Numero Dicembre 2006 del 01.12.2006

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Numero Dicembre 2006 del 01.12.2006
Anno LIV n. 2 - Dicembre 2006 - C.C.P. 13647714
Spedizione in Abb. Post. Art. 2 comma 20/C legge 662/96 Filiale di Foggia
Provincia di San Michele Arcangelo
dei Frati Minori di Puglia e Molise
dal IV Convegno Ecclesiale di Verona
Provincia
di San Michele
Arcangelo
dei Frati Minori
di Puglia e Molise
s o m m a r i o
3
Editoriale
Si riaccende la Speranza
di fr. Leonardo Civitavecchia
ATTUALITA’
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IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona
Sintesi del Convegno
Anch’io a Verona
Testimonianza di fr. Giancarlo Li Quadri Cassini
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I Giovani e la Speranza
di Carlo Climati
Anno LIV n. 2
Dicembre 2006
C.C.P. 13647714
Spedizione in Abb. Post.
Art. 2 comma 20/C legge 662/96
Filiale di Foggia
Redattore:
fra Leonardo Civitavecchia
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Dir. Resp.: Pietrangelo Melillo
Con approvazione
dei Superiori dell’Ordine
Autorizzazione
Tribunale di Foggia
n. 55 del 19.06.1953
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CURIA PROVINCIALE O.F.M.
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71100 FOGGIA
Tel. 0881.615654
Fax 0881.613562
9
AVVENIMENTI
12
Stampa: Falcone Grafiche
71043 Manfredonia (Fg)
Tel. e Fax 0884.541962
e-mail:[email protected]
In copertina:
Benedetto XVI
San Giovanni da Capestrano:
550 anni della sua morte
di fr. Josè Rodriguez Carballo, ofm, Ministro Generale
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Peregrinatio del Crocifisso di San Damiano
Conclusioni di fr. Giancarlo Li Quadri Cassini
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Capitolo Generale straordinario:
La Grazia delle Origini
Che siano perfetti nell’unità
Omelia di fr. Carballo, Ministro Generale
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Intervista di Radio Vaticana al Ministro Generale
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VIII Centenario della nascita
di S. Elisabetta d’Ungheria
OFS
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Progetto grafico e
impaginazione: melapiù s.r.l.
piazza Cesare Battisti, 35 - Fg.
tel./fax 0881.772664
[email protected]
Lo Spirito di Assisi
Benedetto XVI
a Mons. Domenico Sorrentino Vescovo di Assisi
Lettera del Ministro Provinciale fr. Pietro Carfagna
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In ricordo di Emilia Urbano
di Annita Antonetti
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In ricordo di Francesca Falco, detta Cecchina
di Franco Mangano
VITA DI FAMIGLIA
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51° Anniversario del Servo di Dio
Mons. Agostino Castrillo
Tenete accese le vostre lampade
di fr. Giuseppe Tomiri, Postulatore Provinciale
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Agostino Castrillo, un esempio
di don Vincenzo Ferrara, parroco di San Marco Argentano
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Fatti Santo, figlio mio, fatti Santo
di Maria Ranucci
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Pubblicazione del libro di Antonio Robbio
di Maria Ranucci
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Vestizione religiosa
“Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre...”
Ordinazione Presbiterale
Professione Temporanea
Ordinazione Diaconale
“Cominciò a lavare i piedi”
MUSICA
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Roberto Bignoli: Una voce per la Speranza
di Carlo Climati
CINEMA
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The Nativity
di Rosario Tronnolone
LIBRERIA
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Come neve che cade e non si posa
Vita di Francesco d’Assisi
Pubblicazione di Ignazio Loconte
PIANETA GIOVANE
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Con Francesco e Chiara... metti in moto la speranza
Proposte giovani
Editoriale
Si riaccende la Speranza
Ogni volta che il verbo si fa carne e viene ad
abitare nel cuore dell'uomo, della storia. Ogni
volta che la via di Dio e la via dell'uomo s'incontra
in un'inCANTO d'amore.
Si riaccende la Speranza
Perché l'Emmanuele viene a riconciliarci con
Lui e tra di noi, bussa alla porta di ogni uomo
e dispensa il dono della fraternità, della concordia
e della pace.
Si riaccende la Speranza
Perché il messaggio affidato al cristiano è un
canto di speranza: si può rinascere, si può ricominciare daccapo e giungere, passo dopo passo,
a vivere un'esistenza degna di Dio. Il male presente nella società non possiede forza sufficiente
per condizionare la nostra condotta e impedirci
di fare il bene.
Si riaccende la Speranza
Perché Dio è tutto, noi non siamo che ben poca
cosa di fronte a lui. Qualunque sia l'entità dei
nostri peccati, nessuno di essi ha tanto peso da
impedire al Signore di amarci. Egli ci ama così
come siamo, e come siamo stati. E sa ricavare
dal male un bene superiore: il nostro ritorno a
Lui, in animo contrito e umiliato.
Si riaccende la Speranza
Perché - come ci ha ricordato Benedetto XVI al
IV Convegno Ecclesiale di Verona - in un mondo
che cambia, il Vangelo non muta…Nel suo nome
recate a tutti l'annuncio della conversione e del
perdono dei peccati, ma date voi per primi testimonianza di una vita convertita e perdonata…Ora, consacrati dalla sua "unzione", andate! Portate
il lieto annuncio ai poveri, fasciate le piaghe dei
cuori spezzati, proclamate la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri, promulgate
l'anno di misericordia del Signore (cfr Is 61, 12). Ricostruite le antiche rovine, rialzate gli
antichi ruderi, restaurate le città desolate (cfr Is
61, 4). Sono tante le situazioni difficili che attendono un intervento risolutore! Portate nel mondo
la speranza di Dio, che è Cristo Signore, il quale
è risorto dai morti, e vive e regna nei secoli dei
secoli. Amen.
"Siate sempre pronti a render testimonianza
della speranza che è in voi...” (S. Pietro):
Si riaccende la Speranza,
se comunichiamo il dono ricevuto a tanti fratelli
che stanno boccheggiando per mancanza di
Speranza: siamo chiamati ad essere profeti di
Speranza!
Ricordiamo l'affermazione di Helder Camara,
un autentico profeta di speranza nel nostro
tempo: egli ci dice che questo mondo ha assolutamente bisogno di testimoni concreti, non si
può mancare ad un appuntamento così importante per cui "chi ha una speranza, la tiri fuori!".
Cristo Gesù ci ha "mandati" nel mondo e ci
chiede di fidarci di Lui, "non abbiate paura...".
Ciò di cui c'è bisogno è il nostro "sì", la nostra
disponibilità.
Siamo chiamati a ripetere il "sì" di Maria, Madre
della Speranza, che ha il potere di cambiare il
mondo. Il mondo attorno a noi cambierà, sarà
illuminato dalla speranza, se saremo semplici
strumenti e note di speranza nelle mani del
Signore. Solo così
Si riaccende la Speranza.
fr. Leonardo Civitavecchia
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Attualità
Verona, 16-20 ottobre 2006
Il IV Convengo ecclesiale nazionale
“Andate!
Portate nel mondo
la speranza di Dio,
che è Cristo Signore”.
Benedetto XVI
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Attualità
Il Convegno si è aperto nel pomeriggio
del 16 ottobre nell'Arena di Verona con
una celebrazione iniziale presieduta dal
vescovo di Verona, Mons. Flavio Carraro.
Nella prolusione, l'Arcivescovo di Milano,
Card. Dionigi Tettamanzi, partendo
dall'intenzione originaria del primo Convegno nazionale di Roma del 1976 “tradurre il Concilio in italiano” - si è
augurato, innanzitutto, che il Convegno
riuscisse a parlare non solo di speranza,
ma anche con speranza, che fu proprio
lo stile del Vaticano II: « La speranza
come stile virtuoso è parte essenziale e
integrante del realismo cristiano… non
è soltanto un desiderio o un sogno o una
promessa, non riguarda unicamente il
domani, ma è una realtà molto concreta
e attuale che non abbandona mai la nostra terra ». L'arcivescovo di Milano ha,
inoltre ribadito che il primo cammino
da compiere fino in fondo « è quello di
una maturazione sempre più chiara e
forte della coscienza della Chiesa circa
la sua missione evangelizzatrice ». E
perché essa possa penetrare profondamente nel vissuto degli italiani ha, in
secondo luogo, auspicato una specie di
“seconda fase del progetto culturale”,
capace di affrontare in profondità la questione antropologica, rimettendo al centro la persona umana con il suo bisogno,
appunto, di speranza. Quindi ha anche
auspicato - come frutto e segno
dell'ecclesiologia di comunione donataci
dal Concilio - una più forte maturazione
della coscienza e della prassi della comunione ecclesiale, in quanto tante comunità faticano a camminare insieme e a
coniugare in maniera organica la sinodalità. Si è, infine, augurato che il Convegno
riuscisse ad accelerare quella che viene
rmai da tempo indicata come l' “ora dei
laici”.
La relazione iniziale di don Franco
Giulio Brambilla, preside della Facoltà
dell'Italia Settentrionale, ha fondato la
speranza sulla Prima Lettera di Pietro.
Il cristiano è “pietra viva” se in rapporto
costante e profondo con la pietra viva
che è Cristo Gesù ed è chiamato a
“rendere ragione della speranza” con
“dolcezza” (di fronte a chi chiede), con
“rispetto” (timore davanti a Dio), con
“retta coscienza” (riguardo a se stessi).
Paola Bignardi, ex presidente nazionale
dell'AC e coordinatrice nazionale di Reti
in Opera, ha rivendicato da parte dei laici
l'urgenza che la comunità cristiana non
solo riconosca la loro esperienza, ma
soprattutto la valorizzi sempre più come
dono per tutta la comunità attraverso
adeguati cammini formativi e, soprattutto, un giusto livello di corresponsabilità
e di dialogo intraecclesiale. Lorenzo Ornaghi, chiamato a definire il ruolo della
cultura nell'attuale concerie di intrecci
multiculturali tendenti al livellamento
relativizzante ogni differenza e specificità,
esaminando le priorità della scienza, della
politica e dell'educazione, ha individuato
il suo compito nella capacità di interpretare e orientare ciò che determina e scandisce l'essenziale dell'attuale stagione
storica, affascinata per lo più e quasi
unicamente da quello che si muove alla
superficie dei fenomeni. Savino Pezzotta,
presidente della Fondazione «Ezio Tarantelli», infine ha ribadito - con un intervento tra i più seguiti e applauditi dagli
oltre 2550 convegnisti - il ruolo educativo
della Chiesa, lasciando ai laici piena responsabilità e autonomia di decidere le
forme e i modi dello stare in politica.
I risultati dei gruppi di studio sull'affettività, il lavoro e la festa, la tradizione, la fragilità e la cittadinanza insieme alla conclusione del Cardinale
Ruini e, soprattutto, al forte intervento
del Papa, che ha richiamato la Chiesa
italiana ad un più decisivo e ampio coinvolgimento nella sfida della nuova evangelizzazione dell'Europa, attraverso un
rinnovato confronto con le esigenze della
verità, pur in costante apertura e dialogo
con tutti i soggetti che anche in Italia,
ormai, entrano ad interloquire in un
contesto di società sempre più globalizzata e multiculturale, rappresentano il
ricco materiale a disposizione del discernimento dei vescovi chiamati a delineare
il nuovo piano pastorale decennale
nell'assemblea generale del maggio 2007.
f.p.c.
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Attualità
Anch’io a Verona
testimonianza di fra Giancarlo Li Quadri Cassini
Sono grato alla diocesi di LuceraTroia che mi ha permesso di partecipare come delegato dei religiosi
della Chiesa subappenninica al 4° Convegno ecclesiale della Chiesa italiana celebrato a Verona dal 16 al 20 ottobre scorso.
L'evento veronese ha coinvolto le diocesi,
gli organismi nazionali, i gruppi, i movimenti, le nuove comunità ecclesiali.
Il tema del Convegno: Testimoni di Gesù
Risorto, speranza del mondo, mirava a:
• chiamare i cattolici italiani a testimoniare, con uno stile credibile di vita,
Cristo Risorto come novità capace di
rispondere alle attese e alle speranze
più profonde degli uomini d'oggi;
• verificare il cammino pastorale svolto
in questo decennio;
• dare un nuovo impulso alla missionarietà della Chiesa che è in Italia a
partire dal Giubileo del 2000;
• aiutare le comunità cristiane a riflettere su cinque “luoghi” bisognosi di
speranza: vita affettiva, lavoro e festa,
fragilità umana, tradizione, cittadinanza.
La Prima lettera di Pietro ha caratterizzato la fase di preparazione al Convegno. L'Apostolo scrive ai cristiani della
“diaspora” assaliti dalle persecuzioni per
sostenerli nelle avversità e
nell'appartenenza a Cristo, esortandoli
ad essere “sempre pronti a rispondere a
chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3, 15). Testo di
grande attualità nel quale le prospettive
teologiche e spirituali si intrecciano agli
interrogativi cultuali ed ecclesiali del
nostro tempo.
Una numerosa schiera di santi e beati
italiani ha coronato di luce l'assise veronese. Tra questi molti santi del nostro
territorio: san Sabino, san Nicola, san
Potito, san Flaviano, beato Antonio Lucci,
san Filippo Smaldone, san Francesco
Antonio Fasani, san Pio da Pietrelcina,
san Corrado, san Giuseppe da Copertino,
san Severo, san Nicola Pellegrino e tanti
altri. La loro testimonianza di vita ci ha
convinti che la santità è possibile nella
misura in cui l'uomo si rende disponibile
alla grazia dello Spirito e collabori alla
costruzione del Regno divino, avendo
come pietra angolare Cristo Gesù, il quale
si è fatto prossimo ai bisogni dell'umanità
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costituita da alcune dimensioni antropologiche che i convegnisti hanno affrontato
come l'affettività, il lavoro e la festa, la
fragilità, la tradizione, la cittadinanza.
L'assemblea veronese ha considerato
che di fronte a questi cinque ambiti la
Chiesa di Cristo, che è in Italia, dovrà
assumere il compito di:
• curare le relazioni attraverso il dialogo,
l'amicizia, rinnovando i linguaggi
dell'annuncio ed i percorsi di fede,
per educare l'uomo all'amore e
all'affettività secondo lo spirito evangelico;
• riaffermare lo stretto legame che c'è
fra il lavoro e la festa, per ridare un
ritmo umano alla nostra vita e recuperare l'autentica concezione del tempo cristiano, ritrovando nella domenica, giorno di riposo e di santità, il
modo di sottrarre il tempo libero al
dominio del mercato e del denaro;
• guardare all'uomo in tutte le età della
vita, attraverso le sue esperienze fondamentali come l'amore, la libertà, il
bisogno di comunicare e di appartenenza ad una fraternità universale; e
le fragilità viste come una risorsa,
ossia come punti di forza di un rinnovato stile di vita che svela il legame
forte fra la virtù della speranza e la
virtù della carità;
• tramandare di generazione in generazione la Persona di Cristo Gesù, mediante itinerari spirituali che abbiano
a cuore la tradizione “nell'ascoltare
l'insegnamento degli apostoli e
nell'unione fraterna, nella frazione
del pane e nelle preghiere” (At 2, 42);
• rafforzare l'identità di cittadini consapevoli della propria responsabilità
e del proprio impegno nei confronti
del bene comune, il quale dovrà necessariamente abbracciare anche gli
stranieri che vengono da noi per vivere
o sopravvivere, considerandoci tutti
come forestieri e pellegrini in questo
mondo.
Benedetto XVI ha incantato l'assemblea
di questo 4° Convegno ecclesiale dicendoci che: “la risurrezione di Cristo è un
fatto avvenuto nella storia, di cui gli
Apostoli sono stati testimoni e non certo
creatori. Nello stesso tempo essa non è
un semplice ritorno alla nostra vita ter-
rena; è invece la più grande mutazione
mai accaduta, il salto decisivo verso una
dimensione di vita profondamente
nuova…” (Discorso del Santo Padre Benedetto XVI al 4° Convegno Ecclesiale
Nazionale Italiano).
E' in Cristo che tutto si ricapitola! Lui
è il centro dell'universo! Egli è il logos
che ci permette di “rendere ragione della
speranza che è in noi” (1Pt 3, 15). Siamo
perciò convinti che con Cristo gli eventi
peggiori della storia sono passati, perché
il mistero pasquale li ha trasformati in
una nuova speranza di risurrezione.
Ma quando l'uomo risorge? Non solo
alla fine dei tempi, ma anche hic et nunc!
Quando si lascia trascinare dall'amore
divino che è più forte della morte e si
immerge nella luce trasfigurante di Cristo, superando il nichilismo, il relativismo
e tutte le ideologie che sono la causa di
quella infelicità dell'uomo le cui conseguenze sono certe atrocità commesse da
genitori contro i figli; delitti consumati
per futili motivi o per denaro; le violenze
contro le donne e gli indifesi; infine la
paura del futuro e di quella tristezza
segreta che appesantisce la vita.
Di fronte a questi fatti terrificanti la
risposta è “quel grande sì che in Gesù
Cristo Dio Padre ha detto all'uomo e alla
sua vita, all'amore umano, alla nostra
libertà e alla nostra intelligenza” (Discorso del Santo Padre Benedetto XVI al 4°
Convegno Ecclesiale Nazionale Italiano).
Noi siamo chiamati ora, più di prima, a
corrispondere con la stessa disponibilità
divina, facendoci trovare dallo Spirito
che “fa nuove tutte le cose” ed è sempre
pronto a rinnovare la nostra vita mediante
la Parola, l'Eucaristia e la Chiesa (cfr. At
2, 42). Saremo così come quelle sentinelle
dell'aurora che annunciano l'avvento di
un nuovo sole: Gesù Cristo
risorto, speranza per il mondo!
Attualità
Le nuove solitudini
Ci si può sentire soli in un'epoca come
la nostra, in cui la comunicazione sembra
essere facilitata da tecnologie sempre più
sofisticate? Nell'era di Internet, basta
spingere il tasto di un computer per inviare in pochi secondi un'e-mail da Roma
a Tokyo, da Londra a Mosca, da Parigi a
New York. Un dito della mano è sufficiente
per metterci in contatto con il resto del
mondo. Eppure, nonostante questo, ci
sono molti giovani soli, che non riescono
a stabilire un reale rapporto con gli altri.
Agli inizi del terzo millennio, stiamo
assistendo alla nascita di tante "nuove
solitudini", completamente diverse da
quelle che vivevano le precedenti genera-
zioni. Sono forme di disagio tipiche del
nostro tempo, frutto delle contraddizioni
di un'epoca in cui i rapporti umani diventano sempre più difficili da mantenere.
La prima grande solitudine è figlia del
computer. Questo straordinario strumento di lavoro può servire per fare cose
meravigliose, ma può anche contribuire
a creare nuove "celle di isolamento". E'
come un bisturi. Nelle mani di un grande
chirurgo può salvare migliaia di vite umane, ma se finisce nelle mani di un pazzo
può fare del male ed uccidere.
Tanti giovani trascorrono ore davanti
allo schermo di un computer, navigando
tra un sito e l'altro o parlando attraverso
le "chat", le "mailing list" e i "newsgroup"
di Internet.
Apparentemente, sembrano comunicare. Ma bisognerebbe chiedersi: qual è
la qualità di questo tipo di comunicazione? Spesso le persone che intervengono
nei dialoghi virtuali delle "chat" non sono
sincere. Ci sono, ad esempio, uomini che
fingono di essere donne e viceversa. Alcuni hanno anche cattive intenzioni ed
approfittano dell'ingenuità dei ragazzi.
7
Attualità
Il risultato è una comunicazione falsa
e mascherata, che rischia di favorire
l'isolamento e l'incapacità di sostenere
un autentico rapporto con gli altri.
Un'altra "nuova solitudine" è quella
del gioco. Oggi, purtroppo, non ci si
diverte più come una volta. Nelle grandi
metropoli, diventa sempre più rara la
dimensione del cortile e della piazza,
dove un tempo si praticavano i giochi
all'aperto. Erano un'occasione per dialogare, per confrontarsi, per vivere una
parentesi di svago rispettando delle regole
ben precise. Quindi, erano anche dei
momenti fortemente educativi.
Si sta diffondendo, invece, la moda
dei video-giochi, che rappresentano
un'ulteriore occasione per essere soli.
Non ci si confronta più con gli altri, ma
semplicemente con i suoni, i rumori, i
colori di un avversario virtuale, che appare sullo schermo di un computer.
Tempo fa, un catalogo di videogames
ha ospitato una pubblicità molto triste,
che diceva: "Butta il secchiello, abbiamo
un gioco più bello". Era un invito ad
abbandonare i tradizionali giochi del
mare, con la paletta e il secchiello, per
dedicarsi a quelli elettronici.
E' la morte della creatività. Seguendo
questo slogan, i ragazzi dovrebbero abbandonare i castelli di sabbia per restare
incollati di fronte alle lotte sanguinarie
dei videogames, dove i personaggi buoni
si muovono con la stessa violenza dei
cattivi.
Anche la televisione può essere fonte
di "nuove solitudini". Tanti ragazzi, infatti,
hanno il televisore nella loro cameretta
e subiscono un vero e proprio bombardamento di messaggi. Dalle trasmissioni
che esaltano il mito dell'apparenza, dicendo che la chirurgia estetica è la fonte
della vera felicità, ai telegiornali che non
fanno più informazione, ma prediligono
servizi su fotomodelle e attricette. Senza
contare la falsità dei cosiddetti "reality
show" e lo squallore di maghi, cartomanti
e venditori di amuleti, pronti ad avventarsi come avvoltoi su chi attraversa momenti di difficoltà e sofferenza.
Quando si è soli, purtroppo, è facile
essere indottrinati e strumentalizzati da
programmi diseducativi. Si diventa prede
di emittenti televisive senza scrupoli, il
cui unico obiettivo è aumentare
l'audience e sparare spot pubblicitari a
ripetizione.
Un'altra solitudine significativa è quella della discoteca. Molti ragazzi trascorrono il fine settimana nei locali da ballo,
illudendosi di trovare un contatto con
gli altri. Ma poi, la musica è talmente
assordante da ostacolare qualunque tipo
di dialogo.
8
Di conseguenza, le discoteche si trasformano in un insieme di giovani soli
che ballano. Ognuno è rinchiuso nel
proprio guscio di mutismo e di incomunicabilità, mentre le luci psichedeliche
impediscono di guardarsi realmente negli
occhi.
Ma la solitudine più preoccupante è
quella generata dal dilagante ateismo.
Con la scusa del cosiddetto "Stato laico"
si tende a creare sempre di più una società senza Dio, dominata dal qualunquismo e dal relativismo morale.
In Italia, ultimamente, è scoppiata
una polemica per la presenza del crocifisso sui muri delle scuole. In Francia,
addirittura, è stata avanzata una proposta
di legge per vietare l'uso di simboli religiosi "troppo visibili". Il pericolo, per i
giovani, è quello di ritrovarsi soli in un
mondo sempre più materialista, privato
di quel rapporto di filiazione divina che
può rappresentare "una marcia in più"
nei momenti di difficoltà. Chi sa di essere
figlio di Dio non può mai sentirsi abbandonato di fronte ai propri problemi.
Oggi, dunque, sono tante le occasioni
di solitudine che rischiano di oscurare
l'animo dei ragazzi. Che cosa si può fare
per cambiare rotta e combattere questo
fenomeno?
Prima di tutto, è necessario educare
i giovani a sviluppare un maggiore senso
critico nei confronti dei mezzi di comunicazione. Bisogna abituare i ragazzi a
non subire in modo passivo i messaggi
che ricevono dalla televisione.
Poi, è necessario recuperare la tradizione dell'autentico stare insieme nei
momenti di divertimento. Basta con le
discoteche che impediscono la comunicazione! I gestori dei locali dovrebbero
creare ambienti più favorevoli al dialogo.
Potrebbero limitare il volume della musica e proporre giochi e balli di gruppo,
che aiutino maggiormente a socializzare.
Infine, si dovrebbe evitare la presenza
ossessiva di fronte allo schermo del computer. Per sfuggire a questo mondo ingannevole di rapporti virtuali, nasce spontaneo un imperativo: ritrovare i volti.
Bisogna uscire di casa ed imparare ad
incontrare gli altri. Gli altri veri. Non
quelli falsi, mascherati, che si nascondono
dietro la barriera di uno schermo.
La vera soluzione al problema della
solitudine non sta in una notte trascorsa
a "chattare" su Internet o in un sabato
sera perduto nel rumore di un'assordante
discoteca. Non sta neppure nei ripetitivi
combattimenti dei videogiochi o
nell'adorazione di qualche "velina" che
ci sorride in modo forzato dal televisore.
Sta nella porta di casa che si apre e che
diventa, finalmente, un ponte verso la
vita.
Ci sono tantissimi ambienti pronti ad
accogliere i giovani con un sorriso vero,
umano, non virtuale. Ad esempio, quelli
del volontariato. Tanti ragazzi, invece di
diventare schiavi delle "nuove solitudini",
hanno voluto dare un senso alla loro
esistenza, offrendo alcune ore della propria giornata all'aiuto di poveri, anziani,
malati, emarginati.
C'è anche chi ha rinunciato alla solita
vacanza al mare per fare un'esperienza
diversa, più costruttiva, al fianco di missionari in Africa o in America Latina.
Sarà tornato un po' meno abbronzato,
ma tanto "ricco" e cresciuto nell'anima.
Insomma, la solitudine non è un male
incurabile. La migliore medicina bisogna
cercarla nel nostro cuore, aiutandolo ad
essere un po' meno egoista e conformista,
in un mondo che ci tende la mano ed ha
un infinito bisogno d'amore
Carlo Climati
Articolo pubblicato sulla rivista "Milizia Mariana" (2004)
Attualità
Benedetto XVI al Venerato Fratello Mons. Domenico Sorrentino Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino
In Occasione del Ventesimo anniversario dello
Spirito diAssisi
Assisi, 4-5 settembre 2006
Ricorre quest'anno il ventesimo anniversario dell'Incontro Interreligioso di
Preghiera per la Pace voluto dal mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, il
27 ottobre 1986, in codesta Città di Assisi.
A tale incontro, com'è noto, egli invitò
non solo i cristiani delle varie confessioni,
ma anche esponenti delle diverse religioni.
L'iniziativa ebbe larga eco nell'opinione
pubblica: costituì un messaggio vibrante
a favore della pace e si rivelò un evento
destinato a lasciare il segno nella storia
del nostro tempo. Si comprende pertanto
che il ricordo di quanto allora accadde
continui a suscitare iniziative di riflessione
e di impegno. Alcune sono state previste
proprio ad Assisi, in occasione del ventesimo anniversario di quell'evento. Penso
alla celebrazione organizzata, d'intesa
con codesta Diocesi, dalla Comunità di
S. Egidio, sulla scia di analoghi incontri
da essa annualmente realizzati. Nei giorni
stessi dell'ann iversario si terrà poi un
Convegno a cura dell'Istituto Teologico
Assisano, e le Chiese particolari di
codesta Regione si ritroveranno
nell'Eucaristia concelebrata dai Vescovi
dell'Umbria nella Basilica di San
Francesco. Infine, il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso
curerà costì un incontro di dialogo,
di preghiera e di formazione alla pace
per giovani cattolici e di altre provenienze
religiose.
Queste iniziative, ciascuna col suo
specifico taglio, pongono in evidenza il
valore dell'intuizione avuta da Giovanni
Paolo II e ne mostrano l'attualità alla luce
degli stessi eventi occorsi in questo ventennio e della situazione in cui versa al
presente l'umanità. La vicenda più significativa in questo arco di tempo è stata senza
dubbio la caduta, nell'Est europeo, dei
regimi di ispirazione comunista. Con essa
è venuta meno la "guerra fredda", che aveva
generato una sorta di spartizione del mondo in sfere di influenza contrapposte, suscitando l'allestimento di terrificanti arsenali di armi e di eserciti pronti ad una
guerra totale. Fu, quello, un momento di
generale speranza di pace, che indusse
molti a sognare un mondo diverso, in cui
le relazioni tra i popoli si sarebbero sviluppate al riparo dall'incubo della guerra, e
il processo di "globalizzazione" si sarebbe
svolto all'insegna di un pacifico confronto
tra popoli e culture nel quadro di un condiviso diritto internazionale, ispirato al
rispetto delle esigenze della verità, della
giustizia, della solidarietà. Purtroppo questo sogno di pace non si è avverato. Il terzo
millennio si è anzi aperto con scenari di
terrorismo e di violenza che non accennano
a dissolversi. Il fatto poi che i confronti
armati si svolgano oggi soprattutto sullo
sfondo delle tensioni geo-politiche esistenti
in molte regioni può favorire l'impressione
che, non solo le diversità culturali, ma le
stesse differenze religiose costituiscano
motivi di instabilità o di minaccia per le
prospettive di pace.
Proprio sotto questo profilo, l'iniziativa
promossa vent'anni or sono da Giovanni
Paolo II assume il carattere di una puntuale profezia. Il suo invito ai leaders delle
religioni mondiali per una corale testimonianza di pace servì a chiarire senza possibilità di equivoco che la religione non
può che essere foriera di pace. Come ha
insegnato il Concilio Vaticano II nella
Dichiarazione Nostra aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non
cristiane, "non possiamo invocare
Dio come Padre di tutti, se ci
rifiutiamo di comportarci da
fratelli verso al-
cuni uomini creati ad immagine di Dio"
(n.5). Nonostante le differenze che caratterizzano i vari cammini religiosi, il riconoscimento dell'esistenza di Dio, a cui gli
uomini possono pervenire anche solo
partendo dall'esperienza del creato (cfr
Rm 1,20), non può non disporre i credenti
a considerare gli altri esseri umani come
fratelli. A nessuno è dunque lecito assumere il motivo della differenza religiosa
come presupposto o pretesto di un atteggiamento bellicoso verso altri esseri umani.
Si potrebbe obiettare che la storia
conosce il triste fenomeno delle guerre
di religione. Sappiamo però che simili
manifestazioni di violenza non possono
attribuirsi alla religione in quanto tale,
ma ai limiti
culturali con
cui essa
viene
9
Attualità
vissuta e si sviluppa nel tempo. Quando
però il senso religioso raggiunge una sua
maturità, genera nel credente la percezione che la fede in Dio, Creatore
dell'universo e Padre di tutti, non può
non promuovere tra gli uomini relazioni
di universale fraternità. Di fatto, testimonianze dell'intimo legame esistente tra il
rapporto con Dio e l'etica dell'amore si
registrano in tutte le grandi tradizioni
religiose. Noi cristiani ci sentiamo in
questo confermati ed ulteriormente illuminati dalla Parola di Dio. Già l'Antico
Testamento manifesta l'amore di Dio per
tutti i popoli, che Egli, nell'alleanza stretta
con Noè, riunisce in un unico grande
abbraccio simboleggiato dall' "arco sulle
nubi" (Gn 9,13.14.16) e che in definitiva,
secondo le parole dei profeti, intentde
raccogliere in un'unica universale famiglia
(cfr Is 2,2ss; 42,6; 66,18-21; Ger 4,2; Sal
47). Nel Nuovo Testamento poi la rivelazione di questo universale disegno d'amore
culmina nel mistero pasquale, in cui il
Figlio di Dio incarnato, in uno sconvolgente atto di solidarietà salvifica, si offre
in sacrificio sulla croce per l'intera umanità. Dio mostra così che la sua natura è
l'Amore. È quanto ho inteso sottolineare
nella mia prima Enciclica, che inizia appunto con le parole "Deus caritas est" (1
Gv 4,7). Questa affermazione della Scrittura non solo getta luce sul mistero di
Dio, ma illumina anche i rapporti tra gli
uomini, chiamati tutti a vivere secondo
il comandamento dell'amore.
L'incontro promosso ad Assisi dal Servo
di Dio Giovanni Paolo II pose opportunamente l'accento sul valore della preghiera
nella costruzione della pace. Siamo infatti
10
consapevoli di quanto il cammino verso
questo fondamentale bene sia difficile e
talvolta umanamente disperato. La pace
è un valore in cui confluiscono tante componenti. Per costruirla, sono certo importanti le vie di ordine culturale, politico,
economico. In primo luogo però la pace
va costruita nei cuori. Qui infatti si sviluppano sentimenti che possono alimentarla o, al contrario, minacciarla, indebolirla, soffocarla. Il cuore dell'uomo, peraltro, è il luogo degli interventi di Dio.
Pertanto, accanto alla dimensione "orizzontale" dei rapporti con gli altri uomini,
di fondamentale importanza si rivela, in
questa materia, la dimensione "verticale"
del rapporto di ciascuno con Dio, nel quale
tutto ha il suo fondamento. È proprio
questo che il Papa Giovanni Paolo II, con
l'iniziativa del 1986, intese ricordare con
forza al mondo. Egli chiese una preghiera
autentica, che coinvolgesse l'intera esistenza. Volle per questo che fosse accompagnata dal digiuno ed espressa nel pellegrinaggio, simbolo del cammino verso
l'incontro con Dio. E spiegò: "La preghiera
comporta da parte nostra la conversione
del cuore" (Insegnamenti di Giovanni
Paolo II, 1986, vol. II, p.1253). Tra gli
aspetti qualificanti dell'Incontro del 1986,
è da sottolineare che questo valore della
preghiera nella costruzione della pace fu
Attualità
testimoniato da esponenti di diverse tradizioni religiose, e ciò avvenne non a
distanza, ma nel contesto di un incontro.
In questo modo gli oranti delle varie
religioni poterono mostrare, con il linguaggio della testimonianza, come la preghiera non divida ma unisca, e costituisca
un elemento determinante per un'efficace
pedagogia della pace, imperniata
sull'amicizia, sull'accoglienza reciproca,
sul dialogo tra uomini di diverse culture
e religioni. Di questa pedagogia abbiamo
più che mai bisogno, specialmente guardando alle nuove generazioni. Tanti giovani, nelle zone del mondo segnate da
conflitti, sono educati a sentimenti di odio
e di vendetta, entro contesti ideologici in
cui si coltivano i semi di antichi rancori
e si preparano gli animi a future violenze.
Occorre abbattere tali steccati e favorire
l'incontro. Sono lieto pertanto che le
iniziative programmate quest'anno in
Assisi vadano in questa direzione e che,
in particolare, il Pontificio Consiglio per
il Dialogo Interreligioso abbia pensato di
farne una specifica applicazione per i giovani.
Per non equivocare sul senso di quanto,
nel 1986, Giovanni Paolo II volle realizzare, e che, con una sua stessa espressione,
si suole qualificare come "spirito di Assisi",
è importante non dimenticare l'attenzione
che allora fu posta perché l'incontro interreligioso di preghiera non si prestasse
ad interpretazioni sincretistiche, fondate
su una concezione relativistica. Proprio
per questo, fin dalle prime battute, Giovanni Paolo II dichiarò: "Il fatto che noi
siamo venuti qui non implica alcuna intenzione di ricercare un consenso religioso
tra noi o di negoziare le nostre convinzioni
di fede. Né significa che le religioni possono riconciliarsi sul piano di un comune
impegno in un progetto terreno che le
sorpasserebbe tutte. E neppure è una
concessione al relativismo nelle credenze
religiose..." (Insegnamenti, cit., p.1252).
Desidero ribadire questo principio, che
costituisce il presupposto di quel dialogo
tra le religioni che quarant'anni or sono
il Concilio Vaticano II auspicò nella Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa
con le religioni non cristiane (cfr Nostra
aetate, 2). Colgo volentieri l'occasione per
salutare gli esponenti delle altre religioni
che prendono parte all'una o all'altra delle
commemorazioni assisane. Come noi
cristiani, anch'essi sanno che nella
preghiera è possibile fare una
speciale esperienza di Dio e
trarne efficaci stimoli nella
dedizione alla causa della
pace. È doveroso tuttavia, anche in
questo, evitare
inopportune
confusioni.
Perciò,
anche
quan-
do ci si ritrova insieme a pregare per la
pace, occorre che la preghiera si svolga
secondo quei cammini distinti che sono
propri delle varie religioni. Fu questa la
scelta del 1986, e tale scelta non può non
restare valida anche oggi. La convergenza
dei diversi non deve dare l'impressione di
un cedimento a quel relativismo che nega
il senso stesso della verità e la possibilità
di attingerla.
Per la sua iniziativa audace e profetica,
Giovanni Paolo II volle scegliere il suggestivo scenario di codesta Città di Assisi,
universalmente nota per la figura di San
Francesco. In effetti, il Poverello incarnò
in modo esemplare la beatitudine proclamata da Gesù nel Vangelo: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati
figli di Dio" (Mt 5, 9). La testimonianza
che egli rese nel suo tempo ne fa un naturale punto di riferimento per quanti
anche oggi coltivano l'ideale della pace,
del rispetto della natura, del dialogo tra
le persone, tra le religioni e le culture.
È tuttavia importante ricordare, se
non si vuole tradire il suo messaggio, che
fu la scelta radicale di Cristo a fornirgli
la chiave di comprensione della fraternità
a cui tutti gli uomini sono chiamati, e a
cui anche le creature inanimate - da "fratello sole" a "sorella luna" - in qualche
modo partecipano. Mi piace pertanto ricordare che, in coincidenza con questo
ventesimo anniversario dell'iniziativa di
preghiera per la pace di Giovanni Paolo
II, ricorre anche l'ottavo centenario della
conversione di San Francesco. Le due
commemorazioni si illuminano reciprocamente.
Nelle parole a lui rivolte dal Crocifisso
di San Damiano - "Va', Francesco, ripara
la mia casa…" -, nella sua scelta di radicale
povertà, nel bacio al lebbroso in cui
s'espresse la sua nuova capacità di vedere
ed amare Cristo nei fratelli sofferenti,
prendeva inizio quell'avventura umana e
cristiana che continua ad affascinare tanti
uomini del nostro tempo e rende codesta
Città meta di innumerevoli pellegrini.
Affido a Lei, venerato Fratello, Pastore
di codesta Chiesa di Assisi-Nocera UmbraGualdo Tadino, il compito di portare queste mie riflessioni a conoscenza dei partecipanti alle varie celebrazioni previste per
commemorare il ventesimo anniversario
di quello storico evento che fu l'Incontro
Interreligioso del 27 ottobre 1986. Voglia
recare a tutti anche il mio saluto affettuoso, partecipando loro la mia Benedizione,
che accompagno con l'augurio e la preghiera del Poverello di Assisi: "Il Signore
vi dia pace!".
Da Castel Gandolfo, 2 settembre 2006
BENEDICTUS P.P. XVI
11
Avvenimenti
550 anni della sua morte
San Giovanni
da Capestrano
Capestrano 28 ottobre 2006
di Fr. José Rodríguez Carballo, ofm
Ministro generale
Cinque cento cinquanta anni fa, nella
città di Ilok in Croazia, moriva Giovanni
da Capestrano. E noi oggi, proprio nella
sua cittá natale, vogliamo fare memoria
di questa grande figura, ricordandolo come uomo di Chiesa, come riformatore
dell'Ordine serafico, come apostolo e missionario del Vangelo, e come uomo di
cultura.
Perché uomo di Chiesa, il Capestrano
godette della fiducia dei papi e dei pastori
d'allora. Martino V lo nominò inquisitore
dei Fraticelli, ribelli ed anarchici contro
l'ordine morale e sociale, specie nell'Italia
centrale. Il patriarca di Venezia, Lorenzo
Giustiniani, lo nominò inquisitore della
sua diocesi. Sempre come uomo di Chiesa,
Giovanni da Capestrano, nel Concilio ecumenico di Firenze si schierò a favore del
primato del Vescovo di Roma, negato dal
conciliabolo di Basilea, lavorò instancabilmente in favore dell'unione dei Greci con
la Chiesa latina e persuase il duca Filippo
Maria Visconti a non riconoscere l'antipapa
Felice V (Amedeo di Savoia). Sempre in
questo aspetto di uomo di Chiesa dobbiamo giudicare la sua predicazione della
crociata contro i turchi e anche la vicenda
della battaglia di Belgrado, dal 14 al 22
luglio 1456, che si concluse con la vittoria
dei crociati.
Come riformatore dell'Ordine francescano, il Capestrano, insieme a san Bernardino da Siena e a san Giacomo della
Marca, lavorò coraggiosamente in favore
del movimento dell'Osservanza, meritando
la nomina di Vicario generale degli Osservanti cismontani. Dalla Verna, da dove
diede avvio all'incarico, scrisse la prima
circolare, vera norma di vita per i suoi
Frati. Il suo lavoro in favore
dell'Osservanza non si svolse soltanto in
Europa, ma anche in Terra Santa, dove
12
elesse un nuovo Custode e un nuovo Sindaco apostolico. In questo contesto si deve
ricordare anche la sua difesa svolta con
grande sucesso a Roma in favore del suo
grande amico San Bernardino da Siena,
accusato di idolatria perché faceva adorare
il Nome di Gesù (JHS) impresso sulle
famose tavolette.
In quanto apostolo e missionario del
Vangelo, Giovanni da Capestrano percorse
non solo tutta la peninsola italiana:
L'Aquila, Lanciano, Bologna, Venezia,
Verona, Trento, Firenze, Sicilia, Milano,
Padova, Ferrara, ma anche la Carinzia,
l'Austria, l'Ungheria, la Transilvania, la
Polonia, la Turingia, la Moravia, la Boemia,
furono pulpiti dai quali il Capestrano
predicò il Vangelo e la dottrina della Chiesa. A noi sono pervenute le prediche tenute
a Vienna, Ratisbona, Amberga, Norimberga, Bamberga, Breslavia, Erford, Hall,
Lipsia, Bratislavia e Bohemia. La sua eloquenza sembró superare quella dei grandi
predicatori dell'epoca: Bernardino da Siena, Alberto da Sarteano, Giacomo della
Marca, Roberto Caracciolo da Lecce. La
folla degli uditori era tanta che spesso,
non bastando le chiese ad accoglierla, lo
costringeva a parlare nelle piazze e nei
campi, ma anche allora gli auditori volendolo ascoltare e vedere, salivano sui tetti
e sugli alberi. Un aspetto importante della
sua predicazione è stato la promozione
della pace e la riconciliazione tra i popoli
e le genti. Grazie alle sue prediche si sono
pacificate Lanciano con Ortona, in guerra
tra loro a causa del conteso porto di S.
Vito a Mare; Sulmona, con i suoi fuorusciti
e esiliati politici; e Trento dove pacificò il
principe-vescovo con la città. Grazie alla
sua mediazione presso Alfonso d'Aragona
a Napoli è stata risparmiata l'Aquila da
una seconda distruzione.
Finalmente Giovanni da Capestrano è
stato un uomo di cultura. La sua grande
produzione letteraria lo dimostra: nove
trattati di dogmatica, quattordici di morale, sei di diritto canonico, dieci di carattere francescano, compresa la vita di San
Bernardino, molte lettere ed innumerevoli
sermoni.
Visto in questa prospettiva non esito
a dire che Giovanni da Capestrano è molto
attuale, particolarmente per noi Frati
Minori, chiamati a vivere il Vangelo nella
Chiesa e con la Chiesa, in una fraternità
in missione e in dialogo con il mondo,
rafforzandoci nella convinzione della necessità di una “rifondazione” autentica
dell'Ordine, e del bisogno di una formazione intellettuale sistematica e profonda
che, partendo del nostro patrimonio culturale, dia risposte adeguate alle grandi
sfide della cultura di oggi, come ci ha
chiesto l'ultimo Capitolo Generale Straordinario.
Avvenimenti
Conclusa la Peregrinatio
del Crocifisso di San
1. Significato
Sono trascorsi ottocento anni dal giorno
in cui è avvenuto il colloquio tra il Crocifisso di San Damiano ed il giovane Francesco d'Assisi. E' questo un Crocifisso molto
importante nella storia della Chiesa, caro
ai tantissimi giovani che vi sostano in
preghiera, perché ad esso sono legati i
seguenti fattori:
la memoria di una preghiera: “Altissimo
glorioso Dio, illumina le tenebre del
cuore mio” (FF 276);
la scoperta di una chiamata al servizio
nella Chiesa: “Francesco va', ripara la
mia casa che, come vedi, è tutta in
rovina” (FF 593);
la disponibilità ad una risposta libera e
gioiosa: “Lo farò volentieri, Signore”
(FF 1411).
La Peregrinatio del Crocifisso di San
Damiano è stata proposta dal Coordinamento nazionale degli Animatori per la
cura pastorale delle Vocazioni dei frati
minori d'Italia ed è stata pensata come un
momento di evangelizzazione della realtà
giovanile.
Il nostro CPGV, il quale ha affidato la realizzazione della Croce all'iconografa Angela
Davari Stelluto, di Atene, ha programmato
l'iniziativa sviluppando alcune fasi:
contattare i Centri diocesani di Pastorale
Giovanile e Vocazionali delle 15 Diocesi
in cui la Famiglia francescana è presente
per dare all'evento un'impronta ecclesiale;
coinvolgere i Conventuali ed i Cappuccini con i rispettivi Ofs e Gifra laddove
la loro presenza è alquanto significativa
per testimoniare la condivisione francescana;
raggiungere le Università, le Scuole
Superiori e le Carceri per arrivare ai
“lontani”;
stilare con le Foranie di ogni Diocesi il
programma dettagliato, tenendo conto
di quattro momenti celebrativi:
1. arrivo del Crocifisso e liturgia
dell'accoglienza;
2. liturgia della Parola e catechesi;
3. celebrazioni particolari: veglia di
preghiera, penitenziali, Via Lucis,
ecc.;
4. eucaristia;
sensibilizzare i destinatari con depliant,
locandine, manifesti, utilizzando anche
Damiano
i mass-media, particolarmente i periodici della nostra Provincia, delle Diocesi
interessate ed i quotidiani come
l'Osservatore Romano e l'Avvenire.
L'equipe si è posta una serie di obiettivi:
proporre ai giovani incontri a carattere
liturgico-catechetico ed aiutarli a far
emergere le domande profonde che si
portano dentro e che spesso affiorano
sotto forma di inquietudine esistenziale;
portare i giovani alla preghiera, alla
domanda di senso, alla risposta, al Volto
del Crocifisso-Risorto;
far arrivare loro il messaggio evangelico
di Francesco per cogliere la necessità
e l'attualità della Risurrezione di Cristo;
s u s c i t a r e
l'interrogativo:
“Signore cosa
vuoi che io faccia?” (FF 1401)
e l'accoglienza positiva di un
inserimento ecclesiale e sociale:
“Va', ripara la mia casa”.
2. Attuazione
La Peregrinatio è iniziata ufficialmente il 24 settembre 2005 presso la
Parrocchia S. Antonio in Foggia durante
la celebrazione della Professione Solenne
di quattro nostri fratelli ed è terminata
il 30 ottobre 2006 nella Cattedrale di
13
Avvenimenti
Campobasso alla presenza dell'Arcivescovo,
dei numerosi sacerdoti, dei religiosi e delle
religiose e dei due Ministri provinciali della
famiglia francescana: fra Pietro Carfagna e
fra Aldo Broccato.
Il calendario è stato particolarmente denso, investendo notevoli energie. L'icona del
Crocifisso, infatti, ha raggiunto tutte e 15
le Diocesi della nostra Provincia religiosa,
88 Città, 27 Conventi dei Frati minori, 10
Conventi dei Cappuccini, 5 Conventi dei
Conventuali, 6 Monasteri, 98 Parrocchie
diocesane, 7 Seminari diocesani, di cui uno
regionale, 5 Centri universitari (tra cui la
cappella dell'Università Cattolica di Campobasso), molti studenti delle Scuole Elementari
e Medie, ed ancora più numerosi quelli delle
Scuole Superiori, 11 Case di reclusione,
nonché 3 Comunità di recupero dalla tossicodipendenza.
Ambito delle iniziative svolte:
Liturgico: accoglienza, catechesi, veglie
di preghiere, Via Crucis, Via Lucis, Eucaristie, fiaccolate, celebrazioni ecumeniche,
liturgie penitenziali e momenti di preghiera personale con dialoghi o confessioni. In ogni circostanza sono stati distribuiti materiale divulgativo, devozionale e sussidi celebrativi preparati dalle
Diocesi. Gli interventi avevano come
orizzonte, tra l'altro, il 4° Convegno
Ecclesiale della Chiesa italiana celebrato
a Verona dal 16 al 20 ottobre scorso.
Pastorale: mini missione giovani a San
Marco in Lamis animata anche dalle Clarisse francescane di Gesù sorgente; testimonianze di giovani ex alcolisti, organizzato dai Conventuali di Gravina (Ba), ex
tossicidipendenti con l'autorevole presenza di don Pierino Gelmini, fondatore delle
Comunità Incontro, il quale, agli studenti
dell'Istituto “Pascal” e dell'Ateneo di Foggia, ha offerto un contributo volto a ridare
fiducia e speranza ai numerosi giovani
presenti; il Crocifisso di San Damiano ha
caratterizzato la XXVI Marcia Francescana a piedi verso Assisi, la quale si è mossa
da Monte S. Angelo, raggiungendo altre
località del Gargano: Foresta Umbra, Vico,
Ischitella, Cagnano e San Nicandro.
14
Culturale: intervento di padre Giovanni
Lauriola presso l'Ateneo di Bari, con
l'esposizione della relazione intitolata: Dal
Crocifisso di San Damiano una proposta
metodologica in via Scoti; apporto di fr.
Carlo Roberto e fr. Gianni Gelato in alcune
Scuole, Parrocchie e Conventi con una
proposta della lettura del Crocifisso attraverso il Power Point; presso il Palazzo
Dogana di Foggia, 19/27 giugno 2006,
mostra personale di icone bizantine di
Angela Davari Stelluto, autrice del Crocifisso; a Petrella Tifernina (Cb) una mostra
vocazionale: A confronto con Francesco
d'Assisi; nell'aula circolare dell'Edificio
Polifunzionale I dell'Università del Molise
conferenza dal tema “Lo Spirito di Assisi
nella Croce di S. Damiano” con interventi
del prof. Marconi Gilberto dell'Università
degli Studi del Molise e del prof. Roccucci
Adriano dell'Università di Roma 3, in occasione del 20° anniversario dell'Incontro
interreligioso di preghiera per la pace.
Rappresentativo a carattere religioso:
Chiesa Madre di Putignano danza artistica-francescana, Parrocchia San Michele
di Bari-Palese Illumina il core mio, veglia
di preghiera; Teatro del Fuoco di Foggia,
concerto dei cantautori della Christian
Music con Roberto Bignoli e fr. Leonardo
Civitavecchia ofm; Cine Teatro Palladino
di San Giovanni Rotondo, commedia
musicale scritta da don Ricciotti Saurino
ed Angelo Gualano nel saio di Francesco;
Chiesa Madre di San Nicandro Garganico,
frammenti del musical La dolce pazzia
di Giuseppe Di Tullio e Michele Solimando; Parrocchia S. Bernardino di San Severo Ascoltate…è lui che vi parla, in
collaborazione con la Gifra dei Cappuccini
di San Severo; Chiesa della Pietà di Lucera
musical animato da fr. Francesco Cicorella; Parrocchia S. Maria degli Angeli di
Termoli, Forza venite gente, interpretato
dalla Gifra dei Cappuccini di Cerignola;
nella Città di Campobasso sono stati organizzati, anche con la Pastorale Giovanile
dell'Arcidiocesi, due spettacoli: Francesco
di terra e di vento, del Teatro Minimo di
Bergamo e presso il Teatro Savoia Forza
venite gente, proposto dai giovani della
Parrocchia di S. Antonio Abate di Campobasso.
3. Valutazione
Iniziativa faticosa, ma entusiasmante!
Positivi sono stati l'accoglienza ed il
coinvolgimento da parte delle nostre
Fraternità, dell'Ofs, della Gifra e di alcune
suore d'ispirazione francescana (Sorelle
francescane di Montefalcone, Stimmatine,
Alcantarine, Clarisse missionarie e Sorelle
francescane di Cristo sorgente), delle
quali preziosa è risultata la fattiva collaborazione, quest'ultima assicurata anche
dai nostri Aspiranti e dai giovani Chierici.
Soddisfacente è stata la risposta dei Centri
diocesani di Pastorale Giovanile e Vocazionale, dei vescovi (tra questi hanno
partecipato il vescovo emerito di Teramo,
mons. Antonio Nuzzi e p. Rosario Ramolo
ofmcapp., vescovo nel Ciad), dei presbiteri
e delle loro Parrocchie. Alcune comunità
hanno collocato nella propria chiesa un
crocifisso di san Damiano con targhetta
che ricorda il passaggio della Peregrinatio.
Esse sono: la Chiesa Madre di Trinitapoli
(Fg), di Ripalimosani (Cb) ed il Convento
di S. Matteo in S. Marco in Lamis e di S.
Pasquale in Foggia (Curia Provinciale dei
frati minori), che, tra l'altro, custodisce
la copia-originale della Peregrinatio, a
disposizione di chi volesse realizzare
un'esperienza simile nella propria Parrocchia o Comunità.
Buona la collaborazione con i Conventuali
ed i Cappuccini e con i rispettivi Ofs e
Gifra.
Degni di nota sono stati gli incontri con
gli studenti delle Scuole Superiori, delle
Università, con gli ammalati di alcune
strutture ospedaliere, con gli anziani della
Casa di riposo di Boiano, con i detenuti
delle Case di reclusione, con i giovani
delle Comunità di recupero dalla tossicodipendenza di Stignano, Rotello e Toro,
nonché delle zone terremotate del Molise.
Grati al Signore nostro Dio, che ci ha portato,
come un uomo porta il proprio figlio, per
tutto il cammino che abbiamo fatto (cfr. Dt
1, 31b).
fra Giancarlo Li Quadri Cassini
Responsabile della Peregrinatio
Avvenimenti
“Noi frati minori
vogliamo vivere
la grazia delle origini
non solo come
memoria del passato,
ma come
profezia dell’avvenire”
15
Avvenimenti
Omelia di chiusura al Capitolo Generale Straordinario
Fr. José Rodríguez Carballo, ofm, Ministro generale (Porziuncola)
Carissimi Fratelli, il Signore vi dia
pace!
Con la grazia del Signore siamo giunti
alla fine di questo Capitolo generale straordinario 2006. Sono stati giorni di intenso lavoro, ma, soprattutto, giorni in
cui il Signore ci ha benedetto con la
presenza del suo Spirito e con la gioia di
avvicinarci un po' di più alla grazia delle
origini. Lo stesso Spirito ha reso possibile
che celebrassimo, come famiglia, il dono
della nostra comune vocazione: la vocazione ad essere ogni giorno di più e meglio Frati Minori.
Così il Capitolo che oggi chiudiamo è
stato una nuova chiamata a prendere coscienza di ciò che siamo e di ciò che abbiamo promesso di “osservare fedelmente”
quando abbiamo abbracciato, con la nostra
professione, la forma di vita che l'Altissimo
rivelò a Francesco e che egli visse e ci
trasmise. Allo stesso tempo, avendo illuminato la nostra realtà, il Capitolo è stato
una chiamata a convertirci, a «nascere di
nuovo» (Gv 3,3) a livello personale e istituzionale, a tornare all'essenziale della
nostra forma di vita e in questo modo
«nutrire -dal di dentro-, mediante l'offerta
liberatrice del Vangelo, il nostro mondo…
16
come fecero nel loro tempo Francesco e
Chiara d'Assisi» (Sdp 2).
In questo contesto il Signore ci viene
nuovamente incontro con la sua Parola
che, ancora una volta, ci si presenta come
lampada per i nostri passi e per il nostro
cammino (cf Sal 118,105) e che in questa
occasione richiama la nostra attenzione
sulla necessità di essere uno, come il
Padre e il Figlio sono uno (cf Gv 17,22).
Il grande desiderio e, insieme, la grande preoccupazione di Gesù, prima di
«passare da questo mondo al Padre» (Gv
13,1) sembra essere proprio quella
dell'unità-comunione, non solo dei primi
discepoli, ma di quanti crederanno in Lui
per la loro parola (cf Gv 17,20): «Che
siano una cosa sola… che siano perfetti
nell'unità» (Gv 17,21.22.23) ripete insistentemente Gesù nella sua preghiera
sacerdotale al Padre. E l'importanza di
questa unità-comunione viene dal fatto
che da essa dipende, almeno in gran parte,
la fede di molti nella missione del Figlio
(cf Gv 17,21.23). Così, quella che all'inizio
poteva sembrare solo una vocazione ad
intra della comunità dei credenti, si trasforma nella sua grande missione. Una
vocazione-missione mai portata a termi-
ne, poiché il livello e la meta, che ci si
presenta, sono semplicemente irraggiungibili: «siano come noi una cosa sola»,
«siano perfetti nell'unità». Già uniti, ma
sempre desiderando e lavorando per essere ogni volta più uniti.
Come può essere?
Mantenere questa tensione tra il già
e non ancora della comunità-comunione,
che già viviamo ma alla quale anche
aspiriamo, sarà possibile solo se avremo
chiaro che questa nasce da un'iniziativa
di Dio, la cui essenza, come ben mette
in evidenza il Vangelo proclamato, è di
donarsi, comunicarsi, amare. Il vero
fondamento di una moltitudine di credenti, che abbia un cuore e un'anima
sola (cf At 4,32), il vero fondamento della
nostra fraternità francescana, non sta
nella nostra indigenza, che ci fa sentire
bisognosi degli altri per realizzare meglio
un determinato compito, ma nell'amore
di Dio: «li hai amati come ami me …
perché l'amore con il quale mi hai amato
sia in essi» (Gv 17,23.26). Le radici ultime
della nostra comunione, dell'unità degli
uni con gli altri, affondano nel mistero
di Dio che, essendo Trinità, è vera comunità-fraternità di amore. Questo lo rico-
Avvenimenti
noscono chiaramente le nostre Costituzioni, quando mettono a fondamento
della nostra vita fraterna la «carità di Dio
diffusa nei loro cuori per mezzo dello
Spirito Santo» (CCGG 39). Solo questa
coscienza ci manterrà lungo il cammino
nella tenace ricerca dell'unità-comunione.
E solo così la nostra unità-comunione, la
nostra vita fraterna, sarà un'immagine benché sempre pallida - della fraternità
trinitaria dove tutti sono uno, tutto è di
tutti, ognuno si capisce attraverso gli altri
e tutti sono per e presso gli altri.
Posto che l'unità-comunione tra noi
è insieme vocazione e missione, per mantenere questa tensione tra il cammino
iniziato e la meta, per arrivare nel campo
della unità-comunione, è necessaria la
chiara coscienza di avere una missione
comune: la missione di testimoniare, con
la parola e la vita, l'amore del Padre per
l'umanità, manifestato nella persona del
Figlio, in modo da far «conoscere a tutti
che non c'è nessuno onnipotente eccetto
lui» (LOrd 9). L'unità comunione che
desideriamo e vogliamo vivere nel seno
delle nostre Fraternità deve portarci, allora, ad essere molto più che un gruppo di
amici che hanno in comune più o meno
la stessa sensibilità, le stesse scelte e reazioni e possono facilmente incontrarsi
per condividere quello che hanno in comune.
Dobbiamo ripeterlo ancora una volta:
non siamo un semplice gruppo di amici
e nemmeno un gruppo a cui è stato affidato un compito, siamo una Fraternità di
Frati convocati dal Signore, per una mis-
sione compresa in fraternità e in accordo
con la nostra forma di vita. Una Fraternità
di Frati che «forniti di carattere, cultura,
costumi, talenti, attitudini e qualità diversi» (CCGG 40), desiderando ardentemente
di essere uno, come il Padre e il Figlio
sono uno, si impegnano a «promuovere
maggiormente l'unione fraterna» (CCGG
42,1) e, in questo modo, arrivare ad essere
icone visibili della fraternità trinitaria.
L'unità chiesta da Gesù per i suoi discepoli, che noi cerchiamo di vivere nelle
nostre Fraternità, deve integrare la nostra
esistenza con quella degli altri che non
abbiamo scelto noi, ma che il Signore ci
ha donato, così come confessa riconoscente Francesco alla fine della sua vita: «il
Signore mi diede dei fratelli» (Test 14).
Gli altri, così come sono, sono un dono
per me e persino un dono necessario nel
progetto vocazionale che il Signore mi ha
assegnato, fino ad arrivare a capire che
ormai non possiamo realizzarci secondo
il progetto di Dio se non con gli altri.
Cari Fratelli, la parola di Dio che abbiamo ascoltato ci presenta una grande
sfida: lavorare instancabilmente per arrivare ad una unità-comunione che sia segno-riconoscimento dell'unità del Figlio
con il Padre. La parola di Dio che abbiamo
ascoltato ci chiama ad essere costruttori
di un'autentica vita fraterna in cui ci sia
una vita ogni giorno più umana, un ambiente ogni giorno più gradevole e accogliente, una famiglia in cui ogni giorno
si viva più evangelicamente.
Questo esige di superare una carente
comunicazione interpersonale e crescere
nella sincerità, intimità e trasparenza.
Esige di passare da una vita in comune,
segnata molte volte dall'uniformità, ad
una comunione di vita, segnata da una
forte unità, da un ragionevole e legittimo
pluralismo. Esige di relativizzare la Fraternità locale per aprirsi alla Fraternità
universale e interculturale, evitando di
bloccarsi, di trasformarsi in una cellula
chiusa e morta. Sono convinto che
l'Ordine abbia bisogno di crescere in questa unità, in una Fraternità con orizzonti
più evangelici, più aperti, più universali.
Solo così l'Ordine in quanto tale offrirà
una testimonianza profetica credibile, solo
così i Frati saranno profezia vivente (cf
Num 11,25-29), in questo mondo che ha
più bisogno che mai di una vera unitàcomunione (cf Gc 5,1-6).
E mentre continuiamo a rendere grazie
al Signore per il dono dei Fratelli, facciamo
nostra la preghiera sacerdotale di Gesù:
Signore, fa' che siamo uno, come tu e
il Padre siete uno. Che relativizziamo le
nostre differenze e ci sentiamo membri
di una Fraternità universale in cui tutti
siamo, di nome e di fatto, Frati e Minori;
una Fraternità universale in cui tutti impariamo a dare e sentiamo la necessità di
ricevere; una Fraternità senza pregiudizi
degli uni nei confronti degli altri, in cui
ciascuno sia stimolo di speranza, pace e
gioia per gli altri e tutti, uniti dal vincolo
dell'amore, raggiungiamo la piena maturità umana, cristiana e religiosa. Signore,
fa' che siamo uno, che siamo perfetti
nell'unità.
Scrive fra Carballo: “All’inizio del terzo millennio noi Francescani desideriamo riaffermare
la nostra ferma volontà di restare fedeli al nostro
carisma, vivendo il Vangelo nella Chiesa, secondo
la forma osservata e proposta da San Francesco,
ricreandola però oggi alla luce delle sfide contemporanee.
A tale scopo - prosegue ancora il Ministro
generale - intendiamo con fervore rivolgere gli
occhi al futuro, verso cui sentiamo che lo Spirito
ci sospinge per continuare a fare con noi
grandi cose.
In questo modo vogliamo vivere
la grazia delle origini non solo come
memoria del passato, ma come profezia dell’avvenire”
17
Avvenimenti
Radio Vaticana intervista Fr. Josè Rodriguez Carballo, Ministro Generale
Concluso ad Assisi il Capitolo Straordinario Generale
D. - Padre Carballo mi può dire il perchè
di questo Capitolo e che cosa è emerso
dai lavori di questi giorni?
R. - Certamente, le motivazioni sono
diverse, ma la principale è perché l'Ordine
sta facendo un cammino per la celebrazione dell'ottavo centenario della fondazione, che avverrà nel 2009. La prima
tappa era centrata sul discernimento, e
proprio in questo contesto, e guidati dalla
domanda che San Francesco si è fatto
davanti al Cristo di San Damiano:
“Signore, che vuoi che io faccia?”,
l'Ordine ha sentito il bisogno di incontrarsi in un Capitolo generale straordinario, un capitolo che ha tentato di trovare
una risposta a questa domanda: “Signore,
che vuoi che io faccia?”. E devo dire che
forse il frutto più bello di questo Capitolo
è stato il discorso che abbiamo fatto sulla
fede, la chiamata a vivere veramente con
18
radicalità il Vangelo, la chiamata anche
a vivere con audacia la nostra missione.
Infatti, i tre temi fondamentali che abbiamo affrontato in questo capitolo sono
stati quello della vocazione, della fraternità e della missione.
D. - Ma c'è qualcosa che può essere rinnovato nell'Ordine, a suo parere?
R. - Certamente, penso che si debba
rinnovare questa freschezza nel vivere il
Vangelo. In questo momento, dobbiamo
tornare all'essenziale. Forse, una chiamata forte del Capitolo è stata questa, di
dimenticare le cose urgenti per tornare
all'essenziale. E l'essenziale è sempre
vivere il Vangelo e per questo vogliamo
costituire fraternità significative con una
vita molto semplice, in mezzo al popolo,
con la predicazione itinerante del Vangelo
perché il Vangelo è sempre giovane e
attuale.
Assisi (Agenzia Fides) - Dal 14 Settembre
al 1 Ottobre si è svolto a S. Maria degli
Angeli (Assisi) il Capitolo generale straordinario dell'Ordine dei Frati Minori, a
tre anni dalla celebrazione dell'VIII centenario della fondazione dell'Ordine.
All'incontro hanno partecipato 156 Capitolari in rappresentanza di 123 Province
e Custodie, operanti in 107 nazioni dei
cinque continenti. Ai lavori del Capitolo
hanno partecipato anche gli ultimi tre
Ministri generali: Fr. John Vaughn, Fr.
Hermann Schaluck, Fr. Giacomo Bini.
L'Ordine dei Frati Minori attualmente
conta 2467 conventi sparsi nel mondo.
Al 31 dicembre 2005 l'Ordine contava
15.596 Frati Minori, di cui 10.437 sacerdoti, 2.504 fratelli laici, 2.014 Frati studenti e 459 novizi. Attualmente provengono dall'Ordine dei Frati Minori 6 Cardinali e 106 Vescovi.
OFS
VIII CENTENARIO DELLA NASCITA DI S. ELISABETTA D'UNGHERIA
Elisabetta
Donna Evangelica
Patrona dell'Ordine Francescano Secolare
Lettera del Ministro Provinciale fr. Pietro Carfagna alla Famiglia Francescana di Puglia e Molise
Carissimi, il Signore vi dia pace!
Il secondo anno del cammino di preparazione all'VIII Centenario della fondazione dell'Ordine, dopo la ricerca e il
discernimento ai piedi del Crocifisso di
San Damiano, ci chiede ora di far nostra
la risposta che Francesco stesso indica
con decisione: è l'ora del Vangelo. E' un
anno che ci provoca a dare una rinnovata
attenzione alla Parola, e in particolare alla
Parola evangelica. Mentre capita anche a
noi di fare l'abitudine al Vangelo e di non
riuscire più a cogliere la sua novità e le
sue forti e radicali esigenze di cambiamento e di conversione, di Francesco d'Assisi
Tommaso da Celano racconta che « non
era un ascoltatore distratto del Vangelo
», ma passava subito dall'ascolto alla vita.
Per questo abbiamo voluto avviare
quest'anno con un'espressione che vuole
scuoterci e aiutarci a prendere sempre
più sul serio la “buona novella” del Signore: “Con Francesco il Vangelo è sempre
Vangelo”.
Riscoprire la centralità della Parola
di Dio; fissare la nostra attenzione alla
scelta evangelica fatta in radicalità dal
giovane Francesco alla Porziuncola:
« questo voglio, questo bramo, questo
desidero fare con tutte le mie forze »;
avere la capacità di entrare in quel dinamismo che la Regola Ofs esprime con una
formula particolarmente efficace: “passare
dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo”
(Reg Ofs 4). E' questa la sfida che sta
davanti a noi: ridisegnare il mondo e la
storia alla luce del Vangelo, memori della
via tracciata dal nostro Serafico Padre: «
Nostra Regola e vita è osservare il Santo
Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo ».
In questo contesto di memoria e di
rinnovato impegno, la “grazia delle
origini” ci presenta l'opportunità di confrontarci con un modello di vita evangelica
che ha brillato in maniera singolare fin
dai primi passi del movimento suscitato
da Francesco: Elisabetta d'Ungheria, Patrona dell'Ordine Francescano Secolare,
di cui celebriamo l'VIII Centenario della
nascita. Elisabetta è presentata in genere
come donna della carità: è universalmente
diffusa la sua immagine con il grembiule
pieno di pani per i poveri. In realtà, ad
una lettura più attenta della sua vita,
emerge innanzitutto come una donna di
grande spiritualità. La sua vita fu segnata
da un profondo rapporto con Dio nella
preghiera intensa e nella contemplazione.
Nella Bolla di canonizzazione Gregorio IX
scrisse: «Elisabetta si
rese conforme agli
antichi santi
comportamenti,
mentre camminava con semplicità e con letizia
nei precetti e
nella giustizia
del Signore.
Concepì la grazia
di Dio segretamente nell'affetto
del cuore, la diede
alla luce mediante
le opere e la
alimentò costantemente mediante il
progresso che ottengono coloro che sperano in lui… Siamo
infatti investiti da un
turbine di stupore per i
meriti della suddetta
santa, la quale, mentre
viveva chiusa nel carcere del corpo, visse
povera di spirito,
mite nella mente,
deplorante i peccati
propri e quelli altrui, sitibonda di
giustizia, dedita
alla misericordia, monda di
cuore, veramente pacifica, logorata dalla
persecuzione e
sfidata
dalle incomprensioni».
Pur sottoposta alla durezza della croce,
Elisabetta è riconosciuta e proclamata
dalla Chiesa: «Donna fortunata! Matrona
mirabile! Dolce Elisabetta chiamata
“sazietà di
19
OFS
Dio”, che ha meritato il pane degli angeli
mediante il nutrimento dei poveri».
Siamo tutti ricolmi di meraviglia nel
contemplare questa donna - così giovane
e in una condizione non certamente favorevole, come può essere una corte principesca - che fu capace di aderire con totale
radicalità alla via tracciata da Francesco
di piena adesione al Vangelo, in un percorso coerente e costante di autentica penitenza per il progresso del Regno di Dio.
Elisabetta, alla luce della Bolla di canonizzazione, emerge come “donna evangelica”
su tre versanti:
la fede e la tensione verso il mistero; la vita cristiana come grazia, dono
di Dio, che viene elargita ai poveri di spirito
(la semplicità e la letizia di Elisabetta);
un impegnativo cammino di conversione (“penitenza”) che la portò al distacco da sé stessa per una oblatività senza
riserve, capace di suscitare autentiche
relazioni fraterne e generosa accoglienza
verso gli ultimi;
il rapporto con le realtà terrene
con l'ansia di porre in essere opere di
giustizia e di misericordia, tracciando un
avvincente percorso per tanti uomini e
donne chiamati a vivere lo spirito di Francesco nella quotidianità.
In Elisabetta il riempirsi dell'amore
divino si tradusse in uno straordinario
dinamismo verso le più diverse povertà
del suo tempo: dagli affamati ai malati;
dai poveri ai lebrosi. Per tutti Elisabetta
20
fu madre che insieme ai beni materiali
dava il suo cuore e l'amore divino. In
occasione del 750° della morte Papa Giovanni Paolo II, nella Lettera al Vescovo di
Fulda in Germania, ebbe a scrivere: «Questa donna di raro esempio… parla anche
agli uomini dei nostri tempi; nel trascorrere velocissimo delle vicende, fra tanto
strepito e vanità, Ella ricorda i valori primari ed eterni» e la proclamò:
“consolatrice dei poveri”, “serva degli
ammalati”, “ristoratrice degli affamati”,
“preziosa margherita di carità”.
Elisabetta ci provoca a ricentrare il
nostro essere e il nostro operare in quella
“grazia delle origini” che sola può dare
risposta alle nostre attese di viandanti in
cerca di senso e renderci testimoni di
speranza in un tempo in cui tutto sembra
aver perso di valore. Il Centenario rappresenta per la Famiglia Francescana nelle
sue varie componenti una ulteriore provocazione a penetrare il mistero della
riuscita e dell'efficacia del carisma di Francesco, attraverso la figura di Elisabetta
che riuscì a portare quello spirito nel suo
mondo con una singolare attenzione
all'area della marginalità.
Sulla spinta del Centenario siamo chiamati a favorire:
momenti di riflessione e approfondimento della Figura di Elisabetta, a
partire dal Convegno Internazionale che
si celebreà a Roma il 23 febbraio 2007,
accostandoci in una maniera più diretta
alle fonti che ce ne evidenziano in maniera
compiuta la figura e la spiritualità;
momenti celebrativi appropriati,
soprattutto in relazione alla festività liturgica (17 novembre) ed una eventuale peregrinatio di una sua immagine tra i nostri
Conventi, Monasteri e Fraternità Ofs e
GiFra, quale occasione per celebrare la
vocazione e verificare la nostra fedeltà alla
Regola professata;
momenti e iniziative di solidarietà
e di condivisione con l'accortezza a garantirne la continuità nel tempo.
Accostiamoci a questa singolare figura
di donna « vestiti di tunica grigia, a piedi
scalzi e con grande devozione » (come
fece Federico II in occasione della traslazione delle sue spoglie mortali
dall'Ospedale di Marburgo alla nuova chiesa edificata in suo onore), per lasciarci
trascinare più decisamente anche noi da
quella “grazia delle origini” che Elisabetta
fece sua in maniera così intensa da raggiungere anch'essa, subito dopo Francesco
ed Antonio di Padova, le vette sublimi della
santità.
Mentre Vi affido alla materna protezione di Santa Elisabettà, nell'attesa di dare
concretezza a tutto questo in un percorso
all'insegna della reciprocità che scaturisce
dalla comune vocazione, Vi auguro di
essere sempre pronti e solleciti ai richiami
dello Spirito.
Pace e Bene in X.sto e nel S.P.S. Francesco.
OFS
in ricordo di una donna umile e silenziosa
Emilia Urbano
Terziaria francescana della Fraternità di Gesù e Maria in Foggia
di Annita Antonetti
La carissima Emilia Urbano ci ha lasciato: il 30 marzo, infatti, alla bella età
di 94 anni, ha spiccato il volo verso il
cielo. Parlare di lei mi è cosa gradita ma
non facile, per i molteplici ricordi che mi
si affollano nella mente e nel cuore.
Conobbi Emilia negli anni della mia
infanzia, nel ruolo di catechista e di educatrice. Poi, con il passar degli anni, cessato questo ruolo, continuò ad essermi
vicina nelle attività ecclesiali. Soprattutto,
fino alla fine dei suoi giorni, fu per me
una grande amica.
Entrambe facevamo parte della stessa
Parrocchia: quella di Gesù e Maria in
Foggia; entrambe eravamo impegnate
nell'Azione Cattolica e nel Terz'Ordine
Francescano. A rendere più vivace e più
affettuosa la nostra amicizia contribuì non poco - l'amicizia che mi legava alle
due sue nipoti, Pia e Iole, della mia stessa
fascia di età.
Pensando a lei, la rivedo circondata di
decine e decine di bambini, ai quali impartiva lezioni di catechismo; la rivedo
anche mentre, tutta sollecita, li preparava alla Prima Comunione, curando ogni
cosa, perché tutto potesse andare bene e
nulla potesse turbare la bellezza di quel
giorno. La rivedo anche, dolcemente china
sul telaio, mentre ricamava con amore
tovaglie per l'altare e ogni altro arredo
sacro per la liturgia.
La rivedo sorridente verso i suoi nipoti
e nipotini desiderosa del loro bene e vicina
nelle vicende liete e non liete della loro
vita.
Sempre affettuosa verso la sorella e i
due fratelli per i quali nutriva grande
stima. E la rivedo piena di attenzioni e di
cure nella totale dedizione alla mamma
(Gemma, donna meravigliosa), che quasi
centenaria ha lasciato questo mondo. Mai
sul suo labbro una parola di lamento o di
sconforto, mai un atteggiamento di stanchezza o di mera rassegnazione: nel suo
sguardo espressione di serenità e di amore.
Pensando a lei, ricordo con sentimenti
di tristezza quel terribile bombardamento
del 22 luglio 1943, quando in fuga da
Foggia in fiamme ci ritrovammo, per caso,
su Via Napoli. Trascorremmo la notte con
centinaia di sfollati presso una casa colonica, in attesa del nuovo giorno e della
strada da riprendere. Lei era sola con la
sua diletta mamma e io con una buona
squadra di familiari: genitori, sorelle,
nipoti e un nipotino di soli 10 giorni.
Pensando a lei, ricordo anche - con
tanta gioia - il giorno in cui, a distanza di
un anno, la ritrovai in una città distrutta,
con conseguenti situazioni di miseria,
instancabilmente impegnata nella carità
e fortemente partecipe all'attività sociale
e politica, che il momento storico richiedeva. Di certo Emilia non era seconda a
nessuno per il suo zelo e per il desiderio
di vedere nel nostro Paese instaurata la
democazia e la Democrazia Cristiana. Erano anni pieni di promesse e di speranze.
Più volte la vita di Emilia fu segnata
dalla sofferenza. La sua testimonianza di
serena accettazione, di riserbo e di discrezione, era veramente eccezionale. Il suo
soffrire era come il suo operare: silenzioso.
Il suo donare e il suo donarsi agli altri era
per lei un atteggiamento costante e se lo
portò dietro fino all'ultimo istante della
sua vita. Negli ultimi dieci anni, da quando
usciva sempre più raramente, io spesso
mi recavo a farle visita. Mi bastavano
quelle poche ore per comprendere che la
sua vita continuava a essere un dono.
Infatti, sia attraverso il telefono, sia attraverso la corrispondenza epistolare e sia
attraverso le visite di persone amiche, e
l’ospitalità che offriva, ella continuava a
esprimere la sua carità verso quanti si
trovavano in una situazione di bisogno,
costruendo continue reti di solidarietà e
di amore. Il tutto silenziosamente e nella
fedeltà alle promesse del battesimo e
all’impegno della consacrazione nel mondo che Emilia fin dalla giovane età fece al
Signore.
21
OFS
“Lo zelo
per la tua casa
mi divora”
Francesca Falco - detta Cecchina - ex Ministra della Fraternità Ofs di Valenzano
Emilia era una donna silenziosa e umile. Non ricopriva incarichi elevati e coloro
che le stavano accanto ammiravano le sue
virtù ed erano conquistati dalla sua bontà.
Le sue doti profondamente umane e cristiane, vivificate dalla spiritualità francescana, e il suo parlare di pace e di amore,
la rendevano una persona degna di stima
e di fiducia. Non era una persona di parte,
ma una donna di pace e, non di rado, la
sentivamo ripetere: "La pace soprattutto".
Spesso si diceva tra noi che Emilia se fosse
stata un sacerdote, sarebbe stata un'ottima
guida spirituale.
La grandezza di Emilia scaturiva dalla
sua umiltà e dalla sua preghiera. Ebbi
conferma di tutto questo negli ultimi anni
della sua vita e soprattutto negli ultimi
mesi: inchiodata al suo letto di dolore,
immobile e sofferente, a stento riusciva a
muovere gli occhi e a pronunciare a fior
di labbra qualche parola. Un giorno io le
dissi: "Emilia, mi dispiace che tu soffra
tanto. Chissà a chi va tanta sofferenza…"
e lei, in modo repentino, mi interruppe:
"Va a me, proprio a me. Prega per me,
affinché io non venga meno".
Nell'ultima visita che le feci mi disse
con suoni appena percettibili: "Sono contenta che tu sia venuta. Ti aspettavo. Prega
per me.". Queste sue parole sono il dono
più bello che Emilia mi abbia lasciato,
come se avesse voluto suggellare il compimento di un'amicizia, che è durata una
vita e che, sono certa, continuerà in
un'altra dimensione per l'Eternità.
Questi modesti pensieri, Emilia,
sono i fiori che affettuosamente compongo
dinanzi alla tua immagine e che resteranno sempre vivi nel mio cuore".
22
di Franco Mangano
E' deceduta il 3 dicembre scorso, dopo
una breve malattia, lasciando in tutti una
traccia indelebile di una vita luminosa di
fede, di devozione, di animazione e di
servizio.
E' nata il 14 febbraio 1924 a Valenzano
e ha vissuto per tutto il tempo della sua
vita in una piccola strada vicina alla Chiesa
dei Frati Francescani, strada che prende
il nome dalla sua famiglia e con lo stesso
nome lei è sempre stata conosciuta: Cecchina Tasselli. Sin dalla fanciullezza è
stata legata ai valori cristiani e quando
nel dopoguerra è rinato a Valenzano il
fermento francescano lei è stata tra le
prime ad aderire alla vocazione dei terziari.
In una sera di 60 anni fa, esattamente l'8
dicembre 1946 erano oltre 40 le valenzanesi, giovani e meno giovani che vestirono
le insegne del Terz'Ordine, entrando nel
noviziato sotto la guida di padre Odorico
Tempesta. Dopo un anno e mezzo di formazione Cecchina professò la regola
dell'OFS il 4 aprile del 1948.
Sposa di Giuseppe Bruno e madre di
Rocco ed Angela, è sempre stata disposta
al sacrificio ed al servizio per la sua famiglia, che, fino ad oggi, non è mai stata
ristretta al marito ed ai figli ma ha sempre
compreso anche la diletta sorella più grande, Antonietta, essendo le altre sorelle in
terre straniere. Un gruppo familiare molto
unito che l'ha portata a fare pratica di
fraternità anche negli anni in cui aveva
meno disponibilità per la vita ecclesiale a
causa degli impegni familiari.
Tuttavia mai è mancata nei momenti
salienti e non ha mai fatto venir meno il
suo sostegno alla vita di questa comunità.
Erano gli anni in cui la ministra Stella
Addante partecipava quasi a tempo pieno
alla vita del Convento ed educava le terziarie al servizio in ogni ambito possibile
allora al Terz'ordine: servizio alla Chiesa,
visite agli ammalati, aiuto agli indigenti,
amorevoli cure verso i frati e le loro esigenze. Cecchina era sempre in prima linea
tra le terziarie di Stella Addante, insieme
alle mai dimenticate Vitina e Filomena.
OFS
Tanto impegno portò Cecchina ad entrare
nel Consiglio di Fraternità più volte e ad
essere la Viceministra fino alla festa di
Santa Elisabetta 1989, data dell'inizio
della malattia di Stella che la porterà a
spegnersi 10 anni orsono. Ebbene da quel
momento Cecchina ha iniziato a ricoprire
ed esercitare per 9 anni l'ufficio di Ministra
e poi di Vice-Ministra (in pratica è stata
impegnata fino allo scorso anno) ed è
merito suo se la fraternità Ofs è totalmente
cambiata sia come componenti che come
stile di vita ed attività.
In questi 16 anni ha voluto che la
fraternità cambiasse gli orari di incontro,
passando dal pomeriggio alla sera, per
favorire l'ingresso delle persone più giovani e delle coppie. Ha voluto l'incontro
settimanale per rendere l'appartenenza
all'OFS non un fatto episodico, ma un
ritmo di vita costante. Ha caldeggiato fin
dai primi anni '90 l'incontro di preghiera
settimanale e la Fraternità OFS di Valenzano è stata una delle prime a capirne
l'importanza ed a riceverne i frutti. Non
ha mai ostacolato le proposte delle componenti più giovani, qualsiasi esse fossero
e spesso le sue osservazioni sulle proposte
erano più avanti delle proposte stesse. Ha
favorito il rinnovamento delle attività di
vita fraterna per cui in questa fraternità
si sono attuate subito tutte le direttive
regionali riguardanti gli ambiti di Giustizia
e Pace, della Famiglia, della GIFRA e
dell'Araldinato.
Era animata da uno spirito francescano
genuino, che l'ha sempre portata ad occupare gli ultimi posti, senza mai voler
apparire. Sotto la sua gestione diretta la
Fraternità locale si è rinnovata fino a
contare circa 50 nuove professioni in
quindici anni. E della sua presenza si sono
giovati anche la GIFRA e l'Araldinato di
Valenzano che grazie alle sue aperture e
al suo sostegno sono sempre cresciuti in vocazioni e risultati. Ha
sempre incoraggiato i giovani che
hanno visto in lei una vera mamma
e un punto sicuro di riferimento.
Ma la nota distintiva di Cecchina è stata la sua dedizione ai
frati e, soprattutto, alla Chiesa di
Sant'Antonio di Valenzano, come
lei ha imparato a chiamarla da
bambina. Lei accudiva e, quasi
coccolava, questa chiesa con tutto
l'amore che una madre dedica ai
suoi figli prendendosi cura di tutto,
sistemando ogni cosa, ripulendo,
sistemando le suppellettili sacre,
realizzando le più belle decorazioni
floreali che a Valenzano fosse dato
ammirare, per la Pasqua e il Natale, per
la festa di Sant'Antonio, di San Francesco
e di santa Elisabetta. Due erano i tempi
che amava di più: il primo era la settimana
santa con la cura dell'altare della reposizione e l'allestimento del “Cristo Morto”
donato dalla famiglia Baronale Martucci
di Valenzano alle cure dell'Ordine Francescano Secolare. Anno dopo anno il Cristo
morto ha spiccato sempre più per decoro
e splendore all'interno della processione
dei misteri; il secondo tempo prediletto
era il tempo pasquale, dedicato ai sacramenti. Collaborava pienamente con
l'equipe catechistica di questa parrocchia
per rendere le celebrazioni dei sacramenti
ricche di quella dignità che devono rendere
indimenticabile la celebrazione per i fanciulli che ricevevano per la prima volta i
vari sacramenti. Veramente nella sua vita
si è reso visibile il detto biblico: “lo zelo
per la tua casa mi divora!”.
Ci resterà il ricordo e la testimonianza
della sua bella figura di donna matura ed
equilibrata: il suo essere pienamente impegnata nel cammino francescano non le
ha mai fatto dimenticare la famiglia, i suoi
nipotini, i figli, il genero, la nuora, i nipoti
più grandi. Cecchina, con la sua vita di
laica francescana, la sua dedizione alla
famiglia, ai bisogni della chiesa e dei poveri, ci aiuta a comprendere che la grazia
delle origini, il carisma che lo Spirito donò
a Francesco, e che S. Elisabetta seppe
incarnare nella sua vita, è una grazia anche
per il nostro tempo e che la vita evangelica
in fraternità e in minorità, nella radicalità
di chi sa perdersi, di chi sa donarsi in
maniera gratuita e generosa per ritrovare
la vita vera, non è un'utopia ma è sempre
possibile. Basta volerlo come lo ha voluto
e come ha vissuto Cecchina.
23
Vita di famiglia
15 - 16 OTTOBRE 2006
CELEBRAZIONI PER IL 51 ° ANNIVERSARIO
DEL PIO TRANSITO DEL SERVO DI DIO
Mons. Ernesto Agostino Castrillo
Quest'anno col “tenete accese le vostre
lampade!” vogliamo invitarvi a vivere il
cinquantunesimo anniversario della Morte
del servo di Dio Agostino Castrillo.
Certamente, questo invito non è solamente per commemorare un evento ma per
trovare la Luce! Tutti cercano una luce per
la loro vita.
Lo stesso vangelo ci racconta che il Regno dei cieli è simile a dieci lampade nella
notte; a dieci piccoli occhi di luce, necessari
all'incontro, sufficienti solo al primo passo.
Ma ad ogni passo la luce ti accompagna
e ti rinnova: rimane un orizzonte di tenebra,
ma in esso il Regno è come una falla di luce,
come una notte assediata dal sole.
Cinque ragazze non prendono con sé
l'olio e vedono le loro lampade spegnersi.
La loro presenza si dissolve nella notte.
La loro vita, la mia vita, o è presenza
luminosa, o non è nulla; o porta luce e
illumina qualcuno, o non esiste. Il mio
rischio è dissolvermi nell'insignificanza di
una notte senza incontri.
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Il Vangelo, però, non condanna la sventatezza di un momento, la dimenticanza
dell'ultima sera, ma tutta una vita vuota,
che non si è accesa, che non si è occupata
di conoscere lo sposo - “non vi conosco”
dirà infatti - né di farsi riconoscere come
segno di luce.
Le cinque ragazze sagge si identificano
con le loro lampade: ciascuna è una persona
- lampada, luminosa, illuminata, con grande
desiderio di incontri. Gesù non dice cosa
sia l'olio per la lampada. Sappiamo però che
ha a che fare con la luce e con il fuoco: in
fondo è saper bruciare per qualcosa o per
Qualcuno: saper vivere accesi.
Questa parabola è dura. Dura per la
risposta delle cinque ragazze alle loro compagne: “andate a comprarvelo!” Durissime
le parole dietro la porta sbarrata: “non vi
conosco!” Proprio Lui che diceva: “Cercate
e troverete... Bussate e vi sarà aperto.” Questa
durezza sottolinea il “caso serio” della fede,
invita a non perdere l'ultima occasione della
vita (ultima nel senso di più importante....)
l'incontro con lo Sposo.
Parabola dura, ma consolante.
L'accensione di una lampada votiva presso la tomba del servo di Dio vuole essere
non solo un gesto devozionale, ma un invito
a vivere il Vangelo ogni giorno, come lo
stesso Mons. Agostino Castrillo l'ha vissuto.
Dobbiamo, quindi, ogni giorno identificarci con le cinque ragazze sagge che sono
state accolte dallo sposo che è Gesù Cristo
perché hanno saputo viverlo pienamente
già in questa vita.
La nostra provincia religiosa dei Frati
Minori di Puglia e Molise con questo gesto
di accensione e offerta dell'olio per la lampada, che sarà ripetuto annualmente, ogni
sedici del mese di Ottobre, giorno della sua
dipartita in cielo, vuole invitare ogni frate
della Provincia e fedeli ad attingere dal servo
di Dio mons. Agostino Castrillo che ha
saputo immolarsi sul letto del dolore, senza
perdere mai la fede e la speranza, con amore,
letizia e gioia francescana.
Il Postulatore provinciale
P. Giuseppe Tomiri
Vita di famiglia
Commemorato il cinquantunesimo anniversario della morte del Servo di Dio
Agostino Castrillo, un esempio
Da Foggia e da Pietravairano numerosi pellegrini a San Marco Argentano
Nel mese di ottobre è stato commemorato il Cinquantunesimo anniversario
della morte del Servo di Dio monsignor
Agostino Castrillo con particolare solennità.
Puntuali come ogni anno sono venuti
i pellegrini da Pietravairano, guidati dal
parroco don Pasqualino Di Feola, a rendere omaggio e venerazione al Servo di
Dio, loro concittadino.
Particolare significato ha avuto la celebrazione di domenica 15 ottobre presieduta dal Padre Provinciale dei Frati Minori
di Puglia con la partecipazione di Padre
Giuseppe Tomiri, Postulatore dell'Ordine
Francescano, di altri Padri e di oltre cento
fedeli della parrocchia di Gesù e Maria di
Foggia, ove monsignor Castrillo ha svolto
il suo ministero di parroco zelante.
Viva è stata anche la presenza di nuumerosi giovani venuti dalla medesima
parrocchia per conoscere da vicino il
Servo di Dio ed animare la liturgia eucaristica.
Il Padre Provinciale ha ampiamente
tratteggiato la figura del santo vescovo
sia da frate, figlio esemplare di S. Francesco, sia da Vescovo che ha amato fino alla
fine le sue dilette gemini diocesi di San
Marco e Bisognano.
La sua completa dedizione è stata attraverso l'azione pastorale breve ma significativa ed incisiva, nell'offerta della
sua vita nella lunga malattia. L'amore di
donarsi totalmente al suo popolo, affidatogli da Dio, è stato manifestato nella
volontà di essere sepolto nella cripta della
Cattedrale di San Marco Argentano.
Per conservarne viva la memoria ed
accrescerne la devozione presso i frati
della Provincia francescana di Puglia e i
fedeli tutti è stata intrapresa una pia iniziativa: l'accensione di una lampada votiva
presso la tomba del Servo di Dio. E' stato
lo stesso Padre Provinciale al termine
della celebrazione eucaristica a portare il
sacro simbolo acceso e a collocarlo davanti
alla tomba, nella cappella rinnovata lo
scorso anno.
Le comunità dei conventi della Puglia,
ad iniziare da quest'anno, a turno compiranno il pellegrinaggio alla tomba del
Servo di Dio monsignor Castrillo per
offrire l'olio per la lampada votiva.
La cappella nella Cripta della cattedrale
dedicata al santo Vescovo è stata rimaneggiata in occasione dell'esu mazione avvenuta ai cinquant'anni dalla morte lo scorso
anno. In particolare sulla parete di fondo
oltre alla lapide, che chiude i resti mortali,
è stata posta una immagine marmorea
affiancata dallo stemma vescovile e da
quello francescano. Sul lato sinistro è
stato sistemato un artistico crocifisso in
legno a ricordare il suo essere crocifisso
con Cristo nella quotidianità e nella malattia.
All'interno della stessa cappella, poi,
proprio quest'anno è stata allestita una
vetrina contenente alcuni oggetti del Servo di Dio: la veste grigia indossata da
vescovo, una stola, una camicia, lo zucchetto, la corona del rosario appesa ad un
frammento del cordiglio e un artistico
leggio ricevuto in dono nel giorno della
consacrazione episcopale.
d. Vincenzo Ferrara
parroco della cattedrale
25
Vita di famiglia
“Fatti
Santo, figlio mio,
fatti Santo”
di Maria Ranucci
L'associazione “ Pro- Servo di Dio Padre
Agostino Castrillo” è arrivata puntuale
all'appuntamento con San Marco Argentano
(CS); appuntamento che si rinnova di anno
in anno e che è stato confermato al Vescovo
di San Marco Mons. Domenico Crusco che
con un gruppo di sacerdoti, seminaristi e
fedeli di ritorno da Assisi, il 5 ottobre u.s. si
sono fermati al Convento della Madonna
della Vigna per celebrare una S. Messa nel
luogo dove fiorì la vocazione di Padre Agostino.
Al momento del commiato, il Vescovo e
don Vincenzo Ferraro hanno annunciato di
aver riservato un sorpresa per l'Associazione.
Grande, infatti, è stata la sorpresa per i
cinquanta pellegrini che, guidati da don
Pasqualino Di Feola, sono arrivati a San
Marco Argentano il 15 ottobre u.s.. Essi
hanno trovato arricchita la parte della cripta
in cui è sepolto Padre Agostino. Sulla destra
era posta una lapide con questa frase:
“Ci sentiamo convinti di essere come
un'ombra che passa ed il valore di ciascuno
di noi è in rapporto al bene che facciamo,
ai sacrifici che affrontiamo, al profuma della
purezza, della carità e dell'umiltà che diffondiamo... Tutto il resto è nulla, è vanità
delle vanità” (13 aprile 1945 Padre Agostino Castrillo).
Parole da meditare e da far proprie.
Sulla sinistra era stato collocato una
vetrinetta contenente un suo abito da vescovo, una stola, una camicia, uno zucchetto,
un rosario, una ciocca di capelli, un pezzetto
di cordiglio ed un leggio: tutti oggetti appar-
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tenuti a Padre Agostino e donati dai fedeli.
La mattinata è proseguita con una solenne concelebrazione presieduta dal Ministro
Provinciale di Puglia e Molise Padre Pietro
Carfagna che ha auspicato una sempre maggiore collaborazione tra Pietravairano, Foggia
e San Marco Argentano per la diffusione
della conoscenza del Servo di Dio.
Il pomeriggio è trascorso visitando Altomonte, una città d'arte che è considerata la
più ingente testimonianza dell'arte goticaangioina in Calabria.
Il 16 ottobre la commemorazione del Pio
transito di Padre Agostino ha avuto luogo a
Vairano Patenora nella chiesa di Sant'Orsola
dove il parroco Don Pasqualino De Robbio
ha predisposto una solenne concelebrazione
che ha visto la presenza di molti parroci della
Diocesi , del Ministro Provinciale Padre Pietro
Carfagna e Padre Paolino Castrillo.
Il Padre Provinciale all'omelia ha tracciato
un dettagliato profilo del Servo di Dio ad un
auditorio folto ed attento. Ha parlato del suo
amore a Cristo, San Francesco e alla Mamma
Celeste, delle sue doti di umiltà, semplicità,
bontà, sensibilità ed apertura a tutti i fratelli.
Padre Paolino Castrillo alla fine della
cerimonia ha voluto ricordare un episodio
della vita di Padre Agostino, quando, lui
presente, di ritorno da Bologna fu predisposto,
presso Capua, l'ultimo incontro con la mamma Concetta. L'emozione dei presenti era
tangibile ma mamma Concetta rimase serena
e alla fine disse al figlio: “Fatti santo, figlio
mio, fatti santo !”
Vita di famiglia
18 febbraio 2006
Pubblicazione del libro di Antonio Robbio
“ Il Servo di Dio Padre Agostino Castrillo da Pietravairano”
di Maria Ranucci
L'Associazione pro-Servo di Dio ha tra i
suoi compiti, la diffusione della conoscenza
di Padre Agostino ed in tale ottica si pone la
pubblicazione del libro di Antonio Robbio.
L'autore, membro fondatore dell'Associazione,
studioso della figura di padre Agostino ed a
lui legato da vincoli di parentela, a conclusione
delle celebrazioni previste per il centenario
della nascita del Servo di Dio, ha raccolto,
scrupolosamente, avvenimenti, testimonianze, foto.
Il primo capitolo raccoglie “cenni biografici e commemorativi ” : dalla nascita a Pietravairano (CE) il 18 febbraio 1904, ne ripercorre l'infanzia, l'adolescenza, la formazione,
le opere quale francescano, confessore, Maestro di spirito, parroco della Chiesa di Gesù
e Maria in Foggia, Ministro Provinciale, Direttore spirituale degli studenti del Pontificio
Ateneo Antoniano in Roma, Vescovo della
Diocesi di San Marco Argentano e Bisignano
(CS), lasciando ovunque una scia luminosa
e profonda della sua santità avvolta dalla
modestia francescana.
Dopo la sua morte, avvenuta il 16 ottobre
1955, si susseguirono le manifestazioni di
affetto e stima e nel 1970 il suo successore
Mons. Luigi Rinaldi decise di istituire il Processo informativo diocesano sulla vita, le virtù
ed i miracoli di Padre Agostino. Ci fu poi nel
1985 l'insediamento del Tribunale diocesano
a San Marco Argentano da parte del Vescovo
pro-tempore Mons. Augusto Lauro ed in
seguito anche a Foggia, essi terminarono i
lavori nel 1999.
Nel 1996 a Pietravairano fu costituita l'
Associazione pro-Servo di Dio “ Agostino
Ernesto Castrillo - Vescovo” allo scopo di
diffondere la conoscenza della sua figura.
Solenni celebrazioni per il Centenario della
nascita nel 2004 si sono tenute a Pietravairano, Foggia e San Marco Argentano.
Nel 50° della morte, nel 2005, oltre alle
tante commemorazioni, c'è stata, nella cripta
della Cattedrale di San Marco Argentano, la
ricognizione dei resti mortali del Servo di
Dio.
Il secondo capitolo “Le tappe del suo
itinerario verso al croce” propone una disamina di Padre Amedeo Gravina tratta da “Un
pastore per i nostri giorni Padre Agostino
Castrillo” che analizza il servizio parrocchiale
nella Chiesa di Gesù e Maria in Foggia, come
testimone di povertà, avvocato dei poveri,
sostegno dei malati, apostolo della predicazione e diffusore del messaggio francescano
della speranza, della fratellanza, del perdono
e della gioia e come anima eucaristica della
parrocchia. Esamina ancora la sua attività di
Ministro e Servo dei frati ed il suo itinerario
di Vescovo crocifisso.
Il capitolo terzo “Pensieri” riporta suoi
pensieri pubblicati in testi di Pasquale Soccio,
Padre Pietro Carfagna, Padre Leonardo Di
Pinto, Padre Amedeo Gravina, Padre Vincenzo
Gallo.
Il capitolo quarto “ Appendice- documenti,
testimonianze e articoli relativi al Servo di
Dio” riporta tra gli altri l'atto di nascita di
Padre Agostino; una lettera quasi autobiografica scritta a Padre Egidio Costantino; la sua
prima lettera pastorale al suo venerabile clero
e al diletto popolo delle gemini Diocesi; tante
testimonianze tra le quali quelle di mons.
Pasquale Marrocco di Pietravairano, quella
di Padre Aurelio Porzio, quella dell'on. Gerardo De Caro, quella di mons. Luigi Fago e
quella del dott. Antonio Filippelli suo medico
curante; la lettera con cui mons. Augusto
Lauro chiedeva il nulla osta per l'istituzione
del processo di Canonizzazione e la relativa
concessione della Sacra Congregazione per
le Cause dei Santi; la costituzione del Tribunale Diocesano in San Marco Argentano; lo
statuto dell'Associazione pro-Servo di Dio; il
Decreto di validità giuridica del processo
diocesano emesso dalla Congregazione delle
Cause dei Santi; l'omelia del Cardinale Salva-
tore De Giorgi nel centenario della nascita;
brani stralciati dall'omelia di Mons. Tommasiello, vescovo di Teano-Calvi del 18 febbraio
2005.
Il capitolo quinto è un itinerario fotografico che presenta Pietravairano, la mamma
Concetta, i familiari, Padre Agostino con i
confratelli e le tappe della sua vita fino alla
fine e le commemorazioni che seguirono.
Il capitolo sesto infine riporta “Schede
cronologiche”: le tappe della vita, opere,
celebrazioni e commemorazioni.
Un bel libro, che si legge agevolmente,
che ci rende più familiare la figura di Padre
Agostino facendoci conoscere la sua vita e le
sue opere, ce lo fa amare ancora di più nella
speranza e nell'attesa del riconoscimento
delle sue virtù.
Il libro è stato presentato in un'apposita
cerimonia il 18 febbraio 2006 dal dott. Marino
Filippo Cavalleri, collaboratore esterno della
causa di canonizzazione, dal Ministro Provinciale di Puglia e Molise Padre Donato Sardella,
dal vescovo emerito di Cerreto SannitaSant'Agata dei Goti Mons. Felice Leonardo,
dall'Amministratore della Diocesi di TeanoCalvi mons. Aurelio De Tora, dal Sindaco di
Pietravairano Dario Rotondo e dal Presidente
esecutivo dell'Associazione don Pasqualino
Di Feola
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Vita di famiglia
Gioia e Gratitudine
al Signore
per il dono dei Fratelli
Nella gratitudine al Signore per
il dono dei fratelli, supplichiamo la
Santissima Trinità affinché si degni di
suscitare nella Chiesa nuove vocazioni.
Lo chiediamo con il Santo Padre Giovanni Paolo II: «Tu, Signore del tempo
e della storia, ci hai posti sulla soglia
28
del terzo millennio cristiano, per essere
testimoni della salvezza, da Te operata
per tutta l'umanità...risuoni solenne
in ogni angolo del mondo l'inno “Veni,
Creator Spiritus”. Vieni, o Spirito Creatore! Vieni a suscitare nuove generazioni di giovani, pronti a lavorare nella
vigna del Signore, per diffondere il
Regno di Dio fino agli estremi confini
della terra. E Tu, Maria, Madre di Cristo, che sotto la croce ci hai accolti
come figli prediletti con l'apostolo Giovanni, continua a vegliare sulla nostra
vocazione».
Vita di famiglia
“Mi hai sedotto,
Signore, e io mi sono
lasciato sedurre…”
6 settembre 2006 - Campobasso - Chiesa San Giovanni
Vestizione religiosa di fra Marcello Francesco Maria Franzin
Quali parole potrebbero essere sufficienti
ed efficaci per spiegare l'amore che Dio prova
per gli uomini? Come concepire l'umiltà di
un Dio, più intimo della nostra coscienza,
che si china sull'uomo e aspetta che egli gli
dica solo un sì per venire ad abitare nel suo
cuore? L'unico modo per cercare di vivere
quell'Amore è lasciarsi cullare dalla sua misericordia e abbandonarsi tra le Sue grandi
braccia , “come un bimbo svezzato in braccio
a sua madre” (Sal. 130).
Con questi sentimenti di lode e ringraziamento verso l'Altissimo bon Signore anch'io
oggi posso dire di aver sperimentato
quell'Amore e aver accolto il suo invito a
vivere, come il Poverello d'Assisi, da pellegrino
e forestiero in questo mondo. E così “mi
sono lasciato sedurre” (Ger 20, 7) e dopo
tante difficoltà, ostacoli insormontabili agli
occhi umani, ma non a Dio, e dopo due anni
di discernimento con i fratelli maggiori fra
Giancarlo, fra Andrea, fra Giuseppe e fra
Carlo, anch'io ho detto al Signore: “Eccomi!”
(Lc 1, 38), come Maria, e Lui mi ha accolto:
con grande gioia, il 6 Settembre 2006, nella
Chiesa di San Giovanni Battista a Campobasso
ho ricevuto i “panni della prova”, a forma di
croce, come Francesco voleva, alla presenza
di un gran numero di frati della nostra Provincia di Puglia e Molise, di amici e parenti
che hanno lodato con me il Signore per le
Sue meraviglie!
La vestizione ha avuto anche un carattere
simbolico di inaugurazione e di nuovo slancio
per il convento San Giovanni di Campobasso,
da quest'anno nuova casa di Postulato della
nostra Provincia. La mia speranza e il mio
augurio è che continuino ad arrivare ancora
altri fratelli pronti a dare la vita sull'esempio
di Francesco e di Chiara, per riparare la casa
del Signore!
Affidando al Signore tutta la fraternità
provinciale, chiedo a Lui la protezione, la
forza e la fedeltà necessarie in quest'anno di
noviziato, tempo di grazia privilegiato per
l'incontro con Lui! Pace e bene a tutti!
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Vita di famiglia
7 settembre 2006 - San Salvo - Chiesa Madre
Ordinazione presbiterale di fr. Antonio Napolitano
“Padre mio,
io mi abbandono a Te,
fa di me quello che ti piace.
Qualunque cosa tu faccia di me,
ti ringrazio...
Ed è per me
un 'esigenza d'amore
il darmi,
il rimettermi nelle tue mani,
senza misura,
con una confidenza infinita.
poiché Tu sei il Padre mio.”
Grazie a coloro che,
non essendo più fisicamente presenti,
continuano dal cielo a sostenermi,
e a guidarmi sulla via della Vita.
E infine voglio ringraziare colei,
la Beata Vergine Maria,
che mi ha chiamato a seguire
le orme del Suo Figlio,
verso la Santissima Trinità.
(Charles de Foucald)
9 settembre 2006 - Capurso - Santuario Madonna del Pozzo
Professione temporanea di:
fr. Luca Maria Compagnone
fr. Francesco Maria D’Aloia
fr. Antonio Leone Maria Narici
fr. Amedeo Francesco Ricco
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"Onnipotente, santissimo, altissimo e
sommo Iddio, ogni bene, tutto il bene, che
solo sei buono"(S.Francesco), ti rendiamo
grazie per il dono che da sempre ci hai
preparato!
Nel Battesimo, quando, ancora incapaci,
i nostri genitori accolsero per noi la fede, ci
avevi "messi da parte" per il tuo Vangelo, che
oggi, sull' esempio di frate Francesco, nostro
padre, scegliamo di vivere per essere più
strettamente uniti a te.
Non basterebbe la vita per cantare a te
Signore, e a tutti questi fratelli il nostro grazie.
Grazie per fr. Pietro Carfagna, ministro
provinciale, cosi sollecito nell'accoglierci e
guidarci alla tua sequela, e per i tanti che ci
hanno guidato sulle tue orme: quei frati
minori con i quali oggi siamo figli di
Francesco, quelle sorelle povere figlie di
Chiara che nel segreto ci hanno portati con
sé dinanzi al tuo volto. ln te diciamo il nostro
grazie a tutti, perché “riempi i loro cuori con
la certezza d'essere stati prescelti per amare,
lodare e servire. Fa gustare loro la tua
amicizia, riempili della tua gioia e dei tuo
conforto"(Giovanni Paolo II, Vita consecrata).
ln te il nostro grazie ai genitori: siate
ricolmi di gioia insieme con noi! Pensate che
se Dio guarda i vostri figli, ha scelto da sempre
anche voi, il vostro amore e quello dei vostri
genitori prima di voi! Se guarda a noi, ha già
scelto voi.
Grazie per tutti i fratelli e le sorelle che
ci hai donato, Signore, per tutti quelli che
hai messo sul nostro cammino: per voi tutti
pregheremo senza sosta, per i vostri nomi e
i vostri volti nei quali il Signore ha disegnato
il suo progetto.
Ti ringraziamo Padre nella tua Chiesa,
con tutto ciò che abbiamo, con la nostra
fragile vita e tu con noi poveri racconta le
tue meraviglie, la tua abbagliante bellezza!
Che le nostre giovani vite, restituite a te,
siano nel nostro mondo profumo del tuo
passaggio, offerta che grida nel silenzio che
infinite sono le domande ma la risposta una
sola: Gesù Cristo, nostro Signore!
E un ultimo grazie a te, Madre nostra,
che in questo luogo santo sei onorata con il
titolo di Madonna deI Pozzo, Regina di
Misericordia. A te ci affidiamo! Tu, vera
cantrice che magnifichi l'amore, "tu, pronta
nell'obbedienza, tu coraggiosa nella povertà,
tu accogliente nella verginità feconda, facci
specchi della bellezza divina, perchè tutti
camminino gioiosamente con noi verso la
patria celeste, la luce che non conosce
tramonto" (Giovanni Paolo II, Vita
consecrata).
Tu sua "figlia e ancella, tu sua sposa, tu
sua madre" dona a tutti noi al termine di
questa corsa che oggi soltanto inizia, di poter
dire col tuo materno aiuto "non solo di averlo
seguito, ma d'esser diventati Lui"
(S.Agostino). Amen.
Vita di famiglia
10 settembre 2006 - Cattedrale di Barletta
Ordinazione Diaconale di
fr. Alessandro Mastromatteo
fr. Giuseppe Dimaggio
fr. Mimmo Scardigno
fr. Francesco Cicorella
“Si alzò da tavola, depose le vesti e, preso
un asciugatoio, se lo cinse. Versò
dell'acqua, cominciò a lavare i piedi...”
Gv 13, 4-5
Al termine di questa solenne celebrazione,
a nome personale e degli altri miei confratelli
elevo un grazie sincero al Signore per averci
resi ministri al servizio della Sua Parola e
degli ultimi.
Un ringraziamento sentito e speciale a
S. E. Mons. Michele Seccia, che benevolmente ha accettato di rendersi strumento nelle
mani di Dio ordinandoci Diaconi della Santa
Chiesa.
A lui rivolgo, inoltre, il mio grazie personale per la cura, l'attenzione e il senso di
paternità che mi ha sempre dimostrato sin
dalla fanciullezza, quando da parroco mi
accoglieva per prestare servizio come ministrante durante le liturgie, o quando, più
volte, mi ha aiutato a far chiarezza nella mia
iniziale storia vocazionale con Dio.
Non possiamo, inoltre, dimenticarci del
nostro Ministro Provinciale e dei confratelli
che, con la loro preziosa presenza e vicinanza
ci permettono di vivere il grande valore della
fraternità, dimensione tanto amata e raccomandata dal nostro serafico Padre San Francesco.
Ringraziamo, inoltre, i nostri parroci e i
sacerdoti qui convenuti... per il loro affetto
e la costante presenza.
Un grazie speciale e doveroso va anche a
don Vito Carpentiere e alla corale “San Giovanni Apostolo” per l'animazione dei canti
e per il grande impegno nella preparazione.
Tra noi c'è anche una presenza di fratelli
detenuti che gioiosamente hanno chiesto
ed ottenuto di vivere la bellezza di questa
festa e a cui non possiamo non rivolgere il
nostro grazie.
Un sentito ringraziamento, inoltre, alle
nostre fraternità con cui abbiamo condiviso
la bellezza dello stare insieme, ed anche alle
nuove fraternità ove siamo stati designati.
Infine, ma non in ultimo, infinitamente
grazie a voi tutti: famiglie ed amici che,
anche da posti molto lontani, avete voluto
cantare con noi le lodi al Signore per la
grandezza della Sua Bontà.
La Beata Vergine Maria vegli sempre sui
nostri passi, ci confermi nella fede e soprattutto continui a sussurrare nel nostro cuore:
“fate quello che vi dirà.” Amen!
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Musica
Roberto Bignoli:
musica e missione per i giovani
di Carlo Climati
Aumentano sempre di più le testimonianze di artisti che propongono messaggi
in favore della vita e diventano modelli
positivi per i giovani. Un caso significativo
è quello di Roberto Bignoli, cantautore
portatore di handicap.
Roberto ha affrontato da bambino
l'esperienza della povertà e della malattia,
per passare successivamente a quella della
droga e del carcere. Figlio di una ragazza
madre, si è ammalato di poliomielite ed
ha vissuto per anni in vari istituti. Poi,
l'amore per Gesù ha cambiato radicalmente la sua vita. Oggi Roberto Bignoli è uno
dei più noti e apprezzati cantautori di
ispirazione cristiana. Nel dicembre 2001
ha ricevuto a Washington il premio “Unity
Awards”, come migliore artista cristiano
internazionale. Si divide tra la musica e
l'impegno per la famiglia. Sposato con
Paola, è papà di due bellissime bimbe:
Mariastella, nove anni, e Mariachiara, di
cinque.
Oltre all'amore, Roberto e Paola condividono un'altra bella esperienza. Hanno
creato un sito Internet per far conoscere
la musica cristiana ai giovani di tutto il
mondo (www.informusic.it) con notizie,
biografie degli artisti, foto, segnalazioni
di concerti, libri specializzati e recensioni
di dischi. In questa intervista Roberto
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Bignoli ci racconta il suo rapporto con la
musica e con Dio.
Roberto, che valore può avere la musica, nella vita di un giovane?
“La musica ha un grande valore nella
vita di un giovane. In base allo stato
d'animo, un ragazzo ascolta la musica che
trova più conforme alla sua esperienza e
alle sue conoscenze. Riconoscersi in essa,
è fonte di ispirazione e di riflessione, ma
è anche compagnia ed espressione dei
propri sentimenti”.
E nella tua vita, che valore ha la musica?
”Cantare è il mio modo d'esprimermi.
Ognuno di noi deve rispondere alla chiamata del Signore offrendo le proprie capacità, affinché possano essere utili agli
altri. Bisogna andare incontro ai ragazzi,
cercando di capire i loro problemi e aiutandoli a trovare il senso della vita”.
La musica può anche diventare preghiera?
“Ogni volta che parliamo di Dio e delle
meraviglie che ha creato, e trasmettiamo
la gioia di tentare di camminare al suo
fianco, Lui è con noi. Pertanto, sicuramente una canzone può diventare una
preghiera. Ma ovviamente non sostituisce
la preghiera personale o la partecipazione
ai Sacramenti. E' un aiuto in più per
avvicinarsi alla parola del Signore, un
mezzo per arrivare al Vangelo”.
Una delle tue canzoni più famose,
“Ballata per Maria”, è dedicata alla
Madonna. Che rapporto hai con la madre
di Gesù?
“Il mio rapporto con Maria è molto
bello e vivo. E' stata Lei che mi ha donato
la grazia della conversione del cuore, che
mi ha dato luce dove vedevo il buio, speranza dove mi sentivo perso e gioia di
essere figlio quando nella mia vita il calore
materno spesso, per molte ragioni, è mancato. In Lei ho trovato la mamma, la guida
e la pace del cuore. Ecco perché spesso
mi rivolgo a Lei con le mie canzoni. E' il
bene più prezioso della mia vita”.
Quale futuro speri per le tue figlie?
“Spero sicuramente che i valori di cui
parlo, e che vivo insieme a mia moglie
Paola, diventino anche i loro valori, nella
semplicità e nella libertà. Desidero che
imparino a camminare nella strada del
Signore e a comprendere tutta la ricchezza
spirituale che in essa si trova. Spero che
riescano a condividere insieme la gioia
dell'essere figli di Dio e possano fare della
loro vita una missione di speranza, pace
e amore secondo la Sua volontà. Poi, premesso tutto questo, che facciano quello
che sentono nel cuore, con onestà e
volontà”.
Cinema
CINEMATOGRAFO.IT
Sottile e insolito ritratto di Maria,
interpretata dalla ragazza delle balene
Keisha Castle-Hughes.
In regia con stile Catherine Hardwicke
di Rosario Tronnolone
Un film che si apre con la strage degli
innocenti e si chiude col Magnificat. Catherine Hardwicke guarda il Natale attraverso gli occhi di Maria, di cui offre un
ritratto sottile e insolito, e alla cui adolescenza rivolge sguardi attenti e inteneriti.
Maria ci viene mostrata nella povera
quotidianità di Nazareth, tra le ragazze
del suo villaggio, intente alla semina.
Keisha Castle-Hughes, la giovanissima
attrice che la interpreta, ha un volto che
sa incupirsi di caparbietà infantile e illuminarsi di fiducia. Non è la più graziosa,
non è la più vivace, niente indica in lei
l'eccezionalità della prescelta. Eppure, per
un disegno misterioso, è lei che Dio ha
benedetto fra le donne. È poco più di una
bambina, si unisce al coro dei piccoli che
imparano la Bibbia, ripete, senza capire
veramente, che Dio non è nel fuoco, né
nel vento, ma in un mormorio indistinto,
appena percepibile. Un giorno suo padre
le comunica che sposerà Giuseppe. È un
uomo buono, onesto, sensibile. Ma Maria
non lo ama. Perché non può decidere della
propria vita? Perché altri devono sceglierle
il marito? E poi accade l'inaudito.
Dio manda il suo angelo in un mormorio leggero, nel fruscio d'un volo d'uccello.
Le annuncia l'impossibile, e sembra abbandonare l'eletta al pubblico ludibrio, ai
sorrisi maliziosi, ai pettegolezzi della gente. Perfino al pericolo della lapidazione.
Nemmeno Giuseppe è disposto ad accettare un simile disonore. Ma Maria non
implora di essere creduta, ha il coraggio
della sincerità.
Alla vivacità della comunità di Nazareth, si contrappone il mondo livido e
immobile dei potenti. Erode, cui Ciaran
Hinds presta un volto che ha la fissità
grave delle maschere funebri, è ossessionato dalla paura di perdere il potere e si
sta costruendo una tomba.
Nella rappresentazione della nascita
di Cristo il film perde di originalità, o
piuttosto non la cerca, preferendo una
raffigurazione tradizionale del presepe,
quasi che il cinema facesse un passo indietro per inchinarsi al Mistero.
Il Magnificat chiude il film, ma pervade
in realtà ogni scena. Assente al momento
della visitazione - a parte un bellissimo
accenno all'“umiltà della sua serva”
(“Perché io? Non sono niente.”) - ritorna
nel finale, durante la fuga in Egitto, quando Maria medita nel suo cuore le parole
sgorgate nel pieno della gioia. “Grandi
cose ha fatto l'Onnipotente”: si è fatto
compagnia agli uomini, pellegrini nel
deserto.
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Libreria
Pubblicazione di Ignazio Loconte
Come neve
che cade
e non si posa
Con fervore, meraviglia e un po'
d'ironia, Francesco si racconta agli uomini
di oggi. Protagonisti non gli eventi, universalmente noti, ma i sentimenti. In
luogo dell'immagine stereotipata del santo, si profilano prima il ritratto di un
giovane inquieto, materialista, quasi superficiale ("animo impuro in un corpo di
peccatore"), poi l'inusitato percorso di
una vita tesa alla ricerca dell'appagamento
di un bisogno viscerale e prepotente: il
contatto con l'amore assoluto e totalizzante. Un Francesco desueto,
dunque, si rivela attraverso queste
suggestive pagine in cui è chiaramente percepibile tutta la freschezza del suo trascinante entusiasmo e che sentiamo ancor più
"fratello" perché vittima di pulsioni
e incertezze comuni a noi tutti.
Scendendo nei dettagli,
l'intenzione dell'autore è duplice:
da un lato il taglio del racconto
è quello del romanzo di formazione: Francesco ricorda secondo
un ordine cronologico che inizia
dalla fine, cioè dal suo “transito”,
per poi invitare il lettore a
viaggiare accanto a lui nella sua
avventura terrena , fatta di lotte interiori
e di conflitti spirituali, che sono quelli in
cui qualsiasi contemporaneo può riconoscersi. Ciò diviene un implicito invito a
ripensare questo percorso ascetico e considerarlo non abbandonato e relegato nelle
pieghe di un tempo passato, ma assolutamente attuale e possibile. Ovvero non
serve andare in India per trovare una pace
esistenziale, ma il tesoro nascosto è qui,
in qualche anfratto del tempo presente e
in qualche luogo del cuore nei pressi della
città degli uomini.
Alla fine, se ci si fa affascinare dalla
storia, pian piano la figura di Francesco
d'Assisi diventa una controfigura della
nostra, tanto che il finale a sorpresa, ben
diverso da quello delle sterminate biografie
sull'argomento, è un esplicito invito a
passare dal libro alla vita.
L'altro intento di Ignazio Loconte è
quello di riprendere la visione medievale
della vita, di recuperare il senso
dell'incanto (in un mondo disincantato )
e del meraviglioso (in una società materialista) e per far ciò ha guardato la storia
con Francesco attraverso lo stilema pittorico degli affreschi giotteschi di Assisi.
Entrando nel libro si entra nel ciclo narrativo, con i suoi colori, le sue emozioni,
l'intreccio prospettico di un mondo che
non è solo ad una dimensione.
Dal punto di vista stilistico la narrazione ha la forma schematica e discorsiva sia
nei tratti formali che nella sintassi della
sceneggiatura filmica di cui imita la composizione e il tratteggio di alcune ambientazione tipiche dello story-bord.
Il volume è in vendita in esclusiva
presso la Libreria “Edicolé” in piazza del
Lago a Foggia.
BIOGRAFIA
Ignazio Loconte è nato a Fasano in provincia di Brindisi, e attualmente vive a
Foggia. E' baccellierato in teologia, laureando in beni culturali. Collabora come
pubblicista per varie testate di informazione religiosa. E prezioso collaboratore
della nostra rivista. Il beato Giacomo, suo
primo romanzo, è stato tradotto in più
lingue. Alla sua opera Come neve che cade
e non si posa è stato assegnato il premio
letterario-editoriale “L'autore” per la narrativa. E' insegnante di religione presso
il Liceo Scientifico Volta di Foggia.
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Premio “L'autore”
Il premio “L'autore” nato a Firenze nel lontano 1970, si caratterizza tra i premi letterari
italiani per impostazione organizzativa in quanto premio essenzialmente editoriale promosso con intenti di vera attenta ricerca dedicata alle opere
inedite di autori italiani e stranieri.
Pianeta giovane
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Tu che capisci come in questo scorrere del tempo
siamo come naufraghi sbattuti tra tempeste e marosi
piuttosto che gente che cammina sulla terra solida
non distogliere lo sguardo da questa stella,
se non vuoi essere travolto dalle tempeste
se insorgeranno i venti delle tentazionise incorrerai
negli scogli delle tribulazioni
guarda la stella invoca Maria
se sarai sbattuto dalle onde della superbia,
e dell'ambizione, della detrazione,
della rivalità aspra
guarda la stella, invoca Maria
se l'iracondia, o l'avarizia,
o il desiderio disordinato
avranno sconquassato la navicella
della tua mente,
guarda la stella, invoca Maria
se turbato dalla grandezza dei tuoi peccati
confuso dalla coscienza del tuo grande errore
atterrito dal terrore del giudizio divino
incomincerai ad essere inghiottito
nel baratro della tristezza
e nell'abisso della disperazione
pensa a Maria
nei pericoli, nelle angustie,
nelle cose dubbie
pensa a Maria, invoca Maria
seguendo Lei, non sbagli strada
pregando Lei, non sarai disperato
pensando Lei, non cadi in errore
se Lei ti tiene, non cadrai
se Lei ti protegge, non avrai paura
se Lei ti guida, non ti stancherai
se Lei ti è propizia, giungerai alla meta
San Bernardo di Chiaravalle