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rivista del
M E N S I L E N . 6 G I U G N O 2 0 0 9 € 3,50
dal 1928
Super
Cannes
Istantanee dal festival:
critica selvaggia e i
magnifici sette
Fantasy
revival
L’evergreen Oz e
gli incubi animati
di Coraline
Missione
Caraibi
I fratelli Vanzina ci
riprovano con il cinecocomero: gelo in sala?
Kenneth
Branagh
Reazionario sullo
schermo, ribelle nella vita.
A tempo di Rock
Harry Potter, si cambia
Il mago di Hogwarts e il bambino che fu: arriva
Il Principe Mezzosangue, tra angosce e fantasmi
fondazione ente™
dello spettacolo
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TORINO
18>20
SETTEMBRE 09
TAGONISTI
CASTING E INCONTRI CON LE STAR
DELLA TV E DEL CINEMA
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Nuova serie - Anno 79 N. 6 giugno 2009
In copertina Harry Potter e il Principe Mezzosangue
pu nt i di vi st a
DIRETTORE RESPONSABILE
Dario Edoardo Viganò
CAPOREDATTORE
Marina Sanna
REDAZIONE
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CONTATTI
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PROGETTO GRAFICO
P.R.C. - Roma
ART DIRECTOR
Alessandro Palmieri
HANNO COLLABORATO
Antonio Angeli, Alberto Barbera, Gianluigi Ceccarelli, Carlo
Chatrian, Pietro Coccia, Silvio Danese, Bruno Fornara, Antonio
Fucito, Marco Grossi, Enrico Magrelli, Miriam Mauti, Pier Paolo
Mocci, Massimo Monteleone, Franco Montini, Morando Morandini,
Peppino Ortoleva, Anna Maria Pasetti, Angela Prudenzi,
Cinzia Romani, Marco Spagnoli, Davide Turrini, Paolo Zelati
REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA
N. 380 del 25 luglio 1986
Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007
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Antonio Urrata
UFFICIO STAMPA
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COMUNICAZIONE E SVILUPPO
Franco Conta
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L’esercizio delle immagini
Doveva essere il festival degli scandali e delle
provocazioni, di visioni squarciate ed enfant
terrible, di quadri algidi e lucidi maestri. Non
sono mancati né gli uni né gli altri, in un
cartellone spezzato tra il von Trier più atroce e
un Resnais follemente leggero. Ad emergere
però è stata soprattutto una terra di mezzo di
autori che alle polemiche hanno preferito le
domande, agli shock i problemi.
nel sorprendente
Tarantino (Inglourious
Basterds), Storia
pubblica e privata
nello scavo
mussoliniano di
Bellocchio (Vincere).
Mai come quest’anno a Cannes “il cinema è
stata la tecnica per scrivere la storia del
secolo”.
Così Michael Haneke, il vincitore della 62ma
Parola dei Cahiers du Cinema, che anche
edizione di Cannes, un provocatore di razza, un
quest’anno rinnovano con la nostra Rivista
autore disturbante. La Palma d’Oro però, prima
in carriera, arriva con il suo film più controllato e l’impegno a diffondere l’amore e il sapere per la
settima arte tra le nuove generazioni: si terrà dal
austero, raggelato in un magnifico bianco e
15 al 19 giugno, tra le aule di Palazzo Farnese e
nero, pungente senza essere eccessivo.
quelle storiche del Centro Sperimentale di
Il nastro bianco del regista austriaco è più
Cinematografia, il quarto stage di critica
corrosivo che corroso, un’operazione
cinematografica, a cui
apparentemente d’antan - il film
parteciperanno 45 giovani
è ambientato in una campagna
universitari segnalati dagli stessi
tedesca del 1914 - che ha la
“Rinnoviamo
Atenei che, a titolo gratuito e sotto
pretesa di congelare la storia
nell’atto unico e imperituro di
l’impegno a diffondere l’occhio vigile di esperti e docenti,
un’umanità votata al senso di
l’amore e il sapere per impareranno l’arte della critica in
attesa che diventi anche un
colpa. E allora non è un film al
la settima arte”
mestiere. Fiore all’occhiello
passato quello di Haneke, ma
dell’attività formativa della nostra
un film fuori dalla Storia perché
Fondazione, lo stage fa il paio con
la Storia stessa non è che un
un’altra importante iniziativa: la
fantasma (in bianco e nero),
pubblicazione del Rapporto-Il mercato e
l’illusione di una continuità nel tempo, quando il
l’industria del cinema in Italia, un progetto
tempo stesso è eterna ripetizione di un errore
innovativo che si propone di analizzare l’attuale
indelebile. E la Storia è stata il fil rouge tematico
stato del cinema italiano, attraverso l’analisi
del Concorso: storia del cinema e di vita
ragionata dei dati a disposizione. Buona lettura a
nell’appassionato e nostalgico Almodóvar (Gli
tutti!
abbracci spezzati), cinema che riscrive la Storia
COORDINAMENTO SEGRETERIA
Marisa Meoni
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Cinema - Ministero per i Beni e le Attività Culturali
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giugno 2009
rivista del cinematografo
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5
s o m m a r io
Brad Pitt a Cannes
per Inglourious
Basterds
n. 6
giug no
2009
PERSONAGGI
44 Sulle tracce di Coco
Audrey Tautou avant Chanel: ritratto
di una rivoluzionaria
48 Branagh in FM
Non solo Shakespeare: l’attore
inglese si riscopre ministro censore
per I Love Radio Rock
FILM DEL MESE
56 Vincere
60 I Love Radio Rock
61 Moonacre – I segreti
dell’ultima luna
61 Sacro e profano
62 Uomini che odiano le
donne
64 Terminator Salvation
64 Martyrs
64 The Uninvited
65 CA$H
66 Achille e la tartaruga
SERVIZI
20 Un Nastro da Palma
Il bianco e nero di Haneke
conquista Cannes: icone
e polemiche dalla Croisette
FOTO: PIETRO COCCIA
Michael Haneke
con la Palma
d’Oro per Il
nastro bianco
Noomi Rapace protagonista di
Uomini che odiano le donne
32 COVER
Harry, ti presento Potter
Il Principe Mezzosangue è alle porte:
mutazioni fantasy e derive filmiche.
Pensando ai 70 anni del Mago di Oz
Un film in DVD è un’emozione da condividere.
Un DVD è un momento speciale, un’immagine splendida, un audio perfetto, un’atmosfera che unisce.
Il piacere di vivere la serata senza sottostare a programmi e orari imposti. E l’emozione non finisce con
il film: contributi speciali, backstage, interviste e making of. Un film da vedere, rivedere e collezionare.
Un’opera unica che puoi goderti solo in DVD.
DVD. Molto più di un film.
The show must go home.
TM
som ma ri o
18
Hollywood Ending
10
Effetti speciali: Cruise
rifiuta la Casa Bianca,
Michael Jackson
è fosforescente
Morandini in pillole
Attori dimenticati,
pubblicità ingannevoli e il
“vetusto” Ejzenštejn
72
Dvd & Satellite
12
Circolazione
extracorporea
Proiezioni dirette e indirette
dell’io: come evitare
gli specchi deformanti
14
Glamorous
News e tendenze: chi è la
più bella del reame?
Angelina o
Alessia Merz?
16
Colpo d’occhio
Ritratto di una sexy
star: quando la seduzione
è Wilde
40 anni dopo, Woodstock
in Collector’s Edition.
Omaggio a John Wayne
78
Borsa del cinema
Chi la dura la vince:
alti e bassi delle teniture
in sala
80
Libri
La vita e l’arte di Totò,
paesaggi da film, lucchetti
e montaggi
82
Colonne sonore
Il magnifico sound
degli anni ’60 per i dj
in barca di I Love
Radio Rock
Una scena di
Coraline e la porta
magica
pensieri e parole
Quello che gli altri non dicono: riflessioni a posteriori di
un critico DOC
MORANDINI in pillole
di Morando Morandini
Nell’Italia del
Duemila la
critica è
diventata la
ruota di scorta
dei quotidiani
Vincere
Dalla telefonata di un amico che segue il festival di Cannes ho
appreso che, su ordini superiori ricevuti dai rispettivi giornali,
alcuni critici italiani hanno dovuto anticipare di un giorno l’invio
delle loro corrispondenze su Vincere di Bellocchio. Per farlo
hanno abbandonato la proiezione mezz’ora circa prima della
fine. Il fatto non mi stupisce perché conferma le opinioni che ho
da molto tempo sullo stato delle cose culturali nell’Italia del
Duemila: la critica è diventata la ruota di scorta dei quotidiani. E
con la recessione che nella carta stampata è già in corso e si farà
ancora più sentire nel secondo semestre del 2009, mantenere la
schiena diritta diventa sempre più arduo.
Mi auguro che
un giorno
(lontano) si
arrivi a un
processo di
Norimberga
della pubblicità
Detesto
La pubblicità in generale per il suo strapotere invasivo che mi
(ci) perseguita dappertutto. Detesto certa pubblicità, quella con
responsabilità che non si fermano ai crimini contro la lingua italiana, alla crudeltà mentale, alla persuasione occulta. La considero una parte importante della patologia sociale e mi auguro,
come sosteneva Oliviero Toscani, che si arrivi un giorno (lontano) a un processo di Norimberga della pubblicità e delle sue
agenzie il cui fatturato può arrivare all’890% per produrre informazioni o suggestioni false. Disprezzo la pubblicità indiretta o
obliqua, praticata da molti giornalisti e critici talvolta corrotti e
volontariamente asserviti, spontanei collaborazionisti di un sistema. Per scoprire i miei gusti, faccio un esempio di pubblicità
intelligente. E’ un paginone dell’Apulia Film Commission con
poche parole: La Puglia è tutta da girare. Conciso e con un doppio senso apprezzabile.
Vetusto
È un aggettivo che sta per “molto antico” e che, nel linguaggio
orale, ha una sfumatura lievemente spregiativa. Sul “Sole 24
Ore” del 19 aprile, per i 20 anni dalla morte di Sergio Leone,
Giuliano Zincone pubblica un peana in suo onore in cui scrive:
“Scene snobbate dagli amanti dei silenzi enigmatici di
Bergman/Antonioni e del ventusto Ejzenštejn, prima che Fantozzi
affondasse la corazza Potemkin”. M’incuriosisce quel “vetusto”,
affibbiato a un regista morto nel 1948 a 50 anni. Si sarebbe mai
azzardato a chiamare “vetusti” scrittori come Verga o
Tozzi? Zincone appartiene a
quella categoria di intellettuali tuttologi, dotati di incommensurabile autostima,
che collaborano sui giornali,
ignorando la distinzione tra
scrittore e scrivente, in francese “écrivain” e “écrivant”.
Ovviamente si mette tra i primi. Perciò non capisce come si possano “amare” nello stesso tempo Bergman, Antonioni e
Ejzenštejn. E la conosce la forte diversità tra i primi due?
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giugno 2009
FINE PEN(N)A MAI
VISIONI FORZATE E INDULTI
CRITICI
Palma d’Oro a Michael Haneke: La pianista se la canta e se la suona. ####
Vincere a mani vuote: consolazione,
Marco Bellocchio si conferma antifascista. #### 4 film per 3 premi (il principale a Dogtooth...), di cui uno inventato:
presidente di giuria di Un Certain Regard,
Sorrentino ribadisce di essere nato per
fare il regista… #### Austria? Felix anche per l’Italia. L’unico brandello tricolore
premiato sulla Croisette è della pivellina
Tizza Covi, cresciuta nella patria di
Haneke. #### Nanni Moretti sarà lo psichiatra del Pontefice: dopo la papa-mobile, il papa-lettino. Sogni d’oro… ####
“Che cosa sarebbero i miei film senza gli
attori?”, si chiese Almodovar. “Che cos’è
un film senza un regista”, risponde chi ha
visto i suoi Abbracci spezzati.
ALMOST (IN)FAMOUS: DALLE
STALLE ALLE STARLETTE
“Lavoro per me, non faccio film per voi”:
disse Lars “sono il miglior regista al
mondo” von Trier. Evidentemente Cannes
è il salotto di casa sua. STOP “Dopo 6 tragedie in 13 anni, mi sono rilassato”: Ang
Lee si improvvisa critico per Taking
Woodstock. STOP Ne te retourne pas: oltre che alle spalle, Monica Bellucci e
Sophie Marceau non devono essersi
guardate nemmeno allo specchio. STOP
Baci e schiaffi tra Martina Stella e
Gabriele Muccino: “il fine giustifica i mezzi” è espressione ormai datata. STOP
Clint Eastwood o Terrence Malick per
aprire la 66esima Mostra del Cinema di
Venezia: ancora in forse Orson Welles e
Federico Pontiggia
Stanley Kubrick.
DAL 26 GIUGNO AL CINEMA
circolazione extracorporea
SPECCHI
DEFORMANTI
Fruizioni multiple nell’era della riproducibilità
a cura di Peppino Ortoleva
Come alla fine della Signora di Shanghai, su YouTube
ogni autoproiezione rischia di essere patetica
FANTASMI, SECOND LIFE
Problemi d’identità nel “mondo
secondo”. In basso Clark Gable, fra
i tanti a cui YouTube regala tributes
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rivista del cinematografo
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giugno 2009
Broadcast Yourself: lo slogan con cui poco più di 4 anni fa venne lanciato YouTube
faceva temere un’esplosione di narcisismo di massa, uno tsunami di filmetti di
quelli che una volta venivano inflitti all’ospite incolpevole dopo cena. Invece su
YouTube si è infiltrato di tutto, sequenze televisive e brani musicali, opere d’arte accompagnate da lezioni che più tradizionali
non si può, oppure riprese da angolature inconsuete. E tanti
brani cinematografici, film dimenticati e trailer (o addirittura
backstage pirata) di film ancora attesi. C’è chi parla di una nuova
economia del dono, che esalta il lavoro gratuito del riprodurre e
caricare in rete a volte anche con molta fatica (nelle “puntate”
precedenti di questa rubrica abbiamo visto diversi esempi) materiali rari o rifacimenti ludici di film classici. E sicuramente quando sfogliando YouTube ritroviamo classici fino a poco fa introvabili, come la ninna nanna di Broadway di Busby Berkeley o un’eccellente edizione della Chute de la maison Usher di Jean
Epstein, abbiamo seri motivi di riconoscenza.
Ma capire il processo che porta molte persone a dedicare tempo
a queste pratiche non è così semplice. Conta, per esempio, il
fatto che ogni sistema di social networking si presenta come
una sorta di traslato tecnologico di un aspetto della vita. Second
Life, per esempio, partito con grande enfasi addirittura come
mondo secondo, si è rivelato a molti suoi utenti con il volto letteralmente di un “al di là”, popolato di fantasmi (i famosi avatar) e
di monumenti vuoti. Un cimitero. Dove nessuno va volentieri.
Facebook ha l’apparenza iniziale, innocua, di un album di ricordi o di un diario di
quelli delle medie dove gli amici ti scrivono dediche o ti appiccicano fotografie.
YouTube, in quest’ottica, si presenta come una grande stanza degli specchi,
del tipo che si vede alla fine della Signora di
Shanghai: dove ogni proiezione troppo diretta di
sé rischia di essere immediatamente deformata. Quando scoviamo
E di risultare patetica.
classici introvabili
Ecco allora il prevalere delle presentazioni indiabbiamo seri
rette del sé, che veicolano la nostra identità,
quella vera o quella a cui ambiremmo; ecco il motivi di
gioco delle citazioni, che ci identifica con un
riconoscenza
testo che amiamo ma anche con un mito a cui
aderiamo, mantenendo però quella distanza ironica che è la cifra di tutte le forme di social networking. Così, quel peculiare sottogenere di You Tube che è il Tribute, piccolo videoclip o album musicato costruito per montaggio di film o foto di un attore o personaggio, può dare una soddisfazione paragonabile a quella che, in altri tempi, poteva venire dal portare i capelli
proprio come Claudette Colbert, o dal togliersi la canottiera sotto la camicia proprio come Clark Gable.
glamo rous
Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze
ANGELINA? NO GRAZIE
Deve essere andata così. Angelina Jolie che chiede
“Stefano, Stefano delle mie brame, chi è la più bella del
reame?”, e lui che risponde “ma Alessia Merz, mia
signora!”. Biancaneve però non c’entra nulla. Correva
l’anno 1996 e Stefano Salvati già allora avrebbe dovuto
capire che il cinema non faceva al caso suo: 1) sceglieva
di girare Jolly Blue, un film sulla vita dell’883 Max
Pezzali; 2) scritturava la Merz al posto della Jolie. Cosa è
successo dopo lo sanno tutti: Angelina sarebbe diventata
una stella, la Merz una meteora, e Salvati il regista di
Albakiara. Nella vita le favole funzionano al contrario.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
a cura di
Gianluca Arnone
QUELLA “VOLPE” DELLA FOX
Megan Fox ha capito che per fare la sex symbol non basta scalare classifiche di bellezza
né concedersi in pellicole dai ribollenti spiriti (Jennifer’s Body), ma bisogna darci dentro
con prove d’indicibile arguzia e sfrontato coraggio. Così, prima tenta l’affondo a mezzo
stampa contro la povera Scarlett Johansson (come sparare alla croce rossa) definendola
“una che usa paroloni per dimostrare di essere intelligente” (intervista a Elle del 10
maggio); subito dopo sfida Zenone e i paradossi della logica dichiarandosi “bisessuale
che non uscirebbe mai con un’altra bisessuale come me” (dichiarazione a DT del 14
maggio). Come dire sono ipocrita, ma il mio cognome non mente: Fox.
PENN D’AMORE
PER LA PORTMAN
Loro negano. “Siamo solo
amici”, ripetono ai molesti
cronisti del pettegolezzo.
Eppure nell’America
indiscreta del gossip soffia il
ragionevole dubbio che tra
Natalie Portman e Sean Penn
gatta ci covi. Gli indizi: lei è
single, lui si è appena
separato dalla moglie. Lei è il
simbolo dell’intellighenzia
hollywoodiana - con laurea in
psicologia ad Harvard - e lui
lo stereotipo dell’artista snob
ed engagé. Lei è rimasta
chiusa per una buona
mezz’ora in una toilette
durante una cena di gala, lui
pure. Lei ha comprato una
magione da 3 milioni di
dollari a Los Feliz (California),
lui no. A Los Feliz lui ci
abitava già.
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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colpo d’occhio
Tr e dici!
Olivia Wilde: da
spalla del Dr. House
a donna più sexy
del mondo
Olivia Wilde ha fatto “Tredici“.
I fan di Dr. House e
dell’internista battezzata col
numero della (s)fortuna lo
sanno bene. E pure agli altri
non sarà sfuggito che da
quando Maxim l’ha eletta la
“più sexy 2009” Olivia ha vinto
il suo totocalcio, alla faccia (e
non solo a quella) delle varie
Bar Rafaeli, Mila Kunis e
Adriana Lima. Classe ’84,
pecora nera di una famiglia di
giornalisti, sposata al
fotografo Tao Ruspoli e a
troppo anonimato, la Wilde
pregusta già il suo momento.
L’ora di luce nell’eternità
effimera della bellezza.
A SINISTRA. tappeto rosso per la
donna più hot del 2009
ACCANTO. Bar Rafaeli, Mila Kunis e
Adriana Lima con i bigodini
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
SOPRA. Olivia Wilde
a scatti: in”grande” e
insieme al marito
italiano, il fotografo Tao
Ruspoli
FE ST IVAL DE L M ES E
di Massimo Monteleone
Giugno tricolore: Pesaro omaggia
Lattuada, I mostri a Narni e Taormina
ospita la Francia
MOSTRA INTERNAZIONALE
DEL NUOVO CINEMA
XLV edizione del longevo festival
italiano, coerente nel seguire
percorsi originali, tendenze
sperimentali, cinematografie e
autori emergenti. In programma
titoli inediti e una rassegna sul
nuovo cinema israeliano. L’evento
speciale è la retrospettiva su
Alberto Lattuada. Incontri con gli
autori e tavole rotonde.
1
BIOGRAFILM FESTIVAL –
INTERNATIONAL
CELEBRATION OF LIVES
V edizione del primo festival
dedicato alle biografie e ai
racconti di vita. Previsti un
concorso, sezioni tematiche,
anteprime italiane e
internazionali, focus, incontri e
retrospettive (una su Julien
Temple). Quest’anno si celebra
lo storico evento rock di
Woodstock (fra gli ospiti Barry Z.
Levine, fotografo di scena del
film “Woodstock” di
M.Wadleigh).
Località Bologna, Italia
Periodo 10-15 giugno
tel. (0051) 4070166
Sito web www.biografilm.it
E-mail [email protected]
Resp. Andrea Romeo
5
IL CINEMA RITROVATO
XXIII appuntamento con la
rassegna dedicata ai film muti e
sonori riemersi e ai classici
restaurati, con incontri e
seminari. In programma, fra le
varie sezioni, omaggi a Frank
Capra, a Vittorio Cottafavi e alla
serie di Maciste. Ospita anche la
Fiera dell’Editoria
Cinematografica.
Località Bologna, Italia
Periodo 27 giugno - 4 luglio
tel. (051) 2194814
Sito web
www.cinetecadibologna.it/cinem
aritrovato2009
E-mail
cinetecamanifestazioni1@comun
e.bologna.it
Resp. Peter von Bagh
6
H o lly w o o d
Ending
MESSAGGIO ALLA NAZIONE
Durante una cena alla Casa Bianca in
onore dello star system, Tom Cruise
ha parlato agli americani preoccupati
dalla crisi: “Sono un attore, non un
politico. Recitare è quello che mi viene meglio fare. Non scenderei mai in
politica”. Ancora sicuri che il cinema
non serva a nulla?
BEN AL SERVIZIO
Quella di vessare i paparazzi sta diventando abitudine ad Hollywood. Neppure il pacifico Affleck si è sottratto. Una giornata al parco in compagnia di Jennifer
Garner e delle loro bambine si è trasformata in un
parapiglia, con l’indemoniato attore sorpreso a lanciare palline da tennis contro i fotografi appostati per
uno scoop. Ma stavolta il “servizio” gliel’ha fatto Ben.
JACKSON S’ILLUMINA
“La sua pelle si illumina al buio”. E’ quanto
avrebbero confidato due ex ballerine di Michael
Jackson al Los Angeles Times. Se la notizia fosse
vera dimostrerebbe una volta per tutte che “più
bianco non si può” non è solo il detersivo.
18
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
Località Pesaro, Italia
Periodo 21-29 giugno
tel. (06) 4456643 (rif. a Roma)
Sito web www.pesarofilmfest.it
E-mail [email protected]
Resp. Giovanni Spagnoletti
TAORMINA FILMFEST IN
2 SICILIA
LV edizione della rassegna
siciliana, con anteprime di film di
tutto il mondo alla presenza di
autori ospiti. La sezione
competitiva “Mediterranea”
presenta 8 lungometraggi
prodotti in quell’area geografica.
Prevista una retrospettiva sulla
Francia, paese ospite d’onore.
Località Taormina (Messina), Italia
Periodo 13-20 giugno
tel. (0942) 21142 segreteria a
Roma: tel. (06) 486808
Sito web www.taorminafilmfest.it
E-mail
[email protected]
Resp. Deborah Young
VIE DEL CINEMA
7 XVLEedizione
della “Rassegna
di cinema restaurato”. Il
programma è dedicato a “Il
cinema di papà – Il “giovane”
cinema italiano rende omaggio
ai propri padri, reali e putativi”.
GENOVA FILM FESTIVAL
3 XII
edizione della più
importante manifestazione ligure
sul cinema e gli audiovisivi. In
concorso opere di fiction (anche
d’animazione) e documentari.
Previsti omaggi, rassegne, e
incontri con gli ospiti.
Località Genova, Italia
Periodo 29 giugno – 5 luglio
tel. (010) 5573958
Sito web
www.genovafilmfestival.it
E-mail
[email protected]
Resp. Cristiano Palozzi, Antonella
Sica (Ass.Cult. “Daunbailò”)
ARCIPELAGO
XVII edizione del “festival
internazionale di cortometraggi
e nuove immagini”. Sezioni
competitive: The Short Planet
(film e video internazionali,
“corti” digitali); ConCorto (film e
video italiani); VideoRome;
Short.Web 9.0 ; Extra Large. Non
competitive: Itinerari.
Località Roma, Italia
Periodo 12-18 giugno
tel. (06) 39388262
Sito web
www.arcipelagofilmfestival.org
E-mail
[email protected]
Resp. Stefano Martina
4
Marco Risi presenta la copia
restaurata di “I mostri”. Prevista
una sezione sui film in Super8.
Località Narni (Terni), Italia
Periodo 27 giugno - 5 luglio
tel. (0744) 747282
Sito web www.comune.narni.tr.it
E-mail
[email protected]
Resp. Alberto Crespi, Giuliano
Montaldo
NAPOLIFILMFESTIVAL
XI edizione della rassegna
competitiva, con il concorso
Nuovo Cinema Italia, più i
consueti cortometraggi e
documentari di “Schermo
Napoli”.
Località Napoli, Italia
Periodo 10-15 giugno
tel. (081) 4238127
Sitoweb www.napolifilmfestival.com
E-mail
[email protected]
Resp. Davide Azzolini, Mario
Violini
8
Speciale Cannes
Huppert
Il festival francese
primo tra tutti. Merito di una
selezione di altissima qualità e di
una presidentessa coraggiosa
di Marina Sanna foto Pietro Coccia
20
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Giugno 2009
class
Cannes “Palma
a Palma”:
Charlotte
Gainsbourg,
Isabelle Huppert
e Michael
Haneke
Giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
21
Speciale Cannes
ANDREMO CONTROCORRENTE. Gran
parte della stampa ha espresso
sconcerto o è rimasta delusa dalla
decisione della giuria della 62° edizione
di Cannes: a posteriori si sono ricordati
di essere italiani e che Vincere di Marco
Bellocchio forse meritava qualche
riflessione meno sommaria. I premi
della presidentessa Isabelle Huppert
hanno lasciato il segno, sollevato
discussioni, ma il festival di Thierry
lo scrittore Hanef Kureishi, i registi
James Gray e Nuri Bilge Ceylan, le
attrici Robin Wright Penn e Asia Argento.
Viceversa, il giudizio può essere letto
come espressione di una selezione di
altissima qualità. Nessun film brutto,
qualcuno insopportabile (Enter the Void
di Gaspar Noè) hanno probabilmente
generato troppi riconoscimenti (alcuni
poco comprensibili: Thirst di Park Chanwook ex aequo con Fish Tank di Andrea
Madame Huppert aveva già fatto
impazzire i connazionali presentandosi al
galà vestita Armani
Frémaux (e Gilles Jacob) è bello anche
per questo: il verdetto finale ribalta
quasi sempre i pronostici dell’ultima
ora. La Palma d’Oro a Michael Haneke
per il crudele e raffinatissimo Nastro
bianco è stata coraggiosa come quella,
meritatissima, a Charlotte Gainsbourg,
migliore attrice nell’Antichrist di Lars
von Trier. La squadra non è stata
compatta, era già rischiosa sulla carta:
ricordiamo che tra i giurati c’erano
nazionalità e personalità diverse, tra cui
Arnold), spezzettati qua e là (la
sceneggiatura per Spring Fever di Lou
Ye, la regia al filippino Brillante
Mendoza), l’omaggio ad Alain Resnais
(bello e giovialmente assurdo il suo Les
herbes folles). E se la Palma all’attore è
andata a Christoph Waltz nel divertente
Inglourious Basterds di Quentin
Tarantino, in barba allo star system che
avrebbe premiato Brad Pitt - Aldo
l’Apache, almeno due grandi sono stati
dimenticati. Il magnifico Bright Star di
La Montée de
Marche. Accanto
Alain Resnais
Jane Campion, sulla storia d’amore
sofferta e senza tempo tra il poeta John
Keats (Ben Wishaw) e la graziosa Fanny
Browne (l’australiana Abbie Cornish,
autentica rivelazione del festival). Ed Elia
Suleiman: il suo The Time that Remains,
Critica selvaggia?
Filippo Timi è
Benito Mussolini
in Vincere
22
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Giugno 2009
NOTA A MARGINE di una polemica
minore, che ha contrassegnato
l’ultima edizione del festival di Cannes.
Questi i fatti. Le reazioni dei principali
quotidiani italiani al film di Bellocchio
sono (a dir poco) fredde. Il regista
s’infuria, accusando di frettolosità i
giornalisti che lo avrebbero “pugnalato
alle spalle”. Segue una parziale marcia
indietro di Repubblica e Corriere, che
citano copiosamente le recensioni
ultra favorevoli della stampa estera.
Risarcimento dovuto, polemica chiusa:
perché parlarne ancora?
Facciamo un passo indietro. Si pensava
di aver toccato il fondo lo scorso anno,
con le cronache dalla Croisette che una
(giustamente) nota e apprezzata
columnist aveva formulato senza
muoversi da Milano, costretta a letto da
un’infausta caduta. Quest’anno, alcuni
incomunicabilità. Quanto alla Huppert,
che aveva già fatto impazzire i
connazionali presentandosi al galà di
apertura vestita Armani, con la scelta di
Haneke al posto del gettonatissimo
Jacques Audiard (Un prophète, gran
premio della giuria) deve averli fatti
davvero arrabbiare. Madame Huppert
sia incoerente, scriveva Le Monde il
giorno prima della cerimonia di
chiusura, facendo riferimento alla
Palma dell’anno scorso attribuita a
Laurent Cantet. Più che incoerente è
stata sorprendente e ha premiato il
regista che le ha fatto vincere la Palma
nel 2001 con La pianista. Lo ha
abbracciato a lungo, davanti a tutti,
infischiandosene di pettegolezzi,
ipotetici conflitti di interesse o
favoritismi spiccioli.
%
impresa durata sette anni tra scrittura,
montaggio e ricerca di fondi per la
produzione, presenta singolari affinità
con l’Inglourious Tarantino e riesce a far
sorridere lo spettatore a dispetto della
drammaticità del soggetto. Dove
Tarantino cambia la Storia, Suleiman
mostra con malinconica ironia
l’impossibilità endemica di una
soluzione pacifica del conflitto araboisraeliano. Due popoli simili, due lingue
apparentemente vicine, un abisso di
Da cronista a giudice: trasformazioni sommarie della stampa italiana
giornali (La Stampa, Il Messaggero)
hanno deciso di lasciare a casa il
proprio critico, spedendo a Cannes solo
il (o la) giornalista, specializzati in
interviste di routine e gossip ridondanti.
Come se non bastasse, e ubbidendo a
non si sa quale malsano impulso
collettivo, tutti i caporedattori hanno
preteso che i malcapitati inviati
scrivessero di getto le loro impressioni,
subito dopo la visione riservata alla
stampa. Per chi non lo sapesse,
quest’ultima è in programma la sera
precedente la proiezione ufficiale e si
conclude a tarda ora. Inevitabile che
ogni tanto qualcuno debba scappare via
prima della fine, perché la rotative non
possono aspettare (è successo proprio
nel caso in questione). O che gli capiti di
non riuscire a imbastire se non
affrettati resoconti, sostituendo al
giudizio ponderato poche righe
sommarie, di solito condite con la
cronaca delle prodezze sessuali esibite
sullo schermo. Non se n’abbiano a
male i valorosi critici, costretti a
condizioni di lavoro che
penalizzerebbero chiunque. Non è in
discussione la loro insindacabile
autonomia di giudizio. Sarebbe tuttavia
opportuno che qualcuno rispondesse a
queste poche domande, pure in tempi di
interrogativi destinati a rimanere senza
replica. Perché nessuno dei giornali
stranieri è ossessionato dall’idea di
pubblicare con 24 ore di anticipo la
recensione di un film che gli spettatori
normali vedranno con qualche
settimana o mese di ritardo? Perché
solo in Italia i direttori di quotidiani
ritengono che chiunque possa fare il
mestiere del critico cinematografico,
purché sappia scrivere in un buon
italiano? Perché le recensioni di
Liberation e Le Monde sembrano
scritte da critici che hanno avuto tutto il
tempo di pensarci a lungo e di
documentarsi?
Infine: in un’epoca in cui il risultato
commerciale di un film si gioca tutto nel
primo week-end di programmazione,
che ne è del senso di responsabilità di
chi spara in prima pagina un giudizio
tranchant su di un film bello e
importante (“Bellocchio non convince”)?
Perché uno spettatore di oggi, già
fortemente demotivato, dovrebbe uscire
di casa per andare a vedere un film
bollato come non convincente? Ha forse
ragione Coppola, quando dice che la
critica di oggi gli sembra diventata più
“selvaggia”?
ALBERTO BARBERA
Giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
23
Speciale Cannes i magnifici 7
Palma
d’Oro
Il nastro bianco
DI MICHAEL HANEKE SEZIONE CONCORSO
SOTTO LA PALMA il miglior film di
Cannes 62. Onore al merito per Isabelle
Huppert e i suoi giurati, che con la scelta
di Das Weisse Band di Michael Haneke
hanno dimostrato che il cinema non solo
lo fanno, ma lo capiscono. Diciamolo
subito, “spiegare“ questa Palma con il
premio ricevuto a Cannes dalla Huppert
nel 2001 per La pianista del regista
austriaco sarebbe meschino al di fuori
della stima e dell’affetto (palesato nel
lungo abbraccio sul palco) tra un uomo di
Cinema e una donna di Cinema. In un
concorso dominato - eccetto Looking for
Eric, Taking Woodstock, Spring Fever,
Un prophete e Fish Tank - da uno spiccato
individualismo, se non solipsismo,
derivante dall’oggettiva difficoltà di
raccontare una società in crisi non solo
economica, la predilezione per Haneke,
oltre ad attestare la forma superba
24
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Giugno 2009
del film, riconosce una precisa posizione
poetico-ideologica: il torbido e datato
microcosmo glocal del 67enne cineasta,
che in un villaggio della Germania
all’alba della Prima Guerra Mondiale
rintraccia i germi del fondamentalismo,
è più significante e significativo per il
presente sociale che non il richiamo
all’unità di Loach, la nostalgia formato
famiglia di Lee, le inquadrature sottratte
alla censura cinese di Lou Ye, il realismo
inglese e femminile della Arnold, perché
Straordinario
album fotografico
sul nostro senso
di colpa
senza l’ansia e l’opacità dell’hic et nunc
cerca nel bianco e nero delle fotografie
d’epoca le domande risolutive alla
violenza dell’oggi. Splendidamente
fotografato da Christian Berger,
fedelmente ricostruito nelle scenografie
di Christoph Kanter, Il nastro bianco
(ironica allusione all’innocenza che non
c’è) è un altro capitolo della filmografia
di Haneke sul senso di colpa nella civiltà
giudaico-cristiana. Il regista torna a
(di)mostrare di non credere nella bontà
dell’uomo: è questa l’autentica soluzione
del thriller, che viceversa, come già in
Caché non ne ha una definitiva sul piano
narrativo. Proprio perché ad Haneke, e
pure a noi, non interessa. E nemmeno al
Cinema, che trova nel Nastro bianco uno
straordinario album fotografico sulla
(de)costruzione della violenza.
%
FEDERICO PONTIGGIA
Casta
diva
Laetitia canta per Tsai e rivendica:
“Noi modelle siamo attrici”
LAETITIA CASTA? Fa buon Visage al
viaggio nel mito Salomè di Tsai MingLiang. A interpretare la danzatrice
dei sette veli è lei, l’ultima Marianna
di Francia, che sul tapis rouge si è
presentata con il marito Stefano
Accorsi, il pancione del terzo figlio, una
chioma biondissima e un passato da
rivendicare: “L’immagine di mannequin
sembra più superficiale, ma in realtà
somiglia molto al mestiere d’attrice:
siamo sempre in un mondo di
rappresentazione, e siamo sempre un
veicolo di emozioni. Tsai non ha avuto
paura della mia carriera di
indossatrice: ha usato tutto, e me l’ha
detto esplicitamente. Come risultato,
mi sono sentita libera di essere
interamente me stessa”.
Forse col rischio di trasformarsi in
“burattino” nelle mani del regista
malese di nascita e taiwanese di
formazione: “Mi piace come
modella, per questo l’ho
chiamata: amo la sua
immagine”, confessa il
virtuosistico Tsai, che ha aderito
con Visage al progetto del
Louvre per un serie di
lungometraggi ambientati nel
museo. Superbamente vestita
da Lacroix, la Casta Salomè è
protagonista di gustosi siparietti
musical, dove balla e canta in
taiwanese. Ma la diva corsa non
dimentica la patria: ha appena
finito Serge Gainsbourg, vie
heroique, nei panni di
Brigitte Bardot. Lei come
BB: bella e brava. Ma
Casta...
FEDERICO PONTIGGIA
Giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
25
Un prophète
DI JACQUES AUDIARD SEZIONE CONCORSO
JACQUES AUDIARD cuce insieme ritmo e spettacolarizzazione, disegna
linee rette per le psicologie dei criminali e non si vieta incursioni nel grand
guignol. Le sovraimpressioni con brevi frasi e/o nomi dei protagonisti
provano a scostare in capitoletti una materia narrativa talmente compatta
che due ore e mezza passano come niente. Il respiro di un gangster movie
compresso tra le quattro mura di un carcere con sequenze da tenere a
memoria. Quella investita da un pezzo hip-hop, in cui la mdp segue i
frammenti ripetuti della preparazione del pasto tra cucina, corridoi, cortile,
celle, uffici delle guardie, è all’altezza di Quei bravi ragazzi.
%
DAVIDE TURRINI
JANE CAMPION è una regista sensibile e
feroce. La sua filmografia è discontinua,
passa da capolavori come Lezioni di piano
a opere modeste (In the Cut) o molto
ambiziose e riuscite parzialmente (Ritratto
di signora). Dopo Un angelo alla mia
tavola, Bright Star è forse il suo film più
bello, certamente il più incantevole. La
breve storia di Fanny Browne e il poeta
John Keats (il pallido Ben Whishaw), morto
a 25 anni di tubercolosi, è quella di un
amore intenso, affidato alla straordinaria
immedesimazione dei protagonisti (brava
Abbie Cornish). Un film in costume senza
tempo, in cui i sentimenti si mescolano in
modo sublime con la poesia di Keats.
%
MARINA SANNA
Bright Star
DI JANE CAMPION SEZIONE CONCORSO
Politist, adjectiv
DI CORNELIU PORUMBOIU SEZIONE UN CERTAIN REGARD
TRE ANNI DOPO LA CAMÉRA D’OR, Corneliu Porumboiu torna con un film
minimalista incentrato su un giovane poliziotto. Confrontato con un soggetto
ordinario, Porumboiu riproduce la banalità della vita del suo personaggio con
lunghi piani sequenza in cui poco accade. La ripresa del reale in tutta la sua
durata non è però fine a se stessa, ma produce uno stato di sospensione dalle
ferree meccaniche della logica narrativa. In modo inatteso il discorso si sposta
dal piano osservazionale a quello analitico: a rapporto con il superiore Cristi, il
poliziotto, si trova a mettere in discussione il valore della legge, che distrugge la
vita di un giovane per un’infrazione minima. Vero e proprio saggio di filosofia
morale applicata, non è un film facile e accattivante. Ma se fare cinema significa
anche riflettere e far riflettere, Porumboiu non lascerà indifferenti. Anzi.
%
CARLO CHATRIAN
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Giugno 2009
Speciale Cannes i magnifici 7
Quentin
in ballo
“Non sono un regista americano, faccio
film per il Pianeta Terra”
”NATO dalla mia predilezione per i generi,
il film più simile a Pulp Fiction che abbia
mai fatto” oggi è la vetta dietro cui si
nasconde il futuro di Tarantino: “Non so
che farò: finito un film, è bello riprendersi
un anno della propria vita. Quando ho
iniziato a scrivere Inglourious Basterds,
era l’unica montagna che potessi vedere.
Ora devo scalarla, prima di vederne delle
altre”. Nell’attesa, dopo averlo visto
volteggiare sul tapis rouge con Melanie
Laurent, Quentin ballerà anche al
Colosseo, in settembre, da star apolide
qual è: “Non sono un regista americano,
faccio film per il Pianeta Terra”. Con una
smaccata predilezione per Cannes:
“Essere qui è sempre un sogno, non
esiste al mondo un altro posto simile per
il cinema. Qui i film importano, eccome:
c’è passione, anche quando si fischia".
FEDERICO PONTIGGIA
Giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
27
Speciale Cannes i magnifici 7
Inglourious Basterds
DI QUENTIN TARANTINO SEZIONE CONCORSO
UN GRUPPO di inglouriousi basterdi
elimina il cuore nero del nazismo in un
cinema di Parigi che brucia. “Questa è
la vendetta ebrea”. Tarantino non
rilegge la storia: ci mostra come
avrebbe voluto che andasse in un altro
suo film eccentrico, colorato, tempi
dilatati, narrazione scentrata, fitti
dialoghi in francese, tedesco, inglese e
italiano (obbligatori i sottotitoli!). In più:
non vanno ai bastardi del titolo le
attenzioni di Tarantino che quasi se ne
dimentica per seguire un ufficiale
tedesco infido, dall’intuito raffinato,
abilissimo nello smascherare ogni
piano e pensiero. È lui, e non Brad Pitt
(che si vede poco), il protagonista del
film (circolano leggende, si dice che
Tarantino abbia girato scene in più, che
abbia già pronto il vero film dedicato ai
basterds; chissà...). Si viaggia tra i
28
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Giugno 2009
generi: inizio western con le green
leaves of summer di Dimitri Tiomkin,
poi Aldrich e lo sporco pugno di apache,
poi insistenti richiami al cinema
tedesco, francese, americano, italiano,
Pabst, la Darrieux, Lubitsch, Max
Linder, il sergente York... I cinefili di
serie B che hanno sempre pensato che
Tarantino fosse cresciuto a forza di junk
food e filmacci poliziotteschi all’italiana
sono serviti: Tarantino scrive dialoghi
formidabili (questo lo sapevamo già),
Ebrei allo
sterminio dei nazi
nel film che
riscrive la storia
usa un montaggio classicissimo e
calmo, resta per venti minuti a
guardare due o tre che discorrono (con
le pistole puntate sotto il tavolo, con gli
ebrei nascosti sotto il pavimento, con
uno pseudo-Churchill in un angolo...) e
si rifà elegantemente ai bei nomi del
cinema di un tempo. Adesso per dirsi
tarantiniani si devono conoscere Pabst,
Ophuls, Hawks, Murnau... E i critici
iperciliosi dovrebbero decidersi a
guardare per davvero i film di
Tarantino: lui e von Trier sono, oggi, i
registi che sanno portarci in posti dove
non siamo mai stati, dove si può
riscrivere la storia e dove la storia del
cinema sta alla base del piacere del
cinema (anche del doloroso e perverso
piacere del cinema, dei corpi e
dell’animo, come sa e fa von Trier). %
BRUNO FORNARA
Mezzogiorno di lotta
“Un pugile che non va mai giù”: Ida Dalser secondo Giovanna
“UN PUGILE che non va mai giù,
nemmeno al millesimo round”.
Parola di Giovanna Mezzogiorno,
ovvero Ida Dalser, moglie del Duce e
madre di Benito Albino, concepito,
riconosciuto e poi negato da
Mussolini. Due esistenze cancellate
dalla memoria e riportate in vita da
Vincere di Marco Bellocchio, a bocca
asciutta sulla Croisette.
Interpretazione sofferta e apprezzata
quella di Giovanna, che fatica a
identificarsi con la Dalser:
“Premessa politica, il Duce non mi
avrebbe affascinato, ma di certo
emanava carisma, virilità, e le donne,
non neghiamolo, sono attratte dal
potere. Inoltre, Ida insegue una
relazione finita: la sua non
accettazione della realtà, che un
uomo non ti voglia, è sindrome
ancora attuale”. Dalla psiche alla
politica, “Vincere è metafora
dell’Italia presente, che miete vittime
segretamente con mezzi da regime:
offesa, insulto, menzogna, c’erano
allora come ci sono oggi”.
%
F.P.
Pedro: baci e Abbracci
Almodóvar ritrova la musa
“Penelope” e l’ispirazione
PRIMA DI REALIZZARE Los abrazos
rotos Pedro Almodóvar ha sofferto a
lungo di emicranie. Le crisi erano
talmente forti che a malapena riusciva
a mettere i piedi fuori di casa. In quei
mesi ha incominciato a pensare a una
storia. Una volta guarito è rimasto in
parte fotosensibile. La paura della
luce (tema che ricorre anche in Tetro
di Coppola) gli è rimasta dentro. La
trama che gli ronzava in testa è
diventata quella di un autore che ha
perduto la vista dopo un grave trauma,
incipit di Los abrazos rotos, in
concorso a Cannes e molto applaudito.
Uno dei più malinconici da lui
realizzati, il meno “convenzionale”
della sua carriera e il più rigoroso allo
stesso tempo.
M.S.
Giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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Antichrist
DI LARS VON TRIER SEZIONE CONCORSO
IL BAMBINO si affida alla neve e si lascia cadere dalla finestra mentre i
genitori fanno l’amore. La coppia espia il lutto in un Eden che è selva oscura,
fuori e dentro se stessi. “Lascia ch’io pianga la cruda sorte e che sospiri la
libertà”, si canta meravigliosamente dal Rinaldo di Händel. Ma la libertà,
nell’Eden, non c’è. La natura, la colpa, il corpo, il (dis)piacere, la mente: tutto è
regno del male. E dal male non ci si libera: non con la misera razionalità
dell’uomo, non con le efferate mutilazioni della donna. Lars von Trier dice in
maniera che più esplicita non si può, fisica e metafisica, che non possiamo
liberarci dal male. Né chiede che sia un Altro a liberarcene: e allora la vita
non può essere che tragedia, dolore e lutto inespiabile.
%
BRUNO FORNARA
Visage
DI TSAI MING-LIANG SEZIONE CONCORSO
TSAI MING-LIANG fonde la lavorazione di
un film dedicato al mito di Salomè
(Laetitia Casta) girato al Louvre ai
fantasmi dolenti del regista che, perduta
la madre durante le riprese, dopo la
cerimonia funebre a Taipei resta immerso
nel sonno, cercando di mantenere in vita
lo spirito materno, mentre la produttrice
del film (Fanny Ardant) attende di
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Giugno 2009
riportare il suo cineasta a Parigi, dove
Jean-Pierre Leaud interpreta Erode nei
sotterranei angusti del Museo. Le
immagini di Tsai sono versi con spazi
bianchi, un 8 e ½ orientale, privo cioè del
bisogno di identificare l’autore narciso. Si
passa senza continuità dal film su Salomè
al lutto del regista, dal boschetto innevato
dove la Casta canta suadenti romanze,
all'appartamento oscuro di Taipei dove
l'Ardant, in fondo, aspetta il vero addio
alla madre, che finalmente abbandona il
letto di morte e se ne va per sempre. La
danza dei sette veli in un macello è
l’essenza di erotismo&pericolo. Leaud
guadagna l'uscita proprio sotto il quadro di
Leonardo "San Giovanni Battista", poi
viene finalmente ritrovato il cervo
(pittorico) perduto all'inizio. Il cervo
rappresenta Mercurio, ed è simbolo del
viaggio nei regni umani...
%
SILVIO DANESE
Speciale Cannes i magnifici 7
Ken
Loach
Elia
Suleiman
Looking for Eric: dal regista
“operaio” una lezione di leggerezza
“Palestinese? Non dobbiamo farci
etichettare”. E’ tempo di cinema
MAESTRO della leggerezza nel raccontare
la miserevole vita del protagonista Eric
(Steve Evets) e del suo idolo, il famoso
calciatore Eric Cantona (interpretato da se
stesso), Ken Loach è anche grande talent
scout, come dimostra ancora una volta la
scelta di puntare su un volto sconosciuto.
Il regista “operaio” conquista lo spettatore
con dialoghi e trovate brillanti, complice la
sceneggiatura dell’amico di lungo corso
Paul Laverty. Looking for Eric (il titolo
gioca sul nome di Cantona) non è altro
che l’ennesima conferma della sapienza
di Loach, tornato in concorso a Cannes
dopo la Palma d’oro nel 2006 con il
drammatico Il vento che accarezza l’erba.
“La commedia è solo una tragedia con
lieto fine – spiega con quella sua faccia
onesta -. Volevo far sorridere il pubblico,
facendolo pensare”. Il film, aggiunge, non
è sul football, come potrebbe far pensare
la presenza di Cantona: “I ritmi del
cinema e del calcio sono profondamente
diversi: il primo tende a superare il
secondo e quindi a rubare l’attenzione di
chi guarda. Per questo è difficile
realizzare buoni soggetti sul calcio; il
modo migliore di farli dialogare è fare
cinema che rifletta sul calcio”.
%
“THE TIME THAT REMAINS è quello della
nostra situazione globale e quello della
storia del film: osservata da una
prospettiva non politica, ma privata”. Così
Elia Suleiman, in concorso con una
Palestina formato famiglia: la sua
famiglia, nel viaggio speculare del regista
- dall’indifferenza giovanile all’attivismo
politico della maturità fino all’attuale
osservazione senza parole – e del padre dalla lotta di Resistenza del ‘48 alla
successiva passività.
Con gag in stile Tati e Keaton e le musiche
arabe predilette dal genitore, il film ha un
“sottotitolo politico, Arabo-Israeliani, che
descrive i Palestinesi rimasti sulla propria
terra, ma dopo il ’48 considerati assenti.
Termine politico, ma appropriato anche
per il mio privato: sono una persona
assente e presente insieme, outsider e
insider, che non vive in un posto ma parte
sempre per – non lo vorrei direi ora –
ritornare”. Per Suleiman essere
palestinese “è sempre una sfida: non devi
farti incasellare nella categoria, ma
sentirti libero di non parlarne quale
specificità geopolitica”. Qui è nato The
Time That Remains, “un film cinetico, dal
messaggio universale”.
%
M.S.
Francis Ford
Coppola
Il Padrino americano sceglie la
Quinzaine per il film più personale
"E' VERO - dice Francis Ford Coppola - la
direzione mi aveva proposto il fuori
concorso e io ho rifiutato, non mi sento a
mio agio con lo smoking, ho preferito la
Quinzaine, mi sembrava più in linea con
lo spirito di Tetro". Camicia gialla limone,
pantaloni sportivi, accompagnato
dall'inseparabile moglie, dal figlio
Roman e da parte del cast Coppola è
accolto da un tifo da stadio, sorride,
saluta tutti. "E' il mio film più
autobiografico- ammette-. E' ambientato
in Argentina dove ci sono molti italiani,
mi è parsa l'occasione giusta per parlare
della mia famiglia". La storia si svolge
nel quartiere la Boca di Buenos Aires,
protagonista Vincent Gallo, alias Tetro,
che vive con Maribel Verdù, lontano da
qualsiasi contatto con passato e parenti,
finché un giorno gli piomba a casa il
fratello minore in cerca di risposte. In un
crescendo di segreti svelati scoprirà
verità tragiche e poco consolatorie sul
padre di entrambi. Fotografia e regia
superlative, è il terzo film che Coppola
scrive interamente. "E' la parte
essenziale di un progetto, per anni ho
diretto storie di altri. Speravo con tutto il
cuore che arrivasse questo giorno".
%
F.P.
M.S.
Giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
31
COVER
PAURA, ANGOSCE E
FANTASMI: IL GIOVANE
PRODIGIO DIVENTA UOMO. E
IL CINEROMANZO FANTASY
PER ECCELLENZA GUIDA IL
CAMBIAMENTO
DI ENRICO MAGRELLI
A PROPOSITO
DI HARRY
(POTTER)
32
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
Harry Potter e il
Principe Mezzosangue.
Daniel Radcliffe ed
Emma Watson.
Sopra Rupert Grint
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
33
COVER
ASPETTANDO HARRY POTTER. Certo il
Godot di Beckett ha altre implicazioni e
sfiora altri ambiti. L’attesa di Harry
Potter e il Principe Mezzosangue, sesto
e penultimo film della serie, sta per
finire. Il maghetto di Privet Drive ormai,
al dipartimento anagrafico della
narratologia, ha diciassette anni. Tra un
anno potrà votare e conseguire la
maturità ad Hogwarts e non sarà più un
bambino costretto, con fatica, a
crescere, a trovare la propria strada e a
decifrare il proprio destino. Anche i
piccoli custodi della magia invecchiano.
Harry (Daniel Radcliffe), la sua amica
Hermione Granger (Emma Watson) e
Ron Weasley (Rupert Grint) vivono e
assistono, sul proprio corpo e nella
propria testa, all’incantesimo più
misterioso, fatale e “terrificante”. Un
sortilegio che non ha bisogno della
bacchetta o della formula imparata a
memoria al corso di trasfigurazione
della professoressa Mc Granitt o al
corso di difesa contro le arti oscure.
Una stregoneria che modifica, per
sempre, i lineamenti, la geometria del
corpo e i pensieri.
Se esiste, come esiste, un link profondo
e arcano tra la seduzione, vissuta al
cinema o sfogliando le pagine di un
libro, tra la paura, il fantastico,
l’occulto, l’orrore e le turbolenze e le
metamorfosi della lunga e sismica
adolescenza di queste inquiete stagioni,
la saga creata da Joanne Rowling
interpreta, con abilità, questo legame e
lo sviluppa in un romanzo
moderno/antico di formazione. Sette
libri. Ogni libro scandisce un anno della
vita dei personaggi. Harry all’inizio è un
orfano di undici anni, con una evidente
cicatrice sulla fronte e cicatrici sepolte
nella memoria. Il mondo potteriano
progredisce e cresce insieme alla
prima generazione dei suoi lettori, poco
più che bambini alla fine del Novecento.
E’ la favola virtuale da leggere ogni sera
prima di addormentarsi. E’ il racconto
stratificato che presenta situazioni,
sentimenti, tremori e ansie sintonizzati
con situazioni, sentimenti, tremori e
ansie dei suoi lettori. Confidenze, mms,
righe fatte di dialogo da messenger
moderate da una scrittrice adulta.
Harry e i suoi lettori (nel tempo altre
generazioni saranno pronte a farsi
accompagnare da queste storie dalla
fanciullezza alla fine dell’adolescenza)
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
Ancora Rupert
Grint. In basso
alcune scene del
film
La forza suggestiva
è uno dei motori
della rinascita, non
inedita, del piacere
di uno spavento
romantico
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
35
COVER
devono capire chi sono e chi stanno
diventando in un contesto
lussureggiante di personaggi iperbolici,
di apparizioni e visioni, di invenzioni da
repertorio delle favole e dei videogame,
di declinazioni originali dei giochi di
ruolo, di prove e programmi scolastici.
La scuola è un perno essenziale nel
mondo parallelo rigidamente
strutturato dal punto di vista
topografico e allegorico in questa
fluviale novella a puntate. In Harry
Potter e il Principe Mezzosangue
diretto da David Yates, già regista del
film precedente Harry Potter e l’ordine
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
Harry e i suoi lettori devono capire
chi sono, e chi stanno diventando, in un
contesto di personaggi iperbolici
della Fenice, il protagonista è atteso da
alcune novità: il ruolo di capitano nella
squadra di quidditch, il bacio con Ginny,
l’eredità dell’elfo Kreacher, le ore di
studio con Albus Silente sul passato di
Lord Voldemort, il manuale del
misterioso Principe Mezzosangue.
Come di consueto ci sono alcuni
avvicendamenti significativi sulle
cattedre dei corsi più spettacolari.
Harry Potter, nei suoi sette
cineromanzi, costeggia, instancabile, la
paura e Voldemort materializza
angosce e fantasmi con i quali i babbani
fanno i conti dalla notte dei tempi. Bene
e Male si sfidano e si scontrano qui
come altrove. E hanno anche suscitato
polemiche, prima enfatizzate e poi
rientrare nell’ordine naturale delle cose
da fiction. La forza suggestiva di Harry
Potter è uno dei motori della rinascita,
periodica e non inedita, del piacere di
uno spavento romantico. La fioritura di
vampiri, l’abbondanza di sconfinamenti
tra due mondi, due morali, due
vocazioni nel cineletterario Twilight e
nel letterario-televisivo True Blood
ribadiscono l’efficacia di uno schema
enigmatico: esseri umani versus
l’ignoto.
%
ROWLING
SENZA LODE
“Non ho mai amato questo tipo di
fantasy – dice Richard Matheson -.
Preferisco Twilight di Stephenie
Meyer”
di Paolo Zelati
“Penso che i libri di Harry Potter siano
scritti molto bene e che J.K. Rowling
meriti tutto il successo che ha avuto;
però non ho mai amato questo tipo di
sorcery-fantasy: lo trovo noioso e con
un solo grado di lettura”. A parlare è
Richard Matheson,
scrittore, sceneggiatore,
saggista nonché autore
che, con la sua opera, ha
rivoluzionato lo sviluppo
del fantastico
contemporaneo. “Ho
guardato solo il primo
film della saga di Harry Potter”,
continua Matheson, “poi non sono più
riuscito ad andare oltre, anche perché
ho trovato terribili le scelte di casting”.
Analizzando il panorama del fantasy
contemporaneo, Matheson colloca la
saga del maghetto occhialuto nella
categoria, abbastanza limitativa, del
“kids entertainment”, preferendo,
invece, l’universo di Twilight.
“Stephenie Meyer è riuscita a
riproporre, in chiave soprannaturale,
l’elemento cardine dei grandi film
classici degli anni ‘30 e ‘40, ovvero il
romanticismo senza l’elemento
sessuale esplicito; non so se l’abbia
fatto coscientemente (spesso si scrive
ciò che si pensa) ma la cosa ha
funzionato visto che, recentemente, tre
dei suoi libri figuravano nella top ten di
vendite”. Da grande storyteller qual è,
Richard Matheson analizza il fantasy in
modo strutturale ma anche viscerale,
mettendo in luce, così, gli elementi
chiave che riescono ad appassionare e
coinvolgere un determinato gruppo di
lettori. Di sicuro, il grande scrittore
americano non accetta l’opinione di chi,
superficialmente, riunisce tutto il
fantasy in un grande calderone,
Una scena di Twilight. Sopra Harry Potter, nel
riquadro Richard Mateson
soprattutto per quanto riguarda le
trasposizioni cinematografiche. Non è
possibile, infatti, paragonare la
complessità di Alice nel paese delle
meraviglie (che per molti, comunque,
continua ad essere una storia “per
bambini”), Il mago di Oz (che
quest’anno festeggia il 70°
anniversario) o Il Signore degli anelli
con opere quali Harry Potter o Le
cronache di Spider Wick. A volte,
tuttavia, l’enfasi interpretativa di quel
famoso “secondo grado di lettura” che
cita Matheson, porta critici e pubblico
un po’ troppo fuori strada: si pensi alle
polemiche (opposte) di stampo
religioso che hanno accompagnato
l’uscita di Le cronache di Narnia: il
leone, la strega e l’armadio o La
bussola d’oro, primo capitolo
cinematografico tratto dalla trilogia di
Philip Pullman “Queste oscure
materie”. Ma è sempre Matheson, a
suo modo, a porre fine a questo tipo di
polemiche: “Non sono interessato a
lanciare messaggi. Quando un autore
di fantasy scrive con questo scopo in
testa, non otterrà nulla di buono”.
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
37
COVER
SPECIALE
FANTASY
ARRIVA CORALINE, EPIGONE
DI ALICE E CAPPUCCETTO
ROSSO: ACCATTIVANTE
FIABA (NOIR) DAL REGISTA
DI NIGHTMARE BEFORE
CHRISTMAS
DI ANGELA PRUDENZI
INCUBO IN STOP CORALINE IN 3D
Primo film di animazione
stop-motion in 3D, Coraline
può vantare altri record. Ha
richiesto ben sette anni di
preparazione e un budget di
oltre 60 milioni di dollari. Un
imponente sforzo creativo e
produttivo che ha riunito
intorno al regista Henry
Selick uno staff di 450
persone tra esperti di design
digitale, animatori,
scenografi e costumisti,
creatori delle marionette e
persino un tecnico
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
60 milioni di dollari, 450 persone e sette anni di preparazione: ecco i numeri record
- MOTION
responsabile della fattura di
abiti e accessori in miniatura.
Un esercito di professionisti
più che una troupe, per dar
vita al fantasmagorico mondo
abitato da Coraline e i suoi
genitori, il folle circense
russo Mr. Bobinsky, le attrici
in pensione Miss Spink and
Miss Forcible. Un’allegra
brigata cui si aggiungono il
simpatico Wybie e l’anziana
nonna, un gatto nero e una
miriade di topi, cani e vari
altri animali. Marionette
estremamente sofisticate e
non semplici burattini quali
quelli utilizzati comunemente
in animazione. I corpi che
sullo schermo si muovono
con grazia e naturalezza,
hanno anime di metallo
ricoperte di silicone e poi
ancora di latex e resina,
materiali estremamente
duttili in grado di restituire
molte espressioni facciali. A
non variare è stata la tecnica
della stop-motion, la più
complessa tra quelle abituali
perché necessita di lunghe
riprese per pochi secondi di
film. Per avere un’idea,
soltanto completare i
CORALINE, adolescente intelligente e
curiosa, scopre un passaggio segreto
nella casa dove si è appena trasferita
con i genitori. Di notte, mentre si illude
di sognare, attraverso di esso penetra
in una realtà identica a quella in cui vive
dove però tutto è capovolto. Il male
sostituisce il bene, mamma e papà
sembrano amorevoli al contrario
nascondono una natura crudele, i fiori,
le piante e gli animali si trasformano in
feroci predatori. Solo un gatto nero
ispido e scorbutico attraversa la linea
tra i due mondi senza subire
trasformazioni negative, anzi
rivelandosi lungo l’arco dell’avventura
un prezioso alleato per rientrare
definitivamente nella vita reale. Fiaba
nera? Racconto gotico? Coraline, il
nuovo straordinario film del regista di
Nightmare Before Christmas Henry
Selick tratto dal best seller dello
scrittore Neil Gaiman, è questo e molto
altro ancora. Romanzo di formazione
sotto forma di immagini, grazie a una
potenza visiva estrema elabora al
movimenti di Coraline ha
richiesto 18 mesi di set.
Numeri da capogiro
insomma, per un film che
rappresenta il futuro
dell’animazione.
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
39
COVER
SPECIALE
FANTASY
meglio gli incubi e le paure che turbano
la mente nei traumatici passaggi di
infanzia e adolescenza. Difficili tappe
dell’esistenza intorno alle quali si sono
cimentati a lungo letteratura e cinema
fantasy, privilegiando di volta in volta le
componenti gotiche, orrorifiche o
semplicemente fiabesche. Ma, è noto,
non c’è fiaba che si rispetti che non
riveli tracce di perdizioni vere, di morti
fin troppo realisticamente simulate, di
sogni mostruosi e oppressivi. Non a
caso il racconto più o meno cupo e
crudele è uno degli strumenti
attraverso cui bambini e adolescenti di
ogni latitudine esorcizzano da sempre
l’ansia dell’abbandono, l’angoscia della
sofferenza e della morte, la paura del
diverso e quella opposta eppure ad
essa strettamente connessa di venire
emarginati.
Come si intuisce facilmente la svelta
Coraline archivierà con successo i
peggiori incubi, epigone di Cappuccetto
rosso, di Alice, della piccola Dorothy,
del Sam del Signore degli anelli o dei
due fratellini orfani di La morte corre
sul fiume, per citare alcuni fratelli di
elezione. Tutti, come lei, protagonisti di
fiabe e romanzi approdati al grande
schermo. Niente di nuovo sotto il sole,
parrebbe. Invece anche questa volta la
magia si rinnova perché non c’è nulla
da fare, in ognuno di noi alberga una
naturale propensione ad abbandonarsi
al fantastico, meglio se alla sua deriva
gotica. E Selick, maestro del genere,
approfitta abilmente delle nostre
debolezze: illumina di fronte ai nostri
occhi paesaggi idilliaci e all’improvviso
li trasforma in minacciose paludi di
morte, tratteggia amabili figure
parentali e subito le altera in lugubri
assassini costringendoci, al pari della
protagonista, ad agognare la luce in
fondo al tunnel.
%
Il racconto cupo è da sempre
uno degli strumenti attraverso cui
bambini e adolescenti esorcizzano
l'ansia dell'abbandono
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
COVER
SPECIALE
FANTASY
A 70 ANNI SUONATI IL
FANTASTICO OZ DI FLEMING
NON HA PERSO IL SUO
FASCINO. E ALL’INNO DI
OVER THE RAINBOW
CONTINUA A INFLUENZARE
GENERAZIONI DI AUTORI
DI MARCO GROSSI
IL MAGO
EVERGREEN
CHE ANNO, IL 1939, per la storia del
cinema! Negli USA approdavano Ombre
rosse di Ford, Donne di Cukor e Via col
vento di Fleming. La Francia rispondeva
con Alba tragica di Carnè e La regola del
gioco di Renoir (l’autarchica Italia con
Grandi magazzini di Camerini). Ma
sempre a firma di Victor Fleming nello
stesso anno usciva un musical bizzarro e
coloratissimo che conquistò il pubblico
dell’epoca e avrebbe poi influenzato
intere generazioni di bambini: Il mago di
Oz. Costato la faraonica cifra di 2.700.000
dollari, in parte investiti nella
42
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
realizzazione delle sfavillanti scenografie
e dei circa 4.000 costumi indossati da
ben 1.000 tra attori e comparse, il film
festeggia oggi i suoi primi 70 anni senza
(quasi) avvertire i segni del tempo. E’
vero, ogni tanto si scorge il filo che fa
ondeggiare la coda del leone, ma non si
può certo dire che con le sue
straordinarie invenzioni visive, tra cui una
casa sradicata da un tornado e la
liquefazione di una strega, l’esperto di
effetti speciali Arnold Gillespie non abbia
fatto un eccellente lavoro.
Precursore del fantasy fiabesco – genere
Per Salman Rushdie “un film
sulla gioia di partire, lasciare il grigiore
e fare ingresso nel colore”
cui contribuiranno in seguito sul fronte
dell’animazione Alice nel paese delle
meraviglie e Le avventure di Peter Pan, o
ancora La storia infinita e Willow – Il
mago di Oz racconta di Dorothy Gale, una
bambina che dal natio e monocromatico
Kansas si trova trasportata con il suo
cagnolino Toto in un mondo sconosciuto,
raffigurato in uno sgargiante e
antinaturalistico Technicolor (a cui è
debitore, tra i tanti, Tim Burton per La
fabbrica di cioccolato), da dove comincia
un viaggio alla ricerca del misterioso
mago del titolo. L’itinerario compiuto
dalla bambina è, in realtà, un necessario
percorso di formazione
preadolescenziale – seppur in un mondo
di finzione, com’è d’altronde anche
quello del cinema – che d’ora in poi la
potrà aiutare a discernere il vero dal
falso, il bene dal male. Il tornado che
strappa la sua casetta dal suolo
polveroso del Kansas, la fa veleggiare
mostrandoci il mondo come su uno
schermo cinematografico per poi farla
approdare in un paesaggio variopinto,
tutto da scoprire, è in realtà insito nel
cognome stesso di Dorothy Gale. E’ quel
“vento fortissimo” ardentemente atteso e
che incarna il desiderio gioioso del
cammino che ciascuno deve
intraprendere per vedere ciò che ai
propri occhi non è ancora approdato,
esplorare ciò che gli è ancora ignoto. E’,
in sostanza, l’essenza stessa del cinema
americano: il movimento continuo,
l’andare oltre, l’on the road che
caratterizza migliaia e migliaia di
pellicole, dove paesaggi sconfinati sono
mostrati sul grande schermo proprio
perché possano essere attraversati e
vissuti, non importa se soltanto con la
fantasia. Come ha affermato Salman
Rushdie in un saggio del 1992, Il mago di
Oz è «un film sulla gioia di partire, di
lasciare il grigiore e fare ingresso nel
colore, di ricrearsi una nuova vita nel
“luogo dove non ci sono guai”. Over the
Rainbow è, o dovrebbe essere, l’inno di
tutti gli emigranti del mondo, di tutti
quelli che vanno alla ricerca del luogo in
cui “i sogni che osi sognare realmente si
avverano”». Ed è, ovviamente, il leitmotiv
del film, uno dei brani più celebri della
storia delle colonne sonore. La canzone
intonata da Dorothy – premiata con
l’Oscar, così come la direzione musicale
– è stata assimilata e rielaborata in mille
modi dalla cultura popolare (Vecchioni ne
ha tratto ispirazione per un brano di
riconoscibile matrice satirico-politica) e
naturalmente dal cinema stesso
(recentemente sia in Australia che in
Milk). Tra i tanti omaggi ricordiamo
quello di John Woo, che in Face/Off la fa
ascoltare in cuffia ad un bambino
spaurito per attutire il fragore di una
sparatoria. La voce e il corpo di Dorothy
erano quelli della 16enne Judy Garland,
di cui in questi giorni ricorrono i 40 anni
dalla morte. Una vita breve ma intensa,
la sua, le cui tappe sono scandite proprio
dal cinema: Oscar speciale per il film di
Fleming, sposò Vincente Minnelli dopo
averlo conosciuto sul set di
Incontriamoci a Saint Louis e da lui ebbe
una figlia, l’eclettica Liza, che ha raccolto
in pieno l’eredità materna. Nella sua
biografia, Caterina Boratto racconta di
una visita agli studi MGM durante la
lavorazione del Mago di Oz, con il regista
isterico e la piccola diva sperduta che
fugge in lacrime dopo una serie infinita
di ciak. Ma noi preferiamo ricordarla con
le scarpette rosso rubino ai piedi e lo
sguardo oltre l’arcobaleno.
%
Judy Garland è
Dorothy. Nella pagina
accanto una scena del
film e l'attrice da
adulta
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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personaggi
L’icona della moda
francese a nudo nel
film con Audrey
Tautou: “Oggi sarebbe
considerata una
rivoluzionaria”
Quando Coco
non era Chanel
di Marina Sanna
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
ORFANA, SEMIANALFABETA,
poverissima. Era Gabrielle “Coco”
prima che il suo cognome diventasse
l’emblema dell’eleganza francese. E
ogni donna si identificasse con i suoi
vestiti morbidi ed essenziali. Che
Chanel fosse la Moda e l’immagine di
un’epoca. Allora Gabrielle era costretta
a scendere a patti con se stessa e
uomini “benefattori” (Balsan-Benoit
Poelvoorde), a subire umiliazioni di vario
genere per qualche spicciolo in più.
Magrissima e dozzinale, cinguettava con
la sorella nei locali, arrangiandosi come
sartina durante il giorno. “Era molto
dura e ambiziosa – racconta Audrey
Tautou, protagonista del film Coco avant
Chanel -. Desiderava essere libera e
indipendente, e con altrettanta tenacia
diventare famosa. E’ stata una scoperta,
non sapevo quasi nulla della sua
giovinezza, in che modo avesse
incominciato. Pensavo fosse una
modista che si era affermata e in
seguito avesse scoperto di avere
talento. Invece sognava di cantare e
recitare. La passione per i vestiti è stata
un’intuizione e una necessità”. L’attrice,
deliziosa in un tubino nero con colletto
bianco, capelli alla maschietta, ha fatto
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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personaggi
"E' stato difficile perché non esistono
testimonianze o foto di quel periodo,
e lei mentiva sul suo passato"
La mia eroina
alla Balzac
Quando ho visto Audrey,
dice Anne Fontaine, ho
pensato: “E’ Coco!”
fortuna (e conserva ancora lo stampo del
personaggio) con Il favoloso mondo di
Amélie e in Francia è una diva, ma la
regista Anne Fontaine l’ha scelta per un
altro motivo: Audrey assomiglia a Coco
come una goccia d’acqua. Non era infatti
il primo progetto che le veniva
sottoposto ma aveva sempre tentennato
finché la Fontaine non le ha raccontato
la storia. “Il debutto di Coco – dice la
Tautou -, le origini, i primi amori, sono il
capitolo più appassionante della sua
esistenza, almeno per me. E ho trovato
interessante che a narrare la sua
leggenda fosse proprio una donna”. Per
entrare nel ruolo Audrey ha studiato a
lungo, ha visto le interviste filmate, letto
biografie e libri. “E’ stato difficile perché
non esistono testimonianze o foto di quel
periodo e Coco mentiva spesso sul suo
passato, cambiava versione in
continuazione”. Nel primo dei film
dedicati alla stilista in uscita nelle nostre
sale (l’altro, Coco Chanel & Igor
Stravinsky di Jan Kounen con la
Mouglalis ha chiuso il festival di
Cannes), Coco è mostrata nella sua
fragilità e mascolinità allo stesso tempo,
l’abbigliamento povero e senza fronzoli,
il corpo quasi androgino. “Si è sempre
rifiutata di seguire un destino già scritto.
Sposare un uomo qualsiasi, dipendere
da lui per la sopravvivenza, dargli dei
figli. Credo che l’incontro con Boy Capel
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
(Alessandro Nivola, ndr) sia stato
fondamentale per la forza che le ha
trasmesso, l’incoraggiamento a seguire
la sua inclinazione artistica. La
peculiarità di Coco, la caratteristica più
affascinante, era voler essere a tutti costi
uguale agli uomini, pretendere lo stesso
potere. Questo sentimento è stata la sua
grandezza e modernità. Oggi sarebbe
considerata una rivoluzionaria’’.
%
Audrey Tautou. Sopra con Emmanuelle
Devos e accanto con Alessandro Nivola
“Il suo sguardo ha cambiato le
donne: ha liberato i loro corpi
dalla schiavitù dei corsetti. Ha
inventato una divisa e un
comportamento sociale
lavorando direttamente sugli
abiti, senza disegnare. Avrebbe
potuto essere un’eroina di
Balzac”. Anne Fontaine è
francese dalla testa ai piedi. Alta,
slanciata, elegante ammira la
forza di Coco in quanto donna tra
gli uomini: “Anche io sono
autodidatta. Ho incominciato a
girare negli anni novanta e allora
eravamo pochissime, soprattutto
in America. C’è voluto del
tempo…”. La regista di
Nettoyage a sec e Nathalie si è
ispirata tra gli altri alla biografia
scritta da Edmonde CharlesRoux, Chanel and Her World:
Friends, Fashion and Fame.
“Erano anni che ci pensavo ma
non avevo ancora deciso nulla”.
Condizione necessaria un’attrice
che potesse calarsi nella parte di
Coco senza scimmiottarla:
“Quando ho visto Audrey la
prima volta – continua la
Fontaine – ho pensato: è lei. Il
modo in cui guardava,
intensamente, mi ha dato il
coraggio di lanciarmi nel
progetto. Avevo di fronte
l’incarnazione assoluta di Coco
Chanel”.
personaggi
Shakespeare, Cechov
e gli anni ‘60 di Radio
Rock: “Il mio motore è
la passione”, racconta
l’attore-regista
di Miriam Mauti
Branagh in liber
DIRIGERÀ THOR, un altro eroe Marvel,
ma Kenneth Branagh preferisce non
parlarne. E’ a Londra per il lancio di
I Love Radio Rock, il divertente film di
Richard Curtis nel quale è un integerrimo
e represso ministro britannico che in
pieni anni ‘60 dichiara guerra al rock e
alla radio che lo trasmette da una nave
ancorata nel mare del nord. “Un
burocrate violentemente impegnato a
rovinare il divertimento altrui - racconta -.
Ossessionato con i moduli e tutto quello
che è istituzione e tradizione,
profondamente anti liberale. Tutto è
represso, stretto, anche gli occhiali, i
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
baffi, i capelli...vuole controllare un
mostro, ma il mostro pop è dovunque,
quindi cerca di far fuori la radio che ne è il
simbolo”. E pensare che l’ex golden boy
del cinema britannico da ragazzino il rock
se lo andava a cercare: “Mi ricordo che
nel 1966-67, andavo a trovare mia nonna,
che aveva un nuovo eccitante
marchingegno chiamato televisore, ho
improvvisamente intuito che c’erano
‘fuori’ cose e persone pericolose: si
chiamavano Rolling Stones. E se
apparivano in tv e io ero nella stanza, i
miei cambiavano canale! Insomma avevo
già la cognizione a quel tempo che c’era
tà
della musica considerata pericolosa. E
capivo che - come diceva Dylan - i tempi
stavano cambiando. Più tardi ho
cominciato a sentire anche un sacco di
pop music, mi piaceva tutto quello che
aveva un buon ritmo, e una buona
melodia, piuttosto che l’heavy rock. E mi
ricordo che a 10 anni, nascondevo la radio
sotto il cuscino - come accade nel film per sentire di notte di nascosto Radio
Luxembourg. Mi sentivo veramente cool e
cresciuto, e pronto a fare la
rivoluzione...”. E in qualche modo è
rimasto un ribelle, Kenneth Branagh, sui
palchi britannici e sul grande schermo,
dove senza paura si è confrontato con
Shakespeare e Frankenstein, con generi
come il musical e il thriller: “Preferisco
definirmi un tipo libero che cerca di
seguire le passioni, l’istinto, che si
entusiasma quando lavora. Forse ho fatto
delle cose che con il senno di poi possono
considerarsi segni di ribellione, ma forse
- più semplicemente - se sperimenti la
gente diventa sospettosa, e magari ti
bolla come ribelle mentre tu la vedi
semplicemente come un’avventura”. Uno
sperimentatore quando è al timone, in
regia, ma anche capace di essere
diligente attore in mano ad altri: “Penso
che mi faccia bene alternare, sono
contento di recitare per registi che sanno
cosa stanno facendo. Ma sia recitare che
dirigere sono parte del raccontare storie,
ed è quello che mi interessa. Cinema,
teatro, radio, ogni mezzo è stimolante, se
la trama funziona”. Quest’anno è tornato
anche nel west end, nei panni di Ivanov di
Cechov, 12 settimane di repliche tutte
esaurite: “Volevo farlo da anni. Mi piace
far scoprire al pubblico testi dimenticati,
abbiamo lavorato a prezzi popolari per far
venire i ragazzi. Amo recitare dal vivo, mi
piace la sfida di dover essere vero ogni
notte, ricreando e non semplicemente
ripetendo le battute. E’ una grande
disciplina per un attore”. E come si
concilia questo con la tentazione di
Hollywood? “E’ solo una questione di
scala, di dimensioni. Certo, non si può
negare che quella di Hollywood è
l’industria cinematografica più affidabile
al mondo. In Gran Bretagna devi
continuamente andare a caccia di soldi,
non sai mai fino alla fine se riuscirai a
fare il film oppure no, se ci sarà
abbastanza tempo o abbastanza denaro.
Bisogna ammetterlo, ci vuole una grande
energia”
%
Nella pagina accanto Kenneth Branagh
"conservatore" in I Love Radio Rock. In alto
in Hamlet e in Harry Potter e la camera dei
segreti
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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cinecocomeri
Sapore
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
“Le sfide ci piacciono” dicono
i fratelli Vanzina, pronti (di
nuovo) a sbancare il box office.
Con Gigi Proietti e
un’Estate ai Caraibi
di Pier Paolo Mocci
di mare
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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cinecocomeri
Biagio Izzo e Alena
Seredova in una scena del
film. In basso il regista
Carlo Vanzina
QUANDO LEGGEREZZA fa rima con
impegno. Strano ma vero. Ecco allora i
più tartassati autori di cinema comico
nazionale tentare la doppia impresa del
cine-cocomero bis: allungare la stagione
cinematografica così come accade
abitualmente nel resto del mondo
(soprattutto in America) e alleviare gli
stati d’animo degli italiani regalando due
ore di spensieratezza, immergendoli
idealmente nelle paradisiache spiagge
dei Caraibi . “Quest’anno per l’Italia è
stato un anno particolarmente duro e
difficile – spiega Enrico Vanzina – alla
crisi economica planetaria si è aggiunta
la sciagura del terremoto e, come se non
bastasse, per un momento si stava
materializzando anche lo spettro della
‘febbre suina’”. Insomma, un anno
horribilis che per gli inventori delle
“vacanze” al cinema andrebbe affrontato
e dimenticato con leggerezza e ironia,
andando magari a vedere, dal 12 giugno,
Un’estate ai Carabi, firmato come
sempre in tandem (diretto da Carlo su
soggetto e sceneggiatura scritte insieme,
distribuito da Medusa) e interpretato da
un plotone di attori capitanati dal
mattatore assoluto Gigi Proietti, di cui
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
"Non è stato un anno facile per gli
italiani: speriamo di regalare due ore di
spensieratezza"
fanno parte Enrico Brignano, Carlo
Buccirosso, Biagio Izzo, Martina Stella,
Alena Seredova, Enrico Bertolino, Paolo
Conticini, Paolo Ruffini, Sascha
Zacharias, Jayde Nicole e Maurizio
Mattioli. “E’ una costola del precedente
Un’estate al mare che rivive di vita
propria in un susseguirsi di capitoli fatti
di gag e di omaggi alla grande tradizione
della commedia all’italiana – prosegue
Enrico – accettando la sfida di portare il
pubblico in sala in un periodo di bassa
stagione. Ma le sfide ci piacciono e
crediamo di poter fare meglio, al
botteghino, dei 5 milioni ottenuti lo
scorso anno: in fondo eravamo usciti
molto tardi, il 28 giugno, aspettando la
fine degli Europei di calcio. Adesso
abbiamo due settimane in più e abbiamo
accettato di buon grado la commissione.
In fondo anche Vacanze di Natale
cominciò così – interviene Carlo Vanzina
– De Laurentiis ci aveva chiesto di
trasportare sulla neve, a Natale, gli
amorazzi dei giovani anni ’80 di Sapore di
mare. E da lì nacque il fenomeno che
tutti conoscono”. Fenomeno che, come ci
tengono a sottolineare, è tutto loro ma
che, nel caso del cine-comero, sarebbero
felici di dare in pasto ai loro colleghi
registi, soprattutto giovani. “Amiamo il
cinema e vorremmo che la gente lo
frequentasse in ogni periodo dell’anno e
saremmo felici se decine di registi,
produttori e distributori, da qui ai
prossimi anni, potessero seguirci
confezionando film estivi, comici o
drammatici che siano. Anche se noi
guardiamo alla commedia come genere
utile per intrattenere e, al tempo stesso,
per raccontare il paese che cambia.
Auspichiamo una “Nouvelle Vague” di
cinema comico italiano fatto da giovani
che parli ai giovani, perché solo loro
sanno di cosa parlano, come vestono e
dove vanno in vacanza: alcuni di loro si
sono concentrati sul filone giovanilistico e
liceale ma, a nostro parere, dopo il boom
iniziale è un genere già spremuto che ha
esaurito ogni scorta”. E ora i Caraibi. “E’
una commedia semplice – riprende
Enrico – per tutta la famiglia, né volgare
né scollacciata nonostante
l’ambientazione, con tante storie comiche
e grottesche che si incrociano ad
Antigua”. C’è l’episodio con Roby (Carlo
Buccirosso), bancario ipocondriaco a cui
viene (erroneamente) diagnosticato dal
"Auspichiamo una Nouvelle Vague
del cinema comico nostrano: fatto
dai giovani, per i giovani"
suo amico medico Giacomo (Enrico
Bertolino) un male incurabile e decide
così di andarsi a godere gli ultimi mesi di
vita sotto le palme in riva all’oceano; c’è
Vincenzo (Biagio Izzo) dentista
napoletano in vacanza relax lontano dalla
moglie; e gli ex fidanzati Max (Paolo
Ruffini) e Laura (Martina Stella) che
cercano di dimenticarsi scegliendo,
malauguratamente, lo stesso resort. Ma
ci sono soprattutto tre cavalli di razza che
faranno la differenza, tre comici romani a
cui è affidato lo scheletro del film: Gigi
Proietti, Maurizio Mattioli ed Enrico
Brignano. “Secondo noi sono i migliori –
affermano – non solo come comici. Sono
talmente bravi che sanno arricchire con
tinte talvolta malinconiche o ciniche la
loro straordinaria verve brillante. Gigi è
poi un amico di famiglia: ci conosciamo
dai tempi di Febbre da cavallo, ovvero
dalla metà degli anni ’70. Siamo convinti
che il suo episodio sia un piccolo
capolavoro: ha usato i grandi meccanismi
del teatro popolare di Plauto per il suo
personaggio, un’inaffidabile e mediocre
italiano scappato a gambe levate
dall’Italia per i debiti accumulati che,
davanti all’occasione più grande della sua
vita, si riscatterà inaspettatamente,
facendo commuovere tutti”. “E dal
maestro all’allievo. Enrico Brignano è il
suo naturale erede – concludono – e il
duetto con Maurizio Mattioli ne è la
conferma. Non lo sveliamo però,
lasciamo allo spettatore il gusto di
scoprirlo da solo”.
%
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
53
nuovo look, antica passione
Restyling per Cinematografo.it: estetica al servizio del contenuto.
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di tutto il mondo
OTTIMO
BUONO
SUFFICIENTE
MEDIOCRE
SCARSO
Vincere
Il Duce secondo Bellocchio: carnale e
tragicamente attuale. Sfida riuscita per Timi e la
prova migliore della Mezzogiorno
i film del mese
in sala
C’È QUALCOSA di fondamentale che
deve accadere nel Mussolini secondo
Bellocchio. Qualcosa che il film suscita,
cerca di suscitare, nell’esperienza dello
spettatore combinando la fiction e i
documenti, sovvertendo la percezione
convenzionale di entrambi. Ida Dalser
ama Mussolini che ama il potere che
ama la comunicazione della potenza
che ama la devozione assoluta
56
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
dell’amore subordinato. Da qui, il
circolo ricomincia. Le due strade
sono chiare e opposte. Da una
parte il potere che va, dall’altra
l’amore che soccombe. Cresce il
dominio, diminuisce la verità. Ai
due poli, ovviamente il destino è
identico: la morte. Prima quella di Ida.
Poi quella del Duce. Non è un
impressionante, attualissimo e insieme
Marco Bellocchio
G. Mezzogiorno, F. Timi
Melodramma, Colore
01 Distibution
128’
storicizzato, specchio critico della
Storia? Vincere è titolo che contiene
l’obiettivo e insieme l’ironia del suo
fallimento. Deve accadere che lo
Il regista Marco
Bellocchio
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
57
i film del mese
spettatore, coinvolto finalmente nella
carne del Duce, rilegga con l’emozione
dell’uomo la fotografia del mito, con la
struggente disperazione di Ida la
dittatura dell’uomo osannato nelle
pose, nelle menzogne, nei criminali atti
ufficiali, deve accadere che lo
spettatore rilegga nella sottomissione
dei complici che aiutarono la morte di
Ida la brutale e irresponsabile
seduzione di chi si fece sedurre. Per
oggi, per domani. Nei fatti, Mussolini,
mentre sposava il 17 dicembre 1915, a
Treviglio, Rachele Guidi, riconosceva un
mese dopo, l’11 gennaio 1916 nello
studio del notaio Angelo Buffoni di
Monza, il figlio Benito Albino, nato l’11
novembre 1915, riconoscimento
invalidato per regio decreto nel ‘32, con
cambiamento del cognome da Mussolini
a Bernardi, il prefetto che fu il tutore
ordinato. Furono abbandonati e lasciati
morire, madre e figlio. Nel film,
s’introduce il matrimonio in chiesa, ma
si parte da una passione fisica, in calde
scene di amplesso, per trasmettere
l’idea di un’unione fondamentale. Si va
svelto (anche troppo a volte), dalla
nascita di Benito Albino, al ferimento in
guerra, dalla fondazione del Popolo
d’Italia con i soldi di Ida, all’ascesa nel
dopoguerra tra i futuristi e le prime
camicie nere. Poi Mussolini si distacca,
come una figurina d’album, nei
documenti filmati. Sparisce Timi, e resta
soltanto Mussolini, quello vero,
contemplato, pregato, amato sempre,
per primo da Ida, la cui ostinazione,
quella sì, è facilmente letta come mania
ossessiva anche dai medici e
corrisponde all’Italia intera. E’ questo
58
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
Mezzogiorno e Timi.
In basso una scena
del film
Sparisce l’attore e resta soltanto
Mussolini, quello vero, pregato, amato
sempre per primo da Ida
distaccarsi del personaggio dalla
“finzione” che crea uno sguardo rinato e
libero sull’immagine documentale. Per
Timi, una sfida vera. La sua
interpretazione di Mussolini da giovane,
fuori dall’ingombro dei tratti, è
essenziale in questo percorso, recupera
verità nell’energia, nei tempi,
nell’interiore fede di cui si è appropriato
l’attore, che si abbandona alla sua
dotazione libidica per pareggiare i conti
con l’esuberanza e l’esaltazione del
Duce. La Mezzogiorno, che non perde
taluni difetti d’impeto e credulità, mette
in curriculum forse la sua migliore
interpretazione. La ricostruzione della
vicenda privata nel getto della Storia, in
un passo di montaggio che combina
costantemente filmati d’epoca e un’
accurata e insieme immaginosa “verità”,
diventa un attraversamento poliedrico
del fascismo nei nodi fondamentali della
personalità dell’uomo che determinò
quel regime e le sue scelte. L’accento
onirico che si sente nella luce di violenti
contrasti (fotografia di Daniele Ciprì) ci
lascia nella sospensione di una
passeggiata secolare e insieme di
materiale tragicità.
SILVIO DANESE
%
i film del mese
I Love Radio Rock
Regia
Con
Philip Seymour Hoffman,
Bill Nighy, Kenneth Branagh
Genere
Distr.
Durata
Commedia, Colore
Allegria e vitalità sulla Boat that Rocked:
quando il sound proveniva dal mare
Universal
135’
QUANDO IL ROCK era sinonimo di
trasgressione e di eversione, per
ascoltare certe canzoni vietate sulle
radio pubbliche, bisognava sintonizzarsi
sulle stazioni pirata. E fu proprio il rock a
determinare la proliferazione di
numerose radio di questo tipo. Alla storia
vera della più celebre radio pirata
inglese, che trasmetteva da una nave
ancorata al largo nel Mare del Nord, è
ispirato questo film, che nasce dai ricordi
autobiografici di Richard Curtis,
sceneggiatore e regista cinquantenne
che, all’epoca, seconda metà degli anni
’60, come tanti coetanei, era solito
sintonizzarsi sulle stazioni pirata,
nascondendo la sua radio a transistor
sotto le lenzuola.
Pur raccontando una stagione eroica ed
irripetibile, I Love Radio Rock evita i toni
nostalgici di tanti film analoghi,
60
in uscita
Richard Curtis
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
preferendo puntare su un’atmosfera
scanzonata e grottesca. Il risultato è un
film divertente, che comunica allegria e
vitalità, grazie a dialoghi brillanti, infarciti
di battute, e alla presenza di una serie di
personaggi decisamente folli. La storia
ha un impianto corale, con una mezza
dozzina di protagonisti che sono poi i
deejay e gli ospiti della nave che
funzionava da stazione radio. Il tutto è
Tra i protagonisti, Philip Seymour
Hoffman
visto è raccontato attraverso gli occhi del
diciottenne Carl, che nel breve volgere di
poche settimane impara ad apprezzare il
rock, scopre il sesso, ritrova il padre mai
conosciuto. La storia privata di Carl si
interseca con la storia pubblica della
guerra dichiarata alle radio pirata,
considerate blasfeme e pericolose, dal
governo inglese.
Il tutto è ovviamente arricchito da una
debordante colonna sonora che
ripropone una cinquantina di celebri
brani d’epoca. La scelta delle canzoni
non è affatto casuale: ogni singolo brano
si adatta perfettamente alla situazione
narrata sullo schermo, commentando, a
volte in maniera sentimentale, altre volte
in maniera ironica, quanto sta
accadendo. La celebrazione del rock
raggiunge l’apoteosi sui titoli di coda che
propongono una sorta di mostra con le
copertine dei migliori album dei primi
quaranta anni di rock.
FRANCO MONTINI
%
Moonacre
I segreti
dell’ultima luna
Sacro e
profano
Indie a tavolino e glamour manifesto:
Madonna prova a rievocare il minimalismo anni
’80. Autoreferenziale
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
anteprima
Fatine
, unicorni e Mary Poppins ante
litteram: ma stavolta il Ponte verso il fantasy
non riesce
CHE COSA È SUCCESSO a Gabor Csupo, l’ammirevole
architetto di Un ponte per Terabithia? Stentiamo a
riconoscere la stessa mano dietro Moonacre - I segreti
dell’ultima luna, fantasy scialbo, povero di mezzi e d’idee,
insopportabilmente tedioso. Dimenticate le magiche
atmosfere del debutto, la delicatezza dei caratteri, l’estasi
leggera dell’immaginazione. In questo adattamento di
The Little White Horse - un racconto di Elizabeth Goudge
che sembra abbia ispirato J.K. Rowling - il genere vira
(vorrebbe) verso il romantico e il mitologico,
dissotterrando un immaginario fatto di cavalieri, fate,
unicorni e arcane stregonerie. Una via di mezzo tra La
storia infinita e Hocus Pocus, senza la grazia del primo e
cialtrone come il secondo. Protagonista una ragazzina
(Dakota Blue Richards) che una sventurata sorte spedisce
nel misterioso castello di Moonacre Manor, dove scoprirà
l’esistenza di un’antica maledizione che minaccia di
distruggere il borgo. Naturalmente a lei e a una sparuta
compagnia di ausiliari - tra cui una Mary Poppins ante
litteram col vizio del rutto e un cuoco che si teletrasporta
– l’impresa di spezzare l’incantesimo. E al pubblico –
rigorosamente 0-12 – l’improbo compito di lasciarsi
incantare.
GIANLUCA ARNONE
%
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Madonna
Eugene Hutz, Holly Weston
Commedia, Colore
Sacher
80’
L’ASTUTO TITOLO ITALIANO traduce, molto liberamente,
quella “sporcizia e saggezza” (Filth and Wisdom) portata in
scena da Madonna, puntando a evocare le blasfemie
iconoclaste cui la signora Ciccone ci ha da tempo abituato
(tipo cantare dal vivo Live to Tell crocifissa e appesa
abbastanza in alto da evitare gli ortaggi dei benpensanti).
Aspettative che resteranno deluse: Madonna, complice Guy
Ritchie, ha fatto suoi i dettami di un cinema indie lontano dal
mainstream che la vede spesso coinvolta, ma tutto sommato
affine allo spirito di naughty girl che la caratterizza sin dai
primi anni’80 (quelli del suo vero film underground, A Certain
Sacrifice, non per tutti i gusti). Sospesa tra indie a tavolino e
glamour manifesto, nel percorrere le ordinarie (ma non
troppo) vite di tre ragazzi costretti a “sporcarsi” per vivere,
Madonna quasi rievoca il minimalismo anni ’80 di Jarmusch.
Ci risparmia un’apparizione degna del suo nome, ma non
rinuncia all’autoreferenzialità – con Erotica e l’amica Britney
Spears in colonna sonora, o celebrando il leader dei Gogol
Bordello Hutz - a scapito di quel che racconta. Sembra dire
che c’è molto di lei in quei ragazzi, ma la Madonna di oggi
ostruisce la visuale, e il risultato manca di sincerità.
GIANLUIGI CECCARELLI
%
in uscita
Gabor Csupo
Dakota Blue Richards, Ioan Gruffudd
Fantasy, Colore
Moviemax
103’
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
61
i film del mese
Uomini che
odiano le donne
Riuscita trasposizione del primo capitolo della
Millennium Trilogy. Fedele al cinema più che al romanzo
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Michael Nyqvist, Noomi Rapace
Thriller, Colore
BIM
152’
I FANATICI della MillenniumTrilogy – un
caso editoriale da 10 milioni di copie
vendute – stiano tranquilli: Uomini che
odiano le donne è un bel film e una
convincente trasposizione del primo dei
tre bestseller di Stieg Larsson. Va dato
atto al regista Arden Oplev – che
scarsa stima vantava presso i
“larssoniani” e ancora meno tra i
cinefili - di aver trovato la quadratura
62
in sala
Niels Arden Oplev
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
Il regista Niels Arden Oplev
del cerchio: fedeltà al romanzo nel
libero gioco del suo tradimento.
Apparentemente è il classico thriller,
con un sottobosco che ricorda Twin
Peaks e un climax che rimanda al
Silenzio degli Innocenti. Un giallo sullo
sfondo dell’algida provincia svedese che
tocca a due improvvisati ispettori
risolvere: l’incorruttibile Mikael
Blomkvist, giornalista d’inchiesta e
incubo di “malfattori e potenti” (nel
film, come nel libro, di equazione si
tratta) e Lisbeth Salander, hacker
prodigiosa e intrattabile sociopatica.
Dovranno scoprire che fine ha fatto
Harriet Vanger, giovane ereditiera di
una famiglia d’industriali, scomparsa
quarant’anni prima. Difficile capire cosa
posso legare la coppia di protagonisti –
lei ha pure tendenze lesbo – e anche di
più stabilire la natura dei rapporti
all’interno della famiglia Vanger o i
torbidi retroscena dietro la sparizione di
Harriet. Niente è ciò che sembra, e
nessuno se ne scandalizza. Il milieu di
Uomini che odiano le donne ristagna
nel solco tra l’apparire e l’essere, come
fosse il suo habitat naturale. E il taglio
di regia si adegua: asciutto nella forma,
esasperato nella sostanza. La violenza
è esibita, enfatizzata, sporca, ma non ha
riverberi sulla sintassi (che resta
lineare e pulita) né sui corpi che la
subiscono. I personaggi vi impattano
come farebbero gli spettatori di oggi di
fronte a una guerra vista da un
cinegiornale. L’effetto è museale. La
chiave metalinguistica. Come Harriet, il
mondo è già sparito da un pezzo, le sue
tracce nascoste tra i reperti delle tante
copie virtuali: fotografie, filmati
d’archivio, tracciati informatici, sono
loro i protagonisti. Indagare non spetta
più alla polizia, ma ai maghi della
comunicazione, gli esperti di
fantasmagorie, hacker e giornalisti. Al
sapiente lavoro di scavo di Blomkvist e
alla “memoria fotografica” di Lisbeth,
personaggi-ponte tra l’attuale e il
virtuale, carnali e simbolici, vivi solo
per la presenza scenica di Michael
Nyqvist e il magnetismo animale di
Noomi Rapace. Archeologia per
immagini, dove il presente è solo un
calco del tempo e a contare è il passato,
principio e fine di tutto. Ogni scena è
illuminata, evidente, tangibile, ma il suo
contenuto sovrascrive una realtà
situata altrove, accaduta prima. Come
un fantasma del visibile che alcuni
vorrebbe ricacciare nel fuoricampo.
Uomini che odiano le donne e il cinema.
GIANLUCA ARNONE
%
Asciutto nella
forma, esasperato
nella sostanza, con
una magnetica
Noomi Rapace
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
63
i film del mese
Terminator
Salvation
Martyrs
Ruvido
, sporco, pesante e orgogliosamente
retrò: il ritorno dei cyborg avvince e convince
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
McG
Christian Bale, Sam Worthington
Fantascienza, Colore
Sony Pictures
115’
COMPLICATO riassumere snodi e inversioni di
sceneggiatura di Terminator Salvation, quarto capitolo della
cyborg saga inaugurata 25 anni fa. La difficoltà sta nel
ricorso vertiginoso ai paradossi temporali, a causa dei quali
personaggi appartenenti ad epoche diverse convivono in un
presente acronico, l’ordine narrativo può subire torsioni, e il
futuro (già accaduto) essere modificato dal passato.
Universo simbolico fortemente codificato dopotutto,
riconoscibile anche dai non aficionados. Basti sapere che il
giorno del giudizio è arrivato mentre impazza l’ultimo atto
dello scontro tra umani e cyborg, e che la metafisica
dell’ibridazione uomo-macchina viene qui sacrificata da una
messa in scena crepuscolare nella forma – dominata da
lamiere, fumo, ruggine e polvere - e muscolare nella
sostanza, legata a un’idea fortemente analogica della
fantascienza e a un immaginario popolato di corpi e metalli
pesanti (con il cyborg Sam Worthington che ruba la scena
all’umano Bale). Ruvido, sporco e angosciato, Terminator
Salvation si rivela allora il residuato bellico di una sci-fi
sciolta da un lato dai suoi proverbiali intellettualismi e
dall’altro dalle sue cafonate pirotecniche. Così
orgogliosamente retrò da sembrare moderna.
GIANLUCA ARNONE
%
in uscita
Déjà vu a non finire per superare i limiti
visibili della violenza: ma spavento e terrore non
abitano qui
FRANCIA, INIZIO ANNI ‘70. Lucie, dieci anni, viene trovata in
stato confusionale e con il corpo terribilmente martoriato.
Accolta in una clinica, fa amicizia con la coetanea Anna, ma i
demoni che si porta dietro non la abbandonano. Nemmeno
15 anni più tardi, quando con una doppietta stermina una
famiglia apparentemente per bene. Anna, ancora sua amica,
The Uninvited
Dal coreano
Tale of Two Sisters un
remake scontato, noioso e addomesticato.
Vade retro
SE, ORMAI, da qualche anno a questa parte, la famosa “new
wave” dell’horror asiatico si è completamente esaurita (tranne
qualche rara gemma come Exte-Hair Extension), la stessa cosa
non si può dire, purtroppo, per i remake americani dei più
famosi film asiatici dell’orrore. Dopo i dimenticabili(ssimi)
Shutter, The Eye e One Missed Call, questa volta è il turno del
coreano Tale of Two Sisters, diretto nel 2003 da Ji-woon Kim. La
storia, adattata per il pubblico occidentale da Craig Rosenberg e
Doug Miro e diretta da Charles e Thomas Guard, racconta della
giovane Anna Rydell (Emily Browning) che, dopo una degenza in
ospedale psichiatrico, torna a casa dal padre Steven (David
in sala
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
64
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
Charles Guard, Thomas Guard
Emily Browning, Arielle Kebbel
Horror, Colore
Universal
87’
CA$H
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Pascal Laugier
Ocean’s Eleven
alla francese, con
Jean Reno e la Golino: godibile, ma ingarbugliato
Morjana Alaoui, Mylène Jampanoï
Horror, Colore
Videa-CDE
97’
arriverà poco dopo. Ma il martirio, quello “vero”, deve ancora
avere inizio...
Il sangue scorre a ettolitri, le urla si rincorrono sguaiate,
automutilazioni a gogò e sgorbi velocissimi ad inseguire
sensi di colpa irrisolvibili. La sensazione è quella di un già
visto imbarazzante e di un pericoloso affannarsi nel superare
qualsiasi limite visibile della violenza, al solo scopo di poter
dare un senso al titolo del film: lo spavento, l’angoscia, il
terrore sono però strumenti che Laugier non sembra saper
conoscere, interessato com’è a spiattellare il più ridicolo dei
“colpi di scena”, scagliandosi stavolta sul corpo e sulla carne
dell’altra ragazza, Anna (Morjana Alaloui), lei sì predestinata
a risolvere il mistero che una setta di vecchi bavosi persegue
da tempo: “martire, dal greco - testimone”, ci ricorda con
una didascalia finale il regista. Praticamente, riconoscendo
ciò che siamo appena stati.
VALERIO SAMMARCO
%
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Eric Besnard
Jean Dujardin, Valeria Golino
Action, Colore
Moviemax
100’
VOLENDO DECLINARE in versione europea Ocean’s Eleven e
il fascino truffaldino dei suoi protagonisti, non c’è niente di
meglio della Costa Azzurra e i suoi alberghi di lusso. Ma
anche di un interprete noto e navigato come Jean Reno, del
rampante Jean Dujardin e della nostra Valeria Golino. E’
proprio con questi ingredienti che il regista francese Eric
Besnard ha costruito CA$H, scegliendo accuratamente
location e cast per un film “champagne” che ripercorresse
le orme delle pellicole americane in cui il classico ladro
gentiluomo è alle prese con macchinose truffe. Dujardin –
attore ex-comico che ha fatto sganasciare i francesi con OSS
117, raffinata parodia di 007 purtroppo mai arrivata in Italia
– è perfetto negli eleganti panni di CA$H, truffatore che
decide di vendicare il fratello appena assassinato rubando
una valigia piena di diamanti. Sulla sua strada incrocia
l’ambigua e affascinante ispettrice dell’Europol Julia
(Golino), e il maestro degli impostori Maxime (Reno). Ma
presto i ruoli si confonderanno e, tra bluff e menzogne,
diventerà impossibile capire chi è complice e chi traditore.
CA$H sarebbe riuscito, se non si perdesse in un intreccio
troppo aggrovigliato per i continui ribaltamenti di fronte.
MICHELA GRECO
%
in sala
in sala
Strathairn), dalla sorella Alex (Arielle Kebbel) e dalla matrigna
Rachel (Elizabeth Banks), ma l’atmosfera diventa subito molto
“pesante” anche perché Anna è convinta che uno spirito maligno
infesti la casa e uccida le persone a lei vicine. Banale, noioso e
“addomesticato”, The Uninvited razionalizza tutto ciò che era
ambiguo (e quindi affascinante) in Tale of Two Sisters e punta su
un colpo di scena finale “alla Sesto Senso” così scontato e già
visto che anche gli spettatori non votati all’horror riescono ad
intuire dopo 20 minuti di film. Vade retro.
PAOLO ZELATI
%
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
65
i film del mese
Achille e la tartaruga
anteprima
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Takeshi Kitano
Takeshi Kitano, Kanako Higushi
Grottesco, Colore
sofferto tra Kitano e l’arte. Con echi chapliniani
Ripley’s Film
119’
L’ESSENZA DELL’OPERA D’ARTE esiste
a prescindere della quantità di pubblico
o di critica che ne sottolinea la
supposta riuscita. Scontato doppio
binario semantico per proporre,
contemporaneamente, analisi e visione
di Achille e la tartaruga,
quattordicesimo film di Takeshi Kitano.
Perché se da un lato le fortune
cinematografiche del comico televisivo
giapponese sembrano in forte declino
da almeno quattro anni e due film a
questa parte; dall’altro Achille e la
tartaruga pare essere un anarchico e
libertario capitolo del rapporto
dialettico e sofferto tra Kitano e l’arte,
sia essa il cinema o, come in questo
caso, la pittura.
Machisu è una sorta di alter ego
kitaniano, bimbo introverso e silenzioso
che ama dipingere mentre attorno il
66
Anarchico e libertario capitolo del rapporto
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
mondo sembra guardare altrove. Il
bambino cresce e diventa pian piano
ragazzo poi adulto, impugnando
sempre pennello e colori. Machisu è,
banalmente, l’artista Kitano, che ha
perseguito la propria indole espressiva
scontrandosi, in modo comicamente
surreale, con l’ottusità degli osservatori
e l’avidità dei mecenati. Il film è diviso
in tre parti, drappato di sfondi finto
seppiati nella prima parte e improvvisi
Il regista Takeshi Kitano
lampi cromatici tra oggetti di scena (il
basco bordeaux) e quadri realmente
dipinti soprattutto nella seconda e terza
parte. Kitano/Machisu nell’imporre
colori e tonalità sulle tele sfiora mille
correnti pittoriche (fauvismo, cubismo,
Warhol, Pollock, perfino molto
novecento italiano), mentre con la
macchina da presa si sofferma sulla
dominante del giallo (girasole, stazione
di servizio, l’auto) e su squarci che son
state altre tele (Monet e “Il parlamento
di Londra”). Kitano modella senza freni
un biopic stralunato, stipandolo di
suggestioni figurative e inanellando gag
che ne coinvolgono comicamente e
materialmente il corpo d’attore. Ed è
proprio nel calcare la mano sul comico
che emerge una dolenza tragica che
rimanda a dimessi echi chapliniani
(l’uscita di scena finale modello Tempi
moderni). Distribuisce stoicamente la
Ripley’s Film.
DAVIDE TURRINI
%
CINQUANTA CANALI A MASSIMA INTERAZIONE
PROIETTATI DAL FUTURO TUTTO CON UN SOLO CLICK!!!
[email protected]
“Il mercato e l’industria del
cinema in Italia”: un nuovo
progetto per analizzare lo stato
dell’intera filiera
di Anna Maria Pasetti
Buon Annuario!
AMMONTA A 5 MILIARDI DI EURO il
volume d’affari dell’industria e del
mercato cinematografici italiani come
rilevato dal Rapporto annuario “Il
mercato e l’industria del cinema in
Italia”, realizzato dall’area studi della
Fondazione Ente dello Spettacolo,
con la collaborazione di Cinecittà
68
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
Luce SpA e con la consulenza del
giornalista economico Redento Mori.
Tale è stato calcolato nel 2008 grazie
ai dati forniti dalle 9mila imprese
operative che contano circa 100mila
professionisti. Ideato dal punto di
vista di chi il cinema lo realizza e lo
diffonde, l’iniziativa editoriale “Il
mercato e l’industria del cinema in
Italia” è un progetto completamente
nuovo che si propone di analizzare lo
stato dell’arte del cinema in Italia
oggi, sia attraverso un
riposizionamento concettuale, sia
attraverso la lettura ragionata dei
dati a disposizione per un confronto
economia e spettacolo
Scene dal set di
Natale a Rio,
campione di
incassi 2008/2009
con il passato. Di fatto, un’opera
concepita come questa rappresenta a
tutt’oggi una novità specie perché
parte dal lato “dell’offerta a livello
aggregato”, prendendo in esame ogni
singolo soggetto della filiera
produttiva e distributiva in senso lato. I
dati raccolti poi, forniscono
Il Rapporto rileva
l'importanza
detenuta dai
soggetti privati
naturalmente l’entità discreta della
riflessione (numero e tipologia di sale,
frequenza degli spettatori, biglietti
venduti, box office, consumi dell’home
video e televisivi anche nelle nuove
tipologie pay-per-view).
Rispetto ai meccanismi produttivodistributivi del passato, il Rapporto ha
ad esempio rilevato l’importanza oggi
detenuta dai soggetti privati,
soprattutto di quelli legati alla
territorialità locale. In questo senso si
parla di iniziative produttivopromozionali delle Regioni e delle loro
Film Commission, entità
caratterizzanti gli ultimi 10 anni
dell’industria cinematografica italiana.
La ricerca ha inoltre fruttato un’analisi
approfondita degli assetti societari di
tutti gli addetti ai lavori, a come
gestiscono gli investimenti produttivi,
a come distribuiscono la forza lavoro,
a come imbastiscono strategie di
marketing. Il Rapporto è diviso in
quattro parti. Nella prima – Un mondo
in connessione. L’universo di
riferimento – i due capitoli prendono in
considerazione la natura prototipica
del “prodotto film” (cap I: Un prodotto
atipico) e le inevitabili conseguenze di
tale definizione (cap II: Il settore
diventato grande), con gli assetti del
business. Nella seconda parte – C’era
una volta la celluloide. Quali attività e
risorse – si identifica l’offerta (Cap III:
Sul fronte dell’offerta) non solo
limitata a produzione, distribuzione,
esercizio, tv e home video, ma anche
alle nuove forme di diffusione tra il
web e telefonia mobile. E si fa il punto
sulla piaga della pirateria (Cap IV: Dal
lato della domanda). La terza parte –
Gente d’arte e di mercato. Capitali e
lavoro – focalizza i soggetti
imprenditoriali (Cap V: Le società e le
attività di impresa e Cap. VI: Le
professioni e il mercato del lavoro),
mentre la quarta parte – Integrati e
concentrati. La forza di una classe – fa
un excursus preciso degli addetti ai
lavori. Carta di identità, dunque, di
Gruppi e aziende: le principali realtà
(Cap. VII) e le loro Quote di mercato
%
(Cap. VIII).
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
69
LA TUA FIRMA SUL MODELLO UNICO
PUÒ FARTI SENTIRE DAVVERO UNICO.
www.8xmille.it
Se devi presentare il modello Unico ricordati di segnalare al commercialista la tua scelta per
l’8xmille alla Chiesa Cattolica. In Italia e nel Terzo Mondo, il tuo aiuto arriverà dove c’è bisogno d’aiuto.
FIRMA IL MODELLO UNICO PER DESTINARE
L’8XMILLE ALLA CHIESA CATTOLICA.
C.E.I. Conferenza Episcopale Italiana
telecomando
teratura: novità e bilanci
Homevideo, musica, industria e let
DVD
Magie Harry
Potter, il primo
Van Sant e
Woodstock da
collezione
Borsa del
Cinema
Regole ed
eccezioni per le
teniture in sala.
Montaggio doc
Libri
Totò oltre la
maschera,
paesaggi dello
schermo e
Visconti per due
Colonne sonore
Nostalgia e
ritmo ’60: I Love
Radio Rock.
Elfman per
Terminator
Onore al
Duca
A 30 anni dalla scomparsa,
Studio Universal rende
omaggio a John Wayne
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
DVD
di Valerio Sammarco
I primi 5 capitoli
della saga in un Box Set da
collezione. Anche in versione
Blu-ray, con magici contenuti
speciali
Harry in scatola
72
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
ANTICIPANDO di qualche
settimana l’uscita mondiale del
sesto capitolo cinematografico
(Harry Potter e il principe mezzosangue), Warner Home Video
ripropone in un fantastico
BoxSet da collezione (disponibile anche nella versione Bluray) i precedenti episodi tratti
dalla saga di Jeanne K.
Rowling. Dalla Pietra filosofale
(2001) all’Ordine della Fenice
(2007) per ritrovare il maghetto più popolare del mondo
ancora bambino e accompagnarlo nel fantastico viaggio
che lo porterà ad affrontare, di
volta in volta, insidie e pericoli
sempre maggiori. Entrambe le
versioni del BoxSet contengono l’edizione doppio disco di
ogni singolo film (con copia
digitale) e innumerevoli contenuti speciali, ovviamente pressoché infiniti per quello che
riguarda la versione HD: tra i
più interessanti, segnaliamo
“Alla ricerca della pietra: la
scelta del cast per dar vita al
racconto” e “I fantasmi di
Hogwarts” in Harry Potter e
la pietra filosofale, “Costruire
una scena: le magie della realizzazione del film” e “Visita la
classe di Allock, Interviste con
studenti, professori e altri” in
Harry Potter e la camera dei
s e g re ti, “Creare la visione: il
regista Alfonso Cuarón, l’autrice J.K.Rowling ed altri com-
mentano” e “Creare una scena:
la magia sul set degli artigiani
dell’industria cinematografica”
in Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, “Harry contro
lo Spinato: la prima prova”,
“Negli abissi: la seconda
prova”, “Il labirinto: la terza
prova” in H a rry Potte r e i l
calice di fuoco, “Focus Points:
inserti e diari di produzione”,
“The hidden secrets of Harry
Potter: dietro le quinte”,
“Esplora tutti i film della serie
alla ricerca del mistero sul vero
destino di Harry”, “Sul set al
seguito di Tonks: Natalia Tena
(ovvero Nymphadora Tonks)
conduce un tour molto personale sul set del film” in Harry
Potter e l’Ordine della Fenice.
DISTR. WARNER HOME VIDEO
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
73
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
DVD
La cl as se de i cl as si ci
a cura di Bruno Fornara
REGIA William Wellman
CON Fredric March,
Carole Lombard
GENERE Commedia
(1937)
DISTR. Teodora Film
Nulla sul serio
Peace and
Music
A 40 anni dal concerto dei concerti:
Woodstock - Director’s Cut da collezione
TIRATURA LIMITATA E GIFT PACK DA
collezione per celebrare i 40 anni del concerto di
Woodstock. Vincitore di un premio Oscar e giudicato
“il miglior film di un concerto mai realizzato”, il
documentario di Michael Wadleigh torna in Home
Video nella versione Director’s Cut, in un’edizione
rivista e approvata dal regista, con il ripristino dei
suoni originali rimasterizzati digitalmente. In più, 40
minuti di metraggio inedito e innovativo formato per
schermo panoramico. Confezione da 4 dischi, per
una durata complessiva di 492 minuti: oltre al film,
performance musicali inedite (Joan Baez, Paul
Butterfield, Canned Heat, Joe Cocker, Creedence
Clearwater Revival, Grateful Dead, Jefferson
Airplane, Mountain, Santana) e numerosi contenuti
speciali, tra cui “Woodstock: da Festival a film”, documentario del festival e delle riprese con interviste, tra
gli altri, a Martin Scorsese, assistant director del film.
DISTR. WARNER HOME VIDEO
74
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
Nel meraviglioso cofanetto
della Flamingo Video dedicato
a Carole Lombard, c’è Nulla sul
serio di William Wellman, la più
provocatoria di tutte le magnifiche commedie americane degli
anni Trenta. Provocatoria perché della giovane donna protagonista ci viene detto, subito
all’inizio, che ha solo qualche
mese di vita. È vero che, poco
dopo, veniamo a sapere che è
invece sana come un pesce: ma
tutti, nel film, pensano fino alla
fine che la sua sorte sia segnata,
e piangono per lei, e ne fanno
un simbolo di coraggio... Una
commedia, dunque, sull’argomento meno comico che ci sia,
la morte: e anche su parecchio
altro, il giornalismo cinico, il
sentimentalismo a buon prezzo,
lo sfruttamento della lacrima.
Tutto il film è esemplare e due
immagini sono sorprendenti:
una, quella del bambinetto
(cannibale?) che attacca il giornalista alle spalle (anzi: al polpaccio!); l’altra, con i due protagonisti (lui è Fredric March)
coperti da un ramo d’albero
che ce li toglie alla vista, così,
senza motivo, tipo di inquadratura che nelle commedie non
ricordiamo di aver mai incontrato. La morte (creduta) in
diretta e la società dello spettacolo (lacrimevole).
Fi lm in or bi ta
a cura della redazione
Il duca John Wayne
(Studio Universal)
Per i 30 anni dalla scomparsa, Studio Universal manda
in onda 5 titoli (ogni lunedì) interpretati dal “Duca”
John Wayne: I cacciatori dell’oro, Sentieri selvaggi, Il
fiume rosso, Mc Lintock! e Carovana di fuoco.
Generation Kill
(Steel - Sci fi)
Per la prima volta in Italia la miniserie basata sul libro
di Evan Wright. Preparatevi a seguire la guerra in Iraq
attraverso gli occhi del primo battaglione da
ricognizione dei Marines. Dal 14 giugno in prima serata.
Angel
(Rai 4)
Torna la prima stagione della serie tv nata nel 1999
dalla costola di Buffy l’ammazzavampiri: con David
Boreanaz succhiasangue tormentato dal ritorno della
sua anima e dalla perdita dell’amata Buffy.
Viaggi di fantasia
Adrenalina e spettacolo,
anche in alta definizione
THE SPIRIT
Storyboard con
finale alternativo e
Miller che parla di
Miller tra gli extra.
Eva Mendes,
Scarlett
Johansson e Paz
Vega le armi in più.
Disponibile in Blu-ray e in versione
UMD.
DISTR. SONY PICTURES HOME ENTERTAINMENT
IN THE NAME OF THE KING
Ancora da un
videogame
(Dungeon Siege),
ancora Uwe Boll in
regia. Passato
inosservato in sala,
il fantasy
medievale con
Jason Statham e Ray Liotta cerca
fortune domestiche.
DISTR. 01 DISTRIBUTION
LASCIAMI ENTRARE
Tris Van
Sant
Solamente le
“scene tagliate” e
il trailer tra gli extra
per il “controTwilight”
scandinavo. Dal
romanzo di John
Ajvide Lindqvist,
per la regia di Tomas Alfredson.
Dall’esordio di Mala Noche ai recenti Elephant e Milk
DISTR. CECCHI GORI HOME VIDEO/PERSEO
VIDEO
Arriva per la prima volta in Italia Mala
Noche (etichetta Paco Pictures), film
che nel 1985 segnò l’esordio di Gus Van
Sant. Girato in 16mm e basato sull’omonimo racconto autobiografico di Walt
Curtis, è la storia di un amore folle tra
un commesso di Portland e un clandestino messicano.
Contemporaneamente, torna sul mercato Elephant (Palma d’Oro nel 2003
per Miglior Film e Miglior Regia), con
un interessante “Dietro le quinte” tra i
contenuti speciali. Per quanto riguarda la stretta attualità, infine, anche
questo in vendita dal 3 giugno, il
recente Milk (Oscar a Sean Penn
come Miglior Attore protagonista e
alla Sceneggiatura originale) disponibile in Special Edition (doppio disco,
tra gli extra il documentario The Times
of Harvey Milk di Robert Epstein) e in
versione Blu-ray.
DISTR. BIM 01 DISTRIBUTION
VIAGGIO AL CENTRO
DELLA TERRA
Dal celebre
romanzo di Jules
Verne allo show
tridimensionale.
Disponibile in
doppio disco e in
Blu-ray e in
entrambe le
versioni (2D e 3D). Con quattro paia
di occhialini.
DISTR. 01 DISTRIBUTION
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
75
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
DVD
belli freschi
IL CURIOSO CASO DI
BENJAMIN BUTTON
Sconfitto alla
notte degli Oscar,
il film di David
Fincher arriva in
Edizione Speciale
Doppio Disco e in
Blu-ray. Tra gli
extra, Prefazione,
Sviluppo e Pre-Produzione, le
Tecnologie, Produzione.
DISTR. WARNER HOME VIDEO
FROST/NIXON - IL DUELLO
I bambini ci guardano
De Sica in doppio disco. Con documentario su Cesare Zavattini
Prima collaborazione “ufficiale” tra Vittorio De
Sica e Cesare Zavattini (coautore due anni
prima, di nascosto e senza firmare, della commedia Teresa Venerdì), I bambini ci guardano – film
che nel ’43 pose le basi del neorealismo – arriva
in Home Video (library Cristaldi Film) in
Collector’s Edition. Sul primo disco, oltre al
film, Interviste a Manuel De Sica e a Luciano
De Ambrosis – all’epoca il piccolo Pricò protagonista, oggi affermato doppiatore (è la voce di
Sean Connery) – mentre sul secondo disco l’interessante documentario “Cesare Zavattini”
(67’), realizzato da Carlo Lizzani nel 2003 per
Cinecittà Holding, Istituto Luce, L’Immagine e
Rai Trade. Operazione analoga, se si vuole, a
quella proposta sempre da Dolmen qualche
mese fa con Europa ’51 di Roberto Rossellini,
regista al quale Lizzani dedicò un documentario.
DISTR. DOLMEN HOME VIDEO
Altre dim ens ioni
Avatar: il
videogioco
76
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
DISTR. UNIVERSAL
TI AMERO’ SEMPRE
Intervista a
Philippe Claudel e
Scene tagliate
con il commento
audio del regista
tra gli extra.
Ottimo dramma e
straordinaria
Kristin Scott Thomas, premiata
con l’EFA.
DISTR. DOLMEN HOME VIDEO
Pianeta inesplorato e umanoidi nel nuovo
mondo di Cameron: per Console e PC
In principio ci furono Aliens e Titanic, e dopo un
periodo relativamente lungo di pausa, James
Cameron ritorna con un nuovo progetto di alta
portata, Avatar, girato interamente in 3D, che
narra la storia di un pianeta inesplorato e di una
razza di umanoidi che ha diversi punti di contatto
con quella terrestre. Ad occuparsi del videogioco
tratto dal film sarà questa volta Ubisoft, con un
titolo di azione che sfrutterà appieno la licenza e
il vasto mondo creato per la pellicola,
attualmente in post-produzione e in uscita in
Oltre un’ora di
contenuti speciali
per il Ron Howard
migliore di
sempre: scene
eliminate, making
of, interviste
originali e la
biblioteca di Nixon. Da non
perdere.
LIVE!
contemporanea mondiale il 18 dicembre 2009.
Avatar: Il Videogioco sarà disponibile su
Console, PC e Portatili, i primi filmati verranno
mostrati durante l’Electronic Entertainment Expo
di Los Angeles nel mese di Giugno.
Per saperne di più visitate www.multiplayer.it
ANTONIO FUCITO
Mai uscito negli
States, visto da
pochissimi in
Italia. Il
mockumentary
prodotto e
interpretato da
Eva Mendes
arriva anche in versione HD. Con
40’ di contenuti speciali.
DISTR. MONDO HOME ENTERTAINMET
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
Borsa del cinema
di Franco Montini
Chi la dura, la vince
Andamenti e teniture dei film in sala: La matassa è la “regola”, Gran Torino l’eccezione
Rispetto
all’esordio, la
maggior parte dei
titoli perde anche
più del 50%
78
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
I DUE FILM DI MAGGIOR
successo sul mercato italiano fra
i titoli usciti da due mesi a questa parte, La matassa e Gran
Torino, sono approdati sul mercato in contemporanea il 13
marzo scorso. La commedia
con Ficarra & Picone, distribuita in 514 copie, nel primo
weekend di programmazione ha
incassato 2,6 milioni di euro. Il
film di Clint Eastwood nel
primo fine settimana con 318
copie ha rastrellato 1,6 milioni.
Oggi, a sfruttamento quasi
esaurito, l’incasso de La matassa
è di 7,5 milioni; Gran Torino ha
superato quota 8,6 milioni. Nel
primo caso, dunque, l’incasso
finale è stato l’esito del primo
weekend moltiplicato per tre;
per il film di Eastwood, invece,
l’esito del primo weekend moltiplicato per cinque.
Rispetto alla norma, La matassa
rappresenta la regola; Gran
Torino l’eccezione. Il film di
Eastwood, infatti, ha potuto
contare su un gradimento eccezionale e su una tenitura parti-
Cast & Crew
di Marco Spagnoli
R it m o e fa n ta s ia
Patrizia Penzo, montatrice dei doc storici all’Istituto Luce
colarmente lunga. All’ottava settimana, Gran Torino aveva ancora 59 copie in sala e si piazzava
al 12° posto fra gli incassi del
weekend 1-3 maggio. La moltiplicazione degli schermi, fenomeno senz’altro positivo, sta
tuttavia provocando anche degli
effetti negativi. Uno di questi è
la tendenza a proporre uscite di
film con un numero eccessivo
di copie, che, di conseguenza,
provocano teniture troppo
brevi. Approdare in sala con
400-500 copie fino a qualche
anno fa era straordinario, oggi è
diventato normale. Fenomeno
rischioso perché, se non si ottiene il risultato previsto, il film è
bruciato dopo tre giorni. Ormai
accade solo in casi limite che un
film aumenti il numero delle
copie nel secondo weekend,
mentre prima accadeva di assistere ad uscite volutamente
ristrette, finalizzate a sondare il
mercato e comportarsi di conseguenza rispetto al risultato
ottenuto. Di recente qualcosa
del genere è accaduto solo con
Gran Torino, che nel secondo
fine settimana ha aumentato il
numero delle copie in programmazione, occupando 332 schermi, 14 in più della prima uscita;
mentre La matassa, pur forte
dell’ottimo esordio, nel secondo
weekend aveva già perso 14
schermi. Una volta c’era il calo
fisiologico degli incassi, oggi più
spesso si registra un crollo già
dopo il primo weekend; la maggior parte dei film arriva a perdere anche più del 50% rispetto
all’esordio, perfino quando
fanno registrare un alto gradimento. Ma soprattutto lo sfruttamento a fiammata del primo
weekend determina teniture
sempre più brevi. Si tratta di un
fenomeno negativo soprattutto
Montatrice di film documentari tratti dallo
sterminato archivio dell’Istituto Luce, come
i due capitoli di Bellissime (nella foto), Regia
Nave Roma e La Roma di Mussolini, Patrizia
Penzo ha iniziato a fare il suo lavoro
seguendo una grande passione per l’ordine,
ma anche per la fantasia.
Qual è la principale difficoltà della sua
professione?
Intervenire su materiale già montato in precedenza come i Cinegiornali, la Settimana
Incom e le immagini di repertorio. Un
montatore, in genere, ha le scene ‘pulite’ e
si può sbizzarrire di più, mentre il nostro
lavoro si basa su materiali d’archivio che
per quanto straordinari e ricchissimi, hanno
la limitazione di essere stati già editati in
precedenza da altri.
In compenso, però, lei rilegge attraverso
una sensibilità moderna i repertori.
Questo consente di riportare materiali di 50
anni fa alla visione del pubblico di oggi,
abituato ad un montaggio molto più veloce.
Ricostruire seguendo un nuovo ritmo un
materiale del passato è un po’ complicato,
ma interessante e stimolante.
Qual è la qualità necessaria per il suo
lavoro?
La fantasia. E’ questa la dote che ti consente di rimaneggiare al meglio il materiale,
adattandolo alla sensibilità di oggi.
Il trucco più importante che ha imparato?
Non si può pensare solo al montaggio, ma
a tutto l’insieme. E’ solo l’armonia di tutto
un documentario e di un film che determina il successo e la rilevanza del tuo lavoro.
box office (aggiornato al 25 maggio)
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Angeli e demoni
Una notte al museo 2: la fuga
San Valentino di sangue
Vincere
17 Again – Ritorno al liceo
Star Trek
Antichrist
X-Men le origini: Wolverine
State of Play – Scopri la verità
Hannah Montana: The Movie
€ 12,042,438
€ 31,299,781
€ 14,989,155
€ 13,428,809
€ 11,026,156
€ 11,985,443
€ 32,122,895
€ 24,837,133
€ 22,237,079
€ 32,291,646
N.B. Le posizioni sono da riferirsi all’ultimo weekend preso in esame. Gli incassi sono complessivi
per i film destinati ad un pubblico adulto. Infatti mentre i
ragazzi sono molto rapidi nei
consumi, il pubblico adulto è
più lento e spesso quando
sarebbe intenzionato ad andare
a vedere un certo film, quel
titolo è già scomparso dalla
programmazione o confinato
in sale distanti da raggiungere.
Il risultato è che l’intensità dello
sfruttamento iniziale penalizza
l’esito finale, crea un consumo
selvaggio e un mercato stressato, che non riesce ad esprimere
tutto il proprio potenziale.
Esattamente il contrario di
quanto era previsto con l’arrivo
dei multiplex che, si pensava,
avrebbero allungato la vita dei
film, avendo la possibilità di
spostare le pellicole dalle sale
più grandi alle più piccole.
Accade invece, che i film di
successo occupino anche 3-4
schermi di una stessa struttura,
per essere poi smontati con
grande rapidità. Non sarebbe il
caso di cominciare a ripensare
alle strategie di uscita?
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
79
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
Libri
I paesaggi dello
schermo, l’altra
faccia del Principe
della risata. Poi
l’arte del montaggio
e il modello
“giovane”
Luoghi dell’anima
Cor nic i del vis ibil e
Rile gge re Pas olin i
Quello di Sergio Arecco non è il solito dizionario. L’originale
chiave di lettura proposta dall’autore per mettere insieme film
come Via col vento, Accattone, Gomorra e gli altri, è il
paesaggio. Elemento scenografico, location dell’anima, cornice
psico-affettiva dei personaggi, il paesaggio assume nell’ottica
di Arecco un’importante funzione drammaturgica, perché
costituisce lo “spazio” delle relazioni motorie, sociali e
simboliche del racconto e la chiave
d’accesso all’immaginario dei registi.
Cinema e paesaggio (Le Mani, pagg. 232, €
16,00) si rivela così un appassionante viaggio
ai confini della settima arte, nell’incontro col
suo attore nascosto: la frontiera del visibile,
limite fisico e ontologico dell’esperienza
filmica, oltre il quale c’è il mistero del
fuoricampo. Là dove si arresta lo sguardo e
inizia forse un altro cinema.
Ma quale marxista, ma quale comunista!
Pier Paolo Pasolini era un cattolico e
solo in un’epoca di menzogne come il ’68
si poteva pensare diversamente. Aveva
un bel dire quel maramaldo,
provocatore, iconoclasta di Pier Paolino:
“Io non credo in Dio”, quando, nella sua
vita squassata da una dilaniante voracità
sessuale, l’opera di regista e poeta è
una disperata ricerca del Creatore. Ne
prende atto Marzia Apice con il bel
saggio Le visioni di Pasolini. Immagini di una profezia
(Bibliopolis, pagg. 124, € 14,00) nel quale, finalmente, si
parla dell’artista per quello che era. Che oggi possa
importare a qualcuno del più grande poeta italiano, della
cinepresa e non solo, del ’900 è dubbio. Ma, almeno, se ne
può dire la verità.
GIANLUCA ARNONE
80
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
ANTONIO ANGELI
Misteri di Totò
Totò che visse due volte. Ciprì e Maresco non ce ne vogliano
se rubiamo il titolo del loro film per adattarlo all’icona della
comicità italiana. Eppure la vicenda del principe De Curtis, in
arte Totò, si presenta sotto il segno della duplicità: l’allegria
della maschera e la cupezza dell’uomo, il cattolicesimo e la
massoneria, l’amorevole cura nei confronti della moglie e il
disprezzo verso le amanti, l’anarchia del guitto e l’ossessione
per i titoli nobiliari. E nel segno dello sdoppiamento lavora
anche il saggio di Capecelatro e Gallo Totò,
vita e arte di un genio (Gruppo Editoriale
Viator, Fondazione Ente dello Spettacolo,
pagg. 178, € 15,00) un libro in due parti –
una sezione biografica, l’altra artistica – che
concepisce la monografia come
un’indagine. E insinua il dubbio che di Totò
si sia già detto tutto, ma non si sappia
ancora abbastanza.
Doppio
Visconti
Analisi e aneddoti di due capolavori: La terra
trema e Senso di Pier Paolo Mocci
GIANLUCA ARNONE
Tag lia e cuc i
Grazie al televisivo “Blob” conosciamo il senso dei frammenti
con finalità di racconto. Così esce nel momento giusto Il
montaggio nella storia del cinema. Tecniche, forme, funzioni
(Marsilio, pagg. 182, € 12,50) di Federico Vitella, che ha un
merito didattico-storicizzante. Se il montaggio delle origini è
“primitivo”, negli anni ‘20 quello grafico-artistico produce Un
chien andalou, di Buñuel e Dalì. Nella prima fase del cinema
europeo il montatore professionale non c’è, ma negli Usa
emerge una figura, “che non asseconda
pedissequamente la volontà del regista”,
grazie alla moviola. E l’Italia? Dopo Ladri di
biciclette lo spettatore perde il privilegio e il
montaggio narrativo “mostra la sua
artificialità”. Poi Godard, Resnais e Truffaut
ricorderanno “la natura finzionale delle
storie”. E torniamo ai materiali digitali in,
off e over: solo per i nostri occhi.
CINZIA ROMANI
Luc che tti crit ici
E se il cinema adolescenziale, definito spesso superficiale,
accomodante e modaiolo, fosse uno dei banchi di prova più a
rischio per la critica? La questione non è peregrina se è vero
che i maggiori successi italiani degli ultimi anni – da Tre metri
sopra il cielo a Notte prima degli esami – sono stati
accompagnati dai mal di pancia dei critici, incapaci di
approcciare il filone con criteri di giudizio diversi da quelli
estetici. E’ arrivato il momento di ricucire lo strappo col
pubblico. Davide Boeri, in Chitarre e
lucchetti (Le Mani, pagg. 135, € 14,00) ci
fornisce ragioni e strumenti per farlo.
Utilizzando la chiave della trasversalità,
l’autore inquadra il fenomeno nelle più
complesse strategie di rivendicazione
messe in atto dai teenager, che usano
cinema, libri e tv come trincee identitarie.
La critica non gli spari addosso.
GIANLUCA ARNONE
Roberto
Semprebene
La terra trema.
Effatà Editrice
Pagg. 176, €12,50
Elena Pigozzi
Uragano d’estate
Marsilio Editori
Pagg. 272 €19,00
La grandezza di una personalità come quella di
Luchino Visconti permette di ricercare, in modo
costante, aspetti nuovi o meno battuti all’interno
della poetica. Quasi contemporaneamente escono
due volumi molto interessanti e diversi tra loro
dedicati alla straordinaria figura del registaaristocratico autore di alcuni capolavori della storia
del cinema. Roberto Semprebene con La terra trema,
parte da quella che viene considerata una delle
pietre miliare del Neorealismo per dar vita ad una
lucida analisi sull’Italia del boom e del compromesso
storico, divisa tra comunisti e democristiani, tra
operai (ex contadini) e nuovi imprenditori. Emergono
numerose informazioni e testimonianze, come
quella dell’allora sottosegretario al cinema Giulio
Andreotti o il capitolo “Il mondo cattolico e il
cinema”, che documenta la nascita e il radicarsi
del Centro Cattolico Cinematografico, l’ufficio
preposto alla cura degli interessi cattolici in ambito
cinematografico. Di tutt’altro genere è invece il
manoscritto di Elena Pigozzi, autrice di Uragano
d’estate. Si tratta di un vero e proprio romanzo
incentrato, con le dovute libertà narrative, sugli
amori, gli umori e le emozioni di un paesino
“sconvolto”, nell’estate del 1953, dalle riprese di
Senso, in cui grandi nomi come Alida Valli,
Massimo Girotti, Giorgio Bassani e Tennessee
Williams, si mischiavano alle comparse reclutate
nel paese di Valeggio, in provincia di Verona.
giugno 2009
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
81
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
di Gianluigi Ceccarelli
Colonne Sonore
Visti da vicino
Ricordo vivo
Sonorità sixties che hanno fatto la storia: I Love
Radio Rock
Val la pena riallacciarsi a
quanto detto due mesi or
sono a proposito della
trendy playlist del vuoto
RocknRolla, smaccatamente
impegnata ad ammirarsi
prima ancora che a farsi
ammirare. Non accade lo
stesso per I Love Radio
Rock (The Boat That Rocked),
la cui fluviale colonna
sonora (2 CD per 37 brani
in totale) gode di ben altra
centralità e vive di luce
propria, affresco di un’epoca che è vera protagonista del film in questione. Il
lavoro del music supervisor Nick Angel è filologicamente corretto, con l’eccezione di Let’s Dance di
David Bowie, brano anni
‘80 che chiude il film e che
poco o niente c’entra con
il resto. Sul versante sixties
(che ora è più in voga definire vintage), comunque,
musica per le vostre orec-
chie: alle hits più telefonate
e di facile presa (Jimi
Hendrix, Beach Boys,
Procol Harum, Cat
Stevens) fanno da contraltare scelte meno scontate
(gli Who di I can see for
miles, i sempre sottovalutati
Kinks) e precise illustrazioni delle tendenze del periodo: straordinarie Martha
Reeves & The Vandellas e
le Supremes di area
Motown, puntuale il tocco
di merseybeat fir mato
Hollies. Arrivano al cuore
le hits di Junior Walker e la
voce di Dusty Springfield,
artista non a caso sempre
presente quando serve il
brano a effetto (vedasi Pulp
Fiction). Sono solo canzonette, certo, ma hanno
fatto la storia. E og gi,
riprodotte nel vostro salotto, svolgono una missione
non meno importante:
tenere vivo il ricordo.
Per tut ti i gus ti
a cura della redazione
Sacro e profano
Madonna si
autocita con
Erotica e omaggia Britney Spears, erede
dichiarata. Il resto è (giusta) passerella per i
Gogol Bordello di Eugene Hutz: orecchiabili
ma ancora troppo “sporchi” da sdoganare.
Per fortuna. (G.C.)
82
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
giugno 2009
Cadillac Records
Dai colpi di fucile di
Miracolo a
Sant’Anna alla Chess Records degli anni ‘50
raccontata da Darnell Martin. Il sound di
Terence Blanchard per l’ascesa dei
leggendari Muddy Waters, Etta James e
Chuck Berry.
Terminator
Salvation
Lo storico main
theme è quello di
Brad Fiedel, e ci mancherebbe.
Poi Danny Elfman per l’original score in un
tripudio di suoni elettronici, percussioni
meccaniche e rantoli di lamiere. Cyborgmusic.
© A NBC UNIVERSAL GLOBAL NETWORK.
STUDIO UNIVERSAL.
IL RITORNO.
*Offerta valida fino al 30/06/09 per chi attiva la modalità Easy Pay, previa richiesta di fornitura del servizio della durata di 12 mesi ed accettazione delle relative condizioni generali. La promozione consente la
visione dell’offerta Gallery o Gallery+Fantasy con uno sconto applicato in fattura di 6 euro al mese per i primi 6 mesi oppure Gallery+Calcio o Tutto Premium con uno sconto applicato in fattura di 10 euro al
mese per i primi 6 mesi. Al termine del sesto mese, l’utente pagherà il prezzo di listino relativo all’offerta scelta vigente in quella data. Verificare l’effettiva ricezione dei contenuti prima di procedere all’acquisto.
** Il costo da telefonia fissa è di 0,03 euro al minuto, più 0,06 euro di scatto alla risposta (IVA inclusa). I costi da telefono cellulare variano in funzione del gestore da cui viene effettuata la chiamata.