il punto - Centro Studi Calamandrei

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il punto - Centro Studi Calamandrei
IL PUNTO
Le notizie di LiberaUscita
Febbraio 2011 - n° 80
SOMMARIO
LE LETTERE DI AUGIAS
1968 - La morale e i precetti della chiesa
1969 - Fine vita, il dibattito non è un campo di battaglia
1970 - Se la stanza da letto diventa una patologia
1971 - Lo smarrimento dei cattolici di base
1972 - Il confine dei precetti morali
ARTICOLI, INTERVISTE, COMUNICATI STAMPA
1973 – Il tribunale di Milano rinvia la legge 40 alla Corte Costituzionale
1974 – Eurispes: 66,2% italiani favorevoli all’eutanasia
1975 - Il testamento biologico va in aula - di Ignazio Marino
1976 - Ascolta, si fa sera - di Valerio Gigante
1977 - Appello CGIL medici: io non costringo, curo - di Massimo Franchi
1978 – Così la solidarietà ci può salvare - di Randeep Ramesh
1979 – Illegalità e biopolitica nel nome di Eluana - di Stefano Rodotà
1980 - La bandiera della dignità - di Stefano Rodotà
1981 - La bomba demografica è pronta a riesplodere - di Giordano Stabile
1982 - Campo de’ Fiori, 17 febbraio 1600 - di Claudio Tanari
1983 - Pamphlet biotech – di Marco Comandé
1984 - Bioetica, chi ha paura del dialogo - di Maurizio Mori
1985 - Una pillola sconosciuta - di Umberto Veronesi
1986 - L’incontro segreto tra Bertone e il cav. - di Ettore Colombo
1987 - L’ultima battaglia sul testamento biologico - di Stefano Rodotà
1988 – La ragione del cuore - di Claudia Fanti
1989 - Testamento biologico, si torna al nazismo? di Federico Orlando
1990 - PD a rischio: spaccatura tra laici e cattolici - di Luca Simoni
1991 - Italia cattolica e corrotta - di Marcello Vigli
1992 - La consulta di bioetica contro l’obiezione di coscienza
NASCE IL CLN – COORDINAMENTO LAICO NAZIONALE
1993 - Costituito il CLN: le prime iniziative
1994 - Nasce il CLN: una buona notizia per l’Italia - di Alessandra Maiorino
1995 - Appello del CLN alle associazioni italiane
1996 – CLN: il primo comunicato stampa
1997 – CLN : nuova lobby «di liberazione» - di Andrea Galli
1998 - Sfottò di Avvenire al neonato CLN - di Gaëlle Courtens
1999 - Chiese evangeliche: ddl Calabrò calpesta diritti e libertà
NUOVI SERVIZI SOCIALI PER NUOVI DIRITTI CIVILI
2000 – Modena: convocato il primo convegno nazionale sui registri
2001 - Modena: i lavori del convegno nazionale sui registri
2002 – Senigallia: operativo il registro dei biotestamenti
NOTIZIE DALL’ESTERO
2003 – GB: Ian McEwan a favore dell’eutanasia - di Alessandra Baldini
DALLA ASSOCIAZIONE
2004 - Crimini contro l’umanità
PER SORRIDERE…
2005 - Le vignette di Staino – l’Egitto e l’Italia
2006 - Le vignette di cronache laiche – basta col relativismo etico!
1968 - LA MORALE E I PRECETTI DELLA CHIESA - DI CORRADO AUGIAS
Caro Augias, ho letto su un quotidiano un lettore difendere il discorso del Papa che ravvisava
«una minaccia alla libertà religiosa» nei «corsi di educazione sessuale o civile» imposti in
alcuni Paesi europei. Scriveva: "L'educazione sessuale ha per oggetto dati tecnici e
informazione, nulla ha a che vedere ... con la morale sessuale. La scuola deve limitarsi a
questo. La morale sessuale è composta da convinzioni personali che vanno lasciate alle
famiglie. La scuola non deve insegnare una morale». Le cose però non stanno così, giacché
la morale, compresa quella sessuale, inevitabilmente non viene trasmessa soltanto dalle
famiglie, ma dall'intera società (costumi, mezzi di comunicazione di massa, ecc.), scuola
compresa. Gli insegnanti non sono macchine, ma persone che hanno le loro convinzioni
etiche; è difficile che un docente non comunichi agli alunni il proprio punto di vista. Spesso gli
insegnanti affrontano temi che toccano la sfera della sessualità, ed è difficile (lo affermo con
cognizione di causa) che restino neutrali davanti a problemi quali l'aborto, la contraccezione,
l'omosessualità, le coppie di fatto, ecc.
In realtà, Benedetto XVI ha il timore, sacrosanto essendo il Papa, che nelle scuole d'Europa
venga trasmessa una morale sessuale diversa da quella cattolica. Ma siamo certi che questa
sia rispettosa delle libertà individuali?
Renato Pierri - [email protected]
Risponde Corrado Augias
Il prof Pierri è un ex insegnante di religione cattolica, dunque sa bene di che cosa parla.
Condivido il suo punto di vista. E chiaro che l'educazione sessuale a scuola non può limitarsi
a dare semplici informazioni sulla fisiologia della riproduzione, descrizione e funzioni degli
organi preposti, punto. La sfera sessuale è ampia, complicata, investe azioni, sentimenti,
malattie, dunque precauzioni, cautele. Investe i comportamenti: i metodi contraccettivi per
esempio, un tema ovvio in una visione semplicemente fisiologica, umana, dell'atto amoroso
ma delicatissimo se visto alla luce della moralità cattolica prevalente che non tollera amplessi
non finalizzati alla riproduzione.
Dico 'prevalente' perché esiste una corrente cattolica di minoranza che guarda l'argomento
con una visione meno rigida, più benevola. Don Andrea Gallo per esempio, coraggioso
sacerdote genovese, che ne parla anche nel suo ultimo libro (scritto con Loris Mazzetti Aliberti ed.) «Sono venuto per servire».
Nel finale della lettera Renato Pierri si chiede se quanto affermato dal Papa sia rispettoso
delle libertà individuali. Certo che non lo è. Ma non spetta certo ad un sommo pontefice porsi
questo tipo di problemi. il Papa deve dare una linea, vorrei dire che è lì per questo.
L'importante è che la linea la dia ai suoi fedeli e non pretenda d'imporla a tutti.
1969 - FINE VITA, IL DIBATTITO NON È’ UN CAMPO DI BATTAGLIA – DI C. AUGIAS
Da: la repubblica di venerdì 4 gennaio 2011
Caro Augias, si avvicina il 9 febbraio "Giornata nazionale degli stati vegetativi" decretata dalla
presidenza del Consiglio dei ministri su proposta del ministero della Salute. Sarebbe
auspicabile che Governo e Regioni ci dessero un sistema di cura con linee guida omogenee
sulle lesioni cerebrali gravi di cui gli stati vegetativi fanno parte, le inserissero nei Livelli
essenziali di assistenza (Lea), aprissero una discussione costruttiva senza contrapposizioni
tra diritto di cura e libertà di scelta. Non so se la terminologia usata per la “Giornata
nazionale degli stati vegetativi” sia quella giusta, non sono convinto che la data, il giorno della
morte di Eluana Englaro, sia da tutti considerata rispettosa. Però è un'iniziativa importante ed
ho chiesto aiuto al signor Englaro invitandolo nella parte di programma che con Alessandro
Bergonzoni faremo a Bologna. Mi pare che sarebbe un'occasione giusta per pacificare gli
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animi, per trovare un ragionevole punto di comprensione. Non ho avuto risposta, ma posso
capire le difficoltà. Il punto è: possiamo evitare inutili contrapposizioni (per i pazienti e le loro
famiglie, per chi li rappresenta) tra quelli “per la vita” e quelli “per la morte”? Noi vorremmo
soltanto che quella dignità di vita che devono avere ie persone in stato vegetativo trovasse
attenzione, risorse e adeguata comunicazione. È possibile guardare alla disabilità oltre le
ideologie?
Fulvio De Nigris - direttore Centro studi e ricerca sul coma
Risponde Corrado Augias
A una domanda finale di questa lettera, di cui ho apprezzato la pacatezza, risponderei: non lo
so. Non so se oggi sia possibile discutere di un tema del genere superando le ideologie. Lo
impediscono numerose ragioni, nobili e meno nobili. Il tema è delicato, presenta numerosi
aspetti opinabili sui quali forse sarebbe addirittura appropriato discutere meno. Intendo che si
potrebbe benissimo, come si fa altrove, lasciare ogni decisione ai familiari e ai medici
responsabili. o intervenire a priori legittimando una forma equilibrata e garantita di
“dichiarazione anticipata di volontà". In qualche Comune, in alcuni Municipi si sta provando a
farlo ma sarebbero necessarie una forte volontà collettiva, un’adeguata opera di
sensibilizzazione che invece mancano. Cosi come sono a lungo mancate, per esempio,
un'adeguata informazione contraccettiva per I più giovani, una rete di consultori fornita di
mezzi sufficienti. Poi ci sono le ragioni della politica, aggiungo bassa politica. Per motivi che,
vinto dal tedio, non sto a a ripetere per l’ennesima volta, anche un argomento come questo,
meritevole se non altro di misericordia, potrebbe essere usato come merce di scambio per
compensare eccessi, violazioni, vergogne.
1970 - SE LA STANZA DA LETTO DIVENTA UNA PATOLOGIA - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di giovedì 10 febbraio 2011
Caro Augias, quando ero molto più giovane, il più famoso endocrinologo americano era
Robert Greenblatt al quale si devono molte interessanti intuizioni e alcuni bei libri. Alcuni di
questi, pensi un po', parlano di Antico Testamento e delle malattie endocrine dei suoi
eccellenti protagonisti. In un altro dei suoi libri, "Sex and Circumstance", edito nel 1986,
Greenblatt affronta con ironia ma anche con un po'di stupore, il rapporto tra il potere
esercitato da molti uomini famosi della storia e la loro quasi inevitabile discesa agli inferi della
patologia sessuale. In allegato le invio la prefazione sicuro che susciterà il suo interesse e
quello dei lettori, se lo pubblicherà.
Il libro non è mai stato pubblicato in italiano. Come vedrà si tratta di una specie di controstoria
che, come tutte le intuizioni, può essere discussa ma sicuramente presenta aspetti di
notevole interesse.
Carlo Flamigni - Bologna
Risponde Corrado Augias
Ringrazio il professor Flamigni, ho preso qualche informazione e saputo che una grande casa
editrice sta preparando l'edizione italiana del libro.
A giudicare dalla prefazione, pare un libro di grande interesse ma anche di notevole
divertimento. Ne traduco qualche riga relativa a un famoso episodio per dare meglio l'idea. Si
parla del famigerato attentato avvenuto a Sarajevo il 28 grugno 1914. Lo studente
nazionalista Gavrilo Prinzip assassinò l'arciduca d'Austria facendosi causa scatenante del
primo conflitto europeo (1914-1918). Ecco il testo di Greenblatt: "L'arciduca Francesco
Ferdinando d'Austria-Ungheria, erede al trono, s'innamorò e sposò Sophia Chotex, una
donna che la famiglia imperiale degli Asburgo considerava di rango inadeguato alla corte. La
moglie dell'Arciduca pertanto non poteva sedere accanto a suo marito in alcuna situazione
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ufficiale. Dato il suo incarico di ispettore generale dell'Esercito, l'Arciduca colse l'occasione di
doversi recare in Bosnia ad ispezionare le truppe 1ì dislocate per aggirare l'imbarazzo che
Sophia suscitava a Vienna. Fece organizzare pertanto un'auto scoperta a bordo della quale
lui avrebbe percorso alcune strade di Sarajevo avendo finalmente la sposa al suo fianco. Ad
un certo punto del percorso uno studente fece fuoco assassinandoli entrambi. Anche se le
premesse della Grande Guerra erano già sul terreno, quell'attentato fece precipitare la pace
mondiale. Secondo lo storico A. J. P. Taylor se non fosse scoppiata la Grande Guerra non ci
sarebbe stata la rivoluzione d'Ottobre e nemmeno il trattato di Versailles né Adolf Hitler, tanto
meno la seconda guerra mondiale".
Tutto molto opinabile come si vede come del resto è sempre la controstoria, però con una
catena di deduzioni che danno da pensare e soprattutto portano a concludere che i letti dei
personaggi potenti vanno sempre tenuti d'occhio.
1971 - LO SMARRIMENTO DEI CATTOLICI DI BASE – DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di sabato 26 febbraio 2011
Gentile Augias, ho avuto modo di leggere alcuni libri critici sull'operato della Chiesa e ho
constatato che nei secoli è sempre stato così. Mi chiedo: ma la Chiesa è questa? Sono
cattolico, sia pure non assiduamente praticante, però queste letture mi allontanano sempre
più dalla Chiesa.
Una volta un prete, al quale avevo esposto le mie perplessità, mi ha detto dí condividerle
anche se poi ha aggiunto che come cristiano e come prete lui era chiamato a credere nella
Chiesa fatta di uomini ma più ancora nel messaggio di Gesù Cristo e del Vangelo. È questo
messaggio che a me interessa, diceva. È un messaggio in cui io credo, ha aggiunto, perché è
quello che mi offre speranza, nonostante gli scandali ecclesiastici, che, tra l'altro, ci sono
sempre stati da duemila anni a questa parte. Tra i 12 apostoli ci furono Giuda e Pietro che lo
tradirono e poi, nei secoli successivi, una molteplicità di altre cose losche. E, allo stesso
tempo, anche una molteplicità di cose splendide in preti e cristiani che hanno testimoniato
con la vita il Vangelo di Gesù.
Così parlò quel sacerdote e furono belle parole. Io però continuo a chiedermi: qual è la
verità?
Vito Lorusso - [email protected]
Risponde Corrado Augias
Se interpreto bene I'attuale momento in base alle notizie di cronaca, nella Chiesa cattolica si
sarebbe verificata una certa frattura tra cristiani di base e le gerarchie vaticane, i "grandi
sacerdoti" come si diceva ai tempi di Gesù. Alla base, come testimoniato da numerose
pubblicazioni delle diocesi (cfr. Repubblica 23 febbraio, Orazio La Rocca), serpeggia una
specie di rivolta contro la sostanziale copertura vaticana al comportamento, moralmente
ripugnante, di Silvio Berlusconi. In alto invece sembrano prevalere criteri diversi: la
diplomazia di Stato e alcuni concreti interessi che vogliono dire finanziamenti pubblici,
esenzioni fiscali, ma anche garanzia che, per farsi perdonare, il capo del governo dia alla
Chiesa quello che come premier di una repubblica laica non potrebbe concedere. Per
esempio, un progetto di testamento biologico che viola gravemente i diritti dei cittadini.
Ricevo molte lettere di cattolici inquieti per lo stato di fatto. Due esempi: Massimo De Micheli
([email protected]): «Faccio appello al mio vescovo affinché mi aiuti assieme a tanti altri
cattolici romani che stanno vivendo un momento di profondo smarrimento con là coscienza
divisa tra la condanna di un comportamento ripugnante ed il silenzio-assenso di
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chi ci dovrebbe indicare il confine tra dignità e abiezione». Silvano Fassetta
([email protected]): «Almeno per quel che riguarda la sua "classe politica", la Chiesa non
si distingue dal resto della cosiddetta "casta", fino ad assumerne i peggiori comportamenti».
1972 - IL CONFINE DEI PRECETTI MORALI - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di domenica 27 febbraio 2011
Gentile dottor Augias, non sempre riesco a capire quali azioni umane siano secondo natura e
quali contro natura...
Gentile dottor Augias, non sempre riesco a capire quali azioni umane siano secondo natura e
quali contro natura. Però trovo assurda la norma: naturale = morale; innaturale = immorale.
Mangiare un piatto di spaghetti aglio e olio a mezzanotte, quando il fisico non ne ha bisogno,
è secondo o contro natura? Dovrebbe essere contro natura. Nessuno però sostiene che è
immorale. Desiderare di unirsi alla persona amata, ma astenersene per non procreare,
dovrebbe essere contro natura. Dovrebbe esserlo anche decidere di restare vergini. Però la
Chiesa consiglia di astenersi dall'amplesso nei periodi fecondi al fine di una maternità e
paternità responsabili (Catechismo, n. 2370). E considera una virtù la verginità (Catechismo,
n.1618). Ma il n.2357 del Catechismo dice che l'omosessualità è immorale perché «contraria
alla legge naturale».
Un bel pasticcio! Alle volte gli atti contro la legge naturale sono morali, altre volte immorali. E
la masturbazione? Secondo natura o contro natura? Insomma, credo di capire che non
possiamo giudicare la moralità di un atto in base al fatto che vada contro la legge naturale,
oppure l'assecondi.
Attilio Doni – Genova – [email protected]
Risponde Corrado Augias
Una barzelletta americana affrontava il grave argomento da un punto di vista scherzoso. Un
fedele chiede al sacerdote: «Padre, posso fumare mentre prego?». No, risponde il ministro,
sarebbe offensivo. Al che il fedele replica «Ma posso pregare mentre fumo?». In questo caso
sì, è la risposta. Si tratta di una storiella ma sotto lo scherzo si nasconde l'intrinseca volubilità
di molti precetti.
Una faccenda seria è per esempio l'attuale difesa della vita «dal concepimento alla morte
naturale», donde la terribile legge sul testamento biologico in discussione al parlamento. Fino
a Ottocento inoltrato la Chiesa non considerava il feto una creatura dotata di una sua
individualità come fa oggi. Tanto è vero che quando si doveva battezzare una famiglia di
ebrei convertiti, la moglie incinta contava solo per sé e non anche per il bambino che aveva
nel grembo. Oggi non è più così.
Ancora più confusa la situazione per la 'fine naturale della vita' che nessuno sa bene che
cosa voglia dire. Infatti ho posto più volte la domanda mai ricevendo una risposta
comprensibile. La morte di Giovanni Paolo II è stata naturale? Quel povero papa tormentato
dal male è stato tenuto in vita artificialmente fino a quando lui stesso ha implorato la fine.
Mezzo secolo fa sarebbe stata una morte diversa, tra un altro mezzo secolo sarà ancora
diversa.
Dobbiamo rassegnarci all'evidenza che naturalezza e moralità variano con il mutare dei tempi
(e delle tecnologie), quindi sarebbe auspicabile una maggiore umiltà e una più grande
misericordia quando si è tentati di imporre a tutti una 'morale'.
1973 – IL TRIBUNALE MILANO RINVIA LA LEGGE 40 ALLA CORTE COSTITUZIONALE
da Aduc salute n° 5/2011
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Il tribunale civile di Milano è il terzo a sollevare la questione di incostituzionalità relativa alla
parte della legge 40 del 2004 sulla procreazione della medicalmente assistita che vieta la
fecondazione eterologa. Nei mesi scorsi anche i giudici di Catania e di Firenze, infatti, hanno
eccepito l'incostituzionalità della norma, su ricorso di coppie sterili desiderose di avere un
bambino utilizzando materiale genetico di un donatore anonimo. A breve, inoltre, anche il
tribunale di Bologna dovrebbe rimandare la questione agli ermellini: ai giudici emiliani si sono
infatti rivolte altre due coppie sterili.
"La coppia che si è rivolta al tribunale di Catania - ricorda all'Adnkronos Salute l'avvocato
Maria Paola Costantini, curatrice del ricorso - è siciliana. Il marito ha 40 anni e la moglie 37.
Quest'ultima non può avere figli a causa di una menopausa precoce. Hanno tentato per molto
tempo di avere figli con la fecondazione assistita in Italia e si sono anche rivolti all'estero,
senza successo. La coppia che ha invece presentato ricorso a Firenze presentava un
problema di sterilità maschile, legata a un disturbo chiamato azoospermia totale".
Esattamente quello che affligge la coppia che si è rivolta al tribunale di Milano, lo stesso che
oggi ha sollevato il dubbio di incostituzionalità.
Nel caso delle coppie che hanno fatto ricorso al tribunale di Bologna, che deve ancora
"emettere la sua ordinanza, si tratta di una coppia siciliana e di una bolognese, entrambe
composte da persone molto giovani e in cui il marito è sterile".
"Abbiamo intenzione di riunire le procedure davanti alla Consulta - fa sapere il legale - come
accadde nel 2009 nel caso della diagnosi preimpianto". Oggi, intanto, in Gazzetta ufficiale è
stata pubblicata l'ordinanza del tribunale di Firenze, cosa che "implica la calendarizzazione da
parte della Corte costituzionale, che normalmente avviene due, tre mesi dopo la
pubblicazione in Gazzetta ma che, in questo caso, potrebbe ritardare proprio a causa della
nostra intenzione di unificare le ordinanze. Sappiamo che anche l'ordinanza del tribunale di
Catania è arrivata alla Consulta - assicura l'avvocato - che dovrebbe pubblicarla in Gazzetta a
breve".
Costantini rende noto infine che "la Corte europea dei diritti dell'uomo si pronuncerà il
prossimo 23 febbraio sulla conformità alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo della
disciplina austriaca che pone un divieto analogo a quello italiano alla procreazione assistita di
tipo eterologo. Come altre associazioni di pazienti di tutta Europa - annuncia - anche le
associazioni Hera e Sos infertilità sono state autorizzate a intervenire come rappresentanti
italiane".
"Oltre alle giurisdizioni nazionali siamo pronti ad attivare tutte quelle internazionali perché
giustizia sia fatta". Così Marco Cappato, segretario dell'associazione Luca Coscioni, e
Filomena Gallo, presidente di Amica Cicogna e vice segretario della Coscioni, dopo che il
tribunale di Milano, terzo dopo quelli di Firenze e Catania, ha inviato la legge sulla
procreazione medicalmente assistita alla Corte Costituzionale sul divieto di eterologa.
"La strada aperta dalla Corte europea dei diritti dell'uomo lo scorso aprile - sottolinea Cappato
- ha consentito che i giudici italiani, quali giudici 'comunitari', sollevassero il dubbio di
legittimità costituzionale sul divieto di eterologa della legge 40. L'Italia, che si distingue per
avere la legge in materia più antiscientifica e lesiva dei diritti delle persone, oggi dovrebbe
finalmente porre in agenda politica il rispetto del diritto alla salute, del principio di
uguaglianza, del rispetto della libertà di ricerca scientifica e intervenire sulla legge 40 come
vorrebbe la maggioranza dei cittadini".
"Dal 2004 a oggi - incalza Gallo - le coppie hanno fatto un passaggio obbligato nei tribunali
per poter accedere alla fecondazione assistita nel rispetto del diritto alla salute e del principio
di uguaglianza. Ricordiamo che per ben 8 volte i tribunali italiani hanno inviato la legge 40
dinanzi ai giudici costituzionali. Attualmente la legislazione italiana - conclude - è un caso
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unico al mondo poiché dispone divieti tassativi su tecniche mediche, a danno di tante persone
che per curarsi devono recarsi all'estero. Purtroppo il Governo nazionale si ostina a difendere
tale legge che puntualmente i tribunali condannano cancellandone parti sostanziali".
1974 – EURISPES: 66,2% ITALIANI FAVOREVOLI ALL’EUTANASIA
Il 66,2% degli italiani si dice favorevole alla pratica dell'eutanasia. Una percentuale in leggero
calo (-1,2%), rispetto al 2010. E' quanto emerge dal Rapporto Eurispes Italia 2011. Secondo i
dati, poi, il 67,9% degli uomini e il 64,6% delle donne ha risposto di essere favorevole alla
possibilità di concludere la vita di un'altra persona, dietro sua richiesta, ricorrendo alla pratica
dell'eutanasia. A questa possibilità si e' detto contrario il 22,3% degli uomini e il 26% delle
donne.
I favorevoli all'eutanasia appartengono, per la maggior parte, alle fasce giovani della
popolazione: il 75,3% ha tra i 18 i 24 anni, il 70,9% tra i 25 e i 34 anni, il 67,5% agli adulti tra i
35 ai 44 anni, il 67,7% ai 45-64enni e il 53,7% a chi ha 65 anni e oltre.
L'appartenenza politica fa registrare un picco dell'82% dei simpatizzanti di sinistra favorevoli
alla pratica. Chi non si riconosce in alcuna posizione politica afferma di essere d'accordo per
il 69,6%. I votanti di destra fanno registrare un 66% a favore e un 27,7% contro l'eutanasia.
Nelle fila del centro c'è un 57,9% di favorevoli e un 31,6% di contrari e infine tra coloro che si
riconoscono nel centrodestra, il 54,5% si dichiara a favore e il 37,2% è contrario.
Dal rapporto Eurispes emerge inoltre che il 45,2% degli italiani crede che negli ospedali
pubblici venga praticata di nascosto l'eutanasia per i casi irrisolvibili, anche se la legge non lo
consente.
1975 - IL TESTAMENTO BIOLOGICO VA IN AULA - DI IGNAZIO MARINO
da: www.italianieuropei.it di giovedì 3 febbraio 2011
La persona che non è più in grado di decidere dovrebbe avere gli stessi diritti di cura di una
persona in grado di far rispettare le proprie volontà. Si tratta di un principio fondamentale, che
attiene ai diritti di ogni individuo e proprio per questo, diversi anni fa, ho deciso di impegnarmi
perché anche in Italia fosse approvata una legge sul testamento biologico. Si tratta di scrivere
delle regole generali, che tutelino la volontà del cittadino, di chi vuole essere curato e assistito
con tutte le tecnologie che la scienza mette a disposizione – quali che siano le sue condizioni
– ma anche di chi invece, in frangenti drammatici dell’esistenza e della malattia, non vuole
essere sottoposto a talune terapie, ancorché vitali. Così avviene già oggi, con il consenso
informato, per le persone in grado di poter far ottemperare le proprie volontà.
Una legge servirebbe ad offrire le stesse opportunità a tutti coloro che vogliono vedere le
proprie disposizioni rispettate, anche in caso non si sia più in grado di difenderle. Si tratta solo
di estendere un diritto già esistente. Lo spirito della legge dovrebbe essere, dunque, sempre il
rispetto all’autodeterminazione della persona. Di conseguenza tutte le norme dovrebbero
essere scritte per proteggere le decisioni assunte quando si è e quando non si è più coscienti.
Credo che, rispetto al disegno di legge del centrodestra che tra poche settimane approderà in
Aula a Montecitorio, il Parlamento debba lavorare sul valore attualmente non vincolante delle
dichiarazioni anticipate di trattamento DAT, o più comunemente testamento biologico e sulla
condizione del rapporto tra il medico e il suo paziente. L’obiettivo dovrebbe essere di restituire
le scelte di cura al rapporto libero e responsabile tra medici, familiari e pazienti. Auspico che il
PD farà, compatto, una netta opposizione contro l’attuale proposta di legge che toglie alle
persone la possibilità di scegliere a quali cure sottoporsi o non sottoporsi nel caso in cui non
vi sia più ragionevole speranza di recupero dell’integrità intellettiva. Con la legge scritta dalla
destra, infatti, alimentazione e idratazione artificiali vengono imposte sempre e comunque,
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ignorando così la volontà del paziente e quella dei familiari. E il medico? Il testo della legge
su questo punto non è chiaro ma il dovere di ogni medico, al contrario, lo è: i medici ritengono
che idratazione e nutrizione siano terapie e che ogni operatore sanitario deve rispettare il
testamento biologico del paziente, come rispetterebbe le scelte di quel paziente se fosse
cosciente, perché nessuna laurea in medicina e nessuna confessione religiosa può
permettersi di eludere o tradire la volontà espressa liberamente e consapevolmente da una
persona. Tanto più, non possono essere i deputati di una sola parte politica
temporaneamente in maggioranza in Parlamento a decidere su come gli italiani, tutti gli
italiani, potranno affrontare le fasi finali della loro vita.
Il voto in Aula a Montecitorio non si annuncia semplice né pacifico ed è facile immaginare che
non vi sarà ampio spazio per il dialogo e il confronto. Ma una cosa deve essere chiara a tutti
e cioè che se la legge sarà approvata senza modifiche sostanziali, tutti noi dovremo rispettare
quelle norme al contempo ideologiche ed emotive, votate due anni fa al Senato, sull’onda
della drammatica vicenda di Eluana Englaro. Norme scritte ignorando la voce della scienza e
quella di milioni di italiani che credono nel principio dell’autodeterminazione dell’individuo.
Il disegno di legge in procinto di essere approvato non è “per” ma “contro” il testamento
biologico, contro la libertà di scelta sulla sospensione di idratazione e nutrizione artificiali,
contro la vincolatività delle dichiarazioni anticipate di trattamento, contro il diritto
fondamentale di proseguire oppure sospendere alcune terapie, nel rispetto delle proprie
convinzioni, della propria cultura e – per chi ce l’ha – della propria fede.
Sono sempre stato convinto che la strada giusta sia quella di un dialogo aperto, franco, libero
da condizionamenti ideologici. Solo così vi può essere un percorso condiviso e solo così si
può sperare in una legge, grazie alla quale ciascuno di noi sia effettivamente libero di
scegliere. L’auspicio è che il Governo della destra non voglia utilizzare la logica degli
schieramenti contrapposti per imporre sul testamento biologico, ancora una volta, regole
contrarie alle evidenze scientifiche e alle libertà individuali. La richiesta resta quella di una
legge per il diritto alla salute, ma contro l’obbligo alle terapie, una legge laica, tracciata nel
solco dell’art. 32 della nostra Costituzione, utile e fruibile per tutti i cittadini italiani.
1976 - ASCOLTA, SI FA SERA - DI VALERIO GIGANTE
da: Adista notizie n° 10 del 7 febbraio 2011
Il card. Angelo Bagnasco all’ultimo Consiglio Permanente della Cei non ha voluto che la sua
prolusione – un discorso cauto sia nella scelta dei termini che nella attribuzione delle
responsabilità dell’attuale crisi politica – potesse essere interpretata come il de profundis della
gerarchia ecclesiastica all’attuale governo. Allo stesso modo, il segretario della Cei, mons.
Mariano Crociata, pur parlando di “disastro antropologico” in atto nel Paese, ha però ricordato
che “la questione morale riguarda tutti” e che la ricerca del bene comune non deve essere
“piegata, strumentalizzata”, altrimenti “rimane tacciabile di essere una difesa di parte”. Serve
invece “uno sforzo a superare il clima di rissa e faziosità per affrontare i problemi che
riguardano tutti”.
Tutti colpevoli, insomma, e quindi tutti innocenti. Così, dai vertici della Chiesa la presa di
distanza da Berlusconi (che peraltro non viene mai nemmeno nominato nei discorsi ufficiali) è
talmente flebile da non aver ottenuto altro risultato che quello di suscitare reazioni sgomente
ed indignate da parte di una base, quella cattolica, che ormai da tempo ha assunto nelle sue
componenti maggioritarie un atteggiamento fortemente critico rispetto al sistema di potere
berlusconiano, che però non trova voce e rappresentanza nelle istituzioni e nei media ufficiali
della Chiesa, se non nella voce isolata di qualche vescovo o negli editoriali di Famiglia
Cristiana.
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Ma che la misura sia ormai colma, lo dimostrano le dure dichiarazioni, del tutto dissonanti da
quelle pronunciate con labbra imburrate dei vertici ecclesiastici, di associazioni, movimenti,
gruppi del laicato cattolico, sia a livello diocesano che nazionale; le parole scandalizzate di
intellettuali ed esponenti del mondo ecclesiale; gli editoriali della stampa diocesana (v. Adista
n. 08/11); le lettere di protesta pubblicate da tante testate cattoliche. Anche alla redazione di
Adista, dopo la nuova esplosione del “Ruby-gate”, sono arrivate molte lettere ed interventi di
credenti, critici in particolare rispetto alla posizione “terzista” assunta dalla loro Chiesa nei
confronti di fatti gravissimi. Tra le tante, vi proponiamo quelle inviate da parroci e preti da tutta
Italia; tutte esprimono profonda preoccupazione e chiedono con urgenza alla Cei un deciso
cambio di rotta.
Don Ferdinando Sudati - vicario parrocchiale a Paullo (Mi):
Le gerarchie ecclesiastiche (vaticane e italiane), di fronte a un presidente del Consiglio che
va mandato a casa con ignominia, hanno preso posizione dandogli un buffetto accompagnato
dalla raccomandazione: “Biricchino, non farlo più!”. I rappresentanti della Cei, per una tragica
par condicio, hanno dato lo stesso buffetto anche alla magistratura. Che, date le circostanze,
è risultato piuttosto uno scapaccione, con effetti disastrosi. Potevano tacere del tutto, se
ritenevano di non dover entrare in politica, ma siccome non tacciono e in politica ci entrano
abitualmente, tanto valeva che facessero sentire qualcosa che avesse minimamente il sapore
evangelico della parresìa, della chiarezza e dell’integrità.
Don Romeo Vio – parroco a Titignano (Pi):
La cosa che più mi è dispiaciuta in questi anni è stato l’atteggiamento di coloro che di
Berlusconi sono stati i sostenitori. Ad esempio l’on. Casini, che ha consentito al presidente
del Consiglio di arrivare al potere anche se poi per i suoi interessi l’ha mollato. Ma soprattutto
è l’atteggiamento tenuto da gran parte della Chiesa “ufficiale” che mi ha messo in “crisi di
amore” per la Chiesa. Se facciamo una analisi, sono state veramente poche le voci critiche:
tolta la vostra e quella di Famiglia Cristiana e di qualche altra rivista della sinistra cattolica la
maggioranza dei vescovi e della stampa cattolica o ha taciuto o addirittura ha in certo senso
giustificato e coperto le malefatte del premier “contestualizzando” perfino le sue bestemmie.
Ora che sta per affondare, speriamolo veramente, finalmente la Cei, dopo aver rischiato di
perdere la sua credibilità, sembra uscire dal compromesso; ma viene da pensare che è
tardiva la testimonianza di chi pugnala un politico ormai – speriamo – al tramonto.
Don Giorgio Rigoni - parroco a Patronà (Cz):
Troppo facile oggi infierire su un uomo finito, un politico fallito che con tanta impudenza ma
"intelligenza" ha trattato un popolo sovrano da servi cretini! Un uomo ormai solo, perché
circondato da ruffiani che come cani si contendono l'osso, avrebbe avuto il diritto ad una voce
diversa da quella dei suoi cortigiani, un pastore che lo ammonisse... come sarebbe dovuto
avvenire, all'aeroporto di Ciampino, il 26 settembre 2009, quando il papa volle incontrare
Berlusconi. E invece venne fuori un colloquio solo patetico!
La Chiesa "alta" anche in questo caso si è dimostrata piccina, calcolatrice e accattona, pronta
a virare rotta ad ogni spirar di vento che le possa portare un pur minimo vantaggio
(economico). “Vedete quanto è pericoloso tacere? Muore quell'empio e giustamente subisce
la morte. Muore per la sua iniquità e per il suo peccato. È ucciso infatti dalla sua negligenza.
Egli avrebbe potuto ben trovare il Pastore vivente che dice: ‘Io vivo, dice il Signore’. Ma non lo
ha fatto, anche perché non ammonito da chi era stato costituito capo e sentinella proprio a
questo fine. Perciò giustamente morirà, ma anche chi ha trascurato di ammonirlo sarà
giustamente condannato”. (dal Discorso sui pastori di sant'Agostino, vescovo - Disc. 46, 2021; CCL 41, 564-548).
Don Silvano Nistri - Sesto Fiorentino:
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È un momento di grande sofferenza per chi ama la Chiesa. Io prego:
- perché i Vescovi abbandonino il sogno di una nuova cristianità. Il beato Ozanam, impegnato
a liberare la Chiesa di Francia dalle nostalgie della restaurazione, diceva: «Si sogna un
Costantino che tutto d’un colpo riconduca i popoli all’ovile. No, no… le conversioni non si
fanno con le leggi, ma con le coscienze…»;
- perché sia ridotta al minimo la Roma curiale, oltretutto oggi di così scarso valore. Un
Casaroli o un Cicognani non sarebbero andati a cena da Vespa, né ci sarebbe stato un
Fisichella a discettare da leguleio di terza categoria sulla bestemmia o sulla comunione ai
divorziati…
- perché i nostri vescovi, impegnati nella pastorale, in genere migliori di quelli che stanno a
Roma, parlino alle riunioni della Cei e magari esigano, nel caso lo facessero, che le loro voci
arrivino anche a noi… Ci farebbe piacere.
Don Mario Piantelli – parroco di San Michele Arcangelo e Castelnuovo, Crema:
Mi associo volentieri alle richieste che da molte parti d’Italia (e non solo) vengono indirizzate
ai vertici ecclesiastici di alzare forte la voce e di compiere azioni profetiche nei confronti
dell’attuale governo Berlusconi. È necessario un supplemento di libertà evangelica per
sganciarsi decisamente da un sistema di governo che, attraverso benefici e privilegi, sembra
avvantaggiare il “mondo ecclesiastico”, in realtà aliena e impoverisce sia a livello culturale sia
a livello socio-economico i credenti che ripongono fiducia non nell’amore al potere ma nel
potere dell’amore.
Don Giovanni Barbareschi - Milano:
Sono un sacerdote milanese di 89 anni, medaglia d'argento della Resistenza.
Ho partecipato alla redazione e diffusione del giornale clandestino Il Ribelle e per questo ho
sofferto il carcere. Non è certo questa l'Italia che noi, "ribelli per amore", sognavamo e per la
quale abbiamo lottato.
In questi giorni ho aderito all'Associazione Libertà e Giustizia (uno dei promotori è l'amico
Gustavo Zagrebelsky) firmando l'appello "per esigere le dimissioni e liberarci dal potere
corrotto e corruttore di Silvio Berlusconi".
Don Michele Ruggieri - parroco a Bucaletto (Pz):
«Siamo al colmo di ogni misura! Sono parroco in una realtà periferica di Potenza, dove non si
riesce ad eliminare, ancora dopo 30 anni, una vera e propria ’baraccopoli’ fatta di
prefabbricati leggeri insediati per dare alloggio provvisorio ai terremotati del 1980 e che
avrebbero dovuto avere la durata di 10 anni, al massimo. Invece, pur essendo per buona
parte fatiscenti, continuano ad essere alloggi provvisori per famiglie in difficoltà, per anziani
soli, per immigrati, per persone con gravi disagi sociali e psicologi. Avere a che fare ogni
giorno con problemi del genere ed assistere impotenti a questo scenario di uomini politici che, con l’ostentazione del potere, della “iniqua ricchezza”, come la definisce il Vangelo,
quotidianamente umiliano e schiaffeggiano la povertà, la debolezza, la fragilità sempre
crescente di tanta gente che non ha il necessario per sopravvivere - non può che suscitare
indignazione. Nessun motivo di opportunità politica potrebbe ancora giustificare il silenzio
della Chiesa nelle sue diverse espressioni e nei suoi diversi livelli, e neanche l’atteggiamento
diplomaticistico della gerarchia, formalmente equidistante, di fatto poco chiaro per i tanti
cittadini non abituati al linguaggio specialistico della politica.
Don Luciano Locatelli, parroco di Stabello di Zogno (Bg):
Non voglio dire: «Ma io ve l'avevo detto che tutto sarebbe andato a puttane!» (con tutto il mio
rispetto per chi è costretto a fare questa attività), però questo è quello che succede quando
anche noi, Chiesa (tutti, dai "pezzi da novanta" ai piccoli parroci di montagna come me), ci
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mostriamo più preoccupati per la salvezza dell'economia che per l'economia della salvezza.
Ricordo anche che a chi ha ricevuto tanto, sarà richiesto molto di più.
P. Candido Poli, missionario a a Piaui - Brasile:
Sono venuto nel Nord del Brasile nel 1952, prete da tre anni. In Italia ho fatto solo ferie, ogni
tre, 4, 5 e anche 8 anni, ma da alcuni anni (ne ho 87!) mi tengo in contatto attraverso i siti
internet dei giornali. L´Italia va male. Ma ci sono ancora tante famiglie sane. In politica troppi
vogliono solo essere galli. La Chiesa per essere missionaria deve essere carismatica. Dove é
il carisma della Chiesa oggi? Interviene per tutto e per niente, e all´ora necessaria si salva
con frasi ambigue, allusive, che non incidono.
1977 - APPELLO CGIL MEDICI: IO NON COSTRINGO, CURO - DI MASSIMO FRANCHI
da: l’Unità di lunedì 7 febbraio 2011
A due giorni dalla vergognosa "Giornata nazionale degli Stati vegetativi" nel secondo
anniversario della morte di Eluana Englaro, a due settimane dall'arrivo in aula della Camera
del Ddl Calabrò sulla obbligatorietà dell'idratazione e dell'alimentazione nelle persone in stato
vegetativo, la Cgil chiama a raccolta medici e operatori sanitari con un appello "per la libertà
di scelta sul testamento biologico e contro l'accanimento terapeutico". Una legge che, dopo
un lungo iter si è sbloccata il 12 gennaio con il via libera della Commissione Bilancio dietro
l'accordo ad essere totalmente definanziata e dunque "senza nuovi oneri per lo Stato", e che
fino alla penultima stesura paragonava il sondino gastrico e l'idratazione forzata a "pane e
acqua" per il paziente.
Un appello promosso dalla Funzione Pubblica della Cgil, sospinto da due video forti ed
essenziali qui linkati e già firmato da Umberto Veronesi, Ignazio Marino e da tanti neurologi e
chirurghi. Lo scopo è di raccogliere il maggior numero di firme da consegnare al presidente
della Camera Gianfranco Fini e a tutti i parlamentari per bloccare una legge che, come hanno
spiegato all'unisono gli intervenuti alla presentazione, "viola l'articolo 32 della Costituzione
("Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario"), il Codice di
Deontologia medica (Articolo 38: "Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la
propria volontà, deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente
manifestato dallo stesso in modo certo e documentato") e della Convenzione internazionale di
Oviedo.
In 2-3 mila in stato vegetativo
Una legge che riguarda tutti e in special modo "2-3 mila persone in stato vegetativo e 250
mila malati terminali", ricorda Massimo Cozza della Fp Cgil. "E' la stessa battaglia che
abbiamo fatto contro la legge 40, contro la richiesta che i medici denunciassero gli immigrati
regolari, contro la proibizione della pillola RU486 - rincara la dose Rossana Dettori, segretario
generale della Fp Cgil - un orrore perché strumentalizza temi etici per biechi fini politici".
Tra i primi firmatari dell'appello c'è Ignazio Marino, nella doppia veste di chirurgo e senatore.
"Mi occupo di questo tema dal giungo 2006, da quando sono diventato parlamentare e mi
sono reso conto che i miei colleghi italiani non potevano fare quello che è normale nel mondo
anglosassone: riunire i familiari del paziente e informare sull'utilizzo delle tecnologie e
decidere insieme a loro dove arrivare con le cure. Il punto della questione - continua Marino è che fra due settimane in aula si deciderà come gli italiani si dovranno curare nelle ultime
settimane della loro vita. Non è un problema di essere credente o meno, il problema è che i
diritti delle persone che perdono coscienza stanno pensando nelle mani di chi vince le
elezioni. E' possibile che quel diritto passi nelle mani del capogruppo del Pdl o dell'Udc? Noi
diciamo no e per questo abbiamo presentato 1.500 emendamenti come opposizione e
lotteremo fino alla fine. Chiediamo alla maggioranza di fermarsi perché anche i più recenti
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sondaggi Eurispes ci dicono che il 72% degli italiani è contrario e che lo sono il 77 per cento
dei medici. Sappiamo - ha concluso - che la legge è a forte rischio di incostituzionalità e che
la tanto vituperata magistratura interverrà. L'obiezione di coscienza in questo caso è poco
praticabile dal punto di vista legislativo. Per questo la battaglia che parte dall'appello è ancora
più importante".
1978 – COSI’ LA SOLIDARIETÀ’ CI PUÒ SALVARE - DI RANDEEP RAMESH
da: Guardian News & Media Ltd 2010 - traduzione di Emilia Benghi
Benché abbia lasciato il suo incarico di docente di sociologia alla Leeds University nel 1990
per andare ufficialmente in pensione, l'ottantaquattrenne Bauman continua ad essere un
autore prolifico, sfornando un libro l'anno dalla sua dimora nel verde dello Yorkshire. L'ultimo
saggio, intitolato 44 Letters from the Liquid Modern World, raccoglie una serie di articoli scritti
su vari fenomeni, da Twitter all'influenza suina alle élite culturale. Bauman ha il pubblico di
una vera star: quando è stato inaugurato l'istituto di sociologia che l'università di Leeds ha
intitolato a suo nome, a settembre, più di 200 delegati stranieri sono venuti a sentirlo.
Nonostante il plauso che riscuote, pare proprio che Bauman sia profeta ovunque meno che in
Inghilterra. Forse dipende dal fatto che finora non si è prodigato a fornire ai politici teorie
superiori per giustificare il loro operato e le loro motivazioni - a differenza di Lord (Anthony)
Giddens, il sociologo autore della teoria politica della "terza via", sposata dal New Labour di
Tony Blair.
Ma tutto è cambiato da quando alla guida del Labour c'è Ed Miliband che ha mutuato da
Bauman la tesi secondo cui il partito aveva perso di umanità convertendosi al mercato. Così
per il sociologo il nuovo leader offre una possibilità di "risurrezione" alla sinistra a livello
morale.
«Mi sembra molto interessante la visione della collettività di Ed. La sua sensibilità ai problemi
dei poveri, la consapevolezza che la qualità della società e la coesione della comunità non si
misurano in termini statistici ma in base al benessere delle fasce più deboli», racconta
Bauman. Il rapporto tra Bauman e i Miliband è di lunga data. Il padre di Ed, Ralph, e Bauman
strinsero una profonda amicizia negli anni ' 50 alla London School of Economics. Entrambi
erano sociologi di sinistra e ebrei polacchi d'origine. Entrambi fuggiti da regimi tirannici: Ralph
Miliband scappò dal Belgio ai tempi dell'avanzata tedesca nel 1940 e Bauman fu espulso
dalla Polonia quando i comunisti locali attuarono una purga antisemita nel 1968. Decisiva fu
la scelta di Ralph Miliband di entrare a far parte, nel 1972, del dipartimento di scienze
politiche dell'università di Leeds, dove Bauman insegnava sociologia. La casa di Bauman a
Leeds divenne una tappa fissa per i figli di Milliband. Ed e David crebbero guardando i due
accademici discutere del futuro della sinistra. Bauman afferma che i fratelli Miliband già da
piccoli erano «validi interlocutori... affascinanti e di straordinaria intelligenza per la loro
giovane età». (...) Neal Lawson, direttore del think tank della sinistra laburista Compass,
afferma che l'appello di Ed Miliband a mobilitarsi «per chi crede che nella vita non contano
solo i guadagni» e la sua energica difesa della «collettività, dell'appartenenza e della
solidarietà» era in puro stile Bauman. Anche perché a differenza di quanto accade per altri
sociologi l'opera di Bauman è accessibile, intellettuale e spesso polemica. La sua biografia dalla fede comunista allo status di minoranza perseguitata all’analisi scientifica della
quotidianità - rende difficile inquadrarlo. La sua teoria si fonda sul concetto che sono i sistemi
a fare gli individui, non viceversa. Bauman sostiene che non è questione di comunismo o di
consumismo, comunque gli stati vogliono controllare l'opinione pubblica e riprodurre le loro
élite (...). La sua opera si incentra sulla transizione ad una nazione di consumatori
inconsapevolmente disciplinati a lavorare ad oltranza. Chi non si conforma, dice Bauman,
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viene etichettato come "rifiuto umano" e depennato come membro imperfetto della società.
Questa trasformazione «dall'etica del lavoro all'etica del consumo» preoccupa Bauman. Egli
ammonisce che la società è passata dagli «ideali di una comunità di cittadini responsabili a
quelli di un'accolita di consumatori soddisfatti e quindi portatori di interessi personali».
Non c'è da stupirsi che i critici dipingano Bauman come un "pessimista". Ma davanti ad una
tazza di tè e a un assortimento infinito di pasticcini il canuto professore è il fascino in persona
- per quanto pessimista sia. A suo giudizio è emerso tutto un vocabolario politico come
"paravento" per intenti occulti. Così il termine mobilità sociale, ad esempio, è «menzognero,
perché gli individui non sono in grado di scegliere la propria collocazione nella società».
L'equità non è che una copertura per «lo spettro dell'assistenza concessa solo negli ospizi».
Talvolta le scelte di Bauman risultano inquietanti. Dichiara di aver mutuato l'idea
fondamentale del suo importantissimo saggio sull'Olocausto da Carl Schmitt, un politologo
considerato vicinissimo a Hitler. Bauman sostiene che l' "esclusione sociale" di cui oggi si
discute non è che un'estensione del postulato di Schmitt secondo cui l'azione più importante
di un governo è "identificare un nemico". Questo portò Bauman nel 1969 a sostenere che
l'omicidio di milioni di ebrei non era il risultato del nazismo né l'azione di un gruppo di persone
malvagie, ma frutto di una moderna burocrazia che premiava soprattutto la sottomissione e in
cui complessi meccanismi nascondevano l'esito delle azioni della gente.
L'Olocausto, afferma, non è che un esempio criminale del tentativo dello stato moderno di
perseguire l'ordine sfruttando il timore degli "stranieri e degli emarginati". «Una volta escluse
dai governi le persone non sono più protette. Le società iniziano a manipolare il timore nei
confronti di determinati gruppi. Nelle fasi di crisi del welfare state dobbiamo preoccuparci di
questa caratteristica della società».
Oggi Bauman è comunque ottimista sulla capacità della sua disciplina di trovare soluzioni per
questi problemi. Con il calo degli iscritti al corso di laurea e la mentalità insulare la sociologia
britannica si dibatte tra statistica e filosofia, ma, ammonisce Bauman: «Il compito della
sociologia è venire in aiuto dell'individuo. Dobbiamo porci a servizio della libertà. È’ qualcosa
che abbiamo perso di vista», dice.
Nonostante abbia la reputazione di criticare senza offrire soluzioni, Bauman è stato una voce
importante nei dibattiti sulla povertà. La sua proposta di garantire un "reddito del cittadino",
fondamentalmente il denaro sufficiente a condurre una vita libera, è stata una delle poche
voci non conformiste nel dibattito sulle politiche di reimpiego (welfare-to-work). L'erogazione
di denaro ai poveri, scriveva Bauman nel 1999, eliminerebbe «la mosca morta dell'insicurezza
dall'unguento odoroso della libertà». Dieci anni dopo il reddito minimo garantito è entrato nel
comune dibattito politico ed è una causa sostenuta da Ed Miliband.
Bauman si è sempre interessato di politica: il suo primo scontro con l'autorità pubblica ebbe
luogo quando criticò il partito comunista polacco negli anni ' 50 per la sua burocrazia
fossilizzante e la spietata repressione degli oppositori. «La mia tesi era che il comunismo era
animato solo dalla necessità di restare al potere». Un decennio di simili eresie gli guadagnò
l'espulsione dal suo paese a danno della Polonia e a beneficio dello Yorkshire. Oggi Bauman
non mostra amarezza. È arrivato al punto di ignorare l’articolo di una rivista polacca di destra
che nel 2007 lo accusò di essere stato per un periodo al soldo dei servizi segreti polacchi e di
aver avuto parte nella purga degli oppositori politici del regime. «L'accusa si basa su un
ragionamento deduttivo. Poiché da adolescente ero membro di un'unità interna dell'esercito
polacco devo necessariamente essere colpevole di qualcosa. Non c'è traccia di prove.
Semplicemente non è vero», dice Bauman.
Nonostante l'esperienza maturata in decenni di attività intellettuale Bauman non si pone
volentieri nel ruolo di vate, dice di non aver intenzione di "calcare i corridoi del potere"
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dispensando gemme di saggezza. Augura successo al Labour e resta profondamente
pessimista circa il tentativo del governo di coalizione di dare un volto umano ai tagli alla
spesa pubblica. «Ci siamo già passati con Reagan e la Thatcher», ammonisce.
1979 – ILLEGALITA’ E BIOPOLITICA NEL NOME DI ELUANA - DI STEFANO RODOTA’
da: il Manifesto di giovedì 10 febbraio 2011 – Intervista di Eleonora Martini
Stefano Rodotà è stato fin dalle prime ore uno dei più lucidi testimoni della dolorosa vicenda
di Eluana Englaro, e di come il governo Berlusconi due anni fa, all'epilogo della terribile storia;
si «infognò sempre più nell'illegalità» — per usare le sue stesse parole — cercando di non
rispettare nessuna delle sentenze emesse dalla Corte costituzionale, dalla Cassazione, dal
Tar. E da quel corpo di donna, manipolato a piacimento del raìs, perfetto esempio della deriva
bio-politica del centrodestra, ripercorriamo con lui il filo nero che ci porta fino ai giorni nostri.
Professor Rodotà, cosa pensa di questa prima "Giornata degli stati vegetativi" celebrata ieri,
inventata dal governo per tornare a flagellare la memoria della povera Eluana?
È’ l'ennesima prova del pessimo gusto e della pessima cultura di questa maggioranza e della
mancanza di rispetto delle persone. Basti ricordare quando il Presidente del consiglio arrivò a
dire che Eluana poteva avere dei figlio quando nel primo anniversario della morte mandò una
lettera all'istituto di suore dove la donna era stata ricoverata per anni dicendosi dispiaciuto per
non aver potuto salvare la vita di Eluana. Qui c'è un'espressione proprietaria della vita delle
persone: non è il re taumaturgo che si è visto negare il diritto di imporre le mani, ma
l'autocrate che vuole avere il potere sulla vita. Questa è la vicenda. E questo è lo stile e la
politica che ancora ci vengono riproposti: con una "Giornata" indetta quasi contro coloro che
hanno voluto percorrere fino in fondo una strada di legalità per ottenere il rispetto massimo
della dignità e della volontà di Eluana. E con un ddl sul testamento biologico che va su una
via esattamente opposta, di totale mancanza di rispetto delle persone.
Non le sembra che la storia di Eluana sia emblematica almeno per due motivi: lo
sdoganamento Istituzionale dell'illegalità diffusa e la biopolitica del centrodestra?
Certo, Beppino Englaro dovrebbe essere preso ad esempio di cittadino modello: si rifiutò di
pubblicare una foto recente della figlia, cosa che avrebbe convinto l'opinione pubblica, e non
ha mai voluto seguire i consigli dei tanti che, anche dalle colonne dei maggiori quotidiani, gli
suggerivano di evitare la prova di forza e risolvere invece il problema come fanno tutti: senza
clamore, di nascosto. E invece proprio di fronte allo scempio quotidiano di legalità lui ha
voluto correre tutti i rischi della legalità, presentando anche ricorsi che potevano trasformarsi
in un boomerang. Ha detto semplicemente: ci sono i giudici. Beppino Englaro non voleva a
tutti i costi avere ragione, ma consacrare Il diritto. Dall'altra parte Invece c'era un governo che
avrebbe fatto qualunque cosa pur di vincere.
È esattamente così. Governo e maggioranza si sono sempre più infognati nell'illegalità Faccio
tre esempi quando sollevarono davanti alla Corte costituzionale il conflitto tra poteri dello
Stato sostenendo che la Cassazione aveva invaso il potere del legislatore, e naturalmente
ricevendo una fortissima bacchettata. E poi quando si cercò di forzare la mano con un
decreto legge che non venne firmato da Napolitano, o quando Sacconi tentò di intimidire le
cliniche con una direttiva. Per quanto riguarda la deriva biopolitica -che per fare un esempio
sta nella lettera citata prima o nel ddl attualmente all'analisi della Camera- diciamo la verità, è
però a un livello infimo.
In breve, cosa pensa del testo di legge sulle "Dichiarazioni anticipate di trattamento" nella
versione in cui approderà In Aula alla Camera li 21 febbraio?
Lo definirei con cinque aggettivi: è un ddl ideologico, autoritario, menzognero, sgrammaticato
e soprattutto incostituzionale. A questo punto si apre di nuovo un fronte di illegalità perché si
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entra di nuovo in rotta di collisione con sentenze recenti della Corte costituzionale, e si
manifesta appunto la pura volontà di un governo che vuole espropriare i cittadini dal diritto di
decidere liberamente della loro vita.
Entriamo nel merito.
La legge è ideologica perché nell'articolo 1 si dice che la vita è indisponibile, cosa che dal
punto di vista giuridico è del tutto falsa, come dimostrano un'infinità di casi: da quello dei
Testimoni di Geova a chi rifiuta le cure e si lascia morire. La vita dunque è disponibile e,
partendo da questa falsa premessa, si vuole impone un puro punto di vista: la legge è perciò
autoritaria. Poi è menzognera perché sbugiarda perfino il titolo: malgrado un delirio
burocratico, queste "direttive anticipate" non valgono nulla. E scaricando le responsabilità sul
medico, anziché evitare aprirà molti contenziosi giuridici. Avremo non uno, ma 100, 1000 casi
Englaro. È sgrammaticata perché si contraddice in più punti, come quando dice che le
direttive possono essere revocate in ogni momento e poi afferma che bisogna farlo in forma
scritta e davanti a un medico generalista (che non si sa cosa sia). Ciò vuoi dire che se in
televisione dichiaro di aver cambiato idea rispetto a quanto scritto nel testamento biologico, e
subito dopo ho un incidente che mi riduce in stato vegetativo, quella mia dichiarazione
davanti a milioni di persone non vale. Infine, è anticostituzionale perché, tra i tanti motivi,
limita la libertà di cura e il diritto fondamentale all'autodeterminazione. Ed è perciò destinata a
subire numerose sentenze di bocciatura da parte della Corte costituzionale.
Succederà come con la legge 40 sulla fecondazione artificiale, per la quale si evocava il
rischio di eugenetica come ora si evoca l'eutanasia: sarà inapplicabile, verrà smontata pezzo
per pezzo dalle sentenze, e farà vittime proprio nelle famiglie. Non crede?
Il parallelo è assolutamente azzeccato, e mostra appunto l'ideologia che c'è dietro questa
maggioranza. E non parliamo solo di proibizionismo, ma del governo autoritario dei corpi delle
persone. C'è una linea costante che accompagna la biopolitica in tutto l'arco dell'esistenza:
non solo sul nascere e sul morire, ma anche sul vivere. Infatti si è riaperta in questi giorni,
anche all'interno del Pd, la questione delle unioni di fatto. Anche in questo caso si cerca di
impedire il libero governo della vita. E anche qui c'è una sentenza della Corte costituzionale
che l'anno scorso ha riconosciuto il «diritto fondamentale» delle persone anche dello stesso
sesso a scegliere le forme di convivenza, e ha intimato al legislatore di dare attuazione a
questo diritto. Al momento, quindi, di nuovo, il rifiuto di dare seguito a una sentenza
costituzionale mostra che il potere politico vuole mantenere il controllo sul. la vita delle
persone, disconoscendo i loro diritti fondamentali.
Da Eluana al giorni nostri: non vede un filo che unisce quel corpo esanime di donna che nella
realtà manipolata da Berlusconi »aveva le mestruazioni e poteva ancora procreare», con l'uso
strumentale delle donne restituito dalle ultime cronache?
C'è una linea, è vero, non è una forzatura. Il fatto è che Berlusconi non è proprio capace di
concepire le donne e il loro corpo se non come un oggetto di possesso. Sul corpo di Eluana
c'era un'idea di possesso totale. «È tutto mio», diceva Benigni nella trasmissione di Saviano e
Fato. È così: lui non è capace di concepire gli altri, e specificamente le donne e il loro corpo,
come qualcosa che possa essere sottratto al suo dominio personale.
La "Giornata degli stati vegetativi", il testamento biologico, le imposte municipali cancellate
per gli immobili della Chiesa: cosa cerca di ottenere Berlusconi?
In questo momento di forte difficoltà la maggioranza cerca di apparire di nuovo come la parte
politica di riferimento per il Vaticano. Ma è un gioco strumentale così evidente che è stato
svelato e contrastato anche da Famiglia Cristiano. E perfino Casini ha detto no, non si
possono coinvolgere questioni così importanti nella miserabile faccenda della sopravvivenza
del governo.
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Commento. In verità, nell’incontro tenuto il 9 febbraio a Roma, presso l’Aula Magna della
Facoltà Valdese, ove è stato uno dei relatori sul tema “Chi decide sul fine-vita?”, ai cinque
aggettivi con i quali ha definito il ddl Calabrò nella suddetta intervista (ideologico, autoritario,
menzognero, sgrammaticato e soprattutto incostituzionale) Stefano Rodotà ne aveva aggiunti
altri due: truffaldino e contraddittorio, anch’essi adeguatamente motivati.
Gli altri relatori al convegno, coordinato da Paolo Flores d’Arcais, sono stati dom Giovanni
Franzoni (altro socio onorario di LiberaUscita), il sen. Ignazio Marino, lo scienziato Giorgio
Parisi ed il teologo valdese Daniele Garrone, il quale ha annunciato che tutti i mercoledì, dal
26 gennaio al 30 marzo, dalle ore 18:00 alle 19:30, presso i locali della Chiesa evangelica
valdese di via Marianna Dionigi 59 (Piazza Cavour) sarà possibile avere informazioni e
sottoscrivere il proprio testamento biologico. Il modello proposto dalla Chiesa valdese può
essere scaricato da: www.chiesavaldese.org/romapiazzacavour/ (gps)
1980 - LA BANDIERA DELLA DIGNITA’ - DI STEFANO RODOTA’
da: la Repubblica di martedì 15 febbraio 2011
È tempo di liberarsi dello spirito minoritario che, malgrado tutto, continua a lambire anche
qualche parte della stessa opposizione. È questa l´indicazione (la lezione?) che viene dai
molti luoghi che da molti mesi vedono la presenza costante di centinaia di migliaia di persone
che, con continuità e passione, rivendicano libertà e diritti: un fenomeno che non può essere
capito con gli schemi, invecchiati, del "risveglio della società civile" o di qualche partito "a
vocazione maggioritaria". Non sono fiammate destinate a spegnersi, esasperazioni d´un
giorno, generiche contrapposizioni tra Piazza e Palazzo. Non sono frammenti di società,
grumi di interesse.
È un movimento costante che accompagna ormai la politica italiana, e a questa indica le vie
per ritrovare un senso. È l´opposto delle maggioranze "silenziose" che si consegnano,
passive, in mani altrui.
Donne, lavoratori, studenti, mondo della cultura si sono mossi guidati da un sentimento
comune, che unifica iniziative solo nelle apparenze diverse. Questo sentimento si chiama
dignità. Dignità nel lavoro, che non può essere riconsegnato al potere autocratico di nessun
padrone. Dignità nel costruire liberamente la propria personalità, che ha il suo fondamento
nell´accesso alla conoscenza, nella produzione del sapere critico. Dignità d´ogni persona, che
dal pensiero delle donne ha ricevuto un respiro che permette di guardare al mondo con una
profondità prima assente.
Proprio da questo sguardo più largo sono nate le condizioni per una manifestazione che non
si è chiusa in nessuno schema. Le donne che l´hanno promossa, le donne che con il loro
sapere ne hanno accompagnato la preparazione senza rimanere prigioniere di alcuni
stereotipi della stessa cultura femminista, hanno colto lo spirito del tempo, dimostrando
quanta fecondità vi sia ancora in quella cultura, dove l´intreccio tra libertà, dignità, relazione è
capace di generare opportunità non alla portata della tradizionale cultura politica. È qui la
radice dello straordinario successo di domenica, della consapevolezza d´essere di fronte ad
una opportunità che non poteva essere perduta e che ha spinto tanti uomini ad essere
presenti e tante donne a non cedere alla tentazione di rifiutarli, perché non s´era di fronte ad
una generica "solidarietà" o alla pretesa di impadronirsi della parola altrui.
Chi è rimasto prigioniero di se stesso, delle proprie ossessioni, è il Presidente dal consiglio, al
quale era offerta una straordinaria opportunità per rimanere silenzioso, una volta tanto
rispettoso degli altri. E invece altro non ha saputo trovare che le parole logore della polemica
aggressiva, testimonianza eloquente della sua incapacità di comprendere i fenomeni sociali
fuori di una rozza logica del potere. La vera faziosità è quella sua e di chi lo circonda, privi
16
come sono di qualsiasi strumento culturale e quindi sempre più votati al rifiuto d´ogni
dimensione argomentativa. Dignità, per loro, è parola senza senso, parte d´una lingua che
sono incapaci di parlare.
Nelle diverse manifestazioni, invece, si coglie la sintonia con le dinamiche che segnano
questi anni. Le grandi ricerche di Luis Dumont ci hanno aiutato nel cogliere il passaggio
dall´homo hierarchicus all´homo aequalis. Ma nei tempi recenti quel cammino si è allungato,
ha visto comparire i tratti l´homo dignus, e proprio la dignità segna sempre più esplicitamente
l´inizio del millennio, costituisce il punto d´avvio, il fondamento di costituzioni e carte dei diritti.
Sul terreno dei principi questo è il vero lascito del costituzionalismo dell´ultima fase. Se la
"rivoluzione dell´eguaglianza" era stato il connotato della modernità, la "rivoluzione della
dignità" segna un tempo nuovo, è figlia del Novecento tragico, apre l´era della
"costituzionalizzazione" della persona e dei nuovi rapporti che la legano all´innovazione
scientifica e tecnologica.
"Per vivere – ci ha ricordato Primo Levi – occorre un´identità, ossia una dignità". Solo da qui,
dalla radice dell´umanità, può riprendere il cammino dei diritti. E proprio la forza unificante
della dignità ci allontana da una costruzione dell´identità oppositiva, escludente, violenta, che
ha giustamente spinto Francesco Remotti a scrivere contro quell´"ossessione identitaria" che
non solo nel nostro paese sta avvelenando la convivenza civile. La dignità sociale, quella di
cui ci parla l´articolo 3 della Costituzione, è invece costruzione di legami sociali, è anche la
dignità dell´altro, dunque qualcosa che unifica e non divide, e che così produce rispetto e
eguaglianza.
Le manifestazioni di questi tempi, e quella di domenica con evidenza particolare, rivendicano
il diritto a "un´esistenza libera e dignitosa". Sono le parole che leggiamo nell´articolo 36 della
Costituzione che descrivono una condizione umana e sottolineano il nesso che lega
inscindibilmente libertà e dignità. Più avanti, quando l´articolo 41 esclude che l´iniziativa
economica privata possa svolgersi in contrasto con sicurezza, libertà e dignità umana, di
nuovo questi due principi appaiono inscindibili, e si può comprendere, allora, quale
lacerazione provocherebbe nel tessuto costituzionale la minacciata riforma di quell´articolo,
un vero "sbrego", come amava definire le sue idee di riforma costituzionale la franchezza
cinica di Gianfranco Miglio. Intorno alla dignità, dunque, si delinea un nuovo rapporto tra
principi, che vede la dignità dialogare con inedita efficacia con libertà e eguaglianza. Questa,
peraltro, è la via segnata dalla Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea. Qui, dopo
aver sottolineato nel Preambolo che l´Unione "pone la persona al centro della sua azione", la
Carta si apre con una affermazione inequivocabile: "La dignità umana è inviolabile".
Proprio questo quadro di principi costituisce il contesto all´interno del quale i diversi
movimenti si sono concretamente mossi, individuando così quella che deve essere
considerata la vera agenda politica, la piattaforma comune delle forze di opposizione. Diritti
delle persone, lavoro, conoscenza non si presentano come astrazioni. Ciascuna di quelle
parole rinvia non solo a bisogni concreti, ma individua ormai pure forze davvero " politiche",
che si presentano con evidenza sempre maggiore come soggetti attivi perché quei bisogni
possano essere soddisfatti.
Viene così rovesciato le schema dell´antipolitica, e si pone il problema della capacità dei
diversi gruppi di opposizione di trovare legami veri con questa realtà. I segnali venuti finora
sono deboli, troppo spesso sopraffatti dalle eterne logiche oligarchiche, dagli egoismi
identitari di ciascun partito o gruppo politico. Si lamenta che ai problemi reali non si dia il
giusto risalto. Ma chi è responsabile di tutto questo? Non quelli che con quei problemi si sono
identificati, sì che oggi la responsabilità di farli entrare nel modo corretto nell´agenda politica
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ufficiale dipende dalla capacità dei partiti di trovare il giusto rapporto con i movimenti presenti
nella società, di essere per loro interlocutori credibili.
Torna così la questione iniziale, perché proprio questo è il cammino da seguire per
abbandonare ogni spirito minoritario e ridare vigore ad una vera politica di opposizione. Le
manifestazioni di questi mesi, infatti, dovrebbero essere valutate partendo anche da un dato
che tutte le analisi serie sottolineano continuamente, e cioè che Berlusconi non ha il
consenso della maggioranza degli italiani, non avendo mai superato il 37%. Il bagno di realtà
di domenica, che ne accompagna tanti altri, dovrebbe indurre a volgere lo sguardo verso la
vera maggioranza, perché solo così un vero cambiamento è possibile.
1981 - LA BOMBA DEMOGRAFICA È’ PRONTA A RIESPLODERE - DI G. STABILE
da: la Stampa di martedì 15 febbraio 2011
La Bomba, demografica, è ancora sospesa sopra le nostre teste. Meno visibile, offuscata dai
progressi dei Paesi in via di sviluppo, come il Brasile, la Turchia o persino l’Iran, dove la
discesa del tasso di crescita della popolazione ha sorpreso tutti, compresi gli studiosi. Tanto
che sui mezzi di comunicazione si è imposto quello «scenario medio», elaborato dall’Onu alla
metà dello scorso decennio, che prevedeva un aumento degli abitanti sulla Terra fino a nove
miliardi entro il 2050 e poi una stabilizzazione attorno a quella cifra. Enorme, se consideriamo
che un secolo fa gli umani era poco più di un miliardo e mezzo, ma comunque gestibile.
Rassicurante.
Ora la stessa Onu mette in guardia da questo facile ottimismo. Lo «scenario sostenibile» non
è affatto acquisito, non è un trend automatico. Ha bisogno di politiche di controllo demografico
attive. E pure costose, soprattutto nei Paesi più arretrati, Africa in testa. L’ultimo rapporto del
Consiglio economico e sociale delle Nazioni unite (Ecosoc) delinea un futuro sul filo del
rasoio, dove un minimo discostamento dalle previsioni più favorevoli porta all’esplosione della
Bomba, a un Pianeta con 14, a18 miliardi di uomini, più poveri, affamati e assetati di ora. Un
futuro da incubo, con l’Africa che ne ospiterebbe quasi la metà, su un territorio desertificato,
disossato.
«La riduzione della fecondità - spiega Thomas Buettner, demografo dell’Onu - è data per
scontata. Troppi leader politici si sono convinti che le cose andranno per il meglio anche
senza nessun intervento. Ma la transizione demografica è in un momento delicato. E alla fine
gli abitanti sul Pianeta potrebbero rivelarsi molti di più del previsto». Con lo sviluppo, la
modernità, e gli antibiotici, il tasso di mortalità è calato, o sta calando, con estrema rapidità.
Ma la riduzione delle nascite, legata a dinamiche culturali, allo status delle donne, non tiene lo
stesso passo. È la «transizione demografica». La natalità si deve adattare alla mortalità per
ripristinare l’equilibrio. In Europa, nel Nordamerica e anche nella Cina del figlio unico, si è già
conclusa. In alcuni Paesi, come Giappone, Russia, si è andati oltre, e la popolazione
diminuisce.
Poi ci sono una serie di Paesi «sorprendenti», dove lo sviluppo economico non è ai livelli
occidentali ma la transizione è andato in porto. Su tutti il Brasile, che ha già raggiunto la
fatidica soglia dei due figli per donna. Merito delle telenovelas che hanno proposto un modello
familiare moderno anche nelle favelas. E alla rapida urbanizzazione. Avere cinque o sei figli
può far comodo in campagna: puoi metterli a badare ai polli o a raccogliere legna. Ma se ti sei
trasferito in un monolocale di San Paolo, è poco pratico.
In Africa e nell’Asia meridionale la transizione è pieno corso, o appena cominciata. Lì si gioca
il futuro del Pianeta. Se si mettono a confronto i dati globali con quelli di un Paese come il
Mali, si capisce il problema. Nel mondo siamo oggi a 6,9 miliardi, alla fine quest’anno si
arriverà a 7 o quasi. Ci sono 19,68 nati e 8,37 morti per ogni mille abitanti. Vale a dire una
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crescita dell’1,1% circa, 75-80 milioni in più ogni anno. Il tasso di fecondità, cioè quanti figli
mette al mondo in media ogni donna, è 2,56. In Mali, il tasso di natalità è del 46,09 per mille,
quello di mortalità del 14,64. I figli per donna 6,54. La crescita è del 3,1% all’anno, vale a dire
raddoppio in meno di trent’anni. Tutta l'Africa, di questo passo, crescerebbe e si
moltiplicherebbe da 1 a 8 miliardi.
Il numero magico per la stabilizzazione è 2,1 figli per donna, abbastanza vicino a livello
mondiale. Ma potrebbe non bastare «La crescita demografica ha una forte inerzia - spiega
ancora Buettner -. È come una petroliera lanciata a piena velocità. Anche se spegne i motori
va avanti per chilometri». In Europa, per esempio, la popolazione diminuisce in Germania
(1,43 figli per donna) ma continua ad aumentare in Francia (1,98). In Italia siamo a 1,41. Per
questo, per ottenere risultati, «bisognerebbe portare il numero di figli per donna a 1,85».
Traguardo alla portata della maggior parte dei Paesi del mondo, ma non di quelli africani. O di
Paesi asiatici come il Pakistan.
La crisi finanziaria globale rischia di tagliare le gambe anche alla pianificazione familiare, che
si regge soprattutto sugli aiuti delle nazioni più ricche. In caduta libera. I finanziamenti di sono
dimezzati negli ultimi dieci anni e «l’offerta di anticoncenzionali - rincara Gilles Pillon,
dell’Istituto demografico nazionale di Parigi - non solo è insufficiente e mal organizzata, ma
anche in mano a funzionari locali poco convinti, che non credono nella loro missione». In
Africa solo il 12 per cento delle famiglia applica qualche forma di pianificazione. Eppure,
calcola l’Onu, ogni dollaro investito in metodi anticoncezionali ne fa risparmiare 6 in spese
mediche o sociali dovute alla crescita troppo rapida. Bisogna investire per garantirci un futuro.
Sostenibile.
1982 - CAMPO DE’ FIORI, 17 FEBBRAIO 1600 - DI CLAUDIO TANARI
da: www.cronachelaiche di giovedì 17 febbraio 2011
E’ l’alba del 17 febbraio 1600. Un corteo lascia il carcere di Tor di Nona, a Roma: condotto in
processione tra una folla vociante fino a Campo de’ Fiori, un saio penitenziale indosso,
Giordano Bruno, 52 anni, filosofo, scrittore e frate domenicano, è accompagnato dalle litanie
dei frati. E’ affidato al braccio secolare che esegue materialmente la fatwah del Sant’Uffizio:
Ecclesia abhorret a sanguine… Gli è stata imposta la lingua “in giova”: una morsa che gli
serra la bocca e gli impedisce di parlare (come proclama un avviso fatto affiggere dalle
autorità ecclesiastiche: “Per le bruttissime parole che diceva”). Del resto, ciò che aveva da
dire ai cardinali inquisitori, lo aveva detto al momento della sentenza un mese prima: “Forse
voi pronunciate la sentenza contro di me con più paura di quanta io ne abbia nel riceverla”.
Sale sulla pira del rogo con grande coraggio e dignità, affermano i testimoni. Denudato,
legato ad un palo, rifiuta i conforti religiosi. Viene arso vivo. Muore distogliendo
ostentatamente lo sguardo da un crocefisso che gli viene mostrato tra le fiamme.
Giordano Bruno. Lo studioso che aveva mandato in frantumi la sfera immobile delle stelle
fisse che lo stesso Copernico non aveva osato toccare. E con essa il sistema tolemaico, così
perfetto per gli antichi, fino agli uomini del Medioevo: un Universo limitato, chiuso,
comodamente riconducibile a Dio.
Per il filosofo di Nola le stelle, non più immobili, sono dei soli in numero infinito, distribuiti in un
Universo infinito: sembra il trionfo dell’incompiuto, dell’imperfetto, del caos.
Tutto è movimento nell’universo di Bruno poiché tutto è animato, cioè – letteralmente – dotato
di un’anima, o per meglio dire di un pezzo d’anima dell’universo che basta a se stesso e
racchiude Dio stesso. Troppo per l’Inquisizione.
Che da anni ne segue il percorso: in Francia, dove le sue tesi polemicamente antiaristoteliche
lo mettono in conflitto con l’establishment accademico; in Germania, scomunicato dai luterani
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e critico verso l’intolleranza calvinista. Un pensatore scomodo, incredibilmente moderno: per
noi internauti, si potrebbe azzardare, profeta di un universo reticolare, in cui ogni punto è al
tempo stesso centro e periferia, nozioni puramente relative all’interno di una struttura aperta.
“Esistono innumerevoli soli; innumerevoli terre ruotano attorno a questi similmente a come i
sette pianeti ruotano attorno al nostro sole. Questi mondi sono abitati da esseri viventi”.
Un filo rosso che lo collega ad Epicuro, al suo contemporaneo Metrodoro (“Considerare che
la Terra sia il solo mondo abitato in uno spazio infinito è cosa tanto assurda quanto il ritenere
che in un intero campo seminato a miglio germini un solo granello”) e a Tito Lucrezio Caro,
anch’egli convinto della pluralità dei mondi. Prospettive cosmologiche ancora oggi affascinanti
e scientificamente fondate. Teorie pericolose, meritevoli di “mordacchia” per il Sant’Uffizio e il
cardinale Bellarmino.
Un Avviso così recitava, dai muri di Roma, due giorni dopo il rogo: “Giovedì mattina in Campo
di Fiore fu abbruggiato vivo quello scelerato frate domenichino di Nola, heretico ostinatissimo,
ed avendo di suo capriccio formati diversi dogmi contro nostra fede, volse ostinatamente
morire in quelli lo scelerato”.
Nel 2000 il cardinale Angelo Sodano, anche a nome di Papa Giovanni Paolo II, scrive che la
condanna di Giordano Bruno: “costituisce oggi per la Chiesa un motivo di profondo
rammarico“. Sono trascorsi “appena” quattrocento anni dal 17 Febbraio del 1600.
Commento. Il 17 febbraio l'associazione nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" ha
ricordato a Campo de' Fiori l'omicidio di Giordano Bruno ad opera della Chiesa cattolica. Per
evidenziare l'assurdità e l'infondatezza delle accuse che allora gli furono mosse per aver
messo in discussione il sistema "tolemaico" basato su un universo incentrato sul pianeta
Terra, basta consultare un qualsiasi libro di astronomia, che ci mostra e ci dimostra che la
Terra non solo non è il centro dell'Universo, ma neppure un granello di sabbia in un deserto.
Ed i miliardi di microbi che abitano e divorano questo granello (ossia NOI) continuano
spensieratamente a moltiplicarsi - incitati dalle religioni - ed a consumare - incitati dai Governi
- fino a quando lo renderanno inabitabile per sempre e per tutti. (Giampietro Sestini)
1983 - PAMPHLET BIOTECH – DI MARCO COMANDE’
da: [email protected] di mercoledì 16 febbraio 2011
Viva le polemiche!
Sono trascorsi due anni senza che le polemiche si siano placate. Sappiamo quale sia la nota
dolente: la definizione di morte naturale, che presuppone il decesso spontaneo della
persona, al di là della sua facoltà di intendere e di volere. Ovvero: non dovremmo riuscire a
distinguere tra un suicidio e un accanimento terapeutico? Come non cadere nella trappola
che pone la definizione cui sopra? Più in generale, che cosa determina l’inizio e la fine della
vita? Fattori tecnici o culturali?
Inizio subito dalla risposta delle gerarchie vaticane, così sistemo la tematica nel modo
preferito dai fondamentalisti laici: confutando le idee di questi nostalgici medioevali. Per chi
contesta questa impostazione, ricordo che un inizio vale l’altro, ma almeno ho lanciato
l’operazione Trasparenza, non nascondendo le mie opinioni dietro la vuota retorica pro-life vs.
pro-death. Vado all’attacco del Vaticano, e tanto basta.
Inizio e fine vita.
Una vita, nel senso comune del termine, è intesa come capacità di auto-produzione, che
inizia con la cellula che “consuma” l’ambiente e si duplica, mentre termina quando viene a
meno questa funzione. Tuttavia questa descrizione non è utile perché non è in grado di
distinguere tra organismi unicellulari e pluricellulari.
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Negli organismi pluricellulari, la morte di una cellula comporta la sua sostituzione con un’altra
cellula, quindi può capitare che dopo la morte del corpo alcune cellule continuino a vivere di
vita propria, almeno per un periodo di tempo più lungo prima di diventare cibo per batteri.
Perfino la nascita non è altro che la trascrizione di DNA a partire da cellule pre-esistenti, tanto
da far dichiarare alla scienza che la vita è un continuum, non esiste un inizio o una fine: “Nulla
si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”.
In termini geologici, la cellula più piccola (il virus) è anch’essa originata da amminoacidi
prodotti nello spazio cosmico, i quali potrebbero essere vita non auto-prodotta che deriva
dalla chimica dell’energia (è un’ipotesi fondata su prove concrete).
E dunque, quale inizio e quale fine?
Fattori biologici e culturali.
Nella società contemporanea, siamo abituati a sentirci dire che la vita di qualunque essere
pluricellulare inizia col concepimento, cioè quando i cromosomi sessuali si uniscono per dare
corpo a un nuovo individuo. La fine di questa vita è intesa come morte naturale, la quale può
tuttavia essere prolungata in modo artificiale fornendo dall’esterno quei nutrimenti che
l’organismo non riesce a procurarsi da solo. Pensiamo all’ossigeno che viene intubato ai
malati d’ospedale.
Ma siamo sicuri che queste descrizioni siano corrette? Non ci rendiamo conto che è
l’ambiente culturale in cui siamo impregnati a inculcarci questi concetti. Viviamo in una
società individualistica, che fonda la sua identità nel riconoscimento dell’individuo come
singolo. Quando accade che la vita diventi individuo? Risposta: quando i cromosomi sessuali
si uniscono, dando vita a un nuovo DNA. Il DNA è unico e irripetibile, quindi è un individuo.
Quando accade che la morte dissolva l’individuo? Risposta: quando le cellule non
comunicano più tra di loro, perdendo l’individualità totale. È la stessa differenza tra
amputazione e decomposizione del corpo.
Non sono convincente? Vediamo di descrivere allora le società dove non c’è il concetto di
individuo, bensì quello di collettività o di comunità. La nostra era è dominata dalla mentalità
borghese, in cui ogni persona nasce con propri diritti e doveri che eserciterà nella piena
libertà, “entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi previsti dalla legge”. Ma il fascismo, il
comunismo, le dittature religiose, gli imperi antichi non hanno questo concetto.
Inizio vita.
La società cristiana è arrivata alle soglie della modernità con un compromesso tra il proprio
ideale di comunità e i principi costituzionali laici. Si sa che le associazioni cattoliche hanno
assimilato la descrizione scientifica della vita che inizia col concepimento. Poco noto, in
quanto pensiero originato dal medioevo, è invece il distacco tra la materia “impura” del corpo
e la bellezza dell’anima, che ha fatto sostenere a Sant’Agostino che la vita inizia dopo la
nascita dell’embrione, quando il feto è “formato”. Il dotto si ispirò alla storia della Genesi: Dio
“plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita”. Il fango, cioè il
corpo, non è un’essenza spirituale fintantoché non è infuso del soffio di Dio, cioè l’anima.
E dunque? Come mai una teologia è partita dal rifiuto della materia animata all’accettazione
della concezione scientifica? Ma c’è un errore nel modo di formulare questa domanda: l’inizio
della vita, per una concezione religiosa che non riconosce l’individualismo, deve porsi in un
momento diverso da quello del concepimento. La vera domanda è: quale
momento?Affermare che sia valida l’indicazione di Sant’Agostino, cioè dopo la formazione
dell’embrione, significa dimenticare che il comandamento divino è “crescete e moltiplicatevi”,
come accadeva con l’alta natalità e alta mortalità del medioevo. L’imperativo di fare un figlio
anticipa l’inizio della vita al matrimonio celebrato in parrocchia, a partire dal quale il “dovere”
dei coniugi è garantire la prosperità demografica: più figli significa più cristiani, più soldati, più
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contadini, più operai. Di qui il rifiuto degli anticoncezionali: se l’esistenza inizia prima del
concepimento, un condom equivale all’omicidio di una vita nascente.
Non suoni esagerato: vi sono altri illustrissimi esempi di nascita separata dalla trascrizione di
nuovo DNA.
La Repubblica di Platone, con l’idea di Socrate della “sana e robusta costituzione”, ha
ipotizzato i giochi dell’amore, i cui vincitori maschi e femmine (cioè i più forti) si accoppiano a
fini riproduttivi, anticipando il concepimento all’unione temporanea dei due sessi. E la filosofia
platonica è notoriamente collettivistica.
Mettiamo da parte il vulcano di Sparta e poniamo un esempio più significativo del mondo
pagano. L’antica Roma interpretava il concetto di pater familias in termini di proprietà: delle
donne, dei figli, degli schiavi, dei beni, degli strumenti di produzione. L’adozione di minori a
fini ereditari o di potere rende meglio l’idea di famiglia svincolata dai vincoli di sangue. In
questo contesto, dove l’omicidio di un cittadino era un reato mentre la morte di uno schiavo
comportava una mera sanzione amministrativa, l’inizio della vita era posticipato. Narravano le
cronache storiche che dopo il parto, si attendeva il segnale del pater familias. Se costui
prendeva il neonato in braccio e lo sollevava, allora c’era un nuovo membro della comunità,
altrimenti il servo depositava il nascituro fuori dalla porta d’ingresso, lasciandolo a morte
sicura a meno che un passante non lo raccoglieva (adottava) per pietà o interesse (es. un
artigiano aveva bisogno di un apprendista).
Fine vita.
E che dire del fine-vita? Se il concetto di individuo non è corretto per illustrare le posizioni
ecclesiastiche, c’è bisogno di un altro punto di riferimento: la volontà divina. La cultura
medioevale sottometteva la libertà individuale ai misteriosi fili tessuti dalla Provvidenza, quindi
la vita era concepita come un dono divino irrinunciabile, mentre la morte era rimessa nelle
mani del Signore. Ciò non impediva ai medici e agli scienziati di impegnarsi, affinché il
benessere generale e individuale non risentissero delle privazioni tipiche dell’epoca. Con
alcune limitazioni.
Non c’è bisogno di tirare in ballo le ipocrisie del clero, la pena di morte, le crociate, le
persecuzioni delle minoranze religiose, l’interpretazione elastica dei peccati. Il medioevo è
medioevo per tutti, indios, cinesi, musulmani, ecc. I limiti di cui parlo sono questioni di
principio e sono sopravvissuti al giorno d’oggi.
Il non possumus per eccellenza è la gerarchia dei valori. Commettere un peccato è più grave
del rispettare una regola laica. Tempo addietro Benedetto XVI ha lanciato un appello contro
l’eccesso di libertà, in quanto induce a commettere errori e a violare i dieci comandamenti
(cioè la volontà divina). È ovvio che parlasse della libertà dei diritti. Il sofisma: la persona che
non è libera non può trasgredire sull’etica, in contrasto con l’insegnamento di Gesù su “chi è
senza peccato…”. Certo che ogni cittadino è libero! Va responsabilizzato, educato alle leggi,
ma questi “doveri” sono il minimo indispensabile affinché la comunità sia civile e tollerante.
L’eccesso di libertà di cui parla il Papa esula da questo contesto: divorzio? educazione
sessuale?
Per tornare al fine vita: la scienza moderna ha posticipato artificialmente la sopravvivenza. Il
contrario della vita prolungata è la morte procurata e non quella naturale. Come conciliamo la
gerarchia dei valori con l’artificialità dell’esistenza? Giudico ipocrita insistere sulla naturalità,
quando non la si descrive correttamente. La volontà divina non è né naturale, né artificiale.
Chi vuole, si rimette nelle Sue mani. Ma chi non vuole è libero o no?
Si arriva al paradosso con il rifiuto dell’immortalità. Se Dio decide quando far morire una
persona, quest’ultima come fa ad auspicare che la scienza scopra l’elisir di lunga vita? Lo
scopo del cristiano non dovrebbe essere quello di prolungare la vita, bensì quello di
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ricongiungersi a Dio attraverso l’esperienza catartica della morte. Benissimo, ma perché
questo vale solo per l’immortalità e non per l’accanimento terapeutico, alias sondino per coma
farmacologico?
Nella società individualistica, la morte definitiva è associata a quella cerebrale, antecedente a
quella fisica. Perché questo criterio, accettato anche dalla Chiesa? Perché è la mente a
garantire l’unicità delle pulsazioni cellulari, le quali avrebbero un senso.
Di recente c’è stata un’ampia discussione sulla possibilità di retrodatare la morte cerebrale, di
poche ore soltanto, in modo da garantire l’espianto degli organi e il successivo trapianto per
chi ne avesse la necessità. Poche ore non sarebbero nulla, nell’accezione individualistica
della morte, e permetterebbero di salvare parecchie vite.
Ma c’è un ma: si teme che in questo modo ci sarebbero sempre meno donatori per trapianto,
perché questi ultimi si aggrappano alla speranza di guarire (miracolosamente) anche negli
ultimi istanti di pre-morte. Così, tra la volontà di guarire malati tramite trapianto e il diritto di
godere le ultime ore di vita, il legislatore ha privilegiato quest’ultimo diritto. Come? Attraverso
una mediazione. È crudele, ma non vi si può sottrarre. Lo stesso criterio vale per il
testamento biologico, ma stranamente i “principi non negoziabili” di qualche benpensante
valgono solo per il sondino (nutrimento artificiale).
Una mediazione.
La cultura è sempre mediata, mai imposta. Quindi l’inizio e la fine della vita sono sempre
frutto di un confronto, più o meno pacato. La posizione del Vaticano è una semplice opinione
lobbista, pari a quella femminile che vuole difendere l’autonomia del corpo della donna.
In questi giorni si sono celebrate alcune giornate per la memoria, la Shoah e le foibe. E gli
eventi passati e recenti nelle dittature religiose, come il medioevo cristiano o il
fondamentalismo islamico? C’è un filo comune tra tutti questi percorsi storici: la dittatura
dell’etica, che può essere la sacralità della famiglia o la lotta al peccato, l’emancipazione
proletaria o l’eroismo nazionalista. Ciò pone in risalto il pericolo insito nelle discussioni
filosofiche sulla bio-etica e sull’eccesso di bene. Le giornate della memoria ricordano il Male
Assoluto, persecuzioni e stermini, ma pochi sottolineano che la giustificazione data dai tiranni
è il Bene Assoluto, un bene così grande che non può non essere imposto a scapito della
libertà. Come non evidenziare il parallelismo con gli attuali appelli ai principi non negoziabili,
tutela della vita nascente e accanimento terapeutico? Questi valori, quando sono negoziati,
non perdono validità, ma nessun fondamentalista cristiano lo ammetterebbe.
1984 - BIOETICA, CHI HA PAURA DEL DIALOGO - DI MAURIZIO MORI
da: l’Unità di sabato 19 febbraio 2011
La lunga lettera di De Nigris a l’Unità è importante perché riconosce che la «Giornata degli
stati vegetativi» indetta dal governo è stata un fallimento. Usare il 9 febbraio, giorno della
scomparsa di Eluana, come traino per sensibilizzare l’opinione pubblica non ha pagato. De
Nigris riconosce anche che la scelta della data «può essere stata infelice». Qui il discorso si
fa ancora più interessante, perché – come già rilevato da Luca Landò nella sua risposta – De
Nigris è stato tra i suggeritori della Giornata in quella data, almeno a dire del sottosegretario
Roccella. Non importa sapere se sul tema abbia cambiato idea o ci sia stato un
fraintendimento.
De Nigris ha ora una ottima occasione per raggiungere l’obiettivo che gli sta a cuore di
«pacificare gli animi»: chieda pubblicamente al governo di cambiare la data, unendosi così al
coro delle tante associazioni laiche come la Consulta di Bioetica, di autorevoli esponenti del
mondo cattolico come Adriano Pessina e del volontariato, come Pietro Barbieri, presidente
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della Fish (Federazione italiana sostegno handicap, la maggiore associazione di volontariato
del settore).
De Nigris accusa anche la stampa di aver calato la saracinesca del silenzio sulla Giornata:
«Nessun giornale (a parte Avvenire) ha pubblicato un resoconto su quel dibattito», lasciando
credere che la «materia sia soltanto una questione di parte». Fa bene a riconoscere che
Avvenire è «di parte», ma non perché è della Cei, bensì perché, come la vecchia Pravda,
presenta solo la «linea ufficiale» e non le svariate voci presenti nel mondo cattolico: sul tema
ha silenziato le voci «dissidenti» dei già citati Pessina e Barbieri, per dare grande rilievo solo
a quella di De Nigris. La fonte dell’elogio di quel tipo d’informazione «di parte» sembra poco
congrua.
Ma poco sostenibile è anche l’accusa al «sistema mediatico» che avrebbe «bucato» la notizia
costituita dalla presenza in Italia di famosi scienziati. Dove sta la «notizia»? Nell’ultimo anno
quegli scienziati sono già venuti altre volte e non c’è nulla di nuovo: per il resto le solite cose
a senso unico. La «notizia» ci sarebbe stata se la Giornata avesse previsto un reale dibattito
tra posizioni diverse. Cancellato il pluralismo etico, la stampa libera non aveva nulla da
segnalare.
Una proposta: De Nigris chieda al governo anche di aprire un tavolo paritario con le diverse
posizioni per un confronto. Forse si riuscirebbe davvero a sensibilizzare sul tema come da
tutti sperato, a pacificare gli animi e anche a trovare soluzioni condivise. Altrimenti si fa solo
del trito vittimismo che ha un solo pregio: certificare il fallimento della prima Giornata degli
stati vegetativi, che è stata la «Giornata del silenzio» come voleva Beppino Englaro.
1985 - UNA PILLOLA SCONOSCIUTA - DI UMBERTO VERONESI
da: la Repubblica di sabato 19 febbraio 2011
La pillola è il male. Tutta la contraccezione è il male. O, nel migliore dei casi, è tabù. E così le
donne sono state tradite. Le ragazze che si affacciano alla sessualità e le adulte che hanno
vissuto la cosiddetta rivoluzione sessuale non sanno che la pillola non ha nessuna
controindicazione per la loro salute, che non aumenta il rischio di tumore del seno, e ignorano
che le protegge dall´altro temibile tumore femminile, quello dell´ovaio. Nessuno ha detto loro
che la pillola anticoncezionale è lo strumento in assoluto più efficace che hanno a
disposizione per evitare questa malattia, che colpisce quasi cinquemila donne ogni anno in
Italia, con una mortalità ancora elevata. Eppure è dimostrato che il rischio si riduce del 60%
non solo durante l´assunzione, ma anche anni dopo la sospensione. So per esperienza che
se le donne sono informate e consapevoli di un progresso scientifico - e non solo medico che protegge la loro vita e quella della loro figlie, lotteranno per averlo, e lo otterranno.
Se dunque dopo cinquant´anni dall´arrivo della pillola solo una minoranza ne fa uso, significa
che le donne sono state mal informate o non informate. La pillola in Italia è stata ostracizzata.
L´hanno fatto i misogeni, perché la pillola è uno strumento offerto dalla scienza alla donna per
sottrarsi ad un asservimento millenario al maschio. Permettendo di scindere il rapporto
sessuale dalla procreazione, ne ha valorizzato i ruoli, al di là di quello materno. La
contraccezione permette ad ogni donna di scegliere liberamente di amare un uomo, e fino a
che punto amarlo, e di decidere insieme a lui - dunque come sua pari - se avere un figlio
oppure no.
Ma, oltre all´aspetto di pensiero, la pillola ha una funzione di tutela della salute, che è passato
sotto silenzio, o quasi, e per questo dico che le donne sono state tradite. La stessa legge 194,
nata per "garantire il diritto alla procreazione cosciente e responsabile", è stata in parte
tradita. Il suo obiettivo era ridurre gli aborti clandestini (che sono un grave pericolo per la
salute, oltre che un dramma per la psiche ), spostando l´obiettivo da una cultura punitiva ad
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una cultura preventiva. I fatti ci hanno dato ragione perché il numero di aborti, dalla sua
introduzione nel 1978, è drasticamente diminuito. Ma in realtà quella legge non è stata
applicata nella sua totalità. Il punto chiave che impegna Stato, Regioni e enti locali a
sviluppare servizi, informazione ed educazione per la prevenzione dell´aborto, di fatto è
pressoché inapplicato. La 194 va allora ripresa in mano. Occorre potenziare subito la
diffusione dell´educazione sessuale e della conoscenza dei metodi anticoncezionali nelle
scuole, nel rispetto della multiconfessionalità e multietnicità della comunità attuale. La pillola
va favorita, le sue proprietà anticancro vanno ben spiegate, e il preservativo, che difende da
molte malattie veneree e infettive, deve essere considerato un elemento integrante del rituale
del rapporto sessuale e un segno di rispetto e di amore nelle coppia, soprattutto se
occasionale.
Ci vuole conoscenza, coscienza e responsabilità , soprattutto da parte di noi uomini. Siamo
ancora in tempo.
1986 - L’INCONTRO SEGRETO TRA BERTONE E IL CAV. - DI ETTORE COLOMBO
Da: il Riformista di sabato 19 febbraio 2011
La cerimonia per i Patti Lateranensi di venerdì è stata preceduta da un incontro riservato tra
Silvio Berlusconi e Tarcisio Bertone che ha chiesto garanzie su “fine vita” e soldi alle scuole
cattoliche.
Rapida approvazione della legge sul testamento biologico, il ddl Calabrò già approvato al
Senato in prima lettura ora alla Camera. Soldi, e non pochi, messi a disposizione delle scuole
cattoliche o “scuole paritarie”. Rapida risoluzione di uno spiacevole contenzioso tra
l’Università Cattolica di Roma, il famoso Policlinico Gemelli, e la Regione Lazio, con il suo
pieno coinvolgimento. Rassicurazioni sul fatto che la nuova giurisprudenza, avallata dalla
Corte di Cassazione, sulle adozioni ai single non diventerà mai legge dello Stato e chiarimenti
su quella legge sul crocefisso che la Ue vorrebbe approvare e cui l’Italia è contraria.
Il retroscena del retroscena dell’incontro – in teoria formale, normalissimo – che si è tenuto
l’altro giorno, venerdì 18 febbraio, a Villa Borromeo per la celebrazione dei Patti Lateranensi
tra Italia e Santa Sede, sta tutto in un colloquio, breve ma succoso, avvenuto tra le
delegazioni di due Stati, quello italiano e quello del Vaticano.
Prima delle foto opportunity e prima, soprattutto, dell’arrivo del presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano - a sua volta ben soddisfatto dal pieno coinvolgimento che la Chiesa ha
assicurato ai festeggiamenti del 17 marzo, con tanto di presenza del Papa - la delegazione
italiana, che era guidata da Silvio Berlusconi, accompagnato dal sottosegretario Gianni Letta
e dai ministri Giulio Tremonti (che gode del massimo dei favori, dentro le mura vaticane) e
Angelino Alfano, si è molto cordialmente intrattenuta con quella papalina, formata dal
segretario di Stato, Tarciso Bertone, e dal presidente della Cei, Angelo Bagnasco, più alcuni
cardinali di peso, in Vaticano.
E se è vero che il cardinale Bagnasco – il quale, fanno notare ambienti vicini alla Cei, «deve
tener conto della consistente ala progressista che ha chiesto prese di posizioni molto
esplicite, sul caso Ruby, in direzione antiberlusconiana» - era visibilmente imbarazzato, a
dover sedere accanto al premier, al punto da aver voluto precisare, ieri, che quello con
Berlusconi «è stato un incontro istituzionale, di prassi, nella norma dell’incontro e del rapporto
tra le istituzioni», non foss’altro perché il premier aveva subito esultato («l’incontro è andato
benissimo») e perché il punctum dolens della vicenda Ruby continua a pesare, eccome, nella
Chiesa («la fedeltà è un valore a tutti i livelli, anche in politica», ha sottolineato Bagnasco),
resta in piedi la notizia di un fatto non da poco, quello dell’incontro “segreto”, sottaciuto anche
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dal quotidiano dei vescovi, Avvenire, che ha dedicato all’evento un freddo resoconto, a
pagina 10.
«Il Vaticano, inteso come Segreteria di Stato – ragiona, al contrario, un interlocutore costante
sia di Bertone che di Bagnasco, nelle cene con i leader del mondo cattolico – bada al sodo e,
al momento, alternative a questo governo non ce ne sono. Di certo non lo è Fini, che ha
nominato un radicale ateo e anticlericale come Benedetto Della Vedova a capogruppo alla
Camera, e non lo è Casini, troppo debole, il quale ci ha comunque fatto sapere di essere
stato molto contrariato dalla nomina di Della Vedova. Tantomeno lo è il Pd, che subisce
Vendola, un gay, o lancia la Bindi, che è cattolica come lo era Prodi: quei cattolici che la
domenica vanno a messa, certo, ma che poi sponsorizzano leggi come i Pacs o i Dico! Per
ora, al governo c’è Berlusconi».
Morale. Bertone ha preso il coraggio a due mani e ha chiesto (lui, Bertone) al premier
rassicurazioni precise sui temi in agenda che più stanno a cuore al Vaticano (e alla Cei):
legge sul fine-vita, adozioni dei single, scuole cattoliche, crocefisso. Berlusconi le ha fornite, e
subito. Del resto, Gianni Letta aveva preparato con cura l’incontro riservato che ha preceduto
quello ufficiale e la presenza di Tremonti, oltre a quella del pupillo del premier, Alfano, e del
ministro degli Esteri, Franco Frattini, era lì a testimoniare il massimo impegno e volontà di
dialogo, da parte del governo. Sul “fine vita”, dove il dossier e l’iter parlamentare viene e verrà
seguito passo passo dalla cattolicissima sottosegretaria Eugenia Roccella, su preciso
mandato di Letta, la quale assicurerà che la legge verrà approvata, con piccole modifiche, da
parte della Camera, entro il mese di marzo («quella legge s’ha da fare, e rapidamente»,
dicono in Cei), ma anche sul fronte più scivoloso, quello economico, nei confronti delle scuole
cattoliche e del doppio regime fiscale in favore dei dipendenti della Città del Vaticano.
In tema di legge sul biotestamento, oltre al voto, già sicuro, del Pdl come dell’Udc, gli
esponenti del mondo cattolico sperano si facciano sentire pure i cattolici del Pd: «Mi auguro –
dice il presidente del Mcl Carlo Costalli – che anche popolari come Fioroni e altri votino una
legge per noi cruciale su cui serve un’ampia maggioranza».
1987 - L’ULTIMA BATTAGLIA SUL TESTAMENTO BIOLOGICO - DI STEFANO RODOTA’
da: www.repubblica.it di lunedì 21 febbraio 2011
Il rischio del "dispotismo etico", evocato a sproposito per inveire contro chi opera perché sia
ricostruito quel minimo di moralità pubblica inscindibile dalla democrazia, si è già
materializzato alla Camera dei deputati, dove è in corso la discussione sul progetto di legge
che disciplina le modalità da seguire se si vogliono dare "indicazioni" per il tempo della fine
della vita, ispirato non al principio di libertà, ma a quello di autorità. Se questa legge venisse
approvata, ciascuno di noi perderebbe il diritto fondamentale ad autodeterminarsi, verrebbe
espropriato del potere di governare liberamente la propria vita. Una politica incapace di
guardare ai problemi veri della società si fa di colpo prepotente, si dichiara padrona dei corpi
delle persone, pretende di impadronirsi davvero delle "vite degli altri".
Questo è il pezzo forte dell´ "agenda etica" del governo, rilanciata con evidenti finalità
strumentali. Il presidente del Consiglio dichiara che «su temi etici e scuole cattoliche terrà
conto delle indicazioni della gerarchia ecclesiastica», trasformando in offerta sacrificale i diritti
dei cittadini, incurante di quel che dice la Costituzione. Dichiarazione ancor più inquietante
perché seguita dall´intenzione di riformare la Corte costituzionale, che di quei diritti è custode.
«La biopolitica è oggettivamente all´ordine del giorno» aveva detto un ministro tra i più
impegnati su questo fronte, usando un termine, biopolitica, che descrive proprio il modo in cui
il potere si fa governo dell´esistenza delle persone, sottomettendole, espropriandole della loro
libertà. Un progetto autoritario, destinato a creare scontri su un terreno dove il rispetto delle
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scelte della persona dovrebbe essere massimo, dove la regola giuridica dovrebbe essere
libera da ipoteche ideologiche.
Già l´aver usato una espressione come "agenda etica" è inquietante, perché rivela la volontà
di imporre un´etica di Stato. Alla quale, però, sarebbe sbagliato contrapporre un´altra e
opposta agenda etica. Deve essere invece ricordato quale sia il corretto "percorso
costituzionale" da seguire, che è esattamente l´opposto di quel che prevede il progetto di
legge attualmente in discussione, che riesce ad essere, al tempo stesso, ingannevole e
autoritario. È ingannevole perché il suo titolo – che si richiama al consenso informato,
all´alleanza terapeutica tra medico e paziente, alla rilevanza delle dichiarazioni fatte dalla
persona per decidere sul come morire – è clamorosamente contraddetto dal contenuto delle
singole norme. Il consenso della persona è sostanzialmente vanificato, perché le sue
dichiarazioni non hanno valore vincolante e non possono riguardare questioni essenziali
come quelle dell´alimentazione e dell´idratazione forzata, alle quali nessuno e in nessuna
situazione potrebbe rinunciare. L´alleanza terapeutica si risolve nello spostamento del potere
della decisione tutto nella direzione del medico. Le "dichiarazioni anticipate di trattamento"
sono vere macchine inutili, frutto di un delirio burocratico che impone faticose procedure alla
fine delle quali vi è il nulla, visto che sono prive di ogni forza vincolante.
Non siamo soltanto di fronte ad una "legge truffa", ma all´abbandono del lungo cammino che,
partito dalle esperienze tragiche delle tirannie del Novecento che si erano violentemente
impadronite dei corpi delle persone, era approdato all´affermazione netta della essenzialità
del consenso dell´interessato. La persona, considerata prima come oggetto del potere politico
e sottomessa alla volontà del medico, trovava così la sua libertà, la sua pienezza di "soggetto
morale". Non è un caso che la prima dichiarazione dei diritti del nuovo millennio, la Carta dei
diritti fondamentali dell´Unione europea, abbia voluto affermare, insieme, l´inviolabilità della
dignità della persona e il rispetto del suo consenso libero e informato.
La riconsegna della persona e del suo corpo al potere politico e al potere medico, che
sarebbe l´esito vero dell´approvazione del progetto di legge, è fondata su due affermazioni
ideologiche. La prima: l´essere la vita "indisponibile", mentre è vero l´opposto, come dimostra
l´ormai consolidato diritto al rifiuto e alla sospensione delle cure, che da tempo le persone già
esercitano anche quando sono ben consapevoli che ciò può determinare la loro morte. La
seconda: il divieto di rinunciare all´alimentazione e all´idratazione forzata, che le società
scientifiche di tutto il mondo considerano trattamenti sanitari, ai quali dunque devono essere
applicate le stesse regole generali. Proprio il voler trasformare queste affermazioni
ideologiche e antiscientifiche in norme vincolanti tradisce l´intento autoritario della legge,
l´inammissibile imposizione di un "obbligo di vivere".
Il "percorso costituzionale", allora. Che è netto, lineare. Nella sentenza n. 438 del 2008 la
Corte costituzionale ha detto esplicitamente che esiste un diritto fondamentale
all´autodeterminazione, congiunto all´altrettanto fondamentale diritto alla salute. Inoltre, nel
2002 e nel 2009 la Corte, come essa stessa scrive, «ha ripetutamente posto l´accento sui
limiti che alla discrezionalità legislativa pongono le acquisizioni scientifiche e sperimentali,
che sono in continua evoluzione e sulle quali si fonda l´arte medica; sicché, in materia di
pratica terapeutica, la regola di fondo deve essere l´autonomia e la responsabilità del medico
che, con il consenso del paziente, opera le necessarie scelte professionali». Le pretese del
legislatore-scienziato, che vuol definire che cosa sia un trattamento terapeutico, e del
legislatore-medico, che vuol stabilire se e come curare, vengono esplicitamente dichiarate
illegittime. Più in generale, la Corte con la sentenza n. 471 del 1990 ha ribadito «il valore
costituzionale dell´inviolabilità della persona costruito come libertà», che comprende «il
potere della persona di disporre del proprio corpo».
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E ricordiamo soprattutto le parole che chiudono l´art. 32 sul diritto alla salute: «La legge non
può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». È una delle
dichiarazioni più forti della nostra Costituzione, una sorta di nuovo habeas corpus, con il
quale il moderno sovrano, l´Assemblea costituente, promette ai cittadini che non "metterà la
mano" su di loro, sulla loro vita. Nessuna volontà esterna, fosse pure quella coralmente
espressa da tutti i cittadini o da un Parlamento unanime, può prendere il posto di quella
dell´interessato. Il testo in discussione, dunque, è destinato ad essere dichiarato
incostituzionale nei suoi punti essenziali, com´è già è accaduto all´altrettanto ideologica legge
sulla procreazione assistita.
Tre domande finali. Perché la Chiesa italiana non ha assunto un atteggiamento analogo a
quello delle Conferenze episcopali tedesca e spagnola che hanno dato il loro contributo
all´approvazione di ragionevoli leggi sul testamento biologico? Perché al di qua delle Alpi
questioni che altrove alimentano una grande discussione civile, diventano indiscutibili
questioni di fede? Perché una maggioranza malata di "sondaggite" non tiene conto delle
rilevazioni di Eurispes, che ancora di recente hanno confermato che il 77% degli italiani è
favorevole al diritto di decidere liberamente sulla fine della vita?
1988 - LA RAGIONE DEL CUORE - DI CLAUDIA FANTI
da: www.adistaonline.it di martedì 22 febbraio 2011
Che sia un tempo di emergenza planetaria non esiste più alcun dubbio: «Le principali
strutture fisico-chimiche che danno forma al pianeta consentendo la vita in tutte le sue
manifestazioni – scrive nel suo intervento Juan Antonio Mejía Guerra – stanno subendo
drastici cambiamenti, dovuti fondamentalmente, e per la prima volta, alle azioni umane».
Così, analizzando punto per punto le questioni dello squilibrio dei sistemi geomorfologici,
dell’alterazione delle rotte dei venti, dell’acidificazione degli oceani, del riscaldamento delle
acque e dello scioglimento dei ghiacciai, dell’esaurimento delle risorse marine, della
deforestazione, dell’avanzata dei deserti e della povertà di un crescente numero di persone
nel mondo, Mejía Guerra traccia un quadro spaventoso della malattia del pianeta. E, come se
non bastasse, gli esseri umani, non contenti di aver inquinato la Terra, hanno trasformato in
una discarica anche lo spazio cosmico circostante: malgrado il pericolo che i rifiuti spaziali
(compresi 1.300 chilogrammi di materiale radioattivo) rappresentano per l’umanità, la
contaminazione cresce a un ritmo del 5% l’anno.
Non a caso, secondo uno studio condotto da un’équipe di scienziati di diversi centri di ricerca
e università dell’Europa sui nove limiti del «campo di gioco planetario» entro cui l’umanità
deve circoscrivere la propria azione per evitare la catastrofe (cambiamento climatico,
alterazioni del ciclo globale dell’azoto, perdita della biodiversità, acidificazione degli oceani,
assottigliamento della fascia di ozono, consumo d’acqua dolce, cambiamenti nel sistema
d’uso della terra, concentrazione di aerosoli nell’atmosfera e contaminazione chimica),
l’umanità ha già oltrepassato i primi tre, avviandosi a violarne altri (essendo tali limiti
fortemente interconnessi, la trasgressione di uno può compromettere la stabilità di tutti gli
altri). Ma se tutto ciò è frutto di una determinata concezione della realtà, del modello di
comprensione proprio del mondo moderno, la salvezza, per l’umanità, potrà venire solo da un
nuovo paradigma, il paradigma ecologico, tale da scardinare l’antica visione - sottolinea
Afonso Tadeu Murad - attraverso tre vie: il superamento dell’antropocentrismo, con cui
l’essere umano non si troverà più al centro, ma «insieme agli altri esseri, in cerca di
comunione», figlio della stessa Terra «nella sua espressione di coscienza, di libertà e di
amore»; una revisione della categoria di soggettività propria della modernità, a partire dai
principi della diversità e dell’interdipendenza (i processi evolutivi del nostro pianeta indicano
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come non siano stati i più forti a sopravvivere, ma quelli che maggiormente hanno stabilito
relazioni di cooperazione e di interdipendenza); la messa in discussione della forma
dominante di elaborazione della conoscenza, attraverso la valorizzazione, accanto all’utilizzo
della ragione strumentale della scienza moderna, della ragione simbolica e cordiale (del
cuore).
Ed è proprio alla ragione del cuore che si richiama la proposta, da parte di Leonardo Boff, di
«un’etica della cura», come via che l’umanità è chiamata a percorrere in quella nuova tappa
della storia che alcuni hanno chiamato era ecozoica o planetaria. Un’era, come spiega lo
stesso Boff in un altro suo articolo (“Una speranza: l’era dell’ecozoico”), in cui l’universo viene
compreso come «un insieme delle reti di relazione di tutti con tutti», all’interno del quale le
attività umane si armonizzino «con le altre forze operanti in tutto il pianeta e nell’universo, in
modo da raggiungere un equilibrio creativo e garantire un futuro comune».
1989 - TESTAMENTO BIOLOGICO, SI TORNA AL NAZISMO? DI FEDERICO ORLANDO
da: Europa di mercoledì 23 febbraio 2011
Cara Europa, lunedì sera, informati casualmente, abbiamo avuto la fortuna di assistere al
Teatro Umberto di via della Mercede alla rappresentazione di “Le regioni del cuore”, dramma
di Beppino Englaro costretto dalle bande politiche che ci governano a veder vivere morta la
figlia Eluana; e poi, il 9 febbraio scorso, dover assistere alla “Giornata degli stati vegetativi”,
istituita dal governo su consiglio viperino della sottosegretaria Roccella, proprio nella
ricorrenza dell’intervento dei magistrati che posero fine alla tortura di Eluana. Oltre a Beppe,
che ha protestato restando in silenzio sul palco, ha recitato il senatore prof. Ignazio Marino,
da due legislature difensore dei diritti della persona nella medicina, e invano autore di leggi
liberali e intese fra culture diverse. Egli ha interpretato un malato terminale che parla d’amore.
Voi credete che il messaggio arriverà ai nostri bacchettoni ideologici, che vogliono tornare,
come i Gheddafi e gli Ahmadinejad, ad essere padroni anche dei nostri corpi?
Mario e Anna Di Rita, Roma
Risponde Federico Orlando
Non credo proprio, cari amici. Come ha scritto Stefano Rodotà, uno dei più rigorosi giuristi
italiani, con la legge sul testamento biologico voluta da Giovanardi e osannata da Sacconi,
Roccella, Quagliariello, Mantovano e altro sacrestanume clerico-radicalsocialista, navighiamo
fra insidie naziste. Vi consiglio di procurarvi l’articolo che Rodotà ha pubblicato su Repubblica
lunedì, di vedere l’appello di oltre cento intellettuali per fermare questa legge truffa.
Soffermatevi su questo punto chiave: «La riconsegna della persona e del suo corpo al potere
politico e al potere medico, che sarebbe l’esito vero dell’approvazione del progetto di legge, è
fondata su due affermazioni ideologiche. La prima è che la vita è “indisponibile”, mentre è
vero l’opposto, come dimostra il consolidato rifiuto alle cure. La seconda: il divieto di
rinunciare all’alimentazione e all’idratazione forzata, che le società scientifiche di tutte il
mondo considerano trattamenti sanitari e ai quali devono dunque essere applicate le stesse
regole generali» (cioè quelle della Costituzione: «Nessun può essere sottoposto a trattamenti
sanitari contro la sua volontà». Capite perché i lanzichenecchi al governo vogliono
distruggere questa Costituzione?). «Proprio questo voler trasformare affermazioni ideologiche
e antiscientifiche in norme vincolanti, tradisce l’intento autoritario della legge, l’inammissibile
imposizione di un “obbligo di vivere”».
È questa l’“agenda etica” del nuovo stato etico, padre della medicina nazista, che si
impadronisce del corpo delle persone.
Non crediate che il rinvio della legge, previsto per oggi e slittato a marzo, sia dovuto a
ripensamenti democratici. Questi fondamentalisti islamici non hanno altra etica fuori del loro
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protervo dogmatismo, altra missione che imporre agli altri le loro credenze. Ci sono state
complicazioni sui tempi di approvazione del decreto “milleproroghe”, sicché è stato
necessario spostare la calendarizzazione del testamento biologico, che, come ha detto
Marino, «è solo una legge strumentale, che non guarda all’interesse del paese, ma serve a
rafforzare una maggioranza traballante, con un premier sommerso da scandali
internazionali».
Non è mancato qualche tentativo di parlamentari ragionevoli del Pdl di emendare il testo dei
satanassi, già riscritto due anni fa in commissione sanità e disconosciuto, ma sono stati
nuovamente respinti con furia, accusati di collaborazionismo col nemico. Nelle steppe cimbroteutoniche si ragiona così. In ogni caso, anche se con sacrificio (come sempre) di chi pagherà
di persona, la provocazione del governo e della sua maggioranza è tutta legna da ardere per
il fuoco della rivolta, che da Tunisi al Cairo a Bengasi a Tripoli sta girando attorno a Roma.
1990 - PD A RISCHIO: SPACCATURA TRA LAICI E CATTOLICI - DI LUCA SIMONI
da: www.ilvelino.it di giovedì 24 febbraio 2011
Dopo l'immunità, ecco il testamento biologico. Per il PD di Pierluigi Bersani è in arrivo una
nuova gatta da pelare, che rischia di spaccare in due il partito. Da una parte gli ex cattolici del
PPI, schierati in difesa della vita come predica la Chiesa, dall'altra gli ex comunisti e i laici
anticlericali. Ed è su questa ennesima divisione interna al PD che Pierferdinando Casini sta
puntando per guadagnare nuove adesioni al suo progetto politico di Terzo polo non tanto
nell'immediato, ma in prospettiva, quando arriveranno le elezioni politiche. Per ora, infatti,
Casini avrebbe garantito a Bersani che l'UDC non aprirà le porte ad altri transfughi del PD.
Ma tra un anno o due, se le incomprensioni tra i cattolici e i laici del PD non troveranno una
soluzione, nessuno può escludere un profondo rimescolamento delle carte.
Dall'inizio della legislatura ad oggi, i transfughi del PD verso altri gruppi sono già stati 23.
Un'emorragia che potrebbe riprendere, perché sul testamento biologico il partito di Bersani
sta rischiando l'esplosione. Se ne è avuta la conferma ieri, quando Rosy Bindi ha riunito i
cattolici ex PPI del partito per affrontare l'argomento, che sarà sottoposto alla discussione in
aula a partire dal 7 marzo. Il responsabile PD del Welfare, Giuseppe Fioroni, ha detto chiaro e
tondo che lui ed altri cattolici del partito non sono affatto d'accordo con la Bindi, né con quegli
intellettuali d'area, come Stefano Rodotà, che sono schierati in difesa del "diritto
all'autodeterminazione" sul fine vita. Una posizione che i cattolici (di tutti gli schieramenti)
considerano l'anticamera della legalizzazione dell'eutanasia.
Nella riunione di ieri la bellicosa Rosy ha sostenuto che "non è tempo per dubbi e titubanze,
neppure per i cattolici. In questa fase politica l'obiettivo prioritario deve essere la cacciata di
Berlusconi e la libertà di coscienza è un lusso che il PD non si può permettere". In soldoni: se
la maggioranza di governo e l'UDC sostengono una legge sul testamento biologico che
difende la vita dalla nascita alla morte e vieta in ogni forma l'eutanasia, fino a vietare che il
singolo individuo possa rifiutare le cure mediche necessarie per la vita artificiale, il PD deve
votare contro. Il che è già accaduto ieri in commissione Giustizia alla Camera, dove il partito
di Bersani è stato l'unico a non ratificare il parere di compromesso proposto dalla relatrice
Giulia Bongiorno, e accettato praticamente da tutti, salvo appunto il PD.
Per Fioroni la scelta del PD e di Rosy Bindi è inaccettabile: "Per i cattolici ci sono alcuni valori
non negoziabili, e la libertà di coscienza non può essere un punto d'arrivo, ma di partenza",
ha detto. È il preannuncio di una spaccatura, poiché è ormai certo che i cattolici del PD non
voteranno come il resto del partito su questo tema, ma proporranno dei testi autonomi, sui
quali chiederanno addirittura la convergenza dei cattolici presenti negli altri schieramenti, non
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solo nell'UDC e nell'API di Francesco Rutelli, ma anche nel centrodestra. Quanto al FLI, l'on.
Bongiorno ha fatto sapere che Fini lascerà libertà di coscienza ai suoi.
Salvo compromessi dell'ultima ora, i pronostici sono tutti per una spaccatura inevitabile del
PD sul testamento biologico. Un cambiamento di scenario radicale rispetto a pochi giorni fa,
quando ad essere in discussione era la tenuta della maggioranza di centrodestra, che proprio
per ricompattarsi dopo le traversie del caso Ruby e la defezione del FLI, rivelatasi un fiasco,
ha deciso di portare in Parlamento questa legge su un tema etico, di forte presa sui cattolici.
Se ne avvantaggerà di certo Berlusconi (soprattutto nei rapporti con la Chiesa), ma anche
Casini avrà modo di trarne un sostanziale profitto politico. Non per l'immediato, ma per
consolidare la tela che sta tessendo con calma per il dopo Berlusconi, chiamando a raccolta
cattolici e moderati di tutti gli schieramenti.
1991 - ITALIA CATTOLICA E CORROTTA - DI MARCELLO VIGLI
da: www.italialaica.it di giovedì 24 febbraio 2011
Il tradizionale ricevimento per ricordare il 18 febbraio – data infausta della firma degli Accordi
di Palazzo Madama, aggiornamento craxiano dei mussoliniani Patti lateranensi – si è svolto
regolarmente nella sede dell’ambasciata italiana presso la Santa Sede, nonostante lo
scandalo del Rubygate. Il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, il presidente della Cei Angelo
Bagnasco e il cardinale Attilio Nicora, amministratore del patrimonio della Santa Sede, hanno
incontrato senza freddezza e imbarazzo Berlusconi, reduce dall’ennesima avventura a luci
rosse che riempie le pagine dei giornali italiani ed esteri.
Il vertice è filato liscio, senza imprevisti, ma il giorno dopo, il cardinale Bagnasco ha sentito la
necessità di dichiarare che si è trattato di “un incontro istituzionale, di prassi, che ha il suo
valore simbolico e anche un valore contenutistico sostanziale, quindi nella norma dei rapporti
tra le istituzioni”, per aver ignorato l’appello a disertarlo lanciato da più parti dalla Comunità
ecclesiale. Il settimanale diocesano di Brescia, La Voce del Popolo, pubblicando una letteraappello “Cardinale, non incontri il premier” lo aveva motivato ricordando che la situazione
morale e politica, i dubbi (poco dubbi per la verità) sulla moralità e il rispetto della legge della
nostra classe politica impongono scelte coraggiose da parte di chi dovrebbe guidare i fedeli.
Un analogo giudizio avevano espresso molti degli altri giornali diocesani, col placet dei
vescovi, nei commenti alla grande mobilitazione delle donne del 13 febbraio. Il Nostro Tempo
di Torino ha elogiato l’intervento di suor Eugenia Bonetti al palco di piazza del Popolo: Nelle
parole di una suora il senso di un grande basta!Questo “basta” le gerarchie, vaticana e
italiana, non intendono dirlo. Mentre, infatti, Bertone ha parlato con il presidente della
Repubblica delle celebrazioni dei 150 anni dell’italia unita e della beatificazione di Giovanni
Paolo II, Bagnasco e Nicora hanno ricordato alla delegazione governativa – con Berlusconi
c’erano i ministri Frattini, Alfano, Tremonti e il sottosegretario Letta – gli interessi in campo.
Hanno chiesto conferme sulla presenza di cappellani negli ospedali e nelle carceri, sul
sostegno alle famiglie, sui finanziamenti alle scuole confessionali diventate paritarie e sulla
doppia imposizione fiscale dei dipendenti vaticani ricevendo ampie assicurazioni.
Più attesa era, però, la rassicurazione sulla discussione alla Camera dei deputati,
calendarizzata per marzo, dal Ddl Calabrò, Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di
consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento, già approvato dal Senato da
oltre un anno.
A due anni dalla morte di Eluana Englaro in assenza di una normativa a riguardo rimane,
infatti, valida la sentenza della Cassazione che ha consentito al padre Peppino di mettere fine
alle sofferenze della figlia, interrompendo alimentazione e idratazione forzate. Nel frattempo
aumentano
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Coloro che rivendicano la libertà di decidere di “staccare la spina” quando la vita non è più
vita. Forte, quindi, è nella gerarchia ecclesiastica il timore che prevalgano i tradizionali
oppositori alla legge in nome dell’articolo 32 della Costituzione: Nessuno può essere
obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizioni di legge. La legge
non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Lo stesso Giuliano Ferrara, che organizzò una simbolica raccolta di bottiglie d’acqua sul
sagrato del Duomo di Milano per contestare la “morte per sentenza” di Eluana, scrive in un
editoriale di prima pagina intitolato “Una legge che non si fa amare”, che la legge in
discussione è “lastricata di buone intenzioni”, ma “sbagliata irrimediabilmente”. È in sé
pasticciata e contraddittoria una legge in cui si dice al cittadino: fa’ pure testamento, ma sappi
che non sarà vincolante, e che su due punti cruciali come l’idratazione e la nutrizione
artificiale di persone in stato vegetativo, la tua volontà non può essere ascoltata.
Giunge ad invitare i vescovi italiani di non farsi intrappolare in un meccanismo che domani
potrebbe travolgere anche le loro buone intenzioni, ma non rinuncia ad attaccare duramente i
“neopuritani del Palasharp”, che combattono la legge per motivi da lui non condivisi.
Non è certo se i vescovi ascolteranno questo consiglio di Giuliano Ferrara, che avevano
lasciato solo a portare avanti la lista degli antiabortisti nell’ultima campagna elettorale, è
certo, invece, che continueranno a battersi per difendere i privilegi e per affermare i “valori
non negoziabili”.
Se lo ascoltassero e decidessero di rinunciare ad opporsi alla libertà di decidere sul fine vita,
avrebbero, però, un altro campo in cui il loro intervento, pur sempre discutibile, sarebbe
almeno utile al Paese. Potrebbero cogliere l’occasione offerta dall’impressionante denuncia
della dilagante corruzione nella Pubblica amministrazione, pronunciata dalla Corte dei Conti
in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, per iniziare una campagna, in nome
della morale cattolica, contro chi infrange norme e criteri di buona amministrazione.
Forse la loro condanna suonerebbe ipocrita, perché inficiata dal ricordo dei tanti intrallazzi in
cui sono implicati anche ecclesiastici, magari responsabili di un Dicastero vaticano come il
cardinale Sepe, ma indicherebbe un’inversione di tendenza: finalmente un “reato”
diventerebbe anche “peccato” e non viceversa.
1992 - LA CONSULTA DI BIOETICA CONTRO L’OBIEZIONE DI COSCIENZA
Comunicato stampa – Milano, 26 febbraio 2011
È desolante l’inconsistenza di argomentazioni con cui alcuni membri del Comitato Nazionale
di Bioetica si ostinano a difendere un presunto diritto astruso e inconsistente quale quello
all’obiezione di coscienza dei farmacisti per la vendita della pillola del giorno dopo. Come se
non bastassero tutti i disagi e le violazioni dei diritti delle donne già causati dal massiccio
ricorso all’obiezione da parte dei medici! Per non parlare dell’ipocrisia con cui si cerca di
equiparare la funzione e l’autorevolezza dei farmacisti a quella dei medici con il solo scopo di
difendere ideologie tanto care agli ambienti conservatori!
L’unico “argomento” per questa presa di posizione che ritroviamo nella nota del CNB in merito
all’obiezione di coscienza dei farmacisti emessa ieri è l’appello ai riferimenti giuridici già
esistenti. Ma non abbiamo certo bisogno di un Comitato che ci racconti quello che già la
legge prevede! Ci si appella alla legge come se fosse la Sacra Scrittura, non riuscendo o non
volendo capire che il problema è appunto dare (se mai ci sono) buoni argomenti a sostegno
di una legge che difende a oltranza la pretesa di alcune persone di far prevalere la propria
visione del mondo sulla libertà altrui.
32
E il fatto che simili argomenti non si trovino nel documento del CNB è ulteriore conferma di
quanto questa difesa cocciuta e bigotta dell’obiezione di coscienza sia inaccettabile da un
punto di vista di etica pubblica!
La Consulta di Bioetica condanna questa totale mancanza di laicità e di ragionevolezza da
parte di quei membri del Comitato che si ostinano a volere imporre alla società tutta visioni
del mondo personali che, in uno Stato laico, non possono essere legittime quando limitano le
libere scelte altrui!
Il fatto che questa elementare idea di laicità non sia condivisa da alcuni membri del CNB
dimostra una volta di più come il nostro Paese sia ben lontano dall’essere uno Stato laico.
Per la Consulta di Bioetica:
Alberto Giubilini
NB. Sull’argomento la Consulta di bioetica di Pisa, sottolineato che la posizione del CNB ha
lo scopo di sottomettere la libera scelta delle donne ai pregiudizi antiscientifici e al
fondamentalismo religioso spacciati per nobili motivi di coscienza, ha espresso l’auspicio che
il CNB cominci a regolamentare il 'regime' della obiezione di coscienza là dove esso viene
esercitato, cioè nei reparti di ostetricia e ginecologia dove una percentuale altissima di
obiettori (con punte al Sud dell'85%!) rende quasi impraticabile alle donne l'esercizio del
diritto alla interruzione di gravidanza e alla salute riproduttiva.
1993 - COSTITUITO IL CLN: LE PRIME INIZIATIVE
A cura di Erica Bacca, del Direttivo di LiberaUscita, sezione di Modena
Lo scorso 29 gennaio si è tenuto a Modena quello che potremmo definire l’inizio di una nuova
forma di “resistenza laica”. L’occasione è stata la riunione di molteplici associazioni promossa
da sigle che da lungo tempo si battono con tenacia per la difesa dei valori della laicità e della
libertà di autodeterminazione: la Consulta di Bioetica (rappresentata da Maurizio Mori),
l’associazione LiberaUscita (Maria Laura Cattinari) e l’associazione Per Eluana (Cinzia Gori).
L’invito è stato raccolto da vari esponenti dei movimenti laici italiani, diversi per storia ed
estrazione ma accomunati da solidi valori condivisi: associazione Luca Coscioni
(rappresentata da Mina Welby, Roma), associazione Liberi di Decidere (Mariella Orsi,
Firenze), Rete Laica (Maurizio Cecconi, Bologna), UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici
Razionalisti (Roberto Grendene, Roma), rivista online LucidaMente (Rino Tripodi, Bologna),
Iniziativa Laica (Giorgio Salsi, Reggio Emilia), Comitato Laici Trentini per i Diritti Civili
(Domenico Di Mattia, Trento), associazione Democrazia Laica (Nino Bemporad, Roma),
Consulta torinese per la Laicità delle Istituzioni (Tullio Monti, Torino, in rappresentanza anche
del Coordinamento Nazionale delle Consulte per la Laicità delle Istituzioni), Comitato
AltaVoce (Marina Arrivabeni, Reggio Emilia), Federazione Italiana per la Cremazione (Fabio
Fuolega, Torino), ALdES, Associazione Laica di Etica Sanitaria (Roberto Lala, Torino),
associazione Amici di Eleonora (Isa Ferraguti, Napoli), Forum Donne Giuriste (Maria Grazia
Scacchetti).
Le diciotto associazioni presenti alla riunione hanno posto le basi per la creazione di un
Coordinamento Laico Nazionale, con portavoce Maurizio Cecconi e Cinzia Gori. Scopi
precipui del neonato CLN sono l’avvio di un censimento delle varie realtà laiche italiane,
l’instaurazione di costanti scambi informativi, la promozione di tematiche inerenti alla laicità
delle istituzioni e l’armonizzazione delle singole iniziative, al fine di garantire a ciascuna di
esse una maggiore visibilità ed efficacia. Il CLN, per ora composto dalle associazioni riunitesi
il 29 gennaio e il cui Manifesto sarà a breve reso pubblico, è istituzionalmente aperto alla
partecipazione di ogni altra associazione o movimento, nazionale o locale, che condivida i
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valori fondanti della laicità e della libertà di autodeterminazione e che si contrapponga alle
forme di assolutismo morale.
Prima iniziativa concreta della quale si occuperà il Coordinamento sarà il patrocinio della
prima Giornata nazionale delle dichiarazioni anticipate di trattamento, evento previsto per la
primavera prossima, che rappresenta l’occasione per sensibilizzare la popolazione in merito
al tema del fine-vita, in modo pubblico e coeso contro il messaggio mistificatorio veicolato
dall’attuale maggioranza politica (in effetti, la prima iniziativa è stata poi il sit-in del 21 febbraio
davanti a Montecitorio per manifestare contro il ddl Calabrò sul testamento biologico. ndr) .
La circolare interministeriale a firma dei Ministri Maroni, Sacconi e Fazio del 19 novembre
2010, che tenta, senza possibilità di successo alcuno, di destituire di validità le dichiarazioni
anticipate di trattamento raccolte nei registri dei testamenti biologici, e l’irrispettosa
proclamazione della Giornata nazionale degli stati vegetativi per il 9 febbraio scorso, secondo
anniversario della morte di Eluana Englaro, sono solo alcune delle frequenti operazioni di
disinformazione che fanno da corollario al disegno di legge Calabrò, recante “Disposizioni in
materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di
trattamento”.
Alla luce dei recenti sviluppi pubblici e politici, obiettivi primari della Manifestazione nazionale
saranno l’energica riaffermazione del diritto costituzionale alla libera autodeterminazione
terapeutica e la difesa dello strumento del testamento biologico, quale migliore tramite, allo
stato dell’arte, per esprimere la propria volontà in merito ai trattamenti sanitari.
In previsione di tale Giornata, l’insieme delle associazioni ha dato vita ad un Comitato
Promotore, che si auspica possa ampliarsi il più possibile al fine di costruire un ampio fronte
di appoggio, ed ha designato un Comitato Organizzatore. Il collegio ristretto, composto da
Associazione LiberaUscita, Consulta di Bioetica, Associazione Per Eluana, Associazione
Luca Coscioni, UAAR, Forum Donne Giuriste e Coordinamento Nazionale delle Consulte per
la Laicità delle Istituzioni, si occuperà della predisposizione e del coordinamento complessivo
delle attività della Manifestazione nazionale, dalla scelta del luogo e data alla determinazione
della forma di partecipazione, pubblica o riservata alle associazioni.
In un Paese che ha dimostrato una sincera sensibilità al tema del fine-vita, la libertà di
autodeterminazione terapeutica è, oggi, il minimo comun denominatore dell’associazionismo
laico italiano e la Giornata nazionale sulle dichiarazioni anticipate di trattamento rappresenta
solo la prima di una serie di iniziative di mobilitazione culturale, entro il quadro di un comune
impegno per la laicità.
In attesa di tale evento, le altre iniziative non si arresteranno: le proposte operative avanzate
in seno alla riunione modenese sono state numerose.
1994 -NASCE IL CLN UNA BUONA NOTIZIA PER L’ITALIA- DI ALESSANDRA MAIORINO
da: www.cronachelaiche.it di giovedì 17 febbraio 2011
Nello smarrimento politico, sociale e culturale che attanaglia l’Italia in questo particolare
momento storico, siamo lieti di poter offrire ai nostri lettori una buona notizia: nei giorni scorsi
si è costituito a Modena il Coordinamento Laico Nazionale. Oltre trenta realtà, fra
associazioni, fondazioni, consulte e organi di informazione hanno deciso di unirsi e dar vita ad
un’organizzazione che faccia da collettore delle istanze laiche del paese. Cronache Laiche è
orgoglioso di far parte di questa nuova forza sinergica, che si prefigge l’alto e necessario
obiettivo di condurre con più forte slancio – più forte perché sorretto da una comune volontà –
le tante, urgenti battaglie a favore dell’affermazione del principio della laicità nel nostro paese,
nelle diverse e molteplici declinazioni che esso prevede.
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Le adesioni finora confermate riguardano associazioni come LiberaUscita, Certi Diritti, la
Consulta di Bioetica, FIC – Federazione Italiana per la Cremazione, Italialaica.it,
Liberacittadinanza, LucidaMente, NoGod.it, Per l’Umana Stagione, UAAR e molte altre. Certi
di far cosa gradita ai lettori, in fondo riportiamo l’elenco completo degli aderenti con relativi
link al siti web, ove possibile.
Mentre ne diamo notizia, altri soggetti ancora si aggiungono; i portavoce del CLN, Maurizio
Cecconi e Cinzia Gori, hanno infatti lanciato un «sentito appello a tutte le associazioni italiane
che si riconoscono nel principio della laicità ad aderire». Numerosi e sotto gli occhi di tutti
sono gli attacchi che, oggi più che mai, esso subisce; altrettante e ancora più numerose sono
le sfide che, insieme, il neonato Coordinamento intende affrontare: «dal principio di
autoderminazione al biotestamento, dalla legge 194 alla fecondazione assistita, dall’uso dei
contraccettivi alla pillola RU486, dalla necessaria riforma del diritto di famiglia alla difesa delle
scuole della Repubblica».
La realtà associativa italiana ha spesso sofferto di un frazionamento lesivo dell’efficacia della
azioni intraprese; protagonismo, capziosità o eccessiva suscettibilità sono i malesseri che
finora hanno impedito lo svilupparsi di un movimento esteso e inclusivo. Il CLN nasce per
superare tali divisioni e «passare dalla difesa alla proposta». Si tratta di un passo importante,
che rappresenta di per sé una notevole sfida.
La società italiana è ampiamente secolarizzata; le istituzioni, di fronte a un certo gridato
popular-clericalismo, hanno difficoltà nel rispecchiare da un punto di vista normativo la realtà
autentica del paese. Ogni cittadino, che sia parte o meno di una data associazione, è dunque
chiamato a difendere la laicità, assottigliando questo artificioso divario che ancora ostacola
una sana crescita civile e sociale.
1995 - APPELLO DEL CLN ALLE ASSOCIAZIONI ITALIANE
Il 29 gennaio scorso, a Modena, s'è riunito un gruppo di associazioni italiane, decise a
compiere un passo in avanti verso l'unità delle forze laiche, spesso disperse.
La volontà di unirsi nasce dalla constatazione che, volenti o nolenti, abbiamo davanti grandi
sfide. Sfide mosse contro la laicità delle Istituzioni, attaccate su ogni fronte e su ogni tema:
dal principio di autodeterminazione al biotestamento, dalla legge 194 alla fecondazione
assistita, dall'uso dei contraccettivi alla pillola RU486, dalla necessaria riforma del diritto di
famiglia alla difesa delle scuole della Repubblica. E molti altri se ne potrebbero aggiungere.
Anche se l'associazionismo laico italiano vive un momento di storica debolezza - e non serve
a nessuno nasconderlo -, senza dubbio l'Italia è, per molti versi, una società ampiamente
secolarizzata, come dimostrano numerose statistiche. Su ogni tema laico, infatti, le italiane e
gli italiani mostrano un'indipendenza di giudizio dai dogmi religiosi e dalle indicazioni dei
partiti che fa ben sperare per il presente e per il futuro.
Questa larga maggioranza di genti laiche sono la nostra forza e a loro e a tutto il Paese
vogliamo e dobbiamo parlare. Certo per difendere i diritti conquistati, ma soprattutto per
estenderli.
Passare dalla difesa alla proposta, questo è il nostro intento, perché solo avanzando si
difende ciò che è già acquisito.
Abbiamo deciso dunque di metterci alla prova, in modo pratico e sincero. Crediamo che
l'urgenza più attuale sia, oggi e in questo 2011, contrastare l'approvazione di una legge
liberticida contro il biotestamento, che lede il diritto costituzionale all'autodeterminazione
terapeutica, sancito all'articolo 32 e confermato dalle convenzioni internazionali sottoscritte
dall'Italia. Su questo tema misureremo concretamente il nostro desiderio di unità delle forze
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laiche. Se, come speriamo, l'esito sarà positivo, allora avremo un nuovo strumento in grado
d'intervenire su tutti i temi concernenti i diritti, individuali e civili.
Per queste ragioni invitiamo tutte le associazioni italiane che si riconoscono nel principio della
laicità ad aderire al Coordinamento Laico Nazionale.
Invia una email a [email protected]
I portavoce
Maurizio Cecconi - Cinzia Gori
1996 – CLN: IL PRIMO COMUNICATO STAMPA
In data 15 febbraio il neonato Coordinamento Laico Nazionale ha diramato il suo primo
comunicato, dedicato al sit-in indetto per il 21 febbraio davanti a Montecitorio per protesta
contro il ddl “Calabrò” sul testamento biologico.. Se ne riporta il testo.
COMUNICATO STAMPA
Oltre 30 associazioni si sono riunite nel Coordinamento Laico Nazionale, spinte da una forte
volontà di unirsi, nata dalla comune constatazione che, volenti o nolenti, abbiamo davanti
grandi sfide. Sfide mosse contro la laicità delle Istituzioni, attaccate su ogni fronte e su ogni
tema: dal principio di autoderminazione al biotestamento, dalla legge 194 alla fecondazione
assistita, dall'uso dei contraccettivi alla pillola RU486, dalla necessaria riforma del diritto di
famiglia alla difesa delle scuole della Repubblica. E molti altri se ne potrebbero aggiungere.
Senza dubbio l'Italia è, per molti versi, una società ampiamente secolarizzata, come
dimostrano numerose statistiche. Su ogni tema laico, infatti, le italiane e gli italiani mostrano
un'indipendenza di giudizio dai dogmi religiosi e dalle indicazioni dei partiti che fa ben sperare
per il presente e per il futuro. Questa larga maggioranza di genti laiche sono la nostra forza e
a loro e a tutto il Paese vogliamo e dobbiamo parlare. Certo per difendere i diritti conquistati,
ma soprattutto per estenderli. Passare dalla difesa alla proposta, questo è il nostro intento,
perché solo avanzando si difende ciò che è già acquisito.
Per queste ragioni lanciamo un sentito appello a tutte le associazioni italiane che si
riconoscono nel principio della laicità ad aderire al Coordinamento Laico Nazionale.
La prima occasione per metterci concretamente in gioco sarà contrastare l'approvazione di
una legge liberticida contro il biotestamento, disegno di legge che lede il diritto costituzionale
all'autodeterminazione terapeutica, sancito all'articolo 32 e confermato dalle convenzioni
internazionali sottoscritte dall'Italia.
Lunedì 21 febbraio, dalle ore 10 alle ore 17, saremo davanti a Montecitorio, sede della
Camera dei Deputati, dove sta per riprendere la discussione sul ddl Calabrò. Il
Coordinamento Laico Nazionale e le associazioni aderenti porteranno in piazza la loro
contrarietà verso un testo che calpesta la dignità della persone e che viola il diritto alla libertà
di scelta.
Insieme a noi ci saranno numerosi parlamentari e personaggi della società civile che
sostengono la nostra battaglia. Hanno già confermato la loro presenza Mina Welby e il
senatore Ignazio Marino.
Sarà altresì allestito un banchetto con la presenza di un notaio, per dare la possibilità a quanti
parteciperanno alla manifestazione di sottoscrivere il proprio testamento biologico. Quello
vero e non quello finto che vorrebbe approvare la maggioranza di centrodestra:, quello dove
si può scegliere se accettare o se rifiutare alimentazione e idratazione forzata.
I portavoce: Maurizio Cecconi (Tel. 3498084899), Cinzia Gori (Tel. 3492678265)
Associazioni aderenti al Coordinamento Laico Nazionale
AldES - Associazione Laica di Etica Sanitaria
Associazione Diritti e Torti
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Associazione Forum Donne Giuriste
Associazione Gli amici di Eleonora
Associazione Libera Uscita
Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica
Associazione Per Eluana
Associazione radicale Certi Diritti
Comitato Altavoce
Comitato Laici Trentini
Consulta di Bioetica
Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni
Consulta Romana per la Laicità delle Istituzioni
Consulta della Provincia di Pesaro Urbino per la Laicità delle Istituzioni
Coordinamento Nazionale delle Consulte per la Laicità delle Istituzioni
CRIDES - Centro romano d'iniziativa per la difesa dei diritti nella Scuola
Cronache Laiche
Democrazia Laica
FIC - Federazione Italiana per la Cremazione
Fondazione Religionsfree
Iniziativa Laica
Italialaica.it
Liberacittadinanza
Liberi di Decidere
LucidaMente – Rivista di cultura ed etica civile
Nessundio.net
Nogod.it
Non Credo
Per l'Umana Stagione
Rete Laica Bologna
UAAR – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti
***
E-Mail: [email protected]
Sito: http://bit.ly/laicita
Facebook: http://on.fb.me/hOmnve
Twitter: http://twitter.com//cln_italia
1997 – CLN : NUOVA LOBBY «DI LIBERAZIONE» - DI ANDREA GALLI
da: Avvenire (quotidiano della Chiesa cattolica) di giovedì 17 febbraio 2011
Chissà se è anche il 150esimo dell’unità d’Italia e il riaffiorare di memorie anticattoliche ad
aver ispirato l’iniziativa. Magari il desiderio di arrivare compiutamente a quella «breccia di
Porta Pia bioetica» richiamata alla fine del caso Englaro, così come le forze 'liberali'
arrivarono nove anni dopo l’unificazione, nel 1870, alla presa di Roma.
Fatto sta che è stato varato a Modena nei giorni scorsi il Cln, il Coordinamento laico
nazionale (che suona anche come Comitato di liberazione nazionale). Liberazione dalle forze
che operano «contro la laicità delle Istituzioni, attaccate su ogni fronte e su ogni tema: dal
principio di autodeterminazione al biotestamento, dalla legge 194 alla fecondazione assistita,
dall’uso dei contraccettivi alla pillola Ru486, dalla necessaria riforma del diritto di famiglia alla
difesa delle scuole della Repubblica».
Anche se l’urgenza del momento resta una, quella di «contrastare l’approvazione di una
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legge liberticida contro il biotestamento... Su questo tema misureremo concretamente il
nostro desiderio di unità delle forze laiche».
Il piglio è combattivo: «Passare dalla difesa alla proposta, questo è il nostro intento, perché
solo avanzando si difende ciò che è già acquisito». Il motore è acceso: «Lunedì 21 febbraio,
dalle ore 10 alle ore 17, saremo davanti a Montecitorio, sede della Camera dei Deputati, dove
sta per riprendere la discussione sul ddl Calabrò... Insieme a noi ci saranno numerosi
parlamentari e personaggi della società civile che sostengono la nostra battaglia. Hanno già
confermato la loro presenza Mina Welby e il senatore Ignazio Marino». Già, l’immancabile
Marino, che continua a professarsi contrario all’eutanasia e ad accompagnare con inesausta
disponibilità chi dell’eutanasia si fa vessillifero.
Al Coordinamento hanno finora aderito alcuni big dell’associazionismo radicale, libertario e
anticlericale – dall’Uaar-Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, alla Consulta di
bioetica, protagonista del caso Englaro – e sigle minori ma già note (come MRS, oggetto di
un furioso attacco dello stesso Avvenire in occasione della conferenza pesarese di Beppino
Englaro, ndr).
A oggi risultano nell’elenco 30 nomi, con un sito apposito a far da vetrina e raccordo su
Internet e due portavoci, Maurizio Cecconi di Rete Laica e Cinzia Gori, responsabile del
Gruppo infermieristico volontario di Udine.
Il verbale della riunione fondativa del Cln che si è tenuta a Modena il 29 gennaio, alla
presenza di 17 associazioni, offre una panoramica di proposte e strategie in questa fase
iniziale. Tra Mina Welby che suggerisce di intervenire in scuole e università, anche se è
«meglio non parlare più di testamento biologico, ma di Direttive anticipate di trattamenti
sanitari»; al reggiano Giorgio Salsi, che da 'partigiano' del neonato Cln propone di coinvolgere
«anche grandi associazioni come Anpi o Anci»; all’anestesista Amato De Monte – alla guida
dell’équipe che interruppe alimentazione e idratazione di Eluana – che va sul pragmatico: «Sì
a email a Napolitano firmata dal Comitato. Se passa la legge, referendum abrogativo o Corte
costituzionale».
Sullo sfondo, la consapevolezza che la mobilitazione in fieri è un’azione politica e per essere
efficace dev’essere trasversale: «Dobbiamo supplire come associazioni all’abbandono dei
partiti» (Maurizio Mori); «Sostenere i politici che sono favorevoli alla nostra battaglia, di
qualsiasi area politica siano, senza temere di essere strumentalizzati» (Maurizio Cecconi).
Mentre una prova delle potenzialità della novella lobby potrebbe essere una grande
manifestazione da organizzare a Roma, a maggio, sul biotestamento.
Commenti
da: [email protected]
Inviato: giovedì 17 febbraio 2011 5:46
Bellissimo l'articolo sull'Avvenire, un atto di palese paura per le novità che si palesano in
Italia: una risposta finalmente unita dei movimenti laici che rompe la nuvola di incenso che
riempie l'aria di questa penisola ed isole comprese. L'articolo sembra scritto da un Emilio
Fede con tanta sicumera ed improvvida acidità. In tutto questo si legge il sentire lo
smottamento in atto, un cambio di pagina che già il mondo Vaticano attaccava, stringendosi
sempre più all'attuale sgoverno, e bollando 'la crisi dei valori cristiani' la nascita di
associazioni atee o laiche come le Consulte.
Avanti così, sempre uniti per tante battaglie, riusciremo a trasformare l'Italianistan in una
Nazione Europea.
da: [email protected]
Inviato: giovedì 17 febbraio 2011 16.50.41
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Bene! Dopo il furibondo attacco che l'Avvenire ci riservò - come Movimento RadicalSocialista
- quando organizzammo insieme alla Consulta per la Laicità di Pesaro e Urbino il confronto
tra Beppino Englaro e i due giornalisti dello stesso quotidiano autori dello sconcertante libro
su Eluana (incontro in cui Englaro, di fronte agli attacchi beceri e incivili della claque
integralista che aveva invaso la sala) fornì uno straordinario esempio di tolleranza e statura
morale in difesa delle libertà individuali, siamo orgogliosi di continuare ad essere attaccati
dall'organo della Cei, quasta volta indirettamente come componenti del CLN. Contenti di
vedere che l'idea di una "liberazione" laica abbia fatto presa anche sui suoi più incalliti
avversari...
MRS
da: [email protected]
Inviato: giovedì 17 febbraio 2011 16.56.14
Tentano di delegittimare, mettere in scena una caricatura dell'interlocutore. Sanno che c'e' chi
li riprenderà. E devo dire che questo può solo giocare a nostro favore. Lo hanno fatto di
recente anche con l'iniziativa del "Cortile dei Gentili", a cui ho assistito sabato scorso. Il nostro
segretario, tra i pochi che leggono l'Avvenire (che stampa meno copie del numero dei preti,
segno che anche loro non lo leggono), ha già lanciato la notizia dell'attacco al CLN:
http://www.uaar.it/news/2011/02/17/neonato-cln-gia-attaccato-avvenire/
Bene avere già avuto con noi parlamentari, e parlamentari credenti/cattolici (Avvenire non
manca di criticare Marino e di citare Mina Welby). Ancora meglio sarebbe avere con noi i
Metodisti Valdesi, oppure la Comunità Ebraica (anche solo sul tema del Testamento
Biologico, se non nel CLN). Qui a Bologna, Maurizio lo sa bene, li abbiamo avuti entrambi al
nostro fianco sul Testamento Biologico.
Ciao. Roberto Grendene UAAR - Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti
1998 - SFOTTO’ DI AVVENIRE AL NEONATO CLN - DI GAËLLE COURTENS
da: www.cronachelaiche.it di venerdì 18 febbraio 2011
«Coordinamento laico, nuova lobby “di liberazione”». Con questo titolo ieri l’Avvenire, nel suo
inserto «è vita», commentava il neonato Coordinamento laico nazionale, chiedendosi se
fosse «il 150esimo dell’Unità d’Italia e il riaffiorare di memorie anticattoliche ad aver ispirato
l’iniziativa» o «magari il desiderio di arrivare compiutamente a quella “breccia di Porta Pia
bioetica” richiamata alla fine del caso Englaro, così come le forze liberali arrivarono nove anni
dopo l’unificazione, nel 1870, alla presa di Roma».
L’articolo, a firma di Andrea Galli – a dir poco tracotante – propone l’accostamento tra i due
acronimi Cln: Coordinamento laico nazionale e Comitato di liberazione nazionale. L’iniziativa
sarebbe dunque un «tentativo di portare sotto lo stesso ombrello le associazioni che
compongono la galassia radicale, libertaria e anticlericale». Ma l’autore dello sfottò dimentica
che delle diverse Consulte laiche cittadine, che con convinzione hanno aderito al nuovo
Coordinamento (tacciato di «novella lobby»), fanno anche parte le chiese evangeliche.
Ma il problema è un altro: ancora una volta si è voluto trattare le questioni attinenti alla sfera
della laicità in contrapposizione a quelle della fede. Eppure credevamo che oggi fosse
ampiamente accettato il fatto che la laicità non obbligatoriamente equivale ad un’assenza
della dimensione di fede dalla propria vita: la laicità non è di per sé areligiosa in quanto si può
essere profondamente credenti ed altrettanto profondamente convinti che lo Stato e le sue
leggi siano altro rispetto alla propria fede ed ai valori che le sono connessi. Sembrerà
inconcepibile all’autore dell’articolo di Avvenire, ma è possibile essere credenti e laici, con la
consapevolezza che le verità di fede sono ottime per alcuni e pessime per altri.
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Laicità allora vuol dire che le verità di fede devono arrestarsi sulla soglia dei luoghi
istituzionali dove si formano le decisioni collettive, destinate a valere obbligatoriamente per
tutti. Non ci stancheremo mai di dire che solo superando la contrapposizione tra religiosità e
laicità, che le configura in termini conflittuali, sarà possibile mettere da parte una versione
caricaturale della laicità, sempre soggetta a scrutinio da parte di chi decide quale sia la laicità
«sana» o «aggressiva».
La laicità, quale «principio supremo» del nostro ordinamento, non è un’ideologia, ma implica
un regime di pluralismo confessionale e culturale presupponendo una pluralità di sistemi di
valori, di scelte personali riferibili allo spirito o al pensiero, che sono dotati di pari dignità.
Appunto. Di pari dignità, ma senza privilegi per alcuno. Il compito dello Stato allora è quello di
svolgere interventi per rimuovere ostacoli o impedimenti in modo da rispettare la distinzione
tra ordine delle questioni civili e ordine delle questioni religiose. Per dirla con Gustavo
Zagrebelsky in Scambiarsi la veste. Stato e Chiesa al governo dell’uomo: «La laicità significa
spazio pubblico a disposizione di tutti per esercitare, in condizioni di libertà ed eguaglianza, i
diritti di libertà morale (di coscienza, di pensiero, di religione e di culto, ecc.) e per costruire a
partire da questi la propria esistenza: uno spazio voluto dagli uomini indipendentemente da
Dio, etsi Deus non daretur; una “città degli uomini” in cui ci sia spazio per tutti, credenti e non
credenti». Se non piace Zagrebelsky, intanto al collega Galli possiamo però suggerire la
lettura o la ri-lettura dell’«Epistola sulla tolleranza» di John Locke.
1999 - CHIESE EVANGELICHE: DDL CALABRÒ CALPESTA DIRITTI E LIBERTÀ
da: http://bit.ly/hcgCNr di lunedì 21 febbraio 2011
Il presidente della FCEI, il pastore Massimo Aquilante, ha definito il testo attualmente in
discussione alla Camera "un testo che calpesta la dignità della persona e che viola il diritto
alla libertà di scelta. Dovesse passare il ddl Calabrò vedremmo seriamente messo a rischio
l'art. 32 della Costituzione che tutela la salute del cittadino autorizzandolo a rifiutare
trattamenti sanitari che violano i limiti imposti dal rispetto della persona”.
“Come evangelici - prosegue il pastore metodista in una nota - riteniamo di dover difendere la
possibilità degli individui di poter esprimere scelte consapevoli e responsabili in materia di
direttive di fine vita. Inoltre crediamo sia importante rispettare il contesto pluralistico entro cui
viviamo, senza pretendere che determinate posizioni sui temi etici, legate a scelte di fede,
debbano essere imposte a tutti. Aderiamo quindi con convinzione all'iniziativa indetta oggi dal
Coordinamento laico nazionale, in linea con quanto portato avanti anche da diverse nostre
chiese membro che da tempo - conclude il presidente della FCEI - hanno istituito degli
sportelli dove poter registrare nel pieno rispetto della legge vigente il proprio testamento
biologico".
2000 – MODENA: CONVOCATO IL PRIMO CONVEGNO NAZIONALE SUI REGISTRI
da: Agenzia DIRE, 3 febbraio 2011
A due anni dalla morte di Eluana Englaro e a quasi un anno dall'adozione della delibera del
Consiglio comunale sul testamento biologico, il Comune di Modena organizza il primo
convegno nazionale per fare il punto sulle esperienze istituzionali dei registri che accolgono le
dichiarazioni anticipate di volontà. L'appuntamento è in programma lunedì 7 febbraio dalle
9.30 nella sala del Consiglio del Palazzo comunale di Modena, in piazza Grande.
Parteciperanno, tra gli altri, i sindaci di Modena, Genova, Giffoni Valle Piana (Salerno), Massa
e Torino, località nelle quali è già stato attivato il registro comunale.
Da una rilevazione condotta alla fine del 2010 il registro è stato istituito in tre Province,
quattro Comuni capoluogo di regione, 13 Comuni capoluogo di Provincia e 62 Comuni più
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piccoli, oltre ai Municipi X e XI di Roma. In molti altri luoghi sono in atto le procedure per
attivarli, per esempio raccolte di firme di iniziativa popolare e mozioni consiliari. La regione di
maggiore diffusione dei registri è l'Emilia-Romagna, mentre in Val d'Aosta, Molise e Sicilia
non si registrano, al momento, iniziative analoghe.
Dopo i saluti dei rappresentanti dell'Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani), il
sindaco di Modena Giorgio Pighi interverrà con una relazione sul tema "L'istituzione del
Registro in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione".
Seguiranno interventi di docenti universitari, poi alle 11 e' in programma una tavola rotonda,
moderata da Simona Arletti, assessore agli Affari generali del Comune di Modena, con i
sindaci di alcune città in cui sono attivi i registri.
Porteranno inoltre la loro esperienza i rappresentanti delle associazioni attive sul territorio
nazionale: A buon diritto, associazione Luca Coscioni, Comitato Articolo 32 per la libertà di
cura (Arci, Cgil, Libera Uscita, Uaar, Udi) e Gli amici di Eleonora.
"I registri delle dichiarazioni anticipate di volontà sono strumenti amministrativi con i quali gli
enti locali, non entrando nel merito delle scelte individuali e garantendo l'assoluto rispetto
della privacy, si fanno carico in nome della collettività di raccogliere le volontà e depositarle in
un apposito archivio dal quale potranno essere ritirate nel caso di bisogno dai fiduciari
designati dal dichiarante", spiega l'assessore Arletti.
Il dibattito sulla validità legale dei registri è ancora in corso dopo l'istituzione del primo, alla
fine del 2008, nel X Municipio di Roma, apripista della procedura amministrativa.
L'ultima tappa in ordine di tempo del dibattito politico è la circolare ministeriale del 20
novembre 2010 che dichiara illegittime tali procedure perchè di competenza del legislatore
nazionale. "Di fatto, però, non esiste nessuna altra risposta alla domanda dei cittadini di poter
manifestare la propria volontà in merito ai trattamenti da ricevere in caso di malattie o
incidenti fortemente invalidanti", prosegue Arletti.
Il Comune di Modena ha istituito il registro nel giugno del 2010 accogliendo una delibera di
iniziativa popolare. "Come molte altre Amministrazioni abbiamo voluto dare una risposta alle
richieste dei cittadini", aggiunge l'assessore. "Non si tratta di un'ingerenza nei confronti del
legislatore nazionale, ma della competenza degli enti locali di predisporre funzioni
amministrative riguardanti la popolazione".
2001 - MODENA: I LAVORI DEL CONVEGNO NAZIONALE SUI REGISTRI
Sintesi dei lavori a cura di Elena Adorno, del direttivo di LiberaUscita di Modena.
Il 7 febbraio si è svolto nella sala del Consiglio Comunale di Modena, con il patrocinio
dell'ANCI, un Convegno nazionale dei rappresentanti delle Istituzioni per affrontare gli aspetti
giuridici, amministrativi ed etici dei registri comunali dei testamenti biologici.
A promuovere l'iniziativa alcune associazioni: il Comitato Articolo 32 per la libertà di cura di
Modena, animato da LiberaUscita e comprendente altre importanti Associazioni (ARCI, CGIL,
UDI, ANPI, UAAR ecc), e le associazioni Luca Coscioni, a Buon Diritto, gli amici di Eleonora.
Presenti molti sindaci venuti da tutt'Italia, i rappresentanti delle Associazioni promotrici, un
folto pubblico tra cui non pochi iscritti alla locale sezione di LiberaUscita, giornalisti delle
testate locali e regionali nonché delle televisioni.
Ha aperto il Convegno il Sindaco di Modena prof. avv. Giorgio Pighi, con una relazione dal
titolo: "L'istituzione del registro in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione".
Con competenza e partecipazione Pighi ha difeso la legittimità dei registri comunali dichiarati
illegittimi dalla circolare ministeriale del 19 novembre 2010 e ha ricordato che Modena è il
primo Comune per quantità di dichiarazioni anticipate di volontà (DAV) depositate (125 al
momento del convegno, ma con numerose altre prenotazioni).
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All'intervento del Sindaco è seguito quello di Gladio Gemma, professore di diritto all'Università
di Modena e Reggio Emilia, che parlando del valore giuridico delle dichiarazioni anticipate di
volontà e di tutela della privacy ha tra l'altro affermato che ci sono due due posizioni: una
liberale e una autocratica. Nella seconda, i soggetti si sentono autorizzati a decidere per gli
altri, c'è chi "sa qual'è il bene degli altri" e quindi sceglie per loro, imponendo scelte di vita
"per il loro bene". Nella concezione liberale le persone sono invece libere di scegliere per sé
stesse. Non si tratta di una libertà illimitata, perché ha come limite il non far male agli altri. I
liberali sostengono l'autodeterminazione dell'individuo, l'osservanza della Costituzione, anche
se a volte esiste uno scarto tra l'osservanza e la realtà (come, ad esempio, per i diritti di parità
delle donne). L'art.32 è sintetico e chiaro e nel suo secondo comma dice che si può limitare
la libertà personale ma solo in caso di pericolo per gli altri (un malato contagioso non può
andarsene in giro contagiando gli altri!). La Corte di Cassazione ha emesso alcune sentenze
ragionevoli, sviluppando i principi dell'auto-determinazione. Quando un individuo non ha
nessuna speranza di ripresa si deve tener conto delle volontà dichiarate in precedenza. Il
prof. Gemma ha poi ricordato il pensiero del prof. Mantovani, cattolico conservatore, giurista,
il quale ha dichiarato che per la nostra Costituzione noi abbiamo il diritto di lasciarci morire e
che c'è in atto una reazione volta a negare questo diritto. C'è una riluttanza a rispettare la
Costituzione come accadeva negli anni 50, quando contavano le leggi ordinarie: anche dare
un bicchiere d'acqua ad una persona che non lo vuole è una limitazione della libertà della
persona.
Ultima la relazione della prof.ssa Donata Gottardi dell'Università di Verona e parlamentare
europea che ha parlato sul tema: "Le prospettive europee". Ha ricordato come dal dicembre
2009 è in atto il trattato di Lisbona, per cui in Europa si riconoscono per certi i diritti
fondamentali della persona (vedi Costituzione Europea).Il trattato non può non essere un
punto di riferimento anche per noi. L'art. 3 è uno dei più illuminanti e sostanziali, mediando
tra i vari ordinamenti dei Paesi membri, visto che ce ne sono alcuni dove è permessa
l'eutanasia ed altri dove le volontà del cittadino non sono ancora riconosciute. L'art.1 della
Costituzione Europea parla della dignità umana inviolabile e nell'ambito della medicina
afferma che devono essere rispettati il consenso libero e informato delle volontà della
persona secondo le modalità stabilite dalla legge, prevedendo il divieto delle pratiche
eugenetiche (clonazione ecc) e il traffico di organi. L'art.32 della Costituzione Italiana e gli art.
1,2,3 di quella Europea sono una accoppiata vincente. Si dovrebbero tenere dei referendum a
livello europeo, perché se fatti nei singoli Paesi, vengono inquinati dalla situazione politica
degli stessi. Ci dovrà essere, un giorno, una direttiva europea per i diritti sul lavoro, la salute
ecc. Il Parlamento europeo sul testamento biologico ha chiesto agli Stati membri che non
l’abbiano fatto di darsi una specifica normativa per garantire il rispetto della convenzione di
Oviedo. In alcuni Paesi si permette l'eutanasia, ma non si deve fare confusione: una cosa è
dichiarare le proprie volontà di fine vita, altro è la "dolce morte", non si possono mescolare le
cose. E' importante che ci sia un diffuso consenso informato, che si costruisca la figura del
fiduciario. Dovremmo avere un quadro della situazione nei vari Paesi, essere chiari sugli
oggetti da analizzare: eutanasia, testamento biologico, consenso informato ecc.
Alle tre relazioni è seguita una tavola rotonda moderata dalla assessore Simona Arletti alla
quale hanno partecipato i rappresentanti dei Comuni intervenuti e delle associazioni
promotrici.
Nella sua breve introduzione l'assessore Arletti ha ricordato che il registro di Modena è stato il
frutto di una delibera di iniziativa popolare sostenuta da centinaia di firme di cittadine e
cittadini, che almeno altri 80 Comuni italiani hanno istituito il registro e che l'ANCI ha ritenuto
che esso sia un mero servizio ai cittadini e alla comunità. Ha proseguito ricordando la scelta
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del Ministero della salute di proclamare il 9 febbraio, anniversario della morte-liberazione di
Eluana Englaro, giornata nazionale degli stati vegetativi, una pura provocazione oltre che
una mancanza di umanità. Ha concluso dicendo che il disegno di legge Calabrò è molto
invasivo e non tiene conto delle volontà dei cittadini.
Prima a prendere la parola a nome delle associazioni è stata Mina Welby, la quale ha detto:
"Una circolare dei ministri Sacconi-Maroni ha dichiarato illegittime le dichiarazioni anticipate di
volontà dei cittadini, qualche Comune s'è fermato, altri, invece, hanno istituito ugualmente
i registri. I registri raccolgono le volontà del soggetto e quindi non possono non essere validi!
L'associazione Luca Coscioni e A Buon Diritto hanno raccolto online migliaia di dichiarazioni
in poco tempo. Il 21 febbraio si tornerà a discutere il disegno di legge Calabrò. La volontà dei
cittadini trova ascolto nei Tribunali: ci sono state diverse sentenze favorevoli. Ci deve essere
assolutamente libertà di scelta anche se fosse per un solo cittadino. Non imponiamo ai
cattolici di farlo ma rivendichiamo il diritto di scelta. Non ci dovrà mai più verificarsi un caso
terribile come quello di Mario Monicelli!”
La parola è passata quindi all'assessore Gabrielli in qualità di rappresentante del Comune
di Massa. Dopo aver ricordato che il suo Comune fa parte della rete che lavora per istituire
le DAV, ha ricordato brevemente il non facile percorso seguito. Ma l'approdo a cui sono giunti
non prevede ancora il deposito delle DAV nel registro istituito presso l'URP, che raccoglie
semplicemente le dichiarazioni di avvenuta stesura delle DAV il cui testo va depositato
presso un notaio. Gabrielli ha chiesto informazioni a Modena ed ha auspicato un
collegamento con le ASL in quanto i cittadini devono essere sorretti dai servizi sanitari.
Claudio Lunghini, in rappresentanza dell'associazione gli amici di Eleonora, ha ricordato la
terribile esperienza di una figlia in coma per sei mesi e il drammatico dilemma se autorizzare
o meno tutti i trattamenti sanitari. Alla fine ha deciso per il no ma i medici che avevano in cura
la piccola hanno proseguito i trattamenti contro la volontà dei genitori che hanno allora
ingaggiato una dura battaglia. Dopo sei mesi sono riusciti a trasferire la figlia in un altro
ospedale, dove hanno smesso di accanirsi permettendole di morire, in modo naturale, dopo
poco. Da qui la volontà di fare qualunque cosa per affermare i diritti dei
cittadini. L'associazione gli amici di Eleonora è nata per questo e si è subito impegnata per i
registri: oggi la Campania è la terza regione dopo Emilia e Toscana per il numero di registri
attivati. Il Governo ha paura perché tante sentenze fanno una legge. E' molto importante
incontrarsi e lavorare con le altre associazioni sparse in tutta Italia perché le dichiarazioni
anticipate diventino una realtà legale ovunque, è una battaglia di libertà, bisogna aiutare le
Amministrazioni comunali, la raccolta delle firme è l'unico modo per arrivarci. Il 9 febbraio è
una provocazione e non capisco come Fulvio De Nigris si sia prestato a ciò; si dovrebbe
invece chiedere scusa a Beppino Englaro per ciò che gli è stato detto! Piuttosto ci si deve
battere perché le persone in stato vegetativo, una volta a casa, abbiano tutti gli aiuti e
l'assistenza domiciliare che invece, con questo Governo, sono stati tagliati.
Ida Curci, assessore a Torino: "C'è stata un'iniziativa popolare grazie alle associazioni
Coscioni e Aglietta. Il Comune ha deliberato di andare avanti malgrado le elezioni
amministrative prossime. E' stata approvata a novembre l'istituzione del registro. Le
amministrazioni locali sono le più vicine ai cittadini e ai loro bisogni. Nella delibera si dice che
non dev'essere un fatto privato ma pubblico, e che non si deve andare per forza da un notaio.
Abbiamo istituito un registro delle coppie di fatto che però non viene molto usato, in quanto
non ha nessun riscontro legale”.
Maria Laura Cattinari ha parlato a nome del Comitato articolo 32 e come presidente
dell'associazione LiberaUscita. Come cittadina di Modena ha ringraziato vivamente il Sindaco
Pighi per la collaborazione e la grande sensibilità dimostrata nell'affrontare e nel difendere il
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diritto all'autodeterminazione nel fine vita. "Su questo tema possiamo dire che Modena vanta
un primato di civiltà in Italia, a partire dal primo decreto di nomina di amministratore di
sostegno alle cure del giudice Guido Stanzani (ne sono seguiti almeno altri 25), ai tanti
registri comunali per i testamenti biologici istituiti nella nostra Provincia, ben 11, di cui 6
effettivamente funzionanti". Cattinari ha ricordato poi che non esiste un vuoto normativo nel
nostro ordinamento a partire dalla Costituzione per giungere alla sentenza della Corte
Costituzionale 438 del dic. 2008 in cui si afferma che il diritto all'autodeterminazione è un
diritto fondamentale della persona. "Non possiamo non ricordare che il 76% degli italiani
vuole che le DAV siano vincolanti per i medici mentre il ddl approvato il 26 Marzo del 2009 dal
Senato fa del medico il decisore ultimo e trasforma le DAV in desiderata". Ha denunciato
quindi il tentativo di manipolazione dell'opinione pubblica, l'opera costante di disinformazione
che porta, tra l'altro, a confondere il coma con lo stato vegetativo. "Quest'ultimo non esiste in
natura, è frutto di terapie e pratiche mediche". Il decreto dice che l'alimentazione e
l'idratazione non sono terapie e quindi non possono costituire oggetto di dichiarazione
anticipata di trattamento. Il testamento biologico rappresenta un traguardo di civiltà che nasce
dal profondo senso di responsabilità verso noi stessi e verso gli altri. Qualcuno anche in
quest'aula consiliare ha detto che i registri andrebbero chiusi perché sono pochi i cittadini
che ne fruiscono. E' una bestemmia giuridica. Parliamo di un diritto costituzionale il cui
esercizio va garantito anche se ad esigerne il rispetto fosse un solo cittadino".
Il rappresentante del Comune di Firenze ha riferito che anche nel loro registro, così come a
Massa, non si raccolgono le DAV ma solo le dichiarazioni di avere steso un testamento
biologico e si indica dove è stato depositato. Ha ricordato il lavoro svolto dall'associazione
Liberi di decidere e da LiberaUscita e i tanti testamenti biologici raccolti, gratuitamente, dal
Notaio Aricò (del Direttivo di LiberaUscita).
A conclusione l’arch. Castelli, dirigente del Comune di Modena, che con molta competenza
ha lavorato per istituire il registro presso l'Ufficio di stato civile con il compito di raccogliere in
busta chiusa le DAV, rilasciarne ricevuta e conservarle, ha affermato di esser pronto a far
fronte personalmente ad ogni pregiudizio economico che dovesse derivare alla pubblica
amministrazione dall'istituzione del registro. Eventualità questa ventilata dalla citata circolare
ministeriale del 19 novembre 2010 e per la quale un Consigliere comunale di Modena ha
annunciato ricorso alla Corte dei Conti.
2002 – SENIGALLIA: OPERATIVO IL REGISTRO DEI BIOTESTAMENTI
da: www.viveresenigallia.it del 10 febbraio 2011
Il 10 febbraio il Consiglio Comunale di Senigallia ha approvato il regolamento riguardante
l'istituzione del “Registro comunale delle dichiarazioni anticipate di volontà relative ai
trattamenti sanitari”, elaborato dalla maggioranza su indicazione di un'apposita delibera del
Consiglio Comunale.
Una novità assoluta per la città, tra le prime ad aprire la strada alla possibilità di mettere per
iscritto alcune volontà in fatto di trattamenti terapeutici nei casi di morte cerebrale dichiarata.
Per redigere le dichiarazioni anticipate di volontà occorre compilare un apposito modulo
approvato dal Consiglio Comunale. Possono farlo i maggiorenni residenti nel comune di
Senigallia che siano capaci di intendere e di volere. Ovviamente le dichiarazioni possono
essere modificate o revocate in qualunque momento dal soggetto che le ha presentate. Il
soggetto dichiarante può esprimere la volontà di essere sottoposto o meno a cure per il
“prolungamento del morire” o per “il mantenimento di uno stato di incoscienza permanente”,
ivi compreso l’idratazione e l’alimentazione artificiale.
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La delibera, dopo un lungo dibattito tra favorevoli e contrari, è stata approvata con 24 voti a
favore, un contrario ed alcuni astenuti
2003 – GB: IAN MCEWAN A FAVORE DELL’EUTANASIA - DI ALESSANDRA BALDINI
da: agenzia Ansa del 12 febbraio 2011
Ian McEwan si schiera a favore delle campagne per l'eutanasia e lo fa in nome di due donne:
la madre e il suo primo amore. Lo scrittore britannico, premio Booker per Amsterdam, ha
lanciato un appello al primo ministro David Cameron perché ignori 'le credenze
soprannaturali' dei fedeli cristiani che si oppongono alla 'morte assistita' per motivi religiosi e
introduca nuove leggi per por fine a 'sofferenze non necessarie' dei malati terminali.
Intervistato oggi dal Daily Telegraph, McEwan ha annunciato che la prossima settimana
aderirà pubblicamente all'organizzazione Dignity in Dying: lo scrittore, che ha 62 anni, ha
parlato del desiderio di poter controllare 'l'ultimo capitolo' della sua vita dopo aver visto morire
la madre devastata dalla demenza senile e ha rivelato che la morte del suo primo amore è
stata la perdita che in assoluto lo ha colpito di più: Polly Bide, a cui l'anno scorso lo scrittore
ha dedicato il suo ultimo romanzo Solar, è rimasta vittima nel 2003 di un mieloma: 'Eravamo
compagni di università. Ci siamo innamorati. Vivevamo assieme. Per tutta la vita siamo
rimasti amici. Le ultime settimane della sua vita le ha passate ad aprire cassetti e scrivere
sotto ogni fotografia di casa chi c'era rappresentato perché non si perdesse la memoria'.
Un'altra donna - ha spiegato McEwan - lo ha spinto a superare le resistenze e a unirsi alla
campagna: il suo medico di famiglia, Ann McPherson, ha cominciato a dare battaglia per
rivedere il Suicide Act, una legge del 1961 dopo essersi ammalata di cancro al pancreas: la
prognosi è rapida e infausta. 'Ann sta morendo e lo fa con straordinaria grazia e dignità.
Questo non significa che non è terrorizzata come chiunque altro o che non soffra e che voglia
farla finita con tutto, ma è stata per me di grande ispirazione', ha detto l'autore di Primo
Amore, Ultimi Riti. Nei suoi libri McEwan affronta spesso la tematica della morte e della
perdita delle proprie facoltà mentali per malattie neurodegerative: accade in Espiazione, alla
voce narrante Briony Tallis, accade in Sabato, al paziente-aggressore del protagonista, il
neurochirurgo Henry Perowne. Amsterdam, del 1998, si apre con il funerale di Molly, una
donna morta proprio per una di queste malattie, e si chiude con l'epilogo della sua vita in una
clinica per l'eutanasia della capitale olandese. Secondo McEwan da allora, e soprattutto dagli
anni Sessanta, l'opinione pubblica ha cambiato posizione sulla morte con dignità anche se lo
scrittore è stato categorico: il parlamento britannico non deve legalizzare l'eutanasia in tutti i
casi e senza condizioni ma solo 'per malati che comunque stanno per morire, che
probabilmente moriranno in mezzo a forti dolori e preferirebbero una buona fine, circondati
dalle persone che amano'.
2004 - CRIMINI CONTRO L’UMANITA’
Da: [email protected]
Inviato: giovedì 24 febbraio 2011 1.41.03
Il prof. Fausto Pocar, già presidente del Tribunale penale internazionale per i crimini nella ex
Jugoslavia e membro del Tribunale internazionale per il Ruanda, ha affermato che “La
giurisdizione della Corte internazionale di giustizia dell’Aja su crimini contro l’umanità si
esercita per i crimini commessi in uno Stato che abbia ratificato lo Statuto di Roma” (v. l’Unità
del 23 febbraio).
Poiché papa Ratzinger continua a scagliarsi contro l’uso del profilattico, della pillola del
“giorno dopo”, dei contraccettivi in genere e del diritto a morire con dignità, col risultato di
agevolare la diffusione dell’AIDS, di incrementare la “bomba demografica” che porterà alla
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desertificazione del pianeta Terra, di limitare il diritto universale alla autodeterminazione sul
proprio corpo, e poiché papa Ratzinger risiede appunto a Roma, mi chiedo: è possibile
denunciarlo alla Corte di giustizia dell’Aja per istigazione a crimini contro l’umanità?
Giampietro Sestini
Da Sergio Rovasio - [email protected]
Inviato: giovedì 24 febbraio 2011 9.07.25
Penso di no perché come Capo di Stato estero che non ha ratificato il Tribunale Penale
Internazionale la denuncia sarebbe archiviata.... Condividerei però l'idea di una denuncia
come già feci insieme a Maurizio Turco nel 2007 alla Procura della Repubblica di Roma
perché occorre denunciare pubblicamente dei crimini di cui si rende responsabile... La
denuncia fu poi archiviata... Comunque questa è una notizia su una denuncia presentata
recentemente:
«Papa Ratzinger denunciato alla Corte penale internazionale.
Berlino, 23.02.2011 - Due avvocati tedeschi hanno presentato una denuncia a carico di papa
Ratzinger, per crimini contro l'umanità, presso la Corte penale internazionale dell'Aia. Si tratta
di Christian Sailer e Gert-Joachim Hetzel, avvocati di Marktheidenfeld, una cittadina della
Baviera, la stessa regione della Germania dove è nato il Papa.
La denuncia, di 51 pagine, datata 14 febbraio e indirizzata al procuratore della Corte - Luis
Moreno-Ocampo - elenca tre accuse. Si tratta, secondo i legali, di "tre crimini mondiali che
finora non sono stati denunciati solo perché... la tradizionale riverenza nei confronti della
'autorità ecclesiastica' ha coperto il senso di giusto e sbagliato".
La prima accusa, si legge nel documento, riguarda il "mantenimento e la leadership di un
regime mondiale totalitario di coercizione, che sottomette i propri membri attraverso minacce
terrificanti e pericolose per la salute".
La seconda è "l'adesione a un divieto mortale dell'uso di preservativi, anche quando esiste il
pericolo di infezione dell'Hiv-Aids".
Infine, la terza accusa riguarda "la costituzione e il mantenimento di un sistema mondiale di
copertura di crimini sessuali commessi da preti cattolici e il loro trattamento preferenziale, che
aiuta sempre a nuovi crimini».
Sergio Rovasio
Da: Marco Accorti - [email protected]
Inviato: giovedì 24 febbraio 2011 10.25.48
L'idea è stimolante, ma la valutazione della praticabilità della denuncia va demandata a
giuristi competenti.
ciao
Marco
Da: Vera Pegna - [email protected]
Inviato: giovedì 24 febbraio 2011 11.19.34
L’idea è buona ma va preparata una documentazione abbondante e rigorosa.
Io sto raccogliendo le dichiarazioni denigratorie e insultanti verso i non credenti fatte dagli
ultimi papi (quelle storiche si trovano già sul sito dell’uaar in “Dicono di noi”) per denunciare
papa & co per incitamento all’odio.
Ogni segnalazione è benvenuta. Con amicizia,
Vera Pegna
Da: Maria Laura Cattinari - [email protected]
Inviato: giovedì 24 febbraio 2011 19.31.04
Ben detto inoltro all'UAAR.
Maria Laura
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2005 - LE VIGNETTE DI STAINO – L’EGITTO E L’ITALIA
2006 - LE VIGNETTE DI CRONACHE LAICHE – BASTA COL RELATIVISMO ETICO!
LiberaUscita – associazione nazionale laica e apartitica per il diritto di morire con dignità
Tel: 366.4539907 – Fax: 06.5127174 – email: [email protected] – web: www.liberauscita.
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