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INTERVISTA /
SIMONE ANDREA GANZ
IN B C’E’ PIU’ QUALITA’ E CI
SONO PIU’ SPAZI, IN LEGAPRO
TI STANNO ADDOSSO,
CERCANO PROPRIO DI NON
FARTI GIOCARE. MI AUGURO
DI SFRUTTARE TUTTE LE
OCCASIONI PER METTERE
IN MOSTRA LE MIE QUALITA’
DALLA PORTA ALL’ATTACCO
Hai tolto i guanti e…
«E ho iniziato a pensare che fosse bello segnare! Anzi, ho iniziato a dire: “Voglio fare gol!”.
Ho avuto un padre calciatore e la famiglia è
sempre rimasta unita, abbiamo abitato nelle
città nella quali giocava papà, io i primi calci
alla palla li ho tirati ad Ancona.»
Ora abitate a Milano?
«Sì, mio padre ha giocato con Inter, Milan,
Atalanta e Brescia e al termine della carriera
lui e mamma hanno scelto Milano. Io ho iniziato a giocare in attacco alla Masseroni Mar-
Simone Andre Ganz (sopra) con la maglia del Como;
Maurizio Ganz (sotto) durante un match con il Milan
Poi è arrivata la maglia rossonera del Milan:
sono iniziati i sogni…
«Quando sei al Milan è giusto sognare, perché vedi da vicino tanti campioni, ma devi
mantenere i piedi a terra: ci si allena seriamente, ricordandosi però che è fondamentale divertirsi. Il resto, se hai le qualità, viene
da sé…»
Tanti gol nelle giovanili e poi il passaggio in
LegaPro, al Lumezzane.
«Sì, con la Primavera ho segnato parecchio,
addirittura, le offerte c’erano, avrei potuto lasciare il Milan con un anno di anticipo, ma in
famiglia abbiamo deciso di terminare il percorso delle giovanili in rossonero. Certo, la
prima stagione da professionista è stata durissima.»
chese, una società di settore giovanile con i
campi in zona Fiera. I primi gol li ho segnati con loro.»
PAPÀ, SIMONE E…
LA NAZIONALE
DA LUMEZZANE A COMO
Nella notte 350 chilometri sono lunghi, parlare solo di gol,
Ronaldo e Shevchenko sarebbe stato facile, ma troppo
banale. Una sera del maggio 2009, ho partecipato a un
incontro a San Patrignano, nel quale Maurizio Ganz prima
ha mostrato ai ragazzi della Comunità come ci si muove in
area, poi ha tenuto una conferenza.
Al termine, poco prima di mezzanotte, siamo tornati a
Milano, parlando di tutto, dai gol in rovesciata, alla tecnica
e ai dribbling in velocità di Ronaldo e Sheva.
Poi il discorso è scivolato sui nostri figli, Simone di 15
anni e il mio di 7. A questo punto Maurizio si è aperto, ha
tolto la maglia del calciatore e infilato quella del papà per
regalarmi un aneddoto bellissimo: «Simone è nato quando
ho ricevuto la mia prima convocazione in Nazionale,
dovevamo giocare in Estonia. Eravamo in ritiro, mi arrivò
una telefonata nella quale si diceva che mia moglie stava
per partorire, il giorno successivo ci sarebbe stata la
partenza per Tallin, ma io chiesi di andare subito a Genova.
Mi misero a disposizione un autista che mi accompagnò
all’ospedale dove è nato Simone».
Un bellissimo segno del destino!
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Un anno senza segnare è lungo…
«Certo, l’attaccante vive per il gol e un intero
campionato senza segnare non fa piacere; io
poi arrivavo da una stagione con 28 reti in 30
partite... Però non rinnego le esperienze con
Lumezzane e Barletta, sono servite a farmi
crescere, a farmi comprendere come si gioca
al di fuori del settore giovanile, dove il calcio
è più tecnico e scolastico, ma ritmo e intensità non sono paragonabili a B e LegaPro.»
Poi è arrivato il Como…
«L’anno scorso è stato fantastico, abbiamo
conquistato i play off che poi abbiamo vinto. A dieci giornate dalla fine nessuno pensava che ci saremmo qualificati quarti nel no-
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