Tossicologia industrialenovità!
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Tossicologia industrialenovità!
ELEMENTI DI TOSSICOLOGIA INDUSTRIALE DALLE LEZIONI DEL PROF. NICOLA L’ABBATE 1 TOSSICOLOGIA INDUSTRIALE La tossicologia si interessa della natura e dei meccanismi delle lesioni tossiche oltre che dello spettro delle alterazioni quantitative biologiche prodotte dall’esposizione a sostanze chimiche. Il concetto di dose di Paracelso (XVI sec.):“Qualsiasi sostanza è velenosa e nessuna è priva di capacità venefica; è la dose che fa la sostanza non velenosa”. Tossicità: Capacità inerente ad una sostanza di produrre un effetto deleterio sull’organismo. Rischio: Probabilità con la quale una determinata sostanza, usata in certe condizioni, provoca un effetto tossico. E’ importante conoscere non solo la tossicità intrinseca di una sostanza ma anche le sue condizioni di utilizzazione. LA TOSSICOLOGIA INDUSTRIALE è quell’aspetto della tossicologia che studia più particolarmente le sostanze chimiche utilizzate nell’industria. Si tratta quindi di: identificare, analizzare, conoscere i meccanismi di azione, il metabolismo, le interazioni delle sostanze chimiche industriali, della diagnostica delle intossicazioni, il trattamento e la prevenzione degli effetti tossici che esse producono. In ultima analisi prevenire lo sviluppo di lesioni tossiche attraverso: 1) Determinazione dei limiti tollerabili di esposizione, 2) Sorveglianza dei soggetti esposti e il rilevamento precoce di una esposizione eccessiva ma non ancora lesiva tale da non provocare lesioni di tipo irreversibili. Valutazione quantitativa della tossicità: E’ basata sul fondamento paracelsiano che esista una relazione tra entità della dose assunta ed entità degli effetti Curva DOSE/EFFETTO: relazione individuale tra dose ed entità dell’effetto che cresca al crescere della dose. Curva DOSE/RISPOSTA: rapporto tra dose e proporzione di individui in una popolazione che rispondono a detta dose I Fondamenti della Risposta Tossicologica: 1. Proporzionalità alla dose dell’effetto o della risposta 2. Sostanze diverse mostrano diversa entità della risposta 3. Sostanze diverse mostrano diversa natura della risposta Tossicocinetica e Tossicodinamica 2 TOSSICOCINETICA Complesso dei passaggi e delle biotrasformazioni alle quali un composto va incontro dal suo ingresso alla sua eliminazione dall’organismo. ASSORBIMENTO: Conditio sine qua non per l’assorbimento è il passaggio del tossico attraverso le membrane biologiche (cute = più strati di cellule; epitelio alveolare e intestino = unico strato di cellule) PASSAGGIO ATTRAVERSO LE MEMBRANE: A) TRASPORTO PASSIVO 1) Semplice diffusione (gradiente di concentrazione), la velocità di passaggio è correlata direttamente al gradiente di concentrazione dello xenobiotico tra i compartimenti separati e alla sua liposolubilità. Sottostà alla legge di Flick = Velocità di diffusione = KA (C1 - C2)/ d, dove K = costante di diffusione A = superficie della membrana C1 - C2 = gradiente di concentrazione delle due parti della membrana d = spessore della membrana. 2) Filtrazione (pressione idrostatica o osmotica) B) TRASPORTO SELETTIVO O ATTIVO (CARRIERS). Questo meccanismo si basa sulla formazione di un complesso tra la sostanza da trasportare e una macromolecola con funzione di trasporto o “carrer” quest’ultimo ha una capacità limitata. c) Endocitosi cellulare in cui le cellule possono essere fagocitate direttamente dalla cellula. Se solide fagocitosi, se liquide pinocitosi. TRATTO RESPIRATORIO Luoghi di assorbimento respiratori sono gli alveoli attraverso cui passano i gas come l’anidride carbonica, gli ossidi d’azoto, il biossido dello zolfo, vapori come il benzene o il tetracloruro di carbonio. La velocità di assorbimento dipende dalla solubilità di un gas nel sangue cioè dal rapporto tra concentrazione del gas disciolto in un fluido (sangue) e la sua concentrazione nella fase gassosa. Le particelle di interesse sono quelle comprese fra 0,1 e 10 micron. Condizionano questo comparto: * Ventilazione polmonare determinata dal metabolismo basale e dallo sforzo muscolare. * Diffusione membrana alveolare determinata dalle dimensioni delle molecole e dalla differenza di concentrazione fra i due versanti della membrana alveolare. * Solubilità nel sangue ovvero di quella concentrazione di gas nel sangue e nell’aria a 37C°. * Circolazione ematica determinata dal flusso ematico totale al minuto * Diffusione membrana tessutale e solubilità nei tessuti. TRATTO CUTANEO; Condizionano questo comparto: * Epidermide 3 * Ghiandole sudoripare * Follicoli piliferi Sono barriere lipidiche, più sviluppato sarà lo strato corneo, più difficile sarà l’attraversamento cutaneo. La prima fase di assorbimento percutaneo è quella della diffusione della sostanza attraverso l’epidermide, la seconda fase avviene attraverso il derma. TRATTO GASTROENTERICO * Le sostanze attraversano i pori dello strato lipidico delle membrane quindi le sostanze liposolubili non ionizzate passano facilmente * Stomaco: a pH alcalino i composti basici diventano non ionizzati e quindi assorbibili a pH acido invece avviene il contrario. * Intestino: più alto è il grado di ionizzazione, più lento sarà l’assorbimento. * Il grado di ionizzazione dipende dal pH e dal proprio pKa (1/log costante di dissociazione) = indica l’entità con cui una sostanza è capace di ionizzarsi ad un dato pH. * Correlazione tra pH e pKa = equazione di Handesson Hasselbach *Assorbimento intestinale è molto ampio circa 20 Mq DISTRIBUZIONE a) Legame con le proteine plasmatiche (albumina) reversibile. b) Legame con proteine: reversibile (legame non covalente ), irreversibile (legame covalente); la sostanza legata alla proteina è in equilibrio con quella libera. Ai fini della tossicità è importante la frazione libera. c) Barriere ematoencefalica , placentare, altre(occhi). d) Luoghi di deposito: Fegato e rene per la loro elevata capacità di legame per le sostanze chimiche esterne. Il tessuto adiposo luogo di deposito per le sostanze liposolubili come il DDT, il dieldrin, i bifenili, i policlorurati. L’osso che è luogo di deposito per i floruri, il piombo e lo stronzio. BIOTRASFORMAZIONE a) Risultati sono: attivare, inattivare o modificare la sostanza tossica. b) Effetto è quello di convertire un composto lipofilo in idrofilo. c) Finalità è quella di trasformare la sostanza per poterla eliminare attraverso le varie vie di escrezione specie quella urinaria. Queste reazioni avvengono in una sola tappa o in una catena di eventi reattivi. Attraverso queste reazioni si determinano le formazioni di altri numerosi composti metabolici intermedi o finali che hanno una loro intrinseca attività che può essere diversa rispetto al composto di partenza e maggiore, minore o simile, riguardo la tossicità d) Luogo di biotrasformazione: sono differenti tra i vari organi: Il principale organo di biotrasformazione è il fegato e tra i componenti della cellula epatica maggiore importanza riveste il reticolo endoplasmatico liscio (senza ribosomi) dove esistono enzimi microsomiali. Altri organi sono il polmone, lo stomaco, l’intestino, la cute e il rene. Biotrasformazioni particolari: • Processo di Induzione enzimatica Certi agenti chimici possono stimolare la produzione di enzimi microsomiali (fenobarbitale, DDT, clorciclizina, esaclorobenzene) • Processi di Inibizione enzimatica L’inibizione può essere: 4 competitiva se può essere rimossa dall’aggiunta di substrato non competitiva se non è possibile rimuovere con l’aggiunta del substrato. reversibile se l’enzima può essere rigenerato o irreversibile se al contrario si formano legami forti di tipo covalente che non permettono più l’autonomia del sito di azione dell’enzima(piombo, organofosforici, arsenico trivalente). TIPI DI REAZIONI BIOCHIMICHE Reazioni di I fase. Gruppi funzionali: idrossilici, carbossilici, aminici, sulfidrilici Finalità: attivazione, modificazione, nuova attività. Gruppi enzimatici deputati: catena ossido riduttiva basata sul citocromo P - 450 e sulla NADPH citocromo P-450 reduttasi. Tipi: Ossidazioni, riduzioni, idrolisi, altri. Reazione di II fase. Gruppi funzionali: composti idrosolubili e di apprezzabili dimensioni. Finalità: inattivare, preparare e condizionare per l’escrezione Gruppi enzimatici: l’UDP glucuronil transferasi, le sulfotransferasi, le metiltransferasi. Tipi: Coniugazione e altri. ESEMPI.: Composto metabolita Glicol dietilico acido ossalico metanolo formaldeide fluoroacetato fluorocitrato parathion paraoxon aldrin dieldrin nitrobenzene nitrosobenzene arsenico pentavalente arsenico trivalente benzene benzene epossido Bioattivazione: alcuni composti chimicamente stabili possono essere trasformati in metaboliti reattivi che si possono legare alle macromolecole tessutali danneggiandole. a) Formazione degli epossidi del sistema delle ossidasi microsomiali a funzione mista. I metaboliti epossidici costituiscono probabilmente i cancerogeni ultimi di composti come l’aflatossina B1 e gli idrocarburi policiclici. b) N- idrossilazione può causare il cancro o la necrosi tessutale mediante la formazione di legami covalenti , mentre altri possono indurre emolisi e matemoglobinemia. ESCREZIONE a) renale è quella più importante ed avviene attraverso. la filtrazione glomerulare passiva la diffusione passiva tubulare distale il trasporto tubulare attivo prossimale b) respiratorio per quanto riguarda sostanze gassose e volatili penetrate soprattutto dalla stessa via. Liquidi molto liposolubili come il cloroformio e l’alotano possono essere lentamente eliminati. L’eliminazione avviene per diffusione semplice. c) biliare e fecale (per es. Piombo e DDT) 5 d) barriera gastrointestinale e) sudore (es. mercurio)f) saliva, latte e mezzi biologici. I composti lipofili come il DDT e il Policloruri bifenili possono concentrarsi nel latte, a causa del loro alto contenuto di lipidi. TOSSICODINAMICA Complesso degli effetti tossici che un composto chimico è in grado di esercitare su un organismo. La pericolosità di un composto è funzione di: • Attività biologica nei confronti dell’organo bersaglio • Capacità di penetrazione delle barriere dell’organismo. TOSSICITÀ SOMATICA Interferisce con la struttura anatomica e con la funzionalità di organi e apparati. Sono dose dipendente (non stocastica). TOSSICITÀ GENOMICA Interferisce col corredo genico: • Mutagenesi • Teratogenesi • Cancerogenesi. Per definizione non sono dose - dipendenti (stocastiche). TIPO DI AZIONE TOSSICA Sito: * Effetto locale ovvero nel primo punto di contatto; pelle, occhi, tratto respiratorio, apparato digerente * Effetti sistemici causati da una sostanza solo dopo che è stata assorbita e distribuita nell’organismo. Organi bersaglio = I tessuti e gli organi a carico dei quali si realizzano determinate azioni tossiche Organi critici = dove la sostanza raggiunge la concentrazione critica intendendosi cioè che in essi la sostanza raggiunge una concentrazione tale da poter scatenare l’effetto lesivo. FATTORI RESPONSABILI DI AZIONE ELETTIVA SU PARTICOLARI ORGANI BERSAGLIO: 1. Grado di perfusione dell’organo 2. Composizione chimica dell’organo es. il suo tenore in lipidi 3. Localizzazione dell’organo lungo la via di trasporto del tossico. I polmoni se viene inalato, il fegato se viene ingerito.+ 6 FATTORI CHE DETERMINANO LA RISPOSTA PECULIARE DELL’ORGANISMO AD UN COMPOSTO TOSSICO: 1. 2. 3. 4. Quantità del tossico che si fissa ai siti di azione (concentrazione e affinità per gli stessi) Attività intrinseca del tossico (natura dell’interazione tossico - sito d‘azione) Velocità con la quale si realizza il legame ai recettori Durata del legame FATTORI CHE INFLUENZANO IL NUMERO DELLE MOLECOLE LEGATE ATTIVAMENTE AI SITI VITALI: 1. Proprietà chimico - fisiche della sostanza • • • • • • • • • Polarità delle molecole, grado di ionizzazione solubilità nei grassi volatilità tensione di vapore reattività chimica (affinità chimica) stabilità a pH fisiologico coefficiente di ripartizione lipidi / acqua forma della sostanza e dimensione delle particelle 2. Modalità di interazione o fattori sperimentali: • • • • • Concentrazione ambientale durata dell’esposizione vie di penetrazione (respiratoria, cutanea, digerente) velocità di penetrazione (proprietà chimico fisiche, fattori anatomici variabili fisiologiche sforzi) variabili patologiche (stenosi nasale) 3. Fattori biologici: • età, sesso, specie, peso, differenza genetica, precedenti alterazioni dello stato di salute, condizioni metaboliche, stato di nutrizione e di idratazione, tossicocinetica (assorbimento, distribuzione, biotraformazione, escrezione). 4. Fattori ambientali Temperatura, umidità, momento della giornata, somministrazione contemporanea di altri composti chimici con interferenza di ordine: a) fisico - chimico: polveri inerti + SO2 = maggior tempo polveri inerti + idrocarburi policiclici aromatici = irritazione vie aeree polveri inerti + aldeide acetica = maggior effetto irritante. b) biologico a livello recettori: per lo stesso sito Competizione (aldrin + parathion) Sinergismo (carbaryl + organofosforici) 7 Indipendenza per diverso sito azione cumulativa (TOTC + parathion) c) biologico mediante meccanismi di inibizione e induzione enzimatica. Caratteristiche biochimiche dell’organo colpito per esempio numero delle mitosi, capacità dello stesso di metabolizzare la sostanza chimica o bisogni metabolici particolari dello stesso organo. DURATA: * Reversibile quando scompare al cessare dell’esposizione * Irreversibile quando permane o si accentua al termine di questa (neoplasie, lesioni neuronali, mutazioni, ecc.) LATENZA: • Intossicazione acuta = esposizione di breve durata, rapido assorbimento dose unica e ripetuta nell’arco delle 24 ore. I sintomi si manifestano rapidamente. La morte o la guarigione avvengono in poco tempo • Intossicazione sub acuta = necessarie esposizioni frequenti o ripetute entro un periodo di parecchi giorni o settimane prima che si manifestino i sintomi dell’intossicazione. • Intossicazioni croniche = esposizioni ripetute in un lungo periodo di tempo. I sintomi si manifestano o perché il veleno si accumula nell’organismo, (es. metalli pesanti come il Pb) o perché la concentrazione aumenta progressivamente o perché gli effetti si sommano (es. intossicazioni croniche da solfuro di carbonio). CLASSIFICAZIONE DEGLI EFFETTI TOSSICI E DELLE MODIFICAZIONI • Morfologici, quando è in grado di determinare modificazioni macro e microscopiche. Gran parte di queste (necrosi e neoplasie) sono gravi e irreversibili. • Funzionali tali da modificare la funzione degli organi bersaglio. Essi sono in genere reversibili. Alcuni di questi costituiscono indicatori più sensibili di una alterata funzionalità d’organo, utili quindi per valutare l’evoluzione degli effetti tossici sugli organi bersaglio dell’uomo e negli animali. • Biochimici riferendoci a quegli effetti apparentemente non correlati a modificazioni morfologiche. Un esempio è l’aumento delle transaminasi sieriche che oltre ad essere associati a danni a livello epatico possono rappresentare anche danni a livello cardiaco o dei tessuti muscolari. MECCANISMO DI AZIONE Il primo passo del meccanismo di azione di una sostanza tossica è il legame con un sito recettoriale (una proteina di trasporto, una membrana, un enzima). Qualunque sia la natura del sito recettoriale, la sua occupazione da parte di una molecola attiva, inizia un effetto. Altre sostanze riconoscono meccanismi d’azione meno specifici di tipo non recettoriale (alterazione della fluidità delle membrane, modificazioni grossolane della struttura degli acidi nucleici, tossicità dei radicali liberi). Principali meccanismi attraverso cui i tossici esplicano la loro azione sono i seguenti: 1. Interferenza con il trasporto di ossigeno : azione sull’emoglobina 8 L’ossido di carbonio + Hb trasforma l’emoglobina in carbossiemoglobina Nitrati, composti aminici, idrocarburi aromatici, derivati dei nitrati e degli idrocarburi alifatici, sostanze inorganiche come nitriti, clorati, nitrati, idrogeno arsenicale ecc. + Fe dell’eme nell’emoglobina. Ossidazione da Fe++ a Fe+++ (forma ferrica) che determina metaemoglobina, incapace di legare ossigeno. 2. Interferenza con l’utilizzazione di ossigeno e la produzione di energia Sostanze come l’aminobarbital, il rotenone (un insetticida), lo ione cianuro (CN-) + catene enzimatiche responsabili del trasferimento di elettroni all’ossigeno e della fosforilazione ossidativa (sintesi dell’ATP) a livello delle creste mitocondriali. Blocco e inattivazione degli enzimi. 3. Azione sugli enzimi • Inibizione : l’acetilcolinesterasi + pesticidi (Paraoxon), legame irreversibile; il piombo sugli enzimi necessari alla sintesi dell’eme negli eritroblasti del midollo osseo. Il legame al gruppo SH con alterazione strutturale dell’enzima provoca la sua inattivazione. Il berilio spiazza il magnesio dalla fosfatasi alcalina inibendolo. l’arsenico trivalente lega il gruppo SH bloccando enzimi contenenti gruppi tiolici. • Stimolazione: molti farmaci, tossici e prodotti naturali sono in grado di stimolare la sintesi di enzimi microsomiali per la biotrasformazione di numerose sostanze. Tra questi il TCDD (tetraclorodibenzodiossina), gli ormoni steroidei e sostanze come i barbiturici. 4. Meccanismi d’azione dei radicali liberi Un radicale libero è una specie chimica che possiede un elettrone non appaiato su un orbitale esterno; questa caratteristica conferisce una grande reattività chimica. CARATTERISTICHE DEL RADICALE LIBERO: • E’ un composto elettrofilo caratterizzato dalla presenza nella molecola di gruppi epossidici ed anelli aromatici epossidici. • I R.L. sono caratterizzati da specie chimiche con atomi ad assetto elettronico incompleto o instabile • I RL Sono specie reattive dell’ossigeno costituite da ioni e radicali elettronicamente instabili generatisi per decomposizione o come sottoprodotto di reazioni. • Meccanismi principali di lesione sono dati dal legame covalente operato da particolari sostanze elettrofile capaci di legarsi a componenti cellulari quali proteine o acidi nucleici (benzene, bromo, cloruro di vinile); e dallo stress ossidativo generato dalla interazione fra varie sostanze chimiche come i radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno (es. i fosfolipidi di membrana acidi grassi insaturi bersagli elettivi dei radicali liberi) e i gruppi tiolici, gli acidi ribonucleici e desossiribonucleici. • Lipoperossidazione delle membrane per degradazione ossidativa degli acidi grassi insaturi della membrana ad opera dei radicali liberi. Si ha l’alterazione della membrana con morte cellulare. • Il tetracloruro di carbonio genera due radicali liberi (CCl.3 e Cl.); è un tossico epatico. • Ozono, biossido di azoto e Paraquat riducono l’ossigeno generando anioni superossido. 5. Azione sul sistema immunitario 9 • Immunodepressione: bifenili, policlorati o polibromati, asbesto, derivati organici dell’etano. • immunostimolazione • reazioni anomale (allergie) Reazioni allergiche: Sono il risultato di una precedente sensibilizzazione allo stesso agente: La sostanza chimica agisce come aptene che combinandosi con una proteina endogena porta alla formazione di un antigene verso cui a sua volta il sistema immunitario provoca la produzione di un anticorpo. Una successiva esposizione determinerà un’interazione antigene anticorpo con comparsa delle tipiche manifestazioni allergiche. E’ pertanto necessaria una precedente esposizione. Reazione idiosincrasica Essa è una anormale reattività, su base genetica determinata da una sostanza chimica che agisce su un substrato dove risulta carente l’attività di alcuni enzimi determinata geneticamente. Classici esempi sono la grave anemia emolitica determinata dalla somministrazione di primachina in individui che hanno deficit congenito di glucosio 6 fosfato deidrogenasi G6PD, o la sensibilità di individui che hanno deficit di NADH - metaemoglobina reduttasi ai nitriti e che quindi determinano metaemoglobinemia. CANCEROGENESI La valutazione del rischio per la salute rappresentato da questi composti costituisce una materia complessa poichè: • gli effetti di alcuni cancerogeni sono irreversibili • le diverse categorie di cancerogeni agiscono con differenti meccanismi d’azione. MECCANISMO D’AZIONE DELLA CANCEROGENESI La cancerogenesi chimica è un processo a più stadi. I composti chimici agiscono sia legandosi covalentemente con macromolecole sia promuovendo tale legame. Dopo l’interazione tra cancerogeno e il DNA, la cellula interessata in genere muore (apoptosi) oppure ritorna ad essere una cellula normale per mezzo di una riparazione priva di errori del DNA. Se non si verifica alcuno di questi eventi, quando la cellula va incontro a replicazione, l’iniziazione cancerogena diviene irreversibile. La cellula così iniziata può però rimanere silente prima di dare origine ad una forma tumorale. Le cellule rimangono silenti forse a causa dell’effetto soppressivo delle cellule normali circostanti. I composti cancerogeni epigenetici aumentano l’incidenza di tumori promuovendo la replicazione di cellule già iniziate dai cancerogeni genotossici, od incrementando la quota disponibile di cancerogeni genotossici e/o dei loro metaboliti nel sito d’azione. CLASSIFICAZIONE DEI CANCEROGENI CHIMICI A SECONDA DELLA LORO POTENZA: • • • • Cancerogeni riconosciuti (accertata attività) Cancerogeni sospetti Cancerogeni potenziali Sostanze prive di dati per una classificazione. 10 CANCERGENI CLASSIFICATI IN BASE AL LORO MECCANISMO DI AZIONE: 1. CANCEROGENI GENOTOSSICI: provocano tumori determinando un danno al DNA attraverso un legame covalente e ne esistono due tipi: • Cancerogeni ad azione diretta sono elettrofili e possono legarsi al DNA e ad altre molecole • Precancerogeni richiedono una conversione mediante bioattivazione per divenire cancerogeni, la maggior parte dei cancerogeni chimici entra in questa categoria. I cancerogeni genotossici possono essere: • Iniziatori puri (sono in grado di trasformare le cellule normali ma non possono, in assenza di promotori, produrre tumori) • Cancerogeni genotossici completi (agiscono sia come promotori che come iniziatori) 2. CANCEROGENI EPIGENETICI: non danneggiano il DNA, ma promuovono con diversi meccanismi d’azione la crescita dei tumori indotta da cancerogeni genotossici. • Cocancerogeni: accrescono gli effetti dei cancerogeni genotossici se somministrati contemporaneamente. Ne sono esempi l’ossido di ferro e l’asbesto, facilitando probabilmente l’uptake cellulare dei cancerogeni genotossici. Essi determinano incremento della concentrazione di specie reattive nel sito di azione, inibiscono la velocità o l’efficienza della riparazione del DNA o amplificano la conversione di lesioni transitorie del DNA in alterazioni di tipo permanente. • Promotori: aumentano gli effetti degli iniziatori se assunti dopo questi ultimi. I meccanismi dei promotori sono la stimolazione alla proliferazione cellulare attraverso effetti citotossici o ormonali, inibiscono le comunicazioni intercellulari e sono immunodeprimenti. Tra i promotori esistono due gruppi di composti chimici particolari gli ormoni e i farmaci immunosoppressori: Agenti promotori Non cancerogeni di per sé Devono agire dopo gli iniziatori Richiedono esposizioni prolungate L’azione è reversibile (allo stadio precoce) e non additiva 5. Apparentemente non vi è una dose soglia 5. Probabilmente esiste una dose soglia 6. Generano addotti elettrofili; si legano 6. Nessuna evidenza di legame covalente covalentemente alle macromolecole cellulari 7. Mutageni 7. Non mutageni 1. 2. 3. 4. • • • • • Agenti iniziatori Cancerogeni di per sé o cancerogeni solitari Devono agire prima dei promotori E’ sufficiente una singola esposizione L’azione è irreversibile e additiva 1. 2. 3. 4. MECCANISMO DELLA CANCEROGENESI DEI METALLI (CANCEROGENI GENOTOSSICI) IPOTESI: Si legano covalentemente al DNA formano cross-link tra DNA e proteine o tra eliche di DNA adiacenti inficiano la fedeltà della replicazione del DNA alterando la conformazione delle DNA polimerasi causano transizione dal B-DNA allo Z_DNA alterando la struttura cromatinica si legano agli istoni, alle proteine nucleari di natura non istonica o all’RNA nucleare influenzando la struttura cromatinica e l’espressione genica. Esistono MARKERS BIOCHIMICI di possibile impiego per svelare i tre stadi iniziali della cancerogenesi: iniziazione (addotti del DNA attraverso un cancerogeno marcato), promozione (specie su tumori cutanei è risultato essere il TFA o 12 tetradecanoilforbon 13 acetato) e sviluppo. 11 MARKERS TUMORALI: L’alfa -fetoproteina (tumori testicolari e ovaie), la gonadotropina corionica umana (tumori in fase subclinica), antigene carcino-embrionale, ferritina, proteina C reattiva (carcinoma mammario) MUTAGENESI Il fenomeno della mutagenesi può verificarsi per l’interazione tra agenti mutageni e materiale genetico di organismi viventi. Al momento non sono prevedibili gli effetti che possono verificarsi nell’uomo per esposizione a sostanze dotate di potere mutageno, tuttavia aborti spontanei, morte fetale e malattie ereditarie sono riconducibili ad alterazioni della molecola del DNA e ad alterazioni cromosomiche. Gli effetti mutageni possono verificarsi anche a distanza di generazioni. Le mutazioni geniche implicano l’inserzione o la delezione di coppie di basi, la sostituzione di una coppia di basi errata all’interno della molecola del DNA. La sostituzione può avvenire mediante: Transizioni = sostituzione di una base purinica con un’altra purinica o di una pirimidinica con un’altra pirimidinica Transversioni = una purina viene sostituita da una pirimidina e viceversa. Il fenomeno del frameshift è responsabile delle modificazioni della proprietà biologica della proteina. Vi è la possibilità che un cancerogeno venga incorporato all’interno della molecola del DNA, causando ulteriori errati accoppiamenti di basi. Ciò determina una diversa sequenza di amminoacidi di una proteina che può determinare o una alterata e non funzionale proteina o un arresto della sua produzione. Esistono diversi test per evidenziare questi tipi di mutazioni genetiche: * Test su microrganismi in vitro (procarioti = salmonelle o escherichia coli e eucarioti = saccaromices, aspergillus) * Test su microrganismi in vivo inoculati nella cavità peritoneale del mammifero ospite. * Test su insetti (drosofila melanogaster) * Cellule di mammifero in coltura derivate dal linfoma murino, linfoblasti umani o cellule derivate dal polmone, ovaie e altri tessuti dell’Hamster cinese. * Test di mutazione genetica nel topo. EFFETTI CROMOSOMICI Gli effetti di una sostanza tossica sui cromosomi si manifestano sotto forma di aberrazioni strutturali = comprendono le delezioni, le duplicazioni, le translocazioni. alterazioni del loro numero = una diminuzione o un aumento del numero dei cromosomi. Alcuni di questi difetti sono ereditari. Modalità di azione alla base di queste alterazioni possono comportare la ricombinazione molecolare che a sua volta può determinare un arresto della sintesi del DNA, con conseguente formazione di un gap all’interno del cromosoma. Lo stesso risultato si può avere in seguito ad una mancata riparazione del DNA. La non disgiunzione può dar luogo ad un mosaicismo Una non disgiunzione nel corso della gametogenesi (non disgiunzione meiotica) genera cellule figlie portatrici di un cromosoma extra o di un cromosoma in meno rispetto al numero normale. La prima eventualità è conosciuta con il termine di trisomia, la seconda di 12 monosomia. Molti ricercatori hanno dimostrato la relazione esistente tra mutagenesi e cancerogenesi. Il 90 % dei cancerogeni si sono mostrati mutageni nel corso dei test. Pochi non cancerogeni dimostrano un certo grado di mutagenicità. TERATOGENESI Per teratogenesi intendiamo quel processo responsabile del verificarsi di difetti congeniti durante lo sviluppo dell’embrione e del feto. Dopo il concepimento, l’oocita fecondato va incontro ad una precisa sequenza di eventi: proliferazione cellulare, differenzazione, migrazione e organogenesi. L’embrione a sua volta subisce una serie di trasformazioni (accrescimento, maturazione e differenziazione morfofunzionale) e attraversa un periodo di sviluppo fetale prima della nascita. • Stadio del pre - differenziamento = l’oocita fecondato sembra non essere suscettibile alla azione dei tossici chimici (prime due settimane di gravidanza). • Stadio embrionale = le cellule subiscono un intenso processo di differenziazione, mobilizzazione e organizzazione. E’ durante questo periodo che si verificano le fasi più importanti dell’organogenesi e l’embrione è più suscettibile agli agenti teratogeni (ha termine nell’uomo intorno alla 14° settimana di gestazione). • Stadio fetale = accrescimento e maturazione fetale. E’ poco probabile che gli agenti teratogeni provochino alterazioni morfologiche in questo stadio, mentre possono indurre alterazioni di tipo funzionale. Le alterazioni morfologiche sono generalmente identificate alla nascita o nel periodo immediatamente successivo; i deficit funzionali, come quelli del SNC, possono invece restare misconosciuti per un certo periodo di tempo dopo la nascita. MECCANISMI D’AZIONE DEGLI AGENTI TERATOGENI Svariati meccanismi sono coinvolti negli effetti teratogeni: 1. Interferenza con gli acidi nucleici Sostanze che interferiscono con la replicazione del DNA con la sua trascrizione o con la traduzione del RNA. Agenti alchilanti, antimetaboliti, agenti intercalanti, gli antagonisti degli amminoacidi. 2. Deficit di apporto energetico Sostanze che possono ridurre l’apporto energetico necessario al metabolismo dell’organismo mediante la riduzione della disponibilità di substrati o direttamente mediante la presenza di analoghi o antagonisti delle vitamine, degli aminoacidi essenziali e di altre sostanze. 3. Inibizione di enzimi Inibitori di enzimi come il 5 fluorouracile, inibendo la timidilato sintetasi, possono indurre malformazioni attraverso l’interferenza con i processi di differenzazione o di accrescimento. 4. Altri meccanismi 13 L’ipervitaminosi A determina danno strutturale delle membrane: Agenti fisici come le radiazioni, ipo e ipertermia, traumi meccanici. SVARIATI EFFETTI E RELATIVO SIGNIFICATO: • Aberrazioni = I difetti morfologici possono coinvolgere strutture esterne e interne; inoltre possono esistere anormalità funzionali. Non tutti i tipi di aberrazioni hanno lo stesso significato. Esistono deviazioni, anomalie minori e maggiori. • Riassorbimento = Morte del prodotto del concepimento. • Tossicità fetale = Riduzione del peso corporeo o come aumento del numero di feti non vitali. TOSSICI INDIRETTI = sostanze che esplicano la loro azione su sistemi enzimatici modificando i meccanismi fisiologici dell’organismo o sono metabolizzate a costituire molecole che esercitano la loro azione in modo diretto. Ne sono esempi: • i pesticidi organofosforici, interagiscono con recettori estrogeni alterando la produzione di steroidi • i metalli, agiscono alterando il controllo di ormoni endogeni • i policlorobifenili, alterano il metabolismo epatico degli ormoni sessuali e danneggiano i meccanismi riproduttivi degli individui esposti TOSSICI DIRETTI = sostanze che agiscono con meccanismo diretto strutturalmente simili a normali composti endogeni o essere chimicamente reattivi. Ne sono esempio: • il mercurio, come i suoi composti determina paralisi spasticità e ipotonia, ritardo mentale, microcefalia, anomali movimenti oculari (nistagmo, strabismo) ed anomalie della dentizione. • il piombo determina aborto spontaneo, parto pretermine e mortalità perinatale. • il cadmio, lesioni a carico della placenta dove si accumula alterandone la funzionalità, responsabile del basso peso alla nascita. • gli organoclorurati, anomalie congenite e malformazioni del sistema nervoso centrale, aborto spontaneo, parto prematuro, basso peso alla nascita. • i policlorobifenili, parto prematuro, accrescimento staturale ritardato, esoftalmo, alterazione della pigmentazione cutanea, ipoplasia gengivale, chiazze di calcificazione del cranio. MONITORAGGIO BIOLOGICO Obiettivazione della esposizione dell’organismo ad una sostanza chimica è indiretta poiché prevede l’utilizzo di fluidi biologici e aria inspirata CORRELAZIONE DOSE - EFFETTO E DOSE - RISPOSTA. Dose = La quantità di una certa sostanza chimica somministrata per una certa via espressa in unità di peso corporeo (mg/Kg) e per i tossici cronici anche per unità di tempo di durata della somministrazione (mg/Kg/die). 14 La dose in tossicologia industriale è definita come quella quantità di sostanza esogena assorbita dall’organismo in uno specifico periodo di tempo riferito alle 8 ore durante le quali si presume che un lavoratore necessiti di 8 - 10 mc di aria per sopperire alle necessità degli scambi respiratori. Dose esterna = contaminazione ambientale Dose interna = quantità di una sostanza esogena realmente assorbita e ritrovabile in organi, tessuti e escreta dell’organismo. Effetto = alterazione biologica a livello individuale associata con un determinato livello di esposizione e di dose. Risposta = la percentuale di popolazione che ha dimostrato di sviluppare quel determinato effetto ad una specifica dose o livello di esposizione. Curva dose - effetto = rappresenta la relazione a livello individuale tra dose e entità di un effetto che cresce gradualmente al crescere della dose. Rappresentato da una curva a concavità positiva o negativa con origine diversa da zero. Curva dose - risposta = esprime la relazione tra dose e proporzione di individui in un gruppo che rispondono a quella con un certo effetto, classificato a seconda che sia di intensità superiore o inferiore ad un valore di soglia prestabilito. Rappresentata da una curva ad S italica con asintoti superiori e inferiori. Esistono pertanto in relazione alla dose-risposta diversi tipi di dosi: (dose efficace) DE zero = 0 % dose alla quale nessuno dei soggetti trattati risponde e DE100 = 100 % a cui tutti i soggetti rispondono. Poiché l’effetto tossico considerato è la morte del soggetto o dell’animale da esperimento si assume il termine di dose letale DL rispettivamente 0, 50, 100. Qualora il tossico è assunto per via inalatoria si indica con concentrazione letale CL. Dalla curva dose-risposta si ricava il parametro fondamentale in tossicologia il NOEL “No Observed Effect Level” livello di dose senza effetto che si trasforma in NOAEL ovvero dose senza effetto nocivo o lesivo. “Adverse”. INDICATORI DI DOSE INTERNA • dose vera , al sito (biologicamente attiva); es: addotti del DNA e Hb • esposizione (correlazione con la dose ambientale); es: PbB • accumulo; es: PbU-EDTA INDICATORI DI EFFETTO • sub - critico (non esistono alterazioni di cellula); es: ALAU, CPU • critico (effetti precoci, reversibili); es: Protoporfirina IX eritrocitaria INDICATORI DI SUSCETTIBILITA’ • ES: G6PDH FATTORI CHE INFLUENZANO LA VARIABILITÀ DEGLI INDICATORI: 1. Caratteristiche dell’esposizione: contemporanea esposizione a più tossici. Esempi: • Toluene + benzene = ridotta escrezione dell’acido ippurico per inibizione competitiva di enzimi microsomiali 15 • Xilene + metilchetone o etilbenzene = ridotta escrezione di acido metilippurico e aumento della xilemia. 2. Caratteristiche individuali fisiologiche • abitudini alimentari: arsenico urinario dopo ingestione di crostacei • alcool: il toluene nel sangue aumenta per ridotta metabolizzazione a livello epatico da inibizione competitiva delle ossigenasi microsomiali da parte dell’etanolo • fumo: maggior assorbimento di metalli e solventi per scarsa igiene ambientale • farmaci: possono ridurre l’escrezione di alcune sostanze. L’aspirina riduce del 50% l’escrezione di acido metilippurico in esposti a Xilene per induzione enzimatica microsomiale epatica. • sesso: protoporfirina IX eritrocitaria più elevata nelle donne per carenza di ferro. 3. Caratteristiche individuali patologiche: • Soggetti con anemia la piombemia può essere elevata dato che il 90% del piombo si accumula negli eritrociti. 4. Metodica analitica utilizzata che deve garantire: • precisione; valori riproducibili nello stesso campione (basso grado di dispersione) es. toluene molto più preciso dell’acido ippurico urinario • accuratezza; capacità di valutare correttamente una esposizione ad un determinato composto es. acido ippurico poco accurato • sensibilità; capacità di valutare anche minime variazioni del livello di esposizione ad una determinata sostanza esogena. • specificità; capacità di variare esclusivamente al variare del fenomeno che rappresenta. Si privilegia la specificità (riduce i falsi +) e per quelli di esposizione la sensibilità (riduce i falsi +). CORRETTO USO DEGLI INDICATORI BIOLOGICI 1. 2. • • • Durata di esposizione: Piombemia PbB finché è presente l’esposizione Tempo di raccolta: Tossici a rapida cinetica a fine turno di lavoro (es. idrocarburi aromatici come toluene e xilene) tossici a lenta cinetica nel fine settimana (es. esposti a tricloroetilene) volatili nell’aria alveolare hanno vario significato (es. toluene: durante il lavoro per l’esposizione in atto, inizio turno dopo 16 ore dal precedente termine di esposizione per la dose presente nei tessuti) CRITERI DA TENERE IN CONSIDERAZIONE QUANDO CI SI PROPONE UN LIMITE DI ESPOSIZIONE. 1) Gli effetti devono essere reversibili, anche una piccola irreversibilità può produrre col tempo un accumulo e quindi un danno e non può essere accettata. 2) Reversibilità della alterazione indotta ovvero reazioni indipendenti dalla concentrazione si che nessuna frazione della alterazione viene riportata da un periodo di esposizione al successivo. 3) L’alterazione indotta deve raggiungere nel corso del turno di lavoro o della settimana lavorativa, un livello stabile di equilibrio considerato di sicurezza (safe). 4) Elementi sufficienti di conoscenza sui meccanismi di induzione e di reversibilità delle alterazioni. INFORMAZIONI CHE CONSENTONO DI PROPORRE LIMITI DI ESPOSIZIONE. A) Dati sperimentali su animali o in vitro; B) Dati derivanti da studi su volontari umani; 16 C) Dati derivanti dai risultati dell’esperienza dei vari centri di sorveglianza sanitaria e/o da indagini epidemiologiche. PROVE PER VALUTAZIONE TOSSICOLOGICA DI UN COMPOSTO AD ATTIVITÀ BIOLOGICA. • • • • • • • • • • • • • • Identificazione chimico-fisica farmacocinetica (assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione ) farmacodinamica (interazione della sostanza con il suo sito di azione) studi biochimici studi farmacologici studi di tossicità acuta studi a breve e a lungo termine studi sulla genotossicità studi di embriotossicità e/o teratogenesi studi sulla fertilità studi sulla cancerogenesi studi speciali di tossicità ( es. neurotossicità e comportamento) studi di ecotossicità CRITERI DI PERICOLOSITÀ DELLE SOSTANZE CHIMICHE PER GLI IGIENISTI AMERICANI E PER I SOVIETICI (PRIMA DELL CADUTA DEL MURO DI BERLINO) Americani (ACGIH) = Non vi è alcun serio pericolo per la salute fino a quando un determinato livello di esposizione non sia in grado di indurre nell’organismo un’alterazione di tipo ed entità riconoscibile come indice di malattia potenziale. • Russi = Un potenziale stato di malattia esiste appena l’organismo va incontro alla seppur minima ed iniziale deviazione dalle condizioni normali, di qualsiasi genere, purché misurabile. RELAZIONE DOSE - EFFETTO IN RAPPORTO ALLA DOSE DEL TOSSICO Allo stato attuale la comunità scientifica non riconosce un livello di dose di sostanza cancerogena (dose senza effetto) al di sotto della quale vi sia sicurezza di non comparsa di un processo neoplastico. L’ACGIH (American Conference Government Industrial Hygenist) propone limiti ottenuti dalla dose minima che induce tumori nell’animale rapportata all’uomo e divisa per un fattore di sicurezza arbitrario come 100 o 1.000. Tale termine definito ALARA (As Low As Reasonable Achievable) è mutuato dalla radioprotezione. L’EPA (Environmental Protection Agency) indica i limiti adottati secondo il concetto di BAT (Best Available Tecnology) cioè tenendo presente le possibilità tecniche di ridurre tali rischi. PERCORSI METODOLOGICI ATTI ALL’INDIVIDUAZIONE DI VALORI LIMITE 1) Dati tecnici • proprietà chimico fisiche: sinonimi, formula chimica, peso molecolare, punto di fusione, di ebollizione, solubilità e tensione di vapore • produzione ed utilizzazione 17 • valori limite di esposizione in altri Paesi • metodi di analisi ambientale 2) Dati tossicocinetici (nell’uomo e nell’animale) • Assorbimento, distribuzione, biotrasformazine, escrezione. • • • • 3) Dati tossicologici tipo di studio: ricerche sperimentali in vivo e in vitro su volontari, casi clinici, indagini epidemiologiche Periodo di esposizione: acuto, subacuto, subcronico e a lungo termine Tipi di effetti: locale, sistemico, mutageno, teratogeno, cancerogeno, embriotossico, fetotossico. Relazione dose - effetto e dose - risposta: ricerca di livelli di non effetto o risposta, ricerca dei livelli di “non adverse” effetto o risposta, individuazione degli effetti nocivi più importanti e delle corrispondenti dosi. • 4) Introduzione di un fattore di sicurezza 5) Individuazione delle lacune nelle conoscenze scientifiche 6) Proposta di limite, quando possibile, sulla base di una valutazione critica di quanto emerge dalla discussione in particolare del punto 5 LIMITI DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE IN ATTO: MAC E TLV 1) limiti di esposizioni basati sulla capacità di proteggere la salute. 2) limiti di esposizione “accettati” detti anche limiti massimi accettati di concentrazione. • MAC (valore di massima concentrazione al posto di lavoro) generalmente non compromette la salute del lavoratore, né causa indebito disturbo per un periodo lavorativo di 8 ore giornaliere e di 40 ore per settimana di lavoro. • VLP (valori limiti ponderati) come sopra salvo i casi di reattività e suscettibilità particolari. • TLV indicano per ognuna delle sostanze elencate le concentrazioni atmosferiche alle quali si ritiene che la maggior parte dei lavoratori possa rimanere esposta ripetutamente giorno dopo giorno, senza effetti negativi. Sono stabiliti in base ai dati più attendibili ricavati dall’esperienza in campo industriale, ai risultati delle ricerche sperimentali sull’uomo e sull’animale e, quando possibile, alla combinazione di questi elementi di giudizio. Questi non costituiscono una linea di demarcazione netta fra concentrazioni sicure e pericolose né un indice relativo di tossicità e non devono essere utilizzati da persona non esperta nella disciplina dell’igiene industriale. Essi sono solo dei limiti di soglia raccomandata e sono orientativi per la corretta conduzione degli impianti. E’ necessario comunque mantenere la concentrazione degli inquinanti ai livelli più bassi praticamente consentiti. • TLV - TWA = Valore limite di soglia - media ponderata nel tempo (Time Weighted Average). Concentrazione media ponderata nel tempo per una giornata lavorativa di 8 ore e per 40 ore lavorative settimanali a cui possono essere esposti ripetutamente, giorno dopo giorno, senza effetti negativi. • TLV - STEL = Valore limite di soglia, limite per breve tempo di esposizione (Short Term Exposure Limit). Concentrazione a cui i lavoratori possono essere esposti continuativamente per un breve periodo di tempo senza che insorgano: irritazione, alterazioni croniche o irreversibili del tessuto, 18 narcosi di grado sufficiente ad accrescere le probabilità di infortuni o menomazioni delle capacità di mettersi in salvo o ridurre materialmente l’efficienza lavorativa, purché il TLV - TWA giornaliero non venga superato. Esso integra il TLV- TWA, è definito come esposizione media ponderata nel tempo su un periodo di 15 minuti che non deve mai essere superato nella giornata lavorativa anche se la media ponderata su 8 ore è entro il TLV. Esposizioni al valore STEL non devono protrarsi per oltre 15 minuti e non devono ripetersi per più di 4 volte al giorno. Fra esposizioni successive al valore STEL devono intercorrere almeno 60 minuti. • TLV C (Ceiling). Concentrazione che non deve essere superata durante l’esposizione lavorativa. • LIMITI PER IL MONITORAGGIO AMBIENTALE 1. Fornisce informazioni sulle concentrazioni atmosferiche nel corso di un periodo abbastanza breve di tempo. 2. Considera solo una via di penetrazione del tossico nell’organismo, cioè la respiratoria. 3. Valuta solo concentrazioni di quei tossici presenti negli ambienti di lavoro ma non fornisce informazioni su eventuali esposizioni extralavorative 4. E’ in grado di valutare la concentrazione della/e sostanze inquinanti, non la dose assorbita. IL MONITORAGGIO AMBIENTALE CONSENTE: 1. Verifica delle condizioni di inquinamento dell’ambiente di lavoro in rapporto a limiti di legge e di consentito 2. studia correlazioni tra le concentrazioni di uno o più inquinanti presenti nell’ambiente di lavoro e la dose nei fluidi biologici di lavoratori esposti 3. verifica della efficacia di eventuali misure di bonifica ambientale attuate 4. controllo dello stato di efficienza dei vari sistemi di abbattimento nelle zone di lavoro della azienda in rapporto all’inquinamento ambientale e verifica eventuali variazioni. 5. istituzione in archivio di dati ambientali per risalire a eventuali rapporti causa effetto. 6. istituzione di un libretto di rischio per ciascun lavoratore 7. controllo delle varie sorgenti di emissione presenti in fabbrica, validazione di nuove tecniche di campionamento. RISCHI E PATOLOGIE DA METALLI I metalli sono dei minerali solidi a temperatura ambiente ad eccezione del mercurio, buoni conduttori di elettricità e di calore, malleabili, cristallini e duttili. Sono circa 25 elementi. Le attività maggiormente espositive, le miniere, la metallurgia, i trattamenti chimici, termici, meccanici di metalli e leghe, attività di servizio (trasporti, produzione di energia elettrica, smaltimento dei rifiuti) con inquinamento degli ambienti di vita e di lavoro. I metalli possono essere suddivisi in essenziali (in grammi = ferro, rame e zinco; in milligrammi = vanadio, cromo, manganese, cobalto, arsenico, selenio), sospetti di essenzialità (stagno), non essenziali e tossici (piombo, mercurio, alluminio, cadmio). TOSSICOCINETICA 19 ASSORBIMENTO Per inalazione in ambito lavorativo, per ingestione diretta o indiretta dalla clearance muco-ciliare polmonare e limitatamente al piombo tetraetile cutaneo. DISTRIBUZIONE Si distribuiscono in forma libera o legata. Quest’ultimo legato alle proteine rimane più a lungo in circolo e si distribuisce con maggiore gradualità e lentezza. L’albumina è la proteina più interessata da questi legami, per alcuni metalli esistono proteine specifiche di trasporto come la transferrina, la ceruloplasmina, la metallotioneina. ESCREZIONE Le principali vie di escrezione sono quella renale escreti direttamente o dopo riassorbimento a livello del tubulo prossimale (il piombo); per sfaldamento delle cellule tubulari (il mercurio e il cadmio) e quella biliare (manganese, alluminio, arsenico a seconda della valenza e della disponibilità di composti come cisteina e glutatione). Meno importanti quella respiratoria, cutanea, intestinale (per sfaldamento delle cellule) e di interesse ancor più limitato quella del liquor e del latte. Sono escrete per via renale la frazione plasmatica diffusibile del metallo e quella legata a proteine di peso molecolare tale da poter superare la membrana glomerulare. Esistono per i metalli modelli multicompartimentali di distribuzione ed eliminazione. TOSSICODINAMICA Gli effetti dei metalli sono molteplici: irritativi, tossici sistemici acuti e cronici, allergici, teratogeni, mutageni e cancerogeni. I metalli hanno la spiccata tendenza a formare composti con particolari gruppi biologici (sulfidrilici, aminici, ossidrilici, disolfurici e carbossilici). Conseguenze dell’interazione a livello molecolare determinano i seguenti fenomeni biologici: • rottura dei legami idrogeno, con destabilizzazione delle strutture proteiche, • spiazzamento dai siti leganti di metalli essenziali, con blocco della loro disponibilità e attività, • inibizione enzimatica per reazione con gruppi funzionali essenziali e per sostituzione competitiva di metalli essenziali in enzimi metallo - dipendenti: • blocco del trasporto attivo, • alterazione della permeabilità delle membrane cellulari, • legami metallo proteici con formazione di antigeni completi o no, • inibizione degli enzimi di riparazione degli acidi nucleici, o alterazione dei loro processi di traduzione e trascrizione. MERCURIO Mercurio elementare, Hg Composti inorganici (cloruro di mercurio) Composti organici (metil mercurio cloruro) 20 Fonti ambientali: Volatilizzazione del metallo dalla crosta terrestre. Inceneritori di rifiuti urbani, esposizioni al metallo amalgame dentarie, consumo di pesce inquinato (da Hg organico: Minamata Disease). Esposizioni lavorative: Industria estrattiva (cinabro -HgS- nelle miniere del Monte Amiata, in Toscana), fabbricazione di termometri, barometri e strumenti di precisione, impianti di cloro soda, le lampade a vapori di mercurio e tubi fluorescenti, produzione di batterie. Tossicocinetica Assorbimento attraverso i polmoni, globuli rossi e tessuti dove viene rapidamente ossidato. Una frazione di mercurio attraversa la barriera ematoencefalica e quella placentare. Dove forma depositi stabili. I più alti livelli di mercurio si riscontrano nel SNC e nel rene. Il metallo viene escreto attraverso le urine. Indicatori biologici Il mercurio ematico (HgB) riflette l’esposizione in corso e si eleva dopo breve tempo dall’inizio dell’esposizione. Quello urinario (HgU) si eleva tardivamente ed è in relazione con l’entità del deposito. Organi critici di accumulo per esposizione acuta il polmone per esposizione protratta: il SNC e il rene. Effetti tossici L’intossicazione cronica da mercurio è detta idrargirismo Intossicazione acuta = Polmonite chimica dopo 5 ore dall’inizio dell’esposizione. Intossicazione conseguente a protratta esposizione = tremore (inizialmente i muscoli palpebrali, lingua, dita e poi arti: “ballarella” dei minatori del monte Amiata; è intenzionale determina scrittura illeggibile), eretismo (timidezza eccessiva, insicurezza, irritabilità scoraggiamento, perdita della memoria, insonnia), orsetto gengivale da formazione di HgS, di color grigio-nerastro, stomato - gengivite (con scialorrea, alito fetido e tumefazione ghiandole salivari), in casi gravi edemi con sindrome nefrosica marcata da proteinuria, sintomi singoli o associati. Valori Limite Ambiente 50 µg/mc. HgU = 35 µg/g HgB = 15 µg /l. PIOMBO Fonti ambientali. La popolazione assorbe piombo attraverso l’aria (traffico veicolare a benzina, industrie), dagli alimenti (contenitori), acqua potabile, fonti avventizie. Esposizioni lavorative: Industria estrattiva, produzione di piombo dal minerale (PbS, detto “galena”), e da materiale di recupero, raffinazione del piombo e dello zinco, costruzione e demolizione di accumulatori, industria della ceramica e vasellame in terracotta con smalti al Pb, produzione e lavorazione di 21 oggetti a base di piombo (peltro, bronzo, ottone), riparazioni automobili (radiatori), lavorazione di vernici al Pb, industrie della plastica che fanno uso di additivi al piombo. Tossicocinetica Assorbimento attraverso i polmoni e dipende dalla granulometria e dalla solubilità dei composti al Pb, l’assorbimento digestivo a seconda del tipo di alimentazione e dalla depurazione mucociliare. Distribuzione. Il Pb una volta assorbito si distribuisce in equilibrio fra i liquidi extracellulari e il plasma. Il metallo si lega in parte all’albumina, in parte diffusibile, viene trasferito ai globuli rossi al cui interno è legato alla membrana e all’emoglobina. Maggiore concentrazione si ha a livello del fegato e del rene, viene distribuito al sistema nervoso periferico e al SNC. Nell’osso è in parte distribuito nel compartimento a scambio rapido (osso trabecolare 20%) e in parte a quello a scambio lento (osso corticale 80 %). Passa facilmente la barriera placentare. Il metallo viene escreto attraverso le urine nella misura del 60% per filtrazione glomerulare e per via fecale per il 40%. Indicatori biologici La miglior stima della dose si dovrebbe raggiungere determinando la quantità di Pb diffusibile nel plasma. Concentrazione del Pb nel sangue (piombemia, PbB), valuta l’entità dell’esposizione (indicatore di esposizione) Concentrazione del Pb nelle urine (piomburia, PbU), valuta anche questo l’esposizione al metallo. Concentrazione del Pb nelle urine dopo somministrazione di farmaco chelante “versene” (PbUEDTA), permette di rilevare esposizioni pregresse ed è praticato sotto osservazione medica E’ considerato un vero indicatore di dose poiché è strettamente dipendente dalla quantità di Pb presente nel plasma e nei tessuti molli. Indicatori di effetto Il Pb avendo una spiccata affinità per i gruppi SH contenuti specialmente negli enzimi utilizzati per la formazione dell’eme. Interferenza specifica a livello di tre attività enzimatiche: ALA deidrasi che non può metabolizzare l’acido delta amminolevulinico a porfobilinogeno per cui si accumula e viene escreto nelle urine in elevate quantità; la determinazione dell’ALA deidrasi eritrocitaria è molto utile negli studi sulla popolazione generale, esiste una correlazione molto stretta fra ALAD e PbB dove la prima può essere inibita a PbB inferiori a 40 µg/100 ml. Eme sintetasi che converte la protoporfirina IX ad eme per cui si accumula nei globuli rossi. La protoporfirina IX eritrocitaria subisce un aumento netto per PbB tra 40 e 80 µg/100 ml ed è utile per valutare esposizioni medio - elevate. Essa ha un tempo di normalizzazione molto lento rispetto agli altri indicatori. CPG decarbossilasi che converte la coproporfirina in protoporfirina e quindi si ha un aumento di questa sostanza nelle urine. La CPG urinaria non è un test specifico per esposizione al Pb, essa può aumentare anche in corso di altre patologie come malattie epatiche, anemie emolitiche e in soggetti affetti da porfiria cutanea. Effetti biologici Ematologici = oltre a quello sull’eme si documenta un aumento della distruzione degli eritrociti con aumento di reticolociti, tipica la punteggiatura basofila degli eritrociti, da artefatto tecnico (fissazione dello striscio periferico in alcol metilico) Sistema nervoso = Risulta alterata la velocità di conduzione delle fibre motorie e sensitive stadio precoce di una possibile neuropatia. Alterazioni delle funzioni psichiche, percettivo sensoriali e 22 psicomotorie. Il Pb è particolarmente tossico nei bambini dove può sviluppare una compromissione del loro sviluppo intellettivo. Altri effetti = Azione tossica su altri enzimi contenenti gruppi eme come il citocromo P450 o quelli interessati al metabolismo della vitamina D. Effetti sulla pressione arteriosa, per intervento del Pb sulla muscolatura liscia dei vasi per interferenza con la pompa Na-K, sul cAMP, sul Ca e sul sistema renina angiotensina Effetti tossici L’intossicazione clinica da piombo è detta saturnismo. Livelli di PbB inferiori a 60 µg/100 ml le manifestazioni cliniche sono assenti Livelli di PbB tra 60 e 70 µg/100 ml possono dare segni lievi che diventano sempre più frequenti e gravi quando si superano i livelli di 80 µg/100 ml. Anemia = di modesta entità presenza di un elevato numero di eritrociti con punteggiatura basofila. Essa ha una duplice origine: per aumentata distruzione dei globuli rossi circolanti a causa dell’alterazione della pompa del Na-K e per una ridotta produzione di emoglobina a seguito delle inibizioni enzimatiche del Pb. Orletto gengivale di Burton, di colore blu-arderiaco, conseguenza del deposito di solfuro di Pb per reazione tra Pb circolante e l’idrogeno solforato proveniente dai detriti alimentari. Coliche addominali = con dolore repentino e violento, crampiforme, continuo con crisi di lunga durata: l’alvo è quasi sempre chiuso a feci e a gas. Diagnosi differenziale con addome chirurgico: la palpazione lenisce il dolore nella colica s. e l’aumenta nell’addome con peritonite. Neuropatie periferiche = il nervo radiale è più frequentemente interessato fino ad un quadro oggi raro di paralisi vera e propria. (“mano che fa le corna”, “mano cadente”) Nefropatia = di tipo arteriosclerotica (rene grinzo saturnino) Riproduzione = evidenti alterazioni nella riproduzione. Mutageno- cancerogeno = il piombo può aumentare la frequenza di aberrazioni cromosomiche. La IARC lo classifica come composto del gruppo 2B (sostanza probabilmente cancerogena per l’uomo) Valori Limite Legge 277/91. Ambiente 150 µg/mc. PbB = 60 µg/100 ml e 40 per le lavoratrici in età fertile CADMIO Fonti ambientali. La popolazione assorbe cadmio attraverso fenomeni di ecodispersione causate dalle attività produttive o da attività di servizio (discariche di rifiuti solidi urbani, inceneritori, centrali termoelettriche), oltre che dal fumo di sigaretta. Esposizioni lavorative: Saldobrasatura, produzione di accumulatori alcalini (Ni Cd), trattamenti galvanici, produzione - uso di pigmenti, metallurgia del Cd e sue leghe, fusione dei metalli o rottami contenenti Cd. Tossicocinetica Assorbimento attraverso i polmoni fra il 20 e 50 %, l’assorbimento digestivo 2 - 10 %, modesto quello cutaneo. 23 Distribuzione. Il Cd si ritrova nel sangue in parte legato alla metallotioneina. Il Cd libero raggiunge il fegato e il rene quest’ultimo organo critico dove si accumula a livello della corticale e induce la sintesi di metallotioneina. Il metallo viene escreto attraverso le urine e una volta esaurita la scorta della metallotioneina produce azione tossica sugli enzimi deputati al riassorbimento tubulare e al catabolismo di proteine a basso peso molecolare. Indicatori biologici La miglior stima del carico corporeo è dato dal CdU. Concentrazione del Cd nel sangue (CdB), valuta l’entità dell’esposizione (indicatore di esposizione) recente. La proteinuria (di Frieberg) a basso peso molecolare è un indice sensibile di lesione tubulare. Da tempo è utilizzata la β2 microglobulina urinaria; la sua escrezione aumenta in tutti i casi di intossicazione da Cd i valori in soggetti sani sono in genere al di sotto di 100 µg/litro. Recentemente è preferibile misurare la α 1 microglobulina, in quanto più stabile. Importante anche il dosaggio di alcuni enzimi urinari in particolare il GGT, LDH, lisozima e NAG quest’ultimo più specificatamente localizzato nel tubulo prossimale e quindi un utile indicatore di danno tubulare. Effetti biologici Apparato respiratorio = Il polmone è l’organo bersaglio del Cd: si evidenzia tosse, senso di costrizione toracica, dispnea senza febbre. Effetti cronici di tipo irritavi bronchiale e soprattutto enfisema. Orletto gengivale (da CdS), color giallastro. Rene = danno tubulare con microproteinuria ed enzimuria. Insufficienza renale comparsa di aciduria, calciuria e fosfaturia. Osso = osteoporosi e osteomalacia per alterazione del bilancio del calcio e del fosforo dovute non solo al danno tubulare e all’interferenza nel metabolismo della vitamina D da parte del Cd, ma anche a contemporanea deficienza alimentare o alterazione ormonale. (Itai- Itai Disease) Effetti cancerogeni e mutageni = il Cd può aumentare la frequenza di cancro alla prostata e quello legato col cloruro al polmone. La IARC lo classifica come composto del gruppo 1 (sostanza sicuramente cancerogena per l’uomo) Valori Limite Per la β2 microglobulina pari a 200 µg/g creatinina. CdU = 2 µg/1itro. CROMO Fonti ambientali. La popolazione assorbe Cr attraverso fonti avventizie. Esposizioni lavorative: Produzione di ferro - cromo, lavorazioni e trattamenti galvanici, concia delle pelli, saldature di acciai speciali al NiCr, produzione di cromati e cromite, l’edilizia per la presenza di cromo nel cemento. Tossicocinetica Assorbimento attraverso la via respiratoria: il Cr VI è facilmente assorbito attraverso la cute. Maggiore concentrazione si ha a livello del polmone, fegato, milza e del rene, 24 Il metallo viene escreto attraverso le e per via biliare - fecale. Indicatori biologici Il cromo nel sangue indicatore di esposizione recente Il cromo nelle urine indicatore di esposizione recente e di accumulo. Indicatori di effetto Effetti biologici Cutanei = lesioni irritative primarie. Dermatite da contatto Il cromo si comporta come aptene e si lega con legame covalente a un carrier costituito da una proteina cutanea. Eczema da contatto del muratore, da Cr contenuto nel cemento, proveniente dai processi di macinazione nei mulini, che non si manifesta negli addetti alla produzione del cemento ove la lavorazione è a secco e non a umido come nell’edilizia. Lesioni nasali = un quadro irritativo infiammatorio seguito da fenomeni infettivi e formazioni crostose. Fino alla perforazione del setto nasale, l’olfatto è sempre mantenuto. Lesioni broncopolmonari = ha azione irritante con quadri di tipo irritativo bronchiale con alterazioni della funzionalità respiratoria Lesioni renali = alterazioni renali con proteinuria, enzimuria. Sono state ipotizzate lesioni tubulari anche in lavoratori esposti, con conseguente alterazione del test di funzionalità tubulare. Cancerogeno = il cromo può aumentare la frequenza di tumori polmonari e un eccesso di tumori a livello gastroenterico non confermato da studi epidemiologici. La IARC lo classifica come composto del gruppo 1 (sostanza sicuramente cancerogena per l’uomo) Valori Limite l’ACGIH propone i seguenti valori limite (TLV-TWA in mg/mc) Cr metallico 0.5; composti di Cr III 0.5; Cr VI composti solubili e insolubili 0.05. CrU = 30 µg/1itro con un differenziale inizio- fine turno di 10. La direttiva CEE lo classifica con la frase R45. RISCHI E PATOLOGIE DA SOLVENTI Definizione di solvente è tutto ciò che permette di portare una sostanza, detta soluto, in soluzione. I solventi di uso industriale appartengono a sostanze organiche e possono essere suddivisi in gruppi a seconda della loro struttura chimica: idrocarburi alifatici e aromatici (eventualmente alogeno sostituiti) alcoli glicoli, aldeidi, chetoni, eteri, esteri e altri composti minori. PROPRIETÀ CHIMICO - FISICHE DEI SOLVENTI 25 Fondamentali per individuare la tossicità dei solventi sono : • Temperatura di ebollizione (TE) • Temperatura di fusione (TF) • Tensione di vapore (TV) L’insieme di questi dati fornisce informazioni riguardo allo stato fisico, alla maggiore o minore volatilità dei diversi solventi a temperatura ambiente, e indica la maggiore rilevanza che può assumere la via inalatoria rispetto ad altre vie di esposizione. Al diminuire del TE e all’aumentare del TV aumenta il grado di volatilità dei composti e quindi ha massima rilevanza l’esposizione per via inalatoria e in misura minore per via cutanea. Temperatura e umidità ambientale sono in grado di condizionare in modo importante la volatilità di un solvente. Tutte le caratteristiche suddette inoltre risentono delle dimensioni delle molecole. Più piccola sarà la molecola più facile sarà attraversare le barriere. Altri aspetti non meno trascurabili sono: • Peso molecolare (PM) • Coefficiente di ripartizione ottanolo / acqua (COA) In relazione alla loro solubilità in acqua e alle loro caratteristiche di liposolubilità i solventi organici vengono suddivisi in 1. Solventi polari 2. solventi apolari 3. solventi bipolari Ancora altri parametri sono: • concentrazione di soglia di riconoscimento dell’odore (TOC) • la densità relativa (DR) • Densità relativa all’acqua (DRL) • densità relativa all’aria (DRV) • comburenza • punto di infiammabilità (PI) • limite di esplosività (LE) • temperatura di autoaccensione (TA) TOSSICOCINETICA ASSORBIMENTO Possono penetrare nell’organismo attraverso varie vie quella ingestiva, inalatoria o transcutanea. Tuttavia in ambito professionale quella più importante sembra essere quella rappresentata dall’albero respiratorio e in misura minore dalla cute. DISTRIBUZIONE Si distribuiscono rapidamente nell’organismo. Hanno uno spiccato tropismo verso i tessuti ricchi di lipidi quali sistema nervoso, centrale e periferico, tessuto adiposo sottocutaneo. BIOTRASFORMAZIONE 26 Essa avviene principalmente a livello del fegato a livello del reticolo endoplasmatico liscio cellulare, le reazioni di ossidazione, sono catalizzate da sistemi enzimatici presenti nei mitocondri e microsomi. Ruolo centrale è svolto dal citocromo P450. La biotrasformazione produce composti più idrosolubili più facilmente eliminabili attraverso l’emuntorio renale rispetto al composto tal quale. ESCREZIONE Le principali vie di escrezione sono quella polmonare essendo eliminato attraverso l’espirazione tal quale al termine dell’esposizione (10-90%), mentre il restante (10-90%) è eliminato attraverso l’emuntorio renale Un’altra quota è eliminata attraverso la bile ed eliminata quindi per via fecale. TOSSICODINAMICA Gli effetti dei solventi possono essere classificati in acuti prevalentemente riconducibili all’azione lesiva esercitata dal composto tal quale e cronici riferiti all’azione dei metaboliti derivati dai processi di biotrasformazione.. Nell’esposizione acuta si osservano effetti a carico del SNC quali torpore, sonnolenza, obnubilamento del sensorio, nelle esposizioni croniche si hanno condizioni di neuropatia periferica, con quadri clinici di denervazione, preceduti da sintomi come parestesie alle estremità proporzionale all’aumentare della durata e dell’entità dell’esposizione. Sistema nervoso centrale Effetti acuti =Spiccato tropismo per queste strutture ricche di fosfolipidi. Altera la capacità di conduzione dello stimolo nervoso. Potere depressorio sul SNC dovuto alle proprietà lipofile del composto. Intossicazioni acute con metanolo o etanolo determinano una condizione di acidosi metabolica: sintomi di cefalea, insonnia, irritabilità, eccitazione psicomotoria, eretismo, allucinazioni, manie persecutorie. Effetti cronici = gravi sindromi psicoorganiche, turbe amnestiche, disturbi dell’affettività e della personalità, distonie neuro vegetative e quadri degenerativo a livello cerebrale e cerebellare. Sistema nervoso periferico Effetti cronici = relative alla tossicità dell’n-esano produce comparsa di polinevrite sensitivo motoria con marcata riduzione della conduzione dello stimolo nervoso motorio all’esame elettromiografico. Parestesie e paralisi completa con areflessia totale. Fegato e rene Effetti cronici = Epatotossicità dei prodotti di biotrasformazione con steatocirrosi e insufficienza renale Cute e mucose Effetto acuto = irritante. L’accidentale aspirazione endopolmonare determina edema polmonare acuto emorragico. Potere cheratogenico gravi danni all’epitelio cutaneo con dermatopatie gravi. Effetto cronico = dermatosi recidivanti e quadri allergici (eczema). Effetti neoplastici = alterazione della crasi ematica e effetto leucemogeno (benzene) a causa della produzione di epossidi chimicamente instabili. Produzione di leucemie acute mieloblastiche e emocitoblastiche. 27 PRINCIPALI SOLVENTI UTILIZZATI A LIVELLO INDUSTRIALE • BENZENE = per la chimica di sintesi e componente di carburanti privi di detonanti a base di piombo. E’ un inquinante ubiquitario. Si distribuisce rapidamente all’organismo ed ha sede elettiva gli organi ricchi di lipidi come il tessuto adiposo, il midollo osseo, il fegato, il rene e il sangue. E’ rapidamente eliminato dall’emuntorio renale dopo un intenso metabolismo a livello epatico che determina la formazione di fenolo. Determina depressione del SNC. A livello cutaneo dermatiti e depressione del midollo osseo emopoietico (emopatia benzenica). Sostanza sicuramente cancerogena per l’uomo attraverso la formazione di benzene epossido e chinone epossido. • N - ESANO = Usato a livello industriale nei collanti e nelle vernici oltre che come catalizzatore, componente dei carburanti e per l’estrazione degli oli vegetali. Distribuzione rapida agli organi ricchi di lipidi e metabolizzato a 2,5 esandione. Eliminato con l’emuntorio renale. Neurotossico per eccellenza con depressione del SNC e SNP dove produce polineurite sensitivo-motoria. • TOLUENE = meno tossico dei precedenti ma ugualmente lipofilo biotrasformato ad alcool benzoico e aldeide benzoica. Eliminato con l’emuntorio renale e in misura minore per via respiratoria. Depressione del SNC ed effetti irritativi a livello cutaneo e delle mucose. L’esposizione cronica determina encefalopatie gravi, possibile epatotossico. • STIRENE = principale uso dello stirene è quello industriale per la produzione della plastica, prodotto lipofilo biotrasformato ad acido mandelico e fenogliossilico; eliminato con le urine. Alterazione della crasi ematica, della funzionalità epatica, disturbi del ciclo mestruale, turbe digestive, alterazioni endocrine a livello dell’asse ipotalamo-ipofisi. • TRICLOROETILENE = deprime SNC provoca cefalea ebbrezza, perdita della coscienza ed esito letale per insufficienza cardiocircolatoria, dermopatie gravi, disturbi cardiocircolatori, e del fegato. • ALCOOL METILICO = Spiccatamente idrofilo e non lipofilo si distribuisce nei vari tessuti dell’organismo dove crea per biotrasformazione aldeide formica che ha un potente effetto depressorio nei confronti del SNC: La sua specifica azione tossica è a livello del nervo ottico essendo questo privo di enzimi che possono biotrasformarlo. Tossico anche a livello epatico. • GLICOL ETILENICO = assorbito prevalentemente per via transcutanea usato nelle preparazioni antigelo dei radiatori delle macchine. produce disturbi del SNC e dell’apparato visivo. Esplica effetti nefrotossici, iperkalemie e alterazione della omeostasi dei fluidi biologici. E’ inoltre implicato in danni a livello miocardico e polmonare con scompenso cardiaco e coma ad esito letale. E’ irritativo delle mucose • SOLFURO DI CARBONIO = ha spiccatissime proprietà solventi per grassi resine, cellulosa e caucciù. Il suo impiego principale è nel campo del tessile artificiale con il metodo viscosa. Si distribuisce rapidamente a livello ematico e a livello dei lipidi. Fra i metaboliti i principali sono il ditiocarbammato, tiourea e solfuri. Deprime il SNC, irrita la cute e crea dei quadri di dermatite. 28 Interagisce con numerosi gruppi funzionali di numerose strutture biologiche determinando inibizione enzimatica, denaturazione e blocco di amminoacidi essenziali. Produce disturbi della sfera endocrina, psicosi acuta polineuriti sensitivo - motorie, specie agli arti inferiori , sindrome parkinson simile. 29