Relazione geologico-tecnica
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Relazione geologico-tecnica
Dott. Roberto G. LESCA GEOLOGO Dott. Fabio LAMANNA GEOLOGO Via Aldo Moro, 22 13030 CARESANABLOT (VC) tel/fax 0161. 23.52.38 [email protected] Via G. Di Vittorio, 18/A 10095 Grugliasco (TO) tel/fax 011.197.158.42 [email protected] INDICE 1. Inquadramento geologico e geomorfologico.......................................................................4 2. Inquadramento idrogeologico ...............................................................................................7 2.1. Inquadramento generale......................................................................................................7 2.2. Assetto superficiale..............................................................................................................8 2.3. Assetto profondo................................................................................................................11 3. Caratterizzazione geologica dell’areale..............................................................................13 3.1. Caratteristiche litologiche...................................................................................................13 3.2. Caratteristiche geomorfologiche ed idrografiche ...............................................................13 3.3. Caratteristiche idrogeologiche ...........................................................................................14 3.4. Caratteristiche litotecniche puntuali ...................................................................................14 4. Pianificazione ........................................................................................................................15 ALLEGATI all. 1: stralcio della carta geomorfologica (elab. C2 del P.R.G.C.) all. 2: stralcio della carta della dinamica fluviale (elab. C3a del P.R.G.C.) all. 3: stralcio della carta della rete idrografica minore (elab. C3b del P.R.G.C.) all. 4: stralcio della carta geoidrologica (elab. C4 del P.R.G.C.) all. 5: stralcio della carta della caratterizzazione geotecnica dei terreni (elab. C7 del P.R.G.C.) all. 6: stralcio della carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell’idoneità all’utilizzazione urbanistica (elab. C8 del P.R.G.C.) Pagina 1 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA Premessa La presente relazione è stata redatta per conto dell'Amministrazione Comunale di Buronzo (VC) e concerne gli studi di carattere geologico-tecnico per la caratterizzazione di un areale proposto in variante al Piano Regolatore Generale Comunale, nel quale sarà collocato l’impianto di depurazione comunale. Le analisi e la documentazione prodotta sono state realizzate secondo quanto previsto dalla vigente normativa. I riferimenti principali sono indicati di seguito: - L. 64/74 - L.R. n. 56 del 5.12.77 s.m.i. - L.R. 19/85 - D.P.R 236/88 - D.M. 11.3.88 - L. 183/89 - C.P.G.R. n. 7/LAP del 8.5.96 - Nota Tecnica Esplicativa alla C.P.G.R 7/LAP, del Dicembre 1999 - D.G.R n. 45-6656 del 15.7.02 - Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico, delibera del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino del fiume Po in data 26.4.01, approvato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 24.5.01 - Adozione di Variante del Piano stralcio per l'Assetto idrogeologico - Variante delle fasce fluviali del fiume Dora Baltea - Deliberazione tecnica del Comitato Istituzionale n. 04 del 18/03/2008 - D.M. 14/01/2008 e C.M. 617/2009 - L.R. n. 3/2013 Per la caratterizzazione dell’areale si è potuto fruire di studi geologici redatti in precedenza per il vigente P.R.G.C., utilizzati in questa sede come base indispensabile per la definizione dei parametri fondamentali del territorio (cfr. allegati). Pagina 2 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA Il sito in esame è ubicato SW del concentrico urbano nella porzione di pianura in sinistra idrografica del T.te Cervo e trova riscontro nella sezione n. 115120 della C.T.R. alla scala di 1/10.000, di cui si riporta uno stralcio in Figura 1. Figura 1 - Stralcio dalle sez. n. 115120 della C.T.R. alla scala di 1/10.000 con ubicazione del sito Pagina 3 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA 1. INQUADRAMENTO GEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO Il territorio comunale di Buronzo è riportato sul F° n. 43 "Biella" della C.G.I. alla scala 1/100.000 (Figura 2). Figura 2 - Estratto dal F. n. 43 “Biella” della C.G.I alla scala di 1/100.000 -Sito di progetto Dal punto di vista geologico, il settore di intervento si colloca in corrispondenza della valle planiziale olocenica modellata dal T.te Cervo a ridosso di un ampio lembo di conoide pleistocenico, che la letteratura geologica classica ascrive al “Riss” auctt. (fgR in Figura 2), traente origine dalla fascia pedemontana biellese e dissecato dai corsi d’acqua attuali. Esso si inserisce nell’ambito della pianura vercellese, costituente un ampio settore a geometria idealmente trapezoidale rastremantesi verso W., in corrispondenza della "strettoia" determinata dalla presenza caratteristica e massiccia dell'anfiteatro morenico di Ivrea e completamente aperta a ventaglio in direzione Est, verso la pianura novarese e lombarda. L'area, intesa nella precedente accezione, risulta fisiograficamente delimitata ad occidente dal già citato apparato eporediese, cui fa riscontro a S. il bordo collinare del Monferrato. Pagina 4 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA L’assetto geologico del territorio entro il quale ricade l’area in oggetto è risultante da una sovrapposizione di diverse fasi di deposizione fluvioglaciale e fluviale (Olocene), successive a fasi di deposizione in ambiente continentale (Pleistocene) e di transizione (Villafranchiano Auctt.), e in ambiente marino litoraneo (Pliocene medio e superiore). Il modello risultante consiste in una sovrapposizione verticale, nel tempo, di cicli sedimentari diversi ed in una interdigitazione orizzontale, coeva, determinata dalle oscillazioni laterali degli specifici ambienti deposizionali. Il sovrapporsi delle fasi che portarono alla costituzione della pianura vercellese è correlabile alla storia geologica della Serra d'Ivrea. Le singole pulsazioni che alternativamente portarono allo sbocco in pianura il grande ghiacciaio della Dora Baltea, erano connesse a corrispondenti variazioni dei regimi pluviometrico e termico. Il continuo apporto di materiale solido dovuto al trasporto glaciale, determinava la progressiva trasformazione dell'apparato morenico il quale, da un lato, veniva continuamente rimpinguato, mentre dall'altro subiva un'opera di costante rielaborazione ad opera dei numerosi scaricatori subglaciali. All'azione di questi ultimi è imputabile la genesi, all'esterno dell'apparato morenico, di estesi conoidi di depositi alluvionali (fluvioglaciale) a debole pendenza. Analogamente, in conseguenza di variazioni degli apporti meteorici verso regimi di tipo atlantico, caratterizzati da cospicue precipitazioni, si realizzava, allo sbocco in pianura di tutte le valli, una massiccia deposizione di materiale alluvionale. In alternanza alle fasi di espansione glaciale, si verificarono in tutta l'area periodi di clima steppico, dominati dal vento, che agì efficacemente come agente di trasporto solido e di selezione granulometrica, determinando la deposizione di coltri eoliche costituite da frazioni fini limoso-sabbiose (löss). L'associarsi di interglaciali a clima caldo sub-tropicale, determinò un'ulteriore evoluzione della rete idrografica con l'instaurarsi di condizioni di portata decisamente inferiore, deposizione del carico solido all'interno delle valli e conseguente sviluppo di azioni erosive nei settori apicali dei conoidi in precedenza deposti. Parallelamente a ciò, i gradienti dell'intero settore subirono modificazioni connesse al sollevarsi dell'arco alpino in risposta alle ultime fasi orogenetiche, con amplificazione delle tendenze erosive in atto e progressiva, profonda incisione della piana alluvionale in precedenza costituita. Il risultato consistette nello smembramento delle originarie assise fluvioglaciali e fluviali e nel costituirsi di una vasta area solcata dalle ampie incisioni ospitanti i corsi d'acqua, all'in- Pagina 5 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA terno delle quali, con il ripetersi dei cicli, si depositavano formazioni più recenti ed a quota meno elevata (cfr. Figura 3). Figura 3 - Modelli di approfondimento verticale dei corsi d’acqua e rimodellamento delle superfici Pagina 6 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA 2. INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO Nei riguardi dell'assetto idrogeologico della pianura vercellese esiste oggi una notevole messe di dati e di studi essenzialmente dovuti all'intensa attività svolta dal Settore Assetto Ambientale della Provincia di Vercelli unitamente alla Facoltà di Scienze dell'università di Torino, al Politecnico di Torino ed al C.N.R.. Le informazioni indispensabili all'interpretazione dei dati disponibili derivano dall'esame di pubblicazioni e lavori di ricerca specifici, in particolare da: - “Studio idrogeologico del settore di pianura compreso tra i F. Dora Baltea, Po e Sesia”, G. F. BELLARDONE, Tesi di Laurea in Scienze Geologiche, Univ. Di Torino, inedita – 1984 - “Schema idrogeologico, qualità e vulnerabilità degli acquiferi della pianura vercellese”, M. CIVITA, G. FISSO, M. E. GOVERNA, P. ROSSANIGO – 1990; - “Potenzialità idriche e caratteristiche idrochimiche degli acquiferi profondi della pianura vercellese”, M. CIVITA, G. FISSO, M. E. GOVERNA, P. ROSSANIGO – 1991; - “Identificazione del modello idrogeologico concettuale degli acquiferi di pianura e loro caratterizzazione / Identificazione della base dell’acquifero libero nelle province di Asti, Biella, Cuneo, Novara e Vercelli”, D. DE LUCA, G. BORTOLAMI, L. MASCIOCCO – 2002; - “Progetto di caratterizzazione idrogeologica dell’acquifero profondo nel settore occidentale della pianura vercellese”, D. DE LUCA et al., Provincia di Vercelli – 2004; - “Le acque sotterranee della pianura vercellese – le falde profonde”, D. DE LUCA et al., Provincia di Vercelli, A.T.O.2 – 2010. 2.1. Inquadramento generale Nell'ambito della pianura vercellese, gli acquiferi sono esclusivamente di tipo poroso, costituiti da materiali eteropici ed eterometrici in condizioni di prevalente anisotropia. Ai fini potabili od industriali, il prelievo di acqua avviene essenzialmente mediante pozzi terebrati entro i depositi di genesi fluviale e fluvioglaciale quaternaria e le assise villafranchiane ad essi soggiacenti. Pagina 7 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA Queste ultime sono caratterizzate dalla presenza di depositi fini argillosi e da alternanze di limi ed argille sabbiose, con subordinati orizzonti più grossolani a componente sabbiosoghiaiosa. Inframmezzati alla sequenza compaiono inoltre livelli torbosi che fanno prospettare un ambiente di sedimentazione transizionale, di tipo lacustre e fluviolacustre, talora marino marginale. Inferiormente compaiono livelli francamente marini, sabbioso argillosi, riferibili al tetto del Pliocene, esprimenti il culmine della successione terziaria. Nell'insieme, i depositi continentali e di transizione non assumono, nell'ambito della pianura vercellese, spessori particolarmente rilevanti, ed anzi si rivelano piuttosto sottili nel settore N e NW, in corrispondenza delle pendici prealpine, e nel settore S e SE, laddove essi poggiano sulle formazioni cenozoiche del Monferrato. 2.2. Assetto superficiale Dalle fonti bibliografiche citate, si desume l'esistenza, a partire dalla superficie, di un “complesso ghiaioso” costituito da ghiaie eterometriche miste a sabbia, con lenti più fini rappresentate da silts e silts argillosi, solitamente poco estese e di spessore limitato. L'origine di tale complesso è riferibile ad ambienti deposizionali di tipo fluvioglaciale/fluviale e l’estensione verticale è di ordine decametrico in questo settore di pianura. La falda ospitata presenta caratteristiche prevalentemente freatiche, con locali effetti di confinamento connessi alla presenza di livelli a granulometria fine a conducibilità idraulica relativa inferiore. Il deflusso avviene prevalentemente verso SE (cfr. Figura 4), con gradienti idraulici più elevati nella aree di transizione all’apparato morenico, dove le isopieze si infittiscono. In realtà, un esame attento delle stratigrafie disponibili evidenzia come il complesso superficiale sia costituito da livelli ghiaiosi con frequenti intervalli limo-argillosi a geometria per lo più lenticolare. Se da un lato i livelli ghiaiosi presentano elevati valori della conducibilità idraulica, dall’altro lato la presenza di questi setti poco permeabili, limita la conducibilità idraulica media dell’acquifero superficiale in questo settore di pianura e nel contempo la sua stessa produttività. Valori molto bassi di soggiacenza, nonché locali affioramenti della superficie piezometrica, si riscontrano in tutto questo settore di pianura. L’escursione della falda nell’anno idrolo- Pagina 8 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA gico risulta fortemente condizionata, oltre che dal regime delle precipitazioni, dalle pratiche per sommersione utilizzate nell’attività agricola. Marzo corrisponde alla fase di massima soggiacenza della falda, in quanto tale periodo precede sia le piogge primaverili che l'allagamento delle risaie. Giugno rappresenta, invece, la fase di minima soggiacenza in virtù dei cospicui apporti esterni dovuti all'adacquamento. Ottobre corrisponde nuovamente ad una fase di depressione della superficie piezometrica, in seguito alla cessazione dell'irrigazione ed agli scarsi apporti meteorici che, in prevalenza, vedono i loro massimi concentrati nel mese di Novembre. Va inoltre notate come in tale contesto, l'assenza o l'esiguità di coperture superficiali francamente impermeabili ne determina uno stretto rapporto con le acque circolanti superficiali, con ripercussioni dirette sui parametri idrochimici. Pagina 9 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA Figura 4 - Carta delle isopieze dell’acquifero libero della pianura di Vercelli, tratto da “Le acque sotterranee della pianura vercellese” – Provincia di Vercelli e A.T.O. 2 (Settembre 2010). Pagina 10 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA 2.3. Assetto profondo L’assetto profondo è contraddistinto dalla comparsa di una potente successione costituita da ritmiche alternanze di orizzonti sabbioso-ghiaiosi e livelli a granulometria variabile dalle argille limose alle sabbie fini argillose. Tale “complesso delle alternanze” soggiace al complesso ghiaioso e rivela una geometria lenticolare, con tendenza all'ispessimento in direzione della zona assiale della pianura. Nell’insieme le caratteristiche fisico-geometriche del complesso sono tali da individuare un ottimo acquifero, strutturato in sistema multifalda in pressione. La sua distribuzione in profondità è abbastanza uniforme, con alcune discontinuità laterali dovute a rapporti di interdigitazione ed eteropia di facies con ambienti deposizionali contigui ad energia più elevata. Il limite inferiore del complesso delle alternanze, al di sotto del quale iniziano le sequenze marnoso-sabbiose del Terziario, è individuabile soltanto ai margini settentrionale e meridionale della pianura; altrove esso viene raggiunto unicamente dalle perforazioni esplorative profonde condotte per la ricerca di idrocarburi. Il recente studio idrogeologico del settore occidentale della pianura vercellese, condotto da DE LUCA et. al. (2004) su coordinamento della Provincia di Vercelli, pur non comprendendo direttamente il sito di intervento, ha consentito di reperire utili informazioni generali sulla struttura e sull’idrodinamica del sistema multifalda profondo. Con riferimento alla Figura 5 si evince che lo schema dei deflussi del sistema multifalda è del tutto paragonabile a quello del complesso superficiale in termini di orientazione e senso di scorrimento, sussistendo tuttavia differenze, talora anche piuttosto marcate, nei riguardi dei gradienti idraulici e dell’andamento morfologico della superficie piezometrica. Le isopieze dell’acquifero profondo presentano, infatti, un andamento blando, con curve a largo raggio, mentre quelle dell’acquifero superficiale sono maggiormente influenzate dalla morfologica della superficie topografica e dalle interferenze con la rete idrografica, presentando un andamento generalmente più irregolare e all’incirca parallelo alla topografia. Per quel che riguarda il gradiente idraulico, le maggiori differenze si riscontrano nelle aree prossime all’apparato morenico di Ivrea: queste zone possono essere, infatti, considerate aree di ricarica ed alimentazione dell’acquifero superficiale, che si traducono, in termini idrodinamici, in gradienti idraulici elevati e isopieze ravvicinate. Nei riguardi dell’acquifero profondo si ritiene che le aree di ricarica principali siano individuabili all’interno od in corrispondenza delle cerchie moreniche. Pagina 11 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA Il sistema multifalda presenta in genere elevati caratteri di risalienza e pressione idrostatica, particolarmente accentuati nei settori centrali e distali della pianura. Figura 5 - Carta delle isopieze dell’acquifero profondo della pianura di Vercelli, tratto da “Le acque sotterranee della pianura vercellese” – Provincia di Vercelli e A.T.O. 2 (Settembre 2010). Pagina 12 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA 3. CARATTERIZZAZIONE GEOLOGICA DELL’AREALE 3.1. Caratteristiche litologiche Con riferimento alla cartografia in all. 1 l’areale è compreso interamente nell’unità denominata “Alluvioni oloceniche terrazzate”, così descritta nella relazione geologica del PRGC: “Terreni alluvionali olocenici di origine fluvioglaciale e fluviale, prevalentemente ciottolosi, terrazzati, di colore grigio-bruno, non presentano alterazioni. Formatisi nelle fasi più antiche del periodo postglaciale (Olocene antico), si presentano omogenee e costituiscono l’ossatura della seconda tra le superfici indicate come componenti della “bassa pianura” o “pianura piemontese”. Presentano una copertura limo-argillosa di colore grigio-bruno di circa 1 m; al di sotto sono presenti sabbie, sabbie con ghiaietto (per circa 1 m) e a seguire ghiaie sabbiose non alterate e con scarsa presenza di limo poggianti su uno strato di sabbie compatte, localmente debolmente limose. Lo spessore della formazione varia dai 4 ai 9 m. La permeabilità è medio-bassa nella parte superiore e media nella parte centrale ed inferiore della formazione. La situazione dal punto di vista idrogeologico è tale da consentire la formazione di falde idriche di scarsa portata e, solo a luoghi (aumento della presenza della percentuale sabbiosa), di portate modeste.” 3.2. Caratteristiche geomorfologiche ed idrografiche L’areale proposto in variante è situato a SW del concentrico urbano in un settore pianeggiante blandamente digradante verso SW, ad una quota di circa 170 m s.l.m., espressioni morfologica delle alluvioni terrazzate sospese sulla piana del T.te Cervo. L’area, attualmente adibita a risaia, è contraddistinta dall’assenza di direttrici idrografiche naturali e di fenomenologie dissestive vincolanti la sua fruibilità urbanistica. Essa si trova al di fuori del limite esterno di fascia C del PAI per il T.te Cervo. Pagina 13 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA 3.3. Caratteristiche idrogeologiche L’areale è caratterizzato da presenza di prima falda a debole profondità dal locale p.c., individuata nel corso della indagini geognostiche per il progetto del depuratore, a circa 1 m s.p.c. locale (data rilievo 02/04/2015 a fine test penetrometrici). Tenendo conto che una misura freatimetrica effettuata in tale periodo non rappresenta un valore di minima soggiacenza (che si raggiunge solitamente in Luglio, con il sistemarisaia stabilmente sommerso), e supponendo la concomitanza di cospicui apporti meteorici locali connessi ai temporali estivi, è molto probabile che la superficie piezometrica giunga ad interessare una quota superiore a quella direttamente misurata nel corso dell’indagine. 3.4. Caratteristiche litotecniche puntuali In seguito agli esiti delle indagini geognostiche (prove penetrometriche tipo DPSH) eseguite per il progetto del depuratore si è pervenuti ad una caratterizzazione litotecnica definita nel seguente modello: ⇒ orizzonte I: dalla superficie si incontra un primo corpo a prevalentemente frazione coesiva (argille, limi e sabbie in proporzioni variabili), esteso fino a circa 2 m di profondità contraddistinto da scarsa resistenza alla penetrazione; ⇒ orizzonte II: a partire da 2 m si registra un sensibile incremento della resistenza alla penetrazione, nell’ambito di terreni presumibilmente ascrivibili ad una facies litologica sabbiosa e sabbioso-ghiaiosa, cui fa seguito una sequenza di alternanze tra corpi sabbiosi, sabbioso-limosi e livelli più francamente ghiaiosi sciolti, strutturati in geometrie lenticolari con significative variazioni eteropiche di facies, tipiche del comprensorio in esame; ⇒ orizzonte III: a partire da circa 5,5÷6 m la resistenza alla penetrazione aumenta decisamente attestandosi anche su valori elevati. Pagina 14 Dott. Geol. Roberto G. LESCA – Dott. Geol. Fabio LAMANNA 4. PIANIFICAZIONE Nella carta di sintesi del PRG vigente (stralcio in all. 6) l’areale è incluso interamente nella classe II, così definita: Pericolosità geomorfologica: moderata. Ambiti territoriali nei quali è possibile superare le condizioni di pericolosità intervenendo con manutenzioni ad hoc od opere di modesta entità. Utilizzazione urbanistica: subordinata al rispetto di modesti accorgimenti tecnici esplicitati a livello di norme di attuazione ispirate al D.M. 11 marzo 1988 e realizzabili a livello di progetto esecutivo esclusivamente nell’ambito del singolo lotto edificatorio o dell’intorno significativo circostante. Tali interventi non dovranno in alcun modo incidere negativamente sulle aree limitrofe, né condizionarne la propensione all’edificabilità. Prescrizioni normative: nel rispetto di quanto previsto dal D.M. 11/3/1988, in particolare punto C (opere di fondazione) e punto G (stabilità dei fronti di scavo); una particolare attenzione va posta ad alcuni aspetti della relazione geologico-tecnica come la caratterizzazione geomeccanica dei terreni di fondazione mediante prove in sito e/o in laboratorio, le situazioni di ristagno idrico superficiale, la soggiacenza della falda e le sue escursioni, il rischio derivante da eventi alluvionali e l'interferenza delle opere sulle eventuali acque di laminazione. Pagina 15