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rivista del M E N S I L E N . 6 G I U G N O 2 0 0 9 € 3,50 dal 1928 Super Cannes Istantanee dal festival: critica selvaggia e i magnifici sette Fantasy revival L’evergreen Oz e gli incubi animati di Coraline Missione Caraibi I fratelli Vanzina ci riprovano con il cinecocomero: gelo in sala? Kenneth Branagh Reazionario sullo schermo, ribelle nella vita. A tempo di Rock Harry Potter, si cambia Il mago di Hogwarts e il bambino che fu: arriva Il Principe Mezzosangue, tra angosce e fantasmi fondazione ente™ dello spettacolo Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano In collaborazione con TUTTIPRO ATTREZZATURE, TECNOLOGIE E WORKSHOP PER I PROFESSIONISTI DEL SETTORE Con il patrocinio di Organizzazione Conference Service Srl - Via de’ Buttieri 5/a - 40125 Bologna - Italia - tel. +39.051.4298311 - [email protected] TORINO 18>20 SETTEMBRE 09 TAGONISTI CASTING E INCONTRI CON LE STAR DELLA TV E DEL CINEMA Special Partner Media partner www.cineshow.it '!,,)/ 6)#%.:! ? 3!,! #).%'(%, ? VIA 8) &EBBRAIO ? WWWCINEGHELIT ? INFO CINEGHELIT ).&/?PARTNER6%.%4!#).%-!%4%!42/%STE0$ rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Nuova serie - Anno 79 N. 6 giugno 2009 In copertina Harry Potter e il Principe Mezzosangue pu nt i di vi st a DIRETTORE RESPONSABILE Dario Edoardo Viganò CAPOREDATTORE Marina Sanna REDAZIONE Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio Sammarco CONTATTI [email protected] PROGETTO GRAFICO P.R.C. - Roma ART DIRECTOR Alessandro Palmieri HANNO COLLABORATO Antonio Angeli, Alberto Barbera, Gianluigi Ceccarelli, Carlo Chatrian, Pietro Coccia, Silvio Danese, Bruno Fornara, Antonio Fucito, Marco Grossi, Enrico Magrelli, Miriam Mauti, Pier Paolo Mocci, Massimo Monteleone, Franco Montini, Morando Morandini, Peppino Ortoleva, Anna Maria Pasetti, Angela Prudenzi, Cinzia Romani, Marco Spagnoli, Davide Turrini, Paolo Zelati REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA N. 380 del 25 luglio 1986 Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007 STAMPA Società Tipografica Romana S.r.l. - Via Carpi 19 - 00040 Pomezia (RM) Finita di stampare nel mese di maggio 2009 MARKETING E ADVERTISING Eureka! S.r.l. - Via L. Soderini, 47 - 20146 Milano Tel./Fax: 02-45497366 - Cell. 335-5428.710 e-mail: [email protected] DISTRIBUTORE ESCLUSIVO ME.PE. MILANO ABBONAMENTI ABBONAMENTO PER L’ITALIA (10 numeri) 30,00 euro ABBONAMENTO PER L’ESTERO (10 numeri) 110 euro SERVIZIO CORTESIA S.A.V.E. Srl, Fiano Romano (RM) tel. 0765.452243 Fax 0765.452201 [email protected]. PROPRIETA’ ED EDITORE PRESIDENTE Dario Edoardo Viganò DIRETTORE Antonio Urrata UFFICIO STAMPA [email protected] COMUNICAZIONE E SVILUPPO Franco Conta [email protected] L’esercizio delle immagini Doveva essere il festival degli scandali e delle provocazioni, di visioni squarciate ed enfant terrible, di quadri algidi e lucidi maestri. Non sono mancati né gli uni né gli altri, in un cartellone spezzato tra il von Trier più atroce e un Resnais follemente leggero. Ad emergere però è stata soprattutto una terra di mezzo di autori che alle polemiche hanno preferito le domande, agli shock i problemi. nel sorprendente Tarantino (Inglourious Basterds), Storia pubblica e privata nello scavo mussoliniano di Bellocchio (Vincere). Mai come quest’anno a Cannes “il cinema è stata la tecnica per scrivere la storia del secolo”. Così Michael Haneke, il vincitore della 62ma Parola dei Cahiers du Cinema, che anche edizione di Cannes, un provocatore di razza, un quest’anno rinnovano con la nostra Rivista autore disturbante. La Palma d’Oro però, prima in carriera, arriva con il suo film più controllato e l’impegno a diffondere l’amore e il sapere per la settima arte tra le nuove generazioni: si terrà dal austero, raggelato in un magnifico bianco e 15 al 19 giugno, tra le aule di Palazzo Farnese e nero, pungente senza essere eccessivo. quelle storiche del Centro Sperimentale di Il nastro bianco del regista austriaco è più Cinematografia, il quarto stage di critica corrosivo che corroso, un’operazione cinematografica, a cui apparentemente d’antan - il film parteciperanno 45 giovani è ambientato in una campagna universitari segnalati dagli stessi tedesca del 1914 - che ha la “Rinnoviamo Atenei che, a titolo gratuito e sotto pretesa di congelare la storia nell’atto unico e imperituro di l’impegno a diffondere l’occhio vigile di esperti e docenti, un’umanità votata al senso di l’amore e il sapere per impareranno l’arte della critica in attesa che diventi anche un colpa. E allora non è un film al la settima arte” mestiere. Fiore all’occhiello passato quello di Haneke, ma dell’attività formativa della nostra un film fuori dalla Storia perché Fondazione, lo stage fa il paio con la Storia stessa non è che un un’altra importante iniziativa: la fantasma (in bianco e nero), pubblicazione del Rapporto-Il mercato e l’illusione di una continuità nel tempo, quando il l’industria del cinema in Italia, un progetto tempo stesso è eterna ripetizione di un errore innovativo che si propone di analizzare l’attuale indelebile. E la Storia è stata il fil rouge tematico stato del cinema italiano, attraverso l’analisi del Concorso: storia del cinema e di vita ragionata dei dati a disposizione. Buona lettura a nell’appassionato e nostalgico Almodóvar (Gli tutti! abbracci spezzati), cinema che riscrive la Storia COORDINAMENTO SEGRETERIA Marisa Meoni [email protected] DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE Via G. Palombini, 6 - 00165 Roma - Tel. 06.66.37.455 - Fax 06-66.37.321 [email protected] Associato all’USPI Unione Stampa - Periodica Italiana Iniziativa realizzata con il contributo della Direzione Generale Cinema - Ministero per i Beni e le Attività Culturali La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 5 s o m m a r io Brad Pitt a Cannes per Inglourious Basterds n. 6 giug no 2009 PERSONAGGI 44 Sulle tracce di Coco Audrey Tautou avant Chanel: ritratto di una rivoluzionaria 48 Branagh in FM Non solo Shakespeare: l’attore inglese si riscopre ministro censore per I Love Radio Rock FILM DEL MESE 56 Vincere 60 I Love Radio Rock 61 Moonacre – I segreti dell’ultima luna 61 Sacro e profano 62 Uomini che odiano le donne 64 Terminator Salvation 64 Martyrs 64 The Uninvited 65 CA$H 66 Achille e la tartaruga SERVIZI 20 Un Nastro da Palma Il bianco e nero di Haneke conquista Cannes: icone e polemiche dalla Croisette FOTO: PIETRO COCCIA Michael Haneke con la Palma d’Oro per Il nastro bianco Noomi Rapace protagonista di Uomini che odiano le donne 32 COVER Harry, ti presento Potter Il Principe Mezzosangue è alle porte: mutazioni fantasy e derive filmiche. Pensando ai 70 anni del Mago di Oz Un film in DVD è un’emozione da condividere. Un DVD è un momento speciale, un’immagine splendida, un audio perfetto, un’atmosfera che unisce. Il piacere di vivere la serata senza sottostare a programmi e orari imposti. E l’emozione non finisce con il film: contributi speciali, backstage, interviste e making of. Un film da vedere, rivedere e collezionare. Un’opera unica che puoi goderti solo in DVD. DVD. Molto più di un film. The show must go home. TM som ma ri o 18 Hollywood Ending 10 Effetti speciali: Cruise rifiuta la Casa Bianca, Michael Jackson è fosforescente Morandini in pillole Attori dimenticati, pubblicità ingannevoli e il “vetusto” Ejzenštejn 72 Dvd & Satellite 12 Circolazione extracorporea Proiezioni dirette e indirette dell’io: come evitare gli specchi deformanti 14 Glamorous News e tendenze: chi è la più bella del reame? Angelina o Alessia Merz? 16 Colpo d’occhio Ritratto di una sexy star: quando la seduzione è Wilde 40 anni dopo, Woodstock in Collector’s Edition. Omaggio a John Wayne 78 Borsa del cinema Chi la dura la vince: alti e bassi delle teniture in sala 80 Libri La vita e l’arte di Totò, paesaggi da film, lucchetti e montaggi 82 Colonne sonore Il magnifico sound degli anni ’60 per i dj in barca di I Love Radio Rock Una scena di Coraline e la porta magica pensieri e parole Quello che gli altri non dicono: riflessioni a posteriori di un critico DOC MORANDINI in pillole di Morando Morandini Nell’Italia del Duemila la critica è diventata la ruota di scorta dei quotidiani Vincere Dalla telefonata di un amico che segue il festival di Cannes ho appreso che, su ordini superiori ricevuti dai rispettivi giornali, alcuni critici italiani hanno dovuto anticipare di un giorno l’invio delle loro corrispondenze su Vincere di Bellocchio. Per farlo hanno abbandonato la proiezione mezz’ora circa prima della fine. Il fatto non mi stupisce perché conferma le opinioni che ho da molto tempo sullo stato delle cose culturali nell’Italia del Duemila: la critica è diventata la ruota di scorta dei quotidiani. E con la recessione che nella carta stampata è già in corso e si farà ancora più sentire nel secondo semestre del 2009, mantenere la schiena diritta diventa sempre più arduo. Mi auguro che un giorno (lontano) si arrivi a un processo di Norimberga della pubblicità Detesto La pubblicità in generale per il suo strapotere invasivo che mi (ci) perseguita dappertutto. Detesto certa pubblicità, quella con responsabilità che non si fermano ai crimini contro la lingua italiana, alla crudeltà mentale, alla persuasione occulta. La considero una parte importante della patologia sociale e mi auguro, come sosteneva Oliviero Toscani, che si arrivi un giorno (lontano) a un processo di Norimberga della pubblicità e delle sue agenzie il cui fatturato può arrivare all’890% per produrre informazioni o suggestioni false. Disprezzo la pubblicità indiretta o obliqua, praticata da molti giornalisti e critici talvolta corrotti e volontariamente asserviti, spontanei collaborazionisti di un sistema. Per scoprire i miei gusti, faccio un esempio di pubblicità intelligente. E’ un paginone dell’Apulia Film Commission con poche parole: La Puglia è tutta da girare. Conciso e con un doppio senso apprezzabile. Vetusto È un aggettivo che sta per “molto antico” e che, nel linguaggio orale, ha una sfumatura lievemente spregiativa. Sul “Sole 24 Ore” del 19 aprile, per i 20 anni dalla morte di Sergio Leone, Giuliano Zincone pubblica un peana in suo onore in cui scrive: “Scene snobbate dagli amanti dei silenzi enigmatici di Bergman/Antonioni e del ventusto Ejzenštejn, prima che Fantozzi affondasse la corazza Potemkin”. M’incuriosisce quel “vetusto”, affibbiato a un regista morto nel 1948 a 50 anni. Si sarebbe mai azzardato a chiamare “vetusti” scrittori come Verga o Tozzi? Zincone appartiene a quella categoria di intellettuali tuttologi, dotati di incommensurabile autostima, che collaborano sui giornali, ignorando la distinzione tra scrittore e scrivente, in francese “écrivain” e “écrivant”. Ovviamente si mette tra i primi. Perciò non capisce come si possano “amare” nello stesso tempo Bergman, Antonioni e Ejzenštejn. E la conosce la forte diversità tra i primi due? 10 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 FINE PEN(N)A MAI VISIONI FORZATE E INDULTI CRITICI Palma d’Oro a Michael Haneke: La pianista se la canta e se la suona. #### Vincere a mani vuote: consolazione, Marco Bellocchio si conferma antifascista. #### 4 film per 3 premi (il principale a Dogtooth...), di cui uno inventato: presidente di giuria di Un Certain Regard, Sorrentino ribadisce di essere nato per fare il regista… #### Austria? Felix anche per l’Italia. L’unico brandello tricolore premiato sulla Croisette è della pivellina Tizza Covi, cresciuta nella patria di Haneke. #### Nanni Moretti sarà lo psichiatra del Pontefice: dopo la papa-mobile, il papa-lettino. Sogni d’oro… #### “Che cosa sarebbero i miei film senza gli attori?”, si chiese Almodovar. “Che cos’è un film senza un regista”, risponde chi ha visto i suoi Abbracci spezzati. ALMOST (IN)FAMOUS: DALLE STALLE ALLE STARLETTE “Lavoro per me, non faccio film per voi”: disse Lars “sono il miglior regista al mondo” von Trier. Evidentemente Cannes è il salotto di casa sua. STOP “Dopo 6 tragedie in 13 anni, mi sono rilassato”: Ang Lee si improvvisa critico per Taking Woodstock. STOP Ne te retourne pas: oltre che alle spalle, Monica Bellucci e Sophie Marceau non devono essersi guardate nemmeno allo specchio. STOP Baci e schiaffi tra Martina Stella e Gabriele Muccino: “il fine giustifica i mezzi” è espressione ormai datata. STOP Clint Eastwood o Terrence Malick per aprire la 66esima Mostra del Cinema di Venezia: ancora in forse Orson Welles e Federico Pontiggia Stanley Kubrick. DAL 26 GIUGNO AL CINEMA circolazione extracorporea SPECCHI DEFORMANTI Fruizioni multiple nell’era della riproducibilità a cura di Peppino Ortoleva Come alla fine della Signora di Shanghai, su YouTube ogni autoproiezione rischia di essere patetica FANTASMI, SECOND LIFE Problemi d’identità nel “mondo secondo”. In basso Clark Gable, fra i tanti a cui YouTube regala tributes 12 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 Broadcast Yourself: lo slogan con cui poco più di 4 anni fa venne lanciato YouTube faceva temere un’esplosione di narcisismo di massa, uno tsunami di filmetti di quelli che una volta venivano inflitti all’ospite incolpevole dopo cena. Invece su YouTube si è infiltrato di tutto, sequenze televisive e brani musicali, opere d’arte accompagnate da lezioni che più tradizionali non si può, oppure riprese da angolature inconsuete. E tanti brani cinematografici, film dimenticati e trailer (o addirittura backstage pirata) di film ancora attesi. C’è chi parla di una nuova economia del dono, che esalta il lavoro gratuito del riprodurre e caricare in rete a volte anche con molta fatica (nelle “puntate” precedenti di questa rubrica abbiamo visto diversi esempi) materiali rari o rifacimenti ludici di film classici. E sicuramente quando sfogliando YouTube ritroviamo classici fino a poco fa introvabili, come la ninna nanna di Broadway di Busby Berkeley o un’eccellente edizione della Chute de la maison Usher di Jean Epstein, abbiamo seri motivi di riconoscenza. Ma capire il processo che porta molte persone a dedicare tempo a queste pratiche non è così semplice. Conta, per esempio, il fatto che ogni sistema di social networking si presenta come una sorta di traslato tecnologico di un aspetto della vita. Second Life, per esempio, partito con grande enfasi addirittura come mondo secondo, si è rivelato a molti suoi utenti con il volto letteralmente di un “al di là”, popolato di fantasmi (i famosi avatar) e di monumenti vuoti. Un cimitero. Dove nessuno va volentieri. Facebook ha l’apparenza iniziale, innocua, di un album di ricordi o di un diario di quelli delle medie dove gli amici ti scrivono dediche o ti appiccicano fotografie. YouTube, in quest’ottica, si presenta come una grande stanza degli specchi, del tipo che si vede alla fine della Signora di Shanghai: dove ogni proiezione troppo diretta di sé rischia di essere immediatamente deformata. Quando scoviamo E di risultare patetica. classici introvabili Ecco allora il prevalere delle presentazioni indiabbiamo seri rette del sé, che veicolano la nostra identità, quella vera o quella a cui ambiremmo; ecco il motivi di gioco delle citazioni, che ci identifica con un riconoscenza testo che amiamo ma anche con un mito a cui aderiamo, mantenendo però quella distanza ironica che è la cifra di tutte le forme di social networking. Così, quel peculiare sottogenere di You Tube che è il Tribute, piccolo videoclip o album musicato costruito per montaggio di film o foto di un attore o personaggio, può dare una soddisfazione paragonabile a quella che, in altri tempi, poteva venire dal portare i capelli proprio come Claudette Colbert, o dal togliersi la canottiera sotto la camicia proprio come Clark Gable. glamo rous Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze ANGELINA? NO GRAZIE Deve essere andata così. Angelina Jolie che chiede “Stefano, Stefano delle mie brame, chi è la più bella del reame?”, e lui che risponde “ma Alessia Merz, mia signora!”. Biancaneve però non c’entra nulla. Correva l’anno 1996 e Stefano Salvati già allora avrebbe dovuto capire che il cinema non faceva al caso suo: 1) sceglieva di girare Jolly Blue, un film sulla vita dell’883 Max Pezzali; 2) scritturava la Merz al posto della Jolie. Cosa è successo dopo lo sanno tutti: Angelina sarebbe diventata una stella, la Merz una meteora, e Salvati il regista di Albakiara. Nella vita le favole funzionano al contrario. 14 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 a cura di Gianluca Arnone QUELLA “VOLPE” DELLA FOX Megan Fox ha capito che per fare la sex symbol non basta scalare classifiche di bellezza né concedersi in pellicole dai ribollenti spiriti (Jennifer’s Body), ma bisogna darci dentro con prove d’indicibile arguzia e sfrontato coraggio. Così, prima tenta l’affondo a mezzo stampa contro la povera Scarlett Johansson (come sparare alla croce rossa) definendola “una che usa paroloni per dimostrare di essere intelligente” (intervista a Elle del 10 maggio); subito dopo sfida Zenone e i paradossi della logica dichiarandosi “bisessuale che non uscirebbe mai con un’altra bisessuale come me” (dichiarazione a DT del 14 maggio). Come dire sono ipocrita, ma il mio cognome non mente: Fox. PENN D’AMORE PER LA PORTMAN Loro negano. “Siamo solo amici”, ripetono ai molesti cronisti del pettegolezzo. Eppure nell’America indiscreta del gossip soffia il ragionevole dubbio che tra Natalie Portman e Sean Penn gatta ci covi. Gli indizi: lei è single, lui si è appena separato dalla moglie. Lei è il simbolo dell’intellighenzia hollywoodiana - con laurea in psicologia ad Harvard - e lui lo stereotipo dell’artista snob ed engagé. Lei è rimasta chiusa per una buona mezz’ora in una toilette durante una cena di gala, lui pure. Lei ha comprato una magione da 3 milioni di dollari a Los Feliz (California), lui no. A Los Feliz lui ci abitava già. giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 15 colpo d’occhio Tr e dici! Olivia Wilde: da spalla del Dr. House a donna più sexy del mondo Olivia Wilde ha fatto “Tredici“. I fan di Dr. House e dell’internista battezzata col numero della (s)fortuna lo sanno bene. E pure agli altri non sarà sfuggito che da quando Maxim l’ha eletta la “più sexy 2009” Olivia ha vinto il suo totocalcio, alla faccia (e non solo a quella) delle varie Bar Rafaeli, Mila Kunis e Adriana Lima. Classe ’84, pecora nera di una famiglia di giornalisti, sposata al fotografo Tao Ruspoli e a troppo anonimato, la Wilde pregusta già il suo momento. L’ora di luce nell’eternità effimera della bellezza. A SINISTRA. tappeto rosso per la donna più hot del 2009 ACCANTO. Bar Rafaeli, Mila Kunis e Adriana Lima con i bigodini 16 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 SOPRA. Olivia Wilde a scatti: in”grande” e insieme al marito italiano, il fotografo Tao Ruspoli FE ST IVAL DE L M ES E di Massimo Monteleone Giugno tricolore: Pesaro omaggia Lattuada, I mostri a Narni e Taormina ospita la Francia MOSTRA INTERNAZIONALE DEL NUOVO CINEMA XLV edizione del longevo festival italiano, coerente nel seguire percorsi originali, tendenze sperimentali, cinematografie e autori emergenti. In programma titoli inediti e una rassegna sul nuovo cinema israeliano. L’evento speciale è la retrospettiva su Alberto Lattuada. Incontri con gli autori e tavole rotonde. 1 BIOGRAFILM FESTIVAL – INTERNATIONAL CELEBRATION OF LIVES V edizione del primo festival dedicato alle biografie e ai racconti di vita. Previsti un concorso, sezioni tematiche, anteprime italiane e internazionali, focus, incontri e retrospettive (una su Julien Temple). Quest’anno si celebra lo storico evento rock di Woodstock (fra gli ospiti Barry Z. Levine, fotografo di scena del film “Woodstock” di M.Wadleigh). Località Bologna, Italia Periodo 10-15 giugno tel. (0051) 4070166 Sito web www.biografilm.it E-mail [email protected] Resp. Andrea Romeo 5 IL CINEMA RITROVATO XXIII appuntamento con la rassegna dedicata ai film muti e sonori riemersi e ai classici restaurati, con incontri e seminari. In programma, fra le varie sezioni, omaggi a Frank Capra, a Vittorio Cottafavi e alla serie di Maciste. Ospita anche la Fiera dell’Editoria Cinematografica. Località Bologna, Italia Periodo 27 giugno - 4 luglio tel. (051) 2194814 Sito web www.cinetecadibologna.it/cinem aritrovato2009 E-mail cinetecamanifestazioni1@comun e.bologna.it Resp. Peter von Bagh 6 H o lly w o o d Ending MESSAGGIO ALLA NAZIONE Durante una cena alla Casa Bianca in onore dello star system, Tom Cruise ha parlato agli americani preoccupati dalla crisi: “Sono un attore, non un politico. Recitare è quello che mi viene meglio fare. Non scenderei mai in politica”. Ancora sicuri che il cinema non serva a nulla? BEN AL SERVIZIO Quella di vessare i paparazzi sta diventando abitudine ad Hollywood. Neppure il pacifico Affleck si è sottratto. Una giornata al parco in compagnia di Jennifer Garner e delle loro bambine si è trasformata in un parapiglia, con l’indemoniato attore sorpreso a lanciare palline da tennis contro i fotografi appostati per uno scoop. Ma stavolta il “servizio” gliel’ha fatto Ben. JACKSON S’ILLUMINA “La sua pelle si illumina al buio”. E’ quanto avrebbero confidato due ex ballerine di Michael Jackson al Los Angeles Times. Se la notizia fosse vera dimostrerebbe una volta per tutte che “più bianco non si può” non è solo il detersivo. 18 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 Località Pesaro, Italia Periodo 21-29 giugno tel. (06) 4456643 (rif. a Roma) Sito web www.pesarofilmfest.it E-mail [email protected] Resp. Giovanni Spagnoletti TAORMINA FILMFEST IN 2 SICILIA LV edizione della rassegna siciliana, con anteprime di film di tutto il mondo alla presenza di autori ospiti. La sezione competitiva “Mediterranea” presenta 8 lungometraggi prodotti in quell’area geografica. Prevista una retrospettiva sulla Francia, paese ospite d’onore. Località Taormina (Messina), Italia Periodo 13-20 giugno tel. (0942) 21142 segreteria a Roma: tel. (06) 486808 Sito web www.taorminafilmfest.it E-mail [email protected] Resp. Deborah Young VIE DEL CINEMA 7 XVLEedizione della “Rassegna di cinema restaurato”. Il programma è dedicato a “Il cinema di papà – Il “giovane” cinema italiano rende omaggio ai propri padri, reali e putativi”. GENOVA FILM FESTIVAL 3 XII edizione della più importante manifestazione ligure sul cinema e gli audiovisivi. In concorso opere di fiction (anche d’animazione) e documentari. Previsti omaggi, rassegne, e incontri con gli ospiti. Località Genova, Italia Periodo 29 giugno – 5 luglio tel. (010) 5573958 Sito web www.genovafilmfestival.it E-mail [email protected] Resp. Cristiano Palozzi, Antonella Sica (Ass.Cult. “Daunbailò”) ARCIPELAGO XVII edizione del “festival internazionale di cortometraggi e nuove immagini”. Sezioni competitive: The Short Planet (film e video internazionali, “corti” digitali); ConCorto (film e video italiani); VideoRome; Short.Web 9.0 ; Extra Large. Non competitive: Itinerari. Località Roma, Italia Periodo 12-18 giugno tel. (06) 39388262 Sito web www.arcipelagofilmfestival.org E-mail [email protected] Resp. Stefano Martina 4 Marco Risi presenta la copia restaurata di “I mostri”. Prevista una sezione sui film in Super8. Località Narni (Terni), Italia Periodo 27 giugno - 5 luglio tel. (0744) 747282 Sito web www.comune.narni.tr.it E-mail [email protected] Resp. Alberto Crespi, Giuliano Montaldo NAPOLIFILMFESTIVAL XI edizione della rassegna competitiva, con il concorso Nuovo Cinema Italia, più i consueti cortometraggi e documentari di “Schermo Napoli”. Località Napoli, Italia Periodo 10-15 giugno tel. (081) 4238127 Sitoweb www.napolifilmfestival.com E-mail [email protected] Resp. Davide Azzolini, Mario Violini 8 Speciale Cannes Huppert Il festival francese primo tra tutti. Merito di una selezione di altissima qualità e di una presidentessa coraggiosa di Marina Sanna foto Pietro Coccia 20 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Giugno 2009 class Cannes “Palma a Palma”: Charlotte Gainsbourg, Isabelle Huppert e Michael Haneke Giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 21 Speciale Cannes ANDREMO CONTROCORRENTE. Gran parte della stampa ha espresso sconcerto o è rimasta delusa dalla decisione della giuria della 62° edizione di Cannes: a posteriori si sono ricordati di essere italiani e che Vincere di Marco Bellocchio forse meritava qualche riflessione meno sommaria. I premi della presidentessa Isabelle Huppert hanno lasciato il segno, sollevato discussioni, ma il festival di Thierry lo scrittore Hanef Kureishi, i registi James Gray e Nuri Bilge Ceylan, le attrici Robin Wright Penn e Asia Argento. Viceversa, il giudizio può essere letto come espressione di una selezione di altissima qualità. Nessun film brutto, qualcuno insopportabile (Enter the Void di Gaspar Noè) hanno probabilmente generato troppi riconoscimenti (alcuni poco comprensibili: Thirst di Park Chanwook ex aequo con Fish Tank di Andrea Madame Huppert aveva già fatto impazzire i connazionali presentandosi al galà vestita Armani Frémaux (e Gilles Jacob) è bello anche per questo: il verdetto finale ribalta quasi sempre i pronostici dell’ultima ora. La Palma d’Oro a Michael Haneke per il crudele e raffinatissimo Nastro bianco è stata coraggiosa come quella, meritatissima, a Charlotte Gainsbourg, migliore attrice nell’Antichrist di Lars von Trier. La squadra non è stata compatta, era già rischiosa sulla carta: ricordiamo che tra i giurati c’erano nazionalità e personalità diverse, tra cui Arnold), spezzettati qua e là (la sceneggiatura per Spring Fever di Lou Ye, la regia al filippino Brillante Mendoza), l’omaggio ad Alain Resnais (bello e giovialmente assurdo il suo Les herbes folles). E se la Palma all’attore è andata a Christoph Waltz nel divertente Inglourious Basterds di Quentin Tarantino, in barba allo star system che avrebbe premiato Brad Pitt - Aldo l’Apache, almeno due grandi sono stati dimenticati. Il magnifico Bright Star di La Montée de Marche. Accanto Alain Resnais Jane Campion, sulla storia d’amore sofferta e senza tempo tra il poeta John Keats (Ben Wishaw) e la graziosa Fanny Browne (l’australiana Abbie Cornish, autentica rivelazione del festival). Ed Elia Suleiman: il suo The Time that Remains, Critica selvaggia? Filippo Timi è Benito Mussolini in Vincere 22 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Giugno 2009 NOTA A MARGINE di una polemica minore, che ha contrassegnato l’ultima edizione del festival di Cannes. Questi i fatti. Le reazioni dei principali quotidiani italiani al film di Bellocchio sono (a dir poco) fredde. Il regista s’infuria, accusando di frettolosità i giornalisti che lo avrebbero “pugnalato alle spalle”. Segue una parziale marcia indietro di Repubblica e Corriere, che citano copiosamente le recensioni ultra favorevoli della stampa estera. Risarcimento dovuto, polemica chiusa: perché parlarne ancora? Facciamo un passo indietro. Si pensava di aver toccato il fondo lo scorso anno, con le cronache dalla Croisette che una (giustamente) nota e apprezzata columnist aveva formulato senza muoversi da Milano, costretta a letto da un’infausta caduta. Quest’anno, alcuni incomunicabilità. Quanto alla Huppert, che aveva già fatto impazzire i connazionali presentandosi al galà di apertura vestita Armani, con la scelta di Haneke al posto del gettonatissimo Jacques Audiard (Un prophète, gran premio della giuria) deve averli fatti davvero arrabbiare. Madame Huppert sia incoerente, scriveva Le Monde il giorno prima della cerimonia di chiusura, facendo riferimento alla Palma dell’anno scorso attribuita a Laurent Cantet. Più che incoerente è stata sorprendente e ha premiato il regista che le ha fatto vincere la Palma nel 2001 con La pianista. Lo ha abbracciato a lungo, davanti a tutti, infischiandosene di pettegolezzi, ipotetici conflitti di interesse o favoritismi spiccioli. % impresa durata sette anni tra scrittura, montaggio e ricerca di fondi per la produzione, presenta singolari affinità con l’Inglourious Tarantino e riesce a far sorridere lo spettatore a dispetto della drammaticità del soggetto. Dove Tarantino cambia la Storia, Suleiman mostra con malinconica ironia l’impossibilità endemica di una soluzione pacifica del conflitto araboisraeliano. Due popoli simili, due lingue apparentemente vicine, un abisso di Da cronista a giudice: trasformazioni sommarie della stampa italiana giornali (La Stampa, Il Messaggero) hanno deciso di lasciare a casa il proprio critico, spedendo a Cannes solo il (o la) giornalista, specializzati in interviste di routine e gossip ridondanti. Come se non bastasse, e ubbidendo a non si sa quale malsano impulso collettivo, tutti i caporedattori hanno preteso che i malcapitati inviati scrivessero di getto le loro impressioni, subito dopo la visione riservata alla stampa. Per chi non lo sapesse, quest’ultima è in programma la sera precedente la proiezione ufficiale e si conclude a tarda ora. Inevitabile che ogni tanto qualcuno debba scappare via prima della fine, perché la rotative non possono aspettare (è successo proprio nel caso in questione). O che gli capiti di non riuscire a imbastire se non affrettati resoconti, sostituendo al giudizio ponderato poche righe sommarie, di solito condite con la cronaca delle prodezze sessuali esibite sullo schermo. Non se n’abbiano a male i valorosi critici, costretti a condizioni di lavoro che penalizzerebbero chiunque. Non è in discussione la loro insindacabile autonomia di giudizio. Sarebbe tuttavia opportuno che qualcuno rispondesse a queste poche domande, pure in tempi di interrogativi destinati a rimanere senza replica. Perché nessuno dei giornali stranieri è ossessionato dall’idea di pubblicare con 24 ore di anticipo la recensione di un film che gli spettatori normali vedranno con qualche settimana o mese di ritardo? Perché solo in Italia i direttori di quotidiani ritengono che chiunque possa fare il mestiere del critico cinematografico, purché sappia scrivere in un buon italiano? Perché le recensioni di Liberation e Le Monde sembrano scritte da critici che hanno avuto tutto il tempo di pensarci a lungo e di documentarsi? Infine: in un’epoca in cui il risultato commerciale di un film si gioca tutto nel primo week-end di programmazione, che ne è del senso di responsabilità di chi spara in prima pagina un giudizio tranchant su di un film bello e importante (“Bellocchio non convince”)? Perché uno spettatore di oggi, già fortemente demotivato, dovrebbe uscire di casa per andare a vedere un film bollato come non convincente? Ha forse ragione Coppola, quando dice che la critica di oggi gli sembra diventata più “selvaggia”? ALBERTO BARBERA Giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 23 Speciale Cannes i magnifici 7 Palma d’Oro Il nastro bianco DI MICHAEL HANEKE SEZIONE CONCORSO SOTTO LA PALMA il miglior film di Cannes 62. Onore al merito per Isabelle Huppert e i suoi giurati, che con la scelta di Das Weisse Band di Michael Haneke hanno dimostrato che il cinema non solo lo fanno, ma lo capiscono. Diciamolo subito, “spiegare“ questa Palma con il premio ricevuto a Cannes dalla Huppert nel 2001 per La pianista del regista austriaco sarebbe meschino al di fuori della stima e dell’affetto (palesato nel lungo abbraccio sul palco) tra un uomo di Cinema e una donna di Cinema. In un concorso dominato - eccetto Looking for Eric, Taking Woodstock, Spring Fever, Un prophete e Fish Tank - da uno spiccato individualismo, se non solipsismo, derivante dall’oggettiva difficoltà di raccontare una società in crisi non solo economica, la predilezione per Haneke, oltre ad attestare la forma superba 24 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Giugno 2009 del film, riconosce una precisa posizione poetico-ideologica: il torbido e datato microcosmo glocal del 67enne cineasta, che in un villaggio della Germania all’alba della Prima Guerra Mondiale rintraccia i germi del fondamentalismo, è più significante e significativo per il presente sociale che non il richiamo all’unità di Loach, la nostalgia formato famiglia di Lee, le inquadrature sottratte alla censura cinese di Lou Ye, il realismo inglese e femminile della Arnold, perché Straordinario album fotografico sul nostro senso di colpa senza l’ansia e l’opacità dell’hic et nunc cerca nel bianco e nero delle fotografie d’epoca le domande risolutive alla violenza dell’oggi. Splendidamente fotografato da Christian Berger, fedelmente ricostruito nelle scenografie di Christoph Kanter, Il nastro bianco (ironica allusione all’innocenza che non c’è) è un altro capitolo della filmografia di Haneke sul senso di colpa nella civiltà giudaico-cristiana. Il regista torna a (di)mostrare di non credere nella bontà dell’uomo: è questa l’autentica soluzione del thriller, che viceversa, come già in Caché non ne ha una definitiva sul piano narrativo. Proprio perché ad Haneke, e pure a noi, non interessa. E nemmeno al Cinema, che trova nel Nastro bianco uno straordinario album fotografico sulla (de)costruzione della violenza. % FEDERICO PONTIGGIA Casta diva Laetitia canta per Tsai e rivendica: “Noi modelle siamo attrici” LAETITIA CASTA? Fa buon Visage al viaggio nel mito Salomè di Tsai MingLiang. A interpretare la danzatrice dei sette veli è lei, l’ultima Marianna di Francia, che sul tapis rouge si è presentata con il marito Stefano Accorsi, il pancione del terzo figlio, una chioma biondissima e un passato da rivendicare: “L’immagine di mannequin sembra più superficiale, ma in realtà somiglia molto al mestiere d’attrice: siamo sempre in un mondo di rappresentazione, e siamo sempre un veicolo di emozioni. Tsai non ha avuto paura della mia carriera di indossatrice: ha usato tutto, e me l’ha detto esplicitamente. Come risultato, mi sono sentita libera di essere interamente me stessa”. Forse col rischio di trasformarsi in “burattino” nelle mani del regista malese di nascita e taiwanese di formazione: “Mi piace come modella, per questo l’ho chiamata: amo la sua immagine”, confessa il virtuosistico Tsai, che ha aderito con Visage al progetto del Louvre per un serie di lungometraggi ambientati nel museo. Superbamente vestita da Lacroix, la Casta Salomè è protagonista di gustosi siparietti musical, dove balla e canta in taiwanese. Ma la diva corsa non dimentica la patria: ha appena finito Serge Gainsbourg, vie heroique, nei panni di Brigitte Bardot. Lei come BB: bella e brava. Ma Casta... FEDERICO PONTIGGIA Giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 25 Un prophète DI JACQUES AUDIARD SEZIONE CONCORSO JACQUES AUDIARD cuce insieme ritmo e spettacolarizzazione, disegna linee rette per le psicologie dei criminali e non si vieta incursioni nel grand guignol. Le sovraimpressioni con brevi frasi e/o nomi dei protagonisti provano a scostare in capitoletti una materia narrativa talmente compatta che due ore e mezza passano come niente. Il respiro di un gangster movie compresso tra le quattro mura di un carcere con sequenze da tenere a memoria. Quella investita da un pezzo hip-hop, in cui la mdp segue i frammenti ripetuti della preparazione del pasto tra cucina, corridoi, cortile, celle, uffici delle guardie, è all’altezza di Quei bravi ragazzi. % DAVIDE TURRINI JANE CAMPION è una regista sensibile e feroce. La sua filmografia è discontinua, passa da capolavori come Lezioni di piano a opere modeste (In the Cut) o molto ambiziose e riuscite parzialmente (Ritratto di signora). Dopo Un angelo alla mia tavola, Bright Star è forse il suo film più bello, certamente il più incantevole. La breve storia di Fanny Browne e il poeta John Keats (il pallido Ben Whishaw), morto a 25 anni di tubercolosi, è quella di un amore intenso, affidato alla straordinaria immedesimazione dei protagonisti (brava Abbie Cornish). Un film in costume senza tempo, in cui i sentimenti si mescolano in modo sublime con la poesia di Keats. % MARINA SANNA Bright Star DI JANE CAMPION SEZIONE CONCORSO Politist, adjectiv DI CORNELIU PORUMBOIU SEZIONE UN CERTAIN REGARD TRE ANNI DOPO LA CAMÉRA D’OR, Corneliu Porumboiu torna con un film minimalista incentrato su un giovane poliziotto. Confrontato con un soggetto ordinario, Porumboiu riproduce la banalità della vita del suo personaggio con lunghi piani sequenza in cui poco accade. La ripresa del reale in tutta la sua durata non è però fine a se stessa, ma produce uno stato di sospensione dalle ferree meccaniche della logica narrativa. In modo inatteso il discorso si sposta dal piano osservazionale a quello analitico: a rapporto con il superiore Cristi, il poliziotto, si trova a mettere in discussione il valore della legge, che distrugge la vita di un giovane per un’infrazione minima. Vero e proprio saggio di filosofia morale applicata, non è un film facile e accattivante. Ma se fare cinema significa anche riflettere e far riflettere, Porumboiu non lascerà indifferenti. Anzi. % CARLO CHATRIAN 26 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Giugno 2009 Speciale Cannes i magnifici 7 Quentin in ballo “Non sono un regista americano, faccio film per il Pianeta Terra” ”NATO dalla mia predilezione per i generi, il film più simile a Pulp Fiction che abbia mai fatto” oggi è la vetta dietro cui si nasconde il futuro di Tarantino: “Non so che farò: finito un film, è bello riprendersi un anno della propria vita. Quando ho iniziato a scrivere Inglourious Basterds, era l’unica montagna che potessi vedere. Ora devo scalarla, prima di vederne delle altre”. Nell’attesa, dopo averlo visto volteggiare sul tapis rouge con Melanie Laurent, Quentin ballerà anche al Colosseo, in settembre, da star apolide qual è: “Non sono un regista americano, faccio film per il Pianeta Terra”. Con una smaccata predilezione per Cannes: “Essere qui è sempre un sogno, non esiste al mondo un altro posto simile per il cinema. Qui i film importano, eccome: c’è passione, anche quando si fischia". FEDERICO PONTIGGIA Giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 27 Speciale Cannes i magnifici 7 Inglourious Basterds DI QUENTIN TARANTINO SEZIONE CONCORSO UN GRUPPO di inglouriousi basterdi elimina il cuore nero del nazismo in un cinema di Parigi che brucia. “Questa è la vendetta ebrea”. Tarantino non rilegge la storia: ci mostra come avrebbe voluto che andasse in un altro suo film eccentrico, colorato, tempi dilatati, narrazione scentrata, fitti dialoghi in francese, tedesco, inglese e italiano (obbligatori i sottotitoli!). In più: non vanno ai bastardi del titolo le attenzioni di Tarantino che quasi se ne dimentica per seguire un ufficiale tedesco infido, dall’intuito raffinato, abilissimo nello smascherare ogni piano e pensiero. È lui, e non Brad Pitt (che si vede poco), il protagonista del film (circolano leggende, si dice che Tarantino abbia girato scene in più, che abbia già pronto il vero film dedicato ai basterds; chissà...). Si viaggia tra i 28 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Giugno 2009 generi: inizio western con le green leaves of summer di Dimitri Tiomkin, poi Aldrich e lo sporco pugno di apache, poi insistenti richiami al cinema tedesco, francese, americano, italiano, Pabst, la Darrieux, Lubitsch, Max Linder, il sergente York... I cinefili di serie B che hanno sempre pensato che Tarantino fosse cresciuto a forza di junk food e filmacci poliziotteschi all’italiana sono serviti: Tarantino scrive dialoghi formidabili (questo lo sapevamo già), Ebrei allo sterminio dei nazi nel film che riscrive la storia usa un montaggio classicissimo e calmo, resta per venti minuti a guardare due o tre che discorrono (con le pistole puntate sotto il tavolo, con gli ebrei nascosti sotto il pavimento, con uno pseudo-Churchill in un angolo...) e si rifà elegantemente ai bei nomi del cinema di un tempo. Adesso per dirsi tarantiniani si devono conoscere Pabst, Ophuls, Hawks, Murnau... E i critici iperciliosi dovrebbero decidersi a guardare per davvero i film di Tarantino: lui e von Trier sono, oggi, i registi che sanno portarci in posti dove non siamo mai stati, dove si può riscrivere la storia e dove la storia del cinema sta alla base del piacere del cinema (anche del doloroso e perverso piacere del cinema, dei corpi e dell’animo, come sa e fa von Trier). % BRUNO FORNARA Mezzogiorno di lotta “Un pugile che non va mai giù”: Ida Dalser secondo Giovanna “UN PUGILE che non va mai giù, nemmeno al millesimo round”. Parola di Giovanna Mezzogiorno, ovvero Ida Dalser, moglie del Duce e madre di Benito Albino, concepito, riconosciuto e poi negato da Mussolini. Due esistenze cancellate dalla memoria e riportate in vita da Vincere di Marco Bellocchio, a bocca asciutta sulla Croisette. Interpretazione sofferta e apprezzata quella di Giovanna, che fatica a identificarsi con la Dalser: “Premessa politica, il Duce non mi avrebbe affascinato, ma di certo emanava carisma, virilità, e le donne, non neghiamolo, sono attratte dal potere. Inoltre, Ida insegue una relazione finita: la sua non accettazione della realtà, che un uomo non ti voglia, è sindrome ancora attuale”. Dalla psiche alla politica, “Vincere è metafora dell’Italia presente, che miete vittime segretamente con mezzi da regime: offesa, insulto, menzogna, c’erano allora come ci sono oggi”. % F.P. Pedro: baci e Abbracci Almodóvar ritrova la musa “Penelope” e l’ispirazione PRIMA DI REALIZZARE Los abrazos rotos Pedro Almodóvar ha sofferto a lungo di emicranie. Le crisi erano talmente forti che a malapena riusciva a mettere i piedi fuori di casa. In quei mesi ha incominciato a pensare a una storia. Una volta guarito è rimasto in parte fotosensibile. La paura della luce (tema che ricorre anche in Tetro di Coppola) gli è rimasta dentro. La trama che gli ronzava in testa è diventata quella di un autore che ha perduto la vista dopo un grave trauma, incipit di Los abrazos rotos, in concorso a Cannes e molto applaudito. Uno dei più malinconici da lui realizzati, il meno “convenzionale” della sua carriera e il più rigoroso allo stesso tempo. M.S. Giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 29 Antichrist DI LARS VON TRIER SEZIONE CONCORSO IL BAMBINO si affida alla neve e si lascia cadere dalla finestra mentre i genitori fanno l’amore. La coppia espia il lutto in un Eden che è selva oscura, fuori e dentro se stessi. “Lascia ch’io pianga la cruda sorte e che sospiri la libertà”, si canta meravigliosamente dal Rinaldo di Händel. Ma la libertà, nell’Eden, non c’è. La natura, la colpa, il corpo, il (dis)piacere, la mente: tutto è regno del male. E dal male non ci si libera: non con la misera razionalità dell’uomo, non con le efferate mutilazioni della donna. Lars von Trier dice in maniera che più esplicita non si può, fisica e metafisica, che non possiamo liberarci dal male. Né chiede che sia un Altro a liberarcene: e allora la vita non può essere che tragedia, dolore e lutto inespiabile. % BRUNO FORNARA Visage DI TSAI MING-LIANG SEZIONE CONCORSO TSAI MING-LIANG fonde la lavorazione di un film dedicato al mito di Salomè (Laetitia Casta) girato al Louvre ai fantasmi dolenti del regista che, perduta la madre durante le riprese, dopo la cerimonia funebre a Taipei resta immerso nel sonno, cercando di mantenere in vita lo spirito materno, mentre la produttrice del film (Fanny Ardant) attende di 30 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Giugno 2009 riportare il suo cineasta a Parigi, dove Jean-Pierre Leaud interpreta Erode nei sotterranei angusti del Museo. Le immagini di Tsai sono versi con spazi bianchi, un 8 e ½ orientale, privo cioè del bisogno di identificare l’autore narciso. Si passa senza continuità dal film su Salomè al lutto del regista, dal boschetto innevato dove la Casta canta suadenti romanze, all'appartamento oscuro di Taipei dove l'Ardant, in fondo, aspetta il vero addio alla madre, che finalmente abbandona il letto di morte e se ne va per sempre. La danza dei sette veli in un macello è l’essenza di erotismo&pericolo. Leaud guadagna l'uscita proprio sotto il quadro di Leonardo "San Giovanni Battista", poi viene finalmente ritrovato il cervo (pittorico) perduto all'inizio. Il cervo rappresenta Mercurio, ed è simbolo del viaggio nei regni umani... % SILVIO DANESE Speciale Cannes i magnifici 7 Ken Loach Elia Suleiman Looking for Eric: dal regista “operaio” una lezione di leggerezza “Palestinese? Non dobbiamo farci etichettare”. E’ tempo di cinema MAESTRO della leggerezza nel raccontare la miserevole vita del protagonista Eric (Steve Evets) e del suo idolo, il famoso calciatore Eric Cantona (interpretato da se stesso), Ken Loach è anche grande talent scout, come dimostra ancora una volta la scelta di puntare su un volto sconosciuto. Il regista “operaio” conquista lo spettatore con dialoghi e trovate brillanti, complice la sceneggiatura dell’amico di lungo corso Paul Laverty. Looking for Eric (il titolo gioca sul nome di Cantona) non è altro che l’ennesima conferma della sapienza di Loach, tornato in concorso a Cannes dopo la Palma d’oro nel 2006 con il drammatico Il vento che accarezza l’erba. “La commedia è solo una tragedia con lieto fine – spiega con quella sua faccia onesta -. Volevo far sorridere il pubblico, facendolo pensare”. Il film, aggiunge, non è sul football, come potrebbe far pensare la presenza di Cantona: “I ritmi del cinema e del calcio sono profondamente diversi: il primo tende a superare il secondo e quindi a rubare l’attenzione di chi guarda. Per questo è difficile realizzare buoni soggetti sul calcio; il modo migliore di farli dialogare è fare cinema che rifletta sul calcio”. % “THE TIME THAT REMAINS è quello della nostra situazione globale e quello della storia del film: osservata da una prospettiva non politica, ma privata”. Così Elia Suleiman, in concorso con una Palestina formato famiglia: la sua famiglia, nel viaggio speculare del regista - dall’indifferenza giovanile all’attivismo politico della maturità fino all’attuale osservazione senza parole – e del padre dalla lotta di Resistenza del ‘48 alla successiva passività. Con gag in stile Tati e Keaton e le musiche arabe predilette dal genitore, il film ha un “sottotitolo politico, Arabo-Israeliani, che descrive i Palestinesi rimasti sulla propria terra, ma dopo il ’48 considerati assenti. Termine politico, ma appropriato anche per il mio privato: sono una persona assente e presente insieme, outsider e insider, che non vive in un posto ma parte sempre per – non lo vorrei direi ora – ritornare”. Per Suleiman essere palestinese “è sempre una sfida: non devi farti incasellare nella categoria, ma sentirti libero di non parlarne quale specificità geopolitica”. Qui è nato The Time That Remains, “un film cinetico, dal messaggio universale”. % M.S. Francis Ford Coppola Il Padrino americano sceglie la Quinzaine per il film più personale "E' VERO - dice Francis Ford Coppola - la direzione mi aveva proposto il fuori concorso e io ho rifiutato, non mi sento a mio agio con lo smoking, ho preferito la Quinzaine, mi sembrava più in linea con lo spirito di Tetro". Camicia gialla limone, pantaloni sportivi, accompagnato dall'inseparabile moglie, dal figlio Roman e da parte del cast Coppola è accolto da un tifo da stadio, sorride, saluta tutti. "E' il mio film più autobiografico- ammette-. E' ambientato in Argentina dove ci sono molti italiani, mi è parsa l'occasione giusta per parlare della mia famiglia". La storia si svolge nel quartiere la Boca di Buenos Aires, protagonista Vincent Gallo, alias Tetro, che vive con Maribel Verdù, lontano da qualsiasi contatto con passato e parenti, finché un giorno gli piomba a casa il fratello minore in cerca di risposte. In un crescendo di segreti svelati scoprirà verità tragiche e poco consolatorie sul padre di entrambi. Fotografia e regia superlative, è il terzo film che Coppola scrive interamente. "E' la parte essenziale di un progetto, per anni ho diretto storie di altri. Speravo con tutto il cuore che arrivasse questo giorno". % F.P. M.S. Giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 31 COVER PAURA, ANGOSCE E FANTASMI: IL GIOVANE PRODIGIO DIVENTA UOMO. E IL CINEROMANZO FANTASY PER ECCELLENZA GUIDA IL CAMBIAMENTO DI ENRICO MAGRELLI A PROPOSITO DI HARRY (POTTER) 32 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 Harry Potter e il Principe Mezzosangue. Daniel Radcliffe ed Emma Watson. Sopra Rupert Grint giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 33 COVER ASPETTANDO HARRY POTTER. Certo il Godot di Beckett ha altre implicazioni e sfiora altri ambiti. L’attesa di Harry Potter e il Principe Mezzosangue, sesto e penultimo film della serie, sta per finire. Il maghetto di Privet Drive ormai, al dipartimento anagrafico della narratologia, ha diciassette anni. Tra un anno potrà votare e conseguire la maturità ad Hogwarts e non sarà più un bambino costretto, con fatica, a crescere, a trovare la propria strada e a decifrare il proprio destino. Anche i piccoli custodi della magia invecchiano. Harry (Daniel Radcliffe), la sua amica Hermione Granger (Emma Watson) e Ron Weasley (Rupert Grint) vivono e assistono, sul proprio corpo e nella propria testa, all’incantesimo più misterioso, fatale e “terrificante”. Un sortilegio che non ha bisogno della bacchetta o della formula imparata a memoria al corso di trasfigurazione della professoressa Mc Granitt o al corso di difesa contro le arti oscure. Una stregoneria che modifica, per sempre, i lineamenti, la geometria del corpo e i pensieri. Se esiste, come esiste, un link profondo e arcano tra la seduzione, vissuta al cinema o sfogliando le pagine di un libro, tra la paura, il fantastico, l’occulto, l’orrore e le turbolenze e le metamorfosi della lunga e sismica adolescenza di queste inquiete stagioni, la saga creata da Joanne Rowling interpreta, con abilità, questo legame e lo sviluppa in un romanzo moderno/antico di formazione. Sette libri. Ogni libro scandisce un anno della vita dei personaggi. Harry all’inizio è un orfano di undici anni, con una evidente cicatrice sulla fronte e cicatrici sepolte nella memoria. Il mondo potteriano progredisce e cresce insieme alla prima generazione dei suoi lettori, poco più che bambini alla fine del Novecento. E’ la favola virtuale da leggere ogni sera prima di addormentarsi. E’ il racconto stratificato che presenta situazioni, sentimenti, tremori e ansie sintonizzati con situazioni, sentimenti, tremori e ansie dei suoi lettori. Confidenze, mms, righe fatte di dialogo da messenger moderate da una scrittrice adulta. Harry e i suoi lettori (nel tempo altre generazioni saranno pronte a farsi accompagnare da queste storie dalla fanciullezza alla fine dell’adolescenza) 34 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 Ancora Rupert Grint. In basso alcune scene del film La forza suggestiva è uno dei motori della rinascita, non inedita, del piacere di uno spavento romantico giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 35 COVER devono capire chi sono e chi stanno diventando in un contesto lussureggiante di personaggi iperbolici, di apparizioni e visioni, di invenzioni da repertorio delle favole e dei videogame, di declinazioni originali dei giochi di ruolo, di prove e programmi scolastici. La scuola è un perno essenziale nel mondo parallelo rigidamente strutturato dal punto di vista topografico e allegorico in questa fluviale novella a puntate. In Harry Potter e il Principe Mezzosangue diretto da David Yates, già regista del film precedente Harry Potter e l’ordine 36 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 Harry e i suoi lettori devono capire chi sono, e chi stanno diventando, in un contesto di personaggi iperbolici della Fenice, il protagonista è atteso da alcune novità: il ruolo di capitano nella squadra di quidditch, il bacio con Ginny, l’eredità dell’elfo Kreacher, le ore di studio con Albus Silente sul passato di Lord Voldemort, il manuale del misterioso Principe Mezzosangue. Come di consueto ci sono alcuni avvicendamenti significativi sulle cattedre dei corsi più spettacolari. Harry Potter, nei suoi sette cineromanzi, costeggia, instancabile, la paura e Voldemort materializza angosce e fantasmi con i quali i babbani fanno i conti dalla notte dei tempi. Bene e Male si sfidano e si scontrano qui come altrove. E hanno anche suscitato polemiche, prima enfatizzate e poi rientrare nell’ordine naturale delle cose da fiction. La forza suggestiva di Harry Potter è uno dei motori della rinascita, periodica e non inedita, del piacere di uno spavento romantico. La fioritura di vampiri, l’abbondanza di sconfinamenti tra due mondi, due morali, due vocazioni nel cineletterario Twilight e nel letterario-televisivo True Blood ribadiscono l’efficacia di uno schema enigmatico: esseri umani versus l’ignoto. % ROWLING SENZA LODE “Non ho mai amato questo tipo di fantasy – dice Richard Matheson -. Preferisco Twilight di Stephenie Meyer” di Paolo Zelati “Penso che i libri di Harry Potter siano scritti molto bene e che J.K. Rowling meriti tutto il successo che ha avuto; però non ho mai amato questo tipo di sorcery-fantasy: lo trovo noioso e con un solo grado di lettura”. A parlare è Richard Matheson, scrittore, sceneggiatore, saggista nonché autore che, con la sua opera, ha rivoluzionato lo sviluppo del fantastico contemporaneo. “Ho guardato solo il primo film della saga di Harry Potter”, continua Matheson, “poi non sono più riuscito ad andare oltre, anche perché ho trovato terribili le scelte di casting”. Analizzando il panorama del fantasy contemporaneo, Matheson colloca la saga del maghetto occhialuto nella categoria, abbastanza limitativa, del “kids entertainment”, preferendo, invece, l’universo di Twilight. “Stephenie Meyer è riuscita a riproporre, in chiave soprannaturale, l’elemento cardine dei grandi film classici degli anni ‘30 e ‘40, ovvero il romanticismo senza l’elemento sessuale esplicito; non so se l’abbia fatto coscientemente (spesso si scrive ciò che si pensa) ma la cosa ha funzionato visto che, recentemente, tre dei suoi libri figuravano nella top ten di vendite”. Da grande storyteller qual è, Richard Matheson analizza il fantasy in modo strutturale ma anche viscerale, mettendo in luce, così, gli elementi chiave che riescono ad appassionare e coinvolgere un determinato gruppo di lettori. Di sicuro, il grande scrittore americano non accetta l’opinione di chi, superficialmente, riunisce tutto il fantasy in un grande calderone, Una scena di Twilight. Sopra Harry Potter, nel riquadro Richard Mateson soprattutto per quanto riguarda le trasposizioni cinematografiche. Non è possibile, infatti, paragonare la complessità di Alice nel paese delle meraviglie (che per molti, comunque, continua ad essere una storia “per bambini”), Il mago di Oz (che quest’anno festeggia il 70° anniversario) o Il Signore degli anelli con opere quali Harry Potter o Le cronache di Spider Wick. A volte, tuttavia, l’enfasi interpretativa di quel famoso “secondo grado di lettura” che cita Matheson, porta critici e pubblico un po’ troppo fuori strada: si pensi alle polemiche (opposte) di stampo religioso che hanno accompagnato l’uscita di Le cronache di Narnia: il leone, la strega e l’armadio o La bussola d’oro, primo capitolo cinematografico tratto dalla trilogia di Philip Pullman “Queste oscure materie”. Ma è sempre Matheson, a suo modo, a porre fine a questo tipo di polemiche: “Non sono interessato a lanciare messaggi. Quando un autore di fantasy scrive con questo scopo in testa, non otterrà nulla di buono”. giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 37 COVER SPECIALE FANTASY ARRIVA CORALINE, EPIGONE DI ALICE E CAPPUCCETTO ROSSO: ACCATTIVANTE FIABA (NOIR) DAL REGISTA DI NIGHTMARE BEFORE CHRISTMAS DI ANGELA PRUDENZI INCUBO IN STOP CORALINE IN 3D Primo film di animazione stop-motion in 3D, Coraline può vantare altri record. Ha richiesto ben sette anni di preparazione e un budget di oltre 60 milioni di dollari. Un imponente sforzo creativo e produttivo che ha riunito intorno al regista Henry Selick uno staff di 450 persone tra esperti di design digitale, animatori, scenografi e costumisti, creatori delle marionette e persino un tecnico 38 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 60 milioni di dollari, 450 persone e sette anni di preparazione: ecco i numeri record - MOTION responsabile della fattura di abiti e accessori in miniatura. Un esercito di professionisti più che una troupe, per dar vita al fantasmagorico mondo abitato da Coraline e i suoi genitori, il folle circense russo Mr. Bobinsky, le attrici in pensione Miss Spink and Miss Forcible. Un’allegra brigata cui si aggiungono il simpatico Wybie e l’anziana nonna, un gatto nero e una miriade di topi, cani e vari altri animali. Marionette estremamente sofisticate e non semplici burattini quali quelli utilizzati comunemente in animazione. I corpi che sullo schermo si muovono con grazia e naturalezza, hanno anime di metallo ricoperte di silicone e poi ancora di latex e resina, materiali estremamente duttili in grado di restituire molte espressioni facciali. A non variare è stata la tecnica della stop-motion, la più complessa tra quelle abituali perché necessita di lunghe riprese per pochi secondi di film. Per avere un’idea, soltanto completare i CORALINE, adolescente intelligente e curiosa, scopre un passaggio segreto nella casa dove si è appena trasferita con i genitori. Di notte, mentre si illude di sognare, attraverso di esso penetra in una realtà identica a quella in cui vive dove però tutto è capovolto. Il male sostituisce il bene, mamma e papà sembrano amorevoli al contrario nascondono una natura crudele, i fiori, le piante e gli animali si trasformano in feroci predatori. Solo un gatto nero ispido e scorbutico attraversa la linea tra i due mondi senza subire trasformazioni negative, anzi rivelandosi lungo l’arco dell’avventura un prezioso alleato per rientrare definitivamente nella vita reale. Fiaba nera? Racconto gotico? Coraline, il nuovo straordinario film del regista di Nightmare Before Christmas Henry Selick tratto dal best seller dello scrittore Neil Gaiman, è questo e molto altro ancora. Romanzo di formazione sotto forma di immagini, grazie a una potenza visiva estrema elabora al movimenti di Coraline ha richiesto 18 mesi di set. Numeri da capogiro insomma, per un film che rappresenta il futuro dell’animazione. giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 39 COVER SPECIALE FANTASY meglio gli incubi e le paure che turbano la mente nei traumatici passaggi di infanzia e adolescenza. Difficili tappe dell’esistenza intorno alle quali si sono cimentati a lungo letteratura e cinema fantasy, privilegiando di volta in volta le componenti gotiche, orrorifiche o semplicemente fiabesche. Ma, è noto, non c’è fiaba che si rispetti che non riveli tracce di perdizioni vere, di morti fin troppo realisticamente simulate, di sogni mostruosi e oppressivi. Non a caso il racconto più o meno cupo e crudele è uno degli strumenti attraverso cui bambini e adolescenti di ogni latitudine esorcizzano da sempre l’ansia dell’abbandono, l’angoscia della sofferenza e della morte, la paura del diverso e quella opposta eppure ad essa strettamente connessa di venire emarginati. Come si intuisce facilmente la svelta Coraline archivierà con successo i peggiori incubi, epigone di Cappuccetto rosso, di Alice, della piccola Dorothy, del Sam del Signore degli anelli o dei due fratellini orfani di La morte corre sul fiume, per citare alcuni fratelli di elezione. Tutti, come lei, protagonisti di fiabe e romanzi approdati al grande schermo. Niente di nuovo sotto il sole, parrebbe. Invece anche questa volta la magia si rinnova perché non c’è nulla da fare, in ognuno di noi alberga una naturale propensione ad abbandonarsi al fantastico, meglio se alla sua deriva gotica. E Selick, maestro del genere, approfitta abilmente delle nostre debolezze: illumina di fronte ai nostri occhi paesaggi idilliaci e all’improvviso li trasforma in minacciose paludi di morte, tratteggia amabili figure parentali e subito le altera in lugubri assassini costringendoci, al pari della protagonista, ad agognare la luce in fondo al tunnel. % Il racconto cupo è da sempre uno degli strumenti attraverso cui bambini e adolescenti esorcizzano l'ansia dell'abbandono 40 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 COVER SPECIALE FANTASY A 70 ANNI SUONATI IL FANTASTICO OZ DI FLEMING NON HA PERSO IL SUO FASCINO. E ALL’INNO DI OVER THE RAINBOW CONTINUA A INFLUENZARE GENERAZIONI DI AUTORI DI MARCO GROSSI IL MAGO EVERGREEN CHE ANNO, IL 1939, per la storia del cinema! Negli USA approdavano Ombre rosse di Ford, Donne di Cukor e Via col vento di Fleming. La Francia rispondeva con Alba tragica di Carnè e La regola del gioco di Renoir (l’autarchica Italia con Grandi magazzini di Camerini). Ma sempre a firma di Victor Fleming nello stesso anno usciva un musical bizzarro e coloratissimo che conquistò il pubblico dell’epoca e avrebbe poi influenzato intere generazioni di bambini: Il mago di Oz. Costato la faraonica cifra di 2.700.000 dollari, in parte investiti nella 42 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 realizzazione delle sfavillanti scenografie e dei circa 4.000 costumi indossati da ben 1.000 tra attori e comparse, il film festeggia oggi i suoi primi 70 anni senza (quasi) avvertire i segni del tempo. E’ vero, ogni tanto si scorge il filo che fa ondeggiare la coda del leone, ma non si può certo dire che con le sue straordinarie invenzioni visive, tra cui una casa sradicata da un tornado e la liquefazione di una strega, l’esperto di effetti speciali Arnold Gillespie non abbia fatto un eccellente lavoro. Precursore del fantasy fiabesco – genere Per Salman Rushdie “un film sulla gioia di partire, lasciare il grigiore e fare ingresso nel colore” cui contribuiranno in seguito sul fronte dell’animazione Alice nel paese delle meraviglie e Le avventure di Peter Pan, o ancora La storia infinita e Willow – Il mago di Oz racconta di Dorothy Gale, una bambina che dal natio e monocromatico Kansas si trova trasportata con il suo cagnolino Toto in un mondo sconosciuto, raffigurato in uno sgargiante e antinaturalistico Technicolor (a cui è debitore, tra i tanti, Tim Burton per La fabbrica di cioccolato), da dove comincia un viaggio alla ricerca del misterioso mago del titolo. L’itinerario compiuto dalla bambina è, in realtà, un necessario percorso di formazione preadolescenziale – seppur in un mondo di finzione, com’è d’altronde anche quello del cinema – che d’ora in poi la potrà aiutare a discernere il vero dal falso, il bene dal male. Il tornado che strappa la sua casetta dal suolo polveroso del Kansas, la fa veleggiare mostrandoci il mondo come su uno schermo cinematografico per poi farla approdare in un paesaggio variopinto, tutto da scoprire, è in realtà insito nel cognome stesso di Dorothy Gale. E’ quel “vento fortissimo” ardentemente atteso e che incarna il desiderio gioioso del cammino che ciascuno deve intraprendere per vedere ciò che ai propri occhi non è ancora approdato, esplorare ciò che gli è ancora ignoto. E’, in sostanza, l’essenza stessa del cinema americano: il movimento continuo, l’andare oltre, l’on the road che caratterizza migliaia e migliaia di pellicole, dove paesaggi sconfinati sono mostrati sul grande schermo proprio perché possano essere attraversati e vissuti, non importa se soltanto con la fantasia. Come ha affermato Salman Rushdie in un saggio del 1992, Il mago di Oz è «un film sulla gioia di partire, di lasciare il grigiore e fare ingresso nel colore, di ricrearsi una nuova vita nel “luogo dove non ci sono guai”. Over the Rainbow è, o dovrebbe essere, l’inno di tutti gli emigranti del mondo, di tutti quelli che vanno alla ricerca del luogo in cui “i sogni che osi sognare realmente si avverano”». Ed è, ovviamente, il leitmotiv del film, uno dei brani più celebri della storia delle colonne sonore. La canzone intonata da Dorothy – premiata con l’Oscar, così come la direzione musicale – è stata assimilata e rielaborata in mille modi dalla cultura popolare (Vecchioni ne ha tratto ispirazione per un brano di riconoscibile matrice satirico-politica) e naturalmente dal cinema stesso (recentemente sia in Australia che in Milk). Tra i tanti omaggi ricordiamo quello di John Woo, che in Face/Off la fa ascoltare in cuffia ad un bambino spaurito per attutire il fragore di una sparatoria. La voce e il corpo di Dorothy erano quelli della 16enne Judy Garland, di cui in questi giorni ricorrono i 40 anni dalla morte. Una vita breve ma intensa, la sua, le cui tappe sono scandite proprio dal cinema: Oscar speciale per il film di Fleming, sposò Vincente Minnelli dopo averlo conosciuto sul set di Incontriamoci a Saint Louis e da lui ebbe una figlia, l’eclettica Liza, che ha raccolto in pieno l’eredità materna. Nella sua biografia, Caterina Boratto racconta di una visita agli studi MGM durante la lavorazione del Mago di Oz, con il regista isterico e la piccola diva sperduta che fugge in lacrime dopo una serie infinita di ciak. Ma noi preferiamo ricordarla con le scarpette rosso rubino ai piedi e lo sguardo oltre l’arcobaleno. % Judy Garland è Dorothy. Nella pagina accanto una scena del film e l'attrice da adulta giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 43 personaggi L’icona della moda francese a nudo nel film con Audrey Tautou: “Oggi sarebbe considerata una rivoluzionaria” Quando Coco non era Chanel di Marina Sanna 44 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 ORFANA, SEMIANALFABETA, poverissima. Era Gabrielle “Coco” prima che il suo cognome diventasse l’emblema dell’eleganza francese. E ogni donna si identificasse con i suoi vestiti morbidi ed essenziali. Che Chanel fosse la Moda e l’immagine di un’epoca. Allora Gabrielle era costretta a scendere a patti con se stessa e uomini “benefattori” (Balsan-Benoit Poelvoorde), a subire umiliazioni di vario genere per qualche spicciolo in più. Magrissima e dozzinale, cinguettava con la sorella nei locali, arrangiandosi come sartina durante il giorno. “Era molto dura e ambiziosa – racconta Audrey Tautou, protagonista del film Coco avant Chanel -. Desiderava essere libera e indipendente, e con altrettanta tenacia diventare famosa. E’ stata una scoperta, non sapevo quasi nulla della sua giovinezza, in che modo avesse incominciato. Pensavo fosse una modista che si era affermata e in seguito avesse scoperto di avere talento. Invece sognava di cantare e recitare. La passione per i vestiti è stata un’intuizione e una necessità”. L’attrice, deliziosa in un tubino nero con colletto bianco, capelli alla maschietta, ha fatto giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 45 personaggi "E' stato difficile perché non esistono testimonianze o foto di quel periodo, e lei mentiva sul suo passato" La mia eroina alla Balzac Quando ho visto Audrey, dice Anne Fontaine, ho pensato: “E’ Coco!” fortuna (e conserva ancora lo stampo del personaggio) con Il favoloso mondo di Amélie e in Francia è una diva, ma la regista Anne Fontaine l’ha scelta per un altro motivo: Audrey assomiglia a Coco come una goccia d’acqua. Non era infatti il primo progetto che le veniva sottoposto ma aveva sempre tentennato finché la Fontaine non le ha raccontato la storia. “Il debutto di Coco – dice la Tautou -, le origini, i primi amori, sono il capitolo più appassionante della sua esistenza, almeno per me. E ho trovato interessante che a narrare la sua leggenda fosse proprio una donna”. Per entrare nel ruolo Audrey ha studiato a lungo, ha visto le interviste filmate, letto biografie e libri. “E’ stato difficile perché non esistono testimonianze o foto di quel periodo e Coco mentiva spesso sul suo passato, cambiava versione in continuazione”. Nel primo dei film dedicati alla stilista in uscita nelle nostre sale (l’altro, Coco Chanel & Igor Stravinsky di Jan Kounen con la Mouglalis ha chiuso il festival di Cannes), Coco è mostrata nella sua fragilità e mascolinità allo stesso tempo, l’abbigliamento povero e senza fronzoli, il corpo quasi androgino. “Si è sempre rifiutata di seguire un destino già scritto. Sposare un uomo qualsiasi, dipendere da lui per la sopravvivenza, dargli dei figli. Credo che l’incontro con Boy Capel 46 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 (Alessandro Nivola, ndr) sia stato fondamentale per la forza che le ha trasmesso, l’incoraggiamento a seguire la sua inclinazione artistica. La peculiarità di Coco, la caratteristica più affascinante, era voler essere a tutti costi uguale agli uomini, pretendere lo stesso potere. Questo sentimento è stata la sua grandezza e modernità. Oggi sarebbe considerata una rivoluzionaria’’. % Audrey Tautou. Sopra con Emmanuelle Devos e accanto con Alessandro Nivola “Il suo sguardo ha cambiato le donne: ha liberato i loro corpi dalla schiavitù dei corsetti. Ha inventato una divisa e un comportamento sociale lavorando direttamente sugli abiti, senza disegnare. Avrebbe potuto essere un’eroina di Balzac”. Anne Fontaine è francese dalla testa ai piedi. Alta, slanciata, elegante ammira la forza di Coco in quanto donna tra gli uomini: “Anche io sono autodidatta. Ho incominciato a girare negli anni novanta e allora eravamo pochissime, soprattutto in America. C’è voluto del tempo…”. La regista di Nettoyage a sec e Nathalie si è ispirata tra gli altri alla biografia scritta da Edmonde CharlesRoux, Chanel and Her World: Friends, Fashion and Fame. “Erano anni che ci pensavo ma non avevo ancora deciso nulla”. Condizione necessaria un’attrice che potesse calarsi nella parte di Coco senza scimmiottarla: “Quando ho visto Audrey la prima volta – continua la Fontaine – ho pensato: è lei. Il modo in cui guardava, intensamente, mi ha dato il coraggio di lanciarmi nel progetto. Avevo di fronte l’incarnazione assoluta di Coco Chanel”. personaggi Shakespeare, Cechov e gli anni ‘60 di Radio Rock: “Il mio motore è la passione”, racconta l’attore-regista di Miriam Mauti Branagh in liber DIRIGERÀ THOR, un altro eroe Marvel, ma Kenneth Branagh preferisce non parlarne. E’ a Londra per il lancio di I Love Radio Rock, il divertente film di Richard Curtis nel quale è un integerrimo e represso ministro britannico che in pieni anni ‘60 dichiara guerra al rock e alla radio che lo trasmette da una nave ancorata nel mare del nord. “Un burocrate violentemente impegnato a rovinare il divertimento altrui - racconta -. Ossessionato con i moduli e tutto quello che è istituzione e tradizione, profondamente anti liberale. Tutto è represso, stretto, anche gli occhiali, i 48 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 baffi, i capelli...vuole controllare un mostro, ma il mostro pop è dovunque, quindi cerca di far fuori la radio che ne è il simbolo”. E pensare che l’ex golden boy del cinema britannico da ragazzino il rock se lo andava a cercare: “Mi ricordo che nel 1966-67, andavo a trovare mia nonna, che aveva un nuovo eccitante marchingegno chiamato televisore, ho improvvisamente intuito che c’erano ‘fuori’ cose e persone pericolose: si chiamavano Rolling Stones. E se apparivano in tv e io ero nella stanza, i miei cambiavano canale! Insomma avevo già la cognizione a quel tempo che c’era tà della musica considerata pericolosa. E capivo che - come diceva Dylan - i tempi stavano cambiando. Più tardi ho cominciato a sentire anche un sacco di pop music, mi piaceva tutto quello che aveva un buon ritmo, e una buona melodia, piuttosto che l’heavy rock. E mi ricordo che a 10 anni, nascondevo la radio sotto il cuscino - come accade nel film per sentire di notte di nascosto Radio Luxembourg. Mi sentivo veramente cool e cresciuto, e pronto a fare la rivoluzione...”. E in qualche modo è rimasto un ribelle, Kenneth Branagh, sui palchi britannici e sul grande schermo, dove senza paura si è confrontato con Shakespeare e Frankenstein, con generi come il musical e il thriller: “Preferisco definirmi un tipo libero che cerca di seguire le passioni, l’istinto, che si entusiasma quando lavora. Forse ho fatto delle cose che con il senno di poi possono considerarsi segni di ribellione, ma forse - più semplicemente - se sperimenti la gente diventa sospettosa, e magari ti bolla come ribelle mentre tu la vedi semplicemente come un’avventura”. Uno sperimentatore quando è al timone, in regia, ma anche capace di essere diligente attore in mano ad altri: “Penso che mi faccia bene alternare, sono contento di recitare per registi che sanno cosa stanno facendo. Ma sia recitare che dirigere sono parte del raccontare storie, ed è quello che mi interessa. Cinema, teatro, radio, ogni mezzo è stimolante, se la trama funziona”. Quest’anno è tornato anche nel west end, nei panni di Ivanov di Cechov, 12 settimane di repliche tutte esaurite: “Volevo farlo da anni. Mi piace far scoprire al pubblico testi dimenticati, abbiamo lavorato a prezzi popolari per far venire i ragazzi. Amo recitare dal vivo, mi piace la sfida di dover essere vero ogni notte, ricreando e non semplicemente ripetendo le battute. E’ una grande disciplina per un attore”. E come si concilia questo con la tentazione di Hollywood? “E’ solo una questione di scala, di dimensioni. Certo, non si può negare che quella di Hollywood è l’industria cinematografica più affidabile al mondo. In Gran Bretagna devi continuamente andare a caccia di soldi, non sai mai fino alla fine se riuscirai a fare il film oppure no, se ci sarà abbastanza tempo o abbastanza denaro. Bisogna ammetterlo, ci vuole una grande energia” % Nella pagina accanto Kenneth Branagh "conservatore" in I Love Radio Rock. In alto in Hamlet e in Harry Potter e la camera dei segreti giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 49 cinecocomeri Sapore 50 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 “Le sfide ci piacciono” dicono i fratelli Vanzina, pronti (di nuovo) a sbancare il box office. Con Gigi Proietti e un’Estate ai Caraibi di Pier Paolo Mocci di mare giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 51 cinecocomeri Biagio Izzo e Alena Seredova in una scena del film. In basso il regista Carlo Vanzina QUANDO LEGGEREZZA fa rima con impegno. Strano ma vero. Ecco allora i più tartassati autori di cinema comico nazionale tentare la doppia impresa del cine-cocomero bis: allungare la stagione cinematografica così come accade abitualmente nel resto del mondo (soprattutto in America) e alleviare gli stati d’animo degli italiani regalando due ore di spensieratezza, immergendoli idealmente nelle paradisiache spiagge dei Caraibi . “Quest’anno per l’Italia è stato un anno particolarmente duro e difficile – spiega Enrico Vanzina – alla crisi economica planetaria si è aggiunta la sciagura del terremoto e, come se non bastasse, per un momento si stava materializzando anche lo spettro della ‘febbre suina’”. Insomma, un anno horribilis che per gli inventori delle “vacanze” al cinema andrebbe affrontato e dimenticato con leggerezza e ironia, andando magari a vedere, dal 12 giugno, Un’estate ai Carabi, firmato come sempre in tandem (diretto da Carlo su soggetto e sceneggiatura scritte insieme, distribuito da Medusa) e interpretato da un plotone di attori capitanati dal mattatore assoluto Gigi Proietti, di cui 52 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 "Non è stato un anno facile per gli italiani: speriamo di regalare due ore di spensieratezza" fanno parte Enrico Brignano, Carlo Buccirosso, Biagio Izzo, Martina Stella, Alena Seredova, Enrico Bertolino, Paolo Conticini, Paolo Ruffini, Sascha Zacharias, Jayde Nicole e Maurizio Mattioli. “E’ una costola del precedente Un’estate al mare che rivive di vita propria in un susseguirsi di capitoli fatti di gag e di omaggi alla grande tradizione della commedia all’italiana – prosegue Enrico – accettando la sfida di portare il pubblico in sala in un periodo di bassa stagione. Ma le sfide ci piacciono e crediamo di poter fare meglio, al botteghino, dei 5 milioni ottenuti lo scorso anno: in fondo eravamo usciti molto tardi, il 28 giugno, aspettando la fine degli Europei di calcio. Adesso abbiamo due settimane in più e abbiamo accettato di buon grado la commissione. In fondo anche Vacanze di Natale cominciò così – interviene Carlo Vanzina – De Laurentiis ci aveva chiesto di trasportare sulla neve, a Natale, gli amorazzi dei giovani anni ’80 di Sapore di mare. E da lì nacque il fenomeno che tutti conoscono”. Fenomeno che, come ci tengono a sottolineare, è tutto loro ma che, nel caso del cine-comero, sarebbero felici di dare in pasto ai loro colleghi registi, soprattutto giovani. “Amiamo il cinema e vorremmo che la gente lo frequentasse in ogni periodo dell’anno e saremmo felici se decine di registi, produttori e distributori, da qui ai prossimi anni, potessero seguirci confezionando film estivi, comici o drammatici che siano. Anche se noi guardiamo alla commedia come genere utile per intrattenere e, al tempo stesso, per raccontare il paese che cambia. Auspichiamo una “Nouvelle Vague” di cinema comico italiano fatto da giovani che parli ai giovani, perché solo loro sanno di cosa parlano, come vestono e dove vanno in vacanza: alcuni di loro si sono concentrati sul filone giovanilistico e liceale ma, a nostro parere, dopo il boom iniziale è un genere già spremuto che ha esaurito ogni scorta”. E ora i Caraibi. “E’ una commedia semplice – riprende Enrico – per tutta la famiglia, né volgare né scollacciata nonostante l’ambientazione, con tante storie comiche e grottesche che si incrociano ad Antigua”. C’è l’episodio con Roby (Carlo Buccirosso), bancario ipocondriaco a cui viene (erroneamente) diagnosticato dal "Auspichiamo una Nouvelle Vague del cinema comico nostrano: fatto dai giovani, per i giovani" suo amico medico Giacomo (Enrico Bertolino) un male incurabile e decide così di andarsi a godere gli ultimi mesi di vita sotto le palme in riva all’oceano; c’è Vincenzo (Biagio Izzo) dentista napoletano in vacanza relax lontano dalla moglie; e gli ex fidanzati Max (Paolo Ruffini) e Laura (Martina Stella) che cercano di dimenticarsi scegliendo, malauguratamente, lo stesso resort. Ma ci sono soprattutto tre cavalli di razza che faranno la differenza, tre comici romani a cui è affidato lo scheletro del film: Gigi Proietti, Maurizio Mattioli ed Enrico Brignano. “Secondo noi sono i migliori – affermano – non solo come comici. Sono talmente bravi che sanno arricchire con tinte talvolta malinconiche o ciniche la loro straordinaria verve brillante. Gigi è poi un amico di famiglia: ci conosciamo dai tempi di Febbre da cavallo, ovvero dalla metà degli anni ’70. Siamo convinti che il suo episodio sia un piccolo capolavoro: ha usato i grandi meccanismi del teatro popolare di Plauto per il suo personaggio, un’inaffidabile e mediocre italiano scappato a gambe levate dall’Italia per i debiti accumulati che, davanti all’occasione più grande della sua vita, si riscatterà inaspettatamente, facendo commuovere tutti”. “E dal maestro all’allievo. Enrico Brignano è il suo naturale erede – concludono – e il duetto con Maurizio Mattioli ne è la conferma. Non lo sveliamo però, lasciamo allo spettatore il gusto di scoprirlo da solo”. % giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 53 nuovo look, antica passione Restyling per Cinematografo.it: estetica al servizio del contenuto. Informazione e approfondimenti, in un click! la rivista scopri le novita! Aggiornamenti in tempo reale, maggior navigabilità, nuove prestazioni: immagine e movimento Sfoglia in anteprima alcune pagine del mensile in edicola. E scarica le edizioni degli anni passati video in streaming Tutti i trailer dei film, interviste ai protagonisti, curiosità dai set di tutto il mondo OTTIMO BUONO SUFFICIENTE MEDIOCRE SCARSO Vincere Il Duce secondo Bellocchio: carnale e tragicamente attuale. Sfida riuscita per Timi e la prova migliore della Mezzogiorno i film del mese in sala C’È QUALCOSA di fondamentale che deve accadere nel Mussolini secondo Bellocchio. Qualcosa che il film suscita, cerca di suscitare, nell’esperienza dello spettatore combinando la fiction e i documenti, sovvertendo la percezione convenzionale di entrambi. Ida Dalser ama Mussolini che ama il potere che ama la comunicazione della potenza che ama la devozione assoluta 56 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 Regia Con Genere Distr. Durata dell’amore subordinato. Da qui, il circolo ricomincia. Le due strade sono chiare e opposte. Da una parte il potere che va, dall’altra l’amore che soccombe. Cresce il dominio, diminuisce la verità. Ai due poli, ovviamente il destino è identico: la morte. Prima quella di Ida. Poi quella del Duce. Non è un impressionante, attualissimo e insieme Marco Bellocchio G. Mezzogiorno, F. Timi Melodramma, Colore 01 Distibution 128’ storicizzato, specchio critico della Storia? Vincere è titolo che contiene l’obiettivo e insieme l’ironia del suo fallimento. Deve accadere che lo Il regista Marco Bellocchio giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 57 i film del mese spettatore, coinvolto finalmente nella carne del Duce, rilegga con l’emozione dell’uomo la fotografia del mito, con la struggente disperazione di Ida la dittatura dell’uomo osannato nelle pose, nelle menzogne, nei criminali atti ufficiali, deve accadere che lo spettatore rilegga nella sottomissione dei complici che aiutarono la morte di Ida la brutale e irresponsabile seduzione di chi si fece sedurre. Per oggi, per domani. Nei fatti, Mussolini, mentre sposava il 17 dicembre 1915, a Treviglio, Rachele Guidi, riconosceva un mese dopo, l’11 gennaio 1916 nello studio del notaio Angelo Buffoni di Monza, il figlio Benito Albino, nato l’11 novembre 1915, riconoscimento invalidato per regio decreto nel ‘32, con cambiamento del cognome da Mussolini a Bernardi, il prefetto che fu il tutore ordinato. Furono abbandonati e lasciati morire, madre e figlio. Nel film, s’introduce il matrimonio in chiesa, ma si parte da una passione fisica, in calde scene di amplesso, per trasmettere l’idea di un’unione fondamentale. Si va svelto (anche troppo a volte), dalla nascita di Benito Albino, al ferimento in guerra, dalla fondazione del Popolo d’Italia con i soldi di Ida, all’ascesa nel dopoguerra tra i futuristi e le prime camicie nere. Poi Mussolini si distacca, come una figurina d’album, nei documenti filmati. Sparisce Timi, e resta soltanto Mussolini, quello vero, contemplato, pregato, amato sempre, per primo da Ida, la cui ostinazione, quella sì, è facilmente letta come mania ossessiva anche dai medici e corrisponde all’Italia intera. E’ questo 58 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 Mezzogiorno e Timi. In basso una scena del film Sparisce l’attore e resta soltanto Mussolini, quello vero, pregato, amato sempre per primo da Ida distaccarsi del personaggio dalla “finzione” che crea uno sguardo rinato e libero sull’immagine documentale. Per Timi, una sfida vera. La sua interpretazione di Mussolini da giovane, fuori dall’ingombro dei tratti, è essenziale in questo percorso, recupera verità nell’energia, nei tempi, nell’interiore fede di cui si è appropriato l’attore, che si abbandona alla sua dotazione libidica per pareggiare i conti con l’esuberanza e l’esaltazione del Duce. La Mezzogiorno, che non perde taluni difetti d’impeto e credulità, mette in curriculum forse la sua migliore interpretazione. La ricostruzione della vicenda privata nel getto della Storia, in un passo di montaggio che combina costantemente filmati d’epoca e un’ accurata e insieme immaginosa “verità”, diventa un attraversamento poliedrico del fascismo nei nodi fondamentali della personalità dell’uomo che determinò quel regime e le sue scelte. L’accento onirico che si sente nella luce di violenti contrasti (fotografia di Daniele Ciprì) ci lascia nella sospensione di una passeggiata secolare e insieme di materiale tragicità. SILVIO DANESE % i film del mese I Love Radio Rock Regia Con Philip Seymour Hoffman, Bill Nighy, Kenneth Branagh Genere Distr. Durata Commedia, Colore Allegria e vitalità sulla Boat that Rocked: quando il sound proveniva dal mare Universal 135’ QUANDO IL ROCK era sinonimo di trasgressione e di eversione, per ascoltare certe canzoni vietate sulle radio pubbliche, bisognava sintonizzarsi sulle stazioni pirata. E fu proprio il rock a determinare la proliferazione di numerose radio di questo tipo. Alla storia vera della più celebre radio pirata inglese, che trasmetteva da una nave ancorata al largo nel Mare del Nord, è ispirato questo film, che nasce dai ricordi autobiografici di Richard Curtis, sceneggiatore e regista cinquantenne che, all’epoca, seconda metà degli anni ’60, come tanti coetanei, era solito sintonizzarsi sulle stazioni pirata, nascondendo la sua radio a transistor sotto le lenzuola. Pur raccontando una stagione eroica ed irripetibile, I Love Radio Rock evita i toni nostalgici di tanti film analoghi, 60 in uscita Richard Curtis rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 preferendo puntare su un’atmosfera scanzonata e grottesca. Il risultato è un film divertente, che comunica allegria e vitalità, grazie a dialoghi brillanti, infarciti di battute, e alla presenza di una serie di personaggi decisamente folli. La storia ha un impianto corale, con una mezza dozzina di protagonisti che sono poi i deejay e gli ospiti della nave che funzionava da stazione radio. Il tutto è Tra i protagonisti, Philip Seymour Hoffman visto è raccontato attraverso gli occhi del diciottenne Carl, che nel breve volgere di poche settimane impara ad apprezzare il rock, scopre il sesso, ritrova il padre mai conosciuto. La storia privata di Carl si interseca con la storia pubblica della guerra dichiarata alle radio pirata, considerate blasfeme e pericolose, dal governo inglese. Il tutto è ovviamente arricchito da una debordante colonna sonora che ripropone una cinquantina di celebri brani d’epoca. La scelta delle canzoni non è affatto casuale: ogni singolo brano si adatta perfettamente alla situazione narrata sullo schermo, commentando, a volte in maniera sentimentale, altre volte in maniera ironica, quanto sta accadendo. La celebrazione del rock raggiunge l’apoteosi sui titoli di coda che propongono una sorta di mostra con le copertine dei migliori album dei primi quaranta anni di rock. FRANCO MONTINI % Moonacre I segreti dell’ultima luna Sacro e profano Indie a tavolino e glamour manifesto: Madonna prova a rievocare il minimalismo anni ’80. Autoreferenziale Regia Con Genere Distr. Durata anteprima Fatine , unicorni e Mary Poppins ante litteram: ma stavolta il Ponte verso il fantasy non riesce CHE COSA È SUCCESSO a Gabor Csupo, l’ammirevole architetto di Un ponte per Terabithia? Stentiamo a riconoscere la stessa mano dietro Moonacre - I segreti dell’ultima luna, fantasy scialbo, povero di mezzi e d’idee, insopportabilmente tedioso. Dimenticate le magiche atmosfere del debutto, la delicatezza dei caratteri, l’estasi leggera dell’immaginazione. In questo adattamento di The Little White Horse - un racconto di Elizabeth Goudge che sembra abbia ispirato J.K. Rowling - il genere vira (vorrebbe) verso il romantico e il mitologico, dissotterrando un immaginario fatto di cavalieri, fate, unicorni e arcane stregonerie. Una via di mezzo tra La storia infinita e Hocus Pocus, senza la grazia del primo e cialtrone come il secondo. Protagonista una ragazzina (Dakota Blue Richards) che una sventurata sorte spedisce nel misterioso castello di Moonacre Manor, dove scoprirà l’esistenza di un’antica maledizione che minaccia di distruggere il borgo. Naturalmente a lei e a una sparuta compagnia di ausiliari - tra cui una Mary Poppins ante litteram col vizio del rutto e un cuoco che si teletrasporta – l’impresa di spezzare l’incantesimo. E al pubblico – rigorosamente 0-12 – l’improbo compito di lasciarsi incantare. GIANLUCA ARNONE % Regia Con Genere Distr. Durata Madonna Eugene Hutz, Holly Weston Commedia, Colore Sacher 80’ L’ASTUTO TITOLO ITALIANO traduce, molto liberamente, quella “sporcizia e saggezza” (Filth and Wisdom) portata in scena da Madonna, puntando a evocare le blasfemie iconoclaste cui la signora Ciccone ci ha da tempo abituato (tipo cantare dal vivo Live to Tell crocifissa e appesa abbastanza in alto da evitare gli ortaggi dei benpensanti). Aspettative che resteranno deluse: Madonna, complice Guy Ritchie, ha fatto suoi i dettami di un cinema indie lontano dal mainstream che la vede spesso coinvolta, ma tutto sommato affine allo spirito di naughty girl che la caratterizza sin dai primi anni’80 (quelli del suo vero film underground, A Certain Sacrifice, non per tutti i gusti). Sospesa tra indie a tavolino e glamour manifesto, nel percorrere le ordinarie (ma non troppo) vite di tre ragazzi costretti a “sporcarsi” per vivere, Madonna quasi rievoca il minimalismo anni ’80 di Jarmusch. Ci risparmia un’apparizione degna del suo nome, ma non rinuncia all’autoreferenzialità – con Erotica e l’amica Britney Spears in colonna sonora, o celebrando il leader dei Gogol Bordello Hutz - a scapito di quel che racconta. Sembra dire che c’è molto di lei in quei ragazzi, ma la Madonna di oggi ostruisce la visuale, e il risultato manca di sincerità. GIANLUIGI CECCARELLI % in uscita Gabor Csupo Dakota Blue Richards, Ioan Gruffudd Fantasy, Colore Moviemax 103’ giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 61 i film del mese Uomini che odiano le donne Riuscita trasposizione del primo capitolo della Millennium Trilogy. Fedele al cinema più che al romanzo Regia Con Genere Distr. Durata Michael Nyqvist, Noomi Rapace Thriller, Colore BIM 152’ I FANATICI della MillenniumTrilogy – un caso editoriale da 10 milioni di copie vendute – stiano tranquilli: Uomini che odiano le donne è un bel film e una convincente trasposizione del primo dei tre bestseller di Stieg Larsson. Va dato atto al regista Arden Oplev – che scarsa stima vantava presso i “larssoniani” e ancora meno tra i cinefili - di aver trovato la quadratura 62 in sala Niels Arden Oplev rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 Il regista Niels Arden Oplev del cerchio: fedeltà al romanzo nel libero gioco del suo tradimento. Apparentemente è il classico thriller, con un sottobosco che ricorda Twin Peaks e un climax che rimanda al Silenzio degli Innocenti. Un giallo sullo sfondo dell’algida provincia svedese che tocca a due improvvisati ispettori risolvere: l’incorruttibile Mikael Blomkvist, giornalista d’inchiesta e incubo di “malfattori e potenti” (nel film, come nel libro, di equazione si tratta) e Lisbeth Salander, hacker prodigiosa e intrattabile sociopatica. Dovranno scoprire che fine ha fatto Harriet Vanger, giovane ereditiera di una famiglia d’industriali, scomparsa quarant’anni prima. Difficile capire cosa posso legare la coppia di protagonisti – lei ha pure tendenze lesbo – e anche di più stabilire la natura dei rapporti all’interno della famiglia Vanger o i torbidi retroscena dietro la sparizione di Harriet. Niente è ciò che sembra, e nessuno se ne scandalizza. Il milieu di Uomini che odiano le donne ristagna nel solco tra l’apparire e l’essere, come fosse il suo habitat naturale. E il taglio di regia si adegua: asciutto nella forma, esasperato nella sostanza. La violenza è esibita, enfatizzata, sporca, ma non ha riverberi sulla sintassi (che resta lineare e pulita) né sui corpi che la subiscono. I personaggi vi impattano come farebbero gli spettatori di oggi di fronte a una guerra vista da un cinegiornale. L’effetto è museale. La chiave metalinguistica. Come Harriet, il mondo è già sparito da un pezzo, le sue tracce nascoste tra i reperti delle tante copie virtuali: fotografie, filmati d’archivio, tracciati informatici, sono loro i protagonisti. Indagare non spetta più alla polizia, ma ai maghi della comunicazione, gli esperti di fantasmagorie, hacker e giornalisti. Al sapiente lavoro di scavo di Blomkvist e alla “memoria fotografica” di Lisbeth, personaggi-ponte tra l’attuale e il virtuale, carnali e simbolici, vivi solo per la presenza scenica di Michael Nyqvist e il magnetismo animale di Noomi Rapace. Archeologia per immagini, dove il presente è solo un calco del tempo e a contare è il passato, principio e fine di tutto. Ogni scena è illuminata, evidente, tangibile, ma il suo contenuto sovrascrive una realtà situata altrove, accaduta prima. Come un fantasma del visibile che alcuni vorrebbe ricacciare nel fuoricampo. Uomini che odiano le donne e il cinema. GIANLUCA ARNONE % Asciutto nella forma, esasperato nella sostanza, con una magnetica Noomi Rapace giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 63 i film del mese Terminator Salvation Martyrs Ruvido , sporco, pesante e orgogliosamente retrò: il ritorno dei cyborg avvince e convince Regia Con Genere Distr. Durata McG Christian Bale, Sam Worthington Fantascienza, Colore Sony Pictures 115’ COMPLICATO riassumere snodi e inversioni di sceneggiatura di Terminator Salvation, quarto capitolo della cyborg saga inaugurata 25 anni fa. La difficoltà sta nel ricorso vertiginoso ai paradossi temporali, a causa dei quali personaggi appartenenti ad epoche diverse convivono in un presente acronico, l’ordine narrativo può subire torsioni, e il futuro (già accaduto) essere modificato dal passato. Universo simbolico fortemente codificato dopotutto, riconoscibile anche dai non aficionados. Basti sapere che il giorno del giudizio è arrivato mentre impazza l’ultimo atto dello scontro tra umani e cyborg, e che la metafisica dell’ibridazione uomo-macchina viene qui sacrificata da una messa in scena crepuscolare nella forma – dominata da lamiere, fumo, ruggine e polvere - e muscolare nella sostanza, legata a un’idea fortemente analogica della fantascienza e a un immaginario popolato di corpi e metalli pesanti (con il cyborg Sam Worthington che ruba la scena all’umano Bale). Ruvido, sporco e angosciato, Terminator Salvation si rivela allora il residuato bellico di una sci-fi sciolta da un lato dai suoi proverbiali intellettualismi e dall’altro dalle sue cafonate pirotecniche. Così orgogliosamente retrò da sembrare moderna. GIANLUCA ARNONE % in uscita Déjà vu a non finire per superare i limiti visibili della violenza: ma spavento e terrore non abitano qui FRANCIA, INIZIO ANNI ‘70. Lucie, dieci anni, viene trovata in stato confusionale e con il corpo terribilmente martoriato. Accolta in una clinica, fa amicizia con la coetanea Anna, ma i demoni che si porta dietro non la abbandonano. Nemmeno 15 anni più tardi, quando con una doppietta stermina una famiglia apparentemente per bene. Anna, ancora sua amica, The Uninvited Dal coreano Tale of Two Sisters un remake scontato, noioso e addomesticato. Vade retro SE, ORMAI, da qualche anno a questa parte, la famosa “new wave” dell’horror asiatico si è completamente esaurita (tranne qualche rara gemma come Exte-Hair Extension), la stessa cosa non si può dire, purtroppo, per i remake americani dei più famosi film asiatici dell’orrore. Dopo i dimenticabili(ssimi) Shutter, The Eye e One Missed Call, questa volta è il turno del coreano Tale of Two Sisters, diretto nel 2003 da Ji-woon Kim. La storia, adattata per il pubblico occidentale da Craig Rosenberg e Doug Miro e diretta da Charles e Thomas Guard, racconta della giovane Anna Rydell (Emily Browning) che, dopo una degenza in ospedale psichiatrico, torna a casa dal padre Steven (David in sala Regia Con Genere Distr. Durata 64 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 Charles Guard, Thomas Guard Emily Browning, Arielle Kebbel Horror, Colore Universal 87’ CA$H Regia Con Genere Distr. Durata Pascal Laugier Ocean’s Eleven alla francese, con Jean Reno e la Golino: godibile, ma ingarbugliato Morjana Alaoui, Mylène Jampanoï Horror, Colore Videa-CDE 97’ arriverà poco dopo. Ma il martirio, quello “vero”, deve ancora avere inizio... Il sangue scorre a ettolitri, le urla si rincorrono sguaiate, automutilazioni a gogò e sgorbi velocissimi ad inseguire sensi di colpa irrisolvibili. La sensazione è quella di un già visto imbarazzante e di un pericoloso affannarsi nel superare qualsiasi limite visibile della violenza, al solo scopo di poter dare un senso al titolo del film: lo spavento, l’angoscia, il terrore sono però strumenti che Laugier non sembra saper conoscere, interessato com’è a spiattellare il più ridicolo dei “colpi di scena”, scagliandosi stavolta sul corpo e sulla carne dell’altra ragazza, Anna (Morjana Alaloui), lei sì predestinata a risolvere il mistero che una setta di vecchi bavosi persegue da tempo: “martire, dal greco - testimone”, ci ricorda con una didascalia finale il regista. Praticamente, riconoscendo ciò che siamo appena stati. VALERIO SAMMARCO % Regia Con Genere Distr. Durata Eric Besnard Jean Dujardin, Valeria Golino Action, Colore Moviemax 100’ VOLENDO DECLINARE in versione europea Ocean’s Eleven e il fascino truffaldino dei suoi protagonisti, non c’è niente di meglio della Costa Azzurra e i suoi alberghi di lusso. Ma anche di un interprete noto e navigato come Jean Reno, del rampante Jean Dujardin e della nostra Valeria Golino. E’ proprio con questi ingredienti che il regista francese Eric Besnard ha costruito CA$H, scegliendo accuratamente location e cast per un film “champagne” che ripercorresse le orme delle pellicole americane in cui il classico ladro gentiluomo è alle prese con macchinose truffe. Dujardin – attore ex-comico che ha fatto sganasciare i francesi con OSS 117, raffinata parodia di 007 purtroppo mai arrivata in Italia – è perfetto negli eleganti panni di CA$H, truffatore che decide di vendicare il fratello appena assassinato rubando una valigia piena di diamanti. Sulla sua strada incrocia l’ambigua e affascinante ispettrice dell’Europol Julia (Golino), e il maestro degli impostori Maxime (Reno). Ma presto i ruoli si confonderanno e, tra bluff e menzogne, diventerà impossibile capire chi è complice e chi traditore. CA$H sarebbe riuscito, se non si perdesse in un intreccio troppo aggrovigliato per i continui ribaltamenti di fronte. MICHELA GRECO % in sala in sala Strathairn), dalla sorella Alex (Arielle Kebbel) e dalla matrigna Rachel (Elizabeth Banks), ma l’atmosfera diventa subito molto “pesante” anche perché Anna è convinta che uno spirito maligno infesti la casa e uccida le persone a lei vicine. Banale, noioso e “addomesticato”, The Uninvited razionalizza tutto ciò che era ambiguo (e quindi affascinante) in Tale of Two Sisters e punta su un colpo di scena finale “alla Sesto Senso” così scontato e già visto che anche gli spettatori non votati all’horror riescono ad intuire dopo 20 minuti di film. Vade retro. PAOLO ZELATI % giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 65 i film del mese Achille e la tartaruga anteprima Regia Con Genere Distr. Durata Takeshi Kitano Takeshi Kitano, Kanako Higushi Grottesco, Colore sofferto tra Kitano e l’arte. Con echi chapliniani Ripley’s Film 119’ L’ESSENZA DELL’OPERA D’ARTE esiste a prescindere della quantità di pubblico o di critica che ne sottolinea la supposta riuscita. Scontato doppio binario semantico per proporre, contemporaneamente, analisi e visione di Achille e la tartaruga, quattordicesimo film di Takeshi Kitano. Perché se da un lato le fortune cinematografiche del comico televisivo giapponese sembrano in forte declino da almeno quattro anni e due film a questa parte; dall’altro Achille e la tartaruga pare essere un anarchico e libertario capitolo del rapporto dialettico e sofferto tra Kitano e l’arte, sia essa il cinema o, come in questo caso, la pittura. Machisu è una sorta di alter ego kitaniano, bimbo introverso e silenzioso che ama dipingere mentre attorno il 66 Anarchico e libertario capitolo del rapporto rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 mondo sembra guardare altrove. Il bambino cresce e diventa pian piano ragazzo poi adulto, impugnando sempre pennello e colori. Machisu è, banalmente, l’artista Kitano, che ha perseguito la propria indole espressiva scontrandosi, in modo comicamente surreale, con l’ottusità degli osservatori e l’avidità dei mecenati. Il film è diviso in tre parti, drappato di sfondi finto seppiati nella prima parte e improvvisi Il regista Takeshi Kitano lampi cromatici tra oggetti di scena (il basco bordeaux) e quadri realmente dipinti soprattutto nella seconda e terza parte. Kitano/Machisu nell’imporre colori e tonalità sulle tele sfiora mille correnti pittoriche (fauvismo, cubismo, Warhol, Pollock, perfino molto novecento italiano), mentre con la macchina da presa si sofferma sulla dominante del giallo (girasole, stazione di servizio, l’auto) e su squarci che son state altre tele (Monet e “Il parlamento di Londra”). Kitano modella senza freni un biopic stralunato, stipandolo di suggestioni figurative e inanellando gag che ne coinvolgono comicamente e materialmente il corpo d’attore. Ed è proprio nel calcare la mano sul comico che emerge una dolenza tragica che rimanda a dimessi echi chapliniani (l’uscita di scena finale modello Tempi moderni). Distribuisce stoicamente la Ripley’s Film. DAVIDE TURRINI % CINQUANTA CANALI A MASSIMA INTERAZIONE PROIETTATI DAL FUTURO TUTTO CON UN SOLO CLICK!!! [email protected] “Il mercato e l’industria del cinema in Italia”: un nuovo progetto per analizzare lo stato dell’intera filiera di Anna Maria Pasetti Buon Annuario! AMMONTA A 5 MILIARDI DI EURO il volume d’affari dell’industria e del mercato cinematografici italiani come rilevato dal Rapporto annuario “Il mercato e l’industria del cinema in Italia”, realizzato dall’area studi della Fondazione Ente dello Spettacolo, con la collaborazione di Cinecittà 68 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 Luce SpA e con la consulenza del giornalista economico Redento Mori. Tale è stato calcolato nel 2008 grazie ai dati forniti dalle 9mila imprese operative che contano circa 100mila professionisti. Ideato dal punto di vista di chi il cinema lo realizza e lo diffonde, l’iniziativa editoriale “Il mercato e l’industria del cinema in Italia” è un progetto completamente nuovo che si propone di analizzare lo stato dell’arte del cinema in Italia oggi, sia attraverso un riposizionamento concettuale, sia attraverso la lettura ragionata dei dati a disposizione per un confronto economia e spettacolo Scene dal set di Natale a Rio, campione di incassi 2008/2009 con il passato. Di fatto, un’opera concepita come questa rappresenta a tutt’oggi una novità specie perché parte dal lato “dell’offerta a livello aggregato”, prendendo in esame ogni singolo soggetto della filiera produttiva e distributiva in senso lato. I dati raccolti poi, forniscono Il Rapporto rileva l'importanza detenuta dai soggetti privati naturalmente l’entità discreta della riflessione (numero e tipologia di sale, frequenza degli spettatori, biglietti venduti, box office, consumi dell’home video e televisivi anche nelle nuove tipologie pay-per-view). Rispetto ai meccanismi produttivodistributivi del passato, il Rapporto ha ad esempio rilevato l’importanza oggi detenuta dai soggetti privati, soprattutto di quelli legati alla territorialità locale. In questo senso si parla di iniziative produttivopromozionali delle Regioni e delle loro Film Commission, entità caratterizzanti gli ultimi 10 anni dell’industria cinematografica italiana. La ricerca ha inoltre fruttato un’analisi approfondita degli assetti societari di tutti gli addetti ai lavori, a come gestiscono gli investimenti produttivi, a come distribuiscono la forza lavoro, a come imbastiscono strategie di marketing. Il Rapporto è diviso in quattro parti. Nella prima – Un mondo in connessione. L’universo di riferimento – i due capitoli prendono in considerazione la natura prototipica del “prodotto film” (cap I: Un prodotto atipico) e le inevitabili conseguenze di tale definizione (cap II: Il settore diventato grande), con gli assetti del business. Nella seconda parte – C’era una volta la celluloide. Quali attività e risorse – si identifica l’offerta (Cap III: Sul fronte dell’offerta) non solo limitata a produzione, distribuzione, esercizio, tv e home video, ma anche alle nuove forme di diffusione tra il web e telefonia mobile. E si fa il punto sulla piaga della pirateria (Cap IV: Dal lato della domanda). La terza parte – Gente d’arte e di mercato. Capitali e lavoro – focalizza i soggetti imprenditoriali (Cap V: Le società e le attività di impresa e Cap. VI: Le professioni e il mercato del lavoro), mentre la quarta parte – Integrati e concentrati. La forza di una classe – fa un excursus preciso degli addetti ai lavori. Carta di identità, dunque, di Gruppi e aziende: le principali realtà (Cap. VII) e le loro Quote di mercato % (Cap. VIII). giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 69 LA TUA FIRMA SUL MODELLO UNICO PUÒ FARTI SENTIRE DAVVERO UNICO. www.8xmille.it Se devi presentare il modello Unico ricordati di segnalare al commercialista la tua scelta per l’8xmille alla Chiesa Cattolica. In Italia e nel Terzo Mondo, il tuo aiuto arriverà dove c’è bisogno d’aiuto. FIRMA IL MODELLO UNICO PER DESTINARE L’8XMILLE ALLA CHIESA CATTOLICA. C.E.I. Conferenza Episcopale Italiana telecomando teratura: novità e bilanci Homevideo, musica, industria e let DVD Magie Harry Potter, il primo Van Sant e Woodstock da collezione Borsa del Cinema Regole ed eccezioni per le teniture in sala. Montaggio doc Libri Totò oltre la maschera, paesaggi dello schermo e Visconti per due Colonne sonore Nostalgia e ritmo ’60: I Love Radio Rock. Elfman per Terminator Onore al Duca A 30 anni dalla scomparsa, Studio Universal rende omaggio a John Wayne Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE DVD di Valerio Sammarco I primi 5 capitoli della saga in un Box Set da collezione. Anche in versione Blu-ray, con magici contenuti speciali Harry in scatola 72 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 ANTICIPANDO di qualche settimana l’uscita mondiale del sesto capitolo cinematografico (Harry Potter e il principe mezzosangue), Warner Home Video ripropone in un fantastico BoxSet da collezione (disponibile anche nella versione Bluray) i precedenti episodi tratti dalla saga di Jeanne K. Rowling. Dalla Pietra filosofale (2001) all’Ordine della Fenice (2007) per ritrovare il maghetto più popolare del mondo ancora bambino e accompagnarlo nel fantastico viaggio che lo porterà ad affrontare, di volta in volta, insidie e pericoli sempre maggiori. Entrambe le versioni del BoxSet contengono l’edizione doppio disco di ogni singolo film (con copia digitale) e innumerevoli contenuti speciali, ovviamente pressoché infiniti per quello che riguarda la versione HD: tra i più interessanti, segnaliamo “Alla ricerca della pietra: la scelta del cast per dar vita al racconto” e “I fantasmi di Hogwarts” in Harry Potter e la pietra filosofale, “Costruire una scena: le magie della realizzazione del film” e “Visita la classe di Allock, Interviste con studenti, professori e altri” in Harry Potter e la camera dei s e g re ti, “Creare la visione: il regista Alfonso Cuarón, l’autrice J.K.Rowling ed altri com- mentano” e “Creare una scena: la magia sul set degli artigiani dell’industria cinematografica” in Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, “Harry contro lo Spinato: la prima prova”, “Negli abissi: la seconda prova”, “Il labirinto: la terza prova” in H a rry Potte r e i l calice di fuoco, “Focus Points: inserti e diari di produzione”, “The hidden secrets of Harry Potter: dietro le quinte”, “Esplora tutti i film della serie alla ricerca del mistero sul vero destino di Harry”, “Sul set al seguito di Tonks: Natalia Tena (ovvero Nymphadora Tonks) conduce un tour molto personale sul set del film” in Harry Potter e l’Ordine della Fenice. DISTR. WARNER HOME VIDEO giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 73 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE DVD La cl as se de i cl as si ci a cura di Bruno Fornara REGIA William Wellman CON Fredric March, Carole Lombard GENERE Commedia (1937) DISTR. Teodora Film Nulla sul serio Peace and Music A 40 anni dal concerto dei concerti: Woodstock - Director’s Cut da collezione TIRATURA LIMITATA E GIFT PACK DA collezione per celebrare i 40 anni del concerto di Woodstock. Vincitore di un premio Oscar e giudicato “il miglior film di un concerto mai realizzato”, il documentario di Michael Wadleigh torna in Home Video nella versione Director’s Cut, in un’edizione rivista e approvata dal regista, con il ripristino dei suoni originali rimasterizzati digitalmente. In più, 40 minuti di metraggio inedito e innovativo formato per schermo panoramico. Confezione da 4 dischi, per una durata complessiva di 492 minuti: oltre al film, performance musicali inedite (Joan Baez, Paul Butterfield, Canned Heat, Joe Cocker, Creedence Clearwater Revival, Grateful Dead, Jefferson Airplane, Mountain, Santana) e numerosi contenuti speciali, tra cui “Woodstock: da Festival a film”, documentario del festival e delle riprese con interviste, tra gli altri, a Martin Scorsese, assistant director del film. DISTR. WARNER HOME VIDEO 74 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 Nel meraviglioso cofanetto della Flamingo Video dedicato a Carole Lombard, c’è Nulla sul serio di William Wellman, la più provocatoria di tutte le magnifiche commedie americane degli anni Trenta. Provocatoria perché della giovane donna protagonista ci viene detto, subito all’inizio, che ha solo qualche mese di vita. È vero che, poco dopo, veniamo a sapere che è invece sana come un pesce: ma tutti, nel film, pensano fino alla fine che la sua sorte sia segnata, e piangono per lei, e ne fanno un simbolo di coraggio... Una commedia, dunque, sull’argomento meno comico che ci sia, la morte: e anche su parecchio altro, il giornalismo cinico, il sentimentalismo a buon prezzo, lo sfruttamento della lacrima. Tutto il film è esemplare e due immagini sono sorprendenti: una, quella del bambinetto (cannibale?) che attacca il giornalista alle spalle (anzi: al polpaccio!); l’altra, con i due protagonisti (lui è Fredric March) coperti da un ramo d’albero che ce li toglie alla vista, così, senza motivo, tipo di inquadratura che nelle commedie non ricordiamo di aver mai incontrato. La morte (creduta) in diretta e la società dello spettacolo (lacrimevole). Fi lm in or bi ta a cura della redazione Il duca John Wayne (Studio Universal) Per i 30 anni dalla scomparsa, Studio Universal manda in onda 5 titoli (ogni lunedì) interpretati dal “Duca” John Wayne: I cacciatori dell’oro, Sentieri selvaggi, Il fiume rosso, Mc Lintock! e Carovana di fuoco. Generation Kill (Steel - Sci fi) Per la prima volta in Italia la miniserie basata sul libro di Evan Wright. Preparatevi a seguire la guerra in Iraq attraverso gli occhi del primo battaglione da ricognizione dei Marines. Dal 14 giugno in prima serata. Angel (Rai 4) Torna la prima stagione della serie tv nata nel 1999 dalla costola di Buffy l’ammazzavampiri: con David Boreanaz succhiasangue tormentato dal ritorno della sua anima e dalla perdita dell’amata Buffy. Viaggi di fantasia Adrenalina e spettacolo, anche in alta definizione THE SPIRIT Storyboard con finale alternativo e Miller che parla di Miller tra gli extra. Eva Mendes, Scarlett Johansson e Paz Vega le armi in più. Disponibile in Blu-ray e in versione UMD. DISTR. SONY PICTURES HOME ENTERTAINMENT IN THE NAME OF THE KING Ancora da un videogame (Dungeon Siege), ancora Uwe Boll in regia. Passato inosservato in sala, il fantasy medievale con Jason Statham e Ray Liotta cerca fortune domestiche. DISTR. 01 DISTRIBUTION LASCIAMI ENTRARE Tris Van Sant Solamente le “scene tagliate” e il trailer tra gli extra per il “controTwilight” scandinavo. Dal romanzo di John Ajvide Lindqvist, per la regia di Tomas Alfredson. Dall’esordio di Mala Noche ai recenti Elephant e Milk DISTR. CECCHI GORI HOME VIDEO/PERSEO VIDEO Arriva per la prima volta in Italia Mala Noche (etichetta Paco Pictures), film che nel 1985 segnò l’esordio di Gus Van Sant. Girato in 16mm e basato sull’omonimo racconto autobiografico di Walt Curtis, è la storia di un amore folle tra un commesso di Portland e un clandestino messicano. Contemporaneamente, torna sul mercato Elephant (Palma d’Oro nel 2003 per Miglior Film e Miglior Regia), con un interessante “Dietro le quinte” tra i contenuti speciali. Per quanto riguarda la stretta attualità, infine, anche questo in vendita dal 3 giugno, il recente Milk (Oscar a Sean Penn come Miglior Attore protagonista e alla Sceneggiatura originale) disponibile in Special Edition (doppio disco, tra gli extra il documentario The Times of Harvey Milk di Robert Epstein) e in versione Blu-ray. DISTR. BIM 01 DISTRIBUTION VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA Dal celebre romanzo di Jules Verne allo show tridimensionale. Disponibile in doppio disco e in Blu-ray e in entrambe le versioni (2D e 3D). Con quattro paia di occhialini. DISTR. 01 DISTRIBUTION giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 75 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE DVD belli freschi IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON Sconfitto alla notte degli Oscar, il film di David Fincher arriva in Edizione Speciale Doppio Disco e in Blu-ray. Tra gli extra, Prefazione, Sviluppo e Pre-Produzione, le Tecnologie, Produzione. DISTR. WARNER HOME VIDEO FROST/NIXON - IL DUELLO I bambini ci guardano De Sica in doppio disco. Con documentario su Cesare Zavattini Prima collaborazione “ufficiale” tra Vittorio De Sica e Cesare Zavattini (coautore due anni prima, di nascosto e senza firmare, della commedia Teresa Venerdì), I bambini ci guardano – film che nel ’43 pose le basi del neorealismo – arriva in Home Video (library Cristaldi Film) in Collector’s Edition. Sul primo disco, oltre al film, Interviste a Manuel De Sica e a Luciano De Ambrosis – all’epoca il piccolo Pricò protagonista, oggi affermato doppiatore (è la voce di Sean Connery) – mentre sul secondo disco l’interessante documentario “Cesare Zavattini” (67’), realizzato da Carlo Lizzani nel 2003 per Cinecittà Holding, Istituto Luce, L’Immagine e Rai Trade. Operazione analoga, se si vuole, a quella proposta sempre da Dolmen qualche mese fa con Europa ’51 di Roberto Rossellini, regista al quale Lizzani dedicò un documentario. DISTR. DOLMEN HOME VIDEO Altre dim ens ioni Avatar: il videogioco 76 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 DISTR. UNIVERSAL TI AMERO’ SEMPRE Intervista a Philippe Claudel e Scene tagliate con il commento audio del regista tra gli extra. Ottimo dramma e straordinaria Kristin Scott Thomas, premiata con l’EFA. DISTR. DOLMEN HOME VIDEO Pianeta inesplorato e umanoidi nel nuovo mondo di Cameron: per Console e PC In principio ci furono Aliens e Titanic, e dopo un periodo relativamente lungo di pausa, James Cameron ritorna con un nuovo progetto di alta portata, Avatar, girato interamente in 3D, che narra la storia di un pianeta inesplorato e di una razza di umanoidi che ha diversi punti di contatto con quella terrestre. Ad occuparsi del videogioco tratto dal film sarà questa volta Ubisoft, con un titolo di azione che sfrutterà appieno la licenza e il vasto mondo creato per la pellicola, attualmente in post-produzione e in uscita in Oltre un’ora di contenuti speciali per il Ron Howard migliore di sempre: scene eliminate, making of, interviste originali e la biblioteca di Nixon. Da non perdere. LIVE! contemporanea mondiale il 18 dicembre 2009. Avatar: Il Videogioco sarà disponibile su Console, PC e Portatili, i primi filmati verranno mostrati durante l’Electronic Entertainment Expo di Los Angeles nel mese di Giugno. Per saperne di più visitate www.multiplayer.it ANTONIO FUCITO Mai uscito negli States, visto da pochissimi in Italia. Il mockumentary prodotto e interpretato da Eva Mendes arriva anche in versione HD. Con 40’ di contenuti speciali. DISTR. MONDO HOME ENTERTAINMET Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE Borsa del cinema di Franco Montini Chi la dura, la vince Andamenti e teniture dei film in sala: La matassa è la “regola”, Gran Torino l’eccezione Rispetto all’esordio, la maggior parte dei titoli perde anche più del 50% 78 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 I DUE FILM DI MAGGIOR successo sul mercato italiano fra i titoli usciti da due mesi a questa parte, La matassa e Gran Torino, sono approdati sul mercato in contemporanea il 13 marzo scorso. La commedia con Ficarra & Picone, distribuita in 514 copie, nel primo weekend di programmazione ha incassato 2,6 milioni di euro. Il film di Clint Eastwood nel primo fine settimana con 318 copie ha rastrellato 1,6 milioni. Oggi, a sfruttamento quasi esaurito, l’incasso de La matassa è di 7,5 milioni; Gran Torino ha superato quota 8,6 milioni. Nel primo caso, dunque, l’incasso finale è stato l’esito del primo weekend moltiplicato per tre; per il film di Eastwood, invece, l’esito del primo weekend moltiplicato per cinque. Rispetto alla norma, La matassa rappresenta la regola; Gran Torino l’eccezione. Il film di Eastwood, infatti, ha potuto contare su un gradimento eccezionale e su una tenitura parti- Cast & Crew di Marco Spagnoli R it m o e fa n ta s ia Patrizia Penzo, montatrice dei doc storici all’Istituto Luce colarmente lunga. All’ottava settimana, Gran Torino aveva ancora 59 copie in sala e si piazzava al 12° posto fra gli incassi del weekend 1-3 maggio. La moltiplicazione degli schermi, fenomeno senz’altro positivo, sta tuttavia provocando anche degli effetti negativi. Uno di questi è la tendenza a proporre uscite di film con un numero eccessivo di copie, che, di conseguenza, provocano teniture troppo brevi. Approdare in sala con 400-500 copie fino a qualche anno fa era straordinario, oggi è diventato normale. Fenomeno rischioso perché, se non si ottiene il risultato previsto, il film è bruciato dopo tre giorni. Ormai accade solo in casi limite che un film aumenti il numero delle copie nel secondo weekend, mentre prima accadeva di assistere ad uscite volutamente ristrette, finalizzate a sondare il mercato e comportarsi di conseguenza rispetto al risultato ottenuto. Di recente qualcosa del genere è accaduto solo con Gran Torino, che nel secondo fine settimana ha aumentato il numero delle copie in programmazione, occupando 332 schermi, 14 in più della prima uscita; mentre La matassa, pur forte dell’ottimo esordio, nel secondo weekend aveva già perso 14 schermi. Una volta c’era il calo fisiologico degli incassi, oggi più spesso si registra un crollo già dopo il primo weekend; la maggior parte dei film arriva a perdere anche più del 50% rispetto all’esordio, perfino quando fanno registrare un alto gradimento. Ma soprattutto lo sfruttamento a fiammata del primo weekend determina teniture sempre più brevi. Si tratta di un fenomeno negativo soprattutto Montatrice di film documentari tratti dallo sterminato archivio dell’Istituto Luce, come i due capitoli di Bellissime (nella foto), Regia Nave Roma e La Roma di Mussolini, Patrizia Penzo ha iniziato a fare il suo lavoro seguendo una grande passione per l’ordine, ma anche per la fantasia. Qual è la principale difficoltà della sua professione? Intervenire su materiale già montato in precedenza come i Cinegiornali, la Settimana Incom e le immagini di repertorio. Un montatore, in genere, ha le scene ‘pulite’ e si può sbizzarrire di più, mentre il nostro lavoro si basa su materiali d’archivio che per quanto straordinari e ricchissimi, hanno la limitazione di essere stati già editati in precedenza da altri. In compenso, però, lei rilegge attraverso una sensibilità moderna i repertori. Questo consente di riportare materiali di 50 anni fa alla visione del pubblico di oggi, abituato ad un montaggio molto più veloce. Ricostruire seguendo un nuovo ritmo un materiale del passato è un po’ complicato, ma interessante e stimolante. Qual è la qualità necessaria per il suo lavoro? La fantasia. E’ questa la dote che ti consente di rimaneggiare al meglio il materiale, adattandolo alla sensibilità di oggi. Il trucco più importante che ha imparato? Non si può pensare solo al montaggio, ma a tutto l’insieme. E’ solo l’armonia di tutto un documentario e di un film che determina il successo e la rilevanza del tuo lavoro. box office (aggiornato al 25 maggio) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Angeli e demoni Una notte al museo 2: la fuga San Valentino di sangue Vincere 17 Again – Ritorno al liceo Star Trek Antichrist X-Men le origini: Wolverine State of Play – Scopri la verità Hannah Montana: The Movie € 12,042,438 € 31,299,781 € 14,989,155 € 13,428,809 € 11,026,156 € 11,985,443 € 32,122,895 € 24,837,133 € 22,237,079 € 32,291,646 N.B. Le posizioni sono da riferirsi all’ultimo weekend preso in esame. Gli incassi sono complessivi per i film destinati ad un pubblico adulto. Infatti mentre i ragazzi sono molto rapidi nei consumi, il pubblico adulto è più lento e spesso quando sarebbe intenzionato ad andare a vedere un certo film, quel titolo è già scomparso dalla programmazione o confinato in sale distanti da raggiungere. Il risultato è che l’intensità dello sfruttamento iniziale penalizza l’esito finale, crea un consumo selvaggio e un mercato stressato, che non riesce ad esprimere tutto il proprio potenziale. Esattamente il contrario di quanto era previsto con l’arrivo dei multiplex che, si pensava, avrebbero allungato la vita dei film, avendo la possibilità di spostare le pellicole dalle sale più grandi alle più piccole. Accade invece, che i film di successo occupino anche 3-4 schermi di una stessa struttura, per essere poi smontati con grande rapidità. Non sarebbe il caso di cominciare a ripensare alle strategie di uscita? giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 79 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE Libri I paesaggi dello schermo, l’altra faccia del Principe della risata. Poi l’arte del montaggio e il modello “giovane” Luoghi dell’anima Cor nic i del vis ibil e Rile gge re Pas olin i Quello di Sergio Arecco non è il solito dizionario. L’originale chiave di lettura proposta dall’autore per mettere insieme film come Via col vento, Accattone, Gomorra e gli altri, è il paesaggio. Elemento scenografico, location dell’anima, cornice psico-affettiva dei personaggi, il paesaggio assume nell’ottica di Arecco un’importante funzione drammaturgica, perché costituisce lo “spazio” delle relazioni motorie, sociali e simboliche del racconto e la chiave d’accesso all’immaginario dei registi. Cinema e paesaggio (Le Mani, pagg. 232, € 16,00) si rivela così un appassionante viaggio ai confini della settima arte, nell’incontro col suo attore nascosto: la frontiera del visibile, limite fisico e ontologico dell’esperienza filmica, oltre il quale c’è il mistero del fuoricampo. Là dove si arresta lo sguardo e inizia forse un altro cinema. Ma quale marxista, ma quale comunista! Pier Paolo Pasolini era un cattolico e solo in un’epoca di menzogne come il ’68 si poteva pensare diversamente. Aveva un bel dire quel maramaldo, provocatore, iconoclasta di Pier Paolino: “Io non credo in Dio”, quando, nella sua vita squassata da una dilaniante voracità sessuale, l’opera di regista e poeta è una disperata ricerca del Creatore. Ne prende atto Marzia Apice con il bel saggio Le visioni di Pasolini. Immagini di una profezia (Bibliopolis, pagg. 124, € 14,00) nel quale, finalmente, si parla dell’artista per quello che era. Che oggi possa importare a qualcuno del più grande poeta italiano, della cinepresa e non solo, del ’900 è dubbio. Ma, almeno, se ne può dire la verità. GIANLUCA ARNONE 80 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 ANTONIO ANGELI Misteri di Totò Totò che visse due volte. Ciprì e Maresco non ce ne vogliano se rubiamo il titolo del loro film per adattarlo all’icona della comicità italiana. Eppure la vicenda del principe De Curtis, in arte Totò, si presenta sotto il segno della duplicità: l’allegria della maschera e la cupezza dell’uomo, il cattolicesimo e la massoneria, l’amorevole cura nei confronti della moglie e il disprezzo verso le amanti, l’anarchia del guitto e l’ossessione per i titoli nobiliari. E nel segno dello sdoppiamento lavora anche il saggio di Capecelatro e Gallo Totò, vita e arte di un genio (Gruppo Editoriale Viator, Fondazione Ente dello Spettacolo, pagg. 178, € 15,00) un libro in due parti – una sezione biografica, l’altra artistica – che concepisce la monografia come un’indagine. E insinua il dubbio che di Totò si sia già detto tutto, ma non si sappia ancora abbastanza. Doppio Visconti Analisi e aneddoti di due capolavori: La terra trema e Senso di Pier Paolo Mocci GIANLUCA ARNONE Tag lia e cuc i Grazie al televisivo “Blob” conosciamo il senso dei frammenti con finalità di racconto. Così esce nel momento giusto Il montaggio nella storia del cinema. Tecniche, forme, funzioni (Marsilio, pagg. 182, € 12,50) di Federico Vitella, che ha un merito didattico-storicizzante. Se il montaggio delle origini è “primitivo”, negli anni ‘20 quello grafico-artistico produce Un chien andalou, di Buñuel e Dalì. Nella prima fase del cinema europeo il montatore professionale non c’è, ma negli Usa emerge una figura, “che non asseconda pedissequamente la volontà del regista”, grazie alla moviola. E l’Italia? Dopo Ladri di biciclette lo spettatore perde il privilegio e il montaggio narrativo “mostra la sua artificialità”. Poi Godard, Resnais e Truffaut ricorderanno “la natura finzionale delle storie”. E torniamo ai materiali digitali in, off e over: solo per i nostri occhi. CINZIA ROMANI Luc che tti crit ici E se il cinema adolescenziale, definito spesso superficiale, accomodante e modaiolo, fosse uno dei banchi di prova più a rischio per la critica? La questione non è peregrina se è vero che i maggiori successi italiani degli ultimi anni – da Tre metri sopra il cielo a Notte prima degli esami – sono stati accompagnati dai mal di pancia dei critici, incapaci di approcciare il filone con criteri di giudizio diversi da quelli estetici. E’ arrivato il momento di ricucire lo strappo col pubblico. Davide Boeri, in Chitarre e lucchetti (Le Mani, pagg. 135, € 14,00) ci fornisce ragioni e strumenti per farlo. Utilizzando la chiave della trasversalità, l’autore inquadra il fenomeno nelle più complesse strategie di rivendicazione messe in atto dai teenager, che usano cinema, libri e tv come trincee identitarie. La critica non gli spari addosso. GIANLUCA ARNONE Roberto Semprebene La terra trema. Effatà Editrice Pagg. 176, €12,50 Elena Pigozzi Uragano d’estate Marsilio Editori Pagg. 272 €19,00 La grandezza di una personalità come quella di Luchino Visconti permette di ricercare, in modo costante, aspetti nuovi o meno battuti all’interno della poetica. Quasi contemporaneamente escono due volumi molto interessanti e diversi tra loro dedicati alla straordinaria figura del registaaristocratico autore di alcuni capolavori della storia del cinema. Roberto Semprebene con La terra trema, parte da quella che viene considerata una delle pietre miliare del Neorealismo per dar vita ad una lucida analisi sull’Italia del boom e del compromesso storico, divisa tra comunisti e democristiani, tra operai (ex contadini) e nuovi imprenditori. Emergono numerose informazioni e testimonianze, come quella dell’allora sottosegretario al cinema Giulio Andreotti o il capitolo “Il mondo cattolico e il cinema”, che documenta la nascita e il radicarsi del Centro Cattolico Cinematografico, l’ufficio preposto alla cura degli interessi cattolici in ambito cinematografico. Di tutt’altro genere è invece il manoscritto di Elena Pigozzi, autrice di Uragano d’estate. Si tratta di un vero e proprio romanzo incentrato, con le dovute libertà narrative, sugli amori, gli umori e le emozioni di un paesino “sconvolto”, nell’estate del 1953, dalle riprese di Senso, in cui grandi nomi come Alida Valli, Massimo Girotti, Giorgio Bassani e Tennessee Williams, si mischiavano alle comparse reclutate nel paese di Valeggio, in provincia di Verona. giugno 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 81 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE di Gianluigi Ceccarelli Colonne Sonore Visti da vicino Ricordo vivo Sonorità sixties che hanno fatto la storia: I Love Radio Rock Val la pena riallacciarsi a quanto detto due mesi or sono a proposito della trendy playlist del vuoto RocknRolla, smaccatamente impegnata ad ammirarsi prima ancora che a farsi ammirare. Non accade lo stesso per I Love Radio Rock (The Boat That Rocked), la cui fluviale colonna sonora (2 CD per 37 brani in totale) gode di ben altra centralità e vive di luce propria, affresco di un’epoca che è vera protagonista del film in questione. Il lavoro del music supervisor Nick Angel è filologicamente corretto, con l’eccezione di Let’s Dance di David Bowie, brano anni ‘80 che chiude il film e che poco o niente c’entra con il resto. Sul versante sixties (che ora è più in voga definire vintage), comunque, musica per le vostre orec- chie: alle hits più telefonate e di facile presa (Jimi Hendrix, Beach Boys, Procol Harum, Cat Stevens) fanno da contraltare scelte meno scontate (gli Who di I can see for miles, i sempre sottovalutati Kinks) e precise illustrazioni delle tendenze del periodo: straordinarie Martha Reeves & The Vandellas e le Supremes di area Motown, puntuale il tocco di merseybeat fir mato Hollies. Arrivano al cuore le hits di Junior Walker e la voce di Dusty Springfield, artista non a caso sempre presente quando serve il brano a effetto (vedasi Pulp Fiction). Sono solo canzonette, certo, ma hanno fatto la storia. E og gi, riprodotte nel vostro salotto, svolgono una missione non meno importante: tenere vivo il ricordo. Per tut ti i gus ti a cura della redazione Sacro e profano Madonna si autocita con Erotica e omaggia Britney Spears, erede dichiarata. Il resto è (giusta) passerella per i Gogol Bordello di Eugene Hutz: orecchiabili ma ancora troppo “sporchi” da sdoganare. Per fortuna. (G.C.) 82 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo giugno 2009 Cadillac Records Dai colpi di fucile di Miracolo a Sant’Anna alla Chess Records degli anni ‘50 raccontata da Darnell Martin. Il sound di Terence Blanchard per l’ascesa dei leggendari Muddy Waters, Etta James e Chuck Berry. Terminator Salvation Lo storico main theme è quello di Brad Fiedel, e ci mancherebbe. Poi Danny Elfman per l’original score in un tripudio di suoni elettronici, percussioni meccaniche e rantoli di lamiere. Cyborgmusic. © A NBC UNIVERSAL GLOBAL NETWORK. STUDIO UNIVERSAL. IL RITORNO. *Offerta valida fino al 30/06/09 per chi attiva la modalità Easy Pay, previa richiesta di fornitura del servizio della durata di 12 mesi ed accettazione delle relative condizioni generali. La promozione consente la visione dell’offerta Gallery o Gallery+Fantasy con uno sconto applicato in fattura di 6 euro al mese per i primi 6 mesi oppure Gallery+Calcio o Tutto Premium con uno sconto applicato in fattura di 10 euro al mese per i primi 6 mesi. Al termine del sesto mese, l’utente pagherà il prezzo di listino relativo all’offerta scelta vigente in quella data. Verificare l’effettiva ricezione dei contenuti prima di procedere all’acquisto. ** Il costo da telefonia fissa è di 0,03 euro al minuto, più 0,06 euro di scatto alla risposta (IVA inclusa). 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