Barocco in Sicilia

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Barocco in Sicilia
Corso di Storia dell'Arte
Itinerario nel Barocco di Catania
Definizione di barocco
Il Barocco è lo stile dominante nell'arte e nell'architettura dei paesi europei e di alcune
colonie delle Americhe nel periodo approssimativamente compreso tra il 1600 e il 1750.
Le origini della parola 'barocco' sono poco chiare. Il termine potrebbe derivare dal
portoghese barocco o dallo spagnolo barrueco, sostantivo che designava un genere di
perla dalla forma irregolare. Verso la fine del XVIII secolo, tuttavia, il termine barocco,
usato nell'accezione di 'bizzarro', 'stravagante' e 'grottesco', era ormai entrato nel
vocabolario della critica per definire lo stile artistico del Seicento, considerato allora
troppo capriccioso ed eccentrico per essere qualificato, secondo i criteri estetici del
tempo, come 'vera arte'.
Ancora nel XIX secolo lo storico svizzero Burckhardt giudicava questo stile
semplicemente una manifestazione esausta e decadente del Rinascimento; fu il
suo allievo Wolfflin il primo a riconoscere all'arte dei secoli XVI e XVII fisionomia e
caratteri propri, affermando che “il barocco non rappresenta né un'ascesa né un
declino del classico, ma un'arte totalmente diversa” (Concetti fondamentali della
storia dell'arte, 1915).
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Gli storici dell'Ottocento vedevano nel barocco un decorativismo eccessivo e ridondante.
Infatti, il barocco si connotò per
un’immagine ricca di decorazioni,
intendendo con il termine «decorazione» un qualcosa che è aggiunto per abbellire. Questo abbellimento era visto come qualcosa di applicato, di sovrapposto,
che non nasceva dalla sostanza
delle cose.
Palermo, chiesa di Casa Professa
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Contesto storico
Il XVII secolo segnò la nascita della scienza moderna e vide la progressiva
espansione degli imperi coloniali europei. Questi cambiamenti influenzarono non poco
lo sviluppo delle arti, al pari di altri grandi eventi storici, quali la Controriforma e il
consolidamento degli stati nazionali a opera di grandi monarchi come Luigi XIV. Gli
studi e la divulgazione degli scritti di Galileo spiegano la precisione quasi 'matematica'
riscontrabile in molte opere figurative dell'epoca, così come l'affermazione del
sistema copernicano, che priva l'uomo della centralità nell'universo riservatagli dal
sistema tolemaico fino ad allora invalso, si tradusse nel trionfo della pittura di
paesaggio, nella quale le presenze umane si riducono fino a scomparire.
Le controversie e i movimenti religiosi influenzarono profondamente l'arte barocca. La Chiesa cattolica divenne uno dei più convinti mecenati e la
Controriforma contribuì alla nascita di un'arte
emozionale, drammatica e naturalistica, dalla quale
traspare una chiara volontà di divulgazione della
fede.
Retablo lignei
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Lo sfarzo, la volontà di stupire, il gusto per la sottigliezza e il paradosso portarono
spesso nell'arte a una drammatizzazione delle situazioni e degli episodi e a
un'esasperazione dei caratteri psicologici quando tali tendenze non furono
energicamente contrastate dall'opposta e altrettanto forte esigenza di ordine e
solidità. Il mondo fu percepito come un teatro nel quale l'individuo, spinto ad agire
secondo logica e razionalità tra evidenze sensibili, vive tuttavia con la consapevolezza
che il proprio destino è riposto nella imperscrutabile grazia divina.
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Elementi del Barocco
Movimento, energia e tensione sono fra le caratteristiche principali dell'arte barocca;
forti contrasti di luce e ombra accentuano l'effetto drammatico di dipinti, sculture e
opere architettoniche. Nei quadri, negli affreschi, nei rilievi e nelle statue barocche vi
sono inoltre spesso elementi che suggeriscono una proiezione verso lo spazio
circostante, indistinto e infinito, grazie anche a un'attenta resa volumetrica e
prospettica.
Caravaggio, Deposizione, 1604
Pietro da Cortona, Trionfo della Divina Provvidenza,
1633-39, Salone di Palazzo Barberini, Roma
Canaletto, Piazza S. Marco, 1735
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La tendenza naturalistica è un'altra componente fondamentale dell'arte barocca; le
figure umane ritratte non sono stereotipi, bensì individui, ognuno ben caratterizzato. Gli
artisti di questo periodo erano affascinati dagli intimi meccanismi della mente e dalle
convulse passioni dell'anima, che vollero ritrarre attraverso le caratteristiche
fisiognomiche dei loro soggetti. Un senso di intensa spiritualità è presente in molte
opere, in particolare nelle rappresentazioni di estasi, martiri o apparizioni miracolose,
soprattutto a opera di artisti di paesi cattolici come l'Italia, la Spagna e la Francia.
L'intensità, l'immediatezza, la cura per il dettaglio dell'arte barocca ne fanno tuttora
uno degli stili più coinvolgenti per lo spettatore in tutto l'arco dell'arte occidentale.
Carracci, Mangiatore di fagioli, fine '500
Bernini, Estasi di Santa Teresa, 1647
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Un parametro stilistico del barocco è sicuramente la complessità e la teatralità
L’effetto che un’opera barocca deve suscitare è sempre la meraviglia. Per questo c'è
un forte sviluppo dell'arte della scenografia e la città stessa viene concepita come una
grande scenografia all'aperto.
Fratelli Bibiena, Scenografia a d angolo, 1650 ca.
Palermo, i quattro canti (piazza Vigliena) detti anche “Teatro del Sole”
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Un'altra caratteristica del barocco può essere considerato l’horror vacui cioè la
tendenza a non lasciare alcun vuoto nella realizzazione di un’opera. In un quadro, ad
esempio, ogni centimetro della superficie veniva sfruttato per inserire quante più figure
possibili. In una superficie architettonica non vi era neppure un angolo che non fosse
stuccato con cornici dorate o inserti di marmo.
A sinistra Palermo, chiesa di Casa Professa; sopra, particolari decorativi a Noto
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Un'altro parametro dello stile barocco è infine l’effetto scenografico. Le opere
barocche, in particolare quelle architettoniche e monumentali in genere, costituiscono
sempre dei complessi molto estesi che segnano con la loro presenza tutto lo spazio
disponibile. In tal modo il barocco è la quinta teatrale per eccellenza che faceva da
cornice alla vita del tempo, anch’essa regolata da aspetti e cerimoniali improntati a
grande decoro.
Andrea Pozzo, Il trionfo di Sant’Ignazio, 1691-94, Chiesa di Sant’Ignazio, Roma
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L’edificio rinascimentale aveva un principio di regolarità geometrica che doveva imporsi
sugli spazi circostanti, che dovevano loro adattarsi all’edificio, e non viceversa. In
realtà, quanto fosse pretestuosa e difficilmente perseguibile una simile ottica, apparve
alla fine evidente. E gli architetti barocchi, piuttosto che modificare gli spazi urbani in
funzione dell’edificio che andavano a progettare, preferirono adattare quest’ultimo al
contesto, inserendolo senza forzature eccessive. Le città, in cui si trovarono ad operare
sia gli architetti rinascimentali sia barocchi, si erano in larga parte formate e modificate
nel medioevo, secondo visioni quindi tutt’altro che geometriche. Le città, tranne parti
ben limitate, avevano per lo più forme irregolari. L’architetto barocco, senza nessuna
pretesa di regolarizzare l’irregolare, sfruttò anzi tale complessità morfologica per
ottenere spazi urbani più mossi e ricchi di scorci suggestivi.
Roma, piazza Navona
Torino, palazzo Carignano
Modica, chiesa di S. Giorgio
Modica, chiesa di S. Pietro
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Alla fine, l’architetto barocco, dato che aveva concettualmente
separato la struttura dalla decorazione, finì per modificare
l’aspetto delle città, se non la struttura, molto di più di quanto
avessero fatto gli architetti precedenti. Infatti in questo periodo,
si provvide ad un sostanziale rinnovo urbano, che interessò
facciate di palazzi, o interni di chiese, che assunsero un aspetto
decisamente barocco.
La nuova architettura, abbiamo detto, instaurava un rapporto
nuovo tra edifici e spazi urbani. Gli ambiti cittadini erano
considerati alla stregua di spazi teatrali, e i prospetti degli
edifici fungevano da quinte scenografiche. Ma gli spazi urbani
non si compongono solo di edifici. In essi vi sono fontane,
scalinate, monumenti ed altro, che arricchiscono questi spazi
di altre presenze significative. Ed il barocco dedicò notevole
attenzione a questi elementi di arredo urbano.
A Roma, notevoli esempi sono la Fontana di Trevi e la scalinata
di Trinità dei Monti, per citare solo due tra gli esempi più noti.
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L'architettura barocca sviluppa alcune tendenze già evidenti nel Manierismo alla fine
del XV secolo, il quale a sua volta aveva infranto il rigore formale del Rinascimento. Le
alterazioni delle proporzioni e le tensioni espresse da Michelangelo nel Vestibolo
della Biblioteca Laurenziana a Firenze sono già un'anticipazione dello spirito del
barocco. Del resto l'aggiunta michelangiolesca del massiccio cornicione al palazzo
Farnese suscitò all'epoca reazioni, proprio per l'alterazione in senso drammatico delle
proporzioni classiche. Se gli architetti manieristi alterano l'impaginazione rigorosa delle
facciate rinascimentali aggiungendovi temi e decorazioni caratterizzati da un raffinato e
oscuro intellettualismo, senza modificare la logica planimetrica e strutturale delle
facciate negli edifici, gli architetti barocchi modificano quell'architettura sia nelle piante,
sia nelle partiture di facciata, in funzione di una concezione spaziale nuova. Le
facciate delle chiese non costituiscono più la terminazione logica della sezione interna,
ma divengono un organismo plastico che segna il passaggio dallo spazio interno alla
scena urbana.
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Un dato stilistico fondamentale del barocco fu la linea curva. Nulla procede
per linee rette, tutto assume andamenti sinuosi: persino le gambe di una sedia
o di un tavolo sono curvi, anche se ciò non sempre può essere razionale.
Il rinascimento aveva idealmente adottato come propria cifra stilistica il cerchio, che
appariva la figura geometrica più perfetta ed armoniosa. Altre linee curve erano
considerate irrazionali o bizzarre. Le curve usate nell'arte barocca, invece, sono più
complesse: si va dalle ellissi alle spirali, dalle parabole alle iperboli, con una preferenza
per tutte le curve a costruzione policentrica. E queste curve non erano mai esibite in
modo esplicito, ma erano ulteriormente complicate da intersezioni o sovrapposizioni, così che risultassero quasi indecifrabili.
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La concezione della curva ci permette di distinguere due momenti nella vicenda del
barocco: una prima fase, in cui si cercava di movimentare secondo linee curve anche
la struttura e la spazialità degli edifici; una seconda fase, in cui gli edifici divennero più
regolari, e adottarono linee curve solo nella decorazione. La prima fase è senz’altro
quella più interessante ed innovativa. Essa prese avvio a Roma, agli inizi del Seicento,
grazie ad alcuni architetti di notevole livello artistico: Francesco Borromini, Gian
Lorenzo Bernini e Pietro da Cortona. Benché i loro edifici furono il frutto di una
evoluzione continua, che trovava le premesse nell’ultima architettura rinascimentale
romana, tuttavia furono concepiti con una idea rivoluzionaria: quella di rendere curve
le piante degli edifici.
Soprattutto il Borromini,
in alcune chiese come S.
Carlo alle Quattro Fontane
o Sant’Ivo alla Sapienza,
ruppe decisamente con le
tipologie fino allora adottate, inventandosi delle
chiese, ad aula unica,
dalla morfologia e dalla
spazialità assolutamente
originali.
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Il Bernini, nel disegnare il colonnato di San Pietro, adottò un’ellissi, e raccordò il
colonnato alla facciata con due linee non parallele ma convergenti: una chiara
dimostrazione del nuovo gusto barocco. Pietro da Cortona, nella chiesa di S. Maria
della Pace, curvò a tal punto gli elementi del prospetto, da creare un inedito rapporto
tra edificio e spazio urbano. La curvatura dei prospetti divenne uno dei motivi più felici
dell’architettura barocca a Roma, trovando applicazioni notevoli per tutto il Seicento e il
Settecento.
Chiesa di Santa Maria della Pace
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Come era già successo precedentemente, con altri ordini religiosi o monastici, il
barocco divenne lo stile architettonico dei gesuiti, che esportarono questo stile anche
nelle loro missioni estere. Ma divenne anche lo stile della controriforma cattolica. Il
Concilio di Trento affrontò, oltre a varie questioni dottrinarie, anche aspetti della liturgia,
che ebbero notevoli riflessi sull’architettura religiosa. Nel riadattare le chiese a queste
nuove liturgie post-tridentine, molti edifici di costruzione medievale furono «rinnovati»,
mediante abbellimenti con stucchi, marmi e decorazioni varie, che fecero assumere a
queste l’aspetto di chiese barocche.
Lecce, chiesa del Gesù
Roma, chiesa del Gesù
Noto, chiesa di S. Carlo Borromeo
Palermo, chiesa della Martorana
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In campo europeo il barocco ebbe notevole diffusione, soprattutto nei paesi latini. Il
Portogallo e la Spagna ebbero un’adesione immediata a questo stile, esportandolo
anche nelle loro colonie dell’America Latina. Dal Messico all’Argentina, dalla Bolivia al
Cile, il barocco divenne lo stile dei nuovi conquistatori. L’Europa centro-settentrionale si
convertì al barocco soprattutto alla fine del XVII secolo, e dalla Francia all’Austria, trovò
applicazioni quanto mai fantasiose e ricche. Divenne lo stile del Re Sole, e degli
Asburgo, oltre che dei Borbone, creando quel mondo di eleganza e di sfarzosità nelle
corti europee del XVIII secolo. Nel Settecento, questo stile, soprattutto in Francia,
prese anche il nome di rococò.
Zacatecas
cattedrale barocca
Città del Messico
cattedrale barocca
Santiago de Compostela
cattedrale barocca
Palazzi di Versailles
e Schoenbrunn
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Il Barocco siciliano
A proposito dello sviluppo del Barocco in Sicilia, Andrè Chastel
commentava "urbanistica e architettura vi sono più strettamente legate
che altrove e l'architettura spiega tutte le risorse di un apparato
ornamentale in cui il Barocco sembra eguagliare lo splendore dei
mosaici e dei marmi del XII secolo ".
In questo stile si ebbero numerose costruzioni a Palermo, a Bagheria,
a Catania e Ragusa ed a Noto nel siracusano. In tale ultima cittadina,
alle pendici dei monti Iblei, continuava Chastel "il locale tufo bianco,
simile alla pietra di Lecce, si presta a una lavorazione da orafo, sicchè
facciate, balconi, cornici sono di una ricchezza e di un virtuosismo
eccezionali come si può vedere al Convento del Salvatore ed al
Palazzo Nicolaci".
Quest'ultima è una grandiosa costruzione di circa 90 stanze voluta da
Don Giacomo Nicolaci con l'intervento dell'architetto Sinatra ed altri.
L'edificio ha tutte le caratteristiche di una prestigiosa residenza di tipo
nobiliare secondo i canoni dell'epoca (primo settecento). Il palazzo è
decorato da diverse balconate magnificamente decorate. Le figure
delle decorazioni sono varie ed interessanti : sirene, ippogrifi, sfingi,
cavalli alati ecc.
Bagheria, villa Cattolica;
sopra Ragusa, chiesa di S. Giuseppe
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Tutti questi decori, elaborati ed apparentemente pesanti, concorrono a conferire una
particolare armonia a tutto il fabbricato.
Il barocco di Noto è però molto di più. Scriveva il citato Chastel "quel che è
maggiormente significativo è la stessa composizione della città, concepita come un
vasto teatro dove rapide prospettive si formano grazie ai cornicioni nelle strade in
salita. Questo complesso straordinario, capolavoro della scenografia barocca, si deve
ad architetti locali: il Landolina, il Nicolaci, il Carnevalari". Nel 2003 tutta la Val di Noto
per via del suo patrimonio culturale è stata inserita nella speciale lista dell'Unesco.
Noto, palazzo Nicolaci, balconi detti del “turco” e degli "adolescenti"
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L'Unesco, il 26 gennaio del 2003, ha inserito l'area del Val di Noto nella lista
del Patrimonio Mondiale dell'Umanità e, in particolare le seguenti città:
Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa Ibla, Scicli, Catania,
Caltagirone e Militello Val di Catania.
Catania
"Questo gruppo di città del sud-est della Sicilia fornisce una notevole
testimonianza del genio esuberante dell'arte e dell'architettura del tardo
Barocco. Le città del Val di Noto rappresentano l'apice e la fioritura finale
dell'arte Barocca in Europa. L'eccezionale qualità dell'arte e
dell'architettura del tardo Barocco del Val di Noto la posizionano in una
omogeneità geografica e cronologica, così come la sua ricchezza è il
risultato del terremoto, in questa zona, del 1693. Le otto città del sud-est
della Sicilia che hanno presentato questa richiesta sono l'esempio di
sistemazione urbanistica in questa zona permanentemente a rischio di
terremoti ed eruzioni da parte dell'Etna".
Caltagirone
Scicli
Modica
Ragusa Ibla
Noto
Palazzolo Acreide
Militello Val di Catania
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Con l'espressione Barocco siciliano si intende la speciale forma assunta
dall'architettura barocca in Sicilia nei secoli XVII e XVIII, riconoscibile non
solo dalle sue tipiche linee curve e motivi decorativi barocchi ma anche dalle
ghignanti maschere e putti, e dall'apparenza particolarmente sgargiante
raramente visibile altrove. Fino a poco tempo fa questo stile era stato poco
studiato, riconosciuto e apprezzato, nonostante lo studio pionieristico di
Anthony Blunt.
Lo stile del Barocco Siciliano emerse in seguito al fiorire di interventi di
ricostruzione succeduti al devastante terremoto che investì il Val di Noto
nel 1693. In seguito al sisma, architetti locali, molti dei quali educati a Roma,
trovarono una abbondanza di opportunità di ricreare il più sofisticato
Barocco popolare del tempo. Il loro lavoro, e il nuovo genere introdotto ispirò
ulteriori architetti locali a seguirne l'esempio. Intorno al 1730 architetti nativi
competenti e padroni dello stile Barocco pervennero ai vertici
dell'architettura dell'isola. La loro interpretazione dello stile condusse ad una
forma d'arte personalizzata e radicata nel territorio.
Il Barocco siciliano, adorno e riccamente decorato,
rifletteva perfettamente la storia sociale del paese
simboleggiando il canto del cigno della sua nobiltà. Il
fenomeno indicato come Alto Barocco Siciliano durò
solo 50 anni, ma lasciò sull'isola un marchio di identità
architettonica destinato a durare fino al XXI secolo.
Marcheroni lapidei del Val di Noto
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I primi esempi dello stile Barocco in Sicilia erano in genere versioni
impacciate e mal proporzionate di ciò che i viaggiatori avevano visto a
Roma, Firenze e Napoli in occasione delle loro visite. Alla metà del XVIII
secolo, quando il Barocco Siciliano era ormai ben diverso dal Barocco
del continente, aveva iniziato spesso ad esibire almeno due o tre delle
seguenti caratteristiche specifiche:
1. Grottesche maschere e putti, spesso a supporto di balconi o a decorazione delle varie parti orizzontali
delle trabeazioni di un edificio; questi volti furiosi o ghignanti sono vestigia del Manierismo architettonico
Siciliano.
2. Balconate, dopo il 1633 spesso accompagnate da intricate balaustre in ferro battuto, e prima di allora da
balaustre più semplici. Gelosie panciute si trovano anche a guardia di finestre.
3. Scale esterne. La maggior parte delle Ville e dei Palazzi erano progettate con un ingresso per carrozze
attraverso un'arcata nella facciata principale, conducente ad un cortile interno. Da qui si levano doppie scale,
anche a tenaglia, fino al piano nobile. Anche le Chiese, a causa della topografia del siti, erano spesso
precedute da lunghe scalinate che richiamano la Scalinata di Piazza di Spagna a Roma. Un esempio tipico è
la scalinata di San Giorgio a Modica che copre un dislivello di decine di metri con gradini molto ripidi
fiancheggiati da giardini pensili.
4. Sia chiese che palazzi spesso esibiscono spesso facciate curve, concave o convesse. Talvolta ville e
palazzi mostrano scale esterne appoggiate alla curva della facciata.
Noto, palazzo Nicolaci, balconi detti del “turco” e degli "adolescenti"
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5. Il campanile siciliano non era posizionato a fianco della chiesa come torre campanaria, come nel resto
d'Italia, ma a sovrasta la facciata stessa, spesso al di sopra del timpano, con una o più campane,
ciascuna chiaramente in vista sotto il suo arco. In una chiesa con molte campane questo produce una
struttura riccamente modellata in cima alla facciata principale, come nella Chiesa della Collegiata a
Catania. Si tratta di uno dei più duraturi e caratteristici aspetti dell'architettura del Barocco Siciliano.
6. Gli interni chiesastici esibiscono una gran profusione di marmi intarsiati (marmi mischi e frammischi)
sia come pavimentazione che come rivestimento delle pareti.
7. In Sicilia, specialmente nelle prime opere barocche, raramente si incontrano
colonne raggruppate insieme. Le colonne, anche se molto lavorate, sono solitamente
singole, a supporto di archi semplici, mostrando l'influenza della precedente architettura
del periodo normanno.
8. Bugnato decorato. Gli architetti siciliani barocchi ornavano i blocchi con sculture di
foglie, squame, perfino con dolci e conchiglie; le conchiglie in seguito sarebbero
diventate i simboli ornamentali prevalenti dello stile Barocco. A volte il bugnato veniva
usato per i pilastri anziché per le pareti.
9. Molti edifici del Barocco Siciliano sono costruiti con la pietra lavica locale, essendo
questa la più facile da reperire. Le sue sfumature di nero e grigio erano spesso usate
per creare effetti decorativi con forti contrasti di luce e ombra.
10. Infine l'influenza architettonica dei governanti Spagnoli è spesso riconoscibile,
sebbene in maniera più discreta di quella normanna. Lo stile spagnolo è
particolarmente evidente nella Sicilia orientale. La monumentale Porta Grazia di
Messina (1680) starebbe bene in qualsiasi cittadella costruita dagli spagnoli nelle loro
colonie estere. Lo stile di questa porta cittadina ad arco fu diffusamente copiata per
tutta Catania subito dopo il terremoto.
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Prima del grande terremoto del 1693 occorre ricordare che nel 1669 avvenne
l’eruzione dell'Etna più conosciuta e distruttiva che raggiunse e superò dal lato
occidentale la città di Catania distruggendone la parte esterna alle mura, circondando il
Castello Ursino che sorgeva su uno sperone roccioso allungato sul mare e
superandolo creò oltre un chilometro di nuova terraferma. L’eruzione fu annunciata
da un fortissimo boato e da un terremoto che distrusse Nicolosi e danneggiò altri paesi
etnei. Poi si aprì una enorme fenditura a partire dalla zona sommitale e sopra Nicolosi
iniziò l’emissione di un’enorme quantità di lava. Il gigantesco fronte lavico avanzò
inesorabilmente seppellendo Malpasso, Mompilieri, Camporotondo, San Pietro
Clarenza, San Giovanni Galermo e Misterbianco dirigendosi verso il mare; si
formarono i due coni piroclastici che oggi sono denominati Monti Rossi e si trovano
a nord di Nicolosi. L’eruzione durò 122 giorni ed emise un volume di lava di circa 950
milioni di metri cubi.
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La vicenda del terremoto iniziò alle 3 e tre quarti della notte del 9 gennaio 1693. Nella prima notte, secondo
gli scritti riportati dall'Abate Ferrara, i siciliani dormivano profondamente. La Luna mutò il suo colore e dopo
un'ora venne la prima grande scossa, annunciata da un fragore sotterraneo simile a un tuono rimbombante.
Il primo giorno del sisma registrò migliaia di vittime. Il terzo giorno, il fenomeno si rivelò nella sua dimensione
più apocalittica. Si aprirono delle fratture nella terra, il mare si ritrasse e poi rifluì con le sue acque, gli animali
vennero sbalzati dalla forza del sisma. Questa è la descrizione dell'evento così come viene riscritto secondo
le testimonianze di allora, nelle cronache del tempo.
Il grande terremoto danneggiò gravemente cinquantaquattro città e 300 villaggi.
L'epicentro del disastro fu nel Val di Noto, dove la città di Noto fu completamente rasa
al suolo, mentre la città di Catania fu danneggiata in modo molto grave. Fu stimato che
un totale di più di 100.000 persone rimasero uccise. Subirono gravi danni anche
Ragusa, Modica, Scicli e Ispica. La ricostruzione iniziò immediatamente. La sontuosità
dell'architettura che stava per sorgere dal disastro è connessa alla politica della Sicilia
del tempo ancora ufficialmente sotto il controllo spagnolo, ma in realtà governata dalla
sua aristocrazia. Questa era guidata dal Duca di Camastra, che gli Spagnoli avevano
nominato viceré. L'aristocrazia condivideva il proprio potere solo con la Chiesa. Molti
preti e vescovi erano a loro volta membri dell'aristocrazia, e la ricchezza della Chiesa di
Sicilia era ulteriormente aumentata dalla tradizione di spingere i cadetti maschi e
femmine verso monasteri e conventi, per preservare l'eredità della famiglia dalla sua
divisione; una pesante tassa veniva di solito pagata alla Chiesa sotto forma di
proprietà, gioielli o denaro. Così la ricchezza di molti ordini religiosi crebbe fuori da
ogni proporzione rispetto alla crescita economica di qualsiasi altro gruppo sociale del
tempo. Ed è il motivo per cui così tante chiese barocche furono ricostruite con grande
lusso.
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1 – Cattedrale
2 – Seminario dei Chierici
3 – Chiesa e convento di S. Chiara
4 – Chiesa di S. Martino
5 – Badia di S. Agata
6 – Chiesa di S. Francesco d'Assisi e monastero
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7 – Chiesa di S. Nicola e monastero dei Benedettini
8 – Convento di S. Benedetto
9 – Chiesa di S. Francesco Borgia e collegio dei Gesuiti
10 – Chiesa di S. Maria dell'elemosina o Collegiata
11 – Chiesa e convento di S. Giuliano
12 – Chiesa di S. Agata la Vetere e chiesa del Santo Carcere
13 – Collegio dei nobili (convitto Cutelli)
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CATANIA
Catania fu la più gravemente danneggiata delle città importanti nel 1693, quando solo il
medievale Castello Ursino e tre navate della cattedrale rimasero in piedi. Così essa
fu riprogettata e ricostruita. Il nuovo progetto separò la città in quartieri, divisi da due
strade principali che si intersecano nella Piazza del Duomo. La ricostruzione fu
supervisionata dal Vescovo di Catania ed unico architetto sopravvissuto della città,
Alonzo di Benedetto che diresse una squadra di architetti chiamati da Messina,
aprendo subito il cantiere di Piazza Duomo.
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Nel piano del Duca di Camastra del 1694, la larghezza delle principali strade viene
definita in misura standard, di 8, 6 e 4 “canne” (16, 12 e 8 metri circa).
Le nuove strade, larghe, interrotte da frequenti piazze regolari, costituivano una
precauzione antisismica.
In senso nord-sud vengono realizzate via Etnea (via Uzeda),
via Manzoni e via Crociferi. Perpendicolarmente viene
tracciato il corso Vittorio Emanuele sui cui lati si allineano i
palazzi e le chiese più prestigiose, creando una scenografia in
prospettiva.
L'attuale via Garibaldi venne aperta per l'esigenza religiosa
di dare una prospettiva frontale alla Cattedrale, soprattutto
mirando alla spettacolarità delle processioni.
Più a nord, la via di Sangiuliano incrocia la via Etnea a formare i Quattro Canti.
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VIA CROCIFERI
Anticamente la via Sacra, prende il nome dai padri crociferi della chiesa di San
Camillo. E' fra le strade settecentesche più belle d'Italia e vi lavorarono numerosi
artisti, tra i quali: Vaccarini, Italia, Di Benedetto, gli Amato, i Battaglia. Il tracciato
della via è antichissimo se già al tempo dei romani vi sorgevano i tre templi di Ercole, di
Castore e Polluce e di Esculapio. Su di essi furono costruite le basiliche di San
Benedetto, San Giuliano, S. Francesco Borgia e San Camillo. Essa, appartata e
silenziosa, cuore della città, è chiusa da due archi: l'Arco di San Benedetto e quello di
Villa Cerami, che conclude la serie di monasteri e giardini che adornano la via.
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PALAZZO BISCARI
Palazzo Biscari è il più importante ed elegante palazzo barocco privato di Catania.
Venne realizzato per volere della famiglia Paternò Castello di Biscari a partire dalla fine
del '600 e per gran parte del secolo successivo. Il nuovo palazzo venne edificato sulle
mura cinquecentesche che avevano in parte resistito alla furia del terremoto: i Biscari
furono una delle poche famiglie aristocratiche della città che ottenne il permesso regio
di costruire su di esse.
La parte più antica del palazzo fu costruita dall'architetto Alonzo Di Benedetto, mentre
la decorazione dei sette splendidi finestroni affacciati sulla marina sono opera dello
scultore messinese Antonino Amato. Successivamente il palazzo fu ampliato verso est
su progetto di Giuseppe Palazzotto e Francesco Battaglia. L'edificio venne infine
ultimato nel 1763 ed inaugurato con grandiosi festeggiamenti.
Al palazzo si accede attraverso un grande portale su via Museo Biscari, che immette
nel cortile centrale, adorno di una grande scala a tenaglia. All'interno, si trova il
"salone delle feste", di stile rococò dalla complessa decorazione fatta di specchi,
stucchi e affreschi. Il cupolino centrale era usato come alloggiamento dell'orchesta.
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Itinerario nel Barocco di Catania
OPERE DI GIOVANNI BATTISTA VACCARINI
Nel 1730 Giovanni Battista Vaccarini venne chiamato a Catania come architetto della
città e immediatamente impresse sui nuovi lavori lo stile Barocco Romano. Nato a
Palermo nel 1702, fu chiamato nella città terremotata dal vescovo Galletti, quando
aveva ventisette anni.
Aveva studiato a Roma, dove aveva conosciuto Vanvitelli e Carlo Fontana ed
approfondito le opere di Bernini e di Borromini. A trentun'anni gli fu assegnato il
prospetto della Cattedrale di Catania con il compito di restaurarlo, inserendovi le
colonne marmoree dell'Odeon greco e del Circo romano. Innumerevoli sono le opere
che ci ha lasciato, ma il suo capolavoro è la Chiesa della Badia di Sant'Agata
edificata in Piazza Duomo, proprio dove costruì in seguito la fontana dell'Elefante ed
il Palazzo Sanatorio. Su corso Vittorio Emanuele realizzò i Palazzi Valle e Serravalle;
su via Crociferi la Chiesa di San Giuliano; in piazza degli Studi partecipò ai lavori
dell'Università e del Palazzo di Sangiuliano; realizzò ancora il Collegio Cutelli,
Casa Vaccarini, la biblioteca del Monastero dei Benedettini e la Badia delle
monache di San Benedetto.
Di lui lo studioso Fichera disse “Egli aveva il segreto del ritmo, un dono che Dio offre ai
grandi architetti ed ai grandi musicisti” e ancora “Con Vaccarini si rinnovò il miracolo
italiano, per cui ciascuna delle cento città nostre ha una sua figura ed un suo privilegio:
Firenze ha quello di rappresentare il Rinascimento, Catania il Barocco”.
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IL DUOMO
Vaccarini ne disegnò la facciata nel 1711. Il prospetto è a tre ordini compositi in stile
corinzio e attico completamente in marmo di Carrara. Il primo ordine è costituito da sei
colonne di spoglio in granito provenienti forse dal teatro romano. Il secondo ordine ha
anch'esso sei colonne grandi e due piccole poste ai lati dell'ampio finestrone centrale.
Tutti gli ordini sono adornati con con statue marmoree. Il portone principale in legno è
costituito da trentadue formelle, finemente scolpite, illustranti episodi della vita e del
martirio di sant'Agata, stemmi di diversi papi e simboli della cristianità. Ai lati della porta
centrale, su due alti supporti, sono poste le statue in marmo dei santi Pietro e Paolo.
La cupola risale al 1802 ed è munita di colonne e ampi finestroni che illuminano la
chiesa.
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IL LIOTRO
La fontana del Vaccarini rappresenta tre civiltà: la punica, l'egizia e la cristiana.
L'elefante, probabilmente di fattura bizantina, è il simbolo della sconfitta dei cartaginesi
venuti a conquistare la città a cavallo degli enormi pachidermi; l'obelisco,
probabilmente portato a Catania dall'Egitto ai tempi delle crociate, apparteneva al Circo
Massimo romano e rappresenta la civiltà egizia; la croce, le palme ed il globo che
coronano il monumento rappresentano la civiltà cristiana. Il liotro deriva il nome dal
mago Eliodoro-Liotru, che avrebbe usato il pachiderma come cavalcatura. Il Vaccarini,
su modello dell'Elefante di Minerva a Roma del Bernini, sistemò il liotro e l'obelisco
componendovi la fontana.
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BADIA DI SANT'AGATA
Di fronte al prospetto nord della cattedrale, affacciata sulla via V. Emanuele, la chiesa
della Badia di S. Agata occupa, insieme all’annesso ex monastero un intero isolato.
L’edificio poggia sulle rovine dell’antica chiesa e convento dedicati a S. Agata, nel
1620, da Erasmo Cicala e crollati a causa del terremoto.
Vaccarini qui applicò il bagaglio delle sue nozioni considerando attentamente il luogo in
cui doveva operare: luogo inteso come scena fisica preesistente e come caratteri
figurativi della tradizione. Ha saputo realizzare un’architettura in armonia con i
principi del suo tempo e, insieme, del tutto catanese (le palme, la corona e i gigli dei
capitelli sono simboli di Sant'Agata), tanto intimamente egli seppe penetrare il carattere
distintivo dei materiali locali e del loro effetto cromatico alla luce e tanto egli seppe
interpretare gli stilemi del repertorio tradizionale.
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Itinerario nel Barocco di Catania
La chiesa della Badia di S. Agata, capolavoro architettonico del Vaccarini ha la pianta a
croce greca allungata inscritta in un ovale; la facciata, con la sua alternanza di
superfici convessa-concava-convessa, al primo ordine, e tre volte concava al piano
attico, ripropone il tema barocco del movimento in architettura. La prodigiosa vitalità
visiva fa sì che le linee spezzate dell’edificio esprimano un tale effetto di modellazione
plastica da infondere movimento all’intera struttura e a tutte le sue parti decorative. La
costruzione è chiusa, in alto, da una cupola. La forza espressiva della costruzione è
replicata nella parte interna dove la scelta della croce greca rivela un’aspirazione alla
perfezione, nell’equilibrio tra staticità ed armonia. La decorazione interna è molto
semplice ed essenziale, stucchi bianchi alle pareti, statue, e marmo sul pavimento.
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PALAZZO SENATORIO
Vaccarini ne rifece il prospetto nel 1732, quando già era stato elevato il primo piano
con bugne a diamante alternate da bugne a cuscino. Egli continuò le paraste a bugne
con piatte e chiare lesene.
Il materiale utilizzato fu la pietra calcarea siracusana. A pianta quadrata con una
corte centrale, porticata su due lati, l'edificio ha un atrio d'ingresso su ognuno dei
quattro prospetti. Il portone è posto fra quattro colonne di granito disposte a coppia
reggenti il ballatoio. La parte superiore è ritmata dalle finestre, anch'esse semplici.
L'uso dell'ordine architettonico, che nelle successive opere non trova più ostacoli, è
qui costretto a integrarsi a preesistenze di gusto decorativo enfaticamente barocco.
Anche nella facciata della cattedrale l'autore fu costretto a sottomettere l'idea dell'unità
e dell'ordine all'uso di elementi eterogenei imposto dalla committenza.
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PALAZZO DELL'UNIVERSITA'
Fondata nel 1434 da Alfonso V d'Aragona, detto il
Magnanimo, l'Università fu restaurata già nel 1700, dopo il
terremoto del 1693. L'opera è frutto di diverse
maestranze: vi lavorarono gli architetti Palazzotto, il
Battaglia, che disegnò il prospetto nel 1785, il Di Stefano,
del quale è la facciata disegnata a seguito del terremoto
del 1818, Piparo, che affrescò la volta dell'Aula Magna ed
il primo piano, e Stefano Ittar. Del Vaccarini sono il cortile
interno a due piani ed il colonnato. La corte, ariosa, che se
si escludono gli elementi barocchi potrebbe sembrare
rinascimentale, è un elemento tipologico introdotto nella
città dal maestro. La pavimentazione del cortile in ciottoli
neri e calcare bianco, ricorda quella sotto le arcate dei
vaccariniani collegi Cutelli e dei Gesuiti. Oggi l'edificio
settecentesco ospita il Rettorato, gli uffici e la biblioteca
Regionale dell'Università.
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PALAZZO DI SANGIULIANO
Posto di fronte al palazzo dell'Università, oggi sede di parte della facoltà di Lettere e
Filosofia, fu eretto su progetto del Vaccarini tra il 1738 e il 1745. E' anch'esso un
palazzo a blocco su un unico isolato, con grande corte.
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CHIESA DI SANGIULIANO IN VIA CROCIFERI
Capolavoro del Vaccarini, fu edificata tra il 1738 ed il 1760. E'
situata di fronte San Francesco Borgia ed è attigua al convento
di San Giuliano, oggi sede della Camera del Lavoro. E' a pianta
ellittica come la gemella chiesa di Santa Chiara, incompleta
quest'ultima nel prospetto. La facciata, dai chiaroscuri marcati,
è sormontata da un tiburio ottagonale coronato da una
merlatura simile a quella di S. Chiara. Il tiburio cela una volta e
non una cupola come accade per tale tipologia. L'illusione era,
infatti, uno dei tipici temi barocchi, tesi a creare spazi
scenografici e a stupire per attrarre lo spettatore. Un
movimento convesso al centro coinvolge il prospetto, su cui
si aprono fittizi accessi alle navate laterali. Le fruttiere in cima
ad i pilastri sono una decorazione tipica del maestro. Due statue
di figure femminili sono posate sul frontone spezzato.
All'interno, ove domina una solare luce dorata, l'uso della
bicromia nell'altare, creata dal gioco di agate e lapislazzuli,
mostra la raffinatezza del gusto dell'architetto.
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MONASTERO DEI BENEDETTINI (San Nicola)
Edificato nel 1558, è il più grande edificio religioso d'Europa
insieme al monastero di Mafra in Estremadura. Vi si accede da
piazza Dante, attraverso un portale barocco. Furono dapprima
costruiti la chiesa, rivolta verso la città, e, nel 1598, il chiostro
dell'architetto Giulio Lasso, costituito da 52 colonne e 12 statue di
marmo. Il monastero, distrutto dal terremoto, fu successivamente
ricostruito. Il progetto voluto dai benedettini era talmente sontuoso
che rimase incompleto per mancanza dei mezzi finanziari. Era una
città nella città, aperta a coloro che abitavano le umili case
circostanti. Moltissimi furono gli artisti che vi lavorarono. Il prospetto
meridionale è di Alonzo di Benedetto, che lo realizzò nel 1716. La
cupola della chiesa, alta 62 metri, è di Stefano Ittar. L'interno a tre
navate è lungo 105 metri. Ai lati delle absidi si aprono sei cappelle
semicircolari con balaustra. Il messinese Tommaso Amato disegnò
nel 1726 i dormitori ad est, che si incontrano appena entrati nel
cortile.
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I corpi bassi addossati alle mura esterne erano scuderie, locali che stupiscono per i
particolari decorativi. Del Vaccarini sono i due refrettori e la biblioteca, affrescati da
Piparo; la biblioteca, per l'estrema semplicità, è quasi una sfida alla sontuosità del
complesso. Dopo il terremoto del 1693, Antonino Amato si occupò dell'impianto del
monastero e lo rese ancora più monumentale con una coppia di chiostri appoggiati al
fianco meridionale della chiesa del Contini. Altri chiostri, che non poterono essere
realizzati per le ragioni già dette, avrebbero dovuto simmetricamente completare il
complesso. Nel 1748 iniziano i lavori nella prestigiosa sacrestia, decorata da Antonino
Emanuele e lavorata dallo scultore Gaetano Francese, e Francesco Battaglia si occupa
dei lavori al ponte, alla chiesa e al museo, iniziati dal Vaccarini. La piazza, chiusa
scenograficamente da una esedra, fu disegnata da Stefano Ittar. Oggi il monastero è
occupato dall'Università come sede della Facoltà di Lettere e Filosofia.
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COLLEGIO CUTELLI
Il prospetto neoclassico sulla via Vittorio Emanuele è opera del
Battaglia e continua sul lato di via Monsignor Ventimiglia e su
quello di via Teatro Massimo. Del Vaccarini è la corte circolare
interna, che si eleva per tre piani: in quello inferiore alcune
colonne tuscaniche, affiancate da archi a tutto sesto, reggono
l'architrave; al piano superiore un ballatoio continuo collega i
diversi ambienti, i vari sostegni e coronamenti; l'attico corona
l'insieme e mostra motivi geometrici e classici. Le aperture sono
incorniciate da lesene con capitelli geometrici.
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PALAZZO VALLE
Sito al numero 120 di Via Vittorio Emanuele, è
un edificio dal telaio semplice. Le curve con
garbata e misurata figura danno movimento ai
ballatoi, alle mostre dei balconi, alle cornici.
Uniche decorazioni sono lo scudo con le armi di
casa Valle e i peducci floreali dei capitelli. La
porta è fiancheggiata da due pilastri. Francesco
Fichera, in Giovanni Battista Vaccarini, scrive:
Palazzo Valle é l'archetipo dei palazzi signorili
catanesi.
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OPERE DI STEFANO ITTAR
Stefano Ittar nacque nel 1724 in Polonia. Nel 1754 si trasferì a Roma dove perfezionò
la sua preparazione e dove risiedette fino al 1765, quando giunse a Catania. Qui nel
1767 sposò Rosaria, figlia di Francesco Battaglia, importante architetto. Insieme al
suocero, Stefano realizzò la porta Ferdinandea (1768), la piazza S. Filippo (oggi
Mazzini) (1768-69) e la chiesa della Trinità. Gli si attribuiscono i prospetti della
Basilica Collegiata (dal 1768) e della chiesa di S. Martino dei Bianchi (1774) e la
chiesa del monastero di S. Placido (1769). Per il monastero benedettino di S. Nicola
la Rena realizzò la cupola della chiesa (1768-80) e l’attuale piazza Dante (1774-75).
Gli si attribuiscono, inoltre, il completamento del Palazzo di città, il Priorato della
Cattedrale, i palazzi Pardo e Misterbianco, la chiesa e una parte del monastero della
SS. Annunziata di Paternò (dal 1768) e la ricostruzione della cupola del duomo di
Noto, poi crollata nel XIX sec.
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BASILICA COLLEGIATA
La facciata (1758), liberamente fantasiosa e riccamente
ornata, è opera di Stefano Ittar e si puo' considerare come la
migliore espressione del barocco tardo a Catania. E' su
due ordini di cui il primo con sei colonne in pietra, sormontate
da una balaustra. Nel secondo ordine vi è un finestrone
centrale ed ai lati quattro grandi statue di S. Pietro S. Paolo,
Sant'Agata e Santa Apollonia. Sul secondo ordine un
elemento centrale ospita le campane. Vi si accede mediante
una grande scalinata, sulla quale, a delimitare il sagrato, è
posta una cancellata in ferro battuto. L'interno a croce latina
è a tre navate delimitate da otto pilastri. In fondo alla navata è
posto l'altare dell'Immacolata, protetto da una balaustra in
marmo, su cui è posta una statua in marmo della Madonna.
Nell'abside della navata centrale è posto l'altare maggiore con
una preziosa icona della Madonna probabilmente di fattura
russa. Lateralmente un coro ligneo con 36 stalli. Sulla volta
della cupola e della chiesa una serie di affreschi dello Sciuti
con diverse immagini della Beata Vergine Maria con angeli e
santi. Nella navata di sinistra nella parte absidale è posta la
cappella del SS. Sacramento con altare in marmo.
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PORTA FERDINANDEA
La "Porta Ferdinandea" (o Porta Garibaldi) è un arco trionfale costruito nel 1768, su
progetto di Ittar per commemorare le nozze di Ferdinando I delle due Sicilie e Maria
Carolina d'Asburgo. Si trova tra piazza Palestro e piazza Crocifisso, alla fine di via
Giuseppe Garibaldi.
È di solito chiamato u Furtinu in ricordo di un fortino costruito dal duca di Ligne (ormai
scomparso, rimane solo una porta in una via limitrofa).
La Porta Ferdinandea era stata ideata come ingresso alla città dal lato occidentale, in
modo tale da formare un tutt'uno con i complessi architettonici di via Garibaldi, piazza
Giuseppe Mazzini e piazza del Duomo. Si pensava anche di realizzare una piazza
simmetrica all'odierna piazza Palestro, con dei grandi palazzi anch'essi simmetrici e
con tre grandi strade che confluissero proprio nella porta.
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CHIESA DI SAN PLACIDO
Di fronte al Palazzo Biscari è situato il Convento di San Placido. Sul lato meridionale
sono visibili il Portone seicentesco di pietra ed un' edicola della stessa epoca che
incornicia un rilievo di Sant'Agata. Esso sorse sul Tempio di Bacco. La facciata
barocca della Chiesa di San Placido è di Stefano Ittar, che la realizzò nel 1769.
L'interno è a navata unica e custodisce affreschi di G.B. Piparo e dipinti di M.
Rapisardi.