basilica di sant`antonio – padova

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basilica di sant`antonio – padova
BASILICA DI SANT’ANTONIO – PADOVA
* La basilica di Sant’Antonio, detta anche semplicemente “Il Santo”, è una delle chiese più belle e
più importanti del mondo ed è un santuario internazionale. Ogni anno vi giungono circa quattro
milioni di pellegrini, attratti dalla devozione per il Santo e dalla bellezza delle opere d’arte.
* L’attuale basilica, iniziata nel 1232 (un anno dopo la morte del Santo), deriva da un progetto
unitario ispirato al nascente stile gotico germanico, con suggestivi riferimenti ad alcuni edifici del
Vicino Oriente. Fu realizzato nel corso di ottant’anni da varie squadre di muratori, ciascuna delle
quali ha lasciato un’impronta dell’arte architettonica in evoluzione. Officiata parzialmente già nel
1263, fu terminata nel 1310. Nei secoli successivi furono aggiunte o trasformate alcune Cappelle
(Santissimo, Santa Chiara, Tesoro) e ricostruita l’antica chiesetta Santa Maria Mater Domini
(officiata da Sant’Antonio) con l’aggiunta dell’attigua Cappella del Beato Luca Belludi.
Architettonicamente, unisce stili diversi: la facciata, con mattoni a vista, è in stile romanicolombardo, le cupole sono in stile bizantino, i campanili richiamano l’arte islamica per la loro forma
a minareto, gli archi sono di stile gotico, mentre la Cappella del Tesoro è barocca. Risente
dell’influsso della basilica di S. Marco in Venezia.
É a forma di croce latina, divisa in tre navate che s’incontrano in un largo transetto. Le navate
laterali continuano nell’ambulacro che gira tutt’intorno al presbiterio e al coro. É lunga 118 m.,
larga 32,50 m., con l’altezza massima all’interno di 38,50 m.; la statua dell’angelo sulla cupola
troncoconica al centro del transetto svetta a 72 m.; il perimetro si svolge per 306 metri. Vi sono otto
cupole; due campanili gemelli, alti 68 m.; due torricini a forma di minareto; tre grandi rosoni: uno
nella facciata tra due bifore, gli altri due a fianco dell’Altare Maggiore.
* Sul piazzale sorge il monumento equestre al condottiero di ventura Erasmo da Narni, detto
Gattamelata (1370-1443), che fu per prima al servizio di Firenze, poi del Papa e successivamente
della Repubblica di Venezia. Si tratta della prima grande statua in bronzo (3,40 x 3,90 m., con lo
zoccolo di base di 7,80 x 4,10 m.) fusa in Italia dopo quelle dell’Impero romano e una delle prime
dell’era moderna. Fu realizzata da Donatello. Inizialmente doveva essere collocato sulla tomba di
questo condottiero, ma poi restò sul sagrato della basilica, mentre il corpo del Gattamelata venne
sepolto dentro la basilica.
* La facciata della basilica, in stile romanico-lombardo, larga 37 m. e alta 28 m., è formata da 5
arcate, ornate da una loggetta; più in alto, su una ringhiera scoperta si eleva il frontone merlettato.
Le porte in bronzo sono di Camillo Boito (1895). Sopra la porta centrale nella lunetta vi è un
affresco con il monogramma di Cristo sorretto da Sant’Antonio e da S. Bernardino. È una copia
recente dell’originale di A. Mantegna (1452) conservato nel Museo Antoniano. Sopra la lunetta vi è
la statua del Santo, copia della statua trecentesca del francese Rinaldino di Guascogna conservata
nel suddetto museo.
Nell’interno della basilica, accanto a tante pitture e sculture di artisti di primo piano, colpiscono i
diversi numerosi monumenti funebri che risalgono soprattutto ai secoli XV-XVII, tra i quali quello
al cardinale Pietro Bembo, il cui progetto è del Palladio (1549). Sulla controfacciata vi è il grande
affresco di P. Annigoni (1985): Sant’Antonio predica dal noce.
Sull’altare del primo pilastro di sinistra: l’affresco della Madonna con il Bambino di Stefano da
Ferrara (1350). Sull’altare cinquecentesco del primo pilastro di destra: la pala della Madonna tra i
Santi Pietro e Paolo, Bernardino e Antonio, attribuita a Palma il Vecchio, che è una tra le sessanta
immagini della Vergine presenti in basilica.
Sopra il primo altare della navata di sinistra P. Annigoni ha raffigurato nel 1981 S. Massimiliano
Kolbe, Francescano Conventuale polacco morto ad Auschwitz nel 1941. Il secondo altare è dedicato
all’Addolorata.
Cappella del Santo o dell’Arca. É una tra le più belle opere del Rinascimento. Il progetto
architettonico è attribuito a G.M. Faconetto (1468-1535).
Le pareti sono adornate da nove bassorilievi, con scene della vita e miracoli di Sant’Antonio. Da
sinistra: 1) la vestizione del Santo (A. Minello, 1512);
2) il marito geloso pugnala la moglie (G. Rubino e S. Cosini, 1524-1536);
3) il giovane resuscitato attesta l’innocenza dei genitori del Santo (G. Campagna, 1577)
4) risurrezione di una ragazza annegata (J. Sansovino, 1563);
5) la risurrezione del nipote (J. Sansovino, 1534);
6) il cuore dell’avaro nello scrigno (T. Lombardo, 1525);
7) il piede reciso e riattaccato (T. Lombardo, 1525);
8) il bicchiere rimasto intatto (G. Mosca e P. Stella, 1520-1529);
9) un neonato difende l’onestà della madre (A. Lombardo, 1505).
Al centro sorge la tomba (Arca) di Sant’Antonio, circondata dal singolare altare, opera di T. Aspetti
(1594) con ai lati due stupendi candelabri d’argento su basi marmoree (sec. XVII).
I pellegrini in gesto di devozione appoggiano la mano sulla lastra marmorea del retro della tomba
del Santo.
Cappella della Madonna, detta “Madonna Mora” dai Padovani forse per i suoi capelli neri, ma tale
titolo esprime soprattutto il loro rapporto di confidente familiarità. Occupa l’area dell’antica chiesa
di Santa Maria, dove il Santo celebrava la Messa, confessava, predicava, e dove fu sepolto dal 1231
al 1263. La statua della Vergine in pietra policromata è di Rinaldino di Francia (1396). I vari
affreschi risalgano ai secoli XIII e XIV.
* Cappella del Beato Luca Belludi (originariamente dedicata a S. Filippo e a S. Giacomo il
Minore, detta pure dei Conti). É stata aggiunta al complesso basilicale nella seconda metà del
trecento. Sotto l’altare, nell’urna che custodì il corpo di Sant’Antonio dal 1231 al 1263 sono
conservate le spoglie mortali del Beato Luca Belludi, discepolo e compagno di Sant’Antonio, morto
nel 1286. Si dice che fosse un uomo colto (per questo, invocato dagli studenti padovani sotto
esami), di nobile famiglia padovana, e che abbia iniziato i lavori della basilica antoniana.
Stupendo è il ciclo dei 68 affreschi realizzato intorno al 1382 dal fiorentino Giusto de’ Menabuoi,
che decorò pure il Battistero del Duomo di Padova. Al centro: la Vergine tra Santi francescani,
l’annunciazione; ai fianchi dell’altare i due episodi del Beato Luca: folla di devoti e malati che
pregano sulla sua tomba (a destra) e la visione del beato al quale Sant’Antonio rivela la liberazione
di Padova.
Negli altri scomparti: alcuni episodi che sono attribuiti agli apostoli Filippo e Giacomo il Minore
(cugino di Gesù, forse l’autore della lettera del Nuovo Testamento che porta il suo nome) dalla
Leggenda Aurea (una raccolta di vite di santi in latino di Jacopo da Varazze, vescovo di Genova,
morto nel 1298). A sinistra: Filippo discute in Asia con gli eretici, la lotta con il drago, la
resurrezione dei morti, la sua crocifissione. A destra e controfacciata: Giacomo che riceve la
comunione da Gesù Risorto, la sua predicazione a Gerusalemme, la liberazione di un mercante
ingiustamente imprigionato, il soccorso a un pellegrino smarritosi (questi ultimi due fatti sono
attribuiti a Giacomo il Maggiore, fratello di S. Giovanni), il martirio subito con le bastonate. Ai lati
dell’entrata: Giovanni Battista e l’apostolo Giovanni. Nei due archi: i ritratti degli antenati di Gesù
secondo la genealogia di S. Matteo (Mt 1-17).
* Le nove Cappelle radiali, così dette perché disposte a forma di raggera intorno all’abside. Sono
dette pure “Cappelle nazionali”, perché anticamente erano officiate, curate dai devoti delle varie
nazioni. Ad eccezione di quella centrale, sono state decorate tra la fine del sec. XIX e gli inizi del
sec. XX.
1) Cappella di S. Giuseppe, affrescata da E. Paoletti (1896).
2) Cappella di S. Francesco o Cappella italiana. Gli affreschi della volta e delle lunette sono di
Adolfo de Karolis (1928), che ha raffigurato l’ubbidienza, la castità e la povertà, vari episodi della
vita di S. Francesco e diversi beati francescani. I dipinti delle pareti e dell’arco d’ingresso sono di
Ubaldo Oppi (1939); nella zona superiore: il matrimonio di Francesco con Madonna povertà, il
presepe di Greccio, predica agli uccelli, la fondazione dell’Ordine Francescano, papa Onorio III
approva la Regola; nella zona inferiore: il Capitolo delle stuoie, l’apparizione di S. Francesco a
Sant’Antonio, S. Francesco fonda il convento dell’Arcella (Padova), fondazione delle Clarisse,
fondazione del Terz’Ordine francescano.
3) Cappella di S. Leopoldo o austro-ungarica, ove Gherardo Fugel ha dipinto (1905) i santi più
venerati da questi popoli, tra i quali Leopoldo, Adalberto, Giovani Nepomuceno ed Elisabetta
d’Ungheria.
4) Cappella di S. Stanislao o polacca, affrescata da Taddeo Popiel da Leopoli (1899).
5) Cappella delle Reliquie o del Tesoro. Fu eretta verso la fine del sec. XVII in stile barocco su
progetto dell’architetto e scultore Filippo Parodi, discepolo del Bernini, al quale si devono pure il
gruppo marmoreo che rappresenta il Santo in gloria circondato da vari angeli festanti (sulle tre
nicchie), gli angeli portacero (in basso) e le sculture della balaustra (da sinistra: S. Francesco, la
Fede, la Penitenza, l’Umiltà, la Carità, S. Bonaventura). Nella nicchia di sinistra il prezioso
reliquiario di R. Cremesini (1982) racchiude un osso sesamoide, un frammento di cute e alcuni
capelli del Santo. Nella nicchia centrale, nel reliquiario di Giuliano da Firenze (1436), discepolo del
Ghiberti, è conservata la Lingua incorrotta del Santo; più sopra, il reliquiario a forma di busto con
aureola e cristallo al posto del volto (1349) custodisce il Mento del Santo (più esattamente la
mandibola); in basso, il reliquiario a forma di libro aperto di C. Balljana (1981) con l’osso ioide del
Santo. Dopo l’ultima ricognizione dei resti mortali del Santo (1981) vi sono stati collocati la cassa
usata per il funerale del Santo, con all’interno quella più piccola usata da S. Bonaventura per riporre
i resti durante la prima ricognizione. Alle pareti i drappi che ne rivestirono la prima bara e, in una
povera teca, il tessuto rosso che avvolse le venerate reliquie per cinque secoli. Al centro una vetrina
con la tonaca indossata dal Santo l’ultimo giorno e con la quale fu sepolto.
6) Cappella di S. Stefano con gli affreschi di Ludovico Seitz (1907-1908), tra i quali il martirio di
S. Stefano protomartire e la conversione di S. Paolo.
7) Cappella di S. Bonifacio o germanica, con i santi tedeschi dipinti da Martino Feuerstein (1907).
8) Cappella di S. Rosa da Lima o americana: affreschi di Biagio Biagetti (1913-1914).
9) Cappella delle Benedizioni (già di S. Caterina d’Alessandria, martire e patrona dei filosofi). G.
Cherubini (1924-1925) ha narrato 4 episodi della vita di S. Caterina e Sant’Angela Merici; mentre
di P. Annigoni sono: la predica ai pesci (1981),
l’incontro con Ezzelino (1982), il Crocifisso (1983). Nel sottoarco d’entrata vi sono affreschi di
scuola giottesca.
* Cappella di S. Giacomo o di S. Felice, di fronte all’Arca del Santo. I lavori furono eseguiti tra il
1372 e il 1377 dall’architetto e scultore veneziano Andriolo de’ Santi (cui si devono le statue dei
santi Michele, Pietro, Giacomo, Paolo, Giovanni Battista) e dal figlio Giovanni.
Gli autori del ciclo pittorico, realizzato tra il 1374 e il 1378, sono il veronese Altichiero da Zevio e
il bolognese Jacopo Avanzi, suo collaboratore. Sulla parete di fondo al centro del trittico domina la
Crocifissione, alla cui sinistra stanno le pie donne con Maria e, a destra, i soldati romani che
sorteggiano la tunica di Gesù. Sulle vele esterne della Crocifissione: l’Annunciazione.
A destra della cappella: la tomba del committente della cappella, Bonifacio Lupi; a sinistra, quella
di Guglielmo Rossi, sormontate rispettivamente dagli affreschi di Gesù Risorto e da Gesù morto fra
la Madre e S. Giovanni.
Gli altri affreschi riproducono episodi leggendari della vita dell’apostolo S. Giacomo il Maggiore,
patrono della Spagna. Sopra partendo da sinistra: 1) disputa tra S. Giacomo e il mago Ermogene;
2) battesimo del mago, portato in volo dai demoni (Avanzi); 3) martirio di S. Giacomo (Avanzi); 4)
gli angeli trasportano il suo corpo nel castello della regina Lupa (Avanzi); 5) l’arresto dei discepoli
dell’apostolo (Altichiero); 6) liberazione e inseguimento dei discepoli (Avanzi); 7) i discepoli
uccidono un drago e ammansiscono i tori infuriati (Altichiero); 8) battesimo di Lupa e
consacrazione del santuario di Campostella (Altichiero).
Gli affreschi di sotto della parete di sinistra sono di Altichiero: il re Ramiro I, re delle Asturie,
sogna S. Giacomo che lo incita a combattere i musulmani; la battaglia di Clavigo contro i
musulmani (884), vinta per l’intervento del Santo che abbatté le mura della città nemica. Al di sotto
la parete destra: la Madonna con il Bambino con S. Giacomo e S. Caterina martire che le
presentano rispettivamente Bonifacio Lupi e la moglie Caterina. Qua e là: angeli e vari santi.
* Cappella di S. Chiara (già del S. Cuore). Vi si possono ammirare tre tele di S. Chiara di A. di
Lino Dinetto (1995).
* Cappella del Santissimo. Fu edificata in stile gotico (1458) per accogliere le tombe di Erasmo
da Narni detto Gattamelata (a sinistra) e del figlio Giannantonio (a destra), le cui sculture sono di
Gregorio d’Allegretto (1458), discepolo di Donatello. Il grande mosaico absidale, l’altare
dell’Eucaristia, le quattordici statue in bronzo e tutte le altre decorazioni sono di Lodovico
Pogliaghi, realizzate tra il 1926 e il 1936.
Presbiterio e Altare Maggiore. Sulla balaustra di marmo rosso si possono ammirare le quattro
statue bronzee (da sinistra: la Temperanza, la Fede, la Carità e la Speranza), che Tiziano Aspetti
fuse (1593-1594) per adornare la Cappella dell’Arca, ma quando si accorse che lo spazio era troppo
stretto decise di collocarle ove sono attualmente.
L’Altare fu ideato ed eseguito tra il 1443 e il 1450 da Donatello, autore anche delle sculture in
bronzo dorato che adornano l’altare, realizzate tra il 1446 e 1454. Nel 1591 i bronzi furono smontati
e smembrati. L’attuale sistemazione dell’Altare si deve a Camillo Boito che, nel 1895, vi collocò le
30 sculture del Donatello presenti in basilica. La composizione è di tipo piramidale con al vertice il
Crocifisso (1446) e poi a seguire un livello di statue: (al centro) la Madonna con il Bambino; (a
destra) i santi Antonio, Daniele, giovane diacono di Padova, e Prosdocimo, primo vescovo di
Padova; (a sinistra) Francesco, Giustina (giovane martire padovana, cui è dedicata la grande basilica
della vicina piazza Prato della Valle), Lodovico d’Angiò (vescovo di Tolosa). In basso all’altare
sono stati collocati i 12 angioletti, che suonano e cantano con al centro il Cristo e i simboli degli
evangelisti: Matteo (un angelo), Giovanni (un’aquila), Marco (un leone) e Luca (un bue).
Sulla porta del Tabernacolo vi è un bassorilievo con “Cristo passo” (sofferente) di ignoto autore del
1400. Ai lati del Tabernacolo: le due formelle di Donatello raffigurano due miracoli del Santo (a
destra: il cuore dell’avaro nello scrigno e, a sinistra, quello del piede reciso e riattaccato). Nel retro
dell’altare in alto, altri due miracoli illustrati ancora da Donatello: la mula s’inginocchia davanti
l’Eucaristia
e il neonato difende l’onestà della madre.
Dietro l’altare, al centro in basso, c’è la Deposizione di Gesù nel sepolcro in pietra friabile di Nanto
(Vicenza), opera del Donatello. In primo piano: quattro discepoli depongono nella tomba il Corpo e,
sullo sfondo, assistono alla scena Maria Maddalena con altre tre pie donne.
A sinistra dell’altare: il candelabro in bronzo per il cero pasquale di Andrea Briosco detto il Riccio
(1515), che è il più grande (3,92 m. più 1,44 m. di base marmorea) e il più bello del mondo.
Nelle pareti del presbiterio sono incassate dodici formelle di bronzo con episodi dell’Antico
Testamento.
Sotto un arco della cantoria, a sinistra, vi è l’affresco di Sant’Antonio benedicente, di scuola
giottesca (1326); una scritta sottostante si legge: “Vera effigie del Santo”.
Nel passaggio tra la basilica e il chiostro della magnolia si trova l’affresco di Gesù che incorona la
Madre di A. Mantegna.
Dall'atrio della sacrestia si esce dall'unica porta che guarda verso l'esterno e si sbocca nel Chiostro
del noviziato, così chiamato perché su di esso prospettano, in particolare, le stanze dei novizi.
Questi sono giovani candidati alla vita religiosa che, presso la Comunità del Santo, vivono un anno
particolarmente intenso di vita religiosa, animando con la loro presenza sia la vita della comunità
che le celebrazioni liturgiche in basilica.
Il Chiostro del noviziato, realizzato nella seconda metà del Quattrocento in stile gotico, ha
proporzioni piuttosto ampie e slanciate; l'ariosità delle arcate, a cui fa da contrappunto il verde del
prato, e l'atmosfera di silenzio e di pace che vi si respira, suscitano un'emozione indimenticabile. Ad
essa si aggiunge, nell’angolo a sud-est, un ammaliante scorcio della basilica, che incanta ogni
visitatore.
Chiostro della Magnolia (o Chiostro del Capitolo)
Dalla porta sud della Basilica (o dal Chiostro del noviziato) si può
accedere al Chiostro della Magnolia, così chiamato per la superba
"Magnolia grandiflora" che s'innalza al centro, piantata nel 1810. Il
chiostro, nel suo aspetto attuale, risale al 1433.Qui, come negli altri
chiostri, si susseguono tombe, monumenti, lastre ed epigrafi, che
sarebbe troppo lungo descrivere in dettaglio.