17 - Ordine degli Avvocati di Trani
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17 - Ordine degli Avvocati di Trani
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA *** RASSEGNA STAMPA 17 gennaio 2008 Titoli dei quotidiani Il Sole 24 Ore Giudici e legali si allineano contro i processi-lumaca Italia Oggi Mastella indagato, si dimette La mia Sandra è in ostaggio Io mi dimetto, ora ho paura Il ministero della giustizia resiste al terremoto Ordinamento, via libera dei legali Riforma, cala il gelo del Cup La Cassa al bivio sulle pensioni Attentato alla specialità dei gdp La Repubblica Mastella lascia, indagato per concussione Il Messaggero “Lobby in Campania”: Mastella indagato, la moglie ai domiciliari GIURISPRUDENZA Il Sole 24 Ore Droga, sanzioni ridotte dalla “Fini-Giovanardi” Neocomunitari, il reato resta Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Italia Oggi Espulsioni ante '07 Punibili i rumeni Immobili, dai notai tutte le verifiche FLASH *** Giudici e legali si allineano contro i processi-lumaca Rito ambrosiano nel processo penale, almeno nel caso degli appelli. E’ una alleanza tra magistrati e avvocati per provare a restituire efficienza e velocità alle udienze penali. Il protocollo firmato ieri nell’Aula magna, dall’Ordine degli avvocati di Milano, con il presidente Paolo Giuggioli, da Camere penali e Procura, si qualifica come una collaborazione in condizioni di emergenza tra operatori della giustizia. Il testo dell’accordo tocca punti nevralgici come l’istituzione di una corsia preferenziale per alcuni tipi di processo: la precedenza andrà accordata ai procedimenti con detenuti, a quelli di pronta soluzione e a quelli cui le parti si rifanno a atti scritti, senza effettiva discussione orale. Per cancellare poi i tempi morti, è prevista l’anticipazione in una data precedente all’udienza delle richieste di patteggiamento, formulate sulla base dell’articolo 599 Del Codice di procedura penale, al Procuratore generale e la comunicazione delle proposte di accordo su un modulo specifico al presidente del collegio giudicante. Il protocollo si fa carico poi dei maxiprocessi, con la previsione di una prima udienza riservata alla sola verifica della regolare costituzione delle parti e quindi delle altre successive udienze, a una distanza di tempo che permetta la rinnovazione delle eventuali notifiche nulle;l’udienza dovrà poi essere precedente all’eventuale scadenza dei termini di custodia cautelare. Viene poi introdotta la richiesta preventiva si un parere del Procuratore generale sui ricorsi per incidente di esecuzione da depositare in cancelleria con un anticipo di 10 giorni per consentire ai difensori il deposito di una memoria scritta, cui fare riferimento nel corso dell’udienza. Numerosi anche i punti dedicati agli orari: le udienze non potranno iniziare dopo le 9.15 e quelle di camera di consiglio saranno accorpate al termine della mattinata per renderle compatibili con l’orario del personale di cancelleria. Previste poi l’istituzione di un servizio di interpreti con turni quotidiani di reperibilità, la segnalazione da parte dei difensori nella prima pagina dell’atto di impugnazione delle modifiche su nomine e domicilio dell’imputato, un percorso agevolato per la liquidazione degli onorari per gratuito patrocinio. A vigilare sull’attuazione e l’efficacia del protocollo sarà un Osservatorio con rappresentanza mista avvocati-magistrati. Giovanni Negri, Il Sole 24 Ore pag. 34 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Il Caso Mastella Mastella indagato, si dimette Insomma, la bordata è arrivata di prima mattina. E Mastella, proprio nel giorno in cui avrebbe dovuto riferire al parlamento sullo stato della giustizia, ha deciso di fare un passo indietro. Decisione che il premier, Romano Prodi, gli ha chiesto di ritirare. L'intervento del presidente del consiglio è stato apprezzato da Mastella, che però ha detto di volerci pensare su. Anche perché l'inchiesta condotta dai pm Alessandro Cimmino e Maurizio Giordano, concentrata su un giro vorticoso di poltrone e appalti, ha un perimetro molto ampio. E minaccia di travolgere tutto lo stato maggiore campano dell'Udeur. A dimostrarlo inequivocabilmente c'è il fatto che anche il Guardasigilli è indagato dalla procura. Su di lui è calata una scure molto pesante, con tanto di sette capi d'imputazione. A spiccare, secondo l'ipotesi accusatoria, sarebbe il concorso in concussione ai danni del governatore della Campania, Antonio Bassolino. Il ministro lo avrebbe costretto a nominare come commissario dell'Asi di Benevento una persona da lui indicata. Ma a finire nella rete dei pubblici ministeri è una trentina di persone (23 ordinanze di custodia). Tra quelle più vicine al ministro dimissionario c'è il consuocero Carlo Camilleri. Il quale viene accusato di aver partecipato alla concussione ai danni di Bassolino insieme a due assessori regionali della Campania, sempre dell'Udeur: Luigi Nocera, responsabile dell'ambiente, e Andrea Abbamonte, addetto al personale. A essere travolti dall'inchiesta, però, sono anche il sindaco di Benevento, Fausto Pepe, e i consiglieri regionali Ferdinando Errico e Nicola Ferraro (entrambi dell'Udeur). In più sono stati colpiti Ugo De Maio, giudice del Tar Campania per il quale è scattata l'interdizione, Giuseppe Urbano, prefetto di Benevento, anche lui interdetto, e il vigile urbano Luigi Treviso. Un'onda, in sostanza, che si sta già trasformando in Tsunami. Sempre ieri, nel comunicare in parlamento le sue dimissioni, Mastella ha accusato duramente la magistratura, in particolare quelle «frange estremiste» che avrebbero ordito «una trappola scientifica, tesa in modo vile e ignobile» nei confronti della sua famiglia. Di qui le dimissioni, perché tra l'amore per la famiglia e il potere, ha detto Mastella, «scelgo il primo». Stefano Sansonetti, Italia Oggi pag. 3 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - La mia Sandra è in ostaggio Io mi dimetto, ora ho paura Pubblichiamo ampi stralci dell'intervento del ministro della giustizia Clemente Mastella ieri in aula alla camera. Signor Presidente, alcune notizie, di quelle che tramano e sconvolgono la vita delle persone, di poche ore fa, annunciate come al solito con battage pubblicitario dalla stampa e finanche da qualche pamphlet editoriale che, nelle ultime pagine di un brillante giornalista, aveva raccontato e profetizzato queste cose, mi fanno svolgere un discorso certamente diverso da quello che avevo maturato per le mie convinzioni e per il tratto di funzionalità istituzionale che mi ha accompagnato in questa mia esperienza come ministro guardasigilli. Vi parlo però con il dolore nel cuore di chi sa che, a causa del suo impegno pubblico, delle sue profonde convinzioni e delle sue idealità si trova ad essere colpito negli affetti più profondi, incredulo ed impotente. Ho provato, ho creduto, ho sperato che la frattura tra magistratura e politica potesse essere ricomposta attraverso la dialettica, il confronto, il dialogo e l'incontro, ma devo prendere atto che, nonostante abbia lavorato giorno e notte per dimostrare la mia credibilità e la mia buona fede di interlocutore affidabile per il mondo della giustizia, oggi mi accorgo che sono stato invece percepito da frange estremiste come un avversario da contrastare, se non addirittura come un nemico da abbattere. Ho creduto, pur consapevole dell'estrema difficoltà di quella che alcuni reputano una mission impossibile, di dover rifiutare la pericolosa tentazione di chi vorrebbe indirizzare la giustizia italiana verso la palude della rassegnazione e dell'impotenza, suggerendo l'ineluttabilità di un conflitto perenne e di disfunzionamenti ormai cronici. L'illusione di poterci riuscire mi ha fatto fare ogni sforzo, con un parlamento mai così fragile e incerto in tutta la mia trentennale esperienza di assemblea. Ho avuto l'illusione di poter riformare l'ordinamento giudiziario in accordo con la magistratura e nell'interesse del paese; ho avuto l'illusione che le soluzioni trovate per migliorare l'efficienza, motivare il personale, ridurre i costi dell'esposizione debitoria, nonostante al mio arrivo a via Arenula non avessi trovato né la benzina per le macchine, né la carta per i fax ai magistrati, ho avuto l'illusione che tutto ciò potesse essere prova della mia onestà intellettuale e dell'assenza di secondi fini. Ho avuto l'illusione di poter affermare, con convinzione, fondamentale nel nostro assetto costituzionale, del principio dell'esclusiva soggezione del giudice alla legge, soltanto alla legge, ma almeno alla legge. In mancanza di ciò credevo e credo che è la base stessa su cui poggia l'autonomia e l'indipendenza della magistratura a essere messa a rischio e in discussione. Queste mie convinzioni, purtroppo, oggi trovo frantumate contro un muro di brutalità, di indisponibilità, di chiusura e di egoismi di parte. Ho dedicato tutte le mie energie nell'ultimo anno per affermare e dimostrare che ci si poteva riuscire e che, tra i poteri e le istituzioni, il dialogo avrebbe premiato, convinto come sono, che solo nell'incontro e nella relazione con l'altro si trova la soluzione. Oggi qui le mie certezze vacillano. Non si illudano però coloro che confidano nello sconforto, coloro che credono che le ferite sul piano personale e sentimentale possano essere determinanti per farmi cambiare idea e percorso. Lo sapevamo, ce lo ha insegnato Aldo Moro, che non siamo chiamati a preservare un ordine semplicemente rassicurante. Mentre ero dedito a questo lavoro è iniziato un tiro al bersaglio nei miei confronti, quasi un'ostinata caccia all'uomo, un'autentica persecuzione umana. Sono state utilizzate centrali di ascolto con corsie privilegiate, ogni qualvolta nei computer si accendeva la spia che segnalava il mio nome o quello dei miei amici. Tutta la mia famiglia è stata in questo periodo intercettata. In quel di Potenza, siamo così diventati, colleghi dell'Udeur, un partito di tale rilevanza, quanto a intercettazioni subìte, da poter superare, colleghi della maggioranza e dell'opposizione, agevolmente la soglia di sbarramento di qualsiasi percentuale elettorale. Eppure, ho resistito a tutto questo, forte della mia passione politica. Ma per delegittimarmi è bastato che un piccolo nucleo di magistrati, per alcuni dei quali l'integrità è contestata da Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - altri magistrati dello stesso distretto (quelli che hanno operato in questa vicenda), innescasse un congegno violento, privo di obiettivi riscontri nella realtà, confondendo ciò che è tipico della politica, anche in maniera distorta ma che rivendico alla politica, ai conflitti interni alla politica e ai riti della politica; è bastato tutto questo per puntare al cuore, con un pregiudizio che desse l'idea di un mio sistema di potere in Campania da combattere, travisando realtà e norme penali, per interrompere il mio lavoro. Avevo resistito nel fortino personale a tutte queste scorribande corsare contro di me, contro la mia vita personale e politica, con l'intento dichiarato di creare panico e terrore tra i miei sostenitori, i cui ideali di ispirazione cristiana forse ancora, chissà, creano motivo di preoccupazione politica. Ora però, rispetto a componenti di un ordine che disinvoltamente hanno il vantaggio di poter fare e poter decidere i tuoi destini, prescindendo dalla tua volontà e dai tuoi comportamenti, rispetto all'imprevedibile apertura di varchi che toccano i miei affetti, la mia famiglia e mia moglie, getto la spugna. È la prima volta, lo confesso, che ho paura. Ho combattuto la mia battaglia fin quando il combattimento era alla pari e leale e non arrivavano colpi bassi ed imprevisti, perché dalla tua condotta politica nulla lasciava presagire, nonostante il mio temperamento, i miei eccessi un po' barocchi, il mio stile inconfondibile, forse eccessivo, lo riconosco. Oggi tocca a me, in precedenza è toccato ad altri, tocca ai cittadini italiani per questo potere straordinario, che un ordine, rispetto ad altri, ha stabilito per sé, non fosse per il fatto, onorevoli colleghi, che, patior, ergo sum, soffro ontologicamente con me stesso. Rispetto a questo tutto mi appare e mi parrebbe irreale e innaturale, fuori da ogni logica, che si compone con la vita politica fatta anche di scontri, di rivalse, di umori, di indicazioni, di nomine. Ma perché quelle che fanno i politici sono illecite e quelle che fanno i magistrati sono lecite? Non è possibile che il potere di vita e di morte pubblica, di vita e di morte di un governo possa appartenere oggi a questo pacchetto di mischia giudiziaria, in altre circostanze ad altri pacchetti di mischia, senza che tutto questo avvenga, senza, come in questo caso della mia famiglia, essere ascoltati, senza una controprova, senza una richiesta di spiegazioni, in attesa di un giudizio che non si sa né come né quando arriverà. Questo piano di valutazione ideologica non è il mio e appartiene, per fortuna, a una componente minoritaria della magistratura. Si tratta di un giustizialismo che ho combattuto ma che ha fatto capolino negli ultimi tempi della storia giudiziaria italiana nel nostro paese e che è soltanto intento a decretare l'umiliazione umana, mediatica e politica di chi è contro di loro. E qualora questo pacchetto di mischia, come in questo caso, si fosse sbagliato chi ripagherà un domani la mia famiglia e la mia famiglia politica di questa umiliazione subita e le tante famiglie italiane, centinaia di migliaia, che subiscono queste umiliazioni e queste ferite? E se eventualmente salissero in quota responsabilità per un'opera di demolizione eterodiretta tesa a scardinare il presunto sistema di potere, chi ne risponderà? E a chi costoro risponderanno? Oggi a me, ma in questa giornata, confesso molto molto particolare, è dato solo prendere atto di questa scientifica trappola che mi è stata tesa, mediaticamente prima e giudiziariamente dopo, in modo vile e ignobile. Così come è altrettanto vile ed ignobile prendere in ostaggio mia moglie voglio un mondo di bene e a cui rinnovo il mio affetto, e che si esalta in una vita in comune e che sperimenta anche nella sofferenza il valore della famiglia. Per questo non posso consentirmi, proprio per questo ostaggio, né torsioni né movimenti scomposti che apparirebbero come irregolari e non in linea con il rispetto che si ha di un giudizio di cui si è serenamente in attesa. Nessuno si illuda, però, da altre postazioni continuerò e continueremo a combattere la nostra battaglia con un'esperienza e con delle ferite in più, consapevoli di essere arrivati al vero nodo della democrazia, lo scontro sotterraneo e violentissimo tra i poteri, avendo subito ora, da ministro della giustizia, quello che dopo trent'anni di specchiata carriera politica non ho mai subito e non avrei mai immaginato. In questi pochi mesi ho avuto il triplo di avvisi di garanzia che mai ho avuto in trent'anni di vita parlamentare, politica e umana. Continuerò, però, insieme a tutti coloro che vorranno Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - crederci e che avranno la speranza in chi, come me, è cresciuto ed ha imparato ad essere certo del bene anche quando, colpito dall'ingiustizia e dalla violenza, lo si intravede molto molto in lontananza ed appare opaco. Mi dimetto dunque, onorevoli colleghi, mi dimetto perché tra l'amore per la mia famiglia e il potere scelgo il primo. Io, questo onnipotente Mastella sceglie il primo. Avrei potuto operare sottili distinguo giuridici, restando al mio posto. Mi dimetto per essere più libero umanamente e politicamente. Mi dimetto sapendo che un'ingiustizia enorme è la fonte inquinata di un provvedimento perseguito con ostinazione da un procuratore che l'ordinamento manda a casa per limiti di mandato e per questo me ne addebita la colpa. Colpa che invece non ravvisa nell'esercizio domestico delle sue funzioni per altre vicende che lambiscono suoi stretti parenti e delle quali è bene che finalmente il Csm se ne occupi per dignità. Mi dimetto, riaprendo la questione delle intercettazioni, assai spesso manipolate, a volte estrapolate ad arte, assai spesso divulgate senza alcun riguardo per la riservatezza deiPag. 8cittadini e per la libertà della persona umana. Mi dimetto, perché ritengo, anche dopo la mia dolorosa esperienza, che vada recuperata la responsabilità per lo meno civile dei magistrati, sulla scorta della giurisprudenza della Corte di giustizia di Lussemburgo. Riconosco che, nel corso di questa mia attività istituzionale intensa, ho trovato una stragrande maggioranza di magistrati seri ed imparziali, ma mi sono imbattuto anche in alcuni che fanno del pregiudizio, soprattutto contro la politica e i politici, la ragione di vita della loro attività professionale. Come ci si può difendere, però, da questi ultimi, il cui potere d'interdizione, di vita e di morte e di delegittimazione appare senza confini? Mi dimetto per senso dello Stato e lo faccio senza tentennamenti. In fondo, avrei potuto restare al mio posto; un ministro della giustizia che non è in grado di difendere neppure la moglie dall'assalto violento e ingiusto di accuse balorde e non riesce ad evitarne neppure l'arresto ai domiciliari non è certo in grado di inquinare le prove, perché è talmente risibile il proprio potere che lo si può lasciare tranquillamente al proprio posto. Mi dimetto, dunque, per aprire una questione fondamentale di emergenza democratica tra la politica e la magistratura, anche perché, come ha scritto Fedro: «gli umili soffrono quando i potenti si combattono». Italia Oggi pag. 5 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Il ministero della giustizia resiste al terremoto Certo, il terremoto si è sentito. Ma finché il ministro guardasigilli è in carica a Via Arenula si fa mostra di normalità. I sottosegretari e i capi degli uffici sono con il fiato sospeso, ovviamente, ma l'attività ordinaria del ministero continua. E nei corridoi del palazzone che ospita i dipartimenti non c'è confunsione, tutto sembra normale. Negli uffici magari si commentano gli eventi, ma le pratiche vanno avanti. Pochi sono riusciti a vedere il ministro dopo il suo intervento alla camera, nel quale ha annunciato le dimissioni. Il suo passaggio a via Arenula è stato fugace, prima di prendere la macchina per recarsi a Ceppaloni a dare solidarietà coniugale alla moglie, Sandra Lonardo. E' andata bene a Daniela Melchiorre, sottosegretario con delega alla giustizia minorile, voluta in quel posto da Lamberto Dini. «Ho potuto esprimergli la mia solidarietà. Ora siamo in attesa delle sue decisioni». «Abbiamo le deleghe e continuiamo a lavorare», taglia corto il sottosegretario che ha seguito la riforma dell'ordinamento giudiziario Luigi Scotti. Per le attività che il ministro tratta in proprio (per esempio le nomine per gli incarichi direttivi dei magistrati), si vedranno gli eventi, anche se Scotti ricorda che «il premier Romano Prodi ha respinto le dimissioni quindi il ministro è ancora in carica». «I tipi di intervento che stiamo conducendo hanno una natura strategica, nascono da una visione strategica: vorrei che questa attività non si interrompesse», commenta il sottosegretario dell'Idv Luigi Li Gotti, che nonostante la poca simpatica che regna tra il suo segretario, Antonio Di Pietro, e il guardasigilli, si professa «mastelliano». «L'attività ordinaria continua», assicura Arcibaldo Miller, e detto da lui che è il capo dell'ispettorato, significa le ispezioni già avviate andranno avanti, non si fermeranno. Un importante dirigente che preferisce l'anonimato parla della costituzione «di un comitato di salute pubblica. Tra pochi giorni ci sarà l'inaugurazione dell'anno giudiziario. Ciascuno di noi sarà in sedi diverse a rappresentare il ministero. Occorre darci una linea unitaria. Certo, personalmente ritengo che questa situazione di limbo non possa continuare al di là di 48 ore». E comunque, parlando con il ministro quest'utlimo gli avrebbe rappresentato l'intenzione di non recedere dalla decisione. Ma si può sempre cambiare idea. Il capo dell'ufficio legislativo, Gianfranco Manzo, ieri era a Milano e quindi ha seguito come ha potuto per telefono gli eventi. «Mi risulta che tutto proceda regolarmente. Il ministero è anche un apparato burocratico, come tale autorganizzato». Il capo dell'Organizzazione giudiziaria, Claudio Castelli è chiaro sulla mission di queste ore: «abbiamo l'obbligo amministrativo di continuare l'attività e fare in modo che la situazione inevitabile di sbandamento non incida sulla gestione quotidiana degli uffici giudiziaria». Il capo di gabinetto Stefano Mogini non ha voglia di commentare: «Si rivolga all'ufficio stampa». Claudia Morelli, Italia Oggi pag. 7 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Mastella lascia, indagato per concussione Il ministro della Giustizia Mastella indagato per sette ipotesi di reato tra cui la tentata concussione al Governatore della Campania Bassolino, si dimette e accusa con parole durissime i magistrati che reagiscono indignati. Prodi respinge le dimissioni e il ministro si prende qualche ora di riflessione per decidere, intanto lascia Roma per Ceppaloni dove la moglie Sandra Lonardo, presidente del Consiglio regionale della Campania, è agli arresti domiciliari nella villa di famiglia. Sull´Udeur si abbatte una valanga: 23 ordinanze di custodia (19 ai domiciliari) emesse dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere per amministratori e dirigenti dell´Udeur campano, il «nostro fortino elettorale», come lo definisce Mastella. Ma anche per professionisti, docenti universitari e funzionari locali. Interdetti anche il prefetto di Benevento, un magistrato del Tar della Campania e un vigile urbano. I magistrati che hanno ordinato i clamorosi provvedimenti ipotizzano una cupola che organizzava scambi di favori e pressioni per nomine e incarichi. Per Mastella le ipotesi di reato sono sette: concorso esterno in associazione per delinquere, due episodi di concorso in concussione e uno di tentata concussione, un concorso in abuso d´ufficio e due concorsi in falso. Il secondo capo di imputazione è il concorso in concussione ai danni di Bassolino per la nomina del commissario Asi di Benevento. Secondo gli inquirenti, per compensare la mancata attribuzione all´Udeur della presidenza Iacp di Benevento, andata a un ds, Mastella avrebbe deciso di «iniziare una strategia di pressione politica e governativa sul governatore della Campania». Ma Bassolino ha smentito di essere stato oggetto di pressioni. «Mi sono sentito stamattina (ieri mattina - ndr) con Sandra Mastella per esprimere a lei e a suo marito la mia vicinanza in questo momento tanto difficile - ha dichiarato ieri sera - . Apprendo che sarei parte offesa per una presunta concussione commessa ai miei danni dal ministro Mastella per la nomina del commissario dell´Asi di Benevento. Ma si tratta di una nomina legittima e avvenuta in piena trasparenza, sulla base di una delibera di giunta». La giornata che mette a dura prova la resistenza del governo e risveglia nel mondo politico il fantasma degli anni di Tangentopoli comincia ieri mattina alle nove e mezza con la notizia degli arresti domiciliari per Sandra Lonardo. Un´ora dopo il ministro avrebbe dovuto tenere un discorso alla Camera sullo stato della Giustizia. Ma l´intervento si trasforma in un drammatico e accorato sfogo: «Getto la spugna. Mi dimetto perché scelgo l´amore per la famiglia. Per la prima volta in vita mia ho paura». Nel giro di qualche minuto arrivano al Guardasigilli gli attestati di solidarietà della maggioranza di centrosinistra, dei ministri e del centrodestra. Per Berlusconi «quel che è successo a Mastella e alla moglie è di una gravità inaudita». Casini parla apertamente di «emergenza democratica», mentre Fini esprime solidarietà «umana e non politica a Mastella» che critica per le accuse di «complotto» rivolte ai magistrati. La seduta alla Camera viene sospesa e dopo una riunione con i parlamentari del Campanile e un incontro con gli Udc Casini e Cesa, Mastella va a Palazzo Chigi: con le dimissioni del ministro della Giustizia è in ballo la sorte del governo anche se l´Udeur ha garantito che rimarrà nella maggioranza. Per il Pd la situazione è «difficile, complicata». Prodi respinge immediatamente le dimissioni del ministro che però lascia il premier nell´incertezza: «Ora vicino a mia moglie. Deciderò poi». Mentre Mastella è in viaggio per Ceppaloni arriva la notizia che anche lui è indagato. Se confermerà le dimissioni, Prodi già oggi dovrebbe riferire in Parlamento. Intanto Rosi Bindi va a Palazzo Chigi: potrebbe essere una soluzione se Mastella lascerà. Gianluca Luzi, La Repubblica pag. 2 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Clemente piange e accusa i pm: “per la prima volta ho paura” «Clemente? Sei tu? Sì, sei indagato anche tu. Per concussione nei confronti di Bassolino». Dall´altro capo del filo, mentre il capogruppo alla Camera Mauro Fabris gli dà la notizia, il ministro della Giustizia Clemente Mastella scoppia in una risata che pare sciogliere il dramma e la tensione di ore ed ore. Sta quasi per arrivare a Ceppaloni, dalla moglie Sandra. Sulle spalle ha la giornata più pesante da quando è diventato Guardasigilli e adesso si avvia a diventare un ex. Fabris chiosa ironico: «Era cominciato stamattina che pareva una cosa seria, ma adesso sta finendo tutto in una burla. Mastella che commette una concussione contro Bassolino? Ma ve lo immaginate? È del tutto irrealistico». Sarà pure un «teorema tutto da dimostrare», come lo definiscono i colonnelli di Mastella, sarà, come dicono loro, «il frutto avvelenato di un procuratore di parte, lo zio di un ex Udeur che deve tutto a noi ma adesso è contro di noi», ma il botto giudiziario è tale da costringere Mastella, proprio nel giorno in cui avrebbe dovuto leggere in aula una trionfalistica relazione sullo stato della giustizia (80 milioni di euro in meno per le intercettazioni, 140 milioni in tutto risparmiati), a presentarsi dimissionario. Con le lacrime agli occhi e parole accorate, che scatenano convinti applausi bipartisan. «Di fronte a un concertato volume di fuoco per distruggere la tua persona, la tua dignità, i tuoi valori, di fronte a un ordine che disinvoltamente ha il potere di decidere i tuoi destini, rispetto all´imprevedibile apertura di varchi che toccano i miei affetti, la mia famiglia, mia moglie, io getto la spugna. Ed è la prima volta, lo confesso, che ho paura». L´attacco alle toghe è durissimo. Tale da evocare subito i fantasmi della Mani pulite del 1992. Tutti la temono in aula, a cavalcarla resta solo l´aennino Fini («Gridate al complotto solo quando colpiscono voi di sinistra»). Mastella è insinuante, lui non pronuncia la parola "complotto", che i suoi useranno abbondantemente, ma la storia che racconta è quella di un agguato, quello che ha preso «in ostaggio» la moglie. «Oggi tocca a me, in precedenza è toccato ad altri, tocca ai cittadini italiani per questo potere straordinario che un ordine, rispetto ad altri, ha stabilito in sé. Non è possibile che il potere di vita e di morte di un governo possa appartenere a questo pacchetto di mischia giudiziaria». La destra, invitata a nozze, si spella le mani. Casini entusiasta gli darà del tu. Maroni lo vuole ministro per qualsiasi decreto legge voglia approvare. Bondi lo santifica «perché parla come Berlusconi». Lui, il Guardasigilli che ancora si vanta di «essere l´uomo del dialogo, della fine dello scontro tra politica e magistratura», rompe le righe. «Questo progetto appartiene, per fortuna, a una componente minoritaria della magistratura. È un giustizialismo che ho combattuto ma che negli ultimi tempi sta facendo capolino nella storia giudiziaria italiana per decretare l´umiliazione umana, mediatica, politica di chi è contro di loro». Nessun dubbio, nessuna autocritica, l´inchiesta di Santa Maria Capua Vetere è bocciata perché si fonderebbe «sul pregiudizio di un mio sistema di potere in Campania confondendo ciò che è tipico della politica» e che Mastella alla politica rivendica. "Solo" quattro cartelle, che il ministro ha scritto di suo pugno di mattina presto, quando un´agenzia dell´Apcom gli ha portato a casa la conferma di una notizia che ormai gli ronzava nelle orecchie sin dal giorno prima. Dopo lo scontro con il pm di Catanzaro Luigi De Magistris, dopo quell´iscrizione sul registro degli indagati dell´ottobre 2007 che ancora gli brucia, un´inchiesta che non solo gli entra in casa, ma affonda tutto l´Udeur in Campania. Una «trappola scientifica», che arriva da un magistrato, il procuratore Maffei, che Mastella attacca pesantemente in aula. Al ministero lo ha incontrato più volte, perché l´ordinamento lo costringe a lasciare il posto e invece lui vorrebbe restare. Raccontano i collaboratori del ministro: «Non faceva che venire qui per sollecitarci un decreto». Sarà pure, ma Mastella è costretto a dimettersi lo stesso. E lo decide sin dalla mattina. Ci aveva ragionato su anche il giorno prima quando fonti confidenziali lo mettevano in guardia da un intervento pesante della magistratura. Nessun dettaglio, ma quanto basta per non andare al ministero, far saltare appuntamenti pur Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - importanti come la firma pubblica di un protocollo con il governatore Formigoni. Tutto delegato ai sottosegretari. Che qualcosa sta andando storto lo capisce subito un suo uomo di fiducia come Tommaso Barbato, capogruppo Udeur al Senato, quando martedì pomeriggio gli sente dire: «Mi stanno attaccando sul piano personale, non è giusto, adesso basta, bisogna che rifletta bene sul da farsi». Incontra Napolitano, forse gli confida i suoi patemi. Ieri mattina i dettagli prendono forma, Sandra sta per finire agli arresti domiciliari. Il dossier sullo stato della giustizia finisce agli atti del Parlamento, Mastella prepara le dimissioni. Che formalizza alla Camera. Tra le nove e mezzogiorno sui suoi telefonini piovono 300 messaggi di solidarietà, gli telefonano Cossiga, Andreotti, Ciampi. Poi Prodi e Berlusconi. E D´Alema. Mancino chiama sia lui che la moglie. In aula è una sfilata di pacche sulle spalle e strette di mano. Il Verde Boato gli ricorda che il fratello di De Mita fu arrestato, ma poi scarcerato, quindi inutile temere «la giustizia a orologeria». E l´ex dc Cirino Pomicino racconta dei suoi due fratelli ugualmente arrestati, ma poi prosciolti. Perfino il segretario del Prc Giordato vuole che «continui a lavorare». E sia. Ma può un ministro della Giustizia con la moglie agli arresti e un partito in manette restare al suo posto e, la prossima settimana, inaugurare l´anno giudiziario in Cassazione e a Milano? Il passo indietro è obbligato, anche se un´intera Camera lo invita a restare. Lo fa anche Prodi, quando Mastella va da lui poco dopo l´una. Al premier confessa: «Romano, sono sconvolto». Quasi si commuove di nuovo com´è avvenuto durante lo speech a Montecitorio. Ma la risposta non può che essere un «mi riservo», se non altro per avere il tempo di leggere le carte e ragionare a tu per tu con la moglie. Quando lascia palazzo Chigi si ferma in via Arenula per firmare le cose più urgenti e incontrare l´avvocato della famiglia Titta Madia. I magistrati del gabinetto, gli fanno quadrato intorno. Non hanno dubbi: «In questi mesi non abbiamo mai avuto l´impressione di aver lavorato con un malfattore». Arriva a Ceppaloni che è notte. Sandra è ai domiciliari da tre ore. Affida i due cellulari a una voce cortese che liquida chi lo chiama: «Il ministro è impegnato, non può rispondere». Parlerà stamattina a Benevento. Ed è molto probabile che confermi definitivamente le dimissioni. Liana Milella, La Repubblica pag. 3 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - “Lobby in Campania”: Mastella indagato, la moglie ai domiciliari Febbretta, mal di testa, raffreddore. Il computer acceso dopo la prima colazione; e un’idea che cominciava a farsi strada: «Oggi me ne resto casa, a riguardarmi». Nella grande villa di Ceppaloni, frazione San Giorno, Sandra Mastella è un po’ acciaccata ma serena quando clicca su un sito di notizie e legge il suo nome con quella parolina da brivido: "arrestata". E’ cominciata così, prima delle nove di mattina, una nuova giornata in bilico per la Repubblica. E a sera non si era conclusa ancora, perchè da Santa Maria Capua Vetere sono filtrate nuove indiscrezioni, stavolta sul Guardasigilli, Clemente Mastella. Anche lui è indagato, per reati gravi. Anche lui, come la moglie, ha saputo dai media di essere coinvolto in questa inchiesta su una presunta lobby affaristica in Campania, con arresti reali e domiciliari, dove gli accusati devono rispondere di concussione per aver contrattato le nomine ai vertici degli enti locali. Titta Madia, il legale storico di Mastella, arriva a Ceppaloni in un soffio. E la liquida così: «Nasce tutto dai contrasti tra personalità politiche sulle nomine di manager pubblici. Gli attriti dialettici che fanno parte della normalità della politica sono stati catalogati come reati. Basti pensare che Mastella è accusato di aver concusso Bassolino. E Bassolino lo ha chiamato per dargli la sua solidarietà».Il colpo di maglio nella patria dell’Udeur lo piazza un magistrato che tra undici giorni andrà in pensione: e sceglie una data che si sovrappone perfettamente a quella in calendario alla Camera per la prima inaugurazione dell’Anno Giudiziario in Parlamento, come prevede la riforma sulla giustizia per anticipare la cerimonia ampollosa e formale in Cassazione. Si chiama Mariano Maffei, è il procuratore di Santa Maria Capua Vetere ed è parente prossimo di un ex esponente dell’Udeur in Campania, De Francisci, che di recente ha traslocato nella Margherita in aperta polemica con i coniugi Mastella. E’ a lui che il Guardasigilli si riferisce in aula, quando invece di leggere la relazione sullo stato della giustizia in Italia, getta la spugna e si dimette da ministro: «Subisco un'ingiustizia enorme, per un provvedimento perseguito con ostinazione da un procuratore che l'ordinamento manda a casa per limiti di mandato e di questo mi addebita la colpa. Colpa che invece - aggiunge il Guardasigilli - non ravvisa nell'esercizio domestico delle sue funzioni per altre vicende che lambiscono suoi stretti parenti e delle quali è bene che il Csm si occupi». Maffei risponde a stretto giro: «Polemica assurda e disgustosa, Mastella ha leso la reputazione di un servitore dello Stato che per ben 44 anni ha amministrato la giustizia con altissima professionalità, con spiccato senso del dovere e ha dimostrato in maniera tangibile all'intera Nazione che la legge è uguale per tutti». Maffei intanto, di quel fascicolo se n’è già sbarazzato. Ha riconosciuto di non essere competente territorialmente, tanto che l’ordinanza che riguarda Sandra Lonardo Mastella e altre 25 persone, si conclude con la disposizione di inviare gli atti alla Procura di Napoli. L’avvocato Titta Madia la legge e sbotta: «Sapevano di essere incompetenti e hanno fatto ugualmente gli arresti: il codice di procedura prevede una cosa del genere solo in casi di assoluta urgenza, quando ci sono reali pericoli di mandare a monte l’inchiesta se si attende qualche giorno. Ma era questo il caso?». Il fascicolo passa di mano, quindi. E Sandra Lonardo, che ieri si era detta prontissima a farsi interrogare anche stamane per chiarire tutto, dovrà aspettare. Entro venti giorni, la procura di Napoli dovrà rinnovare l’ordinanza che la riguarda, altrimenti perderà di efficacia. Massimo Martinelli, il Messaggero pag. 2 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - “E’ caccia all’uomo, mi dimetto”. Prodi Resta Mai unito su nulla il Parlamento italiano. O magari qualche volta sotto sotto lo è stato come quando Craxi nel’93 gridò «alzi la mano chi non conosceva l’esistenza del sistema delle tangenti!» e nessuno la alzò - ma non poteva dirlo e preferiva il silenzio imbarazzato e gonfio di ambiguità. Ieri, invece, il terremoto abbattutosi su Mastella ha prodotto, ben al di là della dolorosissima vicenda personale dovuta a «frange estreme della magistratura che hanno preso in ostaggio mia moglie», una presa di coscienza bipartisan di un problema fondamentale. Quello della malagiustizia come «profonda emergenza democratica». E l’emiciclo di Montecitorio è diventato la barricata della politica che si sente aggredita dall’«irresponsabilità civile dei magistrati». Così la chiama Mastella, fra le grida d’incitamento e due standing ovation che si registrano nel settore di centro-destra e le approvazioni provenienti dal centro-sinistra: ma che sono meno clamorose e più misurate. Anzi imbarazzate, considerando le posizioni del passato per cui, agli occhi della sinistra, ”i pm hanno sempre ragione”, specie quando colpiscono l’Uomo Nero di Arcore. Ma adesso la «caccia all’uomo», come la definisce il Guardasigilli, riguarda il Sannita su cui si regge il governo. E lo spettro che se cadono lui e l’Udeur (come sta avvenendo) viene giù tutto l’edificio della maggioranza e del governo prodiano, spinge a fare quadrato intorno a Clemente anche chi non vorrebbe affatto stare legato a lui, specie in questa fase. Ma la realpolitik ha la meglio. Parla della sua famiglia («M’hanno colpito negli affetti più cari»), del suo partito («sono state utilizzate centrali d’ascolto per perseguitarci a colpi d’interecettazioni»), della politica sotto scacco dei pm che «hanno teso una scientifica trappola, vile e ignobile», ma il discorso del Guardasigilli cerca di avere un’eco più ampia, non limitata a Palazzi e Palazzetti ma capace di parlare all’insieme dei cittadini in un Paese che ha bisogno di riforme ma anche le riforme avrebbero bisogno di un Paese. Che non può più essere quello dell’«impazzimento» delle toghe descritto dal ministro mentre getta la spugna. Ora con voce veemente, ora con voce rotta da un accenno di pianto, ora con voce che gli si strozza in gola e serve un bicchiere d’acqua per farla uscire in tutta la sua drammaticità, Mastella dentro l’Aula che sembra abbracciarlo come un martire e come un eroe narra di un’Italia sulla quale aleggia la ghigliottina. E dunque «mi dimetto, riaprendo la questione delle intercettazioni, assai spesso manipolate o estrapolate ad arte o divulgate senza alcun riguardo per la riservatezza dei cittadini e per la libertà delle persone umane». Ma mentre pronuncia queste accuse, circola un sussurro, a mo’ di sfottò, dalle parti di Rifondazione: «Ma chi glielo ha scritto questo discorso, Previti o il Cavaliere?». Se lo è scritto da solo, di prima mattina. Quando ha anche sentito Prodi per annunciargli: «Vado via». E il Prof.: «Non farlo». «Devo». «No». «Rifletterò». Ecco, il ministro lascia l’incarico ma mette sul piatto lo scandalo di un Paese che non sa darsi una degna civiltà giuridica. Su questo il Parlamento, in un clima da ’92, lo applaude. E c’è chi (più polisti che unionisti) alla fine del discorso va a congratularsi con il San Sebastiano e lui ripete sussurrando le cose che ha appena gridato: «Per la prima volta in vita mia, ho paura». Poi gli arriverà la notizia di essere a sua volta indagato, proprio dopo aver incontrato Prodi a Palazzo Chigi («Resta». «Rifletterò») e mentre sta andando a Ceppaloni per stare con la moglie. Gli telefona D’Alema e gli dice: «Resisti!». «Resistereresistere-resistere» fu lo slogan della procura milanese che si sentiva aggredita dalla politica ed è diventato adesso l’urlo di battaglia che il governo rivolge al suo Guardasigilli più che azzoppato, ma al quale è riuscito un ultimo (?) capolavoro degno della sua istrioneria politico-mediatica. Farsi gridare dall’intero Parlamento: «Forza Clemente!». Mario Ajello, Il Messaggero pag. 3 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Riforma professione Ordinamento, via libera dei legali Tirocinio più lungo, preselezione informatica all'esame di stato e incompatibilità con l'esercizio di altre professioni: così il parlamento riforma la professione di avvocato, tentando di sfoltire l'eccessivo numero di aspiranti principi del foro. Il vecchio mestiere forense sarà modernizzato anche con la possibilità di creare società di persone con colleghi o altri professionisti, farsi pubblicità e pattuire il compenso in base al risultato. Sono alcune delle travi di volta della nuova impalcatura della professione forense. Il countdown per la riforma è già cominciato, con sei disegni di legge in queste ore all'esame della commissione giustizia del senato, che conta di approvarli per l'aula entro febbraio.E con un dato nuovo: questa volta le lobby dei professionisti non si asserragliano dietro i niet che per anni hanno bloccato con successo le riforme professionali. Al contrario, come indica l'audizione delle associazioni forensi del 10 gennaio in senato, vogliono una riforma che adegui la professione ai tempi e agli standard europei. E che soprattutto renda meno indiscriminato l'accesso, vista l'esplosione del numero di toghe, dalle circa 40 mila dei primi anni 90 alle attuali 200 mila. Una preoccupazione condivisa dal parlamento, tanto che cinque dei sei ddl presentati a palazzo Madama affrontano la questione (si veda scheda). Tra le proposte, due ddl, cosiddetti Calvi e Manzione dal nome dei senatori firmatari, contengono la riforma organica dell'ordinamento forense, e saranno probabilmente accorpati in un testo unico, contenendo disposizioni spesso identiche. Sembra dunque riuscita l'operazione alla quale puntavano gli avvocati fin dall'approvazione in consiglio dei ministri del ddl Mastella sulle professioni, e cioè lo stralcio della normativa sui legali e l'approvazione con corsia preferenziale di una riforma ad hoc. Nel corso dell'audizione le associazioni hanno condiviso anche nel merito l'impostazione dei ddl Calvi e Manzione, manifestando però alcune riserve su questioni specifiche, sulle quali si attende ora la mediazione dei senatori. Vediamo i dettagli. Accesso: La mancata previsione del numero chiuso nelle facoltà di legge, da un lato, e della frequenza obbligatoria delle scuole forensi dall'altro, sono tra i motivi di scontento. L'Aiga, per esempio, ritiene che l'unico rimedio contro l'accesso indiscriminato alla professione forense e l'inesorabile caduta della qualità del servizio legale sia il numero orientato per tutti gli indirizzi universitari, e non solo per «alcune facoltà di serie A. Non basta poi una riforma meramente nominale del tirocinio, spiega il presidente dell'associazione giovani avvocati, Valter Militi, per assicurare l'inserimento nel mondo professionale di giovani preparati, ma occorre «la frequenza obbligatoria delle scuole di specializzazione forense».Anche l'Oua sull'accesso reclama scelte più coraggiose. «Chiediamo un sistema più selettivo, basato sulla frequenza obbligatoria delle scuole forensi preceduta da una preselezione e accompagnata da verifiche periodiche e finali, che facciano arrivare all'esame di abilitazione solo chi ha le qualità necessarie per entrare nella professione», spiega Andrea Pasqualin, vicepresidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura. Favorevole al numero chiuso a giurisprudenza e alla frequenza obbligatoria delle scuole di specializzazione anche Salvatore Grimaudo, presidente dell'Unione camere civili. Società: Il modello proposto dal ddl Calvi è incentrato sulla possibilità di creare società di persone e associazioni tra legali (o anche multi-disciplinari purché in materie riconosciute compatibili dal Cnf). Escluse, quindi, le società di capitale. Sulla stessa linea il ddl Manzione, che da risalto anche all'opportunità di costituire un'associazione temporanea per partecipare a determinati affari, senza compromettere l'autonomia del singolo associato. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Un'impalcatura apprezzata dalle associazioni in linea generale, ma l'Oua vorrebbe «una maggiore flessibilità» degli strumenti previsti, che dovrebbero contemplare tanto le associazioni temporanee che le società di capitale a responsabilità limitata (riservate agli avvocati, ndr), oltre che la società semplice. Secondo l'Aiga «rimane irrisolto il problema della scarsa appetibilità del modello societario dal punto di vista fiscale e della forma giuridica». Processo disciplinare: La novità è rappresentata dall'istituzione dei consigli distrettuali di disciplina ai quali è attribuito il potere disciplinare, attualmente in mano ai consigli dell'ordine. L' ipotesi soddisfa in linea di massima le associazioni, che suggeriscono però, tra l'altro, il possesso di determinati requisiti e l'assenza di incompatibilità per i componenti del nuovo organo di disciplina. Tariffe: I ddl salvano i minimi tariffari, eccezion fatta per le controversie «aventi a oggetto il pagamento di una somma di denaro per la quale può essere pattuito un compenso in misura percentuale al risultato utile». Via libera, quindi, al patto di quota lite, a condizione che non si scenda mai sotto il minimo fissato per lo scaglione di valore più basso relativo alla prestazione compiuta. Le tariffe sono generalmente efficaci, comunque, in mancanza di un accordo tra le parti ai sensi dell'articolo 2233 del codice civile. Un recupero del valore delle tariffe valutato positivamente dalle associazioni, così come apprezzata è la «riserva di consulenza» legale prevista per gli avvocati anche in materia stragiudiziale. Teresa Pittelli, Italia Oggi pag. 17 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Riforma, cala il gelo del Cup Cala il gelo degli ordini sul progetto di riforma delle professioni. La scelta della maggioranza di avviare il dibattito adottando come testo base il Mantini-Chicchi senza le correzioni annunciate dai due stessi relatori a dicembre scorso (si veda ItaliaOggi di ieri), proprio non va giù al Coordinamento unitario delle professioni. Che proprio l'altro ieri aveva esultato all'avvio dell'iter, alla camera, della proposta di legge di iniziativa popolare. Al momento si è rivelato tutto inutile, però. E anche se da qui al 6 febbraio, termine ultimo fissato per gli emendamenti, c'è tempo per apportare al Mantini-Chicchi tutte le modifiche del caso, il commento del Cup è lapidario: «Il parlamento è partito molto male», ha detto il presidente, Raffaele Sirica (architetti), «perché non ha tenuto conto di nessuna delle nostre proposte. C'è una nostra legge che è arrivata fino alla camera, con 80 mila firme raccolte e un lavoro intenso da parte del comitato promotore per chiudere tutto nei tempi opportuni. Ovvio che ci aspettavamo quantomeno una sua valutazione, così è come se la raccolta firme non avesse avuto senso». «Esprimiamo quindi un giudizio molto critico», ha proseguito Sirica, «soprattutto sulla base del fatto che i relatori ci avevano richiesto un contributo che abbiamo immediatamente fornito, e ci era stato detto che le nostre osservazioni sarebbero state incardinate. Insomma, ci aspettavamo un testo di partenza diverso». Getta acqua sul fuoco Giuseppe Chicchi, secondo il quale non sussiste nessun tipo di polemica. «Abbiamo semplicemente deciso che il nostro testo sarà quello di partenza», ha spiegato, «le altre proposte, comprese quelle del Cup, le abbiamo messe sul tavolo per gli emendamenti che verranno presentati da qui al 6 febbraio». Fatto sta che il comitato promotore della raccolta firme commenta molto duramente lo stralcio del ddl Cup. «È grave», ha detto il coordinatore del comitato, Pietro De Paola (geologi), «che la commissione della camera sottovaluti la legge di iniziativa popolare (ddl 3277) sottoscritta da circa 80 mila professionisti». E se agli ordini non è piaciuta per nulla la mossa del parlamento, critiche arrivano anche dal mondo delle associazioni. E in particolare dal Colap, che rappresenta oltre 190 sigle. «Peggio di così, il testo, anche senza le correzioni richieste dagli ordini, non potrebbe essere», ha dichiarato il presidente Giuseppe Lupoi, «perché dà la possibilità agli ordini di emettere delle leggi, e questa è già di per sé una cosa gravissima. Detto questo, anche se le osservazioni degli ordini non sono state inizialmente recepite, tutto si può fare in fase di emendamenti. Speriamo in un intervento del governo». Molto meno critica, invece, l'altra parte delle associazioni, rappresentata da Assoprofessioni. «Il testo così com'è ci va bene», ha detto il presidente, Giorgio Berloffa, «anche se restiamo convinti del fatto che prima si debba procedere al riconoscimento delle professioni, poi delle associazioni. Altrimenti si rischia di vedere col bollino blu delle associazioni di professioni totalmente sconosciute. Questa è una modifica fondamentale che va fatta al Mantini-Chicchi, e presenteremo degli emendamenti in questo senso. Detto questo, non rappresenta una conditio sine qua non». Gabriele Ventura, Italia Oggi pag. 41 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Previdenza La Cassa al bivio sulle pensioni Riforma delle pensioni, la Cassa forense è al bivio tra un sistema retributivo strutturato o un sistema di calcolo contributivo. Tre le proposte in campo e il 25 gennaio il comitato dei delegati dovrà scegliere una di queste per articolare una riforma che integri o superi (a seconda delle opzioni) quella varata il 17 marzo del 2006 basata tra l'altro sull'aumento dal 10 al 12% del contributo soggettivo e l'aumento dal 2 al 4% del contributo integrativo (bocciato dai ministeri vigilanti). Il comitato dei delegati ha formato tre gruppi di lavoro al fine di individuare gli ulteriori interventi da approvare rapidamente per garantire la sostenibilità economico-finanziaria del sistema previdenziale forense nel lungo periodo, individuato dalla Finanziaria 2007 in almeno 30 anni. Tutti gli interventi messi a punto dai gruppi di lavoro presuppongono l'indispensabilità, ai fini di un sufficiente finanziamento, dell'aumento del contributo integrativo nella misura dal 2 al 4%, già deliberata dal comitato dei delegati nel 2006. Tutti i gruppi si muovono nell'ambito del sistema di finanziamento a ripartizione. Il primo gruppo di lavoro propone di proseguire e portare a termine l'intervento riformatore già intrapreso, rimanendo nell'ambito del sistema di calcolo retributivo della pensione. La commissione ha quindi elaborato una proposta di allungamento sino a 70 anni dell'età pensionabile, correlativamente aumentando da 30 a 35 l'anzianità contributiva necessaria, garantendo un forte risanamento dei conti sulla via del raggiungimento dell'equilibrio nel lungo periodo e della sostenibilità del sistema sino al 2050. Nel proporre un salto, apparentemente così ampio, la commissione ha considerato che una larghissima percentuale degli avvocati ultra 65enni continua, con buon profitto, nell'attività sino almeno a 70 anni e quindi un pur così cospicuo allungamento non dovrebbe trovare nella categoria eccessive resistenze. Da altro punto di vista la commissione ha anche voluto tener conto delle istanze di coloro che non se la fossero sentita di accettare un così cospicuo allungamento della vita lavorativa predisponendo quindi un sistema flessibile che consentisse agli avvocati, raggiunta l'età di 65 anni, di poter optare per il pensionamento anticipato pur continuando a rimanere iscritti all'Albo. Tale prepensionamento dovrà avvenire però senza maggiori oneri per la Cassa, applicando cioè una riduzione sul trattamento pensionistico che l'Ufficio attuariale interno ha calcolato essere nella misura del 5% annuo. La commissione ha poi regolamentato il periodo transitorio. Quanto alle aliquote di riferimento, si è proposto un accorpamento delle quattro aliquote vigenti (1,75 1,50 - 1,30 - 1,15) riducendole a due: una all'1,50% fino ai del tetto e l'altra al 1,20% per il restante . La commissione ha proposto un ulteriore ritocco al contributo di solidarietà da versare da parte dei pensionati che restano iscritti pari al 5% contro il 4% già approvato entro il tetto e al 3%, come gli attivi, oltre il tetto. È previsto un aumento del contributo soggettivo minimo e del contributo integrativo minimo. Per la pensione di anzianità si è elevato da 35 a 40 anni il numero di anni di anzianità contributiva necessari al conseguimento. Il secondo gruppo di lavoro propone l'introduzione del metodo contributivo di calcolo della pensione usufruendo del riferimento normativo di cui all'art. 3, comma 12, della legge 335/95. Il gruppo ha previsto: l'aumento del contributo soggettivo attraverso un'aliquota variabile, determinabile, a scelta dell'iscritto, fra un'aliquota minima del 12% e una massima del 20%; contributo integrativo minimo con l'aliquota fissa del 2% ma con previsione di una maggiorazione straordinaria temporanea al 4% destinata alla gestione finanziaria della fase di transito al metodo contributivo, all'assestamento del relativo equilibrio di bilancio e a interventi solidaristici in ottica di equità intra e intergenerazionale per la stessa fase di transito; contributo transitorio di solidarietà, sul reddito eccedente il massimale contributivo, a carico degli avvocati iscritti alla Cassa con conferma Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - dell'aliquota del 3% per il periodo contributivo dall'1/01/2009 al 31/12/2018, con riduzione dell'aliquota dell'1,50% per il periodo dall'1/01/2019 al 31/12/2028 da destinarsi a fini solidaristici nella fase di transito dal sistema retributivo a quello contributivo. Quindi questo 3% non partecipa, in alcun modo, sino al 2028, alla formazione del montante contributivo. Il terzo gruppo di lavoro, sul presupposto che sia raggiunta la stabilità di medio-lungo periodo, introduce accanto alla pensione calcolata con il metodo retributivo una pensione modulare che si presenta come un nuovo strumento previdenziale, che unisce al versamento dei contributi obbligatori destinati alla pensione retributiva alcuni contributi volontari, in misura determinata dall'iscritto, e che gli consente di costruirsi nel tempo un trattamento pensionistico più adeguato alle singole esigenze e comunque personalizzato attraverso un contributo soggettivo obbligatorio modesto, per esempio del 2%, e uno volontario, più elevato. I vantaggi della quota modulare della pensione sarebbero: totale deducibilità della contribuzione obbligatoria e volontaria; deducibilità immediata e programmazione annuale delle fatture; possibilità di modulare il versamento del contributo; nessun vincolo assoluto di continuità nei versamenti; erogazione della quota di pensionamento modulare insieme a quella retributiva per rendimento minimo garantito della Cassa di previdenza; trasparenza degli investimenti ed estratto conto personale; nessuna spesa di erogazione per l'iscritto; esiguità delle spese di gestione assorbite in quelle generali della Cassa; affidabilità della gestione alla stessa Cassa di previdenza. Italia Oggi pag. 19 Soluzioni per i senza ordine Il disegno di legge sulle casse sarà lo strumento per risolvere i problemi previdenziali dei professionisti iscritti nel fondo della gestione separata dell'Inps. Sarebbe questa la soluzione prospettata dal ministero del lavoro durante l'incontro di ieri con il presidente dei tributaristi dell'Int, Riccardo Alemanno, delegato dal Colap alla previdenza obbligatoria. «Da parte del ministero», ha dichiarato, «oggi più libero dagli impegni della riforma del welfare, è emersa la disponibilità a porre rimedio normativo alla vicenda della mancata separazione tra professionisti e parasubordinati, indicando nel ddl sulle casse previdenziali professionali lo strumento per concretizzare le soluzioni. Inoltre, nel breve periodo, saranno approfondite e affrontate le problematiche della doppia imposizione contributiva e dell'indennità di maternità». Italia Oggi pag. 41 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Legali e mercato I legali con l'aspirina in tasca Con il business nel settore farmaceutico, grazie alla sua Serono, Patrizio Bertelli ha vinto per ben due volte la Coppa America con Alinghi. Di sicuro l'industria farmaceutica è uno dei comparti più ricchi e spesso competitivi dell'intera economia internazionale. I player in gioco sono giganti e multinazionali che investono miliardi di euro in ricerca e sviluppo di nuovi farmaci e in medicinali che rappresentano la nuova frontiera della medicina. Nonostante il mercato non sia dei più effervescenti dal punto di vista societario, sono molti gli studi nazionali e internazionali che hanno tra i loro clienti alcune importanti aziende farmaceutiche. Un esempio è quello dello studio Tonucci & Partners, guidato da Mario Tonucci. Il dipartimento della law firm capitolina può vantare tra i suoi clienti la Amgen, Reckitt Beckinser Healthcare, la Sigma Tau Industrie Farmaceutiche di Pomezia, Ucb Pharma e le Officine Santa Maria Novella. Mario Tonucci può inoltre vantare una collaborazione con lo studio Leone & Spadaro, con il quale vengono seguite le pratiche relative a brevetti farmaceutici e biotecnologici sia in Italia sia all'estero. Tra le ultime operazioni è da ricordare soprattutto la cartolarizzazione da oltre 290 milioni di euro di crediti vantati dalle aziende farmaceutiche aderenti a Farmaindustria nei confronti della Regione Lazio, dove Tonucci è stato coinvolto a fianco di Deutsche Bank. Tra le law firm più attive nel comparto farmaceutico non può mancare Chiomenti. Nel 2007 Enrico Giordano ha assistito la Sorin nel percorso di quotazione, mentre Corrado Grande e Umberto Borzi sono stati al fianco di Biopharma in alcune delicate trattative. Manfredi Vianini Tolomei, invece, è stato consulente di Newron Pharmaceutical nella quotazione sullo Swiss Exchange, mentre Francesco Tedeschini e Antonella Brambilla sono stati gli avvocati di Philogen per l'ottenimento del nullaosta da parte della Consob per la pubblicazione del prospetto informativo per l'offerta pubblica di sottoscrizione e per l'ammissione alla quotazione a Piazza Affari. Infine, Giorgio Cappelli e Giulia Battaglia sono stati i consulenti di Farmafactoring in un'operazione di acquisition finance per l'acquisizione da parte del fondo di private equity Apax del controllo di Confarma e Farmafactoring. Da Bonelli Erede Pappalardo, invece, la supervisione del dipartimento di diritto farmaceutico è affidata ad Andrea Carta Mantiglia. Recentemente lo studio ha assistito Dompè Farmaceutica nell'intesa con Amgen, la multinazionale farmaceutica californiana. Un team più strutturato è sicuramente quello di Clifford Chance. Il dipartimento Healthcare and Life Sciences è guidato dai soci Cristina Martorana e Ian Tully, basati a Milano, e da Aristide Police e Cristoforo Osti, che lavorano invece presso l'ufficio di Roma. Nelle loro attività ad affiancarli c'è Monica Riva, senior associate dello studio. Tra i clienti, Kci, Datascope, FujiFilm, Storz Medical System e Stryker, specializzato nelle problematiche dei dispositivi medici. Presso lo studio legale Delfino e Associati Willkie Farr & Gallagher LLP i deal importanti degli ultimi mesi sono sostanzialmente due. Il primo è l'acquisizione, nel 2004, di Aventis SA da parte di Sanofi Synthelabo SA, dove Willkie Farr assisteva l'acquirente; il valore dell'operazione ammontava a 48,5 miliardi di euro. Il secondo riguarda invece l'acquisizione, stavolta nel 2005, della Ivax Corporation da parte di Teva Pharmaceutical Industries Ltd, assistita da Willkie, per un valore di circa 9 miliardi di dollari. Altre operazioni in cui ha lavorato il gruppo italiano sono quella che riguardano Merck Pharma Group acquisita da Merck Pharma (2001), l'operazione su Esaote acquisita da Bracco Biomed (2002), NM Pharma acquisita da Merck KgAA e venduta poi da Pfizer (2004), dove Willkie ha assistito gli acquirenti. Il gruppo dei professionisti italiani che ha seguito queste operazioni è stato guidato da Maurizio Delfino, e insieme a lui ne hanno fatto parte anche Stefano Fontanelli, Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Luca Taverna e Serena Ciampi, mentre gli aspetti fiscali sono stati seguiti da Guido Nori. Negli uffici di Roma è Daniela Francesca Pistorio l'esperta di regolamentazione del settore farmaceutico. Aurelio Giovannelli e Pierfrancesco Federici sono invece practice coordinators dello studio Baker & McKenzie che ha assistito Hospira nell'acquisizione del gruppo Mayne Pharma e la Abbott nell'acquisizione della divisione vascular del gruppo Guidant. Tra gli avvocati di Baker & McKenzie in prima linea anche Pietro de Libero, Francesco Pisciotta e Francesca Rubina Gaudino, che hanno seguito Elekta, leader mondiale nella radioterapia avanzata, per i trattamenti oncologici e interventi invasivi di patologie neurologiche con sede a Stoccolma, nell'acquisizione dell'italiana 3D Line Medical System. Infine, la law firm Baker & McKenzie è stata coinvolta anche nell'acquisizione del 51% di Thermax (Bayer) da parte della Merck Holding Gmbh. Lo studio milanese Breveglieri Verzini e Soci segue molte società farmaceutiche tra cui Gentium, la società di Villa Guardia (Como) guidata da Laura Ferro e quotata al Nasdaq. Infine, il team italiano di life sciences di Simmons & Simmons, composto da una decina di professionisti, è guidato da Paolo De Carlo, mentre le attività internazionali di questa practice sono seguite da Charles Mayo, che guida oltre 100 professionisti, tra i quali 41 partners. Roberto Nido, Italia Oggi pag. 20 Giudici di pace Attentato alla specialità dei gdp Tanto tuonò che piovve. Dopo mesi di inutili informazioni fornitrici dal ministero di giustizia abbiamo potuto prendere visione del testo riforma della magistratura onoraria, riordino degli uffici giudicanti di primo grado e interventi urgenti per la definizione del contenzioso pendente, presentato al consiglio dei ministri il 21 dic.u.s. Il testo e la relazione accompagnatoria sono state pubblicate nel sito del ministero e su www.magistraturadipace.it. Tutte le nostre critiche trovano conferma e rendono il disegno di legge inaccettabile. Già nel titolo inizia il disaccordo. Dopo le numerose leggi che si sono succedute da quella istitutiva n. 374/1991, non ha senso parlare di giudici onorari nei confronti del giudice di pace. Lo stesso ministero non colloca i gdp tra i giudici onorari, bensì tra i magistrati ordinari. Vedere per credere. La vicenda assume solo un aspetto strumentale. Le leggi richiamate identificano una funzione autonoma, una giurisdizione indipendente di primo grado in civile ed in penale. Nulla a che fare con i giudici onorari di tribunale e i viceprocuratori onorari. Questi ultimi privi di indipendenza e autonomia, sono posti al servizio di disposizioni impartite dai giudici di carriera. Posso ritenere che gli illustri formulatori del ddl sappiano perfettamente la profonda inequivoca differenza tra un giudice di pace e un got e un vpo. Ed allora? La riforma sia rivolta verso questi, ponendo fine ad uno sfruttamento di stato ignobile del lavoro che non ha eguali nella pubblica amministrazione. Questa situazione , già indegna per uno stato civile, la si vuole allargare ai giudici di pace che per la legislazione post 1991 ha affrancato dalla onorarietà, sopprimendo gli uffici e ponendoli anch'essi sotto la direzione dei magistrati di carriera, che ne determineranno la continuità nell'incarico. Al di là del miraggio del servizio con mandati rinnovabili sino a sessantacinquenni. E' chiaro che ogni nostra osservazione si è scontrata con i nostri interlocutori, anche quelli che da sottosegretari dovrebbero ricoprire un ruolo politico, tutti magistrati, ad eccezione di Mastella, che più volte ci hanno rinfacciato «ma che volete parificarvi ai magistrati di carriera che hanno fatto i concorsi»? A prescindere che la legislazione italiana non disciplina le modalità del concorso, anche noi abbiamo fatto il concorso per titoli e con valutazione di professionalità, reiterata dopo i Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - quattro anni. Non abbiamo mai inteso proporre il nostro ingresso in magistratura ordinaria, ma sempre abbiamo richiesto quello che già è stato conferito ai giudici tributari: il mandato quadriennale rinnovabile sino a 75 anni, previa verifica di professionalità. Questa è la nostra posizione. A nessuno, anche ministro autorevole, è lecito stravolgerla. Volete che singolarmente ve lo mettiamo per iscritto? Sarà fatto. Così toglieremo un presunto ostacolo al buon senso ed alla buona giurisdizione, rappresentata dai giudici di pace. Che non può essere ignorata, come stiamo già verificando in tutti gli uffici ove il problema si sta discutendo tra migliaia di utenti della giustizia. E come i dati di produttività e operosità confermeranno puntualmente il 24 p.v. allorché ascolteremo la relazione del Presidente della Corte di cassazione. Da questa premessa, il disegno di legge, riordina gli uffici giudicanti di primo grado. Un eufemismo per sopprimere l'ufficio del gdp e per annullare il grado di giudizio del giudice di pace (civile e penale ) e farlo confluire in tribunale, unico primo grado per tutte le materie. Prima conseguenza, gli appelli del giudice di pace saranno giudicati dalle Corti d'appello, anche le sanzioni amministrative al codice della strada. Conseguenza: intasamento e collasso delle corti. Sembra di assistere al gioco delle tre carte. Con lo sfruttamento di altre migliaia di professionisti si presume di alleggerire il lavoro dei tribunali. Pazienza se poi il problema si aggrava nelle corti d'appello e poi in cassazione. Eh già. Anche la suprema corte sarà investita dall'onda lunga. Interventi urgenti per la definizione dei procedimenti pendenti in tribunale. La nostra proposta è semplice. Troppo semplice per essere accolta: è in discussione in parlamento la riforma del codice di procura civile; si aumenti la competenza del gdp per valore e per funzione e si trasferisca tutto quanto pendente in relazione a tale competenza aumentata. Eppure la coalizione che ha vinto le elezioni aveva scritto nel programma tali idee. È troppo chiedere il rispetto di un impegno assunto con gli elettori? Sfido chiunque a un pubblico dibattito per smentire quanto ho affermato. Mi auguro che nel prosieguo i mezzi di informazione facciano il loro mestiere, a partire da alcune trasmissioni televisive e radiofoniche, che nate per fare informazione sono diventate solo megafoni di interessi corporativi e politici. Inoltre rivolgiamo un appello pressante ai presidenti delle regioni affinché facciano valere il loro potere organizzativo previsto dalla Costituzione per segnalare alla presidenza del consiglio dei ministri quanto sta avvenendo, ai sindaci dei comuni interessati che vedranno venir meno il giudice di prossimità, agli avvocati, il cui lavoro verrà ulteriormente rallentato nei tribunali, ai movimenti dei consumatori che vedranno allontanarsi una rapida ed autonoma definizione delle vertenze. Ed infine anche ai colleghi got e vpo affinché escano dal limbo e lottino con noi per mettere fine al magistrato-precario senza stipendi certi e senza previdenza e assistenza. Da parte nostra diamo appuntamento a quanti hanno a cuore nel nostro paese la giustizia (con la «G» maiuscola ) all'inaugurazione dell'anno giudiziario avanti la Corte di cassazione venerdì 25 gennaio e sabato 26 pv. presso le Corti d'appello per indicare che la giustizia è tale solo se è posta al servizio del cittadino. Francesco Cersosimo,Presidente Associazione nazionale Gdp, Italia Oggi pag. 24 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - GIURISPRUDENZA Cassazione Droga, sanzioni ridotte dalla “Fini-Giovanardi” Sorpresa. La legge “Fini –Giovanardi” approvata all’insegna della tolleranza zero nei confronti del possesso e spaccio di stupefacenti ha come conseguenza la riduzione delle pene. Almeno per chi detiene sostanze diverse come hashish e cocaina con riflessi immediati anche sulle sentenze si patteggiamento, nelle quali non può essere contestato un aumento di pena per il calcolo della continuazione, fondato sulla differente considerazione da attribuire al possesso di droghe differenti. E’ quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 1735 depositata il 14 gennaio 2008. La Cassazione ha fatto notare come prima della riforma del 2006, voluta dalla Casa delle libertà allora al Governo, la giurisprudenza si era assestata nel considerare che la detenzione ai fini di spaccio di sostanze appartenenti a due tabelle di classificazione configurava un concorso di due reati e non l’assorbimento di uno nell’altro. Con la conseguenza che l’imputato avrebbe dovuto rispondere di due delitti eventualmente unificati dal vincolo della continuazione. Quando invece le sostanze appartenevano alla stessa tabella o a tabelle omogenee ricorreva un solo reato. Dal 2006 , però, è intervenuta la legge “Fini –Giovanardi” dove a prevalere, ricorda la Corte, è la considerazione che la detenzione ai fini di commercio di qualsiasi droga ha la stessa efficacia lesiva dei beni tutelati dalla normativa “come reso evidente anche dalla unificazione del trattamento sanzionatorio orami indifferenziato”. Ora la Cassazione ritiene che l’unità della disciplina normativa ha fatto venire meno la base giuridica sulla quale si fondava la distinzione tra “droghe pesanti” e “droghe leggere” con la conseguente necessità della configurazione di un solo reato. Giovanni Negri, Il Sole 24 Ore pag. 34 Neocomunitari, il reato resta Le norme che hanno modificato lo status dei rumeni, facendoli diventare cittadini Ue, non possono considerarsi integratrici della norma penale, e non sono neppure retroattive. Le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 2451/08 hanno cos’ risolto la questione dell’estendibilità del principio dell’articolo 2 del Codice penale (successione di leggi penali nel tempo) alle norme extrapenali, nel caso specifico integrative della legge sugli stranieri. Secondo i giudici “la situazione di fatto e di diritto antecedente all’adesione (della Romania) e quella successiva sono diver4se e richiedono quindi logicamente trattamenti, anche penali, diversi”. L’allargamento della Ue del 1 gennaio 2007 – secondo i giudici non ha inciso sulla fattispecie dell’articolo 14 del Dlg 286/98, ma ha reso solamente lecita la permanenza in Italia di rumeni da quel momento in poi. Alessandro Galimberti, Il Sole 24 Ore pag. 34 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Espulsioni ante '07 Punibili i rumeni Sono a tutt'oggi punibili i cittadini rumeni che, prima dell'ingresso in Europa, hanno violato la Bossi-Fini rimanendo in Italia nonostante l'ordine di allontanamento disposto nei loro confronti dal questore. A questa conclusioni sono pervenute le Sezioni unite penali con la sentenza n. 2451 del 16 gennaio 2008. Nessun contrasto ha portato la questione sul tavolo delle Sezioni unite ma solo il problema di risolvere un punto ancora molto delicato: infatti non sono pochi i cittadini rumeni rimasti in Italia nonostante l'espulsione disposta dalle nostre autorità. E tutti, ora, rischiano di incorrere in una condanna penale nonostante la Romania abbia aderito all'Unione europea. Un problema di sicurezza che di fronte al Collegio esteso ha preso la forma di un cavillo meramente giuridico di successione della legge penale. Con 16 pagine di motivazioni i giudici di legittimità hanno concluso per la linea dura: «deve escludersi», hanno messo nero su bianco, «che l'adesione della Romania all'Unione Europea abbia determinato l'abolizione del reato previsto dall'art. 14 del dlgs 286 del 1998, commesso dai cittadini rumeni prima del 1 gennaio 2007, giorno di entrata in vigore del trattato di adesione». D'altro canto, ha chiarito la Cassazione, la soluzione opposta nel senso della non punibilità dei cittadini stranieri «in attesa di entrare a far parte dell'Unione europea» sarebbe «paradossale»: verrebbero instaurati procedimenti penali inutili «per reati destinato a venire meno nel momento in cui diventerebbe efficace l'adesione». Non basta. «La consapevolezza dello straniero che di lì a poco il proprio Stato entrerà nella Ce lo indurrebbe a trasgredire senza timore alcuno l'art. 24 del dlgs 286 del 1998, confidando poi nella successiva abolizione del reato». Debora Alberici, Italia Oggi pag. 34 Immobili, dai notai tutte le verifiche Al notaio cui viene richiesto la preparazione e la stesura di un atto di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà e disponibilità del bene e delle risultanze dei registri immobiliari attraverso la loro misura, costituisce un obbligo derivante dall'incarico conferitogli dal cliente. Conseguentemente, l'inosservanza dei suddetti obblighi accessori da parte del notaio dà luogo a responsabilità «ex contractu» per inadempimento dell'obbligazione di prestazione d'opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità. Lo mette nero su bianco la suprema Corte dei cassazione nel testo della sentenza n. 24733/2007 con la quale ha sancito la responsabilità del notaio rogante che non ha posto in essere tutte le cautele opportune affinché l'oggetto della prestazione fosse garantito all'acquirente. È pacifico, ha ammesso il supremo collegio, che l'opera del notaio, in tali casi, non può essere ridotta al mero compito di accertamento della volontà dei contraenti, dovendosi necessariamente estendersi alle attività preparatorie e successive necessarie affinché l'atto pubblico «attinga validamente al suo scopo». A nulla vale il rilievo sollevato dalla difesa del professionista che il suo compito è solo quello di riprodurre fedelmente la volontà dei contraenti, per cui se, com'è avvenuto nel caso di specie, uno degli attori ha fornito una dichiarazione mendace in ordine alla libertà di un immobile da vincoli di garanzia reale, ciò è condizione sufficiente per sollevarlo da qualsiasi responsabilità. Infatti, ha rilevato il collegio, al notaio cui viene richiesto la preparazione e la stesura di un atto di trasferimento immobiliare, la verifica preliminare sulla libertà e disponibilità del bene costituisce, tranne nel caso in cui le parti espressamente ne dispongano dispensa, un obbligo derivante dall'incarico conferitogli dal cliente. La sua opera professionale deve assicurare, infatti, la serietà e la certezza dell'atto giuridico da redigere. Ne consegue pertanto che, l'inosservanza dei suddetti obblighi accessori da parte del notaio fa nascere responsabilità ex contractu per inadempimento Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - dell'obbligazione della prestazione di opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale forma di responsabilità. Antonio G.Paladino, Italia Oggi pag. 41 FLASH Italia Oggi pag. 19-21-23-34 Rifondazione comunista si smarca dal dl Amato Decreto-bis sulla sicurezza, ma tutto nuovo. La tesi della completa autonomia del decreto 249/2007 è l'unica che lo può salvare dalla censura di incostituzionalità per violazione del divieto di reiterazione dei decreti legge. Il decreto in sintesi fa salve le misure antiterrorismo contenute nel decreto Pisanu la cui applicabilità veniva meno al 31 dicembre 2007, e ne estendere l'applicazione anche ai cittadini comunitari. Il dibattito parlamentare in commissione affari costituzionali ha visto già sollevare la questione della legittimità del provvedimento d'urgenza che riproduce in alcuni articoli le medesime norme già inserire nel decreto legge 181. E non solo. La maggioranza torna a dibattere sul testo e Rifondazione comunista ha già presentato una serie di emendamenti che stemperano le misure più drastiche nei confronti dei cittadini stranieri, riprendendo testi e norme del dlgs che ha recepito la direttiva sulla libertà di soggiorno. La maggioranza, a difesa del decretobis, mette in evidenza diverse ragioni. Innanzitutto, il decreto risponde ad autonomi casi straordinari di necessità e urgenza, e in particolare la necessità di introdurre una disciplina a regime dell'espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo, dato che la precedente disciplina, contenuta nel cosiddetto decreto Pisanu (144/2005) si applicava «fino al 31 dicembre 2007», così come la necessità di estendere l'applicabilità di tali misure ai cittadini comunitari. Inoltre nuovi motivi d'urgenza sarebbero rappresentati dalla necessità di introdurre una disciplina sull'allontanamento dei cittadini comunitari per motivi imperativi di pubblica sicurezza. In secondo luogo il decreto-bis sarebbe nei contenuti diverso dal precedente. Infine, parte della disciplina del decreto-bis sarebbe la riproposizione di norme introdotte in fase di conversione (disciplina sostanziale dell'allontanamento dei cittadini comunitari per motivi imperativi di pubblica sicurezza). Ci si riferisce alle norme sulla convalida da parte del giudice delle misure di allontanamento, a quelle sulla determinazione dei motivi imperativi di ordine pubblico. Nel contenuto il decreto legge in commento introduce modifiche al decreto Pisanu, 144/2005, disciplinante il decreto di espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo, introducendo per quest'ultimo l'istituto della convalida da parte del giudice (articolo 1) e attribuendo la competenza per la convalida al tribunale in composizione monocratica in questo come in tutti i casi di espulsione amministrativa (articolo 2). Il provvedimento, inoltre, introduce l'istituto dell'allontanamento del cittadino dell'Unione europea per motivi di prevenzione del terrorismo (articolo 3) e per motivi imperativi di pubblica sicurezza (articoli 4, 5, 6 e 7), prevedendo, anche con riferimento a questi due istituti, la convalida da parte del giudice e attribuendo la competenza per la convalida, anche in questo caso, al tribunale in composizione monocratica. Nel dettaglio il decreto 249 rende immediatamente esecutivo il decreto di espulsione dello straniero disposto per motivi di prevenzione del terrorismo, anche se l'interessato ha proposto ricorso. Il provvedimento deve essere convalidato da parte del tribunale in composizione monocratica, che subentra al giudice di pace quale autorità giudiziaria competente in tema di espulsione di stranieri e di allontanamento di cittadini europei. Anche nei confronti di questi ultimi si introduce la regola dell'allontanamento immediato per motivi di prevenzione del terrorismo. In tale caso a carico dell'interessato scatta il divieto di reingresso per una durata da cinque a dieci anni. L'interessato non può fare ingresso nel territorio neanche nelle more del Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - procedimento amministrativo di revoca, avviato su sua richiesta. L'allontanamento immediato dei cittadini dell'Unione europea è previsto nel decreto anche per motivi imperativi di pubblica sicurezza. In tale caso la motivazione è appunto quella dell'esistenza di una minaccia concreta e attuale alla pubblica sicurezza, come la tenuta di comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona o all'incolumità pubblica, i quali rendano urgente l'allontanamento. L'articolo 5 del decreto prevede in caso di violazione del divieto di reingresso conseguente all'allontanamento la reclusione fino a quattro anni. Il decreto, infine, incardina nel Tar Lazio la competenza sui ricorsi contro i provvedimenti di allontanamento dei cittadini comunitari per motivi di terrorismo e nel tribunale territorialmente competente quelli relativi ai provvedimenti di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Regioni, servizi ai detenuti La regione Toscana ha deciso di investire 369 mila euro per i circa 3 mila detenuti ristretti nelle proprie carceri. Sono ben 18 gli istituti penitenziari in Toscana e comprendono un ospedale psichiatrico giudiziario (Montelupo Fiorentino), il più grande centro clinico d'Italia (Pisa), due strutture isolane (Porto Azzurro e Gorgona). La regione ha infatti approvato due bandi diretti a finanziare progetti di enti locali o del privato sociale in sostegno alla popolazione detenuta o ex detenuta della regione. Il primo bando, per il quali sono stati stanziati 249.000 euro, mira al «sostegno alle buone pratiche e alle politiche di inserimento sociale dei detenuti e dei detenuti scarcerati italiani e stranieri». I progetti finanziati, se riguardanti ex detenuti, dovranno avere un impatto su almeno due province; qualora rivolti a persone attualmente detenute, dovranno essere indirizzate alla popolazione carceraria di almeno due case circondariali toscane. Tre gli obiettivi fissati per i progetti: 1) l'inclusione sociale e l'inserimento lavorativo; 2) la formazione professionale diretta all'acquisizione di qualificazioni professionali con effettive possibilità di inserimento lavorativo; 3) l'effettuazione di azioni di sostegno che diffondano presso detenuti ed ex detenuti la conoscenza dei propri diritti. Potranno presentare progetti gli enti locali aventi sede in Toscana, oppure organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e cooperative sociali iscritte ai rispettivi albi e sempre aventi sede sul territorio regionale. Il finanziamento per ciascun progetto non potrà superare i 30 mila euro. Le domande dovranno essere recapitate entro il 29 febbraio 2008. Il secondo bando, per il quale la regione stanzia 120 mila euro complessivi, riguarda il «sostegno alle buone pratiche e alle politiche di rete educativa volte al sostegno sociale dei detenuti e dei detenuti neoscarcerati italiani e stranieri». Esso prevede che siano presentati progetti di rete che prevedano la creazione sul territorio di nuove idonee figure educative capaci di dialogare e di fare da raccordo fra il personale socio-educativo della struttura penitenziaria e quello socio-educativo del territorio di riferimento. L'obiettivo è quello di costituire progetti di reinserimento sociale che accompagnino i soggetti dalla fase di prima entrata nella struttura penitenziaria sino all'uscita sul territorio. Anche qui i soggetti destinatari sono gli enti locali, le organizzazioni di volontariato, le associazioni e le cooperative sociali. L'ammontare massimo del finanziamento per ciascun progetto è pari a euro 24 mila. Le proposte di progetto dovranno essere presentate entro il 29 febbraio 2008. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Personale, intesa Mingiustizia-Lombardia Mobilità volontaria e reciproco scambio temporaneo di personale a scopo di arricchimento professionale fra il ministero della giustizia e la regione Lombardia. È il contenuto del protocollo d'intesa, della durata di due anni, siglato a via Arenula martedì dal sottosegretario alla giustizia Luigi Li Gotti, in rappresentanza del ministro Clemente Mastella, e dal presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni. Sede dell'intesa gli uffici giudiziari del tribunale e della Corte d'appello di Milano. In termini di «mobilità volontaria», si legge nel protocollo, è previsto un periodo di formazione non superiore a tre mesi superato il quale si procederà al trasferimento, mentre per chi vorrà fare un'esperienza di arricchimento professionale, ci sono stage formativi per un periodo di sei mesi, prorogabili non più di una volta. Il lavoro per raggiungere la sottoscrizione di questa intesa, alla quale ha assistito a via Arenula anche il presidente del tribunale di Milano, Livia Pomodoro, è iniziato nel luglio 2007, la convenzione durerà due anni e l'avvio è previsto entro 90 giorni. A darne il senso Claudio Castelli, capo del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria: «Il protocollo dà la possibilità di mobilità del personale dalla regione all'amministrazione giudiziaria e viceversa per incentivarla e sopperire ai problemi di carenza nell'organico della giustizia. La Lombardia, in particolare, è la regione che soffre di più questa scopertura di organico». «Nell'immediato si tratterà di una dozzina di persone distaccate», quantifica Formigoni ricordando come già in passato la Lombardia sia venuta in aiuto agli uffici giudiziari con stampanti, computer, arredamento da ufficio e mobilità del personale. «Ottime esperienze», ricorda, «sulla cui base firmare un accordo dalle molte finalità positive: razionalizzazione di risorse, collaborazione istituzionale e procedure semplificate per uno scambio di esperienze. Si applica così quanto previsto dalla Finanziaria 2008 per sopperire alla carenza di personale nell'amministrazione della giustizia, la cui tempestività, efficienza e serenità sono tra gli elementi più richiesti oggi dal cittadino». E proprio quello della mobilità è l'aspetto più importante, sottolinea Li Gotti a ItaliaOggi: «Avverrà su richiesta delle amministrazioni e su base volontaria; quanto all'individuazione delle categorie e delle aree, non viene stabilito nessun numero e la stessa richiesta, avvenendo sulla base delle esigenze, sarà indifferenziata. Viceversa», distingue, «lo scambio in stage è previsto per la fascia alta, il livello funzionale». Una situazione positiva anche a fronte dell'esigenza di mobilità interna, sbloccatasi dopo anni solo quest'anno con l'accordo dei sindacati, che però porterà a un impoverimento del personale nelle regioni del Nord Italia perché i flussi di richieste di trasferimento o riavvicinamento sono verso il Sud. Ma vediamo un po' i numeri dell'amministrazione giudiziaria italiana: «900 persone vanno in pensione ogni anno per cessati limiti di età», enumera il sottosegretario, «la scopertura è di circa 6 mila unità ma ultimamente siamo stati autorizzati ad assumere 230 laureati da una vecchia graduatoria e poi c'è anche il ddl dell'ufficio per il processo, che divenuto legge, contempera l'assunzione di 2.800 laureati». Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Magistrati di collegamento Italia-Romania Si stringe la cooperazione giudiziaria fra l'Italia e la Romania. Grazie agli scambi di magistrati di collegamento. Il ministero della giustizia e l'omologo romeno hanno siglato un accordo grazie al quale intendono migliorare l'efficacia della cooperazione giudiziaria tra i due paesi, soprattutto per prevenire e contrastare le forme gravi della criminalità transnazionale. Nell'attuazione dell'Azione congiunta del 22 aprile 1996 adottata dal Consiglio ai sensi dell'articolo K.3 del Trattato sull'Unione europea, relativo alla creazione di un quadro per lo scambio di magistrati di collegamento. In particolare sarà compito dei magistrati di collegamento adempiere alle attività che favoriscono e accelerano, specialmente tramite i contatti diretti con i servizi competenti e con le autorità giudiziarie dello stato ospitante, tutte le forme di cooperazione giudiziaria civile e penale. I magistrati di collegamento potranno dunque svolgere anche attività mirate a garantire le funzioni di scambio di informazioni e statistiche, al fine di favorire la conoscenza reciproca dei sistemi giuridici dei due paesi, delle banche di dati giuridiche, nonché i rapporti fra le professioni giuridiche tra i due paesi. Il paese ospitante metterà perciò a disposizione del magistrato di collegamento inviato tutte le agevolazioni, che includono l'uso dello spazio e dei servizi di telecomunicazioni, nonché tutto il sostegno per qualsiasi azione destinata a raggiungere gli obiettivi dell'accordo di cooperazione. Secondo il ministro per la giustizia romeno, Tudor Chiuariu, «entrambi i governi hanno affrontato il problema con la serietà e concretezza necessarie. Sono stati avviati molti contatti bilaterali, sfociati nel lancio di questo progetto comune di cooperazione giudiziaria che prevede, tra l'altro, un interscambio anche di forze di polizia tra i due paesi». Altro frutto importante sottolineato da Chiuariu «è l'accordo sul trasferimento delle persone condannate». In questo modo la cooperazione giudiziaria tra i due paesi dovrebbe scattare in avanti in termini di efficacia. «Ciò che conta di più è lavorare insieme», ha aggiunto Chiuariu. «Per quanto riguarda l'integrazione dei rom, i nostri due capi di governo si sono già mossi istituendo anche un gruppo di lavoro bilaterale». I progressi della riforma giudiziaria avviata in Romania, comunque, procedono in maniera non del tutto spedita. Chiuariu ha presentato al Consiglio dei ministri il disegno per i nuovi codici di procedura penale e civile, con l'obiettivo di sanare uno dei problemi più pesanti, quello della durata media dei procedimenti giudiziari. L'intenzione è quella di distinguere tra casi più e meno gravi, in modo da agevolare e rendere più efficiente il lavoro dei magistrati, in particolare nei processi d'appello. C'è anche il progetto di eliminare la «sospensione in via cautelativa» in attesa del giudizio della Corte costituzionale, dando ai magistrati la facoltà di scegliere se sospendere o meno il procedimento in corso. In termini di collaborazione con altri paesi dell'Ue, quella con l'Italia sembra la migliore come stato d'avanzamento. Gli unici paesi con i quali la Romania partecipa a indagini congiunte, infatti, risultano la stessa Italia e la Francia. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Vaticano, più cooperazione Puntare su maggiore cooperazione giudiziaria internazionale. Questa, in sintesi, la posizione espressa dalla più alta carica giudiziaria del tribunale più piccolo del mondo, quello della Città del Vaticano, al fine di garantire più sicurezza allo stato pontificio anche in relazione alle minacce terroristiche. Il promotore di giustizia Nicola Picardi, omologo al procuratore generale nell'ordinamento italiano, ha sottolineato l'esigenza di maggiore cooperazione giudiziaria internazionale in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario 2008 del Tribunale vaticano. «In un mondo globalizzato caratterizzato da una crescita esponenziale dei rapporti e degli scambi», ha dichiarato Picardi, «le cause assumono una maggiore complessità e travalicano, sempre più spesso, i confini statuali. Oggi non è possibile affrontare realisticamente il problema della giurisdizione senza tenere conto dei vincoli di interdipendenza fra i sistemi giudiziari dei diversi stati e senza un'efficace collaborazione tra le rispettive autorità giudiziarie». Constatazione, quest'ultima, tanto più valida per un Tribunale come quello vaticano, che ha giurisdizione su uno stato con caratteristiche di enclave e su controversie per lo più transnazionali. Tra i casi di proficua collaborazione giudiziaria citati da Picardi, quello con la Procura di Torino sulla rogatoria riguardante Igor Marini, coinvolto nella vicenda Telekom Serbia, quello con l'ex procuratore generale svizzero Carla Del Ponte per dirimere la questione sulla competenza per il caso del duplice omicidio e suicidio in cui il 4 maggio 1998 persero la vita il comandante delle guardie svizzere Aloys Estermann, la moglie Gladys e il vicecaporale Cedric Tornay, quello riguardante una truffa a carico di un cardinale scomparso e quello di un professore universitario americano che sottrasse dalla Biblioteca Vaticana un manoscritto del Tetrarca (poi recuperato e restaurato a spese del colpevole). Picardi ha quindi invitato a «intraprendere la via delle convenzioni internazionali e degli accordi sull'assistenza giudiziaria internazionale che, quanto meno nel contesto europeo, appaiono oggi diretti a favorire i rapporti diretti fra i magistrati di diversi stati e il riconoscimento reciproco, se non addirittura, l'esecuzione dei rispettivi provvedimenti». La cooperazione internazionale, tra l'altro, «non può limitarsi all'ambito processuale, ma dovrebbe estendersi sempre più a quello informativo, investigativo e di polizia giudiziaria», soprattutto perché «il fenomeno del terrorismo internazionale sembra richiedere forme nuove di cooperazione finalizzate al perfezionamento di misure a tutela della sicurezza». A tale proposito, Picardi ha ricordato anche l'imminente adesione della Gendarmeria vaticana a Interpol. Per il resto il resoconto sull'attività 2007 del Tribunale contiene numeri che non possono essere paragonati con la giustizia di altri paesi, specie l'Italia: la durata media delle cause civili è passata in un anno da 18,8 a soli 8,4 giorni, quella delle cause penali da 365 a 489,9 giorni, le istruttorie sommarie da 177,9 a 256,9 giorni. Il carico dei procedimenti è di 582 cause civili e 472 penali. Trattati in tutto 1.510 fascicoli, portati a termine 1.250. Picardi ha poi sollecitato le autorità vaticane a emanare una legge speciale sulla droga poiché l'ordinamento penale del piccolo stato (basato sul codice Zanardelli del 1882) non prevede come reato il possesso e spaccio di stupefacenti: tanto che per la prima condanna inflitta in Vaticano, quattro mesi a un ex dipendente del Governatorato, trovato in possesso di 87 grammi di cocaina, è stato applicato l'art. 23 della legge sulle fonti del diritto, che prevede al massimo l'arresto a sei mesi, «sanzione del tutto inadeguata alla gravità del reato e non in linea con la legislazione degli altri Stati». Il Tribunale, però, ha sottolineato Picardi, ha evitato così «che una carenza legislativa potesse trasformare lo Stato della Città del Vaticano in una zona franca per detentori e spacciatori di droghe». Alla cerimonia erano presenti per l'Italia il vicepresidente della Consulta Giovanni Maria Flick, gli ex presidenti Annibale Marini e Piero Alberto Capotosti, il prefetto di Roma Carlo Mosca, il capo della Dia Cosimo Sasso, e vari magistrati. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Accesso e prestiti le eredità dell'Uic Nel passaggio di competenze dall'Ufficio italiano cambi all'Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d'Italia resta in piedi la vecchia disciplina dell'accesso. Il governatore dell'Istituto, Mario Draghi, con il provvedimento del 21 dicembre 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 12 del 15 gennaio scorso, distribuisce competenze e poteri prima spettanti all'Uic all'Uic, lasciando operative alcune tra le previgenti disposizioni relative all'Ufficio cambi. Secondo il provvedimento (in vigore dal 1° gennaio scorso), alla neoistituita Unità d'informazione (decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, articolo 6), saranno applicate le disposizioni dell'Uic, limitatamente ai casi di esclusione del diritto di accesso con riferimento alle categorie di documenti connessi alle attività istituzionali, trattamento dei dati sensibili e giudiziari, determinazione dei termini di conclusione e delle unità organizzative responsabili dei procedimenti amministrativi e modalità del diritto di accesso. Intatti restano anche alcuni tra gli atti normativi dell'Ufficio cambi, in particolare quelli concernenti gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale, i soggetti non operanti nei confronti del pubblico iscritti nell'apposita sezione dell'elenco generale, le agenzie di prestito su pegno, i confidi, i cambiavalute, i soggetti diversi dalle banche che, senza fini di lucro, raccolgono somme in ambito locale di modesto valore, i mediatori creditizi, gli agenti in attività finanziaria e gli esercenti di prodotti in oro. Tra le competenze attribuite all'Uif, come previsto dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, spiccano l'analisi dei flussi finanziari, individuando e prevenendo fenomeni di riciclaggio di denaro o di finanziamento del terrorismo, la ricezione e la segnalazione di operazioni sospette, l'acquisizione di dati e informazioni finalizzati allo svolgimento delle proprie funzioni, l'analisi e lo studio su singole anomalie riferibili a ipotesi di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo e l'elaborazione di modelli e schemi rappresentativi di comportamenti anomali sul piano economico e finanziario riferibili a possibili attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Antiriciclaggio, la riservatezza non si tocca Il dlgs 231 di recepimento della terza direttiva antiriciclaggio non modifica in alcun modo il regime di riservatezza tipica dell'attività delle società fiduciarie in quanto l'identità del soggetto per conto del quale la società fiduciaria agisce non può mai essere resa pubblica. È quanto sostiene il sottosegretario del Minieconomia Alfiero Grandi che ha risposto ieri in sesta commissione Senato a una interrogazione di Giorgio Benvenuto. I dati relativi all'identità del cliente della società fiduciaria devono essere acquisiti e trattati dall'intermediario, dalla banca, dal notaio, ecc. nel rispetto del segreto bancario e professionale, al fine di valutare se l'operazione presenti o meno profili di sospetto riciclaggio o finanziamento del terrorismo. La nuova normativa antiriciclaggio obbliga banche, sim e sgr ad acquisire informazioni sul cosiddetto titolare effettivo per tale intendendosi la persona o le persone fisiche per conto delle quali l'operazione o il contratto viene concluso. Nel raccogliere tali informazioni sul titolare effettivo la banca dovrà quindi prestare particolare attenzione alla puntuale osservanza di quanto previsto dal decreto antiriciclaggio in termini di trattamento riservato del dato che dovrebbe essere conosciuto, sulla falsariga di quanto avviene per i conti cifrati svizzeri, soltanto da poche persone all'interno dell'intermediario. È importante ricordare che la violazione della citata speciale riservatezza comporta sanzioni in capo alla banca o al professionista sia di tipo penale che di tipo civile. Il richiamo fatto dalla nota in commento all'osservanza da parte di chi viene a conoscenza del nominativo del cliente della società fiduciaria del segreto bancario e professionale fa chiaramente intuire, infatti, che la responsabilità in caso di comunicazione a terzi del nominativo del cliente della società fiduciaria, ed in genere del titolare effettivo, è quella prevista dall'art. 622 cp che sanziona la rivelazione del segreto professionale. Banche e intermediari, in attesa dell'emanazione dei regolamenti con le modalità per Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - trattare tali informazioni, dovranno pertanto adottare soluzioni organizzative (fascicolo separato, database accessibile solo al direttore della banca, ecc.) che consentano di assicurare un più elevato e comprovato livello di protezione. Il Messaggero pag. 5 I giudici: no alla condanna del Parlamento Secco no dell’Anm alla «condanna unanime espressa dal Parlamento» nei confronti delle toghe. Anche se il sindacato dei magistrati mostra di apprezzare il gesto del ministro, ovvero la decisione di Mastella di rassegnare le dimissioni appresa la notizia degli arresti domiciliari inflitti alla moglie. A riassumere la posizione ufficiale della Anm, in queste poche concise parole, è stato il segretario generale della Giunta, Luca Palamara, che ha poi sottolineato come sia «necessario riprendere il dialogo tra politica e magistratura richiamandoci anche alle parole del Capo dello Stato su coesistenza e reciproco rispetto tra i poteri dello Stato». Palamara non è voluto entrare nel merito della vicenda, anzi ha sdrammatizzato la portata di alcune dichiarazioni del Guardasigilli: «Molte affermazioni sono state fatte a titolo personale e sono frutto del diretto coinvolgimento emotivo nella vicenda». Ma mette in guardia dai rischi che possono scaturire dalla delegittimazione della magistratura: «Il processo resta il luogo dove tutte le doglianze devono essere riportate e anche questa vicenda deve definirsi nell'ambito processuale. I problemi della giustizia devono essere separati dalle vicenda giudiziarie».Il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, dal canto suo ha preferito scindere la solidarietà personale dall’auspicio «che gli sviluppi della vicenda chiariscano al più presto le responsabilità...è un momento di difficoltà». Il numero due di Palazzo dei Marescialli era stato tra i primi a telefonare a Mastella e, durante il plenum, avendo appreso delle sue dimissioni subito ne aveva dato notizia all’assemblea. Ma, replicando al Guardasigilli, che aveva puntato l'indice contro il procuratore di Santa Maria Capua Vetere, aveva precisato:«Perchè il Csm possa intervenire dovrebbe arrivare un esposto, non abbiamo alcun potere di intervenire d'ufficio, l'azione disciplinare è di competenza del pg della Cassazione o del ministro della Giustizia». Secondo Mastella il Csm avrebbe dovuto occuparsi del magistrato, verificando «l'esercizio domestico delle sue funzioni per vicende che lambiscono suoi stretti parenti». Dura invece la reazione del presidente e del segretario dell'Unione Camere penali Oreste Dominioni e Renato Borzone: «E’ grave, scandaloso, incomprensibile- affermano- che un'iniziativa giudiziaria nei confronti di personalità istituzionali determini attacchi alla magistratura da parte del mondo politico quasi senza distinzioni di schieramento. Le garanzie nel processo sono credibili quando valgano per tutti ». Il Corriere della Sera pag. 2-3-6 Mastella indagato: dimissioni e va all’attacco dei giudici Il ministro della Giustizia clemente Mastella indagato per concussione, falso e concorso esterno in associazione a delinquere. Sue moglie, Sandra Leonardo, presidente del Consiglio regionale della Campania agli arresti domiciliari. Sono sette i capi d’imputazione nei confronti del Guardasigilli. “Scorribande corsare, un tiro al bersaglio, un’ostinata caccia all’uomo, una scientifica trappola”. Mi dimetto “perché ho paura, perché venga recuperata per lo meno la responsabilità civile dei magistrati”. Così la giornata di Mastella che si congeda con Prodi che respinge le dimissioni. A Mastella arriva la solidarietà della stragrande maggioranza del mondo politico. Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - Il Sole 24 Ore pag. 2-3-32-34 Mastella indagato, la moglie ai domiciliari Concorso esterno in associazione a delinquere, un doppio concorso in falso,abuso d’ufficio, tentata concussione e concorso in concussione ai danni di Antonio Bassolino nell’ambito della nomina del commissario Asl di Benevento. Con queste accuse risulta indagato il ministro (dimissionario) della Giustizia Clemente Mastella nell’ambito di un’inchiesta più ampia della Procura di santa Maria Capua Vetere, guidata da Mariano Maffei. Per la moglie del Guardasigilli vengono contestati i reati di associazione a delinquere, falso in atto pubblico, corruzione, concussione, turbativa d’asta. “tra l’amore per la mia famiglia e il potere scelgo il primo, ha detto Mastella nell’Aula di Montecitorio, riferendosi alla moglie presa in “ostaggio” da “frange estremiste” della magistratura “che mi hanno reso una trappola scientifica in modo vile e ignobile”. La decisione delle dimissioni, ce Prodi ha respinto, è maturata martedì quando la notizia degli arresti domiciliari per Sandra Leonardo è cominciata a filtrare. Il ministro parla di “persecuzione umana”. “mi dimetto per essere più libero umanamente e politicamente e per aprire una questione fondamentale di emergenza democratica per la politica e la magistratura”. Nel mondo politico la solidarietà è unanime. L’Associazione nazionale magistrati reagisce e respinge le condanne unanimi che si sono levate dalle Camere dopo l’annuncio delle dimissioni del ministro della Giustizia. Il Segretario generale dell’Anm, Luca Palamara dichiara: “Apprezziamo il gesto del ministro e altresì ribadiamo che è necessario riprendere il dialogo tra politica e magistratura, richiamandoci anche alle parole del Capo dello Stato su coesistenza e reciproco rispetto”. La giustizia-zavorra nel discorso non letto “ A testa alta” e “con l’animo sereno”, il ministro della Giustizia avrebbe chiesto “un’assunzione collettiva di responsabilità” perché “l’intera classe politica non può permettersi che la Giustizia continui ad essere una pesante zavorra per la crescita del Paese”. “Chiedo espressamente che alla Giustizia sia riservata un’apposita sessione parlamentare, dando priorità all’esame dei provvedimenti proposti dal Governo”, avrebbe detto Mastella alle Camere a conclusione della “Relazione sullo stato della giustizia in Italia”. Tutto questo, però Mastella non lo ha detto. La Relazione è stata solo allegata al resoconto dell’Aula della Camera, dove ha pronunciato un discorso assai diverso da quello che si era preparato nei giorni scorsi, in vista dell’ appuntamento dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Le sue 37 cartelle sono perciò destinate a rimanere negli archivi di Stato. £7 pagine in cui c’è tutto quello che Mastella e i suoi uffici hanno fatto da venti mesi di attività di Governo: disegni di legge presentati per accelerare i processi civili e penali, per garantire la sicurezza e la certezza della pena, per aumentare la produttività dei Tribunali (con la creazione dell’ufficio per il processo), per limitare le invasioni della privacy dei cittadini (specie se non indagati) a causa delle intercettazioni; ci sono i risparmi realizzati, a partire proprio dalle intercettazioni (da 308 a 229 milioni di euro); c’è il recupero , nelle carceri italiane, di 426 nuovi posti grazie all’attività di ristrutturazione dei penitenziari; la scoperta delle somme confiscate e sequestrate (! Miliardo e 660 milioni di euro al 30 novembre 2007) e la richiesta al ministro dell’Economia di poterle gestire per esigenze di Giustizia. Ma nella Relazione c’è anche la fotografia di una macchina giudiziaria che stenta a recuperare efficienza. A dicembre 2006, si contavano più di 5milioni di cause civili pendenti, con una durata di 980 giorni in primo grado e 1.405 in appello; processi del lavoro che viaggiano a una media di 758 giorni in primo grado e di 814 in appello. Quanto basta per far concludere a Mastella che il problema della “ragionevole durata” non è più rinviabile. Anche perché nel 2006 vi sono state 20.514 Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - richieste di indennizzo per eccessiva durata dei processi: il 14,43% del carico di lavoro delle Corti d’Appello. E nel 2007 sono già in aumento. Bracciali elettronici, sperimentazione al via Partirà su tutto il territorio nazionale la sperimentazione dei 400 braccialetti elettronici che assicureranno la localizzazione della persona interessata sul luogo di detenzione e renderanno impossibile i comportamenti elisivi. Né da notizia il Sindacato autonomo della polizia penitenziaria. Ricorsi non decisi e posta censurata sul “41-bis” condanna per l’Italia La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per violazione degli articoli 6 (diritto che la causa sia esaminata) e 8 (rispetto della vita privata) della Convenzione Europea in relazione al ricorso presentato da un detenuto per ‘ndrangheta, Santo Asciutto, condannato all’ergastolo e in regime di 41 bis. L’Italia dovrà solamente versare 5mila euro per le spese di difesa perché “la constatazione delle violazioni costituisce una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale”. In particolare, la Corte ha dichiarato fondata la doglianza sull’inerzia dei tribunali di sorveglianza sui ricorsi contro l’applicazione del regime speciale, e quella sull’apposizione del visto di censura sulla corrispondenza per comunicazioni verso la Corte. Giudicato incede inammissibile il ricorso sul trattamento presunto inumano del 41-bis e sulla violazione della difesa per un’udienza in videoconferenza. Magistratura, riaperti i termini dei concorsi per onorari Sono prorogati fino al prossimo 31 gennaio i termini per la presentazione delle domande per partecipare al concorso per ricoprire le funzioni di viceprocuratore e giudice onorario di tribunale. La riapertura p contenuta nel decreto firmato ieri dal ministro della Giustizia, Clemente Mastella,che ha procrastinato l’originaria scadenza che cadeva proprio nella giornata di eiri. Il parere favorevole alla riapertura era stato sollecitato dal Csm. ( a cura di Daniele Memola ) Consiglio Nazionale Forense - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 -