati lingualmente con composito al livello del cingolo.
La tecnica più frequentemente utilizzata prevede l’esecuzione diretta sul paziente adattando fili
da legature (0,11 inch di diametro) intrecciati 2-3
volte e incollati sulla superficie linguale da canino
a canino; nei casi in cui sia stata eseguita un’intrusione dei gruppi frontali l’estensione va portata sino ai premolari per ottenere una stabilizzazione
verticale.
Il bloccaggio con filo intrecciato non è efficace
nell’ostacolare la riduzione del diametro intercanino e conseguente riaffollamento incisivo.
Per tale motivo nei casi in cui il trattamento abbia richiesto l’espansione trasversale anteriore è da
considerare il bloccaggio eseguito con filo rotondo
o rettangolare rigido (0,6-0,7 mm), modellato aderente agli incisivi, con due occhielli alle estremità;
in alternativa si può ricorrere a dispositivi preformati del commercio disponibili in diverse misure o
a dispositivi individuali costruiti in laboratorio. La
tecnica di incollaggio può essere diretta o indiretta
per accelerarne l’esecuzione.
➔ DISPOSITIVI DI CONTENZIONE FISSI
Esecuzione clinica di retainer incollato
Arco saldato linguale
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
Mantenitori di spazio
I mantenitori di spazio in dentatura decidua sono
spesso utilizzati in caso di perdita dei secondi molari decidui, per prevenire la mesializzazione del
primo molare e mantenere lo spazio dei premolari.
In caso di perdita del primo molare e del canino de-
55
ciduo la mesializzazione dei posteriori è improbabile; va considerata l’indicazione di mantenitori quando gli incisivi tendano a spostarsi distalmente, causando deviazioni delle linee mediane e asimmetrie
d’arcata.
Le avulsioni di incisivi decidui rivestono esclusivamente funzioni estetiche e fonetiche.
➔ MANTENITORI DI SPAZIO
I dispositivi fissi monolaterali sono rappresentati da:
corone pedodontiche preformate in caso di carie
dei decidui; protesi adesive in caso di edentulia dei
frontali; bande con anse in filo (band and loop) e cavalieri di appoggio sulla superficie occlusale dei denti di contatto per edentulie posteriori.
I dispositivi fissi bilaterali sono utilizzati a fine
trattamento inserendo denti provvisori come mantenitori di spazio; sono rappresentati da archi linguali, barre transpalatine, lip bumper; i rimovibili da
placche in resina con ganci, denti in resina ed eventualmente elementi ausiliari.
Mantenitore di spazio in resina acetalica
Mantenitore con elemento in resina
e braccio di appoggio
Mantenitore di spazio con brackets linguali
Arco palatino con provvisorio
➥
56
Capitolo 1 • Movimenti dento-alveolari e terapia ortodontica
➔ MANTENITORI DI SPAZIO seguito
Mantenitore di spazio con appoggio
Mantenitore di spazio su bande solidarizzate con filo
Mantenitore di spazio con braccio di appoggio mesiale
CAPITOLO 2
Terapia ortopedica
Sindromi di II classe
II classe divisione 1
Le malocclusioni di II classe divisione 1 presentano
un’incidenza del 15-20% nella popolazione caucasica; occlusalmente sono generalmente caratterizzate
da disto-occlusione molare e proalveolia superiore;
per quanto attiene l’aspetto basale si tratta prevalentemente di II classi scheletriche da deficienza
mandibolare e occasionalmente di I classi o lievi III
classi con rapporti verticali che possono variare.
La II classe divisione 1 rappresenta i tre quarti
delle richieste di trattamento; circa due terzi dei
soggetti presentano un mascellare normalmente
posizionato; il 25% evidenzia un mascellare in posizione retrusa e solo il 10% un mascellare protruso.
La malocclusione può dipendere da prognazia
mascellare, retrognazia mandibolare e retroalveolia mandibolare.
Le malocclusioni dento-alveolari riconoscono
un’eziologia funzionale e si avvantaggiano di buone
prospettive terapeutiche con dispositivi ortopedici,
attivatori e terapia fissa, in base alle caratteristiche
del caso.
La proalveolia superiore è una deviazione acquisita della crescita dento-alveolare, conseguenza di
abitudini viziate e parafunzioni (succhiamento, respirazione orale); si instaura verso i 3-5 anni, quando il mascellare è più facilmente modellabile dalla
matrice funzionale.
Nelle forme marcate la proalveolia superiore è
associata a:
• retroalveolia inferiore, che si presenta con
un’accentuata discrepanza sagittale, un aumento della curva di Spee e un’esagerata endoinclinazione degli incisivi inferiori
• morso profondo, che può derivare sia da accentuata crescita verso il basso dei processi
alveolari anteriori superiori o inferiori (supralveolia), sia da ridotta crescita verticale dei
processi alveolari posteriori (infralveolia).
Si tratta di una malocclusione di pertinenza
ortodontica mediante apparecchiature fisse
e/o rimovibili.
Le disgnazie basali sono di origine genetica e la
rottura dell’equilibrio funzionale compare secondariamente come adattamento e non come causa.
Le possibilità terapeutiche dipendono dal ruolo
della componente funzionale, che risulta sempre
associata; nei casi di marcato pattern scheletrico si
ricorre alla chirurgia ortognatica.
Nella prognazia basale (o promaxillia) tutto il
mascellare è abnormemente grande e trasportato in avanti e la terapia si avvale prevalentemente della TEO.
Nella retromandibulia (retrognazia mandibolare) il mascellare inferiore è piccolo e retroposizionato, la sinfisi si presenta stretta e i denti
incisivi inferiori frequentemente esoinclinati; la
terapia di elezione si basa su attivatori orizzontali nei soggetti ipodivergenti e verticali negli
iperdivergenti.
58
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
È, inoltre, utile distinguere le vere II classi, che
possono essere sia basali che dento-alveolari, dalle
false II classi, dette anche funzionali o morsi forzati in distalizzazione.
Le false II classi si presentano con mandibole
di grandezza normale, sinfisi ben sviluppate e frontali inferiori frequentemente endoinclinati; la mandibola è distalizzata da un blocco meccanico o funzionale che incarcera la mandibola; in posizione di
riposo tende a portarsi in avanti e la terapia di elezione è funzionale con buone prospettive.
I blocchi meccanici sono rappresentati da arcate
mascellari contratte trasversalmente, sovramorsi
incisivi, overjet eccessivi; i blocchi funzionali sono
alterazioni della matrice funzionale: respirazione
orale, deglutizione atipica, ipotonia e ipertonia della muscolatura periorale, anomalie posturali.
II classe divisione 2
Le malocclusioni di II classe divisione 2 presentano
un’incidenza del 10% nella popolazione caucasica e
circa 1/5 della popolazione ortodontica; sono caratterizzate da disto-occlusione molare e linguo-versione degli incisivi centrali e distopia degli incisivi
laterali superiori.
Si ritiene che la malocclusione sia ereditaria e
che il fattore genetico intervenga:
• sullo schema scheletrico, inteso come morfologia della cresta alveolare “a coperchio di scatola”
(deckbiss)
• sulla morfologia e tonicità muscolare, da cui dipende la caratteristica tipologia ipodivergente
• sul sistema dentario, inteso come posizione mesiale dei germi dei canini e verticale degli incisivi.
Langlade e Picaud hanno definito due tipi di malocclusione:
OBIETTIVI TERAPEUTICI
NELLA II CLASSE DIVISIONE 2
• Espansione sagittale e trasversale delle arcate
per risolvere affollamenti
• Estrusione dei denti latero-posteriori
• Intrusione dei gruppi frontali
• Rotazione del piano occlusale e della mandibola
• Vestibolarizzazione degli incisivi inferiori
• Palatinizzazione delle radici degli incisivi
centrali superiori
• la classe II 2, “facile” con ramo lungo e tipologia
mandibolare brachi-facciale
• la classe II 2, “difficile” con ramo corto e tipologia mandibolare dolico-facciale.
Le II classi con deep bite scheletrico presentano:
• ante-rotazione accentuata della mandibola associata a una post-rotazione del piano mascellare
• piani facciali tendenti al parallelismo
• profilo concavo
• angolo delle base del cranio piccolo per la crescita della sincondrosi sfeno-occipitale verso il
basso
• sede della cavità glenoidea in avanti; muscoli
massetere e pterigoideo interno inseriti sulla
mandibola in posizione più avanzata.
Lo sviluppo delle basi ossee evidenzia una modesta
retrognazia inferiore, fattore che si ritiene acquisito,
per una mancanza di crescita dovuta a un’azione di
freno che i denti anteriori esercitano sugli inferiori.
La terapia ortopedico-funzionale persegue le finalità di stimolare la crescita in post-rotazione e
ostacolare l’ipertono muscolare per aumentare la
dimensione scheletrica verticale; la vestibolarizzazione e intrusione degli incisivi superiori facilita l’avanzamento mandibolare in quanto sopprime il
blocco meccanico che ostacola la crescita mandibolare sagittale.
Trazioni extraorali
Le trazioni extraorali sono dispositivi ortodontici e
ortopedici, che hanno la caratteristica di esplicare
la forza d’azione a livello dei denti e dei mascellari
scaricando la reazione sulle ossa craniche.
Le indicazioni alle trazioni di II classe sono rappresentate: dalla distalizzazione dei molari, dal
rinforzo di ancoraggio, dal rallentamento della
crescita del mascellare e dalla retrazione del cassetto dento-alveolare mascellare.
Il tipo di trazione permette inoltre di controllare
la dimensione verticale aprendo o chiudendo il
morso.
Le differenze tra azioni ortopediche e ortodontiche dipendono dall’entità delle forze applicate, dalle loro modalità di distribuzione sui denti e dal tempo di utilizzazione.
L’azione ortodontica di distalizzazione molare è
ottenuta con forze di circa 200-250 g per lato, con-
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
59
CLASSIFICAZIONI DELLE TRAZIONI EXTRAORALI
Trazioni di II classe
Trazioni con arco di Klohen su bande
• Azione antero-posteriore con componente
orizzontale (trazione bassa, occipitale, diritta,
cervicale, straight pull)
• Azione antero-posteriore con componente
verticale (trazione temporale, obliqua, cervicooccipitale, combinata)
• Azione verticale (trazione alta o parietale, high
pull)
Trazioni con arco extraorale su apparecchi
funzionali
• Azione antero-posteriore con componente
verticale (trazione temporale, combinata)
centrata sui due molari di ancoraggio; la trazione va
portata circa 10-12 ore al giorno per ottenere movimenti distali dei sesti di 1-2 mm al mese.
Secondo alcuni autori con forze di 500 g complessivi su arcate non solidarizzate si ottengono
azioni ortopediche con arretramento del punto A di
1 mm per ogni 3 mm di distalizzazione molare.
L’azione ortopedica è ottenuta con forze di 400500 g per lato, per 14-16 ore al giorno, distribuite sul
maggior numero possibile di denti; situazione che
richiede la terapia fissa con arco rigido o l’inserzione della TEO in docce di resina rigida (v. placca di
Stephenson, Teuscher); o docce di materiale elastico (C modeler di Cervera, sistema elastodontico
KFO) o attivatori (v. Van Beek, Lautrou, Dynamax
di Bass).
I moduli di forza erano in passato costituiti da
elastici extraorali da 8-14 once (224-392 g); oggi sono stati sostituiti da molle a spirale contenute in trazioni di sicurezza, che si sganciano in caso di aumento della forza di trazione oltre i 2 kg, in modo da
prevenire il violento ritorno in caso di fuoriuscita
dall’arco interno dai tubi.
Gli archi di Klohen sono costruiti in acciaio del diametro di 1,8 mm per la parte extraorale e 1,14 mm (0,4
inch) per l’intraorale; possono essere dotati di: bite in
acciaio (0,5 mm) singolo o doppio per l’intrusione degli incisivi; ganci per elastico per retrarre gli incisivi;
ganci per una trazione extraorale invertita per vestibolarizzare gli incisivi; ganci per la trazione sagittale
anteriore di II classe sulla mandibola.
Trazione con bracci separati (J Hook)
• Azione antero-posteriore (trazione diritta)
• Azione antero-posteriore con componente
verticale (trazione temporale, combinata)
• Azione verticale (trazione alta)
Trazioni di III classe
Trazioni con maschera di Delaire
• Azione postero-anteriore sull’arcata superiore
(trazione orizzontale e verso il basso)
• Azione postero-anteriore sull’arcata inferiore
(trazione orizzontale)
Fionde mentoniere
Biomeccanica
I movimenti ortodontici dei molari non solidarizzati sono influenzati, oltre che dall’entità della forza
della direzione di trazione (alta, media, bassa), dalla lunghezza e dall’orientamento dei bracci esterni
rispetto agli intraorali (Figg. 2.1-2.5). La trazione
bassa con fascia cervicale applicata su singoli molari determina componenti estrusive dei molari superiori e rotazione posteriore della mandibola. Lasciando le braccia intraorali ed extraorali parallele
si determina un’inclinazione disto-coronale; mentre per ottenere un movimento distalizzante corporeo, l’arco esterno deve essere piegato di 15-20° al
di sopra dell’arco interno, in modo da portare la direzione della forza sopra il centro di resistenza del
dente.
La trazione media con cuffia cranica, applicata
su singoli molari, esercita forze oblique, con componenti intrusive e distalizzanti. Applicata su bande molari esplica sia un effetto ortopedico di freno della crescita mascellare, sia antero-posteriore che verticale, che un effetto dentale di lieve distalizzazione e consistente intrusione. La componente di vestibolo-versione dei molari, dovuta al
punto di applicazione delle forze sul tubo vestibolare, può essere neutralizzata da una barra palatina.
La direzione del movimento dipende dalla lunghezza del braccio esterno e dalla direzione della
forza, fattori che determinano il rapporto tra:
60
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
Effetti di TEO
20°
FIG. 2.1 TEO bassa e disto-inclinazione molare.
FIG. 2.3 TEO media e rotazione oraria del piano bispinale.
FIG. 2.2 TEO bassa a distalizzazione corporea molare.
FIG. 2.4 TEO media e rotazione antioraria del piano bispinale.
FIG. 2.5 TEO alta e intrusione molare.
• vettore della trazione (F)
• centro di resistenza del mascellare (Crm), situato a metà della radice del secondo premolare superiore
• centro di resistenza del dente su cui è fissata la
banda (Crd), posto alla giunzione tra terzo apicale della radice e terzo medio.
Regolando la lunghezza delle braccia esterne si
determinano diverse situazioni biomeccaniche.
Per i movimenti ortodontici di molari non solidarizzati, se F passa anteriormente a Crd si provoca, oltre all’intrusione e alla distalizzazione, una
coppia di rotazione in senso distale delle radici e
mesiale della corona; quando passa posteriormente si ha rotazione in senso inverso.
In caso di applicazione della trazione (media e
combinata) su una placca, un attivatore o un’arcata solidarizzata, l’effetto è ortopedico:
• se F passa anteriormente al Crm, si provoca una
rotazione in senso antiorario del piano bispinale,
utile nell’apertura del morso anteriore
• se F passa posteriormente al Crm, si provoca una
rotazione in senso orario del piano bispinale con
tendenza alla chiusura del morso
• se F passa per il Crm, viene neutralizzata l’azione rotatoria e ottenuto un freno uniforme alla
crescita in basso e in avanti del mascellare.
Le trazioni alte esprimono una forza verticale e sono indicate per l’intrusione pura dei molari senza componenti distalizzanti, rispettando due accorgimenti:
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
61
Fig. 2.6 Trazione J Hook.
• l’applicazione di un arco palatino, per impedire
la vestibolarizzazione delle corone dovuto al
punto di applicazione buccale della forza
• l’aggiustamento del braccio esterno in modo che
la forza passi per il Crd, per evitare inclinazioni
mesiali o distali.
La trazione a bracci separati si applica con cuffia
cranica e ganci metallici lunghi (J Hook) (Fig. 2.6), per
la retrusione dei canini e dei frontali sia dell’arcata superiore che inferiore. A livello dell’arcata superiore la
direzione della forza diritta (parallela al piano occlusale) (Fig. 2.7a) determina una componente estrusiva;
la direzione temporale (Fig. 2.7b) presenta un effetto
intrusivo e controlla un’eventuale apertura o chiusura
del morso. In estrema sintesi, l’orientamento della forza distalizzante può essere modificato in relazione alla tipologia facciale: trazione cervicale nel brachi-facciale, trazione media o combinata nel mesofacciale;
trazione occipitale nel dolico-facciale.
Varianti di TEO
Diverse modifiche dell’arco di Klohen classico (Fig.
2.8) (o TEO standard) sono disponibili con effetti
a
Fig. 2.7 Direzione delle forze nella trazione J Hook; trazione bassa (a) e alta (b).
b
62
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
Fig. 2.8 Arco di Klohen.
biomeccanici diversi. L’arco interno può essere modellato in contrazione o in espansione per correggere lievi discrepanze trasversali. Si tenga presente,
che la saldatura va posizionata a livello della rima
labiale; che per compensare la distalizzazione molare che porta il mascellare a confrontarsi con diametri maggiori dell’arcata mandibolare, l’arco interno va modellato in lieve espansione.
Altri tipi di archi che sono riportati in letteratura
sono di utilizzazione non frequente in quanto non
reperibili in commercio (Fig. 2.9).
L’arco extraorale di contrazione presenta braccia disgiunte, mentre quello di espansione ha braccia incrociate; l’inserimento di anse sull’arco esterno ne aumenta l’elasticità.
Per movimenti asimmetrici dei molari si utilizza
un braccio esterno più lungo sul lato dove si vuole
ottenere maggiore distalizzazione.
L’Equi-C-Torino è costituito da un arco simile all’Equi-C di Cervera cui è aggiunto l’apparato Torino,
costituito da un ancoraggio che permette la trazione postero-anteriore sull’arcata mandibolare solidarizzata da apparecchio multibande.
Le indicazioni sono le II classi basali e/o alveolari da ipersviluppo del mascellare e iposviluppo
mandibolare, retroinclinazione degli incisivi inferiori, morso profondo scheletrico e dentale.
L’Equi-B-Torino di II classe deriva dall’Equi-C-Torino asportando le branche extraorali, per cui rimangono: l’arco intraorale per sostegno e il bite anteriore dell’Equi-C (XC) per svincolo e stabilizzazione; l’apparato Torino, ancoraggio intraorale per
trazione postero-anteriore sull’arcata mandibolare
bandata.
Le indicazioni sono:
• II classe divisione 1 da ipomandibulia e da II classe dentale da arretramento “a cassetto” dell’arcata inferiore, con mascellare in normoposizione.
Il C-modeler di II classe è un posizionatore elastico con TEO alta incorporata, permette il trasferimento delle forze extraorali alle arcate dentarie e al
mascellare senza alcun appoggio che blocchi i movimenti dentari, movimenti di lingualizzazioni e intrusioni degli incisivi superiori. Costruito su set-up permette correzioni di singole malposizioni dentarie.
Il C-modeler-Torino è indicato nella terapia delle
III classi; si forma con l’aggiunta di un sistema di ancoraggio per una forza extraorale, che agisce in direzione disto-mesiale sul mascellare superiore, provocandone l’avanzamento. Ricalca sostanzialmente, con l’aggiunta dell’ancoraggio e la necessità di
un bandaggio completo, il C-modeler di III classe di
Cervera.
L’Equi-C o equilibratore di Cervera con bite anteriore è un arco per trazione extraorale tipo Klohen
per frenare la crescita sagittale, provvisto di bite
metallico anteriore (XC) per controllare la componente verticale e sostegni per elastici frontali di retrazione incisiva. L’Equi-C-B è una TEO con doppio
bite anteriore per aumentare l’efficacia di correzione del sovramorso incisivo.
Fig. 2.9 Headger alta, media e bassa
con sistemi di trazione di sicurezza.
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
➔ TEO E VARIANTI
TEO con bite in metallo
TEO con bite in plastica
TEO con doppio bite in metallo
TEO con vallo di avanzamento
Bite anteriore con vallo di avanzamento e uncini
per elastico di retrazione incisiva
TEO con elastico di retrazione incisiva
63
64
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
Nella TEO classica il fulcro è a livello molare,
mentre nell’Equi-C il fulcro è portato a livello incisivo con maggiori possibilità di correzioni di morsi
aperti anteriori in iperdivergenti e inclinazione del
piano bispinale; la presenza di un arco di Goshgarian solidarizza l’arcata, rendendone l’azione simile a
un apparecchio di Teuscher o di Bass (v. Attivatori).
Al bite anteriore si può aggiungere un piano inclinato per l’avanzamento mandibolare (Equi-C-BP) oppure un lip bumper inferiore o una griglia per
il controllo della lingua.
Le indicazioni sono I e II classi basali associate a
II classi dentali, crescite normodivergenti, crescite antiorarie con morsi profondi dentali o
scheletrici, proinclinazione degli incisivi superiori.
Le controindicazioni sono III classi basali e dentali, crescite iperdivergenti (post-rotazione), morsi
aperti dentali e scheletrici e retroinclinazioni degli
incisivi superiori.
➔ TRAZIONI INTERMASCELLARI
La forza complessiva richiesta è di circa 300-400 g e i
moduli di forza sono costituiti da elastici in gomma
priva di lattice da 4,5-6,5 once (126-182 g), tesi tra ganci posti sulle bande dei molari inferiori e terminali in
zona canina dell’arcata superiore (uncini di brackets,
legature di Kobayashi, uncini bloccati o saldati sull’arco). La forma indicata sulle confezioni è esercitata allorché l’elastico viene allungato 3 volte il suo diametro. Gli elastici di lattice sono sovrapponibili, ma perdono più rapidamente efficacia in ambiente orale per
effetto della saliva e della temperatura richiedendo
sostituzioni più frequenti nell’arco della giornata.
Le arcate dentarie sono solidarizzate da archi di acciaio resistenti alla deformazione e i vettori di forza
sono orientati in modo da correre orizzontalmente all’altezza del piano occlusale, per evitare le contro-reazioni rappresentate da estrusioni e mesoinclinazioni
dei molari inferiori associate a lingualizzazioni ed
estrusioni degli incisivi superiori; tipici effetti che si
sommano nel causare rotazione oraria del piano occlusale e aumento della dimensione verticale. L’effetto nel piano trasversale si manifesta con la tendenza
all’espansione dell’arcata mascellare in zona canina e
della mandibolare in zona molare.
Elastici di II classe
Azioni trasversali nelle trazioni intermascellari di II classe
➥
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
65
➔ TRAZIONI INTERMASCELLARI seguito
Trazioni di II classe su ferule con doccia occlusale,
aspetto occlusale
Trazioni di II classe su ferule con doccia occlusale,
aspetto laterale
Trazioni di II classe su placche
Trazioni di II classe su placche
Trazioni intermascellari
Le meccaniche intermascellari di II classe sono dispositivi ortodontici che esercitano un effetto sagittale reciproco sulle arcate, con retrazione del
cassetto dento-alveolare mascellare e avanzamento
dell’arcata mandibolare.
Oltre che per correzioni di II classi dento-alveolari, le trazioni intermascellari sono utilizzate in ortodonzia fissa anche in altre situazioni:
• rinforzi d’ancoraggio per evitare la vestibolarizzazione degli incisivi superiori durante la
distalizzazione dei molari superiori con forze
intrarcata
• forze distalizzanti per i molari superiori nell’arco bimetrico di Wilson
• mesializzazioni dei denti inferiori per chiusura di spazi in arcata; con l’accortezza di utilizzare legature lasse, in modo da permettere
meccaniche non frizionali, che consentano al
filo di scorrere negli slots in assenza di attrito.
Le trazioni possono essere anche applicate su diversi tipi di dispositivi mobili o fissi-rimovibili:
• ferule in acetalico o metalliche (tipo Crozat)
• placche rimovibili
• archi saldati su bande
• arcate solidarizzate da archi e brackets.
Sulle placche mobili gli elastici intermascellari sono applicati su anse a U dell’arco vestibolare in zona
canina superiore e su uncini saldati ai ganci di Adams
sui molari inferiori. Infine sono da ricordare le trazioni postero-anteriori per II classe da retrusione alveolare come l’Equi-C-Torino II classe, l’Equi-B-Torino II classe, C-modeler-Torino (v. Placche di Cervera
e TEO) e gli splint di intrusione mascellare (MIS) con
trazione tipo Concorde e placca inferiore di Clark.
Propulsori mandibolari
I propulsori mandibolari agiscono per spinta mediante molle attraverso una meccanica sovrapponibile al dispositivo di Herbst (v. Attivatori). Si tratta
di dispositivi che utilizzano forze di circa 300-400 g
66
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
ed esercitano un effetto dento-alveolare importante, che deve essere bilanciato da archi rigidi per evitare gli effetti della controreazione costituiti da protusione incisiva inferiore e distalizzazione molare
superiore e inclinazione del piano occlusale.
Tipi di dispositivo
➔ Propulsore universale light (PUL)
➔ Jasper jumper e Twin Force bite corrector
➔ PROPULSORE UNIVERSALE LIGHT (PUL)
Il propulsore universale light (PUL) è un’attivatore
multi-funzioni mobile ispirato dalla biella Herbst (v.
Attivatori, Apparecchio di Herbst). È indicato nel
trattamento delle II classi con azione ortopedica e
dentale. Le principali funzioni sono la propulsione
mandibolare dolce attraverso molle, mirata alla correzione di sfalsamento intermascellare; l’arretramento degli incisivi mediante elastico anteriore; il
miglioramento della funzione labio-linguale e respiratoria, per allargamento dello spazio oro-faringeo;
l’espansione mandibolare con aggiunta di un espansore; la vestibolarizzazione degli incisivi inferiori.
È indicato nelle varie tipologie, compresa quella
dolico-facciale, in cui è controindicata la maggior parte degli attivatori classici.
Nei brachi-cefali e nei morsi coperti, la propulsione mandibolare associata a disocclusione posteriore
consente un rapido movimento dei denti, diversamente da quanto succede in apparecchiature fisse
con elastici intermascellari in cui i movimenti dento-
alveolari sono rallentati dalla contrazione masseterino-temporale e dall’intercuspidazione.
Questo apparecchio, ben tollerato dal giovane
paziente, è portato tutta la giornata (tranne durante i pasti) per circa 10-12 mesi. La fase di allineamento e rifinitura può essere completata con apparecchiatura fissa multi-attacchi.
Propulsore universale light (PUL) arcata
Propulsore universale light (PUL) arcata inferiore
Propulsore universale light (PUL)
Propulsore universale light (PUL)
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
67
➔ JASPER JUMPER E TWIN FORCE BITE CORRECTOR
Il Jasper jumper è una meccanica di correzione sagittale simile all’apparecchio di Herbst, indicato per
la terapia delle II classi (proposta da alcuni autori anche per le III classi). I moduli di forza consistono in
molle d’acciaio, rivestite da un tubo di gomma per
proteggere i tessuti; che spingono in avanti la mandibola, portando gli incisivi testa a testa. Le unità di
ancoraggio sono costituite da due occhielli agli
estremi delle molle, che nelle II classi sono fissati al-
la cannula per la trazione extraorale del sesto superiore e all’arco inferiore a livello dei canini.
Il Twin Force bite corrector esercita una meccanica analoga al Jasper jumper. Un altro dispositivo con
meccanica simile è il Forsus.
Twin Force bite corrector
Jasper jumper
Jasper jumper
Sindromi di III classe
Le sindromi di III classe hanno un’incidenza del 3%
nella popolazione caucasica e dipendono da un’eziologia multifattoriale, che compendia l’ereditarietà poligenica con il ruolo di fattori ambientali e
locali.
I fattori ereditari di alterato sviluppo cranio-facciale (genotipo) sono ravvisabili: nell’aumentata
lunghezza e larghezza mandibolare; nella diminuzione della lunghezza e dell’angolo di deflessione
della base cranica; nella posizione della fossa glenoidea, inferiore e più anteriore rispetto alla base
cranica anteriore; nel mascellare più corto e retruso rispetto alla base cranica anteriore.
I fattori locali, che influirono sullo sviluppo (fenotipo), sommandosi al genotipo in sindromi marcate, sono numerosi:
• traumi precoci a livello della premaxilla
• labiopalatoschisi per effetto della riduzione della crescita sia genetica, che dovuta alla pressione cicatriziale dell’orbicolare della bocca
• perdita precoce dei primi molari superiori e inferiori, che causa una diminuzione della dimensione verticale e una rotazione anteriore della mandibola
• anomalie di eruzione incisiva dei denti superiori
(agenesie, ritardi, perdita precoce dei decidui, ectopie dei germi), che provocano una perdita della
guida incisiva e una propulsione mandibolare
68
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
TIPI DI III CLASSE
•
•
•
•
•
In base alla teleradiografia si suddividono cinque tipi di III classe, delle quali una dento-alveolare
e quattro scheletriche.
Dento-alveolare, in cui le componenti scheletriche sono normali e lo scivolamento anteriore dipende
da interferenze occlusali in chiusura
Ipermandibulia, in cui il mascellare è posizionato correttamente rispetto alla base cranica
e la mandibola è lunga (prognazia mandibolare)
Retromaxillia superiore, in cui il mascellare è posteriorizzato rispetto alla base cranica e la mandibola
è posizionata correttamente (retrognazia mascellare)
Combinazioni aggravate di retrognazia superiore e prognazia inferiore
Combinazioni aggravate di retrognazia superiore e prognazia inferiore con morso aperto, asimmetria
(laterognazia), ottusismo dell’angolo, sovragnazia posteriore
• respirazione orale secondaria a patologie ostruttive (patologie adeno-tonsillari), che condizionano una propulsione anteriore della lingua
• frenulo linguale corto che costringe una postura
linguale bassa con aumento dei diametri trasversali mandibolari e assenza dello stimolo funzionale di modellazione sul palato.
Nei tre quarti dei casi la deficienza scheletrica è
individuabile a livello del terzo medio facciale: i
prognatismi mandibolari isolati rappresentano il
20-25%; le ipoplasie mascellari il 20-25%; i difetti
combinati il 50-60% dei casi.
La prognosi è legata alla precocità della terapia,
alla individuazione delle morfologia scheletrica individuale e all’attuazione di un follow-up prolungato sino a fine crescita, attraverso diverse fasi di terapia
preventiva, intercettiva, ortopedica, ortodontica ed
eventualmente chirurgica negli adulti.
Non si ritiene possibile limitare la crescita mandibolare geneticamente determinata e, in questo
senso, l’accertamento di un familiarità peggiora le
possibilità di correzione. Prognosticamente importanti sono i segni di allarme per lo sviluppo di una
III classe che devono essere considerati durante la
visita di un bambino.
In particolare la presenza di un’ipermandibulia,
in un soggetto iperdivergente senza deficienza mascellare, impone un follow-up longitudinale per valutare nel tempo la necessità di intervenire chirurgicamente (long face syndrome).
La gravità della prognosi può essere confermata
mediante analisi cefalometriche complementari ai
dati standard: angolo di deflessione cronica, posizione della branca montante, distanza porion-fessura-pterigo-mascellare, lunghezza della base anteriore del cranio, lunghezza della branca orizzontale
della mandibola.
È importante sottolineare che un rapporto dentale
di III classe può essere il risultato di un’alterazione posturale mandibolare, nota come classe III falsa (funzionale o morso forzato in mesializzazione), piuttosto
che di un’alterazione scheletrica (classe III vera).
Questa condizione di scivolamento, o propulsione mandibolare, ha una prognosi migliore, in quanto nel soggetto in crescita l’intervento precoce permette di cambiare il pattern di crescita, prima che
SEGNALI DI ALLARME III CLASSE
•
•
•
•
•
•
Segni obiettivi quali fosse sotto gli occhi (sintomo di Bell di deficienza del terzo medio)
Profilo rettilineo
Postura o spinta linguale bassa
Perdita della neutrocclusione dei molari decidui
Familiarità
Dati cefalometrici che indicano angolo di deflessione cranica ridotta, posizione di branca montante
e porion anteriore, angolo facciale aumentato, lunghezza eccessiva di corpo e ramo mandibolare e suo
eccessivo accrescimento (follow-up, sovrapposizione)
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
69
Fig. 2.10 Ferule per maschera di Delaire.
la disfunzione diventi patologia organica; nell’adulto si associa a una tipologia ipodivergente e si presta a un camouflage ortodontico o protesico, piuttosto che a un trattamento chirurgico-ortodontico.
Contrariamente alla mandibola è, invece, possibile modificare e stimolare la crescita del terzo medio con un intervento precoce, in quanto lo sviluppo del mascellare è fortemente correlato agli stimoli funzionali. La precocità dell’intervento è essenziale in quanto tipologie iperdivergenti, complicate da respirazione orale o da altri fattori ambientali, intercettate tardivamente a metà della crescita
puberale o a crescita ultimata, rappresentano situazioni difficili da controllare terapeuticamente.
Il termine dello sviluppo mascellare avviene attorno ai 10 anni di età e la possibilità di intervento
con terapia intercettiva si realizza intorno ai 4-6 anni, utilizzando:
• espansore rapido e maschera di Delaire
• mioterapia complementare per la correzione delle abitudini viziate
• elevatori della lingua e attivatori di III classe (più
frequentemente Frankel di III classe).
La terapia ortopedica procede nella fase prepuberale (9-10 anni nelle femmine e 9-12 nei maschi),
mediante apparecchiatura fissa con meccanica tipo
tying-forwards (torque radicolare labiale del gruppo incisivo superiore).
La terapia ortodontica fissa, con meccaniche di
III classe, completa il trattamento in fase puberale
e post-puberale. Qui sono trattati esclusivamente i
dispositivi ortopedici e ortopedico-funzionali per la
correzione delle discrepanze scheletriche.
Per la correzione dei morsi inversi anteriori dento-alveolari si rimanda ai capitoli inerenti all’espansione sagittale anteriore; per l’ipoplasia del palato
alla espansione trasversale dento-alveolare e scheletrica; per la terapia miofunzionale agli elevatori
linguali e per l’assistenza medica condivisa alle patologie di confine ORL.
Maschera di Delaire
Si tratta di un presidio ortopedico per trazione extraorale postero-anteriore sul mascellare, costituito da un ancoraggio intraorale e una maschera facciale (Fig. 2.10).
L’ancoraggio intraorale può essere realizzato in
più modi (Figg. 2.11-2.12):
• placca di resina cementata in dentature decidue
• espansore rapido palatino con bande
• doppio arco vestibolare e palatino (diametro 1,2
mm) saldato alle bande molari dei sesti, con ganci modellati tra canini e laterali superiori; i due
archi devono essere solidarizzati con legature interdentali o passanti, saldati per prevenire dissaldature e lesioni accidentali
• arco di acciaio rettangolare in arcate bandate,
piegato posteriormente (band back) e con torque
negativo (radicolo-labiale) a livello dei frontali
superiori per sviluppare la crescita in avanti della pre-maxilla.
La maschera facciale classica è costruita in filo
d’acciaio e presenta le seguenti caratteristiche: appoggio frontale posizionato 1 cm sopra l’arcata sopraccigliare; aste verticali (diametro 1,5 mm); appoggio mentoniero; parte orizzontale disposta a 4
cm della rima labiale, provvista di uncini per trazione e regolabile in altezza.
La trazione elastica è tesa tra gli uncini della maschera facciale e i ganci dell’ancoraggio intraorale,
70
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
a
b
Fig. 2.11 Ferula intraorale in visione occlusale (a) e laterale (b).
a
b
Fig. 2.12 Maschera facciale in visione frontale (a) e di profilo (b).
utilizzando una forza di 250-500 g per lato (elastici da
224-392 g), applicata 10-12 ore al giorno.
La direzione della trazione è generalmente orizzontale nelle prime fasi per poi assumere un orien-
tamento più verticale; risponde però alle esigenze
terapeutiche specifiche:
• verso l’alto nei morsi chiusi o incarcerati, eventualmente supportata da una placca con piano di
rialzo inferiore per sbloccare il morso
• in senso orizzontale in assenza di problemi verticali
• verso il basso nei casi di morso aperto.
Gli effetti del trattamento compaiono in 1-2 mesi
e mediamente la terapia è prolungata per 12-18 mesi (Fig. 2.13).
Il movimento ortopedico ottenuto è tanto più
evidente quanto più è precoce l’inizio della terapia
ed è rappresentato da un basculamento attorno alla sutura fronto-nasale nei soggetti sino a 6-7 anni
(epoca di sinostosi della sutura) e uno slittamento
a cassetto del processo dento-alveolare nella fase
post-puberale.
Il risultato finale consiste in un’ante-rotazione
mandibolare, con un movimento di lingualizzazione
FIG. 2.13 Effetti della maschera di Delaire con trazione orientata orizzontalmente e verso il basso.
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
degli incisivi inferiori, che produce nel complesso
un aumento dell’altezza facciale anteriore e un
avanzamento del mascellare superiore.
La rotazione anteriore della mandibola va considerata come un meccanismo di compensazione
messo in atto dall’organismo per mantenere un
equilibrio funzionale tra le componenti; si esprime
con una crescita in alto e in avanti del condilo.
Gli inconvenienti del sistema consistono in: una
rotazione posteriore della mandibola (basculamento temporaneo conseguente alla rotazione del condilo della durata di 10-12 ore); abrasioni e arrossamenti del mento.
Non utilizzata di frequente è una variante con trazione antero-posteriore che viene applicata all’arcata inferiore nei casi di retrusione alveolo-dentale
mandibolare.
Mentoniere
71
• una trazione media o temporale, in cui il vettore
passa dietro il condilo (Fig. 2.15); le arcate sono
mantenute dischiuse, viene favorita l’estrusione
molare, la rotazione posteriore della mandibola e
l’aumento della dimensione verticale scheletrica.
Le mentoniere possono essere associate a placche lisce di rialzo occlusale totale per svincolare le
arcate.
La correzione è efficace nel rallentare la crescita, ma il modello originale tende a ripresentarsi dopo la sospensione della terapia, determinando un
potenziale di recidiva nella maggior parte dei pazienti; in questo senso alcuni autori parlano di arresto temporaneo della crescita.
La mentoniera di Hickam è una fionda mentoniera con trazione extraorale invertita, in cui due
uncini verticali inseriti sull’appoggio mentoniero
supportano gli elastici, che si agganciano all’arcata
superiore (Fig. 2.16). Nella prassi è sostituita dalla
maschera di Delaire, per la fastidiosa pressione sui
tessuti molli del mento.
Le fionde mentoniere (chin cup) agiscono riducendo lo sviluppo sagittale della mandibola e verticale dei processi alveolari laterali mediante l’utilizzo di forze di 600-1000 g applicate, per almeno 14
ore al giorno, con una direzione di trazione approssimativamente parallela alla linea condiliongnation (Fig. 2.14).
In base al vettore di applicazione della forza si distinguono:
• una trazione alta o parietale, in cui il vettore passa davanti al condilo (Fig. 2.15); le arcate sono
mantenute in contatto, viene impedita l’estrusione molare, favorita la rotazione anteriore della
mandibola e la riduzione della dimensione verticale scheletrica
Fig. 2.14 Cuffia per mentoniere.
Fig. 2.15 Vettori di forza applicati alle mentoniere.
Fig. 2.16 Mentoniera di Hickam.
72
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
Trazione intermascellare di III classe
La meccanica intermascellare di III classe è un dispositivo ortodontico che esercita un effetto sagittale reciproco sulle arcate, con retrazione del cassetto dento-alveolare mascellare e avanzamento
dell’arcata mandibolare (Fig. 2.17).
La forza complessiva richiesta è di circa 300-400 g
e i moduli di forza sono costituiti da elastici da 4,56,5 oz (126-182 g), tesi tra ganci posti sulle bande
dei molari inferiori e terminali in zona canina dell’arcata superiore:
• uncini di brackets
• legature di Kobayashi
• uncini bloccati o saldati sull’arco.
L’analisi del parallelogramma delle forze dimostra la compresenza di forze sagittali e oblique. Le
forze sagittali sono preponderanti quando l’elastico
corre all’altezza e parallelamente al piano occlusale, cioè a bocca chiusa.
Dal vettore obliquo di applicazione delle forze dipendono gli effetti di:
• estrusione dei molari superiori
• lingualizzazione ed estrusione degli incisivi inferiori
• rotazione anteriore del piano occlusale (antioraria).
Sul piano trasversale la scomposizione dei vettori delle forze evidenzia una tendenza alla contrazione dell’arcata in zona molare e all’espansione in zona canina dell’arcata mandibolare (Fig. 2.18).
Per evitare gli effetti di tali forze di contro-reazione le arcate dentarie sono solidarizzate da archi
in acciaio resistenti alla deformazione e i vettori di
Fig. 2.17 Trazione intermascellare di III classe.
Fig. 2.18 Azioni trasversali nelle trazioni intermascellari di
III classe.
forza orientati in modo da correre orizzontalmente
all’altezza del piano occlusale.
Le trazioni possono essere applicate su uncini,
anse o ganci predisposti su diversi tipi di dispositivi mobili (ferule in acetalico o metalliche, placche
rimovibili, apparecchi di Crozat) e fissi (espansori
rapidi, archi rettangolari).
Le placche per trazioni di III classe secondo Ferro (Fig. 2.19) sono dispositivi rimovibili ancorati
con ganci, che presentano uncini laterali per la trazione di III classe e uno mediale per la correzione
della linea mediana.
Fig. 2.19 Placche secondo Ferro per trazioni intermascellari
di III classe.
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
73
➔ ATTIVATORI PER III CLASSE
L’attivatore di Wunderer, presentato nel 1955, è un dispositivo specifico di III classe, composto da due placche collegate da una vite di Weise, che spinge in avanti i denti superiori. L’arco vestibolare mandibolare è
aderente alla superficie vestibolare degli incisivi e attivato in modo da lingualizzarli, mentre il superiore è
scostato. La stabilità è assicurata da spine di guida mesiali ai primi molari inferiori e distali ai superiori.
Sono da tenere presenti alcuni dispositivi ausiliari che possono essere introdotti nelle placche rimovibili per la terapia delle III classi.
I piani inclinati retroincisivi inferiori inclinano labialmente gli incisivi superiori in morso inverso dentoalveolare e retrudono la mandibola nei casi di III classe
funzionale da precontatti dentali. L’inclinazione deve
essere di 45° per favorire la componente sagittale del
movimento, minimizzando quella verticale (intrusione); l’abbinamento di ginnastica isometrica dei masseteri aumenta l’effetto del piano inclinato.
Placche di Schwarz superiori possono essere modificate introducendo piani inclinati e viti a tre vie
(Bertoni) per ottenere attivatori che correggono
contemporaneamente la contrazione dento-alveolare e riposizionano la mandibola.
Upper bumper e scudo labiali superiori riducono
la pressione delle labbra ed esercitano tensioni mucoperiostee che favoriscono lo sviluppo della premaxilla. Gli upper bumper possono essere ancorati a
placche rimovibili o a bande molari; le bande molari solidarizzate da archi transpalatini permettono di
mantenere la dimensione trasversale ottenuta in
precedenza con espansori.
Crozat di III classe
Attivatore di III classe con vite a tre vie e arco
di retrazione inferiore
Attivatore di III classe con vite a tre vie e arco
di retrazione inferiore
Attivatore di Dhan di III classe
Crozat di III classe
➥
74
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
➔ ATTIVATORI PER III CLASSE seguito
Attivatore di Dhan di III classe
Bionator di III classe
Bionator di III classe
Placca funzionale di Cervera di III classe
Bimler di III classe
Attivatore di Wunderer e vite di Weise
2 mm
45°
Piano inclinato anteriore
Attivatore di Wunderer
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
INDICAZIONI ALLE TRAZIONI DI III CLASSE
• Correzione di III classi dento-alveolari
• Rinforzo d’ancoraggio per evitare
la vestibolarizzazione degli incisivi inferiori
durante la distalizzazione dei molari inferiori
con forze intrarcata
• Mesializzazione dei denti superiori per
chiusura di spazi in arcata, con l’accortezza
di utilizzare legatura lasse, in modo
da permettere una meccanica non frizionale,
che permetta al filo di scorrere negli slots
in assenza di attrito
Attivatori
Una piccola parte delle malocclusioni di III classe
risponde alla terapia funzionale (10-20%) e la maggior parte degli effetti è riconducibile a cambiamenti dento-alveolari piuttosto che scheletrici. Si
tratta di effetti di mascheramento ottenuti mediante la rotazione posteriore della mandibola, movimenti di inclinazione labiale degli incisivi superiori
e linguale degli inferiori.
Il morso di costruzione viene preso in massima
distalizzazione e regolato verticalmente in base alle altre componenti della malocclusione.
Sono da ritenersi favorevoli, quindi potenzialmente trattabili:
• malocclusioni dento-alveolari e morsi funzionali
• lievi disgnazie scheletriche, ipodivergenti, che
presentano un overjet invertito e un overbite nella norma o accentuato.
Nelle lievi disgnazie scheletriche in soggetti iperdivergenti, con angolo goniaco aumentato e morso
aperto, sono indicati gli attivatori verticali (HarvoldWoodside, Bondi verticale) che impediscono l’eruzione dei denti posteriori e favoriscono gli anteriori.
Molti degli attivatori concepiti per la terapia di II
classe prevedono varianti di III classe e per la trattazione dei singoli dispositivi si rimanda al capitolo
della terapia ortopedico-funzionale: monoblocco di
Andresen, attivatore di Bondi, regolatore di funzione di Frankel (IIIA e IIIB), placca funzionale di Cervera, apparecchi di Planas, Ducovator, modellatore
elastico di Bimler, Bionator inverso di Balters, Biofinisher, attivatore elastico aperto di Klammt, Kinetor di Stockfish, saltamorso di Sanders, U-bow attivatore di Karwetzky, attivatore scheletrato ortopedico-ortodontico di Bimzat, Twin Block.
75
Espansione trasversale
del mascellare
La principale indicazione per l’espansione rapida
mascellare è costituita dall’insufficienza trasversale
scheletrica (endognazia) e più in generale dal deficit di sviluppo del terzo medio facciale.
Haas individuò sei distinti casi di indicazione
elettiva alla ERP: insufficienza reale o relativa del
mascellare; insufficiente sviluppo delle fosse nasali supportato da respirazione mista o esclusivamente orale; III classi, dento-alveolari e scheletriche; labiopalatoschisi; deficit antero-posteriore della premaxilla (ipopremaxillia); riduzione della lunghezza
dell’arcata superiore con supporto scheletrico
morfologicamente buono.
La possibilità di eseguire una ERP è correlata all’età suturale del paziente, da cui dipendono sia la forma (lineare giustapposta, forma a Y o infantile; curvilinea adiacente, forma a T o giovanile; embricata o
adolescenziale) sia lo stadio di maturazione della sutura palatina (sinfibrosi 0-12 anni; sinartrosi 12-40 anni; sinostosi oltre i 40 anni).
L’età suturale può non corrispondere all’età anagrafica, tuttavia si ritiene che dopo i 16-17 anni sia
da considerare l’espansione assistita chirurgicamente con corticotomia.
Le modificazioni anatomiche dipendono dalla localizzazione del fulcro da cui l’espansione parte e questo è in diretto rapporto con l’età (Figg. 2.20-2.25):
• sotto i 5 anni il fulcro è situato molto in alto, l’espansione si accompagna a un allontanamento
delle orbite
• tra i 5-8 anni il fulcro si abbassa nella regione dell’etmoide
VANTAGGI FUNZIONALI DELLA ERP
DELLA SUTURA MEDIO-PALATINA NEL BAMBINO
• Miglioramento della ventilazione nasale
e diminuzione dei problemi delle prime vie
aeree legati alla respirazione orale
• Riposizionamento anteriore spontaneo della
mandibola nelle situazioni di retroposizione
da blocco meccanico sagittale (determinato
da contrazione dell’arcata superiore
considerata l’arcata funzionale guida) prima
che tale situazione diventi strutturale
76
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
Schema di espansione della sutura palatina
FIG. 2.20 Schema di espansione della sutura intermascellare.
FIG. 2.21 Schema di espansione della sutura zigomatico-mascellare medio-palatina.
FIG. 2.22 Schema di espansione della
sutura fronto-mascellare.
Schema di espansione della sutura palatina
FIG. 2.23 Schema della sutura medio-palatina nel periodo infantile. Sezione frontale.
FIG. 2.24 Sutura medio-palatina nella preadolescenza.
• dopo gli 8 anni il fulcro si situa nella regione della sutura fronto-nasale.
Lo schema di attivazione è stabilito su basi empiriche, in base all’espansione desiderata e alla tolleranza del paziente; sono riportate modalità diverse:
rapidissima in cui la vite viene aperta interamente in
1-2 giorni; rapida in 7-10 giorni; lenta in 2-3 settimane. Le forze applicate sono nell’ordine di 4-5-9 kg.
L’attivazione lenta è la più utilizzata secondo il
seguente schema:
• il giorno della cementazione viene eseguita una
attivazione di 1/2-1 giro di vite in un’ora
• successivamente viene eseguita l’attivazione
eseguendo 1/2-1 giro di vite al giorno diviso in
2-4 incrementi
• il periodo di attivazione è compreso tra 1-3 settimane; un giro di vite completo corrisponde a circa 0,8 mm e da questo si può dedurre il numero
di attivazioni necessarie
FIG. 2.25 Sutura mediana dall’adolescenza fino allo stadio adulto.
EFFETTI PERMANENTI DELLA ERP
• Lieve scivolamento in avanti del punto A
e della premaxilla (aumento dell’overjet)
• Allargamento delle misure scheletriche basali
e risoluzione delle discrepanza scheletrica
trasversale
• Incremento dell’ampiezza delle fosse nasali,
con facilitazione della respirazione nasale
e miglioramento della fonazione (in caso di
rinolalia)
• Miglioramento della funzione uditiva per
decongestione dell’ostio tubarico faringeo
(in caso di ipoacusia conduttiva)
• Autoespansione dell’arcata inferiore nell’arco
di alcuni mesi per il contatto dei piani
inclinati interni delle cuspidi linguali superiori
con le cuspidi vestibolari inferiori
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
• l’espansione viene considerata adeguata quando
si realizza posteriormente una ipercorrezione di
2-3 mm, cioè quando le cuspidi palatine superiori prendono contatto con le cuspidi vestibolari
inferiori; si ritiene che venga perso con la recidiva circa il 30-40% del risultato ottenuto
• ottenuta l’espansione necessaria la vite viene
bloccata nella posizione raggiunta e l’apparecchio mantenuto in situ per 4-6 mesi, in modo da
permettere la formazione di tessuto osseo nello
spazio di espansione.
Gli effetti indesiderati sono transitori e di breve
durata: diplopia (nei bambini sotto i 5 anni), dolore
e tensione sull’arcata, ematoma sottomucoso e rinorragia (rari), riassorbimenti parcellari del cemento radicolare (frequenti negli adulti).
Con il procedere dell’espansione compaiono le
seguenti alterazioni temporanee, rapidamente
compensate: diastema interincisivo, scompaginamento dell’occlusione, postero-rotazione della
mandibola e diminuzione dell’overbite. Sono assenti effetti indesiderati permanenti nel piano verticale e antero-posteriore.
L’espansione rapida facilita la correzione spontanea delle malocclusioni di II e III classe. In particolare, comporta spesso una correzione spontanea
della malocclusione di II classe durante il periodo
di contenzione e ne suggerisce l’uso anche in pazienti privi di morso crociato. Tale azione è riconducibile alla rimozione di blocchi meccanici che
mantengono la mandibola in retrusione (precontatti occlusali, distalizzanti, azione di retrusione del
mascellare contratto).
In età infantile e giovanile, in presenza di lievi
ipoplasie trasversali del mascellare è possibile ottenere espansioni sovrapponibili agli espansori
classici, utilizzando dispositivi ortodontici (quadhelix, Ni-Ti palatal expander, Spring jet), nell’arco
di alcuni mesi al ritmo di 1 mm alla settimana.
Alcuni studi hanno dimostrato che gli espansori ortopedici ottengono una espansione rapida nel
momento iniziale con un’ampia variazione scheletrica e una minima dento-alveolare; durante le
successive settimane il movimento dentale continua e si verifica un certo grado di recidiva scheletrica.
In pratica, mentre l’ossificazione colma la lacuna
mediana, aumenta la componente di espansione
dentale e diminuisce quella scheletrica. Per tale
motivo il risultato a distanza di 2-3 mesi, mediante
espansori ortopedici e dispositivi ortodontici, è in
molti casi sovrapponibile e ottenibile per il 40% a
movimenti dento-alveolari e per il 50% a variazioni
scheletriche. Secondo alcuni autori, questa ultima
espansione mista è da preferire a quella rapida, in
quanto più stabile nel tempo, a parità di cambiamenti e risultati.
Tipi di espansori rapidi
➔ Espansore di Veltri
➔ Espansore rapido in dentatura decidua
➔ Espansore rapido palatino
➔ Vite ragno di Schellino e Modica
➔ ESPANSORE DI VELTRI
La meccanica di Veltri prevede la possibilità di
azione trasversale e sagittale, mono e bilaterale, con
effetti di tipo ortopedico o dento-alveolare.
Per l’azione sul piano trasversale la meccanica
prevede la possibilità di ottenere:
• un effetto ortopedico, a livello della sutura mediana palatina nel soggetto in crescita, mediante
3 attivazioni al giorno
• un effetto dento-alveolare (traslazione) nell’adulto mediante 2 attivazioni alla settimana
• movimenti di contrazione ed espansione mono e
bilaterali; per i movimenti monolaterali si utilizza
una vite disegnata appositamente ed un tripode
di ancoraggio.
77
Espansore trasversale di Veltri
78
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
➔ ESPANSORE RAPIDO IN DENTATURA DECIDUA
In dentatura decidua il disgiuntore viene applicato
mediante bande applicate su canini e molari decidui
o su splint in acrilico, cementato con composito fotopolimerizzabile.
L’espansore palatino incollato secondo McNamara consiste di una vite di espansione con bracci laterali (diametro 1,5 mm), saldati a un’armatura in acciaio (diametro 1,1 mm) inclusa in docce acriliche
che coprono le superfici occlusali latero-posteriori.
L’armatura abbraccia circa la metà dell’altezza
delle corone dei denti, attraversa l’occlusione tra incisivi laterali e canini decidui e circonda le superfici
distali dei secondi molari decidui o dei primi molari
permanenti.
Elementi ausiliari facoltativi sono gli uncini vestibolari saldati tra canini e primi molari decidui bilateralmente, per trazione elastica mediante maschera facciale nelle III classi.
La vite viene attivata di 1-2 quarti di giro al giorno e il paziente controllato ogni 2 settimane. L’en-
tità media dell’espansione richiesta è di 6-8 mm,
equivalente a 4-6 settimane; successivamente la vite
viene bloccata e il dispositivo mantenuto in situ per
un periodo di 4-6 mesi di contenzione.
Espansori su bande con bracci per trazione per maschera
di Delaire
Espansore di McNamara
Azione clinica, situazione iniziale
Azione clinica, effetto al termine dell’attivazione
Espansore su bande
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
79
➔ ESPANSORE RAPIDO PALATINO
L’espansore classico provoca una disgiunzione della
sutura prevalente nel settore anteriore (intercanino) e in minore misura intermolare. In linea con il
modello di Biederman sono state proposte da diversi autori varianti di dispositivi, che esercitano effetti
sovrapponibili (modelli di Hass, Isacson, McNamara,
Veltri).
Le componenti di base dell’espansore classico sono le seguenti:
• mezzi di ritenzione e ancoraggi rappresentati da
bande sui quarti e/o sui sesti
• bracci di collegamento in filo d’acciaio (diametro
0,9 mm), saldati laser o brasati con saldatura d’argento ai componenti d’ancoraggio
• bracci di collegamento facoltativi che contornano
palatinamente gli elementi intermedi
• viti di espansione doppia (1 quarto di giro = 0,24
mm).
I componenti ausiliari sono rappresentati da: uncini per maschera di Delaire in acciaio (diametro 0,80,9 mm); attacchi e tubi vestibolari per tecniche fisse; molle ausiliarie in filo d’acciaio da 0,6 mm; uncini per trazioni intermascellari o intramascellari.
La tecnica costruttiva prevede il rispetto delle seguenti caratteristiche:
• i componenti discosti circa 1,5-2 mm dai tessuti
molli per evitare decubiti
• la linea di apertura del corpo della vite sovrapposta alla sutura mediana mascellare
• il centro della vite nel punto di intersezione tra le
ipotetiche diagonali che partono dagli elementi
di ancoraggio (in caso di impossibilità, va spostato distale)
• il montaggio della vite parallelo al piano occlusale; il verso di attivazione distale per facilitare l’attivazione.
Espansore rapido palatino con 4 bande
Espansore rapido palatino con 2 bande
Espansore rapido con resina (Hass)
Espansore rapido con bracci per maschera
di Delaire e piano inclinato anteriore
➥
80
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
➔ ESPANSORE RAPIDO PALATINO seguito
Espansore chiuso
Espansore aperto
Effetto sulla sutura medio-palatina
➔ VITE RAGNO DI SCHELLINO E MODICA
La vite ragno determina una apertura della sutura palatina mediana nel solo settore anteriore, migliorando il diametro intercanino (espansione trasversale anteriore); mentre la variazione del diametro intermolare è nulla e lo spostamento consiste in
una disto-rotazione molare.
Il dispositivo trova indicazione nei casi di deficienza trasversale anteriore con diametro posteriore corretto (arcata conica), frequentemente associata alle II classi dentali e/o scheletriche.
Il dispositivo è formato dalle seguenti parti:
• ancoraggio mediante due bande sui molari
• vite di espansione con azione angolare, formata
da due componenti simmetriche e tre snodi (uno
posteriore e due anteriori); gli anteriori sono posizionati a livello dei primi premolari
• bracci anteriore e posteriore per parte, uniti da
bracci di collegamento che contornano il profilo
palatino dei premolari e canini; i bracci posteriori si dipartono ad angolo acuto dal corpo centra-
le e si prolungano fino a raggiungere la superficie palatale dei premolari.
L’attivazione è simile alla ERP classica, applicabile
anche per procedure chirurgicamente assistite.
Vite ragno o espansore rapido a ventaglio
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
Espansione rapida chirurgicamente
assistita
L’espansione rapida chirurgicamente assistita trova
indicazione nei casi di insuccesso della ERP ortopedica, soggetti adulti, deficit trasversali con concomitanti dismorfosi sagittali e verticali.
La preparazione ortodontica consiste nel trattamento dell’arcata inferiore e nella cementazione
dell’espansore superiore; la fase chirurgica prevede:
• tagli osteotomici tipo Le Fort I (dalle pareti laterali della cavità piriforme al tuber), eseguiti 4-5
mm al di sopra degli apici dentali
• osteotomia per la disgiunzione della sutura palatina in corrispondenza della spina nasale anteriore
• immediata attivazione della vite di 6-8 quarti di
giro.
Il trattamento successivo prevede il completamento dell’espansione, da effettuarsi a guarigione
avvenuta dei tessuti molli, con 1 giro completo al
Fig. 2.26 Espansore chirurgico disinseribile sul modello.
Fig. 2.27 Sprint jet chirurgico bitubo estraibile.
81
giorno distribuito in due attivazioni (Figg. 2.26 e
2.27). Il trattamento viene completato in 4-6 settimane dall’intervento e seguito da una contenzione
per 3-4 mesi. Successivamente viene eseguita la rifinitura del trattamento ortodontico o la preparazione per la chirurgia ortognatica, in base alle necessità del caso.
Un possibile effetto collaterale non prevedibile è
costituito dall’apertura del morso e non si può
escludere a priori un ulteriore intervento di chirurgia ortognatica per risolvere il problema verticale.
Discrepanze scheletriche verticali
Morsi aperti
I problemi di open bite possono presentarsi in zona
anteriore con la mancanza di sovrapposizione degli
incisivi (overbite negativo) e posteriore con la mancanza di occlusione dei denti posteriori mono o bilateralmente.
L’eziologia è multifattoriale ed è rappresentata
da fattori: ereditari poligenici che determinano la
forma della mandibola e il tipo di crescita facciale;
ambientali acquisiti (abitudini viziate); epigenetici
(influssi funzionali condizionati ereditariamente) e
ambientali in combinazione.
Si distinguono pseudo-morsi aperti o dento-alveolari, veri morsi aperti o scheletrici e morsi aperti misti.
I morsi aperti dento-alveolari sono caratterizzati
da sovraocclusione molare (supralveolia o eccessiva eruzione) e infraocclusione frontale. L’eziologia
risiede in fattori acquisiti: incompetenza labiale e
ipotonia dell’orbicolare; respirazione orale e iper-
82
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
trofia adeno-tonsillare; interposizione della lingua a
riposo e deglutizione atipica.
Il succhiamento del pollice viene associato a crescita iperdivergente, con protrusione alveolare superiore ed endoinclinazione inferiore; l’interposizione linguale alla biprotrusione e al morso aperto
laterale.
La terapia si avvale di dispositivi ortodontici di
estrusione dei settori frontali e intrusione dei settori posteriori e di dispositivi miofunzionali per la
correzione di abitudini viziate.
Sinonimi di morso aperto scheletrico sono: iperdivergenza, dolico-cefalia, eccesso verticale anteriore, facies adenoidea, rotazione posteriore, crescita antioraria, micro-otodisplasia, leptoprosopopia, sindrome della faccia lunga.
La dismorfosi può essere sia ereditaria sia dovuta ad alterazioni della crescita in relazione a fattori
ambientali persistenti, con passaggio da disfunzione a patologia organica.
L’inizio del trattamento deve essere precoce allo
scopo di modificare la matrice funzionale e determinare un nuovo modello morfologico; si avvale della
terapia miofunzionale e ortopedico-funzionale.
Poiché si ritiene che la muscolatura oro-facciale
SEGNI ASSOCIATI A MORSO APERTO
• Viso allungato, con altezza facciale anteriore
aumentata nel terzo inferiore e sproporzione
tra altezza facciale anteriore e posteriore
• Mandibola con collo del condilo allungato
e diretto posteriormente, angolo goniaco
aumentato (a carico dell’emiangolo inferiore),
incisura antegoniale accentuata, ramo corto,
corpo piccolo, sinfisi piccola e allungata,
altezza aumentata del processo alveolare
• Ipotonia dei muscoli facciali e dell’orbicolare,
incompetenza labiale
• Crescita di tipo iperdivergente, compensata
o aggravata dal mascellare; disgnazie marcate
presentano divergenza delle basi
con mandibole post-ruotate e mascellari
ante-ruotati
• Piani cefalometrici orizzontali (palatino,
mandibolare, nasion-sella turcica)
o divergenti
(in particolare l’orbicolare) giochi ruoli importanti
nella rotazione anteriore, si ricercano i seguenti effetti:
• aumento di tono, forza e volume dei muscoli masticatori (normalizzazione della postura mandibolare)
• mioterapia delle guance e delle labbra per ottenere la competenza labiale a riposo
• rieducazione della postura e funzione della lingua
• bilanciamento delle forze centripete (muscolatura periorale) e centrifughe (lingua)
• rieducazione della funzione respiratoria
• eliminazione di altre eventuali abitudini viziate
come succhiamento del dito, delle dita, delle labbra e di altri corpi estranei.
Gli effetti ricercati a carico della dentatura e delle basi ossee sono i seguenti:
• incremento della crescita del condilo e del ramo
• rimodellamento verso il basso e in avanti della
cavità glenoidea
• rotazione posteriore dell mascellare o della premaxilla
• rallentamento della crescita dento-alveolare posteriore
• rimozione degli ostacoli alla eruzione degli incisivi
• espansione trasversale delle arcate dentarie e delle
basi scheletriche nel mascellare
• chiusura o rallentamento della tendenza all’apertura dell’angolo goniaco durante la crescita mandibolare.
Non è possibile quantificare con sufficiente certezza e in anticipo il rapporto tra fattori genetici e
ambientali e il risultato terapeutico. I casi con modello di crescita iperdivergente favorevoli al trattamento con attivatori verticali e TEO alta sono caratterizzati dalla crescita compensatoria del mascellare (in post-rotazione) che bilancia la crescita
in post-rotazione della mandibola.
Difficilmente, del resto, si raggiungono tutti gli
obiettivi perseguiti nello stesso paziente a causa
della realtà biologica individuale, che conduce a risultati diversi; in particolare la morfologia dell’angolo mandibolare è fortemente correlata alla crescita dolico-facciale ed è di pertinenza chirurgica.
Tuttavia la terapia funzionale in fase intercettiva
può correggere e/o limitare i casi di moderata gravità, in presenza di buone collaborazioni, trattamenti protratti nel tempo, terapie miofunzionali associate come supporto.
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
Intrusione dei settori posteriori
L’intrusione dell’intero gruppo di denti posteriori è
indicata nei casi di overbite negativo e open bite
scheletrico.
Si tratta di un movimento difficile a realizzarsi; il
più delle volte si ottiene una limitazione della ipereruzione dento-alveolare, che si verifica in soggetti con muscolatura masticatoria ipoattiva e respirazione orale.
Si utilizzano placche con rialzi occlusali (posteriori o totali), attivatori passivi (verticali) e attivi
(associati a TEO), TEO medie o alte in arcate bandate solidarizzate con archi.
L’effetto ottenuto dalle trazioni extraorali alte è
l’intrusione dei molari e processi alveolari superiori,
con rotazione oraria (posteriore) del piano occlusale.
I rialzi posteriori possono essere rigidi (resina o
metallo) o elastici formati da tubi di gomma morbida e sostituibili (attivatore di Stockfish Bionator di
Tokuyama). L’utilizzazione di dispositivi resilienti a
ferro di cavallo (posizionatori, placche, wafers) stimola la contrazione e la rende più piacevole, invitando il paziente a “distruggerne con i denti il maggior numero possibile”.
L’effetto ottenuto con i piani di rialzo è di tipo ortopedico funzionale:
• intrusione dei molari e dei processi alveolari
• stimolazione della capsula funzionale con aumento della crescita del ramo mandibolare e rotazione antioraria (anteriore) della mandibola.
L’efficacia può essere rinforzata associando la
ginnastica isometrica dei masseteri; si consiglia di
eseguire inizialmente serie di contrazioni consecutive, distanziate di pochi secondi, ripetutamente nel
corso delle giornata; successivamente l’esercizio va
acquisito come abitudine.
Attivatori passivi verticali
Quando la sede della dismorfosi è localizzata prevalentemente in sede mandibolare si utilizzano attivatori verticali (Bondi verticale, Spring di Sander,
Harvold-Sassouni, Kinetor).
Sono attivatori passivi, che utilizzano stimoli
funzionali per esplicare forze ortodontiche naturali e modificare la crescita delle basi scheletriche e
le posizioni dentarie: contrazioni muscolari (volontarie e riflesse), stiramenti muscolo-tendinei, cutanei e aponeurotici, modifiche degli spazi vuoti funzionali.
83
PRINCIPI DI PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE
DEGLI ATTIVATORI VERTICALI
• Registrare un morso di costruzione alto
(5-8 mm a livello molare), oltre lo spazio
libero interocclusale, in modo da utilizzare le
forze intrusive sviluppate dalla contrazione
dei muscoli masticatori e l’allungamento della
matrice capsulare posteriore
• Regolare l’avanzamento mandibolare in
relazione ai rapporti sagittali tra le basi;
la protrusione mandibolare migliora la pervietà
delle vie aeree e l’aumento dei diametri
trasversali (secondario al rimodellamento
osseo), aumenta la capacità respiratoria nasale
• Assicurare la possibilità di un efficace sigillo
labiale a riposo e durante la funzione,
considerando il ruolo della muscolatura
oro-facciale nella rotazione anteriore della
mandibola
• Mantenere la superficie dei piani occlusali in
contatto con le cuspidi dei denti, per frenare
la crescita verticale dento-alveolare
• Verificare che la lingua sia schermata dal
corpo dell’attivatore, per favorire l’eruzione
dentale dei frontali e la chiusura della beanza
anteriore
• Far arrivare le flange sul fondo del pavimento
della cavità orale e ridurre il corpo per
lasciare spazio alla lingua
Il meccanismo terapeutico consiste nell’allungamento nella parte posteriore della matrice capsulare oro-facciale, per ottenere così la chiusura dentoalveolare del morso e la riduzione dell’altezza del
terzo inferiore del viso, promuovendo la crescita
verticale del ramo mandibolare, la rotazione anteriore della mandibola e la rotazione posteriore del
mascellare.
La presenza di schermi e scudi costringe i pazienti a forme di ginnastica obbligata, modificando
la matrice funzionale, sia capsulare che periostale,
verso un nuovo schema di funzione eugnatica.
Per ottenere risultati più stabili è consigliabile
associare esercizi di ginnastica volontaria individualizzati, che potenzino l’attività dei dispositivi,
come esercizi per la competenza labiale, per la respirazione e la deglutizione.
84
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
Attivatori con TEO
Quando la sede della dismorfosi è localizzata prevalentemente in sede mascellare superiore, è efficace l’uso di attivatori costruiti con morso di costruzione poco rialzato (4-5 mm oltre lo spazio interocclusale) e attivi, cioè associati a trazioni extraorali medie o alte, come ad esempio l’attivatore
di Teuscher, il sistema ortopedico di Bass, la placca
di Stephenson.
Per esercitare azioni intrusive devono applicare
forze pesanti (800-1200 g) ed avere braccia esterne
sottoslivellate per amplificare la componente intrusiva.
I vettori delle linee di applicazioni delle forze devono passare tra i centri di rotazione dei molari o
del mascellare, area corrispondente secondo Teuscher alla radice del secondo premolare (v. Trazione extraorale di II classe).
Alle TEO alte su bande molari è opportuno associare un arco di Goshgarian, per evitare che la trazione esercitata sulle cannule molari vestibolari
provochi un’inclinazione vestibolare delle corone e
per solidarizzare l’arcata in modo da ottenere un effetto ortopedico esteso a tutto il piano occlusale.
Estrusione di settori frontali
L’estrusione degli incisivi è un movimento facile da
ottenere, che è indicato nei casi di overbite negativo dento-alveolare, in soggetti normo-divergenti.
In presenza di abitudini viziate il movimento avviene spontaneamente con l’eliminazione dei fattori causali, più spesso rappresentati dall’interposizione della lingua e dalla suzione del dito.
Il movimento è prerogativa delle terapie fisse
con archi di estrusione e trazioni elastiche verticali anteriori. Si tenga presente che le trazioni di II
classe, accanto all’azione sagittale, causano l’estrusione di frontali superiori e dei molari inferiori con
rotazione oraria del piano occlusale.
Non esistono apparecchi rimovibili o fissi rimovibili specifici per tale movimento; va considerato
che il movimento di lingualizzazione di incisivi, mediante arco vestibolare di contrazione, si accompagna a una componente estrusiva per effetto del movimento di rotazione. Dispositivi di uso non frequente sono placche con ganci di Adams sui molari e archi vestibolari appoggiati su gradini in composito o brackets vestibolari dei denti da estrudere.
Morsi profondi
I deep bite possono dipendere sia da infraocclusioni molari, definite come morsi profondi veri o scheletrici, che da sovraocclusioni frontali, definite
morsi profondi falsi o dento-alveolari.
I morsi profondi dento-alveolari sono malocclusioni acquisite caratterizzate da:
• eccessiva eruzione dei denti anteriori superiori
o inferiori (sovraocclusione o supralveolia frontale)
• molari normalmente erotti
• spazio interocclusale ridotto in posizione di riposo
• crescita iperdivergente o neutrale.
L’obiettivo del trattamento consiste nel bloccare
l’eruzione o nell’intrudere attivamente gli incisivi e
la terapia di elezione è l’ortodonzia fissa (archi di
intrusione).
I morsi profondi scheletrici sono ereditari. Sinonimi sono: ipodivergenza, brachi-cefalia, difetto
verticale anteriore, rotazione mandibolare anteriore o antioraria.
La terapia di elezione è funzionale e si avvale di
dispositivi rimovibili provvisti di piani di rialzo interincisivi in modo da favorire l’estrusione dei posteriori.
SEGNI ASSOCIATI A MORSI PROFONDI
SCHELETRICI
• Viso accorciato con altezza facciale inferiore
diminuita
• Labbra competenti e ipertono dell’orbicolare
• Mandibola con branca montante lunga e larga,
corpo ben sviluppato
• Molari poco erotti e altezza diminuita del
processo alveolare posteriore
(infraocclusione o infralveolia molare)
• In posizione di riposo spazio interocclusale
aumentato
• Decorso orizzontale dei piani cefalometrici
orizzontali (palatino, mandibolare, occlusale,
nasion-sella turcica)
• Angolo goniaco e della base cranica diminuiti
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
Intrusione dei settori frontali
L’intrusione degli incisivi è indicata nei casi di morso profondo dento-alveolare.
In terapia fissa è ottenuta con diversi sistemi:
• curva di Spee inversa all’arcata inferiore e accentuata sulla superiore (Fig. 2.28)
• archi di intrusione: utility arch di Ricketts, archi
di intrusione di Wilson e Burstone, archi ausiliari intrudenti anteriori).
Non sono invece possibili intrusioni selettive di
più elementi dentali con meccaniche ad arco continuo, nelle quali agiscono contemporaneamente
componenti estrusive prevalenti e componenti intrusive ridotte.
In ortodonzia fissa rimovibile sono utilizzabili le
trazioni extraorali alte a bracci separati agganciate
sui canini (J Hook) per l’intrusione dei superiori.
I dispositivi rimovibili si avvalgono di piani di rialzo interincisivi che, lasciando i molari in infraocclusione, concentrano le forze sugli incisivi; l’effetto
viene aumentato associando esercizi di ginnastica
isometrica dei masseteri.
L’associazione di doppi archi (vestibolare e palatini) permette il controllo di movimenti indesiderati
di vestibolarizzazione coronale, causati dalla scomposizione dei vettori delle forze intrusive.
I rialzi in resina sono inseriti in placche stabilizzate con ganci di Adams, attivatori o doccia parziale; i rialzi in metallo utilizzano preformati in acciaio
inossidabile (spessore 0,5 mm), solidarizzati su una
placca o puntati sul braccio interno della TEO.
Quando si utilizzano doppi piani a molla (spring
bite) si possono aggiungere piani laterali in contatto occlusale, per controllare l’estrusione dei
molari (Fig. 2.29).
Estrusione dei settori posteriori
L’estrusione dei settori molari è indicata nei casi di
morso profondo scheletrico.
In terapia mobile si utilizzano piani di rialzo anteriori in resina (spessore 2 mm) o in metallo (spessore 0,5 mm), il cui effetto può essere aumentato
associando schermi laterali posteriori (linguale e
vestibolare) per impedire l’interposizione di guance e lingua.
Poiché è difficile modulare l’estrusione dei denti
posteriori e la recidiva è frequente, la placca va portata per diversi mesi a tempo pieno, protraendone
85
l’uso anche dopo il raggiungimento della dimensione verticale stabilita.
Si deve tenere presente che l’estrusione avviene
in modo inverso rispetto alle aspettative terapeutiche: spontaneamente nei casi di muscolatura masticatoria ipoattiva (dolico-facciali); frenata dalle
forze occlusali e tendente a recidivare nei soggetti
con muscolatura masticatoria iperattiva (brachifacciali).
La maggior parte degli attivatori (Andresen, Bionator) trova indicazione nei soggetti ipodivergenti, nei quali con opportuni fresaggi è possibile guidare l’estrusione dei molari, aumentando la
dimensione verticale del terzo inferiore del viso.
Alcuni riconoscono una indicazione elettiva nei
soggetti ipodivergenti, in particolare l’U-Bow activator di Karwetzky, il Bio-finisher e il Berliner
reaktivator di Miethke.
Il movimento è ottenuto con archi continui diritti in cui sono prevalenti le forze estrusive (second
molar effect) o a Spee inversa. Il controllo dell’overbite è ottenuto in terapia fissa mediante estrusione dei posteriori, uprighting dei posteriori, intrusione degli anteriori o proinclinazione degli anteriori.
In terapia fissa la meccanica più efficace è rappresentata dalle trazioni verticali posteriori interarcata, associate a placche mobili con piani di rialzo
anteriori o a spessori di composito incollati sulla superficie linguale degli incisivi o dell’ultimo molare.
In dentatura decidua è possibile aggiungere 2-3
mm di composito sulla superficie occlusale di molari decidui per facilitare l’estrusione dei definitivi.
Infine si deve tenere presente che diversi dispositivi ad azione sagitale prevalente esplicano forze
di reazione con componenti verticali che determinano estrusione molare: la TEO bassa, il cui effetto
estrusivo sui molari superiori è amplificato utilizzando con braccia esterne e lunghe e sopraslivellate rispetto l’arco intraorale; le trazioni elastiche intermascellari di II classe per l’estrusione dei molari
inferiori e di III classe per i superiori.
Gli elastici verticali sono utilizzati in fase di dettagliamento e rifinitura della terapia fissa per migliorare i rapporti occlusali mediante estrusione.
Il Five cent positioner, proposto da Steffen, è costituito da elastici verticali nei settori laterali, portati per un periodo di circa 6 settimane, dopo avere
tolto gli archi, prima di togliere i brackets, in modo
86
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
Fig. 2.28 Archi di Spee inversa.
Fig. 2.29 Trazione extraorale con doppio bite (spring bite).
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
Placca con rialzo anteriore per estrusione posteriore e vallo di avanzamento mandibolare
Visione della superficie occlusale e mucosa della placca
Placca in bocca
Applicazione di elastici verticali
87
88
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
Estrusione dei posteriori con rialzo anteriore in composito
Situazione iniziale, visione frontale
Mascherina costruita in laboratorio per eseguire il rialzo
Esecuzione del rialzo anteriore in composito
con mascherina
Effetto del rialzo in visione laterale
Situazione finale dopo estrusione, visione frontale
da far estrudere: la parte vestibolare di molari e premolari per ottenere un’intercuspidazione serrata
nei settori postero-laterali; i frontali per correggere
un overbite insufficiente.
Una funzione analoga di rifinitura è ottenuta con
elastici verticali per cui l’arco viene tagliato distalmente ai canini ed eliminato nelle parti posteriori; un
elastico largo (18 mm) e non troppo grosso (2 oz) parte dai settimi inferiori per arrivare ai quarti superiori.
Gli elastici vanno portati 3 settimane per tutto il
giorno e altre 3 per mezza giornata, prima di togliere i brackets e consegnare la contenzione.
Dispositivi per l’estrusione dei posteriori
➔ Placca con rialzo anteriore per estrusione
dei posteriori
➔ Elastici di intercuspidazione per finitura
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
➔ PLACCA CON RIALZO ANTERIORE PER ESTRUSIONE DEI POSTERIORI
89
90
Capitolo 2 • Terapia ortopedica
➔ TIPOLOGIE DI POSIZIONAMENTO DEGLI ELASTICI DI INTERCUSPIDAZIONE PER FINITURA
CAPITOLO 3
Attivatori e terapia
ortopedico-funzionale
Basi della terapia funzionale
Il concetto di base della filosofia funzionale deriva
dalla dipendenza del rapporto forma-funzione, principio definito da diversi autori come matrice capsulare di Moss, fattori epigenetici locali e ambientali di
Limborgh, spazio dinamico di Balters; fattori paragenetici di Planas. Gli stimoli funzionali influenzano
potenziali di crescita e eruzioni dentarie interferendo sui meccanismi neuromuscolari mediante:
• decompressione, che si crea durante la deglutizione e a seguito della trazione esercitata dalla muscolatura stirata da schermi (matrice periostale)
• compressione, che si determina per aumento
delle contrazioni muscolari e della visco-elasticità dei tessuti molli dovuta all’azione di piani inclinati e rialzi occlusali (matrice capsulare).
Accanto agli attivatori passivi, che agiscono “a
caduta” solo attraverso gli stimoli funzionali, si
pongono i dispositivi funzionali attivi, che esercitano un’azione meccanica mediante l’aggiunta di
componenti (ganci, molle, viti, trazioni extraorali).
L’Andresen-Haupl è il capostipite, tradizionalmente privo di elementi di ritenzione o meccanici,
che abbraccia le due arcate e viene definito come
monoblocco bimascellare, rigido, chiuso, miofunzionale. Questo classico attivatore, ideato originariamente per la correzione delle II classi, è stato oggetto di modificazioni per ampliarne il campo di
azione e ridurne l’ingombro. L’aggiunta di dispositivi meccanici ha dato origine agli apparecchi biodinamici, che integrano la funzione con molle e viti;
la riduzione del corpo in resina nelle zone frontali è
alla base degli attivatori aperti; mentre la sostitu-
CLASSIFICAZIONE DEGLI ATTIVATORI
Attivatori miofunzionali
Attivatori combinati
Attivatori biodinamici
Rigidi
• Andresen-Haupl
• Bionator
• Harvold-Woodside
Bimascellari
• Ducovator
• U-Bow di Karwetsky
• Placca Bassani
Elastici
• Klammt
• Bimler
• Cervera
• Frankel
Doppie placche
• Planas
• Twin Block
• Sanders
• Kinetor
•
•
•
•
Lehman
Bass
Teuscher
Berliner di Miethke
92
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
zione delle parti di connessione in resina con fili
metallici conforma gli attivatori elastici o scheletrati; sezionando le placche sono stati ottenuti attivatori settoriali (divisi orizzontalmente o verticalmente), monomascellari e a doppie placche guidate da piani inclinati o da speroni metallici.
Sommariamente gli attivatori agiscono secondo
meccanismi strettamente correlati:
• movimenti di inclinazione dentale (vestibolarizzazioni degli incisivi inferiori e lingualizzazione
degli inferiori)
• guida dell’eruzione dentaria sia in senso verticale (estrusione o intrusione dento-alveolare selettiva), che sagittale (eruzione mesiale o distale)
• arretramento o inibizione della crescita mascellare
• riposizionamento anteriore mandibolare per rimodellamento osseo dell’angolo o del corpo
mandibolare; inoltre, per crescita della cartilagine di coniugazione condilare.
Un’altra funzione consiste nel promuovere la
crescita differenziale dei mascellari; che, nel 60%
dei casi secondo Tweed, si verifica a vantaggio della mandibola.
L’effetto dovuto alla crescita mandibolare più
prolungata nel tempo rispetto al mascellare è definito dagli autori di lingua francese con il suggestivo
termine di rattrapage mandibulaire.
L’effetto della crescita mandibolare in avanti, con
potenziale recupero della II classe scheletrica, viene
vanificata nel normale sviluppo (in assenza di trattamento) dai movimenti di adattamento del complesso dento-alveolare per il blocco dell’intercuspidazione. Lo sblocco dell’occlusione può minimizzare gli effetti del meccanismo adattivo, può trarre
vantaggi dalla normale crescita in avanti e rappresentare la base biologica fondamentale nel trattamento delle malocclusioni di classe II nei pazienti in
crescita. Non sussiste, comunque, parere condiviso
nella possibilità di condizionare la crescita dei mascellari mediante trattamento in due fasi.
In particolare alcuni autori ritengono che non sia
possibile influenzare con terapia funzionale la crescita cranio-facciale con un incremento dimensionale sufficiente e stabile per correggere la retrusione mandibolare.
Secondo Gianelly (1995) in più del 90% dei pazienti gli obiettivi terapeutici possono essere raggiunti iniziando il trattamento verso la fine della
dentatura definitiva.
Tulloch e Proffit (1995) sostengono che sussista
meno di 1 mm di differenza di crescita mandibolare tra due gruppi trattati con TEO o con apparecchio funzionale. Secondo Proffit e Tulloch (2002) il
trattamento ortodontico precoce convenzionale in
dentizione permanente è altrettanto efficace nella
correzione delle II classi, in quanto non si registrano differenze tra soggetti trattati in una fase con ortodonzia fissa e in due fasi solo con TEO o con TEO
abbinata a terapia funzionale (bionator). Sebbene i
gruppi trattati intercettivamente nella fase 1 raggiungano una riduzione precoce dell’angolo ANB,
questo vantaggio iniziale non si mantiene durante la
fase 2. Keeling (1995) afferma che la percentuale di
successo con TEO nel trattamento delle II classi sia
dell’81% nei confronti del 56% con terapia funzionale. Ad analoghe conclusioni giungono altri autori lasciando aperta la discussione sull’utilità di un trattamento in due fasi con apparecchi funzionali a precedere l’ortodonzia fissa.
Molaggio e morso di costruzione
Il molaggio modifica le superfici di contatto, trasformandole in zone di carico o scarico, in modo da creare attorno a ogni dente un nuovo campo di forze in
grado di creare spostamenti dentali tridimensionali;
è possibile ottenere diversi movimenti selettivi: nei
settori frontali retrusioni, esoinclinazioni, estrusioni; nei posteriori estrusioni, espansioni trasversali,
spostamenti distali o mesiali (Figg. 3.1-3.15).
Per impostare rapporti spaziali diversi dalla posizione abituale si registra un morso di costruzione
individuale in cera, che fissa la quantità dell’apertura sul piano verticale, dell’avanzamento sul piano
sagittale e della ricentratura della linea mediana.
La quantità di avanzamento deve essere inversamente proporzionale al rialzo verticale, per contenere il disagio e facilitare la collaborazione; per
quanto riguarda le linee mediane vanno considerate le seguenti indicazioni:
• non modificare le linee già coincidenti
• ricentrare la linea mediana in caso di deviazioni
funzionali in laterocclusione
• non ricentrare le linee mediane spostate per
affollamento incisivo
• in caso di asimmetrie scheletriche (laterognazie), rilevare la linea mediana inferiore deviata
verso il lato iperplasico; in modo da stimolare la
crescita monolaterale del condilo del lato ipoplasico e ristabilire la simmetria.
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
FIG. 3.1 Avanzamento mandibolare, retrazione mascellare, aumento della dimensione verticale.
FIG. 3.2 Avanzamento mandibolare con appoggio sul
cingolo dei denti.
FIG. 3.3 Avanzamento mandibolare con stimolo nocicettivo sulla mucosa.
FIG. 3.4 Bilanciamento tra forze funzionali.
FIG. 3.5 Retrazione incisivi superiori e stabilizzazione inferiori.
FIG. 3.6 Retrazione incisivi superiori e inferiori.
FIG. 3.7 Avanzamento incisivi superiori.
93
FIG. 3.8 Avanzamento incisivi superiori, stabilizzazione verticale.
➥
94
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
FIG. 3.9 Vestibolarizzazione di molari con sonda buccale.
FIG. 3.10 Vestibolarizzazione di molari.
FIG. 3.11 Stabilizzazione verticale di molari.
FIG. 3.12 Estrusione di molari.
FIG. 3.13 Estrusione di molari inferiori.
FIG. 3.14 Eruzione mesiale di molari inferiori.
FIG. 3.15 Eruzione distale di molari superiori.
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
95
Tab. 3.1 Indicazioni al morso di costruzione*.
Crescita verticale
Malocclusione sagittale
I classe
II classe, divisione 1
Neutrale
2,5-3 verticale
0 orizzontale
2,5-3 verticale
5-8 orizzontale
Ipodivergente
3-5 verticale
0 orizzontale
3-5 verticale
5-8 orizzontale
Iperdivergente
5-8 verticale
0--3orizzontale
5-8 verticale
3-5 orizzontale
II classe, divisione 2
4-8 verticale
0-5 orizzontale
*Spostamento in mm, compreso spazio interocclusale in zona molare.
Le dismorfosi caratterizzate da discrepanze dento-scheletriche sagittali (mandibola corta o retroposta) richiedono attivatori orizzontali, con morso
poco rialzato, ma abbastanza avanzato per stimolare la crescita sagittale della mandibola. Per facilitare la collaborazione, l’avanzamento mandibolare
non deve mai superare gli 8 mm ed è consigliabile
avanzare inizialmente 3-4 mm, con successiva riattivazione ogni 4-6 mesi.
Mentre in passato gli attivatori erano suddivisi
unicamente secondo il tipo di malocclusione, con
l’approfondimento delle conoscenze sulla crescita
attualmente vengono progettati considerando prima la componente verticale e poi la discrepanza sagittale (Tab. 3.1).
Per quanto la maggior parte degli attivatori riconosca indicazioni elettive nei riguardi di soggetti
normo e ipodivergenti, diversi modelli sono utilizzabili per iperdivergenti.
• Nelle I classi con morso profondo (ipodivergenti) sono indicati gli attivatori verticali privi di
avanzamento sagittale e con componente verticale elevata oltre lo spazio libero interocclusale.
• Nelle II classi ipodivergenti sono prescritti gli attivatori orizzontali costruiti con morso verticale
proporzionato all’avanzamento sagittale prevalente: nelle II classi divisione 1, in normocclusione; nelle II classi, divisione 2, in testa-testa.
• Nelle II classi iperdivergenti trovano indicazione gli attivatori verticali e il morso viene
determinato con movimento sagittale proporzionato al movimento verticale prevalente.
• Nelle III funzionali il morso di costruzione viene
determinato con un rialzo sufficiente a eliminare lo scivolamento delle mandibola; nelle III
classi scheletriche in massima distalizzazione.
L’applicazione di un attivatore presuppone una
crescita facciale in atto, un paziente tollerante e
una dentatura abbastanza stabile da reggere il sistema; il momento ideale è il picco di crescita prepuberale e puberale: da 10-11 anni sino a 15-16 per
le femmine; da 12-13 sino a 18 per i maschi. Si può
prendere in considerazione l’opportunità di inziare
la cura in qualsiasi momento della fase di dentatura mista, tenendo presente che i pazienti raramente
tollerano terapie superiori ai 2-3 anni e che un trattamento eccessivamente precoce rischia di scalfire
la collaborazione.
La terapia può essere applicata anche nell’adulto, sia pur con limitata efficacia, in quanto la capacità di risposta agli stimoli funzionali permane durante tutto l’arco della vita.
I tempi di trattamento per guidare la crescita sono lunghi (2-3 anni), difficilmente si evidenziano effetti terapeutici prima di 12-18 mesi; il numero di
ore giornaliere varia dalle 12-14 alle 20 (suggerite
per l’apparecchio di Frankel), iniziando con 2-3 ore
al giorno e aumentando progressivamente nell’arco
di un mese.
Monoblocco di Andresen-Haupl
È il capostipite degli attivatori, presentato nel 1923
da Viggo Andresen come modifica del monoblocco
di Pierre Robin (1902).
Indicazioni prevalenti sono le malocclusioni di II
classe, divisione 1 e 2, in soggetti meso o ipodivergenti; sono previsti adattamenti nelle malocclusioni di I classe e III classi funzionali ipodivergenti, mentre l’efficacia è scarsa nelle III
scheletriche.
96
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ MONOBLOCCO DI ANDRESEN
Il dispositivo standard per la terapia delle II classi è
costituito da una placca in resina che comprende: un
piano inclinato retroincisivo, che posiziona anteriormente la mandibola; i piani di guida linguali, che
hanno la funzione di guidare l’eruzione della dentatura posteriore; l’arco vestibolare superiore passivo, che guida la palato-versione degli incisivi mascellari.
Le superfici linguali del monoblocco hanno la
funzione di guidare l’eruzione dei denti nella direzione programmata e un corretto molaggio facilita
la correzione della malocclusione (listelle o setti).
Nella II classe le fresature nel mascellare si dirigono dal colletto dei denti verso il basso e distalmente, mentre nella mandibola le fresature si dirigono
dal colletto dei denti verso l’alto e mesialmente, in
modo da favorire l’eruzione mesiale della dentatura mandibolare e distale di quella mascellare. La fresatura è inversa nei casi di III classe.
L’aggiunta di elementi ausiliari modifica l’apparecchio per obiettivi specifici: viti per espansione
mascellare; molle e viti per allineare singoli denti;
archi vestibolari inferiori per retrazione degli incisivi mandibolari nelle III classi; ganci di Adams per aumentare la stabilità perdendo l’effetto “a caduta”.
Monoblocco di Andresen
Monoblocco di Andresen
L’apparecchio deve essere privo di ganci e cadere quando il paziente apre la bocca, in modo da stimolare movimenti di chiusura, mordendo in avanti
sul piano inclinato.
La contrazione muscolare rappresenta lo stimolo funzionale, che viene trasformato in energia meccanica attraverso le trazioni e pressioni che la placca scarica sui tessuti, determinando i seguenti effetti:
• dislocamento anteriore della mandibola, rimodellamento osseo e crescita della cartilagine di
coniugazione condilare
• spinta posteriore sul mascellare, con rallentamento della crescita e/o retrusione
Monoblocco di Andresen
• vestibolo-versione degli incisivi inferiori e mesializzazione dell’arcata inferiore
• palato-versione degli incisivi superiori.
L’inserimento di una vite centrale permette di
espandere l’arcata mascellare, che viene a confrontarsi con diametri maggiori mandibolari per effetto
dell’avanzamento sagittale; il molaggio delle flange
linguali evita una indesiderata espansione dell’arcata inferiore. In presenza di morso crociato e latero-deviazione mandibolare è consigliabile la correzione preventiva con apparecchio rimovibile, prima
di cominciare il trattamento con l’attivatore.
Un effetto su cui si focalizza l’attenzione è la tendenza all’inclinazione vestibolare dei denti incisivi
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
inferiori, che può essere controllata mediante due
sistemi: introduzione di un piano di rialzo anteriore
con doccia che avvolga il margine degli incisivi inferiori; contatto del piano inclinato retroincisivo
sulla mucosa linguale, in modo da dislocare la mandibola per effetto nocicettivo e non per spinta sulle
superifici linguali dei denti.
Nelle malocclusioni di II classe il morso di costruzione è preso generalmente in modo da arrivare alla normocclusione; nelle I classi con il solo aumento verticale e nelle III in disto-posizione.
Il molaggio dei piani di rialzo occlusali nei settori
laterali permette il controllo della dimensione verticale: lasciati in occlusione, mantengono immodificata
l’altezza del morso; scaricati, permettono l’estrusione
molare e la riduzione del morso coperto incisivo.
Bionator di Balters
Questo monoblocco fu presentato da William Bionator nel 1950.
È indicato nelle malocclusioni di I, II e III classe,
con lo scopo di regolarizzare la funzione della
lingua e della muscolatura periorale.
Secondo Balters la bocca può essere paragonata
a una pompa aspirante e premente che necessita di
97
efficaci sigilli anteriori e posteriori, frequentemente insufficienti nelle disgnazie (incompetenza labiale, funzione linguale viziata).
L’attivatore ricrea i sigilli immettendosi nello
spazio dinamico tra le strutture orali e variando le
depressioni che si creano durante la deglutizione
sulle pareti della cavità orale, le pressioni e le trazioni esercitate dalla muscolatura sulle strutture
ossee e dento-alveolari. Il Bionator è un attivatore
passivo, privo di viti, piani inclinati e molle; le componenti sono la placca in resina, l’arco palatino a
omega e l’arco vestibolare in zona labiale che si prolunga con le anse buccinatorie.
Per la costruzione vanno rilevate tre cere occlusali: massima intercuspidazione, centrica, morso
funzionale; quest’ultimo è preso testa-testa per il
Bionator tipo 2 e in massima retrusione per il Bionator tipo 3.
Per molaggio si intende la fresatura della resina
eseguita in modo tale da favorire il bloccaggio dei
denti oppure la creazione di logge, setti e listelle atte a favorire lo spostamento dentario nella direzione voluta.
In laboratorio e successivamente in studio durante la costruzione del dispositivo si eseguono frequentemente le seguenti fresature del corpo in resina:
• occlusale, con eliminazione completa della resina a livello dei primi molari superiori e inferiori
SEGNI CLINICI DETERMINANTI LO SCHEMA COSTRUTTIVO DEL BIONATOR
III classi open bite
• Postura linguale bassa, interposizione linguale,
morso aperto
• Versione linguale incisivi superiori e vestibolare
o linguale incisivi inferiori
• Ipertonia labbro superiore e ipotonia labbro
inferiore
• Respirazione nasale difficile e ipertrofia di
adenoidi e tonsille
• Crescita mandibolare in basso e in avanti (oraria)
III classi deep bite
• Postura linguale bassa
• Inclinazione linguale incisivi superiori
e vestibolare incisivi inferiore
• Crescita mandibolare in alto e in avanti
(antioraria)
II classi divisione 1 open bite
• Interposizione linguale nella zona frontale
• Vestibolarizzazione degli incisivi superiori
e lingualizzazione degli incisivi inferiori
• Succhiamento (pollice, dito, succhiotto, labbro)
II classi divisione 1 deep bite
• Postura linguale alta con pressione retroincisiva
superiore
• Ipotonia labbro superiore e ipertonia labbro
inferiore
• Mesializzazione dell’arcata superiore e retrusione
dell’antagonista
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Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ TIPI DI BIONATOR
Vengono tradizionalmente descritti tre tipi di attivatore:
• il Bionator 1 (tipo) trova indicazione nelle normocclusioni con affollamento, nelle II classi divisione 1 e 2, nelle endognazie in genere
• il Bionator 2 (schermato) presenta uno schermo
in resina che serve a eliminare l’interposizione
linguale; è utilizzato nelle deglutizioni atipiche e
nei morsi aperti
• il Bionator 3 (inverso) presenta un arco vestibolare per la retrazione degli incisivi inferiori, è efficace nei morsi inversi e nelle III classi.
Diverse modifiche sono basate sull’introduzione
di elementi ausiliari: lo scudo labiale e lo scudo vestibolare bimascellare totale per eliminare la pressione delle labbra e delle guance e promuovere la
respirazione nasale; la vite di espansione centrale;
l’arco retroincisivo per allineamento. Il Bionator
Tokuyama è una variante che prevede un piano occlusale in materiale resiliente per favorire l’intrusione dei posteriori.
Il piano occlusale deve essere parallelo al piano di
Camper (trago-ala del naso) e per tale motivo i modelli vengono zoccolati in modo che siano paralleli
a tale piano.
Bionator 2 (schermato)
Bionator 3 (inverso)
Bionator Tokuyama
Bionator schermato con perla
Bionator 1 (tipo)
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
• orizzontale, creando delle zone di appoggio per i
premolari e lasciando toccare la cuspide più alta
in un punto (nicchie), per lasciare libertà di spostamento trasversale ai denti
• verticale, correggendo i setti interdentali per lasciare delle listelle, che hanno la funzione di guidare l’estrusione dei denti verso il piano occlusale nella giusta direzione (mesiale, distale).
Nelle III classi open bite, la cera per il morso di
costruzione è presa in massima retrusione e il corpo in resina costruito in modo da guidare la lingua
verso la zona anteriore del palato e contro gli incisivi superiori.
Lo scudo retrolabiale forma uno spazio vestibolare che facilita la esoinclinazione degli incisivi superiori, per azione della pressione linguale e della
depressione che si forma ad ogni deglutizione.
Il corpo forma uno spazio retrolinguale che facilita la lingualizzazione degli incisivi inferiori, per
pressione del labbro e depressione deglutitoria.
Il contatto con il piano occlusale stabilizza verticalmente i molari, mentre gli incisivi sono lasciati
liberi di estrudere.
Le anse buccinatorie (scudi linguali) mantengono discoste le guance e facilitano la vestibolarizzazione di molari e premolari, in morso inverso per
contrazione trasversale del palato, per l’azione di
spinta centrifuga della lingua.
Nelle III classi deep bite detta costruzione dell’attivatore segue lo schema seguente: il corpo in resina guida la lingua contro la zona retroincisiva superiore e la vestibolarizzazione degli incisivi superiori è facilitata dallo scudo retrolabiale superiore.
Gli incisivi sono bloccati verticalmente dal contatto con il piano occlusale, mentre i molari sono lasciati liberi di estrudere. Gli scudi vestibolari facilitano la vestibolarizzazione dei molari superiori.
Negli attivatori di III classe open e deep bite, il
corpo è sempre esteso nella parte inferiore per dislocare la lingua dal pavimento della cavità orale e
sottile nella parte superiore, per permetterle di appoggiarsi al processo alveolare superiore e ai molari superiori; in tale modo si incrementa la forza centrifuga della lingua, non bilanciata dall’azione centripeta delle guancie, tenute discoste dagli scudi vestibolari.
Nelle II classi divisione 1 deep bite il morso di costruzione porta gli incisivi in contatto di testa-testa,
in presenza di overjet elevati incrementando lo spostamento sagittale in più riprese.
Nel morso profondo gli incisivi sono stabilizzati
99
verticalmente; mentre i molari sono liberi di estrudere verso il piano occlusale ideale (Camper), regolando coerentemente il fresaggio.
La lingua è dislocata dalla parte alta della cavità
orale e guidata dallo scudo retroincisivo superiore e
dal corpo contro la zona retroincisiva inferiore viene
guidata in contatto con la parte bassa delle corone e
sul processo alveolare; in tal modo, eliminato il controbilanciamento antero-posteriore del labbro inferiore, prevale la spinta centrifuga dento-alveolare.
L’arcata inferiore contratta deve essere stimolata a un maggiore crescita trasversale dalla pressione della lingua sui processi alveolari e sulla parte
bassa delle corone dei molari e premolari; le anse
buccinatorie basse favoriscono la vestibolarizzazione.
Sugli incisivi superiori agisce la pressione di lingualizzazione espressa dalle labbra, riportate alla
funzione di sigillo.
Nelle II classi divisione 1 open bite il Bionator riveste la duplice funzione di guida della lingua e di
transfert dell’oggetto succhiato; la forma deve impedire alla lingua di immettersi tra le arcate e a ciò
sono deputati lo scudo retroincisivo e l’ansa palatina. I molari sono portati dal morso in normocclusione e stabilizzati verticalmente dal contatto con il
piano occlusale, mentre gli incisivi sono liberi di
estrudere. Sui superiori in vestibolo-inclinazione
agisce la forza centripeta del labbro superiore, sugli inferiori la forza centrifuga della lingua.
Se l’inclinazione dell’incisivo inferiore sul piano
mandibolare è eccessivamente lingualizzata, all’inizio della cura, la lingua viene indirizzata ad agire sul
margine incisivo per favorire la correzione vestibolare (Figg. 3.16-3.19).
Sistema ortopedico Bass
Il dispositivo fu presentato da Neville Bass nel 1982
e successivamente modificato.
È progettato per la correzione della discrepanza
scheletrica orizzontale di II classe, divisione 1 e
2, in pazienti dolico-facciali e brachi-facciali.
La placca mascellare ingloba: ganci di Adams a
livello dei primi molari e secondi premolari; un piano di rialzo totale esteso su tutta la superficie occlusale; molle incisive di torque; due anse linguali in
filo metallico dirette verso il basso.
100
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
FIG. 3.16 Bionator inverso per III classe open bite, postura linguale bassa.
FIG. 3.17 Bionator inverso per III classe deep bite.
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
101
FIG. 3.18 Bionator tipo per II classe divisione 1 deep bite, postura linguale alta.
FIG. 3.19 Bionator schermato per II classe divisione 1 open
bite.
102
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ SISTEMA BASS
L’apparecchio unisce la terapia funzionale e meccanica ortopedica; è modulare e costituito da una placca mascellare, un arco linguale mandibolare, una trazione extraorale e varie componenti ausiliarie.
L’apparecchio rimovibile è compatibile con la terapia fissa all’arcata inferiore e con l’utilizzo di elastici di II classe, tesi tra le bande sui molari inferiori
e le molle di torque incisive della placca mascellare.
Gli inconvenienti più frequenti consistono nella
difficoltà di attivare simmetricamente le anse di filo
e nella loro frattura.
Apparecchio di Bass classico
Apparecchio di Bass classico con TEO
Dynamic orthopaedic system di Bass, aspetto occlusale
Dynamic orthopaedic system di Bass, aspetto laterale e linguale
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
L’arco linguale mandibolare è saldato alle bande
molari, dove presenta due stop posteriori, in cui si
impegnano le anse mascellari, guidando l’avanzamento mandibolare.
Gli elementi ausiliari sono rappresentati da:
• vite di espansione trasversale posta anteriormente o posteriormente a seconda delle necessità del caso
• scudi vestibolari anteriori e/o laterali per modificare la funzione muscolare (tramite azione di stiramento e trimming) e allontanare le guance dal
processo alveolare; sono modulari e possono
quindi essere applicati e disinseriti secondo necessità
• trazione extraorale da inserirsi nelle cannule di
supporto saldate sui ganci molari della placca.
La direzione della trazione viene modulata in base al tipo di crescita:
• alta con braccia extraorali lunghe negli iperdivergenti
• temporale o bassa a braccia medie nei normodivergenti
• bassa a braccia corte negli ipodivergenti
• con archi separati inseriti in loop delle molle di
torque incisive nel sorriso gengivale.
La riattivazione delle anse linguali è progressiva,
in relazione alle difficoltà del paziente, e viene eseguita in genere ogni 6-8 settimane di 2 mm.
103
Lo spessore del piano occlusale di rialzo può essere regolato con il fresaggio, per ottenere l’estrusione dei denti mascellari e mandibolari, permettendo il controllo dello sviluppo verticale.
Placca di Bassani
Il dispositivo è idoneo alla terapia funzionale della
II classe, divisione 2 di Angle in dentatura permanente o mista. Gli obiettivi terapeutici consistono
nella correzione dell’angolo interincisivo, l’aumento della dimensione verticale, la mesializzazione
mandibolare e la distalizzazione mascellare.
È costituito dalle seguenti parti:
• una placca mascellare sezionale tripartita, stabilizzata con ganci sui molari
• una vite tridirezionale (Bertoni), per espandere
trasversalmente il palato e vestibolarizzare gli incisivi superiori retroinclinati
• un piano inclinato anteriore che termina con un
gradino orizzontale retroincisivo; il piano inclinato provoca un dislocamento mandibolare anteriore e l’inclinazione vestibolare gli incisivi inferiori; mentre il rialzo dato dal gradino riduce il
sovramorso permettendo l’estrusione dei settori
molari mandibolari infraocclusi.
➔ PLACCA DI BASSANI
Alcune modifiche del modello originale prevedono
placche bipartite o moduli ausiliari facoltativi rapresentati da: TEO sui tubi saldati sui ganci di Adams,
per la prognazia superiore; lip bumper inferiore rimovibile sulle cannule saldate ai ganci di Adams o
incluso nelle alette vestibolari in resina della placca
mascellare, per facilitare la vestibolo-versione degli
incisivi inferiori; scudi vestibolari, per ampliare il volume della capsula funzionale e favorire l’espansione trasversale dento-alveolare delle arcate.
Placca di Bassani
104
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
Modellatore elastico Bimler
Il dispositivo, presentato nel 1949, è idoneo con
opportune modifiche alla terapia delle malocclusioni di I, II, III classe di Angle, ipodivergenti;
presenta dei limiti per quanto riguarda il controllo della crescita verticale nei casi iperdivergenti.
Nei casi di II classe l’azione sagittale è esercitata
dai muscoli retrattori della mandibola, anteriorizzata
dal morso di costruzione, che esplicano una spinta indietro sul mascellare e azione inversa inferiormente.
L’espansione trasversale avviene su azioni di movimento diagonale di riflesso della mandibola; è
causata dai muscoli pterigoidei interni: quando la
mandibola compie un’escursione verso sinistra, il
segmento buccale inferiore destro incontra la resistenza della slitta destra e subisce una forza vestibolarizzante.
Attivatore scheletrato di Bimzat
L’attivatore di Bimzat fu presentato nel 1985 da B.
Genone.
È indicato nel trattamento delle II classi divisone
1 e delle III classi in dentizione mista, in soggetti
ipo e normodivergenti.
Il telaio di sostegno è simile all’apparecchio di
Crozat e utilizza molti dei principi di Bimler, in relazione alle finalità terapeutiche di II e III classe (da
cui il nome Bimzat).
Nei casi di II classe l’attivazione è mensile e prevede le regolazioni: della TEO alta, con forza di 400500 g, portata per 14-16 ore al giorno; delle molle retroincisive inferiori e delle flange linguali per la protrusione degli incisivi.
L’apparecchio di III classe richiede meno attivazioni, limitate allo spostamento in avanti degli scudi labiali superiori, quando gli incisivi vi entrano in
contatto.
Bio-finisher
Il Bio-finisher è un attivatore concepito nel 1985,
per posizionare la mandibola e contemporaneamente aumentare la dimensione verticale, estrudendo i settori posteriori.
Trova indicazione nei trattamenti di I, II e III classe con morso profondo, in particolare per risolvere i disturbi temporo-mandibolari conseguenti
a riduzione della dimensione verticale.
La placca in resina interessa l’arcata inferiore e le
parti laterali della superiore; il piano occlusale si
estende anteriormente per stabilizzare la dimensione
verticale degli incisivi, mentre viene lasciato libero il
piano occlusale posteriore per l’estrusione molare.
L’apparecchio è completato da un arco vestibolare e un arco retroincisivo superiore per controllare
gli incisivi mascellari. Nei settori laterali vestibolari
sono presenti due archi bookreds provvisti di uncini
per elastici verticali; l’arco superiore ha un’inclinazione di 30° rispetto ai denti inferiori e l’inferiore di
15° rispetto ai superiori, cioè inclinati in modo da
permettere l’estrusione lungo l’asse dentale.
Nei trattamenti ortodontici l’attivatore viene costruito con un morso attivo che porta a un rapporto
orizzontale di I classe e un rialzo anteriore di 3 mm;
nei disturbi temporo-mandibolari si utilizza la posizione terapeutica registrata con diverse metodiche.
Per l’estrusione si utilizzano elastici da 1/8 inch
(3,2 mm) con forza di 2,5 oz (70 g) tesi tra i brackets
fissati sui denti e gli uncini dei bookreds; in genere
si ottiene l’estrusione di tutti i denti (1 mm al mese).
È importante usare un elastico per ogni singolo dente e non a box per evitare movimenti dentali parassiti.
Attivatore di Bondi
Il dispositivo, presentato in modo sistematico da
Mario Bondi nel 1987, è utilizzabile nei casi di I, II,
III classe con alcune modifiche:
• orizzontale di II classe indicato nella II classe
funzionale, nella II classe con retrognazia
mandibolare e nella crescita ipodivergente
• verticale di II classe indicato nella II classe
con retrognazia mandibolare e crescita iperdivergente
• solo rialzato indicato nella I classe con morso
profondo dento-alveolare, morso profondo
scheletrico o morsi aperti scheletrici
• trasversale per contrazioni e riposizionamenti
della linea mediana
• elettivo nei casi di III classe sia funzionali che
scheletriche
• elettivo nei casi di estrazione.
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
105
➔ MODELLATORE ELASTICO BIMLER
Il modellatore è utilizzato in tre versioni principali:
• tipo A per protrusione incisiva (I classe e II classe
divisione 1)
• tipo B per retrusione incisiva (II classe divisione 2)
• tipo C per l’inversione incisiva o cross bite anteriore (III classe).
L’apparecchio di tipo C è formato da un arco
maxillo-mandibolare, appoggi orizzontali, molle retroincisive, molla di Coffin, archi linguo-vestibolari e
da una barra linguale retroincisiva.
Esistono, inoltre, sei varianti per il tipo A e C,
quattro per il tipo B che possono essere schematizzate come di seguito riportato:
• variazione 1 standard, utilizzata nella correzione
di rapporti intermascellari con arcate dentarie allineate, prive di affollamento
• special 2, indicata nei casi di alterato sviluppo delle arcate dentarie da insufficiente sviluppo delle
basi ossee o dalla matrice funzionale
• hypo 3, utilizzata nei casi di ipoplasia dell’arcata
mascellare e morso aperto uni o bilaterale
• extra 4, impiegata nei casi con affollamento di grado elevato e indicazione alle estrazioni dentali
• contra 5, idonea nei casi di morso profondo
• bipro 6, applicata nei casi di biprotrusione mascellare.
Bimler per I classe (tipo A)
Bimler per III classe (tipo C)
Bimler per III classe (tipo C)
Bimler per III classe (tipo C)
Bimler per II classe (tipo B)
Bimler per II classe (tipo B)
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Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ ATTIVATORE SCHELETRATO DI BIMZAT
L’attivatore di II classe risulta composto dalle seguenti parti:
• un arco transpalatino a forma di M
• 2 bracci linguo-palatini
• un arco labiale
• 2 flange latero-linguali connesse al complesso bite-scudo anteriore, che decorrono lungo la porzione sublinguale delle branche orizzontali della
mandibola
• anse retroincisive inferiori, che con le flange latero-linguali rappresentano il sistema di propulsione mandibolare
• bite metallico per il rialzo occlusale
• trazione extraorale con ancoraggi.
Il dispositivo di III classe risente delle influenze
delle concezioni di Frankel e libera i fornici vestibolari da pressioni e trazioni.
È costituito da:
• ganci di Crozat sui primi molari mandibolari
• ansa di propulsione incisiva superiore
• scudo continuo vestibolare superiore
• arco retroincisivo superiore con speroni linguali a C
• scudo su lip bumper inferiore.
Attivatore di II classe di Bimzat
Attivatore di II classe di Bizmat
Attivatore di II classe di Bizmat
Attivatore di III classe di Bimzat
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ BIO-FINISHER
Il dispositivo è nato da una modifica del Bionator di
Balters per riposizionare la mandibola e aumentare
la dimensione verticale.
Il dispositivo è usato solo nelle ore notturne e abbinato a un Bionator per il giorno, che permette di
controllare la direzione di eruzione dentale e mantenere il controllo del piano occlusale parallelo al
piano di Camper.
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Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ ATTIVATORE DI BONDI
L’apparecchio è simile all’attivatore di Andresen,
con l’aggiunta di alcuni elementi ausiliari: spine occlusali sui sesti superiori e inferiori; piano rialzato
anteriore con doccia per gli incisivi inferiori.
Nei casi di overjet ampio (o eccessiva apertura del
morso) oltre i 7-8 mm, il paziente può accusare fastidio e difficoltà a portare l’apparecchio per l’eccessivo stiramento dei tessuti molli e per l’attivazione dei riflessi miotatici. Viene consigliato di ridurre
lo spostamento iniziale, aumentandolo in modo
graduale con più riprese ed eseguendo un secondo
attivatore in fase successiva.
Nelle classi III il morso viene preso in distalizzazione.
Il fresaggio permette di ottenere gli spostamenti
dentali desiderati con un’azione dento-alveolare
che può essere svolta sul piano verticale, sagittale e
trasversale; l’obiettivo consiste nel togliere l’azione
di splint, in modo che l’apparecchio possa esplicare
l’energia cinetica, che in assenza di molaggio non
viene espressa.
Attivatore di Bondi orizzontale
Attivatore di Bondi orizzontale
Attivatore di Bondi orizzontale
Attivatore di Bondi verticale
Attivatore di Bondi verticale
Attivatore di Bondi verticale, particolare
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Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
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➔ATTIVATORE DI BONDI seguito
Attivatore di Bondi verticale, particolare delle listelle
per erusione mesiale dei molari inferiori
Attivatore di Bondi verticale, particolare delle listelle
e del blocco incisivo
Attivatore di Bondi di III classe
Il morso di costruzione varia a seconda della
classe scheletrica sagittale e dello sviluppo verticale (morso porfondo o aperto): a seconda che si ricerchi, cioè, un’azione verticale o orizzontale.
Nelle malocclusioni di I classe il morso è elevato
senza avanzamento per sfruttare l’azione verticale:
• nel morso profondo dento-alveolare il morso è
alzato entro i limiti dello spazio libero interocclusale (3-5 mm) e con il fresaggio del piano di
rialzo postero-laterale si ottiene l’estrusione dei
molari e l’intrusione incisiva
• nel morso profondo scheletrico il morso viene
rialzato 7-8 mm per ottenere l’attivazione della
componente muscolare mediante i riflessi miotatici e visco-elastica dei tessuti molli per effetto
dello stiramento
• nei morsi aperti dento-alveolari dovuti a disturbi
funzionali (discinesie labiali e linguali, abitudini
viziate) il morso è rialzato di 6-7 mm per sviluppare una sufficiente forza intrusiva sui molari e
facilitare l’estrusione degli incisivi
• nelle anomalie trasversali con affollamento l’attivatore agisce come una doppia placca.
Nelle malocclusioni di II classe il morso di costruzione è preso in modo da arrivare: alla normocclusione nelle II classi divisione 1 e con un rapporto incisivo di testa-testa nelle II classi divisione
2; il rialzo verticale è proporzionale all’avanzamento mandibolare.
Placche funzionali di Cervera
Si basano su concetti introdotti negli anni ’50 da
Planas e Bimler, che prevedevano lo sblocco dell’occlusione e la libertà dei movimenti mandibolari
durante la funzione. Si tratta di dispositivi completamente liberi nel cavo orale, privi di ancoraggi e
contatti con i denti posteriori, sostenuti dalla lingua
e dall’equilibrio funzionale muscolare.
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Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ PLACCHE FUNZIONALI DI CERVERA
La PCF, o placca funzionale di Cervera con bite anteriore, svincola le arcate dal contatto occlusale consentendo di ottenere i seguenti effetti:
• mesializzazione spontanea del gruppo posteriore
• chiusura di spazi di estrazione o “l’arte di perdere ancoraggio”, secondo Cervera
• correzione degli affollamenti dentari.
L’azione sulle due arcate è quella di un buon allineamento e livellamento globale, con diminuzione
dell’overbite dentale sia per estrusione dei molari
che per intrusione relativa dei frontali. Favorendo
un aumento dell’angolo intermascellare contrasta
la crescita in anterotazione che si avrebbe come conseguenza delle estrazioni.
La PCF-B, o placca funzionale di Cervera con doppio bite anteriore, è indicata nel trattamento di soggetti ipodivergenti con morso coperto determinato
da infralveolia molare e supralveolia incisiva; per cui
oltre l’estrusione molare è necessario l’intrusione
dei frontali.
La PCF-M, o placca funzionale di Cervera a bite
totale (anteriore e posteriore), è una placca di svincolo, indicata nel mesodivergente con morso normale (normoeruzione incisiva); serve a normalizzare
la crescita scheletrica, l’eruzione dento-alveolare e
lo sviluppo muscolare; rientra nel concetto di riequilibratore. Viene spesso utilizzata nelle edentulie
in dentatura decidua in modo da impedire infra e
supralveolie e interferenze occlusali.
La PCF-M-B, o placca funzionale di Cervera a bite
totale e con doppio bite anteriore, si utilizza in sog-
getti normodivergenti con supralveolia incisiva.
La PFB, o placca funzionale Bracco, è stata ideata
per la correzione dei morsi crociati mono e bilaterali, open bite scheletrici e dentali; è formata da bottone di resina palatino; bottoni di resina vestibolari
paramolari (bottoni di protrusiva); arco vestibolare;
molle di espansione; bite metallici posteriori (per intrudere i molari e saltare il morso).
La PFB-B, o placca funzionale Bracco con doppio
bite posteriore, può presentare bite monolaterali,
indicati per la correzione di morsi crociati posteriori; i bite bilaterali doppi si utilizzano in presenza di
grave morso aperto.
PCF-M-B e lip bumper
PCF-M-B e lip bumper
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Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
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➔ PLACCHE FUNZIONALI DI CERVERA seguito
PCF-M con piano inclinato per II classe
PFB di III classe con molle retroincisive e arco di retrazione incisiva inferiore
PFB di III classe con molle retroincisive e arco
di retrazione incisiva inferiore
PFB con molle retroincisive
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Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ PLACCHE FUNZIONALI DI CERVERA seguito
PFB con molle retroincisive
PCF di II classe in situ
Sono indicate nelle terapie delle I, II e III classi,
in dentatura mista, con morso coperto e mesoipodivergenza scheletrica; controindicazioni sono rappresentate dalla presenza di morsi aperti
anteriori, dall’eccessiva inclinazione vestibolare
degli incisivi e dall’iperdivergenza.
La PCF di I classe si impiega nei casi in cui l’obiettivo del trattamento è solo la correzione del
morso coperto; è la configurazione standard da cui
si parte per sviluppare le varianti ed è costituita da
diversi componenti:
• placca metallica orizzontale di rialzo anteriore
del morso (Equi-C) che disclude l’occlusione posteriormente
• bottone palatino acrilico (pastiglia palatina), che
unisce i diversi componenti della placca
• arco vestibolare con anse di compenso in modo
PCF di III classe in situ
da regolare la distanza dalla superficie vestibolare degli incisivi superiori
• scudi laterali (pastiglie vestibolari) per eliminare
la pressione del buccinatore.
La PCF di II classe divisione 1 aggiunge il piano
inclinato anteriore per gli incisivi inferiori per posizionare anteriormente la mandibola; è lungo circa 6
mm e presenta un’inclinazione di 45° con il piano
occlusale. L’incremento della protrusione mandibolare, nei casi con overjet elevato, può essere ottenuto con incrementi progressivi di resina per favorire l’adattabilità e comodità del paziente.
La PCF di II classe divisione 2 aggiunge, al piano
inclinato anteriore, le molle attivabili per la versione vestibolare degli incisivi centrali superiori e la
placca di rialzo anteriore doppia, che sviluppa con
l’elasticità un maggior stimolo intrusivo.
La PCF di III classe presenta, oltre alle componenti standard, uno scudo labiale anteriore per fa-
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
vorire la crescita della premaxilla; un arco di retrazione per gli incisivi inferiori; le molle di protrusione per gli incisivi superiori; le molle di espansione
per correggere la contrazione mascellare.
Per quanto riguarda i rialzi occlusali, si deve tenere presente che con bite posteriori la dimensione
verticale diminuisce, con bite anteriori aumenta e
con bite totali rimane inalterata. Numerosi elementi accessori possono integrare l’apparecchio per
specifiche indicazioni: lip bumper; stop occlusali
(rest) per mantenere spazi di estrazione o impedire
eccessive estrusioni dei denti latero-superiori; molle per distalizzazione e mesializzazione dentaria.
L’attivazione degli elementi ausiliari deve essere
molto lieve come entità e dipende dall’obiettivo: ad
esempio l’arco vestibolare superiore va tenuto a
contatto con i soli denti più protrusi nelle II classi e
scostati dai denti nelle III classi.
La durata di applicazione della PCF copre generalmente tutto il periodo di permuta dentaria: si
consiglia di portarla continuativamente e toglierla
solo per i pasti; dopo aver ottenuto la correzione
della malocclusione è sufficiente portarla solo durante la notte (circa 8 ore) sino a fine crescita.
Attivatore Ducovator
Si tratta di un attivatore verticale, che può essere adattato per piccoli spostamenti antero-posteriori della
mandibola o di espansione del mascellare. L’apparecchio è controindicato nel morso coperto scheletrico.
L’indicazione ideale consiste nella correzione del
morso aperto; situazione che spesso si accompagna a: ante-rotazione del piano bispinale; deglutizione atipica con interposizione linguale e beanza anteriore (open bite dentale); II o III classe
scheletrica iperdivergente.
L’altezza del bite oltre lo spazio libero provoca la
contrazione dei muscoli elevatori della mandibola
(riflessi miotatici) e genera una componente intrusiva nelle zone dento-alveolari interessate dal rialzo occlusale. La parte anteriore intercetta la lingua
ed evita l’interposizione tra gli incisivi; mentre l’aumento della dimensione verticale costringe l’orbicolare a contrarsi per rendere le labbra competenti; fattori che stimolano lo stiramento della matrice
capsulare posteriore, la crescita condilare e la rotazione antioraria della mandibola.
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Regolatore di funzione Frankel
Il regolatore di funzione, presentato da Rolf
Frankel nel 1956, influenza lo sviluppo scheletrico
e dento-alveolare agendo sul tono e la postura della muscolatura periorale.
È un attivatore passivo che presenta caratteristiche particolari e diverse rispetto agli altri apparecchi dello stesso gruppo, per rieducare la muscolatura occupa il vestibolo orale e lo spazio orale interno rimane libero.
Il concetto fondamentale nell’affermazione che
la fisioterapia e la ginnastica sono elementi fondamentali dell’ortopedia funzionale e che il dispositivo è un istruttore di ginnastica involontaria:
• nei casi di morso aperto dento-alveolare, in cui il
fattore eziologico più importante è rappresentato dalla interposizione delle labbra e delle guance (la lingua interviene secondariamente come
compenso)
• nei casi di morso aperto scheletrico, in cui la terapia deve tendere ad allungare il ramo mandibolare mediante uno stiramento della parte posteriore della matrice capsulare
• i muscoli facciali (in particolare l’orbicolare) giocano un ruolo fondamentale nella rotazione
mandibolare; per correggere la crescita è necessario trattare l’ipotono labiale ed è indispensabile prescrivere esercizi di rinforzo delle labbra nei
casi di incompetenza labiale.
Caratteristica del regolatore di funzione consiste: nel mantenere la mandibola in posizione protrusa attiva (mediante stimolo nocicettivo sulla mucosa), contrariamente agli attivatori tradizionali in
cui la protrusione passiva è data da piani di scivolo
in contatto con i denti; nel determinare spostamenti mandibolari sagittali e verticali modesti (2-3 mm),
con successive lievi riattivazioni.
I componenti di base sono:
• scudi vestibolari laterali
• arco labiale inferiore
• scudo linguale
• arco linguale mandibolare
• arco retroincisivo palatino
• arco palatino
• anse canine.
Gli scudi vestibolari laterali hanno uno spessore
2,5-3 mm; riconoscono la funzione di: ampliare lo
spazio della cavità orale; guidare il tragitto di chiusura mandibolare, stimolare lo sviluppo delle strutture dento-alveolari; favorire l’evoluzione dentale,
114
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ ATTIVATORE DUCOVATOR
L’apparecchio è costituito da due placche collegate
da due guide a U ed è aperto anteriormente. Sono
previste tre varianti:
• D1 con arco linguale inferiore, arco vestibolare,
vite superiore di espansione e molla di protrusione retroincisiva; lascia liberi i frontali e favorisce
l’estrusione incisiva con aumento dell’overbite
• D1A con copertura incisiva per contrastare l’estrusione dei frontali; assente l’arco incisivo
• D2 con vite a ventaglio per espansione mascellare anteriore.
È possibile aggiungere elementi ausiliari come
griglie linguali, ganci sui sesti, tubi per trazione extraorale, molle di vestibolarizzazione e stop occlusali. Il morso di costruzione è preso facendo coincidere le due linee mediane, superiore e inferiore con
quella del viso; per innescare le forze verticali è indispensabile che la presa del morso sia alta almeno
5 mm e non superi i 9 mm per non creare disturbi
temporo-mandibolari.
Ducovator D1
Ducovator, particolare della placca inferiore
Ducovator D1A
Ducovator D1A
Ducovator D2
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
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➔ REGOLATORE DI FRANKEL
Il FR I trova indicazione nella II classe divisione 1 da
retrognazia, nella quale si cerca di correggere la distocclusione con uno spostamento mandibolare in
toto in avanti. L’apparecchio è progettato per determinare: un arresto della crescita sagittale del mascellare; un incremento di quella mandibolare; una
riduzione dell’overbite e un aumento dell’altezza
del terzo inferiore del viso. Gli archi vestibolari superiore e inferiore (diametro 0,9-1 mm) si estendono da
uno scudo vestibolare all’altro appoggiandosi in modo attivo o passivo a livello del terzo medio coronale degli incisivi; nell’arco di III classe l’arco superiore
è attivo e il superiore porta due bottoni retrolabiali.
È composto da diverse parti e rappresenta il dispositivo di base da cui si ricavano le altre tipologie
di regolatori di funzione.
Il FR II è indicato nei casi di I e II classe ipodivergenti e overbite accentuato; presenta gli stessi componenti di massima del FR I, ma ne differisce nei
ganci per i canini e l’aggiunta della molla di protrusione nel mascellare superiore.
L’apparecchio è progettato per determinare un
arresto della crescita sagittale del mascellare e un incremento di quella mandibolare; una correzione
marcata dell’inclinazione dento-alveolare vestibolare nel mascellare superiore e linguale nell’inferiore;
una riduzione dell’overbite con un aumento dell’altezza del terzo inferiore del viso.
Il FR IIIa, è indicato nella classe III di Angle ed è
progettato per favorire la crescita mascellare e frenare quella mandibolare di grado elevato:
• gli scudi laterali vestibolari e labiali superiori sono costruiti estesi, alti nel solco vestibolare e scostati dal processo alveolare, per stimolare con la
trazione la crescita ossea ed eliminare l’azione
inibitoria della pressione dei tessuti molli delle
labbra e delle guance
• gli scudi labiali inferiori sono a fermo contatto
con la superficie vestibolare dei denti e della mucosa del fornice vestibolare realizzando un freno
allo sviluppo trasversale della mandibola.
Il FR IIIb è indicato nei casi di progenismo con poco overbite inverso; differisce dal IIIa per la mancanza dei piani di rialzo laterali e l’aggiunta di un filo
d’appoggio sui molari superiori; è progettato per favorire la crescita mascellare e frenare quella mandibolare di grado ridotto.
Il FR IV è indicato nel morso aperto scheletrico e
nella biprotrusione dento-alveolare per la quale è
prevista: l’aggiunta di un arco labiale inferiore, simile a quello di FR III; un arco palatino con appoggi
per molari e premolari superiori.
Frankel II
Frankel II
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Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ REGOLATORE DI FRANKEL seguito
Frankel II
Frankel II in metallo
Frankel III
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Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ REGOLATORE DI FRANKEL seguito
Frankel III in metallo, visione linguale
Frankel III in metallo
Frankel IV
Frankel IV
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Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
eliminando l’interposizione delle guance e la pressione in processi alveolari.
L’arco labiale inferiore è costruito con 3 pezzi di filo d’acciaio di 0,9 mm di diametro, collegati agli scudi vestibolari; sostengono due scudi in resina (bottoni labiali), situati nella profondità del fornice a lato
del frenulo, a 4-5 mm dal margine gengivale; riconosce funzioni sovrapponibili agli scudi vestibolari.
Lo scudo linguale si estende da quarto a quarto
inferiore ed è a 0,5 mm dal margine gengivale; è collegato da due fili di supporto agli scudi vestibolari
e può portare due molle retroincisive.
L’arco linguale mandibolare (diametro 0,8 mm) è
inserito per mezzo di passanti sugli scudi vestibolari; presenta due anse a U e corre all’altezza del cingolo degli incisivi inferiori senza toccarli. L’arco re-
REGOLATORE DI FUNZIONE DI FRANKEL
Tipo
Componenti
Indicazioni
FR Ia
2 scudi laterali
Arco vestibolare inferiore con bottoni retrolabiali
Arco vestibolare superiore
Arco linguale mandibolare
Anse canine
Arco palatino
Appoggio sui molari superiori
I classe, overbite normale, affollamento
II classe divisione 1 da retromandibulia, overjet
inferiore a 5 mm, overbite normale
II classe divisione 1, morso aperto
FR Ib
Come FR Ia con le seguenti varianti:
Scudo linguale con molle di protrusione
I classe, overbite normale, latero-deviazione
funzionale mandibolare, affollamento
II classe divisione 1 da retromandibulia, overjet
inferiore a 7 mm, overbite normale,
latero-deviazione funzionale mandibolare,
affollamento
FR Ic
Come FR Ia con le seguenti varianti:
Scudo linguale con molle di protrusione
Scudi vestibolari divisi orizzontalmente
e verticalmente in due parti
II classe divisione 1 da retromandibulia, overjet
inferiore a 7 mm, overbite normale,
latero-deviazione funzionale mandibolare,
affollamento
FR II
Come FR I con le seguenti varianti:
Scudo linguale con molle di protrusione
Molle di protrusione di gruppo frontale
superiore
I classe, retrusione dei frontali, morso
profondo
II classe divisione 1 e 2 con morso profondo
In ogni caso tipo facciale ipodivergente
FR IIIa
Come FR I con le seguenti varianti:
Molle di protrusione di gruppo frontale
superiore
Rialzi occlusali in resina laterali
Stop occlusali sui primi molari inferiori
III classe da retro e ipomaxillia, con morso
profondo e incrociato anteriore
FR IIIb
Come FR I con le seguenti varianti:
Molle di protrusione di gruppo frontale
superiore
Rialzi occlusali in resina laterali
Stop occlusali sui primi molari inferiori
III classe da retro e ipomaxillia, senza morso
incrociato anteriore
FR IV
Morso aperto basale
Come FR I con le seguenti varianti:
Stop occlusali sui primi molari e molari decidui Biprotrusione
superiori
Assenza di anse canine e molle di protrusione
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
troincisivo palatino (diametro 0,7 mm) è inserito
negli scudi tramite passanti; nel FR II ha la funzione di appoggio verticale per stabilizzare il dispositivo, nel FR III di stimolo meccanico per la protrusione degli incisivi superiori.
L’arco palatino è un elemento di rinforzo passante sulla superficie occlusale che decorre da una superficie vestibolare all’altra.
Le anse canine servono come guida per dare sostegno in corrispondenza di 53 e 63; si inseriscono
negli scudi vestibolari con passanti.
Si distinguono diversi tipi di regolatori di funzione, composti dall’assembramento di diverse parti a
seconda degli obiettivi terapeutici perseguiti.
Secondo Frankel il momento migliore per iniziare la terapia è la fase iniziale della dentatura mista,
prevedendo una durata della terapia di 2 anni (terapia intercettiva precoce); in dentatura definitiva
le possibilità terapeutiche sono molto limitate.
Per la presa del morso di costruzione si ottemperano i seguenti principi:
• nei casi di I classe con sovraocclusione (FR I) si
realizza un morso testa-testa tra i margini incisivi in modo da ottenere lo spazio per l’estrusione
dei molari
• nei casi di II classe con sovraocclusione (FR II)
si realizza un morso testa-testa tra i margini incisivi; se l’overjet supera gli 8 mm e/o la posizione è scomoda a causa della muscolatura iperattiva per lo stiramento, si opta per uno spostamento minore (3-4 mm) da aumentare successivamente
• nei casi di III classe (FR IIIa, FR IIIb) si prende il
morso con la mandibola retrusa alzando il morso della misura minima per permettere l’eliminazione dell’inversione anteriore
• nei casi di morso aperto (FR IV) si evita di rialzare l’occlusione.
Le istruzioni per l’applicazione del dispositivo
sono le seguenti:
• iniziare portando l’apparecchio di giorno 2-3 ore,
incrementando progressivamente fino a 12 ore
entro quindici giorni; associare esercizi di lettura e sforzarsi di tenere le labbra chiuse
• mantenere l’apparecchio in bocca di giorno per
12 ore sino alla fine del primo mese e quindi portarlo 20 ore al giorno, sforzandosi sempre di tenere le labbra chiuse.
Quando l’apparecchio è programmato correttamente, non sono necessarie attivazioni o fresaggi,
difficili per il rischio di deformazione; se l’espan-
119
sione non è più adeguata si passa alla costruzione
di un altro apparecchio.
È facile da eseguire una lieve attivazione (2-3
mm) a carico delle molle di protrusione e per spostamento in avanti dello scudo linguale e labiale inferiore. A tale scopo nella costruzione della parte
vestibolare inferiore, può essere inserita una vite da
attivare saltuariamente.
Una particolare modifica del regolatore è rappresentata dalla placca vestibolare di Frankel, che rovescia il concetto terapeutico: è circoscritta all’arcata inferiore e presenta il corpo nella zona vestibolare. Si tratta sostanzialmente di uno schermo vestibolare che non altera lo spazio della lingua, permette una buona fonazione e favorisce lo sviluppo in
senso trasversale delle arcate dento-alveolari eliminando la pressione delle labbra e delle guance.
Attivatore Harwold-Woodside-Sassouni
Il dispositivo trova indicazione nel trattamento
delle malocclusioni di II e III classe, sfruttando
sia la tensione attiva che passiva dei tessuti orofacciali, tramite cui sviluppa livelli di forza maggiori rispetto agli altri attivatori.
La tensione attiva dei muscoli è rappresentata
dal riflesso miotatico, originato dai fusi neuromuscolari stirati, forza che risulta prevalente negli attivatori in cui il morso è registrato con variazioni
moderate. La tensione passiva dipende dalle forze
visco-elastiche sviluppate dai tessuti oro-facciali
(cute, tendini, muscoli) stirati da morsi di costruzione molto alti (Fig. 3.20).
Fig. 3.20 Schema di funzionamento dell’attivatore di Harwold.
120
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ ATTIVATORE DI HARWOLD-WOODSIDE-SASSOUNI
Nel trattamento della II classe il fresaggio favorisce
l’eruzione dei denti latero-posteriori mandibolari
che avviene ad angolo retto col piano occlusale funzionale; molari e premolari mandibolari, quindi,
non risultano in contatto con il piano di rialzo occlusale; mentre gli incisivi e i canini mandibolari, tutti i denti mascellari sono in contatto con l’acrilico per
bloccare l’eruzione dei denti mascellari.
Nel trattamento della III classe l’eruzione dei settori latero-posteriori è inibita nell’arcata mandibolare, mentre è favorita nel mascellare, dove avviene
in basso e in avanti. La rifinitura delle flange linguali
deve lasciare dei cunei in acrilico per i denti lateroposteriori, sporgenze che possono essere funzionalizzate per trasmettere una forza distalizzante ai
denti mascellari e mesializzante ai mandibolari.
Attivatore di Harwold-Woodside-Sassouni
Attivatore di Harwold-Woodside-Sassouni
La placca standard per la terapia delle II classi
comprende: un arco vestibolare a livello degli incisivi mascellari, che si prolunga con 2 anse a livello
premolare per scaricare la pressione delle guance
(scudi laterali o guanciali); un piano in acrilico a
contatto con i tessuti molli sottostanti i denti, che
assicura la propulsione mandibolare; molle dislocanti in direzione distale, poste mesialmente ai primi molari mascellari permanenti.
L’attivatore di III classe è costruito con criteri inversi a quello di II classe: l’arco vestibolare è a livello degli incisivi mandibolari e le 2 anse sono posizionate a livello del fornice superiore per scaricare la pressione esercitata dal labbro e stirare il mucoperiostio; le molle mesializzanti sono poste distamene ai molari mascellari.
Il morso di costruzione negli attivatori di II classe prevede una protrusione mandibolare di 3 mm
(inferiore alla massima protrusione) e un’apertura
verticale di 8-10 mm (oltre la posizione di riposo);
nelle III classi è costruito in posizione retrusa.
Il funzionamento dell’apparecchio dipende da una
corretta funzionalizzazione tramite fresaggio dei settori latero-posteriori (dal primo premolare al primo
molare permanente) del piano occlusale di rialzo.
Apparecchio di Herbst
L’apparecchio è indicato nella correzione delle II
classi in fase di crescita.
Si tratta di un’apparecchiatura funzionale fissa,
costituita da un meccanismo a telescopio bilaterale,
composto da un tubo, un pistone, 2 perni e 2 viti.
Costringe la mandibola in posizione anterioriz-
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ APPARECCHIO DI HERBST
L’apparecchio stabilizzato mediante bande permette aggiustamenti interocclusali spontanei e quindi il
raggiungimento di un’occlusione stabile; produce
inoltre effetti sovrapponibili alle trazioni intermascellari di II classe (aumento della dimensione verticale e rotazione oraria del piano occlusale) ed è controindicato in caso di iperdivergenza.
L’apparecchio stabilizzato mediante splint previene l’eruzione dentale e impedisce gli aggiustamenti interocclusali, inducendo la formazione di un
morso aperto posteriore, situazione che richiede la
correzione con la vestibolarizzazione o l’intrusione
degli incisivi in modo da permettere una rotazione
mandibolare anteriore (antioaria); ne consegue un
maggior avanzamento sagittale del pogonion e una
diminuzione della dimensione verticale.
Apparecchio di Herbst rimovibile
Apparecchio di Herbst fisso
Apparecchio di Herbst cementato su placche,
visione frontale
Apparecchio di Herbst cementato su placche, visione laterale
121
122
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
zata, permettendo movimenti verticali di apertura e
chiusura, ma limitati in lateralità.
L’apparecchio può essere stabilizzato in vari modi:
• mediante bande ai primi molari permanenti superiori e ai primi premolari inferiori; si utilizzano
bande costruite su misura (alte 5 e spesse 0,15
mm) più robuste di quelle in commercio; possono essere solidarizzate con arco linguale semitondo (0,15-0,75 mm) ad altre bande
• mediante splint acrilici rimovibili o cementati,
costruiti su uno scheletro di filo di acciaio da 1,1
mm
• mediante splint metallici cementati.
I due tipi di stabilizzazione (bande, split) inducono effetti diversi a livello dentale.
Il morso di costruzione viene preso con gli incisivi in posizione di testa-testa; in caso di II classe divisione 2 gli incisivi superiori devono essere intrusi
e vestibolarizzati in precedenza. L’iperpropulsione
mandibolare permette la correzione in tempi brevi
(9 mesi) e la cementazione evita problemi derivanti da scarsa collaborazione.
Il controllo della crescita del mascellare può essere ottenuto associando una TEO inserita in tubi
molari saldati sulle bande o inseriti nello splint superiore.
Il Jasper jumper e il light pull sono modifiche della biella di Herbst (v. Trazioni intermascellari di II
classe).
Attivatore elastico aperto di Klammt
L’attivatore elastico aperto di Klammt (EOA, 1958)
deriva dall’attivatore di Andresen.
È indicato nelle II classi divisione 1 e 2, nelle II
classi deep bite, nell’open bite e nella protrusione bialveolare.
A seconda di particolari situazioni cliniche, il
Klammt può essere modificato in vari modi.
Per il trattamento di II classi divisione 2, il dispositivo viene costruito con arco vestibolare superiore distanziato dai denti o segmentato, arco vestibolare inferiore con scudi labiali (pelote), fili guida a
contatto con i soli incisivi centrali per sbloccarli.
Per la correzione di morsi crociati anteriori il dispositivo presenta pelote superiori, flange scostate in zona retroincisiva inferiore, arco inferiore
con anse in corrispondenza dei canini, fili guida
palatini.
Nel morso aperto (open bite) si utilizzano apparecchi con archi vestibolari superiore e inferiore in
modo che siano gengivali alle curvature dei denti
frontali e a contatto con il colletto; inoltre si predispongono fili guida superiori modellati a griglia e
scostati dalle superfici linguali dei denti, placca in
resina scostata dagli incisivi inferiori.
Per correggere i cross bite monolaterali si eliminano le superfici guida sul lato inferiore in morso
inverso.
Nei casi con estrazioni si usano superfici guida lisce in caso si voglia ottenere la chiusura dello spazio da parte di ambedue i denti contigui; si fresano
canali guida nel caso si voglia favorire la chiusura
in direzione distale.
Per mantenere gli spazi di estrazione si inseriscono spine metalliche o superfici guida o bande
ortodontiche.
I casi di contrazioni bilaterali (palato triangolare) richiedono superfici lisce, doppio arco, fili guida superiori e inferiori.
Per i casi di contrazione trasversale bimascellare e malposizione di 12 e 22, associati a II classe di
Angle, si predispongono superfici lisce, doppio arco, fili guida superiori e inferiori. Nel corso del trattamento è possibile asportare le superfici guida
presenti eliminandole o rifacendole.
La risoluzione di un morso profondo avviene più
rapidamente senza superfici guida per l’assenza di
attriti frenanti; la permuta avviene in modo spontaneo e naturale.
Le superfici guida sono invece consigliate nei casi di sovramorso quando siano spuntati i premolari
definitivi, nel progenismo, nel morso aperto, nel
cross monolaterale (a eccezione del lato inverso).
L’attivazione della molla palatina e degli archi vestibolari va eseguita ogni 2-4 controlli secondo necessità, con pinza ortodontica convessa.
Si deve controllare che la permuta avvenga senza impedimenti:
• nel caso di eruzione di un premolare in direzione
palatina è possibile, aggiungendo resina, dare un
impulso per l’allineamento
• nel caso di eruzione di un premolare in direzione
vestibolare va molata la resina e attivato l’arco
vestibolare
• nel caso di perdita precoce del secondo molarino deciduo si inseriscono spine metalliche per
salvaguardare lo spazio.
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
123
➔ KLAMMT
L’EOA standard prevede varie componenti:
• 2 corpi in resina separati uniti da filo in acciaio (1
mm) con o senza superfici di guida per l’eruzione
dentale
• arco palatino a forma di molla di Coffin
• arco labiale superiore e inferiore modellati con
una forma ideale d’arcata e a contatto solo sui
denti più sporgenti; hanno il compito di dare for-
ma all’arcata e scostare buccinatori e orbicolari;
talvolta sono sostituiti da scudi labiali con la stessa funzione
• fili guida superiori e inferiori per guidare gli incisivi
• spine di ancoraggio mesiali ai molari superiori.
Si possono realizzare diverse versioni dell’EOA in
base alle specifiche necessità cliniche.
EOA di Klammt per morso aperto
EOA di Klammt per II classe divisione 1
EOA di Klammt per II classe divisione 1
Attivatore di Klammt per II classe divisione 2
Attivatore di Klammt per II classe divisione 2
124
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ ATTIVATORE DI LEHMAN
Esistono cinque diversi tipi di attivatori di Lehman:
• IA usato nelle II classi con protrusione superiore e
distocclusione inferiore per la distalizzazione del
mascellare e vite di espansione centrale
• IB, palato aperto, con 2 viti a snodo per espansione mascellare anteriore e posteriore differenziata
• IIA usato contemporaneamente alla terapia fissa;
privo di bracci per trazione extraorale e con vite
centrale di espansione
• IIB identico a IIA, con molla di Coffin centrale
• IIIB con palato aperto, 2 viti a snodo per espansione mascellare anteriore e posteriore differenziata; 2 tubi per trazione extraorale a livello molare.
L’apparecchio per la sua costruzione non necessita di un morso in cera.
L’attivazione del vallo di avanzamento è graduale; si segna con la matita l’avanzamento desiderato
sulla superficie occlusale dello splint e si attivano le
2 anse laterali sino a quando il filo guida non copre
il segno tracciato.
Attivatore di Lehman IA
Attivatore di Lehman IIB
Attivatore di Lehman IIB
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
Attivatore di Lehman
L’attivatore di Lehman, presentato nel 1984, rientra
nel gruppo degli attivatori con trazione extraorale.
Trova indicazione nelle II classi con retrusione
mandibolare, associata o meno a protrusione mascellare, e come tutti gli attivatori con trazione
occipitale permette il controllo della crescita verticale del mascellare.
L’attivatore è composto da tre parti:
• splint mascellare con piano piatto e parallelo al
piano occlusale
• vallo di avanzamento mandibolare, regolabile
con doppie anse per l’attivazione in modo che
tocchi la mucosa retroincisiva e provochi un riflesso nocicettivo in zona retroincisiva inferiore
• 2 bracci esterni per la trazione extraorale, collegati alla placca nella regione mesiale degli incisivi laterali superiori, che si stendono sino ai molari per far passare la linea di azione della trazione occipitale attraverso il centro di resistenza
mascellare rappresentato dalla sutura zigomatico-mascellare (v. Teuscher)
• vite di espansione centrale
• arco vestibolare attivato in contrazione e schermo vestibolare che ingloba il margine incisivo
dei frontali superiori per controllare il torque.
Placche di Planas
La riabilitazione neurocclusale si basa sul concetto
che lo sviluppo dell’organismo dipende dall’interazione di due stimoli: il genotipico e il paratipico; se
le influenze paratipiche sono anormali si sviluppa
un fenotipo anormale.
Fig. 3.21 Piste di rotaggio delle placche di Planas.
125
Secondo P. Planas molti problemi del sistema
stomatognatico derivano dall’atrofia muscolare del
sistema masticatorio, provocata in gran parte dal
regime alimentare civilizzato.
Le placche di Planas (1950) hanno lo scopo di
sviluppare una funzione fisiologica di e mantenere
in equilibrio della bocca con la loro presenza, senza esercitare pressioni o forze.
Planas porta l’esempio della costruzione di una
semplice placca palatina senza ritenzione, che appena inserita si incastra, mentre pochi giorni dopo
perde la ritentività per l’impercettibile adattamento
del parodonto. Le placche lavorano “per presenza”,
e ciò significa che posizionate nel cavo orale determinano una forza espansiva trasversale, la quale
dopo un certo periodo viene a mancare, e deve essere attivata la vite di espansione centrale.
L’inclinazione delle piste di rotaggio è molto importante in quanto variandone l’inclinazione in senso antero-posteriore si correggono le malocclusione sagittali (Figg. 3.21 e 3.22):
• nelle II classi le piste superiori sono basse davanti e alte dietro (le inferiori hanno inclinazione
opposta) in modo da promuovere un movimento
terapeutico verso l’avanti della mandibola
• nelle III classi le piste superiori sono alte davanti e basse dietro (le inferiori hanno inclinazione
opposta) in modo da promuovere un movimento
terapeutico verso l’indietro della mandibola.
Le piste di rotaggio sono lamine in acrilico della
lunghezza 3 cm e larghezza spessore di 1 mm superiormente e 2 mm inferiormente.
Il morso di costruzione per il laboratorio viene
registrato in protrusione nelle II classi e in retrusione per le III, con un rialzo minimo, riducendo l’overbite a 1-2 mm.
L’utilizzazione delle placche di Planas richiede
una buona conoscenza del molaggio selettivo.
126
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ PLACCHE DI PLANAS DI II CLASSE-EQUI-PLAN
Le placche sono prive di elementi di ritenzione e
sono stabilizzate mediante:
• 2 stop occlusali o fermo-occlusioni (diametro 0,8
mm) posizionati sulle facce occlusali dei sesti inferiori per evitare lesioni alle mucose da affondamento della placca
• 2 stabilizzatori (diametro 0,7 mm) posizionati tra
laterale e canino superiore e inferiore per dare
stabilità nei movimenti di lateralità ed evitare il
ribaltamento.
con funzione di piano di rialzo per intrudere gli
incisivi nei casi di sovraocclusione.
Nelle placche possono essere inseriti gli elementi
accessori:
• molle di progenia di Eschler, per aumentare la
funzione stimolante della placca superiore nel
morso inverso anteriore
• viti di espansione palatina, per risolvere nei casi
di morso crociato
• equi-plan, placca incisiva in acciaio inossidabile
Il contatto occlusale tra la placca mandibolare e
mascellare avviene sulle piste di rotaggio, alle quali
sono deputate le funzioni di:
• stabilizzare le placche in senso verticale
• facilitare il movimento di lateralità permettendo
alla mandibola di muoversi liberamente da entrambi i lati
• liberare l’ATM e riabilitarla
• orientare il piano occlusale e favorire lo sviluppo
dell’apparato stomatognatico
• risolvere il cross bite variando l’inclinazione in
senso trasversale
• correggere la dimensione verticale e far lavorare
l’apparecchio secondo il principio della minima
dimensione verticale
• frenare le mesio-occlusioni e disto-occlusioni.
Placche di Planas di II classe
Placche di Planas con molle di Eschler
Placca inferiore
Placca superiore
➥
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ PLACCHE DI PLANAS DI II CLASSE-EQUI-PLAN seguito
Placche di Planas II classe
Placche di Planas III classe
➔ EQUI-PLAN
È formato da 2 placche unite da molle distali e piano interincisivo metallico in acciaio (3-4 decimi di
mm di spessore; 2,5 cm di larghezza), un arco incisivo superiore e 2 stabilizzatori inferiori passanti tra
incisivi laterali e canini. Il dispositivo inibisce l’estrusione dell’arcata superiore, la favorisce nei segmenti posteriori inferiori e controlla gli incisivi superiori
e inferiori; in questo modo la curva di compenso diviene meno profonda, il morso si apre progressivamente e la distocclusione migliora. Per la correzione
della II classe il morso di costruzione viene registrato in apertura e leggero avanzamento. Gli stabilizzatori d’equilibrio di Planas hanno la stessa forma
dell’equi-plan senza la piastra metallica; sono posizionatori dinamici di fine cura, con funzione di stabilizzare l’occlusione, permettere l’estrusione posteriore e facilitare i movimenti di lateralità.
Equi-plan
Equi-plan
127
128
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
CD
C
Zona di
contatto
D
CD
CD
a
CD
Zona di
contatto
Superiore
Inferiore
b
Fig. 3.22 Piste di rotaggio delle placche di Planas. (a) Arcata superiore: la distanza tra il margine palatino dei denti e la pista
(scarico) è di 2 mm. (b) Arcata inferiore: nessuno scarico fra il margine linguale dei denti e la pista.
Le placche vanno funzionalizzate una alla volta in
laboratorio e ricontrollate in bocca nell’ambulatorio.
Si comincia dalla inferiore che deve aderire precisamente nella zona dei colletti per esercitare l’azione
per presenza; distribuire il carico uniformemente sulle
mucose per evitare decubiti durante il lavoro delle piste; non avere contatti sovraequatoriali sui denti che
impedirebbero l’estrusione; gli stabilizzatori non devono rialzare o rialzare al minimo la dimensione verticale; l’ingombro linguale deve essere ridotto al minimo.
Se le piste dell’arcata inferiore si prolungano oltre gli stop occlusali, vanno accorciate per evitare
fenomeni di ribaltamento.
Si irruvidiscono le superfici delle piste inferiori
per visualizzare i segni lasciati dalla carta da articolazione; vengono rimossi i contatti delle cuspidi
superiori sulle piste per ridurre al minimo il rialzo
verticale, sia in centrica che in lateralità.
Si rimuove l’apparecchio inferiore e si funzionalizza con gli stessi parametri il superiore.
Dopo avere funzionalizzato i due apparecchi separatamente si funzionalizzano le due placche assieme seguendo i principi esposti:
• il contatto tra le piste deve essere il più anteriore
possibile per evitare il ribaltamento e favorire la ricerca della dimensione verticale minima terapeutica (DVA dimensione verticale con apparecchi)
• l’overbite deve essere minimo
• va assicurata la massima libertà di scorrimento
laterale e sagittale
• l’inclinazione delle piste deve dirigere la mandibola in direzione antero-posteriore nelle III classi, postero-anteriore nelle II, lateralmente nel
cross bite; quando necessario si compendia una
doppia inclinazione sagittale e trasversale.
Per correggere le disto-occlusioni (II classe) si
inserisce sulle piste di rotaggio una opportuna inclinazione rivolta verso l’alto in senso postero-anteroriore; in modo che il paziente sia obbligato ad
avanzare la mandibola per ricercare una dimensione minima verticale.
Per correggere le mesio-occlusioni (III classi) si
opta per un meccanismo inverso al precedente.
Per diminuire la tendenza alla crescita verticale,
le piste di rotaggio vanno molate in modo da toccare solo nelle zone di sostegno (molari e premolari).
Mentre per aumentare la dimensione verticale
nei casi di sovraocclusione, si inserisce un piano di
rialzo anteriore in resina o metallo, in modo da discludere l’occlusione e permettere l’estrusione dei
denti latero-posteriori.
L’equilibrador Planas (equi-plan) è adatto nella terapia dei morsi coperti, aumenta la dimensione verticale estrudendo i settori molari e libera la mandibola
nei movimenti di lateralità, ricentrandola.
Attivatore spring di Sander
L’attivatore verticale a molla di F.G. Sander favorisce la crescita antioraria, attivando contrazioni isometriche dei muscoli elevatori e producendo una
distrazione condilare (Fig. 3.23).
L’indicazione è rappresentata da: crescita con
iperdivergenza e open bite scheletrico; disturbi
cranio-mandibolari con problemi di compressione
articolare; riabilitazione a seguito di fratture del
collo del condilo; riabilitazione postoperatoria.
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
129
Fig. 3.23 Attivatore Spring di Sander.
I risultati terapeutici dipendono dagli effetti muscolari che si traducono in rotazione della mandibola in senso orario, attivazione della muscolatura con
conseguente allungamento delle fibre, produzione di
contrazioni isotoniche e distrazione condilare.
Si tratta di una doppia placca, in cui la superiore è
stabilizzata da ganci di ritenzione e un arco vestibolare; è collegata alla mandibolare da due molle a spilla di
balia (con 1-3 occhielli), che esercitano una forza di
500 g e sono posizionate il più posteriormente possibile per favorire la rotazione antioraria della mandibola.
Nei casi di crescita verticale accentuata si può
associare una trazione extraorale alta.
Per la costruzione va registrato un morso attivo
con rialzo posteriore, la cui entità varia in relazione alle indicazioni terapeutiche e al tipo di crescita; varia
da uno spessore minimo nei pazienti normodivergenti, fino a 10 mm in zona molare nei soggetti con crescita verticale. Lo spostamento sagittale non supera i
5 mm; va proporzionato al rialzo verticale diminuendo al suo aumentare per migliorare confort e compliance del paziente.
Fig. 3.24 Bite jumping di Sander di II classe.
Bite jumping di Sander
La placca saltamorso o bite jumping appliance (BJA)
di F.G. Sander rappresenta la modifica e l’evoluzione
della placca doppia di A.M. Schwarz (Figg. 3.24 e 3.25).
Il BJA risulta utile in diverse situazioni nel trattamento della II classe divisione 1:
quando sono richiesti movimenti indipendenti
per ogni mascellare (ad esempio per una forte
espansione del mascellare superiore); per evitare la proinclinazione degli incisivi inferiori provocata dal contatto con il piano inclinato (nel
BJA le forze reciproche sono trasmesse alla placca inferiore).
Nei pazienti che hanno raggiunto la fine della
crescita puberale, prima di applicare un attivatore,
spesso è necessario espandere le arcate, con un ritardo nel trattamento che riduce le possibilità terapeutiche.
In questi casi il BJA accelera i tempi di tratta-
130
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
Fig. 3.25 Bite jumping di Sander di III classe.
mento poiché funziona come placca attiva di espansione e attivatore funzionale contemporaneamente.
L’apparecchio è formato da 2 placche:
• una placca di espansione mandibolare (con vite
di espansione centrale), un piano inclinato di 5565° nella zona della flangia retroincisiva (per l’avanzamento mandibolare) e ganci di ritenzione
• una placca di espansione mascellare (con vite di
espansione centrale), 2 zanche metalliche di guida (che avanzano la mandibola appoggiandosi
sul piano inclinato della placca inferiore) e ganci per la ritenzione.
Possono esser utilizzati diversi tipi di ganci, ma a
causa delle numerose parti attive la preferenza va
ai ganci di Adams sui molari che offrono maggior ritenzione.
Possono essere aggiunti altri elementi ausiliari
utilizzati nelle placche attive per ottenere movimenti di denti singoli come viti micrometriche, viti
aperte, viti distali, molle.
Nei casi in cui è necessario frenare la crescita o
a
Fig. 3.26 Placca di Stephenson (a) e la stessa in situ (b).
retrudere il mascellare si saldano dei tubi buccali
per TEO ai ganci di Adams situati sui molari o premolari. Gli stessi tubi, saldati ai ganci di Adams inferiori, permettono l’utilizzazione di lip bumper.
L’uso di scudi mandibolari deve essere preso in
considerazione nei pazienti che hanno l’abitudine a
succhiare il labbro inferiore; mentre le zanche di
guida eliminano la possibilità di suzione del dito.
Il morso in cera viene preso in posizione di testatesta tra i bordi incisivi.
La protrusione non deve mai essere superiore a 7
mm, per evitare l’inefficienza del dispositivo e la difficoltà di adattamento del paziente. Nei casi di grande overjet si ottengono buoni risultati con incrementi progressivi di 3 mm. La riattivazione della protrusione può essere ottenuta aggiungendo resina sul
piano inclinato o inclinando le zanche di guida con
un’inclinazione di circa 60° sul piano occlusale, che
risulta in genere ben tollerata. Scaricando il piano di
rialzo occlusale è possibile ridurre il sovramorso.
Apparecchio di Stephenson
L’apparecchio di Stephenson (Fig. 3.26) è anche noto come apparecchio combinato di placca di Ginevra con trazione extraorale.
È indicato nel trattamento della II classe divisione 1 in dentatura decidua e mista, dovuta a protrusione del mascellare e morso aperto con aumento dell’angolo del piano mandibolare.
È composto da:
• una placca superiore rimovibile
• 2 ganci di Adams su 16 e 26 (55, 65 in dentatura
decidua)
b
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
• una vite di espansione centrale, attivata 1 mm al
mese per risolvere un cross bite o 0,25 (1/4 di giro)
al mese per seguire la normale crescita trasversale
• piani di spessore latero-posteriori che ricoprono
2/3 delle superfici occlusali e lasciano scoperto
1/3 vestibolare per facilitare l’attivazione dei ganci di Adams
• cannule per trazione extraorale inserite nell’acrilico
• arco di trazione extraorale del tipo occipitale o alto, angolato di 30° sul piano occlusale (controllo
della crescita verticale) e forza di 500 g per lato.
La placca deve essere portata a tempo pieno per
consentire la correzione trasversale e sagittale; la
TEO 12-14 ore al giorno, fino a ottenere un rapporto molare di I classe, raggiungibile mediamente in
6-8 mesi.
Kinetor di Stockfish
Il Kinetor di Hugo Stockfish (1952) presenta la più
alta polivalenza fra gli attivatori bimascellari.
Risulta vantaggioso nell’85% delle anomalie verticali dei mascellari e nel 35% dei problemi sagittali e trasversali:
• nella contrazione delle arcate determina un’espansione delle arcate sia diminuendo la pressione muscolare vestibolare sia trasferendola sul
processo dento-alveolare
• nella sovraocclusione favorisce l’apertura del
morso mediante il tubo flessibile interposto tra
le placche che apre lo spazio occlusale e permette ai denti posteriori di erompere
• nel morso aperto favorisce la chiusura del morso con il tubo flessibile inibendo l’estrusione dei
denti posteriori e intrudendoli.
È controindicato nei casi gravi di ipoplasia mascellare che richiedono la disgiunzione della sutura
palatina e nei casi di progenismo con open bite destinati alla chirurgia.
L’apparecchio si compone di 2 placche in resina
prive di ritenzione e da un filo 0,8 mm ad ansa vestibolare.
Attivatore di Teuscher
L’attivatore di Zurigo fu presentato da Teuscher nel
1976.
Trova indicazione nei casi di II classe divisione 1,
caratterizzati da protrusione mascellare e una retrusione mandibolare, ed è particolarmente efficace in presenza di crescita verticale, in quanto evita
la post-rotazione del piano occlusale (Fig. 3.27).
Il dispositivo consiste di diverse parti:
• corpo di resina e barra palatina con ansa di attivazione
• piano occlusale costruito con morso di costruzione in avanzamento sagittale
• 4 molle di torque sugli incisivi superiori in filo
tondo 0,6 mm (TCA, torque control ausiliars),
con attivazione di 200 g per i centrali e 150 g per
i laterali
• 2 cannule per trazione extraorale saldate su ganci
molari o inserite nella resina e un arco extraorale
• trazione extraorale con carico di 300-400 g per lato se non si vuole bloccare completamente la
B
ROT M
C
2
OCC
1
131
ROT OCC
ROT D
Fig. 3.27 Centro di rotazione del mascellare e direzione di TEO secondo Teuscher.
A
132
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ KINETOR
È proposto in un’unica costruzione standard con
un’unica variante relativa ai tubi flessibili applicati
alla placca inferiore: singoli nei casi sia programmata un’apertura del morso; tripli per ottenere la chiusura del morso.
A seconda delle necessità si possono inserire viti
telescopiche, molle e spine guida.
Il Kinetor va indossato durante la notte e almeno
3 ore durante il giorno e svolge la propria funzione
in un periodo di 10-14 mesi; casi più gravi richiedono applicazioni più intense.
Successivamente si applica un attivatore aperto o
la terapia fissa.
Kinetor di Stockfish
Kinetor di Stockfish
Kinetor di Stockfish
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
133
Fig. 3.29 Twin Block per correzione di II classe.
apertura del morso, si posiziona sulla linea che congiunge il centro di resistenza alveolare (situato tra i
primi premolari a 1/3 della distanza tra gli apici e il tavolato occlusale) e il centro di resistenza mascellare
(area nei pressi della sutura zigomatico-mascellare).
In presenza di crescita verticale si utilizza una
trazione extraorale alta (Fig. 3.28).
Twin Block
Il dispositivo fu presentato da William J. Clark nel
1982.
Fig. 3.28 Apparecchio di Teuscher.
crescita del mascellare, sino a un massimo di
800-1000 g per la retrusione mascellare.
L’impiego viene indicato in 12 ore al giorno, durante la notte.
La TEO è un attivatore di tipo temporale, in cui il
vettore della forza extraorale, per non trasmettere
movimenti indesiderati di rotazione mascellare e
È indicato per la correzione in fase di crescita
delle discrepanze scheletriche di II classe (Fig.
3.29) (meno efficace nelle III) caratterizzate almeno in parte da retrusione mandibolare, sia in
pazienti dolico-facciali che brachi-facciali.
Il dispositivo è anche utilizzabile per la terapia
dell’OSA.
È composto da una doppia placca, ancorata con
ganci e corredata di rialzi occlusali (bite block), che
entrano in contatto nella regione distale dei secondi
134
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ TWIN BLOCK
Twin Block di II classe
Twin Block di II classe
Twin Block di II classe con trazione extraorale
e trazione elastica intraorale anteriore
Twin Block di III classe
➥
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
135
➔ TWIN BLOCK seguito
Twin Block di II classe in situ
Placca per estrusione dei premolari
Molle per mesializzazione incisivi
Twin Block, con doppio arco incisivo, visione occlusale
➥
136
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ TWIN BLOCK seguito
Twin Block per OSA
Twin Block per OSA
premolari inferiori su piani inclinati di 65-70°, determinando un avanzamento mandibolare. Possono essere inseriti diversi elementi ausiliari, come viti di
espansione trasversale nei casi di contrazione mascellare; viti e molle sagittali per recuperare spazio
in arcata (ad esempio per la proversione degli incisivi nella II classe divisione 2). Per facilitare la correzione di una protrusione mascellare, possono essere associate la trazione extraorale (applicata su
cannule saldate ai ganci molari) o la trazione con
elastici intermascellari applicata su pieghe dell’arco
vestibolare superiore e sui ganci molari inferiori.
Il morso di costruzione prevede: un avanzamento orizzontale di 5-10 mm, ottenuto con incrementi
progressivi di 2 mm; uno spazio interocclusale a livello premolare di 3-5 mm (nei casi di II classe divisione 2 non inferiore ai 5 mm) per consentire uno
spessore sufficiente alla costruzione e all’attivazione dei bite block.
L’attivazione verticale nei casi di morso coperto
in soggetti ipodivergenti, consiste nel molaggio selettivo dei bite block superiori per permettere l’estrusione dei molari inferiori (Fig. 3.30).
Nei casi iperdivergenti con morso aperto, i denti
devono rimanere in contatto con la resina, per favorire l’intrusione molare; vi è anche la possibilità
di associare l’uso di elastici verticali anteriori su
brackets per aumentare l’estrusione degli incisivi. Il
trattamento prevede tre fasi con tre diversi apparecchi in successione:
• durante la fase attiva è consigliabile portare la
doppia placca ininterrottamente
• nella fase di supporto si applica una placca superiore provvista di piano inclinato anteriore, per
mantenere l’avanzamento mandibolare e permettere l’estrusione dei settori latero-posteriori
• raggiunta un’occlusione stabile, l’uso di un apparecchio di contenzione è limitato alle ore notturne.
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
a
137
b
Fig. 3.30 Twin Block con attivazione verticale in presenza di morso coperto per estrusione prima dei molari (a) e successivo
utilizzo di placca per estrudere i premolari (b).
Altri attivatori
➔ Attivatori di Lautrou
➔ Pro-slider
➔ U-Bow activator di Karwetzky
➔ Placca di Rivoli
➔ Attivatore di Van Beek
➔ Dispositivi funzionali di Woodside
➔ Herghenzingher
➔ Placca di Thourow
➔ Placca di Maj
➔ Berliner reaktivator di Miethke
➔ Attivatore di Gudin
➔ Morfocorrettore di Giannì
➔ ATTIVATORE DI LAUTROU
Si tratta di un monoblocco in resina, utilizzato nelle
retromandibulie, con alette guida laterali e un piano inclinato inferiore.
La resina ricopre vestibolarmente il gruppo incisivo superiore e il primo terzo del gruppo incisivo
inferiore. La papilla retroincisiva e la zona delle ru-
gosità palatine restano libere. L’apparecchio possiede ganci di Adams sui 16 e 26. L’arco facciale (1,5
mm sezione di filo) è posto in una cerniera incisiva
costituita da un tubo di 1,9 mm di sezione, annegata trasversalmente nella resina, nella parte anteriore.
138
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ PRO-SLIDER
Le indicazioni al trattamento sono costituite da II
classi scheletriche da retromandibulia, in pazienti in
fase di crescita.
L’apparecchio può essere di tipo fisso o rimovibile e consente movimenti progressivi di avanzamento e un’attivazione differenziata sui due lati della
bocca.
Nell’apparecchio fisso il supporto è rappresentato da bande superiori solidarizzate con arco transpalatino e inferiori con arco linguale.
Il meccanismo attivo vestibolare è costituito da
una guida curva superiore che disloca anteriormente la mandibola mediante scivolamento su un cilindro. Il dispositivo mobile è stato proposto per la terapia dell’OSA.
Pro-slider fisso
Pro-slider fisso
Pro-slider mobile per OSA
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
139
➔ U-BOW ACTIVATOR DI KARWETZKY
• 2 placche che ricoprono tutti i denti e i tessuti
gengivali provviste di splint occlusali che si estendono a tutta l’arcata
• archi labiali
• 2 molle a U che consentono lo scorrimento delle
placche con il conseguente avanzamento mandibolare
• ganci per aumentare la stabilità
• vite di espansione nei casi di contrazione mascellare
• molle di protrusione sugli incisivi superiori nei casi di II classe divisione 2.
U-Bow activator typla è utilizzato nelle III classi e
nei cross bite anteriori; differisce dall’apparecchio di
Karwetzky per la disposizione delle molle, inverse al
precedente, che consentono la distalizzazione dell’arcata inferiore.
Per la costruzione si utilizza un morso attivo che
presenta un rialzo occlusale di 5 mm. La contrazione delle molle determina l’avanzamento graduale
dell’arcata inferiore; se attivate asimmetricamente
determinano la rotazione mandibolare.
Nella II classe divisione 2 la correzione della discrepanza sagittale avviene gradualmente dopo
aver allineato i denti.
U-Bow activator di II classe
U-Bow activator Typla per III classe
L’apparecchio di R. Karwetzky (1965) è indicato nelle II classi divisione 1 e 2, nei casi di asimmetria articolare e di overbite scheletrico.
L’attivatore è costituito da:
Attivatore di Karwetzy di II classe
140
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ PLACCA DI RIVOLI
La placca sfrutta i concetti di propulsione attiva per cui
un contatto tra l’apparecchio e la parte di mucosa sottostante i centrali inferiori porta la mandibola in avanti attivando modificazioni a livello muscolare e articolare con conseguente accrescimento. Le indicazioni
consistono nelle malocclusioni di II classe di Angle.
La placca di II classe può essere costruita con un
bite anteriore, un bite posteriore o una copertura
completa in base alle indicazioni cliniche.
Il palato può essere fatto con una placca in resina
(in cui inserire una vite di espansione) o una molla a
omega.
La stabilizzazione è ottenuta con ganci di Adams.
Lo scudo linguale di avanzamento (pelote) è collegato alla placca mediante un filo con ansa a occhiello che presenta delle anse di compensazione.
In pratica per la costruzione non è necessario il
modello inferiore e l’attivazione è svolta sia inizialmente che nel corso della terapia dall’ortodontista
senza ricorrere al laboratorio.
L’attivazione della propulsione mandibolare è
ottenuta con pinza ortodontica sulle anse di compenso in senso sagittale e sull’occhiello in senso verticale.
Placca di Rivoli di II classe
Placca di Rivoli di III classe
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
141
➔ ATTIVATORE DI VAN BEEK
L’apparecchio è efficace nei casi con accentuata curva di Spee. È composto da un monoblocco con 2 archi per trazione extraorale collegati all’acrilico; è utilizzato in combinazione con la trazione alta (high
pull). La placca ricopre i denti anteriori superiori sino
alla linea cervicale per controllarne il torque; i denti
inferiori sono coperti solo per 2-3 mm nella zona vestibolare lasciando libero il lato linguale per evitare
inclinazioni vestibolari. Gli scudi linguali laterali
prendono contatto solo nella zona linguale con i premolari e hanno la funzione di protrudere la mandibola. Le cuspidi palatine dei molari superiori sono in
contatto con la resina, rifinita a piano inclinato per
permettere l’espansione trasversale superiore. L’apparecchio viene costruito con un morso corretto in
avanti di 5-7 mm e un’altezza non superiore ai 4 mm.
È controllato ogni 6-8 settimane.
Attivatore di Van Beek
Attivatore di Van Beek
Attivatore di Van Beek
➔ HERGHENZINGHER
Si tratta di un attivatore di II classe derivato da una
modifica del monoblocco di Andresen. L’apparecchio
è costruito a caduta, cioè privo di ganci, e prevede
l’avvolgimento con resina delle superfici occlusali de-
gli incisivi inferiori, per prevenire la vestibolarizzazione. È presente un arco vestibolare con ansa a U a cui
è sovrapposto un secondo arco (0,7 mm) con funzione di lip bumper e un arco retroincisivo superiore.
Herghenzingher
142
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ DISPOSITIVI FUNZIONALI DI WOODSIDE
Il dispositivo funzionale di II e III classe è stato proposto da D.G. Woodside nel 1979.
Il morso di costruzione è preso in I classe, con
uno spessore di 2-3 mm di altezza nella zona anteriore, in modo da aumentare la dimensione verticale secondo la teoria del “coltello a serramanico” proposta dall’autore; in base alla quale per innescare il meccanismo che attiva la crescita mandibolare occorre superare la dimensione dello
spazio libero e realizzare una ipercorrezione verticale.
Il dispositivo di II classe favorisce l’avanzamento
mandibolare e l’eruzione dei molari inferiori e blocca i superiori, ottenendo una correzione automatica della malocclusione. Le parti che costituiscono
l’apparecchio sono: una molla di Coffin di 1 mm di
diametro, per espansione mascellare; un arco palatino e linguale (0,9 mm) di connessione; un arco vestibolare superiore e inferiore (0,9 mm) con scudi laterali; arco vestibolare inferiore; barra linguale inferiore; uno scudo linguale inferiore per costringere
una posizione anteriorizzata della mandibola; un
piano occlusale in resina.
Il dispositivo di III classe (Woodside-Lie) favorisce
al massimo l’eruzione dei molari superiori in senso
verticale, controllando la crescita della mandibola in
avanti; è costituito da: un arco vestibolare inferiore
di 0,9 mm a contatto con gli incisivi; 2 scudi vestibolari superiori in filo 1,1 mm, scostati 2 mm dai processi alveolari; uno scudo labiale superiore; un arco
transpalatino; una barra linguale inferiore in filo da
1 mm; un piano occlusale.
Attivatore di Woodside di II classe
Attivatore di Woodside di III classe
➔ PLACCA DI THOUROW
Si tratta di una placca funzionalizzata per la terapia
della II classe divisione 2 costituita da vite settoriale
a tre vie per l’espansione del palato e per la vestibolarizzazione degli incisivi superiori; piani masticanti in resina, per svincolare l’occlusione; cannule
inglobate nella resina per trazione extraorale.
Placca di Thourow
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
143
➔ PLACCA DI MAJ
Dispositivo presentato da Giorgio Maj nel 1941, è
costituito da una placca monomascellare superiore
indicata nel trattamento delle II classi da retromandibulia in fase di crescita. È formata da uno scudo
linguale di avanzamento mandibolare collegato alla placca superiore da fili metallici con occhiello, un
arco vestibolare superiore di retrazione, una vite di
espansione e un lip bumper inferiore.
Placca di Maj
Placca di Maj
➔ BERLINER REAKTIVATOR DI MIETHKE
Il dispositivo, presentato nel 1985 da R.R. Miethke, è
indicato nelle II classi con morso profondo. È formato
da una placca superiore con splint occlusale in contatto su tutti i denti o scaricato posteriormente per
permettere l’estrusione dei denti latero-posteriori;
ganci di Adams sui molari e uncini per trazione extraorale sui canini; uno scudo linguale in contatto con
la mucosa retroincisiva per la propulsione mandibolare. Il morso di costruzione riporta uno spostamento
mesiale di 3 mm per la mandibola e un rialzo verticale di 0,5 mm. L’apparecchio viene portato aumentando gradualmente il tempo sino a raggiungere le 16
ore al giorno; l’attivazione viene svolta dopo 4 mesi
quando si è verificato l’adattamento muscolare.
Attivatore di II classe di Miethke
144
Capitolo 3 • Attivatori e terapia ortopedico-funzionale
➔ ATTIVATORE DI GUDIN
Si tratta di un monoblocco che ha lo scopo di ottenere una rotazione antioraria della mandibola e
conseguente abbassamento della lingua con aumento del volume oro-faringeo.
È composto da: una placca mascellare che lascia
scoperte le superfici occlusali dei denti laterali, a ec-
cezione di quelli su cui viene posizionata la tallonette; spessore in resina che ricopre il tavolato occlusale per metà in senso vestibolo-linguale.
Anteriormente la resina si discosta dagli incisivi
per favorire la chiusura del morso aperto anteriore.
Tallonette
Schema dell’attivatore di Gudin
➔ MORFOCORRETTORE DI GIANNÌ
L’apparecchio, presentato da Ennio Giannì nel 1980,
è indicato per la correzione delle malocclusioni di II
classe con morso aperto, sia per disto-occlusione
mandibolare che composite con protrusione mascellare e disto-occlusione mandibolare.
L’apparecchio è costituito da:
• un propulsore mandibolare che, situato lingualmente agli incisivi inferiori, costringe la mandibola in avanti, stimolando il pterigoideo laterale
e l’accrescimento mandibolare
• 2 scudi vestibolari anteriori laterali al frenulo che
hanno la funzione di costringere il labbro inferiore verso l’alto ottenendo il sigillo labiale
• 2 scudi vestibolari laterali con la funzione di neutralizzare la forza muscolare delle guance per-
mettendo alla lingua di esercitare un’espansione
funzionale delle arcate
• una barra palatina a forma di omega chiusa posteriormente che consente l’espansione degli scudi; i due estremi della barra vanno a collocarsi fra
la cuspide vestibolare dei primi molari agendo come una trazione extraorale
• un arco vestibolare che ha la funzione di lingualizzare gli incisivi superiori
• fili di unione delle varie parti.
L’apparecchio è consigliato in tutta la fase di crescita a cominciare dagli 8-9 anni. Si inizia l’applicazione con una certa gradualità arrivando a 16 ore
giornaliere dopo un periodo di adattamento di un
mese.
Morfocorrettore di Giannì
CAPITOLO 4
Discinesie orali
e terapia miofunzionale
Abitudini viziate
Le abitudini viziate sono stili di comportamento
normali in un certo periodo della vita che, protratti
oltre tempo, alterano lo sviluppo della dentizione e
la crescita dei mascellari.
Per abitudini viziate si intendono il succhiamento,
l’onicofagia e la dermofagia; per parafunzioni la
deglutizione infantile, la respirazione orale e i tic.
Si riscontrano frequentemente quadri sindromici, caratterizzati dalla compresenza di respirazione
orale, deglutizione atipica, postura bassa della lingua, incompetenza labiale e dislalie.
Succhiamento
Può presentarsi a carico del pollice o di altre dita;
di labbra, guance e lingua; del succhiotto e di altri
oggetti. Non presenta effetti significativi a lungo
termine durante gli anni della dentatura decidua,
ma il persistere sino all’inizio della dentatura permanente si associa tipicamente a incisivi superiori
vestibolarizzati con diastemi, incisivi inferiori lingualizzati, open bite anteriore e morso crociato.
La malocclusione deriva dal disequilibrio tra forze centripete e centrifughe di guance, labbra e lingua; il grado di dislocamento dipende dalle modalità e dal numero quotidiano di ore di succhiamento: bambini che succhiano con vigore, ma con intermittenza, possono non presentare spostamenti;
pressioni di 6 o più ore al giorno si associano a malocclusioni rilevanti.
La terapia non è necessaria sino ai 3-4 anni; tra
4-6 anni si utilizzano preferenzialmente tecniche
motivazionali ed esercizi mioterapici; dopo i 6 anni
trovano indicazione dispositivi ortodontici (quadhelix, griglie con speroni), ortopedici (disgiuntori)
e funzionali (tipo Bionator), associati a mioterapia.
La terapia del morso del labbro inferiore è simile
a quella del succhiamento e si basa su lip bumper,
schermi vestibolari e terapia comportamentale.
Deglutizione atipica
Richiede ordini di considerazioni complessi. La deglutizione infantile (primaria) si svolge, durante
l’allattamento, mediante l’interposizione della lingua tra i cuscinetti gengivali; la punta viene a contatto con la mucosa del labbro inferiore e le labbra
sono serrate attorno al capezzolo; in modo da trasformare la cavità orale in una pompa a vuoto, in
CAUSE DI DEGLUTIZIONE ATIPICA
• Disturbi affettivi
• Abitudini viziate
• Anomalie strutturali delle basi ossee (gravi II
classe)
• Ipotonie della muscolatura labiale
• Problemi di dimensione o inserzione della
lingua (macroglossia, frenulo labiale corto)
146
Capitolo 4 • Discinesie orali e terapia miofunzionale
cui la lingua si comporta come un pistone che sale
e scende per consentire la suzione.
Il passaggio alla deglutizione adulta (secondaria) avviene con l’eruzione dei denti decidui, in periodi variabili da qualche mese a qualche anno, in
cui il bambino adotta meccanismi deglutitori di
transizione; di solito prevale la deglutizione infantile sino agli inizi della dentatura permanente.
La deglutizione atipica si presenta nell’adulto
con diversi quadri:
• deglutizione infantile residua, con permanenza
dopo la permuta del gruppo dentale anteriore; il
cibo viene posto sul dorso della lingua e la masticazione avviene tra la punta e il palato
• deglutizione con spinta linguale semplice, in cui
i denti sono in occlusione e la lingua sporge nel
morso aperto anteriore; tipico di questi casi è
l’aumento dell’overjet a causa della vestibolarizzazione degli incisivi superiori e lingualizzazione
degli inferiori
• deglutizione con spinta linguale complessa, in
cui la deglutizione avviene a denti separati e la
lingua si interpone tra le arcate in toto.
La disfunzione condiziona in vario grado lo sviluppo, la morfologia e la postura mandibolare, determinando malocclusioni complesse caratterizzate da
morso aperto dentale anteriore e laterale; contrazioni
anomale delle labbra e della muscolatura oro-facciale; postura linguale bassa con dislalia e respirazione
orale; II classe scheletrica con retromandibulia o III
classe con iposviluppo mascellare e promandibulia.
Attualmente si ritiene che il posizionamento anteriore della lingua durante la deglutizione sia da
considerarsi il risultato del morso aperto e non la
causa della malocclusione, che dipende dalla po-
stura bassa della lingua a riposo. Quest’ultima esercita una pressione costante ed efficace nel modificare l’equilibrio muscolare e osseo, mentre la sola
deglutizione è troppo breve per determinare effetti
permanenti.
La terapia miofunzionale è fondamentale, al punto che i dispositivi ne rappresentano l’integrazione,
e viene divisa in fasi con obiettivi sequenziali.
In bambini collaboranti di 8-10 anni si possono
acquisire normali funzioni con ripetute serie giornaliere di esercizi, per 2-3 mesi.
Ad integrare gli esercizi di mioterapia si utilizzano dispositivi rappresentati da griglie su archi fissi
o placche rimovibili, archi palatini con speroni, attivatori con schermi (Bionator, Andresen, Frankel).
Respirazione orale
Merita un discorso a parte, in quanto presenta un’eziologia legata a patologie locali ostruttive (patologie
adeno-tonsillari) e generali (asma, allergie) dell’apparato respiratorio (v. Capitolo 7, Patologie ORL).
Globalmente considerata, la terapia integra diverse metodiche in relazione al tipo di discinesia,
momento di intervento (prevenzione, intercettazione) e al grado della dismorfosi instaurata; frequentemente in ambito di medicina condivisa con altre
specializzazioni mediche (fisioterapista, logopedista, ORL) si utilizzano:
• terapie miofunzionali
• dispositivi ortodontici funzionali
• dispositivi meccanici ortodontici e ortopedici (v.
Capitolo 7, Sindrome da ipertrofia adenoidea).
Dispositivi miofunzionali
LE FASI DELLA TERAPIA MIOFUNZIONALE
• Motivazione, per stimolare la collaborazione
del bambino con rinforzi positivi (terapie
comportamentali, ausili psicologici, valenze
indotte positive)
• Impostazione corretta della funzione
principale alterata e correzione
delle parafunzioni associate
• Trasferimento della funzione dal livello
conscio a livello inconscio, mediante
autoverifica della corretta funzione e serie
di esercizi attivi di mioterapia
Tipi di dispositivi
➔ Stimolatori della funzione
➔ Functional Trainer
➔ Multi-P
➔ Position Trainer
➔ Elevatori linguali
➔ Envelope Linguale Nocturne di Bonnet
➔ Schermi
➔ Restrittori della funzione
Capitolo 4 • Discinesie orali e terapia miofunzionale
147
➔ STIMOLATORI DELLA FUNZIONE
Gli stimolatori rieducano la funzione e sono utilizzati, in abbinamento alla terapia miofunzionale, come terapia eziologica delle abitudini viziate.
La perla di Tucat è una sfera libera di ruotare attorno a un supporto metallico, applicata a barre palatine o placche rimovibili; viene posizionata arretrata
rispetto la papilla retroincisiva per ipercorreggere la
posizione linguale. Il Blue Grass è un cilindro retroincisivo costruito con gli stessi criteri della perla di Tucat.
Sono spesso utilizzate anche placche con un elastico retroincisivo Tero tra due supporti.
Il corpo stimolante di Rocabado è costituito da un
elastico posto in zona retroincisiva, teso tra due
ganci fissati a una placca. Si tratta di un dispositivo
per la riequilibrazione della funzione muscolare e
delle abitudini viziate; è composto da:
• lamella linguale per annullare la pressione linguale sugli incisivi superiori
• scudo per inibire la respirazione orale
• superficie ruvida nella parte anteriore inferiore
con funzione di lip bumper
• scudi linguali laterali per posizionare la lingua
• splint alare per decompressione dell’articolazione temporo-mandibolare nei modelli per DTM.
L’apparecchio di Haberfellner e Rossiwall è uno
stimolatore della funzione per pazienti con handicap, ideato per coadiuvare la terapia in bambini affetti da paralisi cerebrale con compromissione del
distretto facciale, faringeo e orale. Gli scudi labiali
anteriori servono a migliorare la cenestesi della zona periorale e stimolare la chiusura della rima orale,
riducendo la percolazione di saliva. Il corpo palatino, a forma di coda, ha il compito di ripristinare il riflesso e la coordinazione neuromuscolare della deglutizione.
Le placche di Castillo Morales sono indicate nelle
terapie delle dismorfosi facciali associate a sindrome
di Down (v. Capitolo 8, Sindrome di Down).
Blue Grass
Arco transpalatino con perla di Tucat
Apparecchio di Haberfellner e Rossiwal
Placca con elastico retroincisivo
148
Capitolo 4 • Discinesie orali e terapia miofunzionale
➔ FUNCTIONAL TRAINER
È un dispositivo preformato che riproduce la forma
parabolica dell’arcata naturale; agisce da schermo
per neutralizzare le forze centripete e centrifughe
sulle arcate dentarie. Viene utilizzato in dentatura
mista iniziale (6-8 anni) come guida occlusale nelle
malocclusioni di II classe acquisite per alterazioni della matrice funzionale (deglutizione atipica, succhiamento). L’apparecchio mantiene una posizione di testa a testa incisiva che rinforza la propulsione mandibolare per raggiungere la I classe. È composto da:
• doccia occlusale mascellare e mandibolare
• guida-lingua, per obbligare la lingua a posizionarsi sulle papille retroincisive
• alette lip bumper, che contrastano le forze muscolari anomale del solco labio-mentoniero
• alloggiamento per il gruppo incisivo: crea una leggera pressione costante sugli incisivi in malposizione, allineandoli e ricentrando la linea mediana
• alti scudi laterali: controllano l’attività dei muscoli buccinatori
• splint occlusale posteriore per decomprimere lievemente le articolazioni temporo-mandibolari.
Functional Trainer
➔ MULTI-P
È un dispositivo preformato, in diverse misure, di silicone molto elastico, che può essere sterilizzato e disinfettato in acqua bollente. Viene utilizzato in dentatura mista avanzata per guidare l’eruzione degli
incisivi nei casi con lieve sovramorso, beanza, affollamento dento-alveolare e diastemi. Frequentemente è utilizzato in sequenza dopo l’applicazione di Position e/o Functional Trainer. Esiste in due versioni:
• tradizionale, senza sovraspessore posteriore intermolare per i casi di normo o deep bite
• con sovraspessore posteriore per i casi con open bite.
È dotato di bordi linguali alti per ripristinare una
corretta guida mandibolare nei casi di forte overjet
e overbite; anche i bordi vestibolari sono alti con
funzione di guida eruttiva. Ha anche la funzione di
guidare la mandibola in I classe.
La scelta della misura viene supportata da un righello di selezione, con una marcatura verticale, da
posizionarsi tra il laterale e il canino o superiore o
inferiore sinistro; la misura viene letta nel punto di
contatto tra il laterale e il canino superiori di destra.
L’apparecchio va portato di notte e 2-3 ore durante
il giorno; occorre esercitare una lieve pressione per
la corretta guida dei denti sulle arcate dentarie.
Multi-P
Capitolo 4 • Discinesie orali e terapia miofunzionale
149
➔ POSITION TRAINER
Si tratta di un dispositivo preformato, in misura unica, morbido e flessibile; agisce sulle abitudini miofunzionali perturbate (lingua, labbra e respirazione
orale). Viene utilizzato come guida occlusale in dentatura mista occlusale iniziale (6-8 anni) per permettere l’allineamento degli incisivi in eruzione nei
casi di sovraocclusioni, beanze incisive, proalveolie
inferiori con diastemi, linguaversioni incisive inferiori, affollamenti dentoalveolari, morsi inversi anteriori da proscivolo per prematurità occlusale.
L’apparecchio è composto da:
1 una guida per l’allineamento dentale
2 arco vestibolare: esercita una leggera forza sui
denti disallineati, in fase eruttiva
3 linguetta di repere con funzione propriocettiva
per il posizionamento linguale corretto
4 scudo che impedisce la spinta linguale in avanti e
costringe il bambino a respirare col naso
5 lip bumper per controllare l’iperattività del muscolo mentale e del solco labio-mentoniero
6 splint occlusale posteriore per decomprimere lievemente l’articolazione temporo-mandibolare.
7 guida per il riposizionamento mandibolare in I
classe
Position Trainer
Position Trainer
Position Trainer
Position Trainer
150
Capitolo 4 • Discinesie orali e terapia miofunzionale
➔ ELEVATORI LINGUALI
Gli elevatori linguali sono stimolatori, costituiti da
piani inclinati atti a guidare la lingua sul palato; sono indicati nei casi di postura linguale bassa.
Il bottone palatino è una modifica della placca di
Goshgarian, costituito da una pastiglia scostata 2-3
mm dal palato, ancorata a un arco transpalatino; stimola la postura alta della lingua e trasmette una
forza intrusiva sui molari delle bande di ancoraggio.
Il regolatore della funzione linguale di Fantilli è
un dispositivo rimovibile mandibolare, caratterizzato dalla presenza di 2 modulatori (cordoni) che dirigono la lingua sul palato. La rampa linguale di Verdon è una griglia a ridosso degli incisivi inferiori, costruita su una placca mandibolare. L’elevatore linguale di Balercia è costituito da una rampa linguale
in resina rimovibile stabilizzata con ganci all’arcata
inferiore.
Bottone palatino
Regolatore della funzione linguale di Fantilli
Rampa linguale di Verdon
Elevatore linguale di Balercia
Capitolo 4 • Discinesie orali e terapia miofunzionale
➔ ENVELOPE LINGUALE NOCTURNE DI BONNET
L’ELN di Bonnet (acronimo di Envelope Linguale Nocturne) si presenta come un leggero involucro di resina con un ampio foro, che interessa la zona delle rughe palatine e la papilla retroincisiva. Le flange laterali discendono parallele ai processi alveolari senza
contrarre alcun contatto, mentre la flangia anteriore presenta un’inclinazione di 60° col piano occlusale, in modo da favorire la risalita della lingua sulla zona del palato lasciata scoperta. Il dispositivo viene
portato di notte e pochi minuti al giorno (tre volte al
giorno per 3 minuti) per rendere conscia l’acquisizione della funzione; secondo l’autore si ottengono risultati in un periodo di tempo di 6-12 mesi.
ELN di Bonnet
Bonnet
Bonnet in situ
151
152
Capitolo 4 • Discinesie orali e terapia miofunzionale
➔ SCHERMI
Gli schermi o scudi hanno la funzione di riequilibrare le pressioni centripete (guance, labbra) e centrifughe (lingua) sui processi alveolari.
Agiscono mediante meccanismi differenti in base
alle aree in cui sono posizionati (laterali, labiali, linguali): trazione periostale e apposizione ossea; stimolazione della contrazione di muscoli ipotonici;
evitare l’interposizione di tessuti molli; direzionare
la lingua nella zona retroincisiva della premaxilla.
In questo gruppo rientrano sia i lip bumper, che gli
scudi degli attivatori (Bionator, Andresen, Frankel).
La placca di Hotz rappresenta il dispositivo capostipite degli schermi, trova indicazione nei pazienti
con vestibolarizzazioni degli incisivi mascellari, secondarie a ipotonie e incompetenze labiali. La placca standard è costituita da uno schermo vestibolare
che appoggia sulle superfici labiali dei denti anteriori e si estende sino al livello molare. La parte anteriore agisce trasmettendo sulla dentatura la spinta dei muscoli labiali, esercitando un effetto di lingualizzazione sugli incisivi superiori vestibolarizzati;
contestualmente lo schermo forza il paziente ad
una respirazione nasale e la parte posteriore scarica
la pressione centripeta delle guance dalle arcate
contratte. Un anello anteriore, inserito nella resina,
favorisce l’esecuzione di esercizi di mioterapia, effettuati opponendo la contrazione dell’orbicolare
ad una progressiva trazione esercitata tirando l’anello con le dita (tre serie da dieci al giorno).
L’inserimento di alcuni elementi ausiliari amplia la
funzione del dispositivo: un piano rialzato anteriore
intrude gli incisivi e facilita l’estrusione dei molari, in
modo da ridurre l’overbite; un piano rialzato totale ha
funzione di riequilibratore; uno sperone con contatto
sulla mucosa retroincisiva inferiore obbliga la mandibola in protrusione attiva (ortopedico-funzionale di II
classe). Lo schermo buccale di Hinz è un dispositivo
preformato che viene utilizzato interposto tra labbra e
denti per aiutare il bambino a smettere di succhiare il
pollice o il succhiotto, evitare l’interposizione o il succhiamento labiale e rieducare alla respirazione nasale.
L’applicazione della griglia è indicata per le beanze
anteriori da interposizione linguale; un vallo di avanzamento per riposizionare in avanti la mandibola.
Placca vestibolare di Hotz modificata con piano rialzato totale
Placca di Hotz per III classe
➥
Capitolo 4 • Discinesie orali e terapia miofunzionale
➔ SCHERMI seguito
Placca vestibolare di Hotz modificata
per III classe con perla di Tucat e rampa linguale
Placca di Hotz con sperone di avanzamento
Schermo preformato orale di Hinz
Placca di Hotz
Placca di Hotz con piano occlusale
Placca di Hotz con sperone nocicettivo
per avanzamento mandibolare
153
154
Capitolo 4 • Discinesie orali e terapia miofunzionale
➔ RESTRITTORI DELLA FUNZIONE
I restrittori sono barriere meccaniche atte a impedire che le discinesie aggravino il dismorfismo; rivestono efficacia terapeutica limitata e temporanea e richiedono l’associazione a terapia miofunzionale.
Le griglie sono costituite da anse in filo, di numero e di diametro variabili, che possono essere inglobate nella resina o saldate su un arco palatino fisso,
per la rieducazione della deglutizione atipica. Sulle
placche viene spesso associata una vite di espansione per correggere la contrazione mascellare associata. Per evitare che la pressione della lingua sulle
griglie causi un avanzamento del mascellare, va considerata l’associazione con TEO. La griglia di Momose riposiziona la lingua attraverso l’anello e la griglia retroincisiva; un omega palatino congiunge due
corpi in resina stabilizzati con ganci di Adams.
I pungilingua sono formati da punte, che tendono alla rieducazione funzionale della deglutizione
atipica utilizzando il riflesso nocicettivo; sono rappresentati da un nutrito gruppo di dispositivi fissi
saldati su bande molari, diversi nella forma, ma con
funzione sovrapponibile (forchetta di Graber, Blue
grass, archi fissi e placche con speroni).
Griglia fissa
Pungilingua in placca
Forchetta di Graber
Griglia di Momose
CAPITOLO 5
Ortodonzia e chirurgia
maxillo-facciale
Chirurgia ortognatodontica*
L’indicazione al riallineamento chirurgico dei mascellari o al riposizionamento dei segmenti dentoalveolari si pone per la soluzione di problemi scheletrici importanti, che non possono essere risolti
con un condizionamento della crescita o un camouflage ortodontico (compenso dentale).
La pianificazione si avvale della valutazione collegiale dell’ortodontista e del chirurgo maxillo-facciale, eseguita con la documentazione ordinaria mediante modelli, radiografie e cefalometria (Fig. 5.1).
Un recente sviluppo consiste nella realizzazione
di modelli scheletrici stereolitografici, sulla scorta
delle immagini ottenute con la TC tridimensionale.
109°
0
63
2
5
11
1 1
4
Invariati
76
82°
3
La corretta realizzazione di un trattamento combinato richiede un’accurata successione degli interventi di ortodonzia pre-chirurgica, chirurgia e ortodonzia post-chirurgica.
Il compito dell’ortodontista consiste nel rimuovere i compensi dentali (ad esempio: protrusione degli
incisivi superiori, retroinclinazione degli incisivi inferiori) e posizionare i denti in relazione alle basi
scheletriche in modo da ottenere una corretta intercuspidazione tra le due arcate, valutata sui modelli
del paziente nella posizione ideale post-operatoria.
Per arrivare al risultato voluto nei tempi e modi
desiderati è indispensabile pertanto rilevare frequentemente le impronte delle arcate e far articolare i modelli nella posizione post-operatoria voluta.
Completati gli aggiustamenti ortodontici, vengono posizionati gli archi con uncini o ganci a palla
per favorire la fissazione con legature durante la
chirurgia, nonché la riabilitazione funzionale postchirurgica con elastici.
Diversi autori consigliano il confezionamento di
splint occlusali costruiti su modelli in articolatore,
sia per la sistemazione intraoperatoria del mascellare nella posizione voluta, sia per ottenere un’intercuspidazione ideale una volta operati mascellare superiore e mandibola (Figg. 5.2-5.7).
Va, infatti, ricordato che, durante l’intervento,
viene mobilizzato per primo il mascellare superiore, il quale andrà posizionato e fissato nella sede
Autorotazione 4°
Fig. 5.1 Cefalometria per la programmazione dell’intervento.
* La revisione e l’iconografia del paragrafo sono a cura del dr.
Franco Carlino, dirigente medico di I livello U.O. Chirurgia Maxillo-Facciale II, I.R.C.C.S. Istituto ortopedico Galeazzi, Milano.
156
Capitolo 5 • Ortodonzia e chirurgia maxillo-facciale
Programmazione di caso clinico
FIG. 5.2 Occlusione iniziale frontale.
FIG. 5.3 Occlusione iniziale laterale.
FIG. 5.4 Splint chirurgico: occlusione iniziale.
FIG. 5.5 Occlusione laterale con splint intermedio.
FIG. 5.6 Occlusione finale frontale.
FIG. 5.7 Occlusione finale laterale.
Capitolo 5 • Ortodonzia e chirurgia maxillo-facciale
programmata sull’articolatore prima dell’operazione. Questa nuova posizione è stata registrata mediante uno splint in resina acrilica che ha rilevato la
posizione del mascellare, mobilizzato, in relazione
alla mandibola non ancora operata e perciò ancora
nella posizione originale.
Questo è il cosiddetto splint intermedio, che ci
permette di sistemare intraoperatoriamente il mascellare nella posizione desiderata.
Il secondo tipo di splint è il cosiddetto splint di
intercuspidazione, utilizzato solo nei casi in cui la
relazione occlusale finale sia di scarsa qualità per la
presenza di macroscopiche interferenze occlusali o
di residue discrepanze trasversali o verticali, che
per qualche motivo non sono state corrette prima
dell’intervento, ma lo saranno nel corso dell’ortodonzia post-operatoria.
Questo splint viene posizionato tra le arcate al
momento di fissare il secondo mascellare operato
(solitamente la mandibola) e permette di trovare
appunto un’intercuspidazione accettabile in arcate
altrimenti non in armonia. È dotato di ganci metallici che permettono di ancorarlo ad una delle arcate mediante elastici. Nel post-operatorio potrà pertanto venire rimosso per le procedure di igiene orale e quindi riposizionato, fino a che non inizierà l’ortodonzia attiva post-chirurgica, che correggerà le
discrepanze occlusali ancora presenti.
Gli splint sono costruiti in resina acrilica, hanno
spessore di 2 mm e sono scaricati sulle superfici vestibolari per permettere una buona igiene orale ed
il controllo visivo del loro posizionamento corretto
durante la fase chirurgica.
Attualmente l’approccio chirurgico per la maggior parte dei problemi dento-facciali si avvale di un
ristretto numero di tecniche operatorie, eventualmente associate.
Questi interventi sono quelli più frequentemente
TIPI DI INTERVENTO PIÙ FREQUENTI
• Osteotomia tipo Le Fort I del mascellare
superiore
• Osteotomia sagittale bilaterale del ramo
mandibolare
• Mentoplastica mediante osteotomia
orizzontale di scivolamento
• Chirurgia segmentale per spostamento
di frammenti dento-alveolari di 4-6 denti
157
utilizzati per la prevedibilità di risultati che offrono
ed il basso rischio di recidiva, che viene determinata solitamente dal grado di tensione dei tessuti molli e dalla funzione muscolare e articolare.
In particolare, sul mascellare superiore vengono
eseguite: l’osteotomia tipo Le Fort I di avanzamento; l’osteotomia segmentale della sola parte anteriore dento-alveolare con estrazione di due premolari, qualora si renda necessario il suo spostamento
verso posteriore.
L’osteotomia sagittale bilaterale con approccio intraorale, fissazione interna con viti o placche e precoce mobilizzazione è la procedura di elezione per
l’avanzamento mandibolare. Si deve tenere presente
che avanzamenti maggiori di 10-12 mm generano notevoli tensioni dei tessuti molli e tendono ad essere
instabili. Per l’arretramento mandibolare si utilizza
sempre l’osteotomia sagittale bilaterale o, in casi selezionati, l’osteotomia verticale o obliqua del ramo.
Per quanto concerne i rapporti verticali, la “long
face” (open bite scheletrico) viene risolta generalmente con osteotomia tipo Le Fort I di impattamento verticale del mascellare superiore con riduzione
delle pareti laterali del naso e del setto nasale (in tal
modo si permette alla mandibola di ante-ruotare);
oppure con una chirurgia segmentale anteriore di
impattamento del solo gruppo incisivo estruso.
Il problema della “short face” (deep bite scheletrico) è trattato mediante la consueta osteotomia
mascellare tipo Le Fort I, in questo caso, però, di
abbassamento con interposizione di innesto osseo,
unitamente ad osteotomia sagittale dei rami mandibolari, per permettere una traslazione della mandibola in basso e in avanti.
L’osteotomia del bordo inferiore del mento e gli
innesti (ossei o alloplastici) si utilizzano nei casi di
anomalie di sviluppo del mento, intervenendo sulla
morfologia del terzo inferiore del viso, senza alterare l’occlusione.
Per correggere le problematiche trasversali, l’espansione del mascellare nell’adulto può essere ottenuta con due sistemi diversi (Figg. 5.8-5.12):
• espansione rapida del mascellare chirurgicamente assistita, mediante osteotomia delle pareti antero-laterali del mascellare dall’apertura piriforme
alle tuberosità mascellari, cioè analogamente alla
classica Le Fort I, ma senza mobilizzazione completa del mascellare. L’intervento è completato da
osteotomia interincisale. L’espansore palatale, che
era già stato applicato al paziente dall’ortodontista, viene subito attivato per ottenere la completa
158
Capitolo 5 • Ortodonzia e chirurgia maxillo-facciale
Disgiunzione chirurgica del palato in atrofia per esiti di trauma
FIG. 5.8 Situazione orale iniziale.
FIG. 5.9 Disgiuntore su modello stereolitografico in visione occlusale.
FIG. 5.10 Disgiuntore su modello stereolitografico in visione frontale.
FIG. 5.11 Applicazione del disgiuntore durante l’intervento chirurgico.
FIG. 5.12 Disgiuntore in situ.
Capitolo 5 • Ortodonzia e chirurgia maxillo-facciale
apertura della sutura palatina, con i due emimascellari liberi di allontanarsi reciprocamente per
l’espansione voluta. Questa procedura è eseguita
quando, oltre alla contrazione trasversale, è presente anche affollamento dentale mascellare
• intervento classico con osteotomia tipo Le Fort I
in due frammenti, associato cioè ad osteotomia
palatale paramediana che anteriormente passa tra
le radici degli incisivi centrali. Si opta per questa
seconda modalità, quando l’arcata non è affollata.
La diminuzione del diametro mascellare trasverso è ottenuta sempre con quest’ultima procedura,
ma rimuovendo l’osso a livello dell’osteotomia paramediana e avvicinando così i due frammenti laterali. La possibilità di espansione o restringimento
mandibolare è limitata dal rapporto condili-cavità
glenoidee ed è attuato per l’espansione, con procedura di osteo-distrazione dopo osteotomia mediana; per la contrazione mediante asportazione di tessuto dento-alveolare in corrispondenza della osteotomia mediana stessa, generalmente dopo estrazione di un incisivo centrale (Fig. 5.13). Il disagio associato all’immobilizzazione prolungata post-inter-
Fig. 5.13 Disgiuntore mandibolare eseguito su replicazione
solida mediante stereolitografia.
159
vento con blocco intermascellare (4-6 settimane) è
stato significativamente ridotto dall’introduzione
della fissazione rigida (viti e placche in titanio), che
permette la precoce mobilizzazione e l’esecuzione
di esercizi fisioterapici subito dopo la chirurgia.
Non appena riprende la funzione mandibolare e
il paziente ha acquistato una sufficiente mobilità (24 settimane), l’eventuale splint in resina presente
viene solidarizzato ad una delle arcate per stabilizzare l’occlusione e vengono applicati elastici intermascellari per rifinire l’occlusione e completare il
trattamento.
Labiopalatoschisi*
L’incidenza della malformazione nella popolazione
caucasica è di 1:750 nati vivi per la labiopalatoschisi e 1:2000 per la palatoschisi; l’eziologia è multifattoriale e dipende da predisposizioni genetiche (2040%), rinforzate da fattori ambientali.
La classificazione considera la presenza di schisi complete o incomplete, unilaterali o bilaterali, a
carico del palato primario (passante tra incisivo laterale e canino) o del secondario (schisi del palato
duro dietro alla pre-maxilla e del palato molle).
Questi pazienti presentano spesso tendenza alla
retrusione mascellare, frequente riduzione di altezza del terzo medio del viso e relativo aumento del
terzo inferiore, sovente associate a relazione di III
classe scheletrica; altri dati cefalometrici rilevabili
in tale categoria di soggetti includono l’asimmetria
nasale e la presenza di un angolo goniaco più aperto rispetto alla norma.
Circa un quinto dei pazienti associa malformazioni
cardiache e delle dita; frequenti i disturbi dell’udito.
Le inevitabili conseguenze di questo quadro comportano dei riflessi negativi non soltanto sul piano
estetico ma anche e soprattutto sul piano funzionale, compromettendo la deglutizione, la respirazione
e la fonazione. Per tale motivo è necessario un trattamento multidisciplinare che preveda l’interazione
di diversi specialisti, tra cui il pediatra, l’otorinolaringoiatra, il chirurgo maxillo-facciale, l’ortognatodontista, il genetista, il logopedista, il chirurgo plastico, lo psicologo e l’infermiera professionale.
* Il paragrafo è a cura della dott.ssa Valentina Marras, odontoiatra
nei reparti di Ortodonzia e Pedodonzia del Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, Università degli studi di Cagliari.
160
Capitolo 5 • Ortodonzia e chirurgia maxillo-facciale
PROTOCOLLI PER IL TRATTAMENTO DENTALE COMPLETO DEI BAMBINI CON LABIOPALATOSCHISI
Età
Trattamento
• Nascita
Placca di alimentazione, lip adesion
• 3-9 mesi
Primo intervento sul labbro
• 9-12 mesi
Intervento sul palato molle
• 18-36 mesi
Intervento sul palato duro
• 2-6 nni
Eventuale revisione dell’intervento effettuato sul labbro.
Faringoplastica e miringotomia se necessaria.
Terapia ortodontica intercettiva
• 8-10 anni
Eventuale espansione del palato prima dell’innesto osseo
Eventuale estrazione dei soprannumerari erotti.
Protesi parziale mobile temporanea.
Innesto osseo da 1/2 a 2/3 dello sviluppo radicolare del canino
• 11-12 anni
Contenzione dell’espansione palatale 12-15 anni.
Terapia ortodontica con apparecchio fisso
• 12-15 anni
Controllo ed eventuale revisione chirurgica se necessaria 18-20 anni.
Chirurgia ortognatica a fine crescita
• 18-20 anni
Protesi definitiva
Trattamento
Il primo trattamento è quello neonatale, che consiste nell’applicazione quanto più precocemente
possibile, nei primi giorni di vita, della placca neonatale o di alimentazione (Fig. 5.14). Si tratta di una
placca di resina con la funzione di favorire l’alimentazione, chiudendo la comunicazione tra cavità
orale e cavità nasale; inoltre favorisce una normalizzazione della respirazione; impedisce l’interposizione linguale tra i due monconi palatini, favorendone l’avvicinamento, e promuove l’orizzontalizza-
Fig. 5.14 Placca di alimentazione.
zione dei processi palatini, che in questi pazienti risultano verticali come nel loro primitivo stato di
sviluppo. La placca di alimentazione può talvolta
avere un elemento centrale di stimolazione funzionale della lingua (v. Capitolo 8, Sindrome di Down).
Fin dai primi giorni di vita deve essere eseguita
la cosiddetta lip adesion (Fig. 5.15), che consiste
nel posizionamento di un cerotto sulla cute passante da una all’altra guancia, allo scopo di avvicinare
i monconi palatini e, nel caso delle schisi bilaterali,
di arretrare la pre-maxilla. In questo modo, le guance così stirate ci forniscono la forza necessaria per
la caudalizzazione del grande moncone, nelle schisi monolaterali, o del bottone pre-maxillare, in quelle bilaterali. Ma la direzione di tale spostamento deve essere data assolutamente dalla placca otturatrice in posizione, altrimenti si rischierebbe il collasso contestuale del piccolo moncone o dei monconi
laterali, rispettivamente.
L’intervento di chiusura per labbro e palato molle è eseguito generalmente a 6 mesi e per il palato
duro a 18 mesi (Fig. 5.16).
Durante l’atto chirurgico si cercherà di ripristinare il cingolo di Passavant, l’otturazione del faringe posteriore da parte del velo pendulo durante la
deglutizione.
Nei casi di schisi monolaterale con lieve di-
Capitolo 5 • Ortodonzia e chirurgia maxillo-facciale
storsione dell’arcata, si può osservare un miglioramento della posizione della pre-maxilla grazie all’applicazione, dopo l’intervento di correzione del
labbro, di una placca passiva, che può essere lasciata in sede per tutto il primo anno di vita.
Nei casi di schisi bilaterale (in cui viene eseguita la lip adesion ed utilizzata la placca in resina per
avvicinare le strutture ossee) e grave distorsione dell’arcata è necessario un intervento di ortopedia infantile propedeutico alla chirurgia, iniziato a 3-6 settimane, con lo scopo di riposizionare lateralmente il
segmento minore collassato lingualmente; guidare
lingualmente il moncone maggiore ruotato esternamente; arretrare la pre-maxilla protrusa, in modo da
facilitare l’intervento di correzione del labbro.
I movimenti sono ottenuti applicando una fascia
elastica lungo il segmento anteriore, oppure tramite
un’apparecchiatura ortodontica che eserciti una for-
161
za di contrazione, o anche solo con la pressione del
labbro operata dopo l’avvenuta espansione laterale.
Dopo l’intervento chirurgico viene utilizzata per
alcuni mesi una placca passiva simile ad una contenzione ortodontica.
Nel corso della dentizione primaria è necessario l’intervento coordinato di logopedisti e specialisti ORL per i problemi legati alla fonazione e le ipoacusie frequentemente presenti. All’età di 4-5 anni
possono rendersi necessari interventi di faringoplastica e/o revisione del labbro.
In dentatura decidua il morso crociato di uno
o più denti nel lato della schisi rappresenta la più
comune deviazione della norma.
Un’espansione ortopedica dei segmenti ossei
non fusi del palato può rendersi necessaria fino dall’età di 3-4 anni per correggere il morso crociato
(Fig. 5.17).
Fasi del trattamento ortodontico e ortopedico di labiopalatoschisi
FIG. 5.15 Labiopalatoschisi, situazione iniziale.
FIG. 5.16 Placca di alimentazione.
FIG. 5.17 Espansione palatina in dentatura decidua.
FIG. 5.18 Terapia ortodontica fissa.
162
Capitolo 5 • Ortodonzia e chirurgia maxillo-facciale
Nelle LPS bilaterali la pre-mascella rimane protrusa dopo la nascita, ma la correzione non è necessaria, perché già a 8-9 anni la situazione si convertirà in iposviluppo del mascellare superiore.
In dentatura mista si può osservare un collasso mediale del processo alveolare dal lato del difetto, ed una maggiore incidenza di morso crociato anteriore e posteriore.
Nel periodo di dentizione decidua avanzata e
mista iniziale (6-7 anni), si rende necessario il trattamento dei problemi ortodontici determinati dalla
pressione esercitata sul mascellare dalla cicatrice
labiale, con tendenza al crossbite anteriore e laterale. Esso consiste in espansione mascellare ed allineamento degli incisivi.
All’età di 8-11 anni si esegue solitamente innesto
osseo nella schisi alveolare, per permettere l’eru-
zione del canino permanente; peraltro in questi pazienti non di rado esiste la necessità di risolvere una
condizione di inclusione dei canini superiori.
Dopo l’eruzione di canini e premolari si evidenzia spesso la tendenza al morso incrociato posteriore da correggere.
Il trattamento ortodontico fisso è eseguito
tra i 10 e i 14 anni; la contenzione può avvalersi di
vari dispositivi, ad esempio placche mobili, protesi
rimovibili o ponti fissi adesivi (in caso di agenesia
dell’incisivo laterale) (Fig. 5.18).
Successivamente la crescita determina spesso recidiva del cross bite anteriore e laterale ed accentua
la dismorfosi facciale, per cui all’età di 18 anni possono rendersi necessari interventi di chirurgia ortognatica per avanzamento mascellare, arretramento
mandibolare, genioplastica, rinoplastica.
CAPITOLO 6
Disturbi temporo-mandibolari
e guide occlusali
Disturbi cranio-mandibolari
Il riferimento più frequentemente utilizzato (Tab.
6.1) è rappresentato dalla Classificazione delle cefalee e dei dolori cranio-facciali dell’International
Headache Society (IHS), con le integrazioni proposte dall’American Academy of Orofacial Pain (AAOP).
Termini quali sindrome dolorosa da disfunzione
dell’articolazione temporo-mandibolare, sindrome
di Costen, disturbi o disordini cranio-mandibolari,
sono definizioni generiche che comprendono i disturbi muscolari e articolari.
I disordini muscolari (o extracapsulari) sono
ricompresi nel sottogruppo 11.8. Disordini dei muscoli masticatori:
• splinting muscolare o ipertono muscolare indotto volontariamente dal SNC per limitare l’uso del
muscolo (riflesso propriocettivo antalgico)
• spasmo muscolare, contrazione tonica indotta
involontariamente dal SNC; in caso di persistenza può causare ipertrofia muscolare e situazioni
autoperpetuantesi di dolore-spasmo-dolore
• miosite con i sintomi classici dell’infiammazione, dolore persistente e rodente, esacerbato dalla funzione; nel tempo può evolvere in fibrosi determinando un blocco muscolare cronico dell’apertura della bocca.
Sono sinonimi i termini di sindrome dolorosa da
disfunzione miofacciale, sindrome miofasciale, myofascial pain disfunction syndrome (MPD).
L’eziopatogenesi consiste in un’iperattività muscolare da parafunzioni (bruxismo, serramento) o
Tab. 6.1 Classificazione IHS e integrazione AAOP dei disturbi temporo-mandibolari.
11.7. Disordini dell’articolazione temporo-mandibolare
11.7.1.Cambiamento di forma
11.7.2.Dislocamento discale
11.7.2.1. Dislocamento discale con riduzione
11.7.2.2. Dislocamento discale senza riduzione
11.7.3.Dislocamento
11.7.4.Condizioni infiammatorie
11.7.4.1. Sinovite
11.7.4.2. Capsulite
11.7.5.Artriti
11.7.5.1. Osteoartrosi
11.7.5.2. Osteoartrite
11.7.5.3. Poliartriti
11.7.6.Anchilosi
11.7.6.1. Fibrosa
11.7.6.2. Ossea
11.8. Disordini dei muscoli masticatori
11.8.1. Dolori miofasciali
11.8.2. Miosite
11.8.3. Spasmo
11.8.4. Splinting protettivo
11.8.5. Contrattura
11.8.6. Neoplasia
164
Capitolo 6 • Disturbi temporo-mandibolari e guide occlusali
sindromi reattive psicogene, accompagnate cioè da
disposizione personale a scaricare le tensioni sui
muscoli masticatori.
I criteri diagnostici, indicati dall’IHS, sono i seguenti:
• aumentata dolorabilità dei muscoli pericraniali dimostrabile alla palpazione e con algometro a pressione
• livelli elettromiografici aumentati di attività
dei muscoli pericraniali a riposo o durante test funzionali
• presenza di 3 o più dei seguenti segni: rumori al
livello dell’articolazione temporo-mandibolare
nei movimenti della mandibola; movimenti della
mandibola limitati o alterati; attività mandibolare dolorosa; movimenti asimmetrici della mandibola in fase di apertura o chiusura; bruxismo; altri disturbi del cavo orale (morsicatura o trafittura della lingua e delle labbra o delle guance).
Le artralgie dell’ATM (disordini intracapsulari)
sono riportate nel sottogruppo 11.7. Disordini dell’articolazione temporo-mandibolare, che comprendono:
• patologie malformative per alterazioni della crescita
• sinoviti e capsuliti conseguenti a traumi estrinseci, a movimenti condilari forzati da tensioni eccessive, a estensioni per contiguità di infezioni
da tessuti vicini
• retrodisciti, infiammazioni del tessuto retrodiscale conseguenti a traumi o a incoordinazioni
condilo-meniscali
• osteoartriti traumatiche, infiammatorie, infettive
e artropatie degenerative (osteoartrosi)
• fibrosi e anchilosi; quest’ultime frequentemente esiti di un emartro a cui sia conseguita una cicatrizzazione con aderenze fibrose all’interno della capsula.
Il termine dislocamento discale è sinonimo di
incoordinazione condilo-meniscale, che esprime
l’alterazione dei rapporti tra condilo-menisco e cavità glenoide all’interno dell’articolazione. La terminologia precedentemente usata era sindrome dolorosa da disfunzione miofacciale, internal derangement, patologia intracapsulare.
I criteri proposti dall’IHS per la diagnosi di disordine dell’ATM, sono:
• almeno due dei seguenti, quali dolore della
mandibola scatenato da movimenti e/o dalla
masticazione, diminuzione della escursione
articolare, scrosci e/o scatti (clicking) durante i movimenti articolari, dolorabilità della capsula articolare
• esami radiografici e/o isotopici positivi
• dolore lieve-moderato localizzato e/o irradiato all’articolazione temporo-mandibolare.
Il dislocamento discale può esprimersi in diversi
quadri patologici che possono rappresentare evoluzioni di progressiva gravità di uno stesso quadro iniziale:
• capsulite-retrodiscite (dolore da compressione
della testa del condilo sul legamento posteriore
del menisco anteriorizzato)
• incoordinazione condilo-meniscale (click in apertura, in chiusura, reciproco)
• locking acuto o cronico (blocco articolare mono
o bilaterale di tipo muscolare o osseo)
• artrosi temporo-mandibolare con dolore e rumori articolari tipo crepitio o scroscio.
Ortodonzia e disturbi
temporo-mandibolari
Pare opportuno inserire alcune considerazioni, dato che in diversi studi è stato affermato che pazienti sottoposti a trattamento ortodontico dimostrano
una maggiore incidenza di disfunzione temporomandibolare, così come il contrario.
Non è stato identificato, dalla ricerca scientifica,
un fattore causale comprovato nella eziologia dei
DTM e per tale motivo ancora oggi si parla di diversi
fattori associati.
La revisione della letteratura sostiene che il contributo dei fattori occlusali riconosca una bassa associazione statistica (10-25%), limitatamente ad alcuni fattori gravi morfologici e funzionali: morso aperto anteriore scheletrico; overjet superiore a 6-7 mm;
scivolamento superiore a 4 mm relazione tra centrica
e posizione di massima intercuspidazione; cross bite
unilaterale; mancanza di più di 5 denti posteriori.
Non risultano, inoltre, comprovate alcune affermazioni ritenute frutto di impressioni cliniche e generalizzazioni, prive di supporto scientifico:
• soggetti con certi tipi di malocclusione (classe II
divisione 2, overbite profondo, cross bite ecc.)
sviluppano più frequentemente DTM
• soggetti con guida incisiva eccessiva (o totalmente mancante) sono più esposti al rischio di
sviluppare la patologia
Capitolo 6 • Disturbi temporo-mandibolari e guide occlusali
• soggetti con grosse disarmonie scheletriche
maxillo-mandibolari sono più esposti al rischio
• radiografie pre-trattamento di ambedue le ATM
dovrebbero essere prese per determinare le posizioni dei condili nelle fosse e il trattamento ortodontico dovrebbe essere diretto per posizionare i condili in posizione concentrica nelle fosse
• il trattamento ortodontico correttamente eseguito riduce il rischio di sviluppare successivamente patologie
• la finitura del caso ortodontico secondo specifiche linee guida di occlusioni funzionali riduce il
rischio di sviluppare successivamente patologie
cranio-mandibolari
• l’uso di certe procedure (estrazione dei premolari, retrazione degli incisivi ecc.) aumenta il rischio
• pazienti adulti con problemi occlusali richiedono alcuni tipi di correzione occlusale per guarire
dalla patologia
• la retrusione della mandibola per cause naturali
(overbite profondo, contatti occlusali distalizzanti) o procedure iatrogene (retrazioni incisive,
fionde mentoniere, ritenzioni durante la crescita) sono i maggiori responsabili
RAPPORTI TRA ORTODONZIA E DISORDINI
CRANIO-MANDIBOLARI
• Segni e sintomi si presentano in individui sani
• Segni e sintomi aumentano con l’età,
in particolare durante l’adolescenza
• Il trattamento ortodontico eseguito
nell’adolescenza non aumenta e non
diminuisce il rischio di sviluppare la patologia
• Nessun tipo di meccanica ortodontica, sia
fissa che rimovibile, è associata a un aumento
del rischio di incidenza
• Le estrazioni in ortodonzia non aumentano
il rischio
• Nessun sistema di prevenzione è stato
dimostrato
• Sebbene l’ottenimento di una occlusione
stabile sia un ragionevole obiettivo
ortodontico, il mancato raggiungimento
di uno specifico tipo di occlusione
gnatologicamente non esita in segni e sintomi
• Quando sono presenti sintomi e segni di grave
patologia, trattamenti semplici e conservativi
sono in grado di alleviarli nella maggior parte
dei pazienti
165
• la distalizzazione della mandibola causa una lussazione del menisco, incoordinazione condilomeniscale e clicking.
Studi retrospettivi e prospettici eseguiti su pazienti sottoposti a trattamenti ortodontici nei confronti di campioni di popolazione generale portano
a negare il ruolo dell’ortodonzia come fattore eziologico della patologia cranio-mandibolare.
La prevalenza è correlata all’età: rara prima della pubertà; presenza di sintomi nel 12-20% degli adolescenti; comparsa di rumori articolari nel 17,5% dei
giovani tra i 18-20 anni nel biennio di osservazione;
picco di prevalenza della sintomatologia algica
(10-14%) a 35-44 anni con successiva diminuzione.
Secondo alcuni autori, sono riscontrabili in modo
statisticamente significativo più disturbi temporomandibolari in bambini con malocclusione rispetto a
gruppi di controllo randomizzato. Un importante ruolo dell’ortodontista nella prevenzione è possibile nel
periodo giovanile o della seconda infanzia (fino a
10-11 anni nelle femmine e 12-13 anni nei maschi), intervenendo nelle latero-posizioni mandibolari. L’eziologia delle latero-posizioni è da ricercare in lussazioni
condilo-meniscali e in problemi posturali. Nei casi di
origine traumatica diretta sulle ATM con posteriorizzazione del condilo, è consigliato un bite ortopedico
per ricatturare il menisco articolare e un trattamento
ortodontico di stabilizzazione. Alcuni problemi posturali (asimmetrie del bacino, atteggiamenti scoliotici,
problemi podologici) possono avere ripercussioni per
via ascendente tramite le catene muscolari nell’apparato stomatognatico. Ad esempio, una scoliosi della
colonna vertebrale può dare una scoliosi mandibolare di compenso secondo un’evoluzione di latero-deviazione funzionale in laterognazia. La terapia intercettiva prevede il trattamento del problema posturale, il posizionamento di bite di simmetrizzazione (v. Attivatori e apparecchi ortodontici rimovibili con piani
di rialzo, placche gnatologiche) e la correzione ortopedica e/o ortodontica di stabilizzazione.
Placche occlusali
L’indicazione clinica alla prescrizione è schematicamente riconducibile alla necessità di interrompere l’intercuspidazione per protezione della dentatura dall’usura e dal trauma occlusale in presenza di
parafunzioni (bruxismo, serramento); per sindromi
algiche miogene (extracapsulari); per disfunzioni e
alterazioni temporo-mandibolari (intracapsulari).
166
Capitolo 6 • Disturbi temporo-mandibolari e guide occlusali
TIPI DI PLACCHE OCCLUSALI
• Placche di svincolo (di rilassamento
o di scarico), liscie e prive di intercuspidazioni
permettono alla mandibola di muoversi
liberamente in tutte le direzioni; sono
generalmente utilizzate nella prima fase della
terapia per la deprogrammazione
neuromuscolare
• Placche di riposizionamento anteriore
con valli e piani che guidano la mandibola
in centrica terapeutica e nei movimenti
eccentrici, decomprimendo la fossa glenoide;
sono utilizzate nei casi di incoordinazione
condilo-meniscale per la ricattura del menisco
• Placca di stabilizzazione, indicate nella fase
finale della preterapia per guidare
la mandibola in centrica terapeutica e nei
movimenti eccentrici, prima della terapia
definitiva; possono essere utilizzate come
ausili a lungo termine o a tempo
indeterminato
• Guide pivot con contatti posteriori per
ottenere la distrazione condilare
I bite possono essere costruiti indifferentemente
per l’arcata superiore o inferiore: la superiore è più
stabile e permette con maggior facilità di costruire
punti di stop e piani di guida; l’inferiore è di minore
ingombro, interferisce meno con la lingua e si adatta
all’andamento del piano occlusale con minimi rialzi.
I diversi materiali di costruzione devono essere
facilmente modificabili (fresaggi, ribasature), con
l’eccezione delle placche di stabilizzazione a lungo
termine. I contatti occlusali possono essere parziali
o totali, con superfici liscie, con le sole indentazioni
in centrica o con guide eccentriche. I contatti parziali in periodi prolungati possono causare l’estrusione dei denti privi di occlusione; se anteriori possono provocare una risalita del condilo nella cavità
glenoide (compressione); se posteriori una discesa
del condilo nella cavità glenoide (distrazione).
Dispositivi di svincolo
Gli ausili di svincolo (rilassamento, scarico) sono indicati nelle patologie di tipo muscolare, per interrompere la possibilità di intercuspidazione, lasciare la mandibola libera di muoversi in tutte le direzioni, eliminare i
➔ DISPOSITIVI DI SVINCOLO
La placca di Hawley rappresenta il prototipo; è un
bite che presenta un piano rialzato anteriore retroincisivo, parallelo al piano occlusale, su cui si
istaurano i sei punti di contatto anteriori; rialza il
morso il minimo necessario (circa 1 mm) per discludere i denti posteriori. La placca di Hawley modificata da Sved è caratterizzata dalla presenza di resina che ricopre la parte vestibolare degli incisivi e viene utilizzata nei soggetti in cui vi è tendenza allo
sventagliamento anteriore.
Un particolare tipo di utilizzazione delle placche
con contatto anteriore sono le guide per lussazione
abituale dell’ATM per soggetti con lassità legamentosa e blocco recidivante in massima apertura, dopo
che il condilo ha superato l’eminenza articolare e
perso il contatto con il menisco retroposto. Il contatto solo anteriore e la disclusione posteriore comprimono il condilo verso l’alto e posteriormente nella cavità glenoide; queste guide sono fornite unitamente alle istruzioni di evitare una eccessiva apertura e quindi la recidiva.
Gli ausili di rilassamento con contatto su tutta
l’arcata dentaria presentano un rialzo occlusale
piatto e completo, con contatti distribuiti uniforme-
mente in centrica su tutta l’arcata senza indentazioni e guide nei movimenti eccentrici.
Le guide Drum-Miniplast sono costruite semplicemente con fogli plastici termostampati, adattati con
molaggio.
Le placche occlusali di svincolo totale sono costruite in resina rigida o con una placca termostampata, coperta da resina autopolimerizzante; talvolta sono rinforzate con una ferula linguale.
Le placche resilienti trovano indicazione per il
trattamento d’urgenza delle sindromi algico-disfunzionali; servono a testare l’occlusione e considerare
le probabilità di successo prima di iniziare la terapia
individualizzata; sono eseguite in laboratorio con
resine morbide, cuscinetti idrostatici o lattice. Sono
disponibili in commercio bite idrostatici preformati
pronti all’uso, con diversi spessori per rialzo occlusale (lieve, medio, alto).
I night guard sono docce notturne che possono
essere realizzate in resina rigida (acrilica, acetalica)
o morbida (vinilica); sono indicati in pazienti con parafunzioni (bruxismo, serramento), per la protezione notturna della dentatura naturale o di ricostruzioni protesiche estese.
➥
Capitolo 6 • Disturbi temporo-mandibolari e guide occlusali
➔ DISPOSITIVI DI SVINCOLO seguito
Placca di Hawley utilizzata contemporaneamente
a terapia ortodontica fissa
Placca di Hawley visione occlusale
Placca di Hawley visione laterale
Jig di Lucia
Placca di Sved
Night guard in resina acrilica con svincolo totale
Placca in resina resiliente con svincolo totale
Bite idrostatico preformato
167
168
Capitolo 6 • Disturbi temporo-mandibolari e guide occlusali
contatti errati e ridurre l’iperattività muscolare. Vengono usati nelle prime fasi di terapia dei disordini craniomandibolari per deprogrammare il sistema neuromuscolare, passando successivamente a bite con indentazioni in occlusione terapeutica e di stabilizzazione.
Le indicazioni cliniche sono le seguenti: controllo del dolore muscolare; controllo del bruxismo
e delle parafunzioni occlusali; controllo della
malattia parodontale avanzata; controllo e facilitazione dei movimenti ortodontici; decondizionamento prima di registrazioni occlusali in protesi o di molaggi selettivi; diagnostica differenziale; terapia iniziale nei casi dubbi.
Gli ausili di rilassamento con contatto solo anteriore sono bite mascellari tipici che interessano solo
la zona degli incisivi e dei canini: la placca di rialzo anteriore di Hawley, la placca di Sved, l’anterior jig di
Lucia, la placca di Dessner, la placca di Immenkamp
e l’Interceptor di Sculte. In letteratura sono definite
anche con i termini di “bite guard” o “bite plate” e non
devono essere confuse con i bite plane che presentano un piano inclinato antero-posteriore.
Guide di riposizionamento anteriore
Le guide di riposizionamento servono a guidare e bloccare la mandibola in posizioni terapeutiche con piani
inclinati di guida. Sono utilizzate prevalentemente nei
casi di incoordinazione condilo-meniscale al fine di ricatturare il menisco, spostando la mandibola: in avanti in caso di schiocco bilaterale; 1-2 mm dal lato opposto del click in caso di schiocco monolaterale.
Il concetto di ipercorrezione di Farrar, che richiede successivamente un arretramento progressivo verso la posizione definitiva, è stato in parte
abbandonato verso la ricerca di una posizione terapeutica immediata.
Le indicazioni cliniche sono le seguenti: dislocazioni condilo-meniscali (clicking, locking di entità
ridotta); dislocazione mandibolare (asimmetria);
artrosi ATM; crescita ossea e dentale guidata (v.
Terapia ortopedico-funzionale); ausilio in chirugia maxillo-facciale e ortognatica.
Guide di stabilizzazione
Le guide di stabilizzazione sono definite anche come bite per modificare la posizione e le traiettorie
mandibolari; hanno lo scopo di mantenere la mandibola in una posizione di centrica terapeutica e di
guidare i movimenti eccentrici per mezzo di piani di
conduzione. Sono indicate come presidio nei pazienti con rumori articolari con o senza altri sintomi, in fase iniziale della terapia o nel prosieguo dopo placche di svincolo e di riposizionamento.
➔ GUIDE DI RIPOSIZIONAMENTO ANTERIORE
La placca di riposizionamento con solo rialzo anteriore è un bite mascellare che posiziona anteriormente la mandibola con un piano inclinato nella sola zona incisiva (bite plane); simile alla placca di Hawley è costruita in resina acrilica e l’ancoraggio utilizza sottosquadri dentali o ganci. Nei casi di utilizzazione prolungata possono verificarsi due effetti indesiderati: la vestibolo-versione degli incisivi inferiori, che può essere evitata eseguendo delle indentature o coperture per il margine incisivo sul piano rialzato anteriore; l’estrusione dei denti posteriori nelle
placche, che può essere evitato estendendo il contatto occlusale con dei piani di rialzo posteriori.
La placca di Farrar, che rappresenta un’evoluzione, è una doccia mascellare per il riposizionamento
anteriore della mandibola; è dotata di:
• un piano occlusale con rialzo totale liscio e contatti distribuiti uniformemente sull’arcata
• un piano inclinato anteriore con indentizioni per
protrudere la mandibola.
Altre guide di riposizionamento per raggiungere
posizioni mandibolari eccentriche sono la placca di
Slavicek, la placca di Janigh-Kubein-Meesenburg e
la placca di Lars.
Placca di Farrar
Capitolo 6 • Disturbi temporo-mandibolari e guide occlusali
169
➔ GUIDE DI STABILIZZAZIONE
La placca di Michigan, costituita da una doccia superiore o inferiore, è caratterizzata dalla presenza di
un piano occlusale totale con contatti distribuiti su
tutta l’arcata e con guide fronto-canine discludenti.
La placca correttiva di Federici è una guida mascellare a copertura occlusale totale, che presenta
punti di contatto in centrica solo nei settori lateroposteriori e una guida fronto-canina superiore nei
movimenti eccentrici. Guide occlusali bilanciate bilateralmente in centrica terapeutica sono rappresentate dalla placca di Gerber e dalla placca di Shore.
Le guide atte ad aumentare la dimensione verticale sono utilizzate quando si vuole progettare e
controllare nel tempo l’incremento dell’altezza della masticazione, prima di procedere a una riabilita-
zione definitiva. Possono essere costruite in base a
diversi concetti occlusali funzionali. Le guide che devono essere utilizzate per periodi prolungati, per resistere all’usura sono eseguite in resina acrilica, metallo o in resina acetalica per una migliore estetica.
Una placca di stabilizzazione o supporto particolare, non tanto nella forma generica, quanto per le
indicazioni, è la placca di supporto per pazienti che
portano corsetti di Milwaukee (Minerva) per il trattamento della scoliosi e collari di Schanz dopo un
trauma con colpo di frusta cervicale. Poiché nel periodo di trattamento sussiste il rischio di comparsa di
disturbi dovuti alla compressione articolare, sono
consigliate placche di rialzo che presentano un contatto uniforme distribuito su ambedue le arcate.
Placca di Michigan
Schema di placca di Michigan
Placca di Federici
Placca di Bernkopf
Placca tipo Gerber con occlusione bilanciata bilaterale
170
Capitolo 6 • Disturbi temporo-mandibolari e guide occlusali
➔ GUIDE A PIVOT POSTERIORI
Le placche vanno portate per 15 giorni in posizione
terapeutica e poi sottoposta a molaggio per rialloggiare il condilo e riportare la mandibola in linea.
Lo splint di Gelb, denominato anche MORA (Mandibular Orthopaedic Repositioning Appliance) è un
bite inferiore, ancorato con ganci a palla in zona premolare, con funzione pivot e/o di posizionamento anteriore della mandibola; è dotato di piani occlusali
postero-laterali con disclusione canina, uniti da una
barra linguale. Il gruppo incisivo è libero da resina, in
modo da risultare più facilmente sopportabile al paziente ed essere portato lungo tutto il giorno.
Una variante è lo splint MORA a densità variabile secondo Cecchetti, che è un bite in resina resiliente.
L’attivatore neuromuscolare a molla di Sander è
composto da due placche complete di ganci e rialzi
in resina, collegate da due molle poste tra le arcata
nel settore interno latero-posteriore (v. Capitolo 3,
Attivatori).
Guida pivot
Bite di Gelb (MORA)
Splint di Gelb con visione vestibolare del connettore
Splint di Gelb con visione occlusale del connettore
MORA a densità variabile
Capitolo 6 • Disturbi temporo-mandibolari e guide occlusali
Coprono tutte le superfici occlusali e i bordi incisali per evitare un effetto ortodontico indesiderato
e distribuiscono il contatto occlusale su tutta l’arcata antagonista per stabilizzare la posizione mandibolare. Sono costruite in centrica terapeutica e possono essere dotate di diversi schemi occlusali:
• con carattere puramente centrico (Drum-miniplast, Motsch, Slavicek)
• con guide fronto-canine (Michigan, GOR o guida
per occlusione e rilassamento, Schottl, Gaush,
Tanner, Bernkopf, Federici)
• con occlusione bilanciata bilaterale (Gerber, Shore)
• con scudi anteriori o laterali per evitare movimenti eccentrici
• con piani di guida per riposizionare la mandibola
e di rialzo per correggere la dimensione verticale.
Le indicazioni sono relative a terapie protratte
per clicking non compensabile; locking cronico;
artrosi ATM; disordini neuromuscolari; artrite
reumatoide.
171
denti anteriori, uno spostamento caudale dei condili (distrazione) e una rotazione mandibolare in
senso antiorario.
L’indicazione è data dal blocco articolare mono o
bilaterale dovuto a perdita del rapporto condilomeniscale per dislocazione di quest’ultimo in sede posteriore (85% dei casi) o laterale.
Per praticità terapeutica è opportuno parlare di
blocco risolvibile o non risolvibile, piuttosto che di
locking acuto o cronico e tenere presente che le
placche possono causare il peggioramento della
sintomatologia muscolare.
Sebbene qualunque doccia con rialzo occlusale
completo e con precontatti posteriori abbia un effetto pivot, esempi specifici sono la placca di Gelb,
la placca di Sears e l’attivatore neuromuscolare a
molla di Sander.
Guide realizzate tramite TENS
Guide a pivot posteriori
Le guide pivot provocano, per mezzo di rialzi occlusali nella zona dei molari, una disclusione dei
Si tratta di docce mandibolari a copertura completa con indentazioni, che differiscono dalle placche
di riposizionamento non tanto per morfologia,
quanto per metodologia di rilevazione del morso.
➔ ORTOTICO DI JENKELSON
È un bite mandibolare di riposizonamento e stabilizzazione, in cui il morso di costruzione viene rilevato mediante controllo strumentale con:
• myo-monitor, strumento che rilassa la muscolatura mediante stimolazione elettrica transcutanea
dei nervi cranici (V, VII), ottenendo una posizione
di equilibrio muscolare (miocentrica)
• elettromiografo, utilizzato per valutare lo stato
di attività e di rilassamento muscolare raggiunto
con il myo-monitor
• kinesiografo, ideato per registrare e ottenere il
tracciato dei movimenti mandibolari nelle tre dimensioni dello spazio.
L’occlusione è di tipo cuspide fossa con contatti
univoci tra le cuspidi e le fosse delle due arcate, senza guide eccentriche.
Ortotico di Jenkelson
172
Capitolo 6 • Disturbi temporo-mandibolari e guide occlusali
Sono costruite in occlusione miocentrica, rilevata
con TENS (transcutaneus electrical neural stimulation); il morso di costruzione è registrato con resina (Myo-print) e per la costruzione si utilizzano verti-occlusori con movimento a cerniera (Terminus).
La ritenzione è assicurata da ganci a palla a livello premolare e dai bordi della placca che lingualmente raggiungono l’equatore di tutti i denti, men-
tre vestibolarmente sono 2-3 mm sotto l’equatore
dei posteriori e 1 mm sotto il bordo incisale degli
anteriori.
I dispositivi utilizzati sono l’ortotico di Jenkelson
e il riequilibratore neuromuscolare di L. Balercia,
una guida occlusale inferiore, in cui i contatti occlusali di tipo cuspide fossa avvengono sulle cuspidi palatine dei molari superiori.
CAPITOLO 7
Patologie ORL
Sindrome da ipertrofia
adenoidea
L’istmo orofaringeo è circondato da tre grosse concentrazioni di tessuto linfoide, collegate tra loro da
piccole isole di tessuto linfatico, che vengono a formare una catena denominata anello di Waldeyer costituita posteriormente dalle adenoidi (tonsilla faringea), situate sulla parte mediana della volta della rinofaringe, posteriormente alle coane, tra gli orifizi delle tube auditive; lateralmente dalle tonsille
palatine, situate bilateralmente tra l’arco palatino
anteriore e posteriore dell’orofaringe; anteriormente dalle tonsille linguali situate all’interno della base della lingua bilateralmente (Fig. 7.1).
L’anello, con i numerosi noduli linfoidi dispersi,
appartiene al MALT (mucosa associated lymphoid
tissue) ed è collegato al sistema linfonodale del collo; la sua funzione consiste nel facilitare lo sviluppo dell’immunità ai microrganismi che entrano nell’organismo attraverso il naso e la bocca; agisce,
quindi, come induttore ed effettore della risposta
immune attraverso funzioni di cooperazione e maturazione di linfociti T e B, innesco di istotipi immunoglobulinici, e produzione di anticorpi.
La tonsilla faringea si sviluppa progressivamente
dalla nascita sino al 7-8° anno; epoca in cui inizia un
processo involutivo caratterizzato dalla graduale riduzione del tessuto linfatico, sino all’atrofia nell’adulto (Fig. 7.2).
Nella risposta immune essa interviene come prima linea di difesa, bloccando l’antigene attraverso
la produzione di IgA secretorie che limitano la mobilità dei movimenti batterici e attivano la fagocitosi macrofagica.
Per il ruolo immunologico descritto le adenoidi
vanno incontro a infezioni acute ricorrenti e croniche (adenoiditi, rinoadenoiditi, adenotonsilliti), che
possono indurre a ipertrofia patologica (vegetazioni adenoidee), che nel tempo si stabilizza, persistendo anche al di fuori degli episodi flogistici.
L’ipertrofia adenoidea si verifica con particolare
frequenza nella prima e seconda infanzia, che rappresentano le età a rischio per l’insorgenza della
sindrome (sinonimi: sindrome ostruttiva respiratoria, sindrome da ostruzione nasale, sindrome adenoidea, adenoidismo).
È indubbio che nella eziopatogenesi della ipertrofia adenoidea entrino anche fattori costituzionali, eredo-familiari che si identificano essenzialmente nella diatesi essudativo-linfatica (linfatismo); vale a dire il particolare modo di reagire dell’organismo a stimoli vari, in prevalenza infettivi, nell’infanzia in cui il sistema immunitario è ancora relativamente immaturo.
Inoltre fattori favorenti le flogosi ricorrenti orofaringee e l’ipertrofia adenoidea patologica sono
alcune condizioni ambientali e sociali come: l’inquinamento atmosferico nelle città industrializzate; le regioni con climi freddi e umidi; l’eccessivo riscaldamento e la carente umidificazione del microclima domestico; l’esposizione al fumo passivo
di sigaretta; la precoce scolarizzazione che espone
i bambini a infezioni epidemiche delle vie respiratorie.
174
Capitolo 7 • Patologie ORL
Anello linfatico del Waldeyer
Tonsilla faringea
Setto nasale
Tonsille tubariche
Palato molle
Tonsille palatine
Radice della lingua
Ugola
Tonsille linguali
Piccole formazioni
linfatiche
Tonsilla faringea
Epiglottide
Laringe
Tonsilla
linguale
Fig. 7.1 Struttura dell’anello linfatico del Waldeyer.
Tonsilla palatina
Capitolo 7 • Patologie ORL
4
Grado
3
2
1
0
0 1
2
3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
Età
175
medio, le cavità nasali e paranasali, la fonazione, il
sonno e lo sviluppo somatico e psicologico del
bambino (Fig. 7.3 a pagina seguente).
Risulta evidente che la diagnosi e la terapia della
sindrome richiede un approccio multidisciplinare,
nell’ambito di un’assistenza medica condivisa tra
otorinolaringoiatri, pediatri, foniatri, allergologi e
ortodontisti; questi ultimi in particolare per il ruolo
della respirazione orale nella genesi di malocclusioni e dismorfismi facciali. Le patologie del sonno
per il loro rapporto eziopatogenetico con l’ipertrofia tonsillare sono trattati nella ipertrofia tonsillare
(v. Patologia del sonno).
Fig. 7.2 Grado di ipertrofia adenoidea in relazione all’età.
Flogosi naso-sinusali
Patologie correlate
L’ipertrofia patologica della tonsilla faringea determina l’ingombro del cavo rinofaringeo e il conseguente ostacolo del flusso aereo nasale; con la conseguenza di una ostruzione nasale subcontinua, in
cui si registrano brevi periodi di remissione solo durante la stagione estiva.
Proprio l’ostruzione nasale è il sintomo fondamentale a cui possono essere correlati quadri patologici loco-regionali e sistemici con implicazioni a
carico di diversi organi e apparati come l’orecchio
In presenza di un’insufficiente ventilazione nasale,
si determina un accumulo di muco che, non adeguatamente drenato in oro-faringe a causa dell’ostruzione nasale, rappresenta il terreno ideale per
la colonizzazione di agenti patogeni.
Le rinoadenoiditi e le rinosinusiti acute (catarrali o mucopurulente) si manifestano con difficoltà di
alimentazione, malessere generale, rialzo termico,
linfoadenopatia (latero-cervicale, sottomandibolare, nucale) e rinorrea (anteriore o posteriore).
Tali forme nei bambini più piccoli possono complicarsi con celluliti orbitarie o meningiti; mentre
PATOLOGIE CORRELATE ALLA SINDROME DA IPERTROFIA ADENOIDEA
Flogosi naso-sinusali
• Rinofaringiti
• Rinoadenoiditi
• Rinosinusiti
Disarmonie dento-facciali
• Facies adenoidea
• Dismorfismi facciali
• Malocclusioni dentarie alveolari
Flogosi tubo-timpaniche
• Otiti medie
• Ipoacusia trasmissiva
• Antro-mastoiditi
Patologia del sonno
• Cattiva qualità del sonno
• Roncopatia (russamento)
• Obstructive sleep apnea syndrome (OSAS)
Flogosi faringo-tonsillari
e broncopneumoniche
• Faringo-tonsilliti
• Laringo-tracheo-bronchiti
• Sindrome rinobronchiale
Disturbi psicologici
• Irrequietezza e sonnolenza
• Difficoltà di concentrazione e apprendimento
• Difficoltà di inserimento scolastico e sociale
Disturbi della fonazione
• Rinolalia chiusa posteriore
• Dislalia
Disturbi auxologici
• Corporatura e postura astenica
• Ritardo di crescita
• Iposviluppo corporeo e ponderale
176
Capitolo 7 • Patologie ORL
Sindrome
rinobronchiale
Facies adenoidea
OSTRUZIONE
VIE AEREE
> Pressione
intralveolare
Sonnolenza diurna
> Resistenze
e pressione
intrapleurica
Patologia
dell’orecchio medio
Ipoventilazione
> H+
Acidosi
> CO2
Ipercapnia
> O2
Ipossia
Vasocostrizione polmonare
Ipertensione pomonare
Edema polmonare
Ipertrofia ventricolare destra
Cuore polmonare
Fig. 7.3 Patologie sistemiche correlate all’ipertrofia adenoidea.
nei più grandi tendono alla cronicità con rinorrea
purulenta e ostruzione nasale monolaterale.
L’esame otorinolaringoiatrico è dirimente per la
valutazione dei caratteri e della eziologia dell’ostruzione nasale cronica.
La rinoscopia anteriore consente l’ispezione della parte anteriore delle fosse nasali, ma non fornisce informazioni sul rinofaringe.
La rinoscopia posteriore e l’esplorazione digitale
del cavo faringeo sono difficoltose per la presenza
del riflesso faringeo, risultando praticamente impossibili nella maggior parte dei bambini per la difficoltà di collaborazione.
L’endoscopia a fibre ottiche è l’indagine attualmente ritenuta fondamentale nella diagnosi delle
patologie naso-sinusali e rinofaringee; si avvale del
naso-faringo-laringoscopio flessibile a fibre ottiche, spesso integrato in un circuito televisivo composto da microcamera, monitor e videoregistratore
per documentazione e archiviazione.
CAUSE DI OSTRUZIONE NASALE CRONICA NEI BAMBINI
•
•
•
•
•
•
•
Congenite
Stenosi/atresia coanale
Malformazioni cranio-facciali
Craniofaringiomi
Cisti dermoidi
Cisti naso-alveolari e naso-faringee
Cordomi
Teratomi
•
•
•
•
Infettive infiammatorie
Iperplasia adenoidea
Rinosinusite cronica
Rinite allergica/rinite ipertrofica cronica
Poliposi nasale
Traumatiche
• Deviazione della cartilagine del setto
177
Capitolo 7 • Patologie ORL
a
b
c
d
Fig. 7.4 Ipertrofia adenoidea: I grado (a), II grado (b), III grado (c) e IV grado (d).
Attraverso la fibroendoscopia è possibile classificare l’entità delle vegetazioni adenoidee in 4 gradi
a cui si possono correlare la gravità della sintomatologia ostruttiva respiratoria e le implicazioni che
ne derivano (Fig. 7.4):
• il I grado è caratterizzato dalla presenza di isolotti di tessuto linfatico, localizzati sulla volta e
sulla parete posteriore della rinofaringe. Non vi
è alcuna resistenza al passaggio del flusso aereo
dalla cavità nasale al rinofaringe, gli osti tubarici
sono pervi e l’essudato, se presente, non è conseguenza di blocco meccanico
• il II grado presenta il tessuto adenoideo che occupa la metà superiore della regione coanale
senza raggiungere la zona tubarica; non vi è an-
cora alcun ostacolo al flusso aereo naso-faringeo
• nel III grado il tessuto adenoideo occupa i tre quarti del cavo rinofaringeo e raggiuge la zona tubarica
mascherandola in parte, mentre la via respiratoria è
ridotta a una fessura. Tale situazione rappresenta il
reperto più frequente che si presenta nei pazienti
con disturbi respiratori e disarmonie dento-facciali
• il IV grado è caratterizzato da vegetazioni adenoidee esuberanti che chiudono completamente la regione coanale, spingendosi nella cavità nasale. L’ostio tubarico è completamente eclissato. Il catarro
non può progredire nel rinofaringe e si accumula
nelle cavità nasali. La respirazione nasale è abolita.
La rinomanometria (Fig. 7.5) rappresenta l’indagine funzionale per lo studio dei flussi e delle resi-
a
b
c
d
Fig. 7.5 Rinomanometria: (a) attiva anteriore; (b) attiva posteriore; (c, d) di seconda e terza generazione.
178
Capitolo 7 • Patologie ORL
ESPIRAZIONE
Fossa nasale sx
V cc/sec
ESPIRAZIONE
V cc/sec
Fossa nasale dx
Fossa nasale sx
a
Fossa nasale sx
INSPIRAZIONE
Fossa nasale dx
Fossa nasale dx
P PS
P PS
ESPIRAZIONE
INSPIRAZIONE
INSPIRAZIONE
ESPIRAZIONE
Fossa nasale sx
INSPIRAZIONE
Fossa nasale dx
b
Fig. 7.6 Grafici rinomanometrici: (a) situazione fisiologica; (b) ostruzione nasale.
stenze aeree nelle cavità nasali; è in grado di definire e quantificare l’ostruzione nasale; di facile e rapida esecuzione è utilizzabile in soggetti collaboranti a partire, quindi, dall’età di 4-5 anni.
In relazione alle modalità di misurazione si distinguono rinomanometrie anteriori, posteriori, attive e passive.
La rinomanometria anteriore attiva (RAA) è la
più fisiologica e misura le resistenze aeree durante
la respirazione, ma richiede una certa collaborazione da parte del paziente; la rinomanometria anteriore passiva (RAP) è eseguita nei più piccoli, facendo passare quantità d’aria prefissate nel paziente in apnea e valutandone il gradiente pressorio in
uscita (Fig. 7.6).
La rinomanometria è lo studio quantitativo delle resistenze delle vie aeree secondo la legge di
Poiseuille: R = DP/V (DP = gradiente pressorio esistente tra la pressione nasale anteriore a livello della narice e posteriore a livello delle coane;
V = flusso aereo).
A causa di fenomeni di adattamento vascolare, a
livello di ciascuna narice si osserva una variazione
ciclica della congestione della mucosa, che determina il ciclo nasale: quando la vasodilatazione raggiunge il massimo in una narice, causando l’aumento delle resistenze aeree, nell’altra è massima la
vasocostrizione con diminuzione delle resistenze.
Per tale motivo la resistenza nasale totale rimane
costante.
La resistenza viene misurata con rinomanometri
anteriori e/o posteriori in condizioni basali, dopo
vasocostrizione e da sforzo.
Il rinomanometro permette di ottenere un tracciato formato da curve a S italica in un diagramma
con i valori di resistenza espressi in Pascal (P) in
ascissa e i valori di flusso in cc/sec (V) in ordinata.
Le variazioni di inclinazione che compaiono nelle
curve sono indicative delle modificazioni della pervietà nasale.
Flogosi tubo-timpaniche
L’ingombro meccanico dell’ostio da parte del tessuto linfatico ipertrofico o dell’edema delle pareti tubariche in corso di rinofaringiti può facilmente causare l’ostruzione della tuba e l’insorgenza di tubotimpaniti e otiti medie (sierosa, catarrale, purulenta)
con i classici sintomi di otalgia, ipoacusia, otorrea.
Complicanza non infrequente delle otiti purulente è l’antro-mastoidite con segni generali (febbre,
astenia), locali (otorrea purulenta, otalgia, appianamento del solco retroauricolare e spostamento in
avanti del padiglione auricolare).
L’ipoacusia trasmissiva è l’espressione più frequente della patologia dell’orecchio medio secondaria ad adenoidismo e nei casi medio-gravi può
avere implicazioni sull’apprendimento scolastico e
sul linguaggio. La diagnosi otorinolaringoiatrica si
basa sull’otoscopia, sull’esame audiometrico (Fig.
7.7) e sull’impedenzometria.
L’impedenzometria misura le forze oppositive
dell’orecchio al passaggio dell’energia acustica,
mediante il rilievo della elasticità del sistema timpano-ossiculare. L’esame si compone di due parti:
la timpanometria e la reflessometria stapediale.
La timpanometria fornisce utili informazioni sullo stato funzionale dell’orecchio medio, in particolare sulla sua aereazione; la registrazione (timpanogramma) (Fig. 7.8) si realizza in un grafico a picco che corrisponde alla quantità di aria endotimpanica:
Capitolo 7 • Patologie ORL
dB
• in caso di totale assenza d’aria nella cassa timpanica o di presenza di essudato, il timpano è immobile e il timpanogramma piatto.
0
10
20
30
40
X
O
50
60
X
O
O
X
X
O
X
O
X
O
O
X
70
80
90
100
125 250
500
1K 2K
3K
4K
5K
Fig. 7.7 Audiogramma con ipoacusia trasmissiva bilaterale
più accentuata sulle basse frequenze.
• nel soggetto con buona ventilazione la timpanometria è rappresentata da una curva con picco a
valore di pressione d’aria intorno a 0 mm H2O
• in presenza di funzione timpanica alterata si crea
nell’orecchio un graduale riassorbimento di aria
e una depressione del timpanogramma verso valori negativi inferiori da ⳮ80 a ⳮ150 mm H2O)
-600
-400
-200 -100 0
Flogosi faringo-tonsillari
e bronco-pneumoniche
Vi è una maggiore incidenza di flogosi e infezioni
delle vie aeree superiori e inferiori nel bambino
adenoideo, che possono rappresentare motivo di
visita ORL, pediatrica e pneumologica.
L’inalazione di aria non adeguatamente condizionata e filtrata espone le vie aero-digestive superiori
e le basse vie respiratorie a stimoli fisici, chimici e
infettivi in grado di determinare faringo-tonsilliti e
laringo-tracheo-bronchiti (acute, ricorrenti, croniche) con maggior frequenza nel bambino adenoideo rispetto al soggetto normale.
La sindrome rinobronchiale è caratterizzata da
fenomeni bronco-ostruttivi che si verificano con
maggior frequenza in pazienti con ipereattività
bronchiale o disreattività nasale (allergici o vasomotori).
-600
+100 +200
a
-400
-200 -100 0
+100 +200
b
-600
c
179
-400
-200 -100 0
+100 +200
Fig. 7.8 Timpanogramma: (a) normale ventilazione; (b) funzione tubarica alterata; (c) assenza totale di aria per versamento endotimpanico.
180
Capitolo 7 • Patologie ORL
FIG. 7.9 Funzione respiratoria.
Capitolo 7 • Patologie ORL
Disturbi della fonazione
La rinolalia chiusa posteriore è un segno caratteristico della sindrome adenoidea, determinata
dall’occlusione del cavo rinofaringeo e della regione coanale, da parte del tessuto linfatico; consiste in una modificazione del timbro della voce
che diviene nasale e spenta per la perdita della risonanza nasale e la totale omissione per i fonemi
m, n, gn.
Nel respiratore orale, la postura bassa della lingua e la diminuita crescita trasversale del palato
possono alterare la risonanza e la corretta pronuncia di alcuni suoni, come l’articolazione del fonema polivibrante r, provocando il cosiddetto rotacismo.
Inoltre l’incompetenza labiale, che spesso si associa alla respirazione orale, facilita l’instaurarsi
della deglutizione atipica che provoca uno sventagliamento degli incisivi superiori fino all’instaurasi di un open bite dento-alveolare; tutto ciò si
può associare a uno sigmatismo dovuto a un’anomala interrelazione tra labbra, lingua e arcate
dentali. Per un’analisi più approfondita delle dislalie meccaniche v. Alterazioni della funzione e
del linguaggio.
Disturbi psicologici e auxologici
Diversi fattori si combinano nel determinare alterazioni auxologiche e difficoltà psicologiche del bambino affetto da adenoidismo:
• le infezioni recidivanti delle vie aeree e la sindrome rinobronchiale possono rallentare la crescita e causare periodi prolungati di assenza dalla scuola
• l’ipoacusia trasmissiva nei casi medio-gravi può
avere implicazioni sull’apprendimento scolastico, sul linguaggio e sul comportamento
• i disturbi del sonno possono causare stanchezza
mattutina, sonnolenza diurna, scarso rendimento fisico e mentale. La roncopatia e l’apnea notturna (OSAS) si presentano associate a ipertrofia
adenoidea nel 10-50% dei casi e sono diagnosticate con la polisonnografia.
Le implicazioni che ne derivano dipendono sia
dalla entità della ostruzione respiratoria (legata alla relativa sproporzione tra il volume del tessuto
linfatico e quello della cavità oro-faringea), sia dalla precocità della sua instaurazione, che dalla sua
cronicità.
181
Respirazione orale e disarmonie
dento-facciali
Nei casi in cui sussiste una sproporzione tra il volume delle vegetazioni adenoidee e quello del cavo
rino-faringeo, si viene a determinare ostruzione nasale e, quindi, la necessità di respirazione orale.
In una percentuale significativa di casi a tale situazione si associano uno o più sintomi di malocclusione e/o dismorfismo facciale, sino alla facies adenoidea che rappresenta l’espressione clinica eclatante. Il bambino presenta il caratteristico aspetto
prognatico, con faccia allungata, mandibola cadente, zigomi sporgenti, naso affilato, labbro superiore
corto che evidenzia denti protrusi e malposizionati,
un aspetto distratto, stanco, svogliato (Fig. 7.9).
Va comunque ribadito che allo stato attuale, nonostante una sterminata mole di ricerche, non è ancora possibile spiegare in che modo e in che misura le variazioni del flusso aereo influenzino la crescita e lo sviluppo facciale.
Esiste un’ampia controversia riguardo alle relazioni causali tra respirazione orale e disarmonie
dento-facciali: alcuni dati sperimentali suggeriscono l’influenza di una alterata funzione respiratoria
sulla morfologia facciale; altri mettono in discussione questa correlazione, sostenendo il ruolo della predisposizione genetica; secondo l’opinione di
molti autori le diverse tesi possono essere compendiate, considerando i dismorfismi dento-facciali del
bambino adenoideo in un quadro multifattoriale.
Sono state avanzate diverse ipotesi per interpretare il meccanismo morfogenetico sotteso alla
respirazione orale; la teoria attualmente più accreditata è quella dello “stiramento o stretching
dei tessuti molli” che pone in relazione la morfologia facciale, la respirazione orale e la postura del
capo.
Secondo questa teoria, la posizione bassa della
mandibola e l’estensione del capo, assunte dal respiratore orale per diminuire le resistenze delle vie
aeree, comporterebbero sollecitazioni abnormi delle strutture scheletriche facciali, pregiudicandone
l’armonico sviluppo.
L’estensione della testa rispetto alla colonna cervicale comporterebbe uno stiramento passivo dei
tessuti molli della faccia e del collo; la pelle e i muscoli (mimici e masticatori) stirati eserciterebbero
una trazione in basso e indietro limitando la crescita
sagittale e favorendo la crescita verticale della faccia.
182
Capitolo 7 • Patologie ORL
vrapponibili e si traducono in un’azione muscolare
che tende a contrastare lo sviluppo sagittale della
faccia e a favorire la crescita verticale.
La postura a bocca aperta (cioè in disclusione)
protratta nel tempo, produce un’estrusione dei processi alveolari e determina quindi la crescita verticale del terzo inferiore della faccia. Mentre la pressione dei tessuti molli (guance e muscoli) ostacola
la crescita trasversale del palato, favorendo una
conformazione ogivale e di morsi crociati.
Contestualmente, a causa della respirazione orale può svilupparsi una II o III classe dentale e/o
scheletrica.
La II classe è favorita dalla incompetenza labiale
e dalla deglutizione atipica (spesso associate), nonché dall’iperestensione del rachide cervicale (accentuazione della lordosi fisiologica) e dalla postrotazione mandibolare per facilitare la respirazione.
La III classe è favorita dall’azione propulsiva
esercitata sulla mandibola dalla postura linguale
bassa e avanzata, mantenuta dal paziente per garantire un canale pervio per il flusso respiratorio,
soprattutto nei casi di ipertrofia delle adenoidi e
delle tonsille palatine associate (v. Ipertrofia tonsillare).
Alcune indagini hanno, comunque, evidenziato
uno scarso impatto sulla postura del capo da parte
dell’ostruzione del cavo faringeo e sostengono,
quindi, una scarsa correlazione eziologica tra la respirazione orale e le alterazioni dento-scheletriche.
Alla teoria dello stiramento dei tessuti molli si
contrappongono, quindi, le teorie genetiche che
pongono maggiore rilievo sulla ereditarietà di molti fattori, come ad esempio lo schema di crescita
facciale, gli atteggiamenti posturali e le patologie
atopiche (rinite allergica).
Nella stessa eziopatogenesi della sindrome adenoidea, ad esempio, entrerebbero fattori costituzionali, eredo-familiari che si identificano essenzialmente nella diatesi essudativo-linfatica (linfatismo).
Secondo gli autori che compendiano la tesi funzionale e genetica, la respirazione orale sarebbe in
grado di indurre la facies adenoidea in soggetti con
determinate caratteristiche genetiche (dolico-facciali, iperdivergenti), fungendo da fattore aggravante in soggetti predisposti.
Comunque, indipendentemente dal meccanismo
eziologico iniziale (funzionale, genetico, multifattoriale) i meccanismi morfofunzionali di rimodellamento, che si innestano successivamente, sono so-
MALOCCLUSIONI E DISMORFISMI FACCIALI ASSOCIATI ALLA RESPIRAZIONE ORALE
Labbra
• Incompetenza labiale
• Labbro superiore corto
• Labbra screpolate
Muscolatura oro-facciale
• Ipotonia dei muscoli facciali
• Postura linguale bassa
• Deglutizione atipica
•
•
•
•
Naso e seni paranasali
Ipertrofia adeno-tonsillare
Iposviluppo delle cavità nasali e paranasali
Naso a base larga e piccolo
Narici rivolte in alto
•
•
•
•
Mascellare
Ipoplasia trasversale e sagittale
Palato ogivale
Palato molle verticale
Rotazione del piano bispinale
Mandibola
• Aumento dell’altezza facciale inferiore
• Crescita in postero-rotazione
• Distoposizione o anteposizione (II o III classe
scheletrica)
•
•
•
•
•
Dentatura
Protrusione degli incisivi mascellari
Retroinclinazione degli incisivi mandibolari
Affollamento dento-alveolare
Morso crociato mono o bilaterale
Morso aperto anteriore
•
•
•
•
Postura
Estensione della testa
Inversione della lordosi cervicale
Postura bassa della mandibola
Abbassamento dell’osso ioide
Capitolo 7 • Patologie ORL
183
FATTORI INDICATIVI DI EZIOLOGIA GENETICA E ACQUISITA PREDISPOSIZIONE GENETICA
Predisposizione genetica
Predisposizione acquisita
Esame clinico
• Corporatura astenica e prevalenza su tutto
il corpo delle dimensioni verticali rispetto alle
trasversali
• Dolico-cefalia (iperdivergenza) elevata
• Crescita verticale di tutta la faccia (terzo
superiore, medio e inferiore)
• Contrazione dell’arcata mascellare e mandibolare
• Retroinclinazione e affollamento degli incisivi
superiori e inferiori
Esame clinico
• Corporatura variabile (stenica, astenica)
• Tipologia facciale variabile (normo, dolico
o brachi-facciale)
• Narici piccole orientate verso l’alto
• Arcata mascellare contratta rispetto
alla mandibolare
• Affollamento prevalente
all’arcata mascellare
• Incisivi superiori vestibolo-inclinati
Esame cefalometrico
• Piano palatino parallelo o in lieve
postero-rotazione sul piano di Francoforte
• Ramo mandibolare corto
• Riduzione della profondità facciale
• Aumento dell’altezza facciale totale
• Incisivi mascellari normo-inclinati
• Incisivi mandibolari linguo-inclinati
Esame cefalometrico
• Piano palatino in antero-rotazione
• Tendenza alla biprotrusione
• Aumento dell’altezza facciale inferiore
• Incisivi mascellari e mandibolari
vestibolarizzati
Diagnosi
La diagnosi di respirazione orale da parte dell’odontoiatra e/o dell’ortodontista viene per lo più realizzata sulla base di criteri clinici attraverso l’esame
obiettivo, l’osservazione del modo di respirare, l’anamnesi, alcuni test clinici e la cefalometria.
L’anamnesi è indirizzata a definire i caratteri dell’ostruzione nasale e le eventuali patologie associate e in molti casi è sufficiente a indirizzare verso la
corretta diagnosi di ipertrofia adenoidea.
Nell’ipertrofia adenoidea le difficoltà respiratorie
compaiono generalmente dopo i 2 anni e aumentano progressivamente sino a 6-7 anni; mentre la storia di un’ostruzione nasale già presente alla nascita,
o che compare nei primissimi mesi di vita, e non si
modifica successivamente è di solito significativa
per malformazioni congenite o traumatiche.
I rilievi anamnestici relativi alla qualità dell’ostruzione (continua, subcontinua, accessionale), ai
caratteri della secrezione (sierosa, mucosa, mucopurulenta, purulenta), alla presenza di epistassi
possono rilevarsi fondamentali per la diagnosi differenziale di vegetazioni adenoidee, patologie flogistiche o neoplastiche.
La diatesi essudativo-linfatica, spesso alla base
dell’adenoidismo, si manifesta con: difetti di crescita e sviluppo, micropoliadenopatia dei linfonodi latero-cervicali, disturbi del sonno, otopatie, affezioni broncopolmonari.
All’esame obiettivo il rilievo più evidente è la facies
adenoidea e la malocclusione dentaria che possono dipendere dell’ostruzione nasale cronica o da fattori ereditari in presenza di una corretta respirazione nasale.
L’ispezione della piramide nasale può evidenziare deformazioni più o meno gravi di natura congenita o acquisita.
Nel respiratore orale le labbra a riposo sono incompetenti e, nel caso di inspirazione profonda dal
naso, non variano la forma e la dimensione delle narici. Nel respiratore nasale, invece, le labbra a riposo sono serrate e nell’inspirazione le narici si dilatano, poiché è presente un buon riflesso dei muscoli alari (riflesso narinale di Gudin).
La funzione può essere diagnosticata collocando
uno specchio a doppia superficie sul labbro superiore (specchio di Glaztel): nel respiratore orale si
appanna la superficie inferiore; nel respiratore nasale la superiore a carico di entrambe o di una sola
narice (in caso di ostruzione monolaterale).
184
Capitolo 7 • Patologie ORL
L’ortopantomografia e la radiografia del cranio in
proiezione anteriore possono evidenziare turbinati
ipertrofici o deviazioni del setto con ostruzione nasale mono o bilaterale.
La teleradiografia del cranio in proiezione laterale permette di valutare le dimensioni delle adenoidi e dello spazio naso-faringeo.
Tale indagine riveste, comunque, un valore puramente indicativo, trattandosi di un’immagine bidimensionale che non definisce il dettaglio.
Tutte questi indagini si rivelano, perciò, poco affidabili, fornendo indicazioni imprecise sull’attitudine alla respirazione orale e quindi inadeguate per
definire la programmazione del trattamento, che
deve tenere conto della natura e del grado di severità dell’ostruzione. Esiste, infatti, una vasta gamma
di condizioni intermedie tra la respirazione orale e
nasale: in soggetti adenoidei, si possono presentare
situazioni di compenso funzionale tali da consentire una respirazione nasale prossima alla normalità;
mentre soggetti privi di ostruzione possono avere
l’abitudine a una respirazione orale.
L’esame otorinolaringoiatrico è, quindi, dirimente per la valutazione dei caratteri e della natura dell’ostruzione e si basa sulla rino-otoscopia, l’endoscopia a fibre ottiche, la rinomanometria e gli esami otologici (audiometrici e impedenzometrici).
Terapia
I sintomi relativi alle disarmonie dento-facciali possono essere facilmente individuati in pedodonzia e
ortodonzia, e il trattamento ortodontico rappresenta una parte di un intervento globale.
Per questo motivo la responsabilità dell’odontoiatra si pone nei termini di richiesta di visita otorinolaringoiatrica e/o pediatrica nell’ambito di un
trattamento medico-odontoiatrico condiviso che
deve essere graduato nel singolo caso in funzione
dell’età, del grado di ostruzione, della gravità delle
complicazioni loco-regionali e sistemiche o della
frequenza delle recidive.
Terapia ortognatodontica
I risultati ottenibili con l’ortognatodonzia dipendono
dalla distinzione tra soggetti predisposti alla respirazione orale in categorie multiple caratterizzate dalla
eziopatogenesi genetica o acquisita, individuando in
ciascun gruppo la severità dell’ostruzione.
L’esame cefalometrico permette, entro certi limiti, di ipotizzare una eziologia acquisita o ereditaria
della disarmonia dento-facciale: nella predisposizione genetica le alterazioni si presentano generalizzate a tutta la faccia e alla corporatura; mentre
nelle forme acquisite la dismorfosi è localizzata al
terzo inferiore del viso. Comunque, considerando
che indipendentemente dall’origine funzionale o
genetica i meccanismi morfofunzionali di rimodellamento che subentrano si sovrappongono, è difficile individuare l’origine con certezza.
Nei soggetti con predisposizione locale (acquisita) è più facile percorrere a ritroso le modificazioni causate dalla respirazione orale con una
corretta terapia, per esempio:
• espandendo le arcate per ottenere una normalizzazione dei diametri trasversi del palato
• intrudendo i settori posteriori, in modo da contrastare la crescita verticale della faccia e la postero-rotazione mandibolare
• rieducando con mioterapia la competenza labiale, la postura mandibolare e la funzione linguale.
Nei soggetti con predisposizione genetica ci
si deve attendere un recupero parziale nella misura
delle diverse componenti (genetiche o miste genetiche e funzionali), che si sono sovrapposte nel determinare la disarmonia dento-facciale.
In genere, nei soggetti con predisposizione genetica si devono escludere le terapie di tipo espansivo, soprattutto nei casi in cui la contrazione dei diametri trasversi riguardi ambedue le arcate; vanno
privilegiate le terapie di tipo estrattivo per risolvere le discrepanze dento-alveolari.
In tutti i casi è, comunque, importante intercettare le asimmetrie funzionali, eliminando i morsi
crociati, intervento che non ripristina la corretta
funzione ma che elimina un fattore causale in grado di perpetuare la condizione patologica.
L’espansione rapida del mascellare può essere un
intervento profilattico alternativo alla chirurgia in
quanto è in grado di riportare il bambino verso un tipo di crescita più favorevole con un duplice meccanismo di azione: meccanico per incremento dei diametri utili per la respirazione ottenuti mediante aumento del diametro trasverso del palato e delle cavità nasali; spesso mediante una ristabilita simmetria
del setto nasale che risulta compromesso nella quasi totalità dei casi; funzionale con riduzione volumetrica del tessuto linfatico adenoideo grazie al migliorato trofismo che consegue all’aumentato flusso dell’aria e al drenaggio delle secrezioni nasali.
Capitolo 7 • Patologie ORL
Terapia otorinolaringoiatrica
Il trattamento della sindrome adenoidea non può
prescindere da due importanti considerazioni:
• la presenza di tessuto linfatico, anche esuberante, è da considerarsi nell’infanzia una situazione
fisiologica che verso i 12-14 anni tende spontaneamente all’involuzione
• l’ostruzione nasale riconosce spesso patogenesi
multifattoriali flogistiche, allergiche e/o dismorfiche.
185
La diagnosi strumentale e la disponibilità di terapie mediche ha oggi razionalizzato l’approccio terapeutico e ridimensionato gli interventi chirurgici
(Figg. 7.10 e 7.11).
Indubbiamente nelle forme di I e II grado non vi
è indicazione all’intervento chirurgico disostruttivo; mentre è indiscussa l’indicazione chirurgica nelle ostruzioni nasali totali o subtotali di IV grado che
quasi inevitabilmente comportano le manifestazioni sindromiche precedentemente descritte.
IPERTROFIA ADENOIDEA
I-II grado
IV grado
III grado
Terapia chirurgica
Terapia medica
Rinomanometria
Normale
Impedenzometria
Patologico
Polisonnografia
Fig. 7.10 Management dell’ipertrofia adenoidea.
IPERPLASIA
ADENO-TONSILLARE
Impedenzometria
Polisonnografia
Rinomanometria
Timp. B
Sleep apnea
Ostruzione nasale
Alterazioni
maxillo-facciali
OMA ric.
OME
INTERVENTO
Fig. 7.11 Flusso diagnostico nelle ipertrofie adenoidee (OMA ric. = otite media ricorrente, purulenza; OME = otite media essudativa, catarrale).
186
Capitolo 7 • Patologie ORL
PROTOCOLLI PER IL TRATTAMENTO DELLE IPERTROFIE ADENOIDEE
Terapia rinologica topica
Lavaggi nasali con soluzioni fisiologiche o saline
Antisettici locali (ad esempio sali d’argento)
Decongestionanti nasali a base di amine simpaticomimetiche o imidazoli (efedrina, fenilefrina ecc.)
Mucolitici locali (aceticisteina spray o aerosol)
Antibiotici locali (ad esempio tirotrocina gramicidina)
Antistaminici locali (tra i più usati azelastina e levocabastina)
Cortisonici locali ad elevato indice terapeutico e privi di effetti collaterali sistemici anche per prolungati
periodi (beclometasone, flunisolide ecc.)
• Terapia termale
•
•
•
•
•
•
•
Terapia sistemica
• Antibioticoterapia sistemica in caso di infezione acuta
• Terapia mucolitica (carbocisteina, ambroxol, sobrerolo)
• Terapia immunomodulante (estratti di timo, estratti batterici e molecole di sintesi classificate come
“modificatori biologici di risposta”)
Nelle ostruzioni di III grado la valutazione è più
complessa e, anche in presenza di difficoltà respiratorie non gravi, la coesistenza di patologie locoregionali o sistemiche aggravate dall’ipertrofia possono costituire indicazione all’intervento.
Infatti se nelle flogosi non eccessivamente importanti dell’orecchio medio e dei seni paranasali e
nelle roncopatie non apnoiche è giustificato un atteggiamento di osservazione, nelle patologie più
gravi (otiti purulente, recidivanti o croniche, OSAS
ecc.) l’intervento si impone anche in presenza di reperti rinomanometrici che rilevano un’ostruzione
nasale non grave.
Terapia medica
La terapia medica rappresenta un presidio terapeutico efficace e una valida alternativa all’intervento
chirurgico nell’ipertrofia adenoidea di media entità,
in quanto prevenzione e terapia delle infezioni naso-faringee che favoriscono la proliferazione del
tessuto linfatico. L’intervento profilattico si basa
sulla prevenzione delle condizioni favorenti le flogosi rinofaringee attraverso il controllo delle condizioni climatiche e ambientali in cui vive il bambino: è importante l’esposizione al clima marino nel
periodo estivo; inoltre va evitato il soggiorno in ambienti chiusi, poco umidificati o inquinati (fumo di
sigarette, vapori), in alcuni casi anche limitando la
frequenza agli asili e alle scuole nei periodi di infezioni epidemiche virali.
I protocolli di terapia medica proposti sono diversi e vengono di solito presonalizzati in relazione
all’età, alla costituzione del soggetto e alla gravità
della sindrome ostruttiva.
Terapia chirurgica
Il trattamento chirurgico diviene necessario nei
casi di ostruzione grave o nelle ostruzioni incomplete ma complicate da flogosi ricorrenti della rinofaringe e delle cavità comunicanti, non dominabili con la terapia medica.
La terapia chirurgica consiste nell’adenoidectomia o nell’intervento combinato di adenotonsillectomia in base alla valutazione del singolo caso.
Attualmente la maggior parte degli otorinolaringoiatri prende in considerazione l’adenoidectomia
in base alle indicazioni riportate:
• ostruzione nasale secondaria ad ipertrofia adenoidea. Se vi è anche ostruzione nasale anteriore
secondaria a rinite, l’adenoidectomia può non
migliorare la respirazione
• alcuni casi di otite sierosa e di otite media acuta
ricorrente
• apnea da sonno (unitamente alla tonsillectomia).
L’intervento di adenoidectomia consiste nell’asportazione delle adenoidi per raschiamento.
In genere il bambino si rimette completamente
in 24 ore dall’operazione; raramente può verificarsi, come complicanza immediata postoperatoria,
un’emorragia dal letto adenoideo tale da richiede-
Capitolo 7 • Patologie ORL
re un reintervento per eseguire un tamponamento
posteriore.
L’intervento può talora indurre alterazioni del
timbro vocale, in particolare dopo l’asportazione di
vegetazioni adenoidee voluminose, poiché il velo
pendulo può avere un insufficiente accollamento
contro la parete posteriore della faringe durante la
fonazione. In questo modo la voce può presentare
carattere di ipernasalità, alterazione comunque che
si risolve spontaneamente in tempi brevi.
La valutazione postoperatoria per rilevare l’eventuale persistenza della respirazione orale non
deve essere troppo vicina all’intervento chirurgico
e va eseguita almeno a un mese di distanza.
Il passaggio dalla respirazione orale a quella nasale può richiedere del tempo e possiamo ritenere
indicativamente che il passaggio si verifichi mediamente nel 70% dei bambini operati tra i 3 e gli 8 anni e valutati a 1 mese di distanza dall’intervento.
È fondamentale, già nell’immediato decorso postoperatorio, iniziare un programma di riabilitazione
respiratoria, poiché in molti bambini, nonostante il
ripristino della pervietà nasale, può persistere l’abitudine alla respirazione orale e tale evenienza inficia i benefici dell’intervento chirurgico.
È importante ricordare che le adenoidi non sono
limitate da una capsula e non presentano un piano
di clivaggio con le pareti del cavo faringeo; l’intervento è spesso, quindi, incompleto e possono rimanere dei residui adenoidei.
Nei soggetti con diatesi essudativo-linfatica particolarmente accentuata, a seguito di processi flogistici ricorrenti, i residui di tessuto adenoideo possono ricrescere e, a distanza di qualche anno, il bambino può ripresentare sintomi di ostruzione nasale.
Se da una parte nei soggetti con età inferiore a 3
anni vi è una percentuale più rilevante che presenterà recidiva delle vegetazioni linfatiche retrofaringee a distanza dall’intervento, dall’altra, se vengono
raggiunti gli 8-9 anni con persistente ostruzione nasale, si possono stabilire alterazioni scheletriche
tendenti a mantenere la respirazione orale anche
dopo adenoidectomia.
Patologie delle tonsille palatine
La seconda linea di difesa delle strutture linfatiche
oro-faringee è costituita dalle tonsille palatine, cui
compete un ruolo di elevata importanza come effettore e induttore della risposta immunitaria, at-
187
traverso la produzione di anticorpi (IgG, IgM, IgE,
IGA, IgD), linfociti T-citotossici e T-modulanti.
Per il ruolo immunologico descritto le tonsille
vanno incontro a infezioni ripetute (faringo-tonsilliti, tonsilliti acute, acute ricorrenti, croniche) che
possono indurre l’ipertrofia patologica, che nel
tempo si stabilizza provocando un quadro persistente di tonsille ipertrofiche o ostruenti.
Come per l’ipertrofia adenoidea, a cui spesso si
associa, l’ipertrofia tonsillare si verifica con particolare frequenza nell’infanzia e nella eziopatogenesi entrano gli stessi fattori (costituzionali, eredo-familiari, ambientali e microclimatici) che favoriscono le flogosi ricorrenti oro-faringee, spesso in forma di adenotonsilliti.
I problemi che possono derivare dall’ipertrofia tonsillare possono essere molteplici e spesso si sovrappongono a quelli dell’ipertrofia adenoidea con la quale
si associa. In particolare vanno però sottolineati due tipi di patologie correlate all’ipertrofia tonsillare:
• nell’ostruzione localizzata a livello tonsillare, per
favorire la respirazione orale la lingua tende a
posizionarsi in basso e in avanti agendo come
meccanismo di propulsione della mandibola e
può favorire la III classe scheletrica
• la roncopatia e l’apnea notturna (OSAS) si presentano in associazione all’ipertrofia tonsillare
nel 50-95% dei casi; in particolare in bambini con
tonsille molto grandi che si uniscono sulla linea
mediana.
La tonsillite batterica acuta è una delle infezioni
più comuni dell’infanzia; è caratterizzata da piressia, mal di gola spesso con dolore che irradia all’orecchio durante la deglutizione, fetore orale e
linfoadenopatia latero-cervicale.
Alcuni pazienti, in particolare bambini, subiscono più attacchi definiti come tonsillite cronica o
tonsillite acuta ricorrente.
L’aspetto delle tonsille va dal rosso edematoso
alla presenza di essudati e pus all’interno delle cripte (tonsillite follicolare acuta).
L’agente eziologico più frequente è lo streptococco beta-emolitico (Streptococcus pyogenes)
che si può isolare nel 30% dei pazienti che accusino faringite e nel 50% dei bambini di età compresa
tra i 4 e i 13 anni. Inoltre il 5% della popolazione risulta portatore sano di streptococchi al tampone
faringeo.
La diagnosi differenziale deve considerare le infezioni virali aspecifiche, la mononucleosi infettiva,
la scarlattina, la difterite e l’angina di Vincent.
188
Capitolo 7 • Patologie ORL
CLASSIFICAZIONE DEI PROBLEMI DELLE VIE AEREE, DELLA LINGUA E DELLE TONSILLE IN ORTODONZIA
Classificazione
Esame clinico
TRX latero-laterale
Tipo I
Ipertrofia adenoidea
Crescita facciale
normale
Labbra competenti
Narici ampie
Respirazione
nasale o mista
Simmetria facciale
Tonsille piccole
Adenoidi normali
tendenti
a ipertrofiche
Rinofaringe
da medio a largo
Altezza facciale
inferiore normale
Rapporto
e dimensioni
maxilla/mandibola
normali
Crescita normale
Rapporto
lingua/velo normale
Tonsille piccole
Tipo II
Ipertrofia tonsillare
Via aeree adeguate
Postura linguale
alterata
Labbra competenti
Narici ampie
Respirazione
nasale
Forma del viso
larga
Lingua
da normale a grande
Tonsille
da normali
a ipertrofiche
Adenoidi normali
tendenti
a ipertrofiche
Rinofaringe
da medio a largo
Altezza facciale
inferiore da
normale a ridotta
Rapporto
e dimensioni
maxilla/mandibola
tipo brachi-facciale
Crescita normale
tendente alla III
classe
Tonsille
ipertrofiche con
alterata postura
linguale
TRX posteroanteriore
Distanza
intermolare corretta
Larghezza facciale,
nasale, maxilla,
mandibola corretta
Asimmetrie
scheletriche assenti
Indicazioni
terapeutiche
Adenoidectomia
non indicata
Ortodonzia
indicata
Osservazioni:
prevedibile
involuzione
spontanea
dell’ipertrofia
adenoidea e
miglioramento della
respirazione nasale
Distanza
intermolare
corretta maxilla
aumentata
mandibola
Larghezza facciale,
nasale,
maxilla/mandibola
corretta
Asimmetrie
scheletriche non
significanti
Tonsillectomia
indicata
Ortodonzia
indicata
Osservazioni:
prolungare la durata
della contenzione
➥
Capitolo 7 • Patologie ORL
189
CLASSIFICAZIONE DEI PROBLEMI DELLE VIE AEREE, DELLA LINGUA E DELLE TONSILLE IN ORTODONZIA
Classificazione
Esame clinico
TRX latero-laterale
Tipo III
Ostruzione
adenoidea
Altezza facciale
inferiore al limite
di 1 D.S.
Labbra
incompetenti
Narici piccole
Respirazione
parzialmente orale
Altezza facciale
inferiore
aumentata
Arcata superiore
stretta
Tonsille da normali
a ipertrofiche
Adenoidi normali
tendenti
ad atrofiche
Rinofaringe
da medio a piccolo
Altezza facciale
inferiore
aumentata al limite
di 1 D.S.
Rapporto
maxilla/mandibola
con angolo goniaco
aumentato
Crescita verticale
Tonsille normali
con possibile
alterazione della
postura linguale
Tipo IV
Ipertrofia adenoidea
Altezza facciale
inferiore al limite
di 2 D.S.
Labbra
incompetenti,
labbro superiore
molto corto
Narici piccole
Respirazione
totalmente orale
Aspetto
dolico-facciale
con asimmetria
Arcata superiore
stretta
Tonsille
ipertrofiche
Adenoidi
ipertrofiche
Rinofaringe
piccolo
Altezza facciale
inferiore
aumentata al limite
di 2 D.S.
Rapporto
maxilla/mandibola
con tendenza a III
classe e a morso
aperto scheletrico
Crescita
fortemente verticale
Tonsille di aspetto
variabile
TRX posteroanteriore
Distanza
intermolare ridotta
per maxilla
Larghezza facciale
nasale,
maxilla/mandibola
ridotta
Asimmetrie dentali
ed anche
scheletriche
Indicazioni
terapeutiche
Adenoidectomia
indicata
Tonsillectomia
indicata
Ortodonzia
indicata
(espansione rapida
palatina)
Osservazioni:
lente riduzioni
delle adenoidi
e delle tonsille
se non si opera
Distanza
intermolare ridotta
maxilla/mandibola
Larghezza nasale
e maxilla piccola
Asimmetrie dentali
e scheletriche
Adenoidectomia
indicata
Tonsillectomia
indicata
Ortodonzia
indicata
(espansione rapida
palatina e controllo
della crescita
verticale)
Osservazioni:
abbinare se
necessario una
terapia antiallergica
➥
190
Capitolo 7 • Patologie ORL
CLASSIFICAZIONE DEI PROBLEMI DELLE VIE AEREE, DELLA LINGUA E DELLE TONSILLE IN ORTODONZIA
Classificazione
Esame clinico
TRX latero-laterale
Tipo V
Ipertrofia adenoidea
Incompetenza
velo-faringea
Labbra competenti
Respirazione
da nasale
a parzialmente orale
Palato duro corto
Ugola bifida
Voce nasale
Adenoidi
ipertrofiche
Rinofaringe
ampio e profondo
Altezza facciale
inferiore variabile
Maxilla corta con
palato duro corto
Crescita variabile
Velo
con incompleta
elevazione e ridotto
contatto faringeo
Tipo VI
Postura linguale
alterata
Coordinazione
neuromuscolare
alterata
Rilevamenti clinici
molto variabili
Adenoidi normali
Rinofaringe
variabile
Altezza facciale
anteriore
aumentata
Rapporto
maxilla/mandibola
variabile
Crescita spesso
tendente al verticale
Lingua e osso
ioide: poco
coordinati e con
postura bassa
La diagnosi è prevalentemente di tipo clinico
(angina, trisma, disfagia) e l’ispezione diretta evidenzia edema, eritema e placche purulente sul tessuto tonsillare; può essere confermata da esami
ematochimici (VES, TAS, proteina C reattiva, tampone faringeo) che risultano comunque di utilità limitata.
Le tonsilliti streptococciche possono dare luogo
a diverse complicazioni: le malattie metafocali
(reumatismo articolare acuto, glomerulonefrite
acuta post-streptococcica); le sepsi e le infezioni
profonde (ascesso parafaringeo, retrofaringeo, sottomandibolare, peritonsillare).
Le indicazioni alla tonsillectomia restano controverse e la decisione dipende dall’anamnesi e dal riscontro semeiotico clinico e strumentale; attualmen-
TRX posteroanteriore
I fattori sono molto
variabili
Indicazioni
terapeutiche
Adenoidectomia
non indicata, al
limite solo parziale
Chirurgia
ricostruttiva
indicata (solo per
il velo)
Logopedia indicata
Ortodonzia
indicata
Distanza
intermolare
mandibolare
aumentata
Larghezza nasale
e maxilla piccola
o variabile
Asimmetrie dentali
e frequentemente
scheletriche
Pulizia delle vie
aeree
Logopedia indicata
Ortodonzia
indicata con
massimo controllo
lungo tutto il
periodo di crescita
te la maggior parte degli otorinolaringoiatri prende in
considerazione l’intervento nei seguenti casi:
• in presenza di 3-6 attacchi all’anno nel bambino
(2-3 nell’adulto) di tonsillite ricorrente per 2 anni consecutivi. La gravità degli attacchi può anticipare la decisione. Nel bambino si tratta di
un’indicazione relativa e non assoluta, poiché
spesso vi è un miglioramento spontaneo quando
il bambino si avvicina all’età di 10 anni
• apnea da sonno (OSAS) secondaria ad ipertrofia adenotonsillare; le tonsille ingrossate senza
apnea non costituiscono indicazione all’intervento
• ascesso peritonsillare isolato con anamnesi concomitante di tonsillite ricorrente o più di un
ascesso
Capitolo 7 • Patologie ORL
191
• ingrossamento tonsillare monolaterale con anormalità (ulcerazioni, necrosi) per escludere una
neoplasia
• malattie metafocali.
Il paziente è generalmente dimesso il giorno successivo l’intervento e nella settimana successiva
presenta un’escara grigia sul letto della tonsilla, che
guarisce per seconda intenzione. Il dolore nella settimana successiva è dovuto allo stiramento e al
trauma chirurgico del muscolo costrittore della faringe e va trattato con terapia antidolorifica e assunzione di cibo morbido. Talvolta un residuo di
tessuto tonsillare è presente dopo la tonsillectomia
e può andare incontro nel tempo a iperplasia.
L’adenotonsillectomia non comprende le tonsille
linguali, poiché sono raramente sintomatiche, la loro asportazione è difficile ed è associata a una morbilità postoperatoria inutile; peraltro dopo l’intervento di adenotonsillectomia, può verificarsi una
ipertrofia compensatoria delle tonsille linguali.
In presenza di sintomi riferiti alle tonsille linguali il paziente va inviato dall’otorinolaringoiatra per
la diagnosi (per escludere una neoplasia della base
della lingua), la terapia medica o l’asportazione
(chirurgica o con crioterapia).
Nella fase percettiva gli stimoli vengono convogliati verso i centri deputati alla comprensione e decodificazione: i suoni verso la corteccia sensoriale
del lobo temporale dell’emisfero sinistro (zona di
Wernicke); le immagini verso il lobo occipitale del
cervello (corteccia ottica).
Nella fase espressiva gli stimoli registrati vengono tradotti in pensiero a livello corticale, poi il pensiero viene tradotto in parole nell’area motoria di
Broca del lobo frontale, dove vengono programmati i movimenti necessari alla pronuncia della parola
mediante l’apparato vocale (Fig. 7.12). Responsabili della produzione verbale, nell’ambito del sistema
nervoso periferico, sono i seguenti nervi cranici: II,
VI, VII, VIII, IX, X, XI e XII.
Alterazioni della fonazione
e del linguaggio
L’apparato vocale, da un punto di vista funzionale, viene diviso in tre parti: il mantice respiratorio,
la laringe, gli organi articolatori e risuonatori.
La produzione del suono è una funzione della laringe, che con la sua azione vibratoria diviene attiva durante l’espirazione, per la produzione del “sof-
Il meccanismo di formazione della parola si compone di una fase percettiva e di una espressiva.
Pensiero
Decodificazione
suoni
Nozioni di fonetica
La fonetica è la scienza che studia l’aspetto fisico dei suoni, analizzati senza tenere conto della
loro organizzazione nel sistema funzionale della
lingua; comprende vari ambiti, tra i quali la fonetica articolatoria, che è lo studio dell’apparato di
fonazione dei suoi organi e del modo con cui questi producono i suoni.
Luogo di articolazione
Immagini
Stimoli
visivi
Decodificazione
immagini
Stimoli
acustici
Pronuncia
della parola
Lingua
Suoni
Articolazione
della parola
a
Organo di articolazione
b
Fig. 7.12 Luogo di articolazione dei fonemi consonantici: (a) meccanismo di formazione del linguaggio; (b) articolazione della parola.
192
Capitolo 7 • Patologie ORL
fio fonatorio” proveniente dai polmoni e dalla trachea. Gli organi risuonatori sono le cavità nasali, faringea e orale; quest’ultima modificata in dimensioni dalla mobilità dell’osso ioide, della mandibola e
della lingua.
Prendendo in considerazione i diaframmi fonatori orali vanno considerati oltre i denti:
• il velo palatino e l’ugola (palato molle) che accostandosi alla parete posteriore del mesofaringe
escludono o meno la cavità nasale dalla partecipazione all’attività fonatoria
• il palato duro diviso in zona alveolare, alveolopalatina (zona di articolazione dei foni prepalatali) e palatina (foni mediopalatali)
• la lingua che è l’organo dotato delle più ampie
possibilità diaframmatiche a livello di radice,
dorso, apice e lati
• le labbra che danno luogo a due diaframmi fondamentali bilabiale e labio-dentale, mediante un
gioco di appiattimento o arrotondamento e arretramento o avanzamento.
Quando l’aria percorre il canale espiratorio senza incontrare ostacoli, tranne le corde vocali, si determina una vocale, diversamente si produce una
consonante.
Le sette vocali vengono articolate nella cavità orale grazie ai movimenti della lingua, che: può appiattirsi sul pavimento dando luogo alla /a/, la vocale di
massima apertura; sollevarsi e spostarsi in avanti sul
palato duro, realizzando le vocali palatali o anteriori
/e chiusa/, /e/, /i/; sollevarsi e arretrare in corrispondenza del velo palatino, ottenendo le vocali velari o
posteriori /o chiusa/, /o/, /u/, che richiedono anche la
protrusione delle labbra (labio-velari).
È d’uso rappresentare le vocali italiane tramite il
cosiddetto triangolo vocalico, uno schema in cui le
n
i
o
a
po Vel
st ari
er
io
ri
o
ε
c
e
o Pal
an at
te ine
rio
ri
Media
o centrale
Fig. 7.13 Triangolo vocalico (ε = e chiusa; c = o chiusa).
singole unità sono disposte, grosso modo, nel punto in cui si colloca la lingua per articolarle (Figg.
7.13 e 7.14).
I fonemi consonantici sono poi formati dagli articolatori posti nella regione faringo-buccale:
• labbra per bilabiali (m, p, b), labio-dentali (f,
v) e altri fonemi in misura più marginale
• denti per la produzione di labio-dentali (f, v) e
di suoni fricativi
• lingua per linguali (l, t), per vocali e per la
maggior parte delle consonati (s, r, d)
• palato molle e sfintere velo-faringeo per occlusive velari (k, g), naso-gutturali (no-k, ng, gh) e
per la maggior parte dei fonemi (eccetto m, n)
• palato duro insieme alla lingua responsabile
della produzione dei fonemi s, t, ts, dz
• processo alveolare coinvolto nella produzione
delle consonanti t, d, n, l, s, z, ts, dz
• cavità nasali per garantire il passaggio d’aria
necessaria alla produzione dei fonemi nasali
(m, n, gn).
Le consonanti presuppongono un ostacolo a un
certo livello del canale espiratorio, che può comportare: la chiusura del canale dando luogo alle occlusive (dette anche momentanee o esplosive); il restringimento, che consente di articolare le costrittive, dette anche fricative o continue. Una classe consonantica intermedia è quella delle affricate, che risultano
dalla fusione di un’occlusiva e di una costrittiva.
Oltre al modo di articolazione definiscono una
consonante il luogo d’articolazione (che è il settore
del canale espiratorio dove si forma il diaframma,
di occlusione o di costrizione) e i tratti distintivi
(sordo/sonoro, orale/nasale).
La denominazione delle consonanti italiane è la risultante di vari elementi che le definiscono: modo e
luogo di articolazione, tratti distintivi (Tabb. 7.1 e 7.2).
La /p/ è una “occlusiva bilabiale sorda orale” o in
modo abbreviato “bilabiale sorda”, eliminado le ridondanze visto che tutte le bilabiali sono occlusive
e la maggior parte dei foni italiani è orale (eccetto
le bilabiali nasali /m/, /n/).
Analogamente la /v/ è una “costrittiva, labiale sonora orale” o “labio-dentale sonora”; la /s/ e la /z/ sibilanti sorda e sonora.
Le alveolari /l/ e /r/ sono spesso designate con la
vecchia denominazione di liquide; entrambe si pronunciano con la punta della lingua appoggiata alla
regione alveolare, sopra gli incisivi superiori; men-
193
Capitolo 7 • Patologie ORL
ε
e
a
i
o
c
u
Fig. 7.14 Articolazione delle vocali.
Tab. 7.1 Schema delle consonanti italiane.
Luogo di articolazione
Bilabiali
Tratti
distintivi
Modo di articolazione
Orali
Labio-dentali
Dentali
Alveolari
Alveolopalatali
SonoSonoSonoSorde SonoSorde Sonore Sorde re Sorde re Sorde re
re
p
b
t
Sono- Sorde Sonore
re
k
d
Occlusive
Nasali
m
η
n
Affricate
f
v
ts
dz
t∫
s
z
∫
d3
Orali
Costrittive
Velari
Palatali
r
l
λ
g
194
Capitolo 7 • Patologie ORL
Tab. 7.2 Diaframmi orali dell’apparato fonatorio e foni consonantici.
Ugola
/r/ francese
vibrante uvulare
Radice della lingua
/k/, /g/
velari o gutturali
Dorso della lingua
/ts/, dz/, /s/
alveolo-palatali o prepalatali
Apice della lingua
diaframma alveolare
/l/
alveolare o liquida laterale
Apice della lingua
retroflesso
/r/
alveolare o liquida vibrante
a
b
Apice della lingua
diaframma dentale
/n/, /t/dentali
m
Diaframma bilabiale
/p/
bilabiale orale
Diaframma labio-dentale
/f/, /v/
labio-dentali
Diaframma bilabiale
e abbassamento del velo
/m/
bilabiale nasale
Capitolo 7 • Patologie ORL
tre per la pronuncia della /r/ alla francese si realizza una vibrazione dell’ugola.
Le bilabiali (mamma, papà) si articolano mediante chiusura delle labbra, con abbassamento del
velo per convogliare l’aria nel naso per /m/ e appoggio del velo contro la parete della meso-faringe
per convogliare il soffio fonatorio in bocca per /p/.
Nelle dentali la punta della lingua si appoggia sugli incisivi superiori (tata, tetta, nonno, nanna); è
frequente una posizione più arretrata con la lingua
a contatto con gli alveoli.
Nelle labio-dentali l’aria passa nella fessura che
risulta dall’accostamento dei denti superiori e del
labbro inferiore. Nelle velari (dette anche gutturali), le più arretrate delle occlusive, il dorso della lingua si solleva contro il velo palatino.
Disordini della comunicazione
L’esame foniatrico è basato sulla storia clinica, sul tipo di respirazione (orale, nasale), sulla valutazione
della competenza labiale, sui test fonetici, sulla registrazione di messaggi vocali pronunciati e sulla valutazione del tono dei muscoli della faccia, della bocca e della lingua (deglutizione atipica o normale).
Il logopedista è coinvolto nella diagnosi delle
condizioni strutturali e funzionali delle aree orofacciale, faringea e laringea. Queste strutture, come
le aree nasale e respiratoria, sono spesso indagate
tramite studio radiografico videofluoroscopico o
endoscopia nasale durante la fonazione e la deglutizione.
195
Queste importanti procedure diagnostiche risultano spesso determinanti nella diagnosi dei problemi strutturali e funzionali a carico delle capacità di
nutrizione e di fonazione.
L’interesse dell’ortodontista è limitato all’esame
clinico delle dislalie meccaniche in cui è necessario
porre particolare attenzione ai fonemi che solitamente sono alterati nella patologia ricercata.
Esistono cinque aree maggiori da considerare nella valutazione della capacità comunicativa. I problemi di motricità orale e di nutrizione dipendono da nascita prematura, fattori neuromotori, labiopalatoschisi; richiedono un invio precoce al logopedista. I
problemi di articolazione possono variare dalla blesità in cui la fonazione è comprensibile, alla incomprensibilità; gli errori sono classificati in omissione
di suoni, distorsione (ad esempio s strascicata).
In linea generale i bambini imparano a produrre
i suoni in sequenza con una capacità paragonabile
a un adulto a 8 anni:
• tra i 2 anni e i 3 anni il linguaggio è spesso difficilmente comprensibile e vengono correttamente pronunciati i suoni m, n, h, p, b, ing, w, d, g
• a 3 anni l’80-90% del linguaggio è facilmente capito, sono correttamente pronunciati i fonemi y,
k, f, sh, t, ch, dge
• i suoni complessi sono ben gestiti a 5 anni (l, s, z,
h, r) e i suoni composti sono acquisiti più tardi
dei singoli (c, t, p, r)
• a 8 anni tutti i suoni sono gestiti correttamente,
compresi z, th.
I problemi di linguaggio possono ottenere due distinti livelli: la capacità di comprendere (linguaggio
QUADRI DI PATOLOGIA FONIATRICA
• Disfonie o afonie dovute a patologie della laringe
• Dislalie meccaniche periferiche dovute a patologia organica del distretto articolatorio e di risonanza
responsabile della difettosa realizzazione del suono articolato (tratto vocale)
• Turbe del flusso verbale caratterizzate da un’alterazione funzionale, che si manifesta con una
incordinazione della muscolatura pneumo-fono-articolatoria e mimica
• Sindromi afasiche secondarie a un danno organico cerebrale che abbia coinvolto i centri deputati
alla codificazione e decodificazione del linguaggio verbale
• Sindromi disartriche per disturbo del controllo muscolare per danno organico del SNC o del SNP
• Disturbi del linguaggio secondari a deficit acustici
• Ritardi secondari del linguaggio conseguenti ad alterazioni cerebrali che comportino una alterazione
dello sviluppo psicomotorio
• Ritardi primari di linguaggio in assenza di disturbi uditivi, articolari e ambientali
• Disturbi della comunicazione verbale di tipo psicotico
196
Capitolo 7 • Patologie ORL
recettivo) e di comunicare (linguaggio espressivo).
Le variazioni della voce possono consistere in:
• qualità anomala della voce (stridente, ansimante, rauca)
• risonanze anomale (voce ipernasale e iponasale)
• livelli vocali inappropriati (voce troppo bassa o
forte)
• problemi di tono troppo alto o basso (noduli o
polpi nelle corde vocali, patologie neurologiche
e muscolari, irritazioni).
I problemi di scorrevolezza o fluidità della conversazione sono rappresentati dalla balbuzie; affliggono il 3% della popolazione con un rapporto 3:1 tra
maschi e femmine e richiedono un consulto precoce.
Considerazioni specifiche richiedono le dislalie
inerenti alterazioni del timbro e della chiarezza della fonazione, che comprendono la stomatolalia e rinolalia.
La stomatolalia è una particolare forma di dislalia determinata da impedito passaggio della corrente aerea espiratoria nelle vie nasali (ad esempio nelle angine e nelle ipertrofie delle tonsille palatine); viene definita anche come voce di rospo.
La rinolalia è un’alterazione del timbro della voce, che acquista un carattere nasale. Si distingue:
una rinolalia aperta (detta anche iperrinolalia, o
iperrinofonia) caratteristica della paralisi del velo palatino; una rinolalia chiusa (detta anche
iporrinolalia o iporrinofonia), che è causata da
processi ostruttivi del naso e della rinofaringe.
La rinolalia posteriore chiusa è caratteristica dell’ipertrofia adenoidea e dei processi ostruttivi delle
coane; si manifesta con la perdita della risonanza
nasale e totale omissione per i fonemi m, n, gn; la
voce assume timbro nasale e diviene spenta.
La rinolalia chiusa anteriore (o voce di Pulcinella) è tipica delle patologie ostruttive localizzate nelle cavità nasali propriamente dette; si evidenzia
un’accentuazione della normale risonanza nasale.
La dislalia è un disturbo della pronuncia (articolazione della parola) per difetto di conformazione
o di funzione del tratto vocale che è composto da
labbra, lingua, mandibola, guance, velo palatino,
faringe, fosse nasali e cavità annesse. A seconda
che la pronuncia difettosa riguardi le sillabe o le
lettere si distingue una dislalia sillabica (balbuzie)
e una letterale (sigmatismo, zetacismo, rotacismo,
lambdacismo, ossia difetto di pronuncia delle consonanti s, z, r, l).
Le dislalie possono essere divise in due grandi
gruppi in base all’eziopatogenesi:
• funzionali in cui non esiste un’alterazione anatomica, ma il disturbo deriva da un’erronea impostazione delle strutture mobili, dipendente da
numerose cause (ipoacusia, insufficienza mentale, nevrosi isterica, ritardo del linguaggio, imperfetta destrezza motoria)
• organiche in cui sono riscontrabili alterazioni
morfologiche o motorie delle strutture che intervengono nella articolazione del linguaggio.
Dislalie e anomalie dentarie
Il rapporto tra dislalie e malocclusioni dentarie e
scheletriche non è univoco; infatti, pur se le malocclusioni intervengono sulla forma e sul volume della cavità buccale e spostano i punti di articolazione
del linguaggio, non necessariamente causano dislalia, grazie alla notevole capacità compensatoria.
È importante notare che le difficoltà di fonazione e di alimentazione non sono sempre associate a
queste condizioni dentali. Ogni paziente deve essere considerato in modo strettamente individuale al-
CAUSE DI DISLALIE MECCANICHE PERIFERICHE
Labiali
Incompetenza labiale, labioschisi, paralisi
del facciale, perdita di sostanza per traum
e interventi chirurgici
Dentali (o alveolo-dentali)
Edentulia, protesi scorrette, malocclusioni
(morso aperto, gravi II classi), deglutizione
atipica, diastemi dentali, contrazione mascellare
(palato ogivale)
Linguali
Macroglossia, microglossia, paralisi
dell’ipoglosso, anchiloglossia, glossectomia
Palatali (o velari)
Palatoschisi, velo corto congenito, paralisi velari,
esiti di resezioni chirurgiche
Nasali
Ipertrofie adenoidee e tonsillari, rinosinusopatie
ostruttive
Capitolo 7 • Patologie ORL
la luce della sua capacità di compensare tale situazione. Nei casi in cui vengano identificati problemi,
il trattamento è coordinato da odontoiatra e ortodontista, poiché alcuni individui possono non essere in grado di migliorare la fonazione e l’alimentazione finché l’anomalia dentaria non sia risolta.
Nel respiratore orale, la postura bassa della lingua e la diminuita crescita trasversale del palato
possono alterare la risonanza e la corretta pronuncia di alcuni suoni, come l’articolazione del fonema
polivibrante r, provocando il cosiddetto rotacismo.
Nei soggetti sani, infatti, la r viene pronunciata appoggiando la lingua sul palato (nel punto di passaggio tra osso alveolare e palato duro).
Nell’incompetenza labiale, la perdita del sigillo
labiale anteriore facilita l’instaurarsi della deglutizione atipica che provoca uno sventagliamento degli incisivi superiori fino all’instaurarsi di un open
bite dento-alveolare. Tutto ciò si può associare a un
sigmatismo, dovuto a un’anomala interrelazione tra
labbra, lingua e arcate dentali.
Nei soggetti sani, infatti, la s viene pronunciata
con una relazione incisale di testa a testa, la mandibola in leggera protrusione e la punta della lingua
situata posteriormente agli incisivi superiori (in
corrispondenza dell’osso alveolare). Altre anomalie sono alterazioni: dei fonemi apico-alveolo-dentali (n, t, d) e sibilanti (s, z), nei casi di deglutizione
197
atipica; dei fonemi fricativi (fr, vr), sigmatismo e zetacismo nei casi di succhiamento del labbro.
In una grave malocclusione di II classe, l’elevazione della punta della lingua verso l’arcata può risultare impedita, con conseguente distorsione dei
suoni e posizionamento interdentale della lingua
nella pronuncia di s, z, t, d, l, n.
Inoltre la competenza labiale può essere insufficiente durante l’alimentazione e nel tentativo di
compensare avvicinando il labbro inferiore ai denti superiori, il bambino può distorcere o sostituire i
suoni labiali p, b, m.
In presenza di contrazione trasversale del palato
può risultare la distorsione dei suoni che richiedono
contatto tra lingua e palato, ovvero s, z, sh, ch, e dge.
In caso di assenza di denti, durante la fonazione
la lingua può essere posizionata lateralmente o in
avanti, con conseguente distorsione dei suoni.
Importanti sono le anomalie palatine e singoli
esiti di interventi chirurgici:
• palatoschisi (con o senza labioschisi)
• schisi mucosa del palato, caratterizzata da
uvula bifida, separazione dei muscoli palatini,
con conseguente solco mediano del palato
molle e concavità a livello del margine posteriore del palato duro
FONI ALTERATI E MALOCCLUSIONI
• Anchiloglossia
Distorsione di /l/, /t/, /d/, /n/, /s/, /z/
• Contrazione
del mascellare
Distorsione di /s/, /z/ (sigmatismo) e /r/ (rotacismo)
• Respirazione orale
Rotacismo
• Incompetenza labiale
e deglutizione atipica
Sigmatismo, distorsione di /n/, /t/, /d/; distorsione o sostituzione di /p/, /b/,
/m/ con /v/, /f/, /n/; alterazioni delle vocali (in particolare la /u/)
• Succhiamento del labbro
Sigmatismo, distorsione di foni labio-dentali e fricativi
• Classe
Sigmatismo, rotacismo, labdacismo (distorsione dei foni /s/, /z/, /t/, /d/, /l/, /n/)
• Rinosinusopatie ostruttive
Rinolalia anteriore chiusa
• Ipertrofie adenoidee
Rinolalia posteriore chiusa (iporrinolalia, iporrinofonia): perdita di
risonanza nasale, omissione dei suoni /m/, /n/, /gn/ con trasformazione
in /b/, /d/, /g/
• Ipertrofia tonsillare
palatina e angine
Stomatolalia
• Palatoschisi
Rinolalia aperta: voce con timbro ipernasale; trasformazione di /b/ e /d/
in /m/, /n/; incapacità di pronuncia delle velari /k/, /g/ e di altri foni
198
Capitolo 7 • Patologie ORL
• anomalie congenite palatine: palato corto, naso-faringe profondo, movimento velo-faringeo
scoordinato o inefficiente
• anomalie palatine acquisite a causa di danno
neurologico, per chirurgia o neoplasie.
Va infatti considerato che il palato molle e le pareti faringee lavorano simultaneamente per isolare
il naso-faringe durante la fonazione e la deglutizione. Questa azione previene l’entrata di un eccessivo flusso d’aria nella cavità nasali durante la fonazione ed evita il rigurgito nasale durante la deglutizione. Se esiste un’anomalia palatina questa azione
non avviene efficacemente, determinando spesso
un passaggio di cibo e liquidi nel naso. In tal caso,
la fonazione è nasale e affannata, i suoni sono poco
chiari e il volume può essere ridotto.
Le anomalie della lingua possono compromettere la precisione, l’ampiezza e la velocità dei movimenti linguali, con conseguenti difficoltà nella nutrizione e nella fonazione; la più comune anomalia
è l’anchiloglossia che può presentarsi con diversi livelli di gravità e non sempre implica problemi funzionali.
Alcuni tra i possibili problemi fonatori sono:
• sostituzione e distorsione dei suoni linguali a
causa della ridotta elevazione della punta della
lingua (l, t, d, n s, z)
• parlata più lenta del normale
• ridotta precisione espressiva quando si urla, poiché per urlare la bocca deve essere aperta maggiormente e la ridotta elevazione della punta della lingua può incidere in modo più evidente
• difficoltà di nutrizione, come problemi di suzione nell’infanzia e la permanenza di una alimentazione “disordinata”.
Se la fonazione o l’alimentazione di un bambino
sono compromesse vi è indicazione all’intervento
di frenulectomia.
Apnea ostruttiva da sonno
e roncopatia
Il russamento (roncopatia) e l’apnea ostruttiva
da sonno (OSAS, obstructive sleep apnea syndrome) sono alterazioni del ritmo respiratorio notturno, che trovano origine nella ostruzione delle vie
aeree superiori.
La pervietà dell’oro-faringe al flusso respiratorio
è mantenuta da un equilibrio tra muscoli dilatatori
della faringe e pressione negativa che si realizza
nell’inspirio (Figg. 7.15 e 7.16).
Durante il sonno si determina un’ipotonia dei muscoli dilatatori della faringe (soprattutto il genioglosso) e la lingua tende a reclinarsi indietro aggravando
ulteriormente l’ostruzione del lume faringeo; se la riduzione del tono è rilevante la persona russa in conseguenza della vibrazione delle strutture faringee (ugula,
palato molle, base della lingua e pareti della faringe).
L’abitudine del russare diviene più frequente con
l’avanzare dell’età a causa di una maggiore lassità
dei tessuti molli: circa il 25% degli uomini e il 15%
delle donne russano abitualmente e la frequenza
raddoppia nelle persone sovrappeso e in quelle che
hanno superato i 65 anni.
Palato duro
Palato molle
Tensore del palato
Parte faringea
posteriore
Forza attiva
muscolare
dilatante
la faringe
Pressione negativa
inspiratoria che
predispone
al collasso
delle vie aeree
Genioioideo
(direzione
di trazione)
Muscolo
genioglosso
Osso ioide
Vettore
di trazione risultante
Fig. 7.15 Meccanismo di occlusione delle vie aeree superiori.
Sternoioideo
(direzione di trazione)
Capitolo 7 • Patologie ORL
a
199
b
Fig. 7.16 Ostruzione del lume faringeo (a); correzione mediante protrusione mandibolare (b).
CAUSE DI RUSSAMENTO E OSAS
Sedi dell’ostruzione
Cause dell’ostruzione
Polipi nasali
Naso
naso-faringe
Setto nasale
deviato
Adenoidi
Oro-faringe/
velo-faringe
Lanringotrachea
Macroglossia
Palato molle
Tonsille
Lesioni
ostruttive
Altre cause sono rappresentate dall’assunzione
di alcol alla sera, dall’obesità, dal fumo, dalla menopausa, dall’ostruzione nasale, dall’ipertrofia patologica delle tonsille palatine (tali da ostruire l’oro-faringe), dall’ipotiroidismo, dall’ipomandibulia e
dalle malformazioni facciali.
Nel gruppo di pazienti che russano regolarmente
ve ne sono alcuni che sviluppano la sindrome da
apnea ostruttiva del sonno.
Negli Stati Uniti si stima che soffrano di apnea da
sonno il 4% degli uomini e il 2% delle donne, ma queste percentuali raddoppiano nella fascia di età tra i
50 e i 60 anni. Il notevole sforzo inspiratorio deter-
mina l’accentuazione della pressione negativa endoluminare, con collasso delle pareti sino alla cessazione temporanea del flusso aereo con apnea.
L’apnea, la cui durata può variare da 8-10 a 80-100
secondi, si interrompe quando il centro respiratorio, sollecitato dall’ipercapnia, induce una contrazione dei muscoli dilatatori dell’oro-faringe e risolve il collasso dei tessuti.
Il ripetersi di cicli di apnea comporta ipossiemia,
ipercapnia, acidosi che stimolano i barorecettori e
chemorecettori periferici, causando alterazioni sistemiche, ma principalmente alterando la qualità
del sonno: irrequietezza e agitazione notturna, incubi (pavor nocturnus), enuresi, stanchezza mattutina e sonnolenza diurna con scarso rendimento fisico e mentale.
Nei bambini molto piccoli (< 2 anni) può verificarsi morte improvvisa (sudden death infant syndrome).
La diagnosi è affidata a medici specialisti nelle
patologie del sonno e si basa sull’anamnesi e la polisonnografia.
La polisonnografia consente lo studio della qualità
del sonno mediante registrazioni contemporanee di
diversi parametri: elettroencefalogramma (EEG),
elettro-oculogramma (EOG), elettrocardiogramma
(ECG), elettromiografia (EMG), flusso d’aria oro-nasale (V), movimenti toracici e addominali (RESP), ossimetria transcutanea (Sa O2), sonogramma (MIC).
Nei bambini la roncopatia e l’OSAS si presentano
in associazione all’ipertrofia tonsillare (90-50% dei
casi) o adenoidea (10-50%); in questi casi è opportuno richiedere il consulto con l’otorinolaringoiatra
per considerare l’opportunità di una terapia medica
o chirurgica (adenotonsillectomia) dell’ipertrofia.
200
Capitolo 7 • Patologie ORL
a
b
c
Fig. 7.17 (a) Respirazione normale; (b) OSAS; (c) Terapia con CPAP.
Negli adulti la terapia consiste nel cambiare lo
stile di vita diminuendo il peso, l’assunzione di alcolici e il fumo.
L’approccio più utilizzato alla terapia delle apnee
da sonno è oggi principalmente rappresentato dalla respirazione a pressione continua positiva
(CPAP) attraverso una maschera nasale (Fig. 7.17).
I casi più gravi sono inviati al chirurgo per interventi di uvulo-palato-faringo-plastica la cui efficacia è comunque controversa e solo nel 9% dei casi,
secondo alcuni autori.
I dispositivi a pressione continua delle vie respiratorie (CPAP) e la chirurgia (uvulo-palato-faringoplastica) trovano indicazione nei casi moderati-seri di OSAS. Gli apparecchi orali sono indicati in persone con OSAS di lieve-media gravità che non rispondono a trattamenti comportamentali come
perdite di peso, cambiamenti posturali nel sonno.
L’esecuzione di una placca occlusale, che posizioni anteriormente la mandibola, rappresenta un
intervento di competenza odontoiatrica da concordare con i medici specialisti del sonno, come misura terapeutica accessoria. Essa riconosce la finalità
di migliorare la pervietà dell’oro-faringe e diminui-
re la resistenza al flusso respiratorio durante le ore
notturne riducendo la tendenza della lingua a reclinarsi indietro durante il sonno.
Fig. 7.18 Proslider mobile per OSA
Fig. 7.19 Twin Block per OSA
Dispositivi per OSAS
I dispositivi orali allargano le vie respiratorie e ne
prevengono il collasso attraverso meccanismi sovrapponibili stabilizzando la mandibola in protrusione e rotazione, e inibendo l’apertura della bocca
(Figg. 7.18 e 7.19). In tal modo la lingua è allontanata dalla parte posteriore della faringe e l’osso ioide è avanzato sia meccanicamente, sia mediante la
contrazione riflessa del muscolo genio-glosso.
L’aumento della dimensione verticale attiva il
muscolo genio-glosso e favorisce ulteriormente la
protrusione linguale.
I dispositivi utilizzati sono:
• Klear Way Appliance
• NAPA
• MIRS
• Herbst modificato
Capitolo 7 • Patologie ORL
201
➔ KLEAR WAY APPLIANCE
Il Klear Way Appliance è costituito da due placche
con copertura occlusale totale che abbracciano completamente la dentatura, stabilizzate con ganci e
collegate da fili guida.
La posizione è regolabile con una vite di avanzamento per incrementi di 0,25 mm per quarto di gi-
ro. Il morso di costruzione è preso alla distanza di
due terzi della distanza tra occlusione centrica e
massima protrusione (per prevenire un eccessivo
sforzo muscolare dell’ATM), mantenendo la linea
mediana centrata e con un’apertura verticale a livello incisivo di 5 mm.
202
Capitolo 7 • Patologie ORL
➔ MIRS
Il MIRS o splint con stop incisale anteriore per il posizionamento mandibolare è una placca in acrilico
mascellare, con un piano occlusale provvisto di
profonde indentature sia per l’arcata superiore che
inferiore e un’apertura in zona anteriore per il passaggio dell’aria. Nelle indentazioni si inserisce saldamente la dentatura posizionando la mandibola in
avanti e in basso e mantenendo aperte le vie aeree
posteriori.
➔ NAPA
Il NAPA (Nocturnal Airway Patency Appliance) è
una protesi ortodontica ideata da Peter T. George
nel 1983; si presenta come una placca bimascellare
con copertura occlusale completa, ganci di stabilizzazione, profonde indentazioni occlusali per stabilizzare la dentatura e impedire movimenti mandibolari; anteriormente vi è un’apertura per il passaggio dell’aria.
Capitolo 7 • Patologie ORL
203
➔ APPARECCHIO DI HERBST MODIFICATO
L’apparecchio di Herbst modificato da Garry-Prior
posiziona la mandibola in basso e in avanti attraverso l’uso combinato di uno splint mandibolare con
uno scheletrato superiore, uniti fra loro mediante
un assemblaggio di tubi di Herbst. La caratteristica
di questo apparecchio è quella di permettere il movimento libero della mandibola in direzione verticale e laterale senza spostamento distale; inoltre l’intelaiatura sottile mascellare garantisce il massimo
spazio linguale. Gli elastici verticali in zona canina
creano una risposta propriocettiva per evitare che la
mandibola si apra durante il sonno e incoraggiano
una postura a labbra unite. Gli ideatori del dispositivo impiegano un’unità TENS a bassa frequenza per
determinare la posizione mandibolare ottimale per
il morso di costruzione.
L’apparecchio di Herbst modificato da Clark
(UCLA) è essenzialmente una modifica del dispositivo di Garry-Prior in cui: l’intelaiatuta superiore è sostituita da uno splint a piena copertura; le superfici
occlusali superiore e inferiore sono rifinite a pieno
contatto; la ritenzione è ottenuta con ganci a palla
multipli; permangono gli elastici verticali in regione
canina.
Herbst modificato da Garry-Prior
Herbst modificato da Garry-Prior
Herbst modificato da Clark
➥
204
Capitolo 7 • Patologie ORL
Fig. 7.20 Apparecchio per il sollevamento del palato molle.
Dispositivi per roncopatia cronica
Si tratta di alcuni dispositivi indicati nella roncopatia cronica, non indicati come presidi nell’OSAS.
L’apparecchio per il sollevamento del palato molle (Fig. 7.20) è indicato nei pazienti con roncopatia
dovuta a un eccesso di tessuto pendulo nella regione orofaringea. Il bottone in acrilico si estende distalmente al punto mediano del palato molle e lo
solleva prevenendo la vibrazione al passaggio dell’aria durante il sonno. Non è estensivamente accettato dai pazienti, in cui può provocare sensazione di soffocamento e stimolare il riflesso faringeo
del vomito.
Fig. 7.21 Apparecchio TOPS.
Lo stimolatore propriocettivo orale di Tepper
(TOPS) (Fig. 7.21) è stato studiato per la roncopatia e la spinta linguale. Incorpora le seguenti parti:
una barra palatina imbottita, che poggia dietro il
gruppo incisivo superiore; una placca in resina che
lascia scoperto il terzo anteriore del palato; una
sottile lamina in acrilico di forma trapezoidale parallela alla placca e ancorata anteriormente, mentre rimane flottante dorsalmente su un elastico trasversale. Il dispositivo funziona come rieducatore
della postura linguale, guidando la lingua in avanti
verso la barra palatina retroincisiva e liberando le
vie aeree posteriori; va portato 1-3 ore prima di coricarsi.
CAPITOLO 8
Sindrome di Down*
Tra i quadri di disabilità con cui l’odontoiatra è chiamato a confrontarsi nell’esercizio della sua professione, la sindrome di Down è sicuramente tra i più
consueti. Conosciuta anche come trisomia-21 o trisomia-G o mongolismo, essa è riconducibile alla
presenza di un cromosoma 21 in eccedenza; si tratta dell’aberrazione cromosomica più frequente, con
un’incidenza di circa 1430 su un milione di nati vivi,
facilmente riconoscibile grazie ad alcune caratteristiche fenotipiche peculiari. Attualmente, le ricerche scientifiche relative alle basi genetiche di questo quadro sindromico permettono di distinguere
diversi sottogruppi genotipici (non disgiunzioni
PATOLOGIE ASSOCIATE
ALLA SINDROME DI DOWN
• Alterazioni del sistema immunitario (deplezione
numerica dei linfociti T, compromissione
della chemiotassi e della fagocitosi)
• Malformazioni cardiache congenite
(insufficienza mitralica ecc.)
• Alterazioni ematologiche (piastrinemia,
piastrinosi, rischio elevato di leucemia acuta)
• Lassità ligamentosa (causa di instabilità
atlanto-assiale e lassità del legamento
parodontale)
• Ipotonia muscolare generalizzata
• Ritardo di crescita
• Ritardo mentale, costantemente associato
alla sindrome seppur di grado variabile
di caso in caso
meiotiche, traslocazioni robertsoniane, mosaicismo) determinanti lo stesso fenotipo.
Tra i numerosi segni clinici caratteristici di tale sindrome includiamo diverse anomalie a carico del cranio, del distretto oro-facciale e degli elementi dentari.
È fondamentale però non tralasciare l’inquadramento del paziente Down dal punto di vista sistemico-generale, atto a mettere in luce alcune condizioni tipicamente associate alla sindrome, che possono richiedere il ricorso a particolari precauzioni
durante il trattamento odontoiatrico o avere significativi riflessi sul piano odontostomatologico.
Anomalie oro-facciali
Per quel che concerne più specificamente le anomalie oro-facciali, queste includono: l’ipoplasia del
terzo medio del volto, l’ipotonia muscolare, la pseudomacroglossia e la respirazione orale.
L’ipoplasia del terzo medio del volto è tale
che il mascellare superiore, il setto nasale e tutte le
ossa della regione medio-facciale presentano dimensioni ridotte rispetto alla norma (Fig. 8.1); anche l’ipoplasia o l’agenesia dei seni mascellari e
frontali si riscontra piuttosto frequentemente.
L’ipoplasia medio-facciale è tale per cui si osserva
nei soggetti affetti una riduzione marcata dell’altezza e dell’estensione antero-posteriore del palato, ed
* Il capitolo è stato scritto dalla dott.ssa Claudia Serra, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, Università degli studi
di Cagliari.
206
Capitolo 8 • Sindrome di Down
Fig. 8.1 Iposviluppo medio-facciale e profilo di III classe.
Fig. 8.2 Foto occlusale superiore, che mostra il caratteristico stair-palate, molto alto e stretto, con notevole ispessimento mucoso (paziente di anni 11).
una più lieve della sua dimensione trasversale. La significativa riduzione della dimensione sagittale fa sì
che il palato assuma l’aspetto di uno stair-palate,
molto alto e stretto, accompagnato da un notevole
ispessimento mucoso dell’arcata alveolare superiore
(Fig. 8.2). Questa tipologia di palato duro spesso si
accompagna ad un’insufficienza del palato molle.
Essendo la mandibola normosviluppata, l’iposviluppo del mascellare superiore, sia in senso trasversale che antero-posteriore, si riflette in una malocclusione di III classe, che contribuisce oltretutto all’instaurarsi di un morso aperto.
L’ipotonia muscolare è la principale responsabile della facies patognomonica dei soggetti affetti
e interessa:
• i muscoli massetere, temporale e zigomatico
• le labbra, everse e incompetenti a riposo, con conseguente insufficienza del sigillo orale (Fig. 8.3)
• la lingua, che protrude al di fuori del cavo orale.
La pseudomacroglossia si realizza con spinta o
interposizione linguale.
La macroglossia vera è rara da osservarsi; la lingua può protrudere e risultare più grossa e larga di
quanto in realtà non sia, poiché essa, di dimensioni
normali, viene accolta in una cavità orale troppo piccola per via dell’iposviluppo mediofacciale. L’apparente macroglossia è riconducibile, inoltre, all’ipotonia che coinvolge sia la muscolatura intrinseca sia
quella estrinseca della lingua, determinandone l’appiattimento. L’ipotonia dei muscoli delle labbra e
delle guance, invece, ne favoriscono la protrusione
al di sopra del labbro inferiore, con costante atteggiamento a bocca aperta e scolo salivare.
Altro fattore che può contribuire al quadro di
pseudomacroglossia è la diastasi linguale, condizione che si osserva in una percentuale di circa l’8090% dei bambini Down, e solo di rado si osserva in
altri soggetti, sani od affetti da altre patologie. Si
Fig. 8.3 Neonato Down in cui è evidente l’ipotonia muscolare facciale, causa della protrusione della lingua pseudomacroglossica, dell’eversione labiale e dell’atteggiamento a bocca aperta.
Capitolo 8 • Sindrome di Down
207
adenoidi che spesso si osserva. La respirazione orale, a sua volta, predispone all’insorgenza di periodontiti croniche e ad infezioni delle vie aeree. Inoltre, la respirazione orale cronica diviene causa di
un decremento del flusso salivare, con conseguente xerostomia ed insorgenza di crepe e fissurazioni
a carico di lingua e labbra, in particolare (Fig. 8.4).
Altre anomalie oro-facciali meno frequenti, riportate in letteratura, sono la lingua a carta geografica, l’ugola bifida, la schisi labio-palatina, le alterazioni qualitative della saliva ecc.
Fig. 8.4 Marcata secchezza labiale dovuta alla respirazione
prettamente orale (paziente di anni 12).
Anomalie dentali
ipotizza che la prominenza della linea mediana della lingua durante la sua contrazione sagittale sia dovuta ad un’insufficienza numerica delle fibre trasverse del muscolo genioglosso da un lato e ad una
deficienza del setto fibroso linguale dall’altro.
La respirazione parzialmente orale è dovuta
all’insufficienza del sigillo labiale ed alla lingua
pseudomacroglossica che protrude al di fuori del
cavo orale, e favorita anche dalla presenza di coane
nasali piccole e dall’ipertrofia delle tonsille e delle
Circa il 50% dei soggetti affetti da sindrome di
Down, sin dalla prima dentizione, presenta una
combinazione di tre o più anomalie dentali, tra cui
vengono incluse anomalie di eruzione, di numero,
di dimensione e forma, di struttura e di posizione
(Figg. 8.5-8.7).
Le anomalie di eruzione comprendono:
• ritardo di eruzione, sia dei denti decidui che dei
denti permanenti (i primi elementi decidui erompono generalmente tra i 12 ed i 14 mesi, ma a volte addirittura a 24 mesi; analogamente, il primo
Fig. 8.5 Foto occlusali e OPT che dimostrano la presenza di
agenesie multiple dei denti permanenti, a carico degli incisivi laterali superiori, dei secondi premolari inferiori e dell’incisivo laterale inferiore sinistro. Si noti anche la ritenzione dei due canini decidui superiori.
208
Capitolo 8 • Sindrome di Down
Fig. 8.6 Foto occlusale prima dell’estrazione del 5.2 ritenuto. Si notino la microdonzia, la presenza di denti dismorfici,
ruotati, ipocalcificati. Si osservano anche, l’iposviluppo dei
cingoli nei frontali, l’assenza del tubercolo di Carabelli nei
primi molari, nonché la ritenzione di elementi decidui (paziente di anni 14).
Fig. 8.7. Foto intraorali che mostrano la presenza di un
overjet negativo e di un cross bite monolaterale apparente,
dovuto a una contrazione trasversale bilaterale vera dell’arcata superiore. Evidente è anche lo scarsa qualità dell’igiene
orale (paziente di anni 11).
incisivo ed il primo molare permanente erompono mediamente a 8-9 anni)
• alterazioni nella sequenza di eruzione degli elementi dentali
• eruzione incompleta.
Le anomalie di numero annoverano ipodonzia
e agenesia, soprattutto degli incisivi laterali superiori e dei premolari inferiori, si riscontra nel 50%
circa dei soggetti affetti (Fig. 8.5).
Le anomalie di dimensione e di forma sono:
• microdonzia, in dentatura decidua e permanente
• radici corte, con riduzione del legamento parodontale e difficoltà negli spostamenti ortodontici
• denti dismorfici (ad esempio, conoidi)
• iposviluppo dei cingoli nei denti anteriori
• assenza del tubercolo di Carabelli nei primi molari superiori (Fig. 8.6).
Le anomalie di struttura sono costituite dalle
ipoplasie dello smalto e dalle ipocalcificazioni
(Fig. 8.6). Le anomalie di posizione consistono in
rotazioni dentarie, inclinazioni dentarie, ectopia di
denti permanenti per ritenzione dei corrispondenti
decidui (Fig. 8.6; v. anche Fig. 8.2).
La malocclusione è costituita da morso inverso
anteriore (overjet negativo o assente) o crociato e
cross bite posteriore bilaterale vero (Fig. 8.7).
L’analisi cefalometrica permette di verificare gli
aspetti salienti delle dismorfosi cranio-facciali caratteristiche della sindrome di Down (Fig. 8.8). La
figura 8.9 schematizza i risultati di una nota indagine di H. Fischer-Brandies nel 1986, su ben 970 soggetti affetti da sindrome di Down, di età compresa
tra gli 0 ed i 14 anni.
Fig. 8.8 Teleradiografia latero-laterale di paziente di anni
11; sono stati riportati i valori cefalometrici utilizzati da Fischer-Brandies nel suo studio.
Capitolo 8 • Sindrome di Down
Altezza
anteriore della
faccia (N-SpP)
Angolo SNA
Valori medi
= ai controlli
Retrusione complessiva
di tutto il terzo medio
facciale
Lunghezza base
cranica
anteriore (Se-N)
Valori medi
< ai controllo
La base cranica ed il terzo medio
facciale hanno dimensioni
deficitarie alla nascita,
e continuano la loro crescita ad un
ritmo più lento rispetto alla norma
Contemporaneo
iposviluppo della base
cranica e della mascella
Sviluppo della
mandibola
Inclinazione degli
incisivi superiori
(1-SpP)
Controverso
In aumento
costante fino ai 14
anni circa
Moderata o
marcata ipoplasia
Lunghezza del
mascellare
superiore (Sp-P)
209
Normale
Angolo NSBa
Stabili a valori
ampi di 136-138°
in seguito
Ridotto nei primi
mesi di vita
Base cranica appiattita
Fig. 8.9 Analisi cefalometrica della dismorfosi cranio-facciale associata a sindrome di Down.
Protocollo di trattamento
ortopedico-ortodontico
Per quanto concerne la scelta della biomeccanica,
essa è guidata direttamente dai quadri malocclusivi
di più comune riscontro nei soggetti Down, che includono:
• classe III di Angle, conseguenza diretta dell’iposviluppo antero-posteriore del mascellare
superiore rispetto alla mandibola normosviluppata
• cross bite posteriore mono o bilaterale, derivante dal deficit trasversale del mascellare superiore ipoplasico, quest’ultimo peggiorato dalla man-
cata stimolazione da parte della lingua ipotonica
che giace appiattita sul pavimento orale
• open bite anteriore, per lo più conseguenza della protrusione degli incisivi superiori, causata
dalla postura alterata della lingua, che protrude
all’esterno del cavo orale, e dall’ipotonia del muscolo orbicolare che conduce all’ottenimento di
un labbro inferiore lasso e pendente. Le apparecchiature ortodontiche ed ortopediche che ci
permetteranno di giungere alla risoluzione di
questi quadri disgnatici saranno volte, quindi, all’espansione antero-posteriore e trasversale del
palato, al raggiungimento di una classe I di Angle scheletrica e dentale attraverso un avanzamento della maxilla, e alla correzione dell’alterata postura linguale.
210
Capitolo 8 • Sindrome di Down
Ricordiamo che tali malocclusioni tendono ad
un graduale peggioramento col trascorrere degli
anni, visto che il tasso di crescita della mandibola,
seppur ridotto in senso assoluto, risulta comunque
superiore rispetto a quello del terzo medio facciale;
ancora, come nei soggetti non affetti dal quadro sindromico considerato, la crescita della mandibola
procede più a lungo di quella del mascellare superiore, la quale, già di per sé deficitaria, subisce un
arresto più precoce.
Gestione della postura linguale
Nei soggetti Down la postura linguale è tipicamente alterata: la lingua ipotonica protrude al di fuori
del cavo orale, o comunque si interpone tra le arcate, causando uno sventagliamento dei denti frontali superiori di entità variabile, sventagliamento
che in parte è dovuto anche all’ipotonia del muscolo orbicolare delle labbra; anche l’open bite anteriore è la diretta conseguenza dell’ipotonia muscolare, così come il costante atteggiamento a bocca aperta.
Questa condizione si riflette negativamente non
soltanto sull’estetica, ma soprattutto sul piano della salute e dello sviluppo generale. Come è noto,
uno sviluppo equilibrato del complesso maxillofacciale è significativamente influenzato anche dagli impulsi che la lingua, in posizione di riposo e a
bocca chiusa, esercita sul palato. Se tale stimolazione viene meno, per via di una postura linguale alterata, si sviluppa gradualmente un’ipoplasia del
mascellare superiore e, in seguito, dello scheletro
facciale in generale.
Questo è ciò che avviene nel soggetto affetto da
sindrome di Down, in cui la lingua non esercita la
sua spinta contro il palato, bensì sugli incisivi inferiori e sulla mandibola, dove giace ipotonica. Ciò
non può che comportare:
• una ridotta espansione della maxilla, che svilupperà una volta palatina bassa e stretta
(stair-palate)
• una spinta verso il basso e in avanti della mandibola
• un’inclinazione vestibolare degli incisivi inferiori, con conseguente cross bite anteriore.
Per via di queste alterazioni, le dimensioni del cavo orale si riducono significativamente, condizio-
nando negativamente la deglutizione, la fonazione,
l’alimentazione. Inoltre l’appiattimento della radice
del naso e dell’ipoplasia dei seni nasali determinano una respirazione prettamente orale; quest’ultima a sua volta è causa, insieme all’ipertrofia adenoidea e alla pseudomacroglossia, del costante atteggiamento a bocca aperta con protrusione linguale.
Si delinea in questo modo un circolo vizioso: la
respirazione orale a bocca aperta altera la postura linguale.
Di frequente riscontro nel paziente Down è un
quadro di deglutizione atipica, diretta conseguenza
dell’ipotonia labiale, dell’errata postura della lingua
che si interpone tra le arcate, nonché degli alterati
tempi di sviluppo delle funzioni orali. L’ipotonia dei
muscoli della bocca, infatti, è causa di facile affaticamento durante la masticazione, per cui il bambino Down tende a preferire cibi particolarmente teneri e morbidi, così che spesso bisogna attendere
piuttosto a lungo prima che impari a muovere la lingua per affrontare i cibi solidi.
È fondamentale, inoltre, che il bambino impari
il prima possibile a muovere indietro la lingua per
poter spingere il cibo nella porzione posteriore del
cavo orale, affinché si abbia una corretta deglutizione.
Se, al contrario, viene ripetuto il movimento di
suzione della tettarella, il cibo verrà spinto avanti e
indietro, e la masticazione verrà sostituita da un’ attività di suzione-schiacciamento, in cui la lingua
spinge il bolo alimentare contro il palato.
Si comprende, dunque, l’importanza della correzione dell’alterata postura linguale.
Riabilitazione miofunzionale
La riabilitazione funzionale dovrà attuarsi tenendo
conto che le funzioni orali raggiungono il loro massimo sviluppo nell’arco del primo anno di vita del
bambino, per cui è proprio in questa fase che si possono trarre i maggiori benefici con un grande influsso sul sistema nervoso centrale. Di qui l’importanza di controlli odontoiatrici periodici sin dalla
nascita del bambino, per poter monitorare le problematiche anatomiche e funzionali dell’apparato
stomatognatico e procedere precocemente alla terapia funzionale secondo Castillo-Morales, finaliz-
Capitolo 8 • Sindrome di Down
zata al miglioramento della motricità spontanea
della lingua, correggendone la posizione distopica
e normalizzandone la funzione.
Placche di memoria Castillo-Morales
La terapia dovrebbe iniziare, possibilmente, alla nascita o nei primi mesi di vita, e protrarsi per 1 anno
circa, anche se la durata è variabile in base agli effetti ottenuti. Castillo-Morales propone l’utilizzo di
una placca palatina in resina acrilica, da lui stesso
ideata, dotata nella sua porzione centrale concava
di un bottone di stimolazione posizionato sulla linea mediana, a forma di cilindro concavo, che sporge per circa 3-5 mm dalla superficie, e che ha il compito di stimolare il dorso linguale, affinché questo
venga orientato all’indietro (Fig. 8.10).
Tale bottone cilindrico, infatti, agisce “risucchiando” la lingua verso l’alto, secondo il cosiddetto “riflesso di Weiffenbach”; durante la terapia il cilindro verrà spostato progressivamente in avanti,
in media ogni 3 mesi, per stimolare anche le zone
linguali anteriori a portarsi in posizione elevata,
verso il palato. La terapia potrà considerarsi conclusa quando il bottone di stimolazione sarà in posizione completamente avanzata, così che la lingua
abbia appreso l’automatismo di movimento verso
le arcate.
Se poi l’effetto della stimolazione decresce progressivamente ed in maniera rapida a causa di un
processo di adattamento, si modifica la forma della
zona di stimolo.
Le placche di memoria di Castillo-Morales prevedono quattro tipologie strutturali da usare in sequenza sul mascellare, per la rieducazione dei di-
Fig. 8.10 Placca palatina di Castillo-Morales, dotata di bottone cilindrico per la stimolazione del dorso linguale.
211
sturbi della muscolatura labiale e linguale dei pazienti con sindrome di Down.
La placca per infante è un dispositivo semplice
che ricopre tutto il palato edentulo, come una protesi totale; stimola l’orbicolare con un bordo anteriore
ingrossato e la lingua con un cilindretto (diametro 45 mm) posto in posizione anteriore sul palato.
Per quel che concerne l’utilizzo della placca di
Castillo-Morales, il bambino si adatterà gradualmente ad indossarla: inizialmente è opportuno che
la utilizzi per 1-2 ore al giorno e durante il sonno
diurno, per poi incrementare progressivamente le
ore di applicazione fino a coprire l’intera giornata,
mantenendo il dispositivo anche durante i pasti.
L’apparecchio dovrà essere rimosso più volte al
giorno, non soltanto per un’adeguata pulizia ma soprattutto per evitare l’instaurarsi di una qualche
forma di abitudine che ne comprometterebbe la validità d’utilizzo.
Si richiedono controlli periodici da attuarsi in
media ogni 20 giorni circa, in quanto piccoli ritocchi estemporanei della placca palatina sono quasi
sempre necessari.
Secondo Castillo-Morales la stimolazione continua ha lo scopo di eliminare i modelli neuromuscolari patologici e di cambiare i comportamenti funzionali errati per raggiungere quelli corretti. In virtù
di questo principio d’azione l’apparecchiatura viene
definita anche “placca memoria” e diversi studi ne
hanno comprovato l’efficacia, in associazione alla
terapia miofunzionale, nel migliorare la postura
spontanea e la coordinazione del movimento linguale, e di conseguenza l’assunzione del cibo, la deglutizione e lo sviluppo della parola, con riduzione
dello scolo salivare. Invece, purtroppo non sempre
si riesce ad ottimizzare la postura labiale e ad ottenere il sigillo orale.
Secondo Castillo-Morales, la terapia con placca
palatina di stimolazione dovrebbe iniziare il più
precocemente possibile per riuscire a migliorare in
maniera significativa lo sviluppo cranio-facciale e
correggere al meglio le disfunzioni oro-facciali del
bambino Down.
Così, in condizioni ideali, si consiglia di applicare la placca al lattante edentulo di 2-3 mesi di vita,
in quanto ciò faciliterà il rilievo dell’impronta, l’accettazione della placca stessa e la sua buona adesione al palato prima dell’eruzione dei denti decidui, ma soprattutto perché sarà più immediata l’acquisizione del nuovo assetto neuromuscolare imposto dalla terapia.
212
Capitolo 8 • Sindrome di Down
➔ PLACCA PALATINA DI CASTILLO-MORALES
Simile ad una protesi totale superiore, è dotato di
due ispessimenti vestibolari di 1-2 mm con rugosità
multiple verticali, che fungono da stimolatori per la
muscolatura orbicolare nella sua totalità.
Prima dell’eruzione dentaria la placca palatina
aderisce alla mucosa per effetto ventosa; se quest’ultimo risultasse insufficiente, si consiglia il ricorso a una polvere o ad una pasta adesiva. Dopo l’eruzione degli incisivi superiori, si dovrà provvedere
alla creazione di appositi spazi di crescita. Nel bambino non più lattante, i problemi di ritenzione della
placca saranno risolti grazie all’ausilio di ganci. Per
garantire un adeguato sviluppo di tutta la muscolatura medio-facciale si ricorre, in genere, ad una placca modificata mediante introduzione di perle in resina disposte lungo un arco vestibolare, che vanno a
stimolare sia il labbro superiore che quello inferiore, al fine di ottenere il sigillo labiale attraverso il
movimento di chiusura del muscolo orbicolare.
Con la crescita si passa a una placca mobile palatina stabilizzata ai denti con ganci tipo Hawley: il ci-
lindretto viene progressivamente posteriorizzato e
inserito un arco vestibolare alto su cui sono posti, in
sequenza con la crescita, perline, perle e gusci per
stimolare l’orbicolare.
Placca di Castillo-Morales per infante, aspetto occlusale
Placca di Castillo-Morales per infante, aspetto mucoso
Placca di Castillo-Morales con perline, aspetto occlusale
Placca di Castillo-Morales con perline, aspetto mucoso
Placca di Castillo-Morales per infante,
con molle di espansione
➥
Capitolo 8 • Sindrome di Down
213
➔ PLACCA PALATINA DI CASTILLO-MORALES seguito
Placca di Castillo-Morales con perle e scudi, aspetto occlusale
Placca di Castillo-Morales con perle e scudi, aspetto mucoso
Placca di Castillo-Morales con perle e scudi
Placca di Castillo-Morales con perle e scudi
Perla di Tucat
Quando sfortunatamente la riabilitazione funzionale precoce non è possibile, come nei pazienti Down
giunti tardivamente all’osservazione dell’ortodonzista, già in età prepuberale o adolescenziale, per risolvere il problema dell’alterata postura linguale e
della deglutizione atipica si può eventualmente ricorrere ad uno specifico stimolatore linguale, la cosiddetta perla di Tucat (Fig. 8.11).
Tale dispositivo consta, per l’appunto, di una
“perla” in resina acrilica fissata su un asse metallico transpalatino, libera di ruotare su se stessa per
stimolare la punta della lingua a giocare con essa.
Si localizza in corrispondenza della papilla retroincisiva, dove stimola la punta della lingua a ricerca-
Fig. 8.11 Foto occlusale superiore in cui si può osservare la
perla di Tucat, nella sua versione fissa; è disponibile anche in
versione rimovibile, associata a placca palatina in resina acrilica (paziente di anni 12).
214
Capitolo 8 • Sindrome di Down
re il contatto fisiologico; in questo modo essa migliora i meccanismi riflessi che consentono la normoposizione statica e dinamica della lingua, che
verrà conservata anche quando lo stimolatore non
viene applicato.
Espansione palatina
Il deficit tridimensionale del palato, tipico dei pazienti Down, può essere corretto con svariate metodiche di espansione palatina. La scelta dell’apparecchiatura più adeguata per lo specifico caso clinico considerato dipende in gran parte dall’età del
paziente; tale fattore, infatti, influisce sulla possibilità di ottenere, oltre ad un’espansione dento-alveolare, anche un’espansione scheletrica.
Una maxilla rastremata può essere corretta tramite apertura delle sutura mediana palatina, con
conseguente allargamento della volta palatina e del
pavimento nasale, applicando una forza adeguata
alla sutura stessa, prima che si esaurisca il picco di
crescita adolescenziale.
In tale caso, per ottenere l’espansione scheletrica ricercata, si può scegliere:
• apparecchiatura rimovibile con un sistema a vite
centrale o una molla pesante applicata alla sutura palatina
• espansore lento tipo quad-helix
• espansore palatale fisso con un sistema a vite
centrale, su bande o incollato.
Trattamento
Le apparecchiature rimovibili, data la loro ritenzione precaria, richiedono talmente tanto tempo
per garantire un’espansione palatina efficiente che
il loro utilizzo non è conveniente, perché la collaborazione del paziente è motivo primario di successo del trattamento.
Espansione rapida palatina
Per quel che concerne gli espansori rapidi palatini (ERP), essi furono introdotti già nell’Ottocento ed ebbero una grande diffusione a partire dalla
prima metà del secolo scorso.
La loro azione espansiva si deve ad una vite, parte integrante dell’apparecchio, disposta centralmente tra le due emiarcate mascellari, ancorata tra-
Fig. 8.12 ERP tipo Hyrax (paziente di anni 11).
mite 4 bande oppure mediante splint incollato ai
denti tramite resina acrilica (Fig. 8.12). Così strutturati, essi permettono di applicare forze assai pesanti alla sutura mediana del palato.
Gli ERP possono essere attivati sia in modalità
rapida che lenta. Nella sua forma tipica l’espansione palatina rapida viene ottenuta attivando l’ERP
con 2/4 di giro giornalieri della vite centrale (corrispondenti ad un’espansione di 0,5 mm al giorno),
applicando alla sutura mediana maxillare forze di
entità variabile tra i 4,5 e i 9 kg, sufficienti per creare delle microfratture nelle spicole ossee interdigitate. Si può verificare l’apertura della sutura con radiografie occlusali, evento che clinicamente si manifesta con la comparsa di un diastema tra gli incisivi centrali superiori. La maxilla può essere immaginata come chiusa da una cerniera che si apre sotto l’azione dell’ERP, con apice localizzato alla radice del naso. Il mascellare superiore si apre anche
secondo una cerniera antero-posteriore, corrispondente alla sutura medio-palatina.
L’espansione procede più rapidamente ed in misura maggiore nella porzione palatina anteriore, probabilmente per la maggiore resistenza opposta dai sistemi circumzigomatici e circummascellari della sutura nelle regioni posteriori. L’espansione prosegue
fino a che non si osservano le cuspidi palatali dei molari superiori occludere con i piani inclinati linguali
delle cuspidi vestibolari inferiori; si dovrebbe ottenere, nel giro di circa 3 settimane, un’espansione
maxillare di 10 mm o più. A questo punto è previsto
un periodo di contenzione di 6 mesi, durante i quali
l’espansore rimane in sede, stabilizzato, in modo che
non possa recidivare. È proprio durante tale periodo
che lo spazio creatosi tra le due maxille, in conseguenza dell’apertura suturale, verrà riempito da san-
Capitolo 8 • Sindrome di Down
gue e liquidi tissutali, con riorganizzazione della sutura medio-palatina e degli altri sistemi di suture interessati dall’espansione.
L’aspetto dell’espansione rapida, di cui prima
non si teneva conto, è proprio il fatto che, dopo l’espansione attiva, lo spazio creatosi viene riempito
da tessuto osseo neoformato.
A causa della recidiva scheletrica oggi si è concluso che con l’espansione lenta (1/4 di giro della vite a giorni alterni per 1 mm circa di espansione a
settimana, con forze di circa 0,9-1,8 kg) si ottengono gli stessi risultati che con l’espansione rapida ma
con una risposta più fisiologica dovuta all’applicazione di forze più moderate e al minor trauma sui
denti e sulle strutture ossee. È stato dimostrato, infatti, che il valore di 1 mm a settimana è il massimo
grado di espansione a cui i tessuti suturali sono capaci di adattarsi, minimizzando la lacerazione e l’emorragia conseguenti.
L’attivazione rapida ha ragion d’essere solo se l’espansione attiva non supera le 3 settimane: essa si
caratterizza per il fatto che la discontinuità e l’entità della forza applicata crea a livello del parodonto dei denti di ancoraggio una ialinizzazione massiva, la quale si oppone a un significativo movimento
ortodontico degli stessi, esercitando un’efficace
trasmissione della forza espansiva alle basi ossee.
Se la terapia attiva va oltre le 3 settimane, la ialinizzazione potrebbe comportare marcati riassorbimenti dell’osso alveolare, con aumento considerevole della mobilità dei denti di ancoraggio.
Questa procedura, comunque, è risultata di grande beneficio nel trattamento di malocclusioni di III
classe e pseudo-III classe, di severa contrazione
maxillare ed in pazienti con grave insufficienza nasale, determinando in quest’ultimo caso la risoluzione di una respirazione prettamente orale.
Queste indicazioni sono tutte ampiamente giustificate, di solito, nel paziente Down. In quest’ultimo, infatti, l’ERP riporta il bambino verso un modello di crescita più favorevole tramite un duplice
meccanismo d’azione:
• uno di natura meccanica, in quanto incrementa
la dimensione trasversale del palato e delle cavità nasali, potenziando i diametri utili per la respirazione
• uno di natura funzionale, poiché riduce il volume
del tessuto linfatico adenoideo, grazie al migliorato trofismo conseguente al maggior drenaggio
delle secrezioni nasali e del flusso d’aria attraverso le coane nasali.
215
Quad-helix
Quando il picco di crescita adolescenziale si è esaurito, lungo la sutura mediana del palato si sono formati ormai dei ponti periostali che la saldano parzialmente, rendendo impossibile l’espansione scheletrica, se non quella assistita chirurgicamente.
Si può decidere così di ottenere almeno un’efficace espansione dento-alveolare facendo ricorso
ad un espansore lento tipo quad-helix. Si tratta di un
dispositivo particolarmente versatile, capace di
un’azione molto graduata e continua e per questo
dotato di una connotazione prettamente ortodontica. Rappresenta una versione più flessibile del classico arco a W di Wilson, in quanto costituito da un
filo in acciaio 38 mm e da 4 elici, 2 anteriori e 2 posteriori, che ne incrementano la memoria elastica
ed il raggio d’azione (Fig. 8.13).
D’altra parte, essendo la sua porzione anteriore
più flessibile, se il piccolo paziente gioca con esso
può distorcerlo o indebolirlo, e causare irritazione
o lesione ai tessuti molli sottostanti. Ad ogni modo,
il disagio che esso crea una volta in posizione è assai modesto, così che, dopo pochi giorni di adattamento, l’intralcio che il paziente avverte nella fonazione e nella deglutizione è minimo.
Il quad-helix non estrinseca la sua azione soltanto sul piano trasversale, come avviene per altri tipi
di espansore. È in grado di modulare anche le azioni distalizzanti, derotanti e di torque a livello dei due
molari di ancoraggio: infatti, a seconda che vengano
attivate le anse posteriori, quelle anteriori o i ponti
che collegano queste ultime, l’azione dell’apparecchiatura sarà differente, presentando quindi diversi
Fig. 8.13 La scarsa collaborazione dei genitori nell’attivazione quotidiana della vite dell’ERP ha condotto alla decisione di abbandonare tale dispositivo a favore di un espansore lento tipo quad-helix (paziente di anni 11).
216
Capitolo 8 • Sindrome di Down
Deficit antero-posteriore
e verticale della maxilla
Fig. 8.14 Anche in questo caso si è optato per il ricorso al
quad-helix, le cui attivazioni possono essere eseguite esclusivamente dall’operatore esperto, in modo da svincolare il
più possibile i risultati terapeutici dal grado di cooperazione
(paziente di anni 14).
punti di attivazione al contrario degli espansori palatini a molla o a vite centrale.
Il quad-helix viene ancorato tramite bande cementate sui primi molari permanenti (Fig. 8.14); la
connessione tra l’espansore e le bande può essere
fissa, ottenuta tramite saldature, o rimovibile, garantita in tal caso da attacchi puntati sulla parte palatina delle bande che accolgono il terminale dell’apparecchio, ripiegato in maniera tale da creare
un’ansa di lunghezza eguale a quella dell’attacco
stesso.
La variante che utilizza le bande con attacchi offre l’indubbio vantaggio di poter rimuovere l’arco e
attivarlo senza scementare le bande, ma a fronte di
ciò risulta difficile attivarlo nella giusta direzione e
mantenerlo passivo sugli altri piani dello spazio;
inoltre, si osserva spesso l’intrusione o l’estrusione
indesiderata dei denti di ancoraggio, e risultano più
frequenti le rotture. Per tutti questi motivi è preferibile la versione fissa dell’arco di espansione, che
elimina, durante il trattamento, la collaborazione
del paziente, a cui si chiede semplicemente di garantire un buono standard di igiene orale.
Per ottenere forze ottimali con questo tipo di
espansore si consiglia di allargarlo da 3 a 8 mm; l’attivazione può essere condotta sia a livello extraorale che intraorale, ma soprattutto per la prima si richiede particolare attenzione ed esperienza da parte dell’ortodonzista. Infine, essendo prevedibile la
recidiva, è auspicabile ottenere un’ipercorrezione
del cross bite posteriore, prevedendo un periodo di
contenzione di almeno 3 mesi una volta che questa
è stata raggiunta.
Il deficit antero-posteriore e quello verticale del
mascellare superiore possono contribuire entrambi a una malocclusione di III classe: se la maxilla è
ipoplasica o posizionata posteriormente l’effetto è
diretto.
Laddove invece non sia cresciuta verticalmente
essa favorirà una rotazione mandibolare in alto e in
avanti, dando luogo a un aspetto pseudo-prognatico, dovuto cioè alla posizione della mandibola e
non alla sue dimensioni.
Trattamento
Nei soggetti con questi deficit scheletrici il migliore schema terapeutico è quello che mira ad ottenere uno spostamento in avanti ed in basso della
maxilla, inducendo l’apposizione di osso neoformato a livello delle suture maxillari posteriori e
superiori. Le suture rappresentano dei centri di accrescimento secondari, capaci di subire una distrazione ossea e di riempire lo spazio creatosi tramite proliferazione e formazione di nuovo osso;
questo è ciò che accade a livello degli spazi suturali maxillari superiori e posteriori quando viene
applicata una forza ortopedica sufficientemente
intensa. In questo modo tutta la maxilla sarà trazionata in avanti e in basso trascinando con sé i
piani muscolari, con effetto estetico immediato di
un profilo più convesso.
Nei pazienti tra i 4 e i 6 anni di età, l’avanzamento mascellare è piuttosto evidente e rapido, visto che permane aperta la sutura naso-fronto-mascellare che permette alla maxilla di compiere un
movimento di bascule in avanti, attorno ad un centro di rotazione che è localizzato in corrispondenza della sutura stessa. Quest’ultima andrà incontro
a sinostosi tra i 5 e i 6 anni circa, e solo a questo
punto la sutura maxillo-palatina, ancora pervia,
consentirà al mascellare superiore un movimento
di bascule ancora valido.
Quando attorno ai 7-8 anni di età anche le suture maxillo-palatine e pterigo-palatine saranno sinostate, l’avanzamento della maxilla sarà ancora
possibile solo grazie ad un meccanismo di “trasporto a cassetto” del piano alveolare, che scivola
sul piano dell’osso basale.
Capitolo 8 • Sindrome di Down
Fig. 8.15 Maschera di Delaire, per ottenere la trazione anteriore del mascellare superiore (paziente di anni 12).
Maschera di Delaire
L’apparecchiatura ortopedica utilizzata per la maggior parte dei soggetti con III classe scheletrica, come i pazienti Down, è la maschera facciale di Delaire, introdotta dall’autore verso la fine degli anni
’70 in Francia, in grado di influenzare tutti i fattori
che possono contribuire all’instaurarsi di tale quadro malocclusivo:
• retrusione scheletrica del mascellare superiore
• retrusione dento-alveolare del mascellare superiore
• prognatismo del mascellare inferiore
• ridotta altezza della porzione antero-inferiore
del volto.
La maschera di Delaire è un dispositivo extraorale che consta di un appoggio frontale e di un appoggio mentale, riuniti insieme da uno scheletro metallico, che include anche l’archetto frontale dotato di
strutture di ancoraggio per gli elastici (Fig. 8.15).
Nella versione più moderna modificata da Petit il
coprifronte ed il coprimento sono collegati da un solo robusto supporto in acciaio, disposto in posizione
mediana, a cui oltretutto è fissata una sorta di “balestra”; a quest’ultima sono collegate le bande di gomma che permettono di trazionare antero-inferiormente la maxilla. Le posizioni dei due appoggi extraorali
possono essere facilmente regolate allentando o stringendo le viti di ciascuna componente della maschera
facciale. A volte si richiede la ribasatura in resina dell’appoggio frontale e della mentoniera per ottenere un
adattamento ideale, o il ricorso a fasce adesive in tessuto soffice da applicare sulla loro superficie interna,
per ridurre l’eventuale irritazione dei tessuti molli. La
maschera facciale potrà esercitare la forza ortopedica
217
di avanzamento sul mascellare superiore tramite degli elastici che, intraoralmente, vanno ancorati ad
un’apparecchiatura superiore, che dovrà essere tale
da solidarizzare in una singola unità tutti i denti superiori. Ciò è possibile tramite uno splint in filo pesante
d’acciaio, che incorpori un arco linguale per l’espansione dell’arcata, e che verrà cementato ai decidui, ai
molari e a qualsiasi dente permanente disponibile.
Un’alternativa a questo tipo di splint può essere
rappresentata da un doppio arco in filo d’acciaio di
1,2 mm di diametro, costituito da un arco vestibolare ed uno palatino, saldati entrambi ad una banda
posta sui primi molari permanenti o decidui. Tale arco, su ambedue i lati, dovrà essere diritto e seguire
attentamente i colletti dei denti, rimanendo molto
aderente in tutto il suo decorso. Inoltre, per solidarizzare il doppio arco ai denti sarà necessario il ricorso a delle legature ad otto, che dipartendosi dal
lato interno andranno ad incrociarsi sul filo esterno,
abbracciando così ogni singolo elemento dentale.
Queste legature sono necessarie per eludere il rischio di dissaldare l’arco durante la trazione, evento
comunque meno drammatico dell’estrusione del
molare bandato, su cui si esercita il massimo della
trazione con movimento di rotazione. Se poi vi è assenza di alcuni elementi dentali, frequente evenienza nei pazienti con sindrome di Down, si consiglia di
saldare una barretta metallica tra l’arco palatino e
quello vestibolare, per contrastare l’effetto di trascinamento che si estrinseca nella fase immediatamente successiva all’applicazione della forza di trazione.
È fondamentale ritrovare il giusto equilibrio del doppio arco sul piano orizzontale, altrimenti si può incorrere in un’inclinazione del piano occlusale in senso verticale, con insorgenza di open bite laterali, particolarmente difficili da correggere in seguito.
Comunque, in presenza di pochi elementi dentali
superiori, il doppio arco presenta una scarsa stabilità,
per cui in tali casi si consiglia di optare per uno splint
in resina acrilica, rimovibile o meglio ancora incollato, che ricopra le superfici occlusali dei denti superiori, la cui ritenzione viene affidata a ganci multipli.
Qualunque sia il sistema di ancoraggio intraorale prescelto, esso dovrà essere dotato di appositi
uncini posti in corrispondenza del canino e del primo molare, al di sopra del piano occlusale, a cui si
applicheranno gli elastici per attaccare la maschera facciale. Con gli uncini disposti nelle posizioni
suddette il vettore della forza risultante è localizzato il più vicino possibile al centro di resistenza del
mascellare superiore e ciò ne limiterà la rotazione.
218
Capitolo 8 • Sindrome di Down
Per quel che concerne il protocollo clinico di utilizzo della maschera di Delaire, che altro non è che
una trazione extraorale inversa, il paziente ed i suoi
genitori dovranno essere istruiti circa le modalità di
applicazione degli elastici, e affinché il dispositivo
venga indossato per 14 ore al giorno, anche se eventuali variazioni allo schema terapeutico saranno
possibili in base al grado di collaborazione offertoci. Ad esempio, poiché il piccolo paziente non potrà
indossare l’apparecchio durante l’orario scolastico,
bisognerà consigliargli di utilizzarlo a partire dall’immediato pomeriggio.
Si utilizzerà una sequenza di elastici di forza crescente, dall’inizio del trattamento fino a ottenere una
forza ortopedica efficace di 400 g per lato. È fondamentale che la forza applicata venga controllata mensilmente dall’ortodonzista che, se necessario, dovrà
provvedere a sostituire gli elastici per incrementarla
in quanto, man mano che procede l’avanzamento
maxillare, le bande di gomma si accorciano con riduzione della forza stessa. In alternativa, l’operatore potrebbe mantenere gli stessi elastici, ma posizionandoli “ad incrocio”, per incrementare la forza di trazione che verrà trasmessa a livello degli spazi suturali.
Nei soggetti con un deficit maxillare combinato
antero-posteriore e sagittale, sarà necessario che gli
elastici vengano orientati verso il basso rispetto al
loro ancoraggio intraorale, affinché la maxilla venga trazionata non solo in avanti ma anche in basso;
a ciò conseguirà una rotazione mandibolare in senso orario, verso il basso e in addietro, con aumento
dell’altezza facciale, favorevole in questi casi.
Se il dispositivo verrà utilizzato con criterio, si
potranno ottenere 2-3 mm di avanzamento maxillare nel giro di circa 8-9 mesi di terapia.
Il conseguimento di un overbite e di un overjet positivi è un obiettivo importante del trattamento, che ci
permetterà di mantenere la correzione anteroposteriore raggiunta; è per tale motivo che, in pazienti con
III classe da lieve a moderata, la terapia ortopedica potrà dirsi conclusa solo quando si sarà ottenuta un’ipercorrezione, con un overjet di circa 4-5 mm e i canini superiori in occlusione di II classe con gli inferiori.
Si ricorda, inoltre, che cambiamenti dentali accompagneranno inevitabilmente quelli scheletrici,
dal momento che per trasmettere la forza alle suture maxillari essa viene prima applicata ai denti. Purtroppo, se la maschera facciale non viene utilizzata
secondo lo schema terapeutico descritto, gli effetti
principali del trattamento saranno il tipping linguale degli incisivi inferiori e la vestibolarizzazione de-
gli incisivi superiori, in associazione alla rotazione
oraria della mandibola, piuttosto che l’avanzamento del mascellare superiore.
Conclusioni
La gestione odontoiatrica del paziente Down si rende necessaria sin dalla nascita, per monitorare le
problematiche anatomiche e funzionali dell’apparato stomatognatico e prevenire il manifestarsi di
patologie che potrebbero divenire irreversibili.
Ciò diviene particolarmente importante se si riflette sul fatto che attualmente la vita media dei
soggetti affetti da sindrome di Down si è significativamente allungata, giungendo spesso all’età matura; da qui scaturisce un nuovo approccio odontoiatrico e sanitario in genere, che sia capace di offrire una migliore qualità della vita. L’intervento riabilitativo ortognatodontico precoce, sotto questo
punto di vista, diviene mezzo fondamentale per garantire al bambino Down una vita relazionale soddisfacente, risolvendo problematiche relative alla
fonazione e al linguaggio. Non si dimentichi, inoltre, la validità del trattamento individualizzato volto alla normalizzazione delle alterate funzioni della
muscolatura oro-facciale, capace di migliorare il
profilo e l’aspetto estetico, ma soprattutto di minimizzare le stigmate della sindrome, giocando così
un ruolo essenziale ai fini dell’integrazione sociale.
L’odontoiatra deve essere capace di diagnosticare e trattare la patologia oro-dentale in questi pazienti, senza trascurarne l’inquadramento sistemico, compito che richiede un’efficiente comunicazione con l’internista, comunicazione spesso deficitaria e causa frequente del ritardo con cui il paziente Down giunge all’attenzione dell’ortognatodonzista, quando ormai diviene impossibile recuperare le funzioni dell’apparato stomatognatico.
È evidente la necessità di un intervento odontoiatrico precoce, che persegua, come obiettivo
primario, il mantenimento della salute e non la
cura della malattia.
È perciò auspicabile, al fine di ottenere il successo dalla terapia attuata, la scelta di apparecchiature
che richiedano il minimo intervento cooperativo da
parte del paziente, così come la possibilità di agire
su un ambiente familiare favorevole, disponibile alla massima collaborazione con lo specialista.
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Finito di stampare nel mese di marzo 2007
presso Everprint-Carugate (MI)