relazione idrologica testene

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relazione idrologica testene
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Via A. Sabatini, 3 – 84121 Salerno
Tel. 089/236922 - Fax 089/2582774
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AUTORITÀ DI BACINO REGIONALE
SINISTRA SELE
BACINO IDROGRAFICO DEL FIUME TESTENE
RELAZIONE IDROLOGICA
PIANO STRALCIO PER L’ASSETTO IDROGEOLOGICO - AGGIORNAMENTO (2012)
RISCHIO IDRAULICO
Segreteria Tecnica Operativa
AREA TECNICA
- Ing. Manlio Mugnani
- Ing. Elisabetta Romano
- Ing. Massimo Verrone
- Arch. Vincenzo Andreola
- Arch. Carlo Banco
- Arch. Antonio Tedesco
- Geol. Saverio Maietta
- Geom. Giuseppe Taddeo
AREA AMMINISTRATIVA
- Dott. Vincenzo Liguori
- Dott. comm. Angelo Padovano
Il Responsabile del Procedimento
- Ing. Raffaele Doto
Consulente Specialistico
- Ing. Raffaella Napoli
Supporto Specialistico
- Ing. Claudia Musella
- Ing. Claudia Palma
Consulente Scientifico
- Prof. ing. Domenico Pianese
- Prof. geol. Domenico Guida
Data: Marzo 2012
Il Commissario Straordinario
Avv. Luigi Stefano Sorvino
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Autorità di Bacino
Regionale Sinistra Sele
Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico –
Aggiornamento – Rischio Idraulico
Indice
1.
PREMESSE .......................................................................................................................................................2
2.
STIMA DEI MASSIMI DELLE PORTATE ISTANTANEE E DELLE PORTATE MEDIE IN ASSEGNATE DURATE
CORRISPONDENTI AD ASSEGNATI PERIODI DI RITORNO T......................................................................................3
3.
SCELTA DEL MODELLO PROBABILISTICO E DEL PARAMETRO ξ Q .............................................................5
D
4.
APPROCCIO VARIAZIONALE PER LA DETERMINAZIONE DEL PARAMETRO ξ Q ≡
D
µQ D
4.1 Necessità di applicazione di un approccio variazionale
...........................8
8
4.2 Modalità di sviluppo dell'approccio variazionale
11
4.3 Elaborazioni preliminari necessarie per l'applicazione dell'approccio variazionale
13
5.
INDIVIDUAZIONE DELLE CARATTERISTICHE PLUVIOMETRICHE DEL BACINO............................................14
6.
IL FATTORE DI RIDUZIONE AREALE .............................................................................................................19
7.
MODELLO DI TRASFORMAZIONE AFFLUSSI→DEFLUSSI .............................................................................22
8.
VALUTAZIONE DEL COEFFICIENTE DI AFFLUSSO ........................................................................................25
8.1 Modalità di approccio prese a riferimento
9.
25
VALUTAZIONE DELLE PERMEABILITÀ DEI BACINI.......................................................................................26
10. VALUTAZIONE DELLE MEDIE DELLE PORTATE AL COLMO DI PIENA ..........................................................28
ALLEGATO: CARATTERISTICHE DEI BACINI E SOTTOBACINI
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1. PREMESSE
La presente relazione è stata estrapolata da quella presentata dal comune di Agropoli
nell’ambito della osservazione al Progetto di Aggiornamento del Piano Stralcio finalizzata
alla riperimetrazione delle aree oggetto di intervento di sistemazione idraulica da parte del
Consorzio di Bonifica di Paestum del fiume Testene. Il fiume Testene era interessato dalle
perimetrazioni del PSAI 2002 e non è stato oggetto di approfondimenti nell’ambito
dell’Aggiornamento al PSAI proprio perché erano in corso di ultimazione i lavori sopra citati.
Nella presente Relazione Idrologica, al fine di consentire l’eventuale riperimetrazione delle
aree soggette al rischio da alluvione presenti nei territori latistanti il tratto medio-vallivo del
F.Testene, recentemente interessato da importanti interventi di sistemazione idraulica eseguiti
dal Consorzio di Bonifica di Paestum Sinistra Sele, vengono descritte le metodologie di
analisi adottate per la valutazione, su base probabilistica, delle portate al colmo e dei volumi
di piena che possono affluire, con pre-assegnata probabilità di superamento, in corrispondenza
di alcune sezioni di interesse ubicate sia lungo l’asta principale del Fiume Testene che lungo il
suo affluente Valle Cupa.
In particolare, con riferimento alle varie sezioni di interesse, si vogliono determinare:
a) i valori QT delle portate al colmo di piena che possono essere superati, mediamente, una
sola volta ogni T anni, essendo T il periodo di ritorno preso a riferimento (T = numero
medio di anni che bisogna attendere prima che si verifichi un insuccesso, quale, ad
esempio, il superamento del valore di portata posto a base del dimensionamento di un
rilevato arginale);
b) i valori VD,T dei volumi massimi di piena che, con riferimento alla generica durata D,
possono essere superati, mediamente, una sola volta ogni T anni, essendo T il periodo di
ritorno preso a riferimento, o, equivalentemente, i valori QD ,T =
VD ,T
D
della massima
portata media nella durata D che possono essere superati, mediamente, una sola volta ogni
T anni.
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Come si mostrerà, in assenza di misure dirette di portata, tali finalità vengono qui
perseguite con riferimento ad un approccio oramai consolidato, basato sull’utilizzazione,
nell’ambito di una procedura “variazionale” o “estremante”, di un idoneo modello di
trasformazione Afflussi/Deflussi (il cosiddetto “modello geomorfoclimatico 2”), i cui
parametri risultano stimati con la metodologia VAPI, riportata nel Rapporto “Valutazione
delle piene in Campania” (Rossi e Villani, 1995).
La valutazione degli afflussi meteorici in ingresso al modello di trasformazione viene
compiuta, a sua volta, sulla base di uno studio idrologico preliminare, finalizzato ad
individuare, su base regionale, le espressioni delle cosiddette “curve di probabilità
pluviometriche”.
2. STIMA
DEI MASSIMI DELLE PORTATE ISTANTANEE E DELLE PORTATE MEDIE IN
ASSEGNATE DURATE CORRISPONDENTI AD ASSEGNATI PERIODI DI RITORNO T
Osservato preliminarmente che, per D =1 secondo, risulta QD ,T = QT , i due problemi
precedentemente esposti, relativi, rispettivamente, alla stima dei massimi delle portate
istantanee e delle portate medie in assegnate durate e corrispondenti ad assegnati valori del
periodo di ritorno T, si riconducono alla sola valutazione della legge con cui la grandezza
QD,T , definita massimo annuale della portata media nella durata D e corrispondente al
periodo di ritorno T, varia con D e T.
La rappresentazione grafica di tale legame o, meglio, del rapporto rD =
QD,T
QT
, nota in
letteratura tecnica come “curva di riduzione dei colmi di piena con la durata D”, fornisce,
pertanto, nei confronti dei problemi di difesa dalle piene, un quadro sufficientemente
esaustivo delle caratteristiche idrologiche dei bacini esaminati.
In generale, i valori di QD,T possono essere stimati a partire da relazioni del tipo:
QD,T = ξQD ⋅ KT
(1)
essendo ξQ D un parametro centrale della distribuzione di probabilità, rispettivamente, della
variabile idrologica QD , massimo annuale della portata media nella durata D (ad esempio: la
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media, la mediana, il valore modale, ecc.) e K T
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un coefficiente amplificativo, di norma
indicato come coefficiente di crescita col periodo di ritorno T.
Può dimostrarsi (Silvagni, 1985) che la forma del legame:
KT = KT (T )
(2)
dipende, per una data regione omogenea rispetto alle portate al colmo di piena, solo dal
particolare modello probabilistico adottato e dallo specifico parametro centrale preso a
riferimento, mentre non dipende dalla specifica durata D presa a riferimento.
In particolare, mentre per ogni T e D il valore di K T risulta praticamente costante, dal
punto di vista statistico, su zone molto ampie del territorio (dell'ordine delle migliaia di Km2),
il valore di ξQD varia, per un fissato valore della durata D, anche fortemente da zona a zona,
per cause di natura climatica, per effetto dell'orografia regionale e, soprattutto, per le
differenti modalità con cui si sviluppano i processi di trasformazione degli Afflussi meteorici
in Deflussi di piena.
D’altra parte, mentre una stima sufficientemente attendibile del parametro ξQ può essere
D
effettuata, a causa della sua scarsa variabilità campionaria, già in base all’elaborazione delle
serie storiche degli idrogrammi di piena registrati in pochi anni di osservazione, l'affidabilità
della stima dei parametri contenuti nell'espressione di KT e, quindi, l'attendibilità stessa della
stima di KT , risulta fortemente influenzata dal ridotto numero di dati di norma a disposizione.
Di conseguenza, mentre la valutazione di K T può essere di norma effettuata solo in base
ad un'analisi regionale, condotta su due distinti livelli (I e II Livello di analisi regionale), la
valutazione del parametro ξQ D va effettuata tenendo conto, soprattutto, delle peculiarità
proprie dello specifico bacino di volta in volta preso in esame.
In pratica, per la scarsità dei dati di norma disponibili e per la molteplicità dei parametri da
introdurre in eventuali legami di regressione tra il valore di ξQ D e le caratteristiche climatiche
e fisiografiche dei bacini, risulta, di norma, praticamente impossibile procedere, per tale
parametro, ad un'analisi regionale di III Livello. Pertanto, le alternative tecnicamente possibili
risultano essere due:
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•
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nel caso in cui è disponibile la serie storica degli idrogrammi di piena registrati già in
pochi anni di osservazione, si potrà effettuare la stima dei valori ξQ direttamente a
D
partire dai dati a disposizione (Penta, 1983; Silvagni, 1985; Pianese e Rossi, 1986);
•
nei casi in cui non esistono misure dirette di portata, ricorrendo ad una tecnica basata
sull'accoppiamento di un processo di massimizzazione (approccio "variazionale" o
"estremante") con un adeguato modello di trasformazione Afflussi/Deflussi.
Nello specifico caso preso a riferimento, per il bacino preso a riferimento, mancano
completamente misure di portata. Pertanto, non risulta possibile procedere ad una valutazione
diretta del parametro ξQ D .
Di conseguenza, non potrà che ricorrersi al secondo dei metodi indicati, cercando di
sfruttare al meglio le informazioni disponibili in merito alle caratteristiche di piovosità della
zona, alle caratteristiche di permeabilità delle aree colanti e alle caratteristiche fisiografiche
sia delle aste principali dei corsi d'acqua che dei bacini sottesi dalle varie sezioni prese a
riferimento nelle valutazioni.
Tanto premesso, in quanto segue viene dapprima illustrata, brevemente, la metodologia
utilizzata per la valutazione del parametro ξ Q D a partire da dati pluviometrici, di permeabilità
e fisiografici caratteristici del bacino. Dopodiché, saranno illustrate le tecniche utilizzate per
la valutazione dei diversi componenti del modello di trasformazione Afflussi/Deflussi preso a
riferimento, e saranno riportati i risultati ottenuti, per ciascuna delle sezioni prese a
riferimento, in termini di valori di ξQ D e di QD,T , per diversi valori della durata D e periodo
di ritorno T.
3. SCELTA DEL MODELLO PROBABILISTICO E DEL PARAMETRO ξQ D
La stima dei massimi della portata media nella durata D corrispondenti ad assegnati valori
del periodo di ritorno T può essere effettuata con diversi tipi di approcci. Tra questi, vengono
spesso utilizzati i modelli di Gumbel e il modello T.C.E.V.
Il primo (Modello di Gumbel), molto diffuso in campo tecnico per la sua capacità di
prestarsi abbastanza efficacemente all'analisi dei massimi di una qualsiasi grandezza, quando
applicato all'analisi dei massimi annuali delle altezze di pioggia e delle portate al colmo di
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piena tende, di norma, a sottostimare i valori più elevati osservati nel passato (valori
corrispondenti ai periodi di ritorno più elevati). Pertanto, la sua utilizzazione può dare luogo a
qualche insuccesso allorquando sono da stimare valori di QT e QD,T corrispondenti a
periodi di ritorno di gran lunga superiori al periodo di osservazione.
Il modello TCEV (Two-Components Extreme Value - Rossi & al., 1995), adottato ormai
quasi a livello istituzionale dal Dipartimento di Protezione Civile, dagli organi di consulenza
del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dalle Autorità di Bacino Nazionali, interregionali e
regionali, risolve, di fatto, una serie di inconvenienti resisi evidenti nell'utilizzazione del
modello di Gumbel e, pertanto, risulta maggiormente rispondente alle esigenze di un'attenta
valutazione delle portate al colmo di piena che possono defluire nei vari tronchi di un corso
d'acqua.
Il modello TCEV costituisce, di fatto, una generalizzazione del modello di Gumbel.
Esso risulta, infatti, costituito dal prodotto di due leggi di Gumbel, la prima delle quali
destinata ad interpretare e descrivere, in chiave probabilistica, i massimi valori di piena
ordinari (vale a dire: tecnicamente possibili allorquando valutati alla luce di un normale
modello di Gumbel) e, la seconda, quelli straordinari (aventi, secondo il classico modello di
Gumbel., una probabilità di superamento inferiore al 5% e, quindi, talmente scarsa dal punto
di vista tecnico da potersi ritenere, in base al modello di Gumbel, come eccezionali).
In base a tale modello, la portata QD,T corrispondente ad un assegnato valore del periodo
di ritorno T può trarsi dall'espressione:
T=
1
−ηK T
1


Θ*
−ηK T
Θ*
1 − exp  − Λ1e
− Λ * Λ1 e



(3)
nella quale
KT =
Q D,T
µQD
(4)
è il fattore di crescita col periodo di ritorno T, definito come il rapporto tra la portata media
QD ,T corrispondente all'assegnato periodo di ritorno T e la media µQD della distribuzione di
probabilità della variabile Q D ; Λ * e Θ* sono parametri adimensionali dipendenti solo dal
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coefficiente di asimmetria e, pertanto, stimabili solo sulla base di un'indagine regionale ad
amplissima scala (Analisi regionale di I Livello), Λ1 è il numero medio di eventi di piena
indipendenti, di tipo ordinario, che si determinano nella zona (e, pertanto, è una caratteristica
climatica di una zona idrologicamente omogenea rispetto alle portate al colmo di piena, che
può essere valutata, una volta noti Λ * e Θ* , attraverso un'analisi regionale di II Livello), ed
η è un parametro strettamente dipendente da Λ 1 , Λ* e Θ* , attraverso un funzionale
apparentemente semplice ma che, in realtà, coinvolge tutta una serie di considerazioni relative
alle tecniche di stima dei parametri che non sembra qui opportuno richiamare per motivi di
brevità ma che possono essere dedotti dalla vasta letteratura esistente nello specifico settore.
In virtù della (4), risulta
QD ,T = µQD ⋅ KT
(5)
Dal confronto della (5) con la (1) risultano, in definitiva:
ξQ D ≡ µQD
(6)
K T = K T (T , Λ * , Θ* , Λ 1 )
(7)
e
I valori di Λ * e Θ* validi per i bacini idrografici italiani risultano essere, con riferimento
alla variabile idrologica QD, i seguenti:
Λ * = 0.35
(8)
Θ* = 2.634
(9)
e
Per i bacini idrografici ricadenti nella regione Campania, il valore di Λ 1 relativo alle
portate al colmo di piena è dato da (Rossi & Villani, 1995)
Λ 1 = 13
mentre il valore di η è dato da
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η = 3.901
(11)
I valori del coefficiente di crescita KT sono riportati, per differenti periodi di ritorno T,
nella successiva Tabella I. e nella Fig. 1.
Tabella 1: Coefficienti di crescita
T
3
1
KT
KT
5
1.29
per differenti valori del periodo di ritorno T
10
1.63
50
2.61
100
3.07
300
3.80
C a m p a n ia - P o rta te a l c o lm o : V a ria zio n e d e l C o e ffic ie n te d i C re s c ita c o l p e rio d o d i rito rn o
KT
6
5
4
3
2
1
0
0
2 00
40 0
600
800
1 00 0
1 20 0
14 0 0
1 6 00
1 80 0
2 00 0
T (a n ni)
Fig. 1 - Variazione del fattore di crescita KT col periodo di ritorno T
4. APPROCCIO VARIAZIONALE PER LA DETERMINAZIONE DEL PARAMETRO ξQ D ≡ µQD
4.1 Necessità di applicazione di un approccio variazionale
Si può dimostrare (Della Morte, Materazzi & Pianese, 2000; Della Morte, Iavarone e
Pianese, 2001; Della Morte, Mucherino, Iavarone e Pianese, 2006), che la valutazione delle
medie (su più anni) dei massimi annuali delle portate medie in assegnate durate D che
possono affluire in una data sezione di una rete naturale o artificiale, µQD , può essere
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effettuata con un approccio variazionale, in uno con l'utilizzazione di un adeguato modello di
trasformazione Afflussi/Deflussi.
La necessità di applicare un approccio variazionale per il calcolo di µ QD nasce dal tipo di
informazione di norma disponibile in relazione alle massime precipitazioni che possono
affluire ad un bacino.
Com'è noto, infatti, le informazioni normalmente disponibili per l'analisi delle massime
precipitazioni fanno riferimento alle osservazioni sistematicamente effettuate dal S.I.M.N.
(Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale), costituito a partire dall'ex S.I.I. (Servizio
Idrografico Italiano) e, eventualmente, da osservazioni effettuate da strumenti di misura
installati dall’ENEL, da Consorzi, Comunità Montane, ecc. In particolare, le osservazioni di
norma disponibili sono di due tipi:
a) osservazioni pluviometriche, effettuate con l'ausilio di apparecchi di misura molto
semplici, definiti pluviometri, capaci, unicamente, di fornire il valore cumulato di acqua
affluito, in un determinato periodo di tempo, ad una superficie di raccolta di preassegnata
area. Tale periodo di tempo, viene assunto, convenzionalmente, pari ad un giorno, con
osservazioni ripetute alle ore 9.00 di ogni giorno;
b) osservazioni pluviografiche, effettuate con l'ausilio di apparecchi di misura più complessi
dei precedenti (i pluviografi), in grado di rilevare e di registrare i volumi di acqua
complessivamente precipitati, su un'area di preassegnate dimensioni, in preassegnati
intervalli di tempo (tipicamente, ogni 2 o 5 minuti, a seconda del tipo di strumento).
I volumi cumulati di acqua misurati in tali durate, rapportati all'area della superficie
superiore dello strumento, danno luogo ad una nuova grandezza idrologica avente le
dimensioni di una lunghezza e, normalmente, definita altezza di pioggia nella durata d,
essendo d la durata presa a riferimento per la valutazione dei volumi di acqua via via
accumulatisi nell'apparecchiatura di misura. A partire da tali valori, per ogni fissata durata d,
si potrà senz'altro calcolare il massimo annuale dell'altezza di pioggia nella durata d.
Sulla base di tali osservazioni, il Servizio Idrografico elabora e pubblica anno per anno, sui
cosiddetti Annali Idrologici, le seguenti informazioni:
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1. altezze di pioggia relative a piogge di breve durata e notevole intensità, hd* . Tali valori, di
norma disponibili con riferimento a durate dell'ordine di minuti o poche decine di minuti
(al più, pari a 55 minuti), non costituiscono dei veri e propri massimi annuali nella durata
specificata, ma solo valori che, a parere del tecnico di volta in volta incaricato di effettuare
le elaborazioni dei dati registrati, sono tanto elevati da meritare, comunque, la loro
annotazione in un’apposita tabella di pubblica consultazione;
2. massimi annuali hd delle altezze di pioggia nelle durate d = 1ora, 3 ore, 6 ore, 12 ore e 24
ore. Tali valori, a meno di errori (tra cui, non infrequenti, anche quelli di stampa),
costituiscono veri e propri massimi, già certificati come tali da parte del Servizio
Idrografico e direttamente utilizzabili per le successive elaborazioni statistiche, previa una
preliminare analisi di congruenza con gli altri valori disponibili;
3. massimi annuali hd** delle altezze di pioggia cumulate in durate da uno a cinque giorni
consecutivi, ottenute mediante un processo di massimizzazione della somma delle altezze
di pioggia registrate dalle ore 9.00 di un giorno alle ore 9.00 del giorno successivo.
Alla luce di tali dati, indipendentemente dal tipo di approccio o di tecnica utilizzata, risulta
possibile fare previsioni soltanto con riferimento ai valori cumulati di pioggia che si possono
verificare in pre-assegnate durate.
Rapportando le altezze di pioggia di assegnata durata alla durata stessa, si potrà ottenere
l'intensità media di pioggia nella stessa durata di riferimento, e il massimo annuale id =
hd
di
d
tale grandezza.
A proposito del significato dell'ultima grandezza introdotta, è da osservare che, poiché
∂h(t ) hd
≠
(cioè, i valori istantanei dell'intensità di pioggia risultano, sia concettualmente che
∂t
d
numericamente, differenti dall'intensità media di pioggia in un’assegnata durata), dalle
informazioni pluviometriche di norma disponibili non risulta in alcun modo possibile
descrivere un reale o almeno presumibile andamento delle scroscio di pioggia all'interno della
prefissata durata.
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Per quanto riguarda le modalità con cui l'intensità media di pioggia nella durata d varia al
variare della durata d stessa, è da osservare, preliminarmente, che id va riducendosi
all'aumentare di d. Ciò risulta vero, in particolare, sia con riferimento ad un qualsiasi evento
meteorico, sia con riferimento ad un qualsiasi anno di osservazione, sia con riferimento a
parametri statistici come la media valutata su più anni, µ i d .
Viceversa, all'aumentare della durata della pioggia, aumenta la percentuale δ della
superficie del bacino che, ad un certo istante, viene a contribuire alla formazione della portata
di piena. In particolare, per durate di pioggia uguali o superiori al cosiddetto tempo di
corrivazione del bacino (tempo di corrivazione = tempo impiegato dalle particelle d'acqua che
provengono dalle zone più distanti ed in quota del bacino per affluire alla sezione di chiusura
del bacino stesso), tutte le aree del bacino contribuiscono alla formazione delle portate di
piena e, pertanto, la percentuale di superficie contribuente alla formazione del deflusso di
piena è pari al 100% (δ = 1).
Poiché, a meno di un fattore moltiplicativo costante o leggermente crescente con l'altezza
di pioggia (il cosiddetto coefficiente di afflusso Cf), la portata al colmo di piena risulta pari al
prodotto dell'intensità media di pioggia µid per l'area contribuente Ac,d , si avrà il prodotto di
una funzione più o meno decrescente con la durata di pioggia per un fattore crescente con la
durata d. Il prodotto di queste due funzioni darà luogo, in corrispondenza di un particolare
valore d* della durata, definita durata critica, ad un massimo della portata. Tale massimo può
essere assunto (Della Morte, Materazzi & Pianese, 2000; Della Morte, Iavarone & Pianese,
2001) quale il valore della portata al colmo da prendere a riferimento per le successive
valutazioni.
4.2 Modalità di sviluppo dell'approccio variazionale
In assenza di misure dirette di portata, la valutazione della media dei massimi annuali delle
portate medie in assegnate durate D, µQD , può essere effettuata con un approccio
variazionale (o "estremante") considerando eventi di pioggia di intensità costante nella durata
d presa a riferimento, calcolando l'idrogramma {Q(t )}d corrispondente attraverso un adeguato
modello di trasformazione Afflussi/Deflussi, individuando, per ogni durata D, il massimo
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(QD )d
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della portata media in intervallo di tempo di durata D e calcolando poi µ QD come il
massimo, al variare della durata d, dei valori (QD )d .
L'approccio variazionale consta di numerosi passi, che vengono qui di seguito sintetizzati:
1. Si fissa una durata D;
2. Si considera un evento meteorico caratterizzato: a) da una durata d; b) da un andamento
delle intensità medie di pioggia nella durata d costante e pari a µid , essendo µid la media
dei massimi annuali delle intensità medie di pioggia nella durata d, valutabile in base a
formule di regressione tarate alla luce dei dati pluviometrici disponibili;
3. Si calcola il valore Cf,d del coefficiente di afflusso (o equivalenti) relativo a piogge di
durata d ;
4. Si valuta la portata media di afflusso meteorico, efficace ai fini della formazione del
deflusso di piena, definita come:
pd = C f , d ⋅ K A (tr ) ⋅ µid ⋅ A
(12)
dove:
•
KA(d) è il fattore di riduzione areale delle piogge, valutabile mediante l’espressione:
(
K A (d ) = 1 − [1 − exp(− 0.0021 A)]exp − 0.53 ⋅ d 0.25
)
(13)
5. Si immette tale portata in un idoneo modello di trasformazione Afflussi/Deflussi,
ottenendo l'idrogramma di piena corrispondente [Q(t )]d ;
6. Si individua il massimo, al variare di α, della funzione
α +D
∫α {[Q(t )]d }dt , che rappresenta
il volume di piena complessivamente defluente nell’intervallo di tempo di durata D
compreso tra gli istanti α (istante iniziale) e α+D (istante finale);
7. Si calcola la massima portata media nella durata D, corrispondente alla durata di pioggia
d, come
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(QD )d
=
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α +D
max ∫α {[Q(t )]d }dt
α
(14)
D
8. Si fissa un nuovo valore di d, e si torna al punto 2;
9. Si ripete il procedimento indicato nei punti dal 2 al 7 per un certo numero di volte, avendo
cura di procedere per intervalli di durata ∆d non troppo elevati;
10. Si individua il massimo, al variare della durata d dell'evento, della grandezza (QD )d
(QD ) = max [(QD )d ]
d
(15)
11. Si ammette che la media µQD dei massimi annuali delle portate medie nella durata D
risulti pari a (QD ) , per cui
µQD = (QD ) = max [(QD )d ]
(16)
d
12. Si fissa una nuova durata D, e si ripete la procedura descritta nei punti dal 2. all’ 11.
4.3 Elaborazioni preliminari necessarie per l'applicazione dell'approccio variazionale
Da quanto si è detto nel paragrafo precedente, per l'applicazione dell'approccio
variazionale occorrerà:
1. Individuare il legame:
µid = µid (d )
valido per il bacino preso in esame;
2. adottare un adeguato modello di trasformazione Afflussi/Deflussi;
3. stimare in modo idoneo i parametri contenuti nel modello preso a riferimento;
4. valutare in modo realistico il coefficiente di piena C f .
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(17)
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Nei capitoli che seguono si illustrano le modalità con cui è stato possibile pervenire alla
soluzione delle diverse problematiche evidenziate.
5. INDIVIDUAZIONE DELLE CARATTERISTICHE PLUVIOMETRICHE DEL BACINO
Il comportamento idrologico di un bacino dipende, essenzialmente, dalle sue caratteristiche
morfometriche e topologiche che, unitamente alle sue caratteristiche climatiche,
contribuiscono ad individuarne la risposta rispetto ad un generico evento meteorico.
Ipotizzando che il bacino idrografico sia un sistema lineare, le caratteristiche del bacino
concorrono, di fatto, a determinare l’idrogramma unitario istantaneo (IUH – Istantaneous Unit
Hydrograph) nella sezione di chiusura.
Le portate valutate per ciascuno dei sottobacini presi in esame nell’ambito del presente
Studio sono potenziali, ossia sono portate che potrebbero affluire nel tratto di interesse in
assenza di fenomeni di laminazione indotti non solo da vere e proprie vasche, ma anche dalla
presenza di ponti, ostacoli, ecc. e, soprattutto, dal temporaneo invaso all’interno dei canali e
delle piane golenali ad essi latistanti per difficoltà, da parte di vari tratti d’alveo, di recepire le
portate in arrivo da monte.
A causa delle caratteristiche orografiche dei territori analizzati, le aree che costituiscono i
bacini idrografici risultano essere sede di manifestazioni meteoriche del tutto particolari, che
rendono del tutto privo di significato considerare una eventuale analisi regionale di III
Livello.
Per tale motivo, al fine di avere delle valutazioni più affidabili delle modalità con cui la
media dei massimi annuali dell'intensità media di pioggia nella durata d va variando con d, e
di rendere, quindi, più affidabili i risultati ottenuti con l’approccio variazionale descritto, nel
presente Studio Idrologico si è ritenuto necessario fare riferimento alle espressioni delle curve
di probabilità pluviometrica definite da studi idrologici specifici effettuati, dalla stessa
Autorità di Bacino Sinistra Sele, in occasione dell’Aggiornamento del Piano Stralcio Rischio
Alluvioni.
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Ai fini dell’individuazione delle caratteristiche pluviometriche del bacino, il primo step
effettuato è consistito nell’individuazione della curva di probabilità pluviometrica da prendere
a riferimento nelle successive analisi.
Quest’ultima, così come indicato nello studio idrologico redatto dall’Autorità di Bacino
Sinistra Sele nell’ambito delle attività di “Aggiornamento del Rischio Idraulico”, è risultata
essere unica per tutto il territorio ricadente nel bacino idrografico.
L’espressione matematica di tale “curva” dipende dal tipo di formulazione utilizzata.
Nel caso, molto diffuso in campo tecnico, di utilizzazione di un’espressione monomia, essa
sarebbe del tipo
µi = a ⋅ d n−1
d
(18)
In questo caso, l’espressione del legame µhd = µhd (d ) che potrebbe essere utilizzata nelle
successive elaborazioni è:
µh = a ⋅ d n
d
(19)
Viceversa, nel caso di utilizzazione di una relazione tri-parametrica, del tipo:
µi d =
Io

d 
 1 + 
dc 

C + Dz
(18’)
si avrebbe
µh =
d
Io ⋅ d

d 
1 + 
 dc 
C + Dz
(19’)
Tale espressione presenta, rispetto alle forme di tipo monomio di cui all’espressione (19),
notevoli vantaggi, quali:
•
per durate d →0 , la media µ id → I o tende a valori finiti dell'intensità media di pioggia
nella durata d;
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Pag. 15
•
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la derivata di µid rispetto a d si presenta derivabile in tutto l'intervallo di durate, il che la
rende molto più duttile nella ricerca della durata critica con approcci variazionali;
•
compare direttamente la quota z sul livello del mare;
I parametri contenuti nelle espressioni (18) e (19) sono indicati nella successiva Tabella 2a:
Tabella 2a: Parametri della curva di probabilità pluviometrica nella forme monomie (18) e (19)
a
n
32 0.27
Tali valori sono stati desunti, in particolare, dall’esame degli elaborati “Isolinee a” e
“Isolinee n” presenti tra gli elaborati prodotti nell’ambito delle attività di studio ed analisi
propedeutiche alla redazione del PSAI attualmente vigente. Tali elaborati sono riportati, per
comodità di analisi, nelle successive figure 2 e 3.
Figura 2- Isolinee relative al parametro “a” dell’espressione monomia della curva di probabilità pluviometrica
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Figura 3- Isolinee relative al parametro “n” dell’espressione monomia della curva di probabilità pluviometrica
Invece i parametri contenuti nelle espressioni (18’) e (19’) sono indicati nella successiva
Tabella 2b:
Tabella 2b: Parametri della curva di probabilità pluviometrica
presa a riferimento nelle successive elaborazioni.
Io
C
D
dc
β
77.1
0.7995
-0.000036077
0.3661
0.78561
Tali valori sono stati desunti, in particolare, dalla “Tabella 5.5: parametri statistici delle
leggi di probabilità pluviometriche regionali per ogni area pluviometrica omogenea”
riportata alla pagina 173 del volume “Valutazione delle Piene in Campania” (1995) edito a
cura di F. Rossi e P. Villani, relativamente ll’area omogenea 1, all’interno della quale ricade il
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bacino del fiume Testene (cfr. successiva Figura 4, tratta dalla pagina 167 del predetto
volume).
Figura. 4: Sottozone pluviometriche Regione Campania
Pertanto, le espressioni del legame µid = µid (d ) utilizzabili nelle successive elaborazioni
sono:
µ h = 32 ⋅ d 0.27
d
µi =
d
77.1
d 

1 +

 0.3661 
0.7995−0.000036⋅077 Ymed
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(19’’)
(19’’’)
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6. IL FATTORE DI RIDUZIONE AREALE
Per la determinazione del fattore di riduzione areale, per ogni fissato valore A dell'area di
un bacino si può valutare il rapporto:
K ( A, d , T ) =
I A (d , T )
I p (d , T )
(20)
in cui:
I p (d , T ) = massimo annuale dell'intensità di pioggia puntuale di durata d e periodo di
ritorno T;
I A (d , T ) = massimo annuale dell'intensità media della pioggia areale, a pari durata e
periodo di ritorno.
Tale rapporto è noto come fattore di riduzione areale (ARF) e dipende anche dal valore di
A stesso.
Quando, nell'area presa a riferimento, I p (d , T ) varia da punto a punto, nella (20) ne va
considerato il valor medio spaziale, ottenuto, ad esempio, con tecniche di regionalizzazione
delle piogge puntuali, quali quelle esposte nei paragrafi precedenti.
La valutazione di I A (d , T ) avviene, per ogni fissata area di valore A, misurando la pioggia
areale totale per ogni evento ed ottenendo, da queste, la serie dei massimi annuali.
Questa è, in sintesi, la procedura seguita dall'U.S Weather Bureau [1957-60] nell'area
orientale degli Stati Uniti, da Holland [1967], in una piccola area del Middle England, da
Penta [1974] per le piogge giornaliere in Basilicata, per citarne solo alcuni. In tutti questi
studi, si è anche riscontrata una debole dipendenza dell'ARF dal periodo di ritorno T. Il
NERC [1975] ha seguito, per la Gran Bretagna, una procedura alquanto diversa, valutando la
media dei rapporti fra massime piogge puntuali ed areali, anziché fare il rapporto dei valori
medi delle stesse variabili. Bell [1976] ha rivisto l'intera procedura mostrando che, per periodi
di ritorno non elevati, i risultati di tale procedura coincidono con quelli ottenibili dalla (20).
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Si nota che i valori dell'ARF forniti dall'U.S. Weather Bureau [1957-60] e dal NERC
[1975] sono piuttosto simili fra loro per gli stessi valori di A e d, mentre quelli forniti da
Penta [1974] e successivamente confermati da Catalano et. al. [1990], che hanno indagato le
aree ricadenti nel bacino del F. Crati, limitrofe alle Basilicata, sono sempre notevolmente più
bassi.
Questo suggerisce, da un lato, la necessità di compiere, sempre, degli studi specifici
all’interno della zona che si sta considerando, e, dall'altro, la possibilità di mettere in relazione
il fenomeno con caratteristiche climatiche ad ampia scala.
L'interpretazione di questi risultati empirici può essere perseguita attraverso interpolazioni
empiriche o per derivazione da modelli del fenomeno stocastico di base. In quest'ultimo caso,
sono presenti in letteratura diversi modelli: alcuni richiedono la precisazione di semplici
strutture correlative [Roche, 1963; Rodriguez-Iturbe e Meija, 1974b] o si basano su modelli
geostatistici [Lebel et al., 1987] per ottenere, dalle statistiche puntuali, quelle medie areali.
Modelli più complessi considerano il fenomeno come un campo casuale, a vari livelli di
aggregazione temporale [Rodriguez-Iturbe, 1986; Rodriguez-Iturbe et al., 1987].
Questi modelli richiedono, però, la taratura di un gran numero di parametri e, di
conseguenza, dati in quantità e qualità tali da non essere ancora utilizzabili nella pratica.
Per via empirica, la dipendenza dell'ARF dall'area A e dalla durata d della pioggia può
essere espressa mediante una relazione del tipo:
K ( A, d ) = 1 − f1 ( A) ⋅ f 2 (d )
(21)
che risulta abbastanza generale da comprendere un certo numero di espressioni empiriche
finora formulate [Villani,1990].
In particolare, Eagleson [1972] considera, per gli Stati Uniti:
f1 ( A) = 1 − exp[− C1 ⋅ A]
(22)
[
(23)
f 2 (d ) = exp − C2 ⋅ d C3
]
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C1 = 3.8 ⋅ 10 −2
(24)
C2 = 1.1
(25)
C3 = 0.25
(26)
avendo espresso le aree in Km2 e le durate in ore.
In Italia, il Servizio Idrografico e Mareografico (SIMI) e, attualmente, le regioni, fornisce i
soli valori delle piogge giornaliere; è possibile comunque tarare i coefficienti da cui dipende
la variabilità dell'ARF con l'area utilizzando tali dati.
Penta [1974], per le piogge giornaliere, mostra l'adattamento delle (22) e (23) ai dati,
utilizzando i seguenti valori:
C1 = 2.1 ⋅ 10 −3
(27)
C2 = 0.53
(28)
C3 = 0
(29)
Di conseguenza, per bacini di limitata estensione quali quelli presi in esame nella presente
Relazione Idrologica, il coefficiente che descrive la variabilità dell'ARF con la durata può
essere assunto, in prima approssimazione, indipendente dall’area, e pari a quello fornito da
Eagleson [1972] per gli Stati Uniti Orientali, con i valori dei parametri dedotti da Penta.
In definitiva, per la stima del fattore di riduzione areale delle piogge, si è fatto riferimento
all’espressione:
(
K A (d ) = 1 − [1 − exp(− 0.0021 ⋅ A)]⋅ exp − 0.53 ⋅ d 0.25
)
(30)
Nel caso in esame, attesa la ridotta estensione dei bacini e sottobacini presi in esame, a
vantaggio di sicurezza, si è ritenuto opportuno trascurare la variabilità di K A (d ) con l’area A
e con la durata d, assumendo K A (d ) =costante=1.
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7. MODELLO DI TRASFORMAZIONE AFFLUSSI→DEFLUSSI
Diversamente da quanto già fatto all’atto della redazione sia del PSAI attualmente vigente
nelle aree di pertinenza dell’Autorità di Bacino Sinistra Sele sia della recente proposta di
modifica dello stesso PSAI, il modello di trasformazione Afflussi→Deflussi che si è andato
ad utilizzare nel caso del Fiume Testene, è stato il modello di Nash a tre serbatoi lineari,
uguali, disposti in serie.
Tale scelta risulta motivata da tre distinte circostanze:
1. presenta pochi parametri, di chiaro significato fisico;
2. una volta tarati i parametri in esso contenuti, risulta tra quelli più idonei a ricostruire
eventi di piena effettivamente osservati in bacini strumentati;
3. a parità dei primi due parametri, ha una forma abbastanza simile all'IUH di tipo Weibull,
che fornisce, asintoticamente, la effettiva risposta di un bacino idrografico ad un evento
meteorico;
4. è di facile uso;
5. fornisce, rispetto al modello a due serbatoi utilizzato all’atto della redazione del PSAI,
portate leggermente superiori, in virtù di una maggiore “dinamicità” conferita
dall’utilizzazione di uno schema a tre serbatoi in luogo di due.
Il modello di Nash contiene due soli parametri:
-il numero n di serbatoi;
-il tempo di ritardo K0 relativo al singolo serbatoio.
La sua espressione analitica è data dal cosiddetto integrale di convoluzione
Q (t ) = ∫ p (τ ) u (t − τ )dτ
t
(31)
0
nel quale la funzione u(τ), definita genericamente IUH (Istantaneous Unit Hydrograph), è
data, nel caso specifico, da
 t 
1


u (t ) =
(ns − 1)! K o  K o 
ns −1 − t
Ko
e
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Pag. 22
(32)
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E' possibile dimostrare che Ko=tr/ns, essendo tr il tempo di ritardo ed ns il numero di
serbatoi preso a riferimento per la simulazione del comportamento del bacino. Ne consegue
che, nel caso in esame, avendo già scelto, quale numero di serbatoi da prendere a riferimento,
ns = 2, occorrerà valutare solo il tempo di ritardo tr di ciascuno dei bacini sottesi dalle singole
sezioni prese a riferimento.
Quest’ultimo può essere valutato, come noto, con diversi tipi di approcci. Ad esempio:
- Formule di Desbordes (1a e 2a)
- Formula di Shaake;
- Formula di Rossi (1974)
- Metodo VAPI-Rapporto Campania (Villani & Rossi, 1995)
Le formule di Desbordes e di Shaake sono state tarate con riferimento a bacini urbani e
rurali di limitata estensione e non sembrano, pertanto, applicabili al particolare contesto qui
preso in esame.
La formula proposta da F. Rossi (1974), di struttura molto semplice, è stata tarata su corsi
d’acqua naturali del versante ionico della Basilicata e, pertanto, risulta eventualmente
utilizzabile solo per avere una conferma, seppure indiretta, dei valori ottenuti con altri
approcci. Essa è data, in particolare, dall'espressione:
0.295
 L 
tr = 0.77 

 P
(33)
essendo L la lunghezza dell'asta principale (in Km), P la pendenza media dell'asta principale
(in m/m) e tr il tempo di ritardo del bacino (in ore).
La pendenza media dell'asta principale è fornita, a sua volta, dalla formula di Taylor &
Schwartz, che può essere applicata solo dopo aver suddiviso il profilo del corso d'acqua
principale in una serie di NT tratti di lunghezza Li (in Km) e pendenza Pi (in m/m):
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 L  NT Li

=∑
 P  i =1 Pi
(34)
Una seconda alternativa possibile è quella di proposta da F.Rossi & P. Villani (1995)
nell’ambito del progetto VAPI del C.N.R., riportata, più in particolare, nel rapporto dell’Unità
Operativa 1.9 (Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Unità di Salerno), denominato
“Valutazione delle Piene in Campania”.
Per la determinazione del tempo di ritardo tr, in base ai ragionamenti ivi effettuati, Rossi e
Villani propongono l’espressione:
tr =
C f1
Cf
⋅
Cf A
A1
1.25
1.25
.⋅
⋅ A1 + 2 ⋅ 2 . ⋅
⋅ A2
A 3.6 ⋅ c1
C f A 3 .6 ⋅ c 2
utilizzabile nel caso di scelta del cosiddetto “Modello Geomorfoclimatico 1” (cfr. la
formula 5.47b del citato Studio VAPI Campania), in base al quale, dal punto di vista
delle permeabilità, devono soltanto individuarsi le aree, di estensione A1, a
permeabilità concettualmente infinita (aree permeabili) da quelle, di estensione A2, a
permeabilità concettualmente nulla (aree impermeabili) o, equivalentemente, la
percentuale di aree permeabili perm=A1/A presenti all’interno del bacino di superficie
A.
Nell’espressione (35) i simboli adotti hanno il seguente significato:
Cf = coefficiente di afflusso
A = Superficie del bacino (in Km2);
C f1
= 0.13
C f2
= 0.60
A1= superficie permeabile (in Km2);
A2 = superficie impermeabile (in Km2).
Le costanti c1 e c2 rappresentano, fisicamente, delle celerità di propagazione. I loro
valori sono:
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(35)
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c1 = 0.25 m/s
c2 = 1.70 m/s
che forniscono la migliore taratura ottenibile a partire dai dati idrometrografici
disponibili per la Regione Campania.
Viste le espressioni utilizzate, nel secondo tipo di approccio la valutazione del tempo di
ritardo non può prescindere da quella del coefficiente di afflusso. Rinviando l'esposizione
delle modalità con cui tale argomento è stato affrontato e risolto al capitolo successivo, non
resta qui altro che far rilevare che i tempi di ritardo valutati con entrambi i metodi, così come i
valori delle medie µQD da essi ottenuti, sono abbastanza prossimi l’uno all’altro, dimostrando
l’attendibilità dei risultati ottenuti in base ai due diversi approcci.
8. VALUTAZIONE DEL COEFFICIENTE DI AFFLUSSO
8.1 Modalità di approccio prese a riferimento
La valutazione del coefficiente di afflusso deve tenere conto del tipo di approccio
utilizzato per la valutazione della portata al colmo.
Ad esempio, la ben nota formula di Turazza, molto usata agli inizi del secolo nel campo
delle bonifiche, fa riferimento ad una durata critica di pioggia pari al tempo di corrivazione
del bacino, per cui i coefficienti empirici ivi utilizzati devono, necessariamente, risultare
molto alti (anche dell'ordine di 0.5-0.6).
Shaake e altri autori pongono, a loro volta, che la durata critica di pioggia sia pari al
tempo di ritardo, per cui il coefficiente di piena da essi utilizzato si presenta, viceversa,
abbastanza basso (dell'ordine di 0.25-0.3).
Nel caso in esame, poiché si utilizza l'approccio variazionale precedentemente illustrato,
nella valutazione delle portate al colmo di piena si perviene a durate critiche intermedie fra il
tempo di ritardo e quello di corrivazione, per cui la taratura del coefficiente di afflusso deve,
necessariamente, risentire di questa circostanza.
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A tale scopo, nelle valutazioni qui effettuate, ai fini della stima delle coppie di valori ( C f ,
tr) si è fatto riferimento, come già accennato nelle precedenti pagine, al “Modello
geomorfoclimatico 1”, in base in virtù ai quali il valore di C f , tarato su base statistica a
livello regionale, è dato (cfr. la formula 5.38c del citato Studio VAPI Campania) da:
C f = C f1 ⋅
A1
A
+ C f2 ⋅ 2
A
A
(36)
dove:
Cf = coefficiente di afflusso
A = Superficie del bacino (in Km2);
C f1
= 0.13
C f2
= 0.60
A1= superficie permeabile (in Km2);
A2 = superficie impermeabile (in Km2).
In base alle caratteristiche geolitologiche dei terreni di copertura (cfr. gli allegati grafici
alla presente Relazione Idrologica), si ricavano, per i vari sottobacini di interesse, le superfici
permeabili ed impermeabili.
9. VALUTAZIONE DELLE PERMEABILITÀ DEI BACINI
Da quanto indicato nei precedenti paragrafi, ai fini della valutazione di C f e tr, e,
quindi, della valutazione sia delle medie delle portate che delle portate corrispondenti
ad assegnato periodo di ritorno T, è assolutamente necessaria una corretta valutazione
della percentuale perm. di aree permeabili presenti nel bacino.
A tale scopo, a vantaggio di sicurezza nella valutazione delle portate al colmo, si è
condotta un'attenta indagine sulle caratteristiche di permeabilità dei terreni ricadenti
all'interno dei singoli bacini e sottobacini sottesi dalle 6 sezioni di calcolo prese a
riferimento.
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A seconda dei litotipi, si sono dapprima individuate, qualitativamente, le
caratteristiche di permeabilità delle diverse formazioni geologiche presenti sulla
superficie dei bacini, e si è poi passati a quantificarne il valore anche in relazione ad
approcci e modalità di valutazione già disponibili in letteratura.
Parallelamente, alla luce di risultati dei numerosi sopralluoghi eseguiti, e della
cartografia IGM in scala 1:25.000, si sono individuate, con notevole accuratezza, le
parti del bacino interessate, più o meno fittamente, dalla presenza di una copertura
boschiva.
A partire da tali analisi preliminari, relativamente ai vari litotipi, è stato possibile
effettuare una distinzione tra:
-
formazioni altamente permeabili (ap);
-
formazioni mediamente permeabili (mp);
-
formazioni scarsamente permeabili (sp);
-
formazioni praticamente impermeabili (imp);
Invece, relativamente alla presenza o meno di bosco, si sono potute effettuare una
distinzione tra:
-
superfici densamente boscate (db);
-
superfici mediamente boscate (mb);
-
superfici poco boscate (pb);
-
superfici urbanizzate (urb);
Pertanto, si è potuta classificare ogni singola superficie in base sia alla litologia
presente che e alla eventuale copertura boschiva. Tale classificazione è stata attuata
provvedendo ad attribuire a ciascuna coppia litologia-copertura boschiva un “codice”,
a sua volta costituito attraverso i due sottocodici relativi, rispettivamente, alle
caratteristiche di permeabilità conseguenti alla litologia e alla copertura boschiva.
Ad esempio, col codice “db_mp” si sono indicati litotipi mediamente permeabili
(mp) e, contemporaneamente, densamente boscati (db); col codice “urb_sp” si sono
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indicati litotipi scarsamente permeabili (sp) ricadenti in aree, contemporaneamente,
urbanizzate (urb).
Tale classificazione è stata riportata, per le varie aree delle varie tipologie ricadenti
all’interno dei singoli sottobacini nelle tabelle allegate in calce alla presente Relazione,
unitamente alla loro estensione (vedi tabelle riportate sul lato sinistro degli allegati
stessi). Esse fanno riferimento, in particolare, alle varie zone indicate graficamente
sulla destra delle singole tabelle.
Per ciascuna delle tipologie di superfici sopra indicate, si è poi provveduto ad
attribuire, in relazione a tutte le possibili intersezioni tra le caratteristiche di
permeabilità relative ai litotipi e quelle relative all’eventuale copertura boschiva, i
diversi valori da attribuire ai coefficienti di permeabilità. Tali valori, indicati come
“peso”, sono riportati nelle tabelle allegate in calce alla presente relazione (lato sinistro
degli allegati stessi).
Il parametro perm. è stato quindi dedotto in base a una media pesata, effettuata in
base alle varie aree caratterizzate dai singoli “codici”, dei suddetti “pesi”.
10.
VALUTAZIONE DELLE MEDIE DELLE PORTATE AL COLMO DI PIENA
Una volta individuato il legame di regressione µid = µid (d ) , il valore del tempo di ritardo
tr e il valore del coefficiente di afflusso C f , risulta possibile, in base all'applicazione
dell'approccio variazionale precedentemente descritto, stimare, per ciascuna delle 6 sezioni di
chiusura prese a riferimento nell’ambito del presente Studio, il valore della media dei massimi
annuali della portata al colmo di piena, µQ .
I valori così ottenuti sono riportati, unitamente ad alcuni dati salienti, per ciascuno dei 6
sottobacini del Fiume Testene e del Vallone Cupa (rappresentati negli allegati grafici riportati
in calce alla presente Relazione Idraulica), nella successiva Tabella 3.
Tabella 3 - Fiume Testene e Vallone Cupa
Sezione
Bacino
Perm.
S
2
(Km )
%
Cf
tr
(ore)
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µQ *
µQ **
3
(m3/s)
(m /s)
Autorità di Bacino
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1
11
14
21
41
69
N.B.:
1
2
3
4
5
6
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23.571
34.755
41.388
50.066
53.619
61.44
VELIA
PORTA
ROSA
44.41
45.27
45.93
46.27
47.3
45.27
0.391
0.387
0.384
0.383
0.378
0.387
1.29
1.59
1.76
1.94
2.05
2.12
46.57
58.38
64.18
71.83
73.12
83.83
41.19
52.60
58.18
65.46
66.80
76.62
µQ * valore dedotto mediante l’utilizzazione della curva di probabilità pluviometrica si di espressione (19’’)
µQ ** valore dedotto mediante l’utilizzazione della curva di probabilità pluviometrica si di espressione (19’’’)
Dall’esame delle ultime due colonne della precedente tabella si evince che, per tutti i
bacini presi in esame, la valutazione di µQ effettuata con riferimento alla curva di probabilità
pluviometrica si di espressione (19’’), fornisce stime della stessa grandezza di qualche punto
percentuale superiore a quelle ottenute utilizzando la curva di probabilità pluviometrica si di
espressione (19’’’). Pertanto, i valori di QT dedotti in base all’utilizzazione della curva di
probabilità pluviometrica si di espressione (19’’) darebbero valori leggermente superiori a
quelli dedotti con la curva di probabilità pluviometrica si di espressione (19’’’).
Per tale motivo, a leggero vantaggio di sicurezza per le successive analisi idrauliche, i
valori di QT sono stati dedotti con specifico riferimento a µQ *.
In particolare, si sono ottenuti, per diversi periodi di ritorno, i valori delle portate al colmo
di seguito riportati nella Tabella 4.
Tabella 4: Portate al colmo di piena corrispondenti ad assegnati valori del periodo di ritorno T
Torrente Testene
Periodo di ritorno 3
KT
1
5
10
30
50
100
300
1.29
1.63
2.27
2.61
3.07
3.8
Sezione Bacino
1
1
46.57 60.08 75.91 105.71 121.55 142.97 176.97
11
2
58.38 75.31 95.16 132.52 152.37 179.23 221.84
14
3
64.18 82.79 104.61 145.69 167.51 197.03 243.88
21
4
71.83 92.66 117.08 163.05 187.48 220.52 272.95
41
5
73.12 94.32 119.19 165.98 190.84 224.48 277.86
69
6
83.83 108.14 136.64 190.29 218.80 257.36 318.55
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