La transazione e la rottura del contratto di lavoro Quadro giuridico

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La transazione e la rottura del contratto di lavoro Quadro giuridico
La transazione e la rottura del contratto di lavoro
Quadro giuridico, sociale e fiscale
La transazione è lo strumento privilegiato per prevenire una controversia che sta nascendo o
per porre fine in modo sicuro ad una controversia già nata. Il principio è che la firma di una
transazione con un dipendente impedisce ogni ulteriore avvio di una procedura
giurisdizionale, in particolare davanti al Tribunale del lavoro. L'importante numero dei litigi
sottoposti ai Tribunali dopo la firma di una transazione invitava tuttavia a fare il punto sulle
regole da rispettare, sia per quanto concerne le modalità di conclusione di quest'atto che gli
effetti che esso produce.
1. Le condizioni di conclusione di una transazione
La data di conclusione della transazione
La giurisprudenza ha oggi chiaramente inquadrato questa questione. Il principio è che la
transazione, che pone fine alle controversie riguardanti le conseguenze della rottura del
contratto di lavoro, può intervenire solo una volta che la rottura del contratto di lavoro è
definitiva. La transazione non può in sé concretizzare questa rottura (Cass. soc. , 5 dicembre
2012, n°11-15.471).
Così, in materia di licenziamento, ogni transazione conclusa prima della notifica della lettera
di licenziamento è nulla. Per evitare l'avvio di un procedimento di frode da parte delle parti
(una datazione "inesatta" della transazione, per esempio), la Corte di Cassazione impone
l'invio di questa lettera di licenziamento per lettera raccomandata con ricevuta di ritorno
(Cass. soc., 23 settembre 2014, n°13-16.600).
L'idea di fondo è che il dipendente non può firmare in conoscenza di cause una transazione
se non è informato dei motivi del suo licenziamento, la transazione potrà essere firmata solo
dopo la ricezione della lettera di licenziamento, confermata dalla firma della ricevuta di
ritorno (Cass. soc., 14 giugno 2006, n°04-43.123). Dal momento che questa regola viene
rispettata, non vi è nessun impedimento a concludere la transazione durante il periodo di
preavviso.
E' importante notare che una transazione negoziata prima del licenziamento, e firmata dopo
la ricezione della lettera di licenziamento, sarà annullata, in quanto la firma non farà che
tradurre un accordo anteriore al licenziamento e come tale proibito (Cass. soc., 8 giugno
2011, n°09-43.221).
Una transazione è anche possibile a seguito di una rottura convenzionale, posteriormente
alla sua omologazione (o la notifica dell'autorizzazione dell'Ispettore del lavoro). Ma la Corte
di Cassazione ne ha delimitato il campo, riservandola alle ipotesi nelle quali la transazione
ha per oggetto la risoluzione di una controversia relativa non alla rottura del contratto, ma
alla sua esecuzione, ovvero su degli elementi che non sono già regolati dalla convenzione di
rottura, per esempio una contestazione sulle ore supplementari (Cass. soc., 25 marzo 2015,
n°13-23.368). Una transazione che mirasse a risolvere delle vertenze riguardanti la validità o
gli effetti della rottura convenzionale stessa è quindi nulla.
Il controllo delle concessioni reciproche
Non basta concludere la transazione al momento giusto. Bisogna che essa comporti delle
concessioni reciproche. La concessione del dipendente è facile da descrivere: si tratta di una
rinuncia ad agire davanti al Tribunale del lavoro (Conseil de Prud'hommes) in contestazione
della legittimità della rottura del suo contratto di lavoro.
Le concessioni del datore di lavoro possono essere più difficili da determinare. Per esempio,
può aver licenziato un dipendente per colpa grave, e proporre a titolo di concessioni il
versamento di una somma corrispondente al preavviso ed all'indennità di licenziamento. Ma
se in realtà dovesse risultare dai fatti che il dipendente non ha commesso alcuna colpa
grave, il datore di lavoro verserebbe come concessione quello che avrebbe dovuto
spontaneamente versare al momento della notifica del licenziamento se l'avesse
correttamente qualificato. Pertanto un giudice eventualmente adito della questione potrebbe
considerare invalida la transazione perché manca la concessione del datore di lavoro in
quanto ciò che presenta come una concessione è in realtà la somma dovuta al dipendente.
La giurisprudenza in altri termini non si accontenterà di concessioni semplicemente apparenti
e farà un controllo approfondito.
L'esistenza delle concessioni reciproche che condiziona la validità di una transazione deve
essere apprezzata in funzione delle pretese delle parti al momento della firma. Per
determinare la realtà delle concessioni, il giudice può riferirsi ai fatti, come sono stati descritti
dal datore di lavoro nella lettera di licenziamento. Così se la lettera di licenziamento non è
motivata, o non lo è sufficientemente, il giudice riterrà che il licenziamento sia
potenzialmente privo di ogni causa reale e seria e che quindi il datore di lavoro farà una vera
concessione solo se concede al dipendente un'indennità transazionale superiore agli importi
previsti all'articolo L.1235-3 del Codice del lavoro, ossia gli ultimi sei mesi di stipendio (Cass.
soc. 3 aprile 2013, n°11-28.812).
Esiste tuttavia un limite a quest'apprezzamento del giudice eventualmente adito della
questione della validità della transazione della realtà delle concessioni accordate: infatti non
può decidere la controversia che questa transazione aveva per oggetto di risolvere
esaminando gli elementi di fatto e di prova (Cass. soc. 21 maggio 1997 n°95-45.038). Non
verificherà, per esempio, se le difficoltà economiche specificate nella lettera di licenziamento
per motivo economico sono reali. Sarà sufficiente quindi che la lettera enunci chiaramente
questi motivi economici in maniera sufficientemente dettagliata.
2. Gli effetti della transazione
Bisogna distinguere gli effetti giuridici della transazione, ossia principalmente l'autorità della
cosa giudicata, e lo statuto fiscale e sociale delle indennità versate.
Autorità della cosa giudicata
É l'attrattiva della transazione, enunciata all'articolo 2052 del Codice civile. Tuttavia, questa
portata di cosa giudicata è solo relativa, in quanto copre solo l'oggetto della transazione.
Così, una transazione conclusa al fine di risolvere solo una controversia relativa al
pregiudizio connesso alla rottura del contratto di lavoro non potrà impedire al dipendente di
agire in giustizia per il versamento delle ore supplementari. E' quindi indispensabile redigere
nella maniera più ampia le clausole di presentazione della controversia e di rinuncia al
ricorso del dipendente.
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Satuto fiscale e sociale delle somme versate
Il punto fondamentale di una buona controversia, come quello di una buona transazione,
consiste nella somma e nella natura delle somme che il datore di lavoro accetta di versare al
suo dipendente. Occorre fare molta attenzione quando la transazione prevede il pagamento
di somme di natura salariale (indennità compensatrice di preavviso, indennità per le ferie non
godute, ore supplementari...) in caso di versamenti di importi di natura salariali, tali somme
saranno soggette al versamento delle imposte sui redditi e dei contributi sociali. Non
essendo il giudice legato dalla qualificazione indicata dalle parti (art. 12 Cod. proc. civ.), egli
può certamente riqualificare in salario quello che è stato falsamente presentato come una
somma di natura indennitaria. Più delicata è l'analisi di una somma di natura indennitaria
(indennità di rottura, risarcimento del danno...). , perchè le regole fiscali e sociali derogano
all'analisi compensatoria, o indennitaria, che farebbe prevalere il diritto civile. I testi di
riferimento sono l'articolo 80 duodecies del Codice generale delle imposte e l'articolo L. 2421 del Codice della sicurezza sociale, modificati rispettivamente dalla legge delle finanze per il
2016 n°2015-1785 del 29 dicembre 2015 e dalla legge di finanziamento della sicurezza
sociale n°2015-1702 del 21 dicembre 2015.
A livello pratico, quando la rottura del contratto di lavoro non risulta da un piano di
salvaguardia dell'impiego e non si cumula con la cessazione forzata di un mandato, le regole
possono essere le seguenti:
Contributi sociali
Esonero nel limite di 2 volte
il PASS1 della Sécurité
sociale, ossia 77.232€ nel
2016 pari al più elevato
degli importi seguenti:

doppio
della
remunerazione lorda
dell'anno
civile
precedente
alla
rottura;

50 % dell'indennità
versata;

somma
legale
o
convenzionale
dell'indennità
di
licenziamento.
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CSG-CRDS
Imposta sui redditi
Esonero pari alla somma Esonero nel limite più elevato
legale
o
convenzionale tra i due seguenti:
dell'indennità, nel limite di 2  doppio
della
volte il PASS1, ossia 77.232€
remunerazione
lorda
nel 2016.
dell'anno
civile
precedente la rottura o
50
%
dell’importo
dell'indennità versata,
senza poter eccedere 6
volte
il
PASS1
(231.696€ nel 2016);
 somma
legale
o
convenzionale
dell’indennità
di
licenziamento.
Plafond annuo della Sécurité sociale.
Esempi
1. Un dipendente la cui remunerazione annuale lorda è pari a 60.000 € nel 2015, è stato
licenziato nel febbraio 2016. Nel mese di marzo 2016, durante il periodo di preavviso, una
transazione viene conclusa che gli attribuisce un'indennità globale e forfettaria di 130.000
€. L'indennità convenzionale di licenziamento corrisponde a 20.000 €, è inclusa in questa
somma globale transattiva.
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
Contributi sociali: l'esonero potrebbe avere come plafond 120.000 € (il doppio della
remunerazione annuale), ma la base di 2 PASS non può essere oltrepassata e
l'indennità sarà allora soggetta al di là di 77.232 € (ossia su 52.768 €);

CSG-CRDS: l'esonero è limitato alla somma dell'indennità convenzionale, qui
inferiore a 2 PASS. L'indennità sarà allora soggetta al di là di 20.000 € (ossia su
110.000 €);

IR: nessuna imposizione nel limite di due volte la remunerazione annuale (120.000€).
Anche se la soglia del 6 PASS non è superata, il surplus sarà soggetto (su 10.000 €).
2. Un dipendente la cui remunerazione annuale lorda è pari a 120.000 € nel 2015, è stato
licenziato nel febbraio 2016. Nel mese di marzo 2016 durante il periodo di preavviso una
transazione viene conclusa che gli attribuisce un'indennità globale e forfettaria di 250.000
€. L'indennità convenzionale di licenziamento corrisponde a 60.000 €, e inclusa in questa
somma globale.

Contributi sociali: l'esonero non potrebbe oltrepassare la base di 2 PASS e l'indennità
sarà allora soggetta al di là di 77.232 € (ossia su 172.768 €);

CSG-CRDS: l'esonero non potrebbe oltrepassare l'indennità convenzionale di
licenziamento anche se la soglia di 2 PASS non è superata e l'indennità sarà allora
soggetta al di là di 60.000 € (ossia su 190.000 €).

IR: imposizione sulle somme percepite al di là, non di 240.000 € (il doppio della
remunerazione annuale), ma di 231.696 € (plafond dei 6 PASS), ossia su 18.304€.
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