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01 cover e quartanew 15-02-2005 15:50 Pagina 2 L’ O S S E R V A T O R I O I N T E R N A Z I O N A L E S U L L E T E N D E N Z E D E L R E T A I L E D E I C O N S U M I a cura di Thomas Bialas numero_cinque i Radical Imprese estreme 4 Radical less Privazioni estreme 6 Radical food-fiction Innovazioni estreme 8 Radical cheap Convenienze estreme 10 Radical items Esempi estremi 12 Radical risk Eventi estremi 14 Progetto grafico Walter Tinelli 2 Via Brescia 53/65 Cernusco s/Naviglio Radical Future Scenari estremi Stampa Rotolito Lombarda Direttore Responsabile Luigi Rubinelli I CONTENUTI Alla radice delle tendenze 02e03n 15-02-2005 15:56 Pagina 2 2 nextfuture global update Radical Future Scenari estremi Tolto il dente tolto il male. Delle decisioni difficili. Ma così non funziona. È come un eco. Lo sentiamo quotidianamente. Così le cose non vanno. Così le cose non funzionano. Così non si può andare avanti. C’è bisogno di innovazioni definitive, vere. Di cambiamenti radicali. Ma attenzione a non confondere. Radicale non è sinonimo di estremismo. Stereotipo assai diffuso. Ma anzi, il suo esatto contrario. Chi è estremo va all’estremità e si allontana dal problema e quindi dalla soluzione. Chi è radicale va in profondità e trova la radice della questione. È tutto molto semplice. Radicale, radix, radice. Chiedetelo al vostro dentista come si ricostruisce un dente e dunque un futuro. 02e03n 15-02-2005 15:56 Pagina 3 nextfuture 3 Racconti estremi 01 Possibilità estreme 02 Ci crediamo tutti perché ce lo raccontano così bene. Cosa? Il futuro. Chi? Coloro che lo forzano. Il Secolo Biotech, Rifkin, l’uomo oltre l’uomo. Le conseguenze della rivoluzione biotecnologica, di Fukuyama, Pictures of the Future, rivista di scenari tecnologici della Siemens, ma anche Focus, Quark, La Macchina del Tempo e Jack. Tutti con un unico obiettivo: raccontare un futuro già scritto. Oggi il futuro appartiene a chi racconta le migliori storie. Le visioni estreme indirizzano e seducono ricercatori, imprese, investitori, politici e consumatori. Anche perché siamo di fronte a un cambiamento epocale nella fruizione della conoscenza. La percezione dello sviluppo scientifico e tecnologico non proviene più da scuola, università o circoli culturali ma in prima istanza dai media. Il confine fa scienza e finzione si è dissolto. Le storie che circolano di tecnologia, economia, società e comportamenti umani di domani hanno una funzione virale che contamina e si autoreplica nella mente delle persone. La sciencefiction diventa un programma sostenibile. I Ceo della imprese multinazionali si presentano volentieri come portavoce e visionari di un futuro estremamente diverso (vedi Vodafone). Come sottolinea lo scenario Radical Trends Guide (Rüschlikon, 2004) le imprese non possono più permettersi di sottovalutare un futuro radicalmente imprevedibile. Passare i confini. Simbolicamente il progetto più estremo viene da Giappone. XSEED4000: più che un grattacielo, una città verticale alta 4 mila metri, in pratica come il Monte Bianco. Ologrammi di parenti, macchine per sognare, internet integrato nel cervello, scanner nella pattumiera, frigoriferi intelligenti, scarpe pensanti, cibi interattivi, cure online e la cosiddetta medicina genetica predittiva. Niente è più impossibile e tutto sa di cambiamento possibile. Manipolare il futuro alla radici è il gioco non dichiarato dei radical trends. Un’ottimo esempio è l’Rfid. Il potenziale erede del codice a barre domina nel retail ogni tipo di dibattito sull’innovazione tecnologica. Le possibili applicazioni sono, o dovrebbero, essere infinite, garantiscono i visionari dell’IT. In realtà, fa notare uno studio del GDI (think tank svizzero di scenari), gli aspetti critici sono tantissimi e le potenzialità ampiamente sopravvalutate. Euforia e aspettative pericolosamente estreme, dunque. Non a caso il contrasto tra inefficienza quotidiana (vedere treni dei pendolari) e futuro tecnologico si fa sempre più radicale. Un contrasto che l’epistemologo John Horgan ha già anticipato nel 1996 con il saggio “The End of Science”. L’inizio della fine del “Homo S@piens”? 04e05n 15-02-2005 15:58 Pagina 4 4 nextfuture apple update i Radical Imprese estreme Chi è radicale può cambiare il mondo se ciò non è possibile allora se ne crea uno nuovo Questa la mission iPossible di Steven Jobs, fondatore Apple e profeta di Silicon Valley Tutto il mondo dell’informatica può andare a farsi fottere. Così pare che replicasse in passato a chi gli faceva presente che non poteva sfidare i colossi come IBM, HewlettPackard o Microsoft. Asociale e radicale. Fu silurato dalla Apple nel 1985 con l’esplicita motivazione : “il suo estremismo danneggia l’azienda”. Ma dopo 10 anni e passa di isolamento il ragazzo terribile tornò nel 1997 alla guida della mela che non demorde per ri-diffondere il suo verbo o modello d’impresa: o la va o la spacca. Niente mezze misure. iMac, iBook, iPod, iTunes. Innovazioni che, ieri come oggi, fanno presa sull’immaginario collettivo, anche se spesso di nicchia. Ma di quelle che contano. “A Hollywood Steve è un mito” racconta Paul Saffo, fondatore dell’Institute for the Future. E anche il mondo dei media non è da meno. Giornalisti, pubblicitari e p.r., da sempre fedelissimi utenti e “portavoce”, lo difendono radicalmente e contribuiscono a mantenere vivo il mito. Un mito che non teme paragoni. Slalom parallelo: Bill Gates viene perseguitato (dagli hackers, virus e antitrust), Steven Jobs viene adorato (dai fedeli fans e ossequiosi media per i quali è un intoccabile); Gates possiede moltissimo denaro, Jobs moltissimi lupetti neri (circa 5.000), Gates è un gelido calcolatore, Jobs un focoso imbonitore, Gates vende logiche soluzioni, Jobs magiche illusioni. Tipi radicalmente diversi. Davide contro Golia. E poco importa se la Apple è rinata anche grazie ai soldi e alla partnership del tanto “odiato” Bill Gates. Ma questa è un’altra storia. Biografia estrema 01 04e05n 15-02-2005 15:58 Pagina 5 nextfuture 5 Innovazioni estreme 02 Radical status symbol. Genialmente esile e asciutto nella linea, grande più o meno come un pacchetto di sigarette l’iPod è stato il blockbuster tecnologico dell’anno. Lo stilista Karl Lagerfeld ne possiede ben 22 (ricordate gli orologi Swatch?) tant’è che la stampa lo ha ribattezzato “monsiuer iPod”. Una mania che ha contagiato tutti: solo negli ultimi tre mesi sono stati venduti 4,5 milioni di lettori Mp3 iPod. Radical legal. Mentre le case discografiche litigavano sugli effetti della pirateria Steven Jobs è andato alla radice del problema: “volete scaricare in modo semplice, conveniente e legale la musica dalla rete? ecco iTunes”. Il music store online della Apple vende oramai quasi 1.000 canzoni al minuto. In pratica il 70% del mercato delle canzoni scaricate legalmente da Internet è in mano all’azienda di Cupertino. Radikal cheap. L’ultimo azzardo di casa Apple. Un computer minuscolo grande più o meno come una scatola di cioccolatini, senza tastiera, mouse e schermo che costa meno di 500 dollari. Per molti autorevoli opinionisti il mini Mac sarà un radical flop e la mela morsicata andrà a male perché nessuno comprerà mai un computer senza mouse, tastiera e schermo. Ancora una volta: o la va o la spacca.Radical space. L’altra fissa di Steven Jobs è di ridurre il computer alla pura essenza, fino a quasi farlo scomparire. Lo scorso anno la terza generazione iMac ha fatto sparire il significato di hard disk schiacciato nel modesto spessore dello schermo bianco. Un monitor computer. Certo sono innovazioni che tutti possono replicare, eccetto una: la Apple ha il monopolio assoluto dell’elemento più difficile da copiare dai concorrenti: essere radical cool. Un plus leggero come l’aria. Misticismo estremo 03 Non è tanto questione di design o di presunte innovazioni. C’è dell’altro. Umberto Eco in modo semplice ma sinteticamente acuto ha scritto “con Steven Jobs la tecnologia si è fusa con la religione”. Una storia dunque di discepoli, di apostoli e di un messia che ha una missione divina da compiere. Si prega di non ridere. È tutto radicalmente vero. Nel 1997 l’osannata rivista Wired dedicò la storia di copertina al frutto proibito informatico con tanto di aureola celestiale e il titolo secco “pregate” (per la rinascita della Apple). Un alone di misticismo e soprattutto fidelizzazione qui intesa come fede. Gli stessi Apple Store più che dei negozi sono dei santuari candidamente e biancamente immacolati. Gli utenti della mela, spesso fricchettoni creativi ex radical chic con la puzza sotto il naso, amano questa radicale diversità (dai tempi del posizionamento think different), questo appartenere a una setta quasi esoterica, dove conta la suggestione e non tanto la ragione. Facile prendere in giro questo fanatismo. Meno facile imitare questa alchimia che seduce il consumatore alla radice. Ci riescono in pochi, per esempio Harley-Davidson classificabile come discepolo o forse co-messia. 06e07n 15-02-2005 16:01 Pagina 6 6 nextfuture simplify update Radical less Privazioni estreme O da una parte o dall’altra. Oramai ci sono due classi ben distinte con esigenze altrettanto distinte. I consumatori con molto denaro ma senza tempo e i consumatori con molto tempo ma senza denaro. I primi vogliono una vita senza attese, i secondi subiscono una vita senza pretese. Premium o discount. Radicale ma vero. Consumi decaffeinati. In fondo è questo quello che il consumatore oggi chiede. Come dire: la sostanza senza la sostanza. Capostipite dell’esaltazione della sottrazione è il supermercato e i relativi prodotti alimentari. Caffè senza caffeina, panna e yogurt senza grassi, birra senza alcol, caramelle senza zucchero, formaggi senza additivi, té senza teina, cracker senza colesterolo, piatti pronti senza cottura, acqua minerale senza sodio ma anche sali minerali senza acqua, creme senza profumo, frutta senza trattamenti ma anche vitamine senza frutta, e perfino sale senza sale e zucchero senza zucchero. E poi ancora prodotti senza sfruttamento (vedi equo solidale), senza conservanti, senza coloranti, senza calorie, senza ogm, e ovviamente le numerose diete che sono sempre senza qualcosa. E infine passando alla quattro ruote nuovi modelli senza anticipi e senza rate. Banalmente ovvio e risaputo? Forse sì. Ma questo è solo l’inizio del less is more … business (vedere il boom del low carb food negli Stati Uniti). 06e07n 15-02-2005 nextfuture 7 16:01 Pagina 7 !!! Consumatore senza profilo Non dico quello che penso, non penso quello che sento, non sento quello che faccio e soprattutto non compro quello che dovrei Saturazione. Less is more. Nel mondo occidentale il consumatore medio ha in casa circa 15 mila oggetti. Senza si vive forse meglio, confessano le famiglie agli istituti di ricerca. Stress da scaffale: 777.350.000 mq di superficie di vendita in Usa e 180.600.000 in Europa. La complessità frena il consumo? “Non compro niente prima di comprare qualcosa di sbagliato” si sfoga una casalinga in un sondaggio della rivista Focus. Privazioni estreme. La storia o meglio il trend è ormai vecchio: bisogna semplificare e ridurre. Già detto e scritto più volte su questa testata. Ma a ben guardare le aziende italiane non ci sentono ancora abbastanza da quest’orecchio. Eppure che gli esempi, anche recenti, non mancano. La Philips ha appena investito 80 milioni di euro nella nuova filosofia aziendale battezzata “Sense e simplicity”. Sense come soluzioni sensate ed essenziali e simplicity come tecnologie con pochi fronzoli, ovvero senza inutili accessori. Ma il più radical less, almeno fra i retailer, è sicuramente Aldi che opera senza comunicazione, senza staff, senza ricerche di mercato, senza budgeting, senza Iso 9000, senza relazioni esterne, senza consulenti e senza inutili tecnologie. Eppure è senza veri concorrenti. Ma attenzione a non esagerare con i senza. Come diceva Albert Einstein, “rendete tutto il più semplice possibile, ma non più semplice”. Senza se e senza ma. Questo ritornello della sinistra radicale ci dice già qualcosa. In una parola un destino. La nostra economia è senza prospettive, titolano molti quotidiani. Dobbiamo arrangiarci senza, ammettono sconsolati molti consumatori. L’ Europa è ormai senza radici, ammonisce il cardinale Ratzinger. Il mercato è senza barriere, gridano le aziende tessili del veneto. Viviamo senza orari e senza privacy. La stessa lotta all’inquinamento delle auto è partita ideologicamente in questo universo-senza: benzina senza piombo. E che dire del business moralmente corretto? È non profit, ossia senza profitto. Le coppie sono soprattutto senza figli. E dopo il sesso senza figli arrivano i figli senza sesso. Sullo storico slogan della Rai “di tutto, di più” della società opulenta cala il sipario del “di meno, di niente”. Per decenni ci siamo ingozzati come delle oche e sommerso il mercato fino a farlo affogare. Ora pretendiamo qualcosa di radicalmente diverso. Per esempio una vita senza morte. 08e09n 15-02-2005 16:04 Pagina 8 8 nextfuture vision update Radical food-fiction Innovazioni estreme Occupiamoci solo degli eccessi, giacché più di tanto non si può bere, e quindi vendere, per pura fisiologica sete. L’idea è semplice: aumentare radicalmente l’ebbrezza, l’euforia, l’eccitazione, le prestazioni o lo stato di veglia. Perché se giochiamo a carte scoperte è questo il trend: alcolizzare sostanza ed esistenza con ogni mezzo. Tra l’altro con un indiscutibile vantaggio. L’alcol fa venire sete e il cerchio si chiude per il business del beverage. Sul mercato da fine gennaio la B (e), l’innovativa bevanda della Anheuser-Bush, va già ben oltre le varie bibite energetiche tipo Red Bull. B come Budweiser E come extra, come eccesso. È birra che non sa di birra, è bevanda fruttata che non sa di sciroppo. Per esagerare dentro c’è caffeina, ginseng, guaranà e ovviamente alcol (6,6%). Per una vita esagerata, di quelle che non dormi mai. “La più grande svolta scientifica del secolo o l’inizio della fine dell’era della civilizzazione” si chiede il Washington Post? Ancora più estremo il primo ready to drink solubile. Subyou è stordimento istantaneo in bustina, polvere con gradazione alcolica del 4,8%., drink ai gusti trendy di Tropical White Rum“ e Blackberry Vodka“, ma soprattutto bevanda non bevanda che si infila in un vuoto legislativo. Anche i bambini possono comprarla e consumarla. Fino a legge contraria. Da adolescenza ad alcolescenza? Intanto Tony Blair ha detto sì alla proposta di estendere a 24 ore al giorno la vendita di alcolici. Molto dionisiaco. Ma Nieztsche non beveva. Chiaramente non tutti stanno a guardare e le aziende si muovono sempre sul filo del rasoio. Le bevande gasate, come d’altronde il cibo spazzatura, sono nel mirino di nutrizionisti, dietologi, medici e autorità pubbliche. Nel caso poi dell’alcol le battaglie diventano ancora più aspre, soprattutto oltreoceano (patria delle tendenze a venire). Sono appena partite in Usa ben cinque class-action (cause collettive) contro le industrie del beverage colpevoli secondo i consumatori di incoraggiare l’uso dell’alcol nei giovanissimi e di disimulare il gusto alcolico con sapienti mix (additati per esempio Smirnoff Ice e Mike’s Hard Lemonade). E se proprio volete puntare su qualcosa di più leggero, per esempio l’acqua, beh allora almeno con delle strategie radicalmente “invasive”. Schoolwater è un ottimo esempio. Distributore automatico di acqua minerale messo gratuitamente a disposizione delle scuole con tanto di schermo per spot pubblicitari, porta depliant e bottiglie con logo dello sponsor. 08e09n 15-02-2005 16:04 Pagina 9 nextfuture 9 In futuro il cibo sarà un quasi inutile accessorio. Un appendice dell’esistenza. Emanciparsi da alimentazione e digestione è la sfida finale. Somministrazione essenziale per via endovenosa e stimolazione sensoriale per via neurale. Il leggero piacere del gusto liberato dal peso dell’alimento. La vera innovazione del food è quindi il non food? Ma procediamo con ordine. Radicalizzare significa rivoluzionare il cibo alla radice. Food design, gen food, cyber food. Le definizioni si sprecano ma la sostanza non cambia, o più esattamente cambia radicalmente. “La scienza alimentare è nel pieno di una rivoluzione senza precedenti” afferma eccitato Jozef Kokini, direttore del Center for Advanced Food Technology di New Jersey. L’era nanotecnogenetica annuncia radicali cambiamenti: il cibo diventa modulare, astratto e accessoriato di funzioni o optional che trascendono il modello base previsto dalla “creazione”. Per esempio il nutrizionismo genetico che studia le possibili interazioni dei cibi con i geni di ciascuno e che promette screening personalizzati e universali per sapere cosa e bene mangiare o evitare. Oppure la nanotecnologia spinta che almeno in teoria consente di riprodurre “artificialmente” qualunque alimento, anche una bistecca, ricavata dagli atomi di idrogeno, ossigeno e carbonio. La manipolazione passa da macro a micro a nano. La produzione di cibo come gioco molecolare, da montare e ri-smontare. Simbolicamente Legorientend. Fino ad arrivare all’immortalità del prodotto alimentare. Cibo senza scadenza. Già in fase di studio per lo Space Center di Houston. Cos’altro ci riserva il futuro? Il McRobot, un robot di AccuTemp già ai fornelli di alcuni fast food in sostituzione dei più costosi e lenti concorrenti umani. Packaging, come quello sviluppato dalla Kraft, dotato di nanosensori che analizzano il contenuto e danno l’allarme quando il prodotto non è più commestibile. Brain power food, prevention food, show food come i futuri cibi interattivi e d’intrattenimento. Dal cono pizza al risotto da passeggio fino alla radicale estetizzazione del cibo, oramai polisensoriale e mediatico, tutto già rimanda al termine di gastronauta, avventure nello spazio alimentare senza più confini. Rimane un dubbio. Il consumatore accetterà questa invasione del cibo alieno o si rifugerà nei presidi e oasi protette di Slow Food. Radical size Nulla ha successo come l’eccesso. I consumatori americani fanno la coda per ammirare e assaggiare il nuovo Monsterburger di Hardee’s: mezzo chilo di carne trita, quattro strisce di bacon, tre sottilette più maionese e liquami vari. Oltre 1.500 calorie. Al confronto il Big Mac con le sue 590 calorie sembra uno stuzzichino anoressico 10e11n 15-02-2005 16:15 Pagina 10 10 nextfuture retail update Radical cheap Convenienze estreme Immaginate di aprire una videoteca. Immaginate di aprirla proprio a fianco a Blockbuster. Immaginate di praticare prezzi estremamente bassi. Immaginate di chiamare il negozio Blockbastard, prezzi bastardi che segano le gambe alla concorrenza. Immaginate che ogni volta che lui abbassa i prezzi voi li abbassate di più, così, giusto per il gusto della sfida. Benvenuti nel club del radical cheap. Ma attenzione. Non è solo questione di abbassare i prezzi ma di alzare il tiro. Chi è radicale non guarda in faccia nessuno. Va dritto per la sua strada e alla radice del problema. Simbolicamente un caso educativo è quello del superconveniente latte in polvere per lattanti a marchio Coop: 9 euro anziché 37 euro, cifra media praticata in Italia. Certo ha le spalle grosse, ma sfidare i signori del latte che fanno cartello è comunque una scelta radicale, tra l’altro ampiamente ripagata dal clamoroso successo ottenuto sia come vendita (le confezioni sono andate letteralmente a ruba in poche settimane lasciando scaffali e magazzini desolatamente vuoti) sia come posizionamento “consumeristico”. Quello delle sfide estreme sarà un grande tema del futuro. L’Asia e in particolare la Cina dettano le regole della nuova competizione senza frontiere e radici nazionali. Recentemente anche de’Longhi si è fatto “condizionare” dal radical cheap: taglia la produzione in Veneto e apre in Cina. È solo uno degli ultimi o dei primi di un nutrito gruppo di valigie pronte che in futuro potrebbe riempire un intero elenco telefonico. E mentre in Italia cadono le ultime barriere di protezione sul tessile i mega brand si interrogano sul loro futuro. Sono tempi duri per le grandi marche. Utili in calo per Unilever, Colgate-Palmolive, Henkel e Beiersdorf nel vecchio continente, tanto per fare alcuni esempi. Anche per loro la nuova sfida sta “nell’estremo Oriente”. Unilever fa affari in India con detersivi low price mentre Ericsson e Nokia in Asia con telefonini “primo prezzo”. Resta da chiedersi cosa vendere in futuro ai nuovi miserabili delle vecchie potenze industriali. Ma questa è un’altra sfida. Sfide estreme Ha ridotto in polvere il prezzo del latte 01 10e11n 15-02-2005 16:15 Pagina 11 nextfuture 11 Cosa propone il mercato, o meglio l’operatore ex medio? Per esempio l’abbonamento di un anno all’Espresso a soli 39 euro (73% di sconto). E poi? Ferrovie low cost Milano-Roma con 9 euro (www.trenok.com), distributori automatici di libri a un euro (Sukultur, Germania), bare vendute sottoprezzo nella catena di supermercati Usa Costco (60% di sconto), lettori Dvd a 30 euro (Expert in Italia) e addirittura negozi che mettono in gioco il prezzo: a Milano da Visconti si può puntare l’intero importo del conto alla slot machine: se escono tre stelle si porta a casa tutto a gratis. E poi cos’altro ancora? Proposte di lavoro estreme o meglio oscene. Lavorare come dei muli (precari) per un tozzo di pane. E non è la solita lagna di qualche estremista di sinistra o anche di destra ma uno scenario recentemente tracciato da Franz Josef Radermacher, futurologo dell’università di Ulm. La sua sintesi “o il mondo si dà una calmata e diventa armonicamente ecosociale oppure si va verso una fatale radicalizzazione del mercato globale con conseguente boom del cheap jobbing, lavorare sottocosto”. Scenari estremi, non c’è che dire. Non stupisce quindi che anche in Italia tutti corrono ai ripari poiché è chiaro che l’era del costa meno trasformerà radicalmente il commercio. Ma quanto hanno deriso e snobbato i profeti della discountizzazione che da trent’anni predicano il low cost come modello del futuro. Dunque tutti a ripetizione da Aldi. Lezione numero 1: “il nostro vantaggio competitivo deve essere preservato applicando le leggi dell’economia nella loro forma più estrema”. Questa l’unica massima messa per iscritto dal colosso tedesco. Le altre lezioni sono disponibili nel libro Bare Essentials di Dieter Brandles oppure ne “In Rilievo” pubblicato su GDOWEEK n° 321. Un modello radicale da studiare e tenere (o temere) a mente. Cosa chiede il mercato o meglio il consumatore ex medio? Per esempio di accorciare radicalmente la filiera. Come il Ciclo Corto, uno dei tanti nuovi gruppi d’acquisto (GAS) appena nati. Iniziative, aggregazioni e sigle che testimoniano quanto sia sentita la voglia di cercare canali radicalmente alternativi per acquistare all’ingrosso o direttamente dai produttori o contadini di fiducia. Se ne accorta anche la “politica”: il comune di Padova ha deciso di mettere a disposizione dei gruppi d’acquisto una piattaforma logistica per lo stoccaggio e la distribuzione di carne, olio e tutto quanto le famiglie reperiscono in giro per l’Italia, facendo arrivare in alcuni casi caffè e cacao direttamente dal sudamerica, e anche la capitale ha in cantiere un progetto analogo. E poi? Prezzo trasparente, alla sorgente. Insomma alla radice. I consumatori evoluti vogliono sapere quanti soldi vanno nelle tasche di chi produce creando magari una proficua alleanza. Fenomeni irrilevanti da liquidare sbuffando come ha fatto il presidente del Confcommercio Billè durante uno speciale sui consumi alla trasmissione “Porta a Porta” di Bruno Vespa, o segnali sommersi ma chiari di una radicale volontà di cambiamento da parte del cittadino? Una cosa è certa: mai a Milano si era vista in passato una tale ressa di famiglie, anziani e giovani il sabato mattina ai cancelli dell’ortomercato. E poi cos’altro ancora? Trovare il prezzo migliore per qualunque articolo e magari pure con comparazioni in tempo reale mentre si passeggia con il carrello fra gli scaffali. Radicale utopia? Non negli Stati Uniti dove Scanbuy ha lanciato un servizio di comparazione prezzi instant via Sms: al consumatore basta fotografare con il telefonino il barcode del prodotti, inviare il messaggio e attendere l’Sms con l’elenco delle migliori offerte. Ovviamente questi piccoli esempi sono solo la punta dell’iceberg. Ma il trend è chiaro. Il bisogno, ma anche il desiderio, di prezzi bassi non sono fenomeni congiunturali passeggeri ma un riflesso condizionato oramai radicato nel DNA del consumatore postconsumista che pretende prodotti freschi, sicuri, convenienti e convenience. Risvolto per il retail? Aspettative esagerate non facili da soddisfare. 02 Offerte estreme Domande estreme 03 12e13n 15-02-2005 16:22 Pagina 12 12 nextfuture societ y update Radical items Esempi estremi 01_Radical Pil Se vado contro un muro e sfascio la macchina, il pil sale. Nei paesi devastati dallo tsunami, il pil salirà. Il pil è solo spazzatura? Dati Eurispes alla mano uno cosa è certa: nel 2000-2003 la produzione della spazzatura è salita del 3,8%, quella del pil solo del 2,4. 02_Radical life Riflessioni del consumatore sotto assedio: rischio tutto e mi indebito fino al collo e pago la prima rata nel luglio 2006, se mi va bene nel frattempo il retailer fallisce, e non pago il debito, se mi va male e fallisco io, non pago comunque il debito. Al limite faccio una scelta radicale: mi sparo. 03_Radical flop Dalle stelle alle stalle. Lo Space Park di Brema, il più grande retailtainment center coperto d’Europa, è prossimo al fallimento. Ma anche i presunti innovatori non se la passano bene. Un dato su cui riflettere: solo in Germania vengono messi ogni anno sugli scaffali 30 mila nuovi prodotti, di cui due terzi spariscono velocemente senza lasciare traccia. Per le imprese il business è diventato un aut aut. O si emerge o si sprofonda. Rimanere semplicemente a galla non è più possibile. 04_Radical solutions Risolvere le questioni alla radice. Per milioni di uomini in tutto il mondo non c’è tortura peggiore che accompagnare la moglie, fidanzata o amante a fare shopping? La trovata della catena Marks&Spencer: angoli relax con divani e tv sintonizzata sui canali di sport, giochini elettronici, birra e patatine a volontà, gratis per giunta. I cinesi non consumano abbastanza? La trovata del governo di Pechino: Jiari Jingji, espressione impronunciabile che significa “liberi di consumare”. Tre volte all’anno i cinesi ricevono in omaggio una settimana di ferie. L’invito perentorio: fare shopping o spendere i soldi in viaggi. 05_Radical non sense Una casalinga americana compra una confezione di caffè e la trova colma di burro di arachidi. Mentre il proprietario del marchio, non sa spiegarsi l’accaduto la signora Mary dichiara che Maxwell House rimane comunque la sua marca preferita. Altro che acquabomber. 06_Radical outsourcing Allontanare è l’unico modo per restare competitivi, giurano i delocalizzatori radicali. Trasferire tutto fuori, altrove e mantenere poche funzioni strategiche, magari ricerca e design. Outsourcing come diktat aziendale e categoria esistenziale, dei consumatori futuri. Educazione dei figli, gestione della casa e degli anziani, salute personale, cura delle piante, matrimonio, sempre più aspetti nella sfera della vita privata vengono trasferiti a terzi, almeno all’estero. E se ci pensiamo bene anche la tanto decantata adozione a distanza altro non è che solidarietà data in outsourcing. 12e13n 15-02-2005 16:22 Pagina 13 nextfuture 13 10_Radical church Ovvero: quando la chiesa è contro la spesa. Chiaramente solo in Usa poteva nascere la church of stop shopping. Le intemperanze demagogiche del reverendo Billy che gira per gli Stati Uniti con tanto di coro gospel scagliando anatemi contro McDonald’s, Starbuck’s, Wal-Mart e il consumismo in generale possono anche far ridere. Però, che seguito. Almeno a giudicare dal sito revbilly.com. 07_Radical promotion Rivolto alle catene della grande distribuzione, agli ipermercati o ai piccoli retailer; espropriproletari.com propone vere e proprie invasioni sul punto vendita con sottrazione merce, volantinaggio, megafonate sul caro vita e la presenza di veri leader no-global. 08_Radical beauty Applicazioni cosmetiche trans-cutanee istantanee come il nuovo Botoina, crociere di chirurgia estetica nel mare dei caraibi, reality show o meglio beauty show come The Swan “finalmente belli” o il format di MTV “I want a famous face” che si spinge oltre e trasforma i partecipanti, dopo numerose operazioni, nei loro idoli, per esempio faccia e seno di Pamela Anderson. Un trend che ha già generato un controtrend. Il brand Dove ha lanciato un fondo per l’austostima e manifesto per la bellezza autentica. 09_Radical consumer L’Istat afferma che i salari crescono più dell’inflazione? Allora l’Intesa Consumatori insorge. La comunità scientifica afferma che l’obesità causa 400 mila decessi ogni anno? Allora The Center For Consumer Freedom parte all’attacco con un contro dossier che smentisce tutti i dati. Gli schermi tv sono una presenza sempre più invadente nelle sale attesa, bar, ristoranti e negozi? Allora se non bastano le proteste si passa alle via di fatto con il nuovo Tv-B-Gone, un minuscolo telecomando che spegne qualsiasi televisore diffuso sul mercato. 11_Radical marketing Radical Marketing e Radical Brand. Due libri della fine degli anni novanta. L’inizio delle ostilità. Guerilla marketing, trojan marketing, psicogeomarketing, spy marketing, terrorismo pubblicitario e soprattutto neuromarketing, la nuova scienza per impossessarsi del cervello del consumatore. Un trend di cui in Italia si discute troppo poco. E a torto, poiché all’estero le grandi multinazionali sono entusiaste e creano alleanze con psicologi, medici e scienziati. Motto futuro: con i neuroni si fanno i milioni. 12_Radical fusion Il fusion, un trend già ampiamente affermato, si radicalizza. In due sensi. I retailer sperimentano continuamente nuove contaminazioni - una delle ultime viste, Cleanicum, lavanderia self service con internet cafe e happy hour - le persone attendono rassegnate o gasate la fusione fra uomo e macchina. “Il mio computer è parte integrante del mio io” racconta con innocenza un bambino di 10 anni. Non è un caso se Bill Gates investe così tanto nella bioinformatica. 13_Radical imitation È l’era delle imitazioni estremamente identiche o per dirla con un titolo della rivista Fortune “imitation follows innovation”. La Cina copia praticamente tutto compreso il marchio CE con la scusa che si tratta di una innocua abbreviazione per Cina Export. Geniale. Le imprese hanno un bel da fare per educare i consumatori a distinguere il falso dall’originale e soprattutto a preferirlo (i quotidiani sono pieni di inserzioni in quel senso). 14_Radical products L’orsacchiotto Crazy for You in camicia di forza con tanto di mandato di ricovero in ospedale psichiatrico ha sollevato un putiferio negli Stati Uniti: richieste di ritiro dal mercato sono giunte dai legislatori dello stato del Vermont (sede dell’azienda), dal governatore, dall’ambiente medico e dalle associazioni dei malati mentali. 14e15n 15-02-2005 16:28 Pagina 14 14 nextfuture strategy update Radical Risk Eventi estremi Paure estreme. C’è una grande voglia di apocalisse, temuta o sperata. L’apocalittica trilogia di Oriana Fallaci ha venduto complessivamente più di tre milioni di copie in un paese che notoriamente legge poco. L’establishment culturale snobba il fenomeno e la scrittrice ma il popolo pende dalla sue labbra e invettive catastrofiche. Eurispes, Censis o Doxa, tutti sono concordi nel rilevare che gli italiani temono il futuro. Futuri consumatori schizofrenici e psicopatici? Cure estreme. Controindicazioni: in soggetti predisposti provoca mortalità. È questo quello che leggeremo in futuro sui fogli illustrativi dei medicinali? I segnali non mancano. Se confermata, la strage del Vioxx, il farmaco killer che secondo le rilevazioni della rivista Lancet e l’accusa della Food and Drug Administration ha ucciso oltre centomila pazienti, potrebbe fare concorrenza allo tsunami. Per l’azienda incriminata la strategia “chi non risica non rosica” si è trasformata in un boomerang, o in una Wild Card che sbanca il tavolo da gioco. Rischi estremi. Bomba atomica, bomba demografica, bomba dell’informazione e ora bomba genetica. Nei laboratori di mezzo mondo si lavora a clonazioni, ibridazioni e nuove manipolazioni. Ogni scienza crea nuovi incidenti potenziali. E sempre stato così. Inventando l’auto l’uomo ha inventato gli incidenti stradali. Niente di male. Ogni scelta ha un prezzo. Ma la differenza, fa notare uno studio della McKinsey, è che oggi troppo bolle in pentola e non certo a fuoco lento. E la fretta, si sa, aumenta il fattore rischio, enormemente. Basta un piccolo seme dal comportamento bizzarro a scatenare una reazione a catena o effetto domino sulla catena alimentare. Imprese, assicurazioni, ri-assicurazioni. Alla fine qualcuno rimarrà con il cerino in mano. Dubbi estremi. E cosa succede se il frigorifero intelligente anziché ordinare due birre ne ordina duemila? Chi si prende la responsabilità? Il retailer, il produttore, il softwarista, il dipendente che ha evaso l’ordine o il consumatore non ancora avvezzo con le future diavolerie tecnologiche? Sicurezze estreme. Gli eventi catastrofici degli ultimi anni rimettono in discussione certezze e scatenano paure. Tutti pretendono ansiosamente una totale sicurezza e basta un niente per finire nei guai. Storico il caso di una vecchietta americana di 81anni che ha ottenuto al processo contro la McDonald’s quasi 3 milioni di dollari come risarcimento per essersi ustionata le mani con un caffè troppo bollente. Garantire la totale sicurezza, proteggere la privacy, blindare l’esistenza, vendere tranquillità, ecco cosa offrire al futuro consumatore a caccia di certezze. Divieti estremi. “Caschi obbligatori su tutti i mezzi, cinture di sicurezze, niente sigarette, niente droghe, niente alcol, niente merendine grasse, vivremo più a lungo ma ci romperemo le scatole in modo impressionante”, gridano “le iene” dagli schermi di Italia 1. La morsa si fa sentire, anche per le aziende. La Svezia ha vietato gli spot pubblicitari di merendine per i piccolissimi, la Francia vuole vietare i distributori di merendine nelle scuole, Genova vieta i pesci rossi in premio nei luna park, il ministro Sirchia medita campagne con relativi divieti anti obesità. Ma gli estremismi possono assumere anche contorni umoristici - il presidente bielorusso Lukascenko ha deciso di vietare l’esportazione delle top model, definendo le bellezze locali risorsa strategica nazionale sottoposta a tutela commerciale. Prossima tappa: vietare il futuro ai minori. Libertà estreme. In Libertaria tutto è permesso. Secondo Tyler Brulé, opinionista di spicco del Financial Times, il futuro appartiene alla nazioni radicalmente libere dove niente è vietato o regolato. Qualche esempio? Nessun limite di velocità per le automobili, neanche nei centri abitati, nessun piano regolatore, che ognuno costruisca come li va a genio e il commercio ovviamente iperliberista. Molto radical Far West. Natura estrema. Quando la natura passa al terrorismo sono guai seri con effetti devastanti anche sulle imprese. Tsunami retail. Il recente disastro in Sud Asia ha costretto alcune compagnie a ridefinire drasticamente le proprie strategie di marketing. È il caso della Pepsi&Co che ha sospeso il nuovo spot con David Beckam e altri calciatori ambientato tra grandi onde in uno scenario surf o della Toyota canadese che ha reso noto il cambio di nome del nuovo modello che stava per essere lanciato sul mercato: anziché Celica Tsunami l’auto si chiamerà più semplicemente Celica Sports Package. Ben poco da fare invece per l’agenzia hawaiana TsunamiMarketing. I rischi del mestiere. 14e15n 15-02-2005 16:28 Pagina 15 nextfuture 15 W.C. Wild Cards Facile scaricare le responsabilità. Meno facile non sprofondare. Chernobyl 1986, crollo del muro di Berlino, 11 settembre, Sars, kamikaze, scontro di civiltà, catastrofi climatiche, Tsunami, innovazioni improvvisamente impazzite, la stessa globalizzazione e no globalizzazione. Una volta si chiamavano variabili esogene oggi, che il progresso vertiginoso rende tutto possibile ma anche rischiosamente imprevedibile, semplicemente wild cards, Un’espressione meno elegante ma che rende bene l’idea: rischi fantomatici, imprevisti mutanti del business aziendale. Terremoti che scuotono il futuro e che cambiano radicalmente la nostra percezione della realtà e le aspettative (anche dei consumatori) per il domani. Nessuna impresa può più permettersi di restare dietro la porta ad aspettare. Quando una wild card bussa è già troppo tardi per barricarsi in casa. Meglio stare alla finestra a scrutare. Tracciare scenari estremi e allenarsi alla reattività non sono più un lusso esclusivo della grandi multinazionali ma un bisogno primario per sopravvivere in un mondo che cambia 01 cover e quartanew 15-02-2005 15:50 Pagina 1 OSSERVATORIO INTERNAZIONALE SULLE TENDENZE DEL RETAIL E DEI CONSUMI 2020_Nascono le prime iniziative di solidarietà per salvare i commercianti in crisi “Il futuro è già scritto. Leggetelo in anteprima” Firmato