Gennaio 2011 - Master in Giornalismo

Transcript

Gennaio 2011 - Master in Giornalismo
PAGINE 18-19
Viaggio tra
i giovani che
credono ancora
nella politica
23
2-
S G. 2
W PA
PAGINE 16-17
Un pezzo di
storia non solo
sportiva:
il Palalido
E
PAGINE 10-13
Come vivere
a chilometro zero,
mentre chiudono
i mercati comunali
N
Società
LM
Milano
IU
Metropoli
Gennaio 2011
Anno VIII
Numero I
Bonifiche,
veleni&business
labiulm.
campusmultimedia.net
Periodico del master in giornalismo dell’Università Iulm - Campus Multimedia In-formazione - Facoltà di Comunicazione, relazioni pubbliche e pubblicità
Amianto, cianuro, rifiuti tossico-nocivi:
esplode il caso della contaminazione
dei terreni ex industriali.
Metterli in sicurezza costa cifre astronomiche,
quasi sempre a carico della casse pubbliche.
E la maxitruffa del “bonificatore” Giuseppe Grossi
ci costerà una multa europea da 490 milioni di euro
IL POTERE
HA LE FORME
DEGLI UOMINI
Giovanni Puglisi
tragicamente presente,
agli occhi e alle menti
più lucide, più di quaranta anni dopo quel drammatico Maggio ‘68, un doppio
fallimento: è fallito, alla prova
del tempo medio-lungo, ogni
vero tentativo riformatore di
reale democratizzazione della
cultura e in un certo qual senso
dell’intero Paese, ma soprattutto ha fallito la classe dirigente di questo Paese e di
questa Università, che ha occupato il Potere lungo quaranta
anni, senza riuscire ad imprimere all’azione più incisiva di
ogni attività riformatrice, ovvero alla efficacia pervasiva di
una cultura riformatrice e democratica di massa, il giusto
impulso, avviando riforme
vere con la marcia giusta.
È
continua a pag. 24
L’inchiesta: sacchetti di plastica in pensione, cosa cambia?
PAGINE 20-21
Pagina 2
SOMMARIO
l giornale che avete in
mano è un prodotto molto
particolare. È, insieme, la
palestra degli allievi del Master di Giornalismo Iulm –
Campus Multimedia, e il biglietto da visita di una Università
dove
si
studia
Comunicazione (la prima ad
averlo proposto in Italia) e
che sceglie di comunicare at-
I
Una scommessa e una vetrina
traverso il lavoro formativo
dei suoi studenti. Non era mai
accaduto prima che la testata
di una scuola di giornalismo
prendesse il mare aperto e venisse distribuita insieme a un
giornale “adulto” e prestigioso
come Prima comunicazione.
Diretto da Ivan Berni e Giovanni Puglisi (responsabile)
In redazione:
Marco Cosenza, Nicola Marcatelli, Sara Mariani, Emilio
Mariotti, Francesca Martelli, Manuela Messina, Carolina
Saporiti, Marco Subert, Tommaso Tafi, Salvatore Todaro, Elisa
Zanetti, Erika Crispo, Chiara Daffini, Valentina Evelli, Stefano
Fiore, Anna Chiara Gaudenzi, Monica Giambersio, Marco
Giorgetti, Linda Irico, Giuseppe Leo, Francesco Maesano,
Marco Mugnaioli, Chiara Pagnoni, Giulia Pezzolesi, Francesco
Piccinelli Casagrande, Francesco Priano, Roberta Rei, Marta
Rigoni, Ignazio Stagno, Roberto Tortora
via Carlo Bo, 1
02/891412771 -
LAB Iulm
20143 - Milano
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Registrazione: Tribunale di Milano n.477 del 20/09/2002
Stampa: Graficart snc - Biassono (Milano)
Master in Giornalismo Campus Multimedia In-Formazione
Direttore: Giovanni Puglisi
Responsabile didattico: Angelo Agostini
Caporedattore: Ivan Berni
Responsabile laboratorio redazione digitale: Paolo Liguori
Tutor: Silvia Gazzola
Docenti:
Angelo Agostini (Storia del giornalismo)
Camilla Baresani (Scrittura creativa)
Marco Capovilla (Fotogiornalismo)
Toni Capuozzo (Approfondimento televisivo)
Luca De Biase (Giornalismo web)
Andrea Delogu (Gestione dell’impresa editoriale televisiva)
Giuseppe Di Piazza (Giornalismo Periodico)
Guido Formigoni (Storia contemporanea)
Milena Gabanelli (Videogiornalismo d’inchiesta)
Oscar Giannino (Giornalismo economico e finanziario)
Enrico Maria Greco (Gestione dell’impresa editoriale)
Bruno Luverà (Giornalismo e società)
Caterina Malavenda (Diritto penale e Diritto del giornalismo)
Matteo Marani (Giornalismo sportivo)
Marco Marturano (Giornalismo e politica)
Pierluigi Panza (Giornalismo culturale)
Sandro Petrone (Giornalismo televisivo)
Giampaolo Roidi (Giornalismo per la free press)
Alessandra Scaglioni (Giornalismo radiofonico)
Claudio Schirinzi (Giornalismo quotidiano)
Gabriele Tacchini (Giornalismo d’agenzia)
Vito Tartamella (Giornalismo scientifico)
Fabio Ventura (Trattamento grafico dell’informazione)
Vittorio Zambardino (Eretici digitali)
Presidente: Giovanni Puglisi
Vice Presidente: Gina Nieri
Amministratore Delegato: Paolo Liguori
Direttore generale: Marco Fanti
Consiglieri: Gian Battista Canova, Mauro Crippa,
Vincenzo Marzuillo, Vincenzo Prochilo, Paolo Proietti
Per i trenta ragazzi del Master
è un impegno forte, che li
proietta immediatamente a
contatto di un pubblico specializzato e attento, quale
quello di Prima. Ma questa occasione senza precedenti è
anche la prima vetrina in cui
mettersi in mostra, da giornalisti, misurandosi con l’attualità, l’inchiesta, il costume, la
cultura, i cambiamenti sociali
e le trasformazioni di Milano,
la città dove i ragazzi del master studiano e imparano il
mestiere del giornalista. Per
l’Università Iulm è una scommessa che confidiamo sarà
ben riposta. E non è rituale il
ringraziamento a Prima Comunicazione per un’ospitalità
che, a sua volta, è un beneaugurante attestato di fiducia a
chi comincia ad affacciarsi a
una professione complessa e
difficile. Ma anche entusiasmante. (i.b.)
QUESTO NUMERO
Il prezzo dello sviluppo
insostenibile
Da risorsa per un nuovo rinascimento urbano
a incubo del terzo millennio: le aree ex
industriali nascondono i veleni di uno
sviluppo insostenibile perseguito per decenni,
che ha lasciato in eredità alle nuove
generazioni la necessità di bonifiche da
centinaia di milioni, che pagheranno i
cittadini.
Viaggio fra le terre intossicate di Milano, da
via Bisceglie a Pioltello, da Santa Giulia a
Melegnano, fra comitati di cittadini che
protestano, amministrazioni che perdono la
memoria e spregiudicati speculatori.
Intanto le bonifiche-truffa dell’imprenditore
Giuseppe Grossi costeranno all’Italia una
maximulta europea da 490 milioni di euro
EDITORIALI
4-9
3
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Il tradimento, italica fede
Troppa cronaca, poca visione
LA CITTÀ CHE CAMBIA
C’è più gusto a chilometro zero
Il gastrologicamente corretto
The Kitchen fa la spesa in cascina
Quando mercato faceva rima con umanità
Giovanni Terzi: “Rifaremo tutto senza spendere un euro”
Il prete cinese che insegna l’italiano
Via Giusti, scuola modello di integrazione
Il fortino del basket
Quella volta che Keith rischiò di morire
SOCIETÀ
Generazione 1000 euro: “Via dalla mala politica”
Civati il rottamatore sprona i giovani del Pd
Per fare un sacchetto ci vuole la pannocchia
I pub dei bicchieri biodegradabili
IULM NEWS
Anno accademico: “Riscoprire il piacere dell’etica”
Arte e Interpretariato, due master a Roma
Un fondo speciale per il nuovo KTC
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EDITORIALI
Il tradimento, italica fede
*
Gianni Canova*
iamo tutti traditori. La
propensione al tradimento la riceviamo ereditariamente con il nostro codice
genetico. Siamo traditori e gattopardi, traditori e camaleonti,
traditori e voltagabbana. Questo dice di noi, tra le tante cose
che dice, quello che a me pare
il più imprescindibile tra i film
italiani di questa stagione: Noi
credevamo di Mario Martone.
Un film dal respiro epico sul
difficile e contrastato processo
che ha portato, 150 anni fa, all’unità d’Italia. Un film severo,
intransigente, senza sconti. Ma
anche appassionante, coinvolgente, illuminante. Come sempre dovrebbe essere il cinema,
per essere all’altezza della sua
storia.
Il film di Martone, scritto in
S
collaborazione con Giancarlo
De Cataldo (l’autore di Romanzo criminale, ma anche di
un romanzo intitolato – non a
caso – Traditori, uscito da Einaudi proprio in concomitanza
con il film), propone una rilettura severa del nostro Risorgimento. Severa quanto lo
furono, ai tempi loro, le riletture
di maestri del cinema italiano
come Luchino Visconti in
Senso (1954) o dei fratelli Taviani in Allonsanfan (1974).
Ma rispetto a questi illustri precedenti, Noi credevamo ci fornisce un elemento in più, a mio
avviso illuminante: quello della
fede come chiave di volta nelle
relazioni interpersonali, politiche e culturali degli italiani. Il
titolo del film è in questo senso
chiarissimo: Noi “credevamo”.
Il verbo credere va inteso ovviamente in senso fideistico:
come se fosse noi avevamo
fede. Una fede di natura religiosa anche quando laicissima.
Una di quelle fedi che non si
spiegano con la ragione, che
non accettano argomentazioni
razionali e che possono spingere fino al martirio.
Se fosse proprio questa la
chiave della nostra storia nazionale? Il fatto che le nostre scelte
– politiche, culturali, esisten-
ziali – sono sempre state dettate
più dall’adesione fideistica che
dalla riflessione razionale? La
fede è come il tifo per un appassionato di calcio: non si discute. È così, punto. Andate da
un tifoso o da un credente e cercate di convincerlo, appellandovi alla ragione, che certe sue
convinzioni fideistiche sono
quanto meno discutibili. Non vi
come le macerie dei fabbricati
bombardati diedero vita alla
Montagnetta di San Siro, allo
stesso modo i terreni lasciati liberi dalle fabbriche ormai abbandonate hanno assunto le
dimensioni di una città nella
città: sei milioni e mezzo di
metri quadrati di cosiddette
“aree dismesse”. Raccontare la
guerra, paradossalmente è semplice: basta descrivere ciò che
si vede. Più difficile è raccontare la trasformazione, perché i
processi lenti producono i loro
effetti nel lungo periodo: non si
vedono subito.
Il passaggio dalla Milano del-
l’industria a quella del terziario
è avvenuto nel corso di qualche
decennio e non sempre i giornali hanno avuto chiara la visione d’insieme di quanto si
stata verificando. Se chiude una
piccola fabbrica non è una notizia rilevante soprattutto se questo avviene in un tempo e in un
luogo che non conoscono disoccupazione. E non è una
grande notizia neppure il fatto
che una banca acquisti un palazzo in pieno centro storico.
Giorno dopo giorno, però, cominciano a essere decine le fabbriche che chiudono, e non
soltanto quelle piccole. Si sco-
ascolterà nemmeno. Noi italiani
siamo fatti così. Facciamo del
tifo e della fede i modelli del
nostro essere nel mondo. Ieri
del nostro essere mazziniani o
cavouriani, e poi monarchici o
repubblicani, e poi ancora comunisti o democristiani. Oggi,
del nostro essere visceralmente
berlusconiani o antiberlusco
niani. Per tifo, appunto. Per
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fede. Senza ragione. Salvo poi
cambiare squadra, e tradire, appena cambia il vento. Perché il
trasformismo è l’esito inevitabile di chi porta iscritto dentro
di sé il codice del tradimento.
*Preside della
Facoltà di Comunicazione,
Relazioni Pubbliche e
Pubblicità - Università Iulm
Troppa cronaca, poca visione
Claudio Schirinzi*
a trasformazione di una
città può avvenire nel
fragore di un lampo, o
nel lento e silenzioso modificarsi delle sue attività. Durante
la seconda guerra mondiale 60
bombardamenti su Milano furono sufficienti per distruggere
o danneggiare un terzo delle
sue costruzioni. Più tardi, a partire dalla fine degli Anni Sessanta, è iniziato un processo di
trasformazione (dalla Milano
delle fabbriche a quella degli
uffici) lento, ma inesorabile
quanto gli attacchi aerei. E
L
pre, ad esempio, che neppure il
milanesissimo panettone viene
più prodotto a Milano e che gli
impianti hanno traslocato in
quella Verona, “patria” del rivale pandoro. Ci si rende conto
che il centro storico ha cambiato faccia: le abitazioni si
sono trasformate in ben più remunerativi uffici e i negozi di
alimentari hanno dovuto abbassare la saracinesca perché se
nessuno ci abita, in quelle
strade, nessuno va più a fare la
spesa. E al posto del fruttivendolo, del panettiere, del salumiere, ecco spuntare negozi che
vendono esclusivamente costosissima biancheria intima come
se tanga e push-up fossero diventati generi di prima necessità.
Certo, i giornali hanno capito e
raccontato che Milano stava
cambiando, ma forse non hanno
colto per tempo tutte le conseguenze di questo cambiamento.
Il fatto che i box sotterranei venissero regolarmente allagati e
così pure alcune stazioni della
metropolitana, è stata una sorpresa. E invece la spiegazione
era addirittura banale nella sua
semplicità: le fabbriche divorano grandi quantità d’acqua; se
se ne vanno, la disponibilità
d’acqua aumenta e la falda sotterranea si alza di conseguenza.
È un segnale, uno fra tanti. Con
la stessa sorpresa (ma c’è davvero di che sorprendersi?) oggi
scopriamo che nelle aree lasciate libere dalle fabbriche e in
quelle dove le industrie hanno
scaricato i loro rifiuti si sono
accumulate quantità tali di sostanze tossiche da rendere indispensabili opere di bonifica
molto dispendiose. Scopriamo
che quella falda ormai risalita
fino a pochi metri dal livello
stradale ha incontrato quei veleni ed è diventata veleno essa
stessa. Ciò che ieri ha fatto di
Milano una città ricca, oggi è
un problema costosissimo da risolvere. Giorno per giorno noi
giornalisti descriviamo progetti
mirabolanti, poi registriamo le
proteste delle vittime (truffati o
danneggiati) da quegli stessi
progetti, raccontiamo gli interventi della magistratura, i sequestri delle aree, i fallimenti di
qualche società, i processi interminabili. Giorno per giorno,
appunto. Troppo spesso senza
una visione d’insieme e senza
sufficiente senso critico.
*Docente di
Giornalismo quotidiano
Master in giornalismo Iulm
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PRIMO PIANO
LAB Iulm
LA MAPPA DEI
La deindustrializzazione ha lasciato
in eredità a Milano milioni di metri quadri
da riutilizzare, ma anche la necessità
di bonifiche indispensabili e costosissime.
A carico dei cittadini.
Perchè chi ha avvelenato i suoli
non pagherà mai il danno
Il prezzo
dello sviluppo
insostenibile
Tommaso Tafi
si preoccupa di stilare un vero
e proprio censimento delle aree
inquinate e cerca, di volta in
volta, di darsi una lista delle
priorità per gli interventi di bonifica.
A Gennaio 2010, in seguito ad
un’interrogazione presentata
dalle opposizioni in Consiglio
Regionale, il Pirellone ha diffuso gli ultimi dati: sono oltre
600 i siti lombardi contaminati.
In cima alla classifica delle
zone più inquinate è ovviamente la città di Milano.
Qui le aree su cui l’Agenzia
cia. «Per prima cosa – esordisce – lasciatemi dire che da
anni ormai la prima falda ac’era una volta una Miquifera della città è inutilizzalano a forte vocazione
bile e la seconda è fortemente
manifatturiera. Una Micompromessa. Per fortuna il
lano che, grazie ai numerosi
Consorzio per l’acqua potabile
poli siderurgici, metalmeccaa Milano svolge da sempre un
nici e chimici occupava a buon
ottimo lavoro e l’acqua pulita
diritto uno dei vertici del fala pesca dalla terza falda, a 80moso triangolo industriale, in100 metri di profondità». Nessieme a Genova e Torino.
sun pericolo dunque per chi
Di questa Milano industriale
beve abitualmente l’acqua del
sono ancora visibili alcune
rubinetto, ma ogni volta che si
tracce, fatte di scheletri di caapre un cantiere sui terreni che
pannoni e di enormi fabbriche
circondano Milano, esiste il
mai riconvertite. Ancor più nufondato timerose,
more
che
però, sono
dagli scavi
le tracce invenga fuori
visibili: imdi tutto. Ecco
p r o n t e
perché,
profonde,
prima di fare
lasciate sul
anche
un
terreno da
solo buco, i
anni di inproprietari
dustrializdei terreni
zazione
sono obblimai regolagati a verifimentata.
c a r e ,
Impronte
attraverso un
che, con il
sistema di
passare del
Carotaggi in corso nel cantiere Montecity a Santa Giulia carotaggi
a
tempo, qualcampione,
cuno ha preferito ricoprire con tonnellate Regionale per la protezione quale tipo di sostanza è predi terra, per nasconderle al- dell’Ambiente (Arpa) ha rile- sente nel suolo.
l’occhio e soprattutto alla me- vato livelli critici di sostanze
moria dei cittadini e aprire così tossiche sono 170. Tra queste «Se questa verifica – prosegue
ci sono anche singoli condo- Bai – dimostra che il suolo è
le porte alla speculazione.
Una parte di Milano poggia in- mini, ma in 122 casi si tratta di inquinato, il proprietario delfatti le sue fondamenta su un zone ex industriali e discari- l’area, se è la stessa persona
che ha causato il danno, è tevero e proprio mare di veleni. che.
nuto a rimediare mettendo il
Amianto, amine aromatiche,
arsenico, mercurio, solventi, ri- Edoardo Bai è medico e mem- sito in sicurezza, se no è tenuto
fiuti urbani e industriali. bro del comitato tecnico scien- solo a fare in modo che la siUn insieme di sostanze poten- tifico di Legambiente e tuazione non si aggravi».
zialmente micidiali, lasciate in conosce nel dettaglio molte di In concreto, se il proprietario
eredità ai milanesi dalle decine queste situazioni, per essere non è il responsabile dell’indi industrie che popolavano le stato, per vent’anni, responsa- quinamento del suolo, ma ha
bile dell’igiene ambientale solo ereditato i danni provocati
periferie.
Ogni anno Regione Lombardia nelle Asl di Milano e provin- da altri, deve costruire una bar-
C
riera idraulica sotterranea per reni destinati ad ospitarlo. Poievitare che i veleni finiscano ché, come si è visto, vaste zone
per contaminare la falda più della Lombardia e di Milano
profonda.
sono contaminate da sostanze
Si chiama “messa in sicurezza più o meno tossiche, la Red’emergenza” e rappresenta gione ha stabilito che i livelli
solo il primo step necessario a di inquinanti non devono supeliberare il terreno dai rifiuti. rare una certa soglia di sicuUn’operarezza.
zione che, in
Ma chi è a
Visti
gli
alti
costi
di
tutta evidenza,
certificare
bonifica, spesso si che una decomporta un
notevole diterminata sospendio di ri- ricorre alla “messa in glia
può
s o r s e
sicurezza”: si stende essere riteeconomiche.
nuta di sicuun telo spesso rezza? «La
Per effettuare
le analisi di un
1,5 millimetri, legge 152
terreno
di
dell’aprile
lo si copre di terra 2006 prevede
medie dimensioni si spenbuona e si separano –Bai continua
dono
circa
– che
150 mila euro,
i rifiuti dalle spetti al primentre per la
vato, dopo
messa in sicu- fondamenta delle case un’analisi del
rezza di emerterreno, la
genza si sfiora il milione. «La valutazione dei rischi. Questa
messa in sicurezza d’emer- valutazione passa poi al vaglio
genza, tuttavia – spiega ancora dell’Arpa e infine approda in
Bai – non è sufficiente per ot- Regione o in Comune (a setenere l’autorizzazione a co- conda di chi ha la competenza
struire. Per questo ci vuole una diretta dell’area, ndr) come almessa in sicurezza definitiva». legato al progetto edilizio in
Già, perché, che si tratti di co- questione».
struire un intero quartiere, un È proprio all’interno delle mapalazzo, o più semplicemente glie del sistema delle autorizun centro commerciale, l’auto- zazioni e dei controlli, che si
rizzazione deve arrivare dal- inseriscono la malavita e i rapl’ente pubblico responsabile porti malsani tra istituzioni
dell’area. Un’autorizzazione pubbliche e bonificatori priche dipende, oltre che dal tipo vati. Se l’ente pubblico ha tutto
di progetto che si vuole realiz- l’interesse a vedere bonificati i
zare, anche dallo stato dei ter- terreni, il privato, dal canto
LAB Iulm
PRIMO PIANO
Pagina 5
LA STORIA
PPA DEI VELENI
Per la città delle fabbriche
salute e ambiente erano un lusso
Elisa Zanetti
’è stato un tempo in cui
Milano era un gigantesco cantiere, una città in
continua evoluzione, fiera di
guidare insieme a Torino e
Genova quello che sarebbe
stato definito il triangolo industriale italiano: il motore del
boom economico. Impalcature, scavi, cumuli di terra,
ruspe e betoniere riempivano
ogni angolo della città. Anni di
grande entusiasmo, in cui si
voleva lasciare alle spalle il
recente passato della guerra e
in cui non c’era tempo per
pensare al futuro: il presente
era lì e chiedeva solo di essere
vissuto, di portare quel benessere che l’agricola società italiana
non
aveva
mai
conosciuto. L’esplosione demografica e il conseguente aumento della domanda di beni
di consumo, il costo relativamente basso delle più importanti materie prime e la
liberazione degli scambi internazionali permisero ai paesi
dell’Europa occidentale, guidati dall’esempio statunitense,
di lanciarsi a capofitto in
quella corsa al benessere e allo
sviluppo che per il modello
occidentale sembrava non dovesse mai avere fine.
Fu così che tra gli anni 50 e 60
le industrie a Milano si moltiplicarono, ridisegnando definitivamente il profilo della
città. La Innocenti scelse
Lambrate per produrre i suoi
tubi, le Mini e le Lambrette; in
Bicocca si fabbricavano gli
pneumatici Pirelli, mentre
l’industria chimica si sviluppò
con la Montedison di Rogoredo. In Porta Romana crebbe
una costola della Fiat, la Om,
specializzata nella realizzazione di componenti meccaniche. E ancora, fra le altre,
spostandosi verso l’area occidentale della città si potevano
C
Porta Romana, Garibaldi-Repubblica, la Bicocca
e la Bovisa. Ma anche Melegnano e Pioltello.
Sia in centro che in periferia,
a Milano le aree contaminate da sostanze
potenzialmente nocive sono molte
e in costante aumento.
La Regione tenta ogni anni di mapparle,
ma ad ogni rilevamento dell’Arpa il censimento
deve essere aggiornato.
La distribuzione sul territorio racconta anche
dell’industrializzazione di una città che, in nome
del progresso, ha sacrificato zone sempre più
ampie. Oggi bisogna bonificare, ma i soldi non
sempre ci sono. Si risanano solo le aree a forte
interesse residenziale o produttivo, come quella
di Rho Pero, dove, grazie alla costruzione della
nuova Fiera, si è riusciti a ripulire l’intera area
“
suo, chiede benefit edilizi
come corrispettivo per le operazioni di bonifica. Questi benefit, in concreto, si traducono
in autorizzazioni a costruire
strutture commerciali che giustifichino la spesa di bonifica.
Non solo. Gonfiando le fatture
Edoardo Bai,
medico ambientale
e membro del comitato tecnico
scientifico di Legambiente
Ci vorrebbe
un Superfondo
a capitale pubblico
e privato gestito
in autonomia
dall’Arpa
”
e spacciando per bonifiche
quelle che in realtà sono semplici messe in sicurezza, il privato senza scrupoli riesce a
massimizzare i profitti illeciti.
a come si può rompere questo
meccanismo? Edoardo Bai
un’idea ce l’ha: «Si potrebbe
fare come in America dove è
l’Epa (equivalente a stelle e
strisce della nostra Arpa) ad effettuare le bonifiche». Ma con
quali risorse? «Esiste – conclude Bai – un fondo, il Superfund, finanziato con capitali
provenienti dalla tassazione
delle industrie inquinanti, più
una piccola compartecipazione
pubblica. Un fondo le cui risorse sono nella piena disponibilità dell’Epa».
Quando si parla di bonifiche a
Milano, la mente corre subito
al caso Santa Giulia, la città
ideale costruita dall’immobiliarista Luigi Zunino sopra ad
una discarica piena di rifiuti
chimici lasciati dalla Montedison. Ma, come abbiamo visto,
a Milano sono centinaia le situazioni simili. Alcune, come i
casi di Pioltello e Melegnano,
si trascinano da decenni; altre
sono state fotografate e smascherate dalla magistratura,
come quella sull’area Calchi
Taeggi, altre ancora come l’ex
Om, dopo anni di silenzio sono
pronte ad esplodere.
Eredità di una Milano industriale che ha lasciato il posto
prima alla Milano da bere, e
ora alla Milano da bonificare.
IL CONTROLLORE
trovare l’Ansaldo, che si dedicava alla produzione di materiale ferroviario, e l’Alfa
Romeo, che negli anni della
motorizzazione di massa conobbe una fortissima crescita.
L’espansione industriale provocò un vero e proprio esodo
dal Sud verso il Nord e dalle
campagne verso la città, fra il
’51 e il ’61 due milioni di persone abbandonarono infatti il
Mezzogiorno. In quegli anni la
popolazione di Milano crebbe
del 22% e furono proprio le
fabbriche e la presenza degli
operai a delinearne il profilo:
vennero costruiti interi quartieri popolari in funzione delle
industrie, come ad esempio
San Cristoforo, realizzato per
ospitare i ceramisti della Richard Ginori; si moltiplicarono
le latterie, dove i lavoratori potevano pranzare a poco prezzo,
e la sera nelle vie echeggiava il
suono delle sirene, che annunciavano la fine della giornata
lavorativa.
Lo sviluppo fu fondamentalmente spontaneo e spesso si
edificò al di fuori di ogni vincolo. Si pensava che tutto fosse
permesso, solo perché non era
vietato. Per più di vent’anni
l’ambiente fu percepito come
una risorsa infinita, indistruttibile, come se scaricare residui
tossici nel sottosuolo non
avrebbe mai potuto portare
alcun danno, come se il con-
In quegli anni
la popolazione
di Milano
crebbe del 22%.
Lo sviluppo
fu spontaneo
e spesso si edificò
al di fuori
di ogni vincolo
cetto stesso di inquinamento
non esistesse. Tutto questo fino
a quando nel 1976 il reattore
dell’industria chimica Icmesa
esplose, emettendo una nube di
diossina sulla cittadina di Seveso. La deflagrazione causò
gravi malattie della pelle, uccise molti animali e contaminò
i campi circostanti: da quel
momento si iniziò a diffondere
una sensibilità per i temi ecologici. Questa nuova percezione, insieme alla battuta
d’arresto dell’economia, dovuta allo shock petrolifero di
quegli anni, e alla diffusione di
un nuovo modello industriale,
incentrato solamente sul core
business produttivo, portò al
trasferimento delle industrie al
di fuori dei confini della città.
Ma la deindustrializzazione lasciò a Milano un’eredità sgradita. Rifiuti tossici sono stati
riversati nel terreno, come nel
caso di Rogoredo-Santa Giulia
o di Calchi Taeggi, ex cava trasformata in discarica. I capannoni delle fabbriche non
sempre sono stati trasformati
in loft e showroom frequentati
da modelle e designer, ma
spesso sono diventati aree di
degrado urbano. Industrie chimiche, come la Saronio di
Cerro al Lambro, per anni
hanno inquinato l’acqua scaricando depositi e materiali industriali. E infine l’amianto,
proprio oggi sulle prime pagine della cronaca locale per
l’apertura dell’inchiesta sui
quattordici operai dell’ex Om,
probabilmente morti per le esalazioni.
La miopia, l’assenza di uno
sguardo a lungo termine durante gli anni dello sviluppo
presentano ora il conto da pagare: sei milioni e mezzo i
metri quadrati di aree dismesse
che oggi necessitano di costose
bonifiche. Per non parlare di
quelle case e di quei parchi
giochi già costruiti su terreni
avvelenati.
Arpa: dove sta l’indipendenza?
L’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Lombardia (Arpa) è attiva dal 1° dicembre 1999. È un ente di diritto pubblico dotato di autonomia amministrativa, organizzativa e contabile, e le sue funzioni principali sono la raccolta e l’elaborazione di dati ambientali da fornire agli
organi di governo per supportarne le decisioni sul territorio, e al cittadino perché possa conoscere
e valutare. Ma come funziona di preciso l’Agenzia? Che ruolo ha avuto nel campo delle bonifiche
dei terreni inquinati di Milano? «In materia di bonifiche, la competenza principale è della Provincia di Milano», spiega Edoardo Croci, già presidente dal 1999 al 2003. «È stato fatto un decreto
ministeriale (il n° 471 del 1999, ndr) che stabilisce queste competenze. In un secondo momento
la provincia si rivolge all’Arpa autorizzandola a procedere con i controlli tecnici». Quindi la mancanza, contestata dalla procura, sarebbe della Provincia, che non ha avviato un piano di bonifica
come previsto dalla legge. L’Arpa, infatti, può agire autonomamente nel fare i controlli, però deve
aspettare il via dell’istituzione per procedere alla messa in sicurezza. Ma spesso l’Agenzia entra in
azione su richiesta di soggetti che ne sollecitano l’intervento, e allora il problema che si pone è stabilire chi è responsabile per questi solleciti: un privato che acquisti un terreno ha dunque l’obbligo
di rivolgersi ad Arpa per chiedere di effettuare un controllo? «Chi acquista un terreno diventa responsabile di quel terreno», prosegue Croci, «e, se inquinato, è responsabile di realizzarne la bonifica. Dopodiché, se è necessario bonificare, scatta un procedimento che coinvolge prima la
Provincia e poi anche l’Arpa come soggetto attuatore».
I principali interlocutori dell’ente sono la Regione Lombardia, le Province, i Comuni, le Comunità
montane e le Asl. Regione che, con buona pace dell’autonomia di cui sopra, procede con le nomine
dei vertici dell’ente e lo finanzia quasi in toto. «In effetti l’indipendenza dell’Arpa è un po’ diminuita negli ultimi anni», ammette Croci. «Oggi si è accentuata la dipendenza funzionale e anche
gerarchica nei confronti della Regione».
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PRIMO PIANO
LAB Iulm
Via Bisceglie:
stop ai palazzi
sulla discarica
La magistratura blocca
il progetto di un quartiere
in fondo al Lorenteggio.
Terra avvelenata
da trent’anni di rifiuti.
Il Comune aveva
dato l’ok ai lavori
Tommaso Tafi
anno buona memoria i
cittadini di Bisceglie,
quartiere popolare a
ovest della città di Milano, a
due passi dall’ospedale San
Carlo. Una memoria talmente
buona da ricordarsi del via vai
di camion che per oltre trent’anni hanno scaricato tonnellate di rifiuti urbani e
industriali su un’area di 260
mila metri quadrati, che si
trova proprio a fianco delle
loro case. Ecco perché, quando
nel 2007 sentono che il Comune di Milano ha concesso ai
proprietari il permesso di costruire un nuovo quartiere residenziale su quel terreno,
decidono di mobilitarsi. A
poco vale il fascino esercitato
dal nuovo progetto edilizio:
due torri di 90 metri d’altezza,
una piscina, campi da calcetto
e abitazioni pronte ad ospitare
5000 persone.
I residenti della zona decidono
di riunirsi in un comitato e,
dopo aver chiesto un supporto
tecnico a Legambiente, presentano un esposto in procura.
A novembre dello scorso anno,
H
la risposta: fermi tutti. Il pro- ricostruzione post bellica, ma
getto viene bloccato. I pm Al- poi, a differenza di altre cave
fredo Robledo e Paola Pirrotta riconvertite in laghi o parchi, si
sequestrano l’intera area e in- trasforma in una discarica che
dagano politici, costruttori, ospita parte dei rifiuti della
controllori e proprietari. Il mo- città e anche materiale provetivo è semplice: anche qui, tra niente da impianti industriali.
via Ferruccio Parri e via dei Duecentosessanta mila metri
Calchi Taeggi, come
quadrati di un terreno
nel caso di Santa
che, nel corso degli
Giulia, si voleva coanni, diventa sempre
struire sopra ad un
più appetibile per una
terreno
pesantecittà in espansione.
mente contaminato
Un’area
troppo
da anni di sversagrande per rimanere
menti, senza effetvuota. Ecco allora
tuare una vera
che, nel 2006, due sobonifica. Un milione
cietà private la rilee 800 mila metri
vano.
Sono
la
cubi di rifiuti, tra
romana Acqua Pia
Carlo Masseroli
cui: metalli pesanti,
Marcia e la milanese
Assessore allo
diossine, idrocar- Sviluppo del Territorio Residenze Parchi Biburi, benzene e closceglie. Si decide di
ruro di vinile.
riqualificare la zona,
Viene da chiedersi: ma perché ma il Comune si trova senza i
sono stati concessi i permessi a soldi necessari per la bonifica.
costruire? Serve un po’ di sto- Come sempre in questi casi il
ria.
pubblico ricorre al privato. Il
L’ex cava di Geregnano, di progetto che le due società proproprietà della famiglia Ca- prietarie hanno in mente è fabassi fino agli anni ’70, forni- raonico, ma non abbastanza da
sce i materiali necessari alla ripianare i costi di una bonifica
completa da 165 milioni di Bellavista Caltagirone e daleuro. Si sceglie la strada più l’altro Claudio De Albertis. Per
economica: bonificare solo il primo basta il cognome,
dove sorgeranno i palazzi e mentre l’altro è il presidente
mettere in sicurezza il resto.
dell’Associazione Nazionale
Tre anni di iter burocratico e, Costruttori Edili. Il Comune
nel 2009, la Conferenza dei non può che decidere di conceServizi (Comune, Asl e Arpa) dere il nulla osta ai lavori di
dà il via libera. Ma per i
bonifica.
Non
costruttori, secondo la
solo. Il 12 ottobre
magistratura, anche così
2010 l’assessore
i costi sono troppo alti.
allo Sviluppo del
Meglio la “messa in siTerritorio, Carlo
curezza” su tutta l’area.
Masseroli,
acSull’intera zona viene
compagna fotosteso un telo di 1,5 milgrafi e giornalisti
limetri, lo si copre di
sull’area
dove
terra buona e si separa
sono cominciati i
così la discarica dal
lavori e illustra in
piano su cui sorgepompa magna il
Alfredo Robledo,
ranno le case. Una so- Sostituto
procuratore nuovo progetto.
luzione funzionale, nel
a Milano Un mese dopo, al
caso si vogliano cocancello di via
struire parcheggi a
dei Calchi Taraso, meno se si vuole invece eggi, la magistratura apporrà i
creare un quartiere popolato sigilli e decreterà la morte preper decenni da migliaia di per- matura del quartiere residensone.
ziale di Bisceglie. Perché
Le pressioni dei costruttori, avrebbe poggiato i piedi su
però, sono troppo forti. Dietro quella che il procuratore Alalle due società, infatti, ci fredo Robledo ha definito “una
sono, da un lato Francesco bomba ecologica”.
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Dopo la rivelazione della morte di quattordici operai, per mesotelioma pleurico
Area ex Om, le case del sospetto
allarme amianto, inchiesta della procura
che, nel corso del passato secolo: indipendente alla nascita,
parte della Fiat poi, al centro
della holding Iveco dopo,
e il sospetto sia per l’en- prima di essere dismessa nel
nesima volta l’antica- 1975.
mera della verità, lo Un’area quindi contaminata
sapremo soltanto quando avrà dall’amianto? Passeggiare per
fatto il proprio corso l’inchie- le strade prima occupate dalla
sta aperta a fine novembre Om, oggi fa scoprire un quardalla procura di
tiere residenVerde curato ziale
Milano. Sta di
e
fatto che quattorrelativae
palazzine
dici ex operai
mente modella ex fabbrica
moderne derno, pieno
Om
(Officine
di loft e cocostruite struzioni di
Meccaniche) di
Milano,
sono
sui terreni ultima genemorti per tumori
razione, abilasciati tato
probabilmente fain
voriti dalle fibre
prevalenza
liberi
dai
killer
delda professiol’amianto, che altri
capannoni nisti e impiesei sono malati
gati di ceto
gravi di mesotemedio-alto.
lioma pleurico, e che ora ci si Dove prima c’era la fabbrica, è
chiede cosa, a questo punto, sorto il Centro Leoni, che
possa attualmente esserci nel- prende il nome dell’attigua via
l’aria e nel terreno di questa Pompeo Leoni, e che rapprezona della città.
senta un polo direzionale e
Officine Meccaniche si tro- multifunzionale, con spazi devava a sud-est di Milano, in stinati ad aziende, e anche a
corrispondenza della stazione riunioni imprenditoriali di caferroviaria di Porta Romana, rattere informale. E poi tre parquasi attaccata alla circonval- chi, che, da viale Toscana in
lazione esterna. Si tratta dun- giù, costituiscono un’unica
que di un’area praticamente area-giardino: il Parco della
appartenente alla cosiddetta Cultura, che deve ancora es“città novecentesca” nata come sere completato, il Parco delle
periferia, e ora semicentrale. Memorie Industriali, e il Parco
Om era un’industria di veicoli della Vettabbia. Quest’ultimo
stradali e ferroviari, oltre che prende il nome dalla roggia
di carrelli elevatori, e ha fon- della Vettabbia, un fiumiciatdamentalmente vissuto tre epo- tolo dall’acqua malsana ben viSalvatore Todaro
S
165
I milioni di euro
necessari alla
bonifica completa
in zona Bisceglie,
dopo trent’anni
di rifiuti scaricati
260 mila
I mq della ex
discarica intorno a
via Calchi Taeggi,
su cui si volevano
costruire case e
campi da calcetto
1,8 mln
I metri cubi
di rifiuti urbani
e tossico-nocivi
gettati nell’alveo
della ex cava
Geregnano
sibile da via Ripamonti, che quella, ad esempio, di Santa
scorre tagliando diagonal- Giulia» – dice il consigliere.
mente parte dell’area in que- «Ho assistito e continuo ad asstione.
sistere di persona agli scavi
Ma cosa c’è nell’aria e nel ter- sulle fondamenta del Centro
reno di questo quartiere della Leoni, e di molte case. Tutto è
Zona 5 di Milano? Già prima stato fatto con grande accuradell’apertura dell’inchiesta, ci tezza, l’opposto dello schifo
si chiedeva perché il Parco che sembra essere stato trovato
delle Memorie fosse percorso a Santa Giulia». Alessandro
da tre colliGhiglieri, viceIl consigliere presidente del
nette, inspiegabili in una città
di
comunale comitato
quasi
totalquartiere Spamente pianegdel Pdl Talia: dolini (è questa
giante
come
la denomina“Allarmismo zione attuale
Milano. Forse
che questi tre
ingiustificato. dell’area), preinnalzamenti
dica prudenza:
Qui non c’è «L’amianto è
del
terreno
siano traccia
sostanza
lo schifo una
della sepoltura
che
causa
di pericolosi ridi Santa Giulia” morte, e dunque
fiuti e depositi
questo è un diindustriali? E
scorso molto
intanto, diversi ex operai Om delicato, sul quale non si posricordano l’amianto che indos- sono tirare conclusioni affretsavano nei corpetti per ripa- tate. Anche se – aggiunge –
rarsi dal calore, l’amianto che naturalmente non possiamo
c’era nei macchinari per le pro- permetterci di rimanere con le
tezioni, il fatto che molti com- mani in mano».
pagni di fabbrica morissero Lo scorso 6 Dicembre, il carsubito dopo essere andati in dinale milanese Dionigi Tettapensione.
manzi ha intitolato il proprio
Sospetto anticamera della ve- discorso di Sant’Ambrogio
rità, o della calunnia? Il consi- “Milano, una città dal terreno
gliere comunale Leone Talia, buono”. L’augurio è che tale
del Popolo della Libertà, resi- definizione, nel suo stesso
dente da quasi dieci anni nel- senso letterale oltre che in
l’area ex Om, considera quello spirituale, possa essere
ingiustificato l’allarmismo: applicata, senza se e senza ma,
«Allo stato delle cose, questa anche all’area su cui un tempo
situazione non può assoluta- sorgevano le Officine Meccamente essere accostata a niche di Milano.
LA FABBRICA
Specialisti in camion e macchine agricole
a Officine Meccaniche Fabbrica Bresciana Automobili (Om-Fbm) era
un'azienda italiana specializzata nella produzione di particolari generi di
veicoli, come gli autocarri, i trattori agricoli, gli autobus, e i carrelli elevatori. Si occupava anche di materiale ferroviario, motori marini, motopompe, e
impianti di refrigerazione.
La Om nasce nel 1918, per la
fusione fra la Aom (Anonime
Officine Meccaniche), e la
Fabbrica Automobili Roberto
Züst. Nel 1933, entra a far
parte del gruppo Fiat e si dedica soprattutto al settore
agricolo.
Il primo grande successo
commerciale risale al 1950,
quando viene lanciato un auVista dall’alto dell’area ex Om
tocarro, il Leoncino, che diventa il capostipite di una
serie di altri modelli, tutti con i nomi derivati dal regno animale: dal Tigrotto al
Tigre, dal Lupetto al Cerbiatto, dall'Orsetto al Daino.
Questi autocarri medi e leggeri vennero sostituiti a partire dal 1967, quando iniziò la produzione dell'Om 170 e dell'Om 100, che vennero venduti con la nuova
dicitura “Iveco”.
Il “Tigrotto” prodotto dalla Om
Nel 1975 la fabbrica milanese venne dismessa, ma l'azienda esiste ancora, come
parte della holding Iveco, con alcuni stabilimenti sparsi in Italia. Oggi produce
carrelli elevatori frontali e da magazzino. (s.t.)
L
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La bomba chim
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Marco Subert
uattrocentonovanta milioni di euro di multa e
duecentonovantamila
tonnellate di rifiuti altamente
tossici. E’ questo il lascito
della Società Italiana Serie
Acetica Sintetica, meglio nota
con l’acronimo di SISAS. La
sanzione è quella che il nostro
paese dovrà pagare se non riuscirà a ultimare entro marzo
una bonifica che l’Unione Europea chiede dal 2004. Per
quanto riguarda i rifiuti si tratta
in prevalenza di nerofumo, uno
scarto della lavorazione dell’acetilene, contaminato da
mercurio e ftalati. Ce ne sono
50.000 tonnellate. Ma la lista
dei veleni è lunga e basta a
proiettare il sito industriale – a
cavallo tra i comuni di Pioltello e Rodano - nel triste
olimpo delle aree più pericolose d’Europa. Nelle tre discariche interne ci sono infatti
anche idrocarburi policiclici
aromatici, cromo esavalente,
triclorometano e tricloroetilene. Un capitale di scorie mortifere che la SISAS ha
accumulato e sotterrato in
quasi sessanta anni di attività.
La società viene fondata a Milano da Giacomo Falciola nel
1947 per lavorare l’acetilene,
un idrocarburo utilizzato nella
lavorazione di altre sostanze
chimiche. Occupa il polo chimico che si estende tra Pioltello e Rodano. Un’area di
800.000 metri quadri circa 15
chilometri a est di Milano, tra
la linea ferroviaria Milano-Venezia e la Strada Provinciale
“Rivoltana”. Nel corso degli
anni la società estende la sua
attività alla lavorazione di altri
prodotti specializzandosi negli
intermedi per materie plastiche.
Ma in parallelo alla crescita
dell’azienda, si consolida
anche la coscienza di cittadini
Q
diPioltello
bra essere percorribile è quella
che coinvolge soggetti privati.
L’accordo di programma firmato nel gennaio del 2008
vede come attore principale
l’imprenditore
Giuseppe
Grossi, conosciuto come il re
delle bonifiche. L’accordo è
piuttosto semplice nella sostanza: Grossi, tramite la T R
Estate 2, si addossa il costo
della bonifica stimato in 120
milioni di euro. In cambio riceve la proprietà dell’area e la
possibilità di edificare un centro commerciale.
E così si arriva alla cronaca recente che ovviamente non
porta alcuna buona notizia.
Grossi infatti inciampa nello
scandalo di un’altra bonifica,
quella di Santa Giulia, insieme
all’immobiliarista
Zunino
(vedi box). Ad ottobre scorso
viene arrestato per aver accumulato venti milioni di fondi
neri gonfiando le fatture della
bonifica del quartiere a sud di
Milano.
Dopo aver patteggiato la pena
per lo scandalo di Santa Giulia,
Grossi decide di uscire dall’accordo di programma. Siamo a
giugno dello scorso anno, il
motivo ufficiale è che non
trova un sito per smaltire le
50.000 tonnellate di nerofumo
che dovrebbe sgomberare.
Così l’area viene commissariata e viene dichiarato lo stato
Il lascito più gravoso della Sa- edificazione cieca e di occulta- rali Prefabbricate (C.G.P. Spa),
ronio ai suoi ex dipendenti fu- mento non facilitano il com- che asportava i materiali tosrono i casi di cancro alla pito: nei primi anni Settanta si sici e li trasferiva sulla sponda
vescica dovuti all’esposizione avviano le prime lottizzazioni del Lambro.
prolungata alle ammine aro- per l’edificazione di capannoni Sono serviti tutti gli anni Nomatiche e, nel lungo periodo, e uffici. Nel ’77 vengono so- vanta per perimetrare e mettere
la contaminazione delle falde spesi i lavori per la costruzione in sicurezza l’area della discaacquifere nel territorio di Me- della ferrovia veloce sull’area rica lungo il nuovo tracciato
legnano e di Cerro al Lambro: a causa del ritrovamento di ferroviario, ma di fatto manca
38 casi di morte per tumori alla stratificazioni di fanghi residui ancora oggi una bonifica sistevescica accertati dal Servizio della produzione dell’ex Saro- matica e definitiva della zona,
medicina ambienti di lavoro, nio. Un sopralluogo e il pre- che metta fine una volta per
pari a tre volte la mortalità lievo di alcuni campioni di tutte al problema dell’inquinamedia nazionale per questa terreno smascherano l’impresa mento della falda e ai rischi cui
malattia. Ma è la mancanza di appaltatrice Costruzioni Gene- è tuttora esposta la popolatracciabilità dei residui
zione di Melegnano e di
di produzione a deCerro al Lambro.
stare paure e sospetti
«La presenza delle amancora oggi, visto che,
mine aromatiche nella
seppure a distanza di
falda è il problema più
quarant’anni, poco si
inquietante», afferma
sa di dove siano finite
Pietro Mezzi, ex sinle bombe chimiche
daco di Melegnano, già
che erano ancora preassessore provinciale alsenti nei magazzini
l’ambiente e oggi attivo
dell’industria al tempo
sul fronte delle battaglie
del suo smantellaecologiche
con
il
mento. E l’avvicengruppo Terra Futura. «Si
darsi di tentativi di L’ex stabilimento dell’industria chimica Saronio devono fare barriere
idrauliche lungo il perimetro
dell’area inquinata, ma l’operazione non è ancora partita
perché occorrono dai 5 ai 10
milioni di euro, che ancora si
devono trovare». Intanto la Regione ne ha stanziati 500mila
per il piano di caratterizzazione, cioè il prospetto che
deve determinare con precisione quali sono le aree più a
rischio e i singoli interventi
con cui procedere. «Ma le cose
stanno andando troppo lentamente».
La Edison è stata incaricata,
con una sentenza emessa dal
Tar nel 2008 in seguito al contenzioso con l’amministrazione di Melegnano, di
provvedere alla realizzazione
di una barriera idraulica che
isoli la falda inquinata. Intanto,
per evitare che i veleni della
Saronio rimasti nel sottosuolo
finiscano nella falda di acqua
potabile, «nella parte bonificata, dove il terreno è stato vagliato, è stato steso un
e amministrazioni locali, che
l’attività della SISAS sta compromettendo l’area e avvelenando l’acqua della falda.
Diverse volte si mettono in
moto contenziosi a livello civile e penale per cercare di costringerla a bonificare le sue
discariche. La prima sentenza
è quella del tribunale di Milano
del 1986. Sentenza che rimane
del tutto inascoltata dai vertici
dell’azienda. A metà degli anni
90 i cittadini di Rodano e Pioltello presentano un esposto alla
Corte di Giustizia Europea e la
questione sembra avviarsi
verso una risoluzione: nel 1998
iniziano infatti i lavori per la
bonifica di una delle tre disca-
riche. Ma nel 2001 arriva la
doccia fredda: la SISAS fallisce e i lavori si interrompono.
Nello stesso anno le discariche
vengono inserite nell’elenco
dei siti di interesse nazionale e
la bonifica diventa così di
competenza del Ministero dell’Ambiente. Nel 2004, visto
che neppure il cambio di competenze sblocca la situazione,
arriva la prima condanna della
Corte di Giustizia Europea. Ne
seguirà un’altra del 2007 e
questa volta è la minaccia di
una maxi sanzione che convince gli amministratori a cercare una soluzione definitiva
per il problema del polo chimico. L’unica strada che sem-
Ex Saronio, la sicurezza non a
Sara Mariani
uella della chimica Saronio è una storia iniziata quasi un secolo fa.
L’industria del dottor Pietro
Saronio era nata negli anni
Venti del secolo scorso come
fabbrica di coloranti chimici,
poi si convertì alla produzione
di gas asfissianti durante le
campagne d’Africa. Dimenticata per qualche decennio, la
ditta fu rilevata nel 1963
dall’Acna-Montecatini, diventata in seguito Montedison e
infine la Edison di oggi.
L’intento dell’Acna pare fosse
quello di eliminare uno scomodo concorrente: di lì a poco,
infatti, la società procedette
allo smantellamento della Saronio e già nella seconda metà
degli anni Sessanta si fecero
avanti i primi costruttori interessati a procedere con la lottizzazione dell’area e la sua
successiva edificazione.
Q
imica
o
LAB Iulm
di emergenza. Ma Grossi non
si accontenta di non aver rispettato l’impegno preso e pretende anche di ricevere 25
milioni di indennizzo per i lavori di bonifica già effettuati.
A mettersi di traverso, questa
volta è il comune di Pioltello.
«Riteniamo la richiesta del privato inaccettabile» spiega
Giorgio Fallini, assessore all’Ambiente «proprio perché
non si può premiare in modo
così smaccato un’azienda così
gravemente inadempiente».
Specialmente, aggiungiamo
noi, se si considera che Grossi
non ha nemmeno versato,
come prevede la legge, la fideiussione di 60 milioni di euro a
garanzia del rispetto dei tempi
dell’accordo di programma.
Dallo scorso aprile la regia dell’intera operazione è in mano
all’avvocato Luigi Pelaggi,
commissario nominato dalla
Presidenza del Consiglio.
A settembre la Daneco Impianti Srl si è aggiudicata
l’area con un’offerta di 37 milioni di euro.
La bonifica si è messa in moto.
Speriamo che questo basti a
convincere l’Unione Europea a
concederci il tempo necessario
ad ultimarla, evitandoci la
maxi sanzione di 490 milioni
di euro. Per la SISAS abbiamo
già pagato un costo ecologico
davvero enorme.
n abita qui
semplice telone», spiega Massimo Gori, presidente de Comitato Ovest Melegnano,
«come quello che si usa nelle
discariche». Dell’inizio dei lavori finanziati dalla multinazionale, dunque, si parla
ancora al futuro. Vito Bellomo,
sindaco di Melegnano, avverte
che «i tecnici della Edison
hanno già presentato un progetto e il consiglio regionale lo
ha approvato, quindi si presuppone che i lavori alla barriera
idraulica inizieranno in breve
tempo». Il Comune di Melegnano mantiene «un filo diretto con la Regione»,
prosegue Bellomo, «che ha
messo a disposizione anche
altre risorse, sulla base delle
future richieste della nostra
amministrazione».
Nel frattempo è partita una
nuova indagine epidemiologica più approfondita sulla popolazione di Melegnano e dei
comuni limitrofi. «Tuttora Asl
e Mea (Melegnano Energia
Ambiente, ndr) provvedono a
monitorare
costantemente
l’area, – ribadisce il sindaco –
in particolare abbiamo messo
in sicurezza i pozzi della rete
idrica locale con filtri a carboni
attivi». Ma le voci di dissenso
sono molteplici: «Il sito della
ex Saronio» ricorda Pietro
Mezzi, «compare nella lista,
presentata il 23 novembre dalla
Regione, delle aree inquinate
da bonificare urgentemente,
ma non compare nella lista dei
finanziamenti previsti».
Il Comitato Ovest Melegnano
diffida le istituzioni circa la
possibilità di mettere in sicurezza in modo definitivo la
zona residenziale. «Nelle zone
già edificate sarà difficile fare
questi interventi», sostiene il
presidente Massimo Gori. «Il
problema riguarda una zona
potenzialmente più ampia di
quella dell’ex industria. Gli inquinanti in falda, infatti, si
stanno espandendo verso sud e
verso il centro di Melegnano».
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L’INCHIESTA
Toccategli tutto, ma non gli orologi
portare il re Mida delle bonifiche al centro delle attenzioni della magistratura non è la questione della Sisas, ma lo scandalo di Santa Giulia. Giuseppe Grossi sarà processato il 2 febbraio con l’accusa di aver accumulato decine di milioni di euro di fondi neri. Lo avrebbe
fatto gonfiando le fatture della bonifica del nuovo quartiere modello che stava prendendo forma
a Milano Rogoredo. E’saltato il patteggiamento a tre anni e sei mesi concordato in un primo
tempo tra accusa e difesa. Il motivo è che Grossi, che aveva già risarcito al fisco 22 milioni di
euro, ha chiesto una riduzione della pena dopo che gli sono stati sequestrati altri 6 milioni di euro
in orologi. Una privazione insopportabile, per il “bonificatore” sotto accusa. Richiesta respinta
dal GUP Roberta Nunnari. E così Grossi andrà a giudizio insieme al manager del gruppo Paolo
Titta. L’ipotesi dei PM è che i fondi neri accumulati negli anni siano serviti a Grossi per pagare
tangenti a politici e amministratori, che però al momento sono ignoti.
Ma facciamo un passo indietro, perché la vicenda di Santa Giulia, e la condanna di Grossi, serve
a capire la weltanschauung del più importante tra gli imprenditori che operano nel campo dell’ecologia in Italia. Il quartiere Montecity-Rogoredo, alla periferia sud di Milano, un tempo era
sede della acciaierie Redaelli e dell’industria chimica Montedison. Nel 2000 l’immobiliarista
Luigi Zunino presenta il progetto “Santa Giulia”, faraonica opera di riqualificazione dell’area firmata dall’archistar Norman Foster. Ma il self made man che arriva dal Monferrato, classe 1959,
e che ha iniziato la sua carriera di imprenditore commerciando cavalli (la leggenda vuole che a
24 anni avesse già incamerato il primo miliardo) ha fatto il passo più lungo della gamba. La sua
Risanamento Spa, impegnata anche nella riqualificazione dell’area ex Falck a Sesto San Giovanni, fallisce nel luglio 2009. Un anno dopo arriva anche il sequestro dell’area, nell’ambito dell’inchiesta coordinata dai PM Laura Pedio e Gaetano Ruta. Quella che porterà in carcere in carcere
Grossi, al quale Zonino aveva affidato la bonifica. In carcere, ai domiciliari, anche Rosanna Gariboldi, ex consigliere provinciale a Pavia e moglie del deputato del Pdl Giancarlo Abelli. Secondo quanto si legge nel procedimento di sequestro nell’acqua della falda ci sarebbero
concentrazioni di inquinanti molto superiori ai valori tollerati per legge. Cloruro di metilene, cloroformio, arsenico, cadmio e manganese. Sostanze dannose, alcune delle quali cancerogene e
dannose per la fertilità e per lo sviluppo dei feti. Inoltre nell’area del Parco Trapezio una scuola
è stata costruita su terreni di cui non si conosce la provenienza che contengono rifiuti non identificati. Insomma, non solo la bonifica di Grossi non è avvenuta come avrebbe dovuto, ma nell’area sono arrivati – chissà come - rifiuti al posto che terra di riporto. Nell’inchiesta sono indagati
anche l’immobiliarista Luigi Zunino, l’ingegnere Claudio Tedesi, titolare di una società specializzata nelle bonifiche e direttore dell’Asm di Pavia, Silvio Bernabè ex amministratore delegato
della Santa Giulia spa e Davide Albertini Petrone, direttore generale di Risanamento. Cui si aggiungono i vertici della Edilbianchi, la ditta che a Santa Giulia si è occupata del movimento terra.
(ma.s.)
A
L’area di Santa Giulia
IL CASO
I segreti velenosi del Duce
el gennaio 2010 gli abitanti di Riozzo e gli esponenti di Terra Futura Sud Milano e Legambiente hanno presentato al ministro della Difesa Ignazio La Russa, ai presidenti di Regione e Provincia, al sindaco di Cerro al Lambro, una petizione con oltre 150 firme dei
cittadini: chiedevano l’analisi dei terreni dell’ex impianto militare della Saronio, un’area di circa
55.000 metri quadrati in cui nessuno ha più messo piede da quando l’industria è stata smantellata nel 1963, se si escludono le esercitazioni al poligono di tiro fino al 2001. I cittadini di Cerro
volevano che il ministero concedesse l’autorizzazione per l’accesso al sito da parte di Arpa e Asl,
per avviarne la messa in sicurezza e l’attività di bonifica. Eppure ancora oggi nessuno è mai riuscito a entrarci.
«Non è cambiato nulla dall’anno scorso», dice Pietro Mezzi, principale artefice della richiesta al
ministro della Difesa. «Terra Futura ha chiesto di utilizzare il codice ambientale noto come Testo
Unico (decreto 152 del 2006, ndr) che consentirebbe all’amministrazione o alla Provincia di intervenire a fronte di evidenti problemi ambientali», prosegue Mezzi. «La Provincia di Milano ha
risposto in maniera impropria, dicendo che quell’area è compresa nel provvedimento regionale
del 2003 che perimetrava le aree della ex Saronio. Ma questo non può essere vero perché nessuno
può entrarci». E l’amministrazione? «Il sindaco non ci ha nemmeno risposto!». Strano, se si pensa
che il sindaco di Cerro al Lambro, Dario Signorini, si è dimostrato molto accorato riguardo a
questa vicenda: « Anche noi vogliamo la verità sull’ex impianto militare di Riozzo che riforniva
l’esercito del Duce», aveva fatto sapere a suo tempo. «Quell’area non può stare lì all’infinito, va
bonificata e trasformata, magari, in un polo scolastico».
L’area – ora del Demanio militare – era utilizzata probabilmente per la produzione di gas nervino.
Il Duce l’aveva visitata nel ’34. Con le bombe chimiche aveva costruito l’Impero e sperava di continuare. Oggi c’è solo uno spazio chiuso e abbandonato a se stesso, all’interno di un quartiere residenziale e ricco di attività artigiane. La sicurezza è tutta da determinare. Nicola Di Nuzzo,
responsabile dell’ufficio bonifiche della Regione, metteva le mani avanti già durante l’ultimo sopralluogo, eseguito ormai 8 anni fa: «È un’area potenzialmente contaminata, ma qualsiasi intervento è in mano al ministero della Difesa». (s.ma.)
N
Pagina 10
La riscoper ta
dei sapori
di una volta
secondo
alcune
associazioni
milanesi.
Ridur re
le distanze
per esaltare
i doni della
propria ter ra
C’è più gusto
a chilometro
Zer
LA CITTÀ CHE CAMBIA
LAB Iulm
Emilio Mariotti
Carolina Saporiti
econdo Ludwig Feuerbach “noi siamo ciò che
mangiamo”. L’affermazione del filosofo ottocentesco
sembra presagire il mondo in
cui viviamo: una società globalizzata dove la quantità ha
schiacciato la ricerca della
qualità. Possiamo andare al supermercato e trovare lo stesso
tipo di mele a Lamezia Terme
come a Bolzano, possiamo
mangiare un’arancia ad agosto
per rinfrescarci dal caldo agrigentino come per quello milanese. Peccato non sia la stessa
cosa. Le modalità di trasporto e
le procedure di conservazione
tendono infatti ad alterare le
proprietà organolettiche. La
grande distribuzione, inoltre,
tende a standardizzare la tipologia di alimenti offerti all’acquirente, per poterli comprare
dagli intermediari in grandi
stock. Così abbiamo sì l’opportunità di comprare una fragola in gennaio, a patto di
dover avere anche a maggio la
stessa fragola. Il costo della destagionalizzazione di frutta e
verdura , quindi, viene pagato
con l’omologazione.
Nel corso degli anni si sono
creati dei gruppi a contrasto di
questa tendenza, con alla base
una semplice filosofia: il cibo
più vicino sarà quello più
buono. È la concezione del
“Chilometro zero”. Non si
tratta di una moda, semmai di
un modo di vivere. Il precursore di questo nuova visione è
stato il professor Tim Lang
della City University London,
che nel 1992 elaborò un metodo per calcolare il consumo
di carburante per ogni alimento. Alle “food miles” (miglia per cibo) affiancò un
sistema per calcolare l’anidride
carbonica prodotta per il trasporto. L’Italia ha iniziato a interessarsi della cosa quando
quattro anni fa il mensile “Altreconomia” pubblicò allora
un articolo in cui presentava i
primi locali a chilometro zero
della regione Veneto, locali
cioè che si rifornivano delle
materie prime nel loro territorio, che impiegavano poche
miglia per giungere sui tavoli
di quei ristoranti.
S
In Cascina Cuccagna, in pieno centro a Milano, ogni martedì pomeriggio
si tiene il mercato con cibi prodotti nell’arco di 50 km
L’anno successivo il chilometro zero sbarca a “Fa’ la cosa
giusta”, la fiera milanese dedicata al consumo critico e agli
stili di vita sostenibili, e subito
l’interesse cresce. La forza di
questo sistema produttivo e di
consumo è il rapporto diretto
che si instaura fra agricoltura e
città, un concetto simile a
Non si tratta
di una moda
ma di un modo
di vivere: il cibo
più vicino sarà
quello più buono
quello della filiera corta. La filosofia del mercato a filiera
corta però ha un fine prettamente economico: ridurre il
più possibile il numero di
scambi fra produttore e consumatore per abbattere i prezzi.
Al primo passaggio di merce,
infatti, il prezzo cresce del
77%. Aumentando gli interme-
diari salgono i costi, fino ad arrivare al caso limite di quattro
o più passaggi in cui il ricarico
supera il 400%. La filiera
corta, al contrario, permette
costi più economici per il consumatore e guadagni netti più
alti per il produttore. Il chilometro zero invece contiene in
sé un concetto ambientale e sociale, non solo economico. Il
fine di chi promuove il chilometro zero è innanzitutto
quello di tutelare l’ambiente
dalle emissioni di CO2 prodotte dai trasporti dei cibi attraverso l’Italia e il globo.
Servendosi poi di cibo prodotto nelle vicinanze delle nostre case si sostiene il proprio
territorio e si tenta di instaurare
tra produttore e consumatore
un rapporto umano.
A Milano il chilometro zero
non ha tardato a diffondersi
nella vita dei cittadini e nelle
manifestazioni organizzate in
città: il numero di fiere di prodotti locali, farmer shop,
gruppi d’acquisto solidali si
moltiplica ogni anno e aumentano i milanesi che scelgono di
mangiare a chilometro zero.
Però concretamente di stabile
c’è poco. A Milano sono solo
tre i mercati principali dove i
privati si possono rifornire di
cibo prodotto entro 80 km (non
esiste però uno standard che
definisca la distanza massima
per considerare una merce chilometro zero). Coldiretti ha il
A prescindere
da scelte etiche,
chi prova a vivere
a chilometro zero
dà priorità
al gusto
suo mercato in via Ripamonti
che si tiene il mercoledì e che
promuove il consumo sostenibile; in Cascina Cuccagna, in
pieno centro di Milano, nella
zona di Porta Romana, martedì
pomeriggio si tiene il mercato
con prodotti di filiera corta, ma
non biologici – che costano di
più – puntando dunque a far ri-
sparmiare le famiglie. Slow
Food Milano organizza invece
il Mercato della Terra ogni due
settimane in Largo Marinai
d’Italia, inaugurato nel dicembre del 2009 che cerca di avvicinare la realtà metropolitana a
quella della campagna non lontana, ma spesso sconosciuta.
Le esperienze del chilometro
zero e della filiera corta trovano anche dei detrattori. Studi
del ministero dell’Agricoltura
inglese dicono che la metà
dell’impatto ambientale sarebbe prodotta nel tratto finale
mercato - abitazione dell’acquirente. Per qualcuno sarebbe
un problema per l’ambiente
anche se tutti ci mettessimo in
auto per raggiungere un produttore diretto. Come sempre
quando si raggiunge la “massificazione” si possono creare
nuove difficoltà precedentemente non previste.
Ma, a prescindere dalle scelte
etiche e ambientali, chi prova
a seguire queste nuovi modi di
fare la spesa decide di dare la
priorità a un’altra variabile: il
gusto.
LAB Iulm
Pagina 11
Il gastrologicamente corretto
LA CITTÀ CHE CAMBIA
Come soppravvivere nella giungla delle sigle alimentari
Emilio Mariotti
ulle nostre tavole vediamo sempre di più alimenti
contrassegnati con sigle strane, complicate e di cui
spesso non conosciamo la definizione precisa. E’ importante riuscire a capire cosa vogliono dire per poterci poi
orientare nei nostri acquisti. Ognuna di queste sigle mette
in luce un aspetto diverso da valorizzare. Alcune mettono
in evidenza il rispetto per l’ambiente, altre la lotta per i diritti umani, altre ancora i prezzi, fino ad arrivare a quelle
che definiscono principalmente il gusto dei cibi.
S
BIOLOGICO
La produzione di alimenti biologici esclude l’uso di sostanze chimiche di sintesi, prevede esclusivamente l’uso
di concimi organici o minerali, farmaci naturali e tecniche
di lavorazione che escludano lo sfruttamento intensivo. All’estero si preferisce usare il termine “Organico” per definire questi alimenti. L’Europa ha regolamentato per la
prima volta la produzione biologica nel 1991.
BIODINAMICO
Il biodinamico nasce formalmente nel 1924 grazie ad alcuni produttori seguaci delle teorie del filosofo Rudolf
Steiner. In questo tipo di produzione si semina e si coltiva
a seconda delle fasi lunari, si curano le piante con prodotti
omeopatici e si prevedono dei veri e propri rituali per interagire con la terra.
I prodotti di stagione
“
Molti scettici ritengono che il biodinamico sia solo un biologico “arricchito” da credenze magiche.
FILIERA CORTA
Prevede un rapporto il più diretto possibile tra produttore
e consumatore per ridurre il numero degli intermediari
commerciali. L’obiettivo è la riduzione del prezzo al consumo e l’aumento del margine di profitto per il produttore.
L’eliminazione di alcuni passaggi commerciali permette di
diminuire l’impatto ambientale.
CHILOMETRO ZERO
Gli alimenti a “Km 0” devono essere prodotti entro 80 km
dal luogo di vendita. Questa vicinanza permette una maggiore freschezza e la conservazione delle proprietà organolettiche, determinanti per definire il gusto. Alcune
Regioni italiane, di cui il Veneto è stata la prima, hanno regolamentato questo tipo di prodotti.
EQUO SOLIDALE
Per equo solidale, s’intende quel tipo di commercio internazionale, alimentare e non, che prevede la lotta allo sfruttamento dei lavoratori e alla povertà nei luoghi di
produzione. Questi sono situati nei paesi in via di sviluppo.
Sia i produttori che gli acquirenti s’impegnano a rispettare
alcuni principi fra i quali il divieto di sfruttamento del lavoro minorile, il prefinanziamento e contratti di lunga durata.
Stagione
Primavera
Estate
Autunno
Inverno
Prodotti
Asparagi
Broccoli
Carote
Fave
Lattuga
Patate
Ravanelli
Spinaci
Aglio
Albicocche
Cetrioli
Fagiolini
Fiori di zucca
Melanzane
Sedano
Zucchine
Cavolfiori
Castagne
Mele
Patate
Rucola
Uva
Zucca
Arance
Broccoli
Carciofi
Cavolini
Cavolo
Cipolle
Finocchi
Mandarini
IL CASO
The Kitchen fa la spesa in cascina
Il locale di Casorezzo cucina solo prodotti acquistati nella zona
Carolina Saporiti
Casorezzo (zona Rho, ndr),
un paese di 6mila abitanti in
Provincia di Milano, l’8 luglio scorso ha aperto il beer restaurant, The kitchen. Il nome è
inglese, ma i piatti sono tutti italiani, creati con prodotti che percorrono al massimo 50 km prima
di arrivare sui grandi tavoli del locale. Il titolare del ristorante, Maurizio
Fortuna,
dopo
aver
chiacchierato con una sua amica
che conosceva la “filosofia” del
chilometro zero ha deciso di accettare una sfida: aprire un locale che
serve solo birre locali, carne e verdure prodotte dalle cascine locali.
Il ristorante, progettato e arredato
da designer e artigiani locali, richiama gli abitanti del paese e di
tutta la zona: «Il chilomentro zero
fa parlare» spiega il titolare del ri
storante. Tanti vanno per curiosità,
ma poi tornano per la qualità e il
sapore dei piatti serviti.
A
”
Maurizio Fortuna
titolare del ristorante The Kitchen
A parità di qualità
comprare merce entro
i 50 km è conveniente
La cascina in cui Maurizio si rifornisce di carne è la “Cirenaica” a
Cuggiono, a 12 km da Casorezzo,
il cui gestore è anche presidente del
Parco del Ticino. L’acqua servita al
The kitchen è quella del rubinetto
preventivamente depurata e anche
la pasta è fatta in casa. Frutta e verdura invece provengono da un negozio del paese, che offre solo
prodotti di stagione. Il menù ancora più che di stagione, è di giornata. Viene infatti stampato
quotidianamente a seconda delle
disponibilità di cibo giornaliere. I
prodotti di stagione hanno un
grande vantaggio: garantiscono
qualità e risparmio. «A parità di
qualità - spiega Maurizio Fortuna comprare la merce entro i 50 km è
molto conveniente, diverso sarebbe
invece se si decidesse di sacrificare
un po’ il gusto e la freschezza in favore di prezzi più bassi. Comprare
carne argentina, buona quanto
quella della nostra zona, mi costerebbe la stessa cifra; farla arrivare
invece dalla Germania sarebbe
conveniente, nonostante i km di distanza, però il sapore non sarebbe
paragonabile».
La scelta deriva da una presa di coscienza sociale e ambientale, il chilometro zero incentiva l’economia
locale e diminuisce le emissioni di
CO2. E questo è il principio con
cui è stato deciso di aprire The Kitchen: «Volevamo un locale diverso. Basato su due principi: la
qualità e la territorialità. Ci sono
tanti agricoltori nella nostra zona,
mancava un ristorante che trasformasse la materia prima e riscoprisse i sapori di una volta».
Pagina 12
LA CITTÀ CHE CAMBIA
LAB Iulm
Quando
mercato
faceva rima
Il Comune
vuole cambiare faccia
ai punti vendita coperti
affidando la gestione
alle grandi catene
di distribuzione.
Incertezza per il futuro
di molti commercianti
di quartiere
con
anni. Il rapporto con la clientela è basato sulla fiducia; per
uole un sacchetto? Bip. questo gli abitanti del quartiere
Sono 36 euro e qua- preferiscono lui al grande suranta centesimi. Grazie, permercato, soprattutto quando
e arrivederci. La coda al super- le gambe smettono di reggere
mercato è sempre motivo di ir- il peso degli anni. Perchè Ciro,
ritazione. Più si fa in fretta, le arance, te le fa recapitare a
meno gli altri clienti aspettano. casa, gratis, da uno dei suoi raPer questa ragione, questo gazzi.
breve scambio di battute è Il mercato comunale di viale
l'unico concepibile nel rap- Monza però, fa parte di un
ampio progetto, cosiddetto di
porto fra il cassiere e te.
erò ci sono posti, in città, dove riorganizzazione, indetto dal
nessuno chiama un cliente comune.
«numero duecentoquarantacin- La sua sopravvivenza, insieme
a quella dei mercati di QT8,
que»,
e
Giambellino, Graavanti il
Livigno,
prossimo.
Gli abitanti tosoglio,
San Leonardo, LoIl mercato
li preferiscono renteggio, sembra
comunale
potere essere assidi piazza
perchè il rapporto curata “solo” attraventiquattro magè basato verso l'intervento
di un soggetto imgio,
ad
sulla fiducia prenditoriale terzo.
esempio:
In altri termini,
Angelo, il
l'area su cui sordroghiere,
e Paolo, il pollivendolo, oltre gono questi mercati verrà data
alla spesa servono anche ami- in concessione a grandi catene
cizia, e persino un po' di alle- di supermercati. La formula è
gria. «C'è una vecchina che quella del project financing:
viene qui tutti i giorni verso le una proposta del 2007 che è riundici a comprare il pane. Ha masta arenata negli uffici co87 anni. Se c'è la coda si mette munali, ma che un anno fa è
qui, in un angolo, vicino al stata riformulata dall'assessore
bancone», racconta Maria, la Giovanni Terzi.
panettiera. «Resta una mez- Con il project financing, al moz'ora, facciamo una chiacchie- mento a livello embrionale,
rata, e il tempo passa più in l'azienda ristrutturerà l'area, e
in cambio riceverà l'affitto da
fretta».
I mercati comunali coperti, a parte dei commercianti. SeMilano, sono una tradizione: condo il Comune infatti, questrutture
sono
da
anziani, giovani coppie, single, ste
immigrati sono clienti abituali. riorganizzare perchè situate in
Un pezzo di quartiere si incon- “quartieri periferici” e non oftra qui, in un miscuglio di visi, frono un adeguato servizio alla
colori, profumi trasversale alle clientela dal punto di vista deletnie, alle età e alle storie. l'offerta merceologica.
Ciro, che ha un banco di frutta Oggi i “posteggi” vengono dati
e verdura al mercato di viale in concessione, tramite bando
Monza, lavora dall'età di 13 pubblico, a singole attività imManuela Messina
V
umanità
prenditoriali. Dei ventiquattro si permette ai commercianti di
posteggi presenti nel mercato vendere a prezzi inferiori ridi Lorenteggio però, uno dei spetto ai supermercati, con nomercati che verranno coinvolti tevoli risparmi, nell'arco
dalla riorganizzazione - quin- dell'anno, per i consumatori.
dici sono chiusi, perchè i com- Ma quando il proprietario dimercianti che li occupavano venta un grande ente commersono andati in pensione e dal ciale, il bene da perseguire non
2006 il Comune di Milano non è più pubblico, ma di mercato.
fa bandi per nuove conces- E ai fini del profitto, un ausioni. Gli altri commercianti mento degli affitti dei posteggi
lamentano l'assenza di altri si rivelerebbe indispensabile, a
esercizi nella struttura: le ve- condizioni probabilmente inactrine chiuse non attirano nuovi cettabili per il singolo comclienti e la ristretta offerta al- merciante affittuario.
lontana del tutto quelli poten- A guardarli da fuori, i mercati
comunali
non
ziali.
Nei
godono di grande
mercati ora
Insegne
soggetti
a
Le spese fascino.
spente per metà,
riorganizzazione,
le
di manutenzione vetrine chiuse,
saracineconcessioni
sono elevate qualche
sca abbassata.
avevano una
scadenza
ma il Comune Ciò vale soprattutto per le aree
prima autonon se ne occupa periferiche, dove
matica, poi
strutture lasciate
di 3 anni.
a loro stesse si
Dal 2010 invece, si rinnoveranno ogni 12 uniscono spesso al degrado
mesi, dopo di che il comune dell'ambiente circostante.
potrà decidere che farne. Il ri- Finora della manutenzione se
sultato è una situazione di to- ne sono occupati i commertale
incertezza.
Claudio cianti, ma col tempo l'immaBorghesan, titolare di un'attività di macelleria proprio a Lo- IL PROGETTO
renteggio, ha acquistato, prima
I mercati da rilanciare...
del progetto di riorganizzaCa’ Granda
zione, un banco frigo del vaChiarelli
lore di 25 mila euro. Perchè di
Morsenchio
clienti, a suo dire, ce ne sono
Ponte Lambro
tanti, nonostante tutto. Che
Quarto Oggiaro
fine farà il suo investimento
Fusina Sant’Ambrogio
alla scadenza del termine della
Ferrara
concessione, ovvero alla fine
Montegani
del prossimo anno? Mercato
Prealpi
“comunale” vuole dire princiRombon
palmente che il soggetto locaTicinese
tore è un ente pubblico, che
Wagner
stabilisce prezzi calmierati per
Santa Maria del Suffragio
l'affitto al fine di garantire la
Zara
competitività dei prezzi dei
prodotti. Con canoni più bassi
gine ne ha risentito. «Ci piacerebbe investire nella nostra attività e rendere l'ambiente più
piacevole, ma le spese per la
manutenzione sono elevate e il
comune non se ne occupa»,
dice Claudio Borghesan, che
ha consegnato al sindaco Letizia Moratti una raccolta di 600
firme perchè il mercato comunale di Lorenteggio, dove lavorano altre venticinque
persone, non rientri nella fascia
di quelli che avranno come locatori i supermercati. «Vogliamo un aiuto, vorremmo
tornare ad essere padroni di noi
stessi e della nostra attività.
Sono un salumiere ma anche
un imprenditore».
Già, imprenditore. Nove imprenditori per il solo mercato
di Lorenteggio, contro uno,
grande e con grande potere
contrattuale. Certo, possono
sempre spostarsi, i commercianti, come ha proposto il Comune. Ma i rischi sono tanti.
«Perderei tutti i clienti. E poi
mi lancerei in un'altra situazione dove l'unica certezza è
l'incertezza stessa».
Finora nessuna risposta.
... da riorganizzare
Selinunte
QT8
Giambellino
Gratosoglio
Livigno
San Leonardo
Lorenteggio
Monza
... da dismettere
Umbria
Gorla
LAB Iulm
Pagina 13
LA CITTÀ CHE CAMBIA
Se la riorganizzazione cancella i banchi
Con il nuovo piano al posto di tanti piccoli commercianti un solo grande supermercato
rilevato il mercato della zona,
qualcosa dei vecchi mercati
ercato
comunale. comunali resiste ancora.
Così recita la grande Resiste nella mente del proinsegna verticale con prietario, il signor Gianluigi
lo scudo meneghino, posta da- Bessi, l’idea di un commercio
vanti all’ingresso della strut- lontano dalle metodologie
tura di piazzale Selinunte. Ma della grande distribuzione, remettete pure via la vecchia sistono tre degli esercenti del
sporta della nonna, non vi ser- vecchio mercato, che pur esvirà. Superate le porte auto- sendosi trasformati in commessi, hanno
m a t i c h e
ancora voglia
troverete infatti
Per due anni di instaurare
dei comodi cecon il cliente
stelli muniti di
la struttura quel rapporto
ruote che vi accompagnedel mercato schietto e di
fiducia, che
ranno tra i vari
è stata per tanti anni
scaffali.
Sì,
assicuscaffali, esposiabbandonata aveva
rato loro la
tori
ordinati
buona riuscita
dove la merce è
facilmente accessibile,sempli- dei propri affari. La storia del
cemente allungando il brac- mercato di piazzale Selinunte
cio. No, nessun ciarliero è decisamente articolata: «In
esercente che da dietro il suo origine c’erano 18 posteggi»
colorato posteggio vi consi- racconta il signor Giovanni
glierà la frutta di stagione Clerici, che un tempo gestiva
chiedendovi nel frattempo
come vanno le cose in famiglia. Dovrete fare da voi. Non
stropicciatevi gli occhi, avete
letto bene il cartello all’entrata, ma si sa, l’abito non fa
il monaco e chi dichiara d’essere un mercato, può rivelarsi
in realtà un supermarket. Continuate pure a girare, passate
al banco della carne, certamente non vi verrà negato un
sorriso, arrivate a quello dei
formaggi: di sicuro Giovanni,
un signore alto e magro dai
modi garbati, si ricorderà di
voi se siete già passati da lì,
oppure avrà voglia di conoscervi e guidarvi nei vostri acquisti. È vero, sino a poco fa
vi sembrava di essere in un
semplice supermercato, dove
la gente entra, compra e se ne
va. Le vostre impressioni non
vi hanno ingannato, ma nonostante tutto da Supercarni, il
piccolo gruppo che in accordo
con il Comune ha restaurato e
Elisa Zanetti
M
Un banco frutta al mercato di Ticinese
L’INTERVISTA
“
appunto il banco dei formaggi. ma l’accordo non fu trovato e
«In seguito il Comune, igno- il gruppo decise di abbandorata la proposta di noi com- nare.Per due anni sono rimasti
mercianti di dare vita ad una soltanto tre posteggi e la strutcooperativa, decise di affidare tura si è trasformata così in una
la gestione del mercato al di- sorta di mercato fantasma, sino
scount Lidl, che liquidò tutti i a quando il Comune non ha
posteggiatori, tranne me ed ideato un progetto di riorganizaltri tre, convinti dal Comune zazione dei mercati coperti, di
a restare affinché l’offerta di cui Selinunte è stato il primo a
prodotti freschi da banco non essere portato a compimento.
cessasse».
«Un esempio poPurtroppo in
sitivo, che poseguito
i
Oggi tre tremmo ripetere»,
rapporti fra
l’assessore
dei vecchi esercenti così
il discount e
alle Attività prol’amminilavorano duttive Giovanni
strazione si
Terzi sul comcome normali plesso di zona San
incrinarono:
Lidl,
doMa se da un
dipendenti Siro.
vendo aflato non si può nefrontare
gare che l’area
considerevoli spese per la ma- abbia ripreso vita, dall’altro è
nutenzione del mercato, chie- difficile augurarsi che anche
deva a Palazzo Marino un altri mercati vengano riorgarinnovo del contratto d’affitto nizzati così poiché, più che una
a lungo termine, in modo da riorganizzazione, c’è stata una
poter ammortizzare le spese, trasformazione totale.
Un macellaio del mercato di Ticinese
GIOVANNI TERZI
“Rifaremo tutto senza spendere un solo euro”
Elisa Zanetti
Giovanni Terzi
Assessore
alle Attività produttive
La collaborazione
tra pubblico
e privato
permetterà
il rilancio
”
Cosa pensa di fare l’Amministrazione per i mercati
comunali coperti?
«Attraverso uno studio abbiamo individuato tre diverse
tipologie di mercato e proposto soluzioni mirate: alcuni
verranno rilanciati, altri dismessi e altri ancora saranno
riorganizzati affiancando un
piccolo supermarket ai banchi
dei prodotti freschi».
Quante risorse saranno necessarie?
«Le spese per il Comune saranno minime. Si è infatti
pensato ad un project financing: un sistema che prevede
la collaborazione di pubblico
e privato. Il Comune, in cam-
bio della realizzazione dei lavori, affida a soggetti terzi la
gestione dei mercati».
A chi pagheranno l’affitto i
commercianti?
«Al privato che subentrerà,
ma i canoni di locazione continueranno ad essere convenzionati. Il Comune sarà quindi
garante dei commercianti, ma
anche dei cittadini, assicurando
il mantenimento del giusto rapporto qualità prezzo».
Quali strutture chiuderanno definitivamente?
«In realtà solo quella di viale
Monza, a Gorla, ma gli esercenti verranno trasferiti in
un’altra zona, al Giambellino».
Recentemente però il Comune ha speso dei soldi per
rifare il tetto del mercato di
viale Monza, che ora verrà
dismesso. Come mai?
«Era necessario un intervento
urgente che permettesse il normale svolgimento delle attività
in attesa della chiusura dei posteggi e della vendita dello stabile».
Anche il consigliere della
Lega Matteo Salvini ha criticato la spesa e si è schierato
in difesa della struttura, che
offre un’importante alternativa in un’area dove i supermarket sono già molti …
«Questa delibera è stata approvata in commissione commercio ed in seguito è stata
portata in giunta, dove la Lega
è rappresentata. In ogni caso i
lavori di manutenzione erano
impellenti per mantenere il decoro di un luogo dove vengono
venduti alimenti».
Dal 2006 il Comune non ha
emesso nuovi bandi per occupare i posteggi vuoti, mentre i contratti devono essere
rinnovati ogni 1/3 anni. Queste scelte non hanno condannato all’immobilità, se non al
declino, i mercati stessi che
ora si vuole rilanciare?
«I bandi non sono stati emessi
per permettere la riorganizzazione di queste strutture, mentre per quanto riguarda le
scadenze a breve termine, i
commercianti ne sono stati
sempre consapevoli. In ogni
caso ora i contratti avranno una
durata di sei anni più sei. Non
è stato possibile farlo prima
perché non volevamo avere
problemi di disallineamento
nella realizzazione del nuovo
progetto».
Il prete cinese
che insegna
l’italiano
Pagina 14
LA CITTÀ CHE CAMBIA
LAB Iulm
Inviato due anni fa dal Vaticano
nella Chinatown milanese
don Liù è riuscito a costruire
un ponte fra immigrati
e italiani grazie
a seguitissimi corsi di lingua
Capodanno cinese in via Paolo Sarpi. In questa zona di Milano gli immigrati cinesi cominc
Repubblica Popolare, appena proclamata da Mao Dse Dong. Dalla seconda metà degli an
mezza età, donne, a qualsiasi
ora, dalla mattina alla sera. I cin via Giusti a Milano, Chi- nesi del quartiere vi hanno tronatown milanese, i luoghi vato un punto di riferimento,
comuni sui cinesi iniziano a un aiuto consistente per entrare
cadere come le tessere di un negli ingranaggi di Milano.
domino… cinese appunto. Il Don Domenico offre, con un
primo ad andare giù è il fatto gruppo di circa 20 volontari,
che i cinesi hanno poca voglia fra cinesi e italiani, assistenza
ai suoi connazionali: compilare
di integrarsi con i milanesi.
In via Giusti circa 400 cinesi un modulo in italiano per una
studiano italiano tutte le sere e pratica burocratica, trovare un
l’insegnante è un prete che è lavoro, insegnare loro la linnato in Cina nella regione del gua, i modi e la cultura itaFhuzou. Ed ecco che cade la liana.
seconda tessera, il secondo «Aiutarli per me è un dovere,
luogo comune, ovvero che tra un modo per rendermi utile
Chiesa cattolica e cinesi i rap- alla comunità - afferma Don
Liù - capisco le loro difficoltà,
porti siano quasi inesistenti.
Don Domenico Liù, 34 anni, è una lingua nuova, un mondo
stato inviato dal Vaticano a Mi- diverso da scoprire, la fatica
lano nel 2008 per occuparsi dei per chi deve cercare un lavoro.
cinesi di fede cattolica del ca- I cinesi hanno bisogno di chi
poluogo lombardo. E Don Do- pian piano interpreti la realtà
della città e
menico, che in
traduca».
Cina
avrebbe
“I cinesi gliela
Già tradurre,
avuto più di un
hanno bisogno ovvero rendere
problema a professare tranquilladi
chi pian piano comprensibile,
quindi comunimente la sua fede
e a catechizzare i
interpreti care, semplicem e n t e
suoi connazionali, a Milano è la realtà della città dialogare. La
muradivenuto nel giro
e gliela traduca” "grande
glia" linguistica
di due anni una
fra cinesi e itafigura cruciale
del quartiere in zona Paolo liani sembra insormontabile,
ma per Don Domenico non è
Sarpi.
Padre Liù, occhiali piccoli e così: «Nei corsi gratuiti di linsorriso fresco di chi ha voglia gua italiana - spiega il prete di fare, è ipercinetico. Il suo uf- che si tengono in parrocchia, la
ficio, una piccola stanza, con sera, abbiamo 200 cinesi
un piccolo salottino, attigua iscritti per ognuno dei due lialla parrocchia è una via vai di velli didattici. Imparare la lincinesi: ragazzi, uomini di gua per loro è un passo
Ignazio Stagno
I
fondamentale verso l'integrazione».
Ma da quanto racconta Don
Liù, già qualche milanese ha
voluto fare il percorso inverso,
ovvero imparare la lingua dell'ospite. Gli iscritti italiani al
corso di cinese sono cinquanta,
ed ogni sabato pomeriggio
sono pronti ad imparare pazientemente ideogramma su
ideogramma. «Lo scorso anno
-aggiunge sorridendo il prete abbiamo avuto anche due ottantenni. Volevano imparare il
cinese per poter parlare con i
vicini del quartiere».
Nella piccola stanza di via
Giusti i cinesi non vanno solo
per imparare la lingua, a volte
anche per essere ascoltati, per
parlare con Don Domenico dei
loro problemi, della loro fatica
nel lavoro, magari delle incomprensioni in famiglia.
«L'aiuto che voglio dar loro è
a trecentosessanta gradi - continua Don Domenico Liù - se
hanno semplicemente bisogno
di parlare magari con qualcuno
che possa capirli, io sono qui.
Se c'è bisogno di dar lavoro a
qualcuno che è in difficoltà
cerco in tutti i modi di trovarglielo. Ma è importante che
dopo di me cerchino il contatto
con gli italiani come è accaduto in occasione dell'ultimo
capodanno cinese dove alla
festa che abbiamo organizzato
eravamo in 400 fra cinesi e italiani. E' stato un momento intenso e di condivisione».
E così fra un negozio di pelletteria e uno di prodotti alimentari rigorosamente "made in
China" c'è anche un piccolo
spazio dove il cinese non è
Don Domenico Liù, 34 anni
è a Milano dal 2008 su mandato
del Vaticano per occuparsi
dei cinesi di fede cattolica.
Un impegno che è andato
al di là delle aspettative
e che ha portato
all’organizzazione di corsi
di lingua italiana per adulti
cinesi seguiti da 400 persone.
Il giovane prete ha anche
organizzato corsi di cinese
per italiani. Fra i partecipanti
anche alcuni settantenni
A destra un’immagine dei corsi
di lingua nei locali della
parrocchia Santissima Trinità
di via Giusti.
Don Liù è aiutato da una
pattuglia di giovani
cinesi e italiani bilingue
LAB Iulm
LA CITTÀ CHE CAMBIA
Pagina 15
IL CASO
La scuola modello di via Giusti
“Educhiamo anche le famiglie”
Incontri periodici con i genitori e un prontuario multilingue
’integrazione fra cinesi
e italiani ha bisogno di
basi solide, di pilastri
che durino nel tempo. In Via
Giusti a Milano, zona Paolo
Sarpi, il senso del vivere in comunità in una realtà multietnica viene insegnato già fra i
banchi di scuola. L’Istituto
comprensivo “Via Giusti e
d’Assisi” è composto da una
scuola media e da una elementare che ospitano una
buona percentuale di bambini
e ragazzi stranieri. Fra questi
molti sono cinesi.
A guidare la scuola è il preside
Roberto Bellini, idee chiare e
progetti concreti per accelerare l’integrazione. «Questa
scuola ha una storia lunga spiega Bellini - e da decenni è
attiva su questo fronte. Noi
non vogliamo integrare, ma
convivere, dialogare, partecipare. Vogliamo diventare il
fulcro di questo processo
senza cozzare con le altre istituzioni». I numeri degli iscritti
annualmente sembrano dar ragione alla strada tracciata da
Bellini. La scuola di via Giusti
conta per la media 298 alunni
di cui 95 ragazzi non italiani e
l’elementare 384 allievi di cui
120 stranieri.
Sulla road-map che conduce
alla convivenza interrazziale
un ruolo fondamentale lo giocano le famiglie degli studenti
stranieri. «L’educazione alla
multiculturalità deve partire
dalle mura domestiche delle
famiglie. I cinesi ad esempio continua il preside - hanno bisogno di capire il “sistema
scuola” italiano e non solo dal
punto di vista linguistico ma
anche da quello burocratico e
culturale. Così è nata l’idea di
progettare un incontro, nel novembre 2010, solo con genitori cinesi per consegnare loro
L
cinesi cominciarono ad arrivare alla fine degli anni 40. Erano esuli in fuga dalla
metà degli anni 90 è iniziata una nuova ondata di immigrazione
visto come un automa, una
macchina produttiva con occhi
e gambe, ma come un uomo
con tutte le sue paure, speranze, e incertezze verso un
Paese nuovo che lo ospita e
che dista soltanto qualche decina di migliaia di chilometri
da Pechino.
«Spesso accade che mi chiedano perchè faccia tutto ciò per
loro. Io rispondo che è per spirito caritatevole come mi insegna il Vangelo- spiega Don
Liù-. E allora qualcuno inizia
pian piano a venire alla messa.
Cercano risposte alla generosità senza interesse, e allora timidamente provano a trovarle
in Chiesa».
Don Domenico sa che la strada
per l'integrazione è lunga ed
anche in salita. Ma è fiducioso
e chiude con un adagio, ovviamente cinese: «Chi pianta alberi sa che altri ne godranno
l'ombra". Spero che quello che
sto facendo- conclude il pretepossa servire a tutti. Cinesi e
milanesi insieme. Devo solo
avere la forza di piantare qualche altro arbusto...».
un libretto, un prontuario multilingua di istruzioni per l’uso,
fra cui anche il cinese, che
metta in condizione questi immigrati di comprendere cosa
significhi iscrivere i propri figli
in una scuola italiana».
Ma affinchè tutto il processo
integrativo possa diventare realtà è necessaria una figura
chiave come quella del mediatore culturale. In via Giusti già
con qualche anno di anticipo
hanno capito l’importanza di
avere fra le mura della scuola
qualcuno che non si limiti a
fare l’interprete ma invece
qualcuno che sappia, come afferma Bellini, «non solo tradurre il termine caramella in
cinese ma anche indicare cosa
rappresenta una caramella per
un italiano, l’uso che ne fa e
come fa parte delle abitudini di
casa nostra». L’esempio per
quanto semplice dipinge bene
i tratti del lavoro che svolge la
professoressa Cecilia Jià, già
docente di lingua cinese all’Università Bicocca e adesso
mediatrice interculturale nella
scuola della Chiantown milanese. «Da circa tre anni lavoro
per questa scuola - spiega Jià l’ambiente familiare che ho
trovato mi permette di lavorare
bene. Il mio compito è quello
di tradurre in termini culturali
cinesi il lavoro quotidiano
delle mie colleghe italiane. Ad
esempio in Cina quando si
vuol comunicare con le famiglie per richiamarne l’attenzione sui risultati scolastici di
uno studente si scrive a casa, in
Italia magari si parla direttamente col ragazzo esortandolo
ad impegnarsi di più. Con il
mio aiuto le colleghe con
alunni cinesi hanno iniziato a
scrivere alle famiglie. Queste
prontamente sono intervenute
sui figli e i profitti scolastici di
questi sono migliorati».
In via Giusti sembra essersi innescato un “circolo virtuoso”
che può portare ad una robusta
integrazione, e ne è convinta
anche la professoressa di Lettere Maria Angelica Bollani:
«Qui ci sentiamo un’isola felice - afferma la docente - abbiamo sempre cercato di
anticipare i tempi.
Nei prossimi anni i nostri studenti vivranno in un paese
multietnico e crediamo che con
questi metodi possano trovarsi
meglio nel mondo di domani.
Mondo che avrà mille colori,
mille volti e mille idee diverse». (i.s.)
Da sinistra a destra le professoresse Cecilia Jià
e Maria Angelica Bollani, e il dirigente scolastico Roberto Bellini
VIA PAOLO SARPI
Un’isola pedonale, per evitare scontri
l 12 aprile 2007 in Via Paolo Sarpi, nella Chinatown milanese, scoppia una rivolta in cui i cinesi del quartiere si sono scontrano aspramente con la polizia locale. Il tutto nasce per una donna
multata mentre scaricava merce dalla sua auto utilizzata impropriamente come veicolo commerciale. La donna, 26 anni, dopo aver contestato la multa alla vigilessa richiama l’attenzione di
altri suoi connazionali anch’essi commercianti nel quartiere. In poche ore è monta. Centinaia di cinesi scendono per le strade con tanto di bandiera rossa. L’intervento della polizia locale trasforma
zona Paolo Sarpi in un teatro di guerriglia urbana. Mentre i vigili attendono rinforzi, gli immigrati
circondano l’auto delle forze dell’ordine prendendola a calci e pugni rompendo il parabrezza e saltando sul tetto. A questo punto interviene la celere che fa recuperare l’auto ormai distrutta dei vigili. Alla fine degli scontri si contano venticinque contusi tra agenti e vigili, sette cinesi in ospedale,
due auto rovesciate. La tensione rimane alle stelle per tutta la giornata. Nel pomeriggio la situazione
torna alla normalità.
Da quella rivolta sono trascorsi tre anni, e via Paolo Sarpi adesso si appresta a diventare un’isola
pedonale. Isola che è stata concepita con lo scopo di fermare il carico e scarico a tutte le ore di merce
nei magazzini cinesi. In realtà nelle intenzioni del Comune c’era l’idea di eliminare i venditori all’ingrosso dalla Chinatown per cercare di risolvere il problema anche della viabilità in maniera
netta. Ora la strada sarà molto più elegante e gradevole per una passeggiata pomeridiana fra un negozio e l’altro. Anzi ancora dopo ben tre anni fra un grossista e l’altro. (i.s.)
I
Pagina 16
LA CITTÀ CHE CAMBIA
1960
L’INTERVISTA
Il Palalido, con sede in
Piazza Carlo Stuparich
1, a Milano, viene
inaugurato l’8 dicembre.
Alle 17.30 arrivano in
5800 per un battesimo
d’occasione, la sfida
di pallacanestro
tra i padroni di casa
della Simmenthal
e i “nemici”
della Ignis Varese
SANDRO GAMBA
LAB Iulm
1969
L’autunno caldo fa
del Palalido il centro
di accesi dibattiti,
grandi manifestazioni
e riunioni sindacali.
Nella foto,
datata 10 dicembre,
un’assemblea
dei lavoratori
della Sit Siemens,
con votazione
per alzata di mano
Quando la pallacanestro parlava
inglese, russo... e italiano
Marco Cosenza
chiamavano affettuosamente
a Milano, era un giocatore
inquant’anni, e non
simbolo. Era capace di farti
sentirli. Il Palalido
vincere qualsiasi partita con
viene inaugurato l’8
la sua grinta e la sua voglia di
dicembre del 1960: tutto
vincere. Poi in tempi più reesaurito alle 17.30 per la
centi sicuramente Bob McAsfida tra Simmenthal Milano
doo. Lui è stato un idolo
e Ignis Varese. Sì perché se
della folla, col famoso
l’impianto ha ospitato leader
grido”Do-Do-McAdoo!”.
politici e leader spirituali, la
Uno dei più grandi giocatori
boxe mondiale
venuti in Italia
e i concerti
dagli
Stati
rock, i giganti
Uniti, come
del volley e il
Bill Bradley
grande tennis,
nel
’66,
le riunioni sinquando
abdacali e le
biamo vinto la
convention
coppa dei camaziendali, è
pioni. Bill era
anche vero che
iscritto a Prinsono le retine
ceton
ma
dei canestri ad
aveva
vinto
essere
più
una borsa di
strettamente
studio per Oxintrecciate al
ford. Giocava
palazzetto. E
le partite di
tra i tanti camcoppa con la
pioni che hanno Sandro Gamba, classe 1932, ha militato nell’Olimpia Milano per più squadra a metà
calcato il suo di vent’anni, come giocatore dal 1950 al 1963 e nello staff tecnico settimana e poi
parquet, uno in dal 1965 al 1973. Dal 2006 è membro della Basketball Hall of Fame tornava direttaparticolare è lemente in Inghilgato indissolubilmente alla
smo alimentato anche dai
terra per stare sui libri. Ha
sua storia: Sandro Gamba, un
grandi successi. Qual è il rismesso dopo un anno per
autentico maestro di pallacacordo più emozionante? Sorconcentrarsi sulla laurea, fino
nestro, un uomo capace di
ride Sandro: «Ce ne sono
a diventare Senatore negli
vincere 10 scudetti in maglia
tanti, è una domanda che mi
Stati Uniti e ad essere tra i
Olimpia. «Il Palalido è un
mette un po’ in difficoltà.
candidati in corsa per la Casa
grande campo di casa: il pubUno dei periodi più belli però
Bianca. Posto che fu poi
blico è quasi dentro al retpreso da un tale Al Gore, non
tangolo di gioco. La squadra
so se mi spiego». Difficile
era formidabile e i biglietti
però che in un lungo lasso di
I biglietti non li
non li trovavi mai: per avere
tempo ci siano solo successi.
l’abbonamento dovevi metQual è stato il momento più
trovavi mai: per avere
terti in lista e aspettare che
amaro della tua carriera al
qualcuno morisse». Un baPalalido? «La sfida di coppa
l’abbonamento
cino di pubblico numeroso
dei campioni con la Dynamo
per uno sport che era molto dovevi metterti in lista e
Tbilisi, nel 1962. Eravamo
sentito, come sentita era la aspettare che qualcuno
andati a vincere all’andata
sfida con l’altra titolata fornel paese di Stalin, un’immorisse
mazione lombarda: l’Ignis di
presa, e in casa invece abVarese. «Le società fiorirono
biamo perso, rimanendo
quasi insieme e fu proprio il
fuori dalle finali per un solo
presidente della Simmenthal,
è stato quello dal ’70 al ’73,
punto di differenza. E la
Adolfo Bogoncelli, a suggeperché anche se ero solo un
colpa è mia perché ho sbarire al titolare della Ignis,
assistente l’allenatore Cesare
gliato due tiri liberi, ne avessi
Giovanni Borghi, di legarsi
Rubini aveva delegato me a
segnato almeno uno... dialla squadra varesina. Due
prendere in mano la squavento matto se ci penso». Un
binomi di durata quasi vendra». Tanti anni, tanti trionfi,
percorso fatto di tante luci e
tennale e un legame talmente
e tanti campioni. Da Dino
qualche ombra dunque. Ma
stretto che creava anche
Meneghin a Mike D’Antoni
se dovessi scegliere un ulqualche problema a livello
hai visto davvero molte stelle
timo fotogramma per la tua
aziendale: la Simmenthal a
del basket, sia da giocatore
storia quale sceglieresti? «Il
un certo punto non era più la
che da allenatore. Quali di
ritorno da “rivale”. Da allecarne in scatola ma la pallaloro sono stati davvero in
natore dell'Ignis ho ricevuto
canestro. Il basket ha così ingrado di accendere il publa prima standing ovation
ventato una forma di
blico? «Art Kenney, detto
della mia vita in occasione
sponsorizzazione poi muArthur “il rosso”, o semplidel “debutto" al Palalido.
tuata da altri sport, una pracemente “l’Arturo” come lo
Non lo dimenticherò mai».
C
tica che si è persa col tempo
ma che si rinnova ora con
l’impegno di Armani e la costruzione del nuovo palazzetto». Una continuità capace
di cementare il rapporto col
pubblico e la città. «Si creava
una sorta di travaso: quando
gli spettatori uscivano da San
Siro venivano a vedere la
pallacanestro». Un entusia-
“
Il fortino
del
basket
”
In senso orario: Fiero guerriero (simbolo dell’Olimpia Milano), le mitiche scarpette rosse, Arthur Kenney, detto “il rosso”, il nuovo patron, Giorgio Armani, e il primo presidente, Adolfo Bognoncelli
LAB Iulm
LA CITTÀ CHE CAMBIA
1970
Pagina 17
1999
2008
Il quattordicesimo
Dalai Lama,
Tenzin Gyatso,
maestro di buddhismo
Nobel per la pace 1989,
illumina con la sua
saggezza il pubblico
del Palalido.
Una quattro giorni
(19-22 ottobre)
che ha il sapore
di un viaggio millenario
La scoperta del rock
arriva coi Rolling Stones
nel 1970.
Costo del biglietto,
3500 lire.
Poi sarà la volta di
Lou Reed (1975),
Rockets (1978),
Deep Purple (2006),
Nightwish (2008),
Alice in Chains (2009) e
Europe (2010)
Da Roberto Formigoni
a Filippo Penati,
da Romano Prodi a Silvio
Berlusconi (che nella
foto, l’8 Marzo 2008,
straccia il programma
del Pd) sono molti
i leader politici
ad alternarsi sul palco
durante assemblee
di partito
e campagne elettorali
Armani e il Comune uniscono le forze per ristrutturare il Palalido
Pala AJ: un’astronave sorgerà
dalle ceneri del vecchio impianto
alla stagione 2011-2012
il Palalido non si chiamerà più così. Nel giro
di un anno saranno ultimati i
lavori che trasformeranno il
vecchio palazzetto in un avveniristico nido di alluminio, policarbonato e acciaio: il Pala
AJ. Un ampio progetto di ristrutturazione presentato il 5
ottobre scorso, quando il sindaco Letizia Moratti ha ricevuto Giorgio Armani a Palazzo
Marino. Il grande stilista è da
due anni sponsor della squadra
di pallacanestro Olimpia Milano e con questa operazione
contribuirà a legare in modo
ancora più deciso il suo marchio a quello delle “scarpette
rosse”.
«E pensare - scherza Armani che io non ho mai fatto sport.
Mio fratello giocava a basket.
Mi sono avvicinato con cautela
alla nuova avventura, e alla
fine mi ha preso. Ora , da presidente, sogno di vincere lo
scudetto».
La partecipazione prevede infatti che la struttura venga concessa in affitto allo stilista per
6 anni, in cambio “Re Giorgio”
provvederà a garantire la massima funzionalità e contribuirà
alle spese di restyling con
D
o
Il Palalido festeggia
50 anni. Nel 2011
diventerà
Pala Armani Jeans
Quella volta che Keith rischiò di morire
eith Richards non ha
avuto esattamente una
vita tranquilla. In una
recente autobiografia (Life,
Feltrinelli, 2010) cita i momenti più drammatici della
propria esistenza: gli arresti
per possesso di stupefacenti e
la morte di Brian Jones, l'allontanamento da Jagger e
l'isolamento, la tossicodipendenza e quel concerto al Palalido.
«Ricordo uno spettacolo, in
Italia, dove ho davvero creduto di non farcela. È stato a
Milano, negli anni Settanta:
mi reggevo a malapena in
piedi e non riuscivo a respirare. L'aria era completamente
rarefatta, faceva caldo e ho
iniziato a sentirmi mancare.
Mick stava su per miracolo,
nell'inquinamento della città e
la temperatura brutale». Era il
primo ottobre 1970.
La musica e il clima infiammano dunque il palazzetto.
Ma non solo. Al concerto dei
Rockets del 1978 decine di au-
K
tonomi prendono d'assalto la
struttura. Un manipolo di celerini li circonda e li scorta fino a
piazzale Lotto. Vengono sparati alcuni lacrimogeni, uno dei
quali finisce nel salotto di un
pensionato che abita nello stabile che affaccia sul piazzale,
dando fuoco alle tende e al divano.
Non dissimile il trattamento riservato a Lou Reed nel 1975.
Il rocker di Brooklyn se ne va
mandando a quel paese una
trentina di ragazzi della sinistra
extraparlamentare che gettano
acqua e sassi sul pubblico "fascista". Un grande spavento
ma, per fortuna, nessuna vittima.
Come nell’Aprile del ’76,
quando sul palco si mescolano
musica e ribellione. Durante la
tournée di Francesco De Gregori alcuni membri dei collettivi politici studenteschi
bloccano il concerto, accusando il cantante di frequentare
alberghi di lusso e strumentalizzare i temi cari alla sinistra
per arricchirsi. De Gregori abbandona la scena ma “gli inquisitori” lo costringono a
risalire inscenando un vero e
proprio
interrogatorio:
“Quanto hai preso stasera? Se
sei un compagno, non a parole
ma a fatti, lascia qui l'incasso:
vai a fare l'operaio e suona la
sera a casa tua!”. Dopo venti
minuti di "processo" De Gregori riesce a raggiungere il camerino. Poco dopo dichiara:
"Non mi esibirò mai più in
pubblico. Stasera mancava soltanto l'olio di ricino, poi la
scena sarebbe stata completa".
Il cantautore interrompe effettivamente la carriera musicale
per due anni, salvo poi tornare
sui suoi passi. Proprio un lieto
fine insomma. Come quello
che offrono i Rolling Stones
nel loro primo - e meno rovente, quanto a temperatura concerto del 1967, chiudendo
la scaletta con un inedito mix
tra Goin’ Home e Satisfaction.
Più che un medley, una garanzia. (m.c.)
400mila euro annui, oltre un
terzo dei 7 milioni che il Comune ha finanziato a Milanosport per la ristrutturazione.
«Si è creata un'importante sinergia tra pubblico e privato –
ha commentato il sindaco Moratti. Il nuovo palasport coniugherà il ruolo sociale e
l'eccellenza architettonica che
caratterizza la città, contribuendo a renderne l'immagine
Rendering computerizzato
del futuro Pala Armani Jeans
ancor più internazionale». I
primi render mostrano infatti
un edificio tecnologico, trasparente e leggero, che nei materiali e nel design ricorda
un’astronave.
L’impianto, costruito alla fine
degli anni Cinquanta, necessita
di importanti interventi di riqualificazione, a cominciare
dall'impianto idrico fuori
norma e dalla capienza ridotta.
Si avranno un nuovo parquet,
una nuova copertura e un sistema di tribune mobili con capacità variabile da 5020 a 5420
spettatori, così da soddisfare
gli standard richiesti dalle manifestazioni internazionali. Il
parterre passerà dagli attuali
800 a 4950 m².
La rivalutazione del Palalido è
una prosecuzione della linea
varata dall'amministrazione
comunale. «Vogliamo dare
nuova vita agli storici impianti
sportivi della città - spiega l'assessore allo sport, Alan Rizzi in un progetto di cui fanno
parte Palasharp, Vigorelli e
possibilmente anche il Mediolanum Forum di Assago. Puntiamo a realizzare strutture
polifunzionali, che siano in
grado di ospitare attività e manifestazioni non soltanto sportive».
Il Pala Armani Jeans manterrà
dunque l’anima multiforme del
vecchio Palalido, capace di
ospitare basket e pallavolo,
tennis e pugilato, ma anche
concerti e convention, rinnovando l’importanza che questa
struttura ha per lo sport in generale, e per la città in particolare. (m.c.)
In senso orario: i Rolling Stones al Palalido nel 1967, Mick Jagger,
Keith Richards e Charlie Watts (con la maglia del Milan) durante il
secondo concerto delle “pietre rotolanti” al Palalido nel 1970
Pagina 18
LAB Iulm
SOCIETÀ
Generazione 1000 euro
“Via dalla MalaPolitica”
Francesca Martelli
ambiano le posizioni,
ma le pedine restano
sempre le stesse sulla
scacchiera della politica italiana; mentre l’apprezzamento
verso il sistema cala.
Secondo un sondaggio Ispo
del 2010, commissionato dal
Ministero della Gioventù, solo
1 giovane su 3 ha fiducia nella
politica e più della metà degli
intervistati (tutti under 35) associa a quest’ultima atteggiamenti
negativi:
rabbia,
diffidenza, disgusto e noia.
Elementi che segnalano come
i giovani vorrebbero risposte
dalla politica che non ottengono. Rabbia che ha portato
studenti e ricercatori a protestare in piazza contro la riforma dell’università, ma che
non riesce a confluire in una
forma più strutturata, né a portare una diffusa partecipazione dei giovani alla vita
politica. Cadute le grandi questioni ideologiche, restano
quelle più concrete: scuola,
C
casa e lavoro.
Le intenzioni di voto degli italiani dopo la sventata caduta
del Governo a dicembre
hanno rivelato che, in caso di
voto anticipato, il primo partito in Italia resta quello dell’astensionismo, che si attesta
intorno al 36%, in aumento rispetto alle ultime elezioni politiche (dove i non votanti
erano stati circa il 20%).
Tra disillusi e insoddisfatti ci
sono anche ragazzi che invece
di abbandonarsi all’arrendevolezza, scelgono di impegnarsi in prima persona e dare
il proprio contributo alla società. Sono tutte storie che iniziano con l’impegno politico
al liceo e all’università, come
quella di Marco Valerio Bove,
27 anni, coordinatore provinciale dei giovani del Pdl a Milano. Iscritto a Forza Italia, è
stato rappresentante degli studenti all’Università Bocconi e
a 22 anni ha partecipato alla
campagna elettorale di Letizia
Moratti come Sindaco di Milano. «Sento che la politica ha
la chance di intervenire sul
mio futuro di domani, sul nostro» dice Bove. Nelle sezioni della Giovane Italia,
l’organismo presieduto dal
Ministro Giorgia Meloni e
nato dalla fusione dei movimenti giovanili di Forza Italia e An, si commentano gli
articoli dei quotidianie si fa
formazione e supporto per
coloro che vogliono candidarsi nei consigli comunali o
di zona. «È auspicabile – aggiunge il coordinatore - che i
ragazzi facciano politica in
queste realtà perché possano
crescere e arricchire di una
purezza nuova gli Enti, che
altrimenti vengono amministrati per decenni dalle stesse
persone. I giovani del Pdl
non sono sfiduciati: sentono
che c’è bisogno di rinnovamento e modernità. Siamo
molto vicini all’idea di Berlusconi di una politica più
leggera e diretta». L’impegno politico può essere portato avanti insieme a quello
professionale: «Penso che
chi fa politica debba avere
una propria attività, perché
solo attraverso questa, potrà
portare la propria esperienza
e capacità di lavoro all’interno dell’amministrazione.
La politica non potrà essere
il lavoro di una vita, ma solo
di un momento della propria
esistenza».
Dati Ispo, 2010
Valori percentuali, base casi: 201 (under 35)
Altra storia è quella di Alessandro Capelli: 25 anni,
iscritto a Sinistra Ecologia e
Libertà, sta per iniziare un
dottorato in Scienze Politiche.
É membro del comitato Pisapia, il movimento che sostiene
l’avvocato Giuliano Pisapia, il
candidato del centro-sinistra
alle elezioni comunali di Milano del 2011, scelto alle primarie di novembre. Attesi
100mila votanti, alle urne ne
sono arrivati circa 67mila: tra
questi solo il 3% era costituito
da under35. Ma Cappelli sottolinea: «Per la candidatura di
Giuliano si sono messi in
campo tanti giovani e di due
tipi: chi era digiuno dalla politica e al momento di votare
per le primarie era davvero felice, tanto da dire “ho perso il
derby ma chi se ne frega” e
poi quelli della mia generazione che per la prima volta
pensano che con questo candidato si possano cambiare le
cose anche in città». Della
propria esperienza dice: «La
politica è sempre stata parte di
me: questo per la mia condizione familiare, di vita, di aria
che respiravo in famiglia. Mi
occupa molto tempo, anzi
ormai è diventata un modo di
lettura del mondo. La politica
fatta in un partito, in un giornale, in un’associazione ha
tutta la stessa dignità».
Storicamente la politica è
sempre stata più ampia del sistema dei partiti, un sistema
che non sempre si è rivelato
limpido, come aveva mostrato
Mani Pulite. I più giovani
o
LAB Iulm
Pagina 19
SOCIETÀ
L’INTERVISTA /1
GIUSEPPE CIVATI
Il rottamatore sprona i giovani del Pd
a l
Con
s i glio d’Istituto del suo
liceo
a
quello Comunale di
Monza a
soli 22 anni.
Giuseppe Civati, Dal 2005 è
35 anni
Consigliere
Consigliere
Regionale in
Regionale (Pd)
Lombardia
in Lombardia
ed è considerato uno degli esponenti che
potrebbe guidare il rinnovamento del Pd. Insieme al Sindaco di Firenze Matteo Renzi
ha dato vita, alla fine di novembre, a “Prossima fermata
Italia”, l’iniziativa con cui
hanno proposto la “rottamazione” dei dirigenti del Pd.
Quali sono gli step per iniziare a fare politica?
«Non ci sono passaggi ben
precisi: si inizia perché ci si diverte, ci si appassiona, si crede
che si possa dare il proprio
contributo per cambiare le
cose. La prima esperienza politica tradizionale è stata la campagna elettorale del 1994, per
cui porto “sfighissima” perché
è quella in cui Berlusconi e la
Lega vinsero le elezioni! Io
non volevo sottrarre tempo allo
studio e non volevo fare politica per professione. Infatti la
D
sembrano aver fatto tesoro del
passato, tanto che l’istituzione politica per la quale
hanno più fiducia è il presidente della Repubblica (84%),
seguito con notevole distacco
da capo del Governo (42%),
Parlamento (40%) e partiti politici (18%).
L’età media degli eletti alla
Camera è di 5o anni, al Senato
di 54 (escludendo i senatori a
vita). Va un po’ meglio a livello locale dove sono circa
27mila (dati Anci – associazione nazionale comuni italiani) i giovani tra i 18 e i 35
anni che hanno un ruolo nelle
amministrazioni locali. Sindaci, assessori e consiglieri
comunali che si allenano nella
palestra della politica, direttamente sul territorio. Una gavetta necessaria, ma che non
sempre porta a un ruolo a livello nazionale.
La maggior parte degli italiani
guarda però la politica da
spettatore e si informa principalmente attraverso tv: quella
stessa scatola nera che trasmette le sintesi dei convegni
dei grandi partiti. Da Sel al
Pdl la scenetta si ripete: c’è un
palco, un pulpito, un tavolo al
quale siedono i più vicini al
leader, un video promozionale
e un inno. Come fanno i ragazzi a essere attratti da questi
siparietti, in cui si sostiene il
leader di turno come se fossimo allo stadio? Nella società
è ormai diffusa l'insofferenza
verso la politica come marketing e come spettacolo, verso
quel "Grande Fratello politico” che vede commedianti e
volta faccia.
Prova a risvegliare gli entusiasmi Mtv Italia, la televisione musicale nata nel 2001
dal canale americano di Mtv,
che a gennaio parte con l’iniziativa Iovoto.it. Un sito di informazione per spiegare cosa
significa impegnarsi in prima
persona, dal consiglio di
classe a quello Comunale, accompagnato da un programma
che andrà in onda all’interno
di MtvNews. Antonio Campo
Dall’Orto, presidente dell’emittente televisiva, dice:
«Ci siamo accorti che, mentre
negli altri paesi la società diventava sempre più attenta ai
problemi dei ragazzi ed Mtv si
preoccupava di farli divertire,
che è il ruolo principale di una
televisione dedicata ai 20enni,
quello che è successo in Italia
è che la società è andata verso
una progressiva corruzione
delle speranze delle persone,
corruzione degli animi.
Quindi in Italia stiamo facendo questa sensibilizzazione alla partecipazione che
negli altri paesi non è necessaria». E se una televisione
musicale si deve preoccupare
di istruire e guidare i più giovani, non ci resta che dire
“buona visione”.
prima legislatura in Consiglio
Comunale l’ho fatta da volontario».
I giovani sono ancora capaci
di scendere in piazza, ma come
si comportano quando si passa
alla politica più strutturale o si
tratta di andare a votare?
«La storia ci mostra momenti in
cui i giovani partecipano di più e
momenti in cui partecipano
meno. E’ chiaro che i messaggi
devono essere molto forti e
molto chiari ed è quello che
chiedo al nostro giovane Segretario Bersani - dice sorridendo che essendo coetaneo deve stimolare quella generazione a buttarsi sulle questioni fondamentali:
lavoro qualificato, università e ricerca, l’ambiente e la politica.
Una politica immaginata non per
fare soldi, ma che parli un linguaggio diretto e semplice, che
sia un po’ affettiva, che scaldi un
po’ i cuori».
Cosa le chiedono i giovani del
suo partito?
«Avere un partito che dice delle
cose che loro possono spendere:
l’esempio più eclatante è la casa.
Siamo un paese in cui ti dicono
di essere flessibile, precario,
light, lounge, dopodiché ti devi
comprare la casa anche se non
abbiamo ancora immaginato una
politica per la casa diversa. Non
si tratta solo di scaldare i cuori,
ma bisogna scaldarli sugli argomenti veri. Così un giovane ca-
pisce che si sta parlando della sua
vita, del suo destino».
Il suo è un invito al Pd a parlare di temi più concreti?
«Non è che finora non l’abbia
fatto, è che non li trasferisce. Bisogna passare dalla teoria alla
pratica politica. Da un’enunciazione di principio a un’azione visibile e concludente, almeno per
quanto riguarda il rapporto con
l’elettorato, le cose che si dicono».
Come valuta l’affluenza alle
primarie del Pd a Milano, lo
scorso novembre?
«L’affluenza non è stata così
bassa: 70.000 persone sono
molte. Il Pd si fustiga sempre. I
giovani sono andati a votare in
pochi perché sono in pochi. La
verità è che noi ci aspetteremmo
che i giovani partecipassero di
più alle primarie, che ci fosse una
mobilitazione: questo è il tema.
Per noi è importante fare una politica diversa perché un conto è
fare un convegno sul precariato,
un conto è dire qualcosa che riguarda la vita dei precari ai precari, un conto è portarli per le
strade e a partecipare alle iniziative politiche; perché magari saranno meno precari, avranno un
reddito più significativo e potranno dedicare un po’ di tempo
a un’attività, che in questo momento è residuale.
Non si risolve tutto in un minuto,
non si risolve solo con il leader, e
L’INTERVISTA /2
SIMONE BALDELLI
iornalista e
politico,
dopo anni
di
militanza nel
movimento
giovanile
di Forza
Simone Baldelli
Italia è di38 anni
ventato
vice-capogruppo parlamendel Pdl
tare
alla
alla Camera
Camera.
Simone Baldelli, giovane
onorevole del Pdl, col piglio
del comico ci racconta la sua
esperienza.
Quando ha iniziato a fare
politica?
«L’attività politica è iniziata
a 19 anni con il movimento
giovanile socialista; successivamente con i Radicali e poi
con Forza Italia».
A 27 anni è diventato coordinatore nazionale dei giovani di Forza Italia: che
ricordi ha di quell’esperienza?
«Ho un ricordo bellissimo,
perchè è stata la celebrazionedi un percorso durato anni
nel movimento giovanile. Ho
raccolto infatti il frutto di tanti
anni di convegni, riunioni e di
una mia campagna congressule, attraverso la quale ho girato l’Italia».
Qual era il vostro obiettivo?
«C’era un grande progetto
sul mondo giovanile, che era
quello di imporre la questione
generazionale. Una questione
che non toccava destra e sinistra in quanto tali, ma un profilo di più ampio respiro, che
andava dall’abolizione della
leva alla riforma delle pensioni. E poi una scuola che
avesse al centro lo studente, attenta più a chi dovesse trovare
una collocazione lavorativa,
che a collocare bidelli e studenti. In seguito, come coordinatore nazionale dei giovani,
insieme ad altri giovani dell’Udc e della Lega avevano
anche realizzato il coordinamento dell’allora Popolo della
libertà».
Quali sono stati gli step successivi?
«Sono stato eletto nel Consiglio regionale del Lazio nel
2000. Al 2006 arrivo alla Camera e dal 2008 sono Vice Capogruppo del Popolo della
Libertà a Montecitorio e sono
stato riconfermato componente
della Commissione Lavoro.
questo è un messaggio che
mando a Nichi Vendola e agli
altri che pensano che basta
l’Obama Milanese, pugliese, o
monzese come me, dico scherzando. Ci vuole un movimento
di persone che si organizzi, che
trasferisca una serie di valori e di
principi e di soluzioni che poi
vengano condivisi».
Lei era troppo giovane per
candidarsi come Sindaco di
Milano?
«Il Pd di Milano mi ha detto una
cosa bellissima: “saresti stato un
ottimo candidato”, con una
forma verbale strana, fa un po’
sorridere. Perché uno a 35 anni è
troppo giovane, per candidarsi...
ma in compenso può andare in
giro, come una coppia di fidanzatini, con la Serracchiani a parlare di giovani: perché noi
parliamo sempre di giovani, è un
po’ curioso.
Deborah Serracchiani è europarlamentare, io sono Consigliere
Regionale, Matteo Renzi fa il
Sindaco. Ci sono un sacco di amministratori locali del Pd a cui
chiedo soltanto una cosa: un po’
di coraggio, perché se vedo dei
giovani che sono addirittura più
conformisti dell’Unione Sovietica allora c’è qualcosa che non
va.
Lo dico con una battuta, poi naturalmente si offenderanno tutti
quelli che pensano di essere sovietici». ( f.m.)
“Ho 38 anni e i capelli brizzolati,
ma mi piace vedere giovani appassionati”
G
Ora non mi occupo più dei
gruppi giovanili del Pdl, per
fortuna».
Ha detto “per fortuna”?
«Il movimento giovanile del
Pdl nasce dalla fusione del
vecchio movimento giovanile
di Forza Italia e quello di Alleanza Nazionale, con alcune
altre componenti che erano entrate nel Pdl, come il gruppo di
Rotondi. Ora stanno trovando
un equilibrio politico che sarà
loro compito definire. Io
adesso seguo altre attività: ho
38 anni e i capelli brizzolati;
passo la mia vita qui alla Camera, tra Cicchito e altri capigruppo».
Silvio Berlusconi ha nominato,
lo scorso 17 dicembre, il
nuovo coordinatore nazionale
della Giovane Italia: è Annagrazia Calabria, parlamentare
ventottenne, di professione avvocato.
Una decisione che Simone
Baldelli commenta così: «Annagrazia ha iniziato la sua militanza giovanissima nel
movimento giovanile azzurro e
sono sicuro che riuscirà a portare avanti con successo il suo
incarico attraverso l`impegno e
l`entusiasmo che la caratterizzano da sempre». (f.m.)
Pagina 20
SOCIETÀ
LAB Iulm
Per fare il sacchetto
ci vuole...
la pannocchia
Dall’amido di mais nasce
lo shopper biodegradabile.
Ecco Mater Bi, un’idea
tutta italiana firmata
da Novamont, company
di Novara sorta nel 1990
dall’esperienza Montedison
Nicola Marcatelli
intrecciandolo con sostanze di
origine naturale e sintetica così
e rivoluzioni nella storia da aumentarne la resistenza alrovesciano i troni e i re. l’acqua e dandogli proprietà
Nei mercati generano strutturali. Col mais nello stanovità tra gli stakeholders, ri- bilimento di Terni si produce il
disegnando i ruoli di leader e Mater Bi, che è poi venduto a
follower. Così, quella svolta trasformatori che realizzano i
epocale sancita da una legge sacchetti per la raccolta diffeche obbliga i supermercati a renziata che dopo l’uso biodeservire la spesa in sacchetti gradano e ridiventano materia
non più di plastica ma biode- organica, ottima per il compogradabili ha lanciato sulla cre- staggio. A Novamont elencano
sta dell’onda una realtà con orgoglio i benefici del progiovane, che si è da poco la- dotto: contiene risorse rinnosciata alle spalle la propria vabili di origine agricola,
adolescenza. Questa realtà, diminuisce le emissioni di gas
Novamont, sorta negli anni ad effetto serra, riduce il conNovanta da quel che rimaneva sumo di energia e di risorse
di Montedison, beneficerà in non rinnovabili.
maniera esponenziale della La conferenza di Cancun semlegge che ha sbattuto fuori dai bra offrire un assist perfetto
supermercati dallo scorso 1 alla company piemontese: analizzando
il
gennaio l’antico shopper
Dal primo gennaio contributo che
il settore dei
di plastica:
sono stati banditi rifiuti può
Novamont
infatti è idea- per legge gli shopper dare alla lotta
al
cambiatore di Mater
di plastica. mento climaBi, fiore alin
l’occhiello di
Ora l’azienda tico,
Messico
è
questa impresa di Nopiemontese prevede stato evidenziato come
vara, perché
una forte crescita questo settore
biodegrada“in una pobile e comper la domanda sia
sizione
di
postabile
di materia prima forza per pasnaturalda essere
mente. Quale
Mater Bi sare
una fonte di
migliore inemissioni ad
venzione alessere
un
lora
per
affrontare la sfida della tutela grande risparmiatore di emissioni” (dal rapporto “Waste
ambientale?
Tutto nasce dalla struttura mo- and Climate Change: Global
lecolare dell’amido di mais, Trends and Strategy Frame-
L
work”). E allora lo shopper
biodegradabile in Mater Bi
sembra la risposta giusta al
momento giusto alla domanda
di prodotti di largo consumo a
basso impatto ambientale.
Alla vigilia della svolta dell’1
gennaio, gli uffici contabilità
di Novamont avevano constatato un rilevante incremento
della domanda per la loro materia prima, ma il boom è atteso per i primi mesi di
quest’anno, quando la grande
distribuzione avrà finito le
Nello stabilimento di Terni, aperto nel 2006, Novamont produce la materia prima, il Mater Bi, che viene
successivamente trasformato in shopper biodegradabili dalle aziende che lo acquistano.
La domanda è aumentata nell’ultima parte del 2010 e la company di Novara si sta attrezzando
per aumentare la propria produzione nel 2011
LAB Iulm
SOCIETÀ
Pagina 21
L’INIZIATIVA
Ormai “non ci sono più
i bicchieri di una volta”
Test in Lombardia: boccali biodegradabili
n drink, due drink e
così via. Quanti bicchieri finiscono nei
cassonetti all’alba ogni volta
che è passata una notte in discoteca? Tanti, probabilmente
troppi. Così quattro locali dell’hinterland milanese si sono
inventati “Non ci sono più i
bicchieri di una volta”, iniziativa che prevede la sostituzione dei bicchieri di materiale
non riciclabile con prodotti in
P.L.A., un materiale biodegradabile di ultima generazione
estratto dall'amido di mais.
Obiettivo comune: favorire la
sostenibilità ambientale. I locali coinvolti sono Live Club
di Trezzo sull'Adda, Circolo
Arci Magnolia di Segrate,
Bloom di Mezzago e Arci Locomotiva di Vimercate. L’impatto
sarà
notevole
considerando che la stima è
quella dell’utilizzo ogni anno
di un milione di bicchieri
annui.
«Non solo questi non diventeranno rifiuto da avviare all’inceneritore o alla discarica ma
si trasformeranno invece in
una risorsa» sostiene Fulvio
De Rosa, direttore del Live
U
Club. «Attraverso lo smaltimento in compostaggio infatti
diventeranno compost che fertilizzerà il terreno su cui poi
nasceranno altre piante dalle
quali si otterranno nuovamente materie prime. Un ciclo
virtuoso che nel suo completarsi comporta meno impiego
di risorse non rinnovabili,
meno energia e meno CO2».
Di certo nell’ottica di un cambiamento a favore della tutela
ambientale questi locali hanno
fatto un significativo passo
avanti: «Coniugare la logica
aziendale con quella della sostenibilità ambientale non è
semplice, molte scelte vanno
fatte e pensate come investimenti a lungo termine, altre
semplicemente per una questione di coerenza».
IL GLOSSARIO
iodegradabile: il termine utilizzato per indicare i materiali
che possono essere decomposti in natura, ovvero materiali
in cui molecole complesse possono essere trasformate in
molecole più semplici e innocue per l'ambiente.
B
C
scorte di sacchetti di plastica tutte le proprie attività: di
(ancora utilizzabili per una quelle l’unica sopravvissuta è
proroga temporanea del go- stata Novamont, grazie a una
verno). Per far fronte a questo delle prime operazioni di priaumento del giro d’affari, la vate equity d’Italia. Ad acquicompany novarese si è attrez- sirla furono infatti due
zata nel 2010 per arrivare a una coraggiosi attori: la Banca
capacità produttiva di 80mila Commerciale Italiana e il
tonnellate e per la primavera fondo investitori associati.
conta di aggiungerne altre Oggi Novamont ha 20 anni e
60mila.
detiene il 60% del mercato
Il bello in tutta questa storia è mondiale del biodegradabile,
che Novamont è un’eccellenza traguardo figlio dei nutriti intutta italiana:
vestimenti
sorse
nel
Venti anni fa in ricerca e
1990 per sviviluppo
rischiava svoluti
luppare
e
dalla
commerciadi essere smembrata, c o m p a n y :
lizzare i proinfatti
il
d o t t i ma qualcuno ha deciso 30%
dei
realizzati da
173 didi investirci. suoi
Fertec, sopendenti è
cietà che faOggi Novamont i m p i e g a t o
ceva capo
ricerca e
detiene il 60% in
alla Holding
sviluppo,
Montedison del mercato mondiale cui nel 2010
con il comè stato dedel settore stinato oltre
pito di armonizzare
la
il 7% del
biodegradabile f a t t u r a t o .
cultura chimica
di
Detiene
Montecatini con quella agroin- anche 80 famiglie brevettuali e
dustriale del gruppo Ferruzzi. 800 depositi internazionali. E
Nel 1991 la crisi di Montedi- dalla “rivoluzione” uscirà anson vide smembrare e vendere cora più forte.
Non solo
sacchetti...
Posate, carta igienica, oggettistica. Cosa c’entra tutto
questo con Mater Bi, il biodegradabile sviluppato da
Novamont?
C’entra eccome, perché si
tratta di un prodotto estremamente versatile, utilizzabile
in diversi campi. Certo c’è
quello dei sacchetti per la
spesa, ma la lista è lunga, a
cominciare dal settore della
ristorazione che può essere
investito da Mater Bi, per la
realizzazione di posate,
piatti, bicchieri, tazze e scatole per l’asporto dei cibi preparati.
Altro
settore
interessato è quello dell’agricoltura, che comprende teli
di pacciamatura, vasetti per
la vivaistica, corde e legacci.
Poi c’è quello dell’igiene
della cura della persona: bastoncini cotonati, pannolini,
assorbenti femminili, carta
igienica, tovaglioli e fazzoletti. Inoltre il settore dell’oggettistica:
penne,
temperamatite, righelli, cartucce, giocattoli e pettini.
ompostabile: secondo una norma UE un prodotto per essere definito compostabile deve essere biodegradabile e
disintegrabile in tempi brevi, ossia deve essere trasformato
dai microrganismi in acqua, anidride carbonica e fertile compost.
Infine, per essere definito compostabile, il manufatto deve risultare compatibile con un processo di compostaggio, cioè non deve
rilasciare sostanze pericolose e non deve alterare la qualità del
compost prodotto.
ontedison: la Montecatini Edison S.p.A, abbreviata poi
in Montedison S.p.A., è stata un grande gruppo industriale e finanziario italiano, conosciuto con questo
nome fino al 2002; attivo prevalentemente nella chimica, aveva
però interessi in numerosi altri settori (farmaceutica, energia, metallurgia, agroalimentare, assicurazioni, editoria).
M
Mater Bi dispone di un’offerta molto diversificata.
Con esso non si ottengono solo shopper ma anche tanti altri
prodotti utilizzati in settori differenti.
Un esempio è quello delle coppette per il gelato
Pagina 22
IULM NEWS
LAB Iulm
“Riscoprire
il piacere
dell’etica”
Apertura dell’Anno
Accademico.
Ospite d’onore
il vicepresidente
del Csm Michele Vietti
Stefano Fiore
’inaugurazione
dell’anno
accademico
2010-2011 della Libera
Università di Lingue e Comunicazione IULM, avvenuta il
13 dicembre scorso nell’Aula
Magna dell’Ateneo, è stata
l’occasione per il Rettore Giovanni Puglisi di riflettere su
valori, responsabilità e legalità
nel contesto odierno, frammentato tra proteste studentesche e fragilità del sistema
politico. Oggi, come ieri, la
mancanza di etica intralcia il
cammino che l’Italia deve intraprendere per un rinascimento
culturale.
Ospite
d’onore Michele Vietti, Vice
Presidente del Consiglio della
Magistratura mentre la prolusione è stata opera del professor
Angelo
Miglietta,
Ordinario di economia e gestione delle imprese. Il Rettore
ha evidenziato la miopia dell’Italia: «Questo Paese non ha
mai capito, o voluto capire,
che il suo vero patrimonio economico è la cultura, la sua storia
culturale»
l’amara
riflessione di Puglisi. Una debolezza che secondo il Rettore
la classe politica si trascina addirittura dalle lotte del 1968,
che non hanno mai portato una
reale democratizzazione della
cultura.
L
E d’altronde l’Italia è un Paese gole e piacere dell’etica. È l’upoco propenso alle riforme, il nico antidoto alla deriva del
caso del DDL Gelmini è em- Paese per garantire certezza
blematico. Un
della pena e in“Questo Paese terdizione perimmobilismo
già descritto
dai
non ha mai capito manente
nella relazione
pubblici uffici
dell’anno
che il suo a quanti venscorso, e che il
gano riconopatrimonio s c i u t i
Rettore ha voluto, con un
di
più importante responsabili
pizzico di proun delitto e
è rappresentato quindi colpevocazione, riproporre
Il piaproprio dalla voli».
integralmente
cere dell’etica,
allegata alla
cultura” dunque. Obietcartella di presentazione. «L’Italia ha dilapidato le sue risorse migliori,
umane e strutturali, alla ricerca
di una quadratura economica
che sarebbe stata più stabile se
avesse saputo accompagnare
le scelte economiche con l’intelligenza di una motivazione
selettiva piuttosto che con il righello del ragioniere che tutto
taglia per nulla vedere»: l’appello del Rettore va proprio all’etica,
sinonimo
di
educazione e coscienza sociale. Altrettanto importante è
la garanzia di certezza delle regole e del diritto da parte dei
governanti. «Il potere non è
amorfo: ha sempre le forme
degli uomini e, come questi, è
buono o cattivo, giusto o ingiusto, onesto o corrotto. E la
differenza risiede nel sapiente
incontro tra rispetto delle re-
tivo che questa Università Università, nel periodo che la
sente di dover perseguire con vita, la salute, la fiducia del
forza, a maggior ragione in Consiglio d’Amministrazione
e dei Colleghi e
uno scenario
“Politica, impresa la volontà di
simile. Tanto
mi consenche la conclue finanza Dio
tiranno, stabisione della relazione
del
non dovrebbero l i t à
istituzionale,
Rettore è presa,
salvaguardare conservandone
volutamente,
piena autopari passo da
soltanto la
nomia cultuquella
della concorrenza, rale, formativa
l’anno precedente: «Il mio ma anche i principi e finanziaria,
mettendola a risogno è quello
di dare a questa
di responsabilità” paro da avvenll’inaugurazione è intervenuto anche l’Onorevole Michele Vietti (nella foto a
fianco), Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, che ha ricordato come
i tempi eccessivi nello svolgimento dei processi
e gli elevati costi che ne derivano, generano ogni
anno perdite economiche gravissime che minano
l’efficienza della giurisdizione come sistema
etico.
Ma l’etica sta anche alla base anche di un necessario rinnovamento del sistema giustizia: «La
giurisdizione è oggi alla ricerca dell’equilibrio
tra diritti istituzionali, quali autonomia e imparzialità, e valori nuovi, come la professionalità e
l’efficienza». In conclusione, l’Onorevole Vietti
si è soffermato sul rapporto tra giurisdizione e
giustizia evidenziando come le moderne tecnologie della comunicazione, per esempio la sperimentazione del processo civile telematico al
Tribunale di Milano, possano fornire anche al
mondo giudiziario utili strumenti per fornire un
servizio migliore e più rapido ai cittadini.
A
LAB Iulm
IULM NEWS
LA NOVITÀ /1
Pagina 23
LA NOVITÀ /2
Arte e interpretariato, Un fondo speciale
due Master a Roma
per il nuovo KTC
il mondo dell’impresa con
quello della cultura e dell’arte,
’Università Iulm sbarca professionisti capaci di proa Roma con due master gettare e coordinare eventi ed
di I livello: in Manage- attività culturali. Sono previste
ment delle Risorse Artistiche e 20 borse di studio, attribuite
per merito, a
Culturali
totale copertura
(MaRAC), e in
L’obiettivo? dei costi del
Interpretariato
che
di conferenza. Riuscire a formare master,
avrà durata anSi tratta come
manager nuale.
sempre di piani
master in Indi studio attenti
in grado di Ilterpretariato
di
alle indicazioni
del mercato del
collegare il mondo conferenza sarà
invece diretto
lavoro,
che
dell’impresa dal Prof. Paolo
promettono di
conciliare la
e quello Proietti e potrà
fregiarsi della
formazione nei
della cultura partnership con
settori
delle
la Scuola SupeLingue, della
Comunicazione, del Turismo e riore per Mediatori Linguistici
della Valorizzazione dei beni Carlo Bo, che in oltre cinculturali con le future esigenze quant’anni di attività ha preprofessionali dei giovani che parato i migliori interpreti e
s’iscriveranno ai corsi. Il traduttori del nostro Paese.
MaRAC, organizzato in co- Obiettivo del Master è formare
parternership con la Fonda- profili professionali, dalle elezione Roma – per intenderci la vate competenze culturali, nelrealizzatrice delle grandi mo- l’inglese e in un’altra lingua
stre di Via del Corso, come europea, che abbiano grandi
quella dedicata alla Roma del competenze nell’interpretaQuattrocento da Donatello a zione simultanea e consecuPerugino o la più recente su tiva. La durata va da gennaio a
Edward Hopper – e diretto dal maggio 2011, e i corsi si terProf. Giovanni Puglisi, Ret- ranno all’interno di moderni
tore della IULM, ha come laboratori che si avvalgono di
obiettivo quello di formare impianti di ultimissima genemanager in grado di collegare razione.
Marco Giorgetti
L
ture di qualsivoglia natura
ideologica, politica e imprenditoriale».
Anche il professor Miglietta,
nella prolusione intitolata
“Persona, imprese e finanza
nella società globale: responsabilità ed etica”, ha spiegato
come l’etica possa aiutare l’economia italiana a uscire dalla
crisi. Una crisi figlia di anni in
cui la politica economica non
ha offerto riforme per la liberalizzazione dei mercati, la riduzione razionale della spesa
pubblica e il contenimento
delle ingerenze della burocratizzazione nella vita economica e sociale. La ricetta per
uscirne è tanto chiara quanto
virtuosa: «Politica, impresa e
finanza dovrebbero unire il
concetto di concorrenza a
quello di etica». Per troppo
tempo la logica della concorrenza dei mercati è stata sottomessa
al
concetto
disumanizzato di efficienza ma
è tempo e ora di usare un
nuovo approccio. «Conoscenza, etica e fiducia devono
diventare le parole chiave per
regolare il sistema impresa e il
sovra sistema economico-finanziario che la circonda». La
chiusura è una dedica agli studenti: «Gli educatori nelle
scuole e nelle università hanno
il compito di favorire il radicamento dei valori morali e della
coscienza nel pilastro della società: i giovani».
l 9 dicembre il Rettore Iulm, di una parte del Campus
della Iulm Giovanni Pu- Universitario - incluso il Resiglisi e Giovanni Quaglia, dence che ospita gli studenti Presidente della REAM SGR e dell’area adiacente, destinata
e Vice Presidente Vicario della ad ospitare il nuovo KTC: il
tutto per un valore complesFondazione CRT, hanno firsivo stimato in 21,150 milioni
mato l’atto di
di Euro. A quecostituzione del
Viene costituito sti valori imprimo fondo
si
immobiliare inil primo mobiliari
sono aggiunti i
teramente dedifondo immobiliare conferimenti
cato
ad
denaro di
un’iniziativa di
interamente in
due fondazioni
housing sociale
universitario. Si
dedicato bancarie – la
Fondazione
tratta, in soa una iniziativa Cariplo e la
stanza, della
ondazione
creazione di un
di social housing FCRT
– che
fondo d’investiuniversitario hanno contrimento comune
buito con 10
i m m o b i l i ar e ,
milioni di Euro
destinato a sostenere i lavori di sviluppo del ciascuna, somme che verranno
Campus IULM, tra i quali destinate alla realizzazione del
spicca l’edificazione, ormai al KTC.
via, del nuovo Knowledge Gli investimenti delle Fondatransfert Center (KTC), com- zioni bancarie riceveranno un
plesso immobiliare che ospi- rendimento privilegiato, gaterà
funzioni
altamente rantito dal canone di locazione
innovative, tra cui l’Audito- dell’Università. Agli apporti
rium e la Biblioteca digitale, e immobiliari effettuati dalla
sarà a disposizione dell’Uni- Iulm è invece collegata un’opversità ma aperto ad una più zione di riacquisto sul futuro
ampia fruizione del mondo patrimonio immobiliare realizeconomico, culturale e sociale zato, così da garantire all’Unimilanese e lombardo. Il Fondo versità la possibilità di
immobiliare Social & Human riacquisire la proprietà dell’inPurpose è stato costituito tra- tero Campus al termine dell’omite l’apporto, da parte della perazione. (m.g.)
I
IL CONCORSO
Subway, dieci anni di juke box letterari
Linda Irico
iovani scrittori di tutta Italia unitevi. L’occasione è il concorso letterario Subway Letteratura 2011, arrivato quest’anno
alla sua decima edizione dopo il grande successo ottenuto dalla manifestazione negli anni precedenti. Le iscrizioni sono
aperte a scrittori, poeti e illustratori rigorosamente under 35. L’idea, curata da Davide Franzini e Oliviero Ponte di Pino,
ha per obiettivo la produzione la produzione e la divulgazione di testi letterari di qualità scritti da giovani esordienti. Le opere
selezionate saranno infatti stampate su 19 libretti per l’ammontare di 5000 copie e messe a disposizione dei lettori in appositi
“juke box” letterari installati, dalla prossima primavera e fino all’autunno 2011, nelle città di Roma, Milano, Bologna, Palermo,
Roma, Treviso e Venezia. Le opere possono essere inviate alla casa editrice Subway entro e non oltre il 28 febbraio 2011.
A selezionarle un comitato riccamente composto da nomi come Andrea G. Pinketts, Caterina Bonvicini, Roberto Deidier, Erica
Berla, Giulia Ichino. Per i talenti più giovani un premio speciale è ideato e promosso dall’Università Iulm di Milano. Sotto il
filo comune della “molteplicità” i racconti degli scrittori under 19 saranno visionati da una giuria composta da docenti Iulm,
che selezionerà i 10 finalisti e tra questi il vincitore del Premio Speciale Università Iulm- under 19. L’opera vincitrice sarà pubblicata come 11° titolo- Subway Letteratura 2011. I dieci racconti finalisti saranno poi pubblicati a novembre 2011 in un’antologia a cura dell’Università Iulm in 5000 copie.
G
Pagina 24
IULM NEWS
LAB Iulm
Il potere ha le forme degli uomini
Non esiste legalità, se non c’è attenzione per i valori e per la responsabilità
segue dalla prima
Quanti nel ’68 chiedevano
“immaginazione al Potere”,
non volevano – o, più onestamente, non volevano solo – occupare spazi governativi,
partiti, case editrici, giornali,
televisioni e rettorati, chiedevano in un Paese ormai quasi
ricco un cambio di regole e di
passo. Niente di tutto ciò: la
democratizzazione della cultura fu intesa, con molta malafede, come abbassamento dei
livelli della cultura di massa,
dell’università e della scuola; il
cambio delle regole coincise
con l’apertura delle porte del
Tempio, fino al suo cuore, a
chiunque (la breccia fu la liberalizzazione degli accessi all’Università
e
la
liberalizzazione dei piani di
studio), dando potere alle logiche dei numeri, contro spesso
quelle dell’intelligenza, della
competenza e, più grave ancora, del buon senso; il cambio
di passo ha visto sopravanzare
l’incertezza strutturale del
granchio sulla lentezza della
lumaca.
Con tutta franchezza una debacle di questa portata – confesso
– sarebbe stata difficile da immaginare a chiunque in quegli
anni: anni nei quali le parole
d’ordine sembravano essere
proprio valori, responsabilità,
legalità. Certamente le colpe
sono condivise e nessuno della
mia generazione – e forse
anche di qualche altra dopo –
può dirsi senza macchia e
senza peccato. Ma attenzione a
fare di ogni erba un fascio:
questo è un Paese, che non ha
mai capito – o non ha voluto
capire ? – che il suo vero patrimonio economico era la sua
cultura, la sua storia culturale,
è un Paese che ha sempre dato
ragione a chi grida di più, in
barba ai diritti dei più deboli e
alle regole più elementari della
solidarietà, è un Paese che ha
sempre accarezzato la pantera
– quale che fosse, anche se era
un gattone o una marmotta –
pur di conquistare consenso e
popolarità, è un Paese che ha
dilapidato le sue risorse migliori, umane e strutturali, alla
ricerca di una quadratura economica, che sarebbe stata più
dura, ma più stabile, se avesse
saputo accompagnare le scelte
economiche con l’intelligenza
di una motivazione selettiva, a
valle di processi valutativi,
piuttosto che con il semplice
righello del ragioniere, che
tutto taglia per nulla vedere.
Anche l’infinito leopardiano è
un limite immaginario, che
però si sostanzia nella certezza
della tangibilità esistenziale
della siepe: se tagli la siepe,
non allunghi l’infinito, ma distruggi un incantesimo.
Dopo tanti anni di vita pubblica, mi sia consentito dire
che il sacrosanto diritto di tutti
ad accedere ad ogni livello di
responsabilità politica deve essere coniugato con l’altro
grande diritto dell’uomo,
quello all’istruzione, che non
può essere separato dal dovere
inalienabile di rispetto verso
l’Altro, sia esso persona o bene
collettivo e individuale. Siffatto sinolo non si esaurisce
con il diploma di studi superiori o universitari, ma si acquisisce con una paziente e
sana cultura di governo, che un
tempo era gestita – e fors’an-
che garantita – dai partiti e
dalle organizzazioni sociali e
culturali, ma che oggi lascia
ampi, troppi, spazi all’avventurismo e al rampantismo di
varia natura. Un solo antidoto
credo si possa invocare davanti
a tale deriva.
La certezza delle regole e del
diritto: che innanzi tutto vuol
dire certezza della pena e interdizione permanente dai pubblici uffici a quanti vengono
riconosciuti, con sentenza passata in giudicato, responsabili
di un delitto e quindi colpevoli.
Il valore della legge non passa
attraverso retoriche didascalie
che oggi si trovano ancora neglette nelle aule dei tribunali,
quasi come reperti archeologici, bensì attraverso un ritrovato equilibrio tra poteri, che
metta fine al diseducativo spettacolo della lotta per il predominio dell’uno sull’altro a
colpi di mandati di cattura o
sentenze il primo e di leggi ad
personam o amnistie l’altro. Il
potere non è amorfo: ha sempre le forme degli uomini e,
come questi, è buono o cattivo,
giusto o ingiusto, onesto o cor-
rotto; e come per gli uomini
non è il cumulo degli anni a
fare la differenza, ma semmai
l’incontro tra dottrina e coscienza, così per il potere non è
il vuoto esercizio della retorica
democratica a fare la differenza, ma il sapiente incontro
tra rispetto delle regole e piacere dell’etica.
Il potere, anzi l’ebbrezza del
suo esercizio, fa spesso più
male, in modo soggettivo e oggettivo, a chi lo avvicina
estemporaneamente, che a
quanti lo esercitano con coscienza e rispetto delle regole
magari da molto tempo. Prima
di insegnare ai nostri ragazzi
cosa e come si studia nelle
Università dal diritto alla filosofia, dalla comunicazione all’economia, e così via, è
necessario che la rappresentazione sociale di queste attività
nella quotidianità della loro
espressione politica, sociale,
sindacale, professionale sia rispettosamente coerente con il
“verbo accademico”, altrimenti tutto diventa “teatrino”
ipocrita.
Giovanni Puglisi