Gennaio 2011 - Master in Giornalismo
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Gennaio 2011 - Master in Giornalismo
PAGINE 18-19 Viaggio tra i giovani che credono ancora nella politica 23 2- S G. 2 W PA PAGINE 16-17 Un pezzo di storia non solo sportiva: il Palalido E PAGINE 10-13 Come vivere a chilometro zero, mentre chiudono i mercati comunali N Società LM Milano IU Metropoli Gennaio 2011 Anno VIII Numero I Bonifiche, veleni&business labiulm. campusmultimedia.net Periodico del master in giornalismo dell’Università Iulm - Campus Multimedia In-formazione - Facoltà di Comunicazione, relazioni pubbliche e pubblicità Amianto, cianuro, rifiuti tossico-nocivi: esplode il caso della contaminazione dei terreni ex industriali. Metterli in sicurezza costa cifre astronomiche, quasi sempre a carico della casse pubbliche. E la maxitruffa del “bonificatore” Giuseppe Grossi ci costerà una multa europea da 490 milioni di euro IL POTERE HA LE FORME DEGLI UOMINI Giovanni Puglisi tragicamente presente, agli occhi e alle menti più lucide, più di quaranta anni dopo quel drammatico Maggio ‘68, un doppio fallimento: è fallito, alla prova del tempo medio-lungo, ogni vero tentativo riformatore di reale democratizzazione della cultura e in un certo qual senso dell’intero Paese, ma soprattutto ha fallito la classe dirigente di questo Paese e di questa Università, che ha occupato il Potere lungo quaranta anni, senza riuscire ad imprimere all’azione più incisiva di ogni attività riformatrice, ovvero alla efficacia pervasiva di una cultura riformatrice e democratica di massa, il giusto impulso, avviando riforme vere con la marcia giusta. È continua a pag. 24 L’inchiesta: sacchetti di plastica in pensione, cosa cambia? PAGINE 20-21 Pagina 2 SOMMARIO l giornale che avete in mano è un prodotto molto particolare. È, insieme, la palestra degli allievi del Master di Giornalismo Iulm – Campus Multimedia, e il biglietto da visita di una Università dove si studia Comunicazione (la prima ad averlo proposto in Italia) e che sceglie di comunicare at- I Una scommessa e una vetrina traverso il lavoro formativo dei suoi studenti. Non era mai accaduto prima che la testata di una scuola di giornalismo prendesse il mare aperto e venisse distribuita insieme a un giornale “adulto” e prestigioso come Prima comunicazione. Diretto da Ivan Berni e Giovanni Puglisi (responsabile) In redazione: Marco Cosenza, Nicola Marcatelli, Sara Mariani, Emilio Mariotti, Francesca Martelli, Manuela Messina, Carolina Saporiti, Marco Subert, Tommaso Tafi, Salvatore Todaro, Elisa Zanetti, Erika Crispo, Chiara Daffini, Valentina Evelli, Stefano Fiore, Anna Chiara Gaudenzi, Monica Giambersio, Marco Giorgetti, Linda Irico, Giuseppe Leo, Francesco Maesano, Marco Mugnaioli, Chiara Pagnoni, Giulia Pezzolesi, Francesco Piccinelli Casagrande, Francesco Priano, Roberta Rei, Marta Rigoni, Ignazio Stagno, Roberto Tortora via Carlo Bo, 1 02/891412771 - LAB Iulm 20143 - Milano [email protected] Registrazione: Tribunale di Milano n.477 del 20/09/2002 Stampa: Graficart snc - Biassono (Milano) Master in Giornalismo Campus Multimedia In-Formazione Direttore: Giovanni Puglisi Responsabile didattico: Angelo Agostini Caporedattore: Ivan Berni Responsabile laboratorio redazione digitale: Paolo Liguori Tutor: Silvia Gazzola Docenti: Angelo Agostini (Storia del giornalismo) Camilla Baresani (Scrittura creativa) Marco Capovilla (Fotogiornalismo) Toni Capuozzo (Approfondimento televisivo) Luca De Biase (Giornalismo web) Andrea Delogu (Gestione dell’impresa editoriale televisiva) Giuseppe Di Piazza (Giornalismo Periodico) Guido Formigoni (Storia contemporanea) Milena Gabanelli (Videogiornalismo d’inchiesta) Oscar Giannino (Giornalismo economico e finanziario) Enrico Maria Greco (Gestione dell’impresa editoriale) Bruno Luverà (Giornalismo e società) Caterina Malavenda (Diritto penale e Diritto del giornalismo) Matteo Marani (Giornalismo sportivo) Marco Marturano (Giornalismo e politica) Pierluigi Panza (Giornalismo culturale) Sandro Petrone (Giornalismo televisivo) Giampaolo Roidi (Giornalismo per la free press) Alessandra Scaglioni (Giornalismo radiofonico) Claudio Schirinzi (Giornalismo quotidiano) Gabriele Tacchini (Giornalismo d’agenzia) Vito Tartamella (Giornalismo scientifico) Fabio Ventura (Trattamento grafico dell’informazione) Vittorio Zambardino (Eretici digitali) Presidente: Giovanni Puglisi Vice Presidente: Gina Nieri Amministratore Delegato: Paolo Liguori Direttore generale: Marco Fanti Consiglieri: Gian Battista Canova, Mauro Crippa, Vincenzo Marzuillo, Vincenzo Prochilo, Paolo Proietti Per i trenta ragazzi del Master è un impegno forte, che li proietta immediatamente a contatto di un pubblico specializzato e attento, quale quello di Prima. Ma questa occasione senza precedenti è anche la prima vetrina in cui mettersi in mostra, da giornalisti, misurandosi con l’attualità, l’inchiesta, il costume, la cultura, i cambiamenti sociali e le trasformazioni di Milano, la città dove i ragazzi del master studiano e imparano il mestiere del giornalista. Per l’Università Iulm è una scommessa che confidiamo sarà ben riposta. E non è rituale il ringraziamento a Prima Comunicazione per un’ospitalità che, a sua volta, è un beneaugurante attestato di fiducia a chi comincia ad affacciarsi a una professione complessa e difficile. Ma anche entusiasmante. (i.b.) QUESTO NUMERO Il prezzo dello sviluppo insostenibile Da risorsa per un nuovo rinascimento urbano a incubo del terzo millennio: le aree ex industriali nascondono i veleni di uno sviluppo insostenibile perseguito per decenni, che ha lasciato in eredità alle nuove generazioni la necessità di bonifiche da centinaia di milioni, che pagheranno i cittadini. Viaggio fra le terre intossicate di Milano, da via Bisceglie a Pioltello, da Santa Giulia a Melegnano, fra comitati di cittadini che protestano, amministrazioni che perdono la memoria e spregiudicati speculatori. Intanto le bonifiche-truffa dell’imprenditore Giuseppe Grossi costeranno all’Italia una maximulta europea da 490 milioni di euro EDITORIALI 4-9 3 3 Il tradimento, italica fede Troppa cronaca, poca visione LA CITTÀ CHE CAMBIA C’è più gusto a chilometro zero Il gastrologicamente corretto The Kitchen fa la spesa in cascina Quando mercato faceva rima con umanità Giovanni Terzi: “Rifaremo tutto senza spendere un euro” Il prete cinese che insegna l’italiano Via Giusti, scuola modello di integrazione Il fortino del basket Quella volta che Keith rischiò di morire SOCIETÀ Generazione 1000 euro: “Via dalla mala politica” Civati il rottamatore sprona i giovani del Pd Per fare un sacchetto ci vuole la pannocchia I pub dei bicchieri biodegradabili IULM NEWS Anno accademico: “Riscoprire il piacere dell’etica” Arte e Interpretariato, due master a Roma Un fondo speciale per il nuovo KTC 10 11 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 23 labiulm.campusmultimedia.net LabIulm www.iulm.it youtube.com/clipreporter twitter.com/labiulm www.campusmultimedia.net LAB Iulm EDITORIALI Il tradimento, italica fede * Gianni Canova* iamo tutti traditori. La propensione al tradimento la riceviamo ereditariamente con il nostro codice genetico. Siamo traditori e gattopardi, traditori e camaleonti, traditori e voltagabbana. Questo dice di noi, tra le tante cose che dice, quello che a me pare il più imprescindibile tra i film italiani di questa stagione: Noi credevamo di Mario Martone. Un film dal respiro epico sul difficile e contrastato processo che ha portato, 150 anni fa, all’unità d’Italia. Un film severo, intransigente, senza sconti. Ma anche appassionante, coinvolgente, illuminante. Come sempre dovrebbe essere il cinema, per essere all’altezza della sua storia. Il film di Martone, scritto in S collaborazione con Giancarlo De Cataldo (l’autore di Romanzo criminale, ma anche di un romanzo intitolato – non a caso – Traditori, uscito da Einaudi proprio in concomitanza con il film), propone una rilettura severa del nostro Risorgimento. Severa quanto lo furono, ai tempi loro, le riletture di maestri del cinema italiano come Luchino Visconti in Senso (1954) o dei fratelli Taviani in Allonsanfan (1974). Ma rispetto a questi illustri precedenti, Noi credevamo ci fornisce un elemento in più, a mio avviso illuminante: quello della fede come chiave di volta nelle relazioni interpersonali, politiche e culturali degli italiani. Il titolo del film è in questo senso chiarissimo: Noi “credevamo”. Il verbo credere va inteso ovviamente in senso fideistico: come se fosse noi avevamo fede. Una fede di natura religiosa anche quando laicissima. Una di quelle fedi che non si spiegano con la ragione, che non accettano argomentazioni razionali e che possono spingere fino al martirio. Se fosse proprio questa la chiave della nostra storia nazionale? Il fatto che le nostre scelte – politiche, culturali, esisten- ziali – sono sempre state dettate più dall’adesione fideistica che dalla riflessione razionale? La fede è come il tifo per un appassionato di calcio: non si discute. È così, punto. Andate da un tifoso o da un credente e cercate di convincerlo, appellandovi alla ragione, che certe sue convinzioni fideistiche sono quanto meno discutibili. Non vi come le macerie dei fabbricati bombardati diedero vita alla Montagnetta di San Siro, allo stesso modo i terreni lasciati liberi dalle fabbriche ormai abbandonate hanno assunto le dimensioni di una città nella città: sei milioni e mezzo di metri quadrati di cosiddette “aree dismesse”. Raccontare la guerra, paradossalmente è semplice: basta descrivere ciò che si vede. Più difficile è raccontare la trasformazione, perché i processi lenti producono i loro effetti nel lungo periodo: non si vedono subito. Il passaggio dalla Milano del- l’industria a quella del terziario è avvenuto nel corso di qualche decennio e non sempre i giornali hanno avuto chiara la visione d’insieme di quanto si stata verificando. Se chiude una piccola fabbrica non è una notizia rilevante soprattutto se questo avviene in un tempo e in un luogo che non conoscono disoccupazione. E non è una grande notizia neppure il fatto che una banca acquisti un palazzo in pieno centro storico. Giorno dopo giorno, però, cominciano a essere decine le fabbriche che chiudono, e non soltanto quelle piccole. Si sco- ascolterà nemmeno. Noi italiani siamo fatti così. Facciamo del tifo e della fede i modelli del nostro essere nel mondo. Ieri del nostro essere mazziniani o cavouriani, e poi monarchici o repubblicani, e poi ancora comunisti o democristiani. Oggi, del nostro essere visceralmente berlusconiani o antiberlusco niani. Per tifo, appunto. Per Pagina 3 fede. Senza ragione. Salvo poi cambiare squadra, e tradire, appena cambia il vento. Perché il trasformismo è l’esito inevitabile di chi porta iscritto dentro di sé il codice del tradimento. *Preside della Facoltà di Comunicazione, Relazioni Pubbliche e Pubblicità - Università Iulm Troppa cronaca, poca visione Claudio Schirinzi* a trasformazione di una città può avvenire nel fragore di un lampo, o nel lento e silenzioso modificarsi delle sue attività. Durante la seconda guerra mondiale 60 bombardamenti su Milano furono sufficienti per distruggere o danneggiare un terzo delle sue costruzioni. Più tardi, a partire dalla fine degli Anni Sessanta, è iniziato un processo di trasformazione (dalla Milano delle fabbriche a quella degli uffici) lento, ma inesorabile quanto gli attacchi aerei. E L pre, ad esempio, che neppure il milanesissimo panettone viene più prodotto a Milano e che gli impianti hanno traslocato in quella Verona, “patria” del rivale pandoro. Ci si rende conto che il centro storico ha cambiato faccia: le abitazioni si sono trasformate in ben più remunerativi uffici e i negozi di alimentari hanno dovuto abbassare la saracinesca perché se nessuno ci abita, in quelle strade, nessuno va più a fare la spesa. E al posto del fruttivendolo, del panettiere, del salumiere, ecco spuntare negozi che vendono esclusivamente costosissima biancheria intima come se tanga e push-up fossero diventati generi di prima necessità. Certo, i giornali hanno capito e raccontato che Milano stava cambiando, ma forse non hanno colto per tempo tutte le conseguenze di questo cambiamento. Il fatto che i box sotterranei venissero regolarmente allagati e così pure alcune stazioni della metropolitana, è stata una sorpresa. E invece la spiegazione era addirittura banale nella sua semplicità: le fabbriche divorano grandi quantità d’acqua; se se ne vanno, la disponibilità d’acqua aumenta e la falda sotterranea si alza di conseguenza. È un segnale, uno fra tanti. Con la stessa sorpresa (ma c’è davvero di che sorprendersi?) oggi scopriamo che nelle aree lasciate libere dalle fabbriche e in quelle dove le industrie hanno scaricato i loro rifiuti si sono accumulate quantità tali di sostanze tossiche da rendere indispensabili opere di bonifica molto dispendiose. Scopriamo che quella falda ormai risalita fino a pochi metri dal livello stradale ha incontrato quei veleni ed è diventata veleno essa stessa. Ciò che ieri ha fatto di Milano una città ricca, oggi è un problema costosissimo da risolvere. Giorno per giorno noi giornalisti descriviamo progetti mirabolanti, poi registriamo le proteste delle vittime (truffati o danneggiati) da quegli stessi progetti, raccontiamo gli interventi della magistratura, i sequestri delle aree, i fallimenti di qualche società, i processi interminabili. Giorno per giorno, appunto. Troppo spesso senza una visione d’insieme e senza sufficiente senso critico. *Docente di Giornalismo quotidiano Master in giornalismo Iulm Pagina 4 PRIMO PIANO LAB Iulm LA MAPPA DEI La deindustrializzazione ha lasciato in eredità a Milano milioni di metri quadri da riutilizzare, ma anche la necessità di bonifiche indispensabili e costosissime. A carico dei cittadini. Perchè chi ha avvelenato i suoli non pagherà mai il danno Il prezzo dello sviluppo insostenibile Tommaso Tafi si preoccupa di stilare un vero e proprio censimento delle aree inquinate e cerca, di volta in volta, di darsi una lista delle priorità per gli interventi di bonifica. A Gennaio 2010, in seguito ad un’interrogazione presentata dalle opposizioni in Consiglio Regionale, il Pirellone ha diffuso gli ultimi dati: sono oltre 600 i siti lombardi contaminati. In cima alla classifica delle zone più inquinate è ovviamente la città di Milano. Qui le aree su cui l’Agenzia cia. «Per prima cosa – esordisce – lasciatemi dire che da anni ormai la prima falda ac’era una volta una Miquifera della città è inutilizzalano a forte vocazione bile e la seconda è fortemente manifatturiera. Una Micompromessa. Per fortuna il lano che, grazie ai numerosi Consorzio per l’acqua potabile poli siderurgici, metalmeccaa Milano svolge da sempre un nici e chimici occupava a buon ottimo lavoro e l’acqua pulita diritto uno dei vertici del fala pesca dalla terza falda, a 80moso triangolo industriale, in100 metri di profondità». Nessieme a Genova e Torino. sun pericolo dunque per chi Di questa Milano industriale beve abitualmente l’acqua del sono ancora visibili alcune rubinetto, ma ogni volta che si tracce, fatte di scheletri di caapre un cantiere sui terreni che pannoni e di enormi fabbriche circondano Milano, esiste il mai riconvertite. Ancor più nufondato timerose, more che però, sono dagli scavi le tracce invenga fuori visibili: imdi tutto. Ecco p r o n t e perché, profonde, prima di fare lasciate sul anche un terreno da solo buco, i anni di inproprietari dustrializdei terreni zazione sono obblimai regolagati a verifimentata. c a r e , Impronte attraverso un che, con il sistema di passare del Carotaggi in corso nel cantiere Montecity a Santa Giulia carotaggi a tempo, qualcampione, cuno ha preferito ricoprire con tonnellate Regionale per la protezione quale tipo di sostanza è predi terra, per nasconderle al- dell’Ambiente (Arpa) ha rile- sente nel suolo. l’occhio e soprattutto alla me- vato livelli critici di sostanze moria dei cittadini e aprire così tossiche sono 170. Tra queste «Se questa verifica – prosegue ci sono anche singoli condo- Bai – dimostra che il suolo è le porte alla speculazione. Una parte di Milano poggia in- mini, ma in 122 casi si tratta di inquinato, il proprietario delfatti le sue fondamenta su un zone ex industriali e discari- l’area, se è la stessa persona che ha causato il danno, è tevero e proprio mare di veleni. che. nuto a rimediare mettendo il Amianto, amine aromatiche, arsenico, mercurio, solventi, ri- Edoardo Bai è medico e mem- sito in sicurezza, se no è tenuto fiuti urbani e industriali. bro del comitato tecnico scien- solo a fare in modo che la siUn insieme di sostanze poten- tifico di Legambiente e tuazione non si aggravi». zialmente micidiali, lasciate in conosce nel dettaglio molte di In concreto, se il proprietario eredità ai milanesi dalle decine queste situazioni, per essere non è il responsabile dell’indi industrie che popolavano le stato, per vent’anni, responsa- quinamento del suolo, ma ha bile dell’igiene ambientale solo ereditato i danni provocati periferie. Ogni anno Regione Lombardia nelle Asl di Milano e provin- da altri, deve costruire una bar- C riera idraulica sotterranea per reni destinati ad ospitarlo. Poievitare che i veleni finiscano ché, come si è visto, vaste zone per contaminare la falda più della Lombardia e di Milano profonda. sono contaminate da sostanze Si chiama “messa in sicurezza più o meno tossiche, la Red’emergenza” e rappresenta gione ha stabilito che i livelli solo il primo step necessario a di inquinanti non devono supeliberare il terreno dai rifiuti. rare una certa soglia di sicuUn’operarezza. zione che, in Ma chi è a Visti gli alti costi di tutta evidenza, certificare bonifica, spesso si che una decomporta un notevole diterminata sospendio di ri- ricorre alla “messa in glia può s o r s e sicurezza”: si stende essere riteeconomiche. nuta di sicuun telo spesso rezza? «La Per effettuare le analisi di un 1,5 millimetri, legge 152 terreno di dell’aprile lo si copre di terra 2006 prevede medie dimensioni si spenbuona e si separano –Bai continua dono circa – che 150 mila euro, i rifiuti dalle spetti al primentre per la vato, dopo messa in sicu- fondamenta delle case un’analisi del rezza di emerterreno, la genza si sfiora il milione. «La valutazione dei rischi. Questa messa in sicurezza d’emer- valutazione passa poi al vaglio genza, tuttavia – spiega ancora dell’Arpa e infine approda in Bai – non è sufficiente per ot- Regione o in Comune (a setenere l’autorizzazione a co- conda di chi ha la competenza struire. Per questo ci vuole una diretta dell’area, ndr) come almessa in sicurezza definitiva». legato al progetto edilizio in Già, perché, che si tratti di co- questione». struire un intero quartiere, un È proprio all’interno delle mapalazzo, o più semplicemente glie del sistema delle autorizun centro commerciale, l’auto- zazioni e dei controlli, che si rizzazione deve arrivare dal- inseriscono la malavita e i rapl’ente pubblico responsabile porti malsani tra istituzioni dell’area. Un’autorizzazione pubbliche e bonificatori priche dipende, oltre che dal tipo vati. Se l’ente pubblico ha tutto di progetto che si vuole realiz- l’interesse a vedere bonificati i zare, anche dallo stato dei ter- terreni, il privato, dal canto LAB Iulm PRIMO PIANO Pagina 5 LA STORIA PPA DEI VELENI Per la città delle fabbriche salute e ambiente erano un lusso Elisa Zanetti ’è stato un tempo in cui Milano era un gigantesco cantiere, una città in continua evoluzione, fiera di guidare insieme a Torino e Genova quello che sarebbe stato definito il triangolo industriale italiano: il motore del boom economico. Impalcature, scavi, cumuli di terra, ruspe e betoniere riempivano ogni angolo della città. Anni di grande entusiasmo, in cui si voleva lasciare alle spalle il recente passato della guerra e in cui non c’era tempo per pensare al futuro: il presente era lì e chiedeva solo di essere vissuto, di portare quel benessere che l’agricola società italiana non aveva mai conosciuto. L’esplosione demografica e il conseguente aumento della domanda di beni di consumo, il costo relativamente basso delle più importanti materie prime e la liberazione degli scambi internazionali permisero ai paesi dell’Europa occidentale, guidati dall’esempio statunitense, di lanciarsi a capofitto in quella corsa al benessere e allo sviluppo che per il modello occidentale sembrava non dovesse mai avere fine. Fu così che tra gli anni 50 e 60 le industrie a Milano si moltiplicarono, ridisegnando definitivamente il profilo della città. La Innocenti scelse Lambrate per produrre i suoi tubi, le Mini e le Lambrette; in Bicocca si fabbricavano gli pneumatici Pirelli, mentre l’industria chimica si sviluppò con la Montedison di Rogoredo. In Porta Romana crebbe una costola della Fiat, la Om, specializzata nella realizzazione di componenti meccaniche. E ancora, fra le altre, spostandosi verso l’area occidentale della città si potevano C Porta Romana, Garibaldi-Repubblica, la Bicocca e la Bovisa. Ma anche Melegnano e Pioltello. Sia in centro che in periferia, a Milano le aree contaminate da sostanze potenzialmente nocive sono molte e in costante aumento. La Regione tenta ogni anni di mapparle, ma ad ogni rilevamento dell’Arpa il censimento deve essere aggiornato. La distribuzione sul territorio racconta anche dell’industrializzazione di una città che, in nome del progresso, ha sacrificato zone sempre più ampie. Oggi bisogna bonificare, ma i soldi non sempre ci sono. Si risanano solo le aree a forte interesse residenziale o produttivo, come quella di Rho Pero, dove, grazie alla costruzione della nuova Fiera, si è riusciti a ripulire l’intera area “ suo, chiede benefit edilizi come corrispettivo per le operazioni di bonifica. Questi benefit, in concreto, si traducono in autorizzazioni a costruire strutture commerciali che giustifichino la spesa di bonifica. Non solo. Gonfiando le fatture Edoardo Bai, medico ambientale e membro del comitato tecnico scientifico di Legambiente Ci vorrebbe un Superfondo a capitale pubblico e privato gestito in autonomia dall’Arpa ” e spacciando per bonifiche quelle che in realtà sono semplici messe in sicurezza, il privato senza scrupoli riesce a massimizzare i profitti illeciti. a come si può rompere questo meccanismo? Edoardo Bai un’idea ce l’ha: «Si potrebbe fare come in America dove è l’Epa (equivalente a stelle e strisce della nostra Arpa) ad effettuare le bonifiche». Ma con quali risorse? «Esiste – conclude Bai – un fondo, il Superfund, finanziato con capitali provenienti dalla tassazione delle industrie inquinanti, più una piccola compartecipazione pubblica. Un fondo le cui risorse sono nella piena disponibilità dell’Epa». Quando si parla di bonifiche a Milano, la mente corre subito al caso Santa Giulia, la città ideale costruita dall’immobiliarista Luigi Zunino sopra ad una discarica piena di rifiuti chimici lasciati dalla Montedison. Ma, come abbiamo visto, a Milano sono centinaia le situazioni simili. Alcune, come i casi di Pioltello e Melegnano, si trascinano da decenni; altre sono state fotografate e smascherate dalla magistratura, come quella sull’area Calchi Taeggi, altre ancora come l’ex Om, dopo anni di silenzio sono pronte ad esplodere. Eredità di una Milano industriale che ha lasciato il posto prima alla Milano da bere, e ora alla Milano da bonificare. IL CONTROLLORE trovare l’Ansaldo, che si dedicava alla produzione di materiale ferroviario, e l’Alfa Romeo, che negli anni della motorizzazione di massa conobbe una fortissima crescita. L’espansione industriale provocò un vero e proprio esodo dal Sud verso il Nord e dalle campagne verso la città, fra il ’51 e il ’61 due milioni di persone abbandonarono infatti il Mezzogiorno. In quegli anni la popolazione di Milano crebbe del 22% e furono proprio le fabbriche e la presenza degli operai a delinearne il profilo: vennero costruiti interi quartieri popolari in funzione delle industrie, come ad esempio San Cristoforo, realizzato per ospitare i ceramisti della Richard Ginori; si moltiplicarono le latterie, dove i lavoratori potevano pranzare a poco prezzo, e la sera nelle vie echeggiava il suono delle sirene, che annunciavano la fine della giornata lavorativa. Lo sviluppo fu fondamentalmente spontaneo e spesso si edificò al di fuori di ogni vincolo. Si pensava che tutto fosse permesso, solo perché non era vietato. Per più di vent’anni l’ambiente fu percepito come una risorsa infinita, indistruttibile, come se scaricare residui tossici nel sottosuolo non avrebbe mai potuto portare alcun danno, come se il con- In quegli anni la popolazione di Milano crebbe del 22%. Lo sviluppo fu spontaneo e spesso si edificò al di fuori di ogni vincolo cetto stesso di inquinamento non esistesse. Tutto questo fino a quando nel 1976 il reattore dell’industria chimica Icmesa esplose, emettendo una nube di diossina sulla cittadina di Seveso. La deflagrazione causò gravi malattie della pelle, uccise molti animali e contaminò i campi circostanti: da quel momento si iniziò a diffondere una sensibilità per i temi ecologici. Questa nuova percezione, insieme alla battuta d’arresto dell’economia, dovuta allo shock petrolifero di quegli anni, e alla diffusione di un nuovo modello industriale, incentrato solamente sul core business produttivo, portò al trasferimento delle industrie al di fuori dei confini della città. Ma la deindustrializzazione lasciò a Milano un’eredità sgradita. Rifiuti tossici sono stati riversati nel terreno, come nel caso di Rogoredo-Santa Giulia o di Calchi Taeggi, ex cava trasformata in discarica. I capannoni delle fabbriche non sempre sono stati trasformati in loft e showroom frequentati da modelle e designer, ma spesso sono diventati aree di degrado urbano. Industrie chimiche, come la Saronio di Cerro al Lambro, per anni hanno inquinato l’acqua scaricando depositi e materiali industriali. E infine l’amianto, proprio oggi sulle prime pagine della cronaca locale per l’apertura dell’inchiesta sui quattordici operai dell’ex Om, probabilmente morti per le esalazioni. La miopia, l’assenza di uno sguardo a lungo termine durante gli anni dello sviluppo presentano ora il conto da pagare: sei milioni e mezzo i metri quadrati di aree dismesse che oggi necessitano di costose bonifiche. Per non parlare di quelle case e di quei parchi giochi già costruiti su terreni avvelenati. Arpa: dove sta l’indipendenza? L’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Lombardia (Arpa) è attiva dal 1° dicembre 1999. È un ente di diritto pubblico dotato di autonomia amministrativa, organizzativa e contabile, e le sue funzioni principali sono la raccolta e l’elaborazione di dati ambientali da fornire agli organi di governo per supportarne le decisioni sul territorio, e al cittadino perché possa conoscere e valutare. Ma come funziona di preciso l’Agenzia? Che ruolo ha avuto nel campo delle bonifiche dei terreni inquinati di Milano? «In materia di bonifiche, la competenza principale è della Provincia di Milano», spiega Edoardo Croci, già presidente dal 1999 al 2003. «È stato fatto un decreto ministeriale (il n° 471 del 1999, ndr) che stabilisce queste competenze. In un secondo momento la provincia si rivolge all’Arpa autorizzandola a procedere con i controlli tecnici». Quindi la mancanza, contestata dalla procura, sarebbe della Provincia, che non ha avviato un piano di bonifica come previsto dalla legge. L’Arpa, infatti, può agire autonomamente nel fare i controlli, però deve aspettare il via dell’istituzione per procedere alla messa in sicurezza. Ma spesso l’Agenzia entra in azione su richiesta di soggetti che ne sollecitano l’intervento, e allora il problema che si pone è stabilire chi è responsabile per questi solleciti: un privato che acquisti un terreno ha dunque l’obbligo di rivolgersi ad Arpa per chiedere di effettuare un controllo? «Chi acquista un terreno diventa responsabile di quel terreno», prosegue Croci, «e, se inquinato, è responsabile di realizzarne la bonifica. Dopodiché, se è necessario bonificare, scatta un procedimento che coinvolge prima la Provincia e poi anche l’Arpa come soggetto attuatore». I principali interlocutori dell’ente sono la Regione Lombardia, le Province, i Comuni, le Comunità montane e le Asl. Regione che, con buona pace dell’autonomia di cui sopra, procede con le nomine dei vertici dell’ente e lo finanzia quasi in toto. «In effetti l’indipendenza dell’Arpa è un po’ diminuita negli ultimi anni», ammette Croci. «Oggi si è accentuata la dipendenza funzionale e anche gerarchica nei confronti della Regione». Pagina 6 PRIMO PIANO LAB Iulm Via Bisceglie: stop ai palazzi sulla discarica La magistratura blocca il progetto di un quartiere in fondo al Lorenteggio. Terra avvelenata da trent’anni di rifiuti. Il Comune aveva dato l’ok ai lavori Tommaso Tafi anno buona memoria i cittadini di Bisceglie, quartiere popolare a ovest della città di Milano, a due passi dall’ospedale San Carlo. Una memoria talmente buona da ricordarsi del via vai di camion che per oltre trent’anni hanno scaricato tonnellate di rifiuti urbani e industriali su un’area di 260 mila metri quadrati, che si trova proprio a fianco delle loro case. Ecco perché, quando nel 2007 sentono che il Comune di Milano ha concesso ai proprietari il permesso di costruire un nuovo quartiere residenziale su quel terreno, decidono di mobilitarsi. A poco vale il fascino esercitato dal nuovo progetto edilizio: due torri di 90 metri d’altezza, una piscina, campi da calcetto e abitazioni pronte ad ospitare 5000 persone. I residenti della zona decidono di riunirsi in un comitato e, dopo aver chiesto un supporto tecnico a Legambiente, presentano un esposto in procura. A novembre dello scorso anno, H la risposta: fermi tutti. Il pro- ricostruzione post bellica, ma getto viene bloccato. I pm Al- poi, a differenza di altre cave fredo Robledo e Paola Pirrotta riconvertite in laghi o parchi, si sequestrano l’intera area e in- trasforma in una discarica che dagano politici, costruttori, ospita parte dei rifiuti della controllori e proprietari. Il mo- città e anche materiale provetivo è semplice: anche qui, tra niente da impianti industriali. via Ferruccio Parri e via dei Duecentosessanta mila metri Calchi Taeggi, come quadrati di un terreno nel caso di Santa che, nel corso degli Giulia, si voleva coanni, diventa sempre struire sopra ad un più appetibile per una terreno pesantecittà in espansione. mente contaminato Un’area troppo da anni di sversagrande per rimanere menti, senza effetvuota. Ecco allora tuare una vera che, nel 2006, due sobonifica. Un milione cietà private la rilee 800 mila metri vano. Sono la cubi di rifiuti, tra romana Acqua Pia Carlo Masseroli cui: metalli pesanti, Marcia e la milanese Assessore allo diossine, idrocar- Sviluppo del Territorio Residenze Parchi Biburi, benzene e closceglie. Si decide di ruro di vinile. riqualificare la zona, Viene da chiedersi: ma perché ma il Comune si trova senza i sono stati concessi i permessi a soldi necessari per la bonifica. costruire? Serve un po’ di sto- Come sempre in questi casi il ria. pubblico ricorre al privato. Il L’ex cava di Geregnano, di progetto che le due società proproprietà della famiglia Ca- prietarie hanno in mente è fabassi fino agli anni ’70, forni- raonico, ma non abbastanza da sce i materiali necessari alla ripianare i costi di una bonifica completa da 165 milioni di Bellavista Caltagirone e daleuro. Si sceglie la strada più l’altro Claudio De Albertis. Per economica: bonificare solo il primo basta il cognome, dove sorgeranno i palazzi e mentre l’altro è il presidente mettere in sicurezza il resto. dell’Associazione Nazionale Tre anni di iter burocratico e, Costruttori Edili. Il Comune nel 2009, la Conferenza dei non può che decidere di conceServizi (Comune, Asl e Arpa) dere il nulla osta ai lavori di dà il via libera. Ma per i bonifica. Non costruttori, secondo la solo. Il 12 ottobre magistratura, anche così 2010 l’assessore i costi sono troppo alti. allo Sviluppo del Meglio la “messa in siTerritorio, Carlo curezza” su tutta l’area. Masseroli, acSull’intera zona viene compagna fotosteso un telo di 1,5 milgrafi e giornalisti limetri, lo si copre di sull’area dove terra buona e si separa sono cominciati i così la discarica dal lavori e illustra in piano su cui sorgepompa magna il Alfredo Robledo, ranno le case. Una so- Sostituto procuratore nuovo progetto. luzione funzionale, nel a Milano Un mese dopo, al caso si vogliano cocancello di via struire parcheggi a dei Calchi Taraso, meno se si vuole invece eggi, la magistratura apporrà i creare un quartiere popolato sigilli e decreterà la morte preper decenni da migliaia di per- matura del quartiere residensone. ziale di Bisceglie. Perché Le pressioni dei costruttori, avrebbe poggiato i piedi su però, sono troppo forti. Dietro quella che il procuratore Alalle due società, infatti, ci fredo Robledo ha definito “una sono, da un lato Francesco bomba ecologica”. LAB Iulm PRIMO PIANO Pagina 7 Dopo la rivelazione della morte di quattordici operai, per mesotelioma pleurico Area ex Om, le case del sospetto allarme amianto, inchiesta della procura che, nel corso del passato secolo: indipendente alla nascita, parte della Fiat poi, al centro della holding Iveco dopo, e il sospetto sia per l’en- prima di essere dismessa nel nesima volta l’antica- 1975. mera della verità, lo Un’area quindi contaminata sapremo soltanto quando avrà dall’amianto? Passeggiare per fatto il proprio corso l’inchie- le strade prima occupate dalla sta aperta a fine novembre Om, oggi fa scoprire un quardalla procura di tiere residenVerde curato ziale Milano. Sta di e fatto che quattorrelativae palazzine dici ex operai mente modella ex fabbrica moderne derno, pieno Om (Officine di loft e cocostruite struzioni di Meccaniche) di Milano, sono sui terreni ultima genemorti per tumori razione, abilasciati tato probabilmente fain voriti dalle fibre prevalenza liberi dai killer delda professiol’amianto, che altri capannoni nisti e impiesei sono malati gati di ceto gravi di mesotemedio-alto. lioma pleurico, e che ora ci si Dove prima c’era la fabbrica, è chiede cosa, a questo punto, sorto il Centro Leoni, che possa attualmente esserci nel- prende il nome dell’attigua via l’aria e nel terreno di questa Pompeo Leoni, e che rapprezona della città. senta un polo direzionale e Officine Meccaniche si tro- multifunzionale, con spazi devava a sud-est di Milano, in stinati ad aziende, e anche a corrispondenza della stazione riunioni imprenditoriali di caferroviaria di Porta Romana, rattere informale. E poi tre parquasi attaccata alla circonval- chi, che, da viale Toscana in lazione esterna. Si tratta dun- giù, costituiscono un’unica que di un’area praticamente area-giardino: il Parco della appartenente alla cosiddetta Cultura, che deve ancora es“città novecentesca” nata come sere completato, il Parco delle periferia, e ora semicentrale. Memorie Industriali, e il Parco Om era un’industria di veicoli della Vettabbia. Quest’ultimo stradali e ferroviari, oltre che prende il nome dalla roggia di carrelli elevatori, e ha fon- della Vettabbia, un fiumiciatdamentalmente vissuto tre epo- tolo dall’acqua malsana ben viSalvatore Todaro S 165 I milioni di euro necessari alla bonifica completa in zona Bisceglie, dopo trent’anni di rifiuti scaricati 260 mila I mq della ex discarica intorno a via Calchi Taeggi, su cui si volevano costruire case e campi da calcetto 1,8 mln I metri cubi di rifiuti urbani e tossico-nocivi gettati nell’alveo della ex cava Geregnano sibile da via Ripamonti, che quella, ad esempio, di Santa scorre tagliando diagonal- Giulia» – dice il consigliere. mente parte dell’area in que- «Ho assistito e continuo ad asstione. sistere di persona agli scavi Ma cosa c’è nell’aria e nel ter- sulle fondamenta del Centro reno di questo quartiere della Leoni, e di molte case. Tutto è Zona 5 di Milano? Già prima stato fatto con grande accuradell’apertura dell’inchiesta, ci tezza, l’opposto dello schifo si chiedeva perché il Parco che sembra essere stato trovato delle Memorie fosse percorso a Santa Giulia». Alessandro da tre colliGhiglieri, viceIl consigliere presidente del nette, inspiegabili in una città di comunale comitato quasi totalquartiere Spamente pianegdel Pdl Talia: dolini (è questa giante come la denomina“Allarmismo zione attuale Milano. Forse che questi tre ingiustificato. dell’area), preinnalzamenti dica prudenza: Qui non c’è «L’amianto è del terreno siano traccia sostanza lo schifo una della sepoltura che causa di pericolosi ridi Santa Giulia” morte, e dunque fiuti e depositi questo è un diindustriali? E scorso molto intanto, diversi ex operai Om delicato, sul quale non si posricordano l’amianto che indos- sono tirare conclusioni affretsavano nei corpetti per ripa- tate. Anche se – aggiunge – rarsi dal calore, l’amianto che naturalmente non possiamo c’era nei macchinari per le pro- permetterci di rimanere con le tezioni, il fatto che molti com- mani in mano». pagni di fabbrica morissero Lo scorso 6 Dicembre, il carsubito dopo essere andati in dinale milanese Dionigi Tettapensione. manzi ha intitolato il proprio Sospetto anticamera della ve- discorso di Sant’Ambrogio rità, o della calunnia? Il consi- “Milano, una città dal terreno gliere comunale Leone Talia, buono”. L’augurio è che tale del Popolo della Libertà, resi- definizione, nel suo stesso dente da quasi dieci anni nel- senso letterale oltre che in l’area ex Om, considera quello spirituale, possa essere ingiustificato l’allarmismo: applicata, senza se e senza ma, «Allo stato delle cose, questa anche all’area su cui un tempo situazione non può assoluta- sorgevano le Officine Meccamente essere accostata a niche di Milano. LA FABBRICA Specialisti in camion e macchine agricole a Officine Meccaniche Fabbrica Bresciana Automobili (Om-Fbm) era un'azienda italiana specializzata nella produzione di particolari generi di veicoli, come gli autocarri, i trattori agricoli, gli autobus, e i carrelli elevatori. Si occupava anche di materiale ferroviario, motori marini, motopompe, e impianti di refrigerazione. La Om nasce nel 1918, per la fusione fra la Aom (Anonime Officine Meccaniche), e la Fabbrica Automobili Roberto Züst. Nel 1933, entra a far parte del gruppo Fiat e si dedica soprattutto al settore agricolo. Il primo grande successo commerciale risale al 1950, quando viene lanciato un auVista dall’alto dell’area ex Om tocarro, il Leoncino, che diventa il capostipite di una serie di altri modelli, tutti con i nomi derivati dal regno animale: dal Tigrotto al Tigre, dal Lupetto al Cerbiatto, dall'Orsetto al Daino. Questi autocarri medi e leggeri vennero sostituiti a partire dal 1967, quando iniziò la produzione dell'Om 170 e dell'Om 100, che vennero venduti con la nuova dicitura “Iveco”. Il “Tigrotto” prodotto dalla Om Nel 1975 la fabbrica milanese venne dismessa, ma l'azienda esiste ancora, come parte della holding Iveco, con alcuni stabilimenti sparsi in Italia. Oggi produce carrelli elevatori frontali e da magazzino. (s.t.) L Pagina 8 La bomba chim LAB Iulm PRIMO PIANO Marco Subert uattrocentonovanta milioni di euro di multa e duecentonovantamila tonnellate di rifiuti altamente tossici. E’ questo il lascito della Società Italiana Serie Acetica Sintetica, meglio nota con l’acronimo di SISAS. La sanzione è quella che il nostro paese dovrà pagare se non riuscirà a ultimare entro marzo una bonifica che l’Unione Europea chiede dal 2004. Per quanto riguarda i rifiuti si tratta in prevalenza di nerofumo, uno scarto della lavorazione dell’acetilene, contaminato da mercurio e ftalati. Ce ne sono 50.000 tonnellate. Ma la lista dei veleni è lunga e basta a proiettare il sito industriale – a cavallo tra i comuni di Pioltello e Rodano - nel triste olimpo delle aree più pericolose d’Europa. Nelle tre discariche interne ci sono infatti anche idrocarburi policiclici aromatici, cromo esavalente, triclorometano e tricloroetilene. Un capitale di scorie mortifere che la SISAS ha accumulato e sotterrato in quasi sessanta anni di attività. La società viene fondata a Milano da Giacomo Falciola nel 1947 per lavorare l’acetilene, un idrocarburo utilizzato nella lavorazione di altre sostanze chimiche. Occupa il polo chimico che si estende tra Pioltello e Rodano. Un’area di 800.000 metri quadri circa 15 chilometri a est di Milano, tra la linea ferroviaria Milano-Venezia e la Strada Provinciale “Rivoltana”. Nel corso degli anni la società estende la sua attività alla lavorazione di altri prodotti specializzandosi negli intermedi per materie plastiche. Ma in parallelo alla crescita dell’azienda, si consolida anche la coscienza di cittadini Q diPioltello bra essere percorribile è quella che coinvolge soggetti privati. L’accordo di programma firmato nel gennaio del 2008 vede come attore principale l’imprenditore Giuseppe Grossi, conosciuto come il re delle bonifiche. L’accordo è piuttosto semplice nella sostanza: Grossi, tramite la T R Estate 2, si addossa il costo della bonifica stimato in 120 milioni di euro. In cambio riceve la proprietà dell’area e la possibilità di edificare un centro commerciale. E così si arriva alla cronaca recente che ovviamente non porta alcuna buona notizia. Grossi infatti inciampa nello scandalo di un’altra bonifica, quella di Santa Giulia, insieme all’immobiliarista Zunino (vedi box). Ad ottobre scorso viene arrestato per aver accumulato venti milioni di fondi neri gonfiando le fatture della bonifica del quartiere a sud di Milano. Dopo aver patteggiato la pena per lo scandalo di Santa Giulia, Grossi decide di uscire dall’accordo di programma. Siamo a giugno dello scorso anno, il motivo ufficiale è che non trova un sito per smaltire le 50.000 tonnellate di nerofumo che dovrebbe sgomberare. Così l’area viene commissariata e viene dichiarato lo stato Il lascito più gravoso della Sa- edificazione cieca e di occulta- rali Prefabbricate (C.G.P. Spa), ronio ai suoi ex dipendenti fu- mento non facilitano il com- che asportava i materiali tosrono i casi di cancro alla pito: nei primi anni Settanta si sici e li trasferiva sulla sponda vescica dovuti all’esposizione avviano le prime lottizzazioni del Lambro. prolungata alle ammine aro- per l’edificazione di capannoni Sono serviti tutti gli anni Nomatiche e, nel lungo periodo, e uffici. Nel ’77 vengono so- vanta per perimetrare e mettere la contaminazione delle falde spesi i lavori per la costruzione in sicurezza l’area della discaacquifere nel territorio di Me- della ferrovia veloce sull’area rica lungo il nuovo tracciato legnano e di Cerro al Lambro: a causa del ritrovamento di ferroviario, ma di fatto manca 38 casi di morte per tumori alla stratificazioni di fanghi residui ancora oggi una bonifica sistevescica accertati dal Servizio della produzione dell’ex Saro- matica e definitiva della zona, medicina ambienti di lavoro, nio. Un sopralluogo e il pre- che metta fine una volta per pari a tre volte la mortalità lievo di alcuni campioni di tutte al problema dell’inquinamedia nazionale per questa terreno smascherano l’impresa mento della falda e ai rischi cui malattia. Ma è la mancanza di appaltatrice Costruzioni Gene- è tuttora esposta la popolatracciabilità dei residui zione di Melegnano e di di produzione a deCerro al Lambro. stare paure e sospetti «La presenza delle amancora oggi, visto che, mine aromatiche nella seppure a distanza di falda è il problema più quarant’anni, poco si inquietante», afferma sa di dove siano finite Pietro Mezzi, ex sinle bombe chimiche daco di Melegnano, già che erano ancora preassessore provinciale alsenti nei magazzini l’ambiente e oggi attivo dell’industria al tempo sul fronte delle battaglie del suo smantellaecologiche con il mento. E l’avvicengruppo Terra Futura. «Si darsi di tentativi di L’ex stabilimento dell’industria chimica Saronio devono fare barriere idrauliche lungo il perimetro dell’area inquinata, ma l’operazione non è ancora partita perché occorrono dai 5 ai 10 milioni di euro, che ancora si devono trovare». Intanto la Regione ne ha stanziati 500mila per il piano di caratterizzazione, cioè il prospetto che deve determinare con precisione quali sono le aree più a rischio e i singoli interventi con cui procedere. «Ma le cose stanno andando troppo lentamente». La Edison è stata incaricata, con una sentenza emessa dal Tar nel 2008 in seguito al contenzioso con l’amministrazione di Melegnano, di provvedere alla realizzazione di una barriera idraulica che isoli la falda inquinata. Intanto, per evitare che i veleni della Saronio rimasti nel sottosuolo finiscano nella falda di acqua potabile, «nella parte bonificata, dove il terreno è stato vagliato, è stato steso un e amministrazioni locali, che l’attività della SISAS sta compromettendo l’area e avvelenando l’acqua della falda. Diverse volte si mettono in moto contenziosi a livello civile e penale per cercare di costringerla a bonificare le sue discariche. La prima sentenza è quella del tribunale di Milano del 1986. Sentenza che rimane del tutto inascoltata dai vertici dell’azienda. A metà degli anni 90 i cittadini di Rodano e Pioltello presentano un esposto alla Corte di Giustizia Europea e la questione sembra avviarsi verso una risoluzione: nel 1998 iniziano infatti i lavori per la bonifica di una delle tre disca- riche. Ma nel 2001 arriva la doccia fredda: la SISAS fallisce e i lavori si interrompono. Nello stesso anno le discariche vengono inserite nell’elenco dei siti di interesse nazionale e la bonifica diventa così di competenza del Ministero dell’Ambiente. Nel 2004, visto che neppure il cambio di competenze sblocca la situazione, arriva la prima condanna della Corte di Giustizia Europea. Ne seguirà un’altra del 2007 e questa volta è la minaccia di una maxi sanzione che convince gli amministratori a cercare una soluzione definitiva per il problema del polo chimico. L’unica strada che sem- Ex Saronio, la sicurezza non a Sara Mariani uella della chimica Saronio è una storia iniziata quasi un secolo fa. L’industria del dottor Pietro Saronio era nata negli anni Venti del secolo scorso come fabbrica di coloranti chimici, poi si convertì alla produzione di gas asfissianti durante le campagne d’Africa. Dimenticata per qualche decennio, la ditta fu rilevata nel 1963 dall’Acna-Montecatini, diventata in seguito Montedison e infine la Edison di oggi. L’intento dell’Acna pare fosse quello di eliminare uno scomodo concorrente: di lì a poco, infatti, la società procedette allo smantellamento della Saronio e già nella seconda metà degli anni Sessanta si fecero avanti i primi costruttori interessati a procedere con la lottizzazione dell’area e la sua successiva edificazione. Q imica o LAB Iulm di emergenza. Ma Grossi non si accontenta di non aver rispettato l’impegno preso e pretende anche di ricevere 25 milioni di indennizzo per i lavori di bonifica già effettuati. A mettersi di traverso, questa volta è il comune di Pioltello. «Riteniamo la richiesta del privato inaccettabile» spiega Giorgio Fallini, assessore all’Ambiente «proprio perché non si può premiare in modo così smaccato un’azienda così gravemente inadempiente». Specialmente, aggiungiamo noi, se si considera che Grossi non ha nemmeno versato, come prevede la legge, la fideiussione di 60 milioni di euro a garanzia del rispetto dei tempi dell’accordo di programma. Dallo scorso aprile la regia dell’intera operazione è in mano all’avvocato Luigi Pelaggi, commissario nominato dalla Presidenza del Consiglio. A settembre la Daneco Impianti Srl si è aggiudicata l’area con un’offerta di 37 milioni di euro. La bonifica si è messa in moto. Speriamo che questo basti a convincere l’Unione Europea a concederci il tempo necessario ad ultimarla, evitandoci la maxi sanzione di 490 milioni di euro. Per la SISAS abbiamo già pagato un costo ecologico davvero enorme. n abita qui semplice telone», spiega Massimo Gori, presidente de Comitato Ovest Melegnano, «come quello che si usa nelle discariche». Dell’inizio dei lavori finanziati dalla multinazionale, dunque, si parla ancora al futuro. Vito Bellomo, sindaco di Melegnano, avverte che «i tecnici della Edison hanno già presentato un progetto e il consiglio regionale lo ha approvato, quindi si presuppone che i lavori alla barriera idraulica inizieranno in breve tempo». Il Comune di Melegnano mantiene «un filo diretto con la Regione», prosegue Bellomo, «che ha messo a disposizione anche altre risorse, sulla base delle future richieste della nostra amministrazione». Nel frattempo è partita una nuova indagine epidemiologica più approfondita sulla popolazione di Melegnano e dei comuni limitrofi. «Tuttora Asl e Mea (Melegnano Energia Ambiente, ndr) provvedono a monitorare costantemente l’area, – ribadisce il sindaco – in particolare abbiamo messo in sicurezza i pozzi della rete idrica locale con filtri a carboni attivi». Ma le voci di dissenso sono molteplici: «Il sito della ex Saronio» ricorda Pietro Mezzi, «compare nella lista, presentata il 23 novembre dalla Regione, delle aree inquinate da bonificare urgentemente, ma non compare nella lista dei finanziamenti previsti». Il Comitato Ovest Melegnano diffida le istituzioni circa la possibilità di mettere in sicurezza in modo definitivo la zona residenziale. «Nelle zone già edificate sarà difficile fare questi interventi», sostiene il presidente Massimo Gori. «Il problema riguarda una zona potenzialmente più ampia di quella dell’ex industria. Gli inquinanti in falda, infatti, si stanno espandendo verso sud e verso il centro di Melegnano». PRIMO PIANO Pagina 9 L’INCHIESTA Toccategli tutto, ma non gli orologi portare il re Mida delle bonifiche al centro delle attenzioni della magistratura non è la questione della Sisas, ma lo scandalo di Santa Giulia. Giuseppe Grossi sarà processato il 2 febbraio con l’accusa di aver accumulato decine di milioni di euro di fondi neri. Lo avrebbe fatto gonfiando le fatture della bonifica del nuovo quartiere modello che stava prendendo forma a Milano Rogoredo. E’saltato il patteggiamento a tre anni e sei mesi concordato in un primo tempo tra accusa e difesa. Il motivo è che Grossi, che aveva già risarcito al fisco 22 milioni di euro, ha chiesto una riduzione della pena dopo che gli sono stati sequestrati altri 6 milioni di euro in orologi. Una privazione insopportabile, per il “bonificatore” sotto accusa. Richiesta respinta dal GUP Roberta Nunnari. E così Grossi andrà a giudizio insieme al manager del gruppo Paolo Titta. L’ipotesi dei PM è che i fondi neri accumulati negli anni siano serviti a Grossi per pagare tangenti a politici e amministratori, che però al momento sono ignoti. Ma facciamo un passo indietro, perché la vicenda di Santa Giulia, e la condanna di Grossi, serve a capire la weltanschauung del più importante tra gli imprenditori che operano nel campo dell’ecologia in Italia. Il quartiere Montecity-Rogoredo, alla periferia sud di Milano, un tempo era sede della acciaierie Redaelli e dell’industria chimica Montedison. Nel 2000 l’immobiliarista Luigi Zunino presenta il progetto “Santa Giulia”, faraonica opera di riqualificazione dell’area firmata dall’archistar Norman Foster. Ma il self made man che arriva dal Monferrato, classe 1959, e che ha iniziato la sua carriera di imprenditore commerciando cavalli (la leggenda vuole che a 24 anni avesse già incamerato il primo miliardo) ha fatto il passo più lungo della gamba. La sua Risanamento Spa, impegnata anche nella riqualificazione dell’area ex Falck a Sesto San Giovanni, fallisce nel luglio 2009. Un anno dopo arriva anche il sequestro dell’area, nell’ambito dell’inchiesta coordinata dai PM Laura Pedio e Gaetano Ruta. Quella che porterà in carcere in carcere Grossi, al quale Zonino aveva affidato la bonifica. In carcere, ai domiciliari, anche Rosanna Gariboldi, ex consigliere provinciale a Pavia e moglie del deputato del Pdl Giancarlo Abelli. Secondo quanto si legge nel procedimento di sequestro nell’acqua della falda ci sarebbero concentrazioni di inquinanti molto superiori ai valori tollerati per legge. Cloruro di metilene, cloroformio, arsenico, cadmio e manganese. Sostanze dannose, alcune delle quali cancerogene e dannose per la fertilità e per lo sviluppo dei feti. Inoltre nell’area del Parco Trapezio una scuola è stata costruita su terreni di cui non si conosce la provenienza che contengono rifiuti non identificati. Insomma, non solo la bonifica di Grossi non è avvenuta come avrebbe dovuto, ma nell’area sono arrivati – chissà come - rifiuti al posto che terra di riporto. Nell’inchiesta sono indagati anche l’immobiliarista Luigi Zunino, l’ingegnere Claudio Tedesi, titolare di una società specializzata nelle bonifiche e direttore dell’Asm di Pavia, Silvio Bernabè ex amministratore delegato della Santa Giulia spa e Davide Albertini Petrone, direttore generale di Risanamento. Cui si aggiungono i vertici della Edilbianchi, la ditta che a Santa Giulia si è occupata del movimento terra. (ma.s.) A L’area di Santa Giulia IL CASO I segreti velenosi del Duce el gennaio 2010 gli abitanti di Riozzo e gli esponenti di Terra Futura Sud Milano e Legambiente hanno presentato al ministro della Difesa Ignazio La Russa, ai presidenti di Regione e Provincia, al sindaco di Cerro al Lambro, una petizione con oltre 150 firme dei cittadini: chiedevano l’analisi dei terreni dell’ex impianto militare della Saronio, un’area di circa 55.000 metri quadrati in cui nessuno ha più messo piede da quando l’industria è stata smantellata nel 1963, se si escludono le esercitazioni al poligono di tiro fino al 2001. I cittadini di Cerro volevano che il ministero concedesse l’autorizzazione per l’accesso al sito da parte di Arpa e Asl, per avviarne la messa in sicurezza e l’attività di bonifica. Eppure ancora oggi nessuno è mai riuscito a entrarci. «Non è cambiato nulla dall’anno scorso», dice Pietro Mezzi, principale artefice della richiesta al ministro della Difesa. «Terra Futura ha chiesto di utilizzare il codice ambientale noto come Testo Unico (decreto 152 del 2006, ndr) che consentirebbe all’amministrazione o alla Provincia di intervenire a fronte di evidenti problemi ambientali», prosegue Mezzi. «La Provincia di Milano ha risposto in maniera impropria, dicendo che quell’area è compresa nel provvedimento regionale del 2003 che perimetrava le aree della ex Saronio. Ma questo non può essere vero perché nessuno può entrarci». E l’amministrazione? «Il sindaco non ci ha nemmeno risposto!». Strano, se si pensa che il sindaco di Cerro al Lambro, Dario Signorini, si è dimostrato molto accorato riguardo a questa vicenda: « Anche noi vogliamo la verità sull’ex impianto militare di Riozzo che riforniva l’esercito del Duce», aveva fatto sapere a suo tempo. «Quell’area non può stare lì all’infinito, va bonificata e trasformata, magari, in un polo scolastico». L’area – ora del Demanio militare – era utilizzata probabilmente per la produzione di gas nervino. Il Duce l’aveva visitata nel ’34. Con le bombe chimiche aveva costruito l’Impero e sperava di continuare. Oggi c’è solo uno spazio chiuso e abbandonato a se stesso, all’interno di un quartiere residenziale e ricco di attività artigiane. La sicurezza è tutta da determinare. Nicola Di Nuzzo, responsabile dell’ufficio bonifiche della Regione, metteva le mani avanti già durante l’ultimo sopralluogo, eseguito ormai 8 anni fa: «È un’area potenzialmente contaminata, ma qualsiasi intervento è in mano al ministero della Difesa». (s.ma.) N Pagina 10 La riscoper ta dei sapori di una volta secondo alcune associazioni milanesi. Ridur re le distanze per esaltare i doni della propria ter ra C’è più gusto a chilometro Zer LA CITTÀ CHE CAMBIA LAB Iulm Emilio Mariotti Carolina Saporiti econdo Ludwig Feuerbach “noi siamo ciò che mangiamo”. L’affermazione del filosofo ottocentesco sembra presagire il mondo in cui viviamo: una società globalizzata dove la quantità ha schiacciato la ricerca della qualità. Possiamo andare al supermercato e trovare lo stesso tipo di mele a Lamezia Terme come a Bolzano, possiamo mangiare un’arancia ad agosto per rinfrescarci dal caldo agrigentino come per quello milanese. Peccato non sia la stessa cosa. Le modalità di trasporto e le procedure di conservazione tendono infatti ad alterare le proprietà organolettiche. La grande distribuzione, inoltre, tende a standardizzare la tipologia di alimenti offerti all’acquirente, per poterli comprare dagli intermediari in grandi stock. Così abbiamo sì l’opportunità di comprare una fragola in gennaio, a patto di dover avere anche a maggio la stessa fragola. Il costo della destagionalizzazione di frutta e verdura , quindi, viene pagato con l’omologazione. Nel corso degli anni si sono creati dei gruppi a contrasto di questa tendenza, con alla base una semplice filosofia: il cibo più vicino sarà quello più buono. È la concezione del “Chilometro zero”. Non si tratta di una moda, semmai di un modo di vivere. Il precursore di questo nuova visione è stato il professor Tim Lang della City University London, che nel 1992 elaborò un metodo per calcolare il consumo di carburante per ogni alimento. Alle “food miles” (miglia per cibo) affiancò un sistema per calcolare l’anidride carbonica prodotta per il trasporto. L’Italia ha iniziato a interessarsi della cosa quando quattro anni fa il mensile “Altreconomia” pubblicò allora un articolo in cui presentava i primi locali a chilometro zero della regione Veneto, locali cioè che si rifornivano delle materie prime nel loro territorio, che impiegavano poche miglia per giungere sui tavoli di quei ristoranti. S In Cascina Cuccagna, in pieno centro a Milano, ogni martedì pomeriggio si tiene il mercato con cibi prodotti nell’arco di 50 km L’anno successivo il chilometro zero sbarca a “Fa’ la cosa giusta”, la fiera milanese dedicata al consumo critico e agli stili di vita sostenibili, e subito l’interesse cresce. La forza di questo sistema produttivo e di consumo è il rapporto diretto che si instaura fra agricoltura e città, un concetto simile a Non si tratta di una moda ma di un modo di vivere: il cibo più vicino sarà quello più buono quello della filiera corta. La filosofia del mercato a filiera corta però ha un fine prettamente economico: ridurre il più possibile il numero di scambi fra produttore e consumatore per abbattere i prezzi. Al primo passaggio di merce, infatti, il prezzo cresce del 77%. Aumentando gli interme- diari salgono i costi, fino ad arrivare al caso limite di quattro o più passaggi in cui il ricarico supera il 400%. La filiera corta, al contrario, permette costi più economici per il consumatore e guadagni netti più alti per il produttore. Il chilometro zero invece contiene in sé un concetto ambientale e sociale, non solo economico. Il fine di chi promuove il chilometro zero è innanzitutto quello di tutelare l’ambiente dalle emissioni di CO2 prodotte dai trasporti dei cibi attraverso l’Italia e il globo. Servendosi poi di cibo prodotto nelle vicinanze delle nostre case si sostiene il proprio territorio e si tenta di instaurare tra produttore e consumatore un rapporto umano. A Milano il chilometro zero non ha tardato a diffondersi nella vita dei cittadini e nelle manifestazioni organizzate in città: il numero di fiere di prodotti locali, farmer shop, gruppi d’acquisto solidali si moltiplica ogni anno e aumentano i milanesi che scelgono di mangiare a chilometro zero. Però concretamente di stabile c’è poco. A Milano sono solo tre i mercati principali dove i privati si possono rifornire di cibo prodotto entro 80 km (non esiste però uno standard che definisca la distanza massima per considerare una merce chilometro zero). Coldiretti ha il A prescindere da scelte etiche, chi prova a vivere a chilometro zero dà priorità al gusto suo mercato in via Ripamonti che si tiene il mercoledì e che promuove il consumo sostenibile; in Cascina Cuccagna, in pieno centro di Milano, nella zona di Porta Romana, martedì pomeriggio si tiene il mercato con prodotti di filiera corta, ma non biologici – che costano di più – puntando dunque a far ri- sparmiare le famiglie. Slow Food Milano organizza invece il Mercato della Terra ogni due settimane in Largo Marinai d’Italia, inaugurato nel dicembre del 2009 che cerca di avvicinare la realtà metropolitana a quella della campagna non lontana, ma spesso sconosciuta. Le esperienze del chilometro zero e della filiera corta trovano anche dei detrattori. Studi del ministero dell’Agricoltura inglese dicono che la metà dell’impatto ambientale sarebbe prodotta nel tratto finale mercato - abitazione dell’acquirente. Per qualcuno sarebbe un problema per l’ambiente anche se tutti ci mettessimo in auto per raggiungere un produttore diretto. Come sempre quando si raggiunge la “massificazione” si possono creare nuove difficoltà precedentemente non previste. Ma, a prescindere dalle scelte etiche e ambientali, chi prova a seguire queste nuovi modi di fare la spesa decide di dare la priorità a un’altra variabile: il gusto. LAB Iulm Pagina 11 Il gastrologicamente corretto LA CITTÀ CHE CAMBIA Come soppravvivere nella giungla delle sigle alimentari Emilio Mariotti ulle nostre tavole vediamo sempre di più alimenti contrassegnati con sigle strane, complicate e di cui spesso non conosciamo la definizione precisa. E’ importante riuscire a capire cosa vogliono dire per poterci poi orientare nei nostri acquisti. Ognuna di queste sigle mette in luce un aspetto diverso da valorizzare. Alcune mettono in evidenza il rispetto per l’ambiente, altre la lotta per i diritti umani, altre ancora i prezzi, fino ad arrivare a quelle che definiscono principalmente il gusto dei cibi. S BIOLOGICO La produzione di alimenti biologici esclude l’uso di sostanze chimiche di sintesi, prevede esclusivamente l’uso di concimi organici o minerali, farmaci naturali e tecniche di lavorazione che escludano lo sfruttamento intensivo. All’estero si preferisce usare il termine “Organico” per definire questi alimenti. L’Europa ha regolamentato per la prima volta la produzione biologica nel 1991. BIODINAMICO Il biodinamico nasce formalmente nel 1924 grazie ad alcuni produttori seguaci delle teorie del filosofo Rudolf Steiner. In questo tipo di produzione si semina e si coltiva a seconda delle fasi lunari, si curano le piante con prodotti omeopatici e si prevedono dei veri e propri rituali per interagire con la terra. I prodotti di stagione “ Molti scettici ritengono che il biodinamico sia solo un biologico “arricchito” da credenze magiche. FILIERA CORTA Prevede un rapporto il più diretto possibile tra produttore e consumatore per ridurre il numero degli intermediari commerciali. L’obiettivo è la riduzione del prezzo al consumo e l’aumento del margine di profitto per il produttore. L’eliminazione di alcuni passaggi commerciali permette di diminuire l’impatto ambientale. CHILOMETRO ZERO Gli alimenti a “Km 0” devono essere prodotti entro 80 km dal luogo di vendita. Questa vicinanza permette una maggiore freschezza e la conservazione delle proprietà organolettiche, determinanti per definire il gusto. Alcune Regioni italiane, di cui il Veneto è stata la prima, hanno regolamentato questo tipo di prodotti. EQUO SOLIDALE Per equo solidale, s’intende quel tipo di commercio internazionale, alimentare e non, che prevede la lotta allo sfruttamento dei lavoratori e alla povertà nei luoghi di produzione. Questi sono situati nei paesi in via di sviluppo. Sia i produttori che gli acquirenti s’impegnano a rispettare alcuni principi fra i quali il divieto di sfruttamento del lavoro minorile, il prefinanziamento e contratti di lunga durata. Stagione Primavera Estate Autunno Inverno Prodotti Asparagi Broccoli Carote Fave Lattuga Patate Ravanelli Spinaci Aglio Albicocche Cetrioli Fagiolini Fiori di zucca Melanzane Sedano Zucchine Cavolfiori Castagne Mele Patate Rucola Uva Zucca Arance Broccoli Carciofi Cavolini Cavolo Cipolle Finocchi Mandarini IL CASO The Kitchen fa la spesa in cascina Il locale di Casorezzo cucina solo prodotti acquistati nella zona Carolina Saporiti Casorezzo (zona Rho, ndr), un paese di 6mila abitanti in Provincia di Milano, l’8 luglio scorso ha aperto il beer restaurant, The kitchen. Il nome è inglese, ma i piatti sono tutti italiani, creati con prodotti che percorrono al massimo 50 km prima di arrivare sui grandi tavoli del locale. Il titolare del ristorante, Maurizio Fortuna, dopo aver chiacchierato con una sua amica che conosceva la “filosofia” del chilometro zero ha deciso di accettare una sfida: aprire un locale che serve solo birre locali, carne e verdure prodotte dalle cascine locali. Il ristorante, progettato e arredato da designer e artigiani locali, richiama gli abitanti del paese e di tutta la zona: «Il chilomentro zero fa parlare» spiega il titolare del ri storante. Tanti vanno per curiosità, ma poi tornano per la qualità e il sapore dei piatti serviti. A ” Maurizio Fortuna titolare del ristorante The Kitchen A parità di qualità comprare merce entro i 50 km è conveniente La cascina in cui Maurizio si rifornisce di carne è la “Cirenaica” a Cuggiono, a 12 km da Casorezzo, il cui gestore è anche presidente del Parco del Ticino. L’acqua servita al The kitchen è quella del rubinetto preventivamente depurata e anche la pasta è fatta in casa. Frutta e verdura invece provengono da un negozio del paese, che offre solo prodotti di stagione. Il menù ancora più che di stagione, è di giornata. Viene infatti stampato quotidianamente a seconda delle disponibilità di cibo giornaliere. I prodotti di stagione hanno un grande vantaggio: garantiscono qualità e risparmio. «A parità di qualità - spiega Maurizio Fortuna comprare la merce entro i 50 km è molto conveniente, diverso sarebbe invece se si decidesse di sacrificare un po’ il gusto e la freschezza in favore di prezzi più bassi. Comprare carne argentina, buona quanto quella della nostra zona, mi costerebbe la stessa cifra; farla arrivare invece dalla Germania sarebbe conveniente, nonostante i km di distanza, però il sapore non sarebbe paragonabile». La scelta deriva da una presa di coscienza sociale e ambientale, il chilometro zero incentiva l’economia locale e diminuisce le emissioni di CO2. E questo è il principio con cui è stato deciso di aprire The Kitchen: «Volevamo un locale diverso. Basato su due principi: la qualità e la territorialità. Ci sono tanti agricoltori nella nostra zona, mancava un ristorante che trasformasse la materia prima e riscoprisse i sapori di una volta». Pagina 12 LA CITTÀ CHE CAMBIA LAB Iulm Quando mercato faceva rima Il Comune vuole cambiare faccia ai punti vendita coperti affidando la gestione alle grandi catene di distribuzione. Incertezza per il futuro di molti commercianti di quartiere con anni. Il rapporto con la clientela è basato sulla fiducia; per uole un sacchetto? Bip. questo gli abitanti del quartiere Sono 36 euro e qua- preferiscono lui al grande suranta centesimi. Grazie, permercato, soprattutto quando e arrivederci. La coda al super- le gambe smettono di reggere mercato è sempre motivo di ir- il peso degli anni. Perchè Ciro, ritazione. Più si fa in fretta, le arance, te le fa recapitare a meno gli altri clienti aspettano. casa, gratis, da uno dei suoi raPer questa ragione, questo gazzi. breve scambio di battute è Il mercato comunale di viale l'unico concepibile nel rap- Monza però, fa parte di un ampio progetto, cosiddetto di porto fra il cassiere e te. erò ci sono posti, in città, dove riorganizzazione, indetto dal nessuno chiama un cliente comune. «numero duecentoquarantacin- La sua sopravvivenza, insieme a quella dei mercati di QT8, que», e Giambellino, Graavanti il Livigno, prossimo. Gli abitanti tosoglio, San Leonardo, LoIl mercato li preferiscono renteggio, sembra comunale potere essere assidi piazza perchè il rapporto curata “solo” attraventiquattro magè basato verso l'intervento di un soggetto imgio, ad sulla fiducia prenditoriale terzo. esempio: In altri termini, Angelo, il l'area su cui sordroghiere, e Paolo, il pollivendolo, oltre gono questi mercati verrà data alla spesa servono anche ami- in concessione a grandi catene cizia, e persino un po' di alle- di supermercati. La formula è gria. «C'è una vecchina che quella del project financing: viene qui tutti i giorni verso le una proposta del 2007 che è riundici a comprare il pane. Ha masta arenata negli uffici co87 anni. Se c'è la coda si mette munali, ma che un anno fa è qui, in un angolo, vicino al stata riformulata dall'assessore bancone», racconta Maria, la Giovanni Terzi. panettiera. «Resta una mez- Con il project financing, al moz'ora, facciamo una chiacchie- mento a livello embrionale, rata, e il tempo passa più in l'azienda ristrutturerà l'area, e in cambio riceverà l'affitto da fretta». I mercati comunali coperti, a parte dei commercianti. SeMilano, sono una tradizione: condo il Comune infatti, questrutture sono da anziani, giovani coppie, single, ste immigrati sono clienti abituali. riorganizzare perchè situate in Un pezzo di quartiere si incon- “quartieri periferici” e non oftra qui, in un miscuglio di visi, frono un adeguato servizio alla colori, profumi trasversale alle clientela dal punto di vista deletnie, alle età e alle storie. l'offerta merceologica. Ciro, che ha un banco di frutta Oggi i “posteggi” vengono dati e verdura al mercato di viale in concessione, tramite bando Monza, lavora dall'età di 13 pubblico, a singole attività imManuela Messina V umanità prenditoriali. Dei ventiquattro si permette ai commercianti di posteggi presenti nel mercato vendere a prezzi inferiori ridi Lorenteggio però, uno dei spetto ai supermercati, con nomercati che verranno coinvolti tevoli risparmi, nell'arco dalla riorganizzazione - quin- dell'anno, per i consumatori. dici sono chiusi, perchè i com- Ma quando il proprietario dimercianti che li occupavano venta un grande ente commersono andati in pensione e dal ciale, il bene da perseguire non 2006 il Comune di Milano non è più pubblico, ma di mercato. fa bandi per nuove conces- E ai fini del profitto, un ausioni. Gli altri commercianti mento degli affitti dei posteggi lamentano l'assenza di altri si rivelerebbe indispensabile, a esercizi nella struttura: le ve- condizioni probabilmente inactrine chiuse non attirano nuovi cettabili per il singolo comclienti e la ristretta offerta al- merciante affittuario. lontana del tutto quelli poten- A guardarli da fuori, i mercati comunali non ziali. Nei godono di grande mercati ora Insegne soggetti a Le spese fascino. spente per metà, riorganizzazione, le di manutenzione vetrine chiuse, saracineconcessioni sono elevate qualche sca abbassata. avevano una scadenza ma il Comune Ciò vale soprattutto per le aree prima autonon se ne occupa periferiche, dove matica, poi strutture lasciate di 3 anni. a loro stesse si Dal 2010 invece, si rinnoveranno ogni 12 uniscono spesso al degrado mesi, dopo di che il comune dell'ambiente circostante. potrà decidere che farne. Il ri- Finora della manutenzione se sultato è una situazione di to- ne sono occupati i commertale incertezza. Claudio cianti, ma col tempo l'immaBorghesan, titolare di un'attività di macelleria proprio a Lo- IL PROGETTO renteggio, ha acquistato, prima I mercati da rilanciare... del progetto di riorganizzaCa’ Granda zione, un banco frigo del vaChiarelli lore di 25 mila euro. Perchè di Morsenchio clienti, a suo dire, ce ne sono Ponte Lambro tanti, nonostante tutto. Che Quarto Oggiaro fine farà il suo investimento Fusina Sant’Ambrogio alla scadenza del termine della Ferrara concessione, ovvero alla fine Montegani del prossimo anno? Mercato Prealpi “comunale” vuole dire princiRombon palmente che il soggetto locaTicinese tore è un ente pubblico, che Wagner stabilisce prezzi calmierati per Santa Maria del Suffragio l'affitto al fine di garantire la Zara competitività dei prezzi dei prodotti. Con canoni più bassi gine ne ha risentito. «Ci piacerebbe investire nella nostra attività e rendere l'ambiente più piacevole, ma le spese per la manutenzione sono elevate e il comune non se ne occupa», dice Claudio Borghesan, che ha consegnato al sindaco Letizia Moratti una raccolta di 600 firme perchè il mercato comunale di Lorenteggio, dove lavorano altre venticinque persone, non rientri nella fascia di quelli che avranno come locatori i supermercati. «Vogliamo un aiuto, vorremmo tornare ad essere padroni di noi stessi e della nostra attività. Sono un salumiere ma anche un imprenditore». Già, imprenditore. Nove imprenditori per il solo mercato di Lorenteggio, contro uno, grande e con grande potere contrattuale. Certo, possono sempre spostarsi, i commercianti, come ha proposto il Comune. Ma i rischi sono tanti. «Perderei tutti i clienti. E poi mi lancerei in un'altra situazione dove l'unica certezza è l'incertezza stessa». Finora nessuna risposta. ... da riorganizzare Selinunte QT8 Giambellino Gratosoglio Livigno San Leonardo Lorenteggio Monza ... da dismettere Umbria Gorla LAB Iulm Pagina 13 LA CITTÀ CHE CAMBIA Se la riorganizzazione cancella i banchi Con il nuovo piano al posto di tanti piccoli commercianti un solo grande supermercato rilevato il mercato della zona, qualcosa dei vecchi mercati ercato comunale. comunali resiste ancora. Così recita la grande Resiste nella mente del proinsegna verticale con prietario, il signor Gianluigi lo scudo meneghino, posta da- Bessi, l’idea di un commercio vanti all’ingresso della strut- lontano dalle metodologie tura di piazzale Selinunte. Ma della grande distribuzione, remettete pure via la vecchia sistono tre degli esercenti del sporta della nonna, non vi ser- vecchio mercato, che pur esvirà. Superate le porte auto- sendosi trasformati in commessi, hanno m a t i c h e ancora voglia troverete infatti Per due anni di instaurare dei comodi cecon il cliente stelli muniti di la struttura quel rapporto ruote che vi accompagnedel mercato schietto e di fiducia, che ranno tra i vari è stata per tanti anni scaffali. Sì, assicuscaffali, esposiabbandonata aveva rato loro la tori ordinati buona riuscita dove la merce è facilmente accessibile,sempli- dei propri affari. La storia del cemente allungando il brac- mercato di piazzale Selinunte cio. No, nessun ciarliero è decisamente articolata: «In esercente che da dietro il suo origine c’erano 18 posteggi» colorato posteggio vi consi- racconta il signor Giovanni glierà la frutta di stagione Clerici, che un tempo gestiva chiedendovi nel frattempo come vanno le cose in famiglia. Dovrete fare da voi. Non stropicciatevi gli occhi, avete letto bene il cartello all’entrata, ma si sa, l’abito non fa il monaco e chi dichiara d’essere un mercato, può rivelarsi in realtà un supermarket. Continuate pure a girare, passate al banco della carne, certamente non vi verrà negato un sorriso, arrivate a quello dei formaggi: di sicuro Giovanni, un signore alto e magro dai modi garbati, si ricorderà di voi se siete già passati da lì, oppure avrà voglia di conoscervi e guidarvi nei vostri acquisti. È vero, sino a poco fa vi sembrava di essere in un semplice supermercato, dove la gente entra, compra e se ne va. Le vostre impressioni non vi hanno ingannato, ma nonostante tutto da Supercarni, il piccolo gruppo che in accordo con il Comune ha restaurato e Elisa Zanetti M Un banco frutta al mercato di Ticinese L’INTERVISTA “ appunto il banco dei formaggi. ma l’accordo non fu trovato e «In seguito il Comune, igno- il gruppo decise di abbandorata la proposta di noi com- nare.Per due anni sono rimasti mercianti di dare vita ad una soltanto tre posteggi e la strutcooperativa, decise di affidare tura si è trasformata così in una la gestione del mercato al di- sorta di mercato fantasma, sino scount Lidl, che liquidò tutti i a quando il Comune non ha posteggiatori, tranne me ed ideato un progetto di riorganizaltri tre, convinti dal Comune zazione dei mercati coperti, di a restare affinché l’offerta di cui Selinunte è stato il primo a prodotti freschi da banco non essere portato a compimento. cessasse». «Un esempio poPurtroppo in sitivo, che poseguito i Oggi tre tremmo ripetere», rapporti fra l’assessore dei vecchi esercenti così il discount e alle Attività prol’amminilavorano duttive Giovanni strazione si Terzi sul comcome normali plesso di zona San incrinarono: Lidl, doMa se da un dipendenti Siro. vendo aflato non si può nefrontare gare che l’area considerevoli spese per la ma- abbia ripreso vita, dall’altro è nutenzione del mercato, chie- difficile augurarsi che anche deva a Palazzo Marino un altri mercati vengano riorgarinnovo del contratto d’affitto nizzati così poiché, più che una a lungo termine, in modo da riorganizzazione, c’è stata una poter ammortizzare le spese, trasformazione totale. Un macellaio del mercato di Ticinese GIOVANNI TERZI “Rifaremo tutto senza spendere un solo euro” Elisa Zanetti Giovanni Terzi Assessore alle Attività produttive La collaborazione tra pubblico e privato permetterà il rilancio ” Cosa pensa di fare l’Amministrazione per i mercati comunali coperti? «Attraverso uno studio abbiamo individuato tre diverse tipologie di mercato e proposto soluzioni mirate: alcuni verranno rilanciati, altri dismessi e altri ancora saranno riorganizzati affiancando un piccolo supermarket ai banchi dei prodotti freschi». Quante risorse saranno necessarie? «Le spese per il Comune saranno minime. Si è infatti pensato ad un project financing: un sistema che prevede la collaborazione di pubblico e privato. Il Comune, in cam- bio della realizzazione dei lavori, affida a soggetti terzi la gestione dei mercati». A chi pagheranno l’affitto i commercianti? «Al privato che subentrerà, ma i canoni di locazione continueranno ad essere convenzionati. Il Comune sarà quindi garante dei commercianti, ma anche dei cittadini, assicurando il mantenimento del giusto rapporto qualità prezzo». Quali strutture chiuderanno definitivamente? «In realtà solo quella di viale Monza, a Gorla, ma gli esercenti verranno trasferiti in un’altra zona, al Giambellino». Recentemente però il Comune ha speso dei soldi per rifare il tetto del mercato di viale Monza, che ora verrà dismesso. Come mai? «Era necessario un intervento urgente che permettesse il normale svolgimento delle attività in attesa della chiusura dei posteggi e della vendita dello stabile». Anche il consigliere della Lega Matteo Salvini ha criticato la spesa e si è schierato in difesa della struttura, che offre un’importante alternativa in un’area dove i supermarket sono già molti … «Questa delibera è stata approvata in commissione commercio ed in seguito è stata portata in giunta, dove la Lega è rappresentata. In ogni caso i lavori di manutenzione erano impellenti per mantenere il decoro di un luogo dove vengono venduti alimenti». Dal 2006 il Comune non ha emesso nuovi bandi per occupare i posteggi vuoti, mentre i contratti devono essere rinnovati ogni 1/3 anni. Queste scelte non hanno condannato all’immobilità, se non al declino, i mercati stessi che ora si vuole rilanciare? «I bandi non sono stati emessi per permettere la riorganizzazione di queste strutture, mentre per quanto riguarda le scadenze a breve termine, i commercianti ne sono stati sempre consapevoli. In ogni caso ora i contratti avranno una durata di sei anni più sei. Non è stato possibile farlo prima perché non volevamo avere problemi di disallineamento nella realizzazione del nuovo progetto». Il prete cinese che insegna l’italiano Pagina 14 LA CITTÀ CHE CAMBIA LAB Iulm Inviato due anni fa dal Vaticano nella Chinatown milanese don Liù è riuscito a costruire un ponte fra immigrati e italiani grazie a seguitissimi corsi di lingua Capodanno cinese in via Paolo Sarpi. In questa zona di Milano gli immigrati cinesi cominc Repubblica Popolare, appena proclamata da Mao Dse Dong. Dalla seconda metà degli an mezza età, donne, a qualsiasi ora, dalla mattina alla sera. I cin via Giusti a Milano, Chi- nesi del quartiere vi hanno tronatown milanese, i luoghi vato un punto di riferimento, comuni sui cinesi iniziano a un aiuto consistente per entrare cadere come le tessere di un negli ingranaggi di Milano. domino… cinese appunto. Il Don Domenico offre, con un primo ad andare giù è il fatto gruppo di circa 20 volontari, che i cinesi hanno poca voglia fra cinesi e italiani, assistenza ai suoi connazionali: compilare di integrarsi con i milanesi. In via Giusti circa 400 cinesi un modulo in italiano per una studiano italiano tutte le sere e pratica burocratica, trovare un l’insegnante è un prete che è lavoro, insegnare loro la linnato in Cina nella regione del gua, i modi e la cultura itaFhuzou. Ed ecco che cade la liana. seconda tessera, il secondo «Aiutarli per me è un dovere, luogo comune, ovvero che tra un modo per rendermi utile Chiesa cattolica e cinesi i rap- alla comunità - afferma Don Liù - capisco le loro difficoltà, porti siano quasi inesistenti. Don Domenico Liù, 34 anni, è una lingua nuova, un mondo stato inviato dal Vaticano a Mi- diverso da scoprire, la fatica lano nel 2008 per occuparsi dei per chi deve cercare un lavoro. cinesi di fede cattolica del ca- I cinesi hanno bisogno di chi poluogo lombardo. E Don Do- pian piano interpreti la realtà della città e menico, che in traduca». Cina avrebbe “I cinesi gliela Già tradurre, avuto più di un hanno bisogno ovvero rendere problema a professare tranquilladi chi pian piano comprensibile, quindi comunimente la sua fede e a catechizzare i interpreti care, semplicem e n t e suoi connazionali, a Milano è la realtà della città dialogare. La muradivenuto nel giro e gliela traduca” "grande glia" linguistica di due anni una fra cinesi e itafigura cruciale del quartiere in zona Paolo liani sembra insormontabile, ma per Don Domenico non è Sarpi. Padre Liù, occhiali piccoli e così: «Nei corsi gratuiti di linsorriso fresco di chi ha voglia gua italiana - spiega il prete di fare, è ipercinetico. Il suo uf- che si tengono in parrocchia, la ficio, una piccola stanza, con sera, abbiamo 200 cinesi un piccolo salottino, attigua iscritti per ognuno dei due lialla parrocchia è una via vai di velli didattici. Imparare la lincinesi: ragazzi, uomini di gua per loro è un passo Ignazio Stagno I fondamentale verso l'integrazione». Ma da quanto racconta Don Liù, già qualche milanese ha voluto fare il percorso inverso, ovvero imparare la lingua dell'ospite. Gli iscritti italiani al corso di cinese sono cinquanta, ed ogni sabato pomeriggio sono pronti ad imparare pazientemente ideogramma su ideogramma. «Lo scorso anno -aggiunge sorridendo il prete abbiamo avuto anche due ottantenni. Volevano imparare il cinese per poter parlare con i vicini del quartiere». Nella piccola stanza di via Giusti i cinesi non vanno solo per imparare la lingua, a volte anche per essere ascoltati, per parlare con Don Domenico dei loro problemi, della loro fatica nel lavoro, magari delle incomprensioni in famiglia. «L'aiuto che voglio dar loro è a trecentosessanta gradi - continua Don Domenico Liù - se hanno semplicemente bisogno di parlare magari con qualcuno che possa capirli, io sono qui. Se c'è bisogno di dar lavoro a qualcuno che è in difficoltà cerco in tutti i modi di trovarglielo. Ma è importante che dopo di me cerchino il contatto con gli italiani come è accaduto in occasione dell'ultimo capodanno cinese dove alla festa che abbiamo organizzato eravamo in 400 fra cinesi e italiani. E' stato un momento intenso e di condivisione». E così fra un negozio di pelletteria e uno di prodotti alimentari rigorosamente "made in China" c'è anche un piccolo spazio dove il cinese non è Don Domenico Liù, 34 anni è a Milano dal 2008 su mandato del Vaticano per occuparsi dei cinesi di fede cattolica. Un impegno che è andato al di là delle aspettative e che ha portato all’organizzazione di corsi di lingua italiana per adulti cinesi seguiti da 400 persone. Il giovane prete ha anche organizzato corsi di cinese per italiani. Fra i partecipanti anche alcuni settantenni A destra un’immagine dei corsi di lingua nei locali della parrocchia Santissima Trinità di via Giusti. Don Liù è aiutato da una pattuglia di giovani cinesi e italiani bilingue LAB Iulm LA CITTÀ CHE CAMBIA Pagina 15 IL CASO La scuola modello di via Giusti “Educhiamo anche le famiglie” Incontri periodici con i genitori e un prontuario multilingue ’integrazione fra cinesi e italiani ha bisogno di basi solide, di pilastri che durino nel tempo. In Via Giusti a Milano, zona Paolo Sarpi, il senso del vivere in comunità in una realtà multietnica viene insegnato già fra i banchi di scuola. L’Istituto comprensivo “Via Giusti e d’Assisi” è composto da una scuola media e da una elementare che ospitano una buona percentuale di bambini e ragazzi stranieri. Fra questi molti sono cinesi. A guidare la scuola è il preside Roberto Bellini, idee chiare e progetti concreti per accelerare l’integrazione. «Questa scuola ha una storia lunga spiega Bellini - e da decenni è attiva su questo fronte. Noi non vogliamo integrare, ma convivere, dialogare, partecipare. Vogliamo diventare il fulcro di questo processo senza cozzare con le altre istituzioni». I numeri degli iscritti annualmente sembrano dar ragione alla strada tracciata da Bellini. La scuola di via Giusti conta per la media 298 alunni di cui 95 ragazzi non italiani e l’elementare 384 allievi di cui 120 stranieri. Sulla road-map che conduce alla convivenza interrazziale un ruolo fondamentale lo giocano le famiglie degli studenti stranieri. «L’educazione alla multiculturalità deve partire dalle mura domestiche delle famiglie. I cinesi ad esempio continua il preside - hanno bisogno di capire il “sistema scuola” italiano e non solo dal punto di vista linguistico ma anche da quello burocratico e culturale. Così è nata l’idea di progettare un incontro, nel novembre 2010, solo con genitori cinesi per consegnare loro L cinesi cominciarono ad arrivare alla fine degli anni 40. Erano esuli in fuga dalla metà degli anni 90 è iniziata una nuova ondata di immigrazione visto come un automa, una macchina produttiva con occhi e gambe, ma come un uomo con tutte le sue paure, speranze, e incertezze verso un Paese nuovo che lo ospita e che dista soltanto qualche decina di migliaia di chilometri da Pechino. «Spesso accade che mi chiedano perchè faccia tutto ciò per loro. Io rispondo che è per spirito caritatevole come mi insegna il Vangelo- spiega Don Liù-. E allora qualcuno inizia pian piano a venire alla messa. Cercano risposte alla generosità senza interesse, e allora timidamente provano a trovarle in Chiesa». Don Domenico sa che la strada per l'integrazione è lunga ed anche in salita. Ma è fiducioso e chiude con un adagio, ovviamente cinese: «Chi pianta alberi sa che altri ne godranno l'ombra". Spero che quello che sto facendo- conclude il pretepossa servire a tutti. Cinesi e milanesi insieme. Devo solo avere la forza di piantare qualche altro arbusto...». un libretto, un prontuario multilingua di istruzioni per l’uso, fra cui anche il cinese, che metta in condizione questi immigrati di comprendere cosa significhi iscrivere i propri figli in una scuola italiana». Ma affinchè tutto il processo integrativo possa diventare realtà è necessaria una figura chiave come quella del mediatore culturale. In via Giusti già con qualche anno di anticipo hanno capito l’importanza di avere fra le mura della scuola qualcuno che non si limiti a fare l’interprete ma invece qualcuno che sappia, come afferma Bellini, «non solo tradurre il termine caramella in cinese ma anche indicare cosa rappresenta una caramella per un italiano, l’uso che ne fa e come fa parte delle abitudini di casa nostra». L’esempio per quanto semplice dipinge bene i tratti del lavoro che svolge la professoressa Cecilia Jià, già docente di lingua cinese all’Università Bicocca e adesso mediatrice interculturale nella scuola della Chiantown milanese. «Da circa tre anni lavoro per questa scuola - spiega Jià l’ambiente familiare che ho trovato mi permette di lavorare bene. Il mio compito è quello di tradurre in termini culturali cinesi il lavoro quotidiano delle mie colleghe italiane. Ad esempio in Cina quando si vuol comunicare con le famiglie per richiamarne l’attenzione sui risultati scolastici di uno studente si scrive a casa, in Italia magari si parla direttamente col ragazzo esortandolo ad impegnarsi di più. Con il mio aiuto le colleghe con alunni cinesi hanno iniziato a scrivere alle famiglie. Queste prontamente sono intervenute sui figli e i profitti scolastici di questi sono migliorati». In via Giusti sembra essersi innescato un “circolo virtuoso” che può portare ad una robusta integrazione, e ne è convinta anche la professoressa di Lettere Maria Angelica Bollani: «Qui ci sentiamo un’isola felice - afferma la docente - abbiamo sempre cercato di anticipare i tempi. Nei prossimi anni i nostri studenti vivranno in un paese multietnico e crediamo che con questi metodi possano trovarsi meglio nel mondo di domani. Mondo che avrà mille colori, mille volti e mille idee diverse». (i.s.) Da sinistra a destra le professoresse Cecilia Jià e Maria Angelica Bollani, e il dirigente scolastico Roberto Bellini VIA PAOLO SARPI Un’isola pedonale, per evitare scontri l 12 aprile 2007 in Via Paolo Sarpi, nella Chinatown milanese, scoppia una rivolta in cui i cinesi del quartiere si sono scontrano aspramente con la polizia locale. Il tutto nasce per una donna multata mentre scaricava merce dalla sua auto utilizzata impropriamente come veicolo commerciale. La donna, 26 anni, dopo aver contestato la multa alla vigilessa richiama l’attenzione di altri suoi connazionali anch’essi commercianti nel quartiere. In poche ore è monta. Centinaia di cinesi scendono per le strade con tanto di bandiera rossa. L’intervento della polizia locale trasforma zona Paolo Sarpi in un teatro di guerriglia urbana. Mentre i vigili attendono rinforzi, gli immigrati circondano l’auto delle forze dell’ordine prendendola a calci e pugni rompendo il parabrezza e saltando sul tetto. A questo punto interviene la celere che fa recuperare l’auto ormai distrutta dei vigili. Alla fine degli scontri si contano venticinque contusi tra agenti e vigili, sette cinesi in ospedale, due auto rovesciate. La tensione rimane alle stelle per tutta la giornata. Nel pomeriggio la situazione torna alla normalità. Da quella rivolta sono trascorsi tre anni, e via Paolo Sarpi adesso si appresta a diventare un’isola pedonale. Isola che è stata concepita con lo scopo di fermare il carico e scarico a tutte le ore di merce nei magazzini cinesi. In realtà nelle intenzioni del Comune c’era l’idea di eliminare i venditori all’ingrosso dalla Chinatown per cercare di risolvere il problema anche della viabilità in maniera netta. Ora la strada sarà molto più elegante e gradevole per una passeggiata pomeridiana fra un negozio e l’altro. Anzi ancora dopo ben tre anni fra un grossista e l’altro. (i.s.) I Pagina 16 LA CITTÀ CHE CAMBIA 1960 L’INTERVISTA Il Palalido, con sede in Piazza Carlo Stuparich 1, a Milano, viene inaugurato l’8 dicembre. Alle 17.30 arrivano in 5800 per un battesimo d’occasione, la sfida di pallacanestro tra i padroni di casa della Simmenthal e i “nemici” della Ignis Varese SANDRO GAMBA LAB Iulm 1969 L’autunno caldo fa del Palalido il centro di accesi dibattiti, grandi manifestazioni e riunioni sindacali. Nella foto, datata 10 dicembre, un’assemblea dei lavoratori della Sit Siemens, con votazione per alzata di mano Quando la pallacanestro parlava inglese, russo... e italiano Marco Cosenza chiamavano affettuosamente a Milano, era un giocatore inquant’anni, e non simbolo. Era capace di farti sentirli. Il Palalido vincere qualsiasi partita con viene inaugurato l’8 la sua grinta e la sua voglia di dicembre del 1960: tutto vincere. Poi in tempi più reesaurito alle 17.30 per la centi sicuramente Bob McAsfida tra Simmenthal Milano doo. Lui è stato un idolo e Ignis Varese. Sì perché se della folla, col famoso l’impianto ha ospitato leader grido”Do-Do-McAdoo!”. politici e leader spirituali, la Uno dei più grandi giocatori boxe mondiale venuti in Italia e i concerti dagli Stati rock, i giganti Uniti, come del volley e il Bill Bradley grande tennis, nel ’66, le riunioni sinquando abdacali e le biamo vinto la convention coppa dei camaziendali, è pioni. Bill era anche vero che iscritto a Prinsono le retine ceton ma dei canestri ad aveva vinto essere più una borsa di strettamente studio per Oxintrecciate al ford. Giocava palazzetto. E le partite di tra i tanti camcoppa con la pioni che hanno Sandro Gamba, classe 1932, ha militato nell’Olimpia Milano per più squadra a metà calcato il suo di vent’anni, come giocatore dal 1950 al 1963 e nello staff tecnico settimana e poi parquet, uno in dal 1965 al 1973. Dal 2006 è membro della Basketball Hall of Fame tornava direttaparticolare è lemente in Inghilgato indissolubilmente alla smo alimentato anche dai terra per stare sui libri. Ha sua storia: Sandro Gamba, un grandi successi. Qual è il rismesso dopo un anno per autentico maestro di pallacacordo più emozionante? Sorconcentrarsi sulla laurea, fino nestro, un uomo capace di ride Sandro: «Ce ne sono a diventare Senatore negli vincere 10 scudetti in maglia tanti, è una domanda che mi Stati Uniti e ad essere tra i Olimpia. «Il Palalido è un mette un po’ in difficoltà. candidati in corsa per la Casa grande campo di casa: il pubUno dei periodi più belli però Bianca. Posto che fu poi blico è quasi dentro al retpreso da un tale Al Gore, non tangolo di gioco. La squadra so se mi spiego». Difficile era formidabile e i biglietti però che in un lungo lasso di I biglietti non li non li trovavi mai: per avere tempo ci siano solo successi. l’abbonamento dovevi metQual è stato il momento più trovavi mai: per avere terti in lista e aspettare che amaro della tua carriera al qualcuno morisse». Un baPalalido? «La sfida di coppa l’abbonamento cino di pubblico numeroso dei campioni con la Dynamo per uno sport che era molto dovevi metterti in lista e Tbilisi, nel 1962. Eravamo sentito, come sentita era la aspettare che qualcuno andati a vincere all’andata sfida con l’altra titolata fornel paese di Stalin, un’immorisse mazione lombarda: l’Ignis di presa, e in casa invece abVarese. «Le società fiorirono biamo perso, rimanendo quasi insieme e fu proprio il fuori dalle finali per un solo presidente della Simmenthal, è stato quello dal ’70 al ’73, punto di differenza. E la Adolfo Bogoncelli, a suggeperché anche se ero solo un colpa è mia perché ho sbarire al titolare della Ignis, assistente l’allenatore Cesare gliato due tiri liberi, ne avessi Giovanni Borghi, di legarsi Rubini aveva delegato me a segnato almeno uno... dialla squadra varesina. Due prendere in mano la squavento matto se ci penso». Un binomi di durata quasi vendra». Tanti anni, tanti trionfi, percorso fatto di tante luci e tennale e un legame talmente e tanti campioni. Da Dino qualche ombra dunque. Ma stretto che creava anche Meneghin a Mike D’Antoni se dovessi scegliere un ulqualche problema a livello hai visto davvero molte stelle timo fotogramma per la tua aziendale: la Simmenthal a del basket, sia da giocatore storia quale sceglieresti? «Il un certo punto non era più la che da allenatore. Quali di ritorno da “rivale”. Da allecarne in scatola ma la pallaloro sono stati davvero in natore dell'Ignis ho ricevuto canestro. Il basket ha così ingrado di accendere il publa prima standing ovation ventato una forma di blico? «Art Kenney, detto della mia vita in occasione sponsorizzazione poi muArthur “il rosso”, o semplidel “debutto" al Palalido. tuata da altri sport, una pracemente “l’Arturo” come lo Non lo dimenticherò mai». C tica che si è persa col tempo ma che si rinnova ora con l’impegno di Armani e la costruzione del nuovo palazzetto». Una continuità capace di cementare il rapporto col pubblico e la città. «Si creava una sorta di travaso: quando gli spettatori uscivano da San Siro venivano a vedere la pallacanestro». Un entusia- “ Il fortino del basket ” In senso orario: Fiero guerriero (simbolo dell’Olimpia Milano), le mitiche scarpette rosse, Arthur Kenney, detto “il rosso”, il nuovo patron, Giorgio Armani, e il primo presidente, Adolfo Bognoncelli LAB Iulm LA CITTÀ CHE CAMBIA 1970 Pagina 17 1999 2008 Il quattordicesimo Dalai Lama, Tenzin Gyatso, maestro di buddhismo Nobel per la pace 1989, illumina con la sua saggezza il pubblico del Palalido. Una quattro giorni (19-22 ottobre) che ha il sapore di un viaggio millenario La scoperta del rock arriva coi Rolling Stones nel 1970. Costo del biglietto, 3500 lire. Poi sarà la volta di Lou Reed (1975), Rockets (1978), Deep Purple (2006), Nightwish (2008), Alice in Chains (2009) e Europe (2010) Da Roberto Formigoni a Filippo Penati, da Romano Prodi a Silvio Berlusconi (che nella foto, l’8 Marzo 2008, straccia il programma del Pd) sono molti i leader politici ad alternarsi sul palco durante assemblee di partito e campagne elettorali Armani e il Comune uniscono le forze per ristrutturare il Palalido Pala AJ: un’astronave sorgerà dalle ceneri del vecchio impianto alla stagione 2011-2012 il Palalido non si chiamerà più così. Nel giro di un anno saranno ultimati i lavori che trasformeranno il vecchio palazzetto in un avveniristico nido di alluminio, policarbonato e acciaio: il Pala AJ. Un ampio progetto di ristrutturazione presentato il 5 ottobre scorso, quando il sindaco Letizia Moratti ha ricevuto Giorgio Armani a Palazzo Marino. Il grande stilista è da due anni sponsor della squadra di pallacanestro Olimpia Milano e con questa operazione contribuirà a legare in modo ancora più deciso il suo marchio a quello delle “scarpette rosse”. «E pensare - scherza Armani che io non ho mai fatto sport. Mio fratello giocava a basket. Mi sono avvicinato con cautela alla nuova avventura, e alla fine mi ha preso. Ora , da presidente, sogno di vincere lo scudetto». La partecipazione prevede infatti che la struttura venga concessa in affitto allo stilista per 6 anni, in cambio “Re Giorgio” provvederà a garantire la massima funzionalità e contribuirà alle spese di restyling con D o Il Palalido festeggia 50 anni. Nel 2011 diventerà Pala Armani Jeans Quella volta che Keith rischiò di morire eith Richards non ha avuto esattamente una vita tranquilla. In una recente autobiografia (Life, Feltrinelli, 2010) cita i momenti più drammatici della propria esistenza: gli arresti per possesso di stupefacenti e la morte di Brian Jones, l'allontanamento da Jagger e l'isolamento, la tossicodipendenza e quel concerto al Palalido. «Ricordo uno spettacolo, in Italia, dove ho davvero creduto di non farcela. È stato a Milano, negli anni Settanta: mi reggevo a malapena in piedi e non riuscivo a respirare. L'aria era completamente rarefatta, faceva caldo e ho iniziato a sentirmi mancare. Mick stava su per miracolo, nell'inquinamento della città e la temperatura brutale». Era il primo ottobre 1970. La musica e il clima infiammano dunque il palazzetto. Ma non solo. Al concerto dei Rockets del 1978 decine di au- K tonomi prendono d'assalto la struttura. Un manipolo di celerini li circonda e li scorta fino a piazzale Lotto. Vengono sparati alcuni lacrimogeni, uno dei quali finisce nel salotto di un pensionato che abita nello stabile che affaccia sul piazzale, dando fuoco alle tende e al divano. Non dissimile il trattamento riservato a Lou Reed nel 1975. Il rocker di Brooklyn se ne va mandando a quel paese una trentina di ragazzi della sinistra extraparlamentare che gettano acqua e sassi sul pubblico "fascista". Un grande spavento ma, per fortuna, nessuna vittima. Come nell’Aprile del ’76, quando sul palco si mescolano musica e ribellione. Durante la tournée di Francesco De Gregori alcuni membri dei collettivi politici studenteschi bloccano il concerto, accusando il cantante di frequentare alberghi di lusso e strumentalizzare i temi cari alla sinistra per arricchirsi. De Gregori abbandona la scena ma “gli inquisitori” lo costringono a risalire inscenando un vero e proprio interrogatorio: “Quanto hai preso stasera? Se sei un compagno, non a parole ma a fatti, lascia qui l'incasso: vai a fare l'operaio e suona la sera a casa tua!”. Dopo venti minuti di "processo" De Gregori riesce a raggiungere il camerino. Poco dopo dichiara: "Non mi esibirò mai più in pubblico. Stasera mancava soltanto l'olio di ricino, poi la scena sarebbe stata completa". Il cantautore interrompe effettivamente la carriera musicale per due anni, salvo poi tornare sui suoi passi. Proprio un lieto fine insomma. Come quello che offrono i Rolling Stones nel loro primo - e meno rovente, quanto a temperatura concerto del 1967, chiudendo la scaletta con un inedito mix tra Goin’ Home e Satisfaction. Più che un medley, una garanzia. (m.c.) 400mila euro annui, oltre un terzo dei 7 milioni che il Comune ha finanziato a Milanosport per la ristrutturazione. «Si è creata un'importante sinergia tra pubblico e privato – ha commentato il sindaco Moratti. Il nuovo palasport coniugherà il ruolo sociale e l'eccellenza architettonica che caratterizza la città, contribuendo a renderne l'immagine Rendering computerizzato del futuro Pala Armani Jeans ancor più internazionale». I primi render mostrano infatti un edificio tecnologico, trasparente e leggero, che nei materiali e nel design ricorda un’astronave. L’impianto, costruito alla fine degli anni Cinquanta, necessita di importanti interventi di riqualificazione, a cominciare dall'impianto idrico fuori norma e dalla capienza ridotta. Si avranno un nuovo parquet, una nuova copertura e un sistema di tribune mobili con capacità variabile da 5020 a 5420 spettatori, così da soddisfare gli standard richiesti dalle manifestazioni internazionali. Il parterre passerà dagli attuali 800 a 4950 m². La rivalutazione del Palalido è una prosecuzione della linea varata dall'amministrazione comunale. «Vogliamo dare nuova vita agli storici impianti sportivi della città - spiega l'assessore allo sport, Alan Rizzi in un progetto di cui fanno parte Palasharp, Vigorelli e possibilmente anche il Mediolanum Forum di Assago. Puntiamo a realizzare strutture polifunzionali, che siano in grado di ospitare attività e manifestazioni non soltanto sportive». Il Pala Armani Jeans manterrà dunque l’anima multiforme del vecchio Palalido, capace di ospitare basket e pallavolo, tennis e pugilato, ma anche concerti e convention, rinnovando l’importanza che questa struttura ha per lo sport in generale, e per la città in particolare. (m.c.) In senso orario: i Rolling Stones al Palalido nel 1967, Mick Jagger, Keith Richards e Charlie Watts (con la maglia del Milan) durante il secondo concerto delle “pietre rotolanti” al Palalido nel 1970 Pagina 18 LAB Iulm SOCIETÀ Generazione 1000 euro “Via dalla MalaPolitica” Francesca Martelli ambiano le posizioni, ma le pedine restano sempre le stesse sulla scacchiera della politica italiana; mentre l’apprezzamento verso il sistema cala. Secondo un sondaggio Ispo del 2010, commissionato dal Ministero della Gioventù, solo 1 giovane su 3 ha fiducia nella politica e più della metà degli intervistati (tutti under 35) associa a quest’ultima atteggiamenti negativi: rabbia, diffidenza, disgusto e noia. Elementi che segnalano come i giovani vorrebbero risposte dalla politica che non ottengono. Rabbia che ha portato studenti e ricercatori a protestare in piazza contro la riforma dell’università, ma che non riesce a confluire in una forma più strutturata, né a portare una diffusa partecipazione dei giovani alla vita politica. Cadute le grandi questioni ideologiche, restano quelle più concrete: scuola, C casa e lavoro. Le intenzioni di voto degli italiani dopo la sventata caduta del Governo a dicembre hanno rivelato che, in caso di voto anticipato, il primo partito in Italia resta quello dell’astensionismo, che si attesta intorno al 36%, in aumento rispetto alle ultime elezioni politiche (dove i non votanti erano stati circa il 20%). Tra disillusi e insoddisfatti ci sono anche ragazzi che invece di abbandonarsi all’arrendevolezza, scelgono di impegnarsi in prima persona e dare il proprio contributo alla società. Sono tutte storie che iniziano con l’impegno politico al liceo e all’università, come quella di Marco Valerio Bove, 27 anni, coordinatore provinciale dei giovani del Pdl a Milano. Iscritto a Forza Italia, è stato rappresentante degli studenti all’Università Bocconi e a 22 anni ha partecipato alla campagna elettorale di Letizia Moratti come Sindaco di Milano. «Sento che la politica ha la chance di intervenire sul mio futuro di domani, sul nostro» dice Bove. Nelle sezioni della Giovane Italia, l’organismo presieduto dal Ministro Giorgia Meloni e nato dalla fusione dei movimenti giovanili di Forza Italia e An, si commentano gli articoli dei quotidianie si fa formazione e supporto per coloro che vogliono candidarsi nei consigli comunali o di zona. «È auspicabile – aggiunge il coordinatore - che i ragazzi facciano politica in queste realtà perché possano crescere e arricchire di una purezza nuova gli Enti, che altrimenti vengono amministrati per decenni dalle stesse persone. I giovani del Pdl non sono sfiduciati: sentono che c’è bisogno di rinnovamento e modernità. Siamo molto vicini all’idea di Berlusconi di una politica più leggera e diretta». L’impegno politico può essere portato avanti insieme a quello professionale: «Penso che chi fa politica debba avere una propria attività, perché solo attraverso questa, potrà portare la propria esperienza e capacità di lavoro all’interno dell’amministrazione. La politica non potrà essere il lavoro di una vita, ma solo di un momento della propria esistenza». Dati Ispo, 2010 Valori percentuali, base casi: 201 (under 35) Altra storia è quella di Alessandro Capelli: 25 anni, iscritto a Sinistra Ecologia e Libertà, sta per iniziare un dottorato in Scienze Politiche. É membro del comitato Pisapia, il movimento che sostiene l’avvocato Giuliano Pisapia, il candidato del centro-sinistra alle elezioni comunali di Milano del 2011, scelto alle primarie di novembre. Attesi 100mila votanti, alle urne ne sono arrivati circa 67mila: tra questi solo il 3% era costituito da under35. Ma Cappelli sottolinea: «Per la candidatura di Giuliano si sono messi in campo tanti giovani e di due tipi: chi era digiuno dalla politica e al momento di votare per le primarie era davvero felice, tanto da dire “ho perso il derby ma chi se ne frega” e poi quelli della mia generazione che per la prima volta pensano che con questo candidato si possano cambiare le cose anche in città». Della propria esperienza dice: «La politica è sempre stata parte di me: questo per la mia condizione familiare, di vita, di aria che respiravo in famiglia. Mi occupa molto tempo, anzi ormai è diventata un modo di lettura del mondo. La politica fatta in un partito, in un giornale, in un’associazione ha tutta la stessa dignità». Storicamente la politica è sempre stata più ampia del sistema dei partiti, un sistema che non sempre si è rivelato limpido, come aveva mostrato Mani Pulite. I più giovani o LAB Iulm Pagina 19 SOCIETÀ L’INTERVISTA /1 GIUSEPPE CIVATI Il rottamatore sprona i giovani del Pd a l Con s i glio d’Istituto del suo liceo a quello Comunale di Monza a soli 22 anni. Giuseppe Civati, Dal 2005 è 35 anni Consigliere Consigliere Regionale in Regionale (Pd) Lombardia in Lombardia ed è considerato uno degli esponenti che potrebbe guidare il rinnovamento del Pd. Insieme al Sindaco di Firenze Matteo Renzi ha dato vita, alla fine di novembre, a “Prossima fermata Italia”, l’iniziativa con cui hanno proposto la “rottamazione” dei dirigenti del Pd. Quali sono gli step per iniziare a fare politica? «Non ci sono passaggi ben precisi: si inizia perché ci si diverte, ci si appassiona, si crede che si possa dare il proprio contributo per cambiare le cose. La prima esperienza politica tradizionale è stata la campagna elettorale del 1994, per cui porto “sfighissima” perché è quella in cui Berlusconi e la Lega vinsero le elezioni! Io non volevo sottrarre tempo allo studio e non volevo fare politica per professione. Infatti la D sembrano aver fatto tesoro del passato, tanto che l’istituzione politica per la quale hanno più fiducia è il presidente della Repubblica (84%), seguito con notevole distacco da capo del Governo (42%), Parlamento (40%) e partiti politici (18%). L’età media degli eletti alla Camera è di 5o anni, al Senato di 54 (escludendo i senatori a vita). Va un po’ meglio a livello locale dove sono circa 27mila (dati Anci – associazione nazionale comuni italiani) i giovani tra i 18 e i 35 anni che hanno un ruolo nelle amministrazioni locali. Sindaci, assessori e consiglieri comunali che si allenano nella palestra della politica, direttamente sul territorio. Una gavetta necessaria, ma che non sempre porta a un ruolo a livello nazionale. La maggior parte degli italiani guarda però la politica da spettatore e si informa principalmente attraverso tv: quella stessa scatola nera che trasmette le sintesi dei convegni dei grandi partiti. Da Sel al Pdl la scenetta si ripete: c’è un palco, un pulpito, un tavolo al quale siedono i più vicini al leader, un video promozionale e un inno. Come fanno i ragazzi a essere attratti da questi siparietti, in cui si sostiene il leader di turno come se fossimo allo stadio? Nella società è ormai diffusa l'insofferenza verso la politica come marketing e come spettacolo, verso quel "Grande Fratello politico” che vede commedianti e volta faccia. Prova a risvegliare gli entusiasmi Mtv Italia, la televisione musicale nata nel 2001 dal canale americano di Mtv, che a gennaio parte con l’iniziativa Iovoto.it. Un sito di informazione per spiegare cosa significa impegnarsi in prima persona, dal consiglio di classe a quello Comunale, accompagnato da un programma che andrà in onda all’interno di MtvNews. Antonio Campo Dall’Orto, presidente dell’emittente televisiva, dice: «Ci siamo accorti che, mentre negli altri paesi la società diventava sempre più attenta ai problemi dei ragazzi ed Mtv si preoccupava di farli divertire, che è il ruolo principale di una televisione dedicata ai 20enni, quello che è successo in Italia è che la società è andata verso una progressiva corruzione delle speranze delle persone, corruzione degli animi. Quindi in Italia stiamo facendo questa sensibilizzazione alla partecipazione che negli altri paesi non è necessaria». E se una televisione musicale si deve preoccupare di istruire e guidare i più giovani, non ci resta che dire “buona visione”. prima legislatura in Consiglio Comunale l’ho fatta da volontario». I giovani sono ancora capaci di scendere in piazza, ma come si comportano quando si passa alla politica più strutturale o si tratta di andare a votare? «La storia ci mostra momenti in cui i giovani partecipano di più e momenti in cui partecipano meno. E’ chiaro che i messaggi devono essere molto forti e molto chiari ed è quello che chiedo al nostro giovane Segretario Bersani - dice sorridendo che essendo coetaneo deve stimolare quella generazione a buttarsi sulle questioni fondamentali: lavoro qualificato, università e ricerca, l’ambiente e la politica. Una politica immaginata non per fare soldi, ma che parli un linguaggio diretto e semplice, che sia un po’ affettiva, che scaldi un po’ i cuori». Cosa le chiedono i giovani del suo partito? «Avere un partito che dice delle cose che loro possono spendere: l’esempio più eclatante è la casa. Siamo un paese in cui ti dicono di essere flessibile, precario, light, lounge, dopodiché ti devi comprare la casa anche se non abbiamo ancora immaginato una politica per la casa diversa. Non si tratta solo di scaldare i cuori, ma bisogna scaldarli sugli argomenti veri. Così un giovane ca- pisce che si sta parlando della sua vita, del suo destino». Il suo è un invito al Pd a parlare di temi più concreti? «Non è che finora non l’abbia fatto, è che non li trasferisce. Bisogna passare dalla teoria alla pratica politica. Da un’enunciazione di principio a un’azione visibile e concludente, almeno per quanto riguarda il rapporto con l’elettorato, le cose che si dicono». Come valuta l’affluenza alle primarie del Pd a Milano, lo scorso novembre? «L’affluenza non è stata così bassa: 70.000 persone sono molte. Il Pd si fustiga sempre. I giovani sono andati a votare in pochi perché sono in pochi. La verità è che noi ci aspetteremmo che i giovani partecipassero di più alle primarie, che ci fosse una mobilitazione: questo è il tema. Per noi è importante fare una politica diversa perché un conto è fare un convegno sul precariato, un conto è dire qualcosa che riguarda la vita dei precari ai precari, un conto è portarli per le strade e a partecipare alle iniziative politiche; perché magari saranno meno precari, avranno un reddito più significativo e potranno dedicare un po’ di tempo a un’attività, che in questo momento è residuale. Non si risolve tutto in un minuto, non si risolve solo con il leader, e L’INTERVISTA /2 SIMONE BALDELLI iornalista e politico, dopo anni di militanza nel movimento giovanile di Forza Simone Baldelli Italia è di38 anni ventato vice-capogruppo parlamendel Pdl tare alla alla Camera Camera. Simone Baldelli, giovane onorevole del Pdl, col piglio del comico ci racconta la sua esperienza. Quando ha iniziato a fare politica? «L’attività politica è iniziata a 19 anni con il movimento giovanile socialista; successivamente con i Radicali e poi con Forza Italia». A 27 anni è diventato coordinatore nazionale dei giovani di Forza Italia: che ricordi ha di quell’esperienza? «Ho un ricordo bellissimo, perchè è stata la celebrazionedi un percorso durato anni nel movimento giovanile. Ho raccolto infatti il frutto di tanti anni di convegni, riunioni e di una mia campagna congressule, attraverso la quale ho girato l’Italia». Qual era il vostro obiettivo? «C’era un grande progetto sul mondo giovanile, che era quello di imporre la questione generazionale. Una questione che non toccava destra e sinistra in quanto tali, ma un profilo di più ampio respiro, che andava dall’abolizione della leva alla riforma delle pensioni. E poi una scuola che avesse al centro lo studente, attenta più a chi dovesse trovare una collocazione lavorativa, che a collocare bidelli e studenti. In seguito, come coordinatore nazionale dei giovani, insieme ad altri giovani dell’Udc e della Lega avevano anche realizzato il coordinamento dell’allora Popolo della libertà». Quali sono stati gli step successivi? «Sono stato eletto nel Consiglio regionale del Lazio nel 2000. Al 2006 arrivo alla Camera e dal 2008 sono Vice Capogruppo del Popolo della Libertà a Montecitorio e sono stato riconfermato componente della Commissione Lavoro. questo è un messaggio che mando a Nichi Vendola e agli altri che pensano che basta l’Obama Milanese, pugliese, o monzese come me, dico scherzando. Ci vuole un movimento di persone che si organizzi, che trasferisca una serie di valori e di principi e di soluzioni che poi vengano condivisi». Lei era troppo giovane per candidarsi come Sindaco di Milano? «Il Pd di Milano mi ha detto una cosa bellissima: “saresti stato un ottimo candidato”, con una forma verbale strana, fa un po’ sorridere. Perché uno a 35 anni è troppo giovane, per candidarsi... ma in compenso può andare in giro, come una coppia di fidanzatini, con la Serracchiani a parlare di giovani: perché noi parliamo sempre di giovani, è un po’ curioso. Deborah Serracchiani è europarlamentare, io sono Consigliere Regionale, Matteo Renzi fa il Sindaco. Ci sono un sacco di amministratori locali del Pd a cui chiedo soltanto una cosa: un po’ di coraggio, perché se vedo dei giovani che sono addirittura più conformisti dell’Unione Sovietica allora c’è qualcosa che non va. Lo dico con una battuta, poi naturalmente si offenderanno tutti quelli che pensano di essere sovietici». ( f.m.) “Ho 38 anni e i capelli brizzolati, ma mi piace vedere giovani appassionati” G Ora non mi occupo più dei gruppi giovanili del Pdl, per fortuna». Ha detto “per fortuna”? «Il movimento giovanile del Pdl nasce dalla fusione del vecchio movimento giovanile di Forza Italia e quello di Alleanza Nazionale, con alcune altre componenti che erano entrate nel Pdl, come il gruppo di Rotondi. Ora stanno trovando un equilibrio politico che sarà loro compito definire. Io adesso seguo altre attività: ho 38 anni e i capelli brizzolati; passo la mia vita qui alla Camera, tra Cicchito e altri capigruppo». Silvio Berlusconi ha nominato, lo scorso 17 dicembre, il nuovo coordinatore nazionale della Giovane Italia: è Annagrazia Calabria, parlamentare ventottenne, di professione avvocato. Una decisione che Simone Baldelli commenta così: «Annagrazia ha iniziato la sua militanza giovanissima nel movimento giovanile azzurro e sono sicuro che riuscirà a portare avanti con successo il suo incarico attraverso l`impegno e l`entusiasmo che la caratterizzano da sempre». (f.m.) Pagina 20 SOCIETÀ LAB Iulm Per fare il sacchetto ci vuole... la pannocchia Dall’amido di mais nasce lo shopper biodegradabile. Ecco Mater Bi, un’idea tutta italiana firmata da Novamont, company di Novara sorta nel 1990 dall’esperienza Montedison Nicola Marcatelli intrecciandolo con sostanze di origine naturale e sintetica così e rivoluzioni nella storia da aumentarne la resistenza alrovesciano i troni e i re. l’acqua e dandogli proprietà Nei mercati generano strutturali. Col mais nello stanovità tra gli stakeholders, ri- bilimento di Terni si produce il disegnando i ruoli di leader e Mater Bi, che è poi venduto a follower. Così, quella svolta trasformatori che realizzano i epocale sancita da una legge sacchetti per la raccolta diffeche obbliga i supermercati a renziata che dopo l’uso biodeservire la spesa in sacchetti gradano e ridiventano materia non più di plastica ma biode- organica, ottima per il compogradabili ha lanciato sulla cre- staggio. A Novamont elencano sta dell’onda una realtà con orgoglio i benefici del progiovane, che si è da poco la- dotto: contiene risorse rinnosciata alle spalle la propria vabili di origine agricola, adolescenza. Questa realtà, diminuisce le emissioni di gas Novamont, sorta negli anni ad effetto serra, riduce il conNovanta da quel che rimaneva sumo di energia e di risorse di Montedison, beneficerà in non rinnovabili. maniera esponenziale della La conferenza di Cancun semlegge che ha sbattuto fuori dai bra offrire un assist perfetto supermercati dallo scorso 1 alla company piemontese: analizzando il gennaio l’antico shopper Dal primo gennaio contributo che il settore dei di plastica: sono stati banditi rifiuti può Novamont infatti è idea- per legge gli shopper dare alla lotta al cambiatore di Mater di plastica. mento climaBi, fiore alin l’occhiello di Ora l’azienda tico, Messico è questa impresa di Nopiemontese prevede stato evidenziato come vara, perché una forte crescita questo settore biodegrada“in una pobile e comper la domanda sia sizione di postabile di materia prima forza per pasnaturalda essere mente. Quale Mater Bi sare una fonte di migliore inemissioni ad venzione alessere un lora per affrontare la sfida della tutela grande risparmiatore di emissioni” (dal rapporto “Waste ambientale? Tutto nasce dalla struttura mo- and Climate Change: Global lecolare dell’amido di mais, Trends and Strategy Frame- L work”). E allora lo shopper biodegradabile in Mater Bi sembra la risposta giusta al momento giusto alla domanda di prodotti di largo consumo a basso impatto ambientale. Alla vigilia della svolta dell’1 gennaio, gli uffici contabilità di Novamont avevano constatato un rilevante incremento della domanda per la loro materia prima, ma il boom è atteso per i primi mesi di quest’anno, quando la grande distribuzione avrà finito le Nello stabilimento di Terni, aperto nel 2006, Novamont produce la materia prima, il Mater Bi, che viene successivamente trasformato in shopper biodegradabili dalle aziende che lo acquistano. La domanda è aumentata nell’ultima parte del 2010 e la company di Novara si sta attrezzando per aumentare la propria produzione nel 2011 LAB Iulm SOCIETÀ Pagina 21 L’INIZIATIVA Ormai “non ci sono più i bicchieri di una volta” Test in Lombardia: boccali biodegradabili n drink, due drink e così via. Quanti bicchieri finiscono nei cassonetti all’alba ogni volta che è passata una notte in discoteca? Tanti, probabilmente troppi. Così quattro locali dell’hinterland milanese si sono inventati “Non ci sono più i bicchieri di una volta”, iniziativa che prevede la sostituzione dei bicchieri di materiale non riciclabile con prodotti in P.L.A., un materiale biodegradabile di ultima generazione estratto dall'amido di mais. Obiettivo comune: favorire la sostenibilità ambientale. I locali coinvolti sono Live Club di Trezzo sull'Adda, Circolo Arci Magnolia di Segrate, Bloom di Mezzago e Arci Locomotiva di Vimercate. L’impatto sarà notevole considerando che la stima è quella dell’utilizzo ogni anno di un milione di bicchieri annui. «Non solo questi non diventeranno rifiuto da avviare all’inceneritore o alla discarica ma si trasformeranno invece in una risorsa» sostiene Fulvio De Rosa, direttore del Live U Club. «Attraverso lo smaltimento in compostaggio infatti diventeranno compost che fertilizzerà il terreno su cui poi nasceranno altre piante dalle quali si otterranno nuovamente materie prime. Un ciclo virtuoso che nel suo completarsi comporta meno impiego di risorse non rinnovabili, meno energia e meno CO2». Di certo nell’ottica di un cambiamento a favore della tutela ambientale questi locali hanno fatto un significativo passo avanti: «Coniugare la logica aziendale con quella della sostenibilità ambientale non è semplice, molte scelte vanno fatte e pensate come investimenti a lungo termine, altre semplicemente per una questione di coerenza». IL GLOSSARIO iodegradabile: il termine utilizzato per indicare i materiali che possono essere decomposti in natura, ovvero materiali in cui molecole complesse possono essere trasformate in molecole più semplici e innocue per l'ambiente. B C scorte di sacchetti di plastica tutte le proprie attività: di (ancora utilizzabili per una quelle l’unica sopravvissuta è proroga temporanea del go- stata Novamont, grazie a una verno). Per far fronte a questo delle prime operazioni di priaumento del giro d’affari, la vate equity d’Italia. Ad acquicompany novarese si è attrez- sirla furono infatti due zata nel 2010 per arrivare a una coraggiosi attori: la Banca capacità produttiva di 80mila Commerciale Italiana e il tonnellate e per la primavera fondo investitori associati. conta di aggiungerne altre Oggi Novamont ha 20 anni e 60mila. detiene il 60% del mercato Il bello in tutta questa storia è mondiale del biodegradabile, che Novamont è un’eccellenza traguardo figlio dei nutriti intutta italiana: vestimenti sorse nel Venti anni fa in ricerca e 1990 per sviviluppo rischiava svoluti luppare e dalla commerciadi essere smembrata, c o m p a n y : lizzare i proinfatti il d o t t i ma qualcuno ha deciso 30% dei realizzati da 173 didi investirci. suoi Fertec, sopendenti è cietà che faOggi Novamont i m p i e g a t o ceva capo ricerca e detiene il 60% in alla Holding sviluppo, Montedison del mercato mondiale cui nel 2010 con il comè stato dedel settore stinato oltre pito di armonizzare la il 7% del biodegradabile f a t t u r a t o . cultura chimica di Detiene Montecatini con quella agroin- anche 80 famiglie brevettuali e dustriale del gruppo Ferruzzi. 800 depositi internazionali. E Nel 1991 la crisi di Montedi- dalla “rivoluzione” uscirà anson vide smembrare e vendere cora più forte. Non solo sacchetti... Posate, carta igienica, oggettistica. Cosa c’entra tutto questo con Mater Bi, il biodegradabile sviluppato da Novamont? C’entra eccome, perché si tratta di un prodotto estremamente versatile, utilizzabile in diversi campi. Certo c’è quello dei sacchetti per la spesa, ma la lista è lunga, a cominciare dal settore della ristorazione che può essere investito da Mater Bi, per la realizzazione di posate, piatti, bicchieri, tazze e scatole per l’asporto dei cibi preparati. Altro settore interessato è quello dell’agricoltura, che comprende teli di pacciamatura, vasetti per la vivaistica, corde e legacci. Poi c’è quello dell’igiene della cura della persona: bastoncini cotonati, pannolini, assorbenti femminili, carta igienica, tovaglioli e fazzoletti. Inoltre il settore dell’oggettistica: penne, temperamatite, righelli, cartucce, giocattoli e pettini. ompostabile: secondo una norma UE un prodotto per essere definito compostabile deve essere biodegradabile e disintegrabile in tempi brevi, ossia deve essere trasformato dai microrganismi in acqua, anidride carbonica e fertile compost. Infine, per essere definito compostabile, il manufatto deve risultare compatibile con un processo di compostaggio, cioè non deve rilasciare sostanze pericolose e non deve alterare la qualità del compost prodotto. ontedison: la Montecatini Edison S.p.A, abbreviata poi in Montedison S.p.A., è stata un grande gruppo industriale e finanziario italiano, conosciuto con questo nome fino al 2002; attivo prevalentemente nella chimica, aveva però interessi in numerosi altri settori (farmaceutica, energia, metallurgia, agroalimentare, assicurazioni, editoria). M Mater Bi dispone di un’offerta molto diversificata. Con esso non si ottengono solo shopper ma anche tanti altri prodotti utilizzati in settori differenti. Un esempio è quello delle coppette per il gelato Pagina 22 IULM NEWS LAB Iulm “Riscoprire il piacere dell’etica” Apertura dell’Anno Accademico. Ospite d’onore il vicepresidente del Csm Michele Vietti Stefano Fiore ’inaugurazione dell’anno accademico 2010-2011 della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM, avvenuta il 13 dicembre scorso nell’Aula Magna dell’Ateneo, è stata l’occasione per il Rettore Giovanni Puglisi di riflettere su valori, responsabilità e legalità nel contesto odierno, frammentato tra proteste studentesche e fragilità del sistema politico. Oggi, come ieri, la mancanza di etica intralcia il cammino che l’Italia deve intraprendere per un rinascimento culturale. Ospite d’onore Michele Vietti, Vice Presidente del Consiglio della Magistratura mentre la prolusione è stata opera del professor Angelo Miglietta, Ordinario di economia e gestione delle imprese. Il Rettore ha evidenziato la miopia dell’Italia: «Questo Paese non ha mai capito, o voluto capire, che il suo vero patrimonio economico è la cultura, la sua storia culturale» l’amara riflessione di Puglisi. Una debolezza che secondo il Rettore la classe politica si trascina addirittura dalle lotte del 1968, che non hanno mai portato una reale democratizzazione della cultura. L E d’altronde l’Italia è un Paese gole e piacere dell’etica. È l’upoco propenso alle riforme, il nico antidoto alla deriva del caso del DDL Gelmini è em- Paese per garantire certezza blematico. Un della pena e in“Questo Paese terdizione perimmobilismo già descritto dai non ha mai capito manente nella relazione pubblici uffici dell’anno che il suo a quanti venscorso, e che il gano riconopatrimonio s c i u t i Rettore ha voluto, con un di più importante responsabili pizzico di proun delitto e è rappresentato quindi colpevocazione, riproporre Il piaproprio dalla voli». integralmente cere dell’etica, allegata alla cultura” dunque. Obietcartella di presentazione. «L’Italia ha dilapidato le sue risorse migliori, umane e strutturali, alla ricerca di una quadratura economica che sarebbe stata più stabile se avesse saputo accompagnare le scelte economiche con l’intelligenza di una motivazione selettiva piuttosto che con il righello del ragioniere che tutto taglia per nulla vedere»: l’appello del Rettore va proprio all’etica, sinonimo di educazione e coscienza sociale. Altrettanto importante è la garanzia di certezza delle regole e del diritto da parte dei governanti. «Il potere non è amorfo: ha sempre le forme degli uomini e, come questi, è buono o cattivo, giusto o ingiusto, onesto o corrotto. E la differenza risiede nel sapiente incontro tra rispetto delle re- tivo che questa Università Università, nel periodo che la sente di dover perseguire con vita, la salute, la fiducia del forza, a maggior ragione in Consiglio d’Amministrazione e dei Colleghi e uno scenario “Politica, impresa la volontà di simile. Tanto mi consenche la conclue finanza Dio tiranno, stabisione della relazione del non dovrebbero l i t à istituzionale, Rettore è presa, salvaguardare conservandone volutamente, piena autopari passo da soltanto la nomia cultuquella della concorrenza, rale, formativa l’anno precedente: «Il mio ma anche i principi e finanziaria, mettendola a risogno è quello di dare a questa di responsabilità” paro da avvenll’inaugurazione è intervenuto anche l’Onorevole Michele Vietti (nella foto a fianco), Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, che ha ricordato come i tempi eccessivi nello svolgimento dei processi e gli elevati costi che ne derivano, generano ogni anno perdite economiche gravissime che minano l’efficienza della giurisdizione come sistema etico. Ma l’etica sta anche alla base anche di un necessario rinnovamento del sistema giustizia: «La giurisdizione è oggi alla ricerca dell’equilibrio tra diritti istituzionali, quali autonomia e imparzialità, e valori nuovi, come la professionalità e l’efficienza». In conclusione, l’Onorevole Vietti si è soffermato sul rapporto tra giurisdizione e giustizia evidenziando come le moderne tecnologie della comunicazione, per esempio la sperimentazione del processo civile telematico al Tribunale di Milano, possano fornire anche al mondo giudiziario utili strumenti per fornire un servizio migliore e più rapido ai cittadini. A LAB Iulm IULM NEWS LA NOVITÀ /1 Pagina 23 LA NOVITÀ /2 Arte e interpretariato, Un fondo speciale due Master a Roma per il nuovo KTC il mondo dell’impresa con quello della cultura e dell’arte, ’Università Iulm sbarca professionisti capaci di proa Roma con due master gettare e coordinare eventi ed di I livello: in Manage- attività culturali. Sono previste ment delle Risorse Artistiche e 20 borse di studio, attribuite per merito, a Culturali totale copertura (MaRAC), e in L’obiettivo? dei costi del Interpretariato che di conferenza. Riuscire a formare master, avrà durata anSi tratta come manager nuale. sempre di piani master in Indi studio attenti in grado di Ilterpretariato di alle indicazioni del mercato del collegare il mondo conferenza sarà invece diretto lavoro, che dell’impresa dal Prof. Paolo promettono di conciliare la e quello Proietti e potrà fregiarsi della formazione nei della cultura partnership con settori delle la Scuola SupeLingue, della Comunicazione, del Turismo e riore per Mediatori Linguistici della Valorizzazione dei beni Carlo Bo, che in oltre cinculturali con le future esigenze quant’anni di attività ha preprofessionali dei giovani che parato i migliori interpreti e s’iscriveranno ai corsi. Il traduttori del nostro Paese. MaRAC, organizzato in co- Obiettivo del Master è formare parternership con la Fonda- profili professionali, dalle elezione Roma – per intenderci la vate competenze culturali, nelrealizzatrice delle grandi mo- l’inglese e in un’altra lingua stre di Via del Corso, come europea, che abbiano grandi quella dedicata alla Roma del competenze nell’interpretaQuattrocento da Donatello a zione simultanea e consecuPerugino o la più recente su tiva. La durata va da gennaio a Edward Hopper – e diretto dal maggio 2011, e i corsi si terProf. Giovanni Puglisi, Ret- ranno all’interno di moderni tore della IULM, ha come laboratori che si avvalgono di obiettivo quello di formare impianti di ultimissima genemanager in grado di collegare razione. Marco Giorgetti L ture di qualsivoglia natura ideologica, politica e imprenditoriale». Anche il professor Miglietta, nella prolusione intitolata “Persona, imprese e finanza nella società globale: responsabilità ed etica”, ha spiegato come l’etica possa aiutare l’economia italiana a uscire dalla crisi. Una crisi figlia di anni in cui la politica economica non ha offerto riforme per la liberalizzazione dei mercati, la riduzione razionale della spesa pubblica e il contenimento delle ingerenze della burocratizzazione nella vita economica e sociale. La ricetta per uscirne è tanto chiara quanto virtuosa: «Politica, impresa e finanza dovrebbero unire il concetto di concorrenza a quello di etica». Per troppo tempo la logica della concorrenza dei mercati è stata sottomessa al concetto disumanizzato di efficienza ma è tempo e ora di usare un nuovo approccio. «Conoscenza, etica e fiducia devono diventare le parole chiave per regolare il sistema impresa e il sovra sistema economico-finanziario che la circonda». La chiusura è una dedica agli studenti: «Gli educatori nelle scuole e nelle università hanno il compito di favorire il radicamento dei valori morali e della coscienza nel pilastro della società: i giovani». l 9 dicembre il Rettore Iulm, di una parte del Campus della Iulm Giovanni Pu- Universitario - incluso il Resiglisi e Giovanni Quaglia, dence che ospita gli studenti Presidente della REAM SGR e dell’area adiacente, destinata e Vice Presidente Vicario della ad ospitare il nuovo KTC: il tutto per un valore complesFondazione CRT, hanno firsivo stimato in 21,150 milioni mato l’atto di di Euro. A quecostituzione del Viene costituito sti valori imprimo fondo si immobiliare inil primo mobiliari sono aggiunti i teramente dedifondo immobiliare conferimenti cato ad denaro di un’iniziativa di interamente in due fondazioni housing sociale universitario. Si dedicato bancarie – la Fondazione tratta, in soa una iniziativa Cariplo e la stanza, della ondazione creazione di un di social housing FCRT – che fondo d’investiuniversitario hanno contrimento comune buito con 10 i m m o b i l i ar e , milioni di Euro destinato a sostenere i lavori di sviluppo del ciascuna, somme che verranno Campus IULM, tra i quali destinate alla realizzazione del spicca l’edificazione, ormai al KTC. via, del nuovo Knowledge Gli investimenti delle Fondatransfert Center (KTC), com- zioni bancarie riceveranno un plesso immobiliare che ospi- rendimento privilegiato, gaterà funzioni altamente rantito dal canone di locazione innovative, tra cui l’Audito- dell’Università. Agli apporti rium e la Biblioteca digitale, e immobiliari effettuati dalla sarà a disposizione dell’Uni- Iulm è invece collegata un’opversità ma aperto ad una più zione di riacquisto sul futuro ampia fruizione del mondo patrimonio immobiliare realizeconomico, culturale e sociale zato, così da garantire all’Unimilanese e lombardo. Il Fondo versità la possibilità di immobiliare Social & Human riacquisire la proprietà dell’inPurpose è stato costituito tra- tero Campus al termine dell’omite l’apporto, da parte della perazione. (m.g.) I IL CONCORSO Subway, dieci anni di juke box letterari Linda Irico iovani scrittori di tutta Italia unitevi. L’occasione è il concorso letterario Subway Letteratura 2011, arrivato quest’anno alla sua decima edizione dopo il grande successo ottenuto dalla manifestazione negli anni precedenti. Le iscrizioni sono aperte a scrittori, poeti e illustratori rigorosamente under 35. L’idea, curata da Davide Franzini e Oliviero Ponte di Pino, ha per obiettivo la produzione la produzione e la divulgazione di testi letterari di qualità scritti da giovani esordienti. Le opere selezionate saranno infatti stampate su 19 libretti per l’ammontare di 5000 copie e messe a disposizione dei lettori in appositi “juke box” letterari installati, dalla prossima primavera e fino all’autunno 2011, nelle città di Roma, Milano, Bologna, Palermo, Roma, Treviso e Venezia. Le opere possono essere inviate alla casa editrice Subway entro e non oltre il 28 febbraio 2011. A selezionarle un comitato riccamente composto da nomi come Andrea G. Pinketts, Caterina Bonvicini, Roberto Deidier, Erica Berla, Giulia Ichino. Per i talenti più giovani un premio speciale è ideato e promosso dall’Università Iulm di Milano. Sotto il filo comune della “molteplicità” i racconti degli scrittori under 19 saranno visionati da una giuria composta da docenti Iulm, che selezionerà i 10 finalisti e tra questi il vincitore del Premio Speciale Università Iulm- under 19. L’opera vincitrice sarà pubblicata come 11° titolo- Subway Letteratura 2011. I dieci racconti finalisti saranno poi pubblicati a novembre 2011 in un’antologia a cura dell’Università Iulm in 5000 copie. G Pagina 24 IULM NEWS LAB Iulm Il potere ha le forme degli uomini Non esiste legalità, se non c’è attenzione per i valori e per la responsabilità segue dalla prima Quanti nel ’68 chiedevano “immaginazione al Potere”, non volevano – o, più onestamente, non volevano solo – occupare spazi governativi, partiti, case editrici, giornali, televisioni e rettorati, chiedevano in un Paese ormai quasi ricco un cambio di regole e di passo. Niente di tutto ciò: la democratizzazione della cultura fu intesa, con molta malafede, come abbassamento dei livelli della cultura di massa, dell’università e della scuola; il cambio delle regole coincise con l’apertura delle porte del Tempio, fino al suo cuore, a chiunque (la breccia fu la liberalizzazione degli accessi all’Università e la liberalizzazione dei piani di studio), dando potere alle logiche dei numeri, contro spesso quelle dell’intelligenza, della competenza e, più grave ancora, del buon senso; il cambio di passo ha visto sopravanzare l’incertezza strutturale del granchio sulla lentezza della lumaca. Con tutta franchezza una debacle di questa portata – confesso – sarebbe stata difficile da immaginare a chiunque in quegli anni: anni nei quali le parole d’ordine sembravano essere proprio valori, responsabilità, legalità. Certamente le colpe sono condivise e nessuno della mia generazione – e forse anche di qualche altra dopo – può dirsi senza macchia e senza peccato. Ma attenzione a fare di ogni erba un fascio: questo è un Paese, che non ha mai capito – o non ha voluto capire ? – che il suo vero patrimonio economico era la sua cultura, la sua storia culturale, è un Paese che ha sempre dato ragione a chi grida di più, in barba ai diritti dei più deboli e alle regole più elementari della solidarietà, è un Paese che ha sempre accarezzato la pantera – quale che fosse, anche se era un gattone o una marmotta – pur di conquistare consenso e popolarità, è un Paese che ha dilapidato le sue risorse migliori, umane e strutturali, alla ricerca di una quadratura economica, che sarebbe stata più dura, ma più stabile, se avesse saputo accompagnare le scelte economiche con l’intelligenza di una motivazione selettiva, a valle di processi valutativi, piuttosto che con il semplice righello del ragioniere, che tutto taglia per nulla vedere. Anche l’infinito leopardiano è un limite immaginario, che però si sostanzia nella certezza della tangibilità esistenziale della siepe: se tagli la siepe, non allunghi l’infinito, ma distruggi un incantesimo. Dopo tanti anni di vita pubblica, mi sia consentito dire che il sacrosanto diritto di tutti ad accedere ad ogni livello di responsabilità politica deve essere coniugato con l’altro grande diritto dell’uomo, quello all’istruzione, che non può essere separato dal dovere inalienabile di rispetto verso l’Altro, sia esso persona o bene collettivo e individuale. Siffatto sinolo non si esaurisce con il diploma di studi superiori o universitari, ma si acquisisce con una paziente e sana cultura di governo, che un tempo era gestita – e fors’an- che garantita – dai partiti e dalle organizzazioni sociali e culturali, ma che oggi lascia ampi, troppi, spazi all’avventurismo e al rampantismo di varia natura. Un solo antidoto credo si possa invocare davanti a tale deriva. La certezza delle regole e del diritto: che innanzi tutto vuol dire certezza della pena e interdizione permanente dai pubblici uffici a quanti vengono riconosciuti, con sentenza passata in giudicato, responsabili di un delitto e quindi colpevoli. Il valore della legge non passa attraverso retoriche didascalie che oggi si trovano ancora neglette nelle aule dei tribunali, quasi come reperti archeologici, bensì attraverso un ritrovato equilibrio tra poteri, che metta fine al diseducativo spettacolo della lotta per il predominio dell’uno sull’altro a colpi di mandati di cattura o sentenze il primo e di leggi ad personam o amnistie l’altro. Il potere non è amorfo: ha sempre le forme degli uomini e, come questi, è buono o cattivo, giusto o ingiusto, onesto o cor- rotto; e come per gli uomini non è il cumulo degli anni a fare la differenza, ma semmai l’incontro tra dottrina e coscienza, così per il potere non è il vuoto esercizio della retorica democratica a fare la differenza, ma il sapiente incontro tra rispetto delle regole e piacere dell’etica. Il potere, anzi l’ebbrezza del suo esercizio, fa spesso più male, in modo soggettivo e oggettivo, a chi lo avvicina estemporaneamente, che a quanti lo esercitano con coscienza e rispetto delle regole magari da molto tempo. Prima di insegnare ai nostri ragazzi cosa e come si studia nelle Università dal diritto alla filosofia, dalla comunicazione all’economia, e così via, è necessario che la rappresentazione sociale di queste attività nella quotidianità della loro espressione politica, sociale, sindacale, professionale sia rispettosamente coerente con il “verbo accademico”, altrimenti tutto diventa “teatrino” ipocrita. Giovanni Puglisi