Il drago in Cina
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Il drago in Cina
Il drago in Cina: mito e immagine Alexandra Wetzel Fig. 1. Due draghi intrecciati. Frottage di un bassorilievo in pietra di epoca Han (206 a.C.-220 d.C.) Il drago dell’immaginario classico cinese è di valenza simbolica opposta al drago del cristianesimo: nella sua funzione di intermediario tra il mondo celeste e la Terra, il drago mette spesso le sue molteplici facoltà straordinarie – sa volare ed è in grado di rendersi invisibile e di mutare d’aspetto o di dimensione –a disposizione degli uomini. Sul dorso del drago, simbolo dell’essenza yang e pertanto animale solare e vigoroso, ascendono i defunti e gli sciamani che desiderano consultarsi con le divinità del Cielo. I vivi sono protetti da draghi contro gli attacchi degli spiriti malvagi, ragione per cui essi compaiono talora sulle mura esterne dei palazzi cittadini. Numerosi miti e credenze mettono il drago in relazione all’acqua: nelle città e in campagna esistevano templi e altari destinati alla venerazione del drago, che dopo il ritiro invernale nel mondo sotterraneo ascende di nuovo al Cielo, procurando le desiderate piogge primaverili. In caso di siccità, i draghi intervenivano presso gli dei in favore degli uomini. I maggiori corsi d’acqua della Cina sono nati da quattro draghi, che desideravano portare l’acqua alla popolazione sofferente. Draghi sono i sovrani di numerose fonti e torrenti minori. Nel quinto giorno del quinto mese lunare si celebra nella Cina meridionale ancora oggi la “Festa delle barche del drago”, in cui dei bastimenti ornati con draghi stilizzati gareggiano sui fiumi. In tempi antichi, eventuali vittime affogate durante la gara erano considerate offerte sacrificate al divino drago del fiume. L’antica scienza geomantica del fengshui raccomanda di tener conto delle “vene di drago” che attraversano il paesaggio formandone la struttura interiore, per trovare la collocazione più idonea di una casa o di una tomba. L’alleanza tra drago e uomo può approdare all’unione fisica; la mitologia cinese conosce infatti varie storie, in cui i draghi si congiungono con esseri umani, uomini o donne, dando luce a eroi eccezionali e imperatori mitici. Un racconto arcaico fa discendere l’intero popolo cinese da una unione di questo genere: una ragazza di nome Huaxu camminò nelle orme del dio della folgore e ne rimase incinta. Nacque Fuxi, il padre d’oriente con torso umano e dall’aspetto di dragoserpente dalla vita in giù, che divenne il primo degli imperatori leggendari della Cina preistorica. Nell’antico ordine cosmologico, il drago rappresenta il punto cardinale dell’Est, che in quanto luogo di origine del sole è l’immagine della rinascita, della trasformazione, della vita stessa. Il drago è inoltre il quinto animale dello zodiaco cinese, accanto a ratto, bue, tigre, lepre, serpente, cavallo, pecora, scimmia, gallo, cane e maiale. Durante l’epoca classica degli Han (220 a.C.226 d.C.), che fu un periodo di identificazione e di classificazione di fenomeni di tutti i generi, il drago venne schedato quale primo dei trecentosessantanove animali squamosi (la fenice rappresenta gli animali piumati, l’unicorno quelli pelosi, l’uomo gli animali nudi e la tartaruga è il primo animale col guscio). Allo stesso periodo risale l’attribuzione del drago quale simbolo dell’imperatore, 18 menzionato e rappresentato solitamente insieme all’emblema dell’imperatrice, la fenice. Per il taoismo, il drago impersona la forza che pervade l’intero universo, rivelandosi soltanto in brevi visioni celesti oppure mostrandosi nelle configurazioni della natura, in metamorfosi perpetua. Il buddhismo, penetrato in Cina nel corso del I secolo a.C. e giunto ad ampia diffusione nel IV-IX secolo d.C., si servirà in seguito della metafora del drago tra le nuvole per esemplificare la manifestazione cosmica. Il motivo del drago attraversa l’intera storia dell’arte cinese e compare eseguito in innumerevoli fogge, seguendo le impostazioni dello stile e delle credenze dell’epoca e realizzato con ogni tecnica artistica e materiale conosciuti. Durante il primo periodo storico della Cina, denominato dinastia Shang o Yin (1600-1100 a.C.), il drago diventa motivo ricorrente sugli oggetti rituali giacché, essendo mediatore tra Terra e Cielo, esso serve a legittimare il ruolo dominante dei sovrani nei confronti degli dei e degli uomini. A questo periodo risalgono le prime iscrizioni – soprattutto oracolari – che menzionano il drago (long ), ma l’attribuzione ad immagini iconografiche precise rimane piuttosto incerta. Accanto al motivo denominato drago dai posteri si trovano di frequente rapaci stilizzati e il soggetto emblematico dell’epoca, la misteriosa maschera detta taotie. Nel corso del seguente periodo, quello della dinastia Zhou (ca. 1045 – 222 a.C.), il drago diventa il motivo decorativo più diffuso. Talora è modellato o scolpito in tuttotondo, talora è invece inciso o intagliato in bassorilievo e disposto in fasce decorative piuttosto astratte, composte di singoli motivi reiterati (fig. 3). Le numerose varianti iconografiche hanno in comune il corpo sinuoso, gli occhi e le fauci. Fig. 2. Drago-maiale (zhulong), giada, cultura neolitica di Hongshan (360- 2000 a.C.) L’oggetto denominato “drago-maiale” (zhulong, fig. 2) dai posteri è simile al pittogramma più antico che indica il drago: occhi, orecchie e muso sono realizzati con generosa astrazione geometrica, il tronco consiste semplicemente in una coda, avviluppata in posa fetale. Il culto della fertilità era diffuso in numerose civiltà neolitiche e si fa riconoscere principalmente dalla posizione embrionale di oggetti zoomorfi. La cultura di Hongshan (Cina nord-orientale, ca. 3600-2000 a.C.) accomuna in questo oggetto la figurazione della fertilità con l’immagine della prosperità, il maiale, animale molto apprezzato di cui sono state rinvenute carcasse in varie tombe. Fig. 3. Versatoio (yi), bronzo, dinastia Zhou orientali (VIII secolo a.C.) Il drago dell’epoca imperiale degli Han (206 a.C.-220 d.C.) rispecchia l’inclinazione del periodo alla raffigurazione del moto, del vortice, della voluta (fig. 4): il corpo serpentiforme è arcuato e sovente incluso in un cerchio percorso da arabeschi e nuvole-spirali, coda e zampe terminano in volute, piccole spire incise rappresentano le scaglie. Quando non appare come soggetto unico, il drago può essere accompagnato dalla fenice, emblema dell’imperatrice, oppure dalla tigre, la personificazione dell’Ovest. 19 intessute nelle vesti dei nobili, testimoniano della vasta diffusione di questo singolare soggetto fantastico. Il canone iconografico per la raffigurazione del drago (fig. 6) include elementi provenienti da nove animali: dal cervo provengono le corna, la testa è a forma di muso di cammello, gli occhi sono demoniaci e le orecchie bovine, il tronco è serpentiforme, il ventre appartiene al rospo, le scaglie derivano dalla carpa, gli artigli sono dell’aquila e della tigre le zampe. Fig. 6. Drago dipinto sottocoperta su vaso di porcellana, dinastia Fig. 4. Drago e tigre, pendente di giada, inizio Han occidentali (III-II secolo a.C.) Drago e tigre si trovano sovente nelle tombe del periodo Tang (618-907), dove sono riprodotti sui muri ai lati dell’entrata ad attestare il legame del sepolcro con l’ordine cosmico. Di quest’ultima epoca si conoscono anche piccole sculture di animali reali o fantastici, realizzate in oro o in argento, secondo una tradizione giunta in Cina dai paesi occidentali. Il drago alato in bronzo dorato della fig. 5, rinvenuto in una tomba nei pressi dell’antica capitale Chang’an, è certamente un emblema del potere del defunto, la sua funzione rimane però finora ignota. Ming (1368-1544) Oltre alle impostazioni figurative esistono anche numerose prescrizioni iconografiche che rispecchiano il rigido ordine sociale dell’epoca. Gli artigli, per esempio, hanno cinque unghie quando la decorazione di una veste è destinata all’imperatore in persona, altrimenti possono contarne soltanto quattro per i principi e tre per i funzionari. Allo stesso modo, la rappresentazione frontale del drago era riservata all’uso esclusivo dell’imperatore, mentre nobili e funzionari portarono vesti e usarono stoviglie ornate di draghi raffigurati di profilo. Nei secoli successivi, la frequenza di questo motivo andò ancora crescendo, giungendo fino all’Europa poiché dipinto su molte porcellane destinate all’esportazione. Gli europei erano infatti affascinati da quest’animale fantastico, di aspetto terribile eppure di innegabile eleganza, mostruoso eppure raffinato. Fig. 5. Drago alato, bronzo dorato, dinastia Tang (618-907 d.C.) L’aspetto di fauci, corna, cresta e corpo si avvicina all’immagine iconografica definitiva, che sarà formulata sotto la dinastia Ming (13681544). Innumerevoli decorazioni, intagliate in lacca, dipinte sulle preziose porcellane o 20 BIBLIOGRAFIA G. CURATOLA, Draghi. La tradizione artistica orientale e i disegni del tesoro del Topkapi, “Quaderni del Dipartimento di Studi Eurasiatici”, vol. 15, Università degli Studi di Venezia, 1989. LIU LIANG-YU, Ming Official Wares. A Survey of Chinese Ceramics, vol. 4, Aries Gemini, Taipei, 1991. H. 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