GIORNO DELLA MEMORIA --
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GIORNO DELLA MEMORIA --
GIORNATA DELLA MEMORIA Scuola Betteloni INCONTRO CON VITTORE BOCCHETTA Quadro di V. Bocchetta Mercoledì 23 gennaio per ricordare il Giorno della Memoria, il 27 gennaio, tutte le classi terze del nostro istituto sono andate nell’Aula Magna per incontrare Vittore Bocchetta, nato il 15 novembre del 1918. Scrittore, pittore, scultore, Bocchetta fu protagonista dell’antifascismo veronese e superstite dei campi di concentramento nazisti. Insieme a lui, è intervenuto il signor Roberto Bonente, presidente dell’Istituto Veronese per la storia della Resistenza e dell’età Contemporanea. Il signor Vittore Bocchetta durante queste due ore di incontro ci ha raccontato, con tanta passione e commozione, la sua vicenda personale. Ci detto che fu arrestato dai fascisti il 4 luglio 1944. Interrogato e torturato per due settimane, nelle casermette di Montorio, venne poi consegnato ai tedeschi. Questi lo condussero prima nel carcere degli Scalzi e poi nella sede dei servizi segreti delle SS. Come detenuto politico fu quindi trasferito a Bolzano (campo di transito) e da qui deportato in Germania il 5 settembre 1944, a Flossenbürg . Gli uomini vennero subito separati dalle donne e dai bambini. Cominciò così un processo di distruzione dell’identità personale: svestiti, picchiati sotto le docce (quadro di V. Bocchetta), rasati, a ciascuno venne dato un triangolo distintivo cucito sul vestito a righe e un numero. A Bocchetta venne dato il triangolo ROSSO, quello che designava gli oppositori politici ed il numero 2163. Quadro di V.Bocchetta Ogni giorno veniva dato ai detenuti del cibo, che apportava solo 183 calorie: con quella quantità un uomo avrebbe potuto sopravvivere al massimo 90 giorni, senza lavorare. Il pensiero più grande era quindi la fame e lui sperava, quando vedeva qualcuno mangiare, che gli cadesse un pezzo di pane in modo da poterglielo “rubare”. Era terribile, ma all’interno del campo, ciò che prevaleva era un senso infinito di fame. Come controllori avevano dei terribili detenuti-criminali tedeschi, portati lì proprio dalle carceri, e che si riconoscevano perché avevano cucito sugli abiti un triangolo verde. Non perdevano occasione per tenerli al freddo e per picchiarli. Flossemburg era però solo la prima tappa. Con altri compagni fu trasferito a Hersbruck, dove vide morire gli ultimi suoi compagni; lui ebbe la fortuna di salvarsi perché conobbe, grazie a Teresio Olivelli, (un italiano per breve tempo capo della sua baracca), un medico ucraino che provava ammirazione per Bocchetta, sapendolo laureato in filosofia. Questa conoscenza gli fu di grande aiuto: quando vennero rubati gli zoccoli a Bocchetta, lui sapeva che sarebbe morto assiderato e a quel punto provò a presentarsi in infermeria, sperando che lo accettassero, sebbene non fosse malato. In quel momento c’era proprio il suo “amico” dottore ucraino, che gli provò la febbre, non guardò nemmeno la temperatura e gli lasciò il termometro. Fu un grande regalo, perché lui utilizzò questo termometro per riscaldarlo anticipatamente e darlo agli altri medici, al posto di quello che gli mettevano per vedere di giorno in giorno le sue condizioni. Questo stratagemma funzionò per circa due mesi, i mesi più duri dell’inverno; poi fu tradito da un polacco. Quando gli angloamericani cominciarono ad avvicinarsi, nell’aprile '45, il campo venne evacuato e per i superstiti ebbe inizio la "marcia della morte". Molti morivano, ma anche questa volta Bocchetta ebbe la forza e il coraggio di tentare la fuga insieme ad un suo amico francese Marcel. Si nascosero nel bosco; mentre i soldati tedeschi li cercavano con i loro cani, rimasero nel loro nascondiglio per ore ed ore, fino a quando sentirono i tedeschi allontanarsi e dire ai loro capi che li avevano trovati ed uccisi!!! Ripresero la fuga. Ormai esausto dal freddo e dalla fatica Bocchetta ricorda di essere stato raccolto, svenuto, presso un campo di prigionieri di guerra, ormai liberato dai tedeschi. Fra questi prigionieri ritrovò James Crowe, che tempi addietro ancora in Italia, a Trevenzuolo, Bocchetta aveva cercato di aiutare. I due si abbracciarono come fratelli e al momento di ripartire l’amico gli offrì la possibilità di rimpatriare con un aereo inglese, passando per Londra. Bocchetta con gentilezza rifiutò l’invito perché preferì ritornare con degli ex-carabinieri italiani. Fu un altro evento fortunato: l’anno scorso Bocchetta, consultando internet, ha scoperto che l’aereo dell’amico inglese nel viaggio di ritorno era precipitato e che tutti i passeggeri erano morti. Quanta sorpresa ha suscitato in noi questo ultimo particolare che ci ha raccontato!!! Per l’occasione noi ragazzi avevamo preparato alcune domande, che abbiamo rivolto al signor Bocchetta: ecco un saggio della nostra intervista. INTERVISTA Professore, nel lager quale era il pensiero che la tormentava di più e viceversa ne aveva uno che le dava sollievo? Come vi ho detto il pensiero che più mi tormentava e nello stesso tempo mi dava sollievo era MANGIARE. Quando pensa ai campi di concentramento c’è un’immagine più forte delle altre che le viene in mente? Non ho una immagine più forte di altre: TUTTO ERA TREMENDO. La fame, però, è la sensazione più forte che di necessità riemerge nella mia mente al pensiero dei campi di concentramento. Nel lager c’erano persone di diversa nazionalità e di religioni diverse: ognuno pregava il proprio Dio? A questo proposito ricordo un kapo polacco che pregava tutte le sere nonostante uccidesse 10/12 persone al giorno!!! Se potesse rivivere, cancellerebbe tutto di quel periodo così terribile? Chiederei addirittura di non nascere, tanto è stato orribile quello che ho vissuto e visto. Ogni anno c’è la giornata della Memoria per non dimenticare, ma il mondo è pieno di guerre. Vuol dire che non è bastato l’orrore che hanno vissuto i nostri nonni? Purtroppo non è bastato e temo che non sia finita qui per la storia dell’uomo. Noi ragazzi cosa possiamo fare perché non ci siano più guerre e campi di concentramento? Dovete RIFLETTERE su quello che vi viene testimoniato e su quanto è già successo. Noi siamo ragazzi e non possiamo avere memoria delle atrocità; come facciamo a sapere che sono giuste le cose che voi grandi ci raccontate? E i libri d storia raccontano la verità? Con i mezzi che avete non si può fuggire alla verità. Siete l’ultima generazione che potrà sentire i racconti dei sopravvissuti: affido a voi il compito di DIVULGARE e fare RISPETTARE sempre la VERITA’. Quando è tornato Lei è stato creduto o c’è stato qualcuno che voleva farle dire una cosa per un’altra, offrendole dei soldi? No, non sono stato creduto. Qualcuno ha anche cercato di farmi tacere. A qualcuno davano fastidio i sopravvissuti, perciò qualcuno ha cercato di nascondere la verità. Perché oggi c’è chi nega l’Olocausto? Il perché non si sa. All’epoca c’erano i fascisti che obbligavano al silenzio. Lei da giovane ha vissuto in tempi in cui la giustizia non c’era: oggi c’è? Forse c’è ; la giustizia sta in voi. Lei ha provato le più forti emozioni, anche se negative. Che cos’è che la emoziona oggi? Oggi mi emoziona e mi gratifica davvero tanto lo stare qui con voi. Considerazioni finali Per noi l’incontro con il signor Bocchetta è stato molto toccante. Proviamo ammirazione per questa persona che, nonostante l’età avanzata, ha voluto rivivere quei terribili momenti, pur di trasmettere a noi giovani la sua esperienza, fiducioso che ciò possa servirci a capire e a non dimenticare. Siamo, infine, felici che si sia emozionato con noi e che abbia percepito l’affetto che noi ragazzi gli abbiamo dimostrato. A seguire le ultime foto per documentare la conclusione dell’incontro II Preside Pasetto regala al signor Bocchetta un fazzoletto con ricamata la poesia: “La farfalla” di Tonino Guerra Contento proprio contento sono stato molte volte nella vita ma più di tutte quando mi hanno liberato in Germania che mi sono messo a guardare una farfalla senza la voglia di mangiarla. La professoressa Perlini con alcune alunne, mentre esegue un brano musicale. L’applauso finale di saluto reciproco e di ringraziamento I RAGAZZI DI TERZA MEDIA DELLA SCUOLA BETTELONI FINE