gli impressionisti: edouard manet e claude monet

Transcript

gli impressionisti: edouard manet e claude monet
UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ
fondata dal Lions Club di Cinisello Balsamo
patrocinata dal Comune
ANNO ACCADEMICO 2016/2017
Corso
L'EUROPA NELLA SECONDA
META' DELL'800
GLI IMPRESSIONISTI:
EDOUARD MANET E CLAUDE MONET
Docente: Giuseppina Roberto Indovina
Lezione del 28 novembre 2016
1
Gli Impressionisti
Ogni epoca ha avuto la sua città simbolo: quello che fu Firenze per il Rinascimento, Roma
per il 600, Venezia per il 700, lo è Parigi nella seconda metà dell’800.
Dopo il colpo di stato del 1851, Napoleone III promuove il piano urbanistico del Barone
Eugène Haussman che cancella interi quartieri e trasforma Parigi in una moderna
metropoli con ampi boulevard ed enormi piazze, dove si affacciano caffè e locali lussuosi,
punto d’incontro di tutta la gioventù “bene” della capitale.
E’ pur vero che la guerra contro la Prussia del 1870, l’abdicazione dell’Imperatore, la
Terza Repubblica e l’insurrezione della Comune, con la dura repressione che ne
consegue, mettono in seria difficoltà la città. Ma è solo una crisi passeggera; in pochi mesi
gli affari ricominciano a prosperare e la ricca borghesia ritorna al lavoro senza rinunciare a
distrazioni e divertimenti.
Nel campo artistico si attua una svolta radicale nella storia della pittura per opera di un
gruppo di giovani artisti desiderosi di staccarsi dai canoni accademici per ritrarre la società
contemporanea e dedicarsi ad una pittura all’aria aperta realizzata, cioè, direttamente a
contatto con la natura. Sono giovani di diversa estrazione sociale e culturale che
s’incontrano alle mostre o visitando i rispettivi atelier. Nel 1874, stanchi di essere rifiutati
dai salon ufficiali, tengono la prima delle loro esposizioni presso lo studio del fotografo
Nadar come Société Anonyme des Artistes. La mostra non ottiene grandi consensi,
tanto che il critico Louis Leroy, prendendo spunto da un quadro di Monet, li battezza
Impressionisti dando a questo appellativo un significato chiaramente dispregiativo.
Il gruppo è omogeneo solo in apparenza: ognuno di loro, pur rispettando le regole di base,
sviluppa una pittura originale e autonoma. Li accomuna la carica eversiva contro i canoni
della pittura tradizionale, la tecnica en plein air e l’uso rivoluzionario dei colori.
Più che sulla prospettiva, gli impressionisti concentrano il loro interesse sulle variazioni
della luce e del colore, e, alla composizione creata dal disegno, sostituiscono il senso del
ritmo ottenuto dai contrasti e dagli accostamenti dei colori puri.
Cambia pure il ruolo sociale del pittore, non più legato alle committenze, ma libero di
esprimere sulla tela le proprie idee pittoriche: da artigiano alle dipendenze dei potenti,
diventa artista.
Non poter contare su guadagni certi comporta, però, la difficoltà a piazzare le proprie
opere e la sensazione di rimanere sempre in balia degli umori del pubblico e della critica.
In questo contesto acquista un ruolo importante la figura del Mercante D’Arte che tiene i
contatti con gli artisti, ma soprattutto con i critici e con la numerosa clientela fatta
soprattutto di personaggi della ricca borghesia Francese, Europea, e, con l’apertura dei
mercati d’oltre oceano, anche Americana.
Uno dei più fervidi sostenitori del movimento impressionista è il mercante d’arte Paul
Duran Ruel proprietario col padre di un negozio d’arte specializzato in arte moderna Egli
fra il 1891 e il 1921 compra circa 12.000 opere di pittori impressionisti e per molti anni è il
solo a sostenere e far conoscere la loro pittura.
2
EDOUARD MANET
Sebbene sia considerato il precursore dei pittori impressionisti, Manet non ha nulla del
carattere sovversivo e dirompente degli altri componenti del gruppo, anzi, durante tutta la
sua vita, cercherà sempre l’approvazione della giuria del Salon e non parteciperà mai
ufficialmente alle mostre collettive dei suoi colleghi.
Con la sua pittura intrisa di tradizione e rispettosa del passato aspira sempre ad avere i
consensi del pubblico e della critica. Ma, pur non volendo, con il suo modo di dipingere,
provoca scandalo e mette in atto un totale rinnovamento che sarà alla base di tutta la
pittura moderna.
Manet nasce a Parigi il 23 gennaio 1832; la sua sarà un’educazione classica come si
conviene ad un rampollo dell’alta aristocrazia parigina: il padre, infatti, è magistrato e la
madre figlia di un diplomatico. Ben presto, però, il giovane Edouard, manifesta il desiderio
di dedicarsi agli studi artistici.
Fortemente ostacolato dalla famiglia, dopo un tentativo fallito di entrare all’Accademia
Navale, s’imbarca come mozzo in una nave da crociera per Rio de Janeiro.
Al suo rientro la famiglia gli permette di frequentare lo studio di Thomas Couture, un pittore
neo-classico molto caro all’Accademia e a Napoleone III. Qui Manet rimane sei anni
mantenendo però un atteggiamento molto critico nei riguardi della pittura del maestro.
Durante questo periodo fa dei viaggi di studio in Europa alla ricerca dei grandi maestri
della pittura del Rinascimento. Nel 52 è in Olanda, dove ha modo di ammirare i capolavori
dei pittori fiamminghi, Rembrandt in particolare, poi a Vienna dove è colpito dallo stile
pittorico semplice e incisivo di Velasquez, e, per finire, in Italia, affascinato dal colorismo
dei pittori veneti e dal realismo della pittura di Caravaggio. Passa intere giornate nei musei
copiando da vicino le opere dei grandi pittori cercando di carpirne i segreti.
Nel 1856 abbandona l’atelier di Couture, e, dietro l’esempio di Courbet e dei paesaggisti
della “scuola di Barbizon”, decide di dedicarsi a un tipo di pittura verista più aderente alla
realtà del suo tempo. Presenta al Salon diverse opere di soggetto spagnolo, anche per
compiacere Napoleone III che ha da poco sposato una bellezza iberica.
Soltanto nel 1861 viene accettata la sua prima opera: “Il guitarrero” per la quale Manet
ottiene dai critici del Salon una menzione d’onore.
L’opera è bene accolta non solo dalla critica e dal pubblico, ma, anche da parte di giovani
pittori realisti che comprendono subito l’importanza innovativa della tela.
L’immagine, sebbene semplice, ha un forte impatto scenico ottenuto dalla soppressione
del chiaro-scuro tradizionale a favore di un accostamento di colori puri in forte contrasto
tra loro. Spicca il bianco della bandana e della camicia in netto contrasto col nero, colore
che con Manet riconquista la sua valenza pittorica. C’è qui, come in molte altre opere di
Manet, un richiamo alla pittura di Francisco Goya che egli aveva avuto modo di ammirare
nelle sale del Louvre.
L’anno dopo, nel 1862, incontra Victorine Meurent, una modesta pittrice, che diventa
subito, oltre che la sua amante, la modella ispiratrice per alcune opere di soggetto
spagnolo. “Lola di Valencia” presentato al Salon del 1862 è rifiutato; il dipinto non piace
alla giuria per la poca attenzione ai particolari, resi in modo confuso, e per l’espressione
arcigna della ballerina. (Anche qui è evidente il richiamo, nella posa, al ritratto della
3
Duchessa d’Alba di Goya). Pur tuttavia il quadro, esposto nel 63 in una galleria privata,
ottiene successo di pubblico e consensi da quella parte della critica più aperta alle
Innovazioni.
“Musica alle Touleries” dello stesso anno consacra Manet pittore della vita parigina. Le
Jardin des Touleries è un luogo di ritrovo e divertimento per i giovani della ricca borghesia
cittadina;
Monet nel quadro ritrae oltre che se stesso, il fratello Eugène, il pittore Fantin La Tour e
molti personaggi noti del tempo tra cui il musicista Offenbach e il poeta Charles Baudelaire
che gli aveva da poco dedicato un saggio abbastanza lusinghiero. La rappresentazione
dei borghesi dell’epoca occupati nei loro rituali è, per l’artista, solo un pretesto per potersi
concentrare sull’effetto dei colori sulle forme: dai cilindri degli uomini, ai cappellini delle
dame, ai vestiti delle bambine in primo piano. Nella tela non c’è cura nella descrizione dei
particolari ma l’effetto d’insieme è realistico e ben riuscito.
Il Salon del 63 rifiuta “Musica alle Touleries” insieme a circa 3000 opere di pittori più o
meno noti del tempo. La cosa desta grande scalpore tanto che lo stesso imperatore,
Napoleone III, decreta l’apertura di un’esposizione, parallela a quella ufficiale, destinata a
ospitare le opere escluse dalle esposizioni ufficiali: Le Salon des Refusés appunto.
Qui Manet espone un dipinto che desterà un unanime coro di disapprovazione, ma che
sarà destinato a diventare uno dei dipinti più rivoluzionari dell’epoca moderna: “Le
Déjeuner sur l’herbe”.
Il quadro scuote il perbenismo ipocrita della borghesia del tempo per la rappresentazione
di un nudo di donna in un contesto moderno, senza cioè alcun riferimento simbolico o
mitologico volto a giustificarlo. Lo stesso Imperatore lo ritiene indecoroso. Così,
improvvisamente e suo malgrado, Manet conquista la fama di pittore sovversivo e
provocatorio e diventa il pittore più discusso e famoso di tutta Parigi.
Nella composizione l’opera si rifà a Raffaello (Il giudizio di Paride) e ai grandi pittori veneti
del 500’ (Concerto campestre di Tiziano - La tempesta di Giorgione) ma, il realismo
dell’immagine toglie ogni riferimento storico o simbolico alla scena e il nudo in primo piano
è ironico e sfrontato; anzi, agli occhi dei benpensanti, I ‘evidente riferimento classico rende
la pittura ancora più dissacrante.
“Le déjeuner sur l’herbe” rappresenta una svolta verso la pittura impressionista non solo
per il tema e l’ambientazione moderna ma anche per la tecnica innovativa. Sono aboliti i
mezzi toni, e, le tinte, si accostano con una forte rilevanza della luce, luce che accarezza il
corpo della ragazza svestita mettendo in risalto il rosa perlaceo della carnagione. In basso
a sinistra un cesto di frutta abbandonato accanto agli abiti della donna rivela un particolare
gusto raffinato nella descrizione delle nature morte.
Ancora una volta nel 65, Manet, sconvolge l’opinione pubblica con il dipinto “Olympia”
attirando su di se aspre critiche anche da parte di coloro che fino ad ora l’hanno sostenuto
Il quadro, pur rifacendosi chiaramente a modelli classici (la Venere di Tiziano e la Maja
Desnuda di Goya) non ha nulla di idilliaco o misterioso. Qui una giovane e procace
prostituta in chiara attesa di un prossimo cliente, si offre allo sguardo dell’osservatore
distesa su un letto disfatto con accanto un mazzo di fiori offerto da una domestica di
colore. Nel buio dello sfondo la figura inquietante di un gatto nero.
Oltre che l’evidente provocazione si contesta anche la tecnica pittorica troppo cruda e
realistica resa attraverso una stesura di colori forti e contrastanti accostati tra loro. Ma è
proprio quest’accostamento di colori raffinati la caratteristica che fa di questo quadro un
capolavoro.
4
Lo scandalo suscitato è così enorme che, l’anno dopo, il Salon rifiuta, senza appello, due
opere di Manet che di scandaloso non hanno proprio nulla. Una delle due, “Le fifre”,
rappresenta, un giovanetto in divisa di guardia nazionale, intento a suonare il piffero. Qui il
disegno risente dell’influenza delle stampe giapponesi molto attuali nella Parigi della
seconda metà dell’800; stampe di cui lo stesso Manet possedeva una preziosa collezione.
Togliendo ogni linea di separazione tra lo sfondo e il piano del terreno egli riporta in primo
piano il soggetto rappresentato senza vincoli di prospettiva e quindi di tridimensionalità.
Inoltre, eliminando ogni dettaglio, la figura, piatta e chiusa nel contorno nero, contro un
fondale neutro e vuoto, diventa soltanto materia pittorica con tocchi di colore puro
accostati ad altri di tono contrastante.
Manet utilizza lo stesso procedimento in un altro dipinto realizzato l’anno seguente:
“L’esecuzione dell’Imperatore Massimiliano”. Nonostante l’argomento sia di grande
attualità, il quadro non ottiene il permesso di essere esposto da parte di Napoleone, il
quale, avendo coinvolto la Germania nell’invasione del Messico contro il parere della
borghesia francese, teme delle ritorsioni.
L’impianto compositivo richiama chiaramente “Le esecuzioni del 3 maggio” di Goya ma qui
manca totalmente la tragicità dell’evento e la partecipazione emotiva che si riscontra
nell’opera dell’artista spagnolo. Infatti, Manet, sebbene abbia anche lui contestato
fortemente la decisione dell’Imperatore, non fa un’opera di condanna, non trapela, infatti,
nel quadro alcun coinvolgimento da parte dell’artista che sembra essere interessato solo
al soggetto pittorico rappresentato. Al centro un gruppo di soldati esegue, senza molta
attenzione, la condanna mentre uno di essi cerca di verificare la sua arma inceppata. Il
verde del paesaggio smorza la solennità del momento e la folla, che richiama ancora una
volta le figure di Goya, sembra assistere più a un’esercitazione bellica che ad
un’esecuzione. Anche qui l’accostamento del blu delle divise con tocchi di bianco e rosso
rende vibrante ed estremamente moderna la composizione pittorica.
Nonostante la condanna della critica tradizionale, Manet ottiene consensi non solo da
parte di esponenti importanti della cultura come Emile Zola e Charles Baudelaire, ma
anche da un gruppo di giovani artisti che poi costituiranno il nucleo degli Impressionisti.
Essi vedranno in lui il loro caposcuola per il suo modo di dipingere poco rispettoso delle
regole accademiche, per l’uso dei colori puri, per la scelta dei soggetti sempre desunti
dalla vita reale, per la tecnica pittorica innovativa e non per ultimo per la predilezione di
una pittura en plein air che Manet, in effetti, non pratica ma che l’ambientazione delle sue
opere suggerisce.
Manet stringe sinceri legami di amicizia con Renoir e Monet, e partecipa spesso a sessioni
pittoriche all’aperto, sinceramente colpito dalla semplicità e spontaneità della loro pittura.
Pur tuttavia egli non prenderà mai parte alle esposizioni degli amici impressionisti sempre
desideroso di compiacere la critica ufficiale.
Le ripetute bocciature non fanno che accrescere la curiosità su Manet: Il ricco mercante
Paul Durand–Rouel acquista un numero considerevole di sue opere destinate ai nuovi
collezionisti americani. Muore Charles Baudelaire e la sua amicizia con Zola diventa più
solida e profonda cementata da un comune desiderio di rinnovamento dell’arte e della
cultura. Nel 1868 esegue il bellissimo “Ritratto di Zola”. Lo scrittore è seduto nel suo
studio in atteggiamento pensieroso, circondato da tutti quegli oggetti che hanno contribuito
alla formazione culturale dei due amici: volumi di letteratura e filosofia, un quadro di
Velasquez, stampe giapponesi, l’Olimpia e a destra, in azzurro, lo studio critico che Zola
ha pubblicato in difesa della pittura di Manet. Il quadro è ben curato e ricco di particolari.
Bellissimo il volto dello scrittore che risalta su un fondale piatto e scuro. La mancanza di
5
prospettiva del quadro, l’accostamento di colori puri stesi a macchia non convincono pur
tuttavia i critici del Salon, che rifiutano di esporre l’opera.
Del 68 è pure “Colazione nell’atelier”. una delle opere meglio costruite e curate di
Manet: e molto armoniosa nella distribuzione della luce e dei colori. Al centro la figura del
figlio, Leon, ritratto in una posa poco convenzionale con una giacca nera e cappello. Nello
sfondo neutro riempiono lo spazio la figura della serva e del bevitore. Alla strana natura
morta della sinistra si contrappongono i resti del pasto sulla destra con il bellissimo decoro
della tovaglia.
Il periodo dal 1868 al 1874 è uno dei periodi più fertili e produttivi dell’arte di Manet.
Modella e musa ispiratrice è Berte Morisot una giovane pittrice impressionista con cui
Manet stringerà una profonda amicizia. Manet ritrae Berthe in moltissimi quadri tra cui: “Il
riposo”, “Dama con un mazzo di violette”, e soprattutto ne “Il balcone”.
In quest’ultima opera l’impostazione pittorica si rifà al quadro di Goya “Majas al balcone”,
anche se qui non c’è alcuna complicità e armonia nel gruppo. Ciascuna figura è autonoma
e assorta nei propri pensieri. Manet ritrae i personaggi dietro una ringhiera verde acido,
colore ripreso nelle persiane aperte e nelle decorazioni del vaso di Ortensie sulla sinistra.
Il bianco vaporoso dei vestiti delle donne rende forte il contrasto con lo sfondo scuro e il
nero deciso della giacca dell’uomo. Protagonista del quadro lo sguardo melanconico e
profondo di Berthe.
Durante l’estate del 1873 Manet si reca in Olanda con la famiglia e qui inizia a
sperimentare la pittura en plein air tanto cara ai suoi amici impressionisti. “Sulla
spiaggia” e “Le rondini” segnano il rinnovarsi del suo talento che non consiste solo nel
ritrarre una scena all’aperto ma nella stesura del colore rapida e vivace, nella luminosità
straordinaria dell’ambiente quasi privo di ombre. Le pennellate sono poco definite ma di
una sinteticità viva e vibrante con le tinte che s’insinuano l’una nell’altra riuscendo a dare
vita al quadro. Nonostante sia ormai ricco e famoso egli cerca ancora l’approvazione della
critica e dell’accademia e presenta al salon del 73 un quadro realizzato in uno stile più
classicheggiante e una stesura pittorica precisa e accurata “Le bon bock”. Il quadro
anche per il calore spontaneo e la simpatia che la figura emana è apprezzato dal pubblico
e dalla critica con insolito entusiasmo.
Egli però continua a seguire ed apprezzare il lavoro dei suoi amici impressionisti.
Nel 74 raggiunge Monet e Renoir ad Argentheuil, una località di campagna sulla Senna
dove Monet, ha attrezzato a studio un battello per dipingere in stretto contatto con la
natura. Insieme a loro Manet si dedica assiduamente allo studio delle figure all’aria aperta,
agli effetti della luce sui corpi e sui vestiti e cambia totalmente il suo modo di dipingere
realizzando delle opere che celebrano definitivamente il suo ingresso nella famiglia degli
impressionisti: (“Argentheuil”, “In barca”, “Claude Monet nel suo studio
galleggiante”).
Anche i personaggi rappresentati non sono più impeccabili dandies e affascinanti damine,
ma giovanotti sfrontati e timide ragazzotte di provincia che amano divertirsi in modo
semplice negli assolati pomeriggi domenicali; la pittura diventa illustrazione e i quadri
respirano una ventata di freschezza. Anche i colori non sono più stesi in modo uniforme,
ma vibrano di sfumature grazie alla pennellata rapida e incisiva. Le inquadrature sono
piatte e ravvicinate ma invase da una luminosità dirompente messa in risalto dal blu
dell’acqua.
Nella composizione di queste opere, inoltre, Manet si libera dai vincoli della classicità e
mette insieme i soggetti in maniera spontanea e naturale.
6
“Coppia al Père Lathuille” realizzata nel 79 riesce, con pochi tratti, a fissare la
caratteristica dei personaggi e a rendere in modo vivace l’ambientazione.
Qui c’è una divertita descrizione della psicologia dei due personaggi. La donna,
chiaramente non giovanissima, ha una posa rigida e sostenuta mentre il giovane gigolò è
spostato in avanti in atteggiamento spavaldo e confidenziale. Sullo sfondo un cameriere
guarda divertito la scena. Anche attraverso le scelte cromatiche Manet pone l’accento
sulla reticenza della donna vestita di scuro e l’esuberanza del giovane vestito di giallo.
L’ambientazione è delle più felici, ricca di toni di verdi e di marrone che danno un’idea
della luminosità del locale.
Nel 77 presenta al Salon “Nana” un delizioso dipinto che mostra una giovane prostituta
intenta a finire la sua toilette sotto lo sguardo attento dell’anziano protettore. L’opera è
rifiutata per il suo contenuto dichiaratamente indecente e provocatorio e anche per la
tecnica poco curata e di tipo impressionista. L’opera è semplice e spontanea e ritrae una
situazione ricorrente nella società del tempo. Anche l'ambientazione con il mobilio e la
carta da parati, non ha nulla di morboso o inquietante: ritrae una modesta camera, tipica
delle case di appuntamento. Manet è sempre più deciso a essere il ritrattista del proprio
tempo: ricco e famoso frequenta le donne dell’alta società sempre ai suoi piedi nella
speranza di farsi ritrarre da lui. Quando non dipinge passa gran parte delle sue giornate
nei caffè concerto e nei locali alla moda pronto a carpire ispirazione per i suoi quadri. Il
quadro “La prugna” ricorda nella posa e nell’ambientazione “La bevitrice d’assenzio” di
Degas; ma qui non c’è la desolazione e lo sguardo assente di una donna abbrutita
dall’alcool: è l’immagine dolcissima e malinconica di una ragazza persa a seguire propri
pensieri. I colori tenui e sfumati creano un’atmosfera poetica che trova riscontro nello
sguardo sognante della fanciulla.
Manet si avvicina alla tecnica del pastello consapevole di poter realizzare con i toni
lattiginosi delle sfumature di colore più raffinate impossibili da ottenere con i colori ad olio.
A pastello oltre ad una serie di ritratti (La modella del Bar delle Folies Bergère) ci lascia
una bellissima serie di nudi di donne, ricche di vibrazioni di colore vivi e naturali. Le donne
di Manet non hanno nulla di volgare o provocatorio: sono ritratte in pose spontanee di
intimità domestica e addolcite da un tocco caldo e pastoso.
Purtroppo alla fine degli anni 70 si manifestano le prime avvisaglie della malattia, la sifilide,
che finirà per ucciderlo. Manet si rende conto che il momento della fine si avvicina e si
dedica alla pittura in modo sempre più frenetico e nervoso: realizza schizzi su schizzi
mentre cerca di bere le ultime gocce di vita immerso nell’atmosfera fumosa dei caffè e
delle birrerie. Amputatagli una gamba, divorata dalla cancrena, egli troverà la forza di
completare il suo ultimo capolavoro che costituisce insieme la sintesi e il testamento
dell’opera pittorica di Manet: “Bar delle Folies-Bergère”. Dietro la cameriera dallo
sguardo melanconico, che è uno dei ritratti più intensi di Manet, si riflette l’atmosfera del
locale come in una rappresentazione lontana e falsa. Sembra che Manet voglia dirci che
tutto nella vita è il vano riflesso di qualcosa che passa e che solo la pittura può trattenere
attimi di eternità. Manet morirà a soli cinquanta anni il 30 aprile del 1883.
CLAUDE OSCAR MONET
“la mia sola virtù è di aver dipinto direttamente dalla natura tentando di
trascrivere le impressioni che producono in me i mutamenti più fugaci”
7
Queste parole, scritte da Monet poco prima di morire, sintetizzano il suo programma
pittorico cui è rimasto fedele tutta la vita. Monet è considerato l’esponente più autorevole
dei pittori impressionisti nella misura in cui essi “non rappresentano tanto il paesaggio
quanto la sensazione in loro evocata dal paesaggio stesso” (Castagnary).
Monet è il pittore del cielo, del mare, delle nuvole, dell’acqua; è il pittore della luce che dà
corpo e vita agli oggetti e che, talvolta, filtrata attraverso atmosfere vaghe e nebbiose,
diventa essa stessa architettura, albero, fiore come nelle pitture seriali delle cattedrali, dei
pioppi, delle ninfee.
Monet nasce a Parigi nel 1840 da una modesta famiglia di commercianti. Nel 1845, il
padre si trasferisce a Le Havre, un piccolo porto sulle coste atlantiche, per gestire, col
cognato, un negozio di drogheria e forniture marittime. Gli anni trascorsi a Le Havre a
contatto col mare e con la natura saranno fondamentali per lo sviluppo dell’espressione
pittorica dell’artista. Le Havre, nella seconda metà dell’800, è famosa, oltre che per le sue
bellissime spiagge, per gli stabilimenti balneari e locali alla moda frequentati dalla ricca
borghesia francese. Monet, appena quindicenne, inizia la sua carriera di pittore vendendo
ai turisti forestieri caricature eseguite a carboncino dei personaggi della politica e della
cultura del tempo. Risale a questo periodo l’amicizia con Eugène Boudin, pittore
specializzato in paesaggi marini. Boudin porta con sé Monet nelle escursioni al mare o
sugli scogli e lo induce alla pittura en plein air, un modo di dipingere assolutamente nuovo
per quei tempi. Di Boudin Monet ammira i toni chiari e diafani con cui riprende il cielo, il
mare e le nuvole e gli effetti d’immediatezza ottenuti con l’uso della biacca su un fondo
ocra chiaro.
Profondamente convinto di voler intraprendere la carriera di pittore, Monet abbandona gli
studi e, nel 1959, si reca a Parigi senza il consenso del padre che gli nega pertanto ogni
aiuto economico. A Parigi incontra pittori già famosi come Curbet e Delacroix e altri
naturalisti della scuola di Barbizon. Frequenta i locali, meta di scrittori e letterati e conosce
Charles Baudelaire e Edmond Duranty che sarà il grande sostenitore del movimento
impressionista. Richiamato alle Armi combatte in Algeria ma, ammalatosi, ritorna a Le
Havre dai suoi genitori per trascorrere la convalescenza. La famiglia, gli concede,
finalmente, di ritornare a Parigi con una piccola rendita mensile, per frequentare l’École de
Beaux-Arts.
In questo nuovo soggiorno a Parigi stringe amicizia con i pittori della nuova generazione
quali Renoir, Sisley, Pisarro e con loro divide esperienze pittoriche, alloggio, modelle e
pasti frugali. Conosce Courbet e Manet i cui quadri scuotono la critica per le novità
tematiche e il realismo. Dietro consiglio di Courbet decide di presentare al Salon del 1866
una versione “epurata” del “Déjeuner sur l’herbe” con figure a grandezza naturale.
L’opera non piace a Courbet e Monet abbandona il progetto e lascia la tela incompiuta;
un’altra versione di dimensioni più ridotte, realizzata l’anno seguente, ci permette di avere
un’idea del soggetto del quadro. Per non disertare il Salon realizza in poco tempo “Donna
in verde” dove ritrae la sua compagna, la diciannovenne Camille Doncieux, in uno
splendido abito verde, la cui resa della seta è molto ammirata dalla critica ufficiale.
Incoraggiato dai consensi ottenuti, decide di riproporre il tema di personaggi ritratti all’aria
aperta. Il dipinto “Donne in giardino” non viene, però, accettato al salon. In effetti, le
figure non sono bene inserite nel paesaggio e gli atteggiamenti sono rigidi e poco
spontanei. Pur tuttavia il quadro ha qualcosa di unico per quel tempo: il sole. La luce
accende lo splendore dei fiori e, filtrando attraverso l’ombrellino, rende luminoso il vestito
della ragazza in primo piano; quello che interessa Monet non è la figura umana, né la
natura in sé, ma l’interferire della luce sulle forme.
8
Pressato dai debiti, lascia Camille, incinta, a Parigi, e ritorna in Normandia e trascorre
l’estate del 67 a casa di una ricca zia a Saint-Adresse. Abbagliato dalla bellezza del posto,
dalla varietà dei fiori, dal continuo variare dell’azzurro del cielo e del mare, realizza una
serie di quadri che riescono a rendere la luminosità straordinaria della Francia del Nord:
(“Terrazza a Sainte-Adresse”). Per la prima volta, Monet, trasferisce sulla tela la luce del
sole in maniera originale accostando piccoli tocchi di colore puro contrastanti tra loro,
senza sfumature o mezzi toni. Sono banditi dalle sue tele i toni scuri e opachi per cui le
ombre risultano colorate e la natura un tripudio di colori brillanti e luminosi. L'analisi dei
rapporti tra percezione visiva-luce-colori sarà alla base della ricerca personale di
Monet e della ricerca impressionista in generale. Nel 1870 Monet sposa Camille che
intanto ha partorito un bambino, e, insieme con la famiglia, si trasferisce a Trouville, un
resort marino frequentato dalla ricca borghesia francese. “Hotel des Roches noires” è
un quadro rappresentativo del periodo. Protagonista della tela, in primo piano, la bandiera
il cui sventolio è reso attraverso pennellate rapide e convulse di colore. Sullo sfondo lo
scorcio dell’Hotel e un brulicare di figurine in abiti estivi. Scarsa la cura dei particolari ma
grazie a pennellate incisive e sicure la veduta d’insieme è realistica
Per sbarcare il lunario Monet realizza ritratti per le signore delle ricche famiglie che
soggiornano nella ridente cittadina balneare.
Risale a questo periodo lo splendido "Ritratto di Madame Gaudibert". La posa del
soggetto è poco tradizionale, perché della giovane donna si intravede solo il mezzo profilo
del suo volto, ma l’ambientazione è straordinaria piena di colori sfumati, e di particolari
ambientali di estrema bellezza.
La guerra anglo-prussiana del 70-71 e il conseguente crollo della monarchia francese, lo
costringono a trasferirsi a Londra, dove trascorre le sue giornate nelle sale dei musei
affascinato dalle suggestioni visive delle tele di Costable e Turner. A Londra entra in
contatto col famoso mercante d’arte francese Paul Durand Rouel che d’ora in poi
diventerà un assiduo compratore delle opere degli Impressionisti. Grazie alla vendita di
alcuni quadri e all’eredità pervenutagli in seguito alla morte del padre, a guerra finita,
ritorna in Francia e si trasferisce ad Argentheuil una località balneare sulle rive della
Senna, meta abituale delle gite domenicali dei parigini. Lo spettacolo della campagna in
fiore lo commuove e lo esalta. Al mattino carico di tele e tubetti di colore si tuffa nella
campagna ventosa e sistema lì il suo cavalletto per captare sulla tela le vibrazioni della
natura. I diversi dipinti raffiguranti i campi di papaveri ci mostrano come Monet riesca a
dialogare con la natura e a stupirsi di fronte al prodigioso spettacolo di un campo in fiore.
Le figure umane si confondono col paesaggio e diventano un tutt’uno con esso. Ad
Argentheuil, per dipingere a più stretto contatto con l’acqua, si fa costruire un vero e
proprio atelier galleggiante, dove trascorre le sue giornate dipingendo in compagnia della
devota Camille.
Qui trascorre uno dei periodi più felici della sua vita. Ad Argentheuil riceve i suoi amici
pittori, in particolare Renoir e Manet. Insieme si dedicano a lunghe sessioni di pittura
all’aperto ritraendo, alle volte, gli stessi soggetti da punti di vista diversi. Molti quadri di
questo periodo riflettono l’atmosfera serena e il benessere raggiunto.
Nonostante il mercato si mostri interessato alla novità della pittura di Monet e degli altri
pittori impressionisti, i loro quadri sono costantemente rifiutati dal Salon, perché poco
curati, poco rispettosi delle regole della prospettiva e del disegno e, soprattutto, per la
cromaticità troppo stridente priva di sfumature e di mezzi toni.
Nel 1874, stanchi di essere esclusi dalle manifestazioni ufficiali, Monet, Renoir, Degas,
Pisarro, Sisley, Cèzanne e molti altri espongono le loro opere nello studio del fotografo
9
Nadar sotto il nome di “Société anonyme des peintres, sculpteurs et graveurs”
(Società anonima degli artisti, pittori scultori e incisori).
La mostra non ottiene molto successo: pochissimi i visitatori, scarso l’interesse della
critica, quasi nulle le vendite. E' proprio in questa occasione che il critico Louis Leroy,
riprendendo il titolo di uno di questi dipinti “Impression: soleil levant” di Monet, chiama
questi pittori impressionisti caricando l’appellativo di un chiaro riferimento sarcastico,
negativo.
L’arte da quella data in poi non sarà più la stessa!
Una volta a Parigi, dopo anni trascorsi a dipingere la natura, il pittore, incoraggiato da Zola
e dai colleghi impressionisti, cerca di cogliere aspetti caratteristici della sua città
rilevandone i cambiamenti. Affascinato dalle stazioni ferroviarie, ottiene il permesso di
poter dipingere all’interno di Saint Lazare e ciò che ne scaturisce sono sette studi
sull’arrivo dei treni all’interno delle alte arcate di ferro e vetro della stazione. Sono vedute
di uno stesso soggetto osservato da prospettive differenti e nella luce delle diverse ore del
giorno. Quello che interessa Monet è la resa delle dense nuvole di fumo che, mescolate
alla mutazione della luce, s’insinuano nella struttura della stazione e, avvolgendo, in
volute, persone e cose, rendono l’atmosfera quasi irreale. La pennellata è pastosa e carica
di colore: i toni sono tenui e trasparenti nella rappresentazione del vapore e della luce,
decisi nella costruzione della locomotiva e della struttura metallica delle arcate, attraverso
cui s’intravede l’azzurro del cielo parigino.
Nonostante il soggetto sia attuale e la rappresentazione coinvolgente, il mercante Duran
Ruel si rifiuta di acquistare altre tele di Monet per la grande difficoltà a piazzarle sul
mercato. Monet riceve aiuto da Ernest Hoshedé, un ricco proprietario di grandi magazzini
che diventerà presto suo amico e suo grande estimatore. A causa delle ristrettezze
economiche Monet lascia Parigi e si trasferisce con Camille e i suoi due bambini a
Vétheuil, un villaggio sulle sponde della Senna. Qui lo raggiunge con la sua numerosa
famiglia, la moglie e sei figli, Ernest Hoschedè, gravato dai debiti per il fallimento di tutte le
sue imprese.
Nel ’79 muore a soli 32 anni la sua amata Camille. Monet, sconvolto dal dolore, ne esegue
l’ultimo ritratto sul letto di morte. Il viso esanime è inondato di luce ma il tocco nervoso
della pennellata esprime rabbia e disperazione.
Dall’80 in poi i suoi quadri comunicano solitudine e sconforto. Sono scorci di paesaggi
invernali, scogliere aspre battute dalle onde; i toni sono scuri e monotoni, ricchi di
suggestioni psicologiche. Monet si richiude sempre più su se stesso e taglia
definitivamente i rapporti con gli amici impressionisti.
Confortato dalla vicinanza di Alice Hoscedè, che sposerà dopo la morte di Ernest nel
1891, intraprende con lei dei viaggi in Normandia e Bretagna alla ricerca di nuovi spunti
pittorici.
Nel 1883 si trasferisce, con la sua numerosa famiglia in Normandia, a Giverny, dove affitta
un casolare sui bordi della Senna. Quando diventerà ricco e famoso acquisterà la casa e
degli appezzamenti di terreno attorno e trasformerà il tutto in una comoda dimora di
campagna con un giardino curatissimo e straordinario ricco di piante tropicali e con un
immenso stagno destinato alle coltivazioni delle ninfee. Sono di questo periodo due
splendide versioni di “Donna col Parasole” che nei colori tenui, nella luce diffusa sembra
esprimere la serenità ritrovata. Forse non è un caso che il soggetto ricordi “La
passeggiata” del 1875 dove la modella rappresentata era Camille, ora la modella è la
figlia di Alice, Susanne.
10
Nell’84 si reca sulla costa azzurra con Renoir e, affascinato dalla spettacolare bellezza del
paesaggio, ritorna con tele e colori l’inverno seguente, stabilendosi a Bordighera. Qui
Monet ritrova un nuovo entusiasmo e realizza quadri che ritraggono il mare attraverso
boschetti di ulivi e ciuffi di vegetazione mediterranea. Per rendere la luminosità della costa
utilizza colori brillanti come il turchese o l’arancione, mai usati prima, che creano forte
contrasto con i toni decisi dei verdi. Questa esasperazione del colore rende sommarie le
forme ma ne mantiene intatto il volume tanto da porsi più in avanti verso la pittura di tipo
espressionista. Nonostante i dipinti della costa del Sud ottengano grande successo di
pubblico e di critica, Monet è inquieto e insoddisfatto e continua la sua spasmodica ricerca
pittorica. Sin dai primi approcci con la pittura egli ha cercato di trasformare i propri occhi in
una specie di obiettivo che registra in modo neutrale impressioni quasi fotografiche,
ritenendo che il primo sguardo al soggetto fosse quello più vero perché meno offuscato da
idee e rifacimenti.
Si rende conto, così, che il tema non è ciò che è, ma ciò che diventa attraverso la
luce. Man mano gli studi impressionistici sulle diverse atmosfere diventano più
approfonditi e sistematici; dagli anni 90 in poi inizia il periodo di pitture seriali che
costituiranno la produzione pittorica degli ultimi anni e porteranno Monet lontano dal
movimento impressionista verso un tipo di pittura informale, astratta, fatta di semplici
composizioni cromatiche.
Dal 90 al 92 lavora a una serie che ha come soggetto “i Covoni” un tema semplice ma
osservato in momenti diversi della giornata sotto differenti condizione di luce. La forma
compatta dei covoni si rivela ogni volta diversa: si disgrega nel sole del tramonto o si erge
maestosa come montagna sotto il bagliore della neve.
Dello stesso periodo la serie de “I Pioppi” ripresi alla luce dei vari momenti della giornata
e di stagioni completamente diverse. Gli alberi ritti e verticali, la linea orizzontale della riva
del fiume e poi nuovamente lo sviluppo verticale del loro riflesso sull’acqua creano una
sorta di griglia; questa è circondata dal velo soffuso dei raggi del sole che penetrano la
foschia mattutina, o dalla luce brillante di una giornata estiva.
Nel febbraio del 92 prende in affitto una stanzetta di fronte alla facciata ovest della
“Cattedrale di Rouen” e, per due anni, la ritrae da tre punti di osservazione quasi uguali
in tutte le ore che intercorrono tra il momento precedente la scomparsa della nebbia
mattutina fino all’ultimo raggio di sole del tramonto. Monet osserva con attenzione i fugaci
effetti di luce sulla massiccia costruzione gotica: nella foschia del mattino essa appare in
tutto il suo volume, alle volte gli elementi filigranati delle decorazioni scintillano negli ultimi
bagliori di luce del tramonto. Del 1900 è la serie delle vedute delle 41 “Vedute di Londra”
dove con il semplice cromatismo riesce a creare vibrazioni con giochi di luce filtrati
attraverso il velo di nebbia che avvolge i monumenti.
Lo sviluppo coerente del principio seriale coincide con un periodo in cui i quadri di Monet
sono sempre più richiesti, così, dopo una vita di miseria e privazioni, Monet ha finalmente
successo e in pochi anni diventa ricco e famoso. Si organizzano mostre dei suoi quadri in
tutte le grandi capitali europee e a New York; alcune sue opere sono esposte pure alla
biennale di Venezia del 97. A Venezia si reca nel 1908 con la moglie Alice e lavora a una
serie di tele raffiguranti “Palazzi veneziani”. I quadri di Venezia sono composizioni di blu
e madreperla con cui rende la foschia e i riflessi della luce sull’acqua: più che
rappresentazioni di un soggetto sembrano suggestioni filtrate dal ricordo di un'immagine
visiva.
Attraverso le realizzazioni dei soggetti seriali, la pittura di Monet diventa simbolista
e perde di concretezza e di spontaneità.
11
Nel 1911 muore la moglie e dopo poco anche il primogenito avuto da Camille. Monet si
ritira con la figliastra Blanche a Giverny, dove inizia a dipingere l’infinita serie delle Ninfee.
Nei quadri delle Ninfee troviamo rappresentato il processo di dissoluzione nella tela
dell’oggetto rappresentato. Protagonista è il colore scomposto in migliaia di sfumature
vibranti. La tecnica di stesura del colore è libera e originale. Nella prima serie dello stagno,
il colore viene steso come un velo con macchie, puntini, trattini brevi, sopra uno strato
sottilissimo di vernice trasparente che inonda il quadro di vibrazioni luminose. Nelle tele
più tarde la pennellate diventano più fluide e pastose i tratti si attorcigliano in vortici
cromatici lontani dalla rappresentazione reale del soggetto.
Anche le dimensioni delle tele sono sempre più grandi e arrivano a coprire intere pareti del
suo studio. Qui la visione così ingrandita del soggetto rasenta l’astrattismo, e tutto si
confonde in tonalità di uno stesso colore che invadono le tele di un effetto monocromo.
Gli ultimi anni della vita di Monet sono caratterizzati da una produttività febbrile e
spasmodica nonostante i gravi disturbi alla vista che lo costringono a subire vari interventi.
Le sue tele esprimono, fino all’ultimo, una forza possente che non si dà mai vinta nella
ricerca ossessiva della pura essenza pittorica.
Monet muore nel 1926 all’età di 86 anni.
12