Storia del Titanic
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Storia del Titanic
<<D[ie] XVI [mensis Aprilis MCMXII] maxima quae huc usque vectoriarum navium exstructa fuerit nomine Titan ab Anglia ad civitates foederatas Americae septentrionalis primum profecta, noctu, in immensam glaciei molem ab arctico polo procedentem occurrens, disiicitur atque submergitur. Mille et sexcentae circiter humanae victimae inde heu lugentur!>>: l’enfatico messaggio dei giornalisti di “Vox urbis” annunciava così al mondo l’evento che avrebbe segnato per diverse generazioni la coscienza collettiva, oggetto di ipotesi e di certezze, di leggende verosimili e parziali verità. Era il crollo, nell’Inghilterra dei primi del secolo, di un mito e di uno stile di vita, di una logica improntata a un edonistico successo, a un benessere acquisito e ostentato, o proiettato altrove in un futuro più o meno lontano1. Sogni, desideri, effimere illusioni svanivano in un gelido e improvviso silenzio. Moriva, come scrive Massimo Polidoro2, una leggenda che sposava la tecnologia alla ricchezza, il materialismo al romanticismo, l'illusione alla fantasia. Ma ne nasceva una nuova che avrebbe ispirato un numero imponente di libri, racconti, articoli, poesie, canzoni e film. Come scrive Claudio Bossi, nel sito dedicato al Titanic, la nave <<fu il simbolo di un'epoca di grande ottimismo, si credeva che la tecnologia potesse dominare suprema sulla natura. La storia del Titanic ci ha detto che il progresso tecnologico umano esce drasticamente ridimensionato dalle forze della natura; lo strenuo tentativo dell'uomo di sfidare continuamente i propri limiti, per vana gloria o per intima convinzione, per poi ritrovarsi sconfitto e preda degli eventi è un insegnamento universale. Non bisogna neanche trascurare l'aspetto sociale della tragedia. Una nave costruita per i ricchi borghesi finisce con il diventare la tomba per la maggior parte dei passeggeri meno abbienti di terza classe. Questa non è una splendida metafora dell'economia moderna ?>>. 2 Cfr. Massimo Polidoro, “La maledizione del Titanic”, Avverbi ed., p.1. 1 Con le due navi gemelle Olympic e Britannic, “Titanic”3 era stato progettato per competere con il Lusitania e il Mauretania, transatlantici della compagnia rivale Cunard Line (che nel 1927 assorbirà proprio la White Star Line). La costruzione della nave, finanziata dall'armatore americano John Pierpont Morgan su disegno di William Pirrie, presidente della Harland and Wolff, e di Thomas Andrews, capo del dipartimento di progettazione, ebbe inizio il 31 marzo 1909 ma fu solo il 31 marzo dell'anno seguente che le sovrastrutture furono del tutto completate. La lunghezza della nave era di 269 metri, la larghezza di 288, la stazza era di circa di 46.330 tonnellate e l'altezza del ponte sulla linea di galleggiamento di 18 metri. Ad alimentare la propulsione a vapore quattro cilindri contrapposti invertibili a triplice espansione (macchine alternative) più una turbina Parson a bassa pressione. Le macchine alternative del Titanic, le più grandi mai costruite, occupavano quattro piani in 3 Il nome, come è noto, è attinto alla mitologia classica. I Titani erano giganti creati da Eurinome, la dea di tutte le cose, o, secondo altre versioni, figli di Urano dio del cielo e della Madre Terra. Urano generò i Titani dopo aver cacciato i Ciclopi, suoi figli ribelli, nel remoto Tartaro. Per vendicarsi Gea indusse i Titani ad assalire il loro padre. Essi così fecero, guidati da Crono, il più giovane di loro, che colse nel sonno suo padre e lo evirò con un falcetto di frassino e selce. Crono assunse quindi il potere supremo e cacciò i suoi fratelli Titani assieme ai tre Ciclopi e agli Ecatonchiri (i giganti Centimani) nel Tartaro. Secondo altre versioni, invece, i Titani furono precipitati nel Tartaro da Zeus, dopo la guerra decennale con gli dei olimpici. Zeus fece ubriacare la vecchia carceriera del Tartaro, Campe, e le rubò le chiavi. Liberò così Ciclopi e Giganti Centimani. Altri miti dicono che, vinta la guerra, i Titani furono esiliati dagli dei nelle isole britanniche, o all'estremo occidente, e furono posti sotto la sorveglianza dei Centimani. Atlante, invece, che fu a capo dei Titani dopo l'evirazione di Urano, ricevette come punizione l'obbligo di sostenere il peso del cielo sulle sue spalle. altezza e muovevano le due eliche laterali. La turbina muoveva la sola elica centrale. Le 29 caldaie erano talmente larghe che vi sarebbe potuto passare dentro un treno (avevano un diametro di 5 metri ciascuna) e divoravano circa 728 tonnellate di carbone al giorno. La velocità massima era di 23 nodi (43 km/h). La nave aveva una capacità utile di 3547 persone tra passeggeri ed equipaggio. Poiché svolgeva anche il servizio postale, le fu assegnato il prefisso RMS ( Royal Mail Steamer) oltre a SS (Steam ship, nave a vapore). L'allestimento di bordo comprendeva tra l'altro una piscina coperta (per la prima volta su una nave), una palestra4, un bagno turco5 e un campo di squash. Le camere di prima classe erano rifinite con 4 Nel suo numero speciale dell'estate 1911, dedicato all' Olympic ed al Titanic, la rivista britannica “The Shipbuilder”definiva così la palestra installata a bordo: " In questa sala, i passeggeri di prima classe potevano dedicarsi alle gioie dell'equitazione, della bicicletta, del remo, ecc..., ed allenarsi così in modo proficuo, senza parlare del piacere che riceveranno".La palestra sul Titanic era localizzata sul lato di dritta del ponte delle imbarcazioni, giusto dietro alla sala di entrata di prima classe e vicina al secondo fumaiolo. Era costituita da una sala lunga di 13,40 metri, larga 5,50 metri per 2,90 metri di altezza; illuminata da otto vetrate di dimensioni eccezionali che davano sul ponte. I muri interni della sala erano rivestiti di perline di pino laccato bianco, con un rivestimento in quercia. Il soffitto, laccato bianco, era a cassettoni ed il suolo era di linoleum bianco brillante con una losanga bruna ad ogni angolo. Di fronte alle finestre, si trovavano due enormi pannelli luminosi: uno rappresentava un planisfero che indicava le rotte dei piroscafi della White Star Line attraverso il mondo, mentre l'altro mostrava i piani in taglio dell'Olympic e del. Titanic. Delle comode poltrone di vimini adornavano il locale.La palestra non possedeva il guardaroba: gli unici attaccapanni erano fissati sui pannelli della sala affinché i passeggeri potevano depositare i loro vestiti. Parecchie fotografie dell'interno della palestra furono prese a bordo del Titanic: si poteva notare come la palestra fosse attrezzata con i più moderni attrezzi disponibili all'epoca; non esiste tuttavia un inventario preciso degli apparecchi installati. Riguardo all'attrezzatura dell'epoca e sulle fotografie scattate a bordo, è possibile stilare un elenco, seppur non ufficiale, degli attrezzi installati. Alcuni sono sempre d'attualità, come il cavallo, il vogatore, la palla medica, la spalliera, la cyclette, il punching ball, gli estensori, i bilancieri, il tappeto per esercizi al suolo. Altre, oggi in disuso, producevano effetti stupefacenti, come la macchina a rotazione del tronco, la macchina ad attrito ventrale, la macchina ad attrito dorsale. La palestra del Titanic era fornita anche di due "macchine ad equitazione", una riservata ai signori, e l'altra alle signore. Il cliente, seduto sulla sella con i piedi nelle staffe, era così sottoposto a scossoni verticali che riproducevano le andature del trotto o quelle del galoppo del cavallo. Una breve redine, fissata a quello che simulava il collo dell'animale, gli permetteva di assicurarsi all'attrezzo. Vicino alle finestre di tribordo, non lontano dalla porta d'entrata della palestra, vi era il cosiddetto "cammello elettrico". Su questa macchina il cliente si sedeva a parte su un'ampia sedia a metà attrezzo, ed era sottoposto a scossoni che, grazie ad una combinazione di movimenti orizzontali e verticali, causavano la rotazione del tronco, come se fosse stato appunto sul dorso di un cammello. Entrambi gli attrezzi, citati poco sopra, funzionavano grazie ad un motore elettrico. 4.Il Titanic aveva una delle migliori piscine mai viste in una nave da crociera transoceanica. La piscina era dislocata sul lato di tribordo del ponte F, poco distante dal bagno turco, e si estendeva fino al ponte G; la vasca era piccola ed era concessa in uso ai passeggeri della prima classe . La piscina ed il bagno turco erano riservati alle donne tra le 10 a.m. e l'1 p.m., per gli uomini dalle 2 p.m. alle 6 p. la massima sfarzosità. C'erano 34 alloggi privati, ognuno dei quali dotato di soggiorno, sala di lettura e sala per fumatori, accanto alle stanze riservate ai cuochi e al personale di cucina 6; ogni alloggio era arredato in stile diverso. Non mancavano, infine, un ospedale7, una stamperia ed un ufficio postale del mare con una squadra di cinque impiegati. Sfarzo ed estetica a parte, il Titanic era un gioiello di tecnologia ed era ritenuto praticamente inaffondabile (la stampa enfaticamente pubblicò la notizia che " nemmeno Dio in persona avrebbe potuto colarla a picco"). La chiglia era dotata di un doppio fondo cellulare e lo scafo era suddiviso in 16 compartimenti stagni, le cui porte a ghigliottina si potevano chiudere automaticamente dal ponte di comando (in mancanza di energia elettrica si potevano chiudere sfruttando la forza di gravità). 6 A bordo si contavano, così, sessanta cuochi, una quarantina di assistenti vari ed un personale di sala ancora più numeroso. Per tutti questi professionisti il viaggio non era un incarico onorifico, dato che passavano le loro giornate a lavorare duramente per produrre quotidianamente 2000 colazioni ed altrettante cene, per fare diverse qualità di pane, per preparare in anticipo le salse, imbastire le torte, specialmente quelle prodotte su ordinazione, e preoccuparsi persino della cucina kosher riservata agli ebrei praticanti. 7 L'ospedale del Titanic era dotato di installazioni mediche di livello pari a quelle dei piccoli ospedali britannici o americani del tempo. Quando i passeggeri di prima classe furono imbarcati ed ebbero preso possesso delle loro cabine, fu loro distribuito un vademecum in cui furono specificati tutti i servizi. Fu indicato, in particolare, che un medico, con esperienza, era a bordo. Il gruppo di medici a bordo del Titanic fu posto sotto la responsabilità del Dott. William Francis Norman O'Loughlin, anziano chirurgo della White Star Line e di Edward Simpson. Prima della partenza, i due visitarono l'equipaggio, per assicurarsi della buona salute personale che prestava. Anche ogni passeggero di terza classe fu sottoposto ad un esame medico, da parte sempre del Dott. O'Loughlin, coadiuvato dall'esperto nominato dall'ufficiale dell'Ufficio dell'Emigrazione. Lo scopo di questo esame era rendere sicuro che questi passeggeri fossero apparentemente in buona salute, così da evitare di trasmettere malattie contagiose in America, nazione in cui non sarebbero stati accettati. Il controllo fu effettuato soprattutto sui capelli, per controllare che non vi fossero pidocchi, e sull'assenza appunto di sintomi delle malattie contagiose. Nessun passeggero che presentava tali segni fu autorizzato ad imbarcarsi. L'ironia del destino, tre bambini di origine siriana non furono accettati, e furono rispediti a casa, salvandosi così dal naufragio. Ogni passeggero di terza classe che superava il controllo si vide consegnare una cartella medica personale che fu allegata al relativo biglietto. L'ospedale a bordo della Titanic consistette in piccole unità infermieristiche dislocate in diversi punti della nave, in relazione alla malattia degli eventuali pazienti. I passeggeri erano curati in base alla loro classe di appartenenza, mentre le medicine erano disponibili per tutti. La nave partì per il suo primo e unico viaggio il 10 aprile 1912 da Southampton (Inghilterra) verso New York, comandata dal capitano Edward J. Smith. Per lui, il viaggio del nuovo transatlantico costituiva l'ultimo comando prima del pensionamento, e rappresentava il coronamento di una lunga e brillante carriera. Il Capitano Edward J. Smith A causa del risucchio causato dalla partenza del Titanic, la piccola nave New York ormeggiata nelle vicinanze ruppe gli ormeggi e si avvicinò pericolosamente al gigante. Il mancato incidente causò il ritardo di un'ora. Dopo avere attraversato La Manica il Titanic arrivò in serata a Cherbourg, in Francia, dove sostò con tutte le luci accese, poi partì alla volta di Queenstown (oggi Cobh) in Irlanda, dove caricò numerosi emigranti irlandesi. L'ultima foto del Titanic in navigazione verso New York venne presa poco prima che doppiasse la roccia di Fastnet. In prima classe erano presenti alcuni degli uomini più in vista dell'epoca. Tra questi vi erano: il milionario John Jacob Astor e la moglie Madeleine Force Astor; l'industriale Benjamin Guggenheim; Isidor Straus e la moglie Ida; la milionaria di Denver Margaret "Molly" Brown; Sir Cosmo Duff-Gordon e sua moglie, la contessa Lady Lucille Duff-Gordon; George Elkins Widener e la moglie Eleonora; John Borland Thayer, sua moglie Marian e il figlio diciassettenne Jack; il giornalista William Thomas Stead; la contessa di Rothes; il consigliere presidenziale statunitense Archibald Butt; lo scrittore Helen Churchill Candee; lo scrittore Jacques Futrelle, la moglie e alcuni amici; i produttori di Broadway Henry e Irene Harris; l'attrice di film muti Dorothy Gibson e altri. In prima classe viaggiava anche l'amministratore delegato della White Star Line, Joseph Bruce Ismay, che ebbe l'idea di costruire la nave e ne scelse il nome. Era pure presente il principale progettista, Thomas Andrews, che voleva constatare di persona gli eventuali problemi del primo viaggio. La notte del 14 aprile la temperatura si era abbassata quasi a 0 gradi. Il mare era calmo, assolutamente piatto. Era una notte gelida, limpida e senza luna. Le stelle punteggiavano il cielo. L'assenza della luna e l'eccessiva calma delle acque resero maggiormente difficoltoso l'avvistamento di eventuali iceberg, la cui presenza poteva essere notata grazie allo sciabordio delle onde sul ghiaccio. Ma queste non furono le uniche coincidenze che portarono al disastro. Vi fu anche l'eccezionale rigidità del clima, anomalo in aprile, e soprattutto lo squarcio di ben cinque compartimenti di prua: un danno che nella storia della marina non si era mai verificato. Alcune ore prima, intorno alle 13:30, il capitano aveva consegnato a Bruce Ismay un messaggio appena ricevuto dal vapore Baltic, che segnalava la presenza di ghiaccio a 400 km sulla rotta del Titanic. Il direttore della White Star non diede peso alla cosa e giudicò sufficiente la modifica della rotta (leggermente più a sud) data da Smith in precedenza; del resto, la presenza di iceberg sulle rotte del nord Atlantico era un fatto abbastanza comune. Non è chiaro di chi fu la responsabilità delle decisioni , ma è certo che la nave non diminuì la velocità e, anzi, fu dato l'ordine di accendere le ultime quattro caldaie. Alle 13:45 arrivò un messaggio del piroscafo Amerika, che inspiegabilmente non giunse al ponte di comando, mentre nel pomeriggio un altro avviso, questa volta dal Mesaba, non fu consegnato. Un terzo importantissimo marconigramma giunse infine dal Californian, che sostava bloccato dai ghiacci a poca distanza dal Titanic: nel messaggio veniva segnalata la presenza di un enorme campo di iceberg proprio sulla rotta del transatlantico, ma l'operatore radio del Titanic zittì il marconista del Californian essendo impegnato nell'invio dei messaggi personali dei passeggeri. Intorno alle 21:00, il capitano lasciò il salone ristorante e salì in plancia: col secondo ufficiale Lightoller discusse le condizioni eccezionalmente calme del mare e ordinò di diminuire la velocità in caso di foschia; quindi, si ritirò in cabina. Alle 23:40, le vedette Fredrick Fleet e Reginald Lee videro un iceberg direttamente di fronte alla nave; pare che, durante le operazioni di carico a Southampton, a bordo non fossero stati portati i binocoli, cosicché l'avvistamento dell'iceberg dovette esser effettuato letteralmente "a vista". In realtà la sistemazione dei binocoli era responsabilità del Secondo Ufficiale designato e cioè David Blair. A causa dell'assegnazione all'ultimo minuto di Henry Tingle Wilde come Capo Ufficiale, William McMaster Murdoch e Charles Herbert Lightoller furono retrocessi di un grado. A questo punto David Blair dovette abbandonare il transatlantico il 9 aprile 1912 alla vigilia del viaggio inaugurale e si dimenticò di consegnare la chiave del telefono della coffa dove vi era anche un armadietto contenente i binocoli. Tuttavia fu possibile utilizzare il telefono grazie ad una copia che si trovava nell'ufficio del maestro d'armi, il quale aveva le copie di tutte le attrezzature di sicurezza. Nessuno aveva idea invece, di dove si trovassero i binocoli e David Blair era l'unico ad esserne a conoscenza. Dopo l'avvistamento Fleet suonò tre volte la campana e telefonò al ponte di comando esclamando: "Iceberg dritto di proravia!". Il primo ufficiale Murdoch virò immediatamente a sinistra e ordinò "macchine indietro tutta", ma la nave stava filando alla massima velocità (24,8 nodi) e non poteva ridurre la pressione del vapore - e tanto meno la velocità - in un tempo così breve; è necessario evidenziare che una nave di quella stazza, a tale velocità, ha una quantità di moto enorme e occorrono diverse miglia affinché si riesca a fermarla completamente. A peggiorare la situazione si aggiunse il fatto che lo scafo reagiva lentamente alle manovre del timone, e solo all'ultimo istante cominciò a virare visibilmente a sinistra. A posteriori è stato provato che, se Murdoch avesse freddamente mantenuto la direzione, la nave avrebbe subìto un violento impatto frontale contro l'iceberg, danneggiando i primi due compartimenti stagni e arrivando a New York con solo poche ore di ritardo. Ordinando invece la virata a sinistra, il Titanic offrì all'iceberg la sua fiancata, che fu trafitta in più punti per il progressivo effetto della virata. Il ghiaccio strisciò sulla dritta piegando le lamiere e facendo saltare i "rivetti" sotto la linea di galleggiamento. (Nel 1998, recuperando una lamiera del relitto, si accertò che la scarsa consistenza dell'acciaio impiegato per la costruzione dello scafo era identica all'acciaio in uso in Inghilterra all'inizio del '900, e che dunque tutto rientrava nella norma. A quell'epoca, inoltre, lo scafo delle navi era "incernierato", ovvero composto da singoli pannelli d'acciaio tenuti insieme da chiodature. Solo vent'anni più tardi fu realizzato il primo scafo fuso in un monoblocco). All'inizio si pensò a un solo squarcio di 90 metri nella fiancata (tale squarcio venne erroneamente ripreso da tutta la filmografia inerente il disastro) ma nel 1997 si è scoperto che si tratta di sei falle di piccole dimensioni, per un totale di circa 1,6 metri quadrati, distribuiti lungo i primi cinque compartimenti stagni prodieri. La collisione fu pressoché inavvertita dai passeggeri, e solo chi si trovava sul ponte si accorse della presenza dell'iceberg, pur senza rendersi conto della gravità dell'evento: è documentato infatti che diversi passeggeri di terza classe raccolsero frammenti di ghiaccio utilizzandoli per giocare a pallone, mentre alcuni passeggeri di prima classe utilizzarono cubetti di ghiaccio dell'iceberg nei loro drink. Chi si trovava nei vani letto avvertì un "sordo ed ovattato sibilo", o il "rotolare di migliaia di biglie", o un "dito gigantesco che accarezzasse il fianco della nave". Mentre l'acqua cominciava ad invadere i primi cinque compartimenti, furono immediatamente chiuse le porte stagne e il capitano Smith ordinò subito un'ispezione. Il progettista della nave, Thomas Andrews, spiegò che la nave era in grado di sopportare uno squarcio e rimanere comunque a galla con quattro compartimenti allagati, ma non cinque. A questo limite se ne aggiunse uno ancora più grave (limiti non più presenti nelle navi attuali) e cioè che le paratie stagne non superavano il ponte "E", che si trovava all'incirca a metà dell'altezza della nave. A causa di questo, l'affondamento della prua avrebbe fatto tracimare l'acqua verso gli altri compartimenti, con la tipica modalità dei "Vasi comunicanti", rendendo pressoché inutile il lavoro delle pompe elettriche. A quell'ora, la prua aveva già imbarcato circa 8000 metri cubi di acqua e i calcoli effettuati confermarono che il transatlantico sarebbe affondato al massimo entro un'ora e mezza. Fu dato quindi l'ordine (incredibile per tutti i sostenitori dell'inaffondabilità) di abbandonare la nave, evitando di diffondere il panico tra i passeggeri ancora inconsapevoli. I passeggeri di prima e seconda classe ebbero facile accesso al ponte lance tramite le scale che conducevano al ponte, mentre i passeggeri di terza ebbero notevoli difficoltà a trovare il percorso. Ma non furono abbandonati; certo, il fatto che si salvò solo un terzo dei passeggeri di terza ha dato origine alla leggenda che vennero intenzionalmente trascurati, ma alcuni membri dell'equipaggio sopravvissuti testimoniarono che cercarono di guidare questi emigranti, perlopiù non inglesi, sulle scialuppe 8, ma molti li ignorarono o semplicemente non li capirono. È certo che alcune uscite furono trovate sbarrate da cancellate in ferro, che imprigionarono la folla nei meandri del transatlantico, e molte donne inoltre si rifiutarono di separarsi dai mariti; quando poi gli uomini ebbero il permesso di salire sul ponte era ormai troppo tardi, tutte le scialuppe se n'erano andate. La rottura dello scafo provoca lo scoppio delle caldaie, il vapore esce a volontà. Tutto sta collassando, la sala caldaie numero 1 è inondata. Viene a mancare tutto: le linee di cablaggio sono rotte, il Titanic rimane al buio, il timone torna per un attimo ad abbassarsi al livello dell'acqua. La parte di timoniera s'innalza nuovamente nell'oscurità, mentre la parte di prua incomincia ad inabissarsi. Alle 02,20, anche la parte posteriore del Titanic scompare dalla superficie dell'Oceano: il Titanic è affondato. 8 Il Titanic era dotato di 20 scialuppe per una capacità totale di 1178 persone, non sufficienti per i passeggeri e l'equipaggio (appena un terzo del totale imbarcabile). Nonostante tale limitazione, le scialuppe erano addirittura in soprannumero rispetto alle imposizioni del British Board of Regulations, che ne determinava il numero in base al tonnellaggio della nave e non al numero di persone trasportabili. Nel terribile frastuono provocato dal vapore che si liberava dai fumaioli, le operazioni cominciarono nel disordine più totale, poiché l'esercitazione fissata nel pomeriggio era stata incredibilmente annullata e, anzi, alcuni passeggeri di prima classe credevano che quella fosse proprio un'esercitazione, lamentandosi nei confronti di alcuni membri dell'equipaggio. La prima scialuppa fu calata in mare alle 00:40 dal lato destro con sole 28 persone a bordo e poco dopo una con solo 12 persone, sebbene le loro capacità fossero di sessantacinque passeggeri, sprecando quindi tre quinti dei posti disponibili; molte delle scialuppe vennero calate in mare mezze vuote. ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Giungeva, intanto, sul posto il Carpathia, che riuscì a recuperare i naufraghi sopravvissuti. A bordo fu tenuta una cerimonia religiosa per i dispersi, circa 1518, vittime per lo più di ipotermia (la temperatura dell’acqua era di -2°). Alle 8:50 la nave partì per New York, dove giunse il 18 aprile con 705 superstiti. Un cadavere è riposto nella bara New York: una scialuppa di salvataggio del Titanic. Dalla cronaca alla letteratura 2. Un contributo interessante, a riprova dell’impatto incisivo della tragedia sull’immaginario collettivo9, ci viene da un articolo di Theodericus Sacrè dal titolo “De Titanicae navis interitu”. Presentato nel corso di 9 Il "classico" sul Titanic, tuttora fondamentale, è A Night to Remember, romanzo-saggio pubblicato nel 1955 da Walter Lord (Titanic. La vera storia, trad. it. di Carla Verga, Garzanti, Milano, 19983), da cui fu tratto l’anno successivo il film omonimo di Roy Ward Baker (il titolo italiano è Titanic, latitudine 41 Nord). Il saggio più aggiornato è probabilmente Her Name: Titanic. The Untold Story of the Sinking and Finding of the Unsinkable Ship di Charles R. Pellegrino (McGraw-Hill, New York, 1988). Ricco di fotografie d’epoca, disegni e illustrazioni è poi Titanic. An illustrated History di Don Lynch (Titanic. La storia illustrata, Maioli, Milano, 1995). Breve e prezioso, un po’ ricostruzione storica e un po’ riflessione sul mito è Sur le pont du Titanic di Jean-Pierre Keller (Sul ponte del Titanic, trad. it. di Guido Lagomarsino, un convegno all’Università di Washington, nel dicembre del 1998, edito on line in “Latin Colloquia Collection”, il saggio illustra, citandone versi ed immagini, alcuni recenti componimenti in lingua latina dedicati al naufragio del Titanic. Tra gli autori presi in considerazione, accanto a un excursus esaustivo di precedenti poeti o prosatori, testimoni nelle loro opere di eventi calamitosi 10, Peter H. Damsté [1860 – 1943]11, Henrich Padberg12, ambedue olandesi, e Iosephus Fonts Surinyach, poeta e sacerdote originario della Catalogna, scomparso nel 1913. Del primo, in particolare, si ricorda l’ 'Elogium in memoriam Hartleyi, symphoniacorum in Titanica nave magistri fortissimi', focalizzato sulle ultime vicende dell’orchestra in una nave ormai prossima al naufragio. Più rilevante, per la maggiore completezza ed espressività, il componimento di Padberg, articolato in una serie di scene, in cui il rispetto della “fabula”, fedele a sua volta a dati cronachistici, non esclude allusioni prolettiche, affidate di solito a interventi dell’autore. Come un antico dramma greco, dove l’orchestra prende il posto del coro, l’azione si articola in una serie di scene. Questi, in sintesi, gli argomenti salienti: 1. Scena prima( vv. 1-16): Regna la notte; si sente parlare di una nave eccezionale; 2. Scena seconda (vv. 17-44): Nei cantieri navali si procede alla costruzione del Titanic; 3. Scena terza (vv. 45-66): Imbarco dei passeggeri13; 4. Scena quarta (vv. 67-70): Un magnate, colto da una grave malattia, è costretto a rinunciare al viaggio14; Elèuthera, Milano, 1997). Una curiosa raccolta di poesie, sermoni, canzoni e articoli di giornale apparsi nei giorni e nelle settimane successive al disastro è stata curata da Steven Biel ( Titanica. The Disaster of the Century in Poetry, Song, and Prose, Norton, New York-London, 1998), così come è stato ristampato a cura di Bruce M. Caplan (Hara, Seattle, 1996) il racconto-inchiesta di Logan Marshall The Sinking of the Titanic, pubblicato per la prima volta nel 1912 a pochi mesi dal naufragio. Infine, non si possono non ricordare il poema di Hans Magnus Enzensberger Der Untergang der Titanic (La fine del Titanic, trad. it. di Vittoria Alliata, Einaudi, Torino, 19902) e il "musical piece" di Gavin Bryars The Sinking of the Titanic (nuova registrazione su cd Point Music 446-061-2, 1994). 10 Tra questi Lucrezio, ricordato per la descrizione della peste ad Atene nel VI libro del “De rerum natura”, Virgilio, con la descrizione della peste del Norico nel III libro (vv. 452-566) delle “Georgiche”, e ancora Francesco Fracastoro , che nel “De morbo gallico” (ovvero la sifilide) narrò del giovane pastore Sifilo punito da Apollo con questa malattia. Calamità naturali diventano soggetto di opere poetiche anche in tempi più recenti: ad es., l’eruzione vulcanica che colpì Baia in un componimento di Baudelaire del 1837 e il terremoto che colpì la Calabria e la Sicilia nel 1908 nei versi di Giuseppe Giannuzzi ( Me iuvat Italiae infandum memorare dolorem,cui maris et terrae, cui caeli ignisque voracis coniurata cohors momento temporis, eheutot dulces natos, tot claras abstulit urbes,gemmas Trinacriae et Calabrae regionis ocellos). Infine, dedicate specificatamente a incidenti navali, le opere più recenti di Iohannes Loccenius Holsatiensis Germano-Danus (1597 - 1677) su un naufragio a largo della Spagna (Carmen in luctuosum damnum et interitum navis abiturientis in Hispaniam et quinquaginta ferme hominum in navi ortum ex tormento quod dissiluit (Rostochii, 1622) e dell’inglese William Cowper (1731 -1800) sull’affondamento della Georgius Rex, e sulla morte del capitano insieme a ottocento marinai. 11 L’opera, edita all’indomani della tragedia sulla rivista “ Scriptor Latinus” , fu ripubblicata a Zwolle nella raccolta dei Carmina minora dello stesso scrittore nel 1940. 12 Nato nel 1889, gesuita e docente, in diversi collegi, di Lingua ebraica e olandese, di Eloquenza sacra e Filosofia, morì in un ospedale di Oudenbosch nel 1926. 13 Oltre a quelli citati nella precedente sezione, vanno ricordati i tanti passeggeri di III classe, emigranti anche italiani o fuggiaschi, a volte sotto falsa identità (per ulteriori approfondimenti, cfr. il citato sito di Claudio Bossi alla sezione “Superstiti”). Non mancavano, infine, sacerdoti, come, ad es., Padre Thomas Roussel Davis Byles, pronto a partire per New York per officiare alle nozze del fratello, e il Reverendo Harper, sulla cui fine si veda più oltre la nota 13 . Vi furono, in realtà, più persone che rinunciarono a viaggiare a bordo del Titanic per i più diversi motivi, pur avendo regolarmente prenotato il loro viaggio. Vi fu chi cambiò idea, chi arrivò in ritardo al molo di partenza in quanto aveva rotto il motore dell'auto, vi fu il caso di chi rimandò il viaggio poiché la moglie si era infortunata in precedenza o semplicemente perché ammalata. Chi ancora, e fu il caso di Robert Bacon, ambasciatore degli Stati Uniti in Francia, perse il viaggio in quanto il suo sostituto arrivò in ritardo al passaggio delle consegne. Segnato dalla sfortuna ancora prima di imbarcarsi, un tal Narciso Bazzi, un veterano dell' Olympic , che, mentre si trovava in vacanza, era stato convocato con un telegramma per rimpiazzare un collega malato. Non aveva molta voglia di partire, ma lo fece lo 14 5. Scena quinta (vv. 71-96): Scontro del Titanic con un iceberg; 6. Scena sesta (vv. 97-126): Spensieratezza eccessiva dei passeggeri, ignari della tragedia in corso; 7. Scena settima (vv. 127-150): Il terrore coglie, un po’ alla volta, i passeggeri: scene di dolore e di disperazione di uomini, donne e bambini; 8. Scena ottava (vv. 151-192): Coraggio di alcuni uomini e donne nelle operazioni di salvataggio 15; 9. Scena nona (vv. 193-238): Si effondono preghiere a Dio sulle note dell’orchestra; 10. Scena decima (vv. 239-264): Si ode l’estremo inno a Dio prima che la nave si inabissi. Fin dalle prime strofe, la nave è celebrata come un portento di tecnologia, con macchinari e dispositivi dagli effetti spettacolari. Una allusione, dal consueto colorito epico, è già nella seconda scena del componimento, in cui a parlare, in una sorta di autocelebrazione, è il capo degli addetti alla costruzione: stesso.Da citare il caso dei coniugi Vanderbilt, che annullarono la loro prenotazione, in quanto qualcuno della famiglia, presago dell’imminente sciagura, vi si era opposto con fermezza ("tante cose possono andare male su un viaggio inaugurale"). Si ebbero anche defezioni all'ultimo momento e qualcuno dovette rinunciare a recuperare il proprio bagaglio. Emblematico, comunque, il caso di John Pierpont Morgan, il proprietario dell'International Mercatile Marine, società madre della White Star Line: un annullamento che, anni dopo, lasciò più di una perplessità alla luce dei fatti accaduti. Ufficialmente John Pierpont Morgan venne trattenuto a terra da sopraggiunti impegni d'affari. 15 Diversi esempi sono riportati dal citato Bossi nel sito dedicato al Titanic. Tra questi la vicenda del citato padre Byles, attivissimo nell’aiutare i passeggeri di terza classe a salire sulle scialuppe di salvataggio. Terminato il suo compito, si recò all'estremità della nave dove ascoltò oltre un centinaio di confessioni dei passeggeri che non erano potuti salire sulle lance di salvataggio. A Padre Byles parecchie volte venne offerto un posto su una scialuppa di salvataggio, ma egli rifiutò. Il suo corpo non fu mai recuperato. Simili alla sua le vicende del sacerdote lituano Joseph Mantvila e del Reverendo Harper. Quest’ultimo, dopo aver affidato sua figlia a un membro dell'equipaggio, diede il suo giubbotto di salvataggio ad un passeggero, ponendo così fine ad ogni sua possibilità di sopravvivenza. I sopravvissuti riferirono di averlo visto sul ponte superiore circondato da passeggeri terrorizzati, mentre pregava in ginocchio per la loro salvezza. Gettatosi in mare, cercò di trovare un pezzo di relitto galleggiante per aggrapparvisi ma presto cominciò a soccombere. Persino nell'ultimo momento continuò nello scopo della sua vita di conquistare le anime perdute. 14.<<Invano le onde tenteranno di salire su queste navi inaccessibili,invano il vostro furore tenterà di attaccare questa potenza d’acciaio! Basterà il tocco di un dito e le porte si chiuderanno, le acque nemiche si ritireranno !>>. Frustra temptabunt haec ardua scandere fluctus, hoc adamas frustra vester inire furor! […] impulsus digiti poterit iam claudere portas hostilesque gradum sistere coget aquas16 Si passa quindi a elencare magnati e ospiti prestigiosi in procinto di imbarcarsi sulla nave fatale. Un trionfo di potenza apparente, di raggiunta o agognata felicità, che si trasformerà ben presto in un epico epicedio: Discedere lintres densa phalanx videt atque imperturbata virorum cumque viris quas fidus amor restare coegit) Iamque valete, animae fortes gentisque Britannae immortale decus! Memori vos mente colemus, heroes, siquidem vestrum mirabile letum humano generi manet aeternumque manebit17! Nelle scene seguenti, si allude alla tappa iniziale del viaggio, tra la calma serena di mari e di cieli e la gioia festosa di marinai e passeggeri. Alma quies prorsus pelagi tum frena. Tenebat nec per quinque dies, per iter iam paene peractum ulla superba minax caput extulit unda. Voluptas regnabat dulcis, regnabant gaudi,risus. Hac nocte est in puppe dies splendoreque miro et choreis celebrabatur…18 17 Vede le scialuppe allontanarsi una fitta e imperturbabile folla di uomini e di quante l’amore fedele tenne avvinte ai loro sposi. Addio, anime forti, gloria immortale della gente britannica! Vi onoreremo con animo memore, o eroi, se è vero che la vostra morte ammirevole resta e resterà in eterno all’umana generazione. 15<<Allora una sacra quiete teneva del tutto le briglie del mare, nè alcuna onda sollevò la testa minacciosa nel percorso quasi ultimato di 5 giorni. Regnava il dolce piacere, regnavano gioie e sorriso. In questa notte sulla poppa il giorno è di straordinario splendore e si trascorre tra danze >>. Voci inquietanti incrinano, all’improvviso, quella pace apparente. E’ la natura stessa, “matrigna” e insidiosa, a mostrare il suo volto minaccioso. “Nemesi” dal volto di ghiaccio, invano mette in guardia il “Titanicum monstrum” da una hybris che ne segnerà la fine. Mirificae subito vibrant per inania voces quas non aure bibens ore neque edit homo: “zonam quae gelidam tangis cava cumque carina, o cave ‘ait’ glaciem! Magna pericola cave!” quae Titanica percipiens circumspicit atque per pelagus passim parvula frusta videt; indignansque gigas: “formidem talia?” clamat; frusta vorans pergit precipitare viam…19 La nave si inabissa, gravata dall’acqua e dal suo stesso peso, O mihi membra tremunt: Titanum corpora dira mox iacuisse aiunt obruta mole sua…20 mentre l’orchestra21 continua a suonare il suo triste e lugubre threnos. 16.<<All’improvviso risuonano strane voci attraverso il vuoto, che nessun uomo potrebbe udire o pronunciare: “Tu che con la concava chiglia tocchi la zona gelida ‘evita’ ,grida , il ghiaccio! Sta in guardia da un letale pericolo!”. Titanic , udendo tali parole, vede diffusi nel mare piccoli pezzi di ghiaccio; e, sprezzante, così grida il gigante: “Dovrei temere tali cose?” , e divorandoli, prosegue la rotta>>. 20 <<Ahimè, mi tremano le membra… Dicono che le membra spaventose dei Titani si siano accasciate, oppresse dalla loro mole>>. Tra i membri dell'orchestra il primo violinista John Law Hume, i violoncellisti Percy Cornelius Taylor e John Wesley Woodward, e John Frederich Preston Clarke al contrabbasso. Wallace Henry Hartley, direttore dell'orchestra ed ottimo violinista, era molto orgoglioso dei suoi ragazzi, selezionati personalmente tra i grandi alberghi ed i bar di Londra. 21 En puppis dum fluctibus involvitur et mergitur,grex symphoniacus modulos hos ultimi qui vocatur hymni personat: “prope o magis te,te propius,Deus! Crucis cruentae ligno ego sublever, carmen resultans usque canto : te propius,propius,Deus,te !’’22 Si prende man mano coscienza del pericolo ormai mortale; in preda al panico e a istinti irrazionali, ogni azione si fa frenetica e concitata: Nunc demum plures vitae discrimen haberi coniciunt capiunt reiciunt retinent23. 22 <<Ed ecco, mentre la poppa affonda, l’orchestra sta per soccombere, si innalza l’inno estremo: “Più vicino a te, o Dio, più vicino! Fà che mi elevi verso di te dal legno della croce cruenta, finché il mio canto risuoni, più vicino a te, più vicino!>> .I versi sono una libera traduzione dell’inno scritto nel 1841 dalla poetessa inglese Sarah Fuller Adams, già rielaborato in diverse versioni. L’inno ebbe uno straordinario successo poiché più di 5000 spartiti furono venduti nel giro di alcune settimane. Le prime note furono peraltro incise sulla pietra tombale di Wallace Henry Hartley. Se ne riporta di seguito il testo completo, a cui sembrano rifarsi quasi alla lettera i versi di Padberg.: 1.Nearer, My God, To Thee, Nearer, To Thee .E'en though it be a cross. That raiseth me, Still all my song shall be.Nearer, My God, To Thee, Nearer, My God, To Thee, Nearer To Thee.2. Though like the wanderer, The sun gone down, Darkness be over me, My rest a stone, Yet in my dreams I'd be Nearer, My God, To Thee, Nearer To Thee.3. There let my way appear. Steps unto heaven; All that Thou sendest me In mercy given; Angels to beckon me. Nearer, My God, To Thee, Nearer, My God, To Thee, Nearer To Thee.4. Then with my waking thoughs Bright with Thy praise, Out of my stony griefs. Bethel I'll raise ,So by my woes to be Nearer, My God, To Thee, Nearer, My God, To Thee, Nearer To Thee.5. Or if on joyful wing Cleaving the sky, Sun, moon, and stars forgot, Upward I fly, Still all my song shall be ,Nearer, My God, To Thee, Nearer, My God, To Thee ,Nearer To Thee.6. There in my Father's home ,Safe and at rest, There in my Saviour's love ,Perfectly blest; Age after age to be, Nearer, My God, To Thee, Nearer, My God, To Thee, Nearer To Thee. Nel testo inglese, l’anima, assetata di Dio, si invola da una umana dimensione di dolore e sacrificio a una luce eterna ed infinita, ricercata oltre il chiarore del sole, delle stelle e della luna; in Padberg al motivo e al tono di fondo si aggiunge una nota nuova e suggestiva: la nave stessa, prossima alla fine, si muta in un altare solitario; l’albero, per analogia, diviene il legno della croce, strumento di un’ascesa verso Dio in un corale sacrificio catartico. Si invidia la sorte di chi è scampato per fortuite ragioni: Fortuna adversa macte beate miser!24 Nella fine imminente, ci si aggrappa agli affetti più cari, la solidarietà e l’affetto si esprimono in un’estrema speranza. Florens hic tenerae valedicens sponsus amanti, roscida mellifluis oribus ora premens "Mox" (ita fallit amor) me quaere Neo-Eboraci; nunc cave ne noceant frigida flabra tibi.25" Ed è alle donne e ai bambini che va naturalmente il primo pensiero: Conferte et hunc : ’’infans sit prior26, exclamat, sit femina salva cum illo’’. << Ora finalmente comprendono di essere in pericolo di vita, afferrano, rigettano, trattengono >> (da notare il succedersi in asindeto dei verbi, a indicare il confuso procedere delle operazioni, d’intralcio talora agli interventi di salvataggio). 24 <<Salve, te beatamente infelice per una sorte avversa >>. A pronunciare i versi, riferiti ad un magnate impedito a viaggiare per una improvvisa malattia, è l’autore stesso, nella sua compartecipazione al dramma. Da notare l’ossimoro “beate miser” con cui si sottolinea la fortuita e paradossale fortuna del mancato passeggero. 25 <<Il marito, nel fiore dell’età, così parla, baciandola dolcemente, alla tenera sposa: “Cercami a New York (così l’amore li illude), e che le fredde onde non ti facciano male!>>. L’espressione sembra ricalcare un noto verso virgiliano (Ecloga X, v. 48:Te ne frigora laedant), con cui Gallo, ancora innamorato si rivolge alla sua Licoride). Numerose erano le famiglie di emigranti che viaggiavano in terza classe. Di condizioni assai modeste, partivano per il Nuovo Mondo con la speranza di trovare condizioni di vita migliori. Qualcuno si doveva ricongiungere con parenti o amici già emigrati, altri avevano ceduto a delle offerte di lavoro più qualificanti per un futuro più idilliaco. La morte nel naufragio pose fine ai loro sogni e nessuno, in molti casi, riuscì a sopravvivere (Bossi, nel citato sito, indica tra le tante famiglie interamente distrutte, la famiglia Anderson, originaria della Svezia: padre, madre ed i loro cinque figli, tutti di età inferiore ai dodici anni;la famiglia Paulsson, anch'essa svedese (perirono la madre ed i suoi quattro ragazzi, tutti di età inferiore ai dodici anni); la famiglia Sage, dall'Inghilterra: padre, madre ed i loro nove fanciulli di cui tre di età inferiore ai dodici anni., la famiglia Panula, originaria della Finlandia: la madre ed i suoi cinque bambini di cui tre di età inferiore ai 12 anni. Tutti morti. 23 26 <<Fate salire anche questo: “il bambino sia il primo”, esclama, sia la moglie salva con quello” >>. In realtà, non tutti, in quella tragica notte, rispettarono l’imperativo "prima le donne ed i bambini". Emblematico il caso di Masabumi Hosono, 42enne impiegato giapponese, che si lanciò su una barca di salvataggio dopo aver udito un ufficiale gridare: "Ci sono ancora due posti!". I giornali americani lo citarono, senza toni critici (non pochi importanti passeggeri maschi di prima classe si erano del resto "trovati" sulle scialuppe), come il "fortunato signore giapponese". Non la passò liscia, invece, al suo paese. Il Ministro dei Trasporti giapponese bollò come infamante il suo comportamento, lesivo della tradizione eroica dei samurai. Fu accusato di immoralità e venne licenziato. Molti erano morti, Masabumi Hosono era vivo: questa fu la sua condanna inappellabile; egli, per la verità, non aveva fatto nulla: tranne di essersi salvato. Morì nel 1939, dopo 24 anni passati in un isolamento pressoché totale, senza amici e senza lavoro. Anche la sua famiglia subì le conseguenze del gesto vergognoso, trovando difficoltà nei rapporti quotidiani. Masabumi Hosono scrisse un diario sulla sua avventura, rimasto segreto e custodito dai suoi discendenti fino a poco tempo fa, quando un suo pronipote ha deciso di renderlo pubblico. Nessuna rivelazione che possa riabilitare il povero Masabumi Hosono è contenuta nel testo. Il suo racconto descrisse la paura ed il pensiero di non poter rivedere i suoi cari: " Cercai di prepararmi alla fine senza agitazione, disponendomi a non compiere nulla di disonorevole per un giapponese. Ma subito La fede ritrovata sconfigge la hybris iniziale: onori, ricchezze, prestigio svaniscono tra le note del canto, in un afflato di fraterna carità. Ah lacrimas omnes fatum illacrimabile ridet27, aurea vincla secans, ferrea falce pari. ……………………………………………………………………………………………………………………………………………. A immortalare una tragedia in qualche caso vissuta di persona non mancò il contributo di pittori ed artisti in generale, capaci di esprimere nelle linee di marmi o nei colori delle tele l’angoscia e la disperazione di chi si rassegnava alla morte o la scorgeva intorno a sé. Degno di nota, al riguardo, vi fu il noto Colin Campbell Cooper (Filadelfia, 8 marzo 1856-Santa Barbara, 6 novembre 1937), di corrente impressionista, già apprezzato per le rappresentazioni di grattacieli costruiti nel XX secolo. Discepolo della “Pennsylvania Academy of Fine Arts” e dell' “Académie Julian di Parigi”, viaggiò in Italia, Belgio, Francia, Spagna, Olanda, India e Birmania. Nel 1897 sposò Emma Lampert, anch’ella pittrice rinomata. Lui e sua moglie erano a bordo della Carpathia ed assistettero alle operazioni di salvataggio dei sopravvissuti del Titanic. Famosi rimasero, ai posteri, i suoi due dipinti, che vediamo riprodotti qui sotto, opere che furono realizzate proprio a bordo della Carpathia e che documentarono l’infausto avvenimento. Al medesimo artista va forse attribuito anche il dipinto sottostante, affidato per qualche tempo al capitano Lightholler, e scoperto solo di recente. Diversi, in ogni caso, stile e tonalità: ai colori freddi ma luminosi mi scoprivo a cercare e sperare una possibilità di salvezza. Ero disperato all'idea che non avrei più potuto vedere mia moglie ed i miei figli, non avevo altra possibilità che condividere il destino del Titanic. Ad un tratto, un ufficiale gridò che c'era posto per altri due. Un uomo saltò nella scialuppa. Anch'io, allora, decisi di sfruttare quest'ultima opportunità". Narrò poi delle persone a bordo della scialuppa: "Tutte piangevano ed anch'io ero disperato, ma non immaginavo cosa sarebbe stato di me nel futuro>>. 27 Ancora un ossimoro, con effetto di allitterazione, a evidenziare l’indifferenza (o forse la giustificata ostilità) di fronte a una catastrofe che andava prevenuta. dei precedenti dipinti si sostituiscono livide tonalità in una distorta prospettiva “iperbolica”. Nel buio di uno scenario apocalittico scompaiono uomini e cose, illuminati per un attimo da sinistri bagliori. Accanto a dipinti, tracce concrete e perenni di una così tragica fine di un mito si riscontrano nei luog hi legati in qualche modo alle vicende delle vittime o dei sopravvissuti. Subito dopo il disastro, il mondo intero sembrò catturato dall'eroismo di coloro che morirono sul Titanic. Innumerevoli targhe, statue, fontane, monumenti ed edifici vennero eretti in memoria dei deceduti. Tra i numerosi monumenti commemorativi sorti a Southampton, in Inghilterra, città da dove il 10 aprile 1912 il Titanic salpò per raggiungere New York, all'East Park c'è l'enorme monumento in bronzo e granito, di cui vediamo la fotografia sopra, che ricorda i 35 meccanici macchinisti, tutti periti. Il 22 aprile 1914, Sir Archibald Denny, Presidente dell'Institute of Marine Engineers, lo inaugurò davanti ad una folla straripante di oltre 100.000 persone. Sotto la statua di bronzo, al centro, si trovano due rilievi, sempre in bronzo, rappresentanti due meccanici al lavoro. Al base del monumento è incisa una dedica alla memoria dei meccanici della R.M.S. Titanic, che per mostrare la loro dedizione ed il loro coraggio restarono al loro posto di lavoro. Il Titanic Musicians Memorial (fotografia sopra), dedicato in suffragio degli eroici 8 orchestrali del Titanic venne inaugurato il 19 aprile 1913 a Southampton. Andato distrutto nel corso della Seconda Guerra Mondiale fu ricostruito uguale all'originale. Una fontana in pietra qui sopra raffigurata, dedicata ai camerieri del Titanic, fu inaugurata sempre in quel di Southampton grazie ad una sottoscrizione pubblica lanciata dal municipio. Alla sua base vennero incise le seguenti parole: "Questo monumento fu realizzato in memoria dell'equipaggio, dei camerieri, dei marinai e dei fuochisti, che persero la vita nel disastro del Titanic, il 15 aprile 1912. Hanno sottoscritto le vedove, madri ed amici dell'equipaggio". Sul frontale del memoriale è scolpita una rappresentazione del Titanic. Nel parco di Colne, città dello Lancashire, vi è questo busto in bronzo dedicato a Wallace Henry Hartley, nativo della città, che fu costruito alla memoria del capo degli orchestrali del Titanic. Ai lati della figura del musicista si trovano due angeliche figure sedute. A Belfast fu eretto il Memorial Titanic (statua nella fotografia sopra, situata nei giardini del municipio), grazie ad una sottoscrizione alla quale aderirono la popolazione locale, i dipendenti dei cantieri Harland & Wolff, la White Star Line e la famiglia di Thomas Andrews, l'architetto del Titanic Il monumento, che fu inaugurato il 26 giugno 1920, al suono di molti inni tra cui "Nearer, My God, To Thee", porta i nomi dei 22 membri d'equipaggio del Titanic e del Gruppo di Garanzia, tutti originari dell'Ulster e vittime del naufragio. La città di Comber, a sud-est di Belfast, esaltò la memoria del suo figlio Thomas Andrews, l'architetto navale del Titanic e direttore generale dei cantieri Harland & Wolff, con la Thomas Andrews Memorial Hall. Inaugurata dalla vedova di Andrews, Helen, nel febbraio 1915, la Memorial Hall (fotografia sopra), oggi è una scuola primaria. IN AMERICA Ad Halifax, provincia della Nuova Scozia, in Canada, nei 3 cimiteri della città, sono sepolte quasi 150 vittime del naufragio del Titanic. Il monumento qui sopra fotografato, era dedicato al "bambino sconosciuto. Sul cippo si può leggere: ERECTED TO THE MEMORY OF AN UNKNOWN CHILD WERE RECOVERED AFTER THE DISASTER TO THE "TITANIC" APRILE 15TH 1912. Negli Stati Uniti d'America numerose furono le iniziative per ricordare le vittime del Titanic. A New York il Titanic Memorial Lighthouse, è un faro (fotografia di sinistra) che fu edificato grazie ad una sottoscrizione pubblica e messo in cima allo Seamen's Church Institute. L'odierna collocazione è in South Street Seaport Museum. Una placca (fotografia di destra), posta in basso al faro, ricorda il tragico avvenimento. Al 106 di West Street, sempre a New York, si trova una fontana di granito e di bronzo (fotografia sopra) dedicata alla coppia Isidor ed Ida Straus. Il monumento fu eretto grazie ai fondi raccolti dai newyorchesi e dai dipendenti dei grandi magazzini Macy's di New York, di cui Isidor Straus era il fondatore. In occasione del naufragio del TITANIC, Ida Straus si rifiutò di salire sulla scialuppa di salvataggio senza il marito, il quale volle condividere la sorte degli altri uomini, e così il loro destino si compì. Sul memoriale, sono iscritte più o meno queste parole: "Furono educati e piacevoli da vivi e non furono separati nella morte". Sempre a Washington fu costruita, con i finanziamenti privati dell'allora Presidente degli Stati Uniti Taft, una fontana in marmo dedicata al Maggiore Archibald Butt ed al suo amico Francis Millet, periti nella tragedia. La fontana (fotografia sopra), si trova in un parco nei pressi della Casa Bianca. L'opera è composta da una colonna su di un piedistallo ottagonale: sulla colonna, due rilievi scolpiti che rappresentano da un lato, un soldato recante spada e scudo (il maggiore Butt), dall'altro un artista con tavoletta e pennello (il pittore Millet). Di tutti i monumenti funebri realizzati nel mondo in memoria della tragedia del Titanic, il più grande e più suntuoso è senz'altro la Biblioteca della Widener Memorial (fotografia sopra), costruita all'Università di Harvard a Cambridge, Massachusetts, dalla signora Eleanor Widener in memoria di suo figlio Harry, laureato di Harvard nel 1907. Sulla cornice della biblioteca Widener è incisa l'iscrizione: "THE HARRY ELKINS WIDENER MEMORIAL LIBRARY AD MCMXIV". In un'area di Johannesburg, alla destra dello Smit Street con la M1 North, c'è l'unico monumento dedicato alla tragedia del Titanic presente in Sudafrica. Uno dei pochi memoriali nell'emisfero del sud del globo, si trova nella piccola città di Broken Hill, Nuovo Galles del Sud, Australia. È stato eretto nel parco principale della città quasi subito dopo l'affondamento del Titanic e venne dedicato ai componenti dell'orchestra. …………………………………………………………………………………………………………………………………………… SITOGRAFIA “Titanic” di Claudio Bossi; “De Titanicae navis interitu sive de poetis Latinis qui naufragium illud luctuosum cecinerunt”, by Theodericus Sacré, University of Kentucky, Institute for Latin Studies Colloquia Collection.