Medaglie d`oro eccellenti: Primo Longobardo

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Medaglie d`oro eccellenti: Primo Longobardo
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Distintivi con decorazione e Dame Patronesse: € 7
Distintivi dorati: piccoli: € 3, medi: € 3,50 grandi: € 4
Portachiavi: smaltato: € 7,50
Orologio: € 30
Crest grande: € 25
Labaretto: € 10
Emblema Araldico: € 20
Cartolina: € 0,30, cartoncino doppio: € 0,50, busta: € 0,10
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Fermacarte in onice: € 9,50
Posacenere: € 9
Attestato di Benemerenza: € 20
Cravatta: lana: € 12 seta: € 15
Foulards in seta: € 28
Mug.: € 7,00
Calendario: € 4,00
Tutta l’oggettistica è in vendita presso le Federazioni che in caso di carenza di materiale possono richiederlo alla Presidenza Nazionale
dell’Istituo. Le spese di spedizione saranno a carico delle Federazioni ed aggiunte al costo del materiale.
PERIODICO
NAZIONALE
DELL’ISTITUTO
DEL NASTRO
AZZURRO FRA
COMBATTENTI
DECORATI
AL VALORE
MILITARE
ANNO XLVIII - N. 4 - LUG./AGO. 2009 - Bimestrale - Poste Ital. S.p.A. Sped. in abb. postale D.L. n. 353/2003 (Conv. in L. 27/2/2004 n. 46) Art. 1 comma 2, DCB Roma
DONIAMO IL 5 PER MILLE AL NOSTRO ISTITUTO
Anche quest’anno è consentito, sia con il Mod. UNICO che
con il 730, destinare il “5 per mille” dell’IRPEF a sostegno
delle attività delll’Istituto del Nastro Azzurro fra
Decorati al Valor Militare, come Associazione riconosciuta che opera nei settori di cui all’art.10, comma 1, lettera a, del D.Lgs. n.460/97. Pertanto, vi invitiamo ad utilizzare questo strumento per sostenere gli impegni che il
nostro Istituto si è assunto per diffondere, in particolare
tra le giovani generazioni, il rispetto e l’amore per la Patria
e la conoscenza dei doveri verso questa; assistere gli iscritti e salvaguardare gli interessi morali e materiali della categoria; mantenere vivi i contatti con le Forze Armate e con
le Associazioni Combattentistiche e d’Arma.
La scelta si può esprimere apponendo, nell’apposito spazio, la propria firma ed inserendo il Codice Fiscale
dell’Istituto 80226830588.
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INFORMAZIONI UTILI PER I PARTECIPANTI
AL CONGRESSO DI BOLOGNA
Come già anticipato a pag. 3 dello scorso n.° 3/2009 de “Il
Nastro Azzurro”, in calce al programma provvisorio del
Congresso (che per ora non ha subito variazioni), alcuni
alberghi di Bologna sono stati convenzionati per fornire, a
condizioni particolarmente favorevoli, alloggio ai partecipanti al Congresso Nazionale del Nastro Azzurro, che si
terrà nella città felsinea dal 16 al 18 ottobre 2009. Di seguito si pubblica il loro elenco con i rispettivi recapiti:
Hotel Metropolitan *** - Via dell’Orso n. 6 - Bologna - tel.
051 224602
• Comunicazioni
• Il Nastro Azzurro continuerà
• Bologna, la città del Congresso
• Lettere al Direttore
• 2 giugno 2009:
63° Anniversario della Repubblica
• A 63 anni di distanza i valori di sempre
• La giornata del decorato
• 157° Anniversario della Polizia di Stato
• L’Esercito Italiano ha festaggiato
il 148°Anniversario
• 2009 - La NATO compie sessant’anni
• Medaglie d’oro eccellenti: Primo Longobardo
• La Regia Aeronautica sul fronte russo
nel secondo conflitto mondiale
• Raimondo Mazzola: il “miracolato”dello Scirè
• Detto fra noi
• Notizie in Azzurro
• Le colovare
• Il colonnello Antonino Frasconà M.A.V.M e
M.B.V.M. (sul campo)
• Estate 1941: abbattuto aereo della R.A.F.
su Lampedusa
• Dal foglio matricolare del colonnello Frasconà
• Il Comandante Francesco Acton: uno stabiese
pluridecorato della seconda guerra mondiale
• Giovanni Maltese, l’eroe di Cefalonia
• I kappenabzeichen
• Cronache delle Federazioni
• Consigli Direttivi
• Recensioni
• Oggettistica del Nastro Azzurro
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In copertina:
Hotel Regina*** -Via Indipendenza n. 51 - Bologna - tel.
051 248952
Hotel Trevecchi ****-Via Indipendenza n. 47 - Bologna tel. 051 231991
Hotel II Canale *** - Via Bertiera n. 2 - Bologna - tel. 051
222098
Invitiamo tutti i soci intenzionati a partecipare al Congresso
a provvedere per tempo alle prenotazioni onde evitare che
la disponibilità di camere risulti alla fine esaurita.
Si rende noto altresì che la S. Messa sarà officiata domenica
18 dal Vescovo ausiliare di Bologna, S.E. Ernesto Vecchi. Per
motivi sia di economia che di spazio, la Cena di gala di sabato 17 sarà su invito: i partecipanti vestiranno l’abito scuro.
2 giugno 2009:
63° Anniversario della Repubblica Italiana
“IL NASTRO AZZURRO”
Ha iniziato le pubblicazioni a Roma il 26 marzo 1924
(La pubblicazione fu sospesa per le vicende connesse al secondo conflitto mondiale e riprese nel 1951)
Direz. e Amm.: Roma 00161 - p.zza Galeno, 1 - tel. 064402676 - fax 0644266814 - Sito internet: www.istitutonastroazzurro.org
- E-mail: [email protected] - Direttore Editoriale: Giorgio Zanardi - Presidente Nazionale dell’Istituto - Direttore
Responsabile: Antonio Daniele - Comitato di Redazione: Giorgio Zanardi, Antonio Daniele, Carlo Maria Magnani, Giuseppe
Picca, Bruno Stegagnini, Antonio Teja, Antonino Zuco - Segretaria di Redazione: Barbara Coiante - Autorizzazione del
Tribunale Civile e Penale di Roma con decreto n.° 12568 del 1969 - Progetto Grafico e stampa: Arti Grafiche San Marcello
s.r.l. - v.le Regina Margherita, 176 - 00198 Roma - Finito di stampare: giugno 2009
Per abbonarsi i versamenti possono essere effettuati su C/C Postale n. 25938002 intestato a “Istituto del Nastro Azzurro”, oppure su C/C Bancario CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA - Filiale di Roma - P.zza Madonna Loreto, 24 - c/c n. 0722122-3 - CIN IT “A” ABI 06155 - CAB 03200 - IBAN: IT69A0615503200000000002122 - C.F. 80226830588
Abbonamento ordinario: 20 Euro; sostenitore: 25 Euro; benemerito: 30 Euro e oltre.
Associato alla Unione Stampa Periodica Italiana
IL NASTRO AZZURRO CONTINUERÀ
Azzurri carissimi,
Soci simpatizzanti; è anche questo un modo giusto
nessuno come noi Azzurri
di servire la Patria.
sa valutare i sacrifici, le sofCon questo ulteriore accrescimento delle nostre
ferenze e il merito dei proschiere rafforzeremo ulteriormente il nostro Istituto
fughi dell’Istria che hanno
nell’imminenza del rinnovo delle cariche sociali e
dovuto lasciare o hanno
delle modifiche del nostro Statuto che ci riprometvoluto lasciare case e beni
tiamo di deliberare a Bologna in occasione del
per rimanere, nel 1945 e
nostro XXVIII Congresso Nazionale.
dopo la fine della 2^ guerra
Quanto ha già fatto l’ANMIG creando la fondamondiale, ancora italiani.
zione che ne assicura la continuità nel tempo e
Nessuno più di loro merita
quanto stanno decidendo di fare i partigiani iscritti
l’onore di far parte delle
all’ANPI per evitare di concludere la sua storia con la
nostre file. L’iscriverli al nostro
loro inevitabile fine per via delIstituto rende omaggio anche a
l’anagrafe, ci stimola a ribadire
…NESSUNO COME NOI AZZURRI
quei giuliani (20.000 e più) di
l’assoluta necessità di conticui non abbiamo saputo più
nuare a mantenere in vita il
SA VALUTARE I SACRIFICI, LE
nulla perché scaraventati nelle
nostro Istituto e a combattere
SOFFERENZE E IL MERITO DEI
foibe.
la tentazione di quei pochi che
PROFUGHI DELL’ISTRIA CHE
Vi invito anche a rivolgere
per mantenerne integro il
HANNO DOVUTO O HANNO
la vostra attenzione a quei
ricordo preferirebbero che con
VOLUTO LASCIARE CASE E BENI
vostri
concittadini
iscritti
la fine dei Decorati finisse
PER RIMANERE, NEL 1945 E DOPO
all’Avis, perché donatori di sanl’Istituto del Nastro Azzurro.
LA FINE DELLA SECONDA
gue, che sono altrettanto
Con animo sempre più
benemeriti
della
Patria.
grato vi abbraccia il Vostro
GUERRA MONDIALE, ANCORA
Cercate quindi di invitare
Presidente.
ITALIANI...
anche loro a divenire nostri
Giorgio Zanardi
BOLOGNA, LA CITTÀ DEL CONGRESSO
L’area metropolitana di Bologna conta una popolazione di oltre 750.000 abitanti, mentre la sua influenza economica,
culturale e come polo d’attrazione supera ampiamente l’area urbana propriamente detta, estendendosi da Parma fino
alle Marche lungo l’asse della via Emilia; si tratta di una sorta di “nebulosa urbana” con oltre 3,5 milioni di abitanti, la
cui essenza è stata colta dallo scrittore Carlo Lucarelli, nel suo romanzo Almost Blue, quando fa dire ad uno dei
personaggi “Quella che lei chiama Bologna, è un cosa grande, che va da Parma fino a Cattolica ... dove davvero la
gente vive a Modena, lavora a Bologna e la sera va a ballare a Rimini ... è una strana metropoli ... che s’allarga a
macchia d’olio tra il mare e gli Appennini”.
Inoltre, ormai si va profilando la fusione con l’area urbana di Modena (dalla quale la separano solo pochissimi
chilometri lungo gli assi della via Emilia e della via Bazzanese); lo stesso Aeroporto di Bologna è al servizio diretto
dell’intera provincia modenese e dei suoi poli produttivi tessile (Carpi), delle ceramiche (Sassuolo) e del biomedicale
(Mirandola).
La città e la sua area metropolitana, parametrate anche su scala economica, culturale, commerciale, industriale,
congressuale, fieristica, finanziaria e sociale, rivestono quindi un’importanza, in ambito nazionale ed europeo, assai
superiore a quanto espresso dal semplice parametro demografico (men che meno a quello della popolazione
ufficialmente residente nel ristretto ambito comunale). La conferma di questo arriva da un interessante studio
francese condotto nel 1989 dal gruppo Reclus di Montpellier e commissionato della DATAR (Délégation à
l’Amenagement du Territoire et à l’Action Régionale), studio nel quale si formula una classificazione per grado
d’importanza delle città con più di 200.000 abitanti di 14 Stati dell’Europa Occidentale e mediterranea: Bologna, invero
con Firenze e Venezia, si situa allo stesso livello assieme a metropoli assai più popolose (ad esempio Glasgow,
Edimburgo, Birmingham, Oslo, Helsinki, L’Aia, Dusseldorf, Colonia, Vienna, Lisbona, Marsiglia, Siviglia, Valencia, le
stesse Napoli, Genova e la conurbazione Firenze - Prato, in Italia, ecc.); addirittura ad un rango superiore a quello in
cui sono collocate altre città più popolose, quali Dublino, Leeds, Liverpool, Lilla, Norimberga, Essen, Dortmund, Brema,
Hannover, Saragozza, Malaga, Bilbao, Salonicco, in Italia la stessa Palermo, ecc.
Nonostante l’esigua popolazione comunale, Bologna è stata anche inserita, dal gruppo di studio GaWC, tra il centinaio
di Città globali (o Città del Mondo), in virtù della sua importanza culturale ed economica (invero in categoria D, cioè
città globali in formazione, con scarsa evidenza).
IL NASTRO AZZURRO
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LETTERE AL DIRETTORE
Egregio Direttore,
La ringrazio infinitamente dell’attenzione che ha dato alla mia precedente lettera, non mi sento sola se persone
come Lei mi sono vicine per idee e sentimenti.
Da pochi mesi sono stata eletta presidente della sezione A.N.M.I.G. di Fabriano. Nella prima riunione del
Consiglio Direttivo ho messo al primo punto l’acquisto di una nuova bandiera per sostituire l’altra mal ridotta dal tempo
e dall’incuria. Ho anche proposto che ora sarà presente alle onoranze funebri degli iscritti qualora ne dessero notizia.
Tutti hanno approvato, perché se hanno combattuto sotto questo vessillo donando i loro anni migliori è giusto che li
accompagni nel loro ultimo viaggio.
Nella ricorrenza del 4 novembre (vergognosamente spostata) io stessa ho portato il nostro labaro, e con orgoglio
non avendo ancora l’alfiere, ho patito invece quando ho visto il Sindaco indossare la fascia tricolore portatagli, con gesti
frettolosi e quasi scomposti prima che cominciasse il rito religioso. Poveri eroi! Povera Italia, come avrebbe detto mio
padre se fosse ancora vivo!
Sto cercando simpatizzanti e sarebbe il mio sogno ricostruire una Sezione come fece a suo tempo mio marito;
ho già alcuni nominativi, ma credo che debbano avere il consenso della Federazione di Ancona.
Ho quasi terminato il diario molto documentato: “Il mio cammino con un Azzurro”; ho rivissuto con Lui il
dolore della disfatta, il disagio della prigionia, la sua gioia appena toccato il suolo italiano dopo otto anni di lontananza
(Africa Settentrionale, India), la nostra vita che è stata un mix di difficoltà, di dolore, ma anche di gioia, il tutto pervaso
da grande dolcezza che Lui ha saputo donarmi.
I miei più vivi ringraziamenti anche per la pazienza che avrà nel leggermi e tanti cordiali saluti.
Mi creda
Lucia Polidori Giorgetti
Gentile signora,
i Suoi sentimenti traspaiono dai Suoi scritti con una purezza ed una forza degne della più alta considerazione.
Rimango sempre affascinato dalla pura bellezza delle espressioni di amore per quanto di più profondo ci sia
stato trasmesso dai nostri predecessori. Tali espressioni trovano in Lei un’interprete d’eccezione.
Ammiro profondamente la Sua capacità di ricordare senza acredine un passato che pure è stato foriero di
prove tremende, come apprezzo la capacità di indignarsi che Lei dimostra per quel sindaco che indossa la fascia
tricolore, simbolo dell’istituzione da lui impersonata, “…con gesti frettolosi, quasi scomposti…”. Mi viene da
pensare se, durante la sua campagna elettorale, quella persona avesse pensato, anche solo per un momento,
che, in caso di vittoria alle elezioni, gli sarebbe toccato (è proprio il caso di dire così) di dover indossare la fascia
tricolore alle manifestazioni istituzionali. Probabilmente non lo aveva mai considerato.
Forse anche i parlamentari che, nel lontano 1977, hanno abolito il 4 novembre, pur mantenendo “ipocritamente” la “Festa delle forze Armate”, e non più della “Vittoria”, nella “prima domenica di novembre”, non si
rendevano conto di quale importante ufficio avrebbe rivestito il loro impegno istituzionale, mentre svolgevano i comizi della rispettiva campagna elettorale.
Non voglio qui indulgere a facili luoghi comuni, ma vorrei esprimere un punto di vista su un particolare tipo
di onestà che, sovente, sembra latitare dagli animi di chi ai tempi attuali si candida e viene eletto ad un incarico istituzionale: l’onestà intellettuale.
Mi spiego meglio: se qualcuno non crede in alcune forme istituzionali, come per esempio gli “Onori alla
Bandiera”, la “Fascia Tricolore”, l’“Inno di Mameli” e altre forme con cui si rende esplicita l’appartenenza alle
istituzioni della nostra nazione, perché si candida per un incarico istituzionale? Mica glielo ha ordinato il dottore di dover fare il sindaco di un comune o l’assessore provinciale o ancora il deputato o il senatore. Per accedere a tali cariche bisogna avere un altissimo senso dello stato ed un profondo amore per la nostra Patria. Senza
tali premesse, l’incarico si svuota di significato e diventa solo il mezzo per fini molto meno nobili. Fermo restando il male fatto ai propri elettori che… si sono sbagliati.
Mi perdoni se, cogliendo l’occasione della sua bellissima lettera, ho preso la via dell’invettiva (intesa nel
senso “latino” del termine) e ho voluto sottolineare il gravissimo danno sociale determinato dalla perdita di
valore dei sentimenti profondi di appartenenza nazionale del nostro popolo.
Quanto sono, invece, più elevati, più puri, più amorevoli, i sentimenti che traspaiono dalla sua lettera, breve,
ma intensa e piena di significato!
Con la più profonda stima e ammirazione.
Antonio Daniele
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IL NASTRO AZZURRO
Caro Direttore,
ho ricevuto il n. 2/2009 de “Il Nastro Azzurro” e, dopo averlo letto …, sono tornato alle pagg. 4 e 5 per rileggere
con la massima attenzione le lettere della Signora Del Din e del Signor Bellezza e le Sue garbate ma precise ed
esaurienti risposte. In merito alla affermazione, di cui al secondo capoverso della mia del 25.03.08, da Lei non
condivisa (la “vulgata” della “Repubblica nata dalla Resistenza”), senza voler fare della inutile polemica, vorrei
richiamare la definizione che della parola “vulgata” si può trovare sia sul Grande Dizionario Garzanti della lingua
italiana e sia sul Dizionario Enciclopedico Italiano della Treccani. Il primo la definisce: a – “versione latina della Bibbia
in gran parte opera di San Girolamo ed adottata come testo ufficiale della Chiesa cattolica romana”; b – “il testo
corrente di un’opera nella forma trasmessa dalla tradizione”… Avuta presente la valenza della parola “vulgata”, se i
vincitori …avessero detto, nello scrivere la cronaca di quegli anni …“la Repubblica nata dopo la vittoria degli eserciti
alleati e con il contributo della Resistenza e dei ricostituiti Partiti politici” non vi sarebbe stato, negli anni, alcun
bisogno di far baccano per farsi conoscere e ricordare e non si sarebbero disturbati i molti distratti.
Chiusa la parentesi filologica, …mi permetto solo di puntualizzare … che Benedetto Croce il 24 luglio 1947, in
occasione della presentazione all’Assemblea Costituente per la ratifica (cosa che il Giappone si rifiutò di fare) del
Trattato di Pace, ebbe a dire “...io non pensavo che la sorte mi avrebbe, negli ultimi miei anni, riservato un cosi
trafiggente dolore ... Noi italiani abbiamo perduto una guerra e l’abbiamo perduta tutti, .... Ciò è pacifico quanto
evidente...” Egli non voleva che il Dictat, come ebbe a chiamarlo, fosse approvato ma solo “subito” … E la sera del 15
settembre 1947, quando il trattato entrò in vigore, Alcide De Gasperi, alla radio, disse fra l’altro: “...scende la notte su
una delle più tristi giornate della nostra Storia...”. Sulle premesse del Trattato di Pace, si può anche ricordare che l’8
settembre 1943 fu reso noto solo il così detto “armistizio corto” … (Vittorio Emanuele III, l’8 settembre alle ore 13,
aveva assicurato sul proprio onore all’Ambasciatore tedesco - come del resto già fatto alcuni giorni prima da Badoglio la piena lealtà, all’alleato e la prosecuzione della guerra) … mentre la seconda parte, firmata a Malta da Badoglio sulla
corazzata Nelson (“armistizio lungo” contenente le clausole della resa senza condizioni ed il più che discutibile art.
16), fu segretata fino al 6 novembre 1945 anche per disorientare i comandi militari e soprattutto la Marina, con la flotta
quasi ancora intatta, che era il grosso bottino che gli anglo-americani volevano incamerare come preda bellica.
Concludo questa mia chiacchierata, … ricordando che … Giorgio Bocca nel suo libro “Storia dell’Italia partigiana”
… che il 18 settembre 1943 i partigiani erano appena mille e cinquecento dei quali, peraltro, un migliaio risultava essere
rappresentato da militari sbandati e che solo nei giorni della insurrezione di cui al famigerato “Piano E 27”, ovvero a
cose fatte, se ne contarono da 250 a 300 mila!
La ringrazio vivamente per l’attenzione … e, non senza scusarmi per la lunghezza, mi rimane gradito inviarLe i più
cordiali saluti.
Giuseppe Cigliana
Caro Cigliana,
innanzitutto devo pubblicamente scusarmi per aver dovuto ridurre notevolmente la Sua interessante, ma lunghissima lettera. Spero di essere riuscito comunque a mantenerne inalterato il senso generale.
Devo dire che, ancora una volta, mi dichiaro completamente d’accordo con Lei, a meno dell’affermazione
sulla “vulgata” della Repubblica nata dalla Resistenza. La ringrazio per i chiarimenti filologici sul significato
della parola “vulgata” e credo che essi mi rafforzino nella mia opinione che… assolutamente non si tratti di
una “vulgata”! La Resistenza è stata la premessa storica e sociale vera e reale che, dopo averne promosso l’esigenza, ha condotto il popolo italiano al referendum istituzionale del 2 giugno 1946 col quale si è scelto di trasformare lo stato da Monarchia in Repubblica. Se ciò non fosse avvenuto, gli atti del Re Vittorio Emanuele III e
gli eventi conseguenti, ritenuti di grave nocumento alla nazione (ventennio fascista, entrata in guerra, pessima
gestione dell’armistizio, ecc…), sarebbero stati riparati a sufficienza con la sua abdicazione. Il referendum, promosso per “riparare” ai predetti danni, ha avuto in realtà lo scopo di portare alle urne il popolo proprio all’indomani della disastrosa guerra perduta, cioè nel momento di minore lucidità nella materia proposta dal referendum. Chi ha voluto questo? Proprio i “capi” della Resistenza, mentre diventavano i leader politici della
appena tornata democrazia. Per questo ho espresso parere diverso relativamente alla “vulgata”… Perché ritengo che non sia affatto una “vulgata”, cioè una versione “tradizionale”, ma non per questo esatta, di ciò che
accadde, ma si sia trattato di un’azione politica premeditata e gestita con estrema attenzione e determinazione in un momento storico particolarmente favorevole a tale cambiamento.
Spero di aver chiarito completamente il mio pensiero in materia e La ringrazio per l’attenzione e la partecipazione con cui legge “Il Nastro Azzurro”. Mi creda, i lettori come Lei che contribuiscono su queste pagine ad
aprire ed approfondire (entro i limiti degli spazi disponibili) il dibattito sulle vicende della nostra Patria, sono
davvero encomiabili ed apprezzabili.
Con viva cordialità.
Antonio Daniele
IL NASTRO AZZURRO
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2 GIUGNO 2009:
63o ANNIVERSARIO DELLA REPUBBLICA
D
i anno in anno, la celebrazione del compleanno
della nostra Repubblica registra una costante riduzione degli uomini e dei mezzi
che sfilano in parata: quest’anno circa
6.000 uomini e donne (ottocento in
meno dello scorso anno), tra militari e
appartenenti ai Corpi assimilati alle
Forze Armate. Anche i supporti logistici sono stati ridotti, le tribune sono
state ridimensionate; il tutto ha portato ad un risparmio complessivo di
un milione di Euro che il Governo ha
destinato agli aiuti per le zone terremotate d’Abruzzo.
Come da copione, l’arrivo del
Capo dello Stato, On. Sen. Giorgio
Napolitano, ha dato il via alla parata.
Presenti pressoché tutte le autorità
istituzionali: i presidenti del Senato,
sen. Renato Schifani, e della Camera
on. Gianfranco Fini, il Presidente del
Consiglio dei Ministri, on. Silvio
Berlusconi (giunto in lieve ritardo), il
Ministro della Difesa, on. Ignazio La
Russa, il Sottosegretario alla
Protezione Civile, dott. Guido
Bertolaso, e di numerose autorità isti-
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IL NASTRO AZZURRO
tuzionali tra le quali il sindaco di Roma Gianni Alemanno,
con la fascia tricolore, alle quali si aggiungono autorità
civili, religiose e militari (il Capo di
Stato Maggiore della Difesa generale
Vincenzo Camporini, i Capi di Stato
Maggiore delle Forze Armate, ecc).
Proprio l’impegno in Abruzzo
delle Forze Armate, della Protezione
Civile, della Croce Rossa Italiana e dei
Corpi Armati dello Stato è stato il leit
motiv della sfilata 2009 che ha visto
un Guido Bertolaso particolarmente
attento al passaggio dei “suoi” operatori molto apprezzati per la meritoria opera tutt’ora in svolgimento
nelle zone martoriate dal terremoto.
Sempre più numerose le donne presenti nei Reparti che hanno sfilato,
non più novità, ma ormai normalità
nelle Forze Armate.
Nella sua scenografia esecutiva, la
parata 2009, aperta dalla tradizionale
ostensione da parte dei Vigili del
Fuoco del Tricolore sulla facciata del
Colosseo, è stata divisa in otto settori.
Nel primo, delle Istituzioni, hanno sfilato le Bandiere delle quattro Forze
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato al Ministro della Difesa, on.
Ignazio La Russa, il seguente messaggio:
“Al termine della odierna Rivista militare, in occasione del sessantatreesimo anniversario
della proclamazione della Repubblica italiana, desidero esprimerle il mio personale
compiacimento per la piena riuscita della manifestazione.
Ho altresì molto apprezzato come, nella difficile contingenza che il Paese sta
attraversando, ella abbia voluto adottare misure atte a conferire all’evento toni di sobrietà
e rigore, senza nulla togliere alla celebrazione, e contribuire al conferimento di risorse per
l’assistenza e la ricostruzione in Abruzzo.
Nella solennità della circostanza, i reparti hanno sfilato in maniera impeccabile, con una
impostazione formale, un portamento ed un entusiasmo che testimoniano elevatissimo
livello addestrativo e consapevolezza del ruolo e della dignità di quanti prestano servizio
nelle Forze Armate nell’interesse del Paese e della comunità internazionale.
Il rilancio su nuove e più costruttive basi della cooperazione tra gli Stati ed il
superamento della grave crisi economica che, in questo periodo, colpisce l’Italia ed il resto
del mondo non possono infatti prescindere dal contributo che lo strumento militare italiano
garantisce per il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza su scala globale e per la
stabilizzazione delle aree di crisi.
L’affetto e l’ammirazione con cui i tantissimi cittadini accorsi quest’oggi nello splendido
scenario dei Fori Imperiali hanno festeggiato le Forze Armate sono segni inequivocabili di
quale e quanta considerazione il Paese abbia per le nostre istituzioni militari.
Con questi sentimenti, le chiedo, signor Ministro, di far pervenire il mio apprezzamento e
quello delle istituzioni democratiche per l’eccellente lavoro svolto e l’impegno altamente
professionale profuso a tutti coloro che hanno contribuito a realizzare l’odierna
celebrazione.”
Roma, 2 giugno 2009
Armate e della G.d.F., seguite dai gonfaloni delle Regioni
italiane e dai labari delle Associazioni Combattentistiche
e d’Arma (tra cui il Labaro dell’Istituto del Nastro Azzurro
fra Combattenti Decorati al Valor Militare), seguiti da un
sottosettore relativo all’attività internazionale a supporto della politica estera, in cui hanno sfilato le rappresentanze dei reparti italiani e delle nazioni alleate impegnate insieme nei medesimi teatri operativi fuori area nell’ambito di missioni NATO e ONU (coreografici i greci con
le loro uniformi caratteristiche).
I quattro settori successivi, relativi all’Esercito Italiano,
alla Marina Militare, all’Aeronautica Militare ed all’Arma
dei Carabinieri, hanno seguito tutti il medesimo copione:
sono stati aperti dalla rispettiva Banda militare cui hanno
fatto seguito una compagnia di formazione delle rispettive scuole militari (Accademia, Scuola Sottufficiali,
Scuola Volontari di truppa, ecc…), la formazione delle
Bandiere di Guerra dei Reparti e una o più Compagnie di
Reparti scelti o di rappresentanze di Reparti.
Il sesto settore, relativo ai Corpi armati ed ausiliari
dello Stato, è stato aperto dalla Guardia di Finanza, che
ha sfilato con le stesse modalità delle altre Forze Armate,
e completato dalla Croce Rossa Italiana e dal Sovrano
Militare Ordine di Malta.
Il settimo, relativo alla Protezione Civile, è stato aperto dalla Banda Nazionale dei Vigili del Fuoco e da una
loro rappresentanza, seguiti dalla Polizia di Stato, con la
medesima formula delle Forze Armate (Compagnia di
formazione delle Scuole, Compagnia Specialità varie,
automezzi, tra cui la “Lamborghini”), la Polizia
Penitenziaria, il Corpo Forestale dello Stato e poi di
nuovo i Vigili del Fuoco con i propri mezzi speciali su uno
dei quali campeggiava la scritta : “L’Abruzzo nel cuore –
L’Aquila 2 aprile 2009”. La commozione di tutti, autorità
e semplice pubblico, è stata fortissima al passaggio. E
ancora molti mezzi utilizzati da tutte le forze dello Stato
intervenute in Abruzzo. Il settore è stato chiuso dal reparto motociclistico della Polizia Municipale di Roma, in rappresentanza di quelli di tutti i comuni d’Italia.
L’ottavo e ultimo settore in cui Lancieri di Montebello,
Carabinieri, Polizia di Stato, Corpo Forestale e Guardia di
Finanza, hanno sfilato a cavallo a chiusura di una parata
che, seppure organizzata al risparmio, è stata molto bella
e suggestiva. Gli onori finali al Presidente della
Repubblica da parte dei Corazzieri a Cavallo e il sorvolo
tricolore della Pattuglia Acrobatica Nazionale hanno
chiuso come sempre la manifestazione.
Grande la partecipazione del pubblico, con applausi,
attenzione e evidente partecipazione alla parata di questo 2 giugno. Grande l’apprezzamento per l’opera svolta
dalle Forze Armate e, soprattutto quest’anno, dalla
Protezione Civile, che ha riscosso applausi e commossa
partecipazione per l’eccellente impegno sin qui dimostrato a L’Aquila e dintorni.
Gli italiani hanno come sempre evidenziato un sentimento di forte attaccamento alle istituzioni che si è manifestato proprio col gradimento e con l’intensa partecipazione alla parata, tradizionale appuntamento tra le Forze
Armate e il popolo italiano in occasione della Festa della
Repubblica.
Antonio DANIELE
IL NASTRO AZZURRO
7
A 63 ANNI DI DISTANZA I VALORI DI SEMPRE
S
ono passati sessantatrè anni da quando, il
2 giugno 1946, il
popolo italiano venne chiamato alle urne per decidere, col primo referendum
istituzionale della storia
del Paese, quale forma di
stato esso avrebbe dovuto
avere in futuro, scegliendo
tra la continuazione della
Monarchia o l’istituzione
della Repubblica.
Il travagliato secondo
conflitto mondiale aveva
portato con sé, oltre a
distruzioni, lutti ed abbrutimenti, anche una profonda spaccatura nelle
coscienze degli italiani; una spaccatura esemplificata da quasi due anni di guerra civile,
dalla nascita al nord della Repubblica Sociale
Italiana contrapposta al
legittimo governo del sud
impersonato
dal
Re
Vittorio Emanuele III°,
dalla Resistenza contro il
nazifascismo impersonato
dall’esercito tedesco presente sul suolo italiano e
trasformatosi di colpo,
dopo l’8 settembre 1943,
da alleato ad invasore.
Molte, troppe le colpe
che gran parte del popolo
italiano addossava alla
corona sabauda: vent’anni
di dittatura fascista, l’entrata in una guerra rovinosa senza un’adeguata preparazione e senza
neppure un disegno politico e strategico che
la giustificasse, la conduzione della delicata
fase dell’armistizio con gli alleati in un modo
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione del 2 giugno, Festa Nazionale della
Repubblica, ha inviato al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Vincenzo Camporini, il seguente
messaggio:
“Il 2 giugno si celebra la proclamazione della Repubblica, passaggio decisivo nel lungo e travagliato
cammino storico che l’Italia ha dovuto percorrere per poter fare definitivamente propri i principi di
democrazia, libertà, eguaglianza e giustizia sui quali si fonda la nostra Carta Costituzionale.
In questa giornata, il nostro deferente omaggio e la nostra riconoscenza vanno a tutti gli italiani che
persero la vita in spirito di fedeltà alla Patria nella guerra voluta dal fascismo ed a coloro che, animati da
un nuovo senso dell’interesse nazionale, caddero successivamente per far sì che l’Italia riconquistasse
libertà, indipendenza e unità.
Sono trascorsi sessantatre anni da quel 2 giugno 1946. Ma quei valori, divenuti principi della
Costituzione repubblicana, sono oggi ancora e più che mai condizione e guida per la costruzione di
un’Italia coesa, prospera, solidale; per un’Italia che sia sempre più elemento propulsivo di un’Europa
finalmente unita, ancora una volta protagonista dello sviluppo economico e del progresso sociale, civile e
culturale della comunità internazionale.
Nel grande scenario di un mondo sempre più interconnesso, nel quale i paesi democratici sono ormai
affratellati da comuni principi ed obiettivi di sviluppo, le Forze Armate non sono più concepite al servizio
di pretese nazionalistiche e disegni di aggressione, ma come strumento di cooperazione per la
costruzione ed il mantenimento della pace e della sicurezza collettiva.
Le Forze Armate italiane sono da anni in prima linea nei tanti teatri di crisi ove viene minacciato il
progresso civile ed economico dell’umanità e sono offesi i più elementari diritti dell’uomo. Oggi, custodi e
garanti della Costituzione e della sicurezza del Paese, in prima linea anche al fianco delle genti d’Abruzzo
colpite da un disastroso sisma, raccolgono, in questa giornata di festa, l’affetto e la riconoscenza dei
cittadini e delle istituzioni democratiche.
Ad esse, a nome di tutti gli italiani, esprimo la mia gratitudine e formulo il più fervido augurio.
Viva le Forze Armate, viva l’Italia!”
Roma, 2 giugno 2009
8
IL NASTRO AZZURRO
così approssimativo e pasticciato da provocare la “liquefazione” delle Forze Armate proprio nel momento in cui si aveva il massimo
bisogno della loro vigorosa e decisa capacità
di fronteggiare con energia e idee ben chiare
la nuova situazione. Tutto questo portò ad un
risultato praticamente scontato: vinse la
Repubblica.
Eppure, nonostante col senno del poi si
possa sostenere appunto che il risultato del
referendum fosse praticamente scontato, in
realtà non lo fu così sicuramente fino alla fine
dello spoglio delle schede, né la vittoria della
Repubblica, pur netta, poté mai essere paragonata ad un plebiscito. Ciò potrebbe superficialmente ascriversi al dato storico che fu
proprio Casa Savoia l’artefice dell’Unità
d’Italia e che il periodo risorgimentale era
ancora molto vicino (circa un secolo) e molto
sentito quando si svolse la consultazione
popolare che, per inciso, fu anche, per la
prima volta, estesa alle donne.
In realtà, il referendum istituzionale fu
tenacemente voluto e perseguito dai partiti
di sinistra del CLN i quali iniziarono con l’addossare a Vittorio Emanuele III° le gravi
responsabilità inerenti le disgrazie d’Italia
(cosa ampiamente condivisibile), per poi continuare estendendo tali responsabilità alla
corona come istituzione (e qui diventava
meno scontato condividerlo). Il ragionamento portava dritto, dritto a mettere in discussione la Monarchia come istituzione, indipendentemente dai tentativi di Umberto II° di
prendere le distanze dalla politica perseguita
dal padre: anzi, egli apparve, a tratti, persino
penosamente goffo nel cercare di rimediare,
nel breve mese del suo regno, ad una situazione ormai perduta.
Oggi sono trascorsi sessantatré anni dalla
proclamazione della Repubblica. Dopo lo
scossone istituzionale che le inchieste di “tangentopoli” hanno provocato all’inizio dello
scorso decennio, si usa dire che siamo nella
“seconda repubblica”, ma ciò, in punta di
diritto, non è propriamente corretto. Infatti,
la Costituzione repubblicana, entrata in vigore il 1 gennaio 1948 a seguito del lavoro
dell’Assemblea Costituente, istituita proprio
col medesimo referendum del 2 giugno 1946,
non è stata modificata. Ciò che è cambiato
non riguarda la forma di stato, ma come i cittadini lo percepiscono: i partiti usciti dalla
seconda guerra mondiale, quelli cioè che
hanno fondato la Repubblica, non esistono
più; la legge elettorale è stata più volte modificata; il premier viene indicato agli elettori
come se essi, col loro voto, potessero deciderlo. È proprio quest’ultima
affermazione che delimita la differenza tra una seconda repubblica
“effettiva” e quella “percepita”. La
nostra Costituzione, ancora oggi,
prevede che sia il Presidente della
Repubblica, e non il corpo elettorale, a designare chi ha il compito di
formare (e poi presiedere) il
Governo. Quindi, la presentazione
alle elezioni politiche di “candidati
premier” da parte dei partiti politici, non essendo in linea con la
Costituzione, di fatto non la rispetta… Eppure, proprio su questa
prassi, consolidatasi negli ultimi
anni, si basa la convinzione di essere nella “seconda repubblica”. Una convinzione smentita anche dal Quirinale che, finora,
ha sempre “rispettato” la volontà espressa
dal popolo alle urne. Infatti, non vi è alcun
vincolo costituzionale a farlo, se non una
generica necessità di “...tenere conto delle
indicazioni dei partiti, ecc…”.
Tutto ciò, forse, perché nonostante i sessantatré anni trascorsi, la nostra Costituzione
repubblicana rimane sempre attuale ed interpreta sempre in modo ottimale le esigenze
della nostra società.
A.D.
IL NASTRO AZZURRO
9
LA GIORNATA DEL DECORATO
L
a “Giornata del Decorato” è divenuta una ricorrenza simbolica alla quale i rappresentanti delle
Federazioni provinciali dell’Istituto del Nastro
Azzurro fra Combattenti Decorati al Valor Militare partecipano con rinnovato amore di Patria insieme al
“Gruppo Medaglie d’Oro d’Italia”, il
tutto sotto la supervisione di
“Assoarma”. Quest’anno, per disposizione del Gabinetto della Difesa,
l’evento è stato programmato per il
lunedì 25 maggio: il 24 maggio, vera
data della ricorrenza, è caduto di
domenica, giorno in cui, per contenere le spese, il Ministero della
Difesa non da disponibili i picchetti
d’onore per le cerimonie ufficiali.
L’Altare della Patria, alle nove di
mattina, era adornato soprattutto
dell’azzurro dei Labari delle
Federazioni Provinciali del Nastro
Azzurro, ma i soci di entrambe le
associazioni accorsi all’appello
erano numerosi. Nella cornice di un
servizio d’onore impeccabile, sono
state contemporaneamente deposte
al sacello del Milite Ignoto tre coro-
10
IL NASTRO AZZURRO
ne d’alloro, una da parte dell’“Istituto del Nastro
Azzurro”, una da parte del “Gruppo Medaglie d’Oro”
e una da parte di “Assoarma”.
Terminata la cerimonia, il Presidente Nazionale
dell’“Istituto del Nastro Azzurro”, Comandante Giorgio
Zanardi, ha voluto esprimere un
pensiero al ricordo di quanti, nonostante le difficoltà dell’Italia di allora, hanno aderito all’irredentismo
ed hanno manifestato affinché nel
1915 l’Italia intervenisse nella
Grande Guerra contro gli Imperi
Centrali e potesse riscattare così la
libertà di Trento e Trieste. “Quelli
erano Italiani D.O.C.” ha detto
Zanardi “come oggi si sono dimostrati italiani D.O.C. gli abruzzesi
che, nonostante la tragedia che li ha
colpiti, hanno evidenziato doti di
tenacia e di dignità encomiabili”.
Terminato l’evento, i partecipanti, provenienti da ogni parte d’Italia,
hanno a lungo indugiato all’Altare
della Patria scattandosi reciprocamente foto ricordo.
A.D.
157o ANNIVERSARIO DELLA POLIZIA DI STATO
“C’
è più sicurezza insieme”: è
questo lo slogan che ha accompagnato l’8 maggio 2009 in
piazza del Popolo la cerimonia per il
157esimo anniversario della Polizia di Stato,
alla presenza tra gli altri del presidente della
Repubblica,
Giorgio
Napolitano, del ministro
dell’Interno,
Roberto
Maroni, del capo della
polizia,
Antonio
Manganelli.
Il 9 maggio ogni questura ha organizzato iniziative locali e un evento
speciale è stato celebrato
a L’Aquila per ricordare
le vittime del terremoto
e l’impegno dei poliziotti
che hanno garantito assistenza in situazioni di
emergenza.
All’apertura della cerimonia ufficiale, le autorità hanno assistito nella
piazza allo schieramento
dei principali reparti
della Polizia di Stato,
passati in rassegna, cui è
seguita l’esibizione dei
motociclisti della polizia
stradale e la successiva
visita del presidente
Napolitano agli spazi
espositivi. «Il livello di
attenzione - ha detto il
capo dello Stato - dovrà
essere mantenuto sempre alto in quanto esiste
il rischio che le organizzazioni di stampo mafioso possano approfittare
dell’attuale crisi per
acquisire il controllo di
aziende in difficoltà».
Per 3 giorni si sono
alternati nello spazio
della piazza i cinofili, gli
atleti delle Fiamme Oro e
i sommozzatori del CNES.
Particolarmente apprezzate dal pubblico,
soprattutto giovane, le dimostrazioni della
polizia scientifica e le tecniche di guida dei
veicoli della polizia.
Le celebrazioni si sono concluse la sera del
10 maggio.
IL NASTRO AZZURRO
11
L’ESERCITO ITALIANO HA FESTEGGIATO
IL 148o ANNIVERSARIO
L
a storia dell’Esercito
Italiano ha radici
molto lontane: ricordiamo la data del 18
aprile 1659, quando il
duca Carlo Emanuele II di
Savoia, volendo disporre
di militari addestrati e
pronti all’impiego, indisse un bando per il reclutamento di 1.200 uomini
da inquadrare in un reggimento detto “delle
Guardie”. Questo evento segnò il
passaggio dalle milizie di ventura
alle unità permanenti, organismi
propri dello Stato. Il reggimento
“delle Guardie” fu, dunque, il primo
reparto permanente d’Europa, precursore dell’attuale Esercito di professionisti. Due secoli dopo, appena
all’indomani dell’Unità d’Italia, cioè
il 4 maggio 1861, un provvedimento
del Ministro della Guerra Manfredo
Fanti decretava la fine dell’Armata
Sarda e la nascita dell’Esercito
Italiano. “Vista la legge in data 17
marzo 1861, con la quale S.M. ha
assunto il titolo di Re d’Italia, il sottoscritto rende noto a tutte le
Autorità, Corpi ed Uffici militari che
d’ora in poi il Regio Esercito dovrà
prendere il nome di Esercito Italiano, rimanendo abolita l’antica denominazione di Armata
Sarda.” Firmato Manfredo Fanti, Ministro della
Guerra.
148 anni più tardi, il 7
maggio 2009, si è tenuta
a
Roma,
presso
il
Comando della Brigata
Granatieri, alla presenza
del presidente della
Repubblica, on. Sen.
Giorgio Napolitano, del
ministro della Difesa, on.
Ignazio La Russa, e del
capo di Stato Maggiore
della Difesa, generale
Vincenzo Camporini, la
12
IL NASTRO AZZURRO
cerimonia dell’anniversario della fondazione
dell’Esercito Italiano.
Il capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale di Corpo d’Armata Fabrizio Castagnetti,
nel suo intervento ha sottolineato come
“l’Esercito, istituzione sana, efficiente, ricca di
valori… sia, già da molti anni, lo strumento più
diffusamente utilizzato nel nostro paese, in
virtù delle riconosciute e sperimentate capacità
in termini di esperienza, rapidità di intervento
e proiettabilità”.
L’integrazione di emigranti extracomunitari
che, negli ultimi due decenni, si stanno stabi-
lendo numerosi in Italia, fa sentire i suoi effetti
anche nell’Esercito Italiano. Infatti, il generale
Castagnetti ha voluto indirizzare un particolare
saluto ad una rappresentanza di “ufficiali, sot-
tufficiali e militari di truppa per i quali l’Italia
costituisce da tempo la patria adottiva, essendo
nati in altre parti del mondo”.
La celebrazione è stata anche occasione di
bilanci. È stato rilevato, non senza adeguata
soddisfazione, che gli uomini e alle donne della
Forza Armata continuano a dimostrare, in un
momento di necessaria trasformazione una
grande capacità di adattamento e una ancor
maggiore efficienza.
Le sempre più pressanti istanze di sicurezza
interna ed esterna, hanno portato l’impegno
della Forza armata a livelli mai toccati dalla
fine del secondo conflitto mondiale. Esempi
chiari di quest’impegno sono gli oltre 10.000
uomini dislocati tra Afghanistan, Libano,
Kosovo e in Italia nell’ambito delle operazioni
“strade sicure” e “strade pulite”. Il
tutto senza peraltro dimenticare gli
uomini e le donne che, lontano
dagli onori della cronaca, svolgono
quotidianamente un prezioso lavoro per la formazione, la preparazione ed il sostegno delle unità schierate sul terreno.
I traguardi fin qui ottenuti hanno
permesso di guadagnare il rispetto e
la stima dei paesi amici e alleati e,
soprattutto, hanno fatto sì che gli
italiani potessero apprezzare appieno le qualità che l’Esercito esprime
ogni giorno: professionalità, impegno ed umanità. Apprezzamento
che viene quotidianamente dimo-
strato attraverso la partecipazione ai
concorsi di reclutamento. I dati evidenziano, infatti, un trend favorevole nel rapporto di selezione che rimane ampiamente adeguato alle esigenze; basti pensare, alle domande
d’ammissione per l’Accademia di
Modena, che sono state 52 per ciascun posto disponibile, e a quelle per
la Scuola Sottufficiali Esercito che
sono state ben 178 per ciascun posto.
Positivo anche il trend degli
arruolamenti dei volontari di truppa
che vedono il 71% delle domande
provenienti dal sud Italia, il 18% dal
centro e l’11% dal nord.
In un momento in cui si profila
un’ulteriore riduzione di risorse finanziarie, a fronte di impegni che, al contrario, non danno cenno di contrazione, l’Esercito è chiamato a gestire quanto nella
sua disponibilità per svolgere con dignità i compiti che il Paese gli assegna. In questo senso
l’Esercito è oggi fortemente impegnato nell’individuare e proporre le necessarie misure di
razionalizzazione e, nel contempo, è consapevole di dovere indicare alle Istituzioni, con coerenza, trasparenza e lealtà le esigenze e le risorse necessarie per far fronte agli impegni assegnati alla Forza Armata.
La cerimonia si è conclusa con la consegna di
importanti onorificenze a militari che negli ultimi anni si sono distinti nell’adempimento del
proprio dovere.
(Liberamente tratto dal sito web dell’Esercito Italiano)
IL NASTRO AZZURRO
13
I
l sessantesimo anniversario della NATO è stato celebrato a
Roma, presso il Senato della Repubblica, con una solenne
rievocazione alla quale hanno partecipato tutti i rappresentanti dei paesi della sponda europea aderenti al Trattato,
sia quelli della prima ora, che lo firmarono il 4 aprile 1949,
sia quelli entrati a farne parte dopo il dissolvimento del
Patto di Varsavia e dell’Unione Sovietica.
In questa sede non si ripeterà la cronaca dell’evento,
nota a tutti tramite i resoconti giornalistici e televisivi, la cui
tempestività mette sempre “fuori tempo massimo” la nostra
rivista “bimestrale”. Si tenterà, bensì, di ripercorrere per
sommi capi la storia dell’Alleanza e indicarne, per quanto
possibile, il futuro.
La seconda guerra mondiale si era chiusa da solo qualche
anno e già nel mondo, in particolare in Europa, si profilavano i prodromi di un confronto ancora più totale e prevedibilmente distruttivo: lo scontro Est – Ovest tra gli Stati Uniti,
con gli alleati europei occidentali, e l’Unione Sovietica con i
suoi paesi satelliti dell’Europa orientale. Tale scontro si sarebbe potuto risolvere già nel corso della seconda guerra mondiale, ma la sagacia politica di Stalin, insieme all’opportunismo di Churchill, fecero sì che gli Stati Uniti, pur prevedendo
enormi difficoltà di rapporto con i Sovietici, anch’essi alleati,
rinviassero il redde rationem a tempi successivi.
Si è spesso detto che la causa principale della seconda
guerra mondiale fu l’eccessivo rigore dei trattati di pace stipulati a conclusione della prima, che erano esageratamente
punitivi nei confronti della Germania e persino dell’Italia,
pur sempre una delle potenze vincitrici. Niente di più falso:
si trattò di una guerra scaturita da un confronto essenzialmente ideologico. Le democrazie occidentali a confronto
con le dittature fasciste e comuniste.
La guerra vide le Democrazie Occidentali contro i
Fascismi, ma alleate del Comunismo rappresentato
dall’Unione Sovietica, eppure la Democrazia è antitetica ad
entrambi i regimi, poiché entrambi sono regimi dittatoriali,
liberticidi e totalitari. La differenza tra i due consiste solo nel
diverso modo di interpretare il mondo economico: il fasci-
14
IL NASTRO AZZURRO
smo credeva nella proprietà privata, ritenendo però che il
mercato dovesse essere controllato con un forte dirigismo
politico da parte dello stato centralizzato, unico vero depositario delle reali esigenze della società, quindi si giunse all’aberrazione delle leggi raziali contro la razza ebraica “rea” di
annoverare statisticamente un notevole numero di liberi
imprenditori; il comunismo non credeva nel libero mercato,
non accettava la proprietà privata né il guadagno d’impresa,
e riteneva che un’accurata pianificazione dei bisogni della
società potesse sopperire alla versatilità ed all’elasticità del
libero mercato senza creare ingiusti accumuli di denaro in
poche mani “fortunate”, quindi i regimi comunisti nazionalizzarono tutti i mezzi di produzione e distribuzione.
Gran Bretagna e Stati Uniti si trovarono quasi giocoforza
a doversi alleare con l’Unione Sovietica dopo che la
Germania aveva per prima violato il trattato “MolotovRibbentrop” sulla spartizione della Cecoslovacchia, invadendo la Polonia nel 1939. Ciò ritardò a dopo la seconda guerra
mondiale il confronto tra Democrazie e Comunismo, quando
esisteva già l’arma nucleare e una nuova guerra, non solo
avrebbe portato ancora altre inimmaginabili distruzioni in
un’Europa già prostrata dal recente terribile conflitto, ma
sarebbe stata combattuta con armi talmente distruttive da
metterne in dubbio perfino l’utilità politica dell’esito finale.
Il Trattato del Nord Atlantico fu siglato a scopo puramente difensivo contro un’Unione Sovietica che, unico caso al
mondo, dopo la seconda guerra mondiale non aveva smobilitato nessuna delle armate schierate per combattere e vincere la Germania Nazista. Una massa imponente di soldati e
di mezzi corazzati premeva lungo la linea di demarcazione
tra i paesi dell’area occidentale e quelli orientali della nuova
Europa, tracciata a Yalta nel 1944. Solo la potenza dell’alleato statunitense e delle sue armi nucleari poterono dare
abbastanza sicurezza alle democrazie europee vecchie (Gran
Bretagna, Francia, Paesi Bassi, ecc…) e nuove (Germania
Ovest, Italia). Alla NATO, si contrappose presto un’alleanza
contraria, egemonizzata dall’Unione Sovietica: il “Patto di
Varsavia”. Era iniziata la “guerra fredda”.
Per circa quaranta anni, anche se in Europa non fu sparato un solo colpo di fucile tra le due armate contrapposte, il clima politico fu sempre teso e spesso vi furono picchi che fecero temere il passaggio al confronto bellico vero
e proprio.
I momenti di tensione più noti storicamente furono: il
blocco di Berlino del 1949, l’invasione dell’Ungheria nel
1956, la costruzione del muro di Berlino nel 1961, la crisi di
Cuba nel 1962, la “Primavera di Praga” nel 1968, lo schieramento dei missili SS-20 nei primi anni ottanta. Come si può
osservare, tali eventi configurarono tutti dei tentativi, più o
meno evidenti, da parte dell’Unione Sovietica, di forzare la
mano alla NATO per tradurre il confronto virtuale in confronto reale oppure di mantenere ben saldo, di fronte al
mondo, il proprio potere sul territorio che si era auto assegnata a Yalta nel 1944. La NATO, sotto l’accorta guida statunitense, riuscì sempre ad evitare lo scontro a fuoco, pur contenendo entro limiti accettabili i colpi d’ariete dell’Unione
Sovietica.
La dottrina della NATO, pur evolvendosi notevolmente
per tutta la “guerra fredda”, ebbe sempre un comune denominatore: la “dissuasione” del potenziale nemico dall’attaccare militarmente, perché la reazione della NATO sarebbe
stata così potente e violenta da creare danni molto superiori ai vantaggi che un’eventuale vittoria sovietica avrebbe
portato con se. Si arrivò persino ad ipotizzare la “mutua
distruzione assicurata”.
La dissoluzione del Patto di Varsavia prima e dell’Unione
Sovietica poi, avvenuta all’inizio degli anni novanta, hanno
fatto ipotizzare anche lo scioglimento della NATO poiché
veniva a mancare la sua principale ragion d’essere. L’errore
di tale valutazione fu evidente all’indomani dello scioglimento del Patto di Varsavia, quando tutti i paesi che ne avevano fatto parte “fecero letteralmente la fila” per entrare
nella NATO. Il Presidente della stessa Russia (l’Unione
Sovietica non esisteva più), Vladimir Putin, nel 2002 ha firmato un trattato di mutua cooperazione NATO – Russia proprio
in Italia, nella base aerea di Pratica di Mare. L’attualità della
NATO è dimostrata dalla recente decisione del Governo francese di rientrarvi a pieno titolo, dopo la clamorosa uscita del
1962 a opera di De Gaulle che, nell’occasione, chiese: “Gli
Stati Uniti rischieranno New York per salvare Parigi?”.
In occasione del 60° anniversario dell’Alleanza, il 4 aprile
2009, le ultime due adesioni: Albania e Croazia.
Nell’ultimo ventennio, quindi, la NATO, ben lungi dall’apparire sopravvissuta a sé stessa, è più volte stata il punto
di riferimento politico militare per dirimere e risolvere controversie internazionali per troppo tempo tenute sospese dal
grande confronto est – ovest della guerra fredda. Interventi
in ex Jugoslavia (Kosovo) o a Timor Est hanno creato le premesse affinché la NATO divenisse la principale alleanza politico militare mondiale, operante non più nell’angusto scacchiere europeo, ma in grado di proiettarsi rapidamente ed
efficacemente, dove è necessario, sull’intero pianeta, qualificadosi altresì come l’organizzazione più efficace ed efficiente nelle operazioni di “Peace Keeping” e “Peace Enforcing”
nell’ambito delle Nazioni Unite.
Antonio Daniele
IL NASTRO AZZURRO
15
MEDAGLIE D’ORO ECCELLENTI:
PRIMO LONGOBARDO
T
ra le figure di eroi che La Maddalena vanta, fra i
suoi figli, quella di Primo Longobardo è certamente una delle più fulgide. La sua è la storia di un
uomo nato sul mare e strettamente legato ad esso fino
alla fatale conclusione avvenuta sotto le stelle dei Tropici
in quella notte del 14 luglio 1942 in cui fu scritta una
delle più belle pagine della storia della nostra Marina.
Molti vecchi maddalenini, ormai quasi tutti scomparsi, lo
ricordavano negli anni della Cina, quando era imbarcato
sul Caboto, o a Pola, durante il
suo incarico a terra al Comando
della Scuola Sommergibili. Un
uomo alto, imponente, dalla voce
tonante, che riusciva a trascinare
gli uomini nel suo entusiasmo
verso il mare; un gigante buono,
la cui figura ispirava nei marinai
ammirazione, simpatia e rispetto.
Longobardo nacque a La
Maddalena il 19 ottobre 1901, da
Vincenzo ed Ersilia Culiolo; entrato in Marina giovanissimo, dopo
gli anni di accademia e gli imbarchi prima sul Vespucci e poi sul Da
Recco, nel 1929 fu destinato a
Tienstin sul Caboto quale vice
comandante del battaglione italiano in Cina. Fu qui che tra gli
uomini dei contingenti internazionali che mantenevano la pace
in Cina, conobbe l’ufficiale inglese
J. S. Dalison col quale strinse rapporti di fraterna amicizia; questi,
fatalmente, sarebbe stato poi il
nemico della sua ultima battaglia.
La grande passione di
Longobardo furono i mezzi subaquei; imbarcato sul F.lli
Bandiera, nel 1936 passò poi sul Galileo, di seguito sul
Calvi, sull’Otaria, il Dessiè, l’Alagi e l’Adua, poi sul
Bragadin, l’Ametista, il Capponi, il Mameli, il Toti ed infine sullo Jalea. La sua conoscenza dei diversi tipi di sommergibile era completa e l’esperienza acquisita nei lunghi
anni di navigazione sui mezzi subacquei avevano fatto di
lui un vero comandante; non c’era sommergibilista che
non lo conoscesse e che non sentisse il suo carisma.
Nel 1941, ormai quarantenne, fu destinato alla Scuola
Sommergibili di Pola, incarico di grande prestigio, ma pur
sempre un incarico a terra. Era iniziata la guerra e i nostri
mezzi subacquei erano già in piena attività in Atlantico;
in Italia, sia pur gonfiate dalla propaganda, arrivavano le
notizie di imprese eroiche che acuivano la sua insofferenza. Il suo comando a terra, oltre a farlo sentire tagliato
fuori dalla vita sul mare, gli dava il rimpianto di non poter
dare alla Patria tutto se stesso e non si dette pace fintanto che non riuscì, malgrado l’età’, ad avere un imbarco.
“In Atlantico c’è gloria per tutti”, diceva, ed ottenuto il
comando del Torelli diede subito prova delle sue capacità
sperimentando una nuova ardita tattica di attacco in
superficie con la quale coglieva il nemico di sorpresa
16
IL NASTRO AZZURRO
infliggendo gravi perdite ai mezzi di scorta ed ai convogli. Nel giro di poco tempo aveva già affondato quattro
navi, ma ben presto l’esigenza di impiegare nei comandi
di unità subacquee giovani ufficiali e la necessità di avere
ai vertici uomini di grande esperienza determinò il suo
richiamo a Roma alle dirette dipendenze del
Comandante in Capo della Squadra Sommergibili.
Cominciò per lui un’altro periodo di insofferenze; la
sua vita era sul mare ed era lì che lui voleva a tutti i costi
tornare. Pochi pensavano che
potesse riuscirci poiché i giovani
ufficiali erano certamente più idonei a sostenere il notevole impegno fisico necessario per il comando di un sommergibile in attività
di guerra. Infine l’ebbe vinta; in
un momento in cui si era a corto
di ufficiali la sua domanda fu
accettata. Raggiunta la base di
Betasom a Bordeaux gli fu affidato il comando del Calvi col quale si
diresse in Atlantico per intercettare un convoglio inglese scortato
da cinque corvette.
Sognava di ritornare da quella
missione con molte bandierine
azzurre e rosse issate sulla cima
del periscopio. Le rosse indicavano
l’affondamento di navi da carico,
le azzurre più rare ma più gloriose, la distruzione di navi da guerra. La palma, come scrive Luigi
Rinaldi era “... fino a quel
momento tenuta dal capitano
Carlo Fecia di Cossato, soprannominato “L’affondatore”, insonne
ed implacabile comandante del gloriosissimo Tazzoli”.
Avvistato il convoglio nemico fra Madera e le Azzorre,
Longobardo fu subito intercettato dalla silurante britannica ”Lulworth” che costrinse il Calvi, ormai scoperto, ad
una rapida immersione; ma la “Lulworth”, dotata di
moderni mezzi tecnologici per l’individuazione delle
unità in immersione, diresse contro il nostro sommergibile due salve di bombe di profondità che causarono danni
irreparabili.
Longobardo, deciso a non morire sul fondo senza
aver dato battaglia ordinò immediatamente l’emersione;
il suo mezzo, malgrado le grandi avarie, era uno dei più
bei sommergibili italiani armato di due cannoni da 120,
quattro mitragliatrici e otto tubi di lancio.
Non appena emersa l’unità nemica lo fece subito
segno al tiro della sua artiglieria mentre i bengala e i
riflettori illuminavano il mare rendendo vano ogni tentativo di sfuggire all’attacco.
Più volte la nave britannica tentò lo speronamento,
ma Longobardo, perfettamente padrone del suo mezzo,
riuscì ogni volta a manovrare e ad evitare il contatto.
Mentre il tiro della nave nemica falciava gli uomini
che si alternavano ai pezzi, Longobardo fece un ultimo
Motivazione della medaglia d’Oro al Valor Militare concessa alla “memoria” del Capitano di
Fregata Primo Longobardo, comandante del sommergibile “Calvi”
Ufficiale superiore animato di purissima fede e ardente passione patriottica, sollecitava più volte ed
otteneva infine di riprendere il comando di sommergibile oceanico che aveva dovuto lasciare per altro
incarico direttivo a terra. Raggiunta la nuova base di guerra, assumeva volontariamente il comando di
unità pronta per importante missione offensiva, nel corso della quale mentre manovrava per attaccare un
convoglio fortemente scortato, scoperto da corvetta, con somma perizia cercava di sottrarsi alla
violentissima caccia. Colpita l’unità in modo irreparabile, ordinava l’emersione ed affrontava con impavida
serenità le unità avversarie accettando l’impari combattimento in superficie. Lanciata una salva di siluri,
reagiva al violento tiro d’artiglieria con tutte le armi di bordo. Col sommergibile crivellato di colpi e già
menomato nella sua efficienza, visti uccisi e feriti i propri dipendenti destinati alle armi, ordinava
l’abbandono della nave e ne preparava l’autoaffondamento quando, mortalmente colpito al posto di
comando, immolava la propria esistenza alla Patria, dopo aver compiuto il proprio dovere oltre ogni
umana possibilità.
Oceano Atlantico, 14 luglio 1942
tentativo con il lancio di due siluri che la “Lulwort” riuscì
ad evitare. Vistosi perduto, ordinò che il sommergibile
fosse predisposto per l’auto affondamento e subito dopo
cadde anch’egli colpito da una raffica. Il suo ufficiale di
rotta, Capitano Aristide Russo, che aveva assunto il
comando, accortosi dell’avvicinarsi di un battello nemico
messo in mare con l’evidente intenzione di catturare l’unità ormai priva di equipaggio, aiutato nell’operazione
dal secondo capo silurista Pietro Bini, né accellerò l’autoaffondamento ordinando agli uomini l’abbandono
della nave. La scialuppa inglese riuscì tuttavia ad abbordare la nostra unità e il tenente di vascello North, già salito a bordo nell’estremo tentativo di salvarla, venne disperatamente fermato dal Capitano Russo che, con un violento corpo a corpo, gli impedì di portare a compimento
la cattura del battello: i due scomparvero in mare. Per
questa azione il Capitano Russo è stato decorato di
M.A.V.M. alla memoria (i dettagli sono stati pubblicati nel
N. 3/2007 del “Nastro Azzurro”).
Mentre il Calvi scendeva negli abissi ed il battello
inglese si apprestava a raccogliere i superstiti apparve
sulla scena dello scontro il sommergibile tedesco U130. La
“Lulwort” , dopo aver evitato un siluro, si lanciò all’inseguimento dell’unità nemica abbandonando così i naufraghi e la scialuppa sulla quale stavano per essere raccolti.
Fallito l’inseguimento, dopo quattro ore la “Lulwort”
fece ritorno per riprendere i suoi uomini e raccogliere i
naufraghi del Calvi. La notizia era frattanto rimbalzata
via radio sull’unità capo flottiglia “Londonderry” sulla
quale vennero poi trasbordati i superstiti. I nostri marinai,
subito interrogati, dichiararono il nome della loro unità e
quello del suo comandante; furono trattati con estrema
cortesia dal comandante della “Lulwort”, che appariva
profondamente turbato; egli offrì agli uomini da fumare
aprendo un portasigarette d’argento all’interno del
quale era inciso “Con fraterna amicizia Primo
Longobardo”.
Si trattava dell’ufficiale inglese J.S. Dalison che tanti
anni prima, nella lontana Cina, aveva ricevuto in dono da
Longobardo quel prezioso portasigarette. Avuta conferma dell’espressione quasi incredula dei marinai italiani,
che alla vista di quel portasigarette erano impalliditi, di
aver combattuto quella battaglia contro il suo amico di
un tempo, ripose il portasigarette e voltò lentamente le
spalle ai nostri uomini per nascondere loro i suoi occhi
lucidi di pianto.
L’epilogo fatale della storia di questi due nobili uomini di mare, amici in pace e nemici in guerra, avrà la sua
conclusione in Canada, nel 1949, nei pressi di Renfrew.
Il comandante Dalison portava ancora con se, quasi
come un talismano, il dono di Longobardo, un oggetto
dal quale non aveva mai voluto separarsi ed al quale
erano legati i suoi più cari ricordi. Durante
una partita di pesca il prezioso portasigarette gli sfuggi di mano e scomparve nelle
acque limacciose del lago. Dalison rimase
profondamente scosso da quella perdita,
con il volto teso lasciò i compagni di pesca e
ripartì alla guida della sua automobile. Fu
ritrovato qualche ora dopo nell’auto schiantata contro un albero.
Scrive l’ammiraglio Blaslini sull’episodio
“Dalison è morto sul colpo al momento dell’impatto. L’amico che l’aveva visto l’ultima
volta da vivo, lì accanto al lago, notò che ora,
dopo la morte, il suo volto appariva rasserenato e disteso. Quasi avesse finalmente ritrovato qualcuno o qualcosa che aveva cercato
per molto tempo”.
Augusto Zedda
IL NASTRO AZZURRO
17
LA REGIA AERONAUTICA SUL FRONTE RUSSO
NEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE
P
oche pubblicazioni di F.A. parlano delle operazioni della Regia Aeronautica sul fronte
russo (alle quali dal 7 agosto 1941 prese
parte anche mio padre (1), all’epoca Sergente
Maggiore, con il 22° Gruppo Caccia), forse perché
vi schierò solo pochi velivoli (i Tedeschi vi avevano
destinato 1.160 bombardieri, 720 caccia, 120 ricognitori e 1.900 aerei di supporto tattico, trasporto e collegamento, contro i 4.600 velivoli di cui
1.800 da bombardamento, 200 da caccia ed 800
da ricognizione schierati dai Russi). La Regia
Aeronautica aveva inviato in Russia il 22° Gruppo
Caccia con cinquantuno Macchi 200, il 61° Gruppo
da Osservazione con trentadue bimotori Ca.311
ed una Squadriglia da trasporto logistico con una quindicina di velivoli
(Ca.133, SM.81, Ca.164).
Il 28 agosto, i Macchi 200 del 22°
Gruppo Caccia, giunti solo il giorno
prima sul campo di Krivoj-Rog, si scontravano con velivoli sovietici e ne
abbattevano otto, di cui sei bombardieri e due caccia di scorta. Quando a
settembre era ripresa l’avanzata, i
Macchi 200 dovevano assicurare la
copertura aerea delle colonne avanzanti ed attaccare con spezzoni i centri
di resistenza nemici: sembrava che
tutto andasse bene e il Generale Messe
(2) tributava, nella circostanza, un
“elogio” al piccolo contingente aereo
nazionale. L’allungamento delle linee
di rifornimento aveva richiesto l’intervento dei trasporti aerei che erano
sempre più oberati di lavoro e i vecchi
18
IL NASTRO AZZURRO
SM.81 avevano fatto miracoli collegando la madrepatria con Bucarest
(Romania) e con la zona del Donetz.
In ottobre il 22° Gruppo Caccia era
trasferito a Saporoschje unitamente
alla 128a Squadriglia da Osservazione,
il 29 dicembre il Comandante della
369a Squadriglia del 22° Gruppo
Caccia, Capitano Giorgio Jannicelli (3),
durante un combattimento con quindici bombardieri nemici scortati da caccia, pur trovandosi in condizione di
schiacciante inferiorità numerica, era
riuscito ad abbattere un bombardiere
e ad impegnare fortemente la caccia
ma, preso fra due fuochi, era stato colpito a morte ed era precipitato al
suolo. Il suo sacrificio gli varrà la concessione alla “memoria” della M.O.V.M.. Al
Comando del Gruppo sarà conferita la M.A.V.M..
Sopravvenute le piogge ed il fango dell’inverno, l’opera degli SM.81 era divenuta infaticabile
ed insostituibile; per sbloccare la situazione delle
nostre truppe nel bacino del Donetz, veniva inviata in Russia anche la 146a Squadriglia Trasporti
SM.81. Il 5 febbraio, nel corso di un mitragliamento sull’aeroporto di Krasnjy Liman, venivano
distrutti dieci velivoli al suolo e cinque in volo.
Con la primavera 1942 le operazioni riprendevano a pieno ritmo e nell’estate successiva il 22°
Gruppo Caccia veniva avvicendato dal personale
del 21° Gruppo Caccia, che aveva rilevato i Macchi
200 nel frattempo ridotti a quarantuno unità, ma
i Russi erano armati di velivoli molto più moderni
e validi dei nostri Macchi 200 tanto da indurre il
Generale di Brigata Aerea Enrico Pezzi (4) a chiedere velivoli più competitivi: era stata allora trasferita in Russia anche la 361a Squadriglia Caccia,
dotata di Macchi 202.
Il 18 novembre 1942 l’Armata Rossa iniziava
l’offensiva contro Stalingrado, due settimane
dopo anche i settori adiacenti erano coinvolti dall’offensiva e l’8a Armata Italiana, dopo una stre-
nua resistenza, iniziava la ritirata nelle pianure
innevate dell’Ucraina, mentre la pressione sovietica si faceva sempre più forte: 90.000 soldati perdevano la vita e 45.000 erano feriti o colpiti da
congelamento. Anche l’aviazione aveva subito
gravi perdite in quanto doveva fare fronte ad una
forza nemica calcolata in 350 velivoli, molti dei
quali di provenienza inglese ed americana (5). I
nostri velivoli da caccia (una quarantina fra
Macchi 200 e Macchi 202, schierati sull’aeroporto
di Voloscilovgrad) avevano cercato di fornire
Medaglia d’Oro alla “memoria” del Capitano Giorgio Jannicelli:
“Intrepido pilota da caccia, già distintosi per altissime doti di comandante e di soldato, non esitava, nonostante la proibitiva
temperatura e le disperate condizioni di tempo e di ambiente, per cui solo tre apparecchi potevano mettersi in moto, a partire in
volo alla testa dei pochi gregari per compiere l’ardua missione di proteggere ad ogni costo le nostre linee. Avvistata una
formazione di bombardieri avversari scortata da 15 caccia, incurante della schiacciante superiorità numerica del nemico,
impegnava con superbo ardimento l’asperrima lotta, riuscendo nello scopo affidatogli ed abbattendo un bombardiere. Persisteva
nell’arduo e impari combattimento fino a quando, colpito a morte, precipitava in fiamme, immolando così nella luce della gloria,
la balda giovinezza tutta dedita alla lontana Patria immortale.”
Cielo di Russia, ottobre-dicembre 1941.
Medaglia d’Argento al Valor Militare conferita Al Comando del Gruppo:
“Reduce dal fronte di guerra dove aveva guadagnato titolo e onore, con impeto pari alla sua reputazione si gettava
nella battaglia per il forzamento del Nipro, imponendo dovunque all’avversario la superiorità della sua bravura
tecnica e l’ardente audacia delle sue armi e dei suoi equipaggi. Addossandosi con entusiastica generosità e spavalda
sagacia compiti e rischi del più alto impegno e sacrificio, contribuiva, anche con azioni di caccia libera e mitragliamento
al suolo, alla tutela del fronte delle operazioni, trionfando in ogni difficoltà e pericolo pur nelle avverse condizioni
climatiche di un inverno eccezionalmente ostile, riaffermando con superba valentia, rispetto a scelte unità alleate, il
prestigio dell’Ala d’Italia.”
Fronte Russo, agosto 1941-maggio 1942.
Medaglia d’Oro al Valor Militare alla “memoria” del Generale Enrico Pezzi:
“Veterano di quattro guerre dove ha sempre saputo strappare al cielo lembi di azzurro per onorarsene il petto. In terra di Russia
ha scolpito con la sua audacia, l’esempio e la sicurezza di fronte al pericolo, in lettere d’oro, la traccia dell’Ala italiana. In
sublime rischiosa offerta per salvare camerati italiani chiusi in cerchi di fuoco, immolava la giovane vita salendo col sorriso dei forti
nel cielo degli eroi.”
Fronte Russo, 29 dicembre 1942
Medaglia d’Argento al Valor Militare al 61° Gruppo O.A.:
“Fedele alla virtù di audacia e spirito di ardimento e sacrificio dei pionieri dell’ala da ricognizione, durante 10 mesi di missioni di
guerra effettuate nelle più difficili condizioni di clima, di ambiente e di mezzi., dava testimonianza della solida omogeneità tecnica
e della generosa bravura dei suoi instancabili equipaggi. Monito e sfida per l’avversario, il rombo dei suoi motori ha vibrato
ovunque vittoriosamente nei cieli delle battaglie dilagando dal Nipro al Donez con la supremazia della perizia e della temerarietà
fino sulle basi più occulte ed insidiose dell’aviazione bolscevica ed assicurando ai combattenti di terra anche nelle più avverse
situazioni di un aspro inverno contributo efficace e fecondo per forza di sentimenti e abilità di azione.”
Fronte Russo, agosto 1941 – maggio 1942
Medaglia d’Argento al Valor Militare al 71° Gruppo O.A.:
“Infaticabile, silenzioso, eroico, portava nei cieli di Russia le ali ed i cuori a sorvegliare con costante accanimento il dispositivo
nemico sottoponendone ad offesa i capisaldi. Dava ai comandi valido aiuto delle preziose notizie ed alle truppe combattenti il suo
conforto della sua vigile protezione, segnando col sangue dei suoi eroici volatori le vie già luminose della ricognizione aerea
italiana.”
Cielo di Russia, maggio 1942 – aprile 1943
IL NASTRO AZZURRO
19
appoggio di fuoco ai fanti, ai bersaglieri ed agli alpini usando anche i
campi avanzati come Staroblelsk e
Mirelovo.
I velivoli da trasporto avevano fatto
miracoli per rifornire i reparti isolati e
per evacuare i feriti; la situazione
aerea dall’inizio della ritirata si era letteralmente capovolta; i velivoli italiani
da inseguitori ora erano gli inseguiti;
cinque SM.81 venivano distrutti al
suolo, due abbattuti dal tiro contraereo nemico ed altri ancora colpiti, con
feriti e morti a bordo. Il 29 dicembre,
lo stesso Generale Enrico Pezzi si era
recato con un SM.81 nella zona di
Certkovo dove una massa di feriti e di
congelati sperava solo negli aerei italiani per potersi salvare; partito da
Voloscilovgrad, dopo aver sorvolato le colonne in
ritirata, era sparito nel nulla. Le ricerche successive, portate avanti anche dopo la fine della guerra, non avevano dato alcun risultato. Con Decreto
del Capo Provvisorio dello Stato del 30 dicembre
1947 gli sarà conferita la Medaglia d’Oro al Valor
Militare alla “memoria”.
Gli italiani circondati dai Russi nella sacca di
Certkovo, dopo venti giorni di assedio, riuscivano
a rompere l’accerchiamento e ad allontanarsi con
la protezione dei velivoli italiani e tedeschi.
L’opera svolta dai trasporti aerei per alimentare
dal cielo la sacca di Certkovo e per evacuare i feriti era, però, costata la perdita di sette velivoli
SM.81. La campagna di Russia era finita in tragedia, il Comando dell’Aeronautica sul Fronte
Orientale si era aggiudicato l’abbattimento di 88
velivoli russi contro la perdita di 15 aeroplani in
volo e di oltre 50 a terra (6).
Sul fronte Russo era stato inviato anche il 61°
Gruppo Osservazione Aerea (7), che aveva avuto
origine poco dopo la costituzione della Regia
Aeronautica (23 marzo 1923) e, nel secondo conflitto, aveva combattuto già su quasi tutti i fronti. Fu
schierato in un primo momento a Tudora e successivamente, il 26 settembre 1941, a Crivojrog. Nel
1942, il 61° Gruppo, con la 128a Squadriglia, era
dislocato a Saporoshje, mentre la 119a era a Stalino.
Nel maggio 1942 il Gruppo veniva rimpatriato, dal
19 agosto 1941 al 31 marzo 1942 aveva svolto un’eroica, intensa attività per la quale gli era stata conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Altro Reparto della Regia Aeronautica inviato
sul fronte Russo era stato il 71° Gruppo O. A. (8),
che dopo aver operato sul fronte occidentale e su
quello jugoslavo, il 2 dicembre 1941 era stato prescelto per avvicendare il 61° Gruppo O.A. operante sul fronte russo, come Reparto Autonomo. Il
trasferimento era, però, iniziato solo il 4 maggio
20
IL NASTRO AZZURRO
1942 per l’impossibilità di atterrare sugli aeroporti lungo la rotta, a causa del gelo. Il Comando di
Gruppo e la dipendente 38a Squadriglia erano
giunti a Stalino il 13 maggio, la 116a Squadriglia
aveva raggiunto il fronte Russo il 27 maggio ed
era stata dislocata sull’Aeroporto di Saporoschje.
Nel periodo trascorso in quel settore operativo, il
71° Gruppo O.A. dipendeva, per l’impiego, direttamente del Corpo di Spedizione Italiano in
Russia (C.S.I.R.). Gli equipaggi del Reparto avevano immediatamente dimostrato il loro spirito
combattivo e la loro abnegazione, operando
spesso in condizioni atmosferiche molto avverse.
Nel luglio 1942, dopo aver ricevuto per la sua
attività un elogio da parte del Comando del
C.S.I.R., il 71° Gruppo era passato alle dipendenze
del “Comando Aeronautico Fronte Orientale”,
nuova denominazione dell’Aeronautica del
C.S.I.R., a disposizione dell’8a Armata. L’attività
del Gruppo era stata particolarmente intensa e
quanto mai proficua, per i Comandi operanti,
costantemente informati sulle operazioni che
avevano portato le nostre truppe sulle rive del
Don. Gli equipaggi, non più assistiti dalla scorta
della caccia, sia perché impegnati in altri compiti,
sia perché le missioni erano effettuate oltre il
limite della loro autonomia, si prodigavano in
ogni modo, portandosi a quote bassissime, per
meglio accertare la consistenza delle retroguardie, rientrando più volte dopo essere stati colpiti
dalla reazione avversaria.
Il 2 agosto 1942 il Comando di Gruppo, con le
Squadriglie dipendenti, veniva trasferito
sull’Aeroporto di Voroschilovgrad e da quella
base iniziava la realizzazione di un vasto programma di rilevamenti aero-foto-planimetrici del
fiume Don, effettuati per uno sviluppo di 350
Kmq ed interessanti tutto il fronte dell’8a Armata.
Un “mosaico”, eseguito per il Comando tedesco
della “Luftwaffe Don”, di grande ausilio per i
Comandi delle Grandi Unità ai fini dello studio
analitico del terreno e per la determinazione precisa della ubicazione e natura delle opere difensi-
ve avversarie. Nello stesso mese di agosto aveva
inizio la dotazione al Reparto di velivoli Br.20, che
avrebbero consentito la effettuazione delle
esplorazioni a largo raggio, in campo strategico.
Anche il “passaggio” sul nuovo aereo veniva
effettuato a tempo di record, tanto da rendere
possibile, un suo quasi immediato impiego bellico. Il 22 agosto una Sezione della 116a
Squadriglia, dotata di velivoli Ca.311, era schierata sul Campo di fortuna di Karginsskaja, alle
dipendenze operative del 35° Corpo d’Armata
(C.S.I.R.), per poter esercitare un più assiduo controllo sull’attività nemica, particolarmente
aggressiva in quel settore. Il 16 ottobre la suddetta Sezione, che aveva svolto una brillante ed
apprezzata attività, veniva avvicendata da una
Sezione della 38a Squadriglia, armata con velivoli
Br.20. L’attività della Sezione, ricognizione e, successivamente, bombardamenti sui principali centri di rifornimento, sarà sempre intensa ed efficace. Nel contempo dalla base di
Voroschilovgrad continuavano le esplorazioni a largo raggio ed iniziavano le azioni di bombardamento sui ponti gettati
dal nemico sul Don, sui settori più critici
dello schieramento e su altri centri di
rifornimento dell’avversario. Equipaggi e
singoli aviatori del 71° Gruppo, saranno
spesso portati ad esempio dei combattenti. L’attività del 71° Gruppo, nonostante le
difficili condizioni atmosferiche, continuava ininterrotta fino al dicembre del
1942 e durante il ripiegamento seguito
all’offensiva iniziata dai russi l’11 dicembre. L’attività dei velivoli del Gruppo in
questo periodo si svolgeva anche nel settore tedesco fra Millerovo, Kamensk e Morosowski dove
veniva eseguita anche qualche azione di bombardamento in cui erano stati perduti tre apparecchi
Br.20. Nel gennaio 1943 il Gruppo era costretto ad
abbandonare Voroschilovgrad ed iniziava il suo
trasferimento a Stalino, quindi a Odessa e il 19
febbraio 1943 a Saporoschje, il 5 marzo si trasferiva nuovamente a Odessa e nell’aprile iniziava le
operazioni per il rimpatrio.
Per la sua partecipazione alla “campagna di
Russia”, al 71° Gruppo O.A. è stata conferita la
Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Col. A. A. Giovanni Battista Cersòsimo
(Socio aderente della Federazione di Bari)
(1) Vincenzo Cersòsimo, nato a Cassano allo Jonio (Cosenza) il 27 gennaio 1907, nella Regia Aeronautica dal 9 febbraio 1927,
deceduto il 23 giugno 1957 sull’aeroporto di Palermo Boccadifalco mentre partecipava al IX Giro Aereo Internazionale della
Sicilia (vds “IL Giro Aereo della Sicilia”, a cura dell’autore, pubblicato da “Il Corriere dell’Aviatore” Rivista dell’Associazione
Nazionale Ufficiali dell’Aeronautica, Roma N. 10/2004, pagg. 8/10) con il collega Emilio Dotoli del C.A.V. della IV Z.A.T. di Bari,
a seguito di un’avaria al motore in fase di atterraggio (Salvo Di Marco: “Boccadifalco, piccola storia di un grande aeroporto”, Edizioni fotograf, Palermo Novembre 2007, pag. 182), triste epilogo per un “aviatore” che aveva partecipato ad operazioni di guerra:
– sul Fronte Alpino Occidentale dall’11.06.1940 al 25.06.1940;
– sul Fronte Russo dal 7.08.1941 al 16.02.1942 per il quale era stato decorato della Medaglia Germanica per la Campagna
d’Inverno 1941-1942 (Dispaccio N. 1232/04 del 16.01.1942);
– sul Fronte della Madre Patria dal 15.06.1943 all’8.09.1943;
– sul territorio della Penisola dal 9.09.1943 all8.05.1945.
(2) Comandante del Corpo di Spedizione Italiano in Russia (1941-1942).
(3) Nato il 26.06.1912 a Roma - deceduto nel cielo di Bowolin (Russia) il 29.12.1941 in combattimento aereo.
(4) Nato il 22.05.1897 a Collevecchio (Rieti), era il Comandante dell’Aeronautica sul Fronte Orientale (C.A.F.O.)
(5) Cfr. “Il Programma Affitti e prestiti per l’U.R.S.S.” di Giuseppe Pesce, pubblicato da “Il Corriere dell’Aviatore” N.10/2007,
pagg. 9/11.
(6) Cfr. “L’Aeronautica Italiana, storia di uomini e macchine” a cura di Arrigo Pecchioli, testi di Angelo Lodi, Ovidio Ferrante,
Giuseppe Pesce, Igino Goggi, Editalia, Roma 1986 - “Dalla II Guerra Mondiale ai giorni nostri” di Giuseppe Pesce, Russia 1942,
estratto delle pagg. 162, 165, 166, 167.
(7) Cfr. Stato Maggiore Aeronautica: “I Reparti dell’Aeronautica Militare Italiana, Cenni storici, I Reparti decorati”, Stilgrafica
Roma, ristampa 1977, pagg. 231/235.
(8) Cfr. Stato Maggiore Aeronautica: “I Reparti dell’Aeronautica Militare Italiana, Cenni storici, I Reparti decorati”, Stilgrafica
Roma, ristampa 1977, pagg. 239/243.
IL NASTRO AZZURRO
21
RAIMONDO MAZZOLA:
IL “MIRACOLATO” DELLO SCIRÈ
R
aimondo Mazzola, un “giovane” di 87 anni o
giù di lì, nacque il 10 ottobre del 1922 dal
matrimonio tra Albino e Seconda Madussi,
una ragazza dalle origini friulane. Il padre di
Raimondo svolgeva la professione di carrettiere per
conto dei Castagnari, prima di andare a fare il custode presso lo Stabilimento Maggini e quindi il dipendente dell’Ospedale di Recanati. Il piccolo Raimondo
dopo le elementari (aveva evitato la prima per via
dei geloni) ed il primo anno
di avviamento, si mette
subito a lavorare come operaio presso il Mobilificio
Maggini a Castelnuovo. Ha
appena 13 anni questo
ragazzino che preferisce
lavorare piuttosto che studiare e che, per quattro
anni, resterà alle dipendenze dei Maggini sino a quando, ormai diciassettenne, si
vede cambiare la vita da un
incontro
casuale.
Dal
nonno, che faceva il bottaio
ed era anche molto bravo,
un bel giorno si presentano
Benedetto Gurini ed un suo
amico, Giuseppe Vecchioli,
dicendo
che
entrambi
sarebbero ben presto partiti
volontari per entrare nella
Marina Militare italiana.
Infatti, il Gurini partirà nel
1937 per La Spezia destinato al sommergibile Scirè,
mentre Vecchioli si imbarca
sul
cacciatorpediniere
“Nullo”
dislocato
a
Massaua, in Somalia.
Ricorda oggi Raimondo Mazzola che, sentendo
parlare i due giovani, egli comincia a pensare seriamente di seguirne l’esempio; si entusiasma pensando a come potrebbe essere la vita in marina alla
quale pensava sin da piccolo, poiché nei pressi della
sua abitazione di Monte Volpino c’era quella del
comandante Luigi Mattioli presso il quale lavorava
la nonna e dove aveva visto tanti libri proprio sulla
Marina. L’entusiasmo di Raimondo cresce quando si
trova a leggere dei testi sulla tecnologia del siluro,
dei piccoli volumi che ne descrivono perfettamente
il funzionamento.
È il 3 settembre 1939, quando Raimondo, appena
17 anni, chiede alla famiglia un consiglio: i suoi lo
22
IL NASTRO AZZURRO
lasciano libero di decidere e così anche lui lascia
Recanati per andarsene a La Spezia dove entrerà
nella Scuola per Silurista dalla quale uscirà il 28 maggio dell’anno successivo. È qui che riceve l’elenco
degli imbarchi, tutti con destinazione verso i sommergibili. Con lui c’è anche un altro recanatese,
Orlando Monteverde.
La sera del 28 maggio il Mazzola ha preso la decisione e si imbarca sullo Scirè, sulla casermetta, mentre solo raramente entrerà
all’interno del sottomarino.
La scelta di Raimondo si
spiega facilmente avendo
conosciuto il Gurini che era
destinato ai tubi di lancio di
prua. Il 9 giugno del 1940 la
prima missione per effettuare la sorveglianza tra la
Francia
e
l’Italia,
e
Raimondo ricorda: “Si stava
sotto di almeno 30 metri e si
ascoltavano le navi in superficie sino a quando, un giorno, dopo un temporale, nell’operazione di immersione,
il nostro sommergibile
Scirè, avverte chiaramente
le bombe di profondità.
Siamo scesi ancora sino alla
profondità di 80-90 metri
con il battello che va giù di
prua, non tenta di rialzarsi e
scende ancora. Il capo meccanico Pavera, presa la leva
della rapida, l’ha tirata al
massimo. È cominciata così
la risalita in superficie, in
maniera però troppo rapida, e ci si è accorti che nei pressi c’erano dei Mas italiani. La corrente aveva portato lo Scirè fuori zona.
Dopo questa missione siamo rimasti fermi per 12
giorni prima di trasferirci alla Maddalena, col
comando affidato al tenente di vascello Adriano Pini
che aveva sostituito il comandante. Durante le operazioni di sorveglianza tra la Spagna e la Sardegna
avvenne l’incontro con un piroscafo. Lo Scirè risale
in superficie per chiedere i segnali di riconoscimento, il piroscafo si rifiuta di rispondere ed il comandante Pini, ritenendo potesse essere una nave civetta, fa lanciare immediatamente un siluro e l’affonda. sono solamente in sei a salvarsi dell’equipaggio
del piroscafo, e tutti vengono raccolti proprio dal
sottomarino. Rientrato alla Maddalena Raimondo
chiede ad uno dei naufraghi se avesse desiderato
venire a vivere in Italia e per tutta risposta si sente
dire: “Meglio la Martinica”, luogo celebre per il
durissimo bagno penale che ospitava. Nonostante si
trovino sullo stesso sottomarino, i due recanatesi,
Gurini e Mazzola, hanno ben poche possibilità di
vedersi e tantomeno scambiare qualche parola. Nel
settembre del 1940 lo Scirè rientra a La Spezia e ne
assume il comando Junio Valerio Borghese. Sullo
scafo si imbarcano i tre serbatoi che portano i mezzi
di assalto e si fanno le prove di assetto; poi le uscite
in mare e quindi la partenza per la prima missione
con destinazione Gibilterra. Lo Scirè attraversa lo
Stretto il 25 settembre e poi riceve l’ordine di rien-
medico gli diagnostica subito una pleurite e dispone
l’immediato trasferimento all’ospedale di Marina di
Massa. “Giorni tristi”, ci dice oggi un Mazzola che
parlerebbe per ore di quanto gli è accaduto in guerra, “durante i quali però mi sono ripreso grazie a
Suor Caterina, una religiosa piuttosto giovane che
ogni manina si recava al mio capezzale per scoprirmi
delle coperte e farmi respirare l’aria buona. Una
volta mi e capitato di tirarle contro un guanciale e di
colpirla al volto facendole cadere il velo: invece di
arrabbiarsi, da allora mi ha cominciato a portare
ogni ben di Dio e ad affezionarsi a me tanto che,
appena dimesso, nel corso della visita per valutare la
mia idoneità per rientrare nel sommergibile Scirè,
Suor Caterina mi ha strappato di mano il foglio della
trare a La Spezia perché le navi nemiche non ci sono
più. Circa 30-40 ore di immersione continua ad una
profondità di almeno 60 70 metri per evitare le navi
inglesi che passano sopra lo scafo. Dal porto di La
Spezia, nella metà di ottobre, nuova partenza alla
volta di Gibilterra, una immersione prolungata e
Raimondo che si ammala improvvisamente. È
costretto a dormire nella cuccetta in basso perché il
più piccolo di statura e, ad un tratto, comincia a
mancargli l’aria (la prova viene fatta con l’accensione del fiammifero) e sente salirgli la febbre. Viene
alimentato solo con latte condensato in scatola
mentre deve fare a meno dell’assistenza medica poiché non è prevista la presenza di tali figure a bordo;
una situazione che si protrae per circa una settimana sino alla sosta di Cagliari per fare il rifornimento
del gasolio. Qui il comandante gli chiede se intende
sbarcare oppure ce la fa a continuare: il Mazzola
non si tira indietro e rifiuta di scendere a terra. Si
arriva così a La Spezia a notte inoltrata e, il mattino
successivo, il comandante Borghese invita Raimondo
ad alzarsi e lo accompagna in infermeria, dove un
visita e se ne è andata dall’ufficiale medico che mi
ha dichiarato “non idoneo” facendomi così imbarcare sulla nave di superficie Attilio Regolo.
“Avevo evitato lo Scirè e con esso anche la sua
drammatica fine. Il 10 novembre del 1942 un siluro
si porta via la prua della nave, alle ore 10.27, ed io
che ero stato di guardia sino a pochi minuti prima,
all’improvviso mi vedo passare a meno di un metro
il pericolosissimo oggetto. La nave viene poi rimorchiata e torna a Palermo con l’equipaggio che il
giorno successivo va in pellegrinaggio a Santa
Rosalia per ringraziarla dello scampato pericolo”.
Si arriva così alla metà di agosto del 1943 quando il nostro viene mandato in licenza a Merano e l’8
settembre viene preso dai tedeschi per cui sarà
costretto a farsi due anni di prigionia.
La sua avventura in guerra finisce praticamente
qui ma nella mente di Raimondo Mazzola c’è vivo il
ricordo degli amici scomparsi con lo Scirè dove, ci ha
detto, si conduceva una vita diversa rispetto ad altri
scafi perché qui si potevano mangiare uova, aragoste e bere i vini migliori.
Gabriele Magagnimi
IL NASTRO AZZURRO
23
la festa del 2 giugno
(dedicato specialmente alle Socie)
Anche quest’anno il risalto dato dai media alla Festa della Repubblica, che il 2 giugno ha celebrato l’anniversario della sua nascita, ha fatto relegare in secondo piano, se non dimenticare del
tutto, un altro avvenimento importante anch’esso legato alla stessa data. In quel lontano 2 giugno 1946, per fa prima volta le donne italiane esercitarono il diritto di voto (le immagini più significative, apparse sulla stampa dell’epoca, sono quelle di lunghe file di donne, con i figli piccoli per
mano, in paziente attesa sin dal mattino presto dell’apertura dei seggi elettorali) e per la prima
volta Esse furono elette a far parte di un organo dello Stato: l’Assemblea Costituente. La loro fu
una rappresentanza sparuta e fortemente minoritaria, ma sicuramente molto importante.
Come già accennato, su un totale di 556 “Costituenti” le donne elette furono solo 21 (appena il 3,6%): 9 democristiane, 9 comuniste, 2 socialiste e 1 dell’Uomo Qualunque. I giornali diedero giusto risalto all’avvenimento, e la Domenica del Corriere così descrisse la pattuglia femminile in seno alla Costituente:
“Laureate, lavoratrici, tutte hanno cooperato con slancio al movimento femminile, alla
Resistenza e alla lotta clandestina, e giungono in Parlamento con una esperienza di problemi
sociali che renderà particolarmente interessante la loro attività alla Costituente. Non fumano, in
genere, e in maggioranza non si truccano e vestono con la più grande semplicità”.
Se il loro numero fu esiguo, grande fu il loro impegno nella discussione di alcuni principi che
stanno alla base della Costituzione: in particolare i rapporti etico sociali. Gli uni e gli altri hanno
trovato collocazione negli articoli:
- 29, 30 e 31 che sanciscono i diritti relativi alla famiglia e alla protezione dei figli;
- 32 che garantisce il diritto alla salute;
- 33 e 34 che stabiliscono la libertà della scienza e dell’insegnamento, l’elevamento dell’età
dell’obbligo scolastico e l’importanza dell’istruzione, che fu garantita per tutti.
Molte delle 21 donne elette alla Costituente furono rielette nelle legislazioni successive e
seppero distinguersi per la vocazione e la passione con cui si impegnarono per le realizzazioni
legislative dei diritti sanciti nella Costituzione.
Oggi, dopo oltre 60 anni, i loro risultati appaiono non solo innovativi e profetici ma ancora
attuali.
Gen. Giuseppe Picca
(Presidente della Federazione di Bari)
LO STATO DI SALUTE DEI “MIEI”
ULTRA NOVANTENNI
Il 30 Giugno, ho fatto gli auguri per i suoi primi novanta cinque anni, al Maggiore Gian Maria
Salvagni, Croce di Guerra al Valore, per lungo tempo dirigente della nostra Unione Industriali.
Avevo cominciato la tornata in Gennaio con il Ten. Col. professor Vincenzo Saputo, anni 97, noto
e apprezzato cattedratico, che in gioventù, come Ufficiale Medico, partecipò alla Campagna di
Russia e in seguito avviò e diresse numerosi Ospedali Militari tra cui il nostro. Nel Marzo scorso
mi ero complimentato con il Ten. Col. R. O, Luigi Gnecchi, due M.A.V.M., anche lui novantacinquenne, mentre, poco prima, il 28 Febbraio, gli auguri spettarono al Ten. R. O. Giuseppe
Faccinetto. Il prossimo 11 Luglio il Cap. Alessandro Galeazzi M.A.V.M. “sul campo”, Fronte russo,
taglierà il traguardo delle cento candeline.
Nell’attesa di completare il “secolo” che, a Dio piacendo, gli ultra novantenni si augurano di
festeggiare con lui, e che elenco insieme con quelli già ricordati: il Ten. professor Riccardo Zelioli
(vice decano), il Ten. Col. T. O. Adelio Conca, il Ten. Col. R. O. Enzo Curti, il Ten. Conte Carlo
Prinetti Castelletti, e il Capitano Aurelio Sterco. Attraverso il nostro giornale, dedico loro un piccolo ricordo.
Non sono con noi il T. V. ing. Piero Stabilini e il Ten. Col. Aldo Ongini, recentemente scomparsi, che ricorderemo, se tutti presenti, alla prossima ricorrenza per il secolo di Galeazzi.
Si tratta di un gruppo validissimo di uomini che fecero il loro dovere in passato e che continuano a indicarci la strada da percorrere, forti delle loro esperienze e impegnati, anche se qualcuno li ritiene “fuori quota”.
Giovanni Bartolozzi
(Vicepresidente della Federazione di Lecco)
24
IL NASTRO AZZURRO
NOTIZIE IN AZZURRO - NOTIZIE IN
AZZURRO - NOTIZIE IN AZZURRO
IL 72° STORMO, IN OCCASIONE DELLA CONSEGNA DEI DISTINTIVI
DI PILOTA DI ELICOTTERO, RINNOVA LA TOPONOMASTICA
Martedì 9 settembre 2008 si è svolta presso il 72° Stormo di Frosinone la cerimonia di consegna degli attestati di
brevetto e dei distintivi di pilota di elicottero a dieci frequentatori dell’Esercito Italiano, uno della Polizia di Stato, due
dei Vigili del Fuoco e a due Ufficiali delle Forze Armate Albanesi. Nell’occasione ha avuto luogo anche l’intitolazione
dell’hangar Linea Volo al Magg. Secondino Pagano, Medaglia d’Argento al Valor Militare, del piazzale Linea Volo al
Cap. Giovanni Zanelli, Medaglia d’Argento al Valor Militare, e del Viale principale dell’Aeroporto al Cap. Fabio Avella,
Medaglia di Bronzo al Valore Aeronautico. Una cerimonia che ha risaldato quel legame ideale tra passato e presente: giovani piloti che raggiungono il loro sogno nel ricordo di coloro che hanno sacrificato il bene più prezioso nello
svolgimento del proprio lavoro al servizio delle Istituzioni.
Alla cerimonia, presieduta dal generale di brigata aerea Settimo Caputo, Comandante dell’Istituto di Scienze
Militari Aeronautiche di Firenze, accompagnato dal comandante del 72° Stormo, colonnello Pasquale Merola, hanno
partecipato numerose Autorità locali, i familiari dei neo brevettati, i Gonfaloni dei Comuni viciniori, tra cui quello di
Cassino insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare e i Labari delle Associazioni d’Arma e Combattentistiche.
Dopo la S. Messa, celebrata dal Vicario Generale della Diocesi di Frosinone, Mons. Luigi Di Massa, si è proceduto alla
benedizione delle targhe intitolate agli Ufficiali Piloti insigniti delle Medaglie al Valore, alla presenza dei loro familiari tra i quali il Colonnello Luciano Zanelli, figlio di uno di essi.
BELLARIA, 27 E 28 SETTEMBRE 2008 55° RADUNO NAZIONALE DEI DALMATI
Il 27 e 28 settembre 2008 al Palazzo del Turismo di Via Da Vinci a Bellaria, la cittadina adriatica situata a pochi chilometri da Rimini, si è svolto il “55° Raduno Nazionale dei Dalmati”. Il Raduno si è aperto alle ore 10 di sabato 27 con
l’“Incontro con la Cultura Dalmata”, giunto alla quattordicesima edizione, curato da Chiara Motka, in cui sono state
presentate le pubblicazioni di argomento dalmata edite nell’ultimo anno: oltre una settantina di testi, presenti alcuni degli autori. Nel pomeriggio, il meeting con la stampa intitolato “Il futuro della Cultura Dalmata nelle due sponde dell’Adriatico” con la partecipazione di giornalisti di testate nazionali. Nella serata la relazione e concerto di
Chiara Bertoglio “...Sì bella e perduta...”, ispirato al significato e alla dimensione del “Va pensiero” nell’esperienza
dell’esilio istriano, fiumano e dalmata. Domenica mattina alle 9 è stata celebrata la S. Messa a ricordo di tutti coloro
che non ci sono più nella chiesa del “Sacro Cuore di Gesù”; nel corso della successiva Assemblea Generale è stato consegnato il “Premio Tommaseo 2008”.
I^ Edizione del BLU FILM FESTIVAL 2008
RASSEGNA CINEMATOGRAFICA EUROPEA DEDICATA ALL’ACQUA
Dal 10 all’11 ottobre 2008, nella splendida e suggestiva cornice del Museo Storico dell’Aeronautica di Vigna di
Valle (Lago di Bracciano), l’Associazione Dimensione Europea ha promosso la prima edizione del Blu Film Festival:
Rassegna Cinematografica Europea dedicata all’Acqua. Nell’arco di due giornate, sono stati proiettati i migliori film
premiati dalla Giuria e dal pubblico nell’ambito del Festival Internazionale del Cinema Naturalistico e Ambientale, che
si svolge annualmente nelle aree dei Parchi Nazionali d’Abruzzo. Dibattiti, spettacoli, e tanto cinema con protagonista l’acqua: via di trasporto, fonte di energia, ambiente di lavoro e, soprattutto ambiente di vita umana, animale e
vegetale. Le proiezioni si alterneranno a “incontri con l’Autore” che vedranno registi e sceneggiatori dialogare con
il pubblico.
La manifestazione è stata ufficialmente aperta venerdì 10 ottobre, alle 10,30, alla presenza di autorità e rappresentanti delle Istituzioni, civili, militari e religiose, dal Presidente di Dimensione Europea, Stefano Loparco e da
Antonio Baldassarre, Presidente onorario di Dimensione europea e Presidente emerito della Corte Costituzionale. È
intervenuto il Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, il sottosegretario agli esteri Vincenzo Scotti e l’assessore alla cultura di Roma Umberto Croppi. Sabato 11 ottobre, ore 18.00, ha avuto luogo la serata conclusiva con il
recital di Marco Danè, autore e conduttore di programmi Rai.
Questa prima rassegna ci ha dato modo di conoscere l’acqua in molte delle sue funzioni che non sono soltanto
quelle legate alle nostre necessità quotidiane e personali.
Angela Verde
IL NASTRO AZZURRO
25
LE COLOVARE
È
andata via per sempre, con l’esodo, la gioventù della parte settentrionale di Borgo
Erizzo. La bella gioventù che d’estate faceva i
bagni alla “Fontana” e alla sera, dopo cena, si radunava, là vicino, su un basso muro di protezione del
lungomare delle Colovare. Accanto allo sciabordio
del mare, dopo un po’ di conversazione e barzellette, si intonavano cori accompagnati da virtuosi della
armonica a bocca.
“Colovare, voi siete ora il silenzio d’un mondo
perduto”. Da allora quanti di loro, sparsi un po’ dappertutto, non hanno più riudito le canzoni del
nostro folclore che il coro intonava sotto il cielo stellato. Intonavano anche una canzone allora in voga
che è del tutto scomparsa dal repertorio ma per
tanti è un ricordo di lontani sogni d’amore.
Quando venne a Zara la celebre soubrette Lillì
Fiamma venivano cantati brani dell’operetta “Il
canto delle sirene” che non ho più risentito da allora; il “Tango delle capinere” veniva parodiato:
A mezzogiorno va i muli dalla scola
e un piatto de fasoi la mamma porta in tola.
Nel gruppo c’era anche un appassionato di musica lirica che aveva studiato canto come tenore.
Cantava da solista due brani di operette che recitò
poi in teatro.
Il coro si assottigliò sempre più quando in tutta
Zara si cominciò a cantare l’allegra marcetta con la
quale i giovani di Zara si preparavano a partire per i
fronti della guerra.
Lo storico Tullio Erber, che nel 1883 pubblicò a
Ragusa la prima edizione della sua storia di Borgo
Erizzo (La colonia albanese di Borgo Erizzo presso
Zara), ha scritto testualmente: “Se attraversate la
26
IL NASTRO AZZURRO
villa di Borgo Erizzo di sera dopo finito il
lavoro o in giorno di festa, sentite lieti
canti risuonare da ogni parte... Essi (i
borgherizzani) hanno un udito veramente raro per la musica e i loro cori sono
veramente stupendi. È incredibile come
sappiano alternare sì bene le voci basse e
le voci alte, i primi e i secondi. Ecc.ecc.”
Questa caratteristica dei borgherizzani
permane tuttora.
La parte bella di Borgo Erizzo era il
lungomare delle Colovare che i borgherizzani
chiamavano
in
albanese
“Karma”. Nella parte a Sud della
Fontana non c’erano abitazioni e le
Colovare conservavano intatta la bellezza naturale romantica. Per coloro che
abitavano nelle vicinanze era un luogo
di passeggiate, di bagni al mare, di
incontri amorosi, di cori dopo cena nelle
notti estive, di pesca notturna con la fiocina alla luce di grandi lampade. Nelle
notti d’estate apparivano sciami di lucciole dalle
siepi che affiancavano la strada. Piccole luci fosforescenti apparivano anche nel mare quando i giovani,
nelle notti più calde, facevano i bagni.
I punti di riferimento delle Colovare erano la
“Fontana”, i “primi pini”, i “secondi pini” (due piccoli filari di pini marittimi, sulle punte avanzate del
lungomare) ed il Bersaglio, che concludeva il lungomare in un lungo e stretto promontorio roccioso
adibito a poligono per il tiro a segno con armi leggere. Il promontorio, lungo circa 700 metri, iniziava
con il costone roccioso a strapiombo sul mare, alto
una decina di metri, e decresceva dolcemente. Così
gli appassionati dei tuffi potevano allenarsi a tutte
le altezze. Taluni, nella parte più alta facevano
anche scuola di roccia.
La “Fontana”, chiamata “Funtona” dai borgherizzani, fu costruita dai veneziani nel 1546, sul
posto dove emergevano le risorgive di un piccolo
corso d’acqua ipogeo, per offrire un ormeggio temporaneo e il rifornimento di acqua potabile ai naviganti. Era l’emblema delle romantiche Colovare e
uno dei posti più caratteristici della città con il suo
molo in pietra e il grande pozzo attorniato da un
alto colonnato sul quale poggiava la cupola. Aveva
preso il nome di “Fontana dell’Imperatore” perché
si riteneva che l’acqua ipogea provenisse dall’antico
acquedotto costruito all’epoca dell’Imperatore
Traiano. Era anche detta “Fontana di Napoleone”
per una riparazione effettuata nel 1806 dai francesi dell’esercito napoleonico. Nell’interno della cupola una lapide porta incisa una poetica iscrizione in
latino:
FONTE HOC IN VITREO LUDIT
NUNC CANDIDA NAIS
IN QUO LUDEBAT DORIS
AMARA PRIUS
ERGO HAUSTUM LATICES
SITIBUNDUS CIVIS ET HOSPES
HUC VENIAT QUISQUIS
PER MARE CARPIT ITER
ET MERITA CELEBRET
PRAEFECTUM LAUDE CANALEM
HOC TAM QUI CUNCTIS
UTILE FECIT OPUS
--------------MCCCCXLVI
Ai tempi dei miei ricordi, l’acqua della fonte
non era più potabile ma soltanto molto fresca.
Anche le funzioni di molo di ormeggio temporaneo erano molto rare, limitate ogni tanto a qualche barca di scoiani (isolani) sorpresa dal temporale o a brevi soste di barche da diporto degli abitanti dei paraggi per far salire o scendere qualche
ospite. La funzione prevalente era quella di stabilimento balneare e d’inverno punto di incontro o di
sosta nelle passeggiate. Le Colovare erano il percorso ideale per le passeggiate romantiche. Nelle
lunghe e calde estati dalmate il molo era affollato
esclusivamente da giovani e da ragazze. Per una
tradizione che non consentiva deroghe, soltanto la
gioventù poteva fare i bagni alla Fontana. La “candida najade che giocava nella vitrea fonte” non
gradiva vecchi e bambini che dovevano accontentarsi di fare i bagni nei posti accanto.
Notevole era il numero di belle ragazze borgherizzane e dei loro matrimoni con i “regnicoli” (italiani della penisola) che venivano a Zara a prestare il
servizio militare. Ci fu un anno, quando ero adolescente, nel quale un tenore in servizio di leva veniva
di sera a cantare serenate a una nostra graziosa
dirimpettaia e gli abitanti delle case vicine aspettavano alle finestre il suo arrivo.
Con le Colovare si apre il mio primo album di
fotografie. Quello che conserva le memorie più care
dell’infanzia, adolescenza e giovinezza, dei miei
famigliari, della mia casa, dei parenti e amici che
abitavano vicino, fino all’ultimo periodo trascorso a
Zara prima dell’esodo.
Nella prima pagina dell’album c’è la fotografia
che mi ritrae da bambino all’ombra dei “Primi pini”
insieme a mio padre e a mia sorella Lydia, che una
prematura morte a 19 anni ha reso sempre giovane e
sorridente nel ricordo. Il noto linguista prof.Carlo
Tagliavini le ha dedicato una sua opera sul dialetto
albanese parlato a Borgo Erizzo, quale segno di gratitudine per la collaborazione ricevuta nelle ricerche.
Come un nome magico, le Colovare mi ricordano
i bagni infantili e gli schiamazzi festosi con i coetanei, le prime passeggiate con i famigliari e la suggestione che provavo passando davanti all’antico cimitero abbandonato. Mi ricordano le corse in bicicletta inseguito dal cane Febo, i giochi di ragazzi che
avevano a disposizione i campi attigui alle Colovare
con alberi da frutto, cespugli per il gioco a nascondi-
IL NASTRO AZZURRO
27
no, battaglie con i fichi, terreni su cui scavare piste
per le gare con le palline di vetro, il mare per i bagni
e le gite in barca.
Mi ricordano le variazioni infinite del mare e del
cielo, la scansione delle stagioni sulle fronde degli
alberi da frutto. Quando più intenso si fece lo studio
e più incisiva la riduzione degli svaghi, le pause
erano consumate alla finestra a guardare il mare e le
isole. Lo spettacolo diventava ancora più suggestivo
quando infuriava il temporale. Mi sono rimasti incisi
nella memoria la bellezza dei tramonti e dei pleniluni. Nelle notti della bella stagione mi addormentavo
con la finestra aperta guardando il cielo stellato.
Spesso giungeva l’eco della bella voce tenorile dell’anziano Marsan che nel repertorio introduceva
sempre il suo appassionato canto a Venezia.
Quando ho rivisto le Colovare, più di vent’anni
dopo l’esodo, ho provato tanta tristezza che persino
le fotografie fatte in quella occasione ne sono rimaste impregnate. Ritraggono le Colovare completamente deserte nell’ultimo bagliore del tramonto
con le ombre lunghe e malinconiche.
Una bella poesia,di CASIMIRO (Mario Castellucci),
dal titolo “Le Colovare”, si conclude con i versi:
..................................
L’esilio ricopre d’un manto
d’incerto le immagini care.
Voi pure così, Colovare
del passo leggero, del canto
sommesso, voi siete l’enorme
silenzio d’un mondo perduto:
voi siete, sul grigio velluto
dell’alghe, la strada che dorme
da sempre, la magica via
su cui non soltanto l’amore,
ma ognuno, ogni cosa, ogni cuore
si veste di malinconia.
28
IL NASTRO AZZURRO
L’ultima volta che ho sentito un coro alle
Colovare era di giorno ed era cantato da un piccolo
gruppo di ragazzi e ragazze che ritornavano dalla
scuola di San Grisogono, dove gli jugoslavi, prima
dell’esodo con le opzioni, sotto il nome di Ginnasio
Italiano, avevano collocato tutti gli studenti italiani
di tutte le scuole medie preesistenti.
Quell’arrangiato Ginnasio Italiano ha dato l’addio a Zara con la rivincita morale dell’ardimento
che ha dimostrato e con uno spettacolo, straordinariamente ben riuscito, che aveva chiari sottintesi
patriottici e che ha avuto luogo al Teatro Popolare
(ex Teatro Nazionale). Fu uno spettacolo con balletti classici, canzoni, parodie umoristiche della guerra di Troia, che riscosse nutriti applausi anche dal
pubblico slavo. Nella piccola comunità di zaratini
rimasti dopo l’inizio dei bombardamenti (circa
7000) un considerevole numero di studenti erano
borgherizzani.
Gli studenti del Ginnasio Italiano avevano adottato la consuetudine di uscire dalla scuola, al termine delle lezioni, cantando il ritornello di una vecchia
canzone. Negli ultimi due versi il ritornello veniva
cantato come fosse la “Marsigliese”. Era divenuto
l’inno del Ginnasio Italiano. Continuarono a cantare
la loro canzone anche quando uno di essi, appena
adolescente, fu arrestato per tentata fuga in Italia
con la barca a remi e trattenuto in carcere per molto
tempo. Anche quando il regime scrisse in grandi
caratteri sui muri della città il nome di due insegnanti accusandoli di essere reazionari.
Il gruppetto di studenti aveva imboccato le
Colovare proveniente dalla Piazza d’Armi e cantava
l’inno della loro coraggiosa scuola:
Cielo color di stelle, color del
mare
tu sei lo stesso cielo del mio
casolare.
Portami in sogno verso la
Patria mia
portale un cuor che muore di
nostalgia.
Con la fine della guerra i
giovani di Zara, ritornati dai
fronti e dalla prigionia, erano
rimasti in Italia. Zara era al di là
della “cortina di ferro”. Nella
zona della Fontana c’erano
due che erano ritornati dopo
l’8 settembre 1943 ed entrambi, arrestati per tentativo di
fuga in Italia con la barca, trascorsero molti mesi in carcere.
Nel novembre 1946 una ragazza che abitava vicino alla
Fontana fu arrestata per aver
deposto dei fiori sull’ossario
dei soldati italiani nel giorno della commemorazione dei defunti.
La Fontana restò completamente deserta. Era l’immagine della desolazione. Neppure le poche ragazze
rimaste la frequentarono. Degli incontri estivi dopo
cena e dei cori sul muretto vicino alla Fontana, dove scende la
strada
dalla
Manifattura
Tabacchi, neanche a parlare.
Il Ginnasio Italiano fu soppresso con l’esodo degli optanti. Con lo stesso esodo è andata via per sempre anche ciò che
restava della popolazione della
parte settentrionale di Borgo
Erizzo. È andata via per sempre
la gioventù della Fontana. Si è
dispersa ovunque, in Italia,
nelle due Americhe, Australia,
persino in Giappone.
“Colovare, voi siete ora il
silenzio di un mondo perduto.”
Colovare: nel pomeriggio
precedente alla partenza dell’esodo, ho raccolto in riva al
mare un pugno di pietre. È il
ricordo che conservo della mia
terra natale, dell’infanzia, adolescenza e giovinezza,
di giochi, di bagni, di amicizie, di amori, della mia
gente. È anche il ricordo di una ragazza che ha pianto la mia partenza.
Pino Vuxani
(Presidente della Federazione di Trieste)
IL NASTRO AZZURRO
29
IL COLONNELLO ANTONINO FRASCONÀ
M.A.V.M. E M.B.V.M. (SUL CAMPO)
A
ntonino Frasconà nasce a
Palermo il 16 febbraio 1893,
segue gli studi classici presso il
Liceo Vittorio Emanuele II di Palermo e si
iscrive alla Facoltà di giurisprudenza
presso la locale Università. Il 3 gennaio
1915 viene nominato sottotenente di
Fanteria per prestare servizio di prima
nomina nel battaglione di “Milizia
Territoriale”. Poiché gli eventi bellici
evolvevano rapidamente, il 19 giugno
1915, viene inviato in territorio dichiarato in stato di guerra. L’11 maggio 1916
viene nominato Tenente ed assegnato al
55° Reggimento di Fanteria brigata
Marche; prende parte alle operazioni
belliche su tutti i settori italiani. Il 10
marzo 1917 viene trasferito al 253°
Reggimento di Fanteria della neo costituita brigata Porto Maurizio e partecipa
alle operazioni sull’altopiano di Asiago e
ad est di Gorizia. Il 31 ottobre 1917,
nominato Capitano, viene comandato
nel 254° Fanteria della brigata Porto
Maurizio, nel territorio a ridosso del
Piave. Sempre primo in ogni azione
offensiva, tenne per ben due giorni
un’importante posizione priva di ogni
difesa, sotto il fuoco violento di mitragliatrici e artiglieria nemica, condusse
poi la propria compagnia alla conquista
di Nervesa (oggi della Battaglia), dimostrando slancio ed entrando fra i primi,
come ricorda la motivazione della
Medaglia d’Argento al Valor Militare, 23
giugno 1918.
A seguito di ulteriori violenti combattimenti, avendo riportato varie ferite, il
25 settembre 1918 venne ricoverato nell’ospedale da campo n.° 0186 e lascia il
territorio dichiarato in stato di guerra per essere
ricoverato all’ospedale territoriale Scuole Vecchie di
Voghera il 13 ottobre 1918. Stante lo stato delle ferite (Regione temporale sinistra e braccio e spalla
destra), viene trasferito all’ospedale Regina Elena di
Palermo; gli vengono assegnati trenta giorni di convalescenza con assegni. Il 9 dicembre 1918, giunge in
territorio dichiarato in stato di guerra, destinato al
deposito del 97° Reggimento di Fanteria, Brigata
Genova. Per disposizioni del Comando Supremo e
fino al 7 febbraio 1919, è assegnato al 5° reggimento d’assalto e al XVIII reparto d’assalto. Sciolti i
reparti d’assalto (compagnie di arditi), il 14 maggio
1919 giunge in territorio dichiarato in stato di guerra (zona d’armistizio) in quanto trasferito al 202°
30
IL NASTRO AZZURRO
Reggimento di Fanteria brigata Sesia, dislocato a
Fiume, al comando della 1586^ compagnia mitragliatrici. Partecipa alla marcia di Ronchi per l’occupazione di Fiume con Gabriele d’Annunzio, inquadrato nel 2° battaglione del 202° fanteria. Partecipa
attivamente alle operazioni durante la “Reggenza
Italiana del Carnaro” e poco prima del trattato di
Rapallo (12 novembre 1920), rientra al deposito del
23° Reggimento Fanteria, Brigata Como. Viene collocalo in congedo il 20 luglio 1921.
Con decreto ministeriale 16 aprile 1922, viene
trasferito dal Ministero della Guerra al Ministero di
Grazia e Giustizia, prende servizio nella procura di
Treviso e fa parte della forza in congedo del
Distretto Militare di quella città. Con decreto ministeriale 24 luglio 1924, viene trasferito al Tribunale
Il 31 ottobre 1929,
viene promosso
1 ° Capitano. AEREO DELLA R.A.F. SU LAMPEDUSA
ESTATE
1941: ABBATTUTO
Per tutta la prima parte della seconda guerra mondiale l’isola di Lampedusa venne fatta segno a continui
bombardamenti da parte degli aerei della R.A.F. che, provenienti da Malta, la avevano a breve distanza dalle
loro basi.
Il colonnello Antonino Frasconà - mio zio - allora ancora Maggiore, era il Comandante dell’aeroporto e si era
prodigato all’organizzazione difensiva dell’isola a mezzo di batterie contraeree e costiere. Una notte dell’estate
1941, durante un violento bombardamento, il Sottotenente di Fanteria Gottardo Olivo, con il fuoco della sua
mitragliera intercettò un cacciabombardiere britannico che si era avventurato a mitragliare a bassa quote gli
impianti difensivi, abbattendolo al suolo.
Stante la continua, incessante azione di bombardamento e le tenebre non si poté rilevare né il luogo di caduta
dell’aereo, né se vi fossero stati superstiti. Alle prime luci dell’alba il comandante Frasconà in collaborazione
col sottotenente Olivo, col tenente Lucio Scalone del Plotone misto Genio e con la truppa, iniziarono le
ricerche, che si concretizzarono nel ritrovamento del velivolo nemico. L’aereo, il cui equipaggio comprendeva
due ufficiali della R.A.F., non si era incendiato con l’impatto al suolo, uno dei componenti l’equipaggio era
deceduto colpito dalla raffica e l’altro aveva subito una lieve ferita alla testa provocata dalla caduta. All’ufficiale
caduto vennero resi gli onori militari e fu sepolto nel locale cimitero. Il prigioniero, dopo aver ricevuto le cure
del caso, venne interrogato. Si doveva inoltre provvedere per la relativa custodia. I pareri furono diversi:
associarlo alle locali carceri giudiziarie o custodirlo nella camera di sicurezza della locale stazione dei
Carabinieri Reali.
Il comandante Frasconà, riuniti gli Ufficiati del Presidio, dichiarò che assumeva personalmente la
responsabilità della custodia dell’ufficiale prigioniero e cavallerescamente decise che lo stesso avrebbe
consumato i pasti nella mensa ufficiali e avrebbe trascorso le notti in una stanza priva di aperture, alla quale si
accedeva dalla sua camera da letto, la chiave della serratura sarebbe stata custodita da lui medesimo.
Bisogna rilevare che l’ufficiale britannico prigioniero, del quale non ho potuto reperire le generalità nei diari
del Colonnello, per il breve periodo che trascorse nell’isola si comportò con estrema serenità e con grande
rispetto nei confronti di tutto il personale militare che era addetto alla sua custodia.
La cronaca dell’avvenimento mi è stata riferita direttamente da mio zio, il colonnello Antonino Frasconà, e dal
sotto tenente Gottardo Olivo, oggi scomparso - Avvocato e direttore della “Nuova Rivista Tributaria”,
collaboratore della rivista Oggi per la rubrica “I rapporti con il fisco” - il quale, quando si recava a Palermo,
era sempre ospite a casa nostra e non mancava di rispondere alle mie domande e ad illustrarmi i particolari
della sua “avventura di guerra”.
Ugo Frasconà
IL NASTRO AZZURRO
31
di Palermo, dove rimane fino all’agosto 1926. Con
decreto ministeriale 8 agosto 1926, viene messo a
disposizione del Ministero delle Colonie e trasferito
al Tribunale di Asmara (Eritrea) con incarichi speciali: Notaio Sostituto e Conservatore delle Ipoteche.
Il 31 ottobre 1929, viene promosso 1 ° Capitano.
Con decreto ministeriale 21 novembre 1932,
cessa di essere a disposizione del Ministero delle
Colonie e rientra in Italia destinato alla Pretura di
Camerino (Macerata) con funzioni direttive e
viene iscritto nel ruolo degli ufficiali in congedo
del Distretto Miliare di Macerata, con D.M. 25 giugno 1933. Con D.M. 25 gennaio 1935, viene trasferito al Tribunale di Palermo. Con D.M. 25 luglio
1937, è trasferito, con funzioni direttive, nella
Pretura di Monreale, e viene iscritto nel ruolo ufficiali del Distretto Militare di Palermo, con D.M. 27
ottobre 1935.
Con Regio Decreto 3 Maggio 1937, è promosso
Maggiore a scelta ordinaria, con anzianità 15 gennaio 1937 - Comando zona militare di Palermo. Con
32
IL NASTRO AZZURRO
D.M. 7 maggio 1938 viene trasferito alla
Pretura di Palermo.
Richiamato alle armi dal 16 novembre
1939 al 12 dicembre 1939, alla Scuola
Centrale di Civitavecchia (scuola di guerra), e dal 14 dicembre 1939 al 13 gennaio
1940, a Palermo presso il 6° reggimento
fanteria della Brigata Aosta. Il 7 gennaio
1941 è richiamato in servizio presso il
Comando Truppe Regio esercito di
Lampedusa (deposito del 5° reggimento
fanteria Trapani) nel periodo di detto
comando, viene promosso Tenente
Colonnello, con anzianità 1 gennaio
1941. Durante tutto il periodo di comando, si prodigava nel potenziamento dell’isola di Lampedusa, si disimpegnava
ottimamente nei frequenti allarmi e
nella cattura di aerei nemici ammarati
presso l’isola. Lampedusa veniva sottoposta a frequenti bombardamenti aerei
da parte di velivoli britannici, e durante
un’incursione, la contraerea abbatté un
aereo nemico; il pilota; un ufficiale della
R.A.F. venne fatto prigioniero e Frasconà
lo prese sotto la sua custodia personale
(vds. riquadro).
Il 18 agosto 1941, durante l’attacco di
un aereo nemico, che colpiva un piroscafo carico di munizioni e di carburante,
accorreva prontamente presso la zona e,
malgrado le continue esplosioni del carico, dirigeva alla testa dei suoi fanti, le
operazioni di soffocamento dei focolai
d’incendio che minacciavano di estendersi al deposito munizioni, mentre con sereno coraggio e audacia riusciva ad arginare le fiamme, provvedeva all’opera di salvataggio dei naufraghi, cooperando a
trarre in salvo numerose vite umane.
Su proposta del Ministro della Marina, gli veniva
conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare
“sul campo”. Il 5 maggio 1942 viene collocato in
congedo in seguito a telegramma del XII Corpo
d’Armata.
A seguito dei rapporti personali dei comandanti
del XII Corpo d’Armata, Gen. C.A. Gr. Uff. Angelo
Rossi e Gen. C.A. Gr. Uff. Mario Arisio, il Ten.
Colonnello Antonino Frasconà è stato oggetto di
due encomi.
Rientra, quale Dirigente, nella Pretura unificata
di Palermo nel giugno del 1942.
Dopo il 1946, in seguito alla mutazione della
forma istituzionale dello Stato, presta giuramento di
fedeltà alla Repubblica, come prescritto per i dipendenti della Pubblica Amministrazione, presso la
quale ha riportalo sempre la qualifica di “ottimo”,
dal 1924 al 1949. Muore in servizio, in seguito a
malattia incurabile, il 28 dicembre 1950.
Ugo Frasconà
DAL FOGLIO MATRICOLARE DEL COLONNELLO FRASCONÀ
Il Ministero della Difesa con Decreto Ministeriale N° 000627 - UE - 325 in data 21 luglio 1998, gli ha conferito il
grado di Colonnello ai sensi della Legge 6 novembre 1990 n.° 325.
Il Col. Antonino Frasconà si fregiava delle seguenti decorazioni:
1) Medaglia d’Argento al Valor Militare
2) Medaglia di Bronzo al Valor Militare “sul campo”
3) Croce ai Merito di Guerra (prima guerra mondiale)
4) Croce al Merito di Guerra (seconda guerra mondiale)
5) Medaglia commemorativa Nazionale della guerra 1915 - 1918, con apposte sul nastro quattro fascette relative
agli anni, 1915-16-17-18
6) Medaglia Nazionale commemorativa dell’Unità d’Italia
7) Medaglia interalleata della Vittoria 1914-18
8) Medaglia commemorativa della Marcia di Ronchi (Impresa di Fiume )
9) Medaglia commemorativa delle Campagne d’Africa per i servizi speciali prestati nella Colonia Eritrea, quale
Notaio e Conservatore delle Ipoteche
10)Croce di Cavaliere dell’Ordine cavalleresco della Corona d’Italia
11) Medaglia commemorativa Nazionale delle guerra 1940-43, con apposte sul nastro due fascette per gli anni
1941 -42.
RAPPORTO PERSONALE a mente del n. 15 lett. B del regolamento
Periodo 14 gennaio 1941 - 20 agosto 1941
Il Maggiore di Fanteria Frasconà Antonino si è dimostrato perfettamente all’altezza del delicato e difficile compito
di comandare Truppe R.E. di presidio a Lampedusa.
Ha lavorato con intelligenza, senso pratico, capacità professionale all’organizzazione difensiva dell’isola, da lui
presa allo stato embrionale. Ha curato la preparazione morale e l’addestramento dei suoi dipendenti sui quali gode
notevole ascendente, con l’esempio costante. Si è disimpegnato ottimamente nei frequenti allarmi e nella cattura di
apparecchi nemici ammarati presso l’isola. Ha sempre fornito relazioni e studi ben fatti, completi.
Encomio: per l’ottimo rendimento e la fattiva collaborazione da lui data in condizioni difficili di vita, di
rifornimento, di isolamento,
Il Gen. di Corpo d’Armata
Comandante del XII C. d’Armata
f.to Gr. Uff. Angelo Rossi
RAPPORTO PERSONALE per il Sig. Tenente Colonnello Frasconà Antonino, Comandante Truppe R. E.
Lampedusa compilato per il periodo dal 21-8-1941 al 30-4-1942:
Dotato di animo generoso, di molto buon senso, di sana iniziativa, di fervido attaccamento al servizio, il T. Col.
Frasconà ha spiegato opera solerte, intelligente e fattiva nel potenziamento dell’isola di Lampedusa, sormontando
notevoli difficoltà e conseguendo notevoli risultati.
Per il complesso delle sue qualità e per lo spirito di sacrificio col quale ha assolto i suoi non facili compiti, egli si è
rivelato ufficiale superiore di complemento di non comune valore che spicca sulla massa dei colleghi.
Il Gen. di Corpo d’Armata
Comandante del XII C. d’Armata
f.to Gr. Uff. Mario Arisio
IL NASTRO AZZURRO
33
IL COMANDANTE FRANCESCO ACTON:
UNO STABIESE PLURIDECORATO
DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
I
l barone Francesco Eduardo Acton nacque
a Castellammare di Stabia il 24 agosto
1910. Appartenente alla dinastia Acton,
discendente del fondatore del cantiere navale di Castellammare di Stabia era figlio dell’
Ammiraglio di Armata Alfredo, Ministro di
Stato e Senatore del Regno, Capo di Stato
Maggiore della Regia Marina e già
Comandante in Capo delle Forze Navali, e da
Donna Livia Giudice Caracciolo dei principi di
Villa e Cellamare, Ispettrice Onoraria e
Medaglia d’Oro della C.R.I.
Seguendo le tradizioni familiari, Francesco
Acton frequentò l’Accademia Navale di
Livorno, divenendo ufficiale della Regia
Marina nel 1931 col grado di Guardiamarina.
Subito dopo venne inviato su naviglio sottile
e d’assalto e, dopo un periodo di tirocinio,
venne destinato ad unità siluranti.
Combatte quindi, valorosamente, durante
la Campagna d’Etiopia, la Campagna di
Spagna e il Secondo Conflitto Mondiale; a
riprova del suo valore, le sue gesta, al comando di siluranti e sommergibili, vengono citate ben due volte sul bollettino di guerra del
Comando Supremo.
Con il grado di Tenente di Vascello, al
34
IL NASTRO AZZURRO
comando della Torpediniere Pegaso, fu insignito di numerose onorificenze.
Una Medaglia d’Argento al Valor Militare
la meritò abbattendo, con le mitraglie della
sua unità, 4 aerei avversari. La motivazione
del
conferimento
fu
la
seguente:
“Comandante di torpediniera in servizio di
scorta a convoglio, fatto segno a ripetuti violenti attacchi aerei, con efficace reazione di
fuoco riusciva ad abbattere quattro apparecchi attaccanti.
Con elevata perizia professionale e con
sereno ardimento, in avverse condizioni
atmosferiche, prestava assidua opera di assistenza ai piroscafi colpiti che potevano raggiungere con mezzi propri il porto di destinazione.
Durante l’intero episodio bellico dava
prova di cospicue doti militari e marinaresche”.
(Mediterraneo Centrale, 8 novembre 1941
La torpediniera Pegaso al suo comando
effettuò numerose e rischiose operazioni,
tanto da meritarsi anch’essa una Medaglia
d’Argento al Valor Militare in quanto: “È l’unità della Regia Marina che ha al suo attivo il
maggior numero di sommergibili affondati,
avendone distrutti tre certamente ed un
quanto assai probabilmente”.
La nave, il 12 maggio 1941 intercettò al
largo di Tripoli il sommergibile inglese HMS
Undaunter, salpato da Malta per pattugliare
le coste libiche e,
attaccandolo
con
bombe di profondità, riuscì ad affondarlo.
L’unità partecipò il
24 maggio 1941 alla
scorta del convoglio
di cui fu affondato il
transatlantico Conte
Rosso, carico di truppe. Il 14 aprile 1942
riuscì ad affondare il
famoso sommergibile Upholder, comandato da uno dei
migliori sommergibilisti britannici, il
Comandante David Wanklyn.
Il Comandante Wanklyn aveva affondato in
16 mesi di guerra, bel 100 mila tonnellate di
naviglio iatlo-tedesco ed era considerato un
personaggio leggendario. La Royal Navy mantenne segreta la sua comparsa e quello dell’equipaggio dell’Upholder per ben quattro mesi.
A metà giugno la nave partecipò ad diversi attacchi contro convogli inglesi. Uno in particolare, composto da 6 mercantili con una
scorta ravvicinata di una corazzata, due portaerei e 8 caccia, prese il largo da Gibilterra
per raggiungere Malta. La squadra italiana,
tra cui anche il Pegaso, si schierò vicino a
Pantelleria ed inviò le unità leggere, supportate da forze aeree e incrociatori, contro il
convoglio. Solamente 2 mercantili inglesi
sopravvissero all’attacco e riuscirono a portare i loro materiali a Malta.
Per il suo eroico comportamento
Francesco Acton fu insignito di altre 4
Medaglie di Bronzo al Valor Militare “ sul
campo” quale:
“Comandante di torpediniera, di scorta a
convoglio in zone fortemente insidiate,
segnalato all’ecogoniometro un sommergibile nemico, si portava con audace e serena
manovra all’attacco, effettuando una decisa
azione di caccia con intenso lancio di bombe
di profondità, finché da indubbi segni ne
poteva constare l’affondamento”.
(Mediterraneo Centrale, 2 luglio 1942)
II concessione
“Comandante di torpediniera, in servizio
di scorta a convoglio, con abile e pronta
manovra riusciva a sventare l’agguato di un
sommergibile nemico e, accertatane all’ecogoniometro l’ubicazione effettuava con sereno ardimento un’intensa ed efficace azione
di caccia finché da indubbi segni constatava
l’affondamento dell’unità avversaria”.
(Mediterraneo Centrale, 4 luglio 1942).
III concessione
“Al comando di unità sottile, in servizio di
scorta a convogli, durante un lungo periodo
di dura e silenziosa attività, eseguiva numerose missioni in acque fortemente insidiate.
IL NASTRO AZZURRO
35
Più volte attaccato da
mezzi aerei e subacquei, reagiva con decisione, perizia e
coraggio, confermando le
ottime doti di cui aveva già
dato ripetutamente prova”.
(Mediterraneo Centrale,
giugno 1941-giugno 1942)
IV concessione
“Comandante di torpediniera, di scorta a convogli,
assolveva il suo compito con
capacità e sereno coraggio,
portando l’unità e i suoi
uomini ad alto grado di efficienza.
Attaccato il convoglio da
sommergibile nemico, dirigeva con ardimento e perizia
sull’unità avversaria, che sottoponeva ad
intensa ed efficace azione di caccia, finché
da indubbi segni ne accertava l’affondamento”.
(Mediterraneo Centrale, 9 maggio 1942)
Alle Medaglie al Valore si aggiungono
altri attestati e riconoscimenti quali:
– Cavaliere di Onore e Devozione del
Sovrano Militare Ordine di Malta;
– Cavaliere di Gran Croce di Giustizia e
Deputato della Reale Deputazione del
Sovrano Militare Ordine Costantiniano di San
Giorgio;
– 3 Croci di Guerra al Valor Militare;
– Medalla de la Campana Spagnola;
– Croce di Ferro di seconda classe;
– Cavaliere dell’Ordine della Corona
d’Italia e della Stella Coloniale.
Al termine della guerra
Francesco Acton lasciò la
Marina con il grado di
Capitano di Fregata e, successivamente venne promosso
Capitano di Vascello nella
riserva.
Per oltre quarantanni si
dedicò, quale Direttore, al
ripristino ed miglioramento
del Museo Filangieri di Napoli
incrementando le opere ivi
contenute con sue personali
donazioni.
Continua nella società
l’impegno e la dedizione
profuse in guerra, adoperandosi per l’assegnazione di
borse di studio agli studenti
più meritevoli. Negli anni
’60, in memoria del figlio Alfredo scomparso in giovane età, istituì una specifica borsa
di studio.
Dopo il sisma del 1980, si adoperò per la
sistemazione statica del fabbricato che ospita
il prestigioso museo. Morì a Napoli il 12
novembre 1997.
La nave con la quale compì le sue imprese
era un “Avviso Scorta” appartenente alla
classe Orsa (4 unità: Orsa, Pegaso, Orione,
Procione), fu varato nel 1936 dalla società
Bacini e Scali di Napoli e classificato torpediniera nel 1938. Il suo dislocamento era di
1600 tonnellate, aveva una lunghezza di 89,3
metri, una larghezza di 9,7 un’immersione di
3,1 metri. Il suo apparato motore, composto
da due caldaie e due turbine, sviluppava una
potenza di 16.000 cavalli sulle due eliche ed
una velocità di 28 nodi.
L’armamento era costituito da 2
cannoni da 100/47 mm., 4 mitragliere da 13,2 mm., 4 tubi lanciasiluri da 450 mm., 4 lancia bombe di
profondità e mine. Durante la
guerra ebbe modificato l’armamento antiaereo con l’installazione
di 11 mitragliatrici da 20 mm. Il suo
equipaggio era composto da 154
uomini.
Antonio Cimmino
(Componente Collegio Sindacale
Nastro Azzurro Federazione di
Napoli)
36
IL NASTRO AZZURRO
GIOVANNI MALTESE, L’EROE DI CEFALONIA
I
l tenente colonnello Giovanni Maltese,
nato a Palermo il 29 novembre 1895,
Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia,
è combattente nella prima guerra mondiale
durante la quale fu ferito per ben due volte.
Quale veterano, allo scoppio della seconda guerra mondiale è inviato sul fronte
Greco Albanese con il 17° Reggimento
Fanteria “Acqui”. L’armistizio dell’8 settembre 1943 lo coglie sull’isola di Cefalonia
dov’era convalescente all’ospedale militare.
Il 15 settembre, con profondo senso del
dovere pur non essendo ancora guarito,
abbandonò l’ospedale per accorrere tra i
suoi fanti impegnati nella battaglia di Cima
del Telegrafo.
Egli ordina di iniziare l’attacco alle ore
19, quando gli ultimi Stuka tedeschi scompaiono nel cielo dell’isola. Puntualmente le
compagnie del III/17° Fanteria scattano
all’assalto, le artiglierie allungano il tiro su q.
40 dove vengono avvistati agglomerati di
truppe tedesche, i quali rispondono al fuoco
disperatamente, ma i nostri mortai da 45 e
da 81 costringono i tedeschi a spostarsi continuamente. La 10^ compagnia avanza energicamente verso quota Cima Telegrafo. La
quota dista meno di 100 metri, ma nuclei di
tedeschi trincerati oppongono una dura resistenza, in questo momento i fanti si impongono un crescendo di atti di eroismo che culminano con il sacrificio della vita. L’attacco
continua travolgente e finalmente Cima
Telegrafo è conquistata.
Cadono nelle nostre mani oltre 500 prigionieri, una
batteria di semoventi, 40 automezzi e grandi quantità di
materiali. Il III/17° Fanteria rioccupa le precedenti posizioni in difesa costiera, ma all’alba del 22 settembre 1943 si
riaccendono aspri combattimenti contro due colonne
tedesche procedenti verso Kardakata-Agrostoli e verso
Dilimata-Razata. La lotta furibonda ed accanita durò
qualche ora, ufficiali e soldati ripetevano le loro gesta di
eroismo, i tedeschi irrompono da ogni parte compiendo
continui atti di barbarie sui feriti e sui prigionieri.
Il Ten.Col Maltese ed altri 17 Ufficiali superstiti, dopo
aver resistito fino all’estremo di ogni umana possibilità,
schiacciati da forze di gran lunga preponderanti, vengono fatti prigionieri verso le ore 11,00. Neppure mezz’ora
dopo la cattura venivano separati dai soldati e trucidati a
colpi di moschetto e di pistola nel Vallone di S. Barbara.
Alle loro seguirono altre fucilazioni sommarie.
Alla Memoria del Ten.Col Giovanni Maltese, il
Presidente della Repubblica concesse nel 1977 la
Medaglia d’Oro al VM.
Stefano Mangiavacchi
(Presidente della Federazione di Arezzo)
GIOVANNI MALTESE
Nato il 29 novembre 1895 a Palermo, Tenente Colonnello - Medaglia d’Oro al Valor Militare (alla
memoria)
“Comandante di battaglione, degente in Ospedale da Campo per grave infermità, al profilarsi della lotta
di liberazione contro i tedeschi lasciava il luogo di cura per riassumere il comando del Reparto.
Animatore instancabile e trascinatore saldo e sicuro, con insigne coraggio, nell’infuriare del fuoco
terrestre e aereo, conduceva i suoi fanti al combattimento, infliggendo al nemico gravi perdite,
catturando numerosi prigionieri, destando l’ammirazione dei dipendenti per le sue eccezionali doti di
comandante e combattente di saldissima tempra. Travolti i suoi reparti nell’impari lotta, veniva catturato
allo spegnersi della disperata resistenza. Sottoposto ad esecuzione sommaria, affrontava la fucilazione
sul campo con la fierezza di valorosissimo soldato”.
Cefalonia, 15 settembre - 22 settembre 1943.
IL NASTRO AZZURRO
37
I KAPPENABZEICHEN
Carlo I, in visita ai reparti al fronte, non
dimenticava mai di indossare il distintivo
delle unità con cui si intratteneva. La documentazione fotografica testimonia, per
altro, una capillare diffusione dei distintivi
tra i militari di grado inferiore.
Col tempo, quelle piccole placche metalliche diventarono un “medagliere ricordo”
dei fronti dove il militare aveva combattuto
o dei reparti di cui aveva fatto parte.
Ricordiamo che alla loro realizzazione
collaborarono pittori e scultori “di guerra”,
tra i quali artisti di grande levatura come
Egon Schiele e Albin Egger Lienz. Ad essi
venne chiesto di rendere comprensibile a
chi viveva lontano dal fronte e di condividere quanto vi stava accadendo, fissando il
ricordo delle vicende belliche in quadri,
disegni e sculture, riproducibili in varie
modalità tra le quali, appunto, i distintivi
da berretto.
Appartenenza e distinzione
Cosa sono e a cosa servirono
I Kappenabzeichen sono distintivi metallici, muniti
nella parte posteriore di un sistema di attacco con cui
potevano essere appuntati, da militari e civili austroungarici, sul vestito o sull’uniforme (i militari preferibilmente sul berretto). Durante la Grande Guerra se ne
vendettero un numero incalcolabile di esemplari allo
scopo di finanziare l’assistenza alle vedove, agli orfani,
ai profughi e agli invalidi. I distintivi da berretto ebbero anche lo scopo, attraverso l’appello alla difesa della
patria e alla fedeltà all’imperatore, di stimolare il consenso alle ragioni del conflitto, il sentimento patriottico nella popolazione civile e lo spirito di corpo in reparti spesso molto compositi sul piano linguistico.
All’interno di grandi unità (gruppi d’esercito, armate, ecc.), inoltre, un distintivo poteva permettere a
reparti fino a quel momento mai entrati in
contatto, di riconoscersi nella nuova formazione.
I Kappenabzeichen non costituivano
parte integrante dell’uniforme, a differenza dei distintivi relativi alle unità o alle specialità, e comparvero certamente prima che
qualunque decreto ne regolamentasse
l’impiego. I primi documenti relativi all’uso
risalgono alla fine del 1916 e prevedono
che in zona di operazioni i distintivi possano essere portati, in servizio e fuori, “solo
sul lato destro del berretto”. È documentato che i distintivi erano portati a tutti i
livelli di grado e che lo stesso imperatore
38
IL NASTRO AZZURRO
Nel corso della Grande Guerra risultò evidente a
tutti i governi che la guerra combattuta nelle trincee e
nel fango avrebbe avuto successo solo se accompagnata da un’altra guerra, condotta con le armi della persuasione e finalizzata a convincere i soldati, i cittadini e
la società tutta a sostenere il conflitto. La propaganda
divenne uno strumento fondamentale per controllare
l’opinione pubblica ed ottenere il consenso nei confronti di una guerra che, giorno dopo giorno, si dimostrava sempre più violenta e costosa. Ogni stato mise in
atto numerose iniziative: vennero realizzati manifesti e
locandine, milioni di volantini e cartoline illustrate vennero distribuite nelle trincee, nelle città vennero organizzate manifestazioni e raccolte di fondi.
Contemporaneamente si aggravò la repressione di ogni
forma di dissenso al fronte e all’interno; la società civile venne assoggettata ad un modello militare, che com-
portava una restrizione dei diritti e l’eliminazione di
ogni atteggiamento critico.
I distintivi militari austro-ungarici rientrano nell’ampio quadro della produzione propagandistica. La
consuetudine di portare sul berretto da campo distintivi propagandistici e commemorativi fu una peculiarità delle truppe austro-ungariche. Questi distintivi
non regolamentari erano coniati per ricordare i successi dei reparti e mantenerne vivo lo spirito di corpo,
infondere nei soldati la convinzione della
loro superiorità sull’avversario, celebrare
le alleanze e l’unità dell’Impero, incitare
l’esercito e la popolazione civile all’odio
per i nemici ed in particolare per l’Italia
traditrice. L’appuntare sul proprio berretto un distintivo che celebrava una battaglia o un’azione rappresentava per il soldato un motivo d’orgoglio, la dimostrazione dell’appartenenza a reparti gloriosi
e della partecipazione a scontri entrati
nella memoria collettiva.
Se per i soldati prevaleva la funzione
simbolica, il senso di appartenenza e, perché no, forse anche il ruolo di amuleto e
portafortuna che questi distintivi potevano
ricoprire, oggi non possiamo non apprezzare la qualità formale di molti di questi
materiali; molto spesso si tratta di piccoli capolavori
realizzati dai bozzetti prodotti da artisti di guerra, di
cui l’esercito austro-ungarico aveva ben compreso il
fondamentale compito. Già nel 1914 venne creato un
“gruppo artistico” aggregato al Quartier Generale
della stampa di guerra. A partire dal 1915 gli artisti al
fronte vennero definiti Kriegsmaler (pittori di guerra) o
Kriegsbildhauer (Scultori di guerra); le loro opere,
esposte in “Esposizioni di immagini di guerra”
(Kriegsbilderausstellung) avevano il compito di rendere
comprensibile ciò che stava accadendo al fronte e fissare il ricordo di tali esperienze.
I soggetti presenti sui distintivi sono numerosi:
ritratti, paesaggi in miniatura, armi, stemmi araldici,
simboli. Si riconoscono il profilo del Col di Lana, le Cime
di Lavaredo, Gorizia, ma anche Trento, il Pasubio e il
monte Zugna. Il soldato austro-ungarico è spesso rappresentato nel ruolo della vedetta solitaria o del valoroso Kaiserjàger che sconfigge il nemico; ricorrente l’esaltazione del corpo vigoroso del difensore della Patria,
armato di gladio. Tra i soggetti ricorrenti, l’Italia traditrice, rappresentata sotto forma di serpe che il soldato
austro-ungarico è pronto a schiacciare. Frequenti anche
i richiami classici (Atena) o religiosi (Santa Barbara,
figure angeliche). Sui distintivi non mancano però
anche immagini meste e intime: il ferito o l’invalido, il
soldato in atteggiamento di preghiera ai piedi di un
crocifisso, il reduce circondato dalla famiglia.
La particolare fortuna dei Kappenabzeichen e la
loro circolazione nell’Impero austro-ungarico non si
spiega solo con la campagna di raccolta fondi, ma attesta una disponibilità diffusa ad acquistare e portare i
messaggi patriottici della propaganda di guerra, veicolati da parole e da raffigurazioni naturalistiche o allegoriche dall’immediata presa e facilmente decodifica
bili, entro un sistema comunicativo in cui possiamo riconoscere committenti e destinatari, disegnatori e produttori, venditori ed acquirenti.
I distintivi rappresentano un sistema di segni parallelo alle onorificenze conferite dall’autorità militare
per particolari atti compiuti, per meriti acquisiti, per
capacità dimostrate. A differenza dell’onorificenza,
infatti, che si propone di “distinguere” tra un soldato e
l’altro, il distintivo da berretto distingue il soldato dal
non-soldato, ne sottolinea - e ne evidenzia – l’appartenenza ad un mondo diverso, con una propria geografia
(fatta di nomi di località simboliche e di luoghi di battaglie) e una propria cronologia (scandita da anni di
guerra e date di anniversari).
Camillo Zadra
(Per chi volesse saperne di più, Alberto Lembo ha pubblicato
un
interessante
saggio
dal
titolo
Kappenabzeichen recensito su “Il Nastro Azzurro” n.°
5/2008)
IL NASTRO AZZURRO
39
CRONACHE DELLE FEDERAZIONI
ALESSANDRIA
La Federazione di Alessandria, per il bimestre in riferimento, ci ha comunicato la partecipazione alle seguenti cerimonie:
– col patrocinio della Provincia e dei Comuni di Alessandria
e Solero, la Federazione Provinciale del Nastro Azzurro
ha organizzato, in collaborazione con 15 Associazioni
d’Arma riunite in Comitato, e celebrato le tre “Cerimonie
del Ricordo”. La prima si è svolta sabato 31 gennaio
2009, in onore della Medaglia d’Oro al Valor Militare
Capitano Bruno Pasino e degli altri tre Partigiani
Giacomo Colonna, Osvaldo Caldana e Maurizio Guichard
trucidati alle porte di Casalbagliano (AL) la notte del 30
gennaio 1945, e ha avuto inizio nella Sala Giunta del
Comune di Alessandria dove il Sindaco, dott. Piercarlo
Fabbio, dopo aver ricevuto i partecipanti, le autorità, la
vedova della M.O. Pasino, Signora Rosa, e le Associazioni
del Comitato con le rispettive insegne, ha tracciato la
vicenda della M.O. Pasino e la sua tragica fine. Sono
seguiti gli “Onori ai Caduti” e la deposizione delle corone presso la stele di Casalbagliano. Si è proseguito per
Solero, luogo di nascita della M.O. Pasino, dove, ricevuti
nella Sala Comunale dal Sindaco, dott.ssa Maria Grazia
Guaschino, alla presenza di numerose autorità civili e
militari, il Presidente della Provincia ha pronunciato l’orazione ufficiale sulla “Pace”. La Maestra Fiduciaria,
Marita Cairo, ha quindi illustrato l’organizzazione della
“Mostra” di disegni su “La Pace” (esposta nella Sala
Consiliare del Comune) indetta dalla Federazione ed ha
presentato gli oltre cinquanta studenti partecipanti al
“Concorso”. I primi tre classificati hanno letto le loro
opere, a tutti sono state consegnate coccarde tricolori e
alla Dirigente Scolastica, dott.ssa Cristina Trotta, una
“Borsa di Studio collettiva”. Dopo, nella bella Chiesa
Parrocchiale, don Mario Bianchi ha celebrato la S. Messa
in suffragio del Caduti. La manifestazione si è conclusa
presso la Casa della Gioventù dove i familiari della M.O.
Pasino hanno incontrato i partecipanti;
–
teo e la resa degli Onori sul luogo del sacrificio, dove il
Presidente della Provincia, dottor Paolo Filippi, ha pronunciato l’orazione ufficiale, seguita dall’intervento del
Presidente della Federazione Provinciale del Nastro
Azzurro gen. Luigi Turchi e del Presidente della Sezione
di Casale Monferrato dell’A.N.P.I. Erano presenti il fratello della Medaglia d’Oro, cav. Arduino Bizzarro con
Signora, le massime Autorità locali, tra cui i Sindaci di
Casale Monferrato, Cerrina e Serralunga, e le
Associazioni Combattentistiche e d’Arma;
il 21 Febbario a Quargnento, la terza “Cerimonia del
Ricordo” in onore della M.O.V.M, Cap. Ferraris ha visto
protagonisti gli alunni delle Scuole Primarie locali che
hanno partecipato alla “mostra” di disegni e al
“Concorso” sulla Pace. I vincitori hanno presentato i loro
lavori e recitato una composizione collettiva molto
applaudita. A tutti, come premio, è stata consegnata una
medaglia della Federazione del Nastro Azzurro e alla
scuola “Silvio Pellico” una “Borsa Collettiva” (giunta alla
nona edizione) ritirata dalla maestra Patrizia Badella.
Successivamente, presso il monumento alla Medaglia
d’Oro sono stati resi gli onori ai Caduti. Nella Basilica
Minore di San Dalmazzo, Chiesa Parrocchiale, mons.
Piero Gosio ha celebrato la S. Messa di suffragio. Al termine, il Sindaco ing. Luigi Benzi ha ricevuto in Municipio
i convenuti per un vino d’onore, presenti i Presidenti e i
Soci delle Associazioni d’Arma con le insegne.
Alessandria: Cerimonia del Ricordo
AREZZO
Alessandria: consegna dei premi ai partecipanti al
Concorso
–
il 15 febbraio 2009 la seconda “Cerimonia del ricordo”,
in onore dell’Aviere Partigiano Combattente MOVM
Arduino Bizzarro, si è svolta a Madonnina di Crea, luogo
dove egli aveva difeso lo sganciamento dei compagni
d’arme, sacrificando la propria vita. La S. Messa di suffragio ha aperto la manifestazione che è proseguita col cor-
40
IL NASTRO AZZURRO
Nel bimestre, la Federazione di Arezzo ci ha comunicato
la partecipazione alle seguenti manifestazioni:
– il Presidente della Federazione del Nastro Azzurro di
Arezzo Stefano Mangiavacchi unitamente ai soci
Mario Rondoni e Carlo Caporaso, ha presenziato presso il Circolo Rosselli di Firenze alla presentazione del libro
di Elena Mollica “Kindu: una missione senza ritorno”,
volume che raccoglie le memorie del sacrificio dei tredici
aviatori della 46^ Aerobrigata di Pisa trucidati nel 1961 a
Kindu durante una missione sotto l’egida delle Nazioni
Unite. Presenti gli Onorevoli Valdo Spini e Marco Boato,
il Sindaco di Montevarchi Giorgio Valentini, il Generale di
Divisione Aerea Nino Pasquali, il Comandante della 46^
Brigata Aerea di Pisa gen. B.A. Vitantonio Cormio e
numerosi familiari dei Caduti;
– sabato 31 gennaio nei saloni della Bartolea di
Montevarchi è stato presentato, in occasione delle celebrazioni del “Giorno della Memoria” il volume “Non raggiunsero la libertà”, realizzato dal Comune di
Montevarchi e dalla Federazione del Nastro Azzurro di
Arezzo e curato da Gianluca Monicolini, Presidente del
Consiglio Comunale di Montevarchi. Il libro tratta della
deportazione e della prigionia nei campi di concentramento tedeschi durante la seconda guerra mondiale, tramite le vicende di due civili e nove militari che vi trovarono la morte dopo atroci sofferenze. Dopo il saluto del
Presidente della Federazione Stefano Mangiavacchi,
che ha letto la motivazione della MOVM concessa alla
memoria dell’Internato Ignoto, sono intervenuti il
Sindaco Giorgio Valentini, il Prof. Ivo Biagianti
dell’Università di Siena, ed il curatore del volume
Gianluca Monicolini. AI termine sono stati consegnati
attestati alla memoria ai familiari dei Caduti ed alla
Sezione del Nastro Azzurro di Montevarchi rappresentata dal Socio Alberto Romanelli;
BIELLA
Nel bimestre, la Federazione di Biella e Vercelli ci ha
comunicato la partecipazione alle seguenti cerimonie:
– alla presenza del Generale CA Bonifazio Incisa di
Camerana, già Capo di SME e del Generale CA Rocco
Panunzi, Comandante dei Supporti delle Forze Operative
Terrestri, il 19 dicembre 2008 il Colonnello Antonio
Zuppardo, 60° Comandante del 52° Reggimento di
Artiglieria Terrestre “Torino” (Caserma MOVM Aldo
Scalise, Vercelli), ha ceduto il Comando del Reggimento
al Colonnello Massimo Guasoni, 61° Comandante.
Durante la cerimonia il Presidente della Federazione
Provinciale del Nastro Azzurro di Biella e Vercelli, dottor
Tomaso Vialardi di Sandigliano, ha consegnato al
Colonnello Zuppardo il crest d’Onore del Nastro Azzurro;
Biella: la Brigata Sassari ricorda la battaglia del
Colrosso
–
Il 28 gennaio, anniversario della battaglia di Col del
Rosso (28 gennaio 1918), i Sassarini Biellesi del Circolo
Sardo “Su Nuraghe” si sono riuniti nell’area monumentale del Nuraghe Chervu per celebrare le decorazioni al
Valor Militare alle Bandiere dei Reggimenti della Brigata
Sassari (151° e 152° Fanteria). Il Presidente della
Federazione di Biella e Vercelli, dottor Tomaso Vialardi
di Sandigliano, dopo aver letto le motivazioni delle
Decorazioni (Ordine Militare di Savoia, 2 Medaglie d’Oro
al V.M.), ha depositato, con il Sindaco di Biella e il
Presidente del Circolo Sardo “Su Nuraghe” Battista Saiu,
una corona di alloro in memoria dei Caduti Sassarini
della Grande Guerra;
BOLOGNA
–
Domenica 8 febbraio è stata celebrata la “Giornata del
Ricordo” in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo delle popolazioni di Istria, Dalmazia e Fiume, la
Federazione del Nastro Azzurro di Arezzo ed il Comune
di Montevarchi hanno organizzato una solenne cerimonia che si è svolta al Monumento ai “Caduti senza
Croce” nel cui basamento è custodita terra della Foiba di
Basovizza. Dopo l’alzabandiera e la Preghiera in suffragio dei Caduti è stata deposta una corona di alloro al
monumento. Presente il Labaro della Federazione con
un numeroso gruppo di soci, unitamente alle Autorità
civili e militari e alle rappresentanze delle associazioni.
Inoltre sono state distribuite a tutti gli studenti della
città cartoline celebrative della Giornata del Ricordo
(foto in alto).
Bologna: Galà di beneficenza organizzato dalle Dame
Patronesse
IL NASTRO AZZURRO
41
prese parte, a fianco delle forze Alleate, alla vittoriosa Battaglia di Montelungo che gli valse il conferimento della seconda Medaglia di Bronzo al Valor
Militare. Al termine un ricco buffet dove gli intervenuti si sono scambiati gli auguri di buone feste;
Nelle sontuose sale del Circolo Ufficiali dell’Esercito
di Bologna si è svolta sabato 7 febbraio l’annuale galà di
beneficenza promosso e organizzato dal Comitato Dame
Patronesse della Federazione bolognese del NA. Presenti
alte autorità civili e militari nazionali e locali, accolte dal
presidente Rag. Giorgio Bulgarelli. Tra gli intervenuti,
il vice prefetto vicario dott. Matteo Piantedosi, il comandante militare Emilia-Romagna col. (i.g.s.) Giovanni de
Cicco, il comandante del 2° Reggimento Sostegno
“Orione”, col. Ludovico Avitabile, i parlamentari Filippo
Berselli ed Enzo Raisi, il presidente della Commissione
Comunale Bilancio Avv. Galeazzo Bignami. Alla cena è
seguita un’apprezzata esibizione musicale di cantanti
lirici, quindi l’estrazione dei biglietti della lotteria (abbinati a prestigiosi premi offerti da sponsor e amici
dell’Istituto) condotta con classe e brio da un presentatore d’eccezione, il presidente del Consiglio provinciale
di Bologna Maurizio Cevenini. Con la raccolta dei fondi,
la Federazione petroniana darà il proprio contributo ad
attività caritative e assistenziali particolarmente significative sul territorio.
BRINDISI
Il 20 febbraio 2009 si è svolta, presso la sede
dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Brindisi,
la prima Assemblea Ordinaria annuale per l’approvazione del bilancio consuntivo 2008 e di quello preventivo
2009. Come è noto, a seguito della segnalazione del
Presidente Nazionale, Comandante Giorgio Zanardi, il
28 settembre 2007, il Comandante Comm. Vincenzo
Cafaro è stato nominato Commissario per la ricostituzione a Brindisi della Federazione Provinciale del Nastro
Azzurro. La città ha risposto molto favorevolmente all’iniziativa dell’Istituto del Nastro Azzurro con un numero
di iscritti sempre in aumento e il 4 giugno 2008 il
Comandante Cafaro è stato eletto Presidente della
Federazione Provinciale di Brindisi che, al 31 dicembre
2008 contava 88 Soci così suddivisi: Onorari n. 1; Effettivi
n. 9; Aderenti n. 6; Simpatizzanti n. 72. Il generale
Giuseppe Chiriatti, eletto Presidente dell’Assemblea, la
ha condotta in maniera encomiabile, esaltando l’attività
del Presidente Cafaro e la sua relazione morale approvata all’unanimità. In un clima festoso, tutti i Soci hanno
potuto rinnovare l’impegno all’Istituto del Nastro
Azzurro.
FERRARA
Nel bimestre, la Federazione di Ferrara ci ha comunicato la partecipazione alle seguenti cerimonie:
– martedì 16 dicembre alle ore 10.30 presso la sede di
Corso Giovecca n. 165, presieduta dal presidente provinciale Avv. Giorgio Anselmi, si è svolta
l’Assemblea Annuale degli iscritti alla Federazione di
Ferrara del Nastro Azzurro, che conta 200 iscritti (di
cui 30 decorati, 100 simpatizzanti e 70 famigliari di
Decorati). Fatto il bilancio delle attività svolte durante l’anno, sono stati conferiti gli attestati ai soci
decorati iscritti da più di trent’anni (Sigg. Bolognesi,
Buzzola, Poletti, Fogli, Verziasi), si è auspicata una
collaborazione con la Società Dante Alighieri per far
conoscere meglio le gesta eroiche e patriottiche del
nostro passato. Per il presidente Anselmi oggi è un
giorno particolare, infatti il 16 dicembre 1943, col 67°
Reggimento Fanteria, al comando del 2° Battaglione,
42
IL NASTRO AZZURRO
Ferrara: assemblea di fine anno
–
–
la Federazione di Ferrara del Nastro Azzurro ed il
Comitato cittadino della Società Dante Alighieri
hanno organizzato, ospiti del ridotto del teatro
comunale, una “Lectura Danctis” a cura dal Prof.
Pierluigi Montanari con tema il 6° Canto del
Purgatorio “Ahi serva Italia ...” seguita da un breve
concerto di musiche inglesi dell’otto-novecento per
viola e pianoforte, eseguito dal giovanissimo duo
Giulia Capuzzo e Marco Belluzzi. L’iniziativa ha
riscosso un grande successo con una notevole partecipazione di pubblico;
quando, con un’unica cerimonia, si ricorderanno
tutte le vittime dei soprusi allora avremo veramente
raggiunto un grande obiettivo”. Il Vice Sindaco Rita
Tagliani ha sottolineato così l’inaugurazione della
lapide sul muro esterno dell’istituto “0rio Vergani”
tenutasi il 2 aprile alla presenza delle Autorità militari, a ricordo dell’ospitalità che Ferrara si sentì in
dovere di offrire ad alcune centinaia di esuli giuliani
e dalmati, che avevano dovuto abbandonare le proprie case perché desideravano ardentemente rimanere italiani. Il presidente della Provincia Piergiorgio
Dall’Acqua ha affermato: “Per troppo tempo abbiamo dimenticato i patimenti di tante persone provenienti dall’Istria molte delle quali furono ospitate a
Ferrara proprio in questa sede”. Flavio Rabal (responsabile dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia a
Ferrara e promotore dell’iniziativa) ha ricordato:
“Ferrara mise a disposizione le scuole di via De Romei
dove trovarono un tetto fino a 414 persone suddivise nelle varie aule. Io ero uno di loro; poi nel 1949 ci
spostarono in zona Boschino e gradualmente si verificò un pieno inserimento nella società ferrarese”. A
conclusione della cerimonia il Comandante Giorgio
Zanardi, presidente nazionale del Nastro Azzurro,
nel ricordare la grande dignità con la quale gli esuli
e profughi dell’Istria e Dalmazia hanno vissuto la
loro tragedia, senza recriminazioni, chiedendo il
minimo contributo allo Stato ed inserendosi, poi,
egregiamente nel tessuto sociale cittadino e nazionale, ha riconosciuto come loro meritino appieno di far
parte della nostra Famiglia Azzurra;
Ferrara: il Presidente Anselmi parla alla cerimonia del
25 aprile
IMPERIA
Ferrara: l’intervento del Presidente Nazionale
–
–
“Grazie per essere stato costantemente presente nell’arco dei due mandati amministrativi a tutte le manifestazioni patriottiche del Nastro Azzurro e delle
associazioni combattentistiche”. Con queste parole il
presidente nazionale dell’Istituto Nastro Azzurro,
Giorgio Zanardi, e il presidente della federazione di
Ferrara dell’Istituto, Giorgio Anselmi, hanno donato in segno di riconoscenza al presidente della
Provincia, Pier Giorgio Dall’Acqua, una targa che
ricorda “gli eroi di Ferrara e provincia”, ossia le 31
Medaglie d’Oro ferraresi al Valor Militare. “Un segno
di gratitudine - ha continuato il comandante
Zanardi - per ricordare tutti i ferraresi che hanno
onorato la Patria, affinché il loro ricordo trovi posto
nella sede istituzionale della Provincia di Ferrara”.
Unitamente alla targa, Giorgio Anselmi ha fatto
omaggio al presidente Dall’Acqua dell’Albo d’Oro
della provincia di Ferrara. “Un riconoscimento - ha
ringraziato Dall’Acqua - che mi onora profondamente”. Presenti anche i soci Dante Leoni, Francesco
Mascellani, e Italo Obrizzi;
il Presidente della Federazione Provinciale del Nastro
Azzurro e Presidente Onorario della Sezione UNUCI,
il T.Col. Giorgio Anselmi, intervenendo in rappresentanza delle Associazioni Combattentistiche e
d’Arma alla celebrazione della Liberazione a Ferrara,
nell’esprimere la propria gratitudine al Presidente
della Repubblica per aver voluto celebrare la ricorrenza a Mignano Monte Lungo, luogo del primo
impiego nella Guerra di Liberazione del rinato
Esercito Italiano, ha evidenziato come questo gesto
abbia avuto una eccezionale valenza per lui, partecipe in prima persona degli eventi. Giorgio Anselmi
ha ricordato il grande contributo delle nostre Forze
Armate, ed in particolare dell’Esercito regolare, alla
guerra di Liberazione (400.000 soldati): 1.816 caduti
e 5.127 feriti; e, in particolare i “suoi fanti del 67°
Reggimento” che a Monte Lungo riposano nel
Sacrario, molti dei quali decorati al Valore. Nel 1943
Anselmi era Aiutante Maggiore in Prima del 67°
Reggimento Fanteria, col grado di Capitano. Il 16
dicembre 1943, giorno del secondo e vittorioso attacco alle postazioni nemiche, volontariamente si offri
per prendere il comando del II° Battaglione, rimasto
vacante e, per il suo eroismo, ottenne la seconda
medaglia di bronzo.
Imperia: 66° anniversario della Campagna di Russia
Il 25 gennaio 2009, 66° anniversario della Campagna di
Russia, è stata celebrata la “Giornata del Ricordo” nel cimitero di Imperia Oneglia. Presenti le massime autorità civili
e militari, il Vice Prefetto dott.ssa Simona Saracino, il
Questore dott. Luigi Mauriello e, in rappresentanza
dell’Amministrazione provinciale e del Comune di Imperia,
gli Assessori Sig. Sergio Lanteri e Dott. Giovanni Amoretti,
le Crocerossine, i rappresentanti delle Associazioni
Combattentistiche e d’Arma, del Nastro Azzurro e della
Associazione Nazionale Familiari Caduti e Dispersi in guerra con labari, nonché associati, familiari e amici. Come
ogni anno, sono state deposte corone di alloro e resi gli
onori militari alla tomba simbolica, monumento eretto nel
1958 a memoria dei caduti del Battaglione “Pieve di Teco”.
Quindi, il Presidente Provinciale del Nastro Azzurro,
Cavaliere del Lavoro Giacomo Alberti, dopo aver ringraziato i convenuti, ha ricordato che la cerimonia di gennaio
è da sempre l’unico ricordo del sacrificio degli oltre 400
giovani della provincia di Imperia (infatti, nelle città più
importanti della costa ligure non si volle neppure conoscere il numero esatto di coloro che non sono più ritornati,
dal ché si può dire che i Caduti sul fronte russo sono scomparsi due volte: la prima quando sono morti e la seconda
perché la società li ha dimenticati). Alberti ha concluso il
suo intervento chiedendo al giovane dottor Paolo Alassio,
figlio di un alpino, pronipote di uno dei dispersi sul fronte
russo e autore del libro “La storia del Battaglione Pieve di
Teco”, di farsi garante della perpetuazione della
“Cerimonia del Ricordo”. Il dottor Alassio, nel suo commovente discorso, si è detto onorato dell’incarico che gli veniva affidato. La cerimonia si è conclusa con la S. Messa nella
IL NASTRO AZZURRO
43
chiesetta del cimitero, officiata da mons. Mario Ruffino,
parroco di Imperia Oneglia, con la partecipazione del coro
alpino “Monte Maccarello”.
MACERATA
(Sez.di Recanati)
Un segno tangibile dell’importante presenza ebraica
nella città e un’attestazione di stima e attenzione nei confronti di un prestigioso e affascinante personaggio del
passato: è con questo spirito che l’Amministrazione comunale, tramite la presidenza del Consiglio comunale, ha
deciso di celebrare la “Giornata della Memoria” intitolando un piazzale della città al rabbino e cabalista Menahem
da Recanati. L’iniziativa, realizzata in collaborazione con la
Comunità ebraica di Ancona, si è svolta domenica 1° febbraio alle ore 18 nell’Aula Magna del Palazzo Comunale,
alla presenza del sindaco, Fabio Corvatta, del presidente
del Consiglio comunale, Simone Giaconi, del consigliere
della comunità ebraica di Ancona Daniele Tagliacozzo e
del membro del Comitato Scientifico del Centro Nazionale
Studi Leopardiani Ermanno Carini. L’evento è stato concluso con un concerto di musica Klezmer eseguito dal sassofonista Massimo Mazzoni e dal fisarmonicista Christian
Riganelli. Il Comune di Recanati, negli ultimi due anni, sta
valorizzando l’antico ghetto della città con pannelli illustrativi e con l’illuminazione delle due vie sedi di insediamenti ebraici, in collaborazione con il Comitato di quartiere di Porta Marina. Rientra nel progetto la riscoperta della
figura di Menahem, famoso cabalista, rabbino, vissuto a
Recanati alla fine del 1200, epoca in cui era fiorente la
comunità ebraica cittadina, e noto, fra l’altro, per il
“Commento alla Genesi” nel quale trovano posto, alternati, testi mistici tradizionali e loro originali interpretazioni.
Preside Campo durante il trasferimento in pullman. Un
particolare rilievo è stato dato al Carnevale di Putignano,
fra i più antichi d’Europa, risalente al 1390 ed alla sua
maschera “Farinella”, di recente realizzazione. Non è mancata una breve nota storica sulla Puglia nonché un breve
cenno sulla morfologia e costituzione del suolo pugliese
con particolare riferimento alle Murge. Le visite alle cittadine di Martina Franca e Matera sono state illustrate da
esperte guide locali. Una fortunata coincidenza ha consentito di visitare l’Oratorio della Confraternita Immacolata
dei Nobili di Martina Franca, particolare gioiello d’arte
non aperto al pubblico. Apprezzata, infine, la possibilità di
conoscere la civiltà rupestre dei “Sassi” di Matera.
ROMA
(Sez. Sabina Romana)
Nel bimestre, la neocostituita Sezione di Sabina
Romana della Federazione di Roma dell’Istituto del Nastro
Azzurro ci ha segnalato la propria partecipazione a:
– la celebrazione del 141° anniversario della battaglia
tra i volontari garibaldini e gli zuavi pontifici, con una
serie di conferenze-dibattito tenute giovedì 16 ottobre 2008, presso le Scuole Medie dal prof. Prisco
Corvino, dirigente scolastico di Montelibretti e
Moricone, dal prof. Francesco Guidotti, Direttore del
Museo Storico Garibaldino e dell’Ara di Mentana, e
dal ricercatore e giornalista storico Col. Giancarlo
Martini, presidente della Sezione Sabina Romana del
Nastro Azzurro, alla presenza degli insegnanti e degli
studenti dei rispettivi Plessi. L’evento, si è concluso
domenica 19 ottobre con l’apertura della “Mostra
garibaldina e sul Risorgimento”, allestita presso la
Sala Conferenze della Direzione Didattica, e la cerimonia al Monumento eretto a Montelibretti a memoria
dei Volontari Garibaldini Caduti nella battaglia del 13
ottobre del 1867. Presenti Autorità locali, tra cui il
Sindaco Luigi Sergi, soci dell’Istituto del Nastro
Azzurro, tra cui il Gen. Antonio Daniele e il Col.
Giancarlo Martini, una rappresentanza dell’UNUCI, e
tanti altri cittadini;
Recanati: Cerimonia del Ricordo
NAPOLI
I Soci dell’Istituto del Nastro Azzurro e dell’ANlOC Federazioni di Napoli hanno effettuato una visita a
Martina Franca, ai Sassi di Matera, ed ai Carnevali di
Massafra e Putignano. Il Presidente, Avv. Gennaro
Perrella, non ha potuto partecipare perché influenzato.
La visita della durata di tre giorni - dal 21 al 23 febbraio è stata organizzata e curata dal Preside Pasquale Campo
e dal Maresciallo Pietro Caputo. I partecipanti, ospiti di
un confortevole ed elegante albergo di Massafra, hanno
sempre concluso le loro giornate in armonia e con serate
danzanti. La visita ai vari luoghi è stata di volta in volta
preceduta da una illustrazione storico artistica svolta dal
44
IL NASTRO AZZURRO
Sabina Romana: Mostra su salvo d’Acquisto
–
la cerimonia in omaggio ai soldati caduti per la Patria
e/o in servizio, svoltasi a Mentana sabato 1 novembre,
si è avviata con un corteo per le vie cittadine, che, partito da piazza Garibaldi, ha raggiunto piazza della
Repubblica. Dopo la deposizione di una Corona di
alloro all’Ara Monumentale ai Caduti, sono state pronunciate le orazioni in onore dei Caduti: “Fa piacere ha detto la signora Miriam Cresta: vedova del
–
–
Maresciallo capo dei carabinieri Daniele Ghione, caduto nella strage di Nassirya - che a distanza di cinque
anni ci sia ancora tanta brava gente che ricorda con
affetto mio marito e gli altri caduti di Nassirya”. Il
direttore del Museo Garibaldino, prof. Francesco
Guidotti, ha ricordato i 103 anni dell’istituzione.
“Questa – ha commentato il sindaco di Mentana
Guido Tabanella - è stata una giornata di ricordo per
tutti coloro che hanno dato la vita per la libertà”.
Presenti, anche molti sindaci dei Comuni di interesse
garibaldino e autoirità istituzionali. Al termine dell’evento, il prof. Francesco Guidotti, colonnello comandante della Guardia d’Onore Garibaldina, ha consegnato le nomine ai nuovi “arruolati” tra i quali anche
il Col. Giancarlo Giulio Martini, presidente della
Sezione Sabina Romana della Federazione di Roma
dell’Istituto del Nastro Azzurro;
le cerimonie del 4 novembre a Mentana, Montelibretti
e Palombara ed alle varie cerimonie indette dai
Comandi militari di zona: Cambio del Comandante
della Scuola di cavalleria, del Ce.Poli.S.E., festa
dell’Arma dei Carabinieri, manifestazioni indette dalle
Associazioni militari Unuci, ANSI ed altri Corpi di
Polizia;
la manifestazione indetta per festeggiare il decennale
del primo monumento dedicato a Salvo D’Acquisto a
Montelibretti (1998), che si è articolata in quattro giornate di rievocazioni culturali e di manifestazioni promosse dalla Fondazione Italiana Salvo D’Acquisto,
Onoranze M.O. e Decorati al V.M. e C., dalla Sezione di
Sabina-Romana del Nastro Azzurro, dall’Assessorato
alla Cultura, dagli eredi del Maestro Ezio Latini, dalla
Direzione Didattica della Scuola e dall’UNUCI di Rieti.
Avviato giovedì 13 novembre 2008 con l’apertura della
Mostra
storico-fotografico-documentale
sull’“Olocausto di Palidoro” e sull’opera dello scultore
Ezio Latini, il plurimo evento è proseguito venerdì 14
con il seminario, rivolto agli studenti delle Scuole elementari e Medie, sull’insegnamento lasciatoci
dall’Eroe, a cui ha fatto seguito la toccante e suggestiva rappresentazione teatrale della sua tragedia (replicata la sera di sabato 15 nella Chiesa della beata
Vergine del Carmelo). Nell’aula consiliare, poi, è stata
presentata la seconda edizione del Libro “Salvo
D’Acquisto - La Perla di Palidoro”. A conclusione domenica 16 mattina con la deposizione da parte del
Sindaco, Luigi Sergi, di una Corona di alloro al Cippo
monumentale a Salvo D’Acquisto, alla presenza delle
rappresentanze militari e civili del comprensorio. La
successiva Santa Messa, officiata da don Antonino, si è
conclusa con la “Preghiera all’Eroe”. I numerosissimi
fedeli presenti hanno tributato una spontanea ovazione alla memoria di Salvo d’Acquisto.
cui si sono aggiunti i neo-Soci Marco e Massimo
Corrado e Alessandro Negrini;
Sondrio: Cerimonia commemorativa della battaglia di
Nikolajewka
–
ha organizzato il 1 dicembre un incontro pubblico in
collaborazione con il Consigliere Regionale della
Provincia di Sondrio Giovanni Bordoni per presentare il
lavoro svolto ed il testo della Legge Regionale n°
28/2008;
Sondrio: presentazione legge regionale n.° 28/2008
–
–
ha visto presenti in servizio ai Ca.S.Ta , quali ufficiali del
Corpo Militare della Croce Rossa, il Consigliere Fausto
Giugni ed il Sindaco Pierangelo Leoni;
nel Giorno della Memoria la Federazione ha presenziato con il Presidente Cav. Alberto Vido, il Segretario
Federico Vido ed il Consigliere Pio Songini alla cerimonia organizzata dalla Prefettura di Sondrio per la
consegna delle Medaglie d’Onore ai deportati ed internati nei lager nazisti nel corso della seconda guerra
mondiale;
SONDRIO
La Federazione Provinciale negli ultimi mesi ha svolto
le seguenti attività:
– ha partecipato domenica 1 febbraio con il Labaro alla
cerimonia commemorativa del 66° anniversario della
Battaglia di Nikolajewka, ove erano presenti il
Presidente Alberto Vido, il Vicepresidente Mario
Rumo, il Segretario Federico Vido, l’Alfiere Arrigo
Mattiussi, il Consigliere Pio Songini, i Soci Filippo
Zotti, Stefano Magagnato, Carlo Plozza, Claudio
Cometti ed, in uniforme, il Sindaco Davide
Ravanetti unitamente al Vice Alfiere Franco Silva,
TORINO
Domenica, 25 gennaio; preso la Chiesa di San
Domenico di Torino è stata celebrata una Santa Messa in
suffragio del Cappellano Militare degli Arditi, Padre
Reginaldo Giuliani, Medaglia d’Oro al Valor Militare,
seguita da un ricordo della figura dell’Eroe. Numerosi i
partecipanti e le autorità religiose, militari e civili nonché
molti Labari delle Associazioni combattentistiche tra i
quali il Labaro della Federazione Provinciale di Torino del
Nastro Azzurro.
IL NASTRO AZZURRO
45
CONSIGLI DIRETTIVI
Fed. CHIETI
Presidente: Comm. Biagio ROSSI
Vice Presidente: Sig. Sebastiano DE LAURENTIIS
Consiglieri: Gen. Ettore AIMOLA, Gen. Domenico
BASILE, Gen. Rosario BEVILACQUA, Gen. Franco
CHIRICO’, Gen. Antonio MANCINI, Gen. Giuseppe
PERLOZZI, Gen. Domenico Antonio SANTARELLI,
Gen. Alberto SORIENTE, Gen. Corinto ZOCCHI
Revisori dei Conti: Sig. Michelangelo CERICOLA,
Sig. Achille IEZZI, Sig. Berardino VERMIGLIANO
Fed. FERRARA
Presidente: Avv. Giorgio ANSELMI
Vice Presidente: Col. Claudio BALDINI
Segretario-Tesoriere: Sig.ra Anna Maria GOZZI
Consiglieri: Sig. Lorenzo CARIANI; Avv. Mario
GALLOTTA; Sig. Francesco MASCELLARI; Prof.sa
Gianna VANCINI;
Presidente del Collegio provinciale dei Sindaci:
Prof. Paolo STURLA AVOGADRI
Sindaci: Sig. Massimo CAPPELLI; Sig. Maurizia
GIOVANETTI
Fed. LA SPEZIA
Presidente: Cav. Renzo PEDRIGI
Vice Presidente: Azzurro Amelio GUERRIERI
Segretario-Tesoriere: Sig. Giovanni GABRIELLI
Consiglieri: Sig.ra Maria BORDONARO, Sig.
Alberto BOSCAGLIA, Dott. Domenico RUSSO,
Sig.ra Francesca FAGGIONI
Fed. LATINA
Presidente: Sig. Luigi CASALVIERI
Vice Presidente: Sig. Giuseppe ROMA
Segretario-Tesoriere: Sig. Gino VENTRESCA
Consiglieri: Sig. Tommaso BARUFFALDI, Sig.
Giuseppe BIASI, Sig. Salvatore CARTA, Sig. Sante
CERRONI
Collegio provinciale dei Sindaci: Sig. Michele
MADDALENA, Sig. Egidio NADDEO, Sig. Luigi
TOSTI
Fed. MANTOVA
Presidente: Cav. Uff. Leonardo SAVI
Vice Presidente: Cav. Uff. Guido FONTANESI
Segretario-Tesoriere: Sig.ra Cesj COLLI RINALDI
Consiglieri: Sig. Carlo CATTANI, Sig.ra Dina
ROMANO LANFREDI, Cav. Diego SACCARDI
Collegio provinciale dei Sindaci: Sig.ra Margherita
FERRIANI TOMMASI, Sig.ra Isabella MARENGHI DE
MARCHI, Sig.ra Giuliana SCARDEONI CONSOLINI
Fed. MILANO – Gruppo di MONZA
Capo Gruppo: Azzurro Attilio BARBIERI
46
IL NASTRO AZZURRO
Fed. PISTOIA
Presidente: Dott. Mario LIVI
Vice Presidente: Sig. Graziano LAMURA
Consiglieri: Sig. Andrea BAGGIANI, Sig. Giuseppe
MAZZEI, Sig. Romolo RICCI
Revisori dei Conti: Sig. Filippo GRECO, Sig. Angelo
PORTORARO, Sig. Ivano PUCCINI
Fed. ROVIGO
Presidente: Geom. Graziano MARON
Vice Presidente: Sig. Paolo Roberto VACCARO
Consiglieri: Sig. Giannino DISSETTE; Dott.sa Cinzia
MAIURI; Sig. Enrico PARTESANI; Prof.sa Graziella
STROPPA;
Presidente del Collegio provinciale dei Sindaci:
Sig. Gianluca MUNEGATO
Sindaci: Ing. Placido MALDI; Sig. Aniello PISCOPO;
Fed. SIRACUSA
Presidente: Avv. Francesco ATANASIO
Vice Presidente: Avv. Antonello FORESTIERE
Segretario-Tesoriere: Mar.llo Magg. Luigi BUCCHERI
Consiglieri: Cav. Cesare FAILLA; Rag. Ivan GRANCAGNOLO; Cav. Francesco MAIORE; Brig. Paolo
PAGLIARO
Revisori dei Conti: Sig. Luca FAZZINO; Sig. Fabrizio
GRANCAGNOLO; Sig. Mauro LA MESA
Fed. TERNI
Presidente: Dott. Marcello GHIONE
Vice Presidente: Acc. Alberto PIEROTTI
Segretario-Tesoriere: Rag. Roberto QUINTILI
Consiglieri: Dott. Michele BENUCCI, Sig.ra Fulvia
MOSCARDINI RIZZI, Comm. Aristide PROIETTI,
Dott. Michele TATTOLI
Collegio provinciale dei Sindaci: Rag. Vincenzo
LOCCI, Ing. Paolo CELOTTO, Sig. Andrea CORVI
Fed. VERONA
Presidente: Gen. Amos SPIAZZI di CORTE REGIA
Vice Presidente: Amm. Paolo TONEGUTTI
Segretario-Tesoriere: Cav. Luca LAITI
Consiglieri: Dott. Roberto BARBETTA; Gr. Uff.
Luciano BARTOLINI; MMA Sergio CINOTTI; Cav.
Nicola FERRARA; Sig. Giuseppe TOFFANIN
Fed. VICENZA
Presidente: Mons. Dott. Ezio Olivo BUSATO
Vice Presidente: Dott. Alberto LEMBO
Consiglieri: Rag. Guglielmo BENVENUTI, Cav.
Giovanbattista BUSA, Cav. Albertina CAVEGGION
Collegio provinciale dei Sindaci: Cav. Giacomo
BERTI, Col. Giuseppe MAGRIN, Cav. Giulio VESCOVI
RECENSIONI
SALVO D’ACQUISTO: LA PERLA DI PALIDORO
Di Giancarlo Giulio Martini, pp. 130, 17x23 cm., illustrato, edizione fuori commercio, si può richiedere direttamente all’autore, presso la Sezione di Roma - Sabina
Romana della Federazione di Roma dell’Itituto del
Nastro Azzurro – via della Libertà, 53 – 00010
Montelibretti (RM) – e-mail: [email protected], prezzo
10 Euro comprese spese postali (il ricavato sarà devoluto a favore degli orfani e delle vedove dei militari caduti per servizio).
In occasione del decimo anniversario della inaugurazione del
monumento eretto dal comune
di Montelibretti in onore di
Salvo D’Acquisto (in Italia ce ne
sono
ben
cinquantasei),
Giancarlo Martini, cittadino
montelibrettese, ufficiale dei
carabinieri in congedo, giornalista, scrittore e presidente della
sezione Sabina Romana della
Federazione di Roma dell’Istituto
del Nastro Azzurro, ha curato la
pubblicazione di questa opera
omnia dedicata all’eroico sottufficiale dell’arma che,
per salvare alcune decine di persone da una rappresaglia, si autodenunciò di un delitto mai avvenuto e
venne fucilato dalle SS.
Si tratta di una semplice ma istruttiva antologia, suddivisa in una parte introduttiva, tre capitoli principali e
un’appendice. Nella parte introduttiva si trovano, oltre
ad una nota introduttiva dell’autore, diversi scritti di
autorità e personalità note e meno note ma comunque
tutte in grado di approfondire gli aspetti più salienti
del gesto dell’eroico carabiniere e del suo significato.
Il primo capitolo è interamente dedicato alla figura di
Salvo D’Acquisto, alla sua storia ed alla situazione in cui
egli maturò la decisione di offrirsi come capro espiatorio ai nazisti alla ricerca degli autori di un presunto
attentato, rivelatosi poi un semplice incidente dovuto
all’inesperienza di un giovane soldato tedesco.
Il secondo capitolo riguarda il monumento che
Montelibretti ha eretto a Salvo D’Acquisto nel 1998.
Il terzo capitolo ripercorre rapidamente le tappe salienti della storia italiana nel periodo fascista (1920-1943)
che è anche, parallelamente, il periodo in cui si svolge
tutta la breve vita di D’Acquisto.
L’appendice è forse la parte meno agiografica, ma più
interessante del libro: vi si trovano poesie, richiami letterari, recensioni cinematografiche, tutto ciò che l’eroe
di Palidoro ha saputo ispirare col suo nobile gesto, culminato nell’olocausto della sua giovane vita.
La forma tipografica dell’antologia onnicomprensiva
può sembrare di difficile consultazione, ma leggendo
il libro ci si rende conto che si tratta solo di un’impressione, mentre tale forma consente di concentrare in
sole 130 pagine una mole di notizie e commenti davvero notevole.
DIEDERO FIUME ALLA PATRIA
A cura di Amleto Ballerini, editore “Società di studi fiumani”, pp. 144, 20,5x29,5 cm., illustrato b/n, edizione fuori
commercio, si può richiedere direttamente alla “Società di
studi fiumani” via Antonio Cippico 00143 ROMA.
La “Società di Studi Fiumani”, col
patrocinio
dell’associazione
“Libero Comune di Fiume in
Esilio”, ha editato nel 2004 questo
interessante saggio breve che
squarcia con decisione e profondità il velo di ipocrisia che ha
coperto l’annessione di Fiume
all’Italia contro le clausole dei
trattati di Londra e di Rapallo che
diedero vita alla cosiddetta
“Vittoria Mutilata”.
Finora, si è sentito parlare dell’impresa compiuta da Gabriele
D’Annunzio
e
dai
suoi
“Legionari” come di una specie di “pazzia” che ottenne
il risultato solo perché, quando li presero sul serio era
troppo tardi.
Le cose andarono ben diversamente e finalmente si può
leggere un condensato della vera storia di quei convulsi
avvenimenti. Il Governo Italiano, per non venir meno alle
clausole del trattato di pace, fu estremamente intransigente e si oppose con tutta la sua forza all’annessione di
Fiume, Zara e le altre città dell’Istria all’Italia, sebbene
tale annessione fosse richiesta con libere determinazioni
dalla popolazione stessa. D’Annunzio proclamò quindi la
“Libera Reggenza del Carnaro” nell’attesa che la situazione si sbloccasse.
Invece, la situazione precipitò, il Governo Italiano fortemente imbarazzato decise di risolvere la faccenda con la
forza e, alla vigilia di Natale del 1920, quando i combattimenti tra i legionari fiumani coadiuvati dalla popolazione locale e il Regio Esercito italiano raggiunsero l’apice,
D’Annunzio comprese che non poteva lasciar distruggere
la città e far morire i suoi abitanti affinché l’Italia la accogliesse e si ritirò.
La sua impresa però diede il via a successive rivendicazioni sostenute soprattutto dal neonato governo fascista che condussero alla revisione del trattato di pace ed
all’annessione di tutta l’Istria e la Dalmazia il 27 gennaio
1924, con l’esclusione di una parte del porto di Fiume,
lasciato in territorio slavo come porto della vicina città
di Susak.
Ciò che traspare dalla lettura della breve parte storica
introduttiva, è la totale differenza di comportamento
della popolazione fiumana, tutta, davvero tutta, a favore dell’annessione all’Italia, rispetto a ciò che accadde alla
conclusione della seconda guerra mondiale, quando i
partigiani iugoslavi dovettero applicare la tecnica della
“pulizia etnica” nei confronti della stessa popolazione
italiana che finì nelle foibe o dovette fuggire abbandonando tutti i propri averi.
La seconda parte del volume (più ponderosa) è costituita da una serie di elenchi nominativi tra i quali spicca
quello lunghissimo (da pag. 35 fino alla fine) dei legionari fiumani.
IL NASTRO AZZURRO
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