Medaglie d`oro eccellenti: Primo Longobardo
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Medaglie d`oro eccellenti: Primo Longobardo
1) 2) 3) 4) 5) 6 7) 8) Distintivi con decorazione e Dame Patronesse: € 7 Distintivi dorati: piccoli: € 3, medi: € 3,50 grandi: € 4 Portachiavi: smaltato: € 7,50 Orologio: € 30 Crest grande: € 25 Labaretto: € 10 Emblema Araldico: € 20 Cartolina: € 0,30, cartoncino doppio: € 0,50, busta: € 0,10 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) Fermacarte in onice: € 9,50 Posacenere: € 9 Attestato di Benemerenza: € 20 Cravatta: lana: € 12 seta: € 15 Foulards in seta: € 28 Mug.: € 7,00 Calendario: € 4,00 Tutta l’oggettistica è in vendita presso le Federazioni che in caso di carenza di materiale possono richiederlo alla Presidenza Nazionale dell’Istituo. Le spese di spedizione saranno a carico delle Federazioni ed aggiunte al costo del materiale. PERIODICO NAZIONALE DELL’ISTITUTO DEL NASTRO AZZURRO FRA COMBATTENTI DECORATI AL VALORE MILITARE ANNO XLVIII - N. 4 - LUG./AGO. 2009 - Bimestrale - Poste Ital. S.p.A. Sped. in abb. postale D.L. n. 353/2003 (Conv. in L. 27/2/2004 n. 46) Art. 1 comma 2, DCB Roma DONIAMO IL 5 PER MILLE AL NOSTRO ISTITUTO Anche quest’anno è consentito, sia con il Mod. UNICO che con il 730, destinare il “5 per mille” dell’IRPEF a sostegno delle attività delll’Istituto del Nastro Azzurro fra Decorati al Valor Militare, come Associazione riconosciuta che opera nei settori di cui all’art.10, comma 1, lettera a, del D.Lgs. n.460/97. Pertanto, vi invitiamo ad utilizzare questo strumento per sostenere gli impegni che il nostro Istituto si è assunto per diffondere, in particolare tra le giovani generazioni, il rispetto e l’amore per la Patria e la conoscenza dei doveri verso questa; assistere gli iscritti e salvaguardare gli interessi morali e materiali della categoria; mantenere vivi i contatti con le Forze Armate e con le Associazioni Combattentistiche e d’Arma. La scelta si può esprimere apponendo, nell’apposito spazio, la propria firma ed inserendo il Codice Fiscale dell’Istituto 80226830588. * * * INFORMAZIONI UTILI PER I PARTECIPANTI AL CONGRESSO DI BOLOGNA Come già anticipato a pag. 3 dello scorso n.° 3/2009 de “Il Nastro Azzurro”, in calce al programma provvisorio del Congresso (che per ora non ha subito variazioni), alcuni alberghi di Bologna sono stati convenzionati per fornire, a condizioni particolarmente favorevoli, alloggio ai partecipanti al Congresso Nazionale del Nastro Azzurro, che si terrà nella città felsinea dal 16 al 18 ottobre 2009. Di seguito si pubblica il loro elenco con i rispettivi recapiti: Hotel Metropolitan *** - Via dell’Orso n. 6 - Bologna - tel. 051 224602 • Comunicazioni • Il Nastro Azzurro continuerà • Bologna, la città del Congresso • Lettere al Direttore • 2 giugno 2009: 63° Anniversario della Repubblica • A 63 anni di distanza i valori di sempre • La giornata del decorato • 157° Anniversario della Polizia di Stato • L’Esercito Italiano ha festaggiato il 148°Anniversario • 2009 - La NATO compie sessant’anni • Medaglie d’oro eccellenti: Primo Longobardo • La Regia Aeronautica sul fronte russo nel secondo conflitto mondiale • Raimondo Mazzola: il “miracolato”dello Scirè • Detto fra noi • Notizie in Azzurro • Le colovare • Il colonnello Antonino Frasconà M.A.V.M e M.B.V.M. (sul campo) • Estate 1941: abbattuto aereo della R.A.F. su Lampedusa • Dal foglio matricolare del colonnello Frasconà • Il Comandante Francesco Acton: uno stabiese pluridecorato della seconda guerra mondiale • Giovanni Maltese, l’eroe di Cefalonia • I kappenabzeichen • Cronache delle Federazioni • Consigli Direttivi • Recensioni • Oggettistica del Nastro Azzurro Pag. “” “” “” 2 3 3 4 “” “” “” “” 6 8 10 11 “” “” “” 12 14 16 “” “” “” “” “” 18 22 24 25 26 “” 30 “” “” 31 33 “” “” “” “” “” “” “” 34 37 38 40 46 47 48 In copertina: Hotel Regina*** -Via Indipendenza n. 51 - Bologna - tel. 051 248952 Hotel Trevecchi ****-Via Indipendenza n. 47 - Bologna tel. 051 231991 Hotel II Canale *** - Via Bertiera n. 2 - Bologna - tel. 051 222098 Invitiamo tutti i soci intenzionati a partecipare al Congresso a provvedere per tempo alle prenotazioni onde evitare che la disponibilità di camere risulti alla fine esaurita. Si rende noto altresì che la S. Messa sarà officiata domenica 18 dal Vescovo ausiliare di Bologna, S.E. Ernesto Vecchi. Per motivi sia di economia che di spazio, la Cena di gala di sabato 17 sarà su invito: i partecipanti vestiranno l’abito scuro. 2 giugno 2009: 63° Anniversario della Repubblica Italiana “IL NASTRO AZZURRO” Ha iniziato le pubblicazioni a Roma il 26 marzo 1924 (La pubblicazione fu sospesa per le vicende connesse al secondo conflitto mondiale e riprese nel 1951) Direz. e Amm.: Roma 00161 - p.zza Galeno, 1 - tel. 064402676 - fax 0644266814 - Sito internet: www.istitutonastroazzurro.org - E-mail: [email protected] - Direttore Editoriale: Giorgio Zanardi - Presidente Nazionale dell’Istituto - Direttore Responsabile: Antonio Daniele - Comitato di Redazione: Giorgio Zanardi, Antonio Daniele, Carlo Maria Magnani, Giuseppe Picca, Bruno Stegagnini, Antonio Teja, Antonino Zuco - Segretaria di Redazione: Barbara Coiante - Autorizzazione del Tribunale Civile e Penale di Roma con decreto n.° 12568 del 1969 - Progetto Grafico e stampa: Arti Grafiche San Marcello s.r.l. - v.le Regina Margherita, 176 - 00198 Roma - Finito di stampare: giugno 2009 Per abbonarsi i versamenti possono essere effettuati su C/C Postale n. 25938002 intestato a “Istituto del Nastro Azzurro”, oppure su C/C Bancario CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA - Filiale di Roma - P.zza Madonna Loreto, 24 - c/c n. 0722122-3 - CIN IT “A” ABI 06155 - CAB 03200 - IBAN: IT69A0615503200000000002122 - C.F. 80226830588 Abbonamento ordinario: 20 Euro; sostenitore: 25 Euro; benemerito: 30 Euro e oltre. Associato alla Unione Stampa Periodica Italiana IL NASTRO AZZURRO CONTINUERÀ Azzurri carissimi, Soci simpatizzanti; è anche questo un modo giusto nessuno come noi Azzurri di servire la Patria. sa valutare i sacrifici, le sofCon questo ulteriore accrescimento delle nostre ferenze e il merito dei proschiere rafforzeremo ulteriormente il nostro Istituto fughi dell’Istria che hanno nell’imminenza del rinnovo delle cariche sociali e dovuto lasciare o hanno delle modifiche del nostro Statuto che ci riprometvoluto lasciare case e beni tiamo di deliberare a Bologna in occasione del per rimanere, nel 1945 e nostro XXVIII Congresso Nazionale. dopo la fine della 2^ guerra Quanto ha già fatto l’ANMIG creando la fondamondiale, ancora italiani. zione che ne assicura la continuità nel tempo e Nessuno più di loro merita quanto stanno decidendo di fare i partigiani iscritti l’onore di far parte delle all’ANPI per evitare di concludere la sua storia con la nostre file. L’iscriverli al nostro loro inevitabile fine per via delIstituto rende omaggio anche a l’anagrafe, ci stimola a ribadire …NESSUNO COME NOI AZZURRI quei giuliani (20.000 e più) di l’assoluta necessità di conticui non abbiamo saputo più nuare a mantenere in vita il SA VALUTARE I SACRIFICI, LE nulla perché scaraventati nelle nostro Istituto e a combattere SOFFERENZE E IL MERITO DEI foibe. la tentazione di quei pochi che PROFUGHI DELL’ISTRIA CHE Vi invito anche a rivolgere per mantenerne integro il HANNO DOVUTO O HANNO la vostra attenzione a quei ricordo preferirebbero che con VOLUTO LASCIARE CASE E BENI vostri concittadini iscritti la fine dei Decorati finisse PER RIMANERE, NEL 1945 E DOPO all’Avis, perché donatori di sanl’Istituto del Nastro Azzurro. LA FINE DELLA SECONDA gue, che sono altrettanto Con animo sempre più benemeriti della Patria. grato vi abbraccia il Vostro GUERRA MONDIALE, ANCORA Cercate quindi di invitare Presidente. ITALIANI... anche loro a divenire nostri Giorgio Zanardi BOLOGNA, LA CITTÀ DEL CONGRESSO L’area metropolitana di Bologna conta una popolazione di oltre 750.000 abitanti, mentre la sua influenza economica, culturale e come polo d’attrazione supera ampiamente l’area urbana propriamente detta, estendendosi da Parma fino alle Marche lungo l’asse della via Emilia; si tratta di una sorta di “nebulosa urbana” con oltre 3,5 milioni di abitanti, la cui essenza è stata colta dallo scrittore Carlo Lucarelli, nel suo romanzo Almost Blue, quando fa dire ad uno dei personaggi “Quella che lei chiama Bologna, è un cosa grande, che va da Parma fino a Cattolica ... dove davvero la gente vive a Modena, lavora a Bologna e la sera va a ballare a Rimini ... è una strana metropoli ... che s’allarga a macchia d’olio tra il mare e gli Appennini”. Inoltre, ormai si va profilando la fusione con l’area urbana di Modena (dalla quale la separano solo pochissimi chilometri lungo gli assi della via Emilia e della via Bazzanese); lo stesso Aeroporto di Bologna è al servizio diretto dell’intera provincia modenese e dei suoi poli produttivi tessile (Carpi), delle ceramiche (Sassuolo) e del biomedicale (Mirandola). La città e la sua area metropolitana, parametrate anche su scala economica, culturale, commerciale, industriale, congressuale, fieristica, finanziaria e sociale, rivestono quindi un’importanza, in ambito nazionale ed europeo, assai superiore a quanto espresso dal semplice parametro demografico (men che meno a quello della popolazione ufficialmente residente nel ristretto ambito comunale). La conferma di questo arriva da un interessante studio francese condotto nel 1989 dal gruppo Reclus di Montpellier e commissionato della DATAR (Délégation à l’Amenagement du Territoire et à l’Action Régionale), studio nel quale si formula una classificazione per grado d’importanza delle città con più di 200.000 abitanti di 14 Stati dell’Europa Occidentale e mediterranea: Bologna, invero con Firenze e Venezia, si situa allo stesso livello assieme a metropoli assai più popolose (ad esempio Glasgow, Edimburgo, Birmingham, Oslo, Helsinki, L’Aia, Dusseldorf, Colonia, Vienna, Lisbona, Marsiglia, Siviglia, Valencia, le stesse Napoli, Genova e la conurbazione Firenze - Prato, in Italia, ecc.); addirittura ad un rango superiore a quello in cui sono collocate altre città più popolose, quali Dublino, Leeds, Liverpool, Lilla, Norimberga, Essen, Dortmund, Brema, Hannover, Saragozza, Malaga, Bilbao, Salonicco, in Italia la stessa Palermo, ecc. Nonostante l’esigua popolazione comunale, Bologna è stata anche inserita, dal gruppo di studio GaWC, tra il centinaio di Città globali (o Città del Mondo), in virtù della sua importanza culturale ed economica (invero in categoria D, cioè città globali in formazione, con scarsa evidenza). IL NASTRO AZZURRO 3 LETTERE AL DIRETTORE Egregio Direttore, La ringrazio infinitamente dell’attenzione che ha dato alla mia precedente lettera, non mi sento sola se persone come Lei mi sono vicine per idee e sentimenti. Da pochi mesi sono stata eletta presidente della sezione A.N.M.I.G. di Fabriano. Nella prima riunione del Consiglio Direttivo ho messo al primo punto l’acquisto di una nuova bandiera per sostituire l’altra mal ridotta dal tempo e dall’incuria. Ho anche proposto che ora sarà presente alle onoranze funebri degli iscritti qualora ne dessero notizia. Tutti hanno approvato, perché se hanno combattuto sotto questo vessillo donando i loro anni migliori è giusto che li accompagni nel loro ultimo viaggio. Nella ricorrenza del 4 novembre (vergognosamente spostata) io stessa ho portato il nostro labaro, e con orgoglio non avendo ancora l’alfiere, ho patito invece quando ho visto il Sindaco indossare la fascia tricolore portatagli, con gesti frettolosi e quasi scomposti prima che cominciasse il rito religioso. Poveri eroi! Povera Italia, come avrebbe detto mio padre se fosse ancora vivo! Sto cercando simpatizzanti e sarebbe il mio sogno ricostruire una Sezione come fece a suo tempo mio marito; ho già alcuni nominativi, ma credo che debbano avere il consenso della Federazione di Ancona. Ho quasi terminato il diario molto documentato: “Il mio cammino con un Azzurro”; ho rivissuto con Lui il dolore della disfatta, il disagio della prigionia, la sua gioia appena toccato il suolo italiano dopo otto anni di lontananza (Africa Settentrionale, India), la nostra vita che è stata un mix di difficoltà, di dolore, ma anche di gioia, il tutto pervaso da grande dolcezza che Lui ha saputo donarmi. I miei più vivi ringraziamenti anche per la pazienza che avrà nel leggermi e tanti cordiali saluti. Mi creda Lucia Polidori Giorgetti Gentile signora, i Suoi sentimenti traspaiono dai Suoi scritti con una purezza ed una forza degne della più alta considerazione. Rimango sempre affascinato dalla pura bellezza delle espressioni di amore per quanto di più profondo ci sia stato trasmesso dai nostri predecessori. Tali espressioni trovano in Lei un’interprete d’eccezione. Ammiro profondamente la Sua capacità di ricordare senza acredine un passato che pure è stato foriero di prove tremende, come apprezzo la capacità di indignarsi che Lei dimostra per quel sindaco che indossa la fascia tricolore, simbolo dell’istituzione da lui impersonata, “…con gesti frettolosi, quasi scomposti…”. Mi viene da pensare se, durante la sua campagna elettorale, quella persona avesse pensato, anche solo per un momento, che, in caso di vittoria alle elezioni, gli sarebbe toccato (è proprio il caso di dire così) di dover indossare la fascia tricolore alle manifestazioni istituzionali. Probabilmente non lo aveva mai considerato. Forse anche i parlamentari che, nel lontano 1977, hanno abolito il 4 novembre, pur mantenendo “ipocritamente” la “Festa delle forze Armate”, e non più della “Vittoria”, nella “prima domenica di novembre”, non si rendevano conto di quale importante ufficio avrebbe rivestito il loro impegno istituzionale, mentre svolgevano i comizi della rispettiva campagna elettorale. Non voglio qui indulgere a facili luoghi comuni, ma vorrei esprimere un punto di vista su un particolare tipo di onestà che, sovente, sembra latitare dagli animi di chi ai tempi attuali si candida e viene eletto ad un incarico istituzionale: l’onestà intellettuale. Mi spiego meglio: se qualcuno non crede in alcune forme istituzionali, come per esempio gli “Onori alla Bandiera”, la “Fascia Tricolore”, l’“Inno di Mameli” e altre forme con cui si rende esplicita l’appartenenza alle istituzioni della nostra nazione, perché si candida per un incarico istituzionale? Mica glielo ha ordinato il dottore di dover fare il sindaco di un comune o l’assessore provinciale o ancora il deputato o il senatore. Per accedere a tali cariche bisogna avere un altissimo senso dello stato ed un profondo amore per la nostra Patria. Senza tali premesse, l’incarico si svuota di significato e diventa solo il mezzo per fini molto meno nobili. Fermo restando il male fatto ai propri elettori che… si sono sbagliati. Mi perdoni se, cogliendo l’occasione della sua bellissima lettera, ho preso la via dell’invettiva (intesa nel senso “latino” del termine) e ho voluto sottolineare il gravissimo danno sociale determinato dalla perdita di valore dei sentimenti profondi di appartenenza nazionale del nostro popolo. Quanto sono, invece, più elevati, più puri, più amorevoli, i sentimenti che traspaiono dalla sua lettera, breve, ma intensa e piena di significato! Con la più profonda stima e ammirazione. Antonio Daniele 4 IL NASTRO AZZURRO Caro Direttore, ho ricevuto il n. 2/2009 de “Il Nastro Azzurro” e, dopo averlo letto …, sono tornato alle pagg. 4 e 5 per rileggere con la massima attenzione le lettere della Signora Del Din e del Signor Bellezza e le Sue garbate ma precise ed esaurienti risposte. In merito alla affermazione, di cui al secondo capoverso della mia del 25.03.08, da Lei non condivisa (la “vulgata” della “Repubblica nata dalla Resistenza”), senza voler fare della inutile polemica, vorrei richiamare la definizione che della parola “vulgata” si può trovare sia sul Grande Dizionario Garzanti della lingua italiana e sia sul Dizionario Enciclopedico Italiano della Treccani. Il primo la definisce: a – “versione latina della Bibbia in gran parte opera di San Girolamo ed adottata come testo ufficiale della Chiesa cattolica romana”; b – “il testo corrente di un’opera nella forma trasmessa dalla tradizione”… Avuta presente la valenza della parola “vulgata”, se i vincitori …avessero detto, nello scrivere la cronaca di quegli anni …“la Repubblica nata dopo la vittoria degli eserciti alleati e con il contributo della Resistenza e dei ricostituiti Partiti politici” non vi sarebbe stato, negli anni, alcun bisogno di far baccano per farsi conoscere e ricordare e non si sarebbero disturbati i molti distratti. Chiusa la parentesi filologica, …mi permetto solo di puntualizzare … che Benedetto Croce il 24 luglio 1947, in occasione della presentazione all’Assemblea Costituente per la ratifica (cosa che il Giappone si rifiutò di fare) del Trattato di Pace, ebbe a dire “...io non pensavo che la sorte mi avrebbe, negli ultimi miei anni, riservato un cosi trafiggente dolore ... Noi italiani abbiamo perduto una guerra e l’abbiamo perduta tutti, .... Ciò è pacifico quanto evidente...” Egli non voleva che il Dictat, come ebbe a chiamarlo, fosse approvato ma solo “subito” … E la sera del 15 settembre 1947, quando il trattato entrò in vigore, Alcide De Gasperi, alla radio, disse fra l’altro: “...scende la notte su una delle più tristi giornate della nostra Storia...”. Sulle premesse del Trattato di Pace, si può anche ricordare che l’8 settembre 1943 fu reso noto solo il così detto “armistizio corto” … (Vittorio Emanuele III, l’8 settembre alle ore 13, aveva assicurato sul proprio onore all’Ambasciatore tedesco - come del resto già fatto alcuni giorni prima da Badoglio la piena lealtà, all’alleato e la prosecuzione della guerra) … mentre la seconda parte, firmata a Malta da Badoglio sulla corazzata Nelson (“armistizio lungo” contenente le clausole della resa senza condizioni ed il più che discutibile art. 16), fu segretata fino al 6 novembre 1945 anche per disorientare i comandi militari e soprattutto la Marina, con la flotta quasi ancora intatta, che era il grosso bottino che gli anglo-americani volevano incamerare come preda bellica. Concludo questa mia chiacchierata, … ricordando che … Giorgio Bocca nel suo libro “Storia dell’Italia partigiana” … che il 18 settembre 1943 i partigiani erano appena mille e cinquecento dei quali, peraltro, un migliaio risultava essere rappresentato da militari sbandati e che solo nei giorni della insurrezione di cui al famigerato “Piano E 27”, ovvero a cose fatte, se ne contarono da 250 a 300 mila! La ringrazio vivamente per l’attenzione … e, non senza scusarmi per la lunghezza, mi rimane gradito inviarLe i più cordiali saluti. Giuseppe Cigliana Caro Cigliana, innanzitutto devo pubblicamente scusarmi per aver dovuto ridurre notevolmente la Sua interessante, ma lunghissima lettera. Spero di essere riuscito comunque a mantenerne inalterato il senso generale. Devo dire che, ancora una volta, mi dichiaro completamente d’accordo con Lei, a meno dell’affermazione sulla “vulgata” della Repubblica nata dalla Resistenza. La ringrazio per i chiarimenti filologici sul significato della parola “vulgata” e credo che essi mi rafforzino nella mia opinione che… assolutamente non si tratti di una “vulgata”! La Resistenza è stata la premessa storica e sociale vera e reale che, dopo averne promosso l’esigenza, ha condotto il popolo italiano al referendum istituzionale del 2 giugno 1946 col quale si è scelto di trasformare lo stato da Monarchia in Repubblica. Se ciò non fosse avvenuto, gli atti del Re Vittorio Emanuele III e gli eventi conseguenti, ritenuti di grave nocumento alla nazione (ventennio fascista, entrata in guerra, pessima gestione dell’armistizio, ecc…), sarebbero stati riparati a sufficienza con la sua abdicazione. Il referendum, promosso per “riparare” ai predetti danni, ha avuto in realtà lo scopo di portare alle urne il popolo proprio all’indomani della disastrosa guerra perduta, cioè nel momento di minore lucidità nella materia proposta dal referendum. Chi ha voluto questo? Proprio i “capi” della Resistenza, mentre diventavano i leader politici della appena tornata democrazia. Per questo ho espresso parere diverso relativamente alla “vulgata”… Perché ritengo che non sia affatto una “vulgata”, cioè una versione “tradizionale”, ma non per questo esatta, di ciò che accadde, ma si sia trattato di un’azione politica premeditata e gestita con estrema attenzione e determinazione in un momento storico particolarmente favorevole a tale cambiamento. Spero di aver chiarito completamente il mio pensiero in materia e La ringrazio per l’attenzione e la partecipazione con cui legge “Il Nastro Azzurro”. Mi creda, i lettori come Lei che contribuiscono su queste pagine ad aprire ed approfondire (entro i limiti degli spazi disponibili) il dibattito sulle vicende della nostra Patria, sono davvero encomiabili ed apprezzabili. Con viva cordialità. Antonio Daniele IL NASTRO AZZURRO 5 2 GIUGNO 2009: 63o ANNIVERSARIO DELLA REPUBBLICA D i anno in anno, la celebrazione del compleanno della nostra Repubblica registra una costante riduzione degli uomini e dei mezzi che sfilano in parata: quest’anno circa 6.000 uomini e donne (ottocento in meno dello scorso anno), tra militari e appartenenti ai Corpi assimilati alle Forze Armate. Anche i supporti logistici sono stati ridotti, le tribune sono state ridimensionate; il tutto ha portato ad un risparmio complessivo di un milione di Euro che il Governo ha destinato agli aiuti per le zone terremotate d’Abruzzo. Come da copione, l’arrivo del Capo dello Stato, On. Sen. Giorgio Napolitano, ha dato il via alla parata. Presenti pressoché tutte le autorità istituzionali: i presidenti del Senato, sen. Renato Schifani, e della Camera on. Gianfranco Fini, il Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Silvio Berlusconi (giunto in lieve ritardo), il Ministro della Difesa, on. Ignazio La Russa, il Sottosegretario alla Protezione Civile, dott. Guido Bertolaso, e di numerose autorità isti- 6 IL NASTRO AZZURRO tuzionali tra le quali il sindaco di Roma Gianni Alemanno, con la fascia tricolore, alle quali si aggiungono autorità civili, religiose e militari (il Capo di Stato Maggiore della Difesa generale Vincenzo Camporini, i Capi di Stato Maggiore delle Forze Armate, ecc). Proprio l’impegno in Abruzzo delle Forze Armate, della Protezione Civile, della Croce Rossa Italiana e dei Corpi Armati dello Stato è stato il leit motiv della sfilata 2009 che ha visto un Guido Bertolaso particolarmente attento al passaggio dei “suoi” operatori molto apprezzati per la meritoria opera tutt’ora in svolgimento nelle zone martoriate dal terremoto. Sempre più numerose le donne presenti nei Reparti che hanno sfilato, non più novità, ma ormai normalità nelle Forze Armate. Nella sua scenografia esecutiva, la parata 2009, aperta dalla tradizionale ostensione da parte dei Vigili del Fuoco del Tricolore sulla facciata del Colosseo, è stata divisa in otto settori. Nel primo, delle Istituzioni, hanno sfilato le Bandiere delle quattro Forze Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato al Ministro della Difesa, on. Ignazio La Russa, il seguente messaggio: “Al termine della odierna Rivista militare, in occasione del sessantatreesimo anniversario della proclamazione della Repubblica italiana, desidero esprimerle il mio personale compiacimento per la piena riuscita della manifestazione. Ho altresì molto apprezzato come, nella difficile contingenza che il Paese sta attraversando, ella abbia voluto adottare misure atte a conferire all’evento toni di sobrietà e rigore, senza nulla togliere alla celebrazione, e contribuire al conferimento di risorse per l’assistenza e la ricostruzione in Abruzzo. Nella solennità della circostanza, i reparti hanno sfilato in maniera impeccabile, con una impostazione formale, un portamento ed un entusiasmo che testimoniano elevatissimo livello addestrativo e consapevolezza del ruolo e della dignità di quanti prestano servizio nelle Forze Armate nell’interesse del Paese e della comunità internazionale. Il rilancio su nuove e più costruttive basi della cooperazione tra gli Stati ed il superamento della grave crisi economica che, in questo periodo, colpisce l’Italia ed il resto del mondo non possono infatti prescindere dal contributo che lo strumento militare italiano garantisce per il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza su scala globale e per la stabilizzazione delle aree di crisi. L’affetto e l’ammirazione con cui i tantissimi cittadini accorsi quest’oggi nello splendido scenario dei Fori Imperiali hanno festeggiato le Forze Armate sono segni inequivocabili di quale e quanta considerazione il Paese abbia per le nostre istituzioni militari. Con questi sentimenti, le chiedo, signor Ministro, di far pervenire il mio apprezzamento e quello delle istituzioni democratiche per l’eccellente lavoro svolto e l’impegno altamente professionale profuso a tutti coloro che hanno contribuito a realizzare l’odierna celebrazione.” Roma, 2 giugno 2009 Armate e della G.d.F., seguite dai gonfaloni delle Regioni italiane e dai labari delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma (tra cui il Labaro dell’Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valor Militare), seguiti da un sottosettore relativo all’attività internazionale a supporto della politica estera, in cui hanno sfilato le rappresentanze dei reparti italiani e delle nazioni alleate impegnate insieme nei medesimi teatri operativi fuori area nell’ambito di missioni NATO e ONU (coreografici i greci con le loro uniformi caratteristiche). I quattro settori successivi, relativi all’Esercito Italiano, alla Marina Militare, all’Aeronautica Militare ed all’Arma dei Carabinieri, hanno seguito tutti il medesimo copione: sono stati aperti dalla rispettiva Banda militare cui hanno fatto seguito una compagnia di formazione delle rispettive scuole militari (Accademia, Scuola Sottufficiali, Scuola Volontari di truppa, ecc…), la formazione delle Bandiere di Guerra dei Reparti e una o più Compagnie di Reparti scelti o di rappresentanze di Reparti. Il sesto settore, relativo ai Corpi armati ed ausiliari dello Stato, è stato aperto dalla Guardia di Finanza, che ha sfilato con le stesse modalità delle altre Forze Armate, e completato dalla Croce Rossa Italiana e dal Sovrano Militare Ordine di Malta. Il settimo, relativo alla Protezione Civile, è stato aperto dalla Banda Nazionale dei Vigili del Fuoco e da una loro rappresentanza, seguiti dalla Polizia di Stato, con la medesima formula delle Forze Armate (Compagnia di formazione delle Scuole, Compagnia Specialità varie, automezzi, tra cui la “Lamborghini”), la Polizia Penitenziaria, il Corpo Forestale dello Stato e poi di nuovo i Vigili del Fuoco con i propri mezzi speciali su uno dei quali campeggiava la scritta : “L’Abruzzo nel cuore – L’Aquila 2 aprile 2009”. La commozione di tutti, autorità e semplice pubblico, è stata fortissima al passaggio. E ancora molti mezzi utilizzati da tutte le forze dello Stato intervenute in Abruzzo. Il settore è stato chiuso dal reparto motociclistico della Polizia Municipale di Roma, in rappresentanza di quelli di tutti i comuni d’Italia. L’ottavo e ultimo settore in cui Lancieri di Montebello, Carabinieri, Polizia di Stato, Corpo Forestale e Guardia di Finanza, hanno sfilato a cavallo a chiusura di una parata che, seppure organizzata al risparmio, è stata molto bella e suggestiva. Gli onori finali al Presidente della Repubblica da parte dei Corazzieri a Cavallo e il sorvolo tricolore della Pattuglia Acrobatica Nazionale hanno chiuso come sempre la manifestazione. Grande la partecipazione del pubblico, con applausi, attenzione e evidente partecipazione alla parata di questo 2 giugno. Grande l’apprezzamento per l’opera svolta dalle Forze Armate e, soprattutto quest’anno, dalla Protezione Civile, che ha riscosso applausi e commossa partecipazione per l’eccellente impegno sin qui dimostrato a L’Aquila e dintorni. Gli italiani hanno come sempre evidenziato un sentimento di forte attaccamento alle istituzioni che si è manifestato proprio col gradimento e con l’intensa partecipazione alla parata, tradizionale appuntamento tra le Forze Armate e il popolo italiano in occasione della Festa della Repubblica. Antonio DANIELE IL NASTRO AZZURRO 7 A 63 ANNI DI DISTANZA I VALORI DI SEMPRE S ono passati sessantatrè anni da quando, il 2 giugno 1946, il popolo italiano venne chiamato alle urne per decidere, col primo referendum istituzionale della storia del Paese, quale forma di stato esso avrebbe dovuto avere in futuro, scegliendo tra la continuazione della Monarchia o l’istituzione della Repubblica. Il travagliato secondo conflitto mondiale aveva portato con sé, oltre a distruzioni, lutti ed abbrutimenti, anche una profonda spaccatura nelle coscienze degli italiani; una spaccatura esemplificata da quasi due anni di guerra civile, dalla nascita al nord della Repubblica Sociale Italiana contrapposta al legittimo governo del sud impersonato dal Re Vittorio Emanuele III°, dalla Resistenza contro il nazifascismo impersonato dall’esercito tedesco presente sul suolo italiano e trasformatosi di colpo, dopo l’8 settembre 1943, da alleato ad invasore. Molte, troppe le colpe che gran parte del popolo italiano addossava alla corona sabauda: vent’anni di dittatura fascista, l’entrata in una guerra rovinosa senza un’adeguata preparazione e senza neppure un disegno politico e strategico che la giustificasse, la conduzione della delicata fase dell’armistizio con gli alleati in un modo Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione del 2 giugno, Festa Nazionale della Repubblica, ha inviato al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Vincenzo Camporini, il seguente messaggio: “Il 2 giugno si celebra la proclamazione della Repubblica, passaggio decisivo nel lungo e travagliato cammino storico che l’Italia ha dovuto percorrere per poter fare definitivamente propri i principi di democrazia, libertà, eguaglianza e giustizia sui quali si fonda la nostra Carta Costituzionale. In questa giornata, il nostro deferente omaggio e la nostra riconoscenza vanno a tutti gli italiani che persero la vita in spirito di fedeltà alla Patria nella guerra voluta dal fascismo ed a coloro che, animati da un nuovo senso dell’interesse nazionale, caddero successivamente per far sì che l’Italia riconquistasse libertà, indipendenza e unità. Sono trascorsi sessantatre anni da quel 2 giugno 1946. Ma quei valori, divenuti principi della Costituzione repubblicana, sono oggi ancora e più che mai condizione e guida per la costruzione di un’Italia coesa, prospera, solidale; per un’Italia che sia sempre più elemento propulsivo di un’Europa finalmente unita, ancora una volta protagonista dello sviluppo economico e del progresso sociale, civile e culturale della comunità internazionale. Nel grande scenario di un mondo sempre più interconnesso, nel quale i paesi democratici sono ormai affratellati da comuni principi ed obiettivi di sviluppo, le Forze Armate non sono più concepite al servizio di pretese nazionalistiche e disegni di aggressione, ma come strumento di cooperazione per la costruzione ed il mantenimento della pace e della sicurezza collettiva. Le Forze Armate italiane sono da anni in prima linea nei tanti teatri di crisi ove viene minacciato il progresso civile ed economico dell’umanità e sono offesi i più elementari diritti dell’uomo. Oggi, custodi e garanti della Costituzione e della sicurezza del Paese, in prima linea anche al fianco delle genti d’Abruzzo colpite da un disastroso sisma, raccolgono, in questa giornata di festa, l’affetto e la riconoscenza dei cittadini e delle istituzioni democratiche. Ad esse, a nome di tutti gli italiani, esprimo la mia gratitudine e formulo il più fervido augurio. Viva le Forze Armate, viva l’Italia!” Roma, 2 giugno 2009 8 IL NASTRO AZZURRO così approssimativo e pasticciato da provocare la “liquefazione” delle Forze Armate proprio nel momento in cui si aveva il massimo bisogno della loro vigorosa e decisa capacità di fronteggiare con energia e idee ben chiare la nuova situazione. Tutto questo portò ad un risultato praticamente scontato: vinse la Repubblica. Eppure, nonostante col senno del poi si possa sostenere appunto che il risultato del referendum fosse praticamente scontato, in realtà non lo fu così sicuramente fino alla fine dello spoglio delle schede, né la vittoria della Repubblica, pur netta, poté mai essere paragonata ad un plebiscito. Ciò potrebbe superficialmente ascriversi al dato storico che fu proprio Casa Savoia l’artefice dell’Unità d’Italia e che il periodo risorgimentale era ancora molto vicino (circa un secolo) e molto sentito quando si svolse la consultazione popolare che, per inciso, fu anche, per la prima volta, estesa alle donne. In realtà, il referendum istituzionale fu tenacemente voluto e perseguito dai partiti di sinistra del CLN i quali iniziarono con l’addossare a Vittorio Emanuele III° le gravi responsabilità inerenti le disgrazie d’Italia (cosa ampiamente condivisibile), per poi continuare estendendo tali responsabilità alla corona come istituzione (e qui diventava meno scontato condividerlo). Il ragionamento portava dritto, dritto a mettere in discussione la Monarchia come istituzione, indipendentemente dai tentativi di Umberto II° di prendere le distanze dalla politica perseguita dal padre: anzi, egli apparve, a tratti, persino penosamente goffo nel cercare di rimediare, nel breve mese del suo regno, ad una situazione ormai perduta. Oggi sono trascorsi sessantatré anni dalla proclamazione della Repubblica. Dopo lo scossone istituzionale che le inchieste di “tangentopoli” hanno provocato all’inizio dello scorso decennio, si usa dire che siamo nella “seconda repubblica”, ma ciò, in punta di diritto, non è propriamente corretto. Infatti, la Costituzione repubblicana, entrata in vigore il 1 gennaio 1948 a seguito del lavoro dell’Assemblea Costituente, istituita proprio col medesimo referendum del 2 giugno 1946, non è stata modificata. Ciò che è cambiato non riguarda la forma di stato, ma come i cittadini lo percepiscono: i partiti usciti dalla seconda guerra mondiale, quelli cioè che hanno fondato la Repubblica, non esistono più; la legge elettorale è stata più volte modificata; il premier viene indicato agli elettori come se essi, col loro voto, potessero deciderlo. È proprio quest’ultima affermazione che delimita la differenza tra una seconda repubblica “effettiva” e quella “percepita”. La nostra Costituzione, ancora oggi, prevede che sia il Presidente della Repubblica, e non il corpo elettorale, a designare chi ha il compito di formare (e poi presiedere) il Governo. Quindi, la presentazione alle elezioni politiche di “candidati premier” da parte dei partiti politici, non essendo in linea con la Costituzione, di fatto non la rispetta… Eppure, proprio su questa prassi, consolidatasi negli ultimi anni, si basa la convinzione di essere nella “seconda repubblica”. Una convinzione smentita anche dal Quirinale che, finora, ha sempre “rispettato” la volontà espressa dal popolo alle urne. Infatti, non vi è alcun vincolo costituzionale a farlo, se non una generica necessità di “...tenere conto delle indicazioni dei partiti, ecc…”. Tutto ciò, forse, perché nonostante i sessantatré anni trascorsi, la nostra Costituzione repubblicana rimane sempre attuale ed interpreta sempre in modo ottimale le esigenze della nostra società. A.D. IL NASTRO AZZURRO 9 LA GIORNATA DEL DECORATO L a “Giornata del Decorato” è divenuta una ricorrenza simbolica alla quale i rappresentanti delle Federazioni provinciali dell’Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valor Militare partecipano con rinnovato amore di Patria insieme al “Gruppo Medaglie d’Oro d’Italia”, il tutto sotto la supervisione di “Assoarma”. Quest’anno, per disposizione del Gabinetto della Difesa, l’evento è stato programmato per il lunedì 25 maggio: il 24 maggio, vera data della ricorrenza, è caduto di domenica, giorno in cui, per contenere le spese, il Ministero della Difesa non da disponibili i picchetti d’onore per le cerimonie ufficiali. L’Altare della Patria, alle nove di mattina, era adornato soprattutto dell’azzurro dei Labari delle Federazioni Provinciali del Nastro Azzurro, ma i soci di entrambe le associazioni accorsi all’appello erano numerosi. Nella cornice di un servizio d’onore impeccabile, sono state contemporaneamente deposte al sacello del Milite Ignoto tre coro- 10 IL NASTRO AZZURRO ne d’alloro, una da parte dell’“Istituto del Nastro Azzurro”, una da parte del “Gruppo Medaglie d’Oro” e una da parte di “Assoarma”. Terminata la cerimonia, il Presidente Nazionale dell’“Istituto del Nastro Azzurro”, Comandante Giorgio Zanardi, ha voluto esprimere un pensiero al ricordo di quanti, nonostante le difficoltà dell’Italia di allora, hanno aderito all’irredentismo ed hanno manifestato affinché nel 1915 l’Italia intervenisse nella Grande Guerra contro gli Imperi Centrali e potesse riscattare così la libertà di Trento e Trieste. “Quelli erano Italiani D.O.C.” ha detto Zanardi “come oggi si sono dimostrati italiani D.O.C. gli abruzzesi che, nonostante la tragedia che li ha colpiti, hanno evidenziato doti di tenacia e di dignità encomiabili”. Terminato l’evento, i partecipanti, provenienti da ogni parte d’Italia, hanno a lungo indugiato all’Altare della Patria scattandosi reciprocamente foto ricordo. A.D. 157o ANNIVERSARIO DELLA POLIZIA DI STATO “C’ è più sicurezza insieme”: è questo lo slogan che ha accompagnato l’8 maggio 2009 in piazza del Popolo la cerimonia per il 157esimo anniversario della Polizia di Stato, alla presenza tra gli altri del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, del ministro dell’Interno, Roberto Maroni, del capo della polizia, Antonio Manganelli. Il 9 maggio ogni questura ha organizzato iniziative locali e un evento speciale è stato celebrato a L’Aquila per ricordare le vittime del terremoto e l’impegno dei poliziotti che hanno garantito assistenza in situazioni di emergenza. All’apertura della cerimonia ufficiale, le autorità hanno assistito nella piazza allo schieramento dei principali reparti della Polizia di Stato, passati in rassegna, cui è seguita l’esibizione dei motociclisti della polizia stradale e la successiva visita del presidente Napolitano agli spazi espositivi. «Il livello di attenzione - ha detto il capo dello Stato - dovrà essere mantenuto sempre alto in quanto esiste il rischio che le organizzazioni di stampo mafioso possano approfittare dell’attuale crisi per acquisire il controllo di aziende in difficoltà». Per 3 giorni si sono alternati nello spazio della piazza i cinofili, gli atleti delle Fiamme Oro e i sommozzatori del CNES. Particolarmente apprezzate dal pubblico, soprattutto giovane, le dimostrazioni della polizia scientifica e le tecniche di guida dei veicoli della polizia. Le celebrazioni si sono concluse la sera del 10 maggio. IL NASTRO AZZURRO 11 L’ESERCITO ITALIANO HA FESTEGGIATO IL 148o ANNIVERSARIO L a storia dell’Esercito Italiano ha radici molto lontane: ricordiamo la data del 18 aprile 1659, quando il duca Carlo Emanuele II di Savoia, volendo disporre di militari addestrati e pronti all’impiego, indisse un bando per il reclutamento di 1.200 uomini da inquadrare in un reggimento detto “delle Guardie”. Questo evento segnò il passaggio dalle milizie di ventura alle unità permanenti, organismi propri dello Stato. Il reggimento “delle Guardie” fu, dunque, il primo reparto permanente d’Europa, precursore dell’attuale Esercito di professionisti. Due secoli dopo, appena all’indomani dell’Unità d’Italia, cioè il 4 maggio 1861, un provvedimento del Ministro della Guerra Manfredo Fanti decretava la fine dell’Armata Sarda e la nascita dell’Esercito Italiano. “Vista la legge in data 17 marzo 1861, con la quale S.M. ha assunto il titolo di Re d’Italia, il sottoscritto rende noto a tutte le Autorità, Corpi ed Uffici militari che d’ora in poi il Regio Esercito dovrà prendere il nome di Esercito Italiano, rimanendo abolita l’antica denominazione di Armata Sarda.” Firmato Manfredo Fanti, Ministro della Guerra. 148 anni più tardi, il 7 maggio 2009, si è tenuta a Roma, presso il Comando della Brigata Granatieri, alla presenza del presidente della Repubblica, on. Sen. Giorgio Napolitano, del ministro della Difesa, on. Ignazio La Russa, e del capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini, la 12 IL NASTRO AZZURRO cerimonia dell’anniversario della fondazione dell’Esercito Italiano. Il capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale di Corpo d’Armata Fabrizio Castagnetti, nel suo intervento ha sottolineato come “l’Esercito, istituzione sana, efficiente, ricca di valori… sia, già da molti anni, lo strumento più diffusamente utilizzato nel nostro paese, in virtù delle riconosciute e sperimentate capacità in termini di esperienza, rapidità di intervento e proiettabilità”. L’integrazione di emigranti extracomunitari che, negli ultimi due decenni, si stanno stabi- lendo numerosi in Italia, fa sentire i suoi effetti anche nell’Esercito Italiano. Infatti, il generale Castagnetti ha voluto indirizzare un particolare saluto ad una rappresentanza di “ufficiali, sot- tufficiali e militari di truppa per i quali l’Italia costituisce da tempo la patria adottiva, essendo nati in altre parti del mondo”. La celebrazione è stata anche occasione di bilanci. È stato rilevato, non senza adeguata soddisfazione, che gli uomini e alle donne della Forza Armata continuano a dimostrare, in un momento di necessaria trasformazione una grande capacità di adattamento e una ancor maggiore efficienza. Le sempre più pressanti istanze di sicurezza interna ed esterna, hanno portato l’impegno della Forza armata a livelli mai toccati dalla fine del secondo conflitto mondiale. Esempi chiari di quest’impegno sono gli oltre 10.000 uomini dislocati tra Afghanistan, Libano, Kosovo e in Italia nell’ambito delle operazioni “strade sicure” e “strade pulite”. Il tutto senza peraltro dimenticare gli uomini e le donne che, lontano dagli onori della cronaca, svolgono quotidianamente un prezioso lavoro per la formazione, la preparazione ed il sostegno delle unità schierate sul terreno. I traguardi fin qui ottenuti hanno permesso di guadagnare il rispetto e la stima dei paesi amici e alleati e, soprattutto, hanno fatto sì che gli italiani potessero apprezzare appieno le qualità che l’Esercito esprime ogni giorno: professionalità, impegno ed umanità. Apprezzamento che viene quotidianamente dimo- strato attraverso la partecipazione ai concorsi di reclutamento. I dati evidenziano, infatti, un trend favorevole nel rapporto di selezione che rimane ampiamente adeguato alle esigenze; basti pensare, alle domande d’ammissione per l’Accademia di Modena, che sono state 52 per ciascun posto disponibile, e a quelle per la Scuola Sottufficiali Esercito che sono state ben 178 per ciascun posto. Positivo anche il trend degli arruolamenti dei volontari di truppa che vedono il 71% delle domande provenienti dal sud Italia, il 18% dal centro e l’11% dal nord. In un momento in cui si profila un’ulteriore riduzione di risorse finanziarie, a fronte di impegni che, al contrario, non danno cenno di contrazione, l’Esercito è chiamato a gestire quanto nella sua disponibilità per svolgere con dignità i compiti che il Paese gli assegna. In questo senso l’Esercito è oggi fortemente impegnato nell’individuare e proporre le necessarie misure di razionalizzazione e, nel contempo, è consapevole di dovere indicare alle Istituzioni, con coerenza, trasparenza e lealtà le esigenze e le risorse necessarie per far fronte agli impegni assegnati alla Forza Armata. La cerimonia si è conclusa con la consegna di importanti onorificenze a militari che negli ultimi anni si sono distinti nell’adempimento del proprio dovere. (Liberamente tratto dal sito web dell’Esercito Italiano) IL NASTRO AZZURRO 13 I l sessantesimo anniversario della NATO è stato celebrato a Roma, presso il Senato della Repubblica, con una solenne rievocazione alla quale hanno partecipato tutti i rappresentanti dei paesi della sponda europea aderenti al Trattato, sia quelli della prima ora, che lo firmarono il 4 aprile 1949, sia quelli entrati a farne parte dopo il dissolvimento del Patto di Varsavia e dell’Unione Sovietica. In questa sede non si ripeterà la cronaca dell’evento, nota a tutti tramite i resoconti giornalistici e televisivi, la cui tempestività mette sempre “fuori tempo massimo” la nostra rivista “bimestrale”. Si tenterà, bensì, di ripercorrere per sommi capi la storia dell’Alleanza e indicarne, per quanto possibile, il futuro. La seconda guerra mondiale si era chiusa da solo qualche anno e già nel mondo, in particolare in Europa, si profilavano i prodromi di un confronto ancora più totale e prevedibilmente distruttivo: lo scontro Est – Ovest tra gli Stati Uniti, con gli alleati europei occidentali, e l’Unione Sovietica con i suoi paesi satelliti dell’Europa orientale. Tale scontro si sarebbe potuto risolvere già nel corso della seconda guerra mondiale, ma la sagacia politica di Stalin, insieme all’opportunismo di Churchill, fecero sì che gli Stati Uniti, pur prevedendo enormi difficoltà di rapporto con i Sovietici, anch’essi alleati, rinviassero il redde rationem a tempi successivi. Si è spesso detto che la causa principale della seconda guerra mondiale fu l’eccessivo rigore dei trattati di pace stipulati a conclusione della prima, che erano esageratamente punitivi nei confronti della Germania e persino dell’Italia, pur sempre una delle potenze vincitrici. Niente di più falso: si trattò di una guerra scaturita da un confronto essenzialmente ideologico. Le democrazie occidentali a confronto con le dittature fasciste e comuniste. La guerra vide le Democrazie Occidentali contro i Fascismi, ma alleate del Comunismo rappresentato dall’Unione Sovietica, eppure la Democrazia è antitetica ad entrambi i regimi, poiché entrambi sono regimi dittatoriali, liberticidi e totalitari. La differenza tra i due consiste solo nel diverso modo di interpretare il mondo economico: il fasci- 14 IL NASTRO AZZURRO smo credeva nella proprietà privata, ritenendo però che il mercato dovesse essere controllato con un forte dirigismo politico da parte dello stato centralizzato, unico vero depositario delle reali esigenze della società, quindi si giunse all’aberrazione delle leggi raziali contro la razza ebraica “rea” di annoverare statisticamente un notevole numero di liberi imprenditori; il comunismo non credeva nel libero mercato, non accettava la proprietà privata né il guadagno d’impresa, e riteneva che un’accurata pianificazione dei bisogni della società potesse sopperire alla versatilità ed all’elasticità del libero mercato senza creare ingiusti accumuli di denaro in poche mani “fortunate”, quindi i regimi comunisti nazionalizzarono tutti i mezzi di produzione e distribuzione. Gran Bretagna e Stati Uniti si trovarono quasi giocoforza a doversi alleare con l’Unione Sovietica dopo che la Germania aveva per prima violato il trattato “MolotovRibbentrop” sulla spartizione della Cecoslovacchia, invadendo la Polonia nel 1939. Ciò ritardò a dopo la seconda guerra mondiale il confronto tra Democrazie e Comunismo, quando esisteva già l’arma nucleare e una nuova guerra, non solo avrebbe portato ancora altre inimmaginabili distruzioni in un’Europa già prostrata dal recente terribile conflitto, ma sarebbe stata combattuta con armi talmente distruttive da metterne in dubbio perfino l’utilità politica dell’esito finale. Il Trattato del Nord Atlantico fu siglato a scopo puramente difensivo contro un’Unione Sovietica che, unico caso al mondo, dopo la seconda guerra mondiale non aveva smobilitato nessuna delle armate schierate per combattere e vincere la Germania Nazista. Una massa imponente di soldati e di mezzi corazzati premeva lungo la linea di demarcazione tra i paesi dell’area occidentale e quelli orientali della nuova Europa, tracciata a Yalta nel 1944. Solo la potenza dell’alleato statunitense e delle sue armi nucleari poterono dare abbastanza sicurezza alle democrazie europee vecchie (Gran Bretagna, Francia, Paesi Bassi, ecc…) e nuove (Germania Ovest, Italia). Alla NATO, si contrappose presto un’alleanza contraria, egemonizzata dall’Unione Sovietica: il “Patto di Varsavia”. Era iniziata la “guerra fredda”. Per circa quaranta anni, anche se in Europa non fu sparato un solo colpo di fucile tra le due armate contrapposte, il clima politico fu sempre teso e spesso vi furono picchi che fecero temere il passaggio al confronto bellico vero e proprio. I momenti di tensione più noti storicamente furono: il blocco di Berlino del 1949, l’invasione dell’Ungheria nel 1956, la costruzione del muro di Berlino nel 1961, la crisi di Cuba nel 1962, la “Primavera di Praga” nel 1968, lo schieramento dei missili SS-20 nei primi anni ottanta. Come si può osservare, tali eventi configurarono tutti dei tentativi, più o meno evidenti, da parte dell’Unione Sovietica, di forzare la mano alla NATO per tradurre il confronto virtuale in confronto reale oppure di mantenere ben saldo, di fronte al mondo, il proprio potere sul territorio che si era auto assegnata a Yalta nel 1944. La NATO, sotto l’accorta guida statunitense, riuscì sempre ad evitare lo scontro a fuoco, pur contenendo entro limiti accettabili i colpi d’ariete dell’Unione Sovietica. La dottrina della NATO, pur evolvendosi notevolmente per tutta la “guerra fredda”, ebbe sempre un comune denominatore: la “dissuasione” del potenziale nemico dall’attaccare militarmente, perché la reazione della NATO sarebbe stata così potente e violenta da creare danni molto superiori ai vantaggi che un’eventuale vittoria sovietica avrebbe portato con se. Si arrivò persino ad ipotizzare la “mutua distruzione assicurata”. La dissoluzione del Patto di Varsavia prima e dell’Unione Sovietica poi, avvenuta all’inizio degli anni novanta, hanno fatto ipotizzare anche lo scioglimento della NATO poiché veniva a mancare la sua principale ragion d’essere. L’errore di tale valutazione fu evidente all’indomani dello scioglimento del Patto di Varsavia, quando tutti i paesi che ne avevano fatto parte “fecero letteralmente la fila” per entrare nella NATO. Il Presidente della stessa Russia (l’Unione Sovietica non esisteva più), Vladimir Putin, nel 2002 ha firmato un trattato di mutua cooperazione NATO – Russia proprio in Italia, nella base aerea di Pratica di Mare. L’attualità della NATO è dimostrata dalla recente decisione del Governo francese di rientrarvi a pieno titolo, dopo la clamorosa uscita del 1962 a opera di De Gaulle che, nell’occasione, chiese: “Gli Stati Uniti rischieranno New York per salvare Parigi?”. In occasione del 60° anniversario dell’Alleanza, il 4 aprile 2009, le ultime due adesioni: Albania e Croazia. Nell’ultimo ventennio, quindi, la NATO, ben lungi dall’apparire sopravvissuta a sé stessa, è più volte stata il punto di riferimento politico militare per dirimere e risolvere controversie internazionali per troppo tempo tenute sospese dal grande confronto est – ovest della guerra fredda. Interventi in ex Jugoslavia (Kosovo) o a Timor Est hanno creato le premesse affinché la NATO divenisse la principale alleanza politico militare mondiale, operante non più nell’angusto scacchiere europeo, ma in grado di proiettarsi rapidamente ed efficacemente, dove è necessario, sull’intero pianeta, qualificadosi altresì come l’organizzazione più efficace ed efficiente nelle operazioni di “Peace Keeping” e “Peace Enforcing” nell’ambito delle Nazioni Unite. Antonio Daniele IL NASTRO AZZURRO 15 MEDAGLIE D’ORO ECCELLENTI: PRIMO LONGOBARDO T ra le figure di eroi che La Maddalena vanta, fra i suoi figli, quella di Primo Longobardo è certamente una delle più fulgide. La sua è la storia di un uomo nato sul mare e strettamente legato ad esso fino alla fatale conclusione avvenuta sotto le stelle dei Tropici in quella notte del 14 luglio 1942 in cui fu scritta una delle più belle pagine della storia della nostra Marina. Molti vecchi maddalenini, ormai quasi tutti scomparsi, lo ricordavano negli anni della Cina, quando era imbarcato sul Caboto, o a Pola, durante il suo incarico a terra al Comando della Scuola Sommergibili. Un uomo alto, imponente, dalla voce tonante, che riusciva a trascinare gli uomini nel suo entusiasmo verso il mare; un gigante buono, la cui figura ispirava nei marinai ammirazione, simpatia e rispetto. Longobardo nacque a La Maddalena il 19 ottobre 1901, da Vincenzo ed Ersilia Culiolo; entrato in Marina giovanissimo, dopo gli anni di accademia e gli imbarchi prima sul Vespucci e poi sul Da Recco, nel 1929 fu destinato a Tienstin sul Caboto quale vice comandante del battaglione italiano in Cina. Fu qui che tra gli uomini dei contingenti internazionali che mantenevano la pace in Cina, conobbe l’ufficiale inglese J. S. Dalison col quale strinse rapporti di fraterna amicizia; questi, fatalmente, sarebbe stato poi il nemico della sua ultima battaglia. La grande passione di Longobardo furono i mezzi subaquei; imbarcato sul F.lli Bandiera, nel 1936 passò poi sul Galileo, di seguito sul Calvi, sull’Otaria, il Dessiè, l’Alagi e l’Adua, poi sul Bragadin, l’Ametista, il Capponi, il Mameli, il Toti ed infine sullo Jalea. La sua conoscenza dei diversi tipi di sommergibile era completa e l’esperienza acquisita nei lunghi anni di navigazione sui mezzi subacquei avevano fatto di lui un vero comandante; non c’era sommergibilista che non lo conoscesse e che non sentisse il suo carisma. Nel 1941, ormai quarantenne, fu destinato alla Scuola Sommergibili di Pola, incarico di grande prestigio, ma pur sempre un incarico a terra. Era iniziata la guerra e i nostri mezzi subacquei erano già in piena attività in Atlantico; in Italia, sia pur gonfiate dalla propaganda, arrivavano le notizie di imprese eroiche che acuivano la sua insofferenza. Il suo comando a terra, oltre a farlo sentire tagliato fuori dalla vita sul mare, gli dava il rimpianto di non poter dare alla Patria tutto se stesso e non si dette pace fintanto che non riuscì, malgrado l’età’, ad avere un imbarco. “In Atlantico c’è gloria per tutti”, diceva, ed ottenuto il comando del Torelli diede subito prova delle sue capacità sperimentando una nuova ardita tattica di attacco in superficie con la quale coglieva il nemico di sorpresa 16 IL NASTRO AZZURRO infliggendo gravi perdite ai mezzi di scorta ed ai convogli. Nel giro di poco tempo aveva già affondato quattro navi, ma ben presto l’esigenza di impiegare nei comandi di unità subacquee giovani ufficiali e la necessità di avere ai vertici uomini di grande esperienza determinò il suo richiamo a Roma alle dirette dipendenze del Comandante in Capo della Squadra Sommergibili. Cominciò per lui un’altro periodo di insofferenze; la sua vita era sul mare ed era lì che lui voleva a tutti i costi tornare. Pochi pensavano che potesse riuscirci poiché i giovani ufficiali erano certamente più idonei a sostenere il notevole impegno fisico necessario per il comando di un sommergibile in attività di guerra. Infine l’ebbe vinta; in un momento in cui si era a corto di ufficiali la sua domanda fu accettata. Raggiunta la base di Betasom a Bordeaux gli fu affidato il comando del Calvi col quale si diresse in Atlantico per intercettare un convoglio inglese scortato da cinque corvette. Sognava di ritornare da quella missione con molte bandierine azzurre e rosse issate sulla cima del periscopio. Le rosse indicavano l’affondamento di navi da carico, le azzurre più rare ma più gloriose, la distruzione di navi da guerra. La palma, come scrive Luigi Rinaldi era “... fino a quel momento tenuta dal capitano Carlo Fecia di Cossato, soprannominato “L’affondatore”, insonne ed implacabile comandante del gloriosissimo Tazzoli”. Avvistato il convoglio nemico fra Madera e le Azzorre, Longobardo fu subito intercettato dalla silurante britannica ”Lulworth” che costrinse il Calvi, ormai scoperto, ad una rapida immersione; ma la “Lulworth”, dotata di moderni mezzi tecnologici per l’individuazione delle unità in immersione, diresse contro il nostro sommergibile due salve di bombe di profondità che causarono danni irreparabili. Longobardo, deciso a non morire sul fondo senza aver dato battaglia ordinò immediatamente l’emersione; il suo mezzo, malgrado le grandi avarie, era uno dei più bei sommergibili italiani armato di due cannoni da 120, quattro mitragliatrici e otto tubi di lancio. Non appena emersa l’unità nemica lo fece subito segno al tiro della sua artiglieria mentre i bengala e i riflettori illuminavano il mare rendendo vano ogni tentativo di sfuggire all’attacco. Più volte la nave britannica tentò lo speronamento, ma Longobardo, perfettamente padrone del suo mezzo, riuscì ogni volta a manovrare e ad evitare il contatto. Mentre il tiro della nave nemica falciava gli uomini che si alternavano ai pezzi, Longobardo fece un ultimo Motivazione della medaglia d’Oro al Valor Militare concessa alla “memoria” del Capitano di Fregata Primo Longobardo, comandante del sommergibile “Calvi” Ufficiale superiore animato di purissima fede e ardente passione patriottica, sollecitava più volte ed otteneva infine di riprendere il comando di sommergibile oceanico che aveva dovuto lasciare per altro incarico direttivo a terra. Raggiunta la nuova base di guerra, assumeva volontariamente il comando di unità pronta per importante missione offensiva, nel corso della quale mentre manovrava per attaccare un convoglio fortemente scortato, scoperto da corvetta, con somma perizia cercava di sottrarsi alla violentissima caccia. Colpita l’unità in modo irreparabile, ordinava l’emersione ed affrontava con impavida serenità le unità avversarie accettando l’impari combattimento in superficie. Lanciata una salva di siluri, reagiva al violento tiro d’artiglieria con tutte le armi di bordo. Col sommergibile crivellato di colpi e già menomato nella sua efficienza, visti uccisi e feriti i propri dipendenti destinati alle armi, ordinava l’abbandono della nave e ne preparava l’autoaffondamento quando, mortalmente colpito al posto di comando, immolava la propria esistenza alla Patria, dopo aver compiuto il proprio dovere oltre ogni umana possibilità. Oceano Atlantico, 14 luglio 1942 tentativo con il lancio di due siluri che la “Lulwort” riuscì ad evitare. Vistosi perduto, ordinò che il sommergibile fosse predisposto per l’auto affondamento e subito dopo cadde anch’egli colpito da una raffica. Il suo ufficiale di rotta, Capitano Aristide Russo, che aveva assunto il comando, accortosi dell’avvicinarsi di un battello nemico messo in mare con l’evidente intenzione di catturare l’unità ormai priva di equipaggio, aiutato nell’operazione dal secondo capo silurista Pietro Bini, né accellerò l’autoaffondamento ordinando agli uomini l’abbandono della nave. La scialuppa inglese riuscì tuttavia ad abbordare la nostra unità e il tenente di vascello North, già salito a bordo nell’estremo tentativo di salvarla, venne disperatamente fermato dal Capitano Russo che, con un violento corpo a corpo, gli impedì di portare a compimento la cattura del battello: i due scomparvero in mare. Per questa azione il Capitano Russo è stato decorato di M.A.V.M. alla memoria (i dettagli sono stati pubblicati nel N. 3/2007 del “Nastro Azzurro”). Mentre il Calvi scendeva negli abissi ed il battello inglese si apprestava a raccogliere i superstiti apparve sulla scena dello scontro il sommergibile tedesco U130. La “Lulwort” , dopo aver evitato un siluro, si lanciò all’inseguimento dell’unità nemica abbandonando così i naufraghi e la scialuppa sulla quale stavano per essere raccolti. Fallito l’inseguimento, dopo quattro ore la “Lulwort” fece ritorno per riprendere i suoi uomini e raccogliere i naufraghi del Calvi. La notizia era frattanto rimbalzata via radio sull’unità capo flottiglia “Londonderry” sulla quale vennero poi trasbordati i superstiti. I nostri marinai, subito interrogati, dichiararono il nome della loro unità e quello del suo comandante; furono trattati con estrema cortesia dal comandante della “Lulwort”, che appariva profondamente turbato; egli offrì agli uomini da fumare aprendo un portasigarette d’argento all’interno del quale era inciso “Con fraterna amicizia Primo Longobardo”. Si trattava dell’ufficiale inglese J.S. Dalison che tanti anni prima, nella lontana Cina, aveva ricevuto in dono da Longobardo quel prezioso portasigarette. Avuta conferma dell’espressione quasi incredula dei marinai italiani, che alla vista di quel portasigarette erano impalliditi, di aver combattuto quella battaglia contro il suo amico di un tempo, ripose il portasigarette e voltò lentamente le spalle ai nostri uomini per nascondere loro i suoi occhi lucidi di pianto. L’epilogo fatale della storia di questi due nobili uomini di mare, amici in pace e nemici in guerra, avrà la sua conclusione in Canada, nel 1949, nei pressi di Renfrew. Il comandante Dalison portava ancora con se, quasi come un talismano, il dono di Longobardo, un oggetto dal quale non aveva mai voluto separarsi ed al quale erano legati i suoi più cari ricordi. Durante una partita di pesca il prezioso portasigarette gli sfuggi di mano e scomparve nelle acque limacciose del lago. Dalison rimase profondamente scosso da quella perdita, con il volto teso lasciò i compagni di pesca e ripartì alla guida della sua automobile. Fu ritrovato qualche ora dopo nell’auto schiantata contro un albero. Scrive l’ammiraglio Blaslini sull’episodio “Dalison è morto sul colpo al momento dell’impatto. L’amico che l’aveva visto l’ultima volta da vivo, lì accanto al lago, notò che ora, dopo la morte, il suo volto appariva rasserenato e disteso. Quasi avesse finalmente ritrovato qualcuno o qualcosa che aveva cercato per molto tempo”. Augusto Zedda IL NASTRO AZZURRO 17 LA REGIA AERONAUTICA SUL FRONTE RUSSO NEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE P oche pubblicazioni di F.A. parlano delle operazioni della Regia Aeronautica sul fronte russo (alle quali dal 7 agosto 1941 prese parte anche mio padre (1), all’epoca Sergente Maggiore, con il 22° Gruppo Caccia), forse perché vi schierò solo pochi velivoli (i Tedeschi vi avevano destinato 1.160 bombardieri, 720 caccia, 120 ricognitori e 1.900 aerei di supporto tattico, trasporto e collegamento, contro i 4.600 velivoli di cui 1.800 da bombardamento, 200 da caccia ed 800 da ricognizione schierati dai Russi). La Regia Aeronautica aveva inviato in Russia il 22° Gruppo Caccia con cinquantuno Macchi 200, il 61° Gruppo da Osservazione con trentadue bimotori Ca.311 ed una Squadriglia da trasporto logistico con una quindicina di velivoli (Ca.133, SM.81, Ca.164). Il 28 agosto, i Macchi 200 del 22° Gruppo Caccia, giunti solo il giorno prima sul campo di Krivoj-Rog, si scontravano con velivoli sovietici e ne abbattevano otto, di cui sei bombardieri e due caccia di scorta. Quando a settembre era ripresa l’avanzata, i Macchi 200 dovevano assicurare la copertura aerea delle colonne avanzanti ed attaccare con spezzoni i centri di resistenza nemici: sembrava che tutto andasse bene e il Generale Messe (2) tributava, nella circostanza, un “elogio” al piccolo contingente aereo nazionale. L’allungamento delle linee di rifornimento aveva richiesto l’intervento dei trasporti aerei che erano sempre più oberati di lavoro e i vecchi 18 IL NASTRO AZZURRO SM.81 avevano fatto miracoli collegando la madrepatria con Bucarest (Romania) e con la zona del Donetz. In ottobre il 22° Gruppo Caccia era trasferito a Saporoschje unitamente alla 128a Squadriglia da Osservazione, il 29 dicembre il Comandante della 369a Squadriglia del 22° Gruppo Caccia, Capitano Giorgio Jannicelli (3), durante un combattimento con quindici bombardieri nemici scortati da caccia, pur trovandosi in condizione di schiacciante inferiorità numerica, era riuscito ad abbattere un bombardiere e ad impegnare fortemente la caccia ma, preso fra due fuochi, era stato colpito a morte ed era precipitato al suolo. Il suo sacrificio gli varrà la concessione alla “memoria” della M.O.V.M.. Al Comando del Gruppo sarà conferita la M.A.V.M.. Sopravvenute le piogge ed il fango dell’inverno, l’opera degli SM.81 era divenuta infaticabile ed insostituibile; per sbloccare la situazione delle nostre truppe nel bacino del Donetz, veniva inviata in Russia anche la 146a Squadriglia Trasporti SM.81. Il 5 febbraio, nel corso di un mitragliamento sull’aeroporto di Krasnjy Liman, venivano distrutti dieci velivoli al suolo e cinque in volo. Con la primavera 1942 le operazioni riprendevano a pieno ritmo e nell’estate successiva il 22° Gruppo Caccia veniva avvicendato dal personale del 21° Gruppo Caccia, che aveva rilevato i Macchi 200 nel frattempo ridotti a quarantuno unità, ma i Russi erano armati di velivoli molto più moderni e validi dei nostri Macchi 200 tanto da indurre il Generale di Brigata Aerea Enrico Pezzi (4) a chiedere velivoli più competitivi: era stata allora trasferita in Russia anche la 361a Squadriglia Caccia, dotata di Macchi 202. Il 18 novembre 1942 l’Armata Rossa iniziava l’offensiva contro Stalingrado, due settimane dopo anche i settori adiacenti erano coinvolti dall’offensiva e l’8a Armata Italiana, dopo una stre- nua resistenza, iniziava la ritirata nelle pianure innevate dell’Ucraina, mentre la pressione sovietica si faceva sempre più forte: 90.000 soldati perdevano la vita e 45.000 erano feriti o colpiti da congelamento. Anche l’aviazione aveva subito gravi perdite in quanto doveva fare fronte ad una forza nemica calcolata in 350 velivoli, molti dei quali di provenienza inglese ed americana (5). I nostri velivoli da caccia (una quarantina fra Macchi 200 e Macchi 202, schierati sull’aeroporto di Voloscilovgrad) avevano cercato di fornire Medaglia d’Oro alla “memoria” del Capitano Giorgio Jannicelli: “Intrepido pilota da caccia, già distintosi per altissime doti di comandante e di soldato, non esitava, nonostante la proibitiva temperatura e le disperate condizioni di tempo e di ambiente, per cui solo tre apparecchi potevano mettersi in moto, a partire in volo alla testa dei pochi gregari per compiere l’ardua missione di proteggere ad ogni costo le nostre linee. Avvistata una formazione di bombardieri avversari scortata da 15 caccia, incurante della schiacciante superiorità numerica del nemico, impegnava con superbo ardimento l’asperrima lotta, riuscendo nello scopo affidatogli ed abbattendo un bombardiere. Persisteva nell’arduo e impari combattimento fino a quando, colpito a morte, precipitava in fiamme, immolando così nella luce della gloria, la balda giovinezza tutta dedita alla lontana Patria immortale.” Cielo di Russia, ottobre-dicembre 1941. Medaglia d’Argento al Valor Militare conferita Al Comando del Gruppo: “Reduce dal fronte di guerra dove aveva guadagnato titolo e onore, con impeto pari alla sua reputazione si gettava nella battaglia per il forzamento del Nipro, imponendo dovunque all’avversario la superiorità della sua bravura tecnica e l’ardente audacia delle sue armi e dei suoi equipaggi. Addossandosi con entusiastica generosità e spavalda sagacia compiti e rischi del più alto impegno e sacrificio, contribuiva, anche con azioni di caccia libera e mitragliamento al suolo, alla tutela del fronte delle operazioni, trionfando in ogni difficoltà e pericolo pur nelle avverse condizioni climatiche di un inverno eccezionalmente ostile, riaffermando con superba valentia, rispetto a scelte unità alleate, il prestigio dell’Ala d’Italia.” Fronte Russo, agosto 1941-maggio 1942. Medaglia d’Oro al Valor Militare alla “memoria” del Generale Enrico Pezzi: “Veterano di quattro guerre dove ha sempre saputo strappare al cielo lembi di azzurro per onorarsene il petto. In terra di Russia ha scolpito con la sua audacia, l’esempio e la sicurezza di fronte al pericolo, in lettere d’oro, la traccia dell’Ala italiana. In sublime rischiosa offerta per salvare camerati italiani chiusi in cerchi di fuoco, immolava la giovane vita salendo col sorriso dei forti nel cielo degli eroi.” Fronte Russo, 29 dicembre 1942 Medaglia d’Argento al Valor Militare al 61° Gruppo O.A.: “Fedele alla virtù di audacia e spirito di ardimento e sacrificio dei pionieri dell’ala da ricognizione, durante 10 mesi di missioni di guerra effettuate nelle più difficili condizioni di clima, di ambiente e di mezzi., dava testimonianza della solida omogeneità tecnica e della generosa bravura dei suoi instancabili equipaggi. Monito e sfida per l’avversario, il rombo dei suoi motori ha vibrato ovunque vittoriosamente nei cieli delle battaglie dilagando dal Nipro al Donez con la supremazia della perizia e della temerarietà fino sulle basi più occulte ed insidiose dell’aviazione bolscevica ed assicurando ai combattenti di terra anche nelle più avverse situazioni di un aspro inverno contributo efficace e fecondo per forza di sentimenti e abilità di azione.” Fronte Russo, agosto 1941 – maggio 1942 Medaglia d’Argento al Valor Militare al 71° Gruppo O.A.: “Infaticabile, silenzioso, eroico, portava nei cieli di Russia le ali ed i cuori a sorvegliare con costante accanimento il dispositivo nemico sottoponendone ad offesa i capisaldi. Dava ai comandi valido aiuto delle preziose notizie ed alle truppe combattenti il suo conforto della sua vigile protezione, segnando col sangue dei suoi eroici volatori le vie già luminose della ricognizione aerea italiana.” Cielo di Russia, maggio 1942 – aprile 1943 IL NASTRO AZZURRO 19 appoggio di fuoco ai fanti, ai bersaglieri ed agli alpini usando anche i campi avanzati come Staroblelsk e Mirelovo. I velivoli da trasporto avevano fatto miracoli per rifornire i reparti isolati e per evacuare i feriti; la situazione aerea dall’inizio della ritirata si era letteralmente capovolta; i velivoli italiani da inseguitori ora erano gli inseguiti; cinque SM.81 venivano distrutti al suolo, due abbattuti dal tiro contraereo nemico ed altri ancora colpiti, con feriti e morti a bordo. Il 29 dicembre, lo stesso Generale Enrico Pezzi si era recato con un SM.81 nella zona di Certkovo dove una massa di feriti e di congelati sperava solo negli aerei italiani per potersi salvare; partito da Voloscilovgrad, dopo aver sorvolato le colonne in ritirata, era sparito nel nulla. Le ricerche successive, portate avanti anche dopo la fine della guerra, non avevano dato alcun risultato. Con Decreto del Capo Provvisorio dello Stato del 30 dicembre 1947 gli sarà conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla “memoria”. Gli italiani circondati dai Russi nella sacca di Certkovo, dopo venti giorni di assedio, riuscivano a rompere l’accerchiamento e ad allontanarsi con la protezione dei velivoli italiani e tedeschi. L’opera svolta dai trasporti aerei per alimentare dal cielo la sacca di Certkovo e per evacuare i feriti era, però, costata la perdita di sette velivoli SM.81. La campagna di Russia era finita in tragedia, il Comando dell’Aeronautica sul Fronte Orientale si era aggiudicato l’abbattimento di 88 velivoli russi contro la perdita di 15 aeroplani in volo e di oltre 50 a terra (6). Sul fronte Russo era stato inviato anche il 61° Gruppo Osservazione Aerea (7), che aveva avuto origine poco dopo la costituzione della Regia Aeronautica (23 marzo 1923) e, nel secondo conflitto, aveva combattuto già su quasi tutti i fronti. Fu schierato in un primo momento a Tudora e successivamente, il 26 settembre 1941, a Crivojrog. Nel 1942, il 61° Gruppo, con la 128a Squadriglia, era dislocato a Saporoshje, mentre la 119a era a Stalino. Nel maggio 1942 il Gruppo veniva rimpatriato, dal 19 agosto 1941 al 31 marzo 1942 aveva svolto un’eroica, intensa attività per la quale gli era stata conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare. Altro Reparto della Regia Aeronautica inviato sul fronte Russo era stato il 71° Gruppo O. A. (8), che dopo aver operato sul fronte occidentale e su quello jugoslavo, il 2 dicembre 1941 era stato prescelto per avvicendare il 61° Gruppo O.A. operante sul fronte russo, come Reparto Autonomo. Il trasferimento era, però, iniziato solo il 4 maggio 20 IL NASTRO AZZURRO 1942 per l’impossibilità di atterrare sugli aeroporti lungo la rotta, a causa del gelo. Il Comando di Gruppo e la dipendente 38a Squadriglia erano giunti a Stalino il 13 maggio, la 116a Squadriglia aveva raggiunto il fronte Russo il 27 maggio ed era stata dislocata sull’Aeroporto di Saporoschje. Nel periodo trascorso in quel settore operativo, il 71° Gruppo O.A. dipendeva, per l’impiego, direttamente del Corpo di Spedizione Italiano in Russia (C.S.I.R.). Gli equipaggi del Reparto avevano immediatamente dimostrato il loro spirito combattivo e la loro abnegazione, operando spesso in condizioni atmosferiche molto avverse. Nel luglio 1942, dopo aver ricevuto per la sua attività un elogio da parte del Comando del C.S.I.R., il 71° Gruppo era passato alle dipendenze del “Comando Aeronautico Fronte Orientale”, nuova denominazione dell’Aeronautica del C.S.I.R., a disposizione dell’8a Armata. L’attività del Gruppo era stata particolarmente intensa e quanto mai proficua, per i Comandi operanti, costantemente informati sulle operazioni che avevano portato le nostre truppe sulle rive del Don. Gli equipaggi, non più assistiti dalla scorta della caccia, sia perché impegnati in altri compiti, sia perché le missioni erano effettuate oltre il limite della loro autonomia, si prodigavano in ogni modo, portandosi a quote bassissime, per meglio accertare la consistenza delle retroguardie, rientrando più volte dopo essere stati colpiti dalla reazione avversaria. Il 2 agosto 1942 il Comando di Gruppo, con le Squadriglie dipendenti, veniva trasferito sull’Aeroporto di Voroschilovgrad e da quella base iniziava la realizzazione di un vasto programma di rilevamenti aero-foto-planimetrici del fiume Don, effettuati per uno sviluppo di 350 Kmq ed interessanti tutto il fronte dell’8a Armata. Un “mosaico”, eseguito per il Comando tedesco della “Luftwaffe Don”, di grande ausilio per i Comandi delle Grandi Unità ai fini dello studio analitico del terreno e per la determinazione precisa della ubicazione e natura delle opere difensi- ve avversarie. Nello stesso mese di agosto aveva inizio la dotazione al Reparto di velivoli Br.20, che avrebbero consentito la effettuazione delle esplorazioni a largo raggio, in campo strategico. Anche il “passaggio” sul nuovo aereo veniva effettuato a tempo di record, tanto da rendere possibile, un suo quasi immediato impiego bellico. Il 22 agosto una Sezione della 116a Squadriglia, dotata di velivoli Ca.311, era schierata sul Campo di fortuna di Karginsskaja, alle dipendenze operative del 35° Corpo d’Armata (C.S.I.R.), per poter esercitare un più assiduo controllo sull’attività nemica, particolarmente aggressiva in quel settore. Il 16 ottobre la suddetta Sezione, che aveva svolto una brillante ed apprezzata attività, veniva avvicendata da una Sezione della 38a Squadriglia, armata con velivoli Br.20. L’attività della Sezione, ricognizione e, successivamente, bombardamenti sui principali centri di rifornimento, sarà sempre intensa ed efficace. Nel contempo dalla base di Voroschilovgrad continuavano le esplorazioni a largo raggio ed iniziavano le azioni di bombardamento sui ponti gettati dal nemico sul Don, sui settori più critici dello schieramento e su altri centri di rifornimento dell’avversario. Equipaggi e singoli aviatori del 71° Gruppo, saranno spesso portati ad esempio dei combattenti. L’attività del 71° Gruppo, nonostante le difficili condizioni atmosferiche, continuava ininterrotta fino al dicembre del 1942 e durante il ripiegamento seguito all’offensiva iniziata dai russi l’11 dicembre. L’attività dei velivoli del Gruppo in questo periodo si svolgeva anche nel settore tedesco fra Millerovo, Kamensk e Morosowski dove veniva eseguita anche qualche azione di bombardamento in cui erano stati perduti tre apparecchi Br.20. Nel gennaio 1943 il Gruppo era costretto ad abbandonare Voroschilovgrad ed iniziava il suo trasferimento a Stalino, quindi a Odessa e il 19 febbraio 1943 a Saporoschje, il 5 marzo si trasferiva nuovamente a Odessa e nell’aprile iniziava le operazioni per il rimpatrio. Per la sua partecipazione alla “campagna di Russia”, al 71° Gruppo O.A. è stata conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare. Col. A. A. Giovanni Battista Cersòsimo (Socio aderente della Federazione di Bari) (1) Vincenzo Cersòsimo, nato a Cassano allo Jonio (Cosenza) il 27 gennaio 1907, nella Regia Aeronautica dal 9 febbraio 1927, deceduto il 23 giugno 1957 sull’aeroporto di Palermo Boccadifalco mentre partecipava al IX Giro Aereo Internazionale della Sicilia (vds “IL Giro Aereo della Sicilia”, a cura dell’autore, pubblicato da “Il Corriere dell’Aviatore” Rivista dell’Associazione Nazionale Ufficiali dell’Aeronautica, Roma N. 10/2004, pagg. 8/10) con il collega Emilio Dotoli del C.A.V. della IV Z.A.T. di Bari, a seguito di un’avaria al motore in fase di atterraggio (Salvo Di Marco: “Boccadifalco, piccola storia di un grande aeroporto”, Edizioni fotograf, Palermo Novembre 2007, pag. 182), triste epilogo per un “aviatore” che aveva partecipato ad operazioni di guerra: – sul Fronte Alpino Occidentale dall’11.06.1940 al 25.06.1940; – sul Fronte Russo dal 7.08.1941 al 16.02.1942 per il quale era stato decorato della Medaglia Germanica per la Campagna d’Inverno 1941-1942 (Dispaccio N. 1232/04 del 16.01.1942); – sul Fronte della Madre Patria dal 15.06.1943 all’8.09.1943; – sul territorio della Penisola dal 9.09.1943 all8.05.1945. (2) Comandante del Corpo di Spedizione Italiano in Russia (1941-1942). (3) Nato il 26.06.1912 a Roma - deceduto nel cielo di Bowolin (Russia) il 29.12.1941 in combattimento aereo. (4) Nato il 22.05.1897 a Collevecchio (Rieti), era il Comandante dell’Aeronautica sul Fronte Orientale (C.A.F.O.) (5) Cfr. “Il Programma Affitti e prestiti per l’U.R.S.S.” di Giuseppe Pesce, pubblicato da “Il Corriere dell’Aviatore” N.10/2007, pagg. 9/11. (6) Cfr. “L’Aeronautica Italiana, storia di uomini e macchine” a cura di Arrigo Pecchioli, testi di Angelo Lodi, Ovidio Ferrante, Giuseppe Pesce, Igino Goggi, Editalia, Roma 1986 - “Dalla II Guerra Mondiale ai giorni nostri” di Giuseppe Pesce, Russia 1942, estratto delle pagg. 162, 165, 166, 167. (7) Cfr. Stato Maggiore Aeronautica: “I Reparti dell’Aeronautica Militare Italiana, Cenni storici, I Reparti decorati”, Stilgrafica Roma, ristampa 1977, pagg. 231/235. (8) Cfr. Stato Maggiore Aeronautica: “I Reparti dell’Aeronautica Militare Italiana, Cenni storici, I Reparti decorati”, Stilgrafica Roma, ristampa 1977, pagg. 239/243. IL NASTRO AZZURRO 21 RAIMONDO MAZZOLA: IL “MIRACOLATO” DELLO SCIRÈ R aimondo Mazzola, un “giovane” di 87 anni o giù di lì, nacque il 10 ottobre del 1922 dal matrimonio tra Albino e Seconda Madussi, una ragazza dalle origini friulane. Il padre di Raimondo svolgeva la professione di carrettiere per conto dei Castagnari, prima di andare a fare il custode presso lo Stabilimento Maggini e quindi il dipendente dell’Ospedale di Recanati. Il piccolo Raimondo dopo le elementari (aveva evitato la prima per via dei geloni) ed il primo anno di avviamento, si mette subito a lavorare come operaio presso il Mobilificio Maggini a Castelnuovo. Ha appena 13 anni questo ragazzino che preferisce lavorare piuttosto che studiare e che, per quattro anni, resterà alle dipendenze dei Maggini sino a quando, ormai diciassettenne, si vede cambiare la vita da un incontro casuale. Dal nonno, che faceva il bottaio ed era anche molto bravo, un bel giorno si presentano Benedetto Gurini ed un suo amico, Giuseppe Vecchioli, dicendo che entrambi sarebbero ben presto partiti volontari per entrare nella Marina Militare italiana. Infatti, il Gurini partirà nel 1937 per La Spezia destinato al sommergibile Scirè, mentre Vecchioli si imbarca sul cacciatorpediniere “Nullo” dislocato a Massaua, in Somalia. Ricorda oggi Raimondo Mazzola che, sentendo parlare i due giovani, egli comincia a pensare seriamente di seguirne l’esempio; si entusiasma pensando a come potrebbe essere la vita in marina alla quale pensava sin da piccolo, poiché nei pressi della sua abitazione di Monte Volpino c’era quella del comandante Luigi Mattioli presso il quale lavorava la nonna e dove aveva visto tanti libri proprio sulla Marina. L’entusiasmo di Raimondo cresce quando si trova a leggere dei testi sulla tecnologia del siluro, dei piccoli volumi che ne descrivono perfettamente il funzionamento. È il 3 settembre 1939, quando Raimondo, appena 17 anni, chiede alla famiglia un consiglio: i suoi lo 22 IL NASTRO AZZURRO lasciano libero di decidere e così anche lui lascia Recanati per andarsene a La Spezia dove entrerà nella Scuola per Silurista dalla quale uscirà il 28 maggio dell’anno successivo. È qui che riceve l’elenco degli imbarchi, tutti con destinazione verso i sommergibili. Con lui c’è anche un altro recanatese, Orlando Monteverde. La sera del 28 maggio il Mazzola ha preso la decisione e si imbarca sullo Scirè, sulla casermetta, mentre solo raramente entrerà all’interno del sottomarino. La scelta di Raimondo si spiega facilmente avendo conosciuto il Gurini che era destinato ai tubi di lancio di prua. Il 9 giugno del 1940 la prima missione per effettuare la sorveglianza tra la Francia e l’Italia, e Raimondo ricorda: “Si stava sotto di almeno 30 metri e si ascoltavano le navi in superficie sino a quando, un giorno, dopo un temporale, nell’operazione di immersione, il nostro sommergibile Scirè, avverte chiaramente le bombe di profondità. Siamo scesi ancora sino alla profondità di 80-90 metri con il battello che va giù di prua, non tenta di rialzarsi e scende ancora. Il capo meccanico Pavera, presa la leva della rapida, l’ha tirata al massimo. È cominciata così la risalita in superficie, in maniera però troppo rapida, e ci si è accorti che nei pressi c’erano dei Mas italiani. La corrente aveva portato lo Scirè fuori zona. Dopo questa missione siamo rimasti fermi per 12 giorni prima di trasferirci alla Maddalena, col comando affidato al tenente di vascello Adriano Pini che aveva sostituito il comandante. Durante le operazioni di sorveglianza tra la Spagna e la Sardegna avvenne l’incontro con un piroscafo. Lo Scirè risale in superficie per chiedere i segnali di riconoscimento, il piroscafo si rifiuta di rispondere ed il comandante Pini, ritenendo potesse essere una nave civetta, fa lanciare immediatamente un siluro e l’affonda. sono solamente in sei a salvarsi dell’equipaggio del piroscafo, e tutti vengono raccolti proprio dal sottomarino. Rientrato alla Maddalena Raimondo chiede ad uno dei naufraghi se avesse desiderato venire a vivere in Italia e per tutta risposta si sente dire: “Meglio la Martinica”, luogo celebre per il durissimo bagno penale che ospitava. Nonostante si trovino sullo stesso sottomarino, i due recanatesi, Gurini e Mazzola, hanno ben poche possibilità di vedersi e tantomeno scambiare qualche parola. Nel settembre del 1940 lo Scirè rientra a La Spezia e ne assume il comando Junio Valerio Borghese. Sullo scafo si imbarcano i tre serbatoi che portano i mezzi di assalto e si fanno le prove di assetto; poi le uscite in mare e quindi la partenza per la prima missione con destinazione Gibilterra. Lo Scirè attraversa lo Stretto il 25 settembre e poi riceve l’ordine di rien- medico gli diagnostica subito una pleurite e dispone l’immediato trasferimento all’ospedale di Marina di Massa. “Giorni tristi”, ci dice oggi un Mazzola che parlerebbe per ore di quanto gli è accaduto in guerra, “durante i quali però mi sono ripreso grazie a Suor Caterina, una religiosa piuttosto giovane che ogni manina si recava al mio capezzale per scoprirmi delle coperte e farmi respirare l’aria buona. Una volta mi e capitato di tirarle contro un guanciale e di colpirla al volto facendole cadere il velo: invece di arrabbiarsi, da allora mi ha cominciato a portare ogni ben di Dio e ad affezionarsi a me tanto che, appena dimesso, nel corso della visita per valutare la mia idoneità per rientrare nel sommergibile Scirè, Suor Caterina mi ha strappato di mano il foglio della trare a La Spezia perché le navi nemiche non ci sono più. Circa 30-40 ore di immersione continua ad una profondità di almeno 60 70 metri per evitare le navi inglesi che passano sopra lo scafo. Dal porto di La Spezia, nella metà di ottobre, nuova partenza alla volta di Gibilterra, una immersione prolungata e Raimondo che si ammala improvvisamente. È costretto a dormire nella cuccetta in basso perché il più piccolo di statura e, ad un tratto, comincia a mancargli l’aria (la prova viene fatta con l’accensione del fiammifero) e sente salirgli la febbre. Viene alimentato solo con latte condensato in scatola mentre deve fare a meno dell’assistenza medica poiché non è prevista la presenza di tali figure a bordo; una situazione che si protrae per circa una settimana sino alla sosta di Cagliari per fare il rifornimento del gasolio. Qui il comandante gli chiede se intende sbarcare oppure ce la fa a continuare: il Mazzola non si tira indietro e rifiuta di scendere a terra. Si arriva così a La Spezia a notte inoltrata e, il mattino successivo, il comandante Borghese invita Raimondo ad alzarsi e lo accompagna in infermeria, dove un visita e se ne è andata dall’ufficiale medico che mi ha dichiarato “non idoneo” facendomi così imbarcare sulla nave di superficie Attilio Regolo. “Avevo evitato lo Scirè e con esso anche la sua drammatica fine. Il 10 novembre del 1942 un siluro si porta via la prua della nave, alle ore 10.27, ed io che ero stato di guardia sino a pochi minuti prima, all’improvviso mi vedo passare a meno di un metro il pericolosissimo oggetto. La nave viene poi rimorchiata e torna a Palermo con l’equipaggio che il giorno successivo va in pellegrinaggio a Santa Rosalia per ringraziarla dello scampato pericolo”. Si arriva così alla metà di agosto del 1943 quando il nostro viene mandato in licenza a Merano e l’8 settembre viene preso dai tedeschi per cui sarà costretto a farsi due anni di prigionia. La sua avventura in guerra finisce praticamente qui ma nella mente di Raimondo Mazzola c’è vivo il ricordo degli amici scomparsi con lo Scirè dove, ci ha detto, si conduceva una vita diversa rispetto ad altri scafi perché qui si potevano mangiare uova, aragoste e bere i vini migliori. Gabriele Magagnimi IL NASTRO AZZURRO 23 la festa del 2 giugno (dedicato specialmente alle Socie) Anche quest’anno il risalto dato dai media alla Festa della Repubblica, che il 2 giugno ha celebrato l’anniversario della sua nascita, ha fatto relegare in secondo piano, se non dimenticare del tutto, un altro avvenimento importante anch’esso legato alla stessa data. In quel lontano 2 giugno 1946, per fa prima volta le donne italiane esercitarono il diritto di voto (le immagini più significative, apparse sulla stampa dell’epoca, sono quelle di lunghe file di donne, con i figli piccoli per mano, in paziente attesa sin dal mattino presto dell’apertura dei seggi elettorali) e per la prima volta Esse furono elette a far parte di un organo dello Stato: l’Assemblea Costituente. La loro fu una rappresentanza sparuta e fortemente minoritaria, ma sicuramente molto importante. Come già accennato, su un totale di 556 “Costituenti” le donne elette furono solo 21 (appena il 3,6%): 9 democristiane, 9 comuniste, 2 socialiste e 1 dell’Uomo Qualunque. I giornali diedero giusto risalto all’avvenimento, e la Domenica del Corriere così descrisse la pattuglia femminile in seno alla Costituente: “Laureate, lavoratrici, tutte hanno cooperato con slancio al movimento femminile, alla Resistenza e alla lotta clandestina, e giungono in Parlamento con una esperienza di problemi sociali che renderà particolarmente interessante la loro attività alla Costituente. Non fumano, in genere, e in maggioranza non si truccano e vestono con la più grande semplicità”. Se il loro numero fu esiguo, grande fu il loro impegno nella discussione di alcuni principi che stanno alla base della Costituzione: in particolare i rapporti etico sociali. Gli uni e gli altri hanno trovato collocazione negli articoli: - 29, 30 e 31 che sanciscono i diritti relativi alla famiglia e alla protezione dei figli; - 32 che garantisce il diritto alla salute; - 33 e 34 che stabiliscono la libertà della scienza e dell’insegnamento, l’elevamento dell’età dell’obbligo scolastico e l’importanza dell’istruzione, che fu garantita per tutti. Molte delle 21 donne elette alla Costituente furono rielette nelle legislazioni successive e seppero distinguersi per la vocazione e la passione con cui si impegnarono per le realizzazioni legislative dei diritti sanciti nella Costituzione. Oggi, dopo oltre 60 anni, i loro risultati appaiono non solo innovativi e profetici ma ancora attuali. Gen. Giuseppe Picca (Presidente della Federazione di Bari) LO STATO DI SALUTE DEI “MIEI” ULTRA NOVANTENNI Il 30 Giugno, ho fatto gli auguri per i suoi primi novanta cinque anni, al Maggiore Gian Maria Salvagni, Croce di Guerra al Valore, per lungo tempo dirigente della nostra Unione Industriali. Avevo cominciato la tornata in Gennaio con il Ten. Col. professor Vincenzo Saputo, anni 97, noto e apprezzato cattedratico, che in gioventù, come Ufficiale Medico, partecipò alla Campagna di Russia e in seguito avviò e diresse numerosi Ospedali Militari tra cui il nostro. Nel Marzo scorso mi ero complimentato con il Ten. Col. R. O, Luigi Gnecchi, due M.A.V.M., anche lui novantacinquenne, mentre, poco prima, il 28 Febbraio, gli auguri spettarono al Ten. R. O. Giuseppe Faccinetto. Il prossimo 11 Luglio il Cap. Alessandro Galeazzi M.A.V.M. “sul campo”, Fronte russo, taglierà il traguardo delle cento candeline. Nell’attesa di completare il “secolo” che, a Dio piacendo, gli ultra novantenni si augurano di festeggiare con lui, e che elenco insieme con quelli già ricordati: il Ten. professor Riccardo Zelioli (vice decano), il Ten. Col. T. O. Adelio Conca, il Ten. Col. R. O. Enzo Curti, il Ten. Conte Carlo Prinetti Castelletti, e il Capitano Aurelio Sterco. Attraverso il nostro giornale, dedico loro un piccolo ricordo. Non sono con noi il T. V. ing. Piero Stabilini e il Ten. Col. Aldo Ongini, recentemente scomparsi, che ricorderemo, se tutti presenti, alla prossima ricorrenza per il secolo di Galeazzi. Si tratta di un gruppo validissimo di uomini che fecero il loro dovere in passato e che continuano a indicarci la strada da percorrere, forti delle loro esperienze e impegnati, anche se qualcuno li ritiene “fuori quota”. Giovanni Bartolozzi (Vicepresidente della Federazione di Lecco) 24 IL NASTRO AZZURRO NOTIZIE IN AZZURRO - NOTIZIE IN AZZURRO - NOTIZIE IN AZZURRO IL 72° STORMO, IN OCCASIONE DELLA CONSEGNA DEI DISTINTIVI DI PILOTA DI ELICOTTERO, RINNOVA LA TOPONOMASTICA Martedì 9 settembre 2008 si è svolta presso il 72° Stormo di Frosinone la cerimonia di consegna degli attestati di brevetto e dei distintivi di pilota di elicottero a dieci frequentatori dell’Esercito Italiano, uno della Polizia di Stato, due dei Vigili del Fuoco e a due Ufficiali delle Forze Armate Albanesi. Nell’occasione ha avuto luogo anche l’intitolazione dell’hangar Linea Volo al Magg. Secondino Pagano, Medaglia d’Argento al Valor Militare, del piazzale Linea Volo al Cap. Giovanni Zanelli, Medaglia d’Argento al Valor Militare, e del Viale principale dell’Aeroporto al Cap. Fabio Avella, Medaglia di Bronzo al Valore Aeronautico. Una cerimonia che ha risaldato quel legame ideale tra passato e presente: giovani piloti che raggiungono il loro sogno nel ricordo di coloro che hanno sacrificato il bene più prezioso nello svolgimento del proprio lavoro al servizio delle Istituzioni. Alla cerimonia, presieduta dal generale di brigata aerea Settimo Caputo, Comandante dell’Istituto di Scienze Militari Aeronautiche di Firenze, accompagnato dal comandante del 72° Stormo, colonnello Pasquale Merola, hanno partecipato numerose Autorità locali, i familiari dei neo brevettati, i Gonfaloni dei Comuni viciniori, tra cui quello di Cassino insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare e i Labari delle Associazioni d’Arma e Combattentistiche. Dopo la S. Messa, celebrata dal Vicario Generale della Diocesi di Frosinone, Mons. Luigi Di Massa, si è proceduto alla benedizione delle targhe intitolate agli Ufficiali Piloti insigniti delle Medaglie al Valore, alla presenza dei loro familiari tra i quali il Colonnello Luciano Zanelli, figlio di uno di essi. BELLARIA, 27 E 28 SETTEMBRE 2008 55° RADUNO NAZIONALE DEI DALMATI Il 27 e 28 settembre 2008 al Palazzo del Turismo di Via Da Vinci a Bellaria, la cittadina adriatica situata a pochi chilometri da Rimini, si è svolto il “55° Raduno Nazionale dei Dalmati”. Il Raduno si è aperto alle ore 10 di sabato 27 con l’“Incontro con la Cultura Dalmata”, giunto alla quattordicesima edizione, curato da Chiara Motka, in cui sono state presentate le pubblicazioni di argomento dalmata edite nell’ultimo anno: oltre una settantina di testi, presenti alcuni degli autori. Nel pomeriggio, il meeting con la stampa intitolato “Il futuro della Cultura Dalmata nelle due sponde dell’Adriatico” con la partecipazione di giornalisti di testate nazionali. Nella serata la relazione e concerto di Chiara Bertoglio “...Sì bella e perduta...”, ispirato al significato e alla dimensione del “Va pensiero” nell’esperienza dell’esilio istriano, fiumano e dalmata. Domenica mattina alle 9 è stata celebrata la S. Messa a ricordo di tutti coloro che non ci sono più nella chiesa del “Sacro Cuore di Gesù”; nel corso della successiva Assemblea Generale è stato consegnato il “Premio Tommaseo 2008”. I^ Edizione del BLU FILM FESTIVAL 2008 RASSEGNA CINEMATOGRAFICA EUROPEA DEDICATA ALL’ACQUA Dal 10 all’11 ottobre 2008, nella splendida e suggestiva cornice del Museo Storico dell’Aeronautica di Vigna di Valle (Lago di Bracciano), l’Associazione Dimensione Europea ha promosso la prima edizione del Blu Film Festival: Rassegna Cinematografica Europea dedicata all’Acqua. Nell’arco di due giornate, sono stati proiettati i migliori film premiati dalla Giuria e dal pubblico nell’ambito del Festival Internazionale del Cinema Naturalistico e Ambientale, che si svolge annualmente nelle aree dei Parchi Nazionali d’Abruzzo. Dibattiti, spettacoli, e tanto cinema con protagonista l’acqua: via di trasporto, fonte di energia, ambiente di lavoro e, soprattutto ambiente di vita umana, animale e vegetale. Le proiezioni si alterneranno a “incontri con l’Autore” che vedranno registi e sceneggiatori dialogare con il pubblico. La manifestazione è stata ufficialmente aperta venerdì 10 ottobre, alle 10,30, alla presenza di autorità e rappresentanti delle Istituzioni, civili, militari e religiose, dal Presidente di Dimensione Europea, Stefano Loparco e da Antonio Baldassarre, Presidente onorario di Dimensione europea e Presidente emerito della Corte Costituzionale. È intervenuto il Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, il sottosegretario agli esteri Vincenzo Scotti e l’assessore alla cultura di Roma Umberto Croppi. Sabato 11 ottobre, ore 18.00, ha avuto luogo la serata conclusiva con il recital di Marco Danè, autore e conduttore di programmi Rai. Questa prima rassegna ci ha dato modo di conoscere l’acqua in molte delle sue funzioni che non sono soltanto quelle legate alle nostre necessità quotidiane e personali. Angela Verde IL NASTRO AZZURRO 25 LE COLOVARE È andata via per sempre, con l’esodo, la gioventù della parte settentrionale di Borgo Erizzo. La bella gioventù che d’estate faceva i bagni alla “Fontana” e alla sera, dopo cena, si radunava, là vicino, su un basso muro di protezione del lungomare delle Colovare. Accanto allo sciabordio del mare, dopo un po’ di conversazione e barzellette, si intonavano cori accompagnati da virtuosi della armonica a bocca. “Colovare, voi siete ora il silenzio d’un mondo perduto”. Da allora quanti di loro, sparsi un po’ dappertutto, non hanno più riudito le canzoni del nostro folclore che il coro intonava sotto il cielo stellato. Intonavano anche una canzone allora in voga che è del tutto scomparsa dal repertorio ma per tanti è un ricordo di lontani sogni d’amore. Quando venne a Zara la celebre soubrette Lillì Fiamma venivano cantati brani dell’operetta “Il canto delle sirene” che non ho più risentito da allora; il “Tango delle capinere” veniva parodiato: A mezzogiorno va i muli dalla scola e un piatto de fasoi la mamma porta in tola. Nel gruppo c’era anche un appassionato di musica lirica che aveva studiato canto come tenore. Cantava da solista due brani di operette che recitò poi in teatro. Il coro si assottigliò sempre più quando in tutta Zara si cominciò a cantare l’allegra marcetta con la quale i giovani di Zara si preparavano a partire per i fronti della guerra. Lo storico Tullio Erber, che nel 1883 pubblicò a Ragusa la prima edizione della sua storia di Borgo Erizzo (La colonia albanese di Borgo Erizzo presso Zara), ha scritto testualmente: “Se attraversate la 26 IL NASTRO AZZURRO villa di Borgo Erizzo di sera dopo finito il lavoro o in giorno di festa, sentite lieti canti risuonare da ogni parte... Essi (i borgherizzani) hanno un udito veramente raro per la musica e i loro cori sono veramente stupendi. È incredibile come sappiano alternare sì bene le voci basse e le voci alte, i primi e i secondi. Ecc.ecc.” Questa caratteristica dei borgherizzani permane tuttora. La parte bella di Borgo Erizzo era il lungomare delle Colovare che i borgherizzani chiamavano in albanese “Karma”. Nella parte a Sud della Fontana non c’erano abitazioni e le Colovare conservavano intatta la bellezza naturale romantica. Per coloro che abitavano nelle vicinanze era un luogo di passeggiate, di bagni al mare, di incontri amorosi, di cori dopo cena nelle notti estive, di pesca notturna con la fiocina alla luce di grandi lampade. Nelle notti d’estate apparivano sciami di lucciole dalle siepi che affiancavano la strada. Piccole luci fosforescenti apparivano anche nel mare quando i giovani, nelle notti più calde, facevano i bagni. I punti di riferimento delle Colovare erano la “Fontana”, i “primi pini”, i “secondi pini” (due piccoli filari di pini marittimi, sulle punte avanzate del lungomare) ed il Bersaglio, che concludeva il lungomare in un lungo e stretto promontorio roccioso adibito a poligono per il tiro a segno con armi leggere. Il promontorio, lungo circa 700 metri, iniziava con il costone roccioso a strapiombo sul mare, alto una decina di metri, e decresceva dolcemente. Così gli appassionati dei tuffi potevano allenarsi a tutte le altezze. Taluni, nella parte più alta facevano anche scuola di roccia. La “Fontana”, chiamata “Funtona” dai borgherizzani, fu costruita dai veneziani nel 1546, sul posto dove emergevano le risorgive di un piccolo corso d’acqua ipogeo, per offrire un ormeggio temporaneo e il rifornimento di acqua potabile ai naviganti. Era l’emblema delle romantiche Colovare e uno dei posti più caratteristici della città con il suo molo in pietra e il grande pozzo attorniato da un alto colonnato sul quale poggiava la cupola. Aveva preso il nome di “Fontana dell’Imperatore” perché si riteneva che l’acqua ipogea provenisse dall’antico acquedotto costruito all’epoca dell’Imperatore Traiano. Era anche detta “Fontana di Napoleone” per una riparazione effettuata nel 1806 dai francesi dell’esercito napoleonico. Nell’interno della cupola una lapide porta incisa una poetica iscrizione in latino: FONTE HOC IN VITREO LUDIT NUNC CANDIDA NAIS IN QUO LUDEBAT DORIS AMARA PRIUS ERGO HAUSTUM LATICES SITIBUNDUS CIVIS ET HOSPES HUC VENIAT QUISQUIS PER MARE CARPIT ITER ET MERITA CELEBRET PRAEFECTUM LAUDE CANALEM HOC TAM QUI CUNCTIS UTILE FECIT OPUS --------------MCCCCXLVI Ai tempi dei miei ricordi, l’acqua della fonte non era più potabile ma soltanto molto fresca. Anche le funzioni di molo di ormeggio temporaneo erano molto rare, limitate ogni tanto a qualche barca di scoiani (isolani) sorpresa dal temporale o a brevi soste di barche da diporto degli abitanti dei paraggi per far salire o scendere qualche ospite. La funzione prevalente era quella di stabilimento balneare e d’inverno punto di incontro o di sosta nelle passeggiate. Le Colovare erano il percorso ideale per le passeggiate romantiche. Nelle lunghe e calde estati dalmate il molo era affollato esclusivamente da giovani e da ragazze. Per una tradizione che non consentiva deroghe, soltanto la gioventù poteva fare i bagni alla Fontana. La “candida najade che giocava nella vitrea fonte” non gradiva vecchi e bambini che dovevano accontentarsi di fare i bagni nei posti accanto. Notevole era il numero di belle ragazze borgherizzane e dei loro matrimoni con i “regnicoli” (italiani della penisola) che venivano a Zara a prestare il servizio militare. Ci fu un anno, quando ero adolescente, nel quale un tenore in servizio di leva veniva di sera a cantare serenate a una nostra graziosa dirimpettaia e gli abitanti delle case vicine aspettavano alle finestre il suo arrivo. Con le Colovare si apre il mio primo album di fotografie. Quello che conserva le memorie più care dell’infanzia, adolescenza e giovinezza, dei miei famigliari, della mia casa, dei parenti e amici che abitavano vicino, fino all’ultimo periodo trascorso a Zara prima dell’esodo. Nella prima pagina dell’album c’è la fotografia che mi ritrae da bambino all’ombra dei “Primi pini” insieme a mio padre e a mia sorella Lydia, che una prematura morte a 19 anni ha reso sempre giovane e sorridente nel ricordo. Il noto linguista prof.Carlo Tagliavini le ha dedicato una sua opera sul dialetto albanese parlato a Borgo Erizzo, quale segno di gratitudine per la collaborazione ricevuta nelle ricerche. Come un nome magico, le Colovare mi ricordano i bagni infantili e gli schiamazzi festosi con i coetanei, le prime passeggiate con i famigliari e la suggestione che provavo passando davanti all’antico cimitero abbandonato. Mi ricordano le corse in bicicletta inseguito dal cane Febo, i giochi di ragazzi che avevano a disposizione i campi attigui alle Colovare con alberi da frutto, cespugli per il gioco a nascondi- IL NASTRO AZZURRO 27 no, battaglie con i fichi, terreni su cui scavare piste per le gare con le palline di vetro, il mare per i bagni e le gite in barca. Mi ricordano le variazioni infinite del mare e del cielo, la scansione delle stagioni sulle fronde degli alberi da frutto. Quando più intenso si fece lo studio e più incisiva la riduzione degli svaghi, le pause erano consumate alla finestra a guardare il mare e le isole. Lo spettacolo diventava ancora più suggestivo quando infuriava il temporale. Mi sono rimasti incisi nella memoria la bellezza dei tramonti e dei pleniluni. Nelle notti della bella stagione mi addormentavo con la finestra aperta guardando il cielo stellato. Spesso giungeva l’eco della bella voce tenorile dell’anziano Marsan che nel repertorio introduceva sempre il suo appassionato canto a Venezia. Quando ho rivisto le Colovare, più di vent’anni dopo l’esodo, ho provato tanta tristezza che persino le fotografie fatte in quella occasione ne sono rimaste impregnate. Ritraggono le Colovare completamente deserte nell’ultimo bagliore del tramonto con le ombre lunghe e malinconiche. Una bella poesia,di CASIMIRO (Mario Castellucci), dal titolo “Le Colovare”, si conclude con i versi: .................................. L’esilio ricopre d’un manto d’incerto le immagini care. Voi pure così, Colovare del passo leggero, del canto sommesso, voi siete l’enorme silenzio d’un mondo perduto: voi siete, sul grigio velluto dell’alghe, la strada che dorme da sempre, la magica via su cui non soltanto l’amore, ma ognuno, ogni cosa, ogni cuore si veste di malinconia. 28 IL NASTRO AZZURRO L’ultima volta che ho sentito un coro alle Colovare era di giorno ed era cantato da un piccolo gruppo di ragazzi e ragazze che ritornavano dalla scuola di San Grisogono, dove gli jugoslavi, prima dell’esodo con le opzioni, sotto il nome di Ginnasio Italiano, avevano collocato tutti gli studenti italiani di tutte le scuole medie preesistenti. Quell’arrangiato Ginnasio Italiano ha dato l’addio a Zara con la rivincita morale dell’ardimento che ha dimostrato e con uno spettacolo, straordinariamente ben riuscito, che aveva chiari sottintesi patriottici e che ha avuto luogo al Teatro Popolare (ex Teatro Nazionale). Fu uno spettacolo con balletti classici, canzoni, parodie umoristiche della guerra di Troia, che riscosse nutriti applausi anche dal pubblico slavo. Nella piccola comunità di zaratini rimasti dopo l’inizio dei bombardamenti (circa 7000) un considerevole numero di studenti erano borgherizzani. Gli studenti del Ginnasio Italiano avevano adottato la consuetudine di uscire dalla scuola, al termine delle lezioni, cantando il ritornello di una vecchia canzone. Negli ultimi due versi il ritornello veniva cantato come fosse la “Marsigliese”. Era divenuto l’inno del Ginnasio Italiano. Continuarono a cantare la loro canzone anche quando uno di essi, appena adolescente, fu arrestato per tentata fuga in Italia con la barca a remi e trattenuto in carcere per molto tempo. Anche quando il regime scrisse in grandi caratteri sui muri della città il nome di due insegnanti accusandoli di essere reazionari. Il gruppetto di studenti aveva imboccato le Colovare proveniente dalla Piazza d’Armi e cantava l’inno della loro coraggiosa scuola: Cielo color di stelle, color del mare tu sei lo stesso cielo del mio casolare. Portami in sogno verso la Patria mia portale un cuor che muore di nostalgia. Con la fine della guerra i giovani di Zara, ritornati dai fronti e dalla prigionia, erano rimasti in Italia. Zara era al di là della “cortina di ferro”. Nella zona della Fontana c’erano due che erano ritornati dopo l’8 settembre 1943 ed entrambi, arrestati per tentativo di fuga in Italia con la barca, trascorsero molti mesi in carcere. Nel novembre 1946 una ragazza che abitava vicino alla Fontana fu arrestata per aver deposto dei fiori sull’ossario dei soldati italiani nel giorno della commemorazione dei defunti. La Fontana restò completamente deserta. Era l’immagine della desolazione. Neppure le poche ragazze rimaste la frequentarono. Degli incontri estivi dopo cena e dei cori sul muretto vicino alla Fontana, dove scende la strada dalla Manifattura Tabacchi, neanche a parlare. Il Ginnasio Italiano fu soppresso con l’esodo degli optanti. Con lo stesso esodo è andata via per sempre anche ciò che restava della popolazione della parte settentrionale di Borgo Erizzo. È andata via per sempre la gioventù della Fontana. Si è dispersa ovunque, in Italia, nelle due Americhe, Australia, persino in Giappone. “Colovare, voi siete ora il silenzio di un mondo perduto.” Colovare: nel pomeriggio precedente alla partenza dell’esodo, ho raccolto in riva al mare un pugno di pietre. È il ricordo che conservo della mia terra natale, dell’infanzia, adolescenza e giovinezza, di giochi, di bagni, di amicizie, di amori, della mia gente. È anche il ricordo di una ragazza che ha pianto la mia partenza. Pino Vuxani (Presidente della Federazione di Trieste) IL NASTRO AZZURRO 29 IL COLONNELLO ANTONINO FRASCONÀ M.A.V.M. E M.B.V.M. (SUL CAMPO) A ntonino Frasconà nasce a Palermo il 16 febbraio 1893, segue gli studi classici presso il Liceo Vittorio Emanuele II di Palermo e si iscrive alla Facoltà di giurisprudenza presso la locale Università. Il 3 gennaio 1915 viene nominato sottotenente di Fanteria per prestare servizio di prima nomina nel battaglione di “Milizia Territoriale”. Poiché gli eventi bellici evolvevano rapidamente, il 19 giugno 1915, viene inviato in territorio dichiarato in stato di guerra. L’11 maggio 1916 viene nominato Tenente ed assegnato al 55° Reggimento di Fanteria brigata Marche; prende parte alle operazioni belliche su tutti i settori italiani. Il 10 marzo 1917 viene trasferito al 253° Reggimento di Fanteria della neo costituita brigata Porto Maurizio e partecipa alle operazioni sull’altopiano di Asiago e ad est di Gorizia. Il 31 ottobre 1917, nominato Capitano, viene comandato nel 254° Fanteria della brigata Porto Maurizio, nel territorio a ridosso del Piave. Sempre primo in ogni azione offensiva, tenne per ben due giorni un’importante posizione priva di ogni difesa, sotto il fuoco violento di mitragliatrici e artiglieria nemica, condusse poi la propria compagnia alla conquista di Nervesa (oggi della Battaglia), dimostrando slancio ed entrando fra i primi, come ricorda la motivazione della Medaglia d’Argento al Valor Militare, 23 giugno 1918. A seguito di ulteriori violenti combattimenti, avendo riportato varie ferite, il 25 settembre 1918 venne ricoverato nell’ospedale da campo n.° 0186 e lascia il territorio dichiarato in stato di guerra per essere ricoverato all’ospedale territoriale Scuole Vecchie di Voghera il 13 ottobre 1918. Stante lo stato delle ferite (Regione temporale sinistra e braccio e spalla destra), viene trasferito all’ospedale Regina Elena di Palermo; gli vengono assegnati trenta giorni di convalescenza con assegni. Il 9 dicembre 1918, giunge in territorio dichiarato in stato di guerra, destinato al deposito del 97° Reggimento di Fanteria, Brigata Genova. Per disposizioni del Comando Supremo e fino al 7 febbraio 1919, è assegnato al 5° reggimento d’assalto e al XVIII reparto d’assalto. Sciolti i reparti d’assalto (compagnie di arditi), il 14 maggio 1919 giunge in territorio dichiarato in stato di guerra (zona d’armistizio) in quanto trasferito al 202° 30 IL NASTRO AZZURRO Reggimento di Fanteria brigata Sesia, dislocato a Fiume, al comando della 1586^ compagnia mitragliatrici. Partecipa alla marcia di Ronchi per l’occupazione di Fiume con Gabriele d’Annunzio, inquadrato nel 2° battaglione del 202° fanteria. Partecipa attivamente alle operazioni durante la “Reggenza Italiana del Carnaro” e poco prima del trattato di Rapallo (12 novembre 1920), rientra al deposito del 23° Reggimento Fanteria, Brigata Como. Viene collocalo in congedo il 20 luglio 1921. Con decreto ministeriale 16 aprile 1922, viene trasferito dal Ministero della Guerra al Ministero di Grazia e Giustizia, prende servizio nella procura di Treviso e fa parte della forza in congedo del Distretto Militare di quella città. Con decreto ministeriale 24 luglio 1924, viene trasferito al Tribunale Il 31 ottobre 1929, viene promosso 1 ° Capitano. AEREO DELLA R.A.F. SU LAMPEDUSA ESTATE 1941: ABBATTUTO Per tutta la prima parte della seconda guerra mondiale l’isola di Lampedusa venne fatta segno a continui bombardamenti da parte degli aerei della R.A.F. che, provenienti da Malta, la avevano a breve distanza dalle loro basi. Il colonnello Antonino Frasconà - mio zio - allora ancora Maggiore, era il Comandante dell’aeroporto e si era prodigato all’organizzazione difensiva dell’isola a mezzo di batterie contraeree e costiere. Una notte dell’estate 1941, durante un violento bombardamento, il Sottotenente di Fanteria Gottardo Olivo, con il fuoco della sua mitragliera intercettò un cacciabombardiere britannico che si era avventurato a mitragliare a bassa quote gli impianti difensivi, abbattendolo al suolo. Stante la continua, incessante azione di bombardamento e le tenebre non si poté rilevare né il luogo di caduta dell’aereo, né se vi fossero stati superstiti. Alle prime luci dell’alba il comandante Frasconà in collaborazione col sottotenente Olivo, col tenente Lucio Scalone del Plotone misto Genio e con la truppa, iniziarono le ricerche, che si concretizzarono nel ritrovamento del velivolo nemico. L’aereo, il cui equipaggio comprendeva due ufficiali della R.A.F., non si era incendiato con l’impatto al suolo, uno dei componenti l’equipaggio era deceduto colpito dalla raffica e l’altro aveva subito una lieve ferita alla testa provocata dalla caduta. All’ufficiale caduto vennero resi gli onori militari e fu sepolto nel locale cimitero. Il prigioniero, dopo aver ricevuto le cure del caso, venne interrogato. Si doveva inoltre provvedere per la relativa custodia. I pareri furono diversi: associarlo alle locali carceri giudiziarie o custodirlo nella camera di sicurezza della locale stazione dei Carabinieri Reali. Il comandante Frasconà, riuniti gli Ufficiati del Presidio, dichiarò che assumeva personalmente la responsabilità della custodia dell’ufficiale prigioniero e cavallerescamente decise che lo stesso avrebbe consumato i pasti nella mensa ufficiali e avrebbe trascorso le notti in una stanza priva di aperture, alla quale si accedeva dalla sua camera da letto, la chiave della serratura sarebbe stata custodita da lui medesimo. Bisogna rilevare che l’ufficiale britannico prigioniero, del quale non ho potuto reperire le generalità nei diari del Colonnello, per il breve periodo che trascorse nell’isola si comportò con estrema serenità e con grande rispetto nei confronti di tutto il personale militare che era addetto alla sua custodia. La cronaca dell’avvenimento mi è stata riferita direttamente da mio zio, il colonnello Antonino Frasconà, e dal sotto tenente Gottardo Olivo, oggi scomparso - Avvocato e direttore della “Nuova Rivista Tributaria”, collaboratore della rivista Oggi per la rubrica “I rapporti con il fisco” - il quale, quando si recava a Palermo, era sempre ospite a casa nostra e non mancava di rispondere alle mie domande e ad illustrarmi i particolari della sua “avventura di guerra”. Ugo Frasconà IL NASTRO AZZURRO 31 di Palermo, dove rimane fino all’agosto 1926. Con decreto ministeriale 8 agosto 1926, viene messo a disposizione del Ministero delle Colonie e trasferito al Tribunale di Asmara (Eritrea) con incarichi speciali: Notaio Sostituto e Conservatore delle Ipoteche. Il 31 ottobre 1929, viene promosso 1 ° Capitano. Con decreto ministeriale 21 novembre 1932, cessa di essere a disposizione del Ministero delle Colonie e rientra in Italia destinato alla Pretura di Camerino (Macerata) con funzioni direttive e viene iscritto nel ruolo degli ufficiali in congedo del Distretto Miliare di Macerata, con D.M. 25 giugno 1933. Con D.M. 25 gennaio 1935, viene trasferito al Tribunale di Palermo. Con D.M. 25 luglio 1937, è trasferito, con funzioni direttive, nella Pretura di Monreale, e viene iscritto nel ruolo ufficiali del Distretto Militare di Palermo, con D.M. 27 ottobre 1935. Con Regio Decreto 3 Maggio 1937, è promosso Maggiore a scelta ordinaria, con anzianità 15 gennaio 1937 - Comando zona militare di Palermo. Con 32 IL NASTRO AZZURRO D.M. 7 maggio 1938 viene trasferito alla Pretura di Palermo. Richiamato alle armi dal 16 novembre 1939 al 12 dicembre 1939, alla Scuola Centrale di Civitavecchia (scuola di guerra), e dal 14 dicembre 1939 al 13 gennaio 1940, a Palermo presso il 6° reggimento fanteria della Brigata Aosta. Il 7 gennaio 1941 è richiamato in servizio presso il Comando Truppe Regio esercito di Lampedusa (deposito del 5° reggimento fanteria Trapani) nel periodo di detto comando, viene promosso Tenente Colonnello, con anzianità 1 gennaio 1941. Durante tutto il periodo di comando, si prodigava nel potenziamento dell’isola di Lampedusa, si disimpegnava ottimamente nei frequenti allarmi e nella cattura di aerei nemici ammarati presso l’isola. Lampedusa veniva sottoposta a frequenti bombardamenti aerei da parte di velivoli britannici, e durante un’incursione, la contraerea abbatté un aereo nemico; il pilota; un ufficiale della R.A.F. venne fatto prigioniero e Frasconà lo prese sotto la sua custodia personale (vds. riquadro). Il 18 agosto 1941, durante l’attacco di un aereo nemico, che colpiva un piroscafo carico di munizioni e di carburante, accorreva prontamente presso la zona e, malgrado le continue esplosioni del carico, dirigeva alla testa dei suoi fanti, le operazioni di soffocamento dei focolai d’incendio che minacciavano di estendersi al deposito munizioni, mentre con sereno coraggio e audacia riusciva ad arginare le fiamme, provvedeva all’opera di salvataggio dei naufraghi, cooperando a trarre in salvo numerose vite umane. Su proposta del Ministro della Marina, gli veniva conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare “sul campo”. Il 5 maggio 1942 viene collocato in congedo in seguito a telegramma del XII Corpo d’Armata. A seguito dei rapporti personali dei comandanti del XII Corpo d’Armata, Gen. C.A. Gr. Uff. Angelo Rossi e Gen. C.A. Gr. Uff. Mario Arisio, il Ten. Colonnello Antonino Frasconà è stato oggetto di due encomi. Rientra, quale Dirigente, nella Pretura unificata di Palermo nel giugno del 1942. Dopo il 1946, in seguito alla mutazione della forma istituzionale dello Stato, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica, come prescritto per i dipendenti della Pubblica Amministrazione, presso la quale ha riportalo sempre la qualifica di “ottimo”, dal 1924 al 1949. Muore in servizio, in seguito a malattia incurabile, il 28 dicembre 1950. Ugo Frasconà DAL FOGLIO MATRICOLARE DEL COLONNELLO FRASCONÀ Il Ministero della Difesa con Decreto Ministeriale N° 000627 - UE - 325 in data 21 luglio 1998, gli ha conferito il grado di Colonnello ai sensi della Legge 6 novembre 1990 n.° 325. Il Col. Antonino Frasconà si fregiava delle seguenti decorazioni: 1) Medaglia d’Argento al Valor Militare 2) Medaglia di Bronzo al Valor Militare “sul campo” 3) Croce ai Merito di Guerra (prima guerra mondiale) 4) Croce al Merito di Guerra (seconda guerra mondiale) 5) Medaglia commemorativa Nazionale della guerra 1915 - 1918, con apposte sul nastro quattro fascette relative agli anni, 1915-16-17-18 6) Medaglia Nazionale commemorativa dell’Unità d’Italia 7) Medaglia interalleata della Vittoria 1914-18 8) Medaglia commemorativa della Marcia di Ronchi (Impresa di Fiume ) 9) Medaglia commemorativa delle Campagne d’Africa per i servizi speciali prestati nella Colonia Eritrea, quale Notaio e Conservatore delle Ipoteche 10)Croce di Cavaliere dell’Ordine cavalleresco della Corona d’Italia 11) Medaglia commemorativa Nazionale delle guerra 1940-43, con apposte sul nastro due fascette per gli anni 1941 -42. RAPPORTO PERSONALE a mente del n. 15 lett. B del regolamento Periodo 14 gennaio 1941 - 20 agosto 1941 Il Maggiore di Fanteria Frasconà Antonino si è dimostrato perfettamente all’altezza del delicato e difficile compito di comandare Truppe R.E. di presidio a Lampedusa. Ha lavorato con intelligenza, senso pratico, capacità professionale all’organizzazione difensiva dell’isola, da lui presa allo stato embrionale. Ha curato la preparazione morale e l’addestramento dei suoi dipendenti sui quali gode notevole ascendente, con l’esempio costante. Si è disimpegnato ottimamente nei frequenti allarmi e nella cattura di apparecchi nemici ammarati presso l’isola. Ha sempre fornito relazioni e studi ben fatti, completi. Encomio: per l’ottimo rendimento e la fattiva collaborazione da lui data in condizioni difficili di vita, di rifornimento, di isolamento, Il Gen. di Corpo d’Armata Comandante del XII C. d’Armata f.to Gr. Uff. Angelo Rossi RAPPORTO PERSONALE per il Sig. Tenente Colonnello Frasconà Antonino, Comandante Truppe R. E. Lampedusa compilato per il periodo dal 21-8-1941 al 30-4-1942: Dotato di animo generoso, di molto buon senso, di sana iniziativa, di fervido attaccamento al servizio, il T. Col. Frasconà ha spiegato opera solerte, intelligente e fattiva nel potenziamento dell’isola di Lampedusa, sormontando notevoli difficoltà e conseguendo notevoli risultati. Per il complesso delle sue qualità e per lo spirito di sacrificio col quale ha assolto i suoi non facili compiti, egli si è rivelato ufficiale superiore di complemento di non comune valore che spicca sulla massa dei colleghi. Il Gen. di Corpo d’Armata Comandante del XII C. d’Armata f.to Gr. Uff. Mario Arisio IL NASTRO AZZURRO 33 IL COMANDANTE FRANCESCO ACTON: UNO STABIESE PLURIDECORATO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE I l barone Francesco Eduardo Acton nacque a Castellammare di Stabia il 24 agosto 1910. Appartenente alla dinastia Acton, discendente del fondatore del cantiere navale di Castellammare di Stabia era figlio dell’ Ammiraglio di Armata Alfredo, Ministro di Stato e Senatore del Regno, Capo di Stato Maggiore della Regia Marina e già Comandante in Capo delle Forze Navali, e da Donna Livia Giudice Caracciolo dei principi di Villa e Cellamare, Ispettrice Onoraria e Medaglia d’Oro della C.R.I. Seguendo le tradizioni familiari, Francesco Acton frequentò l’Accademia Navale di Livorno, divenendo ufficiale della Regia Marina nel 1931 col grado di Guardiamarina. Subito dopo venne inviato su naviglio sottile e d’assalto e, dopo un periodo di tirocinio, venne destinato ad unità siluranti. Combatte quindi, valorosamente, durante la Campagna d’Etiopia, la Campagna di Spagna e il Secondo Conflitto Mondiale; a riprova del suo valore, le sue gesta, al comando di siluranti e sommergibili, vengono citate ben due volte sul bollettino di guerra del Comando Supremo. Con il grado di Tenente di Vascello, al 34 IL NASTRO AZZURRO comando della Torpediniere Pegaso, fu insignito di numerose onorificenze. Una Medaglia d’Argento al Valor Militare la meritò abbattendo, con le mitraglie della sua unità, 4 aerei avversari. La motivazione del conferimento fu la seguente: “Comandante di torpediniera in servizio di scorta a convoglio, fatto segno a ripetuti violenti attacchi aerei, con efficace reazione di fuoco riusciva ad abbattere quattro apparecchi attaccanti. Con elevata perizia professionale e con sereno ardimento, in avverse condizioni atmosferiche, prestava assidua opera di assistenza ai piroscafi colpiti che potevano raggiungere con mezzi propri il porto di destinazione. Durante l’intero episodio bellico dava prova di cospicue doti militari e marinaresche”. (Mediterraneo Centrale, 8 novembre 1941 La torpediniera Pegaso al suo comando effettuò numerose e rischiose operazioni, tanto da meritarsi anch’essa una Medaglia d’Argento al Valor Militare in quanto: “È l’unità della Regia Marina che ha al suo attivo il maggior numero di sommergibili affondati, avendone distrutti tre certamente ed un quanto assai probabilmente”. La nave, il 12 maggio 1941 intercettò al largo di Tripoli il sommergibile inglese HMS Undaunter, salpato da Malta per pattugliare le coste libiche e, attaccandolo con bombe di profondità, riuscì ad affondarlo. L’unità partecipò il 24 maggio 1941 alla scorta del convoglio di cui fu affondato il transatlantico Conte Rosso, carico di truppe. Il 14 aprile 1942 riuscì ad affondare il famoso sommergibile Upholder, comandato da uno dei migliori sommergibilisti britannici, il Comandante David Wanklyn. Il Comandante Wanklyn aveva affondato in 16 mesi di guerra, bel 100 mila tonnellate di naviglio iatlo-tedesco ed era considerato un personaggio leggendario. La Royal Navy mantenne segreta la sua comparsa e quello dell’equipaggio dell’Upholder per ben quattro mesi. A metà giugno la nave partecipò ad diversi attacchi contro convogli inglesi. Uno in particolare, composto da 6 mercantili con una scorta ravvicinata di una corazzata, due portaerei e 8 caccia, prese il largo da Gibilterra per raggiungere Malta. La squadra italiana, tra cui anche il Pegaso, si schierò vicino a Pantelleria ed inviò le unità leggere, supportate da forze aeree e incrociatori, contro il convoglio. Solamente 2 mercantili inglesi sopravvissero all’attacco e riuscirono a portare i loro materiali a Malta. Per il suo eroico comportamento Francesco Acton fu insignito di altre 4 Medaglie di Bronzo al Valor Militare “ sul campo” quale: “Comandante di torpediniera, di scorta a convoglio in zone fortemente insidiate, segnalato all’ecogoniometro un sommergibile nemico, si portava con audace e serena manovra all’attacco, effettuando una decisa azione di caccia con intenso lancio di bombe di profondità, finché da indubbi segni ne poteva constare l’affondamento”. (Mediterraneo Centrale, 2 luglio 1942) II concessione “Comandante di torpediniera, in servizio di scorta a convoglio, con abile e pronta manovra riusciva a sventare l’agguato di un sommergibile nemico e, accertatane all’ecogoniometro l’ubicazione effettuava con sereno ardimento un’intensa ed efficace azione di caccia finché da indubbi segni constatava l’affondamento dell’unità avversaria”. (Mediterraneo Centrale, 4 luglio 1942). III concessione “Al comando di unità sottile, in servizio di scorta a convogli, durante un lungo periodo di dura e silenziosa attività, eseguiva numerose missioni in acque fortemente insidiate. IL NASTRO AZZURRO 35 Più volte attaccato da mezzi aerei e subacquei, reagiva con decisione, perizia e coraggio, confermando le ottime doti di cui aveva già dato ripetutamente prova”. (Mediterraneo Centrale, giugno 1941-giugno 1942) IV concessione “Comandante di torpediniera, di scorta a convogli, assolveva il suo compito con capacità e sereno coraggio, portando l’unità e i suoi uomini ad alto grado di efficienza. Attaccato il convoglio da sommergibile nemico, dirigeva con ardimento e perizia sull’unità avversaria, che sottoponeva ad intensa ed efficace azione di caccia, finché da indubbi segni ne accertava l’affondamento”. (Mediterraneo Centrale, 9 maggio 1942) Alle Medaglie al Valore si aggiungono altri attestati e riconoscimenti quali: – Cavaliere di Onore e Devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta; – Cavaliere di Gran Croce di Giustizia e Deputato della Reale Deputazione del Sovrano Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio; – 3 Croci di Guerra al Valor Militare; – Medalla de la Campana Spagnola; – Croce di Ferro di seconda classe; – Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia e della Stella Coloniale. Al termine della guerra Francesco Acton lasciò la Marina con il grado di Capitano di Fregata e, successivamente venne promosso Capitano di Vascello nella riserva. Per oltre quarantanni si dedicò, quale Direttore, al ripristino ed miglioramento del Museo Filangieri di Napoli incrementando le opere ivi contenute con sue personali donazioni. Continua nella società l’impegno e la dedizione profuse in guerra, adoperandosi per l’assegnazione di borse di studio agli studenti più meritevoli. Negli anni ’60, in memoria del figlio Alfredo scomparso in giovane età, istituì una specifica borsa di studio. Dopo il sisma del 1980, si adoperò per la sistemazione statica del fabbricato che ospita il prestigioso museo. Morì a Napoli il 12 novembre 1997. La nave con la quale compì le sue imprese era un “Avviso Scorta” appartenente alla classe Orsa (4 unità: Orsa, Pegaso, Orione, Procione), fu varato nel 1936 dalla società Bacini e Scali di Napoli e classificato torpediniera nel 1938. Il suo dislocamento era di 1600 tonnellate, aveva una lunghezza di 89,3 metri, una larghezza di 9,7 un’immersione di 3,1 metri. Il suo apparato motore, composto da due caldaie e due turbine, sviluppava una potenza di 16.000 cavalli sulle due eliche ed una velocità di 28 nodi. L’armamento era costituito da 2 cannoni da 100/47 mm., 4 mitragliere da 13,2 mm., 4 tubi lanciasiluri da 450 mm., 4 lancia bombe di profondità e mine. Durante la guerra ebbe modificato l’armamento antiaereo con l’installazione di 11 mitragliatrici da 20 mm. Il suo equipaggio era composto da 154 uomini. Antonio Cimmino (Componente Collegio Sindacale Nastro Azzurro Federazione di Napoli) 36 IL NASTRO AZZURRO GIOVANNI MALTESE, L’EROE DI CEFALONIA I l tenente colonnello Giovanni Maltese, nato a Palermo il 29 novembre 1895, Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia, è combattente nella prima guerra mondiale durante la quale fu ferito per ben due volte. Quale veterano, allo scoppio della seconda guerra mondiale è inviato sul fronte Greco Albanese con il 17° Reggimento Fanteria “Acqui”. L’armistizio dell’8 settembre 1943 lo coglie sull’isola di Cefalonia dov’era convalescente all’ospedale militare. Il 15 settembre, con profondo senso del dovere pur non essendo ancora guarito, abbandonò l’ospedale per accorrere tra i suoi fanti impegnati nella battaglia di Cima del Telegrafo. Egli ordina di iniziare l’attacco alle ore 19, quando gli ultimi Stuka tedeschi scompaiono nel cielo dell’isola. Puntualmente le compagnie del III/17° Fanteria scattano all’assalto, le artiglierie allungano il tiro su q. 40 dove vengono avvistati agglomerati di truppe tedesche, i quali rispondono al fuoco disperatamente, ma i nostri mortai da 45 e da 81 costringono i tedeschi a spostarsi continuamente. La 10^ compagnia avanza energicamente verso quota Cima Telegrafo. La quota dista meno di 100 metri, ma nuclei di tedeschi trincerati oppongono una dura resistenza, in questo momento i fanti si impongono un crescendo di atti di eroismo che culminano con il sacrificio della vita. L’attacco continua travolgente e finalmente Cima Telegrafo è conquistata. Cadono nelle nostre mani oltre 500 prigionieri, una batteria di semoventi, 40 automezzi e grandi quantità di materiali. Il III/17° Fanteria rioccupa le precedenti posizioni in difesa costiera, ma all’alba del 22 settembre 1943 si riaccendono aspri combattimenti contro due colonne tedesche procedenti verso Kardakata-Agrostoli e verso Dilimata-Razata. La lotta furibonda ed accanita durò qualche ora, ufficiali e soldati ripetevano le loro gesta di eroismo, i tedeschi irrompono da ogni parte compiendo continui atti di barbarie sui feriti e sui prigionieri. Il Ten.Col Maltese ed altri 17 Ufficiali superstiti, dopo aver resistito fino all’estremo di ogni umana possibilità, schiacciati da forze di gran lunga preponderanti, vengono fatti prigionieri verso le ore 11,00. Neppure mezz’ora dopo la cattura venivano separati dai soldati e trucidati a colpi di moschetto e di pistola nel Vallone di S. Barbara. Alle loro seguirono altre fucilazioni sommarie. Alla Memoria del Ten.Col Giovanni Maltese, il Presidente della Repubblica concesse nel 1977 la Medaglia d’Oro al VM. Stefano Mangiavacchi (Presidente della Federazione di Arezzo) GIOVANNI MALTESE Nato il 29 novembre 1895 a Palermo, Tenente Colonnello - Medaglia d’Oro al Valor Militare (alla memoria) “Comandante di battaglione, degente in Ospedale da Campo per grave infermità, al profilarsi della lotta di liberazione contro i tedeschi lasciava il luogo di cura per riassumere il comando del Reparto. Animatore instancabile e trascinatore saldo e sicuro, con insigne coraggio, nell’infuriare del fuoco terrestre e aereo, conduceva i suoi fanti al combattimento, infliggendo al nemico gravi perdite, catturando numerosi prigionieri, destando l’ammirazione dei dipendenti per le sue eccezionali doti di comandante e combattente di saldissima tempra. Travolti i suoi reparti nell’impari lotta, veniva catturato allo spegnersi della disperata resistenza. Sottoposto ad esecuzione sommaria, affrontava la fucilazione sul campo con la fierezza di valorosissimo soldato”. Cefalonia, 15 settembre - 22 settembre 1943. IL NASTRO AZZURRO 37 I KAPPENABZEICHEN Carlo I, in visita ai reparti al fronte, non dimenticava mai di indossare il distintivo delle unità con cui si intratteneva. La documentazione fotografica testimonia, per altro, una capillare diffusione dei distintivi tra i militari di grado inferiore. Col tempo, quelle piccole placche metalliche diventarono un “medagliere ricordo” dei fronti dove il militare aveva combattuto o dei reparti di cui aveva fatto parte. Ricordiamo che alla loro realizzazione collaborarono pittori e scultori “di guerra”, tra i quali artisti di grande levatura come Egon Schiele e Albin Egger Lienz. Ad essi venne chiesto di rendere comprensibile a chi viveva lontano dal fronte e di condividere quanto vi stava accadendo, fissando il ricordo delle vicende belliche in quadri, disegni e sculture, riproducibili in varie modalità tra le quali, appunto, i distintivi da berretto. Appartenenza e distinzione Cosa sono e a cosa servirono I Kappenabzeichen sono distintivi metallici, muniti nella parte posteriore di un sistema di attacco con cui potevano essere appuntati, da militari e civili austroungarici, sul vestito o sull’uniforme (i militari preferibilmente sul berretto). Durante la Grande Guerra se ne vendettero un numero incalcolabile di esemplari allo scopo di finanziare l’assistenza alle vedove, agli orfani, ai profughi e agli invalidi. I distintivi da berretto ebbero anche lo scopo, attraverso l’appello alla difesa della patria e alla fedeltà all’imperatore, di stimolare il consenso alle ragioni del conflitto, il sentimento patriottico nella popolazione civile e lo spirito di corpo in reparti spesso molto compositi sul piano linguistico. All’interno di grandi unità (gruppi d’esercito, armate, ecc.), inoltre, un distintivo poteva permettere a reparti fino a quel momento mai entrati in contatto, di riconoscersi nella nuova formazione. I Kappenabzeichen non costituivano parte integrante dell’uniforme, a differenza dei distintivi relativi alle unità o alle specialità, e comparvero certamente prima che qualunque decreto ne regolamentasse l’impiego. I primi documenti relativi all’uso risalgono alla fine del 1916 e prevedono che in zona di operazioni i distintivi possano essere portati, in servizio e fuori, “solo sul lato destro del berretto”. È documentato che i distintivi erano portati a tutti i livelli di grado e che lo stesso imperatore 38 IL NASTRO AZZURRO Nel corso della Grande Guerra risultò evidente a tutti i governi che la guerra combattuta nelle trincee e nel fango avrebbe avuto successo solo se accompagnata da un’altra guerra, condotta con le armi della persuasione e finalizzata a convincere i soldati, i cittadini e la società tutta a sostenere il conflitto. La propaganda divenne uno strumento fondamentale per controllare l’opinione pubblica ed ottenere il consenso nei confronti di una guerra che, giorno dopo giorno, si dimostrava sempre più violenta e costosa. Ogni stato mise in atto numerose iniziative: vennero realizzati manifesti e locandine, milioni di volantini e cartoline illustrate vennero distribuite nelle trincee, nelle città vennero organizzate manifestazioni e raccolte di fondi. Contemporaneamente si aggravò la repressione di ogni forma di dissenso al fronte e all’interno; la società civile venne assoggettata ad un modello militare, che com- portava una restrizione dei diritti e l’eliminazione di ogni atteggiamento critico. I distintivi militari austro-ungarici rientrano nell’ampio quadro della produzione propagandistica. La consuetudine di portare sul berretto da campo distintivi propagandistici e commemorativi fu una peculiarità delle truppe austro-ungariche. Questi distintivi non regolamentari erano coniati per ricordare i successi dei reparti e mantenerne vivo lo spirito di corpo, infondere nei soldati la convinzione della loro superiorità sull’avversario, celebrare le alleanze e l’unità dell’Impero, incitare l’esercito e la popolazione civile all’odio per i nemici ed in particolare per l’Italia traditrice. L’appuntare sul proprio berretto un distintivo che celebrava una battaglia o un’azione rappresentava per il soldato un motivo d’orgoglio, la dimostrazione dell’appartenenza a reparti gloriosi e della partecipazione a scontri entrati nella memoria collettiva. Se per i soldati prevaleva la funzione simbolica, il senso di appartenenza e, perché no, forse anche il ruolo di amuleto e portafortuna che questi distintivi potevano ricoprire, oggi non possiamo non apprezzare la qualità formale di molti di questi materiali; molto spesso si tratta di piccoli capolavori realizzati dai bozzetti prodotti da artisti di guerra, di cui l’esercito austro-ungarico aveva ben compreso il fondamentale compito. Già nel 1914 venne creato un “gruppo artistico” aggregato al Quartier Generale della stampa di guerra. A partire dal 1915 gli artisti al fronte vennero definiti Kriegsmaler (pittori di guerra) o Kriegsbildhauer (Scultori di guerra); le loro opere, esposte in “Esposizioni di immagini di guerra” (Kriegsbilderausstellung) avevano il compito di rendere comprensibile ciò che stava accadendo al fronte e fissare il ricordo di tali esperienze. I soggetti presenti sui distintivi sono numerosi: ritratti, paesaggi in miniatura, armi, stemmi araldici, simboli. Si riconoscono il profilo del Col di Lana, le Cime di Lavaredo, Gorizia, ma anche Trento, il Pasubio e il monte Zugna. Il soldato austro-ungarico è spesso rappresentato nel ruolo della vedetta solitaria o del valoroso Kaiserjàger che sconfigge il nemico; ricorrente l’esaltazione del corpo vigoroso del difensore della Patria, armato di gladio. Tra i soggetti ricorrenti, l’Italia traditrice, rappresentata sotto forma di serpe che il soldato austro-ungarico è pronto a schiacciare. Frequenti anche i richiami classici (Atena) o religiosi (Santa Barbara, figure angeliche). Sui distintivi non mancano però anche immagini meste e intime: il ferito o l’invalido, il soldato in atteggiamento di preghiera ai piedi di un crocifisso, il reduce circondato dalla famiglia. La particolare fortuna dei Kappenabzeichen e la loro circolazione nell’Impero austro-ungarico non si spiega solo con la campagna di raccolta fondi, ma attesta una disponibilità diffusa ad acquistare e portare i messaggi patriottici della propaganda di guerra, veicolati da parole e da raffigurazioni naturalistiche o allegoriche dall’immediata presa e facilmente decodifica bili, entro un sistema comunicativo in cui possiamo riconoscere committenti e destinatari, disegnatori e produttori, venditori ed acquirenti. I distintivi rappresentano un sistema di segni parallelo alle onorificenze conferite dall’autorità militare per particolari atti compiuti, per meriti acquisiti, per capacità dimostrate. A differenza dell’onorificenza, infatti, che si propone di “distinguere” tra un soldato e l’altro, il distintivo da berretto distingue il soldato dal non-soldato, ne sottolinea - e ne evidenzia – l’appartenenza ad un mondo diverso, con una propria geografia (fatta di nomi di località simboliche e di luoghi di battaglie) e una propria cronologia (scandita da anni di guerra e date di anniversari). Camillo Zadra (Per chi volesse saperne di più, Alberto Lembo ha pubblicato un interessante saggio dal titolo Kappenabzeichen recensito su “Il Nastro Azzurro” n.° 5/2008) IL NASTRO AZZURRO 39 CRONACHE DELLE FEDERAZIONI ALESSANDRIA La Federazione di Alessandria, per il bimestre in riferimento, ci ha comunicato la partecipazione alle seguenti cerimonie: – col patrocinio della Provincia e dei Comuni di Alessandria e Solero, la Federazione Provinciale del Nastro Azzurro ha organizzato, in collaborazione con 15 Associazioni d’Arma riunite in Comitato, e celebrato le tre “Cerimonie del Ricordo”. La prima si è svolta sabato 31 gennaio 2009, in onore della Medaglia d’Oro al Valor Militare Capitano Bruno Pasino e degli altri tre Partigiani Giacomo Colonna, Osvaldo Caldana e Maurizio Guichard trucidati alle porte di Casalbagliano (AL) la notte del 30 gennaio 1945, e ha avuto inizio nella Sala Giunta del Comune di Alessandria dove il Sindaco, dott. Piercarlo Fabbio, dopo aver ricevuto i partecipanti, le autorità, la vedova della M.O. Pasino, Signora Rosa, e le Associazioni del Comitato con le rispettive insegne, ha tracciato la vicenda della M.O. Pasino e la sua tragica fine. Sono seguiti gli “Onori ai Caduti” e la deposizione delle corone presso la stele di Casalbagliano. Si è proseguito per Solero, luogo di nascita della M.O. Pasino, dove, ricevuti nella Sala Comunale dal Sindaco, dott.ssa Maria Grazia Guaschino, alla presenza di numerose autorità civili e militari, il Presidente della Provincia ha pronunciato l’orazione ufficiale sulla “Pace”. La Maestra Fiduciaria, Marita Cairo, ha quindi illustrato l’organizzazione della “Mostra” di disegni su “La Pace” (esposta nella Sala Consiliare del Comune) indetta dalla Federazione ed ha presentato gli oltre cinquanta studenti partecipanti al “Concorso”. I primi tre classificati hanno letto le loro opere, a tutti sono state consegnate coccarde tricolori e alla Dirigente Scolastica, dott.ssa Cristina Trotta, una “Borsa di Studio collettiva”. Dopo, nella bella Chiesa Parrocchiale, don Mario Bianchi ha celebrato la S. Messa in suffragio del Caduti. La manifestazione si è conclusa presso la Casa della Gioventù dove i familiari della M.O. Pasino hanno incontrato i partecipanti; – teo e la resa degli Onori sul luogo del sacrificio, dove il Presidente della Provincia, dottor Paolo Filippi, ha pronunciato l’orazione ufficiale, seguita dall’intervento del Presidente della Federazione Provinciale del Nastro Azzurro gen. Luigi Turchi e del Presidente della Sezione di Casale Monferrato dell’A.N.P.I. Erano presenti il fratello della Medaglia d’Oro, cav. Arduino Bizzarro con Signora, le massime Autorità locali, tra cui i Sindaci di Casale Monferrato, Cerrina e Serralunga, e le Associazioni Combattentistiche e d’Arma; il 21 Febbario a Quargnento, la terza “Cerimonia del Ricordo” in onore della M.O.V.M, Cap. Ferraris ha visto protagonisti gli alunni delle Scuole Primarie locali che hanno partecipato alla “mostra” di disegni e al “Concorso” sulla Pace. I vincitori hanno presentato i loro lavori e recitato una composizione collettiva molto applaudita. A tutti, come premio, è stata consegnata una medaglia della Federazione del Nastro Azzurro e alla scuola “Silvio Pellico” una “Borsa Collettiva” (giunta alla nona edizione) ritirata dalla maestra Patrizia Badella. Successivamente, presso il monumento alla Medaglia d’Oro sono stati resi gli onori ai Caduti. Nella Basilica Minore di San Dalmazzo, Chiesa Parrocchiale, mons. Piero Gosio ha celebrato la S. Messa di suffragio. Al termine, il Sindaco ing. Luigi Benzi ha ricevuto in Municipio i convenuti per un vino d’onore, presenti i Presidenti e i Soci delle Associazioni d’Arma con le insegne. Alessandria: Cerimonia del Ricordo AREZZO Alessandria: consegna dei premi ai partecipanti al Concorso – il 15 febbraio 2009 la seconda “Cerimonia del ricordo”, in onore dell’Aviere Partigiano Combattente MOVM Arduino Bizzarro, si è svolta a Madonnina di Crea, luogo dove egli aveva difeso lo sganciamento dei compagni d’arme, sacrificando la propria vita. La S. Messa di suffragio ha aperto la manifestazione che è proseguita col cor- 40 IL NASTRO AZZURRO Nel bimestre, la Federazione di Arezzo ci ha comunicato la partecipazione alle seguenti manifestazioni: – il Presidente della Federazione del Nastro Azzurro di Arezzo Stefano Mangiavacchi unitamente ai soci Mario Rondoni e Carlo Caporaso, ha presenziato presso il Circolo Rosselli di Firenze alla presentazione del libro di Elena Mollica “Kindu: una missione senza ritorno”, volume che raccoglie le memorie del sacrificio dei tredici aviatori della 46^ Aerobrigata di Pisa trucidati nel 1961 a Kindu durante una missione sotto l’egida delle Nazioni Unite. Presenti gli Onorevoli Valdo Spini e Marco Boato, il Sindaco di Montevarchi Giorgio Valentini, il Generale di Divisione Aerea Nino Pasquali, il Comandante della 46^ Brigata Aerea di Pisa gen. B.A. Vitantonio Cormio e numerosi familiari dei Caduti; – sabato 31 gennaio nei saloni della Bartolea di Montevarchi è stato presentato, in occasione delle celebrazioni del “Giorno della Memoria” il volume “Non raggiunsero la libertà”, realizzato dal Comune di Montevarchi e dalla Federazione del Nastro Azzurro di Arezzo e curato da Gianluca Monicolini, Presidente del Consiglio Comunale di Montevarchi. Il libro tratta della deportazione e della prigionia nei campi di concentramento tedeschi durante la seconda guerra mondiale, tramite le vicende di due civili e nove militari che vi trovarono la morte dopo atroci sofferenze. Dopo il saluto del Presidente della Federazione Stefano Mangiavacchi, che ha letto la motivazione della MOVM concessa alla memoria dell’Internato Ignoto, sono intervenuti il Sindaco Giorgio Valentini, il Prof. Ivo Biagianti dell’Università di Siena, ed il curatore del volume Gianluca Monicolini. AI termine sono stati consegnati attestati alla memoria ai familiari dei Caduti ed alla Sezione del Nastro Azzurro di Montevarchi rappresentata dal Socio Alberto Romanelli; BIELLA Nel bimestre, la Federazione di Biella e Vercelli ci ha comunicato la partecipazione alle seguenti cerimonie: – alla presenza del Generale CA Bonifazio Incisa di Camerana, già Capo di SME e del Generale CA Rocco Panunzi, Comandante dei Supporti delle Forze Operative Terrestri, il 19 dicembre 2008 il Colonnello Antonio Zuppardo, 60° Comandante del 52° Reggimento di Artiglieria Terrestre “Torino” (Caserma MOVM Aldo Scalise, Vercelli), ha ceduto il Comando del Reggimento al Colonnello Massimo Guasoni, 61° Comandante. Durante la cerimonia il Presidente della Federazione Provinciale del Nastro Azzurro di Biella e Vercelli, dottor Tomaso Vialardi di Sandigliano, ha consegnato al Colonnello Zuppardo il crest d’Onore del Nastro Azzurro; Biella: la Brigata Sassari ricorda la battaglia del Colrosso – Il 28 gennaio, anniversario della battaglia di Col del Rosso (28 gennaio 1918), i Sassarini Biellesi del Circolo Sardo “Su Nuraghe” si sono riuniti nell’area monumentale del Nuraghe Chervu per celebrare le decorazioni al Valor Militare alle Bandiere dei Reggimenti della Brigata Sassari (151° e 152° Fanteria). Il Presidente della Federazione di Biella e Vercelli, dottor Tomaso Vialardi di Sandigliano, dopo aver letto le motivazioni delle Decorazioni (Ordine Militare di Savoia, 2 Medaglie d’Oro al V.M.), ha depositato, con il Sindaco di Biella e il Presidente del Circolo Sardo “Su Nuraghe” Battista Saiu, una corona di alloro in memoria dei Caduti Sassarini della Grande Guerra; BOLOGNA – Domenica 8 febbraio è stata celebrata la “Giornata del Ricordo” in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo delle popolazioni di Istria, Dalmazia e Fiume, la Federazione del Nastro Azzurro di Arezzo ed il Comune di Montevarchi hanno organizzato una solenne cerimonia che si è svolta al Monumento ai “Caduti senza Croce” nel cui basamento è custodita terra della Foiba di Basovizza. Dopo l’alzabandiera e la Preghiera in suffragio dei Caduti è stata deposta una corona di alloro al monumento. Presente il Labaro della Federazione con un numeroso gruppo di soci, unitamente alle Autorità civili e militari e alle rappresentanze delle associazioni. Inoltre sono state distribuite a tutti gli studenti della città cartoline celebrative della Giornata del Ricordo (foto in alto). Bologna: Galà di beneficenza organizzato dalle Dame Patronesse IL NASTRO AZZURRO 41 prese parte, a fianco delle forze Alleate, alla vittoriosa Battaglia di Montelungo che gli valse il conferimento della seconda Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Al termine un ricco buffet dove gli intervenuti si sono scambiati gli auguri di buone feste; Nelle sontuose sale del Circolo Ufficiali dell’Esercito di Bologna si è svolta sabato 7 febbraio l’annuale galà di beneficenza promosso e organizzato dal Comitato Dame Patronesse della Federazione bolognese del NA. Presenti alte autorità civili e militari nazionali e locali, accolte dal presidente Rag. Giorgio Bulgarelli. Tra gli intervenuti, il vice prefetto vicario dott. Matteo Piantedosi, il comandante militare Emilia-Romagna col. (i.g.s.) Giovanni de Cicco, il comandante del 2° Reggimento Sostegno “Orione”, col. Ludovico Avitabile, i parlamentari Filippo Berselli ed Enzo Raisi, il presidente della Commissione Comunale Bilancio Avv. Galeazzo Bignami. Alla cena è seguita un’apprezzata esibizione musicale di cantanti lirici, quindi l’estrazione dei biglietti della lotteria (abbinati a prestigiosi premi offerti da sponsor e amici dell’Istituto) condotta con classe e brio da un presentatore d’eccezione, il presidente del Consiglio provinciale di Bologna Maurizio Cevenini. Con la raccolta dei fondi, la Federazione petroniana darà il proprio contributo ad attività caritative e assistenziali particolarmente significative sul territorio. BRINDISI Il 20 febbraio 2009 si è svolta, presso la sede dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Brindisi, la prima Assemblea Ordinaria annuale per l’approvazione del bilancio consuntivo 2008 e di quello preventivo 2009. Come è noto, a seguito della segnalazione del Presidente Nazionale, Comandante Giorgio Zanardi, il 28 settembre 2007, il Comandante Comm. Vincenzo Cafaro è stato nominato Commissario per la ricostituzione a Brindisi della Federazione Provinciale del Nastro Azzurro. La città ha risposto molto favorevolmente all’iniziativa dell’Istituto del Nastro Azzurro con un numero di iscritti sempre in aumento e il 4 giugno 2008 il Comandante Cafaro è stato eletto Presidente della Federazione Provinciale di Brindisi che, al 31 dicembre 2008 contava 88 Soci così suddivisi: Onorari n. 1; Effettivi n. 9; Aderenti n. 6; Simpatizzanti n. 72. Il generale Giuseppe Chiriatti, eletto Presidente dell’Assemblea, la ha condotta in maniera encomiabile, esaltando l’attività del Presidente Cafaro e la sua relazione morale approvata all’unanimità. In un clima festoso, tutti i Soci hanno potuto rinnovare l’impegno all’Istituto del Nastro Azzurro. FERRARA Nel bimestre, la Federazione di Ferrara ci ha comunicato la partecipazione alle seguenti cerimonie: – martedì 16 dicembre alle ore 10.30 presso la sede di Corso Giovecca n. 165, presieduta dal presidente provinciale Avv. Giorgio Anselmi, si è svolta l’Assemblea Annuale degli iscritti alla Federazione di Ferrara del Nastro Azzurro, che conta 200 iscritti (di cui 30 decorati, 100 simpatizzanti e 70 famigliari di Decorati). Fatto il bilancio delle attività svolte durante l’anno, sono stati conferiti gli attestati ai soci decorati iscritti da più di trent’anni (Sigg. Bolognesi, Buzzola, Poletti, Fogli, Verziasi), si è auspicata una collaborazione con la Società Dante Alighieri per far conoscere meglio le gesta eroiche e patriottiche del nostro passato. Per il presidente Anselmi oggi è un giorno particolare, infatti il 16 dicembre 1943, col 67° Reggimento Fanteria, al comando del 2° Battaglione, 42 IL NASTRO AZZURRO Ferrara: assemblea di fine anno – – la Federazione di Ferrara del Nastro Azzurro ed il Comitato cittadino della Società Dante Alighieri hanno organizzato, ospiti del ridotto del teatro comunale, una “Lectura Danctis” a cura dal Prof. Pierluigi Montanari con tema il 6° Canto del Purgatorio “Ahi serva Italia ...” seguita da un breve concerto di musiche inglesi dell’otto-novecento per viola e pianoforte, eseguito dal giovanissimo duo Giulia Capuzzo e Marco Belluzzi. L’iniziativa ha riscosso un grande successo con una notevole partecipazione di pubblico; quando, con un’unica cerimonia, si ricorderanno tutte le vittime dei soprusi allora avremo veramente raggiunto un grande obiettivo”. Il Vice Sindaco Rita Tagliani ha sottolineato così l’inaugurazione della lapide sul muro esterno dell’istituto “0rio Vergani” tenutasi il 2 aprile alla presenza delle Autorità militari, a ricordo dell’ospitalità che Ferrara si sentì in dovere di offrire ad alcune centinaia di esuli giuliani e dalmati, che avevano dovuto abbandonare le proprie case perché desideravano ardentemente rimanere italiani. Il presidente della Provincia Piergiorgio Dall’Acqua ha affermato: “Per troppo tempo abbiamo dimenticato i patimenti di tante persone provenienti dall’Istria molte delle quali furono ospitate a Ferrara proprio in questa sede”. Flavio Rabal (responsabile dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia a Ferrara e promotore dell’iniziativa) ha ricordato: “Ferrara mise a disposizione le scuole di via De Romei dove trovarono un tetto fino a 414 persone suddivise nelle varie aule. Io ero uno di loro; poi nel 1949 ci spostarono in zona Boschino e gradualmente si verificò un pieno inserimento nella società ferrarese”. A conclusione della cerimonia il Comandante Giorgio Zanardi, presidente nazionale del Nastro Azzurro, nel ricordare la grande dignità con la quale gli esuli e profughi dell’Istria e Dalmazia hanno vissuto la loro tragedia, senza recriminazioni, chiedendo il minimo contributo allo Stato ed inserendosi, poi, egregiamente nel tessuto sociale cittadino e nazionale, ha riconosciuto come loro meritino appieno di far parte della nostra Famiglia Azzurra; Ferrara: il Presidente Anselmi parla alla cerimonia del 25 aprile IMPERIA Ferrara: l’intervento del Presidente Nazionale – – “Grazie per essere stato costantemente presente nell’arco dei due mandati amministrativi a tutte le manifestazioni patriottiche del Nastro Azzurro e delle associazioni combattentistiche”. Con queste parole il presidente nazionale dell’Istituto Nastro Azzurro, Giorgio Zanardi, e il presidente della federazione di Ferrara dell’Istituto, Giorgio Anselmi, hanno donato in segno di riconoscenza al presidente della Provincia, Pier Giorgio Dall’Acqua, una targa che ricorda “gli eroi di Ferrara e provincia”, ossia le 31 Medaglie d’Oro ferraresi al Valor Militare. “Un segno di gratitudine - ha continuato il comandante Zanardi - per ricordare tutti i ferraresi che hanno onorato la Patria, affinché il loro ricordo trovi posto nella sede istituzionale della Provincia di Ferrara”. Unitamente alla targa, Giorgio Anselmi ha fatto omaggio al presidente Dall’Acqua dell’Albo d’Oro della provincia di Ferrara. “Un riconoscimento - ha ringraziato Dall’Acqua - che mi onora profondamente”. Presenti anche i soci Dante Leoni, Francesco Mascellani, e Italo Obrizzi; il Presidente della Federazione Provinciale del Nastro Azzurro e Presidente Onorario della Sezione UNUCI, il T.Col. Giorgio Anselmi, intervenendo in rappresentanza delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma alla celebrazione della Liberazione a Ferrara, nell’esprimere la propria gratitudine al Presidente della Repubblica per aver voluto celebrare la ricorrenza a Mignano Monte Lungo, luogo del primo impiego nella Guerra di Liberazione del rinato Esercito Italiano, ha evidenziato come questo gesto abbia avuto una eccezionale valenza per lui, partecipe in prima persona degli eventi. Giorgio Anselmi ha ricordato il grande contributo delle nostre Forze Armate, ed in particolare dell’Esercito regolare, alla guerra di Liberazione (400.000 soldati): 1.816 caduti e 5.127 feriti; e, in particolare i “suoi fanti del 67° Reggimento” che a Monte Lungo riposano nel Sacrario, molti dei quali decorati al Valore. Nel 1943 Anselmi era Aiutante Maggiore in Prima del 67° Reggimento Fanteria, col grado di Capitano. Il 16 dicembre 1943, giorno del secondo e vittorioso attacco alle postazioni nemiche, volontariamente si offri per prendere il comando del II° Battaglione, rimasto vacante e, per il suo eroismo, ottenne la seconda medaglia di bronzo. Imperia: 66° anniversario della Campagna di Russia Il 25 gennaio 2009, 66° anniversario della Campagna di Russia, è stata celebrata la “Giornata del Ricordo” nel cimitero di Imperia Oneglia. Presenti le massime autorità civili e militari, il Vice Prefetto dott.ssa Simona Saracino, il Questore dott. Luigi Mauriello e, in rappresentanza dell’Amministrazione provinciale e del Comune di Imperia, gli Assessori Sig. Sergio Lanteri e Dott. Giovanni Amoretti, le Crocerossine, i rappresentanti delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, del Nastro Azzurro e della Associazione Nazionale Familiari Caduti e Dispersi in guerra con labari, nonché associati, familiari e amici. Come ogni anno, sono state deposte corone di alloro e resi gli onori militari alla tomba simbolica, monumento eretto nel 1958 a memoria dei caduti del Battaglione “Pieve di Teco”. Quindi, il Presidente Provinciale del Nastro Azzurro, Cavaliere del Lavoro Giacomo Alberti, dopo aver ringraziato i convenuti, ha ricordato che la cerimonia di gennaio è da sempre l’unico ricordo del sacrificio degli oltre 400 giovani della provincia di Imperia (infatti, nelle città più importanti della costa ligure non si volle neppure conoscere il numero esatto di coloro che non sono più ritornati, dal ché si può dire che i Caduti sul fronte russo sono scomparsi due volte: la prima quando sono morti e la seconda perché la società li ha dimenticati). Alberti ha concluso il suo intervento chiedendo al giovane dottor Paolo Alassio, figlio di un alpino, pronipote di uno dei dispersi sul fronte russo e autore del libro “La storia del Battaglione Pieve di Teco”, di farsi garante della perpetuazione della “Cerimonia del Ricordo”. Il dottor Alassio, nel suo commovente discorso, si è detto onorato dell’incarico che gli veniva affidato. La cerimonia si è conclusa con la S. Messa nella IL NASTRO AZZURRO 43 chiesetta del cimitero, officiata da mons. Mario Ruffino, parroco di Imperia Oneglia, con la partecipazione del coro alpino “Monte Maccarello”. MACERATA (Sez.di Recanati) Un segno tangibile dell’importante presenza ebraica nella città e un’attestazione di stima e attenzione nei confronti di un prestigioso e affascinante personaggio del passato: è con questo spirito che l’Amministrazione comunale, tramite la presidenza del Consiglio comunale, ha deciso di celebrare la “Giornata della Memoria” intitolando un piazzale della città al rabbino e cabalista Menahem da Recanati. L’iniziativa, realizzata in collaborazione con la Comunità ebraica di Ancona, si è svolta domenica 1° febbraio alle ore 18 nell’Aula Magna del Palazzo Comunale, alla presenza del sindaco, Fabio Corvatta, del presidente del Consiglio comunale, Simone Giaconi, del consigliere della comunità ebraica di Ancona Daniele Tagliacozzo e del membro del Comitato Scientifico del Centro Nazionale Studi Leopardiani Ermanno Carini. L’evento è stato concluso con un concerto di musica Klezmer eseguito dal sassofonista Massimo Mazzoni e dal fisarmonicista Christian Riganelli. Il Comune di Recanati, negli ultimi due anni, sta valorizzando l’antico ghetto della città con pannelli illustrativi e con l’illuminazione delle due vie sedi di insediamenti ebraici, in collaborazione con il Comitato di quartiere di Porta Marina. Rientra nel progetto la riscoperta della figura di Menahem, famoso cabalista, rabbino, vissuto a Recanati alla fine del 1200, epoca in cui era fiorente la comunità ebraica cittadina, e noto, fra l’altro, per il “Commento alla Genesi” nel quale trovano posto, alternati, testi mistici tradizionali e loro originali interpretazioni. Preside Campo durante il trasferimento in pullman. Un particolare rilievo è stato dato al Carnevale di Putignano, fra i più antichi d’Europa, risalente al 1390 ed alla sua maschera “Farinella”, di recente realizzazione. Non è mancata una breve nota storica sulla Puglia nonché un breve cenno sulla morfologia e costituzione del suolo pugliese con particolare riferimento alle Murge. Le visite alle cittadine di Martina Franca e Matera sono state illustrate da esperte guide locali. Una fortunata coincidenza ha consentito di visitare l’Oratorio della Confraternita Immacolata dei Nobili di Martina Franca, particolare gioiello d’arte non aperto al pubblico. Apprezzata, infine, la possibilità di conoscere la civiltà rupestre dei “Sassi” di Matera. ROMA (Sez. Sabina Romana) Nel bimestre, la neocostituita Sezione di Sabina Romana della Federazione di Roma dell’Istituto del Nastro Azzurro ci ha segnalato la propria partecipazione a: – la celebrazione del 141° anniversario della battaglia tra i volontari garibaldini e gli zuavi pontifici, con una serie di conferenze-dibattito tenute giovedì 16 ottobre 2008, presso le Scuole Medie dal prof. Prisco Corvino, dirigente scolastico di Montelibretti e Moricone, dal prof. Francesco Guidotti, Direttore del Museo Storico Garibaldino e dell’Ara di Mentana, e dal ricercatore e giornalista storico Col. Giancarlo Martini, presidente della Sezione Sabina Romana del Nastro Azzurro, alla presenza degli insegnanti e degli studenti dei rispettivi Plessi. L’evento, si è concluso domenica 19 ottobre con l’apertura della “Mostra garibaldina e sul Risorgimento”, allestita presso la Sala Conferenze della Direzione Didattica, e la cerimonia al Monumento eretto a Montelibretti a memoria dei Volontari Garibaldini Caduti nella battaglia del 13 ottobre del 1867. Presenti Autorità locali, tra cui il Sindaco Luigi Sergi, soci dell’Istituto del Nastro Azzurro, tra cui il Gen. Antonio Daniele e il Col. Giancarlo Martini, una rappresentanza dell’UNUCI, e tanti altri cittadini; Recanati: Cerimonia del Ricordo NAPOLI I Soci dell’Istituto del Nastro Azzurro e dell’ANlOC Federazioni di Napoli hanno effettuato una visita a Martina Franca, ai Sassi di Matera, ed ai Carnevali di Massafra e Putignano. Il Presidente, Avv. Gennaro Perrella, non ha potuto partecipare perché influenzato. La visita della durata di tre giorni - dal 21 al 23 febbraio è stata organizzata e curata dal Preside Pasquale Campo e dal Maresciallo Pietro Caputo. I partecipanti, ospiti di un confortevole ed elegante albergo di Massafra, hanno sempre concluso le loro giornate in armonia e con serate danzanti. La visita ai vari luoghi è stata di volta in volta preceduta da una illustrazione storico artistica svolta dal 44 IL NASTRO AZZURRO Sabina Romana: Mostra su salvo d’Acquisto – la cerimonia in omaggio ai soldati caduti per la Patria e/o in servizio, svoltasi a Mentana sabato 1 novembre, si è avviata con un corteo per le vie cittadine, che, partito da piazza Garibaldi, ha raggiunto piazza della Repubblica. Dopo la deposizione di una Corona di alloro all’Ara Monumentale ai Caduti, sono state pronunciate le orazioni in onore dei Caduti: “Fa piacere ha detto la signora Miriam Cresta: vedova del – – Maresciallo capo dei carabinieri Daniele Ghione, caduto nella strage di Nassirya - che a distanza di cinque anni ci sia ancora tanta brava gente che ricorda con affetto mio marito e gli altri caduti di Nassirya”. Il direttore del Museo Garibaldino, prof. Francesco Guidotti, ha ricordato i 103 anni dell’istituzione. “Questa – ha commentato il sindaco di Mentana Guido Tabanella - è stata una giornata di ricordo per tutti coloro che hanno dato la vita per la libertà”. Presenti, anche molti sindaci dei Comuni di interesse garibaldino e autoirità istituzionali. Al termine dell’evento, il prof. Francesco Guidotti, colonnello comandante della Guardia d’Onore Garibaldina, ha consegnato le nomine ai nuovi “arruolati” tra i quali anche il Col. Giancarlo Giulio Martini, presidente della Sezione Sabina Romana della Federazione di Roma dell’Istituto del Nastro Azzurro; le cerimonie del 4 novembre a Mentana, Montelibretti e Palombara ed alle varie cerimonie indette dai Comandi militari di zona: Cambio del Comandante della Scuola di cavalleria, del Ce.Poli.S.E., festa dell’Arma dei Carabinieri, manifestazioni indette dalle Associazioni militari Unuci, ANSI ed altri Corpi di Polizia; la manifestazione indetta per festeggiare il decennale del primo monumento dedicato a Salvo D’Acquisto a Montelibretti (1998), che si è articolata in quattro giornate di rievocazioni culturali e di manifestazioni promosse dalla Fondazione Italiana Salvo D’Acquisto, Onoranze M.O. e Decorati al V.M. e C., dalla Sezione di Sabina-Romana del Nastro Azzurro, dall’Assessorato alla Cultura, dagli eredi del Maestro Ezio Latini, dalla Direzione Didattica della Scuola e dall’UNUCI di Rieti. Avviato giovedì 13 novembre 2008 con l’apertura della Mostra storico-fotografico-documentale sull’“Olocausto di Palidoro” e sull’opera dello scultore Ezio Latini, il plurimo evento è proseguito venerdì 14 con il seminario, rivolto agli studenti delle Scuole elementari e Medie, sull’insegnamento lasciatoci dall’Eroe, a cui ha fatto seguito la toccante e suggestiva rappresentazione teatrale della sua tragedia (replicata la sera di sabato 15 nella Chiesa della beata Vergine del Carmelo). Nell’aula consiliare, poi, è stata presentata la seconda edizione del Libro “Salvo D’Acquisto - La Perla di Palidoro”. A conclusione domenica 16 mattina con la deposizione da parte del Sindaco, Luigi Sergi, di una Corona di alloro al Cippo monumentale a Salvo D’Acquisto, alla presenza delle rappresentanze militari e civili del comprensorio. La successiva Santa Messa, officiata da don Antonino, si è conclusa con la “Preghiera all’Eroe”. I numerosissimi fedeli presenti hanno tributato una spontanea ovazione alla memoria di Salvo d’Acquisto. cui si sono aggiunti i neo-Soci Marco e Massimo Corrado e Alessandro Negrini; Sondrio: Cerimonia commemorativa della battaglia di Nikolajewka – ha organizzato il 1 dicembre un incontro pubblico in collaborazione con il Consigliere Regionale della Provincia di Sondrio Giovanni Bordoni per presentare il lavoro svolto ed il testo della Legge Regionale n° 28/2008; Sondrio: presentazione legge regionale n.° 28/2008 – – ha visto presenti in servizio ai Ca.S.Ta , quali ufficiali del Corpo Militare della Croce Rossa, il Consigliere Fausto Giugni ed il Sindaco Pierangelo Leoni; nel Giorno della Memoria la Federazione ha presenziato con il Presidente Cav. Alberto Vido, il Segretario Federico Vido ed il Consigliere Pio Songini alla cerimonia organizzata dalla Prefettura di Sondrio per la consegna delle Medaglie d’Onore ai deportati ed internati nei lager nazisti nel corso della seconda guerra mondiale; SONDRIO La Federazione Provinciale negli ultimi mesi ha svolto le seguenti attività: – ha partecipato domenica 1 febbraio con il Labaro alla cerimonia commemorativa del 66° anniversario della Battaglia di Nikolajewka, ove erano presenti il Presidente Alberto Vido, il Vicepresidente Mario Rumo, il Segretario Federico Vido, l’Alfiere Arrigo Mattiussi, il Consigliere Pio Songini, i Soci Filippo Zotti, Stefano Magagnato, Carlo Plozza, Claudio Cometti ed, in uniforme, il Sindaco Davide Ravanetti unitamente al Vice Alfiere Franco Silva, TORINO Domenica, 25 gennaio; preso la Chiesa di San Domenico di Torino è stata celebrata una Santa Messa in suffragio del Cappellano Militare degli Arditi, Padre Reginaldo Giuliani, Medaglia d’Oro al Valor Militare, seguita da un ricordo della figura dell’Eroe. Numerosi i partecipanti e le autorità religiose, militari e civili nonché molti Labari delle Associazioni combattentistiche tra i quali il Labaro della Federazione Provinciale di Torino del Nastro Azzurro. IL NASTRO AZZURRO 45 CONSIGLI DIRETTIVI Fed. CHIETI Presidente: Comm. Biagio ROSSI Vice Presidente: Sig. Sebastiano DE LAURENTIIS Consiglieri: Gen. Ettore AIMOLA, Gen. Domenico BASILE, Gen. Rosario BEVILACQUA, Gen. Franco CHIRICO’, Gen. Antonio MANCINI, Gen. Giuseppe PERLOZZI, Gen. Domenico Antonio SANTARELLI, Gen. Alberto SORIENTE, Gen. Corinto ZOCCHI Revisori dei Conti: Sig. Michelangelo CERICOLA, Sig. Achille IEZZI, Sig. Berardino VERMIGLIANO Fed. FERRARA Presidente: Avv. Giorgio ANSELMI Vice Presidente: Col. Claudio BALDINI Segretario-Tesoriere: Sig.ra Anna Maria GOZZI Consiglieri: Sig. Lorenzo CARIANI; Avv. Mario GALLOTTA; Sig. Francesco MASCELLARI; Prof.sa Gianna VANCINI; Presidente del Collegio provinciale dei Sindaci: Prof. Paolo STURLA AVOGADRI Sindaci: Sig. Massimo CAPPELLI; Sig. Maurizia GIOVANETTI Fed. LA SPEZIA Presidente: Cav. Renzo PEDRIGI Vice Presidente: Azzurro Amelio GUERRIERI Segretario-Tesoriere: Sig. Giovanni GABRIELLI Consiglieri: Sig.ra Maria BORDONARO, Sig. Alberto BOSCAGLIA, Dott. Domenico RUSSO, Sig.ra Francesca FAGGIONI Fed. LATINA Presidente: Sig. Luigi CASALVIERI Vice Presidente: Sig. Giuseppe ROMA Segretario-Tesoriere: Sig. Gino VENTRESCA Consiglieri: Sig. Tommaso BARUFFALDI, Sig. Giuseppe BIASI, Sig. Salvatore CARTA, Sig. Sante CERRONI Collegio provinciale dei Sindaci: Sig. Michele MADDALENA, Sig. Egidio NADDEO, Sig. Luigi TOSTI Fed. MANTOVA Presidente: Cav. Uff. Leonardo SAVI Vice Presidente: Cav. Uff. Guido FONTANESI Segretario-Tesoriere: Sig.ra Cesj COLLI RINALDI Consiglieri: Sig. Carlo CATTANI, Sig.ra Dina ROMANO LANFREDI, Cav. Diego SACCARDI Collegio provinciale dei Sindaci: Sig.ra Margherita FERRIANI TOMMASI, Sig.ra Isabella MARENGHI DE MARCHI, Sig.ra Giuliana SCARDEONI CONSOLINI Fed. MILANO – Gruppo di MONZA Capo Gruppo: Azzurro Attilio BARBIERI 46 IL NASTRO AZZURRO Fed. PISTOIA Presidente: Dott. Mario LIVI Vice Presidente: Sig. Graziano LAMURA Consiglieri: Sig. Andrea BAGGIANI, Sig. Giuseppe MAZZEI, Sig. Romolo RICCI Revisori dei Conti: Sig. Filippo GRECO, Sig. Angelo PORTORARO, Sig. Ivano PUCCINI Fed. ROVIGO Presidente: Geom. Graziano MARON Vice Presidente: Sig. Paolo Roberto VACCARO Consiglieri: Sig. Giannino DISSETTE; Dott.sa Cinzia MAIURI; Sig. Enrico PARTESANI; Prof.sa Graziella STROPPA; Presidente del Collegio provinciale dei Sindaci: Sig. Gianluca MUNEGATO Sindaci: Ing. Placido MALDI; Sig. Aniello PISCOPO; Fed. SIRACUSA Presidente: Avv. Francesco ATANASIO Vice Presidente: Avv. Antonello FORESTIERE Segretario-Tesoriere: Mar.llo Magg. Luigi BUCCHERI Consiglieri: Cav. Cesare FAILLA; Rag. Ivan GRANCAGNOLO; Cav. Francesco MAIORE; Brig. Paolo PAGLIARO Revisori dei Conti: Sig. Luca FAZZINO; Sig. Fabrizio GRANCAGNOLO; Sig. Mauro LA MESA Fed. TERNI Presidente: Dott. Marcello GHIONE Vice Presidente: Acc. Alberto PIEROTTI Segretario-Tesoriere: Rag. Roberto QUINTILI Consiglieri: Dott. Michele BENUCCI, Sig.ra Fulvia MOSCARDINI RIZZI, Comm. Aristide PROIETTI, Dott. Michele TATTOLI Collegio provinciale dei Sindaci: Rag. Vincenzo LOCCI, Ing. Paolo CELOTTO, Sig. Andrea CORVI Fed. VERONA Presidente: Gen. Amos SPIAZZI di CORTE REGIA Vice Presidente: Amm. Paolo TONEGUTTI Segretario-Tesoriere: Cav. Luca LAITI Consiglieri: Dott. Roberto BARBETTA; Gr. Uff. Luciano BARTOLINI; MMA Sergio CINOTTI; Cav. Nicola FERRARA; Sig. Giuseppe TOFFANIN Fed. VICENZA Presidente: Mons. Dott. Ezio Olivo BUSATO Vice Presidente: Dott. Alberto LEMBO Consiglieri: Rag. Guglielmo BENVENUTI, Cav. Giovanbattista BUSA, Cav. Albertina CAVEGGION Collegio provinciale dei Sindaci: Cav. Giacomo BERTI, Col. Giuseppe MAGRIN, Cav. Giulio VESCOVI RECENSIONI SALVO D’ACQUISTO: LA PERLA DI PALIDORO Di Giancarlo Giulio Martini, pp. 130, 17x23 cm., illustrato, edizione fuori commercio, si può richiedere direttamente all’autore, presso la Sezione di Roma - Sabina Romana della Federazione di Roma dell’Itituto del Nastro Azzurro – via della Libertà, 53 – 00010 Montelibretti (RM) – e-mail: [email protected], prezzo 10 Euro comprese spese postali (il ricavato sarà devoluto a favore degli orfani e delle vedove dei militari caduti per servizio). In occasione del decimo anniversario della inaugurazione del monumento eretto dal comune di Montelibretti in onore di Salvo D’Acquisto (in Italia ce ne sono ben cinquantasei), Giancarlo Martini, cittadino montelibrettese, ufficiale dei carabinieri in congedo, giornalista, scrittore e presidente della sezione Sabina Romana della Federazione di Roma dell’Istituto del Nastro Azzurro, ha curato la pubblicazione di questa opera omnia dedicata all’eroico sottufficiale dell’arma che, per salvare alcune decine di persone da una rappresaglia, si autodenunciò di un delitto mai avvenuto e venne fucilato dalle SS. Si tratta di una semplice ma istruttiva antologia, suddivisa in una parte introduttiva, tre capitoli principali e un’appendice. Nella parte introduttiva si trovano, oltre ad una nota introduttiva dell’autore, diversi scritti di autorità e personalità note e meno note ma comunque tutte in grado di approfondire gli aspetti più salienti del gesto dell’eroico carabiniere e del suo significato. Il primo capitolo è interamente dedicato alla figura di Salvo D’Acquisto, alla sua storia ed alla situazione in cui egli maturò la decisione di offrirsi come capro espiatorio ai nazisti alla ricerca degli autori di un presunto attentato, rivelatosi poi un semplice incidente dovuto all’inesperienza di un giovane soldato tedesco. Il secondo capitolo riguarda il monumento che Montelibretti ha eretto a Salvo D’Acquisto nel 1998. Il terzo capitolo ripercorre rapidamente le tappe salienti della storia italiana nel periodo fascista (1920-1943) che è anche, parallelamente, il periodo in cui si svolge tutta la breve vita di D’Acquisto. L’appendice è forse la parte meno agiografica, ma più interessante del libro: vi si trovano poesie, richiami letterari, recensioni cinematografiche, tutto ciò che l’eroe di Palidoro ha saputo ispirare col suo nobile gesto, culminato nell’olocausto della sua giovane vita. La forma tipografica dell’antologia onnicomprensiva può sembrare di difficile consultazione, ma leggendo il libro ci si rende conto che si tratta solo di un’impressione, mentre tale forma consente di concentrare in sole 130 pagine una mole di notizie e commenti davvero notevole. DIEDERO FIUME ALLA PATRIA A cura di Amleto Ballerini, editore “Società di studi fiumani”, pp. 144, 20,5x29,5 cm., illustrato b/n, edizione fuori commercio, si può richiedere direttamente alla “Società di studi fiumani” via Antonio Cippico 00143 ROMA. La “Società di Studi Fiumani”, col patrocinio dell’associazione “Libero Comune di Fiume in Esilio”, ha editato nel 2004 questo interessante saggio breve che squarcia con decisione e profondità il velo di ipocrisia che ha coperto l’annessione di Fiume all’Italia contro le clausole dei trattati di Londra e di Rapallo che diedero vita alla cosiddetta “Vittoria Mutilata”. Finora, si è sentito parlare dell’impresa compiuta da Gabriele D’Annunzio e dai suoi “Legionari” come di una specie di “pazzia” che ottenne il risultato solo perché, quando li presero sul serio era troppo tardi. Le cose andarono ben diversamente e finalmente si può leggere un condensato della vera storia di quei convulsi avvenimenti. Il Governo Italiano, per non venir meno alle clausole del trattato di pace, fu estremamente intransigente e si oppose con tutta la sua forza all’annessione di Fiume, Zara e le altre città dell’Istria all’Italia, sebbene tale annessione fosse richiesta con libere determinazioni dalla popolazione stessa. D’Annunzio proclamò quindi la “Libera Reggenza del Carnaro” nell’attesa che la situazione si sbloccasse. Invece, la situazione precipitò, il Governo Italiano fortemente imbarazzato decise di risolvere la faccenda con la forza e, alla vigilia di Natale del 1920, quando i combattimenti tra i legionari fiumani coadiuvati dalla popolazione locale e il Regio Esercito italiano raggiunsero l’apice, D’Annunzio comprese che non poteva lasciar distruggere la città e far morire i suoi abitanti affinché l’Italia la accogliesse e si ritirò. La sua impresa però diede il via a successive rivendicazioni sostenute soprattutto dal neonato governo fascista che condussero alla revisione del trattato di pace ed all’annessione di tutta l’Istria e la Dalmazia il 27 gennaio 1924, con l’esclusione di una parte del porto di Fiume, lasciato in territorio slavo come porto della vicina città di Susak. Ciò che traspare dalla lettura della breve parte storica introduttiva, è la totale differenza di comportamento della popolazione fiumana, tutta, davvero tutta, a favore dell’annessione all’Italia, rispetto a ciò che accadde alla conclusione della seconda guerra mondiale, quando i partigiani iugoslavi dovettero applicare la tecnica della “pulizia etnica” nei confronti della stessa popolazione italiana che finì nelle foibe o dovette fuggire abbandonando tutti i propri averi. La seconda parte del volume (più ponderosa) è costituita da una serie di elenchi nominativi tra i quali spicca quello lunghissimo (da pag. 35 fino alla fine) dei legionari fiumani. IL NASTRO AZZURRO 47