Numero Dicembre 2006 del 01.12.2006
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Numero Dicembre 2006 del 01.12.2006
Anno LIV n. 2 - Dicembre 2006 - C.C.P. 13647714 Spedizione in Abb. Post. Art. 2 comma 20/C legge 662/96 Filiale di Foggia Provincia di San Michele Arcangelo dei Frati Minori di Puglia e Molise dal IV Convegno Ecclesiale di Verona Provincia di San Michele Arcangelo dei Frati Minori di Puglia e Molise s o m m a r i o 3 Editoriale Si riaccende la Speranza di fr. Leonardo Civitavecchia ATTUALITA’ 4 5 6 IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona Sintesi del Convegno Anch’io a Verona Testimonianza di fr. Giancarlo Li Quadri Cassini 7 I Giovani e la Speranza di Carlo Climati Anno LIV n. 2 Dicembre 2006 C.C.P. 13647714 Spedizione in Abb. Post. Art. 2 comma 20/C legge 662/96 Filiale di Foggia Redattore: fra Leonardo Civitavecchia [email protected] Dir. Resp.: Pietrangelo Melillo Con approvazione dei Superiori dell’Ordine Autorizzazione Tribunale di Foggia n. 55 del 19.06.1953 Direzione e Amministrazione: CURIA PROVINCIALE O.F.M. Convento S. Pasquale 71100 FOGGIA Tel. 0881.615654 Fax 0881.613562 9 AVVENIMENTI 12 Stampa: Falcone Grafiche 71043 Manfredonia (Fg) Tel. e Fax 0884.541962 e-mail:[email protected] In copertina: Benedetto XVI San Giovanni da Capestrano: 550 anni della sua morte di fr. Josè Rodriguez Carballo, ofm, Ministro Generale 13 Peregrinatio del Crocifisso di San Damiano Conclusioni di fr. Giancarlo Li Quadri Cassini 15 16 Capitolo Generale straordinario: La Grazia delle Origini Che siano perfetti nell’unità Omelia di fr. Carballo, Ministro Generale 18 Intervista di Radio Vaticana al Ministro Generale 19 VIII Centenario della nascita di S. Elisabetta d’Ungheria OFS [email protected] Progetto grafico e impaginazione: melapiù s.r.l. piazza Cesare Battisti, 35 - Fg. tel./fax 0881.772664 [email protected] Lo Spirito di Assisi Benedetto XVI a Mons. Domenico Sorrentino Vescovo di Assisi Lettera del Ministro Provinciale fr. Pietro Carfagna 21 In ricordo di Emilia Urbano di Annita Antonetti 22 In ricordo di Francesca Falco, detta Cecchina di Franco Mangano VITA DI FAMIGLIA 24 51° Anniversario del Servo di Dio Mons. Agostino Castrillo Tenete accese le vostre lampade di fr. Giuseppe Tomiri, Postulatore Provinciale 25 Agostino Castrillo, un esempio di don Vincenzo Ferrara, parroco di San Marco Argentano 26 Fatti Santo, figlio mio, fatti Santo di Maria Ranucci 27 Pubblicazione del libro di Antonio Robbio di Maria Ranucci 29 30 30 31 Vestizione religiosa “Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre...” Ordinazione Presbiterale Professione Temporanea Ordinazione Diaconale “Cominciò a lavare i piedi” MUSICA 32 Roberto Bignoli: Una voce per la Speranza di Carlo Climati CINEMA 33 The Nativity di Rosario Tronnolone LIBRERIA 34 Come neve che cade e non si posa Vita di Francesco d’Assisi Pubblicazione di Ignazio Loconte PIANETA GIOVANE 35 Con Francesco e Chiara... metti in moto la speranza Proposte giovani Editoriale Si riaccende la Speranza Ogni volta che il verbo si fa carne e viene ad abitare nel cuore dell'uomo, della storia. Ogni volta che la via di Dio e la via dell'uomo s'incontra in un'inCANTO d'amore. Si riaccende la Speranza Perché l'Emmanuele viene a riconciliarci con Lui e tra di noi, bussa alla porta di ogni uomo e dispensa il dono della fraternità, della concordia e della pace. Si riaccende la Speranza Perché il messaggio affidato al cristiano è un canto di speranza: si può rinascere, si può ricominciare daccapo e giungere, passo dopo passo, a vivere un'esistenza degna di Dio. Il male presente nella società non possiede forza sufficiente per condizionare la nostra condotta e impedirci di fare il bene. Si riaccende la Speranza Perché Dio è tutto, noi non siamo che ben poca cosa di fronte a lui. Qualunque sia l'entità dei nostri peccati, nessuno di essi ha tanto peso da impedire al Signore di amarci. Egli ci ama così come siamo, e come siamo stati. E sa ricavare dal male un bene superiore: il nostro ritorno a Lui, in animo contrito e umiliato. Si riaccende la Speranza Perché - come ci ha ricordato Benedetto XVI al IV Convegno Ecclesiale di Verona - in un mondo che cambia, il Vangelo non muta…Nel suo nome recate a tutti l'annuncio della conversione e del perdono dei peccati, ma date voi per primi testimonianza di una vita convertita e perdonata…Ora, consacrati dalla sua "unzione", andate! Portate il lieto annuncio ai poveri, fasciate le piaghe dei cuori spezzati, proclamate la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, promulgate l'anno di misericordia del Signore (cfr Is 61, 12). Ricostruite le antiche rovine, rialzate gli antichi ruderi, restaurate le città desolate (cfr Is 61, 4). Sono tante le situazioni difficili che attendono un intervento risolutore! Portate nel mondo la speranza di Dio, che è Cristo Signore, il quale è risorto dai morti, e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen. "Siate sempre pronti a render testimonianza della speranza che è in voi...” (S. Pietro): Si riaccende la Speranza, se comunichiamo il dono ricevuto a tanti fratelli che stanno boccheggiando per mancanza di Speranza: siamo chiamati ad essere profeti di Speranza! Ricordiamo l'affermazione di Helder Camara, un autentico profeta di speranza nel nostro tempo: egli ci dice che questo mondo ha assolutamente bisogno di testimoni concreti, non si può mancare ad un appuntamento così importante per cui "chi ha una speranza, la tiri fuori!". Cristo Gesù ci ha "mandati" nel mondo e ci chiede di fidarci di Lui, "non abbiate paura...". Ciò di cui c'è bisogno è il nostro "sì", la nostra disponibilità. Siamo chiamati a ripetere il "sì" di Maria, Madre della Speranza, che ha il potere di cambiare il mondo. Il mondo attorno a noi cambierà, sarà illuminato dalla speranza, se saremo semplici strumenti e note di speranza nelle mani del Signore. Solo così Si riaccende la Speranza. fr. Leonardo Civitavecchia 3 Attualità Verona, 16-20 ottobre 2006 Il IV Convengo ecclesiale nazionale “Andate! Portate nel mondo la speranza di Dio, che è Cristo Signore”. Benedetto XVI 4 Attualità Il Convegno si è aperto nel pomeriggio del 16 ottobre nell'Arena di Verona con una celebrazione iniziale presieduta dal vescovo di Verona, Mons. Flavio Carraro. Nella prolusione, l'Arcivescovo di Milano, Card. Dionigi Tettamanzi, partendo dall'intenzione originaria del primo Convegno nazionale di Roma del 1976 “tradurre il Concilio in italiano” - si è augurato, innanzitutto, che il Convegno riuscisse a parlare non solo di speranza, ma anche con speranza, che fu proprio lo stile del Vaticano II: « La speranza come stile virtuoso è parte essenziale e integrante del realismo cristiano… non è soltanto un desiderio o un sogno o una promessa, non riguarda unicamente il domani, ma è una realtà molto concreta e attuale che non abbandona mai la nostra terra ». L'arcivescovo di Milano ha, inoltre ribadito che il primo cammino da compiere fino in fondo « è quello di una maturazione sempre più chiara e forte della coscienza della Chiesa circa la sua missione evangelizzatrice ». E perché essa possa penetrare profondamente nel vissuto degli italiani ha, in secondo luogo, auspicato una specie di “seconda fase del progetto culturale”, capace di affrontare in profondità la questione antropologica, rimettendo al centro la persona umana con il suo bisogno, appunto, di speranza. Quindi ha anche auspicato - come frutto e segno dell'ecclesiologia di comunione donataci dal Concilio - una più forte maturazione della coscienza e della prassi della comunione ecclesiale, in quanto tante comunità faticano a camminare insieme e a coniugare in maniera organica la sinodalità. Si è, infine, augurato che il Convegno riuscisse ad accelerare quella che viene rmai da tempo indicata come l' “ora dei laici”. La relazione iniziale di don Franco Giulio Brambilla, preside della Facoltà dell'Italia Settentrionale, ha fondato la speranza sulla Prima Lettera di Pietro. Il cristiano è “pietra viva” se in rapporto costante e profondo con la pietra viva che è Cristo Gesù ed è chiamato a “rendere ragione della speranza” con “dolcezza” (di fronte a chi chiede), con “rispetto” (timore davanti a Dio), con “retta coscienza” (riguardo a se stessi). Paola Bignardi, ex presidente nazionale dell'AC e coordinatrice nazionale di Reti in Opera, ha rivendicato da parte dei laici l'urgenza che la comunità cristiana non solo riconosca la loro esperienza, ma soprattutto la valorizzi sempre più come dono per tutta la comunità attraverso adeguati cammini formativi e, soprattutto, un giusto livello di corresponsabilità e di dialogo intraecclesiale. Lorenzo Ornaghi, chiamato a definire il ruolo della cultura nell'attuale concerie di intrecci multiculturali tendenti al livellamento relativizzante ogni differenza e specificità, esaminando le priorità della scienza, della politica e dell'educazione, ha individuato il suo compito nella capacità di interpretare e orientare ciò che determina e scandisce l'essenziale dell'attuale stagione storica, affascinata per lo più e quasi unicamente da quello che si muove alla superficie dei fenomeni. Savino Pezzotta, presidente della Fondazione «Ezio Tarantelli», infine ha ribadito - con un intervento tra i più seguiti e applauditi dagli oltre 2550 convegnisti - il ruolo educativo della Chiesa, lasciando ai laici piena responsabilità e autonomia di decidere le forme e i modi dello stare in politica. I risultati dei gruppi di studio sull'affettività, il lavoro e la festa, la tradizione, la fragilità e la cittadinanza insieme alla conclusione del Cardinale Ruini e, soprattutto, al forte intervento del Papa, che ha richiamato la Chiesa italiana ad un più decisivo e ampio coinvolgimento nella sfida della nuova evangelizzazione dell'Europa, attraverso un rinnovato confronto con le esigenze della verità, pur in costante apertura e dialogo con tutti i soggetti che anche in Italia, ormai, entrano ad interloquire in un contesto di società sempre più globalizzata e multiculturale, rappresentano il ricco materiale a disposizione del discernimento dei vescovi chiamati a delineare il nuovo piano pastorale decennale nell'assemblea generale del maggio 2007. f.p.c. 5 Attualità Anch’io a Verona testimonianza di fra Giancarlo Li Quadri Cassini Sono grato alla diocesi di LuceraTroia che mi ha permesso di partecipare come delegato dei religiosi della Chiesa subappenninica al 4° Convegno ecclesiale della Chiesa italiana celebrato a Verona dal 16 al 20 ottobre scorso. L'evento veronese ha coinvolto le diocesi, gli organismi nazionali, i gruppi, i movimenti, le nuove comunità ecclesiali. Il tema del Convegno: Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo, mirava a: • chiamare i cattolici italiani a testimoniare, con uno stile credibile di vita, Cristo Risorto come novità capace di rispondere alle attese e alle speranze più profonde degli uomini d'oggi; • verificare il cammino pastorale svolto in questo decennio; • dare un nuovo impulso alla missionarietà della Chiesa che è in Italia a partire dal Giubileo del 2000; • aiutare le comunità cristiane a riflettere su cinque “luoghi” bisognosi di speranza: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione, cittadinanza. La Prima lettera di Pietro ha caratterizzato la fase di preparazione al Convegno. L'Apostolo scrive ai cristiani della “diaspora” assaliti dalle persecuzioni per sostenerli nelle avversità e nell'appartenenza a Cristo, esortandoli ad essere “sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3, 15). Testo di grande attualità nel quale le prospettive teologiche e spirituali si intrecciano agli interrogativi cultuali ed ecclesiali del nostro tempo. Una numerosa schiera di santi e beati italiani ha coronato di luce l'assise veronese. Tra questi molti santi del nostro territorio: san Sabino, san Nicola, san Potito, san Flaviano, beato Antonio Lucci, san Filippo Smaldone, san Francesco Antonio Fasani, san Pio da Pietrelcina, san Corrado, san Giuseppe da Copertino, san Severo, san Nicola Pellegrino e tanti altri. La loro testimonianza di vita ci ha convinti che la santità è possibile nella misura in cui l'uomo si rende disponibile alla grazia dello Spirito e collabori alla costruzione del Regno divino, avendo come pietra angolare Cristo Gesù, il quale si è fatto prossimo ai bisogni dell'umanità 6 costituita da alcune dimensioni antropologiche che i convegnisti hanno affrontato come l'affettività, il lavoro e la festa, la fragilità, la tradizione, la cittadinanza. L'assemblea veronese ha considerato che di fronte a questi cinque ambiti la Chiesa di Cristo, che è in Italia, dovrà assumere il compito di: • curare le relazioni attraverso il dialogo, l'amicizia, rinnovando i linguaggi dell'annuncio ed i percorsi di fede, per educare l'uomo all'amore e all'affettività secondo lo spirito evangelico; • riaffermare lo stretto legame che c'è fra il lavoro e la festa, per ridare un ritmo umano alla nostra vita e recuperare l'autentica concezione del tempo cristiano, ritrovando nella domenica, giorno di riposo e di santità, il modo di sottrarre il tempo libero al dominio del mercato e del denaro; • guardare all'uomo in tutte le età della vita, attraverso le sue esperienze fondamentali come l'amore, la libertà, il bisogno di comunicare e di appartenenza ad una fraternità universale; e le fragilità viste come una risorsa, ossia come punti di forza di un rinnovato stile di vita che svela il legame forte fra la virtù della speranza e la virtù della carità; • tramandare di generazione in generazione la Persona di Cristo Gesù, mediante itinerari spirituali che abbiano a cuore la tradizione “nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2, 42); • rafforzare l'identità di cittadini consapevoli della propria responsabilità e del proprio impegno nei confronti del bene comune, il quale dovrà necessariamente abbracciare anche gli stranieri che vengono da noi per vivere o sopravvivere, considerandoci tutti come forestieri e pellegrini in questo mondo. Benedetto XVI ha incantato l'assemblea di questo 4° Convegno ecclesiale dicendoci che: “la risurrezione di Cristo è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo creatori. Nello stesso tempo essa non è un semplice ritorno alla nostra vita ter- rena; è invece la più grande mutazione mai accaduta, il salto decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova…” (Discorso del Santo Padre Benedetto XVI al 4° Convegno Ecclesiale Nazionale Italiano). E' in Cristo che tutto si ricapitola! Lui è il centro dell'universo! Egli è il logos che ci permette di “rendere ragione della speranza che è in noi” (1Pt 3, 15). Siamo perciò convinti che con Cristo gli eventi peggiori della storia sono passati, perché il mistero pasquale li ha trasformati in una nuova speranza di risurrezione. Ma quando l'uomo risorge? Non solo alla fine dei tempi, ma anche hic et nunc! Quando si lascia trascinare dall'amore divino che è più forte della morte e si immerge nella luce trasfigurante di Cristo, superando il nichilismo, il relativismo e tutte le ideologie che sono la causa di quella infelicità dell'uomo le cui conseguenze sono certe atrocità commesse da genitori contro i figli; delitti consumati per futili motivi o per denaro; le violenze contro le donne e gli indifesi; infine la paura del futuro e di quella tristezza segreta che appesantisce la vita. Di fronte a questi fatti terrificanti la risposta è “quel grande sì che in Gesù Cristo Dio Padre ha detto all'uomo e alla sua vita, all'amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza” (Discorso del Santo Padre Benedetto XVI al 4° Convegno Ecclesiale Nazionale Italiano). Noi siamo chiamati ora, più di prima, a corrispondere con la stessa disponibilità divina, facendoci trovare dallo Spirito che “fa nuove tutte le cose” ed è sempre pronto a rinnovare la nostra vita mediante la Parola, l'Eucaristia e la Chiesa (cfr. At 2, 42). Saremo così come quelle sentinelle dell'aurora che annunciano l'avvento di un nuovo sole: Gesù Cristo risorto, speranza per il mondo! Attualità Le nuove solitudini Ci si può sentire soli in un'epoca come la nostra, in cui la comunicazione sembra essere facilitata da tecnologie sempre più sofisticate? Nell'era di Internet, basta spingere il tasto di un computer per inviare in pochi secondi un'e-mail da Roma a Tokyo, da Londra a Mosca, da Parigi a New York. Un dito della mano è sufficiente per metterci in contatto con il resto del mondo. Eppure, nonostante questo, ci sono molti giovani soli, che non riescono a stabilire un reale rapporto con gli altri. Agli inizi del terzo millennio, stiamo assistendo alla nascita di tante "nuove solitudini", completamente diverse da quelle che vivevano le precedenti genera- zioni. Sono forme di disagio tipiche del nostro tempo, frutto delle contraddizioni di un'epoca in cui i rapporti umani diventano sempre più difficili da mantenere. La prima grande solitudine è figlia del computer. Questo straordinario strumento di lavoro può servire per fare cose meravigliose, ma può anche contribuire a creare nuove "celle di isolamento". E' come un bisturi. Nelle mani di un grande chirurgo può salvare migliaia di vite umane, ma se finisce nelle mani di un pazzo può fare del male ed uccidere. Tanti giovani trascorrono ore davanti allo schermo di un computer, navigando tra un sito e l'altro o parlando attraverso le "chat", le "mailing list" e i "newsgroup" di Internet. Apparentemente, sembrano comunicare. Ma bisognerebbe chiedersi: qual è la qualità di questo tipo di comunicazione? Spesso le persone che intervengono nei dialoghi virtuali delle "chat" non sono sincere. Ci sono, ad esempio, uomini che fingono di essere donne e viceversa. Alcuni hanno anche cattive intenzioni ed approfittano dell'ingenuità dei ragazzi. 7 Attualità Il risultato è una comunicazione falsa e mascherata, che rischia di favorire l'isolamento e l'incapacità di sostenere un autentico rapporto con gli altri. Un'altra "nuova solitudine" è quella del gioco. Oggi, purtroppo, non ci si diverte più come una volta. Nelle grandi metropoli, diventa sempre più rara la dimensione del cortile e della piazza, dove un tempo si praticavano i giochi all'aperto. Erano un'occasione per dialogare, per confrontarsi, per vivere una parentesi di svago rispettando delle regole ben precise. Quindi, erano anche dei momenti fortemente educativi. Si sta diffondendo, invece, la moda dei video-giochi, che rappresentano un'ulteriore occasione per essere soli. Non ci si confronta più con gli altri, ma semplicemente con i suoni, i rumori, i colori di un avversario virtuale, che appare sullo schermo di un computer. Tempo fa, un catalogo di videogames ha ospitato una pubblicità molto triste, che diceva: "Butta il secchiello, abbiamo un gioco più bello". Era un invito ad abbandonare i tradizionali giochi del mare, con la paletta e il secchiello, per dedicarsi a quelli elettronici. E' la morte della creatività. Seguendo questo slogan, i ragazzi dovrebbero abbandonare i castelli di sabbia per restare incollati di fronte alle lotte sanguinarie dei videogames, dove i personaggi buoni si muovono con la stessa violenza dei cattivi. Anche la televisione può essere fonte di "nuove solitudini". Tanti ragazzi, infatti, hanno il televisore nella loro cameretta e subiscono un vero e proprio bombardamento di messaggi. Dalle trasmissioni che esaltano il mito dell'apparenza, dicendo che la chirurgia estetica è la fonte della vera felicità, ai telegiornali che non fanno più informazione, ma prediligono servizi su fotomodelle e attricette. Senza contare la falsità dei cosiddetti "reality show" e lo squallore di maghi, cartomanti e venditori di amuleti, pronti ad avventarsi come avvoltoi su chi attraversa momenti di difficoltà e sofferenza. Quando si è soli, purtroppo, è facile essere indottrinati e strumentalizzati da programmi diseducativi. Si diventa prede di emittenti televisive senza scrupoli, il cui unico obiettivo è aumentare l'audience e sparare spot pubblicitari a ripetizione. Un'altra solitudine significativa è quella della discoteca. Molti ragazzi trascorrono il fine settimana nei locali da ballo, illudendosi di trovare un contatto con gli altri. Ma poi, la musica è talmente assordante da ostacolare qualunque tipo di dialogo. 8 Di conseguenza, le discoteche si trasformano in un insieme di giovani soli che ballano. Ognuno è rinchiuso nel proprio guscio di mutismo e di incomunicabilità, mentre le luci psichedeliche impediscono di guardarsi realmente negli occhi. Ma la solitudine più preoccupante è quella generata dal dilagante ateismo. Con la scusa del cosiddetto "Stato laico" si tende a creare sempre di più una società senza Dio, dominata dal qualunquismo e dal relativismo morale. In Italia, ultimamente, è scoppiata una polemica per la presenza del crocifisso sui muri delle scuole. In Francia, addirittura, è stata avanzata una proposta di legge per vietare l'uso di simboli religiosi "troppo visibili". Il pericolo, per i giovani, è quello di ritrovarsi soli in un mondo sempre più materialista, privato di quel rapporto di filiazione divina che può rappresentare "una marcia in più" nei momenti di difficoltà. Chi sa di essere figlio di Dio non può mai sentirsi abbandonato di fronte ai propri problemi. Oggi, dunque, sono tante le occasioni di solitudine che rischiano di oscurare l'animo dei ragazzi. Che cosa si può fare per cambiare rotta e combattere questo fenomeno? Prima di tutto, è necessario educare i giovani a sviluppare un maggiore senso critico nei confronti dei mezzi di comunicazione. Bisogna abituare i ragazzi a non subire in modo passivo i messaggi che ricevono dalla televisione. Poi, è necessario recuperare la tradizione dell'autentico stare insieme nei momenti di divertimento. Basta con le discoteche che impediscono la comunicazione! I gestori dei locali dovrebbero creare ambienti più favorevoli al dialogo. Potrebbero limitare il volume della musica e proporre giochi e balli di gruppo, che aiutino maggiormente a socializzare. Infine, si dovrebbe evitare la presenza ossessiva di fronte allo schermo del computer. Per sfuggire a questo mondo ingannevole di rapporti virtuali, nasce spontaneo un imperativo: ritrovare i volti. Bisogna uscire di casa ed imparare ad incontrare gli altri. Gli altri veri. Non quelli falsi, mascherati, che si nascondono dietro la barriera di uno schermo. La vera soluzione al problema della solitudine non sta in una notte trascorsa a "chattare" su Internet o in un sabato sera perduto nel rumore di un'assordante discoteca. Non sta neppure nei ripetitivi combattimenti dei videogiochi o nell'adorazione di qualche "velina" che ci sorride in modo forzato dal televisore. Sta nella porta di casa che si apre e che diventa, finalmente, un ponte verso la vita. Ci sono tantissimi ambienti pronti ad accogliere i giovani con un sorriso vero, umano, non virtuale. Ad esempio, quelli del volontariato. Tanti ragazzi, invece di diventare schiavi delle "nuove solitudini", hanno voluto dare un senso alla loro esistenza, offrendo alcune ore della propria giornata all'aiuto di poveri, anziani, malati, emarginati. C'è anche chi ha rinunciato alla solita vacanza al mare per fare un'esperienza diversa, più costruttiva, al fianco di missionari in Africa o in America Latina. Sarà tornato un po' meno abbronzato, ma tanto "ricco" e cresciuto nell'anima. Insomma, la solitudine non è un male incurabile. La migliore medicina bisogna cercarla nel nostro cuore, aiutandolo ad essere un po' meno egoista e conformista, in un mondo che ci tende la mano ed ha un infinito bisogno d'amore Carlo Climati Articolo pubblicato sulla rivista "Milizia Mariana" (2004) Attualità Benedetto XVI al Venerato Fratello Mons. Domenico Sorrentino Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino In Occasione del Ventesimo anniversario dello Spirito diAssisi Assisi, 4-5 settembre 2006 Ricorre quest'anno il ventesimo anniversario dell'Incontro Interreligioso di Preghiera per la Pace voluto dal mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, il 27 ottobre 1986, in codesta Città di Assisi. A tale incontro, com'è noto, egli invitò non solo i cristiani delle varie confessioni, ma anche esponenti delle diverse religioni. L'iniziativa ebbe larga eco nell'opinione pubblica: costituì un messaggio vibrante a favore della pace e si rivelò un evento destinato a lasciare il segno nella storia del nostro tempo. Si comprende pertanto che il ricordo di quanto allora accadde continui a suscitare iniziative di riflessione e di impegno. Alcune sono state previste proprio ad Assisi, in occasione del ventesimo anniversario di quell'evento. Penso alla celebrazione organizzata, d'intesa con codesta Diocesi, dalla Comunità di S. Egidio, sulla scia di analoghi incontri da essa annualmente realizzati. Nei giorni stessi dell'ann iversario si terrà poi un Convegno a cura dell'Istituto Teologico Assisano, e le Chiese particolari di codesta Regione si ritroveranno nell'Eucaristia concelebrata dai Vescovi dell'Umbria nella Basilica di San Francesco. Infine, il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso curerà costì un incontro di dialogo, di preghiera e di formazione alla pace per giovani cattolici e di altre provenienze religiose. Queste iniziative, ciascuna col suo specifico taglio, pongono in evidenza il valore dell'intuizione avuta da Giovanni Paolo II e ne mostrano l'attualità alla luce degli stessi eventi occorsi in questo ventennio e della situazione in cui versa al presente l'umanità. La vicenda più significativa in questo arco di tempo è stata senza dubbio la caduta, nell'Est europeo, dei regimi di ispirazione comunista. Con essa è venuta meno la "guerra fredda", che aveva generato una sorta di spartizione del mondo in sfere di influenza contrapposte, suscitando l'allestimento di terrificanti arsenali di armi e di eserciti pronti ad una guerra totale. Fu, quello, un momento di generale speranza di pace, che indusse molti a sognare un mondo diverso, in cui le relazioni tra i popoli si sarebbero sviluppate al riparo dall'incubo della guerra, e il processo di "globalizzazione" si sarebbe svolto all'insegna di un pacifico confronto tra popoli e culture nel quadro di un condiviso diritto internazionale, ispirato al rispetto delle esigenze della verità, della giustizia, della solidarietà. Purtroppo questo sogno di pace non si è avverato. Il terzo millennio si è anzi aperto con scenari di terrorismo e di violenza che non accennano a dissolversi. Il fatto poi che i confronti armati si svolgano oggi soprattutto sullo sfondo delle tensioni geo-politiche esistenti in molte regioni può favorire l'impressione che, non solo le diversità culturali, ma le stesse differenze religiose costituiscano motivi di instabilità o di minaccia per le prospettive di pace. Proprio sotto questo profilo, l'iniziativa promossa vent'anni or sono da Giovanni Paolo II assume il carattere di una puntuale profezia. Il suo invito ai leaders delle religioni mondiali per una corale testimonianza di pace servì a chiarire senza possibilità di equivoco che la religione non può che essere foriera di pace. Come ha insegnato il Concilio Vaticano II nella Dichiarazione Nostra aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, "non possiamo invocare Dio come Padre di tutti, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso al- cuni uomini creati ad immagine di Dio" (n.5). Nonostante le differenze che caratterizzano i vari cammini religiosi, il riconoscimento dell'esistenza di Dio, a cui gli uomini possono pervenire anche solo partendo dall'esperienza del creato (cfr Rm 1,20), non può non disporre i credenti a considerare gli altri esseri umani come fratelli. A nessuno è dunque lecito assumere il motivo della differenza religiosa come presupposto o pretesto di un atteggiamento bellicoso verso altri esseri umani. Si potrebbe obiettare che la storia conosce il triste fenomeno delle guerre di religione. Sappiamo però che simili manifestazioni di violenza non possono attribuirsi alla religione in quanto tale, ma ai limiti culturali con cui essa viene 9 Attualità vissuta e si sviluppa nel tempo. Quando però il senso religioso raggiunge una sua maturità, genera nel credente la percezione che la fede in Dio, Creatore dell'universo e Padre di tutti, non può non promuovere tra gli uomini relazioni di universale fraternità. Di fatto, testimonianze dell'intimo legame esistente tra il rapporto con Dio e l'etica dell'amore si registrano in tutte le grandi tradizioni religiose. Noi cristiani ci sentiamo in questo confermati ed ulteriormente illuminati dalla Parola di Dio. Già l'Antico Testamento manifesta l'amore di Dio per tutti i popoli, che Egli, nell'alleanza stretta con Noè, riunisce in un unico grande abbraccio simboleggiato dall' "arco sulle nubi" (Gn 9,13.14.16) e che in definitiva, secondo le parole dei profeti, intentde raccogliere in un'unica universale famiglia (cfr Is 2,2ss; 42,6; 66,18-21; Ger 4,2; Sal 47). Nel Nuovo Testamento poi la rivelazione di questo universale disegno d'amore culmina nel mistero pasquale, in cui il Figlio di Dio incarnato, in uno sconvolgente atto di solidarietà salvifica, si offre in sacrificio sulla croce per l'intera umanità. Dio mostra così che la sua natura è l'Amore. È quanto ho inteso sottolineare nella mia prima Enciclica, che inizia appunto con le parole "Deus caritas est" (1 Gv 4,7). Questa affermazione della Scrittura non solo getta luce sul mistero di Dio, ma illumina anche i rapporti tra gli uomini, chiamati tutti a vivere secondo il comandamento dell'amore. L'incontro promosso ad Assisi dal Servo di Dio Giovanni Paolo II pose opportunamente l'accento sul valore della preghiera nella costruzione della pace. Siamo infatti 10 consapevoli di quanto il cammino verso questo fondamentale bene sia difficile e talvolta umanamente disperato. La pace è un valore in cui confluiscono tante componenti. Per costruirla, sono certo importanti le vie di ordine culturale, politico, economico. In primo luogo però la pace va costruita nei cuori. Qui infatti si sviluppano sentimenti che possono alimentarla o, al contrario, minacciarla, indebolirla, soffocarla. Il cuore dell'uomo, peraltro, è il luogo degli interventi di Dio. Pertanto, accanto alla dimensione "orizzontale" dei rapporti con gli altri uomini, di fondamentale importanza si rivela, in questa materia, la dimensione "verticale" del rapporto di ciascuno con Dio, nel quale tutto ha il suo fondamento. È proprio questo che il Papa Giovanni Paolo II, con l'iniziativa del 1986, intese ricordare con forza al mondo. Egli chiese una preghiera autentica, che coinvolgesse l'intera esistenza. Volle per questo che fosse accompagnata dal digiuno ed espressa nel pellegrinaggio, simbolo del cammino verso l'incontro con Dio. E spiegò: "La preghiera comporta da parte nostra la conversione del cuore" (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1986, vol. II, p.1253). Tra gli aspetti qualificanti dell'Incontro del 1986, è da sottolineare che questo valore della preghiera nella costruzione della pace fu Attualità testimoniato da esponenti di diverse tradizioni religiose, e ciò avvenne non a distanza, ma nel contesto di un incontro. In questo modo gli oranti delle varie religioni poterono mostrare, con il linguaggio della testimonianza, come la preghiera non divida ma unisca, e costituisca un elemento determinante per un'efficace pedagogia della pace, imperniata sull'amicizia, sull'accoglienza reciproca, sul dialogo tra uomini di diverse culture e religioni. Di questa pedagogia abbiamo più che mai bisogno, specialmente guardando alle nuove generazioni. Tanti giovani, nelle zone del mondo segnate da conflitti, sono educati a sentimenti di odio e di vendetta, entro contesti ideologici in cui si coltivano i semi di antichi rancori e si preparano gli animi a future violenze. Occorre abbattere tali steccati e favorire l'incontro. Sono lieto pertanto che le iniziative programmate quest'anno in Assisi vadano in questa direzione e che, in particolare, il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso abbia pensato di farne una specifica applicazione per i giovani. Per non equivocare sul senso di quanto, nel 1986, Giovanni Paolo II volle realizzare, e che, con una sua stessa espressione, si suole qualificare come "spirito di Assisi", è importante non dimenticare l'attenzione che allora fu posta perché l'incontro interreligioso di preghiera non si prestasse ad interpretazioni sincretistiche, fondate su una concezione relativistica. Proprio per questo, fin dalle prime battute, Giovanni Paolo II dichiarò: "Il fatto che noi siamo venuti qui non implica alcuna intenzione di ricercare un consenso religioso tra noi o di negoziare le nostre convinzioni di fede. Né significa che le religioni possono riconciliarsi sul piano di un comune impegno in un progetto terreno che le sorpasserebbe tutte. E neppure è una concessione al relativismo nelle credenze religiose..." (Insegnamenti, cit., p.1252). Desidero ribadire questo principio, che costituisce il presupposto di quel dialogo tra le religioni che quarant'anni or sono il Concilio Vaticano II auspicò nella Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane (cfr Nostra aetate, 2). Colgo volentieri l'occasione per salutare gli esponenti delle altre religioni che prendono parte all'una o all'altra delle commemorazioni assisane. Come noi cristiani, anch'essi sanno che nella preghiera è possibile fare una speciale esperienza di Dio e trarne efficaci stimoli nella dedizione alla causa della pace. È doveroso tuttavia, anche in questo, evitare inopportune confusioni. Perciò, anche quan- do ci si ritrova insieme a pregare per la pace, occorre che la preghiera si svolga secondo quei cammini distinti che sono propri delle varie religioni. Fu questa la scelta del 1986, e tale scelta non può non restare valida anche oggi. La convergenza dei diversi non deve dare l'impressione di un cedimento a quel relativismo che nega il senso stesso della verità e la possibilità di attingerla. Per la sua iniziativa audace e profetica, Giovanni Paolo II volle scegliere il suggestivo scenario di codesta Città di Assisi, universalmente nota per la figura di San Francesco. In effetti, il Poverello incarnò in modo esemplare la beatitudine proclamata da Gesù nel Vangelo: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5, 9). La testimonianza che egli rese nel suo tempo ne fa un naturale punto di riferimento per quanti anche oggi coltivano l'ideale della pace, del rispetto della natura, del dialogo tra le persone, tra le religioni e le culture. È tuttavia importante ricordare, se non si vuole tradire il suo messaggio, che fu la scelta radicale di Cristo a fornirgli la chiave di comprensione della fraternità a cui tutti gli uomini sono chiamati, e a cui anche le creature inanimate - da "fratello sole" a "sorella luna" - in qualche modo partecipano. Mi piace pertanto ricordare che, in coincidenza con questo ventesimo anniversario dell'iniziativa di preghiera per la pace di Giovanni Paolo II, ricorre anche l'ottavo centenario della conversione di San Francesco. Le due commemorazioni si illuminano reciprocamente. Nelle parole a lui rivolte dal Crocifisso di San Damiano - "Va', Francesco, ripara la mia casa…" -, nella sua scelta di radicale povertà, nel bacio al lebbroso in cui s'espresse la sua nuova capacità di vedere ed amare Cristo nei fratelli sofferenti, prendeva inizio quell'avventura umana e cristiana che continua ad affascinare tanti uomini del nostro tempo e rende codesta Città meta di innumerevoli pellegrini. Affido a Lei, venerato Fratello, Pastore di codesta Chiesa di Assisi-Nocera UmbraGualdo Tadino, il compito di portare queste mie riflessioni a conoscenza dei partecipanti alle varie celebrazioni previste per commemorare il ventesimo anniversario di quello storico evento che fu l'Incontro Interreligioso del 27 ottobre 1986. Voglia recare a tutti anche il mio saluto affettuoso, partecipando loro la mia Benedizione, che accompagno con l'augurio e la preghiera del Poverello di Assisi: "Il Signore vi dia pace!". Da Castel Gandolfo, 2 settembre 2006 BENEDICTUS P.P. XVI 11 Avvenimenti 550 anni della sua morte San Giovanni da Capestrano Capestrano 28 ottobre 2006 di Fr. José Rodríguez Carballo, ofm Ministro generale Cinque cento cinquanta anni fa, nella città di Ilok in Croazia, moriva Giovanni da Capestrano. E noi oggi, proprio nella sua cittá natale, vogliamo fare memoria di questa grande figura, ricordandolo come uomo di Chiesa, come riformatore dell'Ordine serafico, come apostolo e missionario del Vangelo, e come uomo di cultura. Perché uomo di Chiesa, il Capestrano godette della fiducia dei papi e dei pastori d'allora. Martino V lo nominò inquisitore dei Fraticelli, ribelli ed anarchici contro l'ordine morale e sociale, specie nell'Italia centrale. Il patriarca di Venezia, Lorenzo Giustiniani, lo nominò inquisitore della sua diocesi. Sempre come uomo di Chiesa, Giovanni da Capestrano, nel Concilio ecumenico di Firenze si schierò a favore del primato del Vescovo di Roma, negato dal conciliabolo di Basilea, lavorò instancabilmente in favore dell'unione dei Greci con la Chiesa latina e persuase il duca Filippo Maria Visconti a non riconoscere l'antipapa Felice V (Amedeo di Savoia). Sempre in questo aspetto di uomo di Chiesa dobbiamo giudicare la sua predicazione della crociata contro i turchi e anche la vicenda della battaglia di Belgrado, dal 14 al 22 luglio 1456, che si concluse con la vittoria dei crociati. Come riformatore dell'Ordine francescano, il Capestrano, insieme a san Bernardino da Siena e a san Giacomo della Marca, lavorò coraggiosamente in favore del movimento dell'Osservanza, meritando la nomina di Vicario generale degli Osservanti cismontani. Dalla Verna, da dove diede avvio all'incarico, scrisse la prima circolare, vera norma di vita per i suoi Frati. Il suo lavoro in favore dell'Osservanza non si svolse soltanto in Europa, ma anche in Terra Santa, dove 12 elesse un nuovo Custode e un nuovo Sindaco apostolico. In questo contesto si deve ricordare anche la sua difesa svolta con grande sucesso a Roma in favore del suo grande amico San Bernardino da Siena, accusato di idolatria perché faceva adorare il Nome di Gesù (JHS) impresso sulle famose tavolette. In quanto apostolo e missionario del Vangelo, Giovanni da Capestrano percorse non solo tutta la peninsola italiana: L'Aquila, Lanciano, Bologna, Venezia, Verona, Trento, Firenze, Sicilia, Milano, Padova, Ferrara, ma anche la Carinzia, l'Austria, l'Ungheria, la Transilvania, la Polonia, la Turingia, la Moravia, la Boemia, furono pulpiti dai quali il Capestrano predicò il Vangelo e la dottrina della Chiesa. A noi sono pervenute le prediche tenute a Vienna, Ratisbona, Amberga, Norimberga, Bamberga, Breslavia, Erford, Hall, Lipsia, Bratislavia e Bohemia. La sua eloquenza sembró superare quella dei grandi predicatori dell'epoca: Bernardino da Siena, Alberto da Sarteano, Giacomo della Marca, Roberto Caracciolo da Lecce. La folla degli uditori era tanta che spesso, non bastando le chiese ad accoglierla, lo costringeva a parlare nelle piazze e nei campi, ma anche allora gli auditori volendolo ascoltare e vedere, salivano sui tetti e sugli alberi. Un aspetto importante della sua predicazione è stato la promozione della pace e la riconciliazione tra i popoli e le genti. Grazie alle sue prediche si sono pacificate Lanciano con Ortona, in guerra tra loro a causa del conteso porto di S. Vito a Mare; Sulmona, con i suoi fuorusciti e esiliati politici; e Trento dove pacificò il principe-vescovo con la città. Grazie alla sua mediazione presso Alfonso d'Aragona a Napoli è stata risparmiata l'Aquila da una seconda distruzione. Finalmente Giovanni da Capestrano è stato un uomo di cultura. La sua grande produzione letteraria lo dimostra: nove trattati di dogmatica, quattordici di morale, sei di diritto canonico, dieci di carattere francescano, compresa la vita di San Bernardino, molte lettere ed innumerevoli sermoni. Visto in questa prospettiva non esito a dire che Giovanni da Capestrano è molto attuale, particolarmente per noi Frati Minori, chiamati a vivere il Vangelo nella Chiesa e con la Chiesa, in una fraternità in missione e in dialogo con il mondo, rafforzandoci nella convinzione della necessità di una “rifondazione” autentica dell'Ordine, e del bisogno di una formazione intellettuale sistematica e profonda che, partendo del nostro patrimonio culturale, dia risposte adeguate alle grandi sfide della cultura di oggi, come ci ha chiesto l'ultimo Capitolo Generale Straordinario. Avvenimenti Conclusa la Peregrinatio del Crocifisso di San 1. Significato Sono trascorsi ottocento anni dal giorno in cui è avvenuto il colloquio tra il Crocifisso di San Damiano ed il giovane Francesco d'Assisi. E' questo un Crocifisso molto importante nella storia della Chiesa, caro ai tantissimi giovani che vi sostano in preghiera, perché ad esso sono legati i seguenti fattori: la memoria di una preghiera: “Altissimo glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio” (FF 276); la scoperta di una chiamata al servizio nella Chiesa: “Francesco va', ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina” (FF 593); la disponibilità ad una risposta libera e gioiosa: “Lo farò volentieri, Signore” (FF 1411). La Peregrinatio del Crocifisso di San Damiano è stata proposta dal Coordinamento nazionale degli Animatori per la cura pastorale delle Vocazioni dei frati minori d'Italia ed è stata pensata come un momento di evangelizzazione della realtà giovanile. Il nostro CPGV, il quale ha affidato la realizzazione della Croce all'iconografa Angela Davari Stelluto, di Atene, ha programmato l'iniziativa sviluppando alcune fasi: contattare i Centri diocesani di Pastorale Giovanile e Vocazionali delle 15 Diocesi in cui la Famiglia francescana è presente per dare all'evento un'impronta ecclesiale; coinvolgere i Conventuali ed i Cappuccini con i rispettivi Ofs e Gifra laddove la loro presenza è alquanto significativa per testimoniare la condivisione francescana; raggiungere le Università, le Scuole Superiori e le Carceri per arrivare ai “lontani”; stilare con le Foranie di ogni Diocesi il programma dettagliato, tenendo conto di quattro momenti celebrativi: 1. arrivo del Crocifisso e liturgia dell'accoglienza; 2. liturgia della Parola e catechesi; 3. celebrazioni particolari: veglia di preghiera, penitenziali, Via Lucis, ecc.; 4. eucaristia; sensibilizzare i destinatari con depliant, locandine, manifesti, utilizzando anche Damiano i mass-media, particolarmente i periodici della nostra Provincia, delle Diocesi interessate ed i quotidiani come l'Osservatore Romano e l'Avvenire. L'equipe si è posta una serie di obiettivi: proporre ai giovani incontri a carattere liturgico-catechetico ed aiutarli a far emergere le domande profonde che si portano dentro e che spesso affiorano sotto forma di inquietudine esistenziale; portare i giovani alla preghiera, alla domanda di senso, alla risposta, al Volto del Crocifisso-Risorto; far arrivare loro il messaggio evangelico di Francesco per cogliere la necessità e l'attualità della Risurrezione di Cristo; s u s c i t a r e l'interrogativo: “Signore cosa vuoi che io faccia?” (FF 1401) e l'accoglienza positiva di un inserimento ecclesiale e sociale: “Va', ripara la mia casa”. 2. Attuazione La Peregrinatio è iniziata ufficialmente il 24 settembre 2005 presso la Parrocchia S. Antonio in Foggia durante la celebrazione della Professione Solenne di quattro nostri fratelli ed è terminata il 30 ottobre 2006 nella Cattedrale di 13 Avvenimenti Campobasso alla presenza dell'Arcivescovo, dei numerosi sacerdoti, dei religiosi e delle religiose e dei due Ministri provinciali della famiglia francescana: fra Pietro Carfagna e fra Aldo Broccato. Il calendario è stato particolarmente denso, investendo notevoli energie. L'icona del Crocifisso, infatti, ha raggiunto tutte e 15 le Diocesi della nostra Provincia religiosa, 88 Città, 27 Conventi dei Frati minori, 10 Conventi dei Cappuccini, 5 Conventi dei Conventuali, 6 Monasteri, 98 Parrocchie diocesane, 7 Seminari diocesani, di cui uno regionale, 5 Centri universitari (tra cui la cappella dell'Università Cattolica di Campobasso), molti studenti delle Scuole Elementari e Medie, ed ancora più numerosi quelli delle Scuole Superiori, 11 Case di reclusione, nonché 3 Comunità di recupero dalla tossicodipendenza. Ambito delle iniziative svolte: Liturgico: accoglienza, catechesi, veglie di preghiere, Via Crucis, Via Lucis, Eucaristie, fiaccolate, celebrazioni ecumeniche, liturgie penitenziali e momenti di preghiera personale con dialoghi o confessioni. In ogni circostanza sono stati distribuiti materiale divulgativo, devozionale e sussidi celebrativi preparati dalle Diocesi. Gli interventi avevano come orizzonte, tra l'altro, il 4° Convegno Ecclesiale della Chiesa italiana celebrato a Verona dal 16 al 20 ottobre scorso. Pastorale: mini missione giovani a San Marco in Lamis animata anche dalle Clarisse francescane di Gesù sorgente; testimonianze di giovani ex alcolisti, organizzato dai Conventuali di Gravina (Ba), ex tossicidipendenti con l'autorevole presenza di don Pierino Gelmini, fondatore delle Comunità Incontro, il quale, agli studenti dell'Istituto “Pascal” e dell'Ateneo di Foggia, ha offerto un contributo volto a ridare fiducia e speranza ai numerosi giovani presenti; il Crocifisso di San Damiano ha caratterizzato la XXVI Marcia Francescana a piedi verso Assisi, la quale si è mossa da Monte S. Angelo, raggiungendo altre località del Gargano: Foresta Umbra, Vico, Ischitella, Cagnano e San Nicandro. 14 Culturale: intervento di padre Giovanni Lauriola presso l'Ateneo di Bari, con l'esposizione della relazione intitolata: Dal Crocifisso di San Damiano una proposta metodologica in via Scoti; apporto di fr. Carlo Roberto e fr. Gianni Gelato in alcune Scuole, Parrocchie e Conventi con una proposta della lettura del Crocifisso attraverso il Power Point; presso il Palazzo Dogana di Foggia, 19/27 giugno 2006, mostra personale di icone bizantine di Angela Davari Stelluto, autrice del Crocifisso; a Petrella Tifernina (Cb) una mostra vocazionale: A confronto con Francesco d'Assisi; nell'aula circolare dell'Edificio Polifunzionale I dell'Università del Molise conferenza dal tema “Lo Spirito di Assisi nella Croce di S. Damiano” con interventi del prof. Marconi Gilberto dell'Università degli Studi del Molise e del prof. Roccucci Adriano dell'Università di Roma 3, in occasione del 20° anniversario dell'Incontro interreligioso di preghiera per la pace. Rappresentativo a carattere religioso: Chiesa Madre di Putignano danza artistica-francescana, Parrocchia San Michele di Bari-Palese Illumina il core mio, veglia di preghiera; Teatro del Fuoco di Foggia, concerto dei cantautori della Christian Music con Roberto Bignoli e fr. Leonardo Civitavecchia ofm; Cine Teatro Palladino di San Giovanni Rotondo, commedia musicale scritta da don Ricciotti Saurino ed Angelo Gualano nel saio di Francesco; Chiesa Madre di San Nicandro Garganico, frammenti del musical La dolce pazzia di Giuseppe Di Tullio e Michele Solimando; Parrocchia S. Bernardino di San Severo Ascoltate…è lui che vi parla, in collaborazione con la Gifra dei Cappuccini di San Severo; Chiesa della Pietà di Lucera musical animato da fr. Francesco Cicorella; Parrocchia S. Maria degli Angeli di Termoli, Forza venite gente, interpretato dalla Gifra dei Cappuccini di Cerignola; nella Città di Campobasso sono stati organizzati, anche con la Pastorale Giovanile dell'Arcidiocesi, due spettacoli: Francesco di terra e di vento, del Teatro Minimo di Bergamo e presso il Teatro Savoia Forza venite gente, proposto dai giovani della Parrocchia di S. Antonio Abate di Campobasso. 3. Valutazione Iniziativa faticosa, ma entusiasmante! Positivi sono stati l'accoglienza ed il coinvolgimento da parte delle nostre Fraternità, dell'Ofs, della Gifra e di alcune suore d'ispirazione francescana (Sorelle francescane di Montefalcone, Stimmatine, Alcantarine, Clarisse missionarie e Sorelle francescane di Cristo sorgente), delle quali preziosa è risultata la fattiva collaborazione, quest'ultima assicurata anche dai nostri Aspiranti e dai giovani Chierici. Soddisfacente è stata la risposta dei Centri diocesani di Pastorale Giovanile e Vocazionale, dei vescovi (tra questi hanno partecipato il vescovo emerito di Teramo, mons. Antonio Nuzzi e p. Rosario Ramolo ofmcapp., vescovo nel Ciad), dei presbiteri e delle loro Parrocchie. Alcune comunità hanno collocato nella propria chiesa un crocifisso di san Damiano con targhetta che ricorda il passaggio della Peregrinatio. Esse sono: la Chiesa Madre di Trinitapoli (Fg), di Ripalimosani (Cb) ed il Convento di S. Matteo in S. Marco in Lamis e di S. Pasquale in Foggia (Curia Provinciale dei frati minori), che, tra l'altro, custodisce la copia-originale della Peregrinatio, a disposizione di chi volesse realizzare un'esperienza simile nella propria Parrocchia o Comunità. Buona la collaborazione con i Conventuali ed i Cappuccini e con i rispettivi Ofs e Gifra. Degni di nota sono stati gli incontri con gli studenti delle Scuole Superiori, delle Università, con gli ammalati di alcune strutture ospedaliere, con gli anziani della Casa di riposo di Boiano, con i detenuti delle Case di reclusione, con i giovani delle Comunità di recupero dalla tossicodipendenza di Stignano, Rotello e Toro, nonché delle zone terremotate del Molise. Grati al Signore nostro Dio, che ci ha portato, come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino che abbiamo fatto (cfr. Dt 1, 31b). fra Giancarlo Li Quadri Cassini Responsabile della Peregrinatio Avvenimenti “Noi frati minori vogliamo vivere la grazia delle origini non solo come memoria del passato, ma come profezia dell’avvenire” 15 Avvenimenti Omelia di chiusura al Capitolo Generale Straordinario Fr. José Rodríguez Carballo, ofm, Ministro generale (Porziuncola) Carissimi Fratelli, il Signore vi dia pace! Con la grazia del Signore siamo giunti alla fine di questo Capitolo generale straordinario 2006. Sono stati giorni di intenso lavoro, ma, soprattutto, giorni in cui il Signore ci ha benedetto con la presenza del suo Spirito e con la gioia di avvicinarci un po' di più alla grazia delle origini. Lo stesso Spirito ha reso possibile che celebrassimo, come famiglia, il dono della nostra comune vocazione: la vocazione ad essere ogni giorno di più e meglio Frati Minori. Così il Capitolo che oggi chiudiamo è stato una nuova chiamata a prendere coscienza di ciò che siamo e di ciò che abbiamo promesso di “osservare fedelmente” quando abbiamo abbracciato, con la nostra professione, la forma di vita che l'Altissimo rivelò a Francesco e che egli visse e ci trasmise. Allo stesso tempo, avendo illuminato la nostra realtà, il Capitolo è stato una chiamata a convertirci, a «nascere di nuovo» (Gv 3,3) a livello personale e istituzionale, a tornare all'essenziale della nostra forma di vita e in questo modo «nutrire -dal di dentro-, mediante l'offerta liberatrice del Vangelo, il nostro mondo… 16 come fecero nel loro tempo Francesco e Chiara d'Assisi» (Sdp 2). In questo contesto il Signore ci viene nuovamente incontro con la sua Parola che, ancora una volta, ci si presenta come lampada per i nostri passi e per il nostro cammino (cf Sal 118,105) e che in questa occasione richiama la nostra attenzione sulla necessità di essere uno, come il Padre e il Figlio sono uno (cf Gv 17,22). Il grande desiderio e, insieme, la grande preoccupazione di Gesù, prima di «passare da questo mondo al Padre» (Gv 13,1) sembra essere proprio quella dell'unità-comunione, non solo dei primi discepoli, ma di quanti crederanno in Lui per la loro parola (cf Gv 17,20): «Che siano una cosa sola… che siano perfetti nell'unità» (Gv 17,21.22.23) ripete insistentemente Gesù nella sua preghiera sacerdotale al Padre. E l'importanza di questa unità-comunione viene dal fatto che da essa dipende, almeno in gran parte, la fede di molti nella missione del Figlio (cf Gv 17,21.23). Così, quella che all'inizio poteva sembrare solo una vocazione ad intra della comunità dei credenti, si trasforma nella sua grande missione. Una vocazione-missione mai portata a termi- ne, poiché il livello e la meta, che ci si presenta, sono semplicemente irraggiungibili: «siano come noi una cosa sola», «siano perfetti nell'unità». Già uniti, ma sempre desiderando e lavorando per essere ogni volta più uniti. Come può essere? Mantenere questa tensione tra il già e non ancora della comunità-comunione, che già viviamo ma alla quale anche aspiriamo, sarà possibile solo se avremo chiaro che questa nasce da un'iniziativa di Dio, la cui essenza, come ben mette in evidenza il Vangelo proclamato, è di donarsi, comunicarsi, amare. Il vero fondamento di una moltitudine di credenti, che abbia un cuore e un'anima sola (cf At 4,32), il vero fondamento della nostra fraternità francescana, non sta nella nostra indigenza, che ci fa sentire bisognosi degli altri per realizzare meglio un determinato compito, ma nell'amore di Dio: «li hai amati come ami me … perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi» (Gv 17,23.26). Le radici ultime della nostra comunione, dell'unità degli uni con gli altri, affondano nel mistero di Dio che, essendo Trinità, è vera comunità-fraternità di amore. Questo lo rico- Avvenimenti noscono chiaramente le nostre Costituzioni, quando mettono a fondamento della nostra vita fraterna la «carità di Dio diffusa nei loro cuori per mezzo dello Spirito Santo» (CCGG 39). Solo questa coscienza ci manterrà lungo il cammino nella tenace ricerca dell'unità-comunione. E solo così la nostra unità-comunione, la nostra vita fraterna, sarà un'immagine benché sempre pallida - della fraternità trinitaria dove tutti sono uno, tutto è di tutti, ognuno si capisce attraverso gli altri e tutti sono per e presso gli altri. Posto che l'unità-comunione tra noi è insieme vocazione e missione, per mantenere questa tensione tra il cammino iniziato e la meta, per arrivare nel campo della unità-comunione, è necessaria la chiara coscienza di avere una missione comune: la missione di testimoniare, con la parola e la vita, l'amore del Padre per l'umanità, manifestato nella persona del Figlio, in modo da far «conoscere a tutti che non c'è nessuno onnipotente eccetto lui» (LOrd 9). L'unità comunione che desideriamo e vogliamo vivere nel seno delle nostre Fraternità deve portarci, allora, ad essere molto più che un gruppo di amici che hanno in comune più o meno la stessa sensibilità, le stesse scelte e reazioni e possono facilmente incontrarsi per condividere quello che hanno in comune. Dobbiamo ripeterlo ancora una volta: non siamo un semplice gruppo di amici e nemmeno un gruppo a cui è stato affidato un compito, siamo una Fraternità di Frati convocati dal Signore, per una mis- sione compresa in fraternità e in accordo con la nostra forma di vita. Una Fraternità di Frati che «forniti di carattere, cultura, costumi, talenti, attitudini e qualità diversi» (CCGG 40), desiderando ardentemente di essere uno, come il Padre e il Figlio sono uno, si impegnano a «promuovere maggiormente l'unione fraterna» (CCGG 42,1) e, in questo modo, arrivare ad essere icone visibili della fraternità trinitaria. L'unità chiesta da Gesù per i suoi discepoli, che noi cerchiamo di vivere nelle nostre Fraternità, deve integrare la nostra esistenza con quella degli altri che non abbiamo scelto noi, ma che il Signore ci ha donato, così come confessa riconoscente Francesco alla fine della sua vita: «il Signore mi diede dei fratelli» (Test 14). Gli altri, così come sono, sono un dono per me e persino un dono necessario nel progetto vocazionale che il Signore mi ha assegnato, fino ad arrivare a capire che ormai non possiamo realizzarci secondo il progetto di Dio se non con gli altri. Cari Fratelli, la parola di Dio che abbiamo ascoltato ci presenta una grande sfida: lavorare instancabilmente per arrivare ad una unità-comunione che sia segno-riconoscimento dell'unità del Figlio con il Padre. La parola di Dio che abbiamo ascoltato ci chiama ad essere costruttori di un'autentica vita fraterna in cui ci sia una vita ogni giorno più umana, un ambiente ogni giorno più gradevole e accogliente, una famiglia in cui ogni giorno si viva più evangelicamente. Questo esige di superare una carente comunicazione interpersonale e crescere nella sincerità, intimità e trasparenza. Esige di passare da una vita in comune, segnata molte volte dall'uniformità, ad una comunione di vita, segnata da una forte unità, da un ragionevole e legittimo pluralismo. Esige di relativizzare la Fraternità locale per aprirsi alla Fraternità universale e interculturale, evitando di bloccarsi, di trasformarsi in una cellula chiusa e morta. Sono convinto che l'Ordine abbia bisogno di crescere in questa unità, in una Fraternità con orizzonti più evangelici, più aperti, più universali. Solo così l'Ordine in quanto tale offrirà una testimonianza profetica credibile, solo così i Frati saranno profezia vivente (cf Num 11,25-29), in questo mondo che ha più bisogno che mai di una vera unitàcomunione (cf Gc 5,1-6). E mentre continuiamo a rendere grazie al Signore per il dono dei Fratelli, facciamo nostra la preghiera sacerdotale di Gesù: Signore, fa' che siamo uno, come tu e il Padre siete uno. Che relativizziamo le nostre differenze e ci sentiamo membri di una Fraternità universale in cui tutti siamo, di nome e di fatto, Frati e Minori; una Fraternità universale in cui tutti impariamo a dare e sentiamo la necessità di ricevere; una Fraternità senza pregiudizi degli uni nei confronti degli altri, in cui ciascuno sia stimolo di speranza, pace e gioia per gli altri e tutti, uniti dal vincolo dell'amore, raggiungiamo la piena maturità umana, cristiana e religiosa. Signore, fa' che siamo uno, che siamo perfetti nell'unità. Scrive fra Carballo: “All’inizio del terzo millennio noi Francescani desideriamo riaffermare la nostra ferma volontà di restare fedeli al nostro carisma, vivendo il Vangelo nella Chiesa, secondo la forma osservata e proposta da San Francesco, ricreandola però oggi alla luce delle sfide contemporanee. A tale scopo - prosegue ancora il Ministro generale - intendiamo con fervore rivolgere gli occhi al futuro, verso cui sentiamo che lo Spirito ci sospinge per continuare a fare con noi grandi cose. In questo modo vogliamo vivere la grazia delle origini non solo come memoria del passato, ma come profezia dell’avvenire” 17 Avvenimenti Radio Vaticana intervista Fr. Josè Rodriguez Carballo, Ministro Generale Concluso ad Assisi il Capitolo Straordinario Generale D. - Padre Carballo mi può dire il perchè di questo Capitolo e che cosa è emerso dai lavori di questi giorni? R. - Certamente, le motivazioni sono diverse, ma la principale è perché l'Ordine sta facendo un cammino per la celebrazione dell'ottavo centenario della fondazione, che avverrà nel 2009. La prima tappa era centrata sul discernimento, e proprio in questo contesto, e guidati dalla domanda che San Francesco si è fatto davanti al Cristo di San Damiano: “Signore, che vuoi che io faccia?”, l'Ordine ha sentito il bisogno di incontrarsi in un Capitolo generale straordinario, un capitolo che ha tentato di trovare una risposta a questa domanda: “Signore, che vuoi che io faccia?”. E devo dire che forse il frutto più bello di questo Capitolo è stato il discorso che abbiamo fatto sulla fede, la chiamata a vivere veramente con 18 radicalità il Vangelo, la chiamata anche a vivere con audacia la nostra missione. Infatti, i tre temi fondamentali che abbiamo affrontato in questo capitolo sono stati quello della vocazione, della fraternità e della missione. D. - Ma c'è qualcosa che può essere rinnovato nell'Ordine, a suo parere? R. - Certamente, penso che si debba rinnovare questa freschezza nel vivere il Vangelo. In questo momento, dobbiamo tornare all'essenziale. Forse, una chiamata forte del Capitolo è stata questa, di dimenticare le cose urgenti per tornare all'essenziale. E l'essenziale è sempre vivere il Vangelo e per questo vogliamo costituire fraternità significative con una vita molto semplice, in mezzo al popolo, con la predicazione itinerante del Vangelo perché il Vangelo è sempre giovane e attuale. Assisi (Agenzia Fides) - Dal 14 Settembre al 1 Ottobre si è svolto a S. Maria degli Angeli (Assisi) il Capitolo generale straordinario dell'Ordine dei Frati Minori, a tre anni dalla celebrazione dell'VIII centenario della fondazione dell'Ordine. All'incontro hanno partecipato 156 Capitolari in rappresentanza di 123 Province e Custodie, operanti in 107 nazioni dei cinque continenti. Ai lavori del Capitolo hanno partecipato anche gli ultimi tre Ministri generali: Fr. John Vaughn, Fr. Hermann Schaluck, Fr. Giacomo Bini. L'Ordine dei Frati Minori attualmente conta 2467 conventi sparsi nel mondo. Al 31 dicembre 2005 l'Ordine contava 15.596 Frati Minori, di cui 10.437 sacerdoti, 2.504 fratelli laici, 2.014 Frati studenti e 459 novizi. Attualmente provengono dall'Ordine dei Frati Minori 6 Cardinali e 106 Vescovi. OFS VIII CENTENARIO DELLA NASCITA DI S. ELISABETTA D'UNGHERIA Elisabetta Donna Evangelica Patrona dell'Ordine Francescano Secolare Lettera del Ministro Provinciale fr. Pietro Carfagna alla Famiglia Francescana di Puglia e Molise Carissimi, il Signore vi dia pace! Il secondo anno del cammino di preparazione all'VIII Centenario della fondazione dell'Ordine, dopo la ricerca e il discernimento ai piedi del Crocifisso di San Damiano, ci chiede ora di far nostra la risposta che Francesco stesso indica con decisione: è l'ora del Vangelo. E' un anno che ci provoca a dare una rinnovata attenzione alla Parola, e in particolare alla Parola evangelica. Mentre capita anche a noi di fare l'abitudine al Vangelo e di non riuscire più a cogliere la sua novità e le sue forti e radicali esigenze di cambiamento e di conversione, di Francesco d'Assisi Tommaso da Celano racconta che « non era un ascoltatore distratto del Vangelo », ma passava subito dall'ascolto alla vita. Per questo abbiamo voluto avviare quest'anno con un'espressione che vuole scuoterci e aiutarci a prendere sempre più sul serio la “buona novella” del Signore: “Con Francesco il Vangelo è sempre Vangelo”. Riscoprire la centralità della Parola di Dio; fissare la nostra attenzione alla scelta evangelica fatta in radicalità dal giovane Francesco alla Porziuncola: « questo voglio, questo bramo, questo desidero fare con tutte le mie forze »; avere la capacità di entrare in quel dinamismo che la Regola Ofs esprime con una formula particolarmente efficace: “passare dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo” (Reg Ofs 4). E' questa la sfida che sta davanti a noi: ridisegnare il mondo e la storia alla luce del Vangelo, memori della via tracciata dal nostro Serafico Padre: « Nostra Regola e vita è osservare il Santo Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo ». In questo contesto di memoria e di rinnovato impegno, la “grazia delle origini” ci presenta l'opportunità di confrontarci con un modello di vita evangelica che ha brillato in maniera singolare fin dai primi passi del movimento suscitato da Francesco: Elisabetta d'Ungheria, Patrona dell'Ordine Francescano Secolare, di cui celebriamo l'VIII Centenario della nascita. Elisabetta è presentata in genere come donna della carità: è universalmente diffusa la sua immagine con il grembiule pieno di pani per i poveri. In realtà, ad una lettura più attenta della sua vita, emerge innanzitutto come una donna di grande spiritualità. La sua vita fu segnata da un profondo rapporto con Dio nella preghiera intensa e nella contemplazione. Nella Bolla di canonizzazione Gregorio IX scrisse: «Elisabetta si rese conforme agli antichi santi comportamenti, mentre camminava con semplicità e con letizia nei precetti e nella giustizia del Signore. Concepì la grazia di Dio segretamente nell'affetto del cuore, la diede alla luce mediante le opere e la alimentò costantemente mediante il progresso che ottengono coloro che sperano in lui… Siamo infatti investiti da un turbine di stupore per i meriti della suddetta santa, la quale, mentre viveva chiusa nel carcere del corpo, visse povera di spirito, mite nella mente, deplorante i peccati propri e quelli altrui, sitibonda di giustizia, dedita alla misericordia, monda di cuore, veramente pacifica, logorata dalla persecuzione e sfidata dalle incomprensioni». Pur sottoposta alla durezza della croce, Elisabetta è riconosciuta e proclamata dalla Chiesa: «Donna fortunata! Matrona mirabile! Dolce Elisabetta chiamata “sazietà di 19 OFS Dio”, che ha meritato il pane degli angeli mediante il nutrimento dei poveri». Siamo tutti ricolmi di meraviglia nel contemplare questa donna - così giovane e in una condizione non certamente favorevole, come può essere una corte principesca - che fu capace di aderire con totale radicalità alla via tracciata da Francesco di piena adesione al Vangelo, in un percorso coerente e costante di autentica penitenza per il progresso del Regno di Dio. Elisabetta, alla luce della Bolla di canonizzazione, emerge come “donna evangelica” su tre versanti: la fede e la tensione verso il mistero; la vita cristiana come grazia, dono di Dio, che viene elargita ai poveri di spirito (la semplicità e la letizia di Elisabetta); un impegnativo cammino di conversione (“penitenza”) che la portò al distacco da sé stessa per una oblatività senza riserve, capace di suscitare autentiche relazioni fraterne e generosa accoglienza verso gli ultimi; il rapporto con le realtà terrene con l'ansia di porre in essere opere di giustizia e di misericordia, tracciando un avvincente percorso per tanti uomini e donne chiamati a vivere lo spirito di Francesco nella quotidianità. In Elisabetta il riempirsi dell'amore divino si tradusse in uno straordinario dinamismo verso le più diverse povertà del suo tempo: dagli affamati ai malati; dai poveri ai lebrosi. Per tutti Elisabetta 20 fu madre che insieme ai beni materiali dava il suo cuore e l'amore divino. In occasione del 750° della morte Papa Giovanni Paolo II, nella Lettera al Vescovo di Fulda in Germania, ebbe a scrivere: «Questa donna di raro esempio… parla anche agli uomini dei nostri tempi; nel trascorrere velocissimo delle vicende, fra tanto strepito e vanità, Ella ricorda i valori primari ed eterni» e la proclamò: “consolatrice dei poveri”, “serva degli ammalati”, “ristoratrice degli affamati”, “preziosa margherita di carità”. Elisabetta ci provoca a ricentrare il nostro essere e il nostro operare in quella “grazia delle origini” che sola può dare risposta alle nostre attese di viandanti in cerca di senso e renderci testimoni di speranza in un tempo in cui tutto sembra aver perso di valore. Il Centenario rappresenta per la Famiglia Francescana nelle sue varie componenti una ulteriore provocazione a penetrare il mistero della riuscita e dell'efficacia del carisma di Francesco, attraverso la figura di Elisabetta che riuscì a portare quello spirito nel suo mondo con una singolare attenzione all'area della marginalità. Sulla spinta del Centenario siamo chiamati a favorire: momenti di riflessione e approfondimento della Figura di Elisabetta, a partire dal Convegno Internazionale che si celebreà a Roma il 23 febbraio 2007, accostandoci in una maniera più diretta alle fonti che ce ne evidenziano in maniera compiuta la figura e la spiritualità; momenti celebrativi appropriati, soprattutto in relazione alla festività liturgica (17 novembre) ed una eventuale peregrinatio di una sua immagine tra i nostri Conventi, Monasteri e Fraternità Ofs e GiFra, quale occasione per celebrare la vocazione e verificare la nostra fedeltà alla Regola professata; momenti e iniziative di solidarietà e di condivisione con l'accortezza a garantirne la continuità nel tempo. Accostiamoci a questa singolare figura di donna « vestiti di tunica grigia, a piedi scalzi e con grande devozione » (come fece Federico II in occasione della traslazione delle sue spoglie mortali dall'Ospedale di Marburgo alla nuova chiesa edificata in suo onore), per lasciarci trascinare più decisamente anche noi da quella “grazia delle origini” che Elisabetta fece sua in maniera così intensa da raggiungere anch'essa, subito dopo Francesco ed Antonio di Padova, le vette sublimi della santità. Mentre Vi affido alla materna protezione di Santa Elisabettà, nell'attesa di dare concretezza a tutto questo in un percorso all'insegna della reciprocità che scaturisce dalla comune vocazione, Vi auguro di essere sempre pronti e solleciti ai richiami dello Spirito. Pace e Bene in X.sto e nel S.P.S. Francesco. OFS in ricordo di una donna umile e silenziosa Emilia Urbano Terziaria francescana della Fraternità di Gesù e Maria in Foggia di Annita Antonetti La carissima Emilia Urbano ci ha lasciato: il 30 marzo, infatti, alla bella età di 94 anni, ha spiccato il volo verso il cielo. Parlare di lei mi è cosa gradita ma non facile, per i molteplici ricordi che mi si affollano nella mente e nel cuore. Conobbi Emilia negli anni della mia infanzia, nel ruolo di catechista e di educatrice. Poi, con il passar degli anni, cessato questo ruolo, continuò ad essermi vicina nelle attività ecclesiali. Soprattutto, fino alla fine dei suoi giorni, fu per me una grande amica. Entrambe facevamo parte della stessa Parrocchia: quella di Gesù e Maria in Foggia; entrambe eravamo impegnate nell'Azione Cattolica e nel Terz'Ordine Francescano. A rendere più vivace e più affettuosa la nostra amicizia contribuì non poco - l'amicizia che mi legava alle due sue nipoti, Pia e Iole, della mia stessa fascia di età. Pensando a lei, la rivedo circondata di decine e decine di bambini, ai quali impartiva lezioni di catechismo; la rivedo anche mentre, tutta sollecita, li preparava alla Prima Comunione, curando ogni cosa, perché tutto potesse andare bene e nulla potesse turbare la bellezza di quel giorno. La rivedo anche, dolcemente china sul telaio, mentre ricamava con amore tovaglie per l'altare e ogni altro arredo sacro per la liturgia. La rivedo sorridente verso i suoi nipoti e nipotini desiderosa del loro bene e vicina nelle vicende liete e non liete della loro vita. Sempre affettuosa verso la sorella e i due fratelli per i quali nutriva grande stima. E la rivedo piena di attenzioni e di cure nella totale dedizione alla mamma (Gemma, donna meravigliosa), che quasi centenaria ha lasciato questo mondo. Mai sul suo labbro una parola di lamento o di sconforto, mai un atteggiamento di stanchezza o di mera rassegnazione: nel suo sguardo espressione di serenità e di amore. Pensando a lei, ricordo con sentimenti di tristezza quel terribile bombardamento del 22 luglio 1943, quando in fuga da Foggia in fiamme ci ritrovammo, per caso, su Via Napoli. Trascorremmo la notte con centinaia di sfollati presso una casa colonica, in attesa del nuovo giorno e della strada da riprendere. Lei era sola con la sua diletta mamma e io con una buona squadra di familiari: genitori, sorelle, nipoti e un nipotino di soli 10 giorni. Pensando a lei, ricordo anche - con tanta gioia - il giorno in cui, a distanza di un anno, la ritrovai in una città distrutta, con conseguenti situazioni di miseria, instancabilmente impegnata nella carità e fortemente partecipe all'attività sociale e politica, che il momento storico richiedeva. Di certo Emilia non era seconda a nessuno per il suo zelo e per il desiderio di vedere nel nostro Paese instaurata la democazia e la Democrazia Cristiana. Erano anni pieni di promesse e di speranze. Più volte la vita di Emilia fu segnata dalla sofferenza. La sua testimonianza di serena accettazione, di riserbo e di discrezione, era veramente eccezionale. Il suo soffrire era come il suo operare: silenzioso. Il suo donare e il suo donarsi agli altri era per lei un atteggiamento costante e se lo portò dietro fino all'ultimo istante della sua vita. Negli ultimi dieci anni, da quando usciva sempre più raramente, io spesso mi recavo a farle visita. Mi bastavano quelle poche ore per comprendere che la sua vita continuava a essere un dono. Infatti, sia attraverso il telefono, sia attraverso la corrispondenza epistolare e sia attraverso le visite di persone amiche, e l’ospitalità che offriva, ella continuava a esprimere la sua carità verso quanti si trovavano in una situazione di bisogno, costruendo continue reti di solidarietà e di amore. Il tutto silenziosamente e nella fedeltà alle promesse del battesimo e all’impegno della consacrazione nel mondo che Emilia fin dalla giovane età fece al Signore. 21 OFS “Lo zelo per la tua casa mi divora” Francesca Falco - detta Cecchina - ex Ministra della Fraternità Ofs di Valenzano Emilia era una donna silenziosa e umile. Non ricopriva incarichi elevati e coloro che le stavano accanto ammiravano le sue virtù ed erano conquistati dalla sua bontà. Le sue doti profondamente umane e cristiane, vivificate dalla spiritualità francescana, e il suo parlare di pace e di amore, la rendevano una persona degna di stima e di fiducia. Non era una persona di parte, ma una donna di pace e, non di rado, la sentivamo ripetere: "La pace soprattutto". Spesso si diceva tra noi che Emilia se fosse stata un sacerdote, sarebbe stata un'ottima guida spirituale. La grandezza di Emilia scaturiva dalla sua umiltà e dalla sua preghiera. Ebbi conferma di tutto questo negli ultimi anni della sua vita e soprattutto negli ultimi mesi: inchiodata al suo letto di dolore, immobile e sofferente, a stento riusciva a muovere gli occhi e a pronunciare a fior di labbra qualche parola. Un giorno io le dissi: "Emilia, mi dispiace che tu soffra tanto. Chissà a chi va tanta sofferenza…" e lei, in modo repentino, mi interruppe: "Va a me, proprio a me. Prega per me, affinché io non venga meno". Nell'ultima visita che le feci mi disse con suoni appena percettibili: "Sono contenta che tu sia venuta. Ti aspettavo. Prega per me.". Queste sue parole sono il dono più bello che Emilia mi abbia lasciato, come se avesse voluto suggellare il compimento di un'amicizia, che è durata una vita e che, sono certa, continuerà in un'altra dimensione per l'Eternità. Questi modesti pensieri, Emilia, sono i fiori che affettuosamente compongo dinanzi alla tua immagine e che resteranno sempre vivi nel mio cuore". 22 di Franco Mangano E' deceduta il 3 dicembre scorso, dopo una breve malattia, lasciando in tutti una traccia indelebile di una vita luminosa di fede, di devozione, di animazione e di servizio. E' nata il 14 febbraio 1924 a Valenzano e ha vissuto per tutto il tempo della sua vita in una piccola strada vicina alla Chiesa dei Frati Francescani, strada che prende il nome dalla sua famiglia e con lo stesso nome lei è sempre stata conosciuta: Cecchina Tasselli. Sin dalla fanciullezza è stata legata ai valori cristiani e quando nel dopoguerra è rinato a Valenzano il fermento francescano lei è stata tra le prime ad aderire alla vocazione dei terziari. In una sera di 60 anni fa, esattamente l'8 dicembre 1946 erano oltre 40 le valenzanesi, giovani e meno giovani che vestirono le insegne del Terz'Ordine, entrando nel noviziato sotto la guida di padre Odorico Tempesta. Dopo un anno e mezzo di formazione Cecchina professò la regola dell'OFS il 4 aprile del 1948. Sposa di Giuseppe Bruno e madre di Rocco ed Angela, è sempre stata disposta al sacrificio ed al servizio per la sua famiglia, che, fino ad oggi, non è mai stata ristretta al marito ed ai figli ma ha sempre compreso anche la diletta sorella più grande, Antonietta, essendo le altre sorelle in terre straniere. Un gruppo familiare molto unito che l'ha portata a fare pratica di fraternità anche negli anni in cui aveva meno disponibilità per la vita ecclesiale a causa degli impegni familiari. Tuttavia mai è mancata nei momenti salienti e non ha mai fatto venir meno il suo sostegno alla vita di questa comunità. Erano gli anni in cui la ministra Stella Addante partecipava quasi a tempo pieno alla vita del Convento ed educava le terziarie al servizio in ogni ambito possibile allora al Terz'ordine: servizio alla Chiesa, visite agli ammalati, aiuto agli indigenti, amorevoli cure verso i frati e le loro esigenze. Cecchina era sempre in prima linea tra le terziarie di Stella Addante, insieme alle mai dimenticate Vitina e Filomena. OFS Tanto impegno portò Cecchina ad entrare nel Consiglio di Fraternità più volte e ad essere la Viceministra fino alla festa di Santa Elisabetta 1989, data dell'inizio della malattia di Stella che la porterà a spegnersi 10 anni orsono. Ebbene da quel momento Cecchina ha iniziato a ricoprire ed esercitare per 9 anni l'ufficio di Ministra e poi di Vice-Ministra (in pratica è stata impegnata fino allo scorso anno) ed è merito suo se la fraternità Ofs è totalmente cambiata sia come componenti che come stile di vita ed attività. In questi 16 anni ha voluto che la fraternità cambiasse gli orari di incontro, passando dal pomeriggio alla sera, per favorire l'ingresso delle persone più giovani e delle coppie. Ha voluto l'incontro settimanale per rendere l'appartenenza all'OFS non un fatto episodico, ma un ritmo di vita costante. Ha caldeggiato fin dai primi anni '90 l'incontro di preghiera settimanale e la Fraternità OFS di Valenzano è stata una delle prime a capirne l'importanza ed a riceverne i frutti. Non ha mai ostacolato le proposte delle componenti più giovani, qualsiasi esse fossero e spesso le sue osservazioni sulle proposte erano più avanti delle proposte stesse. Ha favorito il rinnovamento delle attività di vita fraterna per cui in questa fraternità si sono attuate subito tutte le direttive regionali riguardanti gli ambiti di Giustizia e Pace, della Famiglia, della GIFRA e dell'Araldinato. Era animata da uno spirito francescano genuino, che l'ha sempre portata ad occupare gli ultimi posti, senza mai voler apparire. Sotto la sua gestione diretta la Fraternità locale si è rinnovata fino a contare circa 50 nuove professioni in quindici anni. E della sua presenza si sono giovati anche la GIFRA e l'Araldinato di Valenzano che grazie alle sue aperture e al suo sostegno sono sempre cresciuti in vocazioni e risultati. Ha sempre incoraggiato i giovani che hanno visto in lei una vera mamma e un punto sicuro di riferimento. Ma la nota distintiva di Cecchina è stata la sua dedizione ai frati e, soprattutto, alla Chiesa di Sant'Antonio di Valenzano, come lei ha imparato a chiamarla da bambina. Lei accudiva e, quasi coccolava, questa chiesa con tutto l'amore che una madre dedica ai suoi figli prendendosi cura di tutto, sistemando ogni cosa, ripulendo, sistemando le suppellettili sacre, realizzando le più belle decorazioni floreali che a Valenzano fosse dato ammirare, per la Pasqua e il Natale, per la festa di Sant'Antonio, di San Francesco e di santa Elisabetta. Due erano i tempi che amava di più: il primo era la settimana santa con la cura dell'altare della reposizione e l'allestimento del “Cristo Morto” donato dalla famiglia Baronale Martucci di Valenzano alle cure dell'Ordine Francescano Secolare. Anno dopo anno il Cristo morto ha spiccato sempre più per decoro e splendore all'interno della processione dei misteri; il secondo tempo prediletto era il tempo pasquale, dedicato ai sacramenti. Collaborava pienamente con l'equipe catechistica di questa parrocchia per rendere le celebrazioni dei sacramenti ricche di quella dignità che devono rendere indimenticabile la celebrazione per i fanciulli che ricevevano per la prima volta i vari sacramenti. Veramente nella sua vita si è reso visibile il detto biblico: “lo zelo per la tua casa mi divora!”. Ci resterà il ricordo e la testimonianza della sua bella figura di donna matura ed equilibrata: il suo essere pienamente impegnata nel cammino francescano non le ha mai fatto dimenticare la famiglia, i suoi nipotini, i figli, il genero, la nuora, i nipoti più grandi. Cecchina, con la sua vita di laica francescana, la sua dedizione alla famiglia, ai bisogni della chiesa e dei poveri, ci aiuta a comprendere che la grazia delle origini, il carisma che lo Spirito donò a Francesco, e che S. Elisabetta seppe incarnare nella sua vita, è una grazia anche per il nostro tempo e che la vita evangelica in fraternità e in minorità, nella radicalità di chi sa perdersi, di chi sa donarsi in maniera gratuita e generosa per ritrovare la vita vera, non è un'utopia ma è sempre possibile. Basta volerlo come lo ha voluto e come ha vissuto Cecchina. 23 Vita di famiglia 15 - 16 OTTOBRE 2006 CELEBRAZIONI PER IL 51 ° ANNIVERSARIO DEL PIO TRANSITO DEL SERVO DI DIO Mons. Ernesto Agostino Castrillo Quest'anno col “tenete accese le vostre lampade!” vogliamo invitarvi a vivere il cinquantunesimo anniversario della Morte del servo di Dio Agostino Castrillo. Certamente, questo invito non è solamente per commemorare un evento ma per trovare la Luce! Tutti cercano una luce per la loro vita. Lo stesso vangelo ci racconta che il Regno dei cieli è simile a dieci lampade nella notte; a dieci piccoli occhi di luce, necessari all'incontro, sufficienti solo al primo passo. Ma ad ogni passo la luce ti accompagna e ti rinnova: rimane un orizzonte di tenebra, ma in esso il Regno è come una falla di luce, come una notte assediata dal sole. Cinque ragazze non prendono con sé l'olio e vedono le loro lampade spegnersi. La loro presenza si dissolve nella notte. La loro vita, la mia vita, o è presenza luminosa, o non è nulla; o porta luce e illumina qualcuno, o non esiste. Il mio rischio è dissolvermi nell'insignificanza di una notte senza incontri. 24 Il Vangelo, però, non condanna la sventatezza di un momento, la dimenticanza dell'ultima sera, ma tutta una vita vuota, che non si è accesa, che non si è occupata di conoscere lo sposo - “non vi conosco” dirà infatti - né di farsi riconoscere come segno di luce. Le cinque ragazze sagge si identificano con le loro lampade: ciascuna è una persona - lampada, luminosa, illuminata, con grande desiderio di incontri. Gesù non dice cosa sia l'olio per la lampada. Sappiamo però che ha a che fare con la luce e con il fuoco: in fondo è saper bruciare per qualcosa o per Qualcuno: saper vivere accesi. Questa parabola è dura. Dura per la risposta delle cinque ragazze alle loro compagne: “andate a comprarvelo!” Durissime le parole dietro la porta sbarrata: “non vi conosco!” Proprio Lui che diceva: “Cercate e troverete... Bussate e vi sarà aperto.” Questa durezza sottolinea il “caso serio” della fede, invita a non perdere l'ultima occasione della vita (ultima nel senso di più importante....) l'incontro con lo Sposo. Parabola dura, ma consolante. L'accensione di una lampada votiva presso la tomba del servo di Dio vuole essere non solo un gesto devozionale, ma un invito a vivere il Vangelo ogni giorno, come lo stesso Mons. Agostino Castrillo l'ha vissuto. Dobbiamo, quindi, ogni giorno identificarci con le cinque ragazze sagge che sono state accolte dallo sposo che è Gesù Cristo perché hanno saputo viverlo pienamente già in questa vita. La nostra provincia religiosa dei Frati Minori di Puglia e Molise con questo gesto di accensione e offerta dell'olio per la lampada, che sarà ripetuto annualmente, ogni sedici del mese di Ottobre, giorno della sua dipartita in cielo, vuole invitare ogni frate della Provincia e fedeli ad attingere dal servo di Dio mons. Agostino Castrillo che ha saputo immolarsi sul letto del dolore, senza perdere mai la fede e la speranza, con amore, letizia e gioia francescana. Il Postulatore provinciale P. Giuseppe Tomiri Vita di famiglia Commemorato il cinquantunesimo anniversario della morte del Servo di Dio Agostino Castrillo, un esempio Da Foggia e da Pietravairano numerosi pellegrini a San Marco Argentano Nel mese di ottobre è stato commemorato il Cinquantunesimo anniversario della morte del Servo di Dio monsignor Agostino Castrillo con particolare solennità. Puntuali come ogni anno sono venuti i pellegrini da Pietravairano, guidati dal parroco don Pasqualino Di Feola, a rendere omaggio e venerazione al Servo di Dio, loro concittadino. Particolare significato ha avuto la celebrazione di domenica 15 ottobre presieduta dal Padre Provinciale dei Frati Minori di Puglia con la partecipazione di Padre Giuseppe Tomiri, Postulatore dell'Ordine Francescano, di altri Padri e di oltre cento fedeli della parrocchia di Gesù e Maria di Foggia, ove monsignor Castrillo ha svolto il suo ministero di parroco zelante. Viva è stata anche la presenza di nuumerosi giovani venuti dalla medesima parrocchia per conoscere da vicino il Servo di Dio ed animare la liturgia eucaristica. Il Padre Provinciale ha ampiamente tratteggiato la figura del santo vescovo sia da frate, figlio esemplare di S. Francesco, sia da Vescovo che ha amato fino alla fine le sue dilette gemini diocesi di San Marco e Bisognano. La sua completa dedizione è stata attraverso l'azione pastorale breve ma significativa ed incisiva, nell'offerta della sua vita nella lunga malattia. L'amore di donarsi totalmente al suo popolo, affidatogli da Dio, è stato manifestato nella volontà di essere sepolto nella cripta della Cattedrale di San Marco Argentano. Per conservarne viva la memoria ed accrescerne la devozione presso i frati della Provincia francescana di Puglia e i fedeli tutti è stata intrapresa una pia iniziativa: l'accensione di una lampada votiva presso la tomba del Servo di Dio. E' stato lo stesso Padre Provinciale al termine della celebrazione eucaristica a portare il sacro simbolo acceso e a collocarlo davanti alla tomba, nella cappella rinnovata lo scorso anno. Le comunità dei conventi della Puglia, ad iniziare da quest'anno, a turno compiranno il pellegrinaggio alla tomba del Servo di Dio monsignor Castrillo per offrire l'olio per la lampada votiva. La cappella nella Cripta della cattedrale dedicata al santo Vescovo è stata rimaneggiata in occasione dell'esu mazione avvenuta ai cinquant'anni dalla morte lo scorso anno. In particolare sulla parete di fondo oltre alla lapide, che chiude i resti mortali, è stata posta una immagine marmorea affiancata dallo stemma vescovile e da quello francescano. Sul lato sinistro è stato sistemato un artistico crocifisso in legno a ricordare il suo essere crocifisso con Cristo nella quotidianità e nella malattia. All'interno della stessa cappella, poi, proprio quest'anno è stata allestita una vetrina contenente alcuni oggetti del Servo di Dio: la veste grigia indossata da vescovo, una stola, una camicia, lo zucchetto, la corona del rosario appesa ad un frammento del cordiglio e un artistico leggio ricevuto in dono nel giorno della consacrazione episcopale. d. Vincenzo Ferrara parroco della cattedrale 25 Vita di famiglia “Fatti Santo, figlio mio, fatti Santo” di Maria Ranucci L'associazione “ Pro- Servo di Dio Padre Agostino Castrillo” è arrivata puntuale all'appuntamento con San Marco Argentano (CS); appuntamento che si rinnova di anno in anno e che è stato confermato al Vescovo di San Marco Mons. Domenico Crusco che con un gruppo di sacerdoti, seminaristi e fedeli di ritorno da Assisi, il 5 ottobre u.s. si sono fermati al Convento della Madonna della Vigna per celebrare una S. Messa nel luogo dove fiorì la vocazione di Padre Agostino. Al momento del commiato, il Vescovo e don Vincenzo Ferraro hanno annunciato di aver riservato un sorpresa per l'Associazione. Grande, infatti, è stata la sorpresa per i cinquanta pellegrini che, guidati da don Pasqualino Di Feola, sono arrivati a San Marco Argentano il 15 ottobre u.s.. Essi hanno trovato arricchita la parte della cripta in cui è sepolto Padre Agostino. Sulla destra era posta una lapide con questa frase: “Ci sentiamo convinti di essere come un'ombra che passa ed il valore di ciascuno di noi è in rapporto al bene che facciamo, ai sacrifici che affrontiamo, al profuma della purezza, della carità e dell'umiltà che diffondiamo... Tutto il resto è nulla, è vanità delle vanità” (13 aprile 1945 Padre Agostino Castrillo). Parole da meditare e da far proprie. Sulla sinistra era stato collocato una vetrinetta contenente un suo abito da vescovo, una stola, una camicia, uno zucchetto, un rosario, una ciocca di capelli, un pezzetto di cordiglio ed un leggio: tutti oggetti appar- 26 tenuti a Padre Agostino e donati dai fedeli. La mattinata è proseguita con una solenne concelebrazione presieduta dal Ministro Provinciale di Puglia e Molise Padre Pietro Carfagna che ha auspicato una sempre maggiore collaborazione tra Pietravairano, Foggia e San Marco Argentano per la diffusione della conoscenza del Servo di Dio. Il pomeriggio è trascorso visitando Altomonte, una città d'arte che è considerata la più ingente testimonianza dell'arte goticaangioina in Calabria. Il 16 ottobre la commemorazione del Pio transito di Padre Agostino ha avuto luogo a Vairano Patenora nella chiesa di Sant'Orsola dove il parroco Don Pasqualino De Robbio ha predisposto una solenne concelebrazione che ha visto la presenza di molti parroci della Diocesi , del Ministro Provinciale Padre Pietro Carfagna e Padre Paolino Castrillo. Il Padre Provinciale all'omelia ha tracciato un dettagliato profilo del Servo di Dio ad un auditorio folto ed attento. Ha parlato del suo amore a Cristo, San Francesco e alla Mamma Celeste, delle sue doti di umiltà, semplicità, bontà, sensibilità ed apertura a tutti i fratelli. Padre Paolino Castrillo alla fine della cerimonia ha voluto ricordare un episodio della vita di Padre Agostino, quando, lui presente, di ritorno da Bologna fu predisposto, presso Capua, l'ultimo incontro con la mamma Concetta. L'emozione dei presenti era tangibile ma mamma Concetta rimase serena e alla fine disse al figlio: “Fatti santo, figlio mio, fatti santo !” Vita di famiglia 18 febbraio 2006 Pubblicazione del libro di Antonio Robbio “ Il Servo di Dio Padre Agostino Castrillo da Pietravairano” di Maria Ranucci L'Associazione pro-Servo di Dio ha tra i suoi compiti, la diffusione della conoscenza di Padre Agostino ed in tale ottica si pone la pubblicazione del libro di Antonio Robbio. L'autore, membro fondatore dell'Associazione, studioso della figura di padre Agostino ed a lui legato da vincoli di parentela, a conclusione delle celebrazioni previste per il centenario della nascita del Servo di Dio, ha raccolto, scrupolosamente, avvenimenti, testimonianze, foto. Il primo capitolo raccoglie “cenni biografici e commemorativi ” : dalla nascita a Pietravairano (CE) il 18 febbraio 1904, ne ripercorre l'infanzia, l'adolescenza, la formazione, le opere quale francescano, confessore, Maestro di spirito, parroco della Chiesa di Gesù e Maria in Foggia, Ministro Provinciale, Direttore spirituale degli studenti del Pontificio Ateneo Antoniano in Roma, Vescovo della Diocesi di San Marco Argentano e Bisignano (CS), lasciando ovunque una scia luminosa e profonda della sua santità avvolta dalla modestia francescana. Dopo la sua morte, avvenuta il 16 ottobre 1955, si susseguirono le manifestazioni di affetto e stima e nel 1970 il suo successore Mons. Luigi Rinaldi decise di istituire il Processo informativo diocesano sulla vita, le virtù ed i miracoli di Padre Agostino. Ci fu poi nel 1985 l'insediamento del Tribunale diocesano a San Marco Argentano da parte del Vescovo pro-tempore Mons. Augusto Lauro ed in seguito anche a Foggia, essi terminarono i lavori nel 1999. Nel 1996 a Pietravairano fu costituita l' Associazione pro-Servo di Dio “ Agostino Ernesto Castrillo - Vescovo” allo scopo di diffondere la conoscenza della sua figura. Solenni celebrazioni per il Centenario della nascita nel 2004 si sono tenute a Pietravairano, Foggia e San Marco Argentano. Nel 50° della morte, nel 2005, oltre alle tante commemorazioni, c'è stata, nella cripta della Cattedrale di San Marco Argentano, la ricognizione dei resti mortali del Servo di Dio. Il secondo capitolo “Le tappe del suo itinerario verso al croce” propone una disamina di Padre Amedeo Gravina tratta da “Un pastore per i nostri giorni Padre Agostino Castrillo” che analizza il servizio parrocchiale nella Chiesa di Gesù e Maria in Foggia, come testimone di povertà, avvocato dei poveri, sostegno dei malati, apostolo della predicazione e diffusore del messaggio francescano della speranza, della fratellanza, del perdono e della gioia e come anima eucaristica della parrocchia. Esamina ancora la sua attività di Ministro e Servo dei frati ed il suo itinerario di Vescovo crocifisso. Il capitolo terzo “Pensieri” riporta suoi pensieri pubblicati in testi di Pasquale Soccio, Padre Pietro Carfagna, Padre Leonardo Di Pinto, Padre Amedeo Gravina, Padre Vincenzo Gallo. Il capitolo quarto “ Appendice- documenti, testimonianze e articoli relativi al Servo di Dio” riporta tra gli altri l'atto di nascita di Padre Agostino; una lettera quasi autobiografica scritta a Padre Egidio Costantino; la sua prima lettera pastorale al suo venerabile clero e al diletto popolo delle gemini Diocesi; tante testimonianze tra le quali quelle di mons. Pasquale Marrocco di Pietravairano, quella di Padre Aurelio Porzio, quella dell'on. Gerardo De Caro, quella di mons. Luigi Fago e quella del dott. Antonio Filippelli suo medico curante; la lettera con cui mons. Augusto Lauro chiedeva il nulla osta per l'istituzione del processo di Canonizzazione e la relativa concessione della Sacra Congregazione per le Cause dei Santi; la costituzione del Tribunale Diocesano in San Marco Argentano; lo statuto dell'Associazione pro-Servo di Dio; il Decreto di validità giuridica del processo diocesano emesso dalla Congregazione delle Cause dei Santi; l'omelia del Cardinale Salva- tore De Giorgi nel centenario della nascita; brani stralciati dall'omelia di Mons. Tommasiello, vescovo di Teano-Calvi del 18 febbraio 2005. Il capitolo quinto è un itinerario fotografico che presenta Pietravairano, la mamma Concetta, i familiari, Padre Agostino con i confratelli e le tappe della sua vita fino alla fine e le commemorazioni che seguirono. Il capitolo sesto infine riporta “Schede cronologiche”: le tappe della vita, opere, celebrazioni e commemorazioni. Un bel libro, che si legge agevolmente, che ci rende più familiare la figura di Padre Agostino facendoci conoscere la sua vita e le sue opere, ce lo fa amare ancora di più nella speranza e nell'attesa del riconoscimento delle sue virtù. Il libro è stato presentato in un'apposita cerimonia il 18 febbraio 2006 dal dott. Marino Filippo Cavalleri, collaboratore esterno della causa di canonizzazione, dal Ministro Provinciale di Puglia e Molise Padre Donato Sardella, dal vescovo emerito di Cerreto SannitaSant'Agata dei Goti Mons. Felice Leonardo, dall'Amministratore della Diocesi di TeanoCalvi mons. Aurelio De Tora, dal Sindaco di Pietravairano Dario Rotondo e dal Presidente esecutivo dell'Associazione don Pasqualino Di Feola 27 Vita di famiglia Gioia e Gratitudine al Signore per il dono dei Fratelli Nella gratitudine al Signore per il dono dei fratelli, supplichiamo la Santissima Trinità affinché si degni di suscitare nella Chiesa nuove vocazioni. Lo chiediamo con il Santo Padre Giovanni Paolo II: «Tu, Signore del tempo e della storia, ci hai posti sulla soglia 28 del terzo millennio cristiano, per essere testimoni della salvezza, da Te operata per tutta l'umanità...risuoni solenne in ogni angolo del mondo l'inno “Veni, Creator Spiritus”. Vieni, o Spirito Creatore! Vieni a suscitare nuove generazioni di giovani, pronti a lavorare nella vigna del Signore, per diffondere il Regno di Dio fino agli estremi confini della terra. E Tu, Maria, Madre di Cristo, che sotto la croce ci hai accolti come figli prediletti con l'apostolo Giovanni, continua a vegliare sulla nostra vocazione». Vita di famiglia “Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre…” 6 settembre 2006 - Campobasso - Chiesa San Giovanni Vestizione religiosa di fra Marcello Francesco Maria Franzin Quali parole potrebbero essere sufficienti ed efficaci per spiegare l'amore che Dio prova per gli uomini? Come concepire l'umiltà di un Dio, più intimo della nostra coscienza, che si china sull'uomo e aspetta che egli gli dica solo un sì per venire ad abitare nel suo cuore? L'unico modo per cercare di vivere quell'Amore è lasciarsi cullare dalla sua misericordia e abbandonarsi tra le Sue grandi braccia , “come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Sal. 130). Con questi sentimenti di lode e ringraziamento verso l'Altissimo bon Signore anch'io oggi posso dire di aver sperimentato quell'Amore e aver accolto il suo invito a vivere, come il Poverello d'Assisi, da pellegrino e forestiero in questo mondo. E così “mi sono lasciato sedurre” (Ger 20, 7) e dopo tante difficoltà, ostacoli insormontabili agli occhi umani, ma non a Dio, e dopo due anni di discernimento con i fratelli maggiori fra Giancarlo, fra Andrea, fra Giuseppe e fra Carlo, anch'io ho detto al Signore: “Eccomi!” (Lc 1, 38), come Maria, e Lui mi ha accolto: con grande gioia, il 6 Settembre 2006, nella Chiesa di San Giovanni Battista a Campobasso ho ricevuto i “panni della prova”, a forma di croce, come Francesco voleva, alla presenza di un gran numero di frati della nostra Provincia di Puglia e Molise, di amici e parenti che hanno lodato con me il Signore per le Sue meraviglie! La vestizione ha avuto anche un carattere simbolico di inaugurazione e di nuovo slancio per il convento San Giovanni di Campobasso, da quest'anno nuova casa di Postulato della nostra Provincia. La mia speranza e il mio augurio è che continuino ad arrivare ancora altri fratelli pronti a dare la vita sull'esempio di Francesco e di Chiara, per riparare la casa del Signore! Affidando al Signore tutta la fraternità provinciale, chiedo a Lui la protezione, la forza e la fedeltà necessarie in quest'anno di noviziato, tempo di grazia privilegiato per l'incontro con Lui! Pace e bene a tutti! 29 Vita di famiglia 7 settembre 2006 - San Salvo - Chiesa Madre Ordinazione presbiterale di fr. Antonio Napolitano “Padre mio, io mi abbandono a Te, fa di me quello che ti piace. Qualunque cosa tu faccia di me, ti ringrazio... Ed è per me un 'esigenza d'amore il darmi, il rimettermi nelle tue mani, senza misura, con una confidenza infinita. poiché Tu sei il Padre mio.” Grazie a coloro che, non essendo più fisicamente presenti, continuano dal cielo a sostenermi, e a guidarmi sulla via della Vita. E infine voglio ringraziare colei, la Beata Vergine Maria, che mi ha chiamato a seguire le orme del Suo Figlio, verso la Santissima Trinità. (Charles de Foucald) 9 settembre 2006 - Capurso - Santuario Madonna del Pozzo Professione temporanea di: fr. Luca Maria Compagnone fr. Francesco Maria D’Aloia fr. Antonio Leone Maria Narici fr. Amedeo Francesco Ricco 30 "Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Iddio, ogni bene, tutto il bene, che solo sei buono"(S.Francesco), ti rendiamo grazie per il dono che da sempre ci hai preparato! Nel Battesimo, quando, ancora incapaci, i nostri genitori accolsero per noi la fede, ci avevi "messi da parte" per il tuo Vangelo, che oggi, sull' esempio di frate Francesco, nostro padre, scegliamo di vivere per essere più strettamente uniti a te. Non basterebbe la vita per cantare a te Signore, e a tutti questi fratelli il nostro grazie. Grazie per fr. Pietro Carfagna, ministro provinciale, cosi sollecito nell'accoglierci e guidarci alla tua sequela, e per i tanti che ci hanno guidato sulle tue orme: quei frati minori con i quali oggi siamo figli di Francesco, quelle sorelle povere figlie di Chiara che nel segreto ci hanno portati con sé dinanzi al tuo volto. ln te diciamo il nostro grazie a tutti, perché “riempi i loro cuori con la certezza d'essere stati prescelti per amare, lodare e servire. Fa gustare loro la tua amicizia, riempili della tua gioia e dei tuo conforto"(Giovanni Paolo II, Vita consecrata). ln te il nostro grazie ai genitori: siate ricolmi di gioia insieme con noi! Pensate che se Dio guarda i vostri figli, ha scelto da sempre anche voi, il vostro amore e quello dei vostri genitori prima di voi! Se guarda a noi, ha già scelto voi. Grazie per tutti i fratelli e le sorelle che ci hai donato, Signore, per tutti quelli che hai messo sul nostro cammino: per voi tutti pregheremo senza sosta, per i vostri nomi e i vostri volti nei quali il Signore ha disegnato il suo progetto. Ti ringraziamo Padre nella tua Chiesa, con tutto ciò che abbiamo, con la nostra fragile vita e tu con noi poveri racconta le tue meraviglie, la tua abbagliante bellezza! Che le nostre giovani vite, restituite a te, siano nel nostro mondo profumo del tuo passaggio, offerta che grida nel silenzio che infinite sono le domande ma la risposta una sola: Gesù Cristo, nostro Signore! E un ultimo grazie a te, Madre nostra, che in questo luogo santo sei onorata con il titolo di Madonna deI Pozzo, Regina di Misericordia. A te ci affidiamo! Tu, vera cantrice che magnifichi l'amore, "tu, pronta nell'obbedienza, tu coraggiosa nella povertà, tu accogliente nella verginità feconda, facci specchi della bellezza divina, perchè tutti camminino gioiosamente con noi verso la patria celeste, la luce che non conosce tramonto" (Giovanni Paolo II, Vita consecrata). Tu sua "figlia e ancella, tu sua sposa, tu sua madre" dona a tutti noi al termine di questa corsa che oggi soltanto inizia, di poter dire col tuo materno aiuto "non solo di averlo seguito, ma d'esser diventati Lui" (S.Agostino). Amen. Vita di famiglia 10 settembre 2006 - Cattedrale di Barletta Ordinazione Diaconale di fr. Alessandro Mastromatteo fr. Giuseppe Dimaggio fr. Mimmo Scardigno fr. Francesco Cicorella “Si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse. Versò dell'acqua, cominciò a lavare i piedi...” Gv 13, 4-5 Al termine di questa solenne celebrazione, a nome personale e degli altri miei confratelli elevo un grazie sincero al Signore per averci resi ministri al servizio della Sua Parola e degli ultimi. Un ringraziamento sentito e speciale a S. E. Mons. Michele Seccia, che benevolmente ha accettato di rendersi strumento nelle mani di Dio ordinandoci Diaconi della Santa Chiesa. A lui rivolgo, inoltre, il mio grazie personale per la cura, l'attenzione e il senso di paternità che mi ha sempre dimostrato sin dalla fanciullezza, quando da parroco mi accoglieva per prestare servizio come ministrante durante le liturgie, o quando, più volte, mi ha aiutato a far chiarezza nella mia iniziale storia vocazionale con Dio. Non possiamo, inoltre, dimenticarci del nostro Ministro Provinciale e dei confratelli che, con la loro preziosa presenza e vicinanza ci permettono di vivere il grande valore della fraternità, dimensione tanto amata e raccomandata dal nostro serafico Padre San Francesco. Ringraziamo, inoltre, i nostri parroci e i sacerdoti qui convenuti... per il loro affetto e la costante presenza. Un grazie speciale e doveroso va anche a don Vito Carpentiere e alla corale “San Giovanni Apostolo” per l'animazione dei canti e per il grande impegno nella preparazione. Tra noi c'è anche una presenza di fratelli detenuti che gioiosamente hanno chiesto ed ottenuto di vivere la bellezza di questa festa e a cui non possiamo non rivolgere il nostro grazie. Un sentito ringraziamento, inoltre, alle nostre fraternità con cui abbiamo condiviso la bellezza dello stare insieme, ed anche alle nuove fraternità ove siamo stati designati. Infine, ma non in ultimo, infinitamente grazie a voi tutti: famiglie ed amici che, anche da posti molto lontani, avete voluto cantare con noi le lodi al Signore per la grandezza della Sua Bontà. La Beata Vergine Maria vegli sempre sui nostri passi, ci confermi nella fede e soprattutto continui a sussurrare nel nostro cuore: “fate quello che vi dirà.” Amen! 31 Musica Roberto Bignoli: musica e missione per i giovani di Carlo Climati Aumentano sempre di più le testimonianze di artisti che propongono messaggi in favore della vita e diventano modelli positivi per i giovani. Un caso significativo è quello di Roberto Bignoli, cantautore portatore di handicap. Roberto ha affrontato da bambino l'esperienza della povertà e della malattia, per passare successivamente a quella della droga e del carcere. Figlio di una ragazza madre, si è ammalato di poliomielite ed ha vissuto per anni in vari istituti. Poi, l'amore per Gesù ha cambiato radicalmente la sua vita. Oggi Roberto Bignoli è uno dei più noti e apprezzati cantautori di ispirazione cristiana. Nel dicembre 2001 ha ricevuto a Washington il premio “Unity Awards”, come migliore artista cristiano internazionale. Si divide tra la musica e l'impegno per la famiglia. Sposato con Paola, è papà di due bellissime bimbe: Mariastella, nove anni, e Mariachiara, di cinque. Oltre all'amore, Roberto e Paola condividono un'altra bella esperienza. Hanno creato un sito Internet per far conoscere la musica cristiana ai giovani di tutto il mondo (www.informusic.it) con notizie, biografie degli artisti, foto, segnalazioni di concerti, libri specializzati e recensioni di dischi. In questa intervista Roberto 32 Bignoli ci racconta il suo rapporto con la musica e con Dio. Roberto, che valore può avere la musica, nella vita di un giovane? “La musica ha un grande valore nella vita di un giovane. In base allo stato d'animo, un ragazzo ascolta la musica che trova più conforme alla sua esperienza e alle sue conoscenze. Riconoscersi in essa, è fonte di ispirazione e di riflessione, ma è anche compagnia ed espressione dei propri sentimenti”. E nella tua vita, che valore ha la musica? ”Cantare è il mio modo d'esprimermi. Ognuno di noi deve rispondere alla chiamata del Signore offrendo le proprie capacità, affinché possano essere utili agli altri. Bisogna andare incontro ai ragazzi, cercando di capire i loro problemi e aiutandoli a trovare il senso della vita”. La musica può anche diventare preghiera? “Ogni volta che parliamo di Dio e delle meraviglie che ha creato, e trasmettiamo la gioia di tentare di camminare al suo fianco, Lui è con noi. Pertanto, sicuramente una canzone può diventare una preghiera. Ma ovviamente non sostituisce la preghiera personale o la partecipazione ai Sacramenti. E' un aiuto in più per avvicinarsi alla parola del Signore, un mezzo per arrivare al Vangelo”. Una delle tue canzoni più famose, “Ballata per Maria”, è dedicata alla Madonna. Che rapporto hai con la madre di Gesù? “Il mio rapporto con Maria è molto bello e vivo. E' stata Lei che mi ha donato la grazia della conversione del cuore, che mi ha dato luce dove vedevo il buio, speranza dove mi sentivo perso e gioia di essere figlio quando nella mia vita il calore materno spesso, per molte ragioni, è mancato. In Lei ho trovato la mamma, la guida e la pace del cuore. Ecco perché spesso mi rivolgo a Lei con le mie canzoni. E' il bene più prezioso della mia vita”. Quale futuro speri per le tue figlie? “Spero sicuramente che i valori di cui parlo, e che vivo insieme a mia moglie Paola, diventino anche i loro valori, nella semplicità e nella libertà. Desidero che imparino a camminare nella strada del Signore e a comprendere tutta la ricchezza spirituale che in essa si trova. Spero che riescano a condividere insieme la gioia dell'essere figli di Dio e possano fare della loro vita una missione di speranza, pace e amore secondo la Sua volontà. Poi, premesso tutto questo, che facciano quello che sentono nel cuore, con onestà e volontà”. Cinema CINEMATOGRAFO.IT Sottile e insolito ritratto di Maria, interpretata dalla ragazza delle balene Keisha Castle-Hughes. In regia con stile Catherine Hardwicke di Rosario Tronnolone Un film che si apre con la strage degli innocenti e si chiude col Magnificat. Catherine Hardwicke guarda il Natale attraverso gli occhi di Maria, di cui offre un ritratto sottile e insolito, e alla cui adolescenza rivolge sguardi attenti e inteneriti. Maria ci viene mostrata nella povera quotidianità di Nazareth, tra le ragazze del suo villaggio, intente alla semina. Keisha Castle-Hughes, la giovanissima attrice che la interpreta, ha un volto che sa incupirsi di caparbietà infantile e illuminarsi di fiducia. Non è la più graziosa, non è la più vivace, niente indica in lei l'eccezionalità della prescelta. Eppure, per un disegno misterioso, è lei che Dio ha benedetto fra le donne. È poco più di una bambina, si unisce al coro dei piccoli che imparano la Bibbia, ripete, senza capire veramente, che Dio non è nel fuoco, né nel vento, ma in un mormorio indistinto, appena percepibile. Un giorno suo padre le comunica che sposerà Giuseppe. È un uomo buono, onesto, sensibile. Ma Maria non lo ama. Perché non può decidere della propria vita? Perché altri devono sceglierle il marito? E poi accade l'inaudito. Dio manda il suo angelo in un mormorio leggero, nel fruscio d'un volo d'uccello. Le annuncia l'impossibile, e sembra abbandonare l'eletta al pubblico ludibrio, ai sorrisi maliziosi, ai pettegolezzi della gente. Perfino al pericolo della lapidazione. Nemmeno Giuseppe è disposto ad accettare un simile disonore. Ma Maria non implora di essere creduta, ha il coraggio della sincerità. Alla vivacità della comunità di Nazareth, si contrappone il mondo livido e immobile dei potenti. Erode, cui Ciaran Hinds presta un volto che ha la fissità grave delle maschere funebri, è ossessionato dalla paura di perdere il potere e si sta costruendo una tomba. Nella rappresentazione della nascita di Cristo il film perde di originalità, o piuttosto non la cerca, preferendo una raffigurazione tradizionale del presepe, quasi che il cinema facesse un passo indietro per inchinarsi al Mistero. Il Magnificat chiude il film, ma pervade in realtà ogni scena. Assente al momento della visitazione - a parte un bellissimo accenno all'“umiltà della sua serva” (“Perché io? Non sono niente.”) - ritorna nel finale, durante la fuga in Egitto, quando Maria medita nel suo cuore le parole sgorgate nel pieno della gioia. “Grandi cose ha fatto l'Onnipotente”: si è fatto compagnia agli uomini, pellegrini nel deserto. 33 Libreria Pubblicazione di Ignazio Loconte Come neve che cade e non si posa Con fervore, meraviglia e un po' d'ironia, Francesco si racconta agli uomini di oggi. Protagonisti non gli eventi, universalmente noti, ma i sentimenti. In luogo dell'immagine stereotipata del santo, si profilano prima il ritratto di un giovane inquieto, materialista, quasi superficiale ("animo impuro in un corpo di peccatore"), poi l'inusitato percorso di una vita tesa alla ricerca dell'appagamento di un bisogno viscerale e prepotente: il contatto con l'amore assoluto e totalizzante. Un Francesco desueto, dunque, si rivela attraverso queste suggestive pagine in cui è chiaramente percepibile tutta la freschezza del suo trascinante entusiasmo e che sentiamo ancor più "fratello" perché vittima di pulsioni e incertezze comuni a noi tutti. Scendendo nei dettagli, l'intenzione dell'autore è duplice: da un lato il taglio del racconto è quello del romanzo di formazione: Francesco ricorda secondo un ordine cronologico che inizia dalla fine, cioè dal suo “transito”, per poi invitare il lettore a viaggiare accanto a lui nella sua avventura terrena , fatta di lotte interiori e di conflitti spirituali, che sono quelli in cui qualsiasi contemporaneo può riconoscersi. Ciò diviene un implicito invito a ripensare questo percorso ascetico e considerarlo non abbandonato e relegato nelle pieghe di un tempo passato, ma assolutamente attuale e possibile. Ovvero non serve andare in India per trovare una pace esistenziale, ma il tesoro nascosto è qui, in qualche anfratto del tempo presente e in qualche luogo del cuore nei pressi della città degli uomini. Alla fine, se ci si fa affascinare dalla storia, pian piano la figura di Francesco d'Assisi diventa una controfigura della nostra, tanto che il finale a sorpresa, ben diverso da quello delle sterminate biografie sull'argomento, è un esplicito invito a passare dal libro alla vita. L'altro intento di Ignazio Loconte è quello di riprendere la visione medievale della vita, di recuperare il senso dell'incanto (in un mondo disincantato ) e del meraviglioso (in una società materialista) e per far ciò ha guardato la storia con Francesco attraverso lo stilema pittorico degli affreschi giotteschi di Assisi. Entrando nel libro si entra nel ciclo narrativo, con i suoi colori, le sue emozioni, l'intreccio prospettico di un mondo che non è solo ad una dimensione. Dal punto di vista stilistico la narrazione ha la forma schematica e discorsiva sia nei tratti formali che nella sintassi della sceneggiatura filmica di cui imita la composizione e il tratteggio di alcune ambientazione tipiche dello story-bord. Il volume è in vendita in esclusiva presso la Libreria “Edicolé” in piazza del Lago a Foggia. BIOGRAFIA Ignazio Loconte è nato a Fasano in provincia di Brindisi, e attualmente vive a Foggia. E' baccellierato in teologia, laureando in beni culturali. Collabora come pubblicista per varie testate di informazione religiosa. E prezioso collaboratore della nostra rivista. Il beato Giacomo, suo primo romanzo, è stato tradotto in più lingue. Alla sua opera Come neve che cade e non si posa è stato assegnato il premio letterario-editoriale “L'autore” per la narrativa. E' insegnante di religione presso il Liceo Scientifico Volta di Foggia. 34 Premio “L'autore” Il premio “L'autore” nato a Firenze nel lontano 1970, si caratterizza tra i premi letterari italiani per impostazione organizzativa in quanto premio essenzialmente editoriale promosso con intenti di vera attenta ricerca dedicata alle opere inedite di autori italiani e stranieri. Pianeta giovane 35 Tu che capisci come in questo scorrere del tempo siamo come naufraghi sbattuti tra tempeste e marosi piuttosto che gente che cammina sulla terra solida non distogliere lo sguardo da questa stella, se non vuoi essere travolto dalle tempeste se insorgeranno i venti delle tentazionise incorrerai negli scogli delle tribulazioni guarda la stella invoca Maria se sarai sbattuto dalle onde della superbia, e dell'ambizione, della detrazione, della rivalità aspra guarda la stella, invoca Maria se l'iracondia, o l'avarizia, o il desiderio disordinato avranno sconquassato la navicella della tua mente, guarda la stella, invoca Maria se turbato dalla grandezza dei tuoi peccati confuso dalla coscienza del tuo grande errore atterrito dal terrore del giudizio divino incomincerai ad essere inghiottito nel baratro della tristezza e nell'abisso della disperazione pensa a Maria nei pericoli, nelle angustie, nelle cose dubbie pensa a Maria, invoca Maria seguendo Lei, non sbagli strada pregando Lei, non sarai disperato pensando Lei, non cadi in errore se Lei ti tiene, non cadrai se Lei ti protegge, non avrai paura se Lei ti guida, non ti stancherai se Lei ti è propizia, giungerai alla meta San Bernardo di Chiaravalle