Primo incontro con la vela

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Primo incontro con la vela
Primo incontro con la vela
argomenti e disegni tratti da internet e assemblati a cura di Roberto Buongiorno
edizione 2009
Piccolo dizionario
Abbordare o accostare: affiancare con una
barca un‟altra fino a toccarla. Esistono normative
internazionali di precedenza in mare per evitare
abbordi e collisioni.
Abbrivio: il movimento di inerzia che ha la barca
dopo aver cessato le azioni di propulsione.
Albero: asta che si innalza verticalmente dalla
barca per sostenere la velatura principale definita
randa ed è fissato verticalmente nello scafo.
L‟albero di una barca di classe Coppa America
supera i 30 metri.
Alette: appendici idrodinamiche sul bulbo di
zavorra; aumentano la portanza e riducono i
vortici.
Amantiglio: cavo fissato all‟estremità libera del
boma che passando per la testa dell‟ albero, ne
sostiene il peso quando la randa non è issata.
Una volta alzata la randa, l‟amantiglio viene
allentato oppure per manovrare lo spinnaker o il
gennaker viene sganciato dal boma e fissato al
tangone.
Ammainare: abbassare, far scendere o calare.
Riferito principalmente alle vele.
Andatura: la direzione del vento e l‟asse
longitudinale della barca determinano un angolo
che in funzione della sua ampiezza prende i nomi
di bolina, bolina larga, traverso, lasco, giardinetto,
poppa. Le andature portanti (poppa, lasco e gran
lasco) sono quelle in cui il vento colpisce
l‟imbarcazione con un angolo superiore ai 90°;
con un angolo di 90° la barca è al traverso, con un
angolo di meno di 90° si naviga di bolina.
Arare: insufficiente tenuta di un‟ancora sul fondo.
L‟ancora che striscia sul fondo si dice che “ara”.
Avere scarso: momento sfavorevole causato da
un salto o da un buco di vento.
Babordo: termine di origine francese che indica il
lato sinistro della barca.
Carena: la parte immersa dell‟imbarcazione. E‟
detta anche opera viva.
Balumina: il bordo del lato della vela dal quale
esce il vento.
Caricabasso: cavo fissato all‟estremità libera del
tangone che insieme all‟amantiglio lo spostano in
alto o in basso, per la regolazione dello spinnaker
e del gennaker.
Barra: asta montata sulla parte superiore
dell‟asse del timone per poterlo manovrare
manualmente.
Base: lato inferiore della vela.
Cazzare: tirare (termine da non usare in barca)
per esempio una scotta per manovrare la vela.
L‟opposto è lascare.
Bastone: tipo di percorso di regata a due boe,
poste lungo la direzione del vento Si parte
risalendo il vento (bolina), si conclude con un lato
di poppa.
Challenger: sfidante.
Beccheggio: movimento oscillatorio provocato
dal moto ondoso sull‟asse longitudinale della
barca.
Coffee grinder: in italiano “macina caffè”, è un
grosso
winch
(verricello)
ovvero
un
demoltiplicatore di forza come lo è il cambio nella
bicicletta e come questa, ha due pedali che
vengono azionati a mano da uno o due marinai.
Serve a cazzare le scotte.
Bolina: è il primo lato della regata. La bolina
stretta è quando tra la direzione del vento
apparente e l‟asse della barca è fra 30 e 45 gradi;
in bolina larga l‟angolo è tra i 45 e i 60 gradi.
Boma: asta rigida perpendicolare all‟albero su cui
è inserito il lato orizzontale e inferiore della randa.
Bordeggiare:
nell‟andatura
di
bolina
procedimento a zig zag con una serie di virate di
prua per risalire il vento.
Bordo: il lato di dritta (destra) e di sinistra della
barca. Un tratto di mare percorso sempre sullo
stesso lato. Per il velista tirare due bordi è
l‟equivalente del fare due passi.
Brezza: vedi vento.
Bugna: l‟angolo della vela dove viene passata e
annodata la scotta.
Bulbo: zavorra (peso) a forma di supposta fissata
all‟estremità di quella lama (detta pinna) situata
nella parte immersa dell‟imbarcazione. Il bulbo
serve a bilanciare la spinta che il vento esercita
sulle vele, senza il quale la barca a vela si
troverebbe a facili scuffie (capovolgimenti).
Cima: termine marinaresco
genericamente una corda.
per
indicare
Corpo morto: oggetto di appropriato peso
poggiato sul fondo per ormeggiarvi una boa, un
piccolo natante o altro.
Crocette: aste che distanziando le
dall‟albero riducono gli sforzi su questo.
sartie
Cyrcling: i cinque minuti prima della partenza
sono di fondamentale importanza in un match
race e spesso decidono l‟esito della regata. Le
barche tentano di mettersi in difficoltà a vicenda,
con manovre aggressive e al limite della penalità.
Il circling è un‟ottima strategia per „ammazzare il
tempo‟, misurandosi con la barca avversaria.
Dare fondo: lasciar cadere l‟ancora in mare.
Dislocamento: il peso del volume d‟acqua
spostato dalla parte immersa della barca.
Dritta: termine con cui in marina si indica la
destra.
Drizza: ognuna delle scotte che passando
all‟interno arrivano in testa d‟albero e permettono
di issare le vele.
Buono: momento favorevole di un salto di vento.
Caramella: forma che secondo la denominazione
assume lo spinnaker quando si attorciglia su se
stesso. È un inconveniente che può succedere
quando viene issato o per un salto di vento.
Fiocco: vela di prua a taglio triangolare, con un
lato inferito nello strallo di prua.
Genoa: vela simile al fiocco ma di maggiore
superficie.
Gennaker: prende il nome dal genoa e dallo
spinnaker essendo una vela di dimensioni e
funzioni intermedie, asimmetrica leggera di prua
adatta alle andature con vento al lasco. In Coppa
America, nel lato di poppa, si utilizzano vele
asimmetriche con vento leggero (fino a 13-15
nodi)
Giardinetto: vedi andatura.
dunque non c‟è un lato che riceve prima il vento,
procede con mure a dritta - e quindi con
precedenza di rotta - chi ha il boma sulla sinistra
rispetto all‟asse della barca.
Nodo: vedi miglio.
Opera morta: tutta la parte visibile non immersa
dell‟imbarcazione.
Gioco: con questo termine si intende il gioco di
vele ovvero il numero di queste, che la barca tiene
a disposizione. Nell „America‟s Cup ogni
imbarcazione può averne fino a 60, naturalmente
non tutte a bordo.
Opera viva: la parte immersa dell‟imbarcazione.
G.p.s.: Global Positioning System, è il sistema di
rilevamento della propria posizione tramite una
serie di satelliti che trasmettono ad una ricevente
situata a bordo.
Paterazzo: cavo di collegamento tra la testa
d‟albero e la poppa. Insieme allo strallo e le sartie
tiene l‟albero in piedi.
Gybe Set: manovra che si effettua quando si
vuole cominciare il lato di poppa su mure opposte
rispetto a quelle dell‟arrivo in boa di bolina.
L‟equipaggio deve preparare lo spi su quelle
mura. L‟issata di spi sulle stesse mure viene
invece chiamata “bear away”.
Inferire: collegare un lato della vela allo strallo per
il fiocco e il genoa all‟albero e al boma per la
randa.
Ingaggio: due barche sono ingaggiate quando la
prua di una è allineata alla poppa dell‟altra ad una
distanza non superiore di due volte la lunghezza
della barca più grande.
Orzare: timonare la barca in modo da portare la
prua verso la direzione del vento. L‟opposto è
poggiare.
Penna: angolo della vela che viene portata in
testa d‟albero tramite una drizza.
Piede: misura inglese usata per indicare la
lunghezza dello scafo. Un piede = 0,3048 m.
Poggiare: allontanare la prua dalla direzione del
vento. L‟opposto è orzare.
Poppa: la parte posteriore dell‟imbarcazione. Si
usa anche per definire l‟andatura con il vento in
poppa.
Pozzetto: spazio a poppa dove trovano posto il
timoniere e tutti i membri dell‟equipaggio che non
siano impegnati in manovre a prua.
Issare: alzare.
Prodiere: addetto alle manovre di prua.
Lay Line: la linea ideale immaginaria da seguire
in regata per raggiungere la boa nel minor tempo.
Prua: la parte anteriore dell‟imbarcazione.
Lascare: allentare una scotta o un cavo in
trazione.
Randa: la vela triangolare principale tra il boma e
l‟albero.
Lasco: vedi andatura.
Rifiuti: turbolenze create dalle vele.
Miglio: il miglio marino equivale a Km 1,852. In
genere, in mare la velocità è espressa in nodi. Un
nodo = un miglio.
Sàrtie: disposte a dritta e a sinistra dell‟albero
collegano quest‟ultimo alle fiancate.
Mure: fianco della barca colpito dal vento. La
barca con mure a dritta (destra) ha la precedenza
su una barca con mure a sinistra.
Mure a dritta: ricevere il vento sul lato destro
dello scafo e avere per questo precedenza di rotta
nei confronti di chi riceve il vento sul lato sinistro.
Quando la barca procede con il vento in poppa, e
Scarso: momento sfavorevole di una salto di
vento.
Scotta: cavo tessile che fissato alle vele ne
permette la manovra.
Sopravvento: lato della barca colpito dal vento.
Essere sopravvento, rispetto ad un‟altra barca in
una andatura di bolina significa avere un
vantaggio in quanto la barca B che è sottovento
difficilmente potrà superare A perchè B si troverà
senza vento dietro le vele di A.
scorrettezza e applicano all‟istante la punizione.
Gli Umpire sono utilizzati sia nelle regate di flotta,
sia nei match race dell‟America‟s Cup
Sottovento: il contrario di sopravvento.
Vang: un paranco nelle barche più piccole, o un
pistone in quelle più grandi, che fissato tra il piede
dell‟albero e il boma abbassa quest‟ultimo.
Spinnaker: spesso abbreviato SPI, è quella
grande vela colorata che viene issata a prua nelle
andature con vento a favore.
Stazza: per le navi è il volume interno delle stesse
espresso in tonnellate. Nelle regate, quale
l‟America‟s Cup, la barca viene stazzata secondo
le regole della Stazza Internazionale e viene
espressa in metri.
Strallo: cavo in acciaio teso tra la testa d‟albero e
la prua.
Strambare o virare di poppa: manovra fatta con
il vento in poppa, consiste nel far passare il boma
e quindi anche la randa dal lato sinistro a quello
destro e viceversa.
Tangone: asta che viene fissata da una parte
all‟albero per mezzo di una campana e dall‟altra
allo spinnaker. Tramite due cavi detti caricabasso
e amantiglio vengono attuate le varie correzioni.
Trappa del corpo morto: cima che arrivare al
corpo morto.
Traverso: vedi andatura.
Umpire: gli Umpires sono come tutti gli altri
“arbitri” sul campo, verificano un‟eventuale
Vento: oltre al nome e alla direzione di
provenienza è importante l‟intensità del vento che
determina la scelta delle vele. Più grandi e
leggere con vento leggero, più piccole ma di
tessuto più pesante e resistente con venti tesi.
L‟insieme di vele che vengono adoperate nelle
varie situazioni si chiama “gioco di vele”.
L‟intensità e quindi la velocità del vento è
classificata secondo una scala detta Beaufort.
Riportiamo qui di seguito questa scala ovvero i
venti possibili nell‟America‟s Cup. Sopra o sotto
questi valori la giornata di regata verrà rimandata.
Verricello: posizionati generalmente intorno al
pozzetto, di dimensioni diverse a seconda delle
trazioni che devono sostenere sono detti anche
winch e consistono in un cilindro che ruota su se
stesso solo in senso orario. Per esempio sul
winch viene girata per 3-4 volte la scotta.
Virare: nelle rotte fatte a zig zag per risalire il
vento, indica il cambio di direzione della prua.
Volante: le volanti sono due sartie di sicurezza
che vengono messe in forza alternativamente solo
dalla parte sopravvento.
Winch: vedi verricello.
Regole di precedenza
ROTTE PARALLELE
Quando due unità hanno due rotte parallele o parallele ed opposte devono continuare la loro rotta senza
effettuare alcuna manovra
ROTTE OPPOSTE TRA DUE UNITA' A MOTORE
Quando due unità a motore si vanno incontro con rotte opposte o quasi, ognuna deve accostare a dritta in
moda da passare sulla sinistra dell'altra.
ROTTE D'INCROCIO TRA DUE UNITA' A MOTORE
Quando due unità a motore hanno rotte d'incrocio quella che rivela l'altra sulla dritta deve lasciare a questa
la la rotta libera manovrando in modo deciso e tempestivo
ROTTE D'INCROCIO TRA UNA UNITA' A MOTORE E UNA UNITA' A VELA
Una barca che sta procedendo a vela ha sempre precedenza di rotta nei confronti di una barca a motore ad
eccetto i seguenti casi:





quando ha una rotta raggiungente
quando incrocia una nave che non governa
quando incrocia una nave vincolata da suo pescaggio
quando incrocia una nave con manovrabilità limitata
quando incrocia una nave impegnata in operazioni di pesca
ROTTE D'INCROCIO TRA DUE UNITA' A VELA CHE PRENDONO IL VENTO DA DUE LATI DIVERSI
Ciascuna delle due barche prende il vento da due lati diversi; quella che naviga con le mure a sinistra (barca
A) deve lasciare libera la rotta a quella che naviga con mura a dritta (barca B)
ROTTE D'INCROCIO TRA DUE UNITA' A VELA CHE PRENDONO IL VENTO DALLO STESSO LATO
Quando ciascuna delle due imbarcazioni prende il vento dallo stesso lato, quella che è sopravento (barca B)
deve lasciare libera la rotta a quella che è sotto vento (barca A)
ROTTA RAGGIUNGENTE TRA BARCHE A MOTORE
La barca raggiunta mantiene rotta e velocità, quella che ha una rotta raggiungente invece può transitare a
dritta oo a sinistra della barca raggiunta, ma deve comunque lasciare libera la rotta.
ROTTA RAGGIUNGENTE TRA BARCHE A VELA
Una barca a vela che raggiunge un'altra barca a vela transita sul lato di sotto vento (regola di cortesia)
Nozioni
La vela costituisce uno dei più antichi sistemi di
propulsione noti ed utilizzati dall'uomo (si hanno
indicazioni di imbarcazioni a vela risalenti a circa
6000 a.C.). Della vela hanno fatto uso gli egizi nel
4000 a.C. per le loro imbarcazioni di canne di
papiro. Greci, Fenici ed Arabi fecero uso di vele
per dominare le rotte dei mari. Le imbarcazioni
tradizionali a vela lungo le coste del Vietnam
sono fondamentalmente quelle inventate dai
cinesi nel 3000 a.C.
Le imbarcazioni in uso fin dall'età antica sono
quelle a vele quadre, montate su pennoni
perpendicolari all'asse longitudinale della nave,
incapaci di risalire il vento. Esse hanno dominato
l'antico Mediterraneo (mentre erano state nel
contempo inventate indipendentemente in Cina
ed Ecuador) e si sono poi diffuse nel Nord
Europa. Benché le vele triangolari erano già
diffuse nelle più moderne imbarcazioni, le vele
quadre hanno continuato ad armare le navi per
tutto il periodo d'oro della navigazione a vela (1619esimo secolo) e fino ai nostri giorni. Le più
moderne vele triangolari latine, sono apparse
nel IX secolo per poi diffondersi in tutto il
Mediterraneo (probabilmente d'ispirazione araba)
ed, indipendentemente, nell'Oceano Indiano e
nell'Oceano Pacifico (a partire dalle vele a V);
esse continuano tutt'oggi ad essere usata in tutto
il mondo. Tra il 16esimo ed il 19esimo secolo,
altre vele con migliori capacità di risalire il vento
sono state sviluppate in Europa, come la vela
aurica, il fiocco, la vela di straglio e la randa.
Nel 1870 i vapori circolanti superano i velieri per
numero. Nel 1875 solo tre paesi, Canada,
Norvegia, e Italia costruivano ancora navi a vela.
Il colpo di grazia arrivò dall'apertura del canale di
Suez, intransitabile alle navi a vela.
Una vela è una superficie intesa a generare spinta
quando su essa agisce il vento. Il principio di
funzionamento è identico a quello di un'ala
orientata verticalmente, che genera portanza
tramite le forze aerodinamiche indotte dal vento
che agiscono su di essa. La forza esercitata dal
vento è detta spinta velica ed è sempre
ortogonale al profilo della vela, quale che sia il
suo angolo di incidenza con il vento. Ciò è dovuto
ad un fenomeno fluidodinamico noto come
principio di Bernoulli, e la spinta velica è la
risultante della differenza di pressione del vento
sul lato sopravento e sottovento della vela. Alla
vela è conferita una forma concava, tale che sia
minimo l'angolo iniziale di incidenza della vela col
vento.
La forza di spinta velica può decomporsi in due
forze in due diverse direzioni: una in direzione del
moto della barca e una ortogonale a tale moto. La
prima componente è detta forza propulsiva e
rappresenta la forza utile che spinge avanti
l'imbarcazione. La seconda, detta forza di
scarroccio, provoca lo spostamento laterale (lo
scarroccio, appunto) dell'imbarcazione e lo
sbandamento dello scafo.
Nelle imbarcazioni a vela una chiglia o una
deriva vengono usate per contrastare la
componente laterale di questa spinta, al fine di
sfruttarne solo la componente propulsiva atta a
produrre il movimento in avanti della barca. In
questo modo l'imbarcazione è in grado di
raggiungere velocità pari anche a 2-3 volte quella
del vento.
La forma della vela influenza la spinta; variazione
nella forma della vela possono essere ottenute
agendo sulle manovre di un'imbarcazione e
vengono indicate con gli aggettivi magro e grasso,
indicando nell'ordine una vela con minore o
maggiore portanza.
Lo scarroccio (da distinguere dalla deriva dovuta
invece alla corrente) provoca uno scostamento
della prua dalla rotta, scostamento che comporta
un angolo di incidenza positivo sulla superficie di
deriva che produce a sua volta una forza opposta
alla componente laterale della spinta delle vele.
Le vele possono essere classificate dalla loro
forma in:




vele quadre, adatte alle andature portanti
ma non idonee per risalire il vento, hanno
una forma quadrata o a trapezio isoscele.
Queste vele sono caratteristiche dei
grandi velieri e prendono il nome dal
pennone al quale sono issate.
vele
auriche
hanno
una
forma
trapezoidale e si stendono a poppa degli
alberi, mantenute tese nella parte
superiore da un pennone detto picco e
nella
parte
inferiore
da
un'asta
orizzontale, e quindi parallela al ponte,
detta boma
vele latine mantengono la forma
triangolare dei velieri romani e sono
mantenute tese da un'antenna che viene
diagonalmente issata sull'albero.
vele bermudiane hanno forma triangolare,
mantenute tese dall'angolo superiore,
inferite lungo un lato all'albero e fissate
alla base al boma.
Vela quadra
Vela aurica
Vela latina
Vela bermudiana
Altre vele triangolari sono:


i fiocchi, che vengono issati a prua sul
bompresso, sugli stragli e sulle draglie
di prua. Su un veliero possono essere
issati fino a quattro fiocchi di prua.
le vele di straglio che vengono issate tra
un albero e l'altro, scorrendo sugli stragli.
L'attività velica contemporanea si basa quasi
esclusivamente su vele di forma triangolare: la
randa, derivata dalla randa bermudiana, e il
fiocco costituiscono infatti i due principali e
fondamentali tipi di vela utilizzati nello sport velico
contemporaneo. Esistono però diversi altri tipi di
vela, adatti a diverse condizioni di vento e di
navigazione, tra i quali, alcuni dei principali sono:




Genoa
Spinnaker
Gennaker
MPS (Multi
asimmetrico.
Purpose
Sail)
a
taglio
La barca a vela è un tipo di imbarcazione la cui
propulsione è affidata prioritariamente allo
sfruttamento del vento e in cui il motore riveste
solo un'azione di supporto specialmente nelle
manovre in porto. La vecchia legislazione definiva
imbarcazione a vela con motore ausiliario le unità
da diporto munite di motore (entro o fuori bordo)
con potenza espressa in cv. inferiore al 50% della
superficie velica misurata in metri quadrati (Es.
2
superficie velica 80 m , potenza massima 40 cv.).
Le unità con potenza maggiore sono definite
motorsailer, questo tipo di imbarcazione affidano
alle vele un ruolo secondario.
Parti della vela
Diagramma che mostra i nomi delle parti di una randa marconi (o randa bermudiana).
In una vela triangolare, il bordo inferiore di una
vela è chiamato base o piede della vela, mentre il
vertice superiore è noto come angolo di penna o
di drizza (la drizza è un cavo metallico o una cima
che viene fissato alla penna e serve ad issare la
vela). I due angoli inferiori della vela, alle
estremità della base, vengono detti angolo di
mura e angolo di scotta (la scotta è una cima che
serve a regolare la tesatura della vela) o di bugna.
L'angolo di mura è ancorato ad un punto fisso
della barca, mentre l'angolo di scotta è mobile.
Il lato della vela che va dall'angolo di penna
all'angolo di mura viene chiamato inferitura o
caduta prodiera, mentre il lato che va dall'angolo
di penna all'angolo di scotta è chiamato balumina
o caduta poppiera.
La forma delle vele è raramente un triangolo
perfetto; nella randa moderna i costruttori di vele
aggiungono un arco (detto allunamento) che si
estende oltre l'ipotetica linea retta della balumina,
al fine di aumentare la superficie della vela in alto
dove la pressione del vento è maggiore.
Le barche a vela si possono distinguere in
"derive", vale a dire piccole barche, normalmente
sotto i 5-6 metri, non abitabili, senza motore,
destinate ad un uso sportivo o a brevi escursioni e
"barche a chiglia" ovvero barche dotate di una
chiglia appesantita (o bulbo) ed in genere
attrezzate per una permanenza più lunga (ad
esempio con spazi per cucinare, dormire, bagni,
ecc.) e navigazioni a più ampio raggio.
Federazione Italiana Vela, (FIV) in Italia, da altri
enti all'estero. Con il termine "Classe" è inteso
uno specifico modello d'imbarcazione (Classe
Optimist, Laser, 420 ecc.) che oltre ad avere il
nome di progetto è dotato di simbolo di
riconoscimento, normalmente stampato sulla
randa, vicino l'angolo di penna (Es. Optimist= O
con una I intersecata, Snipe= un beccaccino,
Star= una stella e così via). Normalmente, subito
sotto questo simbolo, sono ubicati i numeri velici
(da considerarsi come la targa dell'imbarcazione),
che consentono l'identificazione di una, tra molte
dello uno stesso tipo.
Andature:
Una barca a vela per poter navigare ha bisogno
della forza del vento sulle vele. Essa può
posizionarsi a varie angolature rispetto alla
direzione del vento, in base alla rotta che decide
di tenere. Prima di illustrare le andature portanti, è
consuetudine di un istruttore avvertire il proprio
allievo dell'esistenza di un "cono d'ombra" che,
per le barche, è di un centinaio di gradi e
corrisponde appunto alla direzione del vento. Le
barche da regata più performanti possono
stringere di molto la direzione del vento senza
perdere velocità (circa 70°).


Le barche a vela possono essere monoscafo o
multiscafo. Se a due scafi vengono definite
catamarani, se a tre scafi trimarani.

Derive:
Le derive come già citato precedentemente sono
delle piccole barche da diporto di una lunghezza
variabile tra i 2 e i 6 metri. Queste si suddividono
poi, in due grandi categorie quelle da regata o più
semplicemente da diporto o passeggiata nautica
(spesso semicabinati). Le prime vengono in
seguito dichiarate classi olimpiche e non, dalla



L'andatura schematizzata in teoria a 45°
dal vento è la cosiddetta bolina stretta. Si
raggiunge quando una barca è al limite
del controvento; tuttavia il vento continua
a fare pressione sulla superficie velica.
A 60° dalla direzione di provenienza del
vento, si passa alla bolina larga dove si
"lascano" (lasciano) le scotte per gonfiare
le vele.
A 90° sulla perpendicolare del vento si ha
il traverso.
A 120° il lasco.
A 150° il granlasco.
A 180° l'andatura di poppa o fil di ruota.
Durante l'andatura di bolina, le vele "portano"
anche grazie ad un fenomeno chiamato vento
apparente.
Alfabeto e bandiere
La rosa dei venti
La rosa dei venti è la rappresentazione schematica dei punti cardinali: nord, sud, est e ovest e delle
direzioni da questi determinate, diffusasi a partire dalla Repubblica di Amalfi, ai tempi delle Repubbliche
Marinare. Per il Mediterraneo è centrata a Malta.
Rosa dei venti a 4 punte
Rosa dei venti a 8 punte
Rosa dei venti a 16 punte
La rosa dei venti più semplice è quella a 4 punte formata dai soli quattro punti cardinali:




Nord (N 0°) anche detto settentrione o mezzanotte e dal quale spira il vento detto tramontana
Sud (S 180°) anche detto meridione e dal quale spira il vento detto mezzogiorno oppure ostro
Est (E 90°) anche detto oriente o levante e dal quale spira il vento detto levante
Ovest (W 270°) anche detto occidente o ponente e dal quale spira il vento detto ponente
Tra i quattro punti cardinali principali si possono fissare 4 punti intermedi:




Nord-ovest (NW 315°), dal quale spira il vento di maestrale (carnasein);
Nord-est (NE 45°), dal quale spira il vento di grecale;
Sud-est (SE 135°), dal quale spira il vento di scirocco (garbino umido);
Sud-ovest (SW 225°), dal quale spira il vento di libeccio (garbino secco).
Elencando in senso orario gli otto venti principali si ha dunque:
Punto cardinale Abbr. Direzione Vento
Nord
N
0°
tramontana
Nord-est
NE
45°
grecale
Est
E
90°
levante
Sud-est
SE
135°
scirocco
Sud
S
180°
ostro
Sud-ovest
SW
225°
libeccio
Ovest
W
270°
ponente
Nord-ovest
NW
315°
maestrale
I nomi delle direzioni NE, SE, SO e NO derivano
dal fatto che la rosa dei venti veniva raffigurata,
nelle prime rappresentazioni cartografiche del
Mediterraneo, al centro del Mar Ionio oppure
vicino all'isola di Zante. In quella posizione, a NE,
approssimativamente, c'è la Grecia, da cui il
nome grecale per la direzione NE-SO; a SE vi è la
Siria, da cui il nome scirocco per la direzione SENO; a SO vi è la Libia, da cui il nome libeccio per
la direzione SO-NE. Infine per la direzione NO-SE
il nome maestrale discende da magister, cioè la
direzione da Roma o Venezia, la via "maestra"
dal porto di origine.
Questi quattro uniti ai quattro punti cardinali
formano la rosa dei venti a 8 punte.
Tra gli otto punti sopra individuati è possibile
indicarne altri otto ottenendo così una rosa dei
venti a 16 punte. I nuovi otto punti sono in senso
orario: nord-nord-est, est-nord-est, est-sud-est,
sud-sud-est, sud-sud-ovest, ovest-sud-ovest,
ovest-nord-ovest e nord-nord-ovest.
Nella sua estensione massima la rosa dei venti si
suddivide in:






quattro quadranti da 90°, che porta ad
una suddivisione in 4 punti
ogni quadrante si divide in due venti di
45°, arrivando così a 8 punti
ogni vento si divide in due mezzi venti da
22°30' arrivando così a 16 punti
ogni mezzo vento si divide in due quarte
(o rombi) da 11°15', arrivando così a 32
punti
ogni quarta si divide in due mezze quarte
da 5°37'30", arrivando così a 64 punti
ogni mezza quarta si divide in due
quartine da 2°48'45", arrivando così a 128
punti
Anticamente ogni bussola recava, sullo sfondo,
l'immagine di una rosa dei venti a 32 punte.
L'orizzonte veniva così suddiviso in trentadue
parti, che prendevano il nome di quarte; esse
servivano come unità di misura approssimativa
nelle manovre di accostamento (es: accosta due
quarte a dritta). Per la forma che si viene a
formare nel disegnarle prendono anche il nome di
rombi.
Un tempo, in Italia, le rappresentazioni
cartografiche comprendevano una rosa dei venti
che indicava i punti cardinali. Oggi sì è solito
indicare i quattro punti cardinali e le direzioni
componenti con (in senso orario da Nord): N, NE,
E, SE, S, SO o SW, O o W, NO o NW; allora con
le diciture Tr (tramontana), G (greco), + (una
croce indicava il levante), S (scirocco), O (ostro),
L (libeccio), P (ponente), M (maestro).
Grecale
Il grecale o greco è un vento mediterraneo che
soffia da nord-est. Tale direzione è indicata
simbolicamente nella cosidetta rosa dei venti.
Soffia con particolare frequenza soprattutto sulle
regioni del Mediterraneo centrale e sulle regioni
adriatiche. Il vento è così denominato perché
dall'isola di Zante, punto di riferimento della rosa
dei venti, soffia da nord-est in corrispondenza,
appunto, della Grecia.
Nella stagione invernale, il vento assume spesso
le caratteristiche di vento freddo e secco
associato alla discesa di aria artica continentale,
soffiando spesso con intensità moderata o forte.
La sua azione si innesca in presenza di strutture
di alta pressione centrate a nord delle Alpi, che
convogliono l'aria verso una zona di bassa
pressione che si approfondisce a latitudini più
meridionali, generalmente tra l'Italia meridionale
e il Mar Egeo. La sua entrata nel bacino centrale
del Mediterraneo avviene attraverso una delle
"porte" che si aprono lungo la catena montuosa
dei Balcani in corrispondenza delle coste
dell'Adriatico
orientale,
ove
presenta
caratteristiche di vento molto freddo e secco.
Attraversato il Mar Adriatico, il vento impatta lungo
il versante orientale della dorsale appenninica,
ove si forma il muro dello stau, che porta tempo
molto perturbato e freddo a est e clima asciutto e
secco a ovest, pur con temperature basse.
Durante la stagione estiva, il vento di grecale
soffia come brezza di terra lungo le coste del
Tirreno e come brezza di mare lungo il litorale
adriatico.
In presenza di una rimonta dell'anticiclone
subtropicale africano con massimo pressorio al
suolo situato a nord delle Alpi, la ventilazione al
suolo risulta diffusamente nord-orientale tra il
debole e il moderato e contribuisce ad innalzare
notevolemente le temperature sulla Pianura
padana e lungo le regioni centro-settentrionali
tirreniche per effetto favonizzante dei rilievi
montuosi.
Il vento di grecale può essere associato a tempo
perturbato anche lungo le regioni del versante
tirrenico e sulla Pianura padana, quando si forma
un minimo depressionario in quota sui mari a
ovest della penisola italiana ed un minimo al
suolo tra l'Adriatico e lo Ionio.
In questo caso le correnti in quota possono
essere occidentali o sud-occidentali, associate al
passaggio dei sistemi perturbati, mentre i venti al
suolo risultano soffiare da nord-est. Tale
configurazione, se associata nella stagione
invernale dalla discesa di aria artica marittima
dalla porta del Rodano, può creare le condizioni
adatte per le nevicate a quote bassissime e anche
in pianura sulle regioni occidentali italiane.
Levante
Il Levante è un vento generalmente debole che
spira da Est verso Ovest nel Mediterraneo
occidentale.
Tale direzione è indicata simbolicamente nella
cosiddetta rosa dei venti. Il vento si origina nel
centro del Mediterraneo al largo delle Isole
Baleari e soffia verso Ovest per raggiungere la
sua massima intensità attraverso lo Stretto di
Gibilterra.
La sua influenza è sentita fino in Italia sul Tirreno
e sulla parte centro-meridionale dell'Adriatico. È
un vento fresco e umido, portatore di nebbia e
precipitazioni, riconosciuto come causa di
particolari formazioni nuvolose sopra la Baia e la
Rocca di Gibilterra, dove può provocare mare
agitato e trombe marine.
Il vento può manifestarsi in qualunque periodo
dell'anno, ma ricorre comunemente fra luglio e
ottobre.
D'inverno, il Levante è spesso accompagnato da
piogge forti. Il nome del vento deriva da levante
inteso come Est, il punto cardinale da cui ha
origine.
Può essere chiamato anche Euro, vento che gli
antichi confondevano con il Libeccio-Scirocco o
Scirocco.
Scirocco
Lo scirocco (dall'arabo shurhùq, vento di
mezzogiorno) è un vento caldo proveniente da
Sud-Est che proviene dal Sahara e da altre
regioni del nord Africa. Tale direzione è indicata
simbolicamente nella cosiddetta rosa dei venti.
Tradizionalmente si ritiene che lo Scirocco prenda
il nome dalla Siria, la direzione da cui spira il
vento, prendendo come punto di riferimento l'Isola
di Zante nel Mar Ionio. Lo stesso vento assume il
nome di jugo in Croazia e ghibli in Libia. Lo
scirocco che giunge sulle coste francesi contiene
più umidità ed assume il nome di marin. Questi
venti soffiano più di frequente, con velocità fino a
100 km/h, in primavera ed autunno raggiungendo
un massimo nei mesi di marzo e novembre
Nasce da masse d'aria tropicali calde e secche
trascinate verso nord da aree di bassa pressione
in movimento verso est sopra il Mar
Mediterraneo. L'aria calda e secca si mischia con
quella umida del movimento ciclonico presente sul
mare ed il movimento in senso orario spinge
questa massa d'aria sulle coste delle regioni del
sud Europa.
Lo scirocco secca l'aria ed alza la polvere sulle
coste del Nordafrica, provoca tempeste sul
mediterraneo e tempo freddo ed umido
sull'Europa. Il vento soffia per un tempo variabile
da mezza giornata a molti giorni. Molte persone
attribuiscono a questo vento effetti negativi sulla
salute e sull'umore per via del caldo e della
polvere portata dalle coste dell'Africa e della
discesa della temperatura in Europa (cfr. ad
esempio l'espressione popolare "sciroccato" e
l'esclamazione "scirocco" diffusa in Veneto). La
polvere può causare danni ai dispositivi meccanici
e penetrare negli edifici.
Ostro
Ostro (dal latino Auster, vento australe) è il nome
tradizionale di un vento che spira da Sud nel Mar
Mediterraneo; è anche detto vento di
Mezzogiorno. Tale direzione è indicata
simbolicamente nella cosiddetta rosa dei venti.
L'ostro, talvolta, viene identificato impropriamente
con i più noti venti di libeccio e scirocco, che
spirano anch'essi dai quadranti meridionali. È un
vento caldo e umido portatore di piogge. Il vento
è conosciuto anche col nome di Noto
dall'omonimo personaggio della mitologia greca
Noto (Astreo), figlio di Astreo e di Eos.
I suoi effetti sul clima italiano determinano il
richiamo di aria calda da sud.
Il vento è generalmente secco se associata
all'espansione
dell'anticiclone
subtropicale
africano verso nord; in tal caso è apportatore di
onde di calore che possono essere anche
durature, i cui effetti maggiori si hanno ove tende
a fohnizzarsi.
Il vento può soffiare anche come vento
prefrontale, prima del passaggio di un'area di
bassa pressione. In questo caso la sensibile
risalita delle temperature può considerarsi
soltanto effimera e temporanea, pur potendo
essere associata ad elevati tassi di umidità.
Libeccio
Maestrale
Il libeccio è un vento di Mezzogiorno o Ponente
(spira da Sud Ovest), anche detto Africo o
Garbino.
Tale
direzione
è
indicata
simbolicamente nella cosiddetta rosa dei venti.
Il maestrale (o mistral dall'antico provenzale
maestral) è il vento che spira da Nord-Ovest. Tale
direzione è indicata simbolicamente nella
cosiddetta rosa dei venti. Viene così denominato
perché, lungo la direzione nord-occidentale
rispetto all'isola di Zakynthos (Zante o Zacinto, in
Grecia è il punto di riferimento della rosa dei venti,
vi è Venezia, la via maestra dal porto di origine.
Secondo una versione ugualmente accreditata, il
nome deriva da "magister mundi" o da "magister
gentis", ovvero dal modo in cui i navigatori
identificavano Roma che all'epoca rappresentava
appunto la città principale (maestra) del mondo
conosciuto. Altri sostengono che derivi dall'antico
provenzale "maestral" che però avvalora la tesi
che si tratti di un vento proveniente da una
direzione "maestra", principale, come quella della
città eterna. Il maestrale è detto anche "Provenza"
in quanto arriva al Mediterraneo passando
principalmente per le coste provenzali.
Vi sono più ipotesi sul nome: la più diffusa, è che
derivi dal fatto che nell'isola di Zante, presa come
punto di riferimento per la denominazione dei
venti, il Libeccio spira dalla Libia (antico nome del
continente africano).
L'altra, accreditata presso i linguisti, è che derivi
dall'arabo lebeg.
Il nome Garbino è utilizzato nell'area orientale
dell'Emilia-Romagna, nel nord delle Marche e in
Abruzzo. In Friuli, nella Venezia Giulia, in altre
aree delle Marche e in Dalmazia è chiamato
Garbin.
Nell'Italia meridionale è conosciuto molto bene per
il calore che porta con sé, e i contadini sanno
bene che cosa significa avere i raccolti e le piante
distrutte dalle libecciate di fine estate.
Durante la stagione estiva, il vento di libeccio
soffia generalmente come brezza di mare lungo le
coste occidentali della penisola italiana e come
brezza di terra lungo quelle orientali, in condizioni
di stabilità atmosferica.
Nella stagione estiva e, in misura nettamente
minore anche nelle altre stagioni, il vento può
fohnizzarsi lungo il versante adriatico e sullo
Jonio, oltre che sulle coste orientali della
Sardegna e su quelle settentrionali della Sicilia.
Le configurazioni che innescano tali situazioni
presentano strutture di alta pressione a sud e a
est della penisola italiana e centri di bassa
pressione in approfondimento a nord-ovest della
penisola, con la conseguente risalita di aria calda
da sud-ovest verso nord-est dal bordo orientale
della depressione verso quello occidentale e
settentrionale delle aree anticicloniche. Di questo
tipo fu la configurazione del 24 luglio 2007 con
temperature record sul medio-basso Adriatico e
sullo Jonio.
Il vento di libeccio soffia anche durante il
passaggio dei fronti perturbati atlantici in
movimento da ovest verso est, assumendo in
questo caso caratteristiche di vento umido
portatore di pioggia.
Come si genera il Maestrale sul Mar Mediterraneo
La genesi di questo vento si ha quando correnti di
aria polare o artica irrompono nel Mediterraneo
occidentale dalle coste della Provenza. In queste
circostanze le masse d‟aria provenienti da Nord,
scavalcano il Massiccio Centrale francese ed i
Pirenei, incanalandosi poi lungo la valle del
Rodano, dove vengono molto accelerate dalla
rapida discesa sui versanti sottovento. Nella
maggior parte dei casi, questa accelerazione
consente ai venti di Mistral di giungere ancora
irruenti fino alle coste di Corsica e Sardegna.
Il maestrale può soffiare dopo il passaggio di una
bassa
pressione,
determinando
un
miglioramento generale delle condizioni del tempo
con
una
contenuta
diminuzione
delle
temperature, soprattutto nei valori minimi, e dei
tassi di umidità. In questo caso si tratta del
cosiddetto maestrale postfrontale.
Se associato alla discesa di aria artica marittima
o aria polare fredda marittima, il vento assume le
caratteristiche di vento freddo e umido,
determinando un peggioramento delle condizioni
del tempo con associata una progressiva e netta
diminuzione delle temperature. In questo
contesto, le regioni italiane maggiormente
esposte al maltempo e al calo termico sono quelle
del versante occidentale ove, nella stagione
invernale, si possono avere nevicate associate
fino a quote molto basse e, localmente anche in
pianura.
La
diminuzione
sensibile
della
temperatura avviene nel momento in cui si
verificano le precipitazioni, quasi sempre sotto
forma di rovescio o temporale, con probabili
graupel in caso di neve.
Nodi
I nodi oggi come un tempo hanno varie funzioni e
spesso ci sono utili anche nel quotidiano,
nell'ambito del lavoro, come a casa o
semplicemente nel tempo libero. Con questo mio
breve articolo non ho certo la presunzione di
"insegnare" a chi che sia l'arte del nodo, ma molto
semplicemente mi prefiggo l'obbiettivo di portare
l'attenzione sulle potenzialità che ci vengono
offerte dalla capacità di saper fare un buon nodo,
quando magari ci troveremo a manovrare una
corda. Nella legatura si eseguono diversi tipi di
nodi: d'avvolgimento, di giunzione, d'arresto, ecc.;
per fare una legatura, però non è sufficiente
eseguire una serie di nodi ma occorre conoscere
la natura dei cavi e saperli trattare. Saper fare i
nodi è soprattutto una delle nozioni fondamentali
per
la
vita
scout
all'aria
aperta
e
conseguentemente trova vaste applicazioni anche
nell'ambito del Soft-Air.
e quant'altro la natura può offrire al momento o
costruire e mettere in sicurezza passaggi aerei su
percorsi sdrucciolevoli e disagiati o sentieri
scoscesi, come in determinate situazioni di
emergenza o stabilità precaria. Un nodo fatto
bene è un nodo che resiste a tutti gli sforzi e che è
facile da sciogliere, mentre un nodo fatto male
invece, si scioglie al minimo sforzo oppure rimane
così stretto da non riuscire più a scioglierlo.
Ma, oltre a ciò, i nodi andrebbero imparati bene
perché sono importantissimi in tutte le operazioni
di salvataggio.
Una vita umana può dipendere da un nodo ben
fatto, ad esempio per lanciare un cappio solido a
chi guada un torrente o peggio, accidentalmente
rischia di annegare, come per calare qualcuno
dalla sommità di un dirupo o dalla finestra di una
casa che va a fuoco, quindi occorre avere pratica
per sapere fare il nodo giusto, quando occorre e
magari in pochi e preziosi istanti. Imparare i nodi,
esercitandosi con una fune o con una corda, ma
non adoperare spago o lacci perché nel momento
in cui si avrà veramente bisogno di quel nodo,
dovremo saperlo fare con una corda vera e non
solo con uno spago.
Vi consiglio di provare e riprovare finche non
diventi un gesto naturale, automatico e che si
padroneggi in qualunque momento. In diversi casi
esistono più nodi che svolgono una stessa
funzione, pertanto la scelta di uno rispetto ad un
altro è un fatto puramente soggettivo, e può
dipendere molto dalla nostra capacità manuale.
Non c'è lavoro di pionieristica e non c'è momento
di vita all'aperto in cui essi non vengano richiesti:
dal nodo per il tirante della tenda da campo a
quello per issare, un carico come le attrezzature,
gli zaini, o magari anche legare materiali sul
portapacchi dell'auto o la bandiera sull'asta, ecc.,
dal nodo per allestire un bivacco con rami arbusti
A prescindere comunque dalle preferenze
personali, esistono tecniche e termini universali
che è bene conoscere e ricordare, fra questi è
importante sapere che il dormiente è il capo della
corda che non prende attivamente parte alla
realizzazione del nodo, mentre l'altro capo è
definito corrente; il doppino è il ripiegamento della
corda su se stessa a formare un occhiello, la
legatura è un nodo che si realizza attorno ad un
oggetto, mentre il nodo doppio è un nodo che si
realizza su una porzione doppia della corda
oppure su una coppia di corde.
Nodi d'arresto
I nodi d'arresto si eseguono all'estremità dei
cavi, allo scopo d'impedire che essi si sfilino da
fori o da bozzelli. L'applicazione più elementare
dei nodi d'arresto è il nodo che serve a trattenere
il
filo
nella
cruna
dell'ago.
In marineria i nodi d'arresto vengono impiegati
nelle manovre correnti (scotte, drizze, ecc.) e a
scopo decorativo su cime particolarmente in vista.
Alcuni di essi, come ad esempio il pugno di
scimmia, possono essere impiegati come nodi
d'appesantimento per le cime o sagole da lancio. I
più importanti nodi d'arresto sono: il nodo
semplice, il nodo Savoia, il nodo del cappuccino, il
nodo del francescano, il pugno di scimmia.
Nodo semplice o
collo
Mezzicolli
Nodo Savoia
Nodo Savoia
ganciato
Savoia in serie
Nodo del
Cappuccino
Nodo del
Francescano
Pugno di scimmia
eseguita mediante nodi semplici lungo un cavo.
Anticamente il nodo era considerato uno
strumento nemonico e un simbolo dotato di poteri
magici. Nel folklore popolare, ancor oggi, al nodo
si attribuisce il potere di legare lo spirito alla terra.
Pregi e difetti
Il nodo semplice, detto anche singolo, se fatto
all'estremità del cavo è un nodo sicuro, ma ha il
difetto di stringersi troppo danneggiando le fibre
del cavo. Per tale motivo è difficile da sciogliere,
particolarmente quando il cavo è bagnato. È un
nodo raramente usato nella nautica.
Applicazioni
Il nodo semplice alla funzione d'arresto unisce
quella di tenere legato un corpo, quando i due
capi della fune siano in tensione però altrimenti il
nodo si scioglierebbe con estrema facilità. La sua
presenza sulle funi di salvataggio, a intervalli
regolari, rende più agevole l'arrampicata. È infine
l'elemento base per la realizzazione di nodi più
complessi.
Nodo semplice in
serie
Esecuzione del nodo Savoia
Le origini
Il nodo semplice è un nodo d'arresto. È l'esempio
più comune di nodo in senso generale.
Il nodo semplice ha origini remote, probabilmente
preistoriche; si pensi ai quipu peruviani, che
testimoniano l'esistenza di un tipo di scrittura
Applicazioni
Esecuzione del nodo Savoia (secondo metodo)
Il nodo semplice alla funzione d'arresto unisce
quella di tenere legato un corpo, quando i due
capi della fune siano in tensione però altrimenti il
nodo si scioglierebbe con estrema facilità. La sua
presenza sulle funi di salvataggio, a intervalli
regolari, rende più agevole l'arrampicata, come
anche garantire una miglior presa se usiamo la
corda per salire un albero, un muro o altro
ostacolo. È infine l'elemento base per la
realizzazione di nodi più complessi.
NODI di GIUNZIONE
Fanno parte dei nodi di giunzione quei nodi che
l'uomo ha usato da sempre nelle più elementari
occorrenze: per costruire capanne, unendo liane,
trappole per animali, armi primitive, per tessere,
per intrecciare. Ai nodi di giunzione si chiede
facilità di essere sciolti dopo l'uso, e di poter unire
le estremità, di due cavi senza danneggiarne la
consistenza, sostituendo l'impiombatura.
Esecuzione del nodo del Francescano
Nodo semplice
È la base di molti altri nodi più complessi.
Nodi di Accorciamento, Nodo a otto, o nodo
Savoia, o nodo alemanno
Per accorciare di poco una corda o per impedire
che essa si sfili da un anello o da una carrucola.
Per fare una corda per arrampicate.
Nodo del cappuccino
Per appesantire l'estremità di una corda, o per
evitare che essa fuoriesca da un anello o da una
carrucola, o per fare una corda per arrampicata.
Pregi e difetti
Il nodo semplice, detto anche singolo, se fatto
all'estremità del cavo è un nodo sicuro, ma ha il
difetto di stringersi troppo danneggiando le fibre
del cavo. Per tale motivo è difficile da sciogliere,
particolarmente quando il cavo è bagnato. È un
nodo raramente usato nella nautica.
Tali nodi, pertanto, danno la possibilità di usare gli
stessi cavi o cime più volte. Affinché i nodi di
giunzione offrano una certa sicurezza occorre che
i cavi usati abbiano lo stesso diametro e le stesse
proprietà fa eccezione a questa regola il nodo
bandiera che, pur unendo due cavi di diverso
diametro e natura, risulta altrettanto sicuro.
I più importanti nodi di giunzione sono: il nodo
piano, il nodo di scotta o bandiera, il nodo
vaccaio, il nodo inglese, il doppio nodo inglese le
due gasse. Per alcuni nodi di giunzione esiste la
possibilità del ganciamento, il quale consiste in un
doppino che forma un occhio aggiunto al nodo
stesso.
I nodi ganciati più importanti sono: il nodo piano
ganciato, detto nodo di terzarolo o di matafione e
il nodo bandiera ganciato. Esistono altri nodi di
giunzione, con caratteristiche diverse da quelli
usati nell'arte marinaresca, i quali quando si
stringono non possono più, sciogliere. I più noti
sono il nodo del tessitore e il nodo di rete.
Nodo piano o del Terzarolo
Per unire due corde di uguale spessore. Non va
usato per forti pesi.
Nodo della rete, o nodo incrociato, o nodo di
bandiera
Per unire due corde, anche di spessore differente,
adatto anche per forti pesi. Per fabbricare una
rete (da cui prendere il nome). Nel caso di corde
di spessore differente, è la corda più piccola che
va incrociata perché la trazione la fa
immobilizzare contro la corda grossa. Con due
corde dello stesso spessore il nodo della rete è
più sicuro del nodo piano.
Nodo del pescatore, o nodo inglese
Per unire due corde di uguale spessore,
specialmente se umide. Si scioglie facilmente
anche se le corde sono bagnate. I due nodi
semplici devono incastrarsi uno nell'altro e non
opporsi uno contro l'altro.
Nodo del chirurgo
Per unire due estremità di funi di uguale spessore,
in particolare se sono sfrangiate. Utile per i lacci
emostatici.
Nodo di
scotta o
bandiera
Nodo di
scotta
Nodo bandiera
doppio
Nodo bandiera
ganciato
Nodo di rosetta
È un caso particolare di nodo piano. Si disfa
facilmente tirando i capi liberi della corda.
Nodo inglese doppio
Nodo di Carrick
Carrick in irlandese significa roccia e questo nodo,
molto solido, serve per unire corde di almeno 20
mm di diametro, sottoposte a sforzi considerevoli.
Il nodo di carrick va completato con due piccole
legature a fascia. In caso contrario, sotto trazione
il nodo si aggroviglia e non serve a nulla.
Pregi e difetti
Nodo piano
Nodo piano
ganciato
Nodo inglese
Nodo vaccaio
Nodo inglese doppio
(particolare)
Due gasse
I pregi dei nodi di scotta o nodi bandiera sono:
poter unire due cavi di diverso diametro e natura,
una rapida esecuzione, non scorrere, non
stringersi e offrire una maggiore resistenza se
sottoposto a forte tensione. Il maggiore pregio di
questo nodo consiste senza dubbio nel poter
unire due cavi di diverso diametro; ciò non toglie,
però che esso non possa essere usato altrettanto
proficuamente nell'unione di cavi di uguale
diametro.
Nodo di scotta o bandiera
Applicazioni
Pregi e difetti
Questi nodi vengono usati in nautica sulle
manovre correnti, per collegare gomene, sagole,
sartie e stralli; in alpinismo per collegare due
corde anche di differente diametro; infine in
campeggio per mettere in tensione i tiranti, per
appendere l'amaca, ecc.
I pregi del nodo di scotta o nodo bandiera sono:
poter unire due cavi di diverso diametro e natura,
una rapida esecuzione, non scorrere, non
stringersi e offrire una maggiore resistenza se
sottoposto
a
forte
tensione.
Il maggiore pregio di questo nodo consiste senza
dubbio nel poter unire due cavi di diverso
diametro; ciò non toglie, però che esso non possa
essere usato altrettanto proficuamente nell'unione
di cavi di uguale diametro.
Tale nodo deve il suo nome all'uso cui è
destinato. Infatti è detto nodo di scotta perchè
serve a collegare le scotte, cioè i cavi usati per
orientare la velatura, con speciali occhielli situati
alle estremità delle vele quadre; è, detto anche
nodo bandiera perchè con due nodi bandiera
vengono appunto collegate le estremità inferiore e
superiore delle bandiere.
Applicazioni
Questo nodo viene usato in nautica sulle manovre
correnti, per collegare gomene, sagole, sartie e
stralli; in alpinismo per collegare due corde anche
di differente diametro; infine in campeggio per
mettere in tensione i tiranti, per appendere
l'amaca, ecc.
NODI di AVVOLGIMENTO
I nodi d'avvolgimento, generalmente, si eseguono
direttamente su di un oggetto, sia per assicurare
qualcosa su di esso, sia per stringergli un cavo
attorno. È buona regola mentre si eseguono le
volte seguire il senso di torsione del cavo. Questi
nodi sono anche usati frequentemente in caso di
necessità per le operazioni di salvataggio in
montagna, dagli operatori esperti e preposti a tali
attività.
I nodi d'avvolgimento sono divisi in due gruppi: al
primo appartengono quei nodi che vengono
eseguiti passando due o più volte il cavo attorno
all'oggetto e inserendo corrente e dormiente sotto
le volte; al secondo gruppo appartengono quei
nodi che vengono eseguiti passando due o più
volte attorno all'oggetto e annodando il corrente
attorno al dormiente con dei mezzi colli. Fanno
parte del primo gruppo: il parlato semplice, doppio
e triplo (su asta o anello), il parlato ganciato, la
bocca di lupo, il nodo di galloccia, il nodo di
galloccia ganciato. Appartengono al secondo
gruppo: i mezzi colli, il mezzo collo ganciato, il
nodo di ancorotto, doppio e triplo, il nodo di
bozza.
Parlato semplice
Parlato semplice
su asta
Nodo di bozza
Parlato ganciato
Parlato semplice
su anello
Parlato doppio
Esecuzione del nodo di scotta o bandiera
Nodo scorrevole. È utile per costruire una scala a
pioli, per fare un pacchetto, per impedire al tappo
di uscire del collo di una bottiglia.
Nodo di ancorotto
ganciato
Mezzi colli
Bocca di lupo
Nodo di ancorotto
Nodo di galloccia
ganciato
Parlato triplo
Nodo parlato, o nodo del barcaiolo
È il più semplice dei nodi di ancoraggio, è molto
solido ed è facile e rapido da sciogliere. Serve per
legare una fune a un palo o come nodo iniziale
per le legature.
Nodo a bocca di lupo
Per sospendere un carico, per ancorare una
corda a un punto. Molto utile soprattutto per
preservare dall'umidità del terreno gli zaini o altro
materiale, appendendoli in modo rapido ai rami.
Nodo a mezza chiave
Per fissare un tirante a un picchetto, utile
soprattutto quando si ha l'esigenza di dover
smantellare il bivacco in maniera rapida senza
perdere tempo a districare nodi o per ancorare
una corda a un'altra già tesa, oppure ad un palo.
Nodo paletto, o nodo del muratore, o nodo a
legno, o nodo d'anguilla
Serve per ancorare un oggetto, per iniziare una
legatura, per legare un carico da trascinare o da
issare, ad esempio uno zaino, come pure delle
attrezzature particolarmente ingombranti.
Nodi di Ancoraggio e nodo galera
Nodi di Salvataggio Nodo di bolina, o gassa
d'amante, o cappio del bombardiere
Forma un anello che non scorre. Per far salire o
scendere una persona lungo una parete verticale,
o per portare aiuto a qualcuno in pericolo in un
posto difficilmente accessibile.
Nodo di bolina doppio
Ha gli stessi impieghi del bolina semplice, ma è
molto più efficace perché ha due anelli che
sostengono meglio una persona.
Nodo di bolina triplo
Si fa come la bolina semplice, ma la corda è
messa doppia. Ha gli stessi impieghi del bolina
semplice e di quello doppio, ma la sua efficacia è
ancora maggiore, perché gli anelli per sostenere
la persona sono tre.
Nodo del tessitore
Può servire come sedile, come nodo di
ancoraggio, o per accorciare una corda. Utilissimo
in caso di soccorso.
Nodi a occhio
I nodi a occhio, o gasse, sono delle asole, cappi o
doppini chiusi e annodati quasi generalmente,
all'estremità di un cavo. A differenza dei nodi
d'avvolgimento,
che
vengono
eseguiti
direttamente sull'oggetto, questi nodi vengono
quasi sempre fatti in mano e poi passati attorno a
una bitta, un gancio o a un palo. Inoltre i nodi a
occhio non si rovesciano n&eacuta; si guastano
quando vengono sfilati dall'oggetto; e, dato che la
loro forma non è determinata dall'oggetto attorno
al quale sono avvolti, si possono usare più volte.
I principali nodi a occhio sono: la gassa d'amante;
la gassa d'amante doppia e tripla; la gassa
d'amante con cima doppia; la gassa spagnola; la
gassa d'amante ganciata; il cappio del pescatore.
Nodo di Prusik
È un nodo derivato da quello a bocca di lupo, ha
gli stessi usi e serve anche come nodo di
sicurezza per ancorarsi con una certa elasticità a
un'altra corda.
Nodo dell'evaso
Gassa d'amante
semplice
Gassa
d'amante
ganciata
Gassa d'amante
doppia
Gassa d'amante con
cima doppia
Gassa
spagnola
Cappio del
pescatore
Per scendere e per recuperare la corda subito
dopo.
Gassa tripla
Gassa d'amante
La gassa d'amante è conosciuta come la regina
dei nodi perchè è il più importante nodo dell'arte
marinaresca; non si è buoni marinai se non si sa
fare la gassa d'amante rapidamente e, se occorre,
al
buio.
Il nodo viene eseguito in modo diverso a seconda
che esso sia rivolto verso chi lo esegue o nel
senso inverso.
Esecuzione della gassa d'amante (Metodo delle
due dita)
Pregi e difetti
Il principale pregio di questo nodo è di non essere
scorsoio e di non stringersi troppo; inoltre, pur
essendo un nodo molto sicuro, la gassa d'amante
può essere sciolta facilmente, anche quando la
cima è bagnata. Tale nodo si può fare con tutti i
tipi di cavo.
Applicazioni
Nella nautica viene impiegato per il recupero di
uomo a mare, sulle scotte del fiocco, per
l'ormeggio alla bitta, per formare un paranco, un
caricabasso, per issare le vele, per congiungere
grossi
cavi
da
tonneggio,
ecc.
Nell'alpinismo la gassa d'amante è conosciuta
come il nodo di Bulin e serve per legature semplici
a vita. Da questo nodo derivano altri modi di
legatura in cordata, essenziali in ascensioni
impegnative, ad esempio il nodo di Bulin a doppia
bretella che, in caso di caduta, ripartisce lo
strappo su tutto il tronco dell'alpinista evitando
gravi lesioni interne.
NODI di ACCORCIAMENTO
Esecuzione del cappio del pescatore
Per nessuna ragione al mondo si deve tagliare
una fune. Una fune tagliata, infatti, ha perso gran
parte del suo valore e nessun nodo di giunzione
può restituirle le primitive doti di sicurezza e
utilizzabilità. Quando la lunghezza del cavo è
abbondante rispetto a un particolare impiego si
può, ricorrere ai nodi d'accorciamento, che, come
dice il nome, servono ad accorciare i cavi senza
ricorrere al loro taglio. Un particolare impiego di
nodi d'accorciamento consiste nell'esclusione
dall'utilizzo delle parti logore o danneggiate che il
cavo dovesse presentare: quelle parti, infatti,
essendo incluse nel nodo di accorciamento,
rimangono inoperanti e di conseguenza escluse
da ogni sforzo.
Nodo margherita
Nodo semplice a doppino con gassa
Per accorciare o per tendere una corda sottoposta
a tensione costante, senza tagliarla e senza
staccarne le estremità. Per rinforzare un tirante
logorato.
Pregi e difetti
I pregi dei nodi d'accorciamento derivano dagli
impieghi più sopra descritti.
NODI SCORSOI
I nodi scorsoi figurano tra i nodi più antichi che
l'uomo conosca: fin dalla preistoria, infatti, l'uomo
li ha usati come trappole per la cattura degli
animali. I principali nodi scorsoi sono: il nodo
scorsoio semplice, la gassa d'amante scorsoia, e
il nodo dell'impiccato. Questi nodi sono chiamati
anche cappi o lacci. La loro caratteristica è quella
di stringersi attorno agli oggetti sui quali sono fatti:
quanto più forte è la trazione esercitata sul
corrente tanto più forte il nodo scorsoio stringe
l'oggetto attorno al quale è avvolto.
Gassa d'amante
scorsoia
Nodo scorsoio
semplice
Nodo
dell'impiccato
Pregi e difetti
Nodo Margherita
Nodo Margherita (assuccato)
Il fatto che la presa dei nodi scorsoi sia
direttamente proporzionale alla tensione del cavo
costituisce più un difetto che un pregio. Questa
caratteristica, infatti, limita il loro impiego a quei
casi in cui si è ben certi che la tensione del cavo è
costante; all'inverso, l'allentarsi della tensione del
cavo rende i nodi scorsoi estremamente insicuri.
In conclusione, a parte impieghi ben definiti, è
consigliabile evitare l'uso dei nodi scorsoi. Si
preferiscano ad essi i più sicuri nodi a occhio dai
quali in definitiva derivano.
RIPORRE LA CORDA
Anche riporre un cavo o la corda necessita di un
nodo che permetta alla matassa o al rotolo, di
restare unita per agevolarne il trasporto e
soprattutto di poterla disciogliere ed impiegare
rapidamente nel momento del bisogno.
Arrotolare un cavo
Si arrotola un cavo, quando si prevede di
appenderlo per un lungo periodo, o comunque
riporlo in un luogo fisso e stazionario.
Matassa
Il metodo della matassa generalmente si usa per
sistemare la corda all'interno dello zaino o per
fissarla alle apposite fettucce dello stesso in modo
da agevolarne il trasporto.
Stringere una legatura, un nodo; mettere in
tensione una manovra o un cavo in bando.
Bozzello
Nel linguaggio marinaresco è sinonimo di
carrucola. Il bozzello può essere semplice,
doppio, triplo, ecc., in funzione del numero di
pulegge che lo compongono. Il bozzello semplice
è una leva di primo genere e serve a cambiare la
direzione con cui si muovono i cavi. I bozzelli
multipli, uniti ad altri bozzelli, formano i paranchi,
cioè quei sistemi di funi che richiedono una minor
applicazione di forza per vincere certe resistenze.
Cavo
Nel linguaggio marinaresco è sinonimo di corda o
fune.
Cima
Termine marinaresco usato per indicare una fune
di medio diametro.
Collo
Giro completo di un cavo attorno a un oggetto in
modo che il corrente e il dormiente divarichino di
180°.
Commettitura
E' l'operazione di torsione dei legnuoli che così
uniti formano il cavo.
Corrente
Il tratto terminale di cima che nella confezione di
un nodo ha parte attiva. Il termine corrente viene
usato in contrapposizione all'altro tratto di cima
che, non prendendo parte attiva nella confezione
del nodo, viene chiamato dormiente.
Doppino
Glossario dei termini in uso:
Anima
È la parte resistente delle corde trecciate
costituita da fibre parallele o debolmente ritorte.
Assuccare
Ripiegamento di un cavo su se stesso. Il cavo
ripiegato, dopo aver formato un occhiello, si
dispone parallelamente a se stesso.
Dormiente
Tratto di cima che non prende parte nella
confezione del nodo.
Filaccia
È il prodotto della filatura di una fibra vegetale o
sintetica. Più propriamente viene chiamata filato o
trefolo. Due o più filati ritorti insieme formano il
legnuolo. Due o più legnuoli formano il cavo.
Impalmatura
Gomena
Intugliatura
Cavo di grosso diametro (circa 45 cm).
Unione di due cavi mediante nodi di giunzione.
Impiombatura
Legnuolo
Unione di due cavi ottenuta intrecciando fra loro i
legnuoli.
Due o più filati uniti per torcitura. Commettendo
due o più legnuoli si ottiene un cavo.
Legatura con spago effettuata alle estremità dei
cavi affinché non si sfilaccino.
Le nuvole
Le nubi sono costituite da minuscole gocce d'acqua o da cristalli di ghiaccio della dimensione da 1 a 100
micron. Si formano per condensazione: quando l'acqua terrestre evapora, si trasforma in vapore acqueo che
risale nell'atmosfera raffreddandosi, per condensarsi attorno a piccole impurità (cristalli di sale marino,
particelle di polvere...) generando così goccioline d'acqua o cristalli di ghiaccio.
Questi elementi rimangono sospesi nell'aria sostenuti in movimento verso l'alto, possono evaporare e
riformarsi, la loro velocità di caduta è di millimetri al secondo, quindi impercettibile e la quantità d'acqua
condensata non supera il grammo per metro cubo di vapore acqueo. Le quantità variano secondo
l'estensione verticale ed orizzontale delle nuvole.
Salvo casi di nubi con grande estensione verticale (i cumulonembi sviluppati), la nube non si svuota nel
generare pioggia o neve, essendo continuamente alimentata da correnti di vapore acqueo. La grandine
risulta, nei cumulonembi, un rimescolamento continuo di gocce d'acqua verso il basso poi verso l'alto,
causato da violenti correnti verticali. Caricandosi continuamente di nuove particelle d'acqua, i chicchi di
grandini possono assumere dimensioni considerevoli (sono stati osservati elementi da 1 chilogrammo) e
cadere alla velocità di 8 metri al secondo.
L'aspetto delle nubi
L'aspetto delle nubi, cioè la forma, la densità e colori, dipendono dalla natura dei loro componenti e dalle
condizioni atmosferiche: i contorni netti indicano in genere la presenza di grandi componenti, la trasparenza
è indice di pochi elementi condensati, l'opacità caratterizza una nube molto spessa ed una struttura fibrosa e
diafana è legata a cristalli finissimi.
Un'atmosfera stabile determina solo movimenti orizzontali e le forme sono distese; l'instabilità causa
movimenti verticali con formazioni globulari. La posizione del sole sull'orizzonte determina riflessi e colori,
che non sono legati ai componenti della nube.
Le nuvole hanno due forme caratteristiche, "stratificate" o "a sviluppo verticale": nel primo caso l'estensione
si presenta maggiore sul piano orizzontale e minore su quello verticale:
Nel caso di nubi cumuliformi l'estensione verticale della nube supera quella orizzontale:
10 generi di nubi
Sebbene le nubi siamo in mutamento continuo, si identificano soltanto dieci principali generi di nuvole,
classificati in base alla loro struttura, alla forma e all'altezza nella quale si formano, rispetto alla superficie
terrestre:

Cirro- è il prefisso per nubi alte (sebbene le altezze varino secondo la stagione e la latitudine)
- comprendono cirri, cirrocumuli e cirrostrati, che non portano precipitazioni.

Alto- è il prefisso per nubi che si formano ad altezza media, costituite da goccioline d'acqua e
cristalli
- comprendono altocumuli, altostrati e nembostrati


Ad altezza inferiore si trovano stratocumuli e strati, che recano precipitazioni leggere.
Due generi infine cumuli e cumulinembi, molto instabili e verticali, possono estendersi attraverso
gli altri livelli
[Il prefisso nimbo- e il suffisso -nembo indicano che la nube causerà precipitazioni.]
Cirro (Ci)
Si possono presentare a forma di ricciolo, di virgola o di piuma; il loro colore è generalmente bianco e la
colorazione può essere più o meno brillante, se li osservate al sorgere o al tramonto del sole. I cirri (dal
latino cirrus significa "ricciolo") sono nubi fini, a strisce o filamentose, che lasciano passare la luce: essi
appaiono in lento movimento e tendono ad invadere il cielo. Si formano ad altitudini elevate e hanno l'aspetto
di ciuffi soffici e delicati. Queste nubi sono costituite da cristalli di ghiaccio trasportati dai venti e rilevano la
presenza di umidità ad altezze elevate; potrebbero quindi annunciare l'arrivo di una tempesta o di un periodo
caldo (fronte ciclonico). L'altezza è compresa tra i 6 e i 12 km d'altitudine nella fascia temperata.
E' necessario distinguere i cirri di bel tempo da quelli che preludono il cattivo tempo sia per il diverso aspetto,
sia per la velocità di spostamento. I cirri di "bel tempo" sono alti nel cielo e si spostano lentamente; la loro
forma è irregolare e l'estensione limitata. I cirri di "cattivo tempo" sono disposti parallelamente e coprono
tutto il cielo; quando la depressione si avvicina, si muovono ad elevata velocità.
Altocumulo (Ac)
Gli altocumuli sono costituiti da nubi distinte molto vicine tra loro a costituire strati di aspetto solitamente
ondulato e fibroso che assumono forme bizzarre di colore bianco o grigio. Sono in realtà formati da estese
file di cumuli, collocati a quote medie e con la parte inferiore più scura, talvolta sono continue come una
serie di grossi rotoli, che ricordano le onde dell'oceano, poiché, come le onde, anch'essi si muovono
sull'orizzonte.
Nella fascia temperata queste nubi sono comprese tra i 2,5 e i 5 km d'altitudine. Quando un altocumulo
passa davanti al sole o alla luna può prodursi il fenomeno della 'corona', visibile più spesso di notte.
Gli altocumuli lenticolari sono una specie particolare a forma di lenti allungate con contorni ben definiti, in
genere si originano vicino a formazioni montuose.
Se non sono associate ad altri generi di nubi, essi non provocano alcun fenomeno; se unite a nubi basse,
possono provocare piogge.
Stratocumulo (Sc)
Si presentano come una distesa continua di masse cumuliformi (rotondeggianti) oscure, generalmente
allungate, il cui aspetto somiglia a rotoli senza una forma precisa, connessi tra loro mediante nubi sottili,
attraverso le quali è talvolta possibile scorgere l'azzurro del cielo. Inizialmente potrete scambiarli, avendo
una forma abbastanza similare, con gli altocumuli. Alcuni possono avere aspetto minaccioso, anche se in
genere non accompagnano precipitazioni. L'altezza è compresa tra i 6 e i 12 km d'altitudine nella fascia
temperata.
Si comportano come gli altocumuli: da soli non provocano alcun fenomeno, se associati a nubi medie
possono generare piogge.
Cirrocumulo (Cc)
Si riconoscono facilmente dalla classica conformazione "a pecorelle". Possono però essere raggruppati a
strisce, a banchi e con forme differenziate, lamelle, granuli, crespe, ecc.. I loro colori sono brillanti poiché
costituiti interamente da cristalli di ghiaccio. L'altezza è compresa tra i 5 e i 7 km d'altitudine nella fascia
temperata.
Si formano in seguito ad un passaggio di uno strato di aria fredda sopra uno di aria calda: annunciano aria
instabile e il probabile arrivo di una tempesta (cielo a pecorelle).
Cumulonembo (Cb)
Sono nubi ad elevato sviluppo verticale, che vi si presenteranno imponenti sul cielo, a forma di torri,
montagne o cupole. La sommità è generalmente bianca e spesso assume una forma a incudine o a carciofo,
la base invece è orizzontale e di colore scuro intenso. I cumulonembi sono formati da masse di cumuli scuri
e si possono estendere per tutta l'altezza della troposfera, ossia quella parte dell'atmosfera in cui si
determina il tempo atmosferico.
Il nembo (dal latino nimbus, "tempesta") è una nube che porta pioggia: è un ammasso nuvoloso compatto e
grigio scuro, che si forma all'inizio e durante le precipitazioni temporalesche.
Il termine è spesso presente in parole composte che descrivono la forma e le dimensioni dei vari aspetti che
questa nuvola può assumere: il cumulonembo, per esempio, è una grossa nuvola nera, che porta forti
temporali, il nembostrato si forma a quote molto basse (1000 m)
Sono nubi che accompagnano manifestazioni temporalesche, portano forti piogge, grandine o neve, oltre a
fulmini e in alcune circostanze, tornado. Sicuramente le più pericolose per la navigazione: la loro presenza è
causa scatenante di venti che generano quello che viene definito un "caotico moto ondoso".
Il Cumulonembo calvo somiglia ad un cumulo congestus nel quale certamente si è formato: qui è visibile un
grosso cumolonembo in formazione sopra la spiaggia di Bergeggi, con la tipica forma ad incudine causata
da un fronte caldo proveniente da sud.
Il Cumulonembo Capillatus, è l'ultimo stadio in piena maturità, che presenta sulla sommità una specie di
'capigliatura' disordinata. Genera tempeste di grandine e ventose e nelle nostre regioni può produrre da 30 a
100 mm di pioggia all'ora, con 30 - 100 litri d'acqua al metro quadro.
I cumulinembi sono movimenti verticali d'aria molto violenti che possono propagarsi rapidamente per 10-12
km. L'altezza è compresa tra qualche centinaio di metri e i 2 km d'altitudine nella fascia temperata.
Nimbostrato (Ns)
Sono nubi
definita.
stratificate
basse,
generalmente
grigio
scure
dalla
base
spesso
non
ben
Il cielo si presenta buio e tetro e spesso per la loro presenza si devono accendere le luci. L'altezza è
compresa tra qualche centinaio di metri d'altitudine nella fascia temperata.
Sono nuvole di cattivo tempo e, in relazione alla temperatura presente in zona, possono generare piogge o
neve.
Altostrato (As)
Tra le nubi stratiformi che si sviluppano a quote intermedie gli altostrati si presentano come una distesa
nuvolosa più o meno densa di colore grigio o blu, liscia inferiormente. Poiché velano il Sole e la Luna,
possono sembrare macchie luminose, ma, diversamente dai cirrostrati, non creano aloni. Queste nubi
producono neve leggera o pioggia fine e fitta, ma di solito sono così alte che le loro precipitazioni evaporano
prima di raggiungere il terreno.
Sono nuvole che possono accompagnare tanto il tempo bello, quanto quello brutto. Nel primo caso saranno
di colore più bianco, alte nel cielo e con la base ben definita; nel secondo saranno più scure, con la base
indefinita. Se nel cielo arrivano per primi i cirrostrati, seguiti dagli altostrati, vuol dire che una perturbazione
si sta avvicinando.
Strato (St)
Gli strati sono nubi basse, spesse e grigie, che si formano ad altitudini di 610 m circa: si possono vedere
quindi a pochi metri dall'orizzonte con la basa estesa ed uniforme. Si possono presentare a banchi o coprire
totalmente il cielo, spesso derivano dalla nebbia formatasi al suolo, come in questa immagine.
Dato il loro limitato spessore, di norma non danno luogo ad alcun fenomeno, se non ad una riduzione di
visibilità quando la loro base è molto bassa. Possono portare leggere piogge o neve, in tal caso vengono
chiamati nembostrati.
Cumulo (Cu)
I cumuli sono una massa isolata di una nube bianca simile a "panna montata", che non lascia filtrare la luce
solare: possono essere bianchi e soffici, con cime arrotondate e basi appiattite, che si formano a basse
quote nei giorni caldi e soleggiati e indicano solitamente la persistenza del bel tempo, oppure scuri ed
espansi con la sommità sagomata a cupola e protuberanze estese sopra, quando portano il brutto tempo.
Sono costituiti da goccioline d'acqua in sospensione nell'aria.
Si distinguono in tre tipi: il cumulus humilis è una nube poco spessa ed arrotondata, legata alla variazione
diurna della temperatura, appare al mattino e scompare la sera; il cumulus mediocris simile al precedente ed
il cumulus congestus o castellato può apparire anche scuro inferiormente, in genere ha la superficie inferiore
appiattita mentre superiormente assume un aspetto definito "a cavolfiore". Al termine della sua evoluzione si
trasforma in genere i cumulonembo.
Se il cielo è azzurro intenso e sono bassi e piccoli a forma di batuffoli bianchi alla sommità e grigi alla base si
ha tempo buono, se invece la loro estensione verticale determina grosse dimensioni recano forti
precipitazioni a carattere temporalesco, soprattutto se si presenteranno grigi e neri.
Cirrostrato (Cs)
I cirrostrati sono nubi trasparenti situate ad alte quote. I loro cristalli di ghiaccio diffondono luce e creano un
alone o un velo sottile attorno al Sole o alla Luna. Di solito queste nubi annunciano l'arrivo di una tempesta o
di un periodo caldo. Sono costituiti da cristalli di ghiaccio e tendono a conferire al cielo un aspetto lattiginoso.
La loro presenza determina come un velo invisibile e delicato, che consentirà di vedere perfettamente i
contorni di quanto è presente. Possono presentarsi avendo già invaso tutto il cielo, o come un alone
sull'orizzonte che tende a crescere. Molto spesso nella loro formazione seguono i cirri, per cui è frequente
vedere nella parte inferiore del sistema nuvoloso i cirrostrati ed alla sommità i cirri. L'altezza è compresa tra i
5 e i 12 km d'altitudine nella fascia temperata.
Indicano l'avvicinarsi di una perturbazione se si presentano dopo i cirri.