Fondi comuni di investimento e gestione collettiva

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Fondi comuni di investimento e gestione collettiva
Fondi comuni di investimento e gestione collettiva del risparmio. La
posizione istituzionale e il regime normativo delle SGR, di Mario Bessone
Autore: Mario Bessone, Prof. Ordinario di Diritto Privato, Roma, La Sapienza
Categoria Articolo: Finanza / Gestione collettiva del risparmio
1. I fondi comuni di investimento e l'art. 36 del Tuf. Il regime giuridico di un patrimonio in
posizione di autonomia e separatezza. Le garanzie di tutela dell'investitore; 2. Quote di
partecipazione al fondo comune,diritti dei partecipanti. Le attribuzioni della Sgr e il regime
delle attività di gestione del portafoglio.Competenze e funzioni della banca depositaria; 3. Il
regolamento del fondo comune: Le modalità di appello al pubblico risparmio e la disciplina dei
contratti di investimento. Regole dell'assetallocation, regole di contabilità. Il caso della delega di
gestione; 4. Il principio di delegificazione e le discipline regolamentari del Ministro del
Tesoro.Fondi comuni di investimento aperti e fondi chiusi. Le speciali categorie dei fondi
riservati e dei fondi speculativi; 5. Fondi azionari, fondi bilanciati, fondi obbligazionari. I fondi
flessibili,i fondi di liquidità. Le regole dell'attività transfrontaliera.
1. I fondi comuni di investimento e l'art. 36 del Tuf. Il regime giuridico di un patrimonio in
posizione di autonomia e separatezza. Le garanzie di tutela dell'investitore
Istituire fondi comuni di investimento e provvedere alla loro gestione patrimoniale è attività che
il primo comma dell'art. 36 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione
finanziaria (in via breve il Tuf) riserva alle Sgr, le "società di gestione del risparmio"
provvedendo ad una precisa prefigurazione delle possibili forme di organizzazione della offerta
di mercato. Se la società che istituisce fondi comuni può al tempo stesso esserne "gestore" come
si sa non è tuttavia escluso che ne invece conferisca invece poteri e responsabilità di gestione ad
altra Sgr. E quando la attività di una Sgr è attività di gestione collettiva del risparmio nella
forma giuridica del fondo comune di investimento in ogni caso si configura la caratteristica
fattispecie delle risorse finanziarie e dei valori costituenti un patrimonio che come si legge alla
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lettera j) del primo comma dell'art. 1 del Tuf . è "patrimonio autonomo" e "suddiviso in quote di
pertinenza di una pluralità di partecipanti".
Ne risultano delineati i caratteri distintivi di un comparto dell'economia finanziaria che
all'investitore assicura ampie garanzie offrendo al tempo stesso una opportunità di particolare
interesse.Con la proposta di investire moneta nelle quote del fondo comune infatti la società
proponente offre al mercato dei risparmiatori ciò che molto spesso è più desiderabile , perché al
fondo comune si possono conferire anche piccoli importi di denaro condividendo con la massa
degli altri partecipanti tutti i benefici di una diversificazione del portafoglio e di un
frazionamento del rischio finanziario semplicemente impensabili per il singolo risparmiatore.
La Sgr assicura poi alla gestione collettiva del risparmio una adeguata professionalità ,agisce in
regime di obbligata trasparenza e con la garanzia di pubblici controlli molto rigorosi anche in
punto di corretto svolgimento delle operazioni di mercato. E le norme consentono al
risparmiatore di decidere modalità e durata del suo investimento.
Tutto questo spiega il grande rilievo delle indicate forme di gestione patrimoniale" in monte" e
la successione degli interventi legislativi che sarà bene ricordare. Progettazioni di una normativa
si erano elaborate già nel corso degli anni Sessanta .Ma una disciplina operante si doveva
conseguire soltanto con la legge 77 del 23 marzo 1983,dove finalmente si prefigurano fondi
comuni di investimento mobiliari e aperti che la pratica di mercato doveva a suo volta
ampiamente diversificare.Si sono offerti fondi monetari pensati a misura dell'investitore che
sceglie di investire in titoli di debito a breve termine.Fondi obbligazionari anch'essi dedicati a
titoli di debito tuttavia del medio e lungo periodo ,essendo comunque assai contenuto il rischio
dell'investimento per la natura stessa dei valori presi in portafoglio . Fondi azionari a maggior
rischio ma comunque attraenti per la loro attitudine a procurare guadagni di capitale. E infine
fondi bilanciati in ragionevole equilibrio tra obbligazioni e investimento azionario.Ne
conseguono le varianti di offerta da allora ulteriormente integrate nel modo che si preciserà in
seguito.
Con le norme della legge 344 del 14 agosto 1993 si era poi stabilita la disciplina di fondi
comuni pur sempre mobiliari ma invece c h i u s i. Per essi si regolava la posizione del
partecipante nel senso che la liquidazione dell'investimento non è consentita se non alla
scadenza di un termine non breve (e per esempio un termine di cinque anni),cosa che alla
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società di gestione consente di attivare una strategia di mercato finanziario di lungo periodo. A
sua volta la legge 86 del 25 gennaio 1994 doveva configurare il modello di fondi comuni di
genere immobiliare, anch'essi chiusi e per l'appunto caratterizzati dal particolare oggetto di
investimento, fossero le risorse del fondo investite in partecipazioni al capitale di società
immobiliari o immediatamente in immobili.Ne risultava delineato un ordinamento di settore che
le norme del Tuf. hanno tuttavia riformato seguendo una precisa linea di politica del diritto.
Le norme del Tuf regolano la materia secondo principio di sua prevalente delegificazione. Le
sue prescrizioni stabiliscono pur sempre principi generali della disciplina a valere per tutti i
fondi comuni di investimento.Ma la disposizione del primo comma dell'art. 37 avverte che
"determinare i criteri (… ) cui devono uniformarsi i fondi comuni di investimento " è cosa che
compete ad una serie di direttive regolamentari del Ministro del Tesoro da " adottare" una volta
" sentite la Banca d'Italia e la Consob". E la medesima disposizione precisa che doveva appunto
essere la normativa regolamentare del Tesoro a disciplinare la possibile configurazione di
singoli tipi di fondo comune diversi per l' "oggetto" dell'investimento, per i " destinatari "
dell'operazione finanziaria così come infine per la sua "durata". Valgono le deliberazioni
ministeriali del 24 maggio 1999 (poi modificato con decreto del maggio 2000) che più avanti
sarà il caso di attentamente considerare.
Ancor prima occorre tuttavia considerare le norme di principio del Tuf. Ne risultano confermati
gli elementi costitutivi della fattispecie che in via breve sarà bene ricordare .Per disposizione
dell'ottavo comma dell'art. 36 le quote di partecipazione al fondo comune sono "tutte di uguale
valore" e "con eguali diritti".La sua gestione finanziaria è "in monte" e remunerata dalle
commissioni che per essa gli investitori corrispondono. E' gestione di un patrimonio
"autonomo" nel senso precisato dal sesto comma dell'art. 36 ( che espressamente regola anche il
caso del fondo comune multicomparto),cosa che per l'essenziale provvede a fare definitiva
chiarezza sul suo regime normativo , lasciando perciò in posizione marginale molti dei
contrastanti discorsi in passato ricorrenti in tema di "natura" giuridica dell'istituto "fondo
comune" .
Discutendo della titolarità dei valori compresi nel patrimonio "fondo comune di investimento", e
in questo senso della sua "natura" giuridica le progettazioni legislative degli anni Sessanta
spesso richiamavano il sistema delle norme del codice civile in tema di comunione .Altra volta
si era poi evocato il regime di "imperfetta" autonomia patrimoniale delle società di persone. O si
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era teorizzata la nozione di patrimonio senza soggetto altra volta prefigurandosi invece una"
proprietà" della società di gestione. Altra volta si era infine rappresentato il fondo comune come
oggetto e forma di proprietà collettiva diversa dalla comproprietà del codice civile.
Proprietà collettiva dei partecipanti al fondo da regolare con un suo statuto giuridico di genere
particolare, dovendosi considerare sia il mandato conferito alla società di gestione per la
amministrazione delle risorse sia i poteri conferiti ad una banca depositaria con riguardo alla
custodia e alla regolazione delle conseguenti operazioni finanziarie .E naturalmente precisare la
titolarità dei valori non era astratto problema di teoria ma rilevante questione di disciplina del
fondo comune in quanto patrimonio in regime giuridico di patrimonio separato da ogni altro.
Vale una regola di principio già presente nell'art. 3 della legge 77 del marzo 1983 e a fare
sufficiente chiarezza provvede adesso il sesto comma dell'art. 36 del Tuf, dove si legge che
"ciascun fondo comune di investimento" e allo stesso modo ogni singolo "comparto" di un
fondo comune a più comparti "costituisce patrimonio autonomo", perciò "distinto a tutti gli
effetti dal patrimonio della società di gestione" e "da quello di ciascun partecipante" così come
da "ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società". Sul patrimonio del fondo comune o di
un suo comparto "non sono" quindi "ammesse azioni dei creditori della società di gestione del
risparmio" (o esercitate nel suo interesse) .Il regime giuridico del patrimonio "fondo comune" si
precisa infine avvertendo che su di esso ammesse non sono neppure azioni del creditori della
banca depositaria (o che fossero esercitate nel suo interesse). E per parte loro "le azioni" dei
creditori dei singoli investitori sono ammesse soltanto "sulle quote di partecipazione dei
medesimi" ,dovendosi poi considerare che azioni di tal genere sono ammissibili soltanto una
volta conseguito il loro rimborso, perchè neppure pro quota può configurarsi azione esecutiva
nei confronti del fondo comune.
2. Quote di partecipazione al fondo comune,diritti dei partecipanti. Le attribuzioni della
Sgr e il regime delle attività di gestione del portafoglio. Competenze e funzioni della banca
depositaria
Operando l' indicato regime di separatezza patrimoniale il rapporto che intercorre tra Sgr, fondo
comune e suoi partecipanti si configura con l'oggetto e i lineari caratteri che in estrema sintesi
possono essere così indicati. A incorporare le partecipazioni al fondo saranno quote "tutte di
uguale valore e con uguali diritti" rappresentate da certificati nominativi o al portatore "a scelta
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dell'investitore" (e la norma dell'ottavo comma dell'art. 36 avverte che "sentita la Consob" la
Banca d'Italia "può stabilire (…) in via generale le caratteristiche dei certificati" così come "il
valore nominale unitario iniziale delle quote"). In ogni caso la titolarità di quote assegna
all'investitore una posizione di diritto che sarà bene precisare perché non esistono diritti di
gruppo che possano configurare una posizione unitaria dei sottoscrittori di quote partecipanti al
fondo.
Ognuno ha una posizione a sé che costituisce titolarità di un diritto di credito. Osservando le
regole al riguardo statutariamente stabilite, quando consideri utile esercitare il suo diritto ad
esigere le prestazioni dovute l'investitore domanderà il rimborso delle quote di sua appartenenza
al valore che esse derivano dal prezzo di mercato delle attività finanziarie in allora comprese nel
patrimonio del fondo comune. E riceverà una somma pari alla frazione del valore del fondo
rappresentata dal numero delle quote presenti nel suo personale portafoglio . Altro ancora
caratterizza poi in modo particolare l'oggetto e gli elementi distintivi del contratto di
investimento che intercorre tra società e partecipante al fondo "possessore" di sue quote
,dovendosi considerare in radice escluso che all'investitore possano competere diritti o facoltà di
concorso alle decisioni di assetallocation oppure ad altre comunque assunte in materia di
gestione amministrativa e finanziaria.
Se il risultato atteso dai partecipanti al fondo comune è naturalmente il maggior incremento del
valore delle quote, la disciplina del Tuf avverte infatti che i partecipanti al fondo sono in linea di
principio (e sempre ) esclusi da qualsiasi forma di possibile interferenza nelle valutazioni e nelle
attività di amministrazione e di gestione del portafoglio finanziario che competono sempre e
soltanto alla società di gestione.In questo senso la norma del quinto comma dell'art. 36 dove si
legge che società "promotrici" o "gestore" del fondo assumono verso i partecipanti gli obblighi e
le responsabilità del " mandatario" serve ad indicare regole e modello dei loro doveri di
diligenza professionale. Ma il rapporto che intercorre tra società e investitori è davvero altra
cosa dal mandato delle disposizioni del codice civile , perché come si sa nei confronti di un
"mandatario" al "mandante" competono poteri di indirizzo e di influenza che in nessun modo i
partecipanti al fondo comune possono esercitare.
La società "gestore" naturalmente non agisce in uno spazio di incontrollata discrezionalità ,
perché la sua strategia di assetallocation e di movimentazione degli investimenti è comunque
vincolata dalle disposizioni regolamentari del fondo comune. E se lo si domanda la Sgr dovrà
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far ricevere al partecipante copia dei documenti ( la sua "relazione semestrale" e il suo
"rendiconto annuale" ) che assicurano le dovute garanzie di trasparenza delle attività di gestione.
Ma sarà pur sempre la società "gestore" ad operare nel modo che considera preferibile per
diversificare gli investimenti,amministrare i rischi di mercato e provvedere alla liquidità che
occorre in considerazione del flusso delle possibili richieste di rimborso delle quote. Una banca
depositaria della liquidità e dei valori che sono "fondo comune" svolgerà le importanti funzioni
indicate dal secondo comma dell'art. 36 e dall'art..38 del Tuf .
" Sentita la Consob" è Banca d'Italia a determinare "le condizioni per l'assunzione dell'incarico"
di banca depositaria dovendosi osservare le prescrizioni stabilite con la "circolare" 229 del 21
aprile 1999. E a concretare l'assunzione dell'incarico si provvede mediante il contratto che la
società di gestione stipulerà con la banca .Molto rilevano già le sue funzioni di custodia degli
"strumenti finanziari" e delle "disponibilità liquide" , che devono essere obbligatoriamente
svolte da una impresa bancaria qualificata dai necessari requisiti di affidabilità (che appunto
perciò è resa depositaria delle consistenze del fondo). E già con riguardo a tali funzioni va
segnalato il secondo comma dell'art. 38 del Tuf dove si stabilisce che la banca è responsabile
"nei confronti della società di gestione del risparmio" così come dei partecipanti al fondo, per
ogni pregiudizio "da essi subito in conseguenza dell'inadempimento" degli obblighi derivanti
dall' accettazione dell'ufficio di banca depositaria.
In modo particolare rilevano le funzioni di garanzia che alla banca competono secondo le
circostanziate disposizioni del primo comma dell'art. 38. Svolgendo il suo ufficio la banca
depositaria è infatti chiamata ad accertare la legittimità delle operazioni di emissione e di
rimborso delle quote, al tempo stesso dovendo provvedere al calcolo del loro valore e a quanto
riguardi "la destinazione dei redditi del fondo".Ancora la banca despositaria dovrà verificare che
"nelle operazioni relative al fondo" la controprestazione "sia ad essa rimessa nei termini d'uso".
E (cosa della massima importanza )la banca eseguirà le istruzioni della società di gestione
soltanto una volta accertato che esse non sono contrarie "alla legge ,al regolamento o alle
prescrizioni degli organi di vigilanza".
In caso di irregolarità riscontrate quanto alla amministrazione della Sgr o alla gestione del fondo
comune , gli amministratori e i sindaci della banca depositaria riferiscono, e devono riferire
"senza ritardo" alla Banca d'Italia e alla Consob che le norme del T.u.f. ancora una volta
comunque impegnano allo svolgimento delle indispensabili attività di vigilanza con grande
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estensione di campo. Sarà infatti chiaro in che misura anche per questo settore dell'economia
finanziaria occorre assicurare stabilità delle imprese di intermediazione mobiliare , la sana e
prudente gestione pretesa dal secondo comma della norma dell'art. 34, ampia informazione così
da provvedere alla necessaria trasparenza di soggetti e attività , insieme con tutto questo essendo
prescritta l'osservanza delle regole di correttezza che si leggono al primo comma dell'art. 40 del
Tuf .
Con quale forza operano poi garanzie di vigilanza pubblica emerge con chiarezza già dall'art. 36
del Tuf. Disposizione che definisce e precisa la posizioni del regolamento del fondo come fonte
normativa di conformazione degli assetti organizzati e delle attività, essendo atto di autonomia
negoziale del diritto privato che se ne stabilisce compiutamente il regime al tempo stesso deve
tuttavia e sempre uniformarsi ad una disciplina pubblica di garanzie e di controlli. .Il terzo
comma dell'art. 36 avverte che "il rapporto di partecipazione al fondo comune" è disciplinato in
ogni sua parte dalle previsioni del suo regolamento, con la precisazione che "sentita la Consob"
compete a Banca d'Italia determinare sia i criteri di redazione della normativa regolamentare sia
il suo contenuto minimo "a integrazione di quanto previsto dall'art. 39". E quest'ultima
disposizione in modo circostanziato indica gli elementi distintivi della fattispecie fondo comune
appunto perchè prescrive gli obbligati contenuti della sua disciplina regolamentare. Come si
legge al primo comma dell'art. 39 sarà in ogni caso il suo regolamento a definire le
"caratteristiche" del fondo comune e a regolare le sue modalità di "funzionamento".
3. Il regolamento del fondo comune: Le modalità di appello al pubblico risparmio e la
disciplina dei contratti di investimento. Regole dell'assetallocation, regole di contabilità. Il
caso della delega di gestione
Sarà infatti il regolamento del singolo fondo ad indicare la società promotrice e il gestore del
fondo "se diverso dalla società promotrice", così come la banca "depositaria" degli strumenti
finanziari e delle disponibilità liquide, precisando la "ripartizione di compiti" tra tali soggetti e
al tempo stesso la disciplina dei loro rapporti e dei "rapporti" con "i partecipanti al fondo" .
E sarà la normativa di regolamento a stabilire(i ) denominazione del fondo comune, sua durata e
"modalità di partecipazione", dovendosi ancora precisare "termini" e regime di emissione dei
certificati rappresentativi delle quote,disciplina di loro rimborso e della eventuale liquidazione
del fondo. E già in questo senso saranno le disposizioni regolamentari a concretare i contenuti e
la disciplina del contratto di investimento che al risparmiatore si domanda di sottoscrivere.
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Ancora il regolamento del fondo comune si deve leggere per conoscere i criteri di
determinazione dei proventi e dei risultati della gestione ,quanto poi riguarda la loro ripartizione
e distribuzione insieme a molto altro che l'investitore dovrebbe attentamente considerare ,
essendo rilevante ciò che si disponga con riguardo alle "spese" a carico del fondo o invece della
Sgr e a proposito della "misura" e dei. "criteri" di determinazione delle provvigioni "spettanti"
alla società di gestione e degli oneri che sono invece "a carico dei partecipanti" .Allo stesso
modo sarà il regolamento del fondo a disporre le dovute modalità di informazione del mercato e
di "pubblicità" del valore delle quote. E sono naturalmente di decisiva incidenza le disposizioni
regolamentari intese ad indicare gli organi competenti per la scelta degli investimenti e i loro
"criteri di ripartizione" ,così come il tipo di beni , di strumenti finanziari e di altri valori nei
quali "è possibile investire il patrimonio del fondo".
Se la disciplina regolamentare del fondo comune in ogni sua parte è normativa di così
determinante rilievo sarà chiaro quanto a sua volta rilevi la funzione di vigilanza stabilita dalla
disposizione del terzo comma dell'art. 39 ,dove si incarica la Banca d'Italia di provvedere alla
approvazione del regolamento del fondo comune ( o delle sue successive modificazioni) ma
soltanto se ne risulti accertata la completezza e la compatibilità con quanto dispongono in linea
di principio i diversi commi dell'art. 36 e l'art. 37 del Tuf che mediante norma di ampio rinvio
alle prescrizioni ministeriali del Tesoro prefigura gli elementi di struttura del fondo comune. E
soltanto dopo la indicata approvazione del regolamento la Sgr potrà avviare la sua attività di
sollecitazione del pubblico risparmio, osservando la disciplina di garanzia della trasparenza e
della informazione di mercato imposta da Consob con le sue prescrizioni di determinazione dei
necessari contenuti del prospetto informativo,
Seguiranno le attività di investimento .E saranno attività che la società "gestore" svolge "in
nome proprio" intestando a sé medesima i valori di volta in volta acquisiti al patrimonio del
fondo comune . E quando si tratti di strumenti finanziari che incorporano diritti di voto troverà
applicazione il secondo comma dell'art. 40 del T.u.f. ,dove si stabilisce che "salvo diversa
disposizione di legge" e "nell'interesse dei partecipanti" la società di gestione "provvede (….)
all'esercizio dei diritti di voto inerenti agli strumenti finanziari di pertinenza dei fondi gestiti" .In
ogni caso già si sa quale estensione di poteri alla Sgr compete in ordine alle possibili operazioni
di amministrazione finanziaria dei "fondi gestiti". Ma la società "gestore" dovrà pur sempre
osservare le regole disposte dal regolamento ministeriale del tesoro in materia di contabilità. E
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con ogni evidenza si tratta di materia meritevole della maggior attenzione.
Si annotano in un libro giornale sia le iniziative di gestione sia quanto riguardi emissione e
rimborsi di quote.Si deve provvedere alla redazione del rendiconto annuale relativo alla
amministrazione del fondo che sarà a sua volta integrato da una relazione degli amministratori
(al fine di documentare gli andamenti di gestione essendo prevista anche la predisposizione di
una relazione semestrale). Una speciale disciplina di prospetto impegna ad indicare il valore
unitario delle quote e il valore complessivo del fondo. Per questa intera serie di documenti sono
disposte adeguate e obbligatorie forme di pubblicità.Opera infine la vigilanza di una società di
revisione. Nell'esclusivo interesse degli investitori e a norma delle disposizioni regolamentari
espressamente richiamate dal secondo comma dell'art. 39 si deve operare per l'incremento di
valore delle quote in appartenenza a quanti partecipano al fondo comune. E non sarà davvero il
caso di aggiungere altro a quanto più volte si è già osservato per segnalare tutto il rilievo delle
garanzie che la revisione contabile assicura con la forza dei suoi oggettivi riscontri.
Mediante la gestione "in monte" delle risorse costituite dal "tipo di beni,di strumenti finanziari e
di altri valori" presenti nel loro portafoglio finanziario, le società di gestione del risparmio
praticano strategie di mercato che per assetallocation e movimentazioni successive naturalmente
possono configurarsi in vario modo.Ma in tutti casi di gestione di fondi comuni occorre pur
sempre osservare le regole che non sarà inutile richiamare. Alla società di gestione si domanda
(domanda l'art. 40 del Tuf ) di agire con diligenza, correttezza e trasparenza appunto
"nell'interesse dei partecipanti al fondo".Si domandano regole di organizzazione delle attività
tali da "ridurre al minimo" il rischio di conflitti di interesse e quant'altro possa comunque
pregiudicare l' "interesse dei partecipanti". Come si ricorderà occorre comunque "adottare" tutte
"le misure idonee a salvaguardare" i loro "diritti". E si ricorderà l'esclusivo riferimento all'
interesse dei partecipanti che si legge al secondo comma dell'art. 40 quanto all' esercizio dei
diritti di voto conseguenti alla titolarità degli strumenti finanziari variamente compresi nel
patrimonio mobiliare dei fondi gestiti.
Va infine considerato il caso della Sgr che avendo costituito un fondo comune ritenga di
delegare ad altra società la sua gestione finanziaria. In tal caso (che è regolato dall'art. 52 del
regolamento Consob 11522 del 1998) si renderà necessaria una convenzione di gestione
obbligatoriamente intesa a disciplinare la fattispecie di delega per tutto quanto possa occorrere.
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Si dovrà comunque stabilire che per la società delegante non sono ammesse previsioni di
esonero o di limitazione delle responsabilità nei confronti degli investitori. Dovrà essere
assicurata una gestione tale da garantire che l'operare di mercato sia sempre in linea con la
strategia di investimenti che caratterizza il fondo comune .La società delegata alla gestione
provvederà quindi in via continuativa alla necessaria informazione della Sgr. delegante con
riguardo alle sue movimentazioni del portafoglio finanziario. E naturalmente si dovrà operare
osservando le dovute regole in materia di conflitti di interesse.Da tutto questo un regime della
convenzione di delega da osservare anche quando oggetto ne fossero (non complessive attività
di gestione delle risorse del fondo comune ma ) soltanto talune e particolari tipologie di
investimento .
4. Il principio di delegificazione e le discipline regolamentari del Ministro del Tesoro.
Fondi comuni di investimento aperti e fondi chiusi. Le speciali categorie dei fondi riservati
e dei fondi speculativi
Essendo questo lo scenario delle norme di disciplina generale della gestione patrimoniale "in
monte" operata mediante fondi comuni, la disposizione del primo comma dell'art. 37 del Tuf
avvertiva che secondo logica di delegificazione si dovevano disciplinare con normative
regolamentari del Tesoro le possibili configurazioni dei singoli tipi di fondo comune, diversi per
l'essere fondi "aperti" o invece fondi "chiusi" e poi ancora diversi per l' "oggetto"
dell'investimento,per le categorie di investitori "destinatari" dell'offerta di mercato, per le
modalità di partecipazione all'operazione finanziaria così come per la "durata" dell'investimento
o altro ancora. E ulteriori disposizioni nel segno della della delegificazione erano domandate dal
secondo comma della norma del Tuf.
Il secondo comma dell'art. 37 al tempo stesso impegnava infatti il regolamento ministeriale ad
identificare (i ) "le ipotesi nelle quali" si deve necessariamente "adottare" la forma giuridica del
fondo chiuso", (ii ) casi "in cui è possibile derogare alle norme prudenziali di contenimento e di
frazionamento del rischio" stabilite dalla Banca d'Italia, (ii ) le regole da osservarsi in materia di
diritto contabile e le fattispecie "nelle quali la società di gestione" deve "chiedere l'ammissione
alla negoziazione di un mercato regolamentato dei certificati rappresentativi delle quote". E
"sentite la Banca d'Italia e la Consob" il regolamento del Ministro del Tesoro deliberato a
maggio del 1999 disciplina la materia secondo una logica di insieme che in via breve può essere
così rappresentata.
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Sono aperti i fondi comuni , e si tratta di fondi comuni mobiliari che agli investitori assicurano
in via continuativa possibilità di ingresso,essendo anche stabilito che i partecipanti al fondo
"hanno diritto di richiedere in qualsiasi tempo il rimborso delle quote" . Si dovrà poi distinguere
tra fondi armonizzati e fondi non armonizzati. Al numero dei fondi armonizzati appartengono
quanti uniformano la loro disciplina alle regole delle direttive comunitarie in tema di organismi
di investimento collettivo e di mutuo riconoscimento. Così configurati per ciò che riguarda la
allocazione delle loro risorse patrimoniali, e una volta osservate le disposizioni che Banca
d'Italia stabilisce in attuazione delle normative comunitarie ,i fondi comuni armonizzati possono
operare nell'ambito dell'Unione europea appunto in regime di mutuo riconoscimento. Non
armonizzati sono invece i fondi che non conformano il loro assetto e le strategie di investimento
alle prescrizioni delle direttive comunitarie essendo perciò esclusi dal regime del mutuo
riconoscimento. Il regolamento ministeriale del maggio 1999 indica poi con chiarezza i caratteri
distintivi dei fondi comuni chiusi che regolano ingresso e rimborso delle quote secondo altro e
peculiare regime.
Il regolamento del fondo "chiuso" stabilisce la entità del patrimonio che sarà oggetto di gestione.
E alla acquisizione delle indicate consistenze di patrimonio si provvede mediante una unica
operazione di raccolta del risparmio,offrendosi in sottoscrizione quote del fondo che gli
investitori possono sottoscrivere entro il termine che si sarà stabilito (ma comunque non
superiore ad un periodo di diciotto mesi). Non seguiranno altre emissioni di quote e non vale il
principio di libertà di uscita.Le quote sottoscritte saranno infatti rimborsate soltanto alla
scadenza indicata come termine di durata del fondo comune che per disposizione del
regolamento ministeriale non può comunque superare i trent'anni. E per fondi comuni di questo
genere era evidentemente necessario attivare un comparto di mercato finanziario dove le quote
di partecipazione possano essere commerciate ,così da consentire al loro possessore di
concludere l'operazione di investimento alienando (e di acquistare quote del fondo a chi desideri
invece aggiungerle al suo portafoglio ).
Naturalmente la decisione di attivare fondi comuni chiusi in linea generale è materia di libera
scelta della società che ne promuove la costituzione. Ma per talune fattispecie vale una
disciplina di obbligo.Sarà infatti necessariamente fondo chiuso il fondo comune che si decida di
attivare con una strategia di allocazione delle risorse che supera una certa soglia quanto ad
investimenti in strumenti finanziari non ammessi a quotazione su mercati regolamentati. E va
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ricordato che saranno necessariamente fondi chiusi i fondi comuni che scelgano di orientare
l'investimento delle loro risorse al settore dei beni immobili (e dei diritti reali su immobili) , al
settore (dei crediti e) dei titoli rappresentativi di diritti di credito o ad altri beni diversi dagli
strumenti finanziari. A necessaria tutela degli investitori in quote del fondo occorrerà comunque
che si tratti di beni tali che anche per essi esista un mercato e una possibilità di stima del valore
secondo criteri di adeguata affidabilità.
Si tratti di fondi aperti o di fondi chiusi appartengono poi al numero dei fondi comuni riservati
quelli che scelgono come possibili partecipanti soltanto gli investitori " qualificati" dalla loro
particolare connotazione di investitori ad elevato grado di professionalità. E sono tali i soggetti
indicati alla lettera h) del primo comma dell'art. 1 del regolamento adottato dal ministro del
Tesoro che una volta di più sarà bene leggere con la dovuta attenzione. In ogni caso si ricordi
che la disciplina regolamentare indica come investitori qualificati imprese bancarie e imprese
assicurative, società di gestione del risparmio e Sicav, fondi pensione e altri investitori ad
elevato grado di professionalità ,cosa che per i fondi comuni riservati legittima una disciplina
notevolmente diversa da quanto dispongono le norme di generale tutela degli investitori
"risparmiatore".
A completare la serie delle possibili fattispecie provvede infine la previsione regolamentare di
fondi comuni speculativi,tali essendo i fondi ammessi ad una allocazione delle risorse e alla
assunzione di soglie di rischio escluse per ogni altra categoria di fondi comuni.Il patrimonio di
fondi speculativi può essere investito in una grande varietà di "beni" e la sua gestione può
operarsi "in deroga alle norme prudenziali" in linea generale imposte da Banca d'Italia. E per
essi non è consentita una sollecitazione all'investimento essendo vietato che le loro quote
costituiscano oggetto di un "appello al pubblico risparmio".Si tratti poi di fondi riservati o di
fondi speculativi alla particolarità della fattispecie conseguono altre particolarità di regime che
la normativa del regolamento ministeriale puntualmente stabilisce .
Come sempre molto altro ancora sarebbe necessario aggiungere. Più delle frammentate
discipline di genere speciale come sempre interessava tuttavia segnalare le grande linee del
sistema e delle sue garanzie di vigilanza. In considerazione del particolare genere di "fondo" di
volta in volta attivato da una Sgr i valori gestiti saranno strumenti finanziari oppure i beni
immobili del fondo comune di investimento chiuso che si configuri appunto come fondo
immobiliare o ancora gli altri beni che si sono indicati come possibile oggetto di allocazione
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delle risorse di speciali categorie di fondi comuni.Ma a vigilare comunque provvederanno sia
Banca d'Italia in linea generale applicandosi le già indicate discipline di controllo della stabilità
e di "contenimento" del rischio, sia la Consob chiamata alle sue ordinarie funzioni di garanzia
dell'osservanza delle regole disposte in materia di trasparenza e correttezza dell'agire finanziario.
Si ricordi infine che in ogni economia finanziaria davvero evoluta si elaborano ulteriori
classificazioni per assicurare al mercato la necessaria informazione quanto agli elementi
distintivi del portafoglio delle diverse specie di fondi comuni .Serve conoscere la soglia di
rischio che caratterizza il fondo,la strategia di investimento scelta dal gestore, il limite segnato
alla acquisizione delle singole tipologie di strumento finanziario,la loro ripartizione per area
geografica e per settore. Se sono utili le classificazioni riferite al contesto nazionale
naturalmente sempre più occorrono anche termini di confronto alla scala sovranazionale. E
appunto allo scopo di rendere possibile un confronto tra le diverse realtà di mercato l'
Investment Company Institute nord-americano e la FédérationEuropéennedesFondsetSociétés
d'Investissement provvedono a classificazioni secondo uno schema standard internazionale.
5. Fondi azionari, fondi bilanciati, fondi obbligazionari. I fondi flessibili,i fondi di liquidità.
Le regole dell'attività transfrontaliera
Per quanto invece riguarda in modo particolare il caso italiano si devono poi segnalare in tutto il
loro rilievo le iniziative di Assogestioni. Già nel lontano 1984 Assogestioni aveva provveduto
ad una prima classificazione distinguendo semplicemente tra fondi azionari, fondi bilanciati e
fondi obbligazionari. Nel corso del tempo l'evolvere delle discipline normative e del sistema
finanziario doveva tuttavia comportare consistenti variazioni dei modelli di classificazione.
Modificazioni e progressive integrazioni dei criteri di classificazione dei fondi comuni sono
infatti indispensabili per assicurarne la permanente significatività. Avviata nel 1988 per
provvedere alla classificazione dei fondi comuni a vocazione internazionale, questa operazione
di restyling da allora ha continuato ad ampliare il numero delle categorie di fondi separatamente
classificate. E dato che anche in questa materia la innovazione finanziaria è processo che non
conosce arresti le indicazioni che adesso si offrono valgono soltanto da generale segnalazione di
tendenza.
Nella sua più recente formulazione (e per l'essenziale), la classificazione di Assogestioni
distingue tra fondi "azionari", fondi bilanciati" ,fondi "obbligazionari", fondi di liquidità dell'
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"area Euro" e fondi "flessibili" operando poi ulteriori distinzioni all'interno delle singole
categorie. Fondi pur appartenenti ad una medesima tipologia naturalmente poi si diversificano
infatti per una loro particolare composizione del portafoglio ,per l'impiego di uno specifico
approccio ai problemi della gestione finanziaria e per le possibili varianti del benchmark assunto
come parametro di riferimento delle attività gestorie.Ma esistono pur sempre elementi costitutivi
e fattori caratteristici della generalità dei fondi della categoria di appartenenza che rendono la
classificazione sicuramente significativa.
Essendo azionari i fondi comuni che investono in azioni più del settanta per cento delle loro
consistenze patrimoniali si classificano separatamente fondi azionari "nazionali", fondi "europa"
che appunto riservano i loro investimenti ad emittenti e mercati europei, fondi dell' "area euro"
che investono in titoli di emittenti e mercati dei paesi aderenti all'Euro, fondi"america" e fondi
"pacifico" o riservati all'ambito dei "paesi emergenti" , fondi "internazionali" che investono in
ogni area geografica senza preclusioni di settore,fondi azionari "internazionali" specializzati
nell'investimento nei settori delle telecomunicazioni, dell'high tech e del bio tech (ma esistono i
fondi azionari con specializzazioni ancora diverse).
Bilanciati sono invece i fondi che ripartiscono le loro risorse tra investimento di genere
azionario e titoli di debito. E ancora una volta si tratta di comparto della financialindustry ormai
entrato in fase matura con un ampio dispiegamento delle offerte .Si dovrà allora distinguere tra
bilanciati "azionari", bilanciati "bilanciati" e bilanciati "obbligazionari" a seconda della
consistenza del loro portafoglio in azioni che può variare dalla soglia del dieci per cento
(assegnata come soglia "minima" ai fondi bilanciati "obbligazionari" ) alla soglia del novanta
per cento (assegnata come soglia massima dell'investimento in azioni ai fondi bilanciati per
l'appunto "azionari"). Sono poi obbligazionari tutti fondi che privilegiano l'investimento in titoli
di debito .
Per questo settore occorre distinguere tra non meno di nove diverse categorie di fondi ,che se nel
caso degli obbligazionari "misti" consentono di detenere azioni (entro una limitata soglia di
partecipazioni azionarie )in ogni altro caso investono soltanto in un diverso genere di strumenti
finanziari. E si tratterà volta a volta di fondi dell'"area euro" a breve o a medio e lungo termine ,
dell'area europea o dell'area del dollaro ,dello yen o dei paesi "emergenti" o anche di fondi
obbligazionari "internazionali", senza predeterminazione di area geografica o invece con
particolari "specializzazioni". Sono infine fondi di liquidità " area euro" quanti investono l'intero
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patrimonio in "attività finanziarie denominate in euro con una durata inferiore o eguale a sei
mesi".
E sono fondi flessibili quanti per regolamento del fondo riservano al gestore la più ampia
discrezionalità nella configurazione del portafoglio finanziario.Va infine considerato che la
indicata classificazione dei fondi comuni vale anche per i fondi di diritto estero.Da ciò tutta la
estensione di campo delle alternative di portafoglio offerte al mondo degli investitori, che per
orientarsi e decidere trovano poi le dovute garanzie di informazione e di trasparenza delle
proposte nelle disposizioni stabilite come obbligata disciplina del prospetto informativo. Dal
luglio del 2000 al prospetto informativo dei fondi comuni si accompagna una indicazione di
benchmark .Con ogni evidenza si tratta di una innovazione di regime che presenta caratteri di
sicuro rilievo.
Anche per questo comparto della financialindustry sarà infine chiaro tutto il rilievo delle norme
di regime dell' operatività all'estero che in tempi di progressivo azzeramento dei vincoli di
appartenenza nazionale costituisce fenomeno di crescente rilievo. Se possono riguardare (e
spesso hanno per oggetto appunto) il servizio di gestione individuale di portafoglio , le attività
transfrontaliere delle Sgr allo stesso modo possono costituire iniziativa di offerta di quote di
fondi comuni di investimento. E in entrambi i casi si opererà alle condizioni e secondo le
procedure che si stabiliscono con regolamento approvato dalla Banca d'Italia "sentita la Consob"
.Ma una volta di più occorre distinguere tra offerta transfrontaliera in ambito comunitario e altre
fattispecie . Al riguardo l'art. 41 del Tuf avverte che compete appunto all'indicato regolamento
determinare le condizioni e le procedure per la autorizzazione a prestare negli altri Stati
comunitari attività non ammesse al mutuo riconoscimento ,così come servizi negli Stati che
appartengano al numero di quelli extracomunitari .E naturalmente meritano poi attenzione anche
le normative di regime delle sollecitazioni del pubblico risparmio provenienti dall'estero.
A disciplinare l' "offerta in Italia "di quote di fondi comuni di investimento esteri provvede il
regime dell'art. 42. In caso di fondi "rientranti" nell'ambito di applicazione delle direttive
comunitarie occorrerà semplicemente una comunicazione a Banca d'Italia e Consob. Operano
tuttavia normative regolamentari di Banca d'Italia che dispongono in materia di adempimenti
procedurali e per "assicurare in Italia l'esercizio dei diritti patrimoniali dei partecipanti", così
come normative regolamentari della Consob provvedono a quanto occorre in punto di garanzie
di informazioni "da offrire al pubblico", essendo comunque richiesta una traduzione in italiano
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del prospetto informativo. Per Banca d'Italia e Consob esistendo poi i poteri di vigilanza del
quarto comma dell'art. 42 . Una banca (italiana ) in funzione di banca "corrispondente" curerà i
rapporti tra organismo emittente e investitori .E con disposizioni di attuazione dell'art. 42 del
Tuf di recente Banca d'Italia
Nel caso di fondi comuni esteri non armonizzati si applica invece il regime di autorizzazione
stabilito dal quinto comma della norma. e dal regolamento che a dicembre del 2001 la Banca d'
Italia ha deliberato ai sensi del suo sesto comma. Sentita la Consob" ad autorizzare sarà la
Banca d'Italia a condizione che i relativi schemi di funzionamento siano compatibili con quelli
previsti per gli organismi italiani. A Banca d'Italia e Consob in punto di vigilanza informativa e
di vigilanza ispettiva competono i poteri che la norma del Tuf puntualmente richiama, indicando
poi quali poteri alle autorità di vigilanza competono quanto "ai soggetti che curano la
commercializzazione delle quote". A loro è infatti consentito (e sarà spesso opportuno)
domandare comunicazione anche a scadenza periodica di "dati" e "notizie" così come la
trasmissione di atti e documenti che possono risultare necessari per finalità di trasparenza e
controllo.
(* ) Già svolte anche altrove, e adesso destinate al volume Mercati mobiliari in corso di
pubblicazione presso la casa editrice Giuffrè, le considerazioni che si leggono in queste pagine
derivano dai "materiali di lavoro" elaborati per il corso di Diritto dei mercati finanziari della
Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Roma " La Sapienza".
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