I Texas Western Miners

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I Texas Western Miners
I TEXAS WESTERN MINERS
« I have a dream: that one day this nation will rise up and live out the true meaning
of its creed: "We hold these truths to be self-evident, that all men are created
equal" »(Martin Luther King, 28 agosto 1963, Washington, discorso al Lincoln
Memorial).
Era il 1963 e il mondo stava cambiando. Queste parole, enunciate dal pastore
protestante più famoso al mondo, toccarono il cuore dei 250 mila presenti al Lincoln
Memorial di Washington.
Gli Stati Uniti non si trovavano in una gradevole situazione politica, difatti erano
sull'orlo di una guerra nucleare con l'Unione Sovietica, che teneva col fiato sospeso
l'intero globo.
Per quanto riguardava l'economia, gli anni dopo la guerra furono anni di prosperità
per il paese, il quale riuscì facilmente a tramutare la sua macchina da guerra in una
cultura consumistica.
Gli anni '50 e '60 furono gli anni dei televisori, delle automobili, degli
elettrodomestici, degli impianti stereo, della crescita dei sobborghi… furono gli anni
del consumismo.
Questa situazione però oscurava il fatto che la prosperità non si estendeva a tutti,
ma principalmente alla classe media bianca americana.
Molti americani (la cosidetta "altra America"), infatti, vivevano in condizioni di
assoluta povertà; la stragrande maggioranza di questa fetta di popolazione era
afroamericana, la quale continuava a soffrire di discriminazioni sociali, economiche
e politiche.
Questa era la situazione generale degli States in quei anni.
Facciamo ora uno zoom nel mezzogiorno di questo paese; Mississipi, Louisiana,
Alabama, New Mexico, Texas… il profondo sud.
Ancora rurale e poco sviluppato, quest'area del Paese non era certo un luogo
accogliente e amorevole per la popolazione afroamericana; anzi, si può dire che era
l'esatto contario.
Qui la discriminazione sul diritto al voto rimase diffusa fino a tutti gli anni '50. I
comitati di registrazione dei votanti usavano pratiche come la limitazione del
numero di votanti afroamericani eleggibili, vincolandoli ad un più alto standard di
accuratezza rispetto ai bianchi, permettendo ai richiedenti bianchi di registrarsi nelle
loro auto o da casa e valutando per ultimi i richiedenti neri. Inoltre, a quest'ultimi
erano riservati uffici di registrazione situati in parti separate del palazzo di giustizia,
nei quali si prestava assistenza solo ai richiedenti bianchi (per il completamento
della scheda di registrazione) e non si notificava agli afroamericani lo stato delle
loro richieste.
Per le persone nere, la vita in quelle zone era una costante situazione di tensione e
di paura.
I neri del sud che resistevano alla segregazione, in particolare i mezzadri, potevano
venire espulsi per aver tentato di registrarsi per il voto. Quelli che se la passavano
peggio erano però i neri rurali, i quali subivano enormi sopprusi da parte dei loro
padroni bianchi, che molte volte minacciavano addirittura di dargli fuoco. Inoltre,
erano presenti i "consigli dei cittadini", che adottavano politiche di repressione
economica contro i dimostranti di colore; il più famoso era senza dubbio il Ku Klux
Klan, una confraternita di protestanti bianchi convinti della loro supremazia sulle
altre razze, fondata da ex militari dell’esercito Sudista nel 1865. Il Ku Klux Klan
esercitava un regno del terrore in tutto il sud. Un bianco poteva tranquillamente
rivolgersi alle tuniche col cappuccio a punta, i quali facevano velocemente sparire
la persona nera indesiderata. Quasi 4.500 afroamericani vennero linciati negli Stati
Uniti tra il 1882 e i primi anni '50.
E' il 1964, siamo nello stato del Texas, e nel piccolo palazzetto della cittadina di
Dumars si sta disputando una partita di basket di high school del campionato
cestistico dello stato.
Dalla panchina della squadra in vantaggio si sentono urla e imprecazioni:"defense!
defense!", "you play like sissies! are you sissies?".
Beh, in realtà i giocatori erano davvero femminucce; sì, perchè si trattava di basket
femminile.
Queste parole escono dalla bocca di un distinto signore in giacca e camicia; il
signor Don Haskins, un uomo dagli occhi di pietra e dotato di un carisma
sconcertante.
Nato il 14 Marzo 1930 a Enid, in Oklahoma, giocò a basket a livello collegiale ad
Oklahoma State dal 1949 al 1952. Nel suo ultimo anno fu selezionato nel secondo
quintetto d'America, prima di infortunarsi gravemente al ginocchio e porre così fine
alla sua carriera da giocatore.
Si cimentò così nell'istruzione; si trasferì in Texas dove si mise ad insegnare ed
allenare ai liceali. Insegnò nei licei di Benjamin e Hedley, fino ad approdare nella
piccola Dumars, nella quale allena la squadra femminile.
Tre, due, uno… suona la sirena. La partita è finita. Dumars vince.
E' giunta la sera e Don fa ritorno a casa da sua moglie e i suoi tre figli: Brent, David
e Steve.
Una mattina di quell'anno, Haskins riceve una lettera, la quale attesta che il
direttore del college di El Paso, Texas, ha una proposta molto interessante da
esporgli.
Don, che è un uomo molto curioso, non riesce a resistere all'invito e così, il giorno
seguente, si reca nella sperduta località di El Paso.
La cittadina si trova in pieno deserto e si presenta come il tipico villaggio del Sud,
ovvero ancora molto rurale e fortemente cattolico. E' inoltre ricco di miniere di
carbone e in esso troviamo, oltre alla componente di popolazione texana, anche
una grossa componente messicana(El Paso si trova sul confine con il Messico).
Haskins giunge al piccolo ed umilissimo college, dinanzi al direttore.
Quest'ultimo gli propone di allenare la squadra di basket di El Paso, i Texas
Western Miners, e di portarla a giocare ad un elevato livello cestistico.
Egli avrà gratis vitto e alloggio nel college e potrà portare anche la sua famiglia,
oltre ovviamente ad un discreto stipendio e la possibilità di partecipare al
campionato di Division I, il primo campionato di basket americano.
Haskins, che è un uomo molto ambizioso e sempre incline a mettersi alla prova,
non può rifiutare, e così accetta l'incarico.
Bisogna sottolineare che in Texas, allora come oggi, è il football lo sport più seguto
e praticato, e la pallacanestro è "il fratello sfortunato".
Il college non è sicuramente dei più prestigiosi, i fondi sono scarsi così come gli
impianti sportivi di cui dispone, soprattutto il palazzetto dei Miners, il Memorial Gym,
il quale necessita sicuramente di un parquet nuovo e di un impianto di illuminazione
pressochè funzionante.
Ma Don non è certo un uomo che si scoraggia facilmente. Il suo primo giorno
convoca la squadra per un allenamento. Quest'ultima è formata solo da una decina
di ragazzi campagnoli che con il basket c'entrano poco o nulla; ovviamente tutti
rigorosamente bianchi.
Tra questi spiccano solamente quattro giocatori: Togo Riley, ragazzo nativo di El
Paso che gioca nel ruolo di guardia ed è al suo primo anno di college; Dave
Palacio, di origini messicane, anche lui ricoprente il ruolo di guardia ed al suo
secondo anno di college. Lous Baudoin da Albuquerque, New Mexico, un
ragazzone di due metri, ben piazzato e dall'aria tranquilla e pacata, il quale ricopre il
ruolo di ala. Infine abbiamo Jerry Armstrong, sicuramente il giocatore più forte di
quella sventurata squadra. Figlio di un contadino di Engleville, Missouri, gioca nel
ruolo di ala ed è dotato di un' eccellente intelligenza cestistica.
In quella stagione(1964-1965) la squadra fatica a vincere e non riesce a qualificarsi
al torneo NCAA.
Il direttore del college non è molto soddisfatto della stagione e non lo è neppure
Don.
Haskins ritiene che per vincere la squadra necessiti di reclutare nuovi giocatori di
un buon livello cestistico, come del resto fanno tutti i college americani per essere
competitivi.
Così, nell' estate del '65, Haskins si reca alla Summer League, la lega estiva nella
quale giocano i migliori cestisti collegiali d'America, al fine di reclutare giocatori di
talento per la sua squadra.
Purtroppo per lui, i giovani più talentuosi d'America non sono di certo interessati al
desolato ed umilissimo college di El Paso, il quale non può sicuramente competere
con dei "big" come Duke, Kansas, Ohio State o Kentuky, quattro dei più grandi e
prestigiosi college di tutti gli Stati Uniti.
Don però non si perde d'animo e continua la sua disperata ricerca di giocatori.
Siamo nel mese di Luglio e Don stà assistendo all'ennesima partita della Lega
estiva. Durante lo svolgimento del match accade un evento che attira la sua
attenzione.
Mancano due minuti al finale, e ad un tratto, l'allenatore di una delle due squadre,
schiera in campo un giocatore che per tutto il match non aveva mai messo piede
sul parquet; nulla di strano in questo, se non che quel giocatore, in quei due miseri
minuti, diede la prova di essere un giocatore formidabile, che avrebbe meritato
sicuramente di giocare per tutti e quattro i quarti di gioco.
Finisce la partita ed il ragazzo si dirige in silenzio verso gli spogliatoi.
Don, tra sè e sè, si chiede perchè un giocatore dotato di quel talento viene trattato
in quel modo, senza un minimo di rispetto. La risposta è semplice: perchè è nato
con il colore della pelle sbagliato.
Haskins si avventa precipitosamente negli spogliatoi per parlare con quel ragazzo.
Il suo nome è Bobby Joe Hill, viene da Detroit ed è molto arrabbiato per il
trattamento che riceve ad ogni partita solo per il fatto di essere nero. Don gli si
avvicina, ma Bobby Joe non ha alcuna voglia di parlare. Haskins gli propone di
giocare una stagione a El Paso nella sua squadra, ma il ragazzo è stanco di
allenarsi duramente per poi non giocare, e così rifiuta. Don non molla la presa e lo
convince che nella sua squadra avrà tutti quanti i minuti che si merita.
L'afroamericano, dopo qualche tentennamento, accetta l'offerta.
Una settimana dopo, Haskins si reca nello stato dell'Indiana, più precisamente nella
città di Gary, perchè un suo osservatore ha notato due giocatori degni di nota che
possono essere reclutati.
La città fa parte dell'area metropolitana associata alla celebre metropoli dell'Illinois,
Chicago, ed è un enorme agglomerato di palazzi e d'industrie d'acciaio; non un
bellissimo posto in cui vivere.
I due giocatori sono entrambi afroamericani e, come quasi tutti gli afroamericani che
vivono a Gary, lavorano come operai nelle numerosissime e già citate industrie
d'acciaio, trascorrendo la loro vita in case popolari in pessime condizioni.
Haskins si reca al playground di Gary perchè è lì che i ragazzi di colore si
incontrano, dopo il pesantissimo lavoro, per giocare a basket, ed è lì che tutte le
sere giocano i nostri due pluricitati giocatori.
Don li osserva insistentemente, tanto che i due ragazzi, impauriti dalle sue
occhiate, corrono a tutta velocità verso casa.
Così, il giorno seguente, il carismatico allenatore si reca alle case dei due giovani
afroamericani. Il primo a cui va a fare visita si chiama Harry Flournoy, diplomato
alla Emerson High, ora lavora come operaio alla Gary Steel Corp. . E' alto un metro
e novantacinque ed è dotato di un atletismo spaventoso. Don espone la sua offerta
alla signora Flournoy e al giovane Harry, il quale non sembra molto propenso ad
accettare. La mamma inizialmente non concepisce l'idea di affidare ad uno
sconosciuto, peraltro bianco, suo figlio, e per lo più di spedirlo al sud, dove i neri
non sono di certo ben visti. Ma come al solito Haskins, con la sua determinazione,
riesce a convincere la madre di Harry, promettendole di prendersi cura del ragazzo
come se fosse suo figlio e garantendole la sua incolumità. La signora accetta, a
patto che Harry esca dal college con ottimi voti.
L'accordo è preso, e a Don non resta altro che recarsi dal secondo ragazzo.
Il suo nome è Orsten Artis, si è diplomato alla Froebel High School, situata proprio
a Gary, e ha giocato a basket come guardia nella squadra della scuola.
Vive anch'esso con la madre in un palazzo di operai e anche lui come Harry, dopo
il diploma, è stato costretto a lavorare in una delle numerose acciaierie presenti a
Gary. Don entra nell'appartamento di Orsten e propone, alla madre e al ragazzo,
l'offerta di studiare e giocare a basket a El Paso. I due sono abbastanza dubbiosi,
ma dopo qualche ripensamento, rispondono affermativo alla proposta di Haskins.
In contemporanea al viaggio di ritorno di Don verso il Texas, accompagnato dalle
due reclute, un collaboratore si trova a New York su commissione di Haskins al
fine di reclutare tre ragazzi di colore, che spiccano per doti cestistiche.
I nomi sono: Willie Cager, Nevil Shed e Willie Worsley. Sono tutti e tre ottimi
giocatori di basket, che si ritrovano ogni sera a giocare in uno dei numerosissimi
playground della Grande Mela. Per i tre ragazzi l'offerta di giocare a pallacanestro a
livello collegiale è molto allettante, anche se rimane la questione di trasferirsi al sud.
Alla fine i ragazzi si lasciano convincere e si dirigono anch'essi verso la desolata
prateria texana.
Alla squadra si unisce anche un certo Dick Myers, un ragazzo bianco proveniente
da Peabody, Kansas. Questa cittadina è colma di aziende agricole e di fattorie, e
ancora oggi è uno dei più importanti centri di alimentazione di bestiame di tutto il sud
degli Stati Uniti.
L'ultima recluta dei Miners è un fortissimo giocatore proveniente dalla città texana
più estesa, Houston. Il ragazzo si chiama David Lattin, soprannominato "Big
Daddy" per la sua notevole stazza. Egli è alto due metri e pesa la bellezza di
centodieci chili. Era uno dei pochissimi afroamericani a trovare spazio nella
squadra in cui giocava, a causa della sua notevole struttura fisica. La squadra di
Don necessitava assolutamente di un uomo di peso che potesse prendere i
rimbalzi e intimorire sotto canestro, così Haskins lo convinse a giocare per lui.
L'estate è oramai giunta al termine e i Miners si possono ritenere al completo.
L'arrivo di ben sette ragazzi di colore scosse molto la cittadina di El Paso; bisogna
considerare che a quel tempo gli afroamericani si tenevano ben lontani dal rurale
sud del Paese, e quindi una buona parte della città non ne aveva neanche mai visto
uno dal vivo.
"Seven niggas?!?" furono le prime parole pronunciate dal direttore del college.
In tutti gli Stati Uniti non esisteva neppure una squadra di pallacanestro ad avere un
simile numero di giocatori dell'altro colore; ne avevano uno o al massimo due.
Lo scetticismo del direttore fu smorzato dalla convinzione di Don che quest'anno, il
1965, sarà l'anno buono per i Miners.
Iniziano gli allenamenti in preparazione all'inizio di stagione.
Haskins è un allenatore fissato per i fondamentali del gioco; molti ragazzi fanno
fatica a sopportare il suo carattere, in particolare Bobby Joe, che reputa l'allenatore
insopportabile. Tra i due però si instaurerà un rapporto di estrema fiducia e di stima
reciproca.
E' il dicembre del 1965 e la stagione del campionato di Division I sta per iniziare.
Come già detto, il campionato NCAA Division I rappresenta il massimo livello di
basket collegiale negli Stati Uniti d'America.
Le squadre che vi partecipano sono più di trecento in tutto il Paese e sono
raggruppate in trentadue Conference, ovvero leghe indipendenti formate tramite
accordi e contratti tra le singole università di una stessa zona geografica e
costituite da un numero variabile di squadre, di solito da otto a sedici.
Le trentadue vincitrici delle rispettive Conference sono annesse di diritto al Torneo
NCAA.
Questo torneo fu istituito nel 1939, e da allora si disputa ogni anno tramite la formula
a tabellone tennistico ad eliminazione diretta e partite in campo neutro. Questa
manifestazione si svolge nei weekend a cavallo fra marzo e aprile.
La Conference che annette la squadra di El Paso è la South Eastern Conference.
La prima partita dei Miners si gioca in casa, al Memorial Gym di El Paso, il 4
Dicembre del '65 contro Eastern New Mexico.
I pochi spettatori presenti al match non credono ai loro occhi; il quintetto iniziale dei
Miners è composto da soli afroamericani. Anche gli avversari rimangono allibiti da
questa circostanza. Durante la partita il pubblico applaude solo la squadra ospite.
Nessuno scommetterebbe neanche un dollaro sui Miners e invece, contro ogni
pronostico, al termine dei quaranta minuti di gioco è proprio la squadra di Don a
portarsi a casa la partita.
"Just luck" dicono i presenti nel pubblico.
Nel corso del mese i Miners dimostrano che la fortuna c'entra ben poco, vincendo
le seguenti otto partite con almeno dieci punti di scarto.
Il 30 Dicembre i ragazzi di Don affrontano la squadra n°4 nel Ranking del Paese;
Iowa, una società con una storia e una cultura cestistica notevoli.
I ragazzi del Texas strapazzano Iowa, battendoli 86-68 e scatenando clamore tra i
presenti. Da quel giorno si iniziò a parlare dei Texas Western Miners in tutti gli
States, suscitando critiche e stupore da parte della stampa.
La stampa americana era composta quasi esclusivamente da giornalisti bianchi, i
quali screditavano i ragazzi di colore di coach Haskins, sostenendo la tesi che
quest'ultimi col tempo sarebbero "scoppiati", " 'cause black persons are like
monkeys, they are athletic but they lack intelligence and they can't tolerate the
pressure". L'altro lato della medaglia era ovviamente la componente afroamericana
del paese, la quale si rappresentava nella squadra di Don e vedeva i ragazzi come
uno spiraglio di luce nuova nell'oscura America.
Col tempo che passa i Miners sembrano sempre più imbattibili, tanto che la loro
fama cresce a tal punto che in tutta America si parla dell'ancora imbattuta squadra
di neri.
Purtroppo, la fama porta con se anche brutte cose. Una sera, dopo una partita, i
ragazzi di Don si stavano dirigendo verso le camere dell'hotel in cui alloggiavano.
Quando aprirono le porte si trovarono di fronte ad uno spettacolo raccapricciante;
tutte le pareti delle stanze erano imbrattate di sangue e c'erano incise scritte di forte
stampo razzista ovunque. Anche i vestiti dei ragazzi furono imbrattati col sangue.
Dopo la visione di questo orrendo gesto, Don decise di lasciare immediatamente
l'albergo e di spostarsi altrove.
Un altro episodio di questo genere avvenne un pomeriggio a Tempe, in Arizona. I
ragazzi avevano da poco finito di giocare la partita contro Arizona State, che finì
con la vittoria della squadra Texana. Si erano fermati in un cafe a pranzare. Nevil
Shed si allontanò dal gruppo per andare in bagno. Quando uscì dalla toilette era
tutto sporco di sangue e pieno di lividi. Il fanciullo subì un aggressione da parte di
un gruppo di ragazzi bianchi, i quali, dopo l'accaduto, si dileguarono.
Il 5 di Marzo 1966 si disputa l'ultima partita di stagione regolare, contro Seattle.
I Miners affrontano gli avversari proprio nella città dello stato di Washington.
Quando entrano in campo vengono immediatamente ricoperti di fischi e di insulti. La
squadra di Haskins non riceve alcun segno di rispetto nè dalla squadra avversaria,
nè tantomeno dagli arbitri, i quali non fischiano nemmeno un fallo a favore dei
Texani.
La partita si chiude con la prima ed unica sconfitta della squadra di Haskins, la
quale però, avendo vinto il girone di Conference, è qualificata al prestigioso torneo
NCAA.
La prima partita viene disputata nella elegantissima Charles Koch Arena a Wichita,
Kansas, un tempio dello sport che dispone di ben undicimila posti, contro
Oklahoma City University.
I Miners vincono 89 a 74.
Le seguenti due partite si disputano entrambe a Lubbock, in Texas, ed entrambe
sono molto combattute, tanto che si arriva ai supplementari sia con la prima
squadra, Cincinnati, sia con la seconda, la temibilissima Kansas, guidata dalla
stella Jo Jo White(talentuosissimo giocatore di colore), contro la quale se ne
giocano addirittura due.
Il 18 Marzo del 1966, alla Cole Field House, l'arena della squadra di basket
dell'università di Maryland(più di quattordicimila posti di capienza), si gioca la
semifinale nazionale NCAA. I Miners affrontano l'università dell'Utah, guidata dall'All
American Jerry Chambers, un ragazzo di colore alto 1 e 96, dotato di un talento
fuori dal comune. Chambers mette a dura prova la squadra di Haskins, segnando
una serie di canestri difficilissimi. I Minatori riescono però a vincere il match, grazie
soprattutto alla grande prestazione del playmaker Bobby Joe Hill.
I Miners approdano alla finale.
Tutto il Paese è sbalordito dall'impresa compiuta da Haskins e dai suoi ragazzi.
La squadra avversaria sarà la corazzata di Kentucky, guidata dal leggendario
Adolph Rupp, ancora oggi considerato uno degli allenatori più vincenti nella storia
del college basket. Kentucky è una delle università più prestigiose d'America e al
tempo era frequentata quasi solo esclusivamente da ricchi ragazzi bianchi.
La squadra di Rupp è composta interamente da giocatori bianchi.
Il giorno della finale, prima della partita, i due allenatori sono chiamati in conferenza
stampa. I giornalisti esaltano le imprese compiute da Rupp, il quale sembra sicuro
di vincere, mentre Don continua a ricevere la solita dose di non rispetto.
Haskins prende così una decisione scioccante. Decide di far giocare solo giocatori
neri alla finale, tenendo in panchina i ragazzi bianchi.
Annuncia la decisione alla squadra.
E' il 19 Marzo del '66 e le squadre sono già in campo. La Cole Field House di
College Park è completamente gremita di spettatori.
La partita sarà trasmessa in diretta nazionale in televisione. Milioni di afroamericani
in tutto il Paese si riuniscono davanti agli schermi per vedere i loro eroi giocare.
Nell'arena non si sono mai visti così tanti "colorati" prima d'ora. Molti di questi sono i
parenti dei giocatori, come la mamma di Harry Flournoy e quella di Willie Cager,
venuta a vedere il figlio che giocherà, dopo una serie di partite passate seduto in
panchina a causa di problemi cardiaci.
Gli arbitri danno il via al match. Il quintetto iniziale schierato da Don è quello
utilizzato durante tutto il corso della stagione: Bobby Joe Hill, Harry Flournoy,
Orsten Artis, Nevil Shed e "Big Daddy" David Lattin.
Rupp, dalla sua, dispone di due delle guardie più forti degli Stati Uniti; Pat Riley,
attuale presidente della franchigia NBA Miami Heat, e Luis Dampier.
La partita è molto equilibrata. Kentucky fa fatica a limitare lo strapotere fisico di
Lattin. Finisce il secondo quarto e la partita sembra favorire la squadra di Don,
anche se tutti sostengono che alla fine sarà Rupp a portarla a casa.
Nel terzo quarto, Flournoy s'infortuna e lascia spazio a Willie Cager, che da la
prova d'essere un signor giocatore, infilando dei canestri fondamentali.
Manca poco alla fine e Rupp si gioca il tutto per tutto dando la palla a Riley. La
grande difesa di Bobby Joe Hill limita l'All American, facendogli sbagliare i tiri
decisivi.
Suona la sirena. I Miners sono campioni d'America. I ragazzi non riescono a
credere a quello che stanno vivendo, come non lo riesce a credere Don. Tutti gli
afroamericani presenti alla partita, e quelli che la partita la stavano seguendo da
casa, esultano ed urlano di gioia.
Ancora oggi i Miners del '66 sono ricordati come il simbolo dell'emancipazione degli
afroamericani nel gioco del basket, e non solo.
Don Haskins e tutta la squadra, fu inserita, nel 2007, nel Naismith Memorial
Basketball Hall of Fame, la più alta onoreficenza nel mondo della pallacanestro.
Bisogna sottolineare che, anche dopo la vittoria, i ragazzi della squadra di El Paso
non ricevettero il dovuto rispetto da parte della società americana di quei anni.
Infatti, appena dopo il termine della finale del campionato NCAA è consuetudine
della squadra vincente tagliare la retina del proprio canestro. Nessuno portò la
scaletta alla squadra di Haskins e quindi, per compiere il suddetto gesto, Nevil
Shed fu costretto a issare sulle proprie spalle Willie Worsley.
Inoltre, i Miners non furono nemmeno invitati al celebre show televisivo "The Ed
Sullivan Show", il quale ogni anno, per tradizione, invitava la squadra campione
NCAA.
I Texas Western Miners, vincendo il campionato, diedero il via ad un processo
d'integrazione razziale in ambito collegiale. Difatti, nel 1967, la South Eastern
Conference ammise, per la prima volta nella sua storia, un ragazzo di colore in una
squadra di basket.
Oggi, la National Basketball Association, la lega professionistica americana, è
composta per il 75% da giocatori afroamericani, mentre negli anni cinquanta questa
percentuale ammontava solo al 5%.
Haskins non lasciò più El Paso, dove vi morì il 7 Settembre 2008, tra le lacrime
della sua famiglia e quelle dei suoi ex-giocatori.