Nel riflesso dei laghi, nel ricordo degli uomini
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Nel riflesso dei laghi, nel ricordo degli uomini
Trimestrale di Valtellina e Valchiavenna T rimestrale di A lpinismo e C ultura A lpina e v r i D tenti n°26 - Autunno 2013 - EURO 5 Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale 70% DCB-Sondrio Clima Anomalie 2013 Personaggi Da Alfredo Corti a Ninì Pietrasanta sulle grandi creste delle montagne Alpi Orobie Traversata del pizzo di Coca Porte di Valtellina Corno di Campo e lagh da Saoseo Valmalenco Pizzo Roseg: spigolo SO Alta Valtellina Lago Campaccio e pizzo Coppetto Valchiavenna L'anello del lago della Piodella Passeggiate Il sentiero dei Cervi in Valmalenco Viaggi Islanda Natura Sua maestà il Cervo Musei Il Museo civico di Storia naturale di Morbegno Arte e fotografia Pennellate di luce Inoltre Ricette, poesie, foto dei lettori, giochi, libri ... Nel riflesso dei laghi, nel ricordo degli uomini valchiavenna - bassa valtellina - Val Màsino - alpi retiche e orobie - valmalenco - alta valtellina 1 Le Montagne Divertenti Editoriale Beno Nel bosco d'autunno ora nevica e concella ogni traccia di noi senza alcuna fretta senza alcun rumore nel bosco d'autunno ancora nevica e non c'è traccia di noi In copertina: autunno alla Corte in val Gerola. Sullo sfondo il Disgrazia (24 ottobre 2012, foto Roberto Ganassa - www.clickalps.com). Ultima di copertina: la pozza e il bivacco all'alpe Scermendone (11 maggio 2012, foto Roberto Moiola - www.clickalps.com). 2 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Editoriale: la precoce nevicata del 16 ottobre 2012 a Campo (foto Beno - www.clickalps.com). Editore Beno Direttore Responsabile Enrico Benedetti Redazione Alessandra Morgillo Beno Gioia Zenoni Giorgio Orsucci Roberto Moiola Realizzazione grafica Beno e Giorgio Orsucci Revisore di bozze Mario Pagni Responsabile della cartografia Matteo Gianatti Hanno collaborato a questo numero: Alessandra Morgillo, Andrea Toffaletti, Andrea Zampatti, Beno, Fabio Pusterla, Felice Battaglia, Gabriella Bianchi, Giacomo Meneghello, Gioia Zenoni, Giorgio Orsucci, Giorgio Urbani, Riccardo Scotti (SGL), Luciano Bruseghini, Maria Sassella, Marino Amonini, Mario Pagni, Maristella Sceresini, Matteo Gianatti, Matteo Tarabini, Nicola Giana, Pietro Pellegrini, Raffaele Occhi, Renzo Benedetti, Roberto Ganassa, Roberto Moiola, Sergio Scuffi. Si ringraziano inoltre Avis Comunale Sondrio, Andrea Sem, Luciano Mazzina, Livio Sem, Pietro Crapella, Valeria Pedrolini, e Franca Prandi, Franco Monteforte, il bar La Füss di Gordona, Eraldo Meraldi, Giuseppe Bonetti, Silvia Salice, la Tipografia Bonazzi, gli edicolanti che ci aiutano nel promuovere la rivista e gli sponsor che credono in noi e in questo progetto... e tutti quelli che abbiamo dimenticato di citare. Pubblicità e distribuzione [email protected] tel. 0342 380151 Stampa Bonazzi Grafica -via Francia, 1 -23100 Sondrio ARIO Trimestrale sull’ambiente alpino di Valtellina e Valchiavenna Registrazione Tribunale di Sondrio n° 369 S 10 18 I peciali Clima Facciamo il punto Cordate d'altri tempi 26 42 Alpi Orobie Traversata del pizzo di Coca Porte di Valtellina Corno di Campo - cresta SE I tinerari d’escursionismo 66 78 Valchiavenna L'anello del lago della Piodella Approfondimenti La strada del Benefattore R ubriche 94 106 Viaggi nel mondo Islanda Museo Civico di Morbegno M LE MONTAGNE DIVERTENTI tinerari d’alpinismo 20 Per ricevere la nostra newsletter: registra il tuo indirizzo email su www.lemontagnedivertenti.com Pizzo di Coca e cime d'Arigna Alfredo Corti e le Orobie 50 Approfondimenti Il lagh da Saoseo 79 Alta Valtellina Il lago Campaccio 84 Valmalenco Il sentiero dei Cervi Contatti, informazioni e merchandising 110 Natura Sua Maestà il cervo Abbonamenti per l’Italia annuale (4 numeri della rivista): costo € 22 da versarsi sul c/c 3057/50 Banca Popolare di Sondrio IT17 I056 9611 0000 0000 3057 X50 intestato a: Beno di Benedetti Enrico via Panoramica 549/A 23020 Montagna (SO) nella causale specificare: nome, cognome, indirizzo, “abbonamento a Le Montagne Divertenti” M [email protected] www.lemontagnedivertenti.com 22 - www.lemontagnedivertenti.com - oppure telefonare al 0342 380151 (basta lasciare i dati in segreteria). Arretrati [email protected] - € 6 cad. Numeri esauriti: PDF scaricabili dal sito della rivista Corno di Campo Sangue femminile e doppio sangue blu O fatto il bonifico è necessario registrare il proprio abbonamento su Prossimo numero S 21 dicembre 2013 24 Cresta SO del Roseg Autunno 2013 52 Valmalenco Pizzo Roseg - spigolo SO Le Montagne Divertenti 92 Approfondimenti Iuniversiti Giròss munt 116 Arte e fotografia Pennellate di luce 120 Il miglior fotografo 121 Le foto dei lettori 128 Giochi 130 Le ricette della nonna Amàr cuma l'ascénz Sommario 5 Localizzazione luoghi e itinerari Zillis Zillis Wergenstein Bergün Parsonz Andeer Sufers 3062 2115 Mulegns 3378 Cresta St. Moritz Fraciscio Passo del Maloja 1815 Pizzo Stella 3183 Casaccia Mera Pizzo Galleggione 3107 Castasegna Prosto Prata Camportaccio Gordona Novate Mezzola Pizzo Ligoncio 3032 2845 Verceia Cevo Bùglio Caspano Ardenno Dubino Mantello Mello Traona Dazio Sirta MORBEGNO Bema Albaredo Lago di Como Premana Pescegallo Pizzo dei Tre Signori 2554 Bellagio Introbio Lierna Colorina Caiolo Tartano Ornica Le Montagne Divertenti Barzio Monte Cadelle 2483 Passo San Marco 1985 Pizzo Campaggio 2503 Foppolo Carona Cùsio Piazzatorre Cassiglio Albosaggia Olmo al Brembo Pizzo del Diavolo di Tenda 2914 Arigna Carona Aprica Còrteno Gromo Autunno 2013 Vezza d'Oglio Cortenedolo Colere Villa Pizzo Camino 2492 26 Alpi Orobie Traversata del pizzo di Coca (m 3050) (Pietro Pellegrini) 42 Alpi Retiche Corno di Campo - cresta SE (m 3232) (Beno) 52Valmalenco Pizzo Roseg - spigolo SO (m 3936) (Beno) 66Valchiavenna L'anello del lago della Piodella (m 2202) (Beno, Sergio Scuffi) 79 Alta Valtellina Lago Campaccio (m 2301) (Beno) 84Valmalenco Adamello 3554 Monte Fumo 3418 Garda Monte Carè Alto 3462 Berzo Paisco Concarena 2549 Passo del Tonale 1883 Edolo Sonico Palone del Torsolazzo 2670 Vilminore Vione Ponte di Legno Incudine Monno Malonno 26 Pezzo Pezzo Monte Serottini 2967 Mazzo 100 corno dei Tre Signori Corno 3359 Punta di Pietra Rossa Monte Tonale 3212 2694 Passo dell'Aprica Pizzo di Coca Monte Torena 2911 3050 Monte Sellero 2743 Pizzo Redorta Loveno 3039 Monte Gleno 2883 Valbondione Passo del Vivione 1828 Gandellino Fumero Sondalo Punta San Matteo 3678 Passo di Gavia 2618 Le Prese Tovo Lovero Sernio Schilpario Branzi Roncorbello Tresenda Adda Pizzo Rodes 2829 Monte Masuccio 2816 TIRANO Bianzone Teglio Ponte in Valt. Santa Caterina frana di val Pola Adda Boirolo Monte Cevedale 3769 Monte Confinale 3370 Valdisotto Grosotto Brusio Chiuro Mezzoldo Valtorta Pasturo 6 Geròla 3136 San Antonio BORMIO Grosio Vetta di Ron Tresivio Tremenico Bellàno Taceno Sondrio T. V enin a Talamona Postalesio Berbenno Castione Le Prese 3323 Torre di S. Maria T. Livrio Delébio Rògolo Còsio 106 Regolédo Monte Legnone 2610 Dervio 3114 Pizzo Scalino Lanzada Caspoggio Chiesa in Valmalenco San Martino Corni Bruciati Malghera T. Fo ntana Cima del Desenigo Primolo 3678 T. Mallero Còlico Monte Disgrazia Bagni del Màsino T. Caldenno Lago di Mezzola 84 79 Cima Saoseo 3263 San Carlo Poschiavo Gran Zebrù 3851 Cima de' Piazzi 3439 Cepina i od Lag chiavo Pos Somaggia ra T. Code o T. Màsin Montemezzo Livo Gera Dosso d. Liro Lario Dongo 3378 42 La Rösa Oga Eita Sasso Nero 2917 Chiareggio Cima di Castello San Cassiano San Pietro Samòlaco Era Pizzo Martello 2459 3308 4050 Passo del Bernina Piz Palù 2323 3906 Ortles 3905 Bagni di Bormio Premadio T. Roasco 66 Vicosoprano Villa di Chiavenna Pizzo Badile 52 Passo del Muretto 2562 Bondo CHIAVENNA Mese Soglio Pizzo Bernina T. La nte rna Campodolcino Maloja Isolaccia Arnoga Forcola di Livigno 2315 Sils Passo dello Stelvio 2757 Valdidentro Passo del Foscagno 2291 Solda Solda Giogo di Santa Maria 2503 Trepalle Pianazzo Pizzo Quadro 3013 1816 Piz Languard 3268 Silvaplana Juf Lag 3180 hi d i Ca nca no Pontresina Julierpass Bivio Lago d i Lei Madesimo Livigno 3057 Mera 3209 Cima la Casina Samedan Piz Nair 3392 Pizzo d'Emet Isola Sur Stelvio Stelvio San Maria Lago del Gallo Piz Piatta Montespluga 3159 Inn Montechiaro Montechiaro Müstair Piz d'Err Piz Grisch Innerferrera Passo dello Spluga Zuoz Albulapass 2312 Julia Curtegns 1864 Ausserferrera Piz Quattervals 3418 Reno Splügen Medels Pizzo Tambò 3279 Piz Kesch Cunter Saviore Valle Il sentiero dei Cervi (Luciano Bruseghini) 106Museo Civico di Storia Naturale di Morbegno (Maria Gabriella Bianchi) Capo di Ponte Làveno Le Montagne Divertenti Monte Re di Castello 2889 Niardo Niardo © Beno 2013 2011 - riproduzione vietata Localizzazione di luoghi e itinerari 7 L e g e n d a Schede sintetiche e tempistiche Ogni itinerario è corredato da una scheda sintetica in cui vengono riassunte le caratteristiche principali Ottimo anche per anziani non più autosufficienti o addirittura sprovveduti turisti di città. Ideale per la camporella, anche per le coppiette meno esperte. del percorso, tra cui dislivello, tempo di percorrenza e difficoltà. A fianco trovate una breve e divertente spiegazione dei 7 gradi della “scala Beno” con cui viene valutato l'impegno complessivo richiesto dalla gita. Non sono contemplate le difficoltà estreme, che esulano dalle finalità di questa rivista e dalle nostre stesse capacità. Sotto la voce "dettagli", invece, viene espressa la difficoltà tecnica secondo la scala alpinistica convenzionale, corredata da una breve spiegazione. Le tempistiche, indicate nel testo descrittivo, sono progressive, cioè indicano il tempo necessario1 per raggiungere la località partendo dall'ultimo riferimento crono-geografico2. Le schede sintetiche sono affiancate da un box grafico che, esprimendo una valutazione su bellezza, pericolosità e fatica, vi permetterà a colpo d’occhio di scegliere l’itinerario a voi più consono. Si comincia a dover stare attenti alle storte, alle cavallette carnivore e nello zaino è meglio mettere qualche provvista e qualche vestito. 1 - Se non emergono difficoltà tecniche, la velocità ipotizzata è di 350 metri di dislivello all'ora, oppure 3 km orari su itinerario pianeggiante. 2 - " [...] raggiungo la punta della Sfinge (m 2805, ore 0:30)" indica che per raggiungere la Sfinge occorrono 30 minuti partendo dal precedente riferimento crono-geografico, che in questo caso era, qualche riga prima, la sella Ligoncino "[...] fino alla sella Ligoncino (m 2770, ore 2:15)." Per facilitare l'individuazione dei riferimenti crono-geografici, questi sono tutti formattati in grassetto. Bellezza pericolosità Quasi meglio il centro commerciale Carino Assolutamente sicuro Bello Anche per uomini larva Nulla di preoccupante Impegnativo Assolutamente fantastico Fatica Basta stare un po’ attenti Un massacro Richiesta discreta tecnica alpinistica Pericoloso (si consiglia una guida) ore di percorrenza dislivello in salita meno di 5 ore meno di 800 metri dalle 5 alle 10 ore dagli 800 ai 1500 metri dalle 10 alle 15 ore dai 1500 ai 2500 metri oltre le 15 ore oltre i 2500 metri Le scarpe da ginnastica cominciano ad essere sconsigliate (sono d’obbligo abito da sera e mocassini). È meglio stare attenti a dove si mettono i piedi. Vertigini vietate! Montagna divertente, itinerario molto lungo e ricco di insidie di varia specie. Sconsigliato a tutti gli appassionati di montagna non esperti e non dopati. 8 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Itinerario abbastanza lungo, ma senza particolari difficoltà alpinistiche. È richiesta una buona conoscenza dell’ambiente alpino, discreta capacità di arrampicare e muoversi su ghiacciaio o terreni friabili come la pasta sfoglia. È consigliabile una guida. Valida alternativa al suicidio. Solo per persone con un’ottima preparazione fisicoatletica ed esperienza alpinistica. Servono sprezzo del pericolo e, soprattutto, barbe lunghe e incolte. Speciali Clima Del tarassaco fiorito coperto da una tardiva nevicata primaverile in località Dàun Ciàn a Montagna in Valtellina (25 maggio 2013, foto Matteo Gianatti). Matteo Gianatti CLIMA: FACCIAMO IL PUNTO Anomalie di temperature in Italia. La prima carta si riferisce alla primavera (quella meteorologica, che va dall'1 marzo al 31 maggio): con circa +0,7°C rispetto alla media 1971-2000, è addirittura la 26esima più calda degli ultimi 213 anni. È tuttavia opportuno notare come le maggiori anomalie positive abbiano riguardato principalmente il centro ed il sud, mentre al nord-ovest le temperature sono state di circa 1 grado inferiori alla norma. Al contrario, il mese di giugno (seconda carta) ha visto le maggiori anomalie positive sulle regioni settentrionali, con scarti fino a +1,5°C; complessivamente, invece, è risultato il 68° più caldo degli ultimi 213 anni, con uno scarto di circa +0,3°C dalla media a livello nazionale. Fonte: ISAC-CNR. La scorsa primavera ha registrato quantitativi eccezionali di precipitazioni soprattutto sulle regioni settentrionali italiane. Soltanto dal mese di giugno si è verificata un’inversione di tendenza, con scarti negativi talora importanti e apporti irregolari. Nel contempo, dopo un trimestre complessivamente fresco, le temperature sono tornate a risalire, consegnandoci un'estate sopra media. Scorrendo i giorni sul calendario, forse non tutti hanno colto l’imman- 10 Le Montagne Divertenti cabile e lieto avvicinarsi della bella stagione. In effetti, malgrado la vegetazione abbia ripreso (lentamente) possesso dei suoi panni, di primaverile s’è visto poco. Quanti giorni trascorsi alla finestra, scrutando il cielo, in cerca di una tregua. E invece niente. Acqua. In particolare a maggio, quando si va incontro alle giornate più lunghe, ulteriore stimolo a rispolverare zaino e racchette da trekking, e a seppellire pelli e giacconi fino a nuovo ordine. Non quest’anno, evidentemente. Pioggia in pianura e frequenti nevicate in montagna. Con il termometro che, anziché regalarci i primi agognati boccheggi, sprofondava sempre più giù. E le premesse non erano certo delle migliori. Dopo un mese di aprile praticamente invernale, anche maggio si avviava a chiudere il proprio bilancio pesantemente sottomedia. Sulla scorta di queste sensazioni "polari", i media hanno potuto ipotizzare l'arrivo di una nuova era glaciale. Il meteorologo, ahimè, deve lottare quotidianamente contro queste interpretazioni ogni qualvolta si verifica un minimo scostamento dalle medie. Il tempo atmosferico può variare molto da un anno con l'altro e da un posto all'altro, sicché il trend generale del Autunno 2013 clima va letto sulle medie di più anni e a livello globale, e non guardando fuori dalla finestra! Passiamo dunque ai dati. La scorsa primavera, come detto, ha fatto registrare precipitazioni molto consistenti, soprattutto sulle regioni del nord Italia e in particolare su quelle di nordovest, dove ha piovuto quasi il doppio rispetto alla media (+91%). A livello nazionale, malgrado le piogge non siano state dappertutto così importanti, la passata stagione primaverile è risultata la terza più piovosa dalla fine degli anni ’50 ad oggi (dopo quelle del 1978 e del 1959). Le Montagne Divertenti Questa situazione è stata provocata da una forte anomalia negativa delle correnti atmosferiche sull’Europa centro-occidentale e positiva su quella orientale e settentrionale (basti pensare ai quasi 30 gradi registrati in Lapponia e a Mosca, record per il mese di maggio). Ciò ha causato il passaggio di frequenti perturbazioni sulle zone ad ovest dell’Italia e sulle Alpi, nonché avvezioni di aria calda verso le regioni centro-meridionali, i paesi dell’est ed il nord Europa. Per questa ragione la temperatura media nazionale è risultata leggermente più alta della norma. Lo scarso soleggiamento sulla regione alpina, invece, ha influito soprattutto sulle temperature massime, che sono state particolarmente contenute (-1,4°C rispetto alla media del trimestre primaverile: record dal 1987). Il mese di maggio ha visto una recrudescenza di tale anomala mancanza di sole, con tempo frequentemente perturbato e freddo sull’Europa occidentale, per la repentina discesa di aria polare verso le basse latitudini, e clima invece molto mite sul comparto orientale. Clima 11 Speciali Clima Anomalie delle altezze di geopotenziale a 500 hPa in Europa dall'1 marzo al 31 maggio (a sinistra) e nel solo mese di maggio 2013 (a destra). Le tonalità dal blu al violetto identificano le aree di bassa pressione, con precipitazioni frequenti e temperature sotto la norma (anomalia negativa). Viceversa, i colori caldi corrispondono alle zone dove più frequenti sono stati l’alta pressione e il bel tempo, con temperature elevate (anomalia positiva). Fonte: NOAA. Rielaborazione di Matteo Gianatti. Sondrio - Temperatura media (dati omogeneizzati fino al 2009). Malgrado la suggestione popolare, la primavera 2013 è soltanto la ventunesima più fredda dal 1926, e quinta nell'ultimo trentennio. Si noti inoltre il sensibile riscaldamento intervenuto dalla seconda metà degli anni Ottanta. Fonte dati: APAT (1926-1987), ERSAF/ARPA (1988-2002), F. Pozzoni - rete Meteo Network (dal 10/2002); rielaborazione di Matteo Gianatti. In Italia, proprio a causa dei contrasti termici innescati dallo scontro fra le due masse d’aria (vedi cartine in alto), non sono mancati, a fine mese, eventi meteorologici estremi, come tornado e trombe marine, forti grandinate, piogge intense e nevicate copiose fin sotto i 1000 metri di quota su Alpi, Prealpi e Appennino settentrionale. In particolare, l’ultima decade di maggio, a dispetto del calendario, ha registrato l’anomalia termica più vistosa: -3,1°C dalla media a livello nazionale (-5,1°C al nord-est). Tuttavia, grazie ad una parentesi più mite a inizio mese, maggio ha chiuso complessivamente con un’anomalia più contenuta, sebbene i -1,7°C del nord rappresentino il valore più basso dopo il 1991. Inoltre, i quantitativi di pioggia cumulati sulle regioni settentrionali (+102% della norma al nord-est) consacrano il mese in questione come il terzo maggio più piovoso dopo 1984 e 1975 (quinto, invece, a livello nazionale dalla fine degli anni ‘50). 12 Le Montagne Divertenti All’inizio di giugno, un massiccio afflusso di aria umida ha causato precipitazioni abbondanti a nord delle Alpi e in vaste regioni dell’Europa centro-orientale, determinando pesanti alluvioni. Malgrado il sensibile aumento delle temperature, per la prima vera ondata di caldo estivo bisogna attendere la metà del mese. Così, fra il 16 e il 19 giugno i termometri hanno raggiunto diffusamente valori di 31-35°C in pianura Padana come nelle vallate alpine. L’ultima decade mensile ha visto il ritorno di un tempo decisamente fresco e a tratti umido, con nevicate fin verso i 2000 metri di quota. A livello italiano, giugno è risultato di circa un grado sopra la norma 1981-2010, mentre le precipitazioni, la cui distribuzione è stata molto irregolare perché sotto forma di rovescio e/o temporale, sono risultate molto scarse in alcune regioni sudalpine. Complessivamente, questa circolazione, decisamente inusuale per i nuovi standard climatici a cui siamo abituati nell’era del global warming, non poteva che causare delle ripercussioni sensibili anche sullo sviluppo della vegetazione. Per esempio, gli aghi dei larici in Engadina sopra i 1500 metri sono comparsi con quasi due settimane di ritardo rispetto alla norma 1981-2010. L’anomala configurazione ha fatto sentire i suoi effetti anche in provincia di Sondrio. Il capoluogo, per esempio, ha chiuso il trimestre a -1,2°C dalla media 19812010 (maggio è risultato il mese più scostato dalle medie trentennali, con uno scarto di -2,4°C), archiviando la primavera più fredda dal 1987. Anche il mese di giugno ha chiuso termicamente sottomedia, sebbene l’anomalia sia stata più contenuta (-0,5°C). Concentrando l’attenzione sulle precipitazioni si ha qualche dato più significativo. Autunno 2013 Sondrio - Pioggia primaverile cumulata (1 marzo-31 maggio, dati omogeneizzati fino al 2009). La scorsa primavera è risultata la quinta più piovosa dal 1926, e al secondo posto nell'ultimo trentennio, preceduta da quella memorabile del 1983 e passata alla storia climatologica valtellinese per i suoi tragici dissesti. Fonte dati: APAT (1926-1987), ERSAF/ ARPA (1988-2002), F. Pozzoni rete Meteo Network (dal 12/2002); rielaborazione di Matteo Gianatti. Sondrio - Piovosità primaverile espressa attraverso il numero di giorni con accumulo maggiore o uguale a 1 mm. Malgrado l'alternarsi di primavere molto piovose ad altre piuttosto secche, non si registra alcuna variazione di tendenza significativa nell'ultimo quarantennio. Fonte dati: ERSAF/ARPA Lombardia (1981-2010), F. Pozzoni rete Meteo Network (2013); rielaborazione di Matteo Gianatti. A Sondrio, la primavera ha raccolto un quantitativo di pioggia pari al 60% in più della norma 1981-2010. In particolare, aprile è stato il mese più piovoso, con un surplus del 96% rispetto alla media trentennale. Dall'1 marzo al 31 maggio le giornate piovose (sono conteggiate quelle con apporto giornaliero pari o maggiore a 1 mm) sono state 38 (contro una media di 26), di cui ventuno concentrate fra il 20 aprile e il 19 maggio. Il record spetta al 1986 con 42, seguito dalle 40 del 2001. Il solo mese di maggio è stato funestato dal passaggio di dodici perturbazioni sull’Italia, che hanno decretato quindici giornate piovose (contro le undici normalmente conteggiate) presso il capoluogo valtellinese. Il dato non rappresenta certamente un record: questa volta il primato va infatti al 1988 con diciannove, ma casi analoghi all’anno in corso si sono verificati nel Le Montagne Divertenti primo decennio degli anni Duemila. Infine giugno, coerentemente con quanto osservato su scala regionale e nazionale, ha visto una decisa riduzione delle giornate piovose, per lo più concentrate nella prima e nell’ultima decade mensile. I giorni con accumulo maggiore o uguale a 1 mm, in questo caso, sono stati nove su una media di dieci. Dal 16 al 19 giugno una moderata ondata di caldo ha interessato la provincia di Sondrio. Il picco è stato raggiunto il giorno 19, quando il capoluogo ha registrato una temperatura massima di +31,3°C, con umidità prossima al 50% e una temperatura percepita di 33/34°C. Valori fra 31 e 33°C si sono misurati in tutto il fondovalle, mentre a Chiavenna la calura ha toccato quota +34,4°C il giorno 18. Malgrado i disagi causati dall’afa, non è stata certamente fra le peggiori ondate di caldo in provincia di Sondrio. Basti pensare ai +37,3°C del 2003, ai +37,2°C del 2005, o ai +35,6°C del 2004, sempre nel mese di giugno. Ma è sufficiente tornare all’anno scorso per trovare una temperatura più alta, di quasi 33°C. Primavera anomala, quindi? Sicuramente nell’ultimo decennio ci eravamo abituati a ondate di caldo sempre più precoci ed intense. Tuttavia è bene ricordare che le configurazioni atmosferiche dipendono da meccanismi complessi e sono molto variabili. Quest’anno l’Italia si è per caso trovata sulla traiettoria delle correnti fredde e umide provenienti dal nord. Ma ci sarebbe bastato spostarci nel nord Europa per trovare, negli stessi periodi, un caldo da record. Alcuni fattori su scala planetaria riescono a influenzare il clima sull’Italia, benché le anomalie ad essi collegate abbiano sede in luoghi molto distanti da noi. È il caso di quelle che riguardano la temperatura delle acque superficiali degli oceani a latitudini tropicali ed equatoriali. La presenza del Niño, ad esempio (anomalo riscalClima 13 Speciali Clima Sondrio - Temperatura (media aritmetica dei valori minimo e massimo giornalieri) e pioggia giornaliera cumulata dal 1 aprile al 31 luglio 2013. Media trentennale delle temperature dal 1981 al 2010 (escluso il 1987). I picchi di piovosità di aprile e maggio sono accompagnati da due importanti cali di temperatura: nella terza settimana di aprile e dopo la metà di maggio. In particolare, il sensibile raffreddamento intervenuto proprio a pochi giorni dal debutto dell'estate meteorologica (1 giugno) ha favorito il ritorno della neve fino a quote insolitamente basse per la stagione (900 metri). Anche nella terza decade di giugno la colonnina di mercurio è tornata prepotentemente sotto la media per qualche giorno, sebbene le precipitazioni siano risultate questa volta modeste. Viceversa, i termometri hanno raggiunto i massimi livelli verso la metà dei mesi di aprile e giugno, durante le fasi più stabili e soleggiate, senza tuttavia registrare alcun nuovo record di caldo. Luglio, infine, ha osservato temperature più alte del normale per tutto il periodo, in particolare alla fine del mese, con massime di 35/36 gradi sul fondovalle valtellinese. L'arrivo di un intenso fronte temporalesco lunedì 29, sospinto da correnti più fresche, ha poi determinato un drastico e temporaneo calo termico. Fonte dati: ERSAF/ARPA Lombardia (1981-2010), F. Pozzoni - rete Meteo Network (2013); rielaborazione di Matteo Gianatti. Ruttico gomme Dal 1967 ti aiuta a guidare sicuro PNEUMATICI PER AUTOVETTURA, MOTO, AUTOCARRI E AGRICOLTURA TAGLIANDI, MECCANICA, AMMORTIZZATORI E FRENI MOLLE E KIT SPORTIVI, DISTANZIALI E CERCHI IN LEGA RIPARAZIONE GOMME E CERCHI BILANCIATURA E CONVERGENZA ASSISTENZA SUL POSTO OFFICINA MOBILE CONVENZIONI CON LE MAGGIORI FLOTTE D’AUTONOLEGGIO Montagna in Valtellina (SO) fine tangenziale direzione Bormio tel 0342/215328 fax 0342/518609 e-mail [email protected] www.rutticogomme.191.it 14 Le Montagne Divertenti Le Montagne Divertenti Autunno 2013 damento del Pacifico tra le coste del Perù e quelle australiane), concorre a rendere roventi le estati italiane. Un secondo importante fattore, che ci interessa più da vicino, è rappresentato dalle anomalie di temperatura delle acque oceaniche tra la Costa d’Avorio e il golfo di Guinea. Orbene, quanto più queste acque sono fredde, tanto più l’ITCZ (Inter Tropical Convergence Zone, o zona di convergenza intertropicale: linea immaginaria che delimita la circolazione monsonica nelle regioni tropicali) viene spostata verso nord. Ma le sue oscillazioni determinano anche l’allungamento delle alte pressioni subtropicali fin sul Mediterraneo: in altre parole, l’arrivo del caldo rovente. Naturalmente vale anche il contrario. E siccome dall’1 al 15 maggio le temperature delle acque superficiali del golfo di Guinea sono state di 1-2°C più alte del normale, ecco spiegato il ritardo della bella stagione alle nostre latitudini. Tale anomalia s’è riassorbita soltanto nell’ultima decade mensile: sarebbe questa la causa della prima ondata di caldo estivo sull’Italia dopo la metà di giugno. Il mese di luglio è stato caratterizLe Montagne Divertenti 24 maggio 2013: tra i due anticicloni, quello sull’Atlantico e l’altro sulla Russia, aria molto fredda di estrazione artico-marittima taglia in due l’Europa e raggiunge le Alpi, dove provoca maltempo di stampo quasi invernale con nevicate fin sotto i 1000 metri. Questa situazione rispecchia pienamente l’anomalia osservata in primavera, e più in particolare nel mese di maggio. Fonte: Wetterzentrale; rielaborazione di Matteo Gianatti. zato dalla presenza di un vasto anticiclone sull’Europa che ha determinato tempo soleggiato e caldo, interrotto però da qualche temporale nelle prime due decadi. Nella penultima settimana, a causa di una bolla anticiclonica sub-tropicale, si è verificata un’intensa ondata di canicola in pianura Padana e a nord delle Alpi, con temperature massime Clima 15 Speciali comprese fra 32 e 38°C tra il 25 e il 28 luglio (in particolare, sull’altopiano svizzero non si registravano valori simili dal 2003). La calura è stata bruscamente interrotta lunedì 29 da un’attiva perturbazione temporalesca, sospinta da fresche correnti nord-atlantiche, le quali hanno determinato un calo termico di 16/17°C in 24 ore. A sud delle Alpi, il transito frontale ha causato piogge abbondanti e grandinate sulle Orobie (50-70 mm), e persino fenomeni tornadici tra Milanese e Brianza. Le temperature mensili di luglio sono state di 1-3°C superiori alla norma sulla maggior parte d’Europa. In particolare, le aree più colpite dal caldo anomalo hanno registrato scarti dalla media di 5-7°C nell’ultima decade. Nonostante le precipitazioni talora abbondanti, specie a fine mese, il bilancio idrico è risultato generalmente deficitario. Nelle zone alpine più interne le precipitazioni sono state particolarmente scarse, con meno della metà dei quantitativi previsti (Bormio 33%, Samedan 46%), mentre le anomalie sono state più contenute in Ticino e nell’area sud-alpina (Sondrio 71%, Lugano 91%). E agosto? L’inizio del mese ha visto il ritorno immediato dell’anticiclone nord africano, che ha consegnato all’Europa un’ondata di caldo ancora più intensa e duratura di quella appena trascorsa. Il picco s’è gradualmente spostato dalle nazioni occidentali verso quelle orientali, passando anche per l’Italia, dove le temperature hanno raggiunto i 35-39 °C in molte località da nord a sud. Sul finire della prima decade, una nuova perturbazione atlantica ha spazzato via la canicola a partire dalle Alpi centro-occidentali e al nord-ovest (forti piogge e temporali hanno interessato soprattutto il Verbano e l’alto Ticino, con accumuli localmente superiori a 110/130 mm in 24 ore). Nel frattempo, l’onda di calore ha sfoderato i massimi effetti sui Balcani, portando le temperature oltre i 40 gradi. Dunque, chi sperava o temeva un nuovo anno senza estate, ha dovuto ricredersi. D’altra parte, le previsioni stagionali, più che mai legate allo 16 Le Montagne Divertenti Gli ultimi istanti che hanno preceduto l’arrivo su Sondrio della straordinaria grandinata supercellulare che l'11 luglio 2012 ha percorso la Valtellina, causando gravi danni alle colture ortofrutticole e ai fabbricati in località Fiorenza (foto Matteo Gianatti). Tra i fenomeni meteorologici anomali ed estremi che da anni vanno sempre più prendendo largo anche in Italia, va certamente annoverato quello legato alla precipitazione di chicchi ghiacciati. Infatti, così com'è cambiato il modo di piovere, con il verificarsi sempre più frequente di vere e proprie "bombe d'acqua", allo stesso modo sta cambiando il modo di grandinare. Spesso eventi molto forti colpiscono aree ristrette in intervalli di tempo limitati, con chicchi grandi, venti tempestosi e talvolta tornado. Quando succede, i disagi sono notevoli sia per l'agricoltura, che per le città coinvolte. Piantagioni distrutte, danni alle auto, alle strutture, strade coperte da coltri di ghiaccio spesse fino a svariati centimetri. Le produzioni sono compromesse, il traffico in tilt. Gli esempi dell’acutizzarsi di questi fenomeni sono numerosi e provengono da ogni parte del mondo. Il 2 giugno 2013 una fortissima grandinata imbianca Città del Capo, in Sudafrica. Pochi giorni dopo, la stessa sorte è toccata a Campobasso. Nella giornata del 13 luglio la grandine ha mandato in fumo il raccolto di alcune coltivazioni nella zona di Brescia. Il giorno 22, forti rovesci e pezzi di ghiaccio hanno interessato anche la provincia di Sondrio, quest'anno alle prese con una delle estati più secche dell'ultimo secolo. Grandinate sempre più violente sono una conseguenza del cambiamento climatico, sintomo che qualcosa nella nostra atmosfera si sta modificando. Il caldo e il ristagno di umidità nei bassi strati aumentano la probabilità di andare incontro a fenomeni estremi. E sono eventi con i quali, forse, dovremo abituarci a convivere. studio delle teleconnessioni, rappresentano una branca della meteorologia ancora in fase sperimentale. Al momento, infatti, non sono auspicabili previsioni attendibili oltre una settimana. A Sondrio, dal 1 giugno al 20 agosto sono caduti soltanto 140 mm di pioggia: un dato negativo quasi eccezionale, considerando che dal 1926 a oggi fecero peggio soltanto quattro estati (l’ultima nel 1991, con 132 mm). Ciò nonostante, con una temperatura media di +22,0°C (calcolata fino al 20 agosto), quella del 2013 non rientra nella top ten delle estati più calde. Solo negli ultimi anni è preceduta dal 2009, dal 2006 e dal 2012. In cima alla classifica troviamo l’inarrivabile 2003 (+24,0°C). Quest’anno, le anomalie più significative le abbiamo registrate nella seconda decade di giugno (+2,5°C dalla media 1981-2010) e nella prima di agosto (+1,8°C). Sempre in agosto, la pioggia caduta nei primi venti giorni rappresenta soltanto il 36% del valore medio previsto entro la fine della seconda decade.1 8 agosto 2013: giornata storica per i Balcani. Dopo che decine di record erano già stati battuti tra la fine di luglio e i primissimi giorni di agosto in Austria, Repubblica Ceca e Slovenia, l’ondata di caldo ha raggiunto la sua massima intensità, segnando nuovi primati con temperature fino a 41-42°C in molti paesi dell’est Europa. Fanno notizia anche i +39,7°C registrati il giorno prima a Bologna (record dal 1983). Fonte: Wetterzentrale; rielaborazione di Matteo Gianatti. 1 - Fonti consultate: ERSAF/ARPA Lombardia ISAC-CNR Meteo Giornale Meteo Giuliacci Meteo Network Meteo Svizzera Meteo.it NOAA Wetterzentrale Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Clima 17 Speciali Cordate d'altri tempi Raffaele Occhi Tre grandi ascensioni sulle montagne di Valtellina sono l'occasione per ricordare alcuni dei più grandi personaggi dell'alpinismo pionieristico che si dedicarono con costanza alla conoscenza delle Alpi, percorrendone creste, pareti e vallate. Vi parleremo di loro e delle loro salite, così chi avrà il coraggio di ripeterle potrà apprezzare le capacità di questi alpinisti, tanto più straordinarie considerando i mezzi estremamente rudimentali a loro disposizione. 18 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 "Sperduti nel buio" scrisse Alfredo Corti commentando questa foto scattata sul ghiacciaio del Roseg nell'agosto del 1906 (foto Alfredo Corti - © CAI sez. Valtellinese). Le Montagne Divertenti Cordate d'altri Tempi 19 Speciali Personaggi Pizzo di Coca e cime d'Arigna Alfredo Corti e le “D Orobie ove trovare te stesso? Sempre nell'incantesimo più profondo che tu abbia subìto”, leggiamo nel Libro degli amici di Hugo von Hofmannstal. Alfredo Corti (1880-1973), quell’incantesimo lo dovette subire fin dall’infanzia quando, dal terrazzo solatio di Tresivio, allungava lo sguardo verso le Orobie misteriose e scure al di là dell’Adda con le vette dai nomi enigmatici come il pizzo del Diavolo. E poi, educato da suo padre “all'ammi‑ razione e al godimento della montagna”, all’osservazione dei fenomeni naturali che si offrivano ai suoi occhi curiosi, ne restò ammaliato, facendo così della montagna quel regno privilegiato nel quale si esplicò armoniosamente la sua vita di alpinista e di scienziato. “Le Orobie furono il primo amore del Corti – scriveva Il Popolo Valtellinese nel 1930 –, ed ancor quando altre imprese tra montagne ben più famose lo distras‑ sero, il suo cuore restò devoto alle belle vette che dalla sua Tresivio si ammirano splendenti nel tramonto di fiamma.” Cominciò a percorrerle che aveva undici anni quando, col padre Linneo e la guida Giovanni Bonomi, salì il pizzo di Rodes. Da allora non smise di frequentarle nemmeno quando la carriera universitaria lo portò dapprima a Parma, poi a Bologna e infine a Torino, quale docente di anatomia comparata. Ma oltre a frequentarle, solo o in compagnia, dal versante valtellinese e da quello bergamasco, negli anni giovanili e in quelli più maturi, le Orobie volle pure farle conoscere, illustrandole con i suoi scritti. Cominciò con alcuni articoli apparsi sulla Rivista Mensile del CAI agli inizi del ‘900, descrivendo con quella puntigliosità e precisione geografica che sarà un suo tratto caratteristico una serie di ascensioni da lui compiute, poco più che ventenne, nella parte centrale della catena orobica. Pizzo del Diavolo, Recastello “dagli accigliati baluardi” e Gleno sono le vette salite nel luglio del 1900 insieme a G. Castelli partendo dal Rifugio 20 Le Montagne Divertenti Curò. A fine agosto, portatosi solo soletto al rifugio Guicciardi, Corti si aggregò alla guida Giovanni Bonomi e ai suoi clienti, e insieme salirono l’inviolato pizzo degli Uomini da dove “tra uno sdruscio della nuvolaglia ci apparve la parete di Val d'Arigna del Pizzo di Coca, e la esile puntina della Scais, quanto basta per elettrizzare un amatore d'arrampicate”. Forse fu quest’altro incantesimo a indirizzare le sue scelte verso “l'alpinismo puro, per il godimento complesso e completo della montagna, senza preferenza di una delle infinite sue beltà”, come scrisse nel contributo ai Saggi sulla psicologia dell'alpinista di A. Hess del 1914. E il pizzo di Coca, lo raggiunse già l’anno dopo “per il grande colatoio che vi scende direttamente sulla parete occidentale”, insieme all'amico Rino Schiantarelli. Un’altra volta il pizzo di Coca gli diede un “supremo amma‑ estramento” quando, rotolati rovinosamente giù per il canalone nord e finiti in un crepaccio, lui si fratturò un polso e lo sterno, il suo compagno, prof. Guido Vernoni, il femore1. Se passiamo in rassegna le sue ascensioni nelle Orobie, ci troviamo di fronte ad un’attività alpinistica protrattasi per oltre cinquant’anni, con l’apertura di numerose vie nuove. Tanti nomi si successero fra i suoi compagni di cordata, a partire dai “maestri” dei primi del ‘900, il prof. Mario Bezzi e il prof. Bruno Galli-Valerio, coi quali condivise non solo la passione per la montagna, ma anche quella per le scienze naturali; ci furono poi i suoi fratelli Plinio e Bruno, le guide Andrea Valesini e Ignazio Dell’Andrino, ci furono Rino Rossi, gli allievi Giuseppe Fojanini e Peppo Perego, ma prima ancora il prof. Amedeo Pansera e il prof. Bruno Credaro. Con quest’ultimo, insieme a Silvio Saglio, il Corti ricevette nel 1934 l’incarico di predisporre il volume Alpi Orobie della Guida dei Monti d’Italia. Sebbene non più giovane, e nono1 - Vedi: Antonio Boscacci, Un incidente famoso, Le Montagne Divertenti - n.16 primavera 2011. stante gli impegni universitari a Torino, il suo legame affettivo con le Orobie gli fece accettare questo ulteriore impegno per “nostalgico dovere”; lui curò la porzione centrale della catena, quella alpinisticamente più interessante, tra il passo Belviso e il passo Venina, che (ri)esplorò tutta in modo sistematico nell’estate del 1935, con una coda l’anno successivo, insieme al figlio Nello e alla guida Oreste Lenatti. L’attività alpinistica del Corti fu rivolta soprattutto a raggiungere una conoscenza armonica e quanto più possibile esatta, anche con l’ausilio della fotografia. La guida, ormai pronta nel 1938, vide la luce solo nel 1957. Il Corti, “Nestore dell'alpinismo italiano” e “naturale anello di congiunzione tra l'alpinismo classico e quello moderno” – così lo definì Massimo Mila – in quelle pagine stigmatizzava “il sempre più largo impiego di mezzi artificiali, anche su itinerari noti e percorsi in sicura arrampicata libera”, e confidandosi con l’amico Credaro, sottolineava la necessità di “ridare agli uomini il gusto della montagna, goduta sotto tutti i suoi aspetti, non soltanto sotto quello dell'arrampicata pura”. Così, dalle pagine della guida invitava anche ad ammirare due specie vegetali endemiche delle Orobie centrali che non si riscontrano in nessun’altro luogo sulla terra, la Sanguisorba dodecandra e la Viola Comollia. “Per lui – ancora Mila – tutto viveva: viveva 1’albero, viveva il bosco, viveva il filo d’erba che spunta con stento fra le rocce dove stai facendo un’ assicu‑ razione, vivevano le pie tre, viveva, muovendosi, strisciando, allargandosi e comprimendosi, il ghiacciaio”. Nelle Orobie presero il suo nome, lui ancora vivente, il bivacco Alfredo Corti in alta val d’Arigna, costruito nel 1930 dalla Sezione Valtellinese del CAI, e la cresta Corti alla punta di Scais, meta ambita dei migliori alpinisti, da lui percorsa integralmente per la prima volta nel 1926 con Augusto Bonola. Sempre di quegli anni fu la Autunno 2013 Al rifugio Coca (m 1891) Alfredo Corti abbracciato con un amico (ottobre 1938, foto archivio Alfredo Corti - © CAI sez. Valtellinese). Il rifugio fu costruito nel 1919 dalla Sezione di Bergamo del CAI e allora constava in un solo locale. Venne poi ampliato in varie fasi a partire dal 1955. cavalcata dal passo di Coca a quello del Diavolo. Ancora nel 1949, sempre sulla breccia, Corti si cimentò con una via nuova sulla parete O del pizzo del Diavolo di Tenda. Se le Orobie furono il primo amore mai rinnegato di Corti, le fronde della sua vita si svilupparono rigogliose ben oltre quelle montagne, nell’attività alpinistica che spaziò dal Bernina alle Le Montagne Divertenti Alpi occidentali, nella carriera accademica e anche nell’impegno civile. Corti, infatti, fu sempre “avversario impavido del fascismo e delle sue asservite clientele” – così nel ricordo di Pietro Gini –, provando sulla propria pelle l’ostracismo, il carcere e il confino, radiato dal CAI e destituito dall’insegnamento (“responsabile di frasi volgari e oltraggiose contro l’Italia, il DUCE e la politica del Regime”). Durante la guerra si unì alle formazioni partigiane in valle d’Aosta col figlio Nello. Reintegrato nel ruolo universitario, al termine della carriera ricevette la medaglia d'oro del Presidente della Repubblica per benemerenze culturali. Nel 1964 fu nominato socio onorario del CAI assieme ad Aldo Bonacossa e Ugo di Vallepiana. Cordate d'altri Tempi 21 Speciali Personaggi Cresta SE del Corno di Campo sangue femminile e doppio sangue blu L’ artefice del primo percorso integrale della cresta SE del Corno di Campo fu senza dubbio Aldo Bonacossa. Quella cresta, infatti, l’aveva già tentata più volte: la prima nel 1925 con Ester della Valle di Casanova (“desistendone dopo la nostra apparizione nello Spettro di Brocken”). Nel 1930 vi si era cimentato insieme al colonnello E.L. Strutt (poi presidente dell’Alpine Club); quando però cominciarono le difficoltà e lo Strutt si rese conto di non poter controllare il suo braccio per le ferite riportate nella grande guerra, evitarono il tratto più impegnativo della cresta nel vallone di Scispadus, riprendendola solo in prossimità della vetta. Nel settembre del 1931, vi provò addirittura con un sovrano, re Alberto del Belgio, e con Walter Amstutz (“respinti causa la troppa neve e il vetrato, in una giornata di vento glaciale”). Alla fine però la cresta si arrese, nell’ottobre del 1931, ad una cordata di sangue femminile e di doppio sangue blu: ne facevano parte Ninì Pietrasanta, il conte Aldo Bonacossa e il conte Ugo di Vallepiana. N ata a Parigi da genitori milanesi, Ninì Pietrasanta (19092000) fu una delle migliori alpiniste degli anni ‘30 del secolo scorso. La sua prima ascensione in cordata fu la punta Gnifetti, e da quel momento Ninì spaziò, Pellegrina delle Alpi (così il titolo del suo libro di memorie e riflessioni alpine del 1934), un po’ per tutto l’arco alpino e gli Appennini, a piedi o con gli sci. Per restare fra le montagne a noi più vicine dell’Ortles-Cevedale dove incontrò ancor freschi i segni della grande guerra, con la guida Giuseppe Chiara aprì una via nuova alla Thurwieser “per la cresta sud, attraverso una roccia friabile, dall’aspetto selvaggio, dagli altissimi balzi; ed ebbe per me tutto il fascino dell’ignoto, poiché tentavo, in uno stato d’animo spiega‑ 22 Le Montagne Divertenti sfruttate in chiave propagandistica dal regime assegnando loro nel 1937, addirittura per mano del Duce, le medaglie al valore atletico del CONI. Nel 1938 Boccalatte morì travolto da una scarica di sassi all’Aiguille de Triolet. Ninì, rimasta vedova con un figlio, curò la pubblicazione dei suoi diari alpinistici, dati alle stampe nel 1939 col titolo di Piccole e Grandi Ore Alpine. Oltre che fra quelle pagine, il ricordo delle loro avventure alpine è fissato in una serie di bei filmati della Pietrasanta fra cui “Sci‑alpinismo al Piz Palu” e “Arrampicata sulle Grandes Jorasses”. Ninì Pietrasanta e Gabriele Boccalatte al rifugio della Noire (1935, archivio Pietrasanta). bile, per la prima una via sconosciuta”. Ormai apprezzata nell’ambiente alpinistico si legò in cordata con alpinisti famosi. Nell’estate del 1932 nel gruppo del Bianco avvenne l’incontro con Gabriele Boccalatte che segnerà la sua vita. Insieme a Chabod, Zanetti e Ghiglione salirono una punta inviolata delle Périades che, ricorda Chabod, fu battezzata “col nome di Pointe Ninì, in onore della nostra valorosa compagna Ninì Pietrasanta”. Pochi giorni dopo, la ragazza, Boccalatte e Chabod andarono ai Drus. “Fra la Ninì e Gabriele vi è stato il classico «coup de foudre»”, e così Ninì Pietrasanta divenne “la compagna delle sue future imprese e, dal 1936, della vita” di Boccalatte. Fra le principali ascensioni in coppia va ricordata la prima assoluta della parete ovest dell’Aiguille Noire de Peutérey (dopo che un primo tentativo si era concluso con una ritirata quasi tragica nel mezzo di una tremenda tempesta), la prima della parete SO dell’Aiguille Blanche e infine il pilone NE del Mont Blanc du Tacul, oggi chiamato Pilier Boccalatte. Grandi imprese, che vennero Aldo Bonacossa in val Viola Poschiavina (1960, foto Renato Chabod). C he il Corno da Campo – appartenente a un gruppo montuoso minore delle Alpi Retiche fra i ben più noti gruppi dell’Ortles e del Bernina – fosse finito nel mirino di Aldo Bonacossa (1885-1975), non dovrebbe destar meraviglia in chi abbia una qualche conoscenza di storia dell’alpinismo. Siamo infatti in presenza di un alpinista – così Massimo Mila – “la cui conoscenza Autunno 2013 sbalorditiva delle Alpi, insieme a un’at‑ tività la cui intensità ha del fantastico, produce una quantità tale di prime ascensioni e vie nuove, da scoraggiare ogni velleità di elencazione. Dove non si trovano, dalle Marittime fino all’Ortles salite nuove di Bonacossa?” Un suo tratto distintivo fu quello di non limitarsi alle montagne più note ed attraenti, bensì di ricercare anche quelle più riposte e trascurate, talvolta più affascinanti (basti pensare alla val Viola Poschiavina coi suoi splendidi laghi dominati dal Corno di Campo e dal Corno Dosdé, o alle segrete bellezze della val Grosina), scoprendo spesso percorsi di classe che erano sfuggiti a tutti. La sua ineguagliabile conoscenza delle Alpi lo portò a redigere due autentici gioiellini della guida dei monti d’Italia. Il primo, Regione dell’Ortler, vide la luce nel 1915; ancor oggi, a quasi un secolo di distanza, oltre ad essere un volume di pregio per bibliofili, è una miniera di informazioni dettagliate. Il secondo, Masino-Bregaglia-Disgrazia, apparve vent’anni dopo; a riprova della qualità del lavoro, Giovanni Rossi, che ne curò l’aggiornamento per l’edizione del 1976, volle che il nome di Bonacossa figurasse ancora quale primo autore. L’attività alpinistica di Bonacossa, socio del CAAI fin dal 19061, non si fermò però alle Alpi, ma si estese ai Pirenei, alla Sierra Nevada, alle Ande. Fu pure un precursore dello sci-alpinismo, percorrendo quasi tutte le Alpi con gli sci, dalle Marittime alle Giulie. Fu compagno di cordata di personalità celebri e meno celebri, rappresentanti dell’alpinismo classico e di quello moderno, dell’uno e dell’altro sesso; fra i valtellinesi ricordiamo in particolare il prof. Alfredo Corti, Bruno Sala e Rino Rossi. Grande venerazione serbò sempre per due guide alpine alla cui memoria volle rivolgere un pensiero reverente: “Christian Klucker, mio primo maestro sul ghiaccio” e “Bortolo Sertori, mio primo maestro sul granito”. 1 - Fu anche presidente del CAAI dal 1933 al 1945 e membro dell'Alpine Club di Londra dal 1912. Le Montagne Divertenti U go Ottolenghi, conte di Vallepiana (1890-1978), è tratteggiato con poche limpide pennellate da Massimo Mila: “uno di quegli alpinisti il cui arco d’azione scavalca inesauribile le due guerre: un alpinista che ha avuto il privilegio d’andare in montagna con Preuss e con Gervasutti, un alpinista che con la prima ripetizione del monte Bianco dal Brouillard per il Col Emile Rey e il Picco Luigi Amedeo (e prima senza guide), eseguita con Pfann nel 1911, sembra venirci incontro ancora dall’epoca gloriosa dei pionieri”. Sul suo “carnet des courses”, dove annotò puntualmente le ascensioni compiute fra il 1905 e il 1967, troviamo un elenco di oltre 1100 vette sparse un po’ per tutte le Alpi e fin nel Caucaso – sia cime famose che cime dimenticate, raggiunte tanto a piedi che con gli sci – e i nomi di molti personaggi, illustri e meno illustri, che condivisero con lui quella passione per la montagna che lo accompagnò per l’intera esistenza. Refrattario all’autocelebrazione, non scrisse molto su di sé; fu invece autore di diversi articoli e guide sciistiche, nonché di un apprezzato Manuale di sci, pubblicato nel 1921. Tuttavia, già più che ottantenne, si lasciò convincere a pubblicare i suoi Ricordi di vita alpina, una deliziosa raccolta di bozzetti autobiografici ricchi di aneddoti, dallo stile scorrevole ed antiretorico, talvolta pungente e sferzante, da cui traspare pienamente il suo carattere fermo ed inflessibile, me nel contempo ironico e scanzonato. Spulciando fra quelle pagine, eccolo rimarcare con fermezza la sua dignità di “italiano ed ebreo”, proprio al tempo in cui “quel tale che si chiamava «Duce»” si preparava a emanare le leggi che nel 1938 avrebbero decretato l’espulsione del nostro dal CAI, la sua radiazione dall’esercito, e negli anni successivi il trasferimento di qualcuno dal suo stesso cognome Ottolenghi ad Auschwitz. Eccolo poi presentarci con un senso di freschezza e leggerezza la “figura quasi leggendaria di Paul Preuss”, con cui nel gruppo del Bianco fece la prima salita al Pic Gamba, sottolineandone soprattutto il carattere allegro e scanzonato. Molte sue pagine sono dedicate allo sci-alpinismo come quando, presidente dello “Sci club Pane e Cipolle” (com’era chiamato per la sua sobrietà lo Sci CAI Milano), condusse “quei pazzi di italiani” su per il crepacciatissimo ghiacciaio dell’Eiger, o quando, travolti lui e l’amico da una valanga nelle Orobie valtellinesi, si confessarono con sincerità che, ritrovatisi salvi ma non sapendo nulla della reciproca sorte, avevano pensato entrambi: “È terribile, però in fondo è meglio che sia successo a lui che non a me”! Ancora le Orobie furono teatro del suo arresto in tempo di guerra, per presunto spionaggio, e del successivo soggiorno nelle carceri di Sondrio. Ma, oltre che d’essere alpinista accademico2 e sciatore, Vallepiana fu sempre fiero d’essere alpino, nelle cui fila ebbe a combattere durante la grande guerra. Con Joseph Gaspard, guida di Valtournanche, compì la famosa salita, sotto il fuoco austriaco, del camino degli alpini sulla Tofana di Rozes, che valse loro la medaglia d’argento sul campo. “Chi porta la penna per un giorno, la porta per tutta la vita”, era il motto di Ugo di Vallepiana. E quando se ne andò, volle che il suo cappello d’alpino lo accompagnasse anche nell’ultimo viaggio. 2 - Socio del CAAI fin dal 1912, Vallepiana ne divenne presidente nel 1969, carica che ricoprì per bel 14 anni. Ugo di Vallepiana (1979, foto E. Romanini). Cordate d'altri Tempi 23 Speciali Cresta SO del Roseg “L ’ultima tra le vie aperte al Roseg in ordine di tempo, ma la più bella, grandiosa ed interessante”, scriveva Alfredo Corti nella vecchia guida delle Alpi Retiche Occidentali a proposito della cresta SO del Piz Roseg; quanto a difficoltà, “consiglia‑ bile solo ad alpinisti espertissimi”. Ed “alpinisti espertissimi” dovevano quindi essere coloro che per primi la percorsero per intero nel 1909. Come i pionieri che quasi cinquant’anni addietro erano calati dall’Inghilterra a metter piede per primi sul Roseg insieme alle loro guide svizzere, anche stavolta – ripreso il palcoscenico ai tedeschi e agli italiani – furono gli inglesi, G.L. Stewart e C.G.G. Stewart, accompagnati da due guide di gran valore, il francese Alphonse Simond di Chamonix e lo svizzero Ferdinand Summermatter di Randa, a cimentarsi vittoriosamente con l’ultima cresta inviolata del Roseg. Dei due inglesi si sa che il primo era entrato a far parte dell’Alpine Club nel 1900, il secondo nel 1912; ma mentre di quest’ultimo, al di là del Roseg, non sappiamo altro, di G.L. Stewart, così come delle sue guide, cerchiamo di ricostruire seppur lacunosamente un po’ di carriera alpinistica sulla base delle salite riportate nell’Alpine Journal. Nei primi anni egli si affidò a due guide svizzere, Johann e Ferdinand Summermatter di Randa, e con loro nell’agosto 1899 salì l’Aiguille d'Argentière, e l’anno successivo la Sudlenspitze, sottolineando la novità degli ‘Steigeisen’ (ramponi), che sulle creste ghiacciate “furono utili e proba‑ bilmente fecero risparmiare tempo” . Abili sui ghiacci del Bianco e del Vallese, tanto le guide quanto il loro cliente si dimostrarono non meno capaci sulle rocce delle Dolomiti. Nel luglio 1902, dopo una puntata alle Cinque Torri, eccoli affrontare la parete SE della Tofana di Rozes, seguita dalla traversata della Tofana di Mezzo. Nell'agosto del 1907 G.L. Stewart e le guide Zaccaria Pompanin e F. 24 Le Montagne Divertenti Summermatter aprirono una nuova via sulla parete NO della Piccola Civetta, 1000 metri di dislivello con difficoltà fino al IV grado. Nel dicembre dello stesso anno – con grandi festeggiamenti per il giubileo dell’Alpine Club – G.L. Stewart venne eletto membro del Consiglio Direttivo. Il 1908 iniziò tragicamente: il giorno di capodanno, durante un tentativo invernale allo Schwarzhorn con alcune guide di Saas Fee, uno dei compagni di Stewart precipitò e morì; lui, testimone oculare, ne lasciò un ampio resoconto sull’Alpine Journal. Non rinunciò però alla montagna. L’estate dello stesso anno salì le torri del Vajolet e la parete E del Catinaccio, con F. Summermatter. Quest’ultimo, in chiusura di stagione, salì la parete S della punta Grohmann con due clienti inglesi. Arriviamo così all’anno di grazia 1909. A G.L. Stewart si era aggregato C.G.G. Stewart, alla guida F. Summermatter la guida Alphonse Simond. Quest’ultimo nome richiama a molti di noi i modelli di piccozze o ramponi prodotti dal noto marchio di attrezzature da montagna, gestito dai discendenti dell’omonima dinastia di guide originaria della valle di Chamonix. Ebbene, fra gli epigoni di quella dinastia di guide vi è sicuramente anche Alphonse Simond. Seguiamone un po’ le tracce. Nel luglio 1898 accompagnò l’alpinista e fotografo Emile Fontaine nella quarta ascensione del Dent du Requin. Neanche un mese dopo, con Joseph Petigax e Laurent Croux, fu al servizio nientemeno che di Luigi Amedeo di Savoia, duca degli Abruzzi, in occasione della salita all’Aiguille Verte per la vergine Aiguille Sans Nom. La sua reputazione aumentava di grado. Walter Larden, autore del volume Recollections of an old mountai‑ neer, ricorda che nel 1901 trovò in Alphonse Simond, che lo guidò con maestria all’Aiguille Verte e al Petit Dru, “un uomo di prima classe”. Per salire in sicurezza il couloir Whymper alla Verte partirono nel cuore della notte. “Fu una nuova esperienza – ricorda Larden – superare il crepaccio terminale al buio; Alphonse gradinava, tenendo la lanterna fra i denti”. Nell’agosto 1902 venne ingaggiato da un gentleman inglese, G. B. Tunstall-Moore, con un obiettivo ambizioso: salire le Grandes Jorasses per la via normale e scendere per cresta al Col des Hirondelles. Si erano conosciuti due anni prima, quando avevano compiuto la prima traversata effettiva del Col des Courtes, tra l’Aiguille Mummery e l’Aiguille de Triolet. Stavolta era con loro il portatore Alexis Brocherel. Raggiunta la vetta delle Jorasses alle 6 di mattina, iniziarono subito la discesa fin dove la cresta, a circa a metà percorso tra la vetta e il colle, presenta un salto di forse 50 metri. Le rocce erano coperte di vetrato. Nonostante avessero con sé una dozzina di chiodi e una corda di riserva per le doppie, ritennero l’impresa troppo rischiosa, e ritornarono così sui loro passi (dovettero passare 9 anni perché quella cresta venisse discesa integralmente, con un gran numero di corde doppie; e ben 25 anni per la prima salita). Nell’agosto 1903 Simond era al servizio di due clienti inglesi, insieme a J.P. Ravanel, nell’Oberland Bernese. Le guide, entrambe di Chamonix, erano ansiose di mettersi alla prova in una regione a loro sconosciuta. Pieno successo allo Schreckhorn, il quattromila più a nord delle Alpi, seguito dalla conquista di una punta inviolata che, “con l’approvazione di Mr. Coolidge” venne battezzata Klein Nässihorn. Nei giorni successivi raggiunsero il Wellhorn; i due inglesi erano raggianti, affascinati dal trovarsi per la prima volta sulla cima di una montagna avanti il sorger del sole. Alphonse Simond, oltre che guida alpina di alto livello, doveva essere anche eccellente sciatore se – come riporta l’Express du Midi – in una gara di sci di fondo di 22 km tenutasi a Chamonix il 4 gennaio 1908, si classificò al primo posto nel tempo di 1h e 39 minuti. orniamo finalmente al Roseg. La cordata dei due Stewart con Summermatter e Simond lasciò T Autunno 2013 la capanna Mortèl (oggi Coaz) alle 2 di notte, risalì il ghiacciaio al lume di lanterna e raggiunse il passo Sella alle 4:30. C’era un forte vento freddo da ovest, il cielo era fosco e nell’attesa che facesse chiaro i quattro trovarono riparo sul lato S del crinale. Seguirono poi quasi integralmente il filo di cresta, eccetto qualche breve tratto nella parte superiore; un breve camino con le rocce fortemente incrostate di ghiaccio fece perder loro mezz’ora, finché si decisero ad aggirarlo sul lato SE. Giunti in vetta poco dopo le 2, la lasciarono un’ora dopo e, scendendo per la via normale, forono di ritorno alla capanna Mortèl alle 17:35. L’entusiasmo per il successo li aveva elettrizzati. Tre giorni dopo, il 2 agosto 1909, erano di nuovo in pista, anche questa volta con un obiettivo ambizioso: raggiungere il Bernina direttamente dalla sella Güssfeldt/ Porta Roseg attraverso lo Scerscen. Erano rimasti in tre: G.L. Stewart, Simond e Summermatter. Già risalendo le rocce dello Scerscen vennero colti da una nebbia fittissima che non li lasciò per l’intera giornata. Il Bernina fu raggiunto alle 12:35, quasi 11 ore dopo aver lasciato la capanna Mortèl. Non contenti, scesero per le rocce ghiacciate alla Breccia, superarono il pizzo Bianco e poi una lunga discesa giù per la Biancograt li portò finalmente, dopo una lunghissima giornata, alla capanna Tschierva. I tre continuarono nei giorni seguenti le loro performances, verso ovest, con quello che il colonnello Strutt considerava “un breve ma bril‑ lante raid”. Il 7 agosto fu la volta del Disgrazia, raggiunto per la cresta S. L’11 traversarono il Badile da ovest ad est, e lungo il percorso salirono la punta Sertori per il versante N. Infine il 13 agosto raggiunsero l’Ago di Sciora: per G.L. Stewart la soddisfazione di essere il primo inglese a metter piede su quella guglia di granito, per Ferdinand Summermatter e Alphonse Simond la soddisfazione di seguire con successo la traccia indicata da Christian Klucker ed Emile Rey. Il pizzo Roseg con i seracchi del ghiacciaio di Scerscen Superiore ripreso dal belvedere della capanna Marinelli (agosto 1910, foto Alfredo Corti - © CAI sez. Valtellinese). Le Montagne Divertenti Cordate d'altri Tempi 25 l e d a t a s r a t e a c l a v v a c a a s o i r d n a r T più g Alpinismo la 26 Il pizzo di Coca e la testata della val d'Arigna visti dal dos Lis (9 dicembre 2011, foto Beno www.clickalps.com). Le Montagne Divertenti pizzo d iC in cresta o delle c Alp a iO rob ie Pie Autunno 2013 Le Montagne Divertenti tro Pe lle gri ni Traversata del pizzo di Coca 27 Alpinismo Alpi Orobie Pizzo di Porola (2981) Pizzo di Coca (anticima N - 3048) Bocchetta d'Arigna (2850) Passo di val Sena (2594) Cima d'Arigna (2926) Dente di Coca (2925) 2807 Breccia del Dente Passo del Diavolo (2600) Passo di Coca (2649) Bivacco Corti (2509) io a cia oc iac i C Gh nte d De del na Se vin aro lM de io cia iac Gh l Va Bivacco Resnati (1920) Tramonto sulla testata della val d'Arigna dall'alpe Campo (16 agosto 2010, foto Beno www.clickalps.com). Bellezza Partenza: centrale Falk di Armisa in località ca Pizzini (m 1041). Itinerario Fatica Pericolosità automobilistico: da Sondrio si prende la SS38 in direzione Tirano. Appena prima di Chiuro, in località Casacce (5 km dalla fine della tangenziale di Sondrio), si esce a dx in direzione di Arigna/Briotti. Si attraversa l'Adda e si segue la strada comunale per Arigna/Briotti fino in località Fontaniva (km 14 da Sondrio) dove c'è un trivio (tornante). Si va dritti senza fare la curva e ci si addentra in val d'Arigna per un paio di chilometri fino alla centrale di Armisa, dove si parcheggia. Itinerario sintetico: ca Pizzini (m 1041) - baite Michelini (m 1499) - ghiacciaio di val Sena (m 2200 ca.) - parete O pizzo Cantonlongo - lago del passo del Diavolo - passo del Diavolo (m 2600) - pizzo di Coca per la cresta N (m 3050) - cime di Arigna (m 2926) Dente di Coca (m 2925) - passo di Coca (m 2649) - 28 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti bivacco Resnati (m 1920) - Armisa (m 1041). Tempo previsto: 16-18 ore per l'intero giro. Ci si può appoggiare al ritorno al bivacco Corti (m 2509), per fare le ultime 3 ore e mezza di discesa il giorno seguente. Attrezzatura richiesta: ramponi, piccozza (consigliabili), corda (50 m), qualche protezione veloce, casco, cordini e imbraco. Difficoltà/dislivello 2400 metri. in salita: 5+ su 6 / oltre Dettagli: D-. Bellissima traversata in cresta con roccia di consistenza eterogenea. Sul canale che solca la parete O della cima di Cantonlongo c'è un passo di IV, pure la cresta N del Coca ha un passo di IV+, per il resto fino al III+. Tratti su ghiaccio facili. Mappe: Kompass foglio n.104, 1:50000. Traversata del pizzo di Coca 29 Alpinismo Alpi Orobie rima saliti per errore allo P scomodo passo di val Sena, raggiungiamo il passo del Diavolo, da cui ha inizio la traversata per creste fino al passo di Coca, una delle più belle e severe cavalcate delle Alpi Orobie che, inaspettatamente, si svolge per un buon tratto della cresta N del Coca su roccia eccellente. Alla fine, però, si torna sugli scisti orobici che non permettono disattenzioni. Passo di val Sena (2594) 1 - La centrale di Armisa fu realizzata tra il 1928 e il 1930 e sfrutta le acque provenienti dalla val Malgina (captazione risalente al 1945 con un tunnel sotterraneo conduce le acque al bacino dei Forni) e dalla val d’Arigna, dove una condotta scende dalle dighe di Santo Stefano (m 1848) con un salto netto di ben 804 metri. Nella centrale sono installati due gruppi generatori, azionati entrambi da una turbina Pelton (ad azione), che sfutta le acque di Santo Stefano, e da una turbina Francis a cui confluiscono le restanti, per una potenza massima totale di 14,5 MW. Le acque restituite dalla centrale vengono infine convogliate al bacino del Gaggio con una condotta sotterranea e poi riutilizzate dalla centrale di Venina a Piateda (fonte www.edison.it). 2 - La strada che unisce queste località ad Armisa è chiusa al traffico non autorizzato. 3 - Sulle mappe regna una grande confusione in merito alle quote, per cui, a seconda della base cartografica che utilizzerete potrete trovare alcune divergenze con quelle indicate nel testo. 30 Le Montagne Divertenti Val Sena F Dente di Coca (2925) 2807 Passo del Diavolo (2600) Gh .d el M aro vin Centrale di Armisa 8 agosto 2012 inalmente sono arrivato a ca Pizzini (m 1041), dov'è la centrale idroelettrica1. Il ritrovo è alle 6:20; sono qualche minuto in anticipo. Controvoglia spengo la musica che mi ha tenuto compagnia durante queste 2 ore di viaggio, quando mi raggiungono Beno, Andrea e Roberto. Ci incamminiamo lungo la strada. Tra i discorsi più vari sfioriamo le assonnate baite di Pattini, Foppe2, Pradaccio e Michelini (m 14993, ore 1:20) e puntiamo alla cupa testata della valle seguendo il sentiero segnalato per il bivacco Resnati. Da Roberto, Caspoc' per gli amici, apprendiamo le tecniche di cattura delle marmotte, di cui alcuni malenchi vanno ghiotti e che nessuno di noi altri ha mai assaggiato. Per oggi il programma di Beno prevede la traversata dal passo del Diavolo al passo del Lupo, percorrendo la cresta N del pizzo di Coca e concatenando cima d’Arigna e Dente di Coca. Pizzo di Coca (anticima N - 3048) Cima di Cantonlongo (2826) Dai Cagamei al Dente di Coca. Ripresa effettuata dal vallone della Pioda (5 luglio 2009,foto Beno). «Se c’è tempo» aggiunge « si può proseguire verso Porola e Scais, finendo con il Redorta...» Andrea sarcasticamente ribatte «La solita pisciata lunga del mattino!» Passiamo ai piedi del sassone dov'è la croce che ricorda i fratelli Fedele ed Attilio Maffina, scomparsi nel giugno 1978 all'età di 22 anni, il primo impegnato in una scalata ai piedi del Dente di Coca, l'altro il giorno successivo, nel tentativo di recuperarne la salma. Sotto molti massi si riconoscono delle nicchie utilizzate un tempo dai pastori come ricovero. Di queste racconta Bruno Galli-Valerio nel suo libro "Cols et Sommets"4, a prefazione della seconda salita del canalone NO del Coca (2 agosto 1894): "Nell'aria tranquilla della sera, risuo‑ nava ancora l'eco dell'Ave Maria recitata ad alta voce da tutti i pastori là sotto quel 4 - Bruno Galli-Valerio, Cols et Sommets, Frankfurter e Flammarion editori, Parigi 1912; traduzione a cura di Luisa Angelici e Antonio Boscacci in Punte e Passi, Tipografia Bettini, Sondrio 1998. bel cielo stellato, quando io mi cacciai nel buco che mi era stato assegnato sotto quel gran masso rotolato dall'alto e trasformato in una specie di alveare umano. Non avrei mai immaginato di trovarmi così ben accomodato dopo dieci ore di marcia, da Sondrio al fondo della valle d'Arigna, passando per Agneda, ascendendo il pizzo Biolco5 e varcando la bocchetta omonima. Tutti i buchi sotto quell'immenso scaglione erano abitati. Presso il mio rico‑ vero, la mia guida Bonomi si agitava su di un mucchio di fieno selvatico sognando i camosci incontrati durante il giorno. Un cane, evidentemente cacciato da tutte le parti, venne a rifugiarsi sotto la mia mantellina ed io conoscendo i doveri dell'ospitalità lo lasciai tranquillo presso di me. Un brivido che mi corse per le ossa mi annunciò l'avvicinarsi dell'alba; e infatti una luce pallidissima filtrava attraverso le fascine che chiudevano la mia tana. Lasciai il cane continuare i suoi dolci 5 - Così scritto nel testo originale. Autunno 2013 sonni e uscii. " In breve siamo sulla morena dello Scimur e, distratti dalle chiacchiere, dove scende la prima lingua di neve sulla sx (m 1700 ca.)6, abbandoniamo il sentiero per il Resnati e ci alziamo in quella direzione (ESE) lungo i contrafforti di rocce levigate che orlano a dx (S) la neve. Finiamo in val Sena, anzichè in quella per il passo del Diavolo. Passaggi tra arbusti e umidi colatoi, quindi ripidi macereti sono il pedaggio da pagare per avere accesso all’anfiteatro sommitale della val Sena. È lì che ci sputa addosso freddo un ghiacciaio di falda esposto a NO che attualmente copre il fondo della valle da m 2180 a m 2346. Fu descritto per la prima volta da Giuseppe Nangeroni nel 1932, quando aveva una superficie di 3,2 ettari. Il declino degli anni successivi lo fece declassare a glacionevato nel 1945, per dichiararlo estinto nel 1950, 6 - Questa lingua non è sempre presente, ma basta prendere la stretta valle che si stacca sulla sx a quota m 1700. Le Montagne Divertenti anche se osservazioni recenti fanno supporre che non sia mai sparito. Nei carteggi glaciologici fu ripreso in considerazione a partire dal 1982, per essere infine catastato dall'SGL nel 1992 con una superficie analoga a quella di 60 anni prima7! L'ambiente è quantomai inquietante, specialmente a dx dove un'immane piodessa evidenzia i pochi punti deboli della parete. Saliamo sulle rocce di sx, limitando quanto più possibile il tragitto su ghiacciaio (non abbiamo i ramponi). Quasi al vertice NE (sx), vi sono due canali quasi paralleli che scendono dalle creste del pizzo di Cantonlongo. Ci arrampichiamo inizialmente su quello di sx, per spostarci su placche e cenge a quello di dx. La roccia è buona e l’arrampicata non difficile (III max). Il solco di dx a circa m 2500 si stringe e piega a dx su gradoni con sassi incastrati e talvolta instabili. 7 - AAVV, I ghiacciai della Lombardia. Evoluzione e attualità, HOEPLI, Milano 2012. Occorre qualche attenzione in più. Un passo di IV+ (4 m, forse aggirabile) chiude la sessione scalatoria e ci porta fuori dall’angusto solco, dove erba e roccette, quindi un traverso a dx su pendii erti e sfasciumati ci regalano lo spartiacque in un settore pianeggiante. Qui, puntualmente indefinibile, è il passo di val Sena (m 2594). Ci affacciamo così alla val Morta, dove il sole ci accompagna giù per una valletta di sfasciumi fino alle sponde del lago di Sopra (m 2486, ore 3:30). È quasi mezzogiorno e un bel bagno nelle sue gelide acque non ce lo toglie nessuno! Ci rimettiamo in marcia sulle gande e ci riappropriamo della cresta al passo del Diavolo (m 2600 ca., ore 0:20). Qui, nell'indossare gli imbrachi ci rendiamo conto di aver portato solo la mia mezza corda da 60 metri: c’è stato un fraintendimento tra Beno e Andrea e ciascuno pensava che fosse l’altro ad avere una seconda fune nello zaino. Non importa, ci arrangeremo: per ora si Traversata del pizzo di Coca 31 Alpinismo Alpi Orobie In alto a sx: ingresso in val Sena dalla morena dello Scimur. In basso a sx: sulle spalle rocciose che limitano la lingua nevosa all'ingresso della val Sena. A dx: il ghiacciaio di val Sena e la linea di salita per il passo di val Sena lungo i solchi di NE (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini). Sul lato opposto dell'anfiteatro il 25 aprile 2013 Giacomo Casiraghi, Francesco Forni e Mario Vannuccini hanno salito una nuova goulotte di misto di circa 250 metri dedicandola alla guida alpina valchiavennasca Emanuele Gianera, da poco scomparso. procede slegati e per le doppie dovrebbe bastare. Qui, come scriveva Alfredo Corti, "uno dei tratti più grandiosi della linea orografica principale offre uno degli itine‑ rari più belli dell'intero gruppo; l'ambiente severo, il più severo delle Alpi Orobie, del versante valtellinese, contrasta con quello più luminoso del lato bergamasco."8 La roccia a tratti compatta che offre solidi appigli si alterna allo sfasciume orobico9 composto da lame taglienti di qualsiasi dimensione pronte a restarti in mano se 8 - Silvio Saglio, Alfredo Corti e Bruno Credaro, Guida dei Monti d'Italia. Alpi Orobie, CAI-TCI, MIlano 1956. 9 - Alcuni rocciatori utilizzano il termine orobia per indicare un tipo di roccia particolarmente marcia. 32 Le Montagne Divertenti commetti il reato di indelicatezza. Senza né difficoltà, né via obbligata, andiamo in cima alla prima grande torre (m 2827). Di qui scendiamo tenendoci sul versante orientale. Sempre appoggiando alla val Morta, superiamo alcune emergenze. La seconda torre vien nostra per la sua esposta e friabile faccia E, fatta di cenge, rottami, erba, il tutto condito con una pericolosa placca mediana (III+). Sulla sommità alcuni cordini di calata intimano di togliere la corda dallo zaino. Cerchiamo di ripulire dagli oggetti pericolanti la sosta per evitare che i sassi ci cadano in testa o finiscano per tranciare la corda nella loro caduta. Beno inizia in modo premuroso la calata, dato che ha già visto una corda da 8 mm come la mia tagliarsi di netto perchè colpita da una piccola pietra. 30 metri e siamo ad una selletta. Un solco selvaggio precipita verso la val d'Arigna10, mentre sull'altro versante s'abbassa un vallone ghiaioso. Siamo ai piedi della terza torre, e un chiodo a pochi metri da terra ci indica la via che dall'intaglio rimonta un muro di roccia compatta e scivolosa, spostandosi dopo poco a dx (IV, il Corti lo definisce "alquanto arduo") fino a una cengia. Traversiamo ancora verso la val d'Arigna (dx faccia 10 - Il canalone nord è stato sceso con gli sci il 3 maggio 2012 da Mario Vannuccini e Fabio Bonomi (pendenze sui 50° nella parte alta, quindi 45°). Autunno 2013 In alto a sx: arrampicando nell'angusto solco per il passo di val Sena (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini). In basso: il lago di Sopra con vista sul pizzo di Cavrel e sul pizzo di Cappuccello (7 luglio 2007 e 8 agosto 2012, foto Beno). In alto a dx: la linea di salita alla cresta N del Coca dalla cima della prima torre (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini). a monte) dove un canale ci eleva sulla parete. Roccia sempre più bella, fino a una divertente placconata che par quasi granito. Proseguiamo a lungo tra fessure, spuntoni e placche (III+) fino ad un cordino a sipario di una stretta fenditura11. «Forse si passa anche senza corda.» Mi abbasso (dx) e aggiro lo sperone roccioso: sono su un trampolino a poco più di tre metri da una piazzolina posta più in basso sull'altra sponda dell’intaglio. «Allora?» chiedono da sopra. «Si potrebbe saltare, non è difficile, ma bisogna non aver paura.» «Allora salta!», mi incitano. 11 - Il Corti scriveva: "nella discesa della cresta questo passaggio si supera senza preoccupazione con un po' di piramide umana"! Le Montagne Divertenti Un allungo senza tentennamenti e sono dall’altra parte. Gli altri mi seguono, poi Beno trova un’angolazione particolarmente invitante per le riprese fotografiche e Caspoc' esalta le sue grandi qualità di acrobata e si esibisce in un volo con gambe raccolte in aria. Certo che deve avere i menischi d'acciaio! Poca strada e, quando siamo già alla vista della cima valtellinese del Coca, ecco una calata non evitabile su spuntone che in 30 metri ci abbassa (SO) allo sbocco di un canale oltre cui per rocce facili, quindi sfasciumi, guadagniamo la sella petrosa (almeno in questa stagione) a cui culmina il canalone NO del pizzo di Coca. Quattro crap ed eccoci in vetta alla cima valtellinese del Coca (m 3048, ore 3 dal passo del Diavolo). Siamo nel punto in cui si saldano tre creste: quella da cui proveniamo (N); una diretta a SE che, dopo un centinaio di metri, tocca in terra bergamasca la vetta principale del Coca (m 3050) e lì si biforca negli spigoli S e SE; infine un ramo piega a ONO e da esso si originano le due punte della cima d'Arigna e il Dente di Coca. È bizzarro parlare di prima ascensione alpinistica al pizzo di Coca, istituendo un patetico primato corporativo, quando si sa per certo che i cacciatori frequentavano quella facile vetta in cerca di selvaggina ben prima Traversata del pizzo di Coca 33 Alpinismo Alpi Orobie Superamento della breccia nella parte alta della cresta N del Coca utilizzando la corda, quando ancora non la si saltava (1938, foto Alfredo Corti © CAI sez. Valtellinese). Arrampicando sulla bellissima roccia della III torre della cresta N del pizzo di Coca (8 agosto 2012, foto Beno). Fotosequenza del salto acrobatico della 34 Le Montagne Divertenti breccia nella parte alta della cresta N del Coca (8 agosto 2012, foto Beno). Autunno 2013 Le Montagne Divertenti L'ultima calata della cresta N del pizzo di Coca, a poca distanza dallo sbocco del canalone NO (8 agosto 2012, foto Beno). Traversata del pizzo di Coca 35 Alpinismo dell'esplorazione segreta e solitaria di Antonio Baroni12 e della sua successiva "prima salita" con il cliente "alpinista" Emilio Torri di Calvenzano (4 settembre 1877). Ben altra faccenda è invece l'impegnativa cresta N, scevra di bisonti e cinghiali, inaugurata da Antonio Cederna col pontasco Andrea Valesini nell'agosto del 1908. Facciamo una bella pausa, condividiamo i nostri viveri, tra cui un succoso melone che mi sono portato fin quassù. Il cupo e slanciato Dente di Coca gioca a nascondino con le nebbie che salgono dalle valli bergamasche. opo una pennichella, la compagnia riparte verso ONO. Affidandoci al versante valtellinese per perdere i primi metri, ci troviamo a dover attraversare una placconata umidiccia e inclinata verso la cupa val d'Arigna. In tutto una decina di metri, ma troviamo saggio usare qualche protezione. Ripreso il filo, le difficoltà scemano e, oltre una depressione, scavalchiamo l'anticima quotata 3002 e ci abbassiamo alla bocchetta d'Arigna (m 2850). Appoggiandoci appena appena ai fianchi sfasciumati dello spiovente seriano, visitiamo abbastanza agilmente le due vette della cima d’Arigna, di cui la maggiore è l'occidentale (m 2926, ore 1:30)13. Scisti a parte, ci sono splendide fioriture tra le rocce e colorati cuscini di muschio che addolciscono il paesaggio. Per gli appassionati segnaliamo anche genepì ed erba iva! Ripartiamo sempre attenti a cosa tocchiamo per non lapidare i compagni. Su questo terreno multiforme e friabile, che mischia terra e rocce, occorre naturalezza nei movimenti. Se si riesce a scendere in avanti è meglio, perchè è inutile voltarsi all'indietro a caccia di appigli solidi per le mani: in questi luoghi i sassi han tutti un contratto a tempo determinato col monte! Da bravi sindacalisti, è meglio lavorare in appoggio e compressione. D 12 - Tra l'altro lo stesso Antonio Baroni (18331912), celebre guida alpina di Sussia, viene da molti descritto come come contadino, boscaiolo e cacciatore! 13 - La prima ascensione nota a questa montagna risale al 5 luglio 1913 ed è opera di Aldo Bonacossa e Carlo Prochownick. Gli stessi solo un mese dopo realizzeranno la sorprendente cresta SE dell’Aiguille Blanche de Peutérey dalle Dames Anglaises (gruppo del Bianco) con il grande Paul Preuss. 36 Le Montagne Divertenti Alpi Orobie Cresta ONO del Coca, verso la quota 3002 (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini). Differenti tecniche di discesa dalla cima d'Arigna (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini). Sugli sfasciumi per la cima d'Arigna (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini). Sui fianchi del Dente di Coca ci appare lo spettro di Brocken (8 agosto 2012, foto Beno). Il tetro Dente di Coca e il lontano Scotes dalla cima d'Arigna. È indicata la posizione della prima calata (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini). Autunno 2013 Tra le nebbie sulle rocce friabili che portano alla terrazza ai piedi della vetta del Dente di Coca (8 agosto 2012, foto Beno). Le Montagne Divertenti Dapprima sul lato sx, quindi per i precari rottami del versante N, infine per cenge ed un tratto di buona roccia dello spigolo, siamo alla breccia del Dente. Il filo si impenna deciso ed esposto verso la grande torre nera. I primi metri non sono banali (III+)14, poi ci spostiamo a sx per tornare sulla cresta in un settore orizzontale. All'improvviso le nebbie e il sole fanno apparire i nostri spettri di Brocken in uno scenario quasi surreale. Traversiamo nuovamente a sx per risalire le placconate che sostengono il terrazzo/cengia appena sotto la cima. Di lì per un diedro15 tocchiamo la croce di vetta del Dente di Coca16 (m 2925, ore 1). Da questa cupa montagna di rocce scure si ha una splendida vista sulla val d'Arigna. Ribaltiamo gli zaini per spremerne gli ultimi viveri rimasti, mentre ci guardiamo attorno ammirati. Dal bordo dx del terrazzo (faccia a valle) un cordino ci segnala la calata che agevola il superamento dell'erta bastionata rociosa sommitale e l'ingresso nel canalone SO. Di qui passa la via aperta da Alfredo e Nello Corti con Oreste Lenatti il 2 agosto 1935. In totale, vedendo i cordini, si potrebbero fare 3 calate17 da 20-25 metri, ma dopo i primi 20 metri si riesce abbastanza agevolmente a disarrampicare (II/III), aiutati nella ricerca del tracciato da bolli sbiaditi. Dopo la strozzatura mediana, ci spostiamo qualche metro a dx (O), quindi nuovamente giù per rocce rotte fino a dove il canalone è meno inciso e lo sperone roccioso di dx si ammorbidisce prestandosi ad essere scavalcato18. Più o meno per cresta siamo alla quota 2807, da cui una traccia sul lato S si abbassa al passo di Coca (m 2649, ore 1). Attraversiamo con facilità la vedretta, ormai completamente scoperta e solcata 14 - Purtroppo molte delle relazioni pubblicate in rete sono rimbalzi di copiature varie in cui i gradi su roccia vengono assegnati a casaccio, andando dal delicato II grado al facile III ! 15 - Non vi è via obbligata, ma il diedro che arriva direttamente alla croce è molto didattico, seppur sia più semplice aggirarlo da E. 16 - I primi salitori Gaetano Scotti e Antonio Castelnuovo (26 luglio 1908) battezzarono la cima punta Isabella, ma il toponimo non prese piede. 17 - Verificare gli ancoraggi! 18 - Se le valanghe non l'hanno portano via, si può trovare un ometto che indica il passaggio. Dalla strozzatura sono circa 40 metri. Traversata del pizzo di Coca 37 Alpinismo Alpi Orobie Ruttico gomme Ieri come oggi: dal passo di Coca uno sguardo verso il Dente e la cima d'Arigna. Sotto la val d'Arigna e il tracciato di discesa dal passo di Coca. Spiccano i maggiori spessori dei ghiacciai del Lupo e del Marovin, oltre alla mancanza di vegetazione nel fondovalle (1931 e 1938, foto Alfredo Corti - © CAI sez. Valtellinese). Dal 1967 ti aiuta a guidare sicuro Passo di val Sena (2594) Pizzo di Coca (anticima N - 3048) da rivoli d’acqua che smagriscono di ora in ora il ghiacciaio del Lupo che negli ultimi 30 anni ha già perso il 30% della propria superficie benchè questa sia una delle zone più nevose dell'intera provincia. Passiamo sotto al bivacco Corti poi ripieghiamo nel vallone (dx) che si sta liberando dai ghiacci. Tra rocce e lingue di neve perdiamo quota, quindi traversiamo (dx) alti per i ripiani detritici sopra alle barre rocciose che sopraelevano la conca del Lupo rispetto alla val d'Arigna. Un po' a intuito, un po' seguendo un'esile traccia di camminamento su terreno sconnesso, siamo al bivacco Resnati, da cui in tempo da record (1 ora e mezza scarsa) ci fiondiamo verso l'auto, dove arriviamo all’imbrunire (Armisa, m 1041, ore 4). Torno a casa stanco ma ho ancora voglia di rocce, di fessure, di placche, di speroni, di guglie, di piode, di sfasciumi, di ganda, di neve, di ghiaccio e di cielo. Ho negli occhi la vita piena di quelle ore e voglio correre, saltare, arrampicare, salire, aggrapparmi, tirarmi su e arrivare in cima per stringere la mano ai miei compagni. Dente di Coca (2925) Passo di Coca (2649) PNEUMATICI PER AUTOVETTURA, MOTO, AUTOCARRI E AGRICOLTURA a en lS Va TAGLIANDI, MECCANICA, AMMORTIZZATORI E FRENI MOLLE E KIT SPORTIVI, DISTANZIALI E CERCHI IN LEGA RIPARAZIONE GOMME E CERCHI BILANCIATURA E CONVERGENZA ASSISTENZA SUL POSTO OFFICINA MOBILE CONVENZIONI CON LE MAGGIORI FLOTTE D’AUTONOLEGGIO Montagna in Valtellina (SO) fine tangenziale direzione Bormio tel 0342/215328 fax 0342/518609 e-mail [email protected] www.rutticogomme.191.it 38 Le Montagne Divertenti Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Traversata del pizzo di Coca 39 Alpinismo ALBERGO RISTORANTE “MIRALAGO” Campo Tartano Tel. 0342.645052 www.miralago.net - [email protected] AGRITURISMO “LA BEDÙLA” Località Bedùla - Campo Tartano Tel. 328.7397771 SOLO RISTORAZIONE ALBERGO RISTORANTE “LA GRAN BAITA” Tartano Tel. 0342.645043 - Fax 0342.645307 www.albergogranbaita.com ALBERGO RISTORANTE “VALLUNGA” Via Roma, 12 - Tartano Tel. 0342.645010 - 0342.645100 www.hotelvallunga.it - [email protected] RIFUGIO “IL PIRATA” Via Arale - Tartano Tel. 0342.645008 www.rifugioilpirata.it RIFUGIO “BENIAMINO” Via Arale, 9 - Tartano Tel. 0342.645024-389.1188202 [email protected] NOVEMBRE 2013 BORMIO SVIZZERA COLICO LAGO DI COMO MILANO 40 MORBEGNO SONDRIO TIRANO TARTANO Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Traversata del pizzo di Coca 41 Alpinismo d o i n Camp r o o C cresta SE Beno Uno dei tratti più spettacolari della cresta SE del Corno di Campo. Sullo sfondo le cime della val Grosina, tra cui, ben riconoscibile, il cupolone ghiacciato della cima Settentrionale di Lago Spalmo . In basso, col suo colore blu intenso, il lagh da Saoseo (28 settembre 2012, foto Beno). 42 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Corno di Campo (m 3232) 43 Alpinismo Porte di Valtellina l corno di Campo è una possente cima posta tra la val di Campo italiana, che fa capo a Livigno, e la val di Campo svizzera, con le sottovalli val Mera e val Viola Poschiavina. È I poco frequentata per la vicinanza del più alto pizzo Paradisino, anche se esteticamente è una vetta molto attraente. La montagna, completamente in territorio svizzero, incombe sulla conca del rifugio Saoseo con una massiccia parete trapezoidale, mentre sull'altro versante è ricoperta per un buon tratto dagli oltre 30 ettari della crepacciata vedretta di Campo Nord, la seconda per superficie del livignasco. L'11 ottobre 1931 Aldo Bonacossa, Ninì Petrasanta e Ugo di Vallepiana tracciarono nella parte superiore della cresta SE della montagna una bella via su roccia con un dislivello di 530 metri e uno sviluppo lineare di circa 1 km. Il corno di Campo da S. In rosso la nostra linea di salita, in giallo la via del Bonacossa a partire dalla breccia tra le quote m 2897 e m 2702. In verde il canale per salire direttamente alla breccia da Camp (28 settembre 2012, foto Beno). Bellezza Fatica Pericolosità Partenza: Sfazù (m 1622). Itinerario automobilistico: dalla rotonda nei pressi del Santuario Madonna di Tirano, seguire per la Svizzera. Dopo 2.5 km si passa la dogana, dopo 12 ci si affaccia e si costeggia il lago di Poschiavo. La strada inizia a salire più ripida fino alla località Sfazù (25 km da Tirano). Poco oltre il ristorante, sulla parte opposta della carreggiata si trova un ampio parcheggio. Itinerario sintetico: Sfazù (m 1622) - rifugio Saoseo (1987) - Camp (2064) - corno di Campo per la cresta SE con variante all'ingresso (m 3232) - discesa per la normale (NE) - bocchetta di Scispadus (m 3031) - vallone di Scispadus - lagh da val Viola (m 2159) lagh da Saoseo (m 2028) - Sfazù (m 1622). 44 Le Montagne Divertenti Tempo previsto: 10 ore per l'intero giro. Attrezzatura richiesta: corda (almeno 30 metri), casco, imbraco, moschettoni, cordini. Difficoltà/dislivello circa 1700 m. piccozza, ramponi, in salita: 4+ su 6 / Dettagli: PD+. Cresta arerea su roccia abbastanza sana. Passi fino al III+ (IV+ se si sale direttamente per la parete alla quota 2897). La discesa per la normale non è banale a causa del liscio zoccolo roccioso (5 m) lasciato dal ritiro del ghiacciaio. Utile una calata in corda doppia. Mappe: CNS, La Rösa, 1:25000 Autunno 2013 È venerdì. Ci troviamo a Tirano. Fuori dalla basilica c'è una nuvola di gente già alle 6 del mattino. Sono lì a pregare per il 508° anno dall'apparizione della Madonna. Passiamo oltre e parcheggiata l'auto a Sfazù, alle 7 stiamo già camminando sulla bella rotabile bianca che parte nei pressi del ristoro e serve la val di Campo. I primi tornanti possono essere tagliati grazie al sentiero, poi la carrozzabile è l'unica via. Nella valle, nonostante la quota, si praticano ancora agricoltura e allevamento. I prati sono ben tenuti, le mucche ordinatamente al pascolo, qua e là si scorgono fienili e cascinali con caratteristici muri e tetti in pietra. La Svizzera ha molto da insegnarci in termini di cura e conservazione del territorio montano, che qui pare addirittura maniacale. Anche se ci nascondiamo dietro l'abusata scusa che oltre confine si destinano a queste attività ingenti risorse, dobbiamo ammettere che i soldi stanziati in Italia per le stesse finalità, tanti o pochi che siano, vengono spesso gettati al vento in opere discutibili dal chiaro ed esclusivo intento speculativo, talvolta provocando addirittura seri danni paesaggistici. Se perciò girassero più soldi, chissà quanti maggiori scempi riusciremmo a fare! Le pendenze sono molto dolci e, toccate varie frazioncine sparse lungo la valle, arriviamo in località Lungacqua, dove sorge il rifugio Saoseo (m 1987, ore 1:15). L'alba accenna timidi colori sulle vette, mentre l'aria gelida ricorda che l'estate è finita. Il corno di Campo è sopra le nostre teste, inconfondibile con la sua facciata la cui sagoma richiama quella di un trapezio scaleno. Una larga cengia obliqua ne taglia Le Montagne Divertenti Il rifugio Saoseo in val di Campo è gestito da oltre 30 anni dalla guida alpina Bruno Heis e dalla sua famiglia (3 agosto 2008, foto Roberto Moiola). Corno di Campo (m 3232) 45 Alpinismo Porte di Valtellina Sullo gneiss compatto della parete S della quota 2897 del corno di Campo (28 settembre 2012, foto Giorgio Urbani). Sul tratto pianeggiante della cresta SE del corno di Campo (28 settembre 2012, foto Giorgio Urbani). Corno di Campo (3232) Corno di Mürasciola (2819) La Pala (3169) Verso l'anticima E del corno di Campo (28 settembre 2012, foto Giorgio Urbani). Il pizzo Paradisino dalla vetta del corno di Campo (28 settembre 2012, foto Beno). Pizzo Paradisino (3302) Bocchetta di Scispadus (3031) Colle Val Nera (2997) Pass da val Mera (2997) dus spa Sci ciol pas a Mer Val m Ca hiavina Val Viola Posc Lagh da Saoseo (2028) iola Lagh da val V 9) 15 (2 Il gruppo del Bernina dalla vetta del corno di Campo (28 settembre 2012, foto Giorgio Urbani). La val di Campo e le sue tributarie vista dalla cima di Saoseo (9 agosto 2011, foto Beno). 46 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti interamente la parete. Bruno Galli-Valerio il 10 agosto 1908 stava valutando di percorrerla: "Un vecchio contadino di Montagna che alpeggia da anni all'alpe Saoseo crolla la testa quando gliene parlo. Ma suo figlio racconta di aver sentito dire che alcune pecore si sono arrampicate lungo questa cengia, quindi conclude che forse ci arrive‑ remo anche noi." La cresta SE è invece quella che segna sulla dx il confine tra il monte e il cielo. Vi è dapprima una dorsale erbosa, quindi una profonda breccia (m 2700 ca.) da cui discende un canale detritico. Segue un primo marcato spuntone di roccia (m 2833), poi un secondo più possente (m 2897) da cui si origina un tratto pianeggiante e frastagliato. Oltre una sella, un'impennata conclusiva porta all'anticima E (m 3218). La cima vera e propria si trova all'estremità opposta (sx) dell'edificio sommitale. La via del Bonaccossa, nostra ambizione, percorre interamente la cresta SE e, dopo i poco interessanti pascoli misti a roccia della parte bassa - raggiungibili per via ovvia da Camp, vince la parete che segue la breccia a m 2700 per delle cenge sulla sua sx. Decidiamo tuttavia di approdare alla breccia direttamente da Camp (m 2064), per montare lo spartiacque dove si inizia già ad arrampicare. Così risaliamo i pascoli in direzione N, quindi imbocchiamo il canale, dapprima erboso e poi detritico che scende dalla breccia. È assai ripido e si fa molto dislivello in poco tempo. Prima alcuni cervi, poi degli stambecchi attraversano sopra di noi. Per fortuna non fanno cadere sassi. Arriviamo dove la vallecola si restringe e compie gli ultimi metri serrata tra le pareti delle quote 2702 e 2833. C'è una scarica di pietre che rimbalzano da un lato all'altro. Scappiamo correndo su per la dorsalina a sx. Un bello spavento. Guardiamo in alto e sul dentone di quota 2833 vediamo uno stambecco: è il killer che qualcuno aveva pagato per ucciderci! Decidiamo di non rischiare ulteriormente la pelle, e proviamo a forzare direttamente la parete S della quota 2897, quando la via originale prenderebbe la cresta proprio in cima al canale. Inizialmente pare tutto semplice, ma quando l'erba finisce il muro di roccia si impenna vertiginosamente. Ci sono passi non facili su fessure, cenge e diedri (IV+): la strada va trovata a istinto. La roccia è generalmente ottima, ma quando ti rimane in mano un appiglio e lo getti di sotto per non lapidare il compagno, ti accorgi che potresti recitare l'Ave Maria prima di udirne il rintocco a terra! Corno di Campo (m 3232) 47 Alpinismo La situazione di un mese fa sul Roseg si è capovolta: questa volta è Giorgio che tira le fila e dà sicurezza, procedendo con tranquillità e scherzando sugli strapiombi. Finiti i diedri della parte bassa, la parte alta si svolge per lo più su placche e cenge. Un'ora di esercizi e usciamo sul filo, proprio in corrispondenza del settore centrale pianeggiante. Vale anche qui la regola che dove la cresta spiana iniziano i problemi. La via è affascinante, il paesaggio pure, con scorci da cartolina sul gruppo del Bernina, pizzo Scalino, cime della val Grosina, corno di Dosdé, cima Viola, cima Piazzi e sulla vicina piramide del pizzo Paradisino. Dopo qualche su e giù da dentelli esposti ed affilati (III), vi è una lama che porta alla base di una torretta (chiodo). Canonicamente ci si dovrebbe calare di 3-4 metri sul versante N (Scispadus). Guardo indietro e vedo Giorgio che, maniaco della slack line, sta facendo esercizi di equilibrio sul fendente che ho appena superato. Credo mi sputerebbe in un occhio se lo interrompessi chiedendogli di estrarre la corda. Mi faccio coraggio e salgo direttamente la torretta che ho di fronte (IV-). Non vi sono grosse difficoltà tecniche, ma gli appigli ballano. Anche questo passo è fatto, quindi, appoggiandoci alle macerie del lato N prima, poi procedendo di volta in volta sul versante più facile, siamo a una fettuccia che precede la breccia segnalante la fine del II settore. Una fettuccia? Un purista infatti si calerebbe, ma è come mettere il casco per guardare a computer delle foto di arrampicata su roccia friabile! A sx (lato val Mera), infatti, c'è un canaletto che porta camminando a una comoda cengia (II) per la breccia. Man mano la via torna ripida e ci invita a portarci un po' a sx dove, con arrampicata meno problematica, ma non del tutto banale (passi di II/III), usciamo sull'anticima E (m 3218, ore 6 da Camp). Il versante N è sporco di neve fresca e s'inabissa nel vadret da Camp, ancora possente nonostante negli ultimi anni si sia ritirato in maniera considerevole. Mai quanto, però, la lente glaciale che segnava il versante O del pizzo Paradisino, oramai ridotta ai minimi termini. La cresta scorre a O fino alla vetta principale del corno di Campo (m 3232, ore 0:30), addobbata con un bell'ometto. Da qui il panorama è vastissimo: dal Bernina, allo Scalino, alle vette di val Grosina e val Viola, oltre ai colossi di Ortles 48 Le Montagne Divertenti Porte di Valtellina e Cevedale. Per la discesa prendiamo la via normale, cioè il versante NE. Dalla vetta ci abbassiamo verso la dorsale rocciosa che divide i due canali che scendono al ghiacciaio. Quello di sx (O) è un suicidio, mentre quello di dx, contrassegnato pure con bolli di vernice arancione, taglia in diagonale sotto i contrafforti della cresta appena percorsa. Mettiamo i ramponi. La neve è dura. A breve siamo ad un salto di rocce lisce, originatosi col ritiro del ghiacciaio. Bruno Heis ha messo qui un chiodo per agevolare la discesa. Noi ne approfittiamo, ma, lazzaroni e presuntuosi d'esser bravi quanto Emilio Comici, non mettiamo l'imbraco che pure abbiamo negli zaini. Giorgio si arrotola nella corda come un arrosto e fa una discesa, secondo lui, alla vecchia maniera. Ma se si fossero davvero calati così, certo è che non ci sarebbero stati alpinisti anziani! Io, genio incompreso, uso una fettuccia strozzante serrata col nodo del fieno, ma il maldestro brevetto duole al costato. Alla fine siamo sul ghiacciaio, che attraversiamo in direzione della bocchetta di Scispadus, quella a m 3031 che sta tra la Pala e il Corno di Campo e permette di accedere al vallone dello Scispadus. Dal valico scivoliamo giù per un lunghissimo e infame gandone, inizialmente piuttosto ripido. Teniamo la dx orografica. Aggiriamo da dx il gradino morenico mediano (m 2500-2400), per traversare a sx. Con una lunga diagonale su pietraie miste a liste erbose, calpestiamo il fondo più morbido della adiacente valle di Campasciol. Ancora 200 metri di dislivello e approdiamo al lagh da val Viola (m 2059). Ci addormentiamo sulle sue rive, coi piedi a mollo nell'acqua gelata e facendo incubi sul giro passo di Sacco - passo di Valascia pizzo del Teo - Sfazù che in un momento di follia avevo in mente di compiere per completare la giornata. Al risveglio un bel sentiero segnalato ci offre una Weiss al rifugio Saoseo. Ci fermiamo a parlare di caccia e dell'orso M13 che mangerebbe i cervi appena abbattuti facendo arrabbiare i cacciatori poschiavini. Forse per questo verrà soppresso di lì a poco. Insolitamente poco stanchi, chiudiamo la nostra gita che il sole non si è ancora coricato: dobbiamo ammettere che ogni tanto è bello tornare anche con la luce (Sfazù, m 1622, ore 3:30)! Il corno di Campo e la crepacciata vedretta di Campo Nord visti dalle pendici occidentali del pizzo Paradisino. Indicata la via di discesa per la bocchetta di Scispadus (1 settembre 2007, foto Beno). Il lagh da val Viola e il corno di Mürasciola (1 novembre 2011, foto Roberto Ganassa). Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Corno di Campo (m 3232) 49 Alpinismo Perla della val di Campo è il lagh da Saoseo, dallo splendido colore blu, meta di pellegrinaggio estivo dei fotografi (8 agosto 2009, foto Roberto Moiola). Spettacolari sono pure le tinte verdognole che d'autunno colorano il lago, incorniciato da una corona di larici e dal corno di Mürasciola (29 ottobre 2009, foto Roberto Moiola). Ma questo specchio d'acqua riserva anche molte altre sorprese, come il trovare una famiglia di Poschiavo che gioca ad hockey sulla superficie ghiacciata (27 novembre 2011, foto Marino Amonini). 50 Le Montagne Divertenti Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Corno di Campo (m 3232) 51 Pizzo Roseg (m 3936) spigolo SO Alpinismo lunghis simo friabil issimo ed esp osto "la pi ù ard ita cr grupp esta o del del Bernin a" Beno Beno 52 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Cresta SO del Roseg. 29° tiro di corda. La vetta pare non arrivare mai, mentre i tuoni si fanno sempre più vicini (20 agosto 2012, foto Beno). Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO 53 Alpinismo Valmalenco La cresta SO del Roseg domina la bocchetta delle Forbici e il rifugio Carate (9 settembre 2010, foto Beno). Bellezza Fatica Pericolosità Partenza: Campo Moro (m 2000). Itinerario automobilistico: da Sondrio prendere la SP15 della Valmalenco in direzione Lanzada. Alla rotonda in località Vassalini scegliere la prima a dx, attraversare Lanzada (15 km) e seguire le indicazioni per Franscia (5 km), da cui altri 5 km di tortuosa strada asfaltata guidano fino a Campo Moro. Si può lasciare l'auto nel parcheggio sottostante al bar Poschiavino e al rifugio Zoia. Itinerario sintetico: Campo Moro (m 2000) base della diga di Campo Moro (m 1933) - rifugio Carate (m 2636) - bocchetta delle Forbici (m 2660) rifugio Marinelli (m 2813) - passo Marinelli occidentale (m 3086) - bivacco Parravicini (m 3183) - pizzo Roseg (m 3936) per la cresta SO - discesa per il versante NE passo Sella (m 3265) - bivacco Parravicini (m 3183) rifugio Marinelli (m 2813) - rifugio Carate (m 2636) Campo Moro (m 2000). Attrezzatura richiesta: corda (almeno una da 60 m), casco, imbraco, piccozza, ramponi, 2-3 chiodi da ghiaccio, moschettoni, cordini, serie di friend. Difficoltà/dislivello in salita: 6- su 6 / complessivamente oltre 2000 m. Dettagli: TD. La via si sviluppa su 31 lunghezze di corda più tratti in conserva. Passi su roccia fino al V- grado, pendii glaciali impegnativi, ritirata alquanto problematica. La discesa per la via normale è pure essa non banale (AD). Mappe consigliate: Carta Escursionistica Valmalenco, 1:30000; Kompass n. 93, Bernina, 1:50000; CTS n.1277, Piz Bernina, 1:25000. Numeri utili: rifugio Carate (0342 452560), rifugio Marinelli (0342 511577) Tempo previsto: 18-20 ore di cui 10-11 per salire lo spigolo (i primi salitori ne impiegarono 9 e mezza!). V i racconterò di questa nostra avventura sulla cresta SO del pizzo Roseg, quella che dal passo Sella raggiunge la vetta del Roseg, una lama lunghissima di cui Silvio Saglio1 tesse le lodi: "a perfezionare la bellezza del pizzo Roseg, che ha la più bella parete ghiac‑ ciata (NE), il più appariscente canalone (S), il più vasto spiovente roccioso (O) del gruppo del Bernina, non poteva mancare la più ardita e pronunciata cresta (SO)." Certo è che quel profilo dentellato colpisce chi percorre nelle giornate limpide il tratto pianeggiante di sentiero che precede i faticosi "sette sospiri" per il rifugio Carate. Lassù, dietro la bocchetta delle Forbici, ad una distanza indefinibile, appare come severa scultura di roccia rossiccia spesso spruzzata di neve che ne esalta la maestosità. Nessuno ha saputo darci informazioni: a dispetto delle descrizioni lusinghiere del Saglio, pare sia da annoverare tra gli itinerari dimenticati e desueti. Tale rimarrà credo anche dopo questo articolo in cui non si può che ribadirne la pericolosità. Il nostro primo arrembaggio l'ave1 - Silvio Saglio, Guide ai Monti d'Italia. Bernina, CAI-TCI, Milano 1956 54 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti vamo lanciato il 3 luglio 2012, credendo fosse sufficiente sfruttare una finestra di bel tempo per completare un'ascensione che ha più di cent'anni. Furono infatti G. e C. Stewart, con le guide Ferdinand Summermatter e Alphonse Simond a vincere integralmente lo spigolo per primi e senza bivacchi in via. Era il 30 luglio 1909. «Oggi che ai chiodi, agli scarponi chiodati e alle corde di canapa si sono sostituiti i friend, le suole in vibram e corde leggere e scorrevoli, ci si dovrebbe mettere molto meno!» insinuavamo. E invece abbiamo capito che non è così, perchè dove la roccia è infame e dove i passaggi non sono per niente chiari, i pionieri hanno ancora molto da insegnarci! er esser sicuri di portare a termine con successo il nostro primo fallimento, eravamo partiti in una giornata uggiosa dal rifugio Marinelli. Tra l'altro io mi ero accorto di avere con me 2 scarponi destri: un 41 e un 39, così ne avevo presi in prestito due mezzi rotti dal ripostiglio del rifugio. L'attacco l'avevamo raggiunto a fatica affondando nella neve marcia e, dopo parecchie ore in via in un ambiente gelido e P a dir poco severo, un temporale ci aveva costretto a fuggire quando avevamo completato solo il primo dei tre settori in cui si può dividere l'ascensione! La grandine e l'incalzare dei tuoni ci avevano fatto vivere brutti momenti mentre lanciavamo le salvifiche 10 calate in corda doppia da 60 metri usando come ancoraggi degli spuntoni talvolta ballerini. Rimessi i piedi sulla terra ferma, avevamo avuto modo di riflettere sui metodi per velocizzare le salite su un terreno così vario, esposto e pericoloso, giungendo alla conclusione che queste vanno affrontate solo col bel tempo! È passato un mese e mezzo; è il 20 agosto quando io, Andrea, Giorgio e Nicola partiamo alle 4 dal rifugio Marinelli (m 2813, ore 3 da Campo Moro), dove siamo giunti ieri sera con Pietro e due ragazzi israeliani, entrambi di nome Yotam, la cui storia è molto significativa e merita un bell'inciso. Uno di loro l'ho conosciuto per caso l'anno scorso mentre ero a Chiareggio con il grande John Harlin2. Yotam era 2 - John Harlin, scrittore e alpinista americano, stava compiendo la traversata integrale della linea di confine svizzera. La porterà a termine con Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO 55 Alpinismo III Pizzo Roseg (3936) Monte Scerscen (3971) Piccolo Roseg (3896) Pizzo Bernina (4050) II settore: successione di guglie difficili Rif. Marco e Rosa (3609) Is et to re : Ri pi do e di ve rt en t e Porta Roseg (3522) settore: é fatta! Rifugio Marinelli (2813) La triade Roseg, Scerscen, Bernina dalle cime di Musella. In rosso il tracciato passo Marinelli Occidentale - attacco spigolo SO del Roseg. In verde la scorciatoia alta bivacco Parravicini - rifugio Marinelli e in giallo quella bassa, un po' più lunga (1 luglio 2006, foto Beno). Il pizzo Roseg dal vallone dello Scerscen. Segnato il tracciato dello spigolo SO (19 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini). approdato lì per caso, facendo autostop con la sua ragazza. Mi aveva chiesto com'era fare alpinismo e, intrigato dall'attività scalatoria, è tornato in Europa dopo un anno con un suo compagno di leva. Hanno letto un po' di libri e sulla scorta di quella teoria hanno salito senza altro aiuto le principali vette delle Alpi: Bianco, Rosa, Gran Paradiso ... Poi settimana scorsa sono arrivati in Valtellina dicendomi di portarli a fare qualcosa di veramente bello, in cui assapori la montagna senza essere in fila come al supermercato. Li ho ospitati a casa mia qualche giorno, tanto mantenerli costa poco: si nutrono prevalentemente delle verdure dell'orto, pure a colazione, ed in famiglia non ne potevamo più di mangiar zucchine e cetrioli! Con la loro gradevolissima compagnia ho quindi salito la cresta di Corna il ghiacciaio. Albeggia, il panorama è molto vasto. Sappiamo che la via si divide in 3 settori morfologicamente molto diversi e questo ci aiuterà a scandire la nostra giornata: il primo, che abbiamo già salito, ripido e divertente, di roccia talvolta buona, porta ad una torre bifida strapiombante; il secondo, grossomodo pianeggiante, affronta una serie di guglie ardite; il terzo supera l'ultimo strappo e non dovrebbe riservare sorprese. Ci occorrono 2 tiri6 su macereti per guadagnare il filo. Alcune scariche di pietra quasi lapidano Nicola. Sono opera mia che involontariamente ho solleticato un dòmino di blocchi in bilico. Cavalcato lo spartiacque di pietre rossicce più solide, la situazione migliora. Alla nostra sx è il vadret da Sella, sul quale si proietta inquietante successo il 12 settembre 2011, dopo 105 giorni di marcia, oltre 2000 chilometri lottando contro il tempo, le intemperie, la fatica, il freddo e il grave infortunio che gli era occorso nel luglio 2010, proprio all'inizio dell'impresa. Per approfondimenti vedi: Beno, John Harlin III: 105 giorni sul confine, Le Montagne Divertenti - n.19 inverno 2011. 56 Le Montagne Divertenti Rossa al Disgrazia, che non si filano più nemmeno i camosci. Risultato: una inconsueta e lunga arrampicata su rocce variegate, persino su cuscini di amianto, sempre soli e al cospetto di un ambiente grandioso. Al rientro mi hanno confessato che è stata la loro più bella giornata sulle Alpi, una gita fantastica. E pensare quanti valtellinesi vanno a fare la normale al Rosa o al Bianco, non conoscendo assolutamente le nostre montagne! a torniamo al Roseg. Alla luce delle pile frontali raggiungiamo il passo Marinelli Occidentale, da cui attraversiamo interamente il ghiacciaio di Scerscen Superiore in direzione NO. Valichiamo le morene divisorie che individuano i tre diversi apparati costituenti il ghiacciaio di Scerscen Superiore. Queste, emerse negli ultimi anni, sono uno dei segnali del disfacimento di questa importante vedretta3. Puntiamo alla base della M 3 - Luca Bonardi, Enrico Rovelli, Riccardo Scotti, Andrea Toffaletti, Massimo Urso e Fabio Villa, I ghiacciai della Lombardia. Evoluzione e attualità, Hoepli, Milano 2011 nostra cresta. È bene stare attenti ai crepacci che, specialmente nei cambi di pendenza, sono molto larghi. "Il Bianco si è svegliato!", esclama Andrea guardando le luci della capanna Marco e Rosa alla base della spalla del Bernina. Tour sotto Porta Roseg e canalone Marinelli4, da cui cadono continue e gigantesche frane. Su un pulpito a SO brilla il bivacco Parravicini (m 3183). Più a N, emergenza della medesima dorsale che regge il bivacco, vi è l'isola rocciosa quotata 3243 e, ancora più a N, scende il pendio ghiacciato5 che conduce ai piedi della cresta SO (m 3300 ca., ore 3). Levati i ramponi, con un po' di patimento valichiamo la crepa tra le rocce e 4 - Sulla parete SE del pizzo Roseg, compresa tra la Porta Roseg e il canalone Marinelli, il 5 agosto 1901 morì Giuseppe Gugelloni, che pochi giorni prima aveva compiuto la prima ascensione al Disgrazia per la cresta di Corna Rossa. Strane coincidenze! 5 -Lo smilzo corridoio costituisce l'ultimo collegamento tra la porzione occidentale del ghiacciaio di Scerscen Superiore, compresa tra il pizzo Sella, il bivacco Parravicini e il Gendarme (m 3379) della cresta SO del Roseg, e la restante vedretta. Autunno 2013 6 - La relazione di salita si riferisce al nostro tracciato, che si discosta in più punti da quello riportato in Guida dei Monti d'Italia. Bernina. I passaggi non sono sempre obbligati, perciò sta alla sensibilità di ciascuno intuire la via migliore, e questa potrebbe anche differire da quella qui descritta. Le Montagne Divertenti l'ombra della cresta SO del Roseg. Procediamo in maniera quanto più meccanica possibile, cercando di scegliere la strada migliore e evitando di scalzare sassi. Ci disponiamo in due cordate. 3° tiro - contorniamo a sx la cresta per riguadagnarla su un poggiolo roccioso. 4° tiro - alcune frastagliature ci portano alla base di un’alta torre. Sostiamo qui, benché avanzi ancora molta corda, ancorandoci a dei blocchi di roccia chiara. 5° tiro - aggiriamo il torrione sulla sx, dove un canale sdrucciolevole ci riporta sullo spartiacque in corrispondenza di una stretta breccia a cui si accede superando un massone incastrato. Un gradino (sx, 3m, III+) e siamo sulla facile placca che arriva ai piedi di un dente terrificante: il Gendarme; 6°-7°-8° tiro - la dorsale diventa di roccia più sana e divertente. Senza via obbligata né particolari difficoltà; 9° tiro - il filo si assottiglia e, oltre uno stretto colletto, saliamo una specie di camino che ci porta ad una terrazza panoramica ricca di genepì. Anche questa è una lunghezza breve, ma se si proseguisse oltre le corde si incastrerebbero negli spigoli. Guardandoci indietro osserviamo la dorsale appena percorsa: assomiglia alla cresta di un enorme dinosauro che emerge dai ghiacci perenni del Sella. Nicola e Giorgio sono un po’ attardati, per cui li aspettiamo e mescoliamo le cordate. In affari così delicati è meglio che chi ne ha si sacrifichi e chi è un po’ stanco riposi per poter poi poter dare il cambio più avanti. 10° tiro - la via si impenna su un pilastro piuttosto esposto (IV-), quindi si affronta un salto di roccia chiara solcato nel mezzo da una fessura larga 10-15 cm. Nella sua parte bassa sono incastrati un nut e un chiodo. 11° tiro - la roccia bianca è molto scivolosa e il passo non banale (fessura, 6 m, V-). Sebbene sia facile proteggersi da grandi cadute con l'uso dei friend, quassù anche solo una botta al ginocchio si rivelerebbe pericolosa. Oltre il muro ci aspetta un corridoio tra massi incastrati che porta a una selleta. Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO 57 L'albaAlpinismo sul ghiacciaio di Scerscen Superiore (3 luglio 2012, foto Beno). Valmalenco Ai piedi dell'impressionante Gendarme (m 3379, 5° tiro della via) (3 luglio 2012, foto Beno). 12° tiro - facile. Traversiamo a sx su roccia friabile, poi un canalino ci porta su un pianerottolo. 13° tiro - Andrea e Nicola passano per il canale/imbuto di sx (IV-, roccia pessima all’uscita), io faccio lo sborone e mi butto sui precipizi del lato S. Tribolo un po' (V/V+), ma è una lunghezza bellissima! Giorgio, che è all'altro capo della corda, conferma. 14° tiro - pieghiamo a sx e, dopo aver salito alcuni blocchi scivolosi, siamo alla base del canale che solca in due la grande torre, punto in cui termina il primo dei tre settori della cresta. Non occorre certo forzare quel canale: aggiriamo la torre per cenge e placche sulla dx (lato italiano). 15° tiro - senza via obbligata, una fascia di roccia malsana ci regala la cima della torre , una catasta di rottami presso cui pranziamo. Ci troviamo poco sopra i m 3600. Alla faccia di chi nega il riscaldamento globale: è pieno di genepì! Lo raccolgo per farne un liquore esclusivo con cui brinderemo al Roseg! Pranziamo con la consapevolezza che è già tardissimo: è ancora molto molto lunga. Guardando 58 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti avanti non si capisce assolutamente cosa ci aspetti. La vetta è visibile, ma la sua distanza è indefinibile. Frane e valanghe borbottano di continuo. 16° e 17° tiro - ci abbassiamo per un canale di roccia pessima sul versante svizzero, quindi traversiamo (N) e raggiungiamo un ripido costolone, grazie al quale arriviamo di nuovo in cresta accanto ad un blocco chiaro. "Com'è da lassù in avanti?", ci urlano Nicola e Giorgio. "Pensate a una cosa molto brutta", rispondiamo con un nodo in gola io e Andrea,. "Ecco: è molto peggio!" Uno scenario spaventoso: una successione impressionante di denti affilatissimi e aggettanti, a prima vista invalicabili. Dopo un attimo di titubanza, scendiamo a una selletta dove con 2 doppie verso S (dx, si trovano chiodi e fettucce) siamo a una cengia ai piedi del più alto dei denti. Lo contorniamo da S, storditi dai continui boati degli autobus che precipitano dalla parete e dall'acre odore di zolfo che riemerge dagli abissi. 18° tiro - dalla base del grande dente alto una cinquantina di metri, saliamo per camini e cenge in diagonale verso dx, sostando in un corridoio generato da un grande blocco staccato a picco sulla parete. Siamo a dir poco in balia degli eventi! 19° tiro - una placca, quindi ha inizio un canalino verticale. Gioisco alla vista di un vecchio chiodo: "Qualcuno di qui è passato!", poi con arrampicata delicata sono alla breccia oltre il dente, da cui, piego a dx lungo la cresta fino a trovare un buon punto di sosta con ridente vista sull'inferno appena attraversato. È faticoso scalare queste rocce, sia perchè non conosco la strada, sia perchè sono esposte, sia perchè sono marce e devi stare attento non solo a non precipitare assieme a qualche appiglio a cui hai affidato le tue speranze, ma anche a che questo appiglio non vada a colpire né la corda, né qualcuno degli altri che seguono. 20°-21°-22° tiro7 - grazie a una 7 - Ai tiri sono mescolati numerosi tratti in conserva. Non vi sono più passaggi obbligati, ma sta al buon senso trovare la strada. Si tenga conto che il versante italiano, dove transitabile, è più agevole. Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO 59 Alpinismo Valmalenco 16° e 17° tiro ci fanno raggiungere un blocco chiaro da cui il panorama è a dir poco inquietante (20 agosto 2012, foto Beno). pericolosa placconata sporca di neve, aggiriamo qualche torretta sul lato SE quindi, giunti ad una selletta, poco oltre delle cartucce di gas esauste, azzardiamo un tratto appoggiando a NO e per poco non parto assieme a una frana. Davvero una brutta esperienza: i grossi massi su cui stavo camminando si sono mossi tutti assieme; anche la sosta era stata attrezzata su uno di quei maledetti blocchi bianchi, così se la corda fosse andata in tensione pure Giorgio mi avrebbe seguito nella caduta; ho dovuto mettermi a correre controcorrente fino ad appendermi alla parete di roccia più sana che stava 5 metri sopra. Un boato e una nuvola di polvere, ma per fortuna nessuno di noi ne faceva parte! Da ciò abbiamo dedotto una regola importante su questa montagna: la roccia rossa si sgretola, gli appigli ti restano in mano, ma quando un masso è grande non si muove, mentre la roccia chiara è più soda, ma appena la tocchi, scivolano via anche blocchi grandi come lavatrici. Sentiamo le pale di un elicottero, ma non lo vediamo. Poi sbuca da dietro. Svizzero. Qualcuno si sarà fatto male. Uno sguardo sulla cresta appena salita e sul passo Sella dal salto di roccia chiara all'11° tiro (20 agosto 2012, foto Beno). 60 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti "Beh, non è per noi!"8 Risaliamo nuovamente sul filo con qualche difficoltà, quindi, discesi grazie a una specie di cengia-corridoio, contorniamo da dx i problemi: la roccia è un po' più affidabile! 23° e 24° tiro - passaggi sottocresta (lato italiano) con vista sul dirupato canalone Marinelli al termine dei quali quale poi posso urlare: “Vedo la luce in fondo al tunnel!”. La cresta E, quella che sale dal Piccolo Roseg, non è più così lontana. Quando ci innesteremo lì saremo praticamente arrivati. 25°-26° tiro - uscita delicata dalle cenge precedenti, quindi traversiamo una piccola gola (dx) su ghiaietta e risaliamo l’ennesimo canale. Sono 5 ore che non beviamo, né mangiamo, né pisciamo. Come degli automi le nostre due cordate ripetono velocemente la sequenza arrampicata - sosta - scambio attrezzatura. Siamo persi in un labirinto di detriti appoggiati sopra dei precipizi spaventosi. 27°-28°-29° tiro - 3 semplici lunghezze con cui vinciamo l'ennesimo 8 - Scopriremo che era lì per recuperare due alpinisti caduti fatalmente sulla via normale. canale, guadagniamo una selletta detritica da cui montiamo su una costola di roccia e rottami in direzione NO e ci innestiamo sulla cresta SE, quella che viene dal Piccolo Roseg. Siamo a un tiro e mezzo dalla vetta. È fatta: oramai stavamo perdendo la speranza (pizzo Roseg, m 3936, ore 10)! Ci stringiamo le mani, sono le 18:40, la nostra esultanza è smorzata dai tuoni del temporale che presto sarà sopra le nostre teste. Fulmini quassù significa doversi allontanare da piccozze e attrezzi metallici finché smette, o dover scendere con l’elettricità che ti si può scaricare adosso da un momento all’altro. Siamo delle nullità in questi luoghi. Ogni alito di vento, ognuno dei mille massi che continuamente rovinano a valle, ognuno dei buchi del ghiacciaio, potrebbero portarti via da un momento all’altro. Ma questo senso di impotenza aumenta la meraviglia e la gioia di noi piccoli spettatori dello spettacolo della Natura. Micro sosta per cibo, acqua e pipì, poi giù rapidi dalla normale, sempre in due Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO 61 Alpinismo Valmalenco cordate indipendenti. La nebbia ci porta via spesso la visuale, per fortuna questo lato lo conosciamo bene: roccette (II/III), poi sulla cresta nevosa che, dopo una gobba intermedia, porta all'anticima N del Roseg (m 3920), da cui un ripido scivolo ghiacciato digrada (NO) su una spalla fin nei pressi dell'anticima di quota 3598. Poco sopra i m 3600, ci gettiamo sulla rampa ghiacciata che declina a sx (SO) e ci deposita sul cordolo roccioso che delimita questo alto circo. Inizia a piovere e grandinare. Imbocchiamo il canale a ridosso dei contrafforti della quota 3598 che, tramutato dal caldo nell'alveo detritico di un torrente, ci deposita bagnati fradici sul ghiacciaio pensile del versante O del Roseg. Questo ha la forma grossomodo di una pera e vi siamo arrivati per il picciuolo. Traversiamo a sx (SSE) circa in mezzo al pendio, per raggiungere il colatoio detritico che ci conduce al vadret da Sella a circa m 3200. Sono le 20:30, siamo stanchi morti e stiamo risalendo poco concentrati al passo Sella per rientrare in Marinelli. Manca poco al valico quando Andrea, legato in cordata con Nicola, sprofonda in un crepaccio nascosto dalla neve. Con 3 bracciate a farfalla però riesce a guadagnarne la sponda opposta aggrappandosi a non si sa cosa. Il buco è largo oltre 3 metri. Mi avvicino e tasto con la piccozza. Traversare qui pare follia: la voragine si allarga sotto i nostri piedi. Non c'è un ponte solido. «Ragazzi, qui non si passa!», grido. Ma Nicola, preso forse dalla stanchezza, forse da un eccesso di onnipotenza, ribatte con sufficienza: «Ohff!», e fa un passo in avanti. «Gnam gnam» dice il crepaccio mentre se lo ingoia. Lui sparisce, mentre Andrea con molto sforzo riesce a bloccarsi ed arrestarne la caduta dopo qualche metro. La neve è marcia e la corda, tagliando lo spigolo del buco, fa ulteriormente abbassare Nicola negli abissi. Lo chiamiamo più volte, ma non sentiamo la sua voce. C'è un attimo di preoccupazione. Giorgio mi tiene la corda tesa e mi avvicino alla bocca del crepaccio. Richiamo e finalmente sento la sua voce; capisco che il suono è udibile solo in prossimità della bocca del crepaccio. È sospeso nel vuoto e non vede il fondo, nè riesce a toccare le pareti perchè la voragine è fatta come a campana. «Fate di corsa!» ci grida Andrea. «Mangiamo un panino, poi ci mettiamo al lavoro, tanto il Giana è vecchio e può aspettare. Se sei stufo taglia la corda e vieni a far merenda con noi! Il coltello è nel sacchetto con la bresaola», ironizzo per sdrammatizzare. Non avevo mai visto cadere qualcuno in un Il blocco chiaro visto dall'altro versante al termine del 19° tiro, lunghezza che ci ha permesso di tornare in cresta dopo aver aggirato da S l'ardita guglia alle spalle di Giorgio (20 agosto 2012, foto Beno). 62 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Il salto chiaro, passaggio chiave del primo settore della cresta (20 agosto 2012, foto Giorgio Urbani). 19° tiro: riguadagniamo la cresta dopo aver aggirato da S uno spuntone alto oltre 50 metri (20 agosto 2012, foto Giorgio Urbani). 21° tiro: oltre una placca innevata, un canale di rottami ci riporta in cresta (20 agosto 2012, foto Beno). Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO 63 Alpinismo Pizzo Roseg, versante O. Il tracciato di discesa dalla via normale (30 maggio 2012, foto Beno). Ai piedi della parete S del Roseg, con la bella cresta appena salita (21 agosto 2012, foto Beno). Nicola: felice dell'arrivo in vetta, o forse ancor più quando l'abbiamo tirato fuori dal crepaccio! (20 agosto 2012, foto Beno). crepaccio. Leggende alpinistiche raccontano che, senza i nodi di Batman, paranchi e altre cose a me ignote, non ci sia verso di recuperare i cristiani; il mio buon senso mi dice di non crederci. Chiediamo a Nicola se c'è gnocca lì sotto. Lui ci ribadisce che è sospeso per aria ed è tutto buio: «È larghissimo e molto fondo, anche se non capisco quanto.» Poi aggiunge con disappunto «Niente figa.» Iniziamo a preoccuparci: deve essere davvero triste stare solo in un crepaccio. Rovescio il mio zaino per terra, recupero il frontalino e lo lego ad un capo della corda, dove metto anche un moschettone a ghiera, così da permettere a Nicola di prendere con facilità il capo della corda e agganciarlo all'imbraco. È buio, ma siamo estremamente rapidi. Calo la corda nel buco e, dopo alcuni tentativi a vuoto, Nicola ci si appende. «Oh... issa; oh.... issa.» 7-8 colpi a tirar di braccia con tutta la forza e l'ignoranza delle leve che abbiamo, bloccando nella piastrina quanta fune recuperiamo, ed ecco le mani di Nicola apparire e cercare dispe- 64 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti ratamente qualcosa a cui aggrapparsi, ma il nodo in vita si incastra sul bordo. Andrea ha già allentato la sua corda ed è dall'altra sponda che ci osserva perplesso. Punto anche la mia picca e gli lego uno spezzone di corda pieno di nodi. Nicola lo afferra e si trascina fuori con le sue forze. Ci siamo! Tutti sani e salvi in meno di 5 minuti. Lui è fradicio, infreddolito e un po' ammaccato. Sanguina dalla fronte, ma ora ha una bella storia da raccontare ai nipoti quando gli chiederanno perchè gli amici lo chiamano "Ohff!" È definitivamente notte, abbiamo 2 frontalini su 4 che non vanno, o meglio Giorgio il suo non l’ha nemmeno. Il ghiacciaio e i successivi crepacci golosi sono illuminati dai soli lampi che si fanno sempre più fitti. Decidiamo di passare una notte insonne nello spartano ma provvidenziale bivacco Parravicini (m 3183, ore 3). Appena entrati nello sgabbiotto di lamiera il temporale ci fa sentire di cos’è capace e scuote il bivacco con veemenza. Appena in tempo! Notte insonne per la scomodità di quei letti/amaca di tela, per il freddo (siamo tutti bagnati) e per la sete (siamo in giro dalle 4 e abbiamo avuto a disposizione solo 1 litro e mezzo a testa). Ci rimangono solamente mezzo litro di tè e una redbull da dividere in quattro. Abbiamo la bocca impastata e non mangiamo quasi nulla per paura di ingozzarci col cibo! Solo alle 6 di mattina, scaldati dai primi raggi di sole, riusciamo a prender sonno. Per il rientro sfruttiamo il margine E della lingua occidentale del ghiacciaio di Scerscen Superiore, grazie al quale accediamo a un sistema di cenge e gradoni rocciosi (tracce di passaggio) che ci portano da NNO direttamente al rifugio Marinelli (m 2813, ore 2). Siamo in Marinelli che son quasi le 11 e ci gustiamo la meritata birra. Ora Nicola può mostrare il taglio sopra l'occhio e vantarsi della sua disavventura anche con gli amici israeliani che mentre ci aspettavano hanno ammazzato il tempo con la traversata delle Tre Mogge e abbondanti costine al lavec'! Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO 65 Escursionismo L'anello del lago della Piodella Beno Il lago della Piodella (12 luglio 2013, foto Beno - www.clickalps.com). 66 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti L'anello del lago della Piodella 67 Escursionismo Bellezza Fatica Pericolosità Valchiavenna Partenza: Gordona, località Donadivo (m 737). Itinerario automobilistico: dalla rotonda di Nuova Olonio si prende la SS 36 verso N fino a San Cassiano (km 14). Si svolta quindi a sx, s’attraversa la ferrovia, e si seguita sulla SP 40 (km 1,5) per inserirsi sulla SP 9 e proseguire verso N per Gordona (km 2,5). Prima rotonda dritto, poi all’incrocio con indicate la palestra e la val Bodengo si svolta a sx. In breve si passa davanti al bar La Füss, dov'è possibile acquistare il permesso per salire fino a Donadivo (2 euro). Si percorrono quindi via degli Emigranti e via Cimavilla. Sempre sulla via principale si raggiunge il cartello che sancisce la limitazione del transito sulla carrozzabile per la val Bodengo. 4 tornanti e si è in località Donadivo (m 737 - ristoro e possibilità di parcheggi. Itinerario sintetico: Donadivo (m 737) - alpe Orlo (m 1165) - alpe Valle di Sotto (m 1350) - alpe Valle di Sopra (m 1490) - alpe Lavorerio (m 1856) alpe Piodella (m 2053) - lago della Piodella (m 2202) - bocchetta di Piodella (2219) - forcella di Strem (m 2259) - [traversata del pizzo Settaggiolo di Dentro (m 2568 - m 2565)]- alpe Gandaiole (m 2079) - alpe Piazza (m 1668) - Curt Èrza (m 1190) - Bodengo (m 1030) - pra Pincée (m 947) - Donadivo (m 737). Tempo previsto: 10 ore. Attrezzatura richiesta: da escursionismo. Si consigliano scaponi e bastoncini. [Se si decidesse di fare l'aerea traversata del pizzo Settaggiolo di Dentro è bene avere l'imbraco e almeno 20 metri di corda e un paio di cordini]. Difficoltà/dislivello: 2.5 su 6 / oltre1500 m. Dettagli: EE. Sentiero ben curato fino nei pressi dell'alpe Lavoredo. Dall'alpe Piodella a curt Èrza i bolli si fanno radi e la traccia è poco chiara. Occorre buona capacità di orientamento [PD con un passo di III+ la traversata in cresta del pizzo Settaggiolo di Dentro]. Mappe: Kompass n. 92 - Valchiavenna - val Bregaglia, 1:50000 Carta Nazionale Svizzera foglio 277, Roveredo, 1:50.000 Bibliografia: Alessandro Gogna, Angelo Recalcati, Guida dei Monti d'Italia. Mesolcina - Spluga, CAI-TCI, Milano 1999 Amleto Del Giorgio, L’Alpe Cermine e la sua mulattiera, in Lunario di Valchiavenna 2000 Cristian Copes, Il benefattore Giovan Battista Mazzina (1884-1931), Gordona 2009. I tetti di Gordona visti da Donadivo (12 luglio 2013, foto Beno). Con una lunga passeggiata ad anello si può visitare una delle valli più selvagge del comune di Gordona: la val Pilotera. Rinserrata tra severe placconate di granito e incisa da profonde forre, è un luogo dove la natura incontaminata domina ogni scorcio del paesaggio. Si va dalle variopinte fioriture estive ai colori infuocati dell'autunno. Imponenti faggi, splendide marmitte lavorate dal torrente dove luccicano pozze verde smeraldo. Mentre si prende quota, si odono gli ultimi echi di un'antica tradizione pastorale e, quando le piante d'alto fusto sono sparite e pure le ultime baite sono lontane, ecco che appare il lago della Piodella, in cui si specchiano i colossi del Màsino e il severo pizzo di Prata. Per il ritorno abbiamo scelto l'impervia valle Strem, tributaria della dolce val Bodengo che, coi suoi castagni e lo scrosciare del torrente Boggia, ci riporta in località Donadivo. N ulla vieta di partire a piedi da Gordona e gustarsi le pregevoli risvolte selciate del sentiero del Benefattore, ma se non si è allenatissimi conviene investire 2€, ritirare il permesso al bar La Füss e portarsi in auto fino alla panoramica località Donadivo (m 737), abbarbicata sulle pendici del monte a picco sopra Gordona proprio accanto alla bocca sospesa della val Bodengo. Nei pressi della fontana in legno un cartello ci indica la prosecuzione del sentiero del Benefattore per l'alpe Orlo. Tornante dopo tornante, chiusi nel fitto bosco di castagni e faggi, incontriamo vari nuclei, qualcuno in rovina ma con le travi dei tetti che soppor- 68 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti tano ancora il grande peso delle piode selvatiche, altri ristrutturati e utilizzati come case vacanza. Varie fontane punteggiano la salita. A circa m 1000 intercettiamo la carrozzabile, ma poco dopo l'abbandoniamo a favore del più sbrigativo sentiero che presto emerge sull'ampio terrazzo panoramico dell'alpe Orlo (m 1165, ore 1). Dal nucleo di baite ben curate si ammirano la bassa val Bodengo, con le laterali destre val Garzelli e val Soè, oltre al lungo solco della val Pilotera. Le dentature rocciose dei pizzi Ledü, Rabbi e Cavregasco richiamano il pizzo di Prata e le cime del Màsino, ponendoci in un privilegiato centro di simmetria. Il sentiero del Benefattore va ad esaurirsi all'alpe Cermine1, mentre noi pianeggiamo tra le baite (O) per entrare in val Pilotera. Seguiamo un tracciato ben tenuto e segnalato che corre a mezza costa dirimpetto a pra l'Oste, alpeggio al di là del profondo e sinuoso corso del torrente. Inizialmente perdiamo quasi cento metri di quota, per accostarci infine al torrente Pilotera. Faggi, larici, abeti bianchi e rossi ci permettono un ripasso di botanica, finché le prepotenti e profumate fioriture del maggiociondolo non monopolizzano nasi e sguardi. È difficile capire se il colpo d'occhio più spettacolare è questo estivo oppure sarà 1 - Vedi: Beno, Attorno al Pizzaccio, Le Montagne Divertenti - n.4 primavera 2008, pag 52. L'anello del lago della Piodella 69 Escursionismo Valchiavenna Il sentiero del Benefattore nei pressi di Orlo (12 luglio 2013, foto Beno). d'autunno, quando i primi freddi incendieranno la vegetazione e sotto i faggi si adagieranno spessi letti di foglie fruscianti. A circa m 1300 un sottile ponte ad arco scavalca il torrente che scende dalla val Pesciadello, proprio sopra una marmitta con acqua color smeraldo. Se la giornata lo richiede si può fare un bagnetto rinfrescante! La val Pilotera ha il suo capolinea superiore qui, al convergere della val Pesciadello e della val Piodella2, a cui stiamo accedendo. 2 - Su molti cartelli è indicato il toponimo "Piodela". 70 Le Montagne Divertenti Giungiamo all'alpe Valle di Sotto (m 1330), dalla quale, ignorato un ponte che serve delle baite, saliamo all'alpe Valle di Sopra (m 1486) attraversando distese di fragoline selvatiche. A questo punto la via diventa ripida e, piegando a dx (N), rimontiamo la sponda sx orografica per vincere il gradone roccioso che interrompe la valle. Usciti dal bosco, oltre un dosso erboso, troviamo un ponte e le indicazioni per l' alpe Piodella3. 3 - Se attraversassimo il ponte giungeremmo alle quattro baite dell'alpe Lavorerio (m 1862), la prima e più grande delle quali è stata trasformata in L'alpe Orlo e il solco della val Pilotera. In fondo a dx il pizzo Piodella (12 luglio 2013, foto Beno). Da qui in avanti i segnavia si fanno più radi e la traccia corre labile tra i pascoli in direzione ONO. All'improvviso ecco i campanacci delle mucche e le baite dell'alpe Piodella (m 2053, ore 2:30). Seduto su un tavolo di sasso c'è il pastore che scruta l'orizzonte col binocolo. Il suo nome è Luciano Mazzina, due profondi occhi azzurri e 70 anni ben portati. Ci fermiamo a fare due parole e bere un caffè. A noi non pare vero bivacco. La struttura è accessibile solo chiedendo le chiavi al comune di Gordona. Autunno 2013 che qualcuno stia ancora quassù; a Luciano, probabilmente, non capita spesso di incontare passanti. Lui è qui con una ventina di capi da carne, alcuni di grossa stazza di razza Limousine4. Piodella è un alpeggio scomodo e remoto a cui però Luciano è molto legato in quanto vi montica il bestiame da quando era bambino. 4 - Mucca originaria del Limousin, regione francese ad ovest del Massiccio Centrale caratterizzata da un clima piuttosto duro con estati calde, inverni rigidi ed abbondanti precipitazioni. È un animale estremamente robusto con grande facilità di acclimatamento. In passato era razza a duplice attitudine, lavoro e carne, ma oggi viene utilizzata solo per quest'ultimo scopo. Le Montagne Divertenti «Fino agli anni '70», ricorda, «salivano all'alpe 7/8 famiglie. Risiedevano tutta l'estate nelle piccole baite, alcune delle quali erano condivise da due famiglie.» «Vedete, in quella lassù in alto ci veniva da bambino don Samuele, ora parroco a Sazzo.» L'alpeggio è grande, misura ben 48 erbate5 di superficie. Luciano ne possiede 17 e mezzo. Il pastore ha recentemente acquistato un rudere poco distante dalla sua 5 - Ogni erbata dà il diritto di caricare una mucca da latte, oppure due manzette di due anni o 4 vitelle di un anno. baita e lo sta ristrutturando: «Almeno quando saliamo possiamo avere un ambiente più dignitoso in cui stare. Siamo rimasti in pochi che curano le montagne, ma non solo non abbiamo premi: addirittura mi è arrivato l'IMU da pagare su quella baita che sto sistemando! Volevo quasi piantar lì tutto.» Come dargli torto! «La conca pascoliva dell'alpe Lavorerio misura invece 33 erbate. 12 appartengono a privati e 21 sono del Comune di Gordona.» Dalla precisione dei dati che ci fornisce capiamo che un tempo queste praterie abbandonate doveL'anello del lago della Piodella 71 Escursionismo vano rivestire una grande importanza e perciò il loro uso era regolamentato con accuratezza. Poi i discorsi cadono sul contrabbando: «Certo che era in voga il sacco quegli anni! Si arrotondava così la vita d'alpe portando in Italia le sigarette. Passavamo per la val Gamba. Per limitare il fenomeno c'era un distaccamento della Guardia di Finanza a Gordona. Il comandante quegli anni era il friulano Galan, scomparso ultranovantenne pochi mesi fa. Qui per lavoro si era innamorato e sposato con una donna del posto, perciò stabilito in Valchiavenna.» «Doveva esser lungo il tragitto dalla Mesolcina per arrivare a Gordona!» «Beh, una agevolazione l'avevamo: un nostro compaesano aveva fatto fortuna aprendo una cava in val Gamba. Ci aiutava trasportandoci con la teleferica i sacchi fino a Montögn e accorciandoci così di molto il viaggio. I panàu6 avevano vari baitelli di sasso che usavano come punti di controllo. Però, ad esempio, dopo che un fulmine aveva colpito e distrutto quello alla bocchetta di Piodella (se ci passate ne trovate ancora i ruderi), non ci stavano più molto volentieri!» Ci congediamo da Luciano dopo aver elencato amici comuni che frequentano la valle ed esserci resi conto che in Valtellina alla fine ci si conosce tutti. Il cammino riprende con un ampio arco verso sx. Di sentieri neppure l'ombra. Pure i bolli sono radi e talvolta scoloriti, ma con rotta a SO mirando al pizzo Gandaiole in breve ci affacciamo al lago della Piodella (m 2202, ore 0:45). Si tratta di uno specchio d'acqua poco profondo, popolato da rane, girini, moschini e zanzare, coi connessi predatori che attendono appostati sulle rive. Luciano ci ha raccontato che da bambino girava sempre scalzo e una volta quassù aveva calpestato una vipera ricevendo in cambio un bel morso. Uno scoglio di forma triangolare emerge dalle acque, attorniato da vari cuscini verdi, mentre sulla riva nord-occidentale si trova una curiosa barchetta azzurra. Il perimetro del Maggiociondolo in fiore e, sotto, la piana dell'alpe Lavorerio (12 luglio 2013, foto Beno). 6 - Soprannome dialettale dei finanzieri. Tuffo nelle verdi pozze del torrente Pesciadello ai piedi del ponte 72 per l'alpeLe Valle di Sotto (12 luglio 2013, Montagne Divertenti foto Beno). Autunno 2013 Le Montagne Divertenti L'anello del lago della Piodella 73 Escursionismo lago è alquanto irregolare, tanto da ricordare una macchia d'inchiostro, o spingendosi con la fantasia, la sagoma di un calamaro con un perimetro di 712 m e una superficie di 12225 m2 che, se il lago fosse stato perfettamente circolare, sarebbe stata di oltre 40000 m2. Alcune nuvole si specchiano nel lago assieme al pizzo di Prata e, inaspettatamente, alle lontanissime cime della val Bregaglia. Percorriamo circa 300 metri in salita in direzione S e guadagniamo lo spratiacque tra la valle Piodella e la valle Strem, determinato dalla dorsale che dal pizzo Gandaiole corre verso E fino al pizzo della Piazza. Poco più in alto, ai m 2119 della bocchetta di Piodella, il sentiero passa in valle Strem e taglia a mezza costa il versante SE del pizzo Gandaiole. Pietraie miste a liste d'erba ci accompagnano (SO) all'ometto di pietra che individua il forcellino di Strem7 (m 2259, ore 0:30), valico che mette in comunicazione l'alta val Gamba con la valle Strem. Siamo sul confine tra Italia e Svizzera, le rocce sono rossiccie. Su una roccia è stata posta una targa di ferro con poesia mistica dedicata al valico. Valchiavenna Mucca Limousine a Piodella (12 luglio 2013, foto Beno). Forcellino di Strem e pizzo Gandaiole (12 luglio 2013, foto Beno). Tracciato per il pizzo Settaggiolo di Dentro (12 luglio 2013, foto Beno). Discesa alla breccia per la punta NE (12 luglio 2013, foto Beno). Passo chiave nella discesa alla sella tra le due cime (12 luglio 2013, foto Beno). variante alpinistica A lzando gli occhi a N si impone il verticale versante occidentale del pizzo Gandaiole, mentre in direzione opposta sono le vaste e vertiginose placconate del versante NO del pizzo Settaggiolo di Dentro, le cui creste separano la val d'Arbola, la val Gamba e la valle di Strem. La montagna ha due vette, NE e SO. Il primato d'altezza viene dato a quest'ultima in seguito ad un bisticcio cartografico, mentre è la punta NE ad essere di poco più alta. Chi volesse appurare la cosa può intraprendere questa esplorazione che richiede all'incirca 3 ore con partenza e arrivo al forcellino di Strem e comporta passaggi su roccia di tipo alpinistico. Dal passo ci teniamo in Italia aggirando sottocresta il repulsivo spuntone del piz Forcletta (m 2428) e un successivo gendarme. Per placche 7 - Su CNS è nominato come forcola de Strem e quotato m 2294. 74 Le Montagne Divertenti Luciano Mazzina, 70 anni, ultimo pastore a Piodella (12 luglio 2013, foto Beno). Il lago della Piodella (12 luglio 2013, foto Beno). Autunno 2013 Le Montagne Divertenti L'anello del lago della Piodella 75 Escursionismo e liste d'erba riguadagniamo lo spartiacque subito dopo. Il paesaggio è molto ampio, il camminamento piuttosto aereo sul ciglio dell'immane placconata. Siamo grossomodo sulla dorsale fino a una netta breccia che la interrompe. Parrebbe invalicabile, ma smontando a sx (SE, II) passiamo e con poco ulteriore sforzo siamo sulla punta SE del pizzo Settaggiolo di Dentro (m 2568). Ci rendiamo subito conto che è la più alta, ma proseguiamo lungo la cresta che, dopo un frangente in piano, s'abbassa di 25 metri ad una breccia. Negli ultimi 5 mentri della discesa c'è il tratto chiave (III+). Un cordino per calate è messo lì per agevolarlo, ma si riesce anche a disarrampicarlo. Segue un fendente molto esposto, quindi la dorsale piega a sx e giunge alla punta SO del pizzo Settaggiolo di Dentro (m 2565, ore 1:45 dal forcellino di Strem, PD). Approfittando dell'agevole canalino di sfasciumi tra le due cime perdiamo quota (ESE), per piegare a sx (NNE) e sempre tra gli sfasciumi tornare al forcellino di Strem (m 2259, ore 1). Valchiavenna La punta NE alla punta SO del pizzo Settaggiolo di Dentro (12 luglio 2013, foto Beno). I nizia a questo punto la discesa, tutt'altro che agevole: il sentiero, infatti, va a perdersi nei pascoli abbandonati e i bolli sono difficili da scovare. Solo la vista di Bodengo nel fondo valle ci è di conforto. Prendiamo come riferimento il solco del torrente che nel lato sx dell'anfiteatro (spalle a monte) incide un marcato vallone8 che corre da NO a SE a ridosso del dirupato versante del pizzo della Piazza. Ci portiamo un centinaio di metri a dx di questo e perdiamo quota fino a trovare i ruderi dell'alpe Gandaiole (m 2078). A SSE, dall'altra parte della conca (dx) si notano le costruzioni dell'alpe Strem (m 1947): lo stallone diroccato e il bivacco approntato nella baita sottostante. Sullo sfondo c'è il possente versante N del pizzo Cavregasco. Senza preoccuparci di calpestare tracce battute, o seguire bolli, raggiungiamo tra erba alta e rododendri l'alpe Strem. Da lì parte un tracciato più curato e leggibile che torna a N, attraversa la val di Strem 8 - Viene indicato come valle Strem su CTR e val di Strem su CNS. 76 Le Montagne Divertenti L'alpe Gandaiole e il pizzo Gandaiole (12 luglio 2013, foto Beno). e, per un bel camminamento che incide il fianco meridionale del pizzo della Piazza, si alza al terrazzo dell'alpe Piazza (m 1668), un insieme di ruderi abbarbicati sotto una possente parete rocciosa. Al limitare inferiore dei prati (sx) c'è un larice bruciato da un fulmine. Il sentiero riparte di lì e si abbassa ripido e tortuoso sul fianco del monte passando attraverso una caratteristica faggeta e infine toccando il fondovalle a circa m 1150 (ore 3), ad 800 metri circa da curt Èrza. Guadato il torrente Bodengo, seguiamo la carrozzabile che percorre tutta la vallata. Poco prima di Bodengo torniamo sulla sx idrografica. Alcune ragazze stanno voltando il fieno. Quindi ecco il campanile pendente e le baite che brulicano di persone. Bodengo è il "capoluogo" della valle. Al di là del torrente vi sono i crotti ed un campetto da pallavolo con molti ragazzi che giocano, mentre seduta davanti a una casa un'anziana signora legge il giornale. Dirimpetto a Bodengo è il solco della val Soè. Continuando verso Gordona, incontriamo Pra Pincée, posto di fronte allo sbocco della val Garzelli. La strada asfaltata ci accompagna lungo nella discesa all'ombra dei castagni. Man mano ci abbassiamo il torrente si inabissa in una profonda forra, rimescolando le sue acque nelle marmitte ai piedi delle numerose cascate. All'altezza di Barzena un alto viadotto, tutt'altro che ben integrato nel contesto naturale, permette di scavalcare la val Pilotera. Se osserviamo bene in basso, lungo il sentiero che divalla da Bedolina, c'è il cosidetto ponte romano, caratteristico ponte in pietra che permette di scavalcare il torrente Boggia senza alcun pilone di cemento armato. Proprio dalla forra sotto questo ponte ha inizio il tratto di canyonig denominato "Bodengo 3", percorso molto impegnativo che porta dopo 7 ore di tuffi e calate alla "spiaggia del Boggia", alle porte di Gordona. Raggiunta la bocca della valle, la carrozzabile piega infine a sx, offrendo ampi scorci sulla Valchiavenna lungo i 650 metri che mancano a ritrovare l'auto (Donadivo, m 737, ore 5). L'alpe di Strem e il pizzo Cavregasco (12 luglio 2013, foto Beno). Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Il traverso che dalla valle Strem porta all'alpe Piazza (12 luglio 2013, foto Beno). Bodengo dalla valle Strem (12 luglio 2013, foto Beno). Tra le baite di Bodengo (12 luglio 2013, foto Beno). L'anello del lago della Piodella 77 Approfondimenti Valchiavenna LGa s t rCa d a d e l B e n e fat to r e da ordona a ermine Sergio Scuffi G iovan Battista Mazzina (18841931), fu uno dei tanti emigranti che lasciò Gordona per cercare fortuna altrove. Dopo le prime esperienze di lavoro come pastorello sugli alpeggi della zona, seguì la famiglia che a Pontresina aveva preso in gestione una trattoria. Ebbe qui inizio la fortunata carriera nel settore alberghiero, cominciando proprio dagli alberghi di St. Moritz, per passare poi a successive esperienze a Berna, Nizza, Cernobbio (nella famosa Villa d’Este) e Londra. Agli inizi del ‘900 l’emigrazione locale era diretta prevalentemente verso la vicina Svizzera, gli Stati Uniti d’America e l’Argentina; contrastando questa tendenza, il Mazzina nel 1905 ottenne un passaporto per l’Egitto, dove per alcuni anni gestì degli alberghi ad Assuan e Luxor. Infine, seguendo le orme di molti gordonesi che negli anni avevano raggiunto quelle lontane terre, si trasferì in Argentina, dove nel 1909 sposò Virginia Biavaschi, figlia di un Bernardino che era colà emigrato nel 1879. Fu in Argentina che la sua fortuna raggiunse il culmine, tanto che nel 1928 l’esperienza maturata nel settore lo portò all’incarico di presidente degli albergatori di Buenos Aires. Fu direttore di diversi importanti alberghi e divenne proprietario del Savoy Hotel; qualcuno affermò che, al momento della sua morte nel 1931, fosse addirittura proprietario di otto alberghi, anche se altre testimonianze e documenti riferiscono che le proprietà fossero solamente una o due. Numero di alberghi a parte, sicuramente accumulò una grande fortuna economica, e per lui lavorarono molti emigranti di Gordona e dei paesi vicini; la sua posizione e la stima di cui godeva anche al di fuori dell’ambito professionale gli fecero inoltre affidare importanti incarichi da parte del governo italiano. L’attaccamento al paese di origine lo portò più volte a fare ritorno in patria, dove sostenne con generosità le più svariate iniziative sociali. Contribuì alla realizzazione del monumento ai caduti di Gordona, all’acquisto 78 Le Montagne Divertenti Lago Campaccio Beno Il sentiero del Benefattore (13 novembre 2009, foto Sergio Scuffi). della campana maggiore della chiesa di Castanedi a Menarola, e ancora alla dotazione di banchi della scuola di Mese, non mancando di sostenere le scuole di Chiavenna, Menarola e, naturalmente, Gordona. Dei suoi contributi beneficiarono molte associazioni locali, civili e religiose. Certamente la realizzazione più significativa, sia per i costi sostenuti, sia per i benefici effetti per la sua gente, fu la mulattiera che da Gordona raggiunge l’alpeggio di Cermine. Mazzina ben si ricordava le immani fatiche che avevano afflitto le passate generazioni, quando occorreva portare tutto sulle spalle fino agli alpeggi. Non appena il consiglio comunale fece propria la sua proposta di contributo, si impegnò a sostenerne direttamente i costi. In un periodo contrassegnato dalla crisi economica (1929-1930), per un costo complessivo di 300000 lire, i lavori diedero tra l’altro occupazione a molti uomini di Gordona. Il geometra Albino Tabacchi, che era stato compagno di scuola del benefattore, stese il progetto e seguì la costruzione; il primo tratto raggiunse Donadivo già nel 1929; l’anno successivo, a settembre, l’opera saliva su fino all’alpe Orlo, per poi proseguire piegando verso destra, ormai in vista della val Pilotera, e vedere il suo completamento presso la cappella di Cermine, dove una lapide asserisce: “Restaurata nel 1930 da Mazzina G. Battista al termine dei lavori della mulattiera Gordona-Cermine”. La mulattiera, che supera un dislivello di quasi mille metri, è oggi in perfetto stato di conservazione, a conferma della cura scrupolosa che ne caratterizzò la costruzione. Vale la pena di rimarcare alcune particolarità dell’opera: larghezza regolare di circa un metro e mezzo; muretti a secco perfettamente eseguiti; pavimentazione costituita da lastre di pietra posate di costa, a formare un selciato robustissimo, con l’inserimento di gradoni, sempre della medesima pietra, posti a distanza regolare uno dall’altro. Il percorso conduce quindi su, attraverso una interminabile serie di tornanti che garantiscono un andamento uniforme del tracciato. Va infine evidenziata l'attenzione posta nella recente realizzazione della carrozzabile che da Donadivo raggiunge gli alpeggi di Orlo e Cermine: i progettisti infatti hanno scelto un tracciato che solo in pochi, inevitabili punti interseca il prezioso manufatto, consegnando quindi a chi ancora percorre questo bell’itinerario un’opera intatta, dove si ha la possibilità di camminare immersi nel silenzio del bosco di faggi, ammirando, man mano si sale, tutta la Valchiavenna. Autunno 2013 Il lago Campaccio nelle cui acque variopinte si specchiano addirizzura Ortles e Gran Zebrù (15 ottobre 2010, foto Giacomo Meneghello www.clickalps.com). Le Montagne Divertenti Lago Campaccio 79 Escursionismo Bellezza Fatica Pericolosità - + [variante alpinistica] Partenza: Monte (m 1620). Itinerario automobilistico: da Bormio prendere la SS38 in direzione Tirano e, prima di entrare in galleria, girare a dx sulla SP28 (2 km). Attraversare Cepina. Usciti dalla frazione girare a dx (ponte, 6.5 km da Bormio) e andare a sx su via Torraccia. Proseguire paralleli al corso dell'Adda fino a località Fontane, dove la strada inizia a salire tortuosa sul fianco della montagna. Si attraversano Santa Maria Maddalena, Vendrello e, dopo 13 km dalla partenza, si giunge a Monte. Possibilità di parcheggio a inizio paese o sul tornante sinistrorso che lo precede. Itinerario sintetico: Monte (m 1620) Campello (m 1813) - alpe Campacciolo (m 2099) lago Campaccio (m 2301) - [variante alpinistica per passo de li Tòrti (m 3022) - pizzo Campaccio (m 3143) - cima di Campello (m 3046) - cima Riacci (m 3009) pizzo Coppetto (m 3066) - lago Campaccio (m 2301)] Alta Valtellina - Monte (m 1620). Tempo previsto: 4 ore per la gita + 6 ore e 30' per la variante alpinistica. Attrezzatura richiesta: da escursionismo. [Se si decidesse di fare la variante alpinistica è bene avere con sé uno spezzone di corda]. Difficoltà/dislivello: 1.5 su 6 / circa 700 m [3+ su 6 e altri 900 m per la variante alpinistica]. Dettagli: E. Percorso su strada e sentieri segnalati. PD la variante alpinistica: tratti esposti, passi su roccia anche friabile fino al II+. Mappe: Cartografia escursionistica della Comunità Montana Valtellina di Tirano - Val Grosina, 1:25000 Kompass n. 72 – Parco Nazionale dello Stelvio, 1:50.000 Nel comune di Valdisotto, poco più a nord della frana della val Pola, si trova la val Campaccio. Qui, a m 2301, adagiato nell'anfiteatro cinto dalla cima Piazzi a N, dal pizzo Campaccio a O e dal pizzo Coppetto a SO riposa il lago Campaccio. Le sue acque vanno dal rosso, al blu, dal verde, all'azzurro, corrugandosi al vento e increspando l'immagine riflessa dei colossi dell'Ortles e del Gran Zebrù. Nelle praterie alpine che lo circondano asini, cavalli, capre, mucche e pecore sono i protagonisti di un quadro bucolico d'altri tempi. La gita che vi proponiamo - adatta ad ogni gamba ed età - ha come obbiettivo la visita al lago, offrendo anche indicazioni per gli alpinisti che volessero raggiungere il passo de li Tòrti, quindi per cresta arrivare al vasto edificio sommitale del pizzo Coppetto, ricoperto da pietraie dall'aspetto lunare. L a nostra passeggiata ha inizio a Monte, caratteristico nucleo rurale abbarbicato a m 1620 nel comune di Valdisotto. Le case sono raccolte su un poggio solivo e panoramico, per il resto occupato da prati sfalciati. I tetti sono principalmente in lamiera, divenuta gradevolmente rossiccia per via dell'ossidazione, mentre gli edifici alternano porzioni in muratura a sezioni in legno scuro. Al centro del nucleo vi è la chiesetta edificata nel 1911 e dedicata alla visitazione della Madonna alla cugina Elisabetta. Nella frazione, che fino agli anni '50 contava un centinaio di abitanti dediti perlopiù alla pastorizia e all'agricoltura (segale), risiedono tutto l'anno ancora due famiglie. Poi, lontano dal gelo dell'inverno, tutte le case tornano ad aprirsi e brulicare di villeggianti e nostalgici. Lasciamo l'auto all'esterno del tornante che precede il borgo e ci incamminiamo lungo la strada. Senza entrare tra le case, pieghiamo a dx per la pista sterrata che prende quota verso occidente. Un pannello escursionistico segna il lago a 1 ora e 57', tempistica forse eccessivamente precisa e stretta. Poco oltre il primo tornante, ignoriamo la pista che sale all'alpe Zandila e, accanto a tre case bianche, prendiamo la ripida mulattiera che sale sulla sx. Questa era la vecchia strada che un tempo veniva percorsa con le gip. La nuova rotabile, chiusa al transito non autorizzato, si svolge invece su pendenze ben più modeste. Saliamo immersi nel bosco con gli scoiattoli che si rincorrono tra i rami. Ripresa la nuova pista, a m 1813 siamo in località Campello, poche case ben tenute, una fontana in sasso e un panorama magnifico. Il capolinea della pista è invece a m 2099 in località Campacciolo, ameno alpeggio ubicato in posizione invidiabile ai piedi del dosso Filetto. I prati vengono tutt'oggi sfalciati e Luigi Bonetti vi spende l'estate con 5/6 capi di bestiame. Appena al di là del solco del torrente Massaniga, si trova invece la più spartana Campaccio. Dalle baite di Campacciolo incomincia il sentiero per il lago Campaccio e per l'omonima valle. Incontriamo presto una radura con tavolo e panche e, all'interno del successivo bosco di larici, attraversiamo il ponticello di legno che ci porta sulla sx idrografica del torrente Massaniga, figlio proprio del lago Campaccio. Gli alberi lasciano il posto ai pascoli aperti. La vista si apre a O sull'alta conca che ospita il lago e da cui siamo ancora separati da un gradino di chiara origine glaciale. Le cime che coronano la valle hanno rocce rossicce e un cordolo di pietraie che le separa dai prati. Poche risvolte ed ecco l'alpe Campaccio, dove un container serve da ricovero ai pastori che nel 1992 si sono visti distruggere la baita da una valanga.1 L'erba di questi alti pascoli è oggi ad uso di cavalli, asini, pecore, capre e pochi bovini, mentre un tempo venivano caricate anche 50/60 mucche. Il lago si trova più in basso a S (sx, ben visibile). Ci arriviamo solo dopo aver fatto amicizia con asini e cavalli, che si rivelano molto domestici. 1 - La baita era appena stata ristrutturata dai locali con il contributo del Comune che aveva pagato il materiale. Pro Sho p d edi cat o 3 Passi Morbegno Piazza Marconi 80 Le Montagne Divertenti Photo by Andrew Burr-Toros Dagrali, Turkay Autunno 2013 Monte (13 agosto 2013, foto Beno). Le Montagne Divertenti Lago Campaccio 81 Escursionismo Giochiamo con gli asini che, premio un paio di biscotti, si lasciano vestire con la fascetta de Le Montagne Divertenti e si prestano a foto scherzose. Siamo sulla riva settentrionale del lago Campaccio (m 2301, ore 2:30), che da qui appare di colore ceruleo. Mi chiedo da dove Giacomo abbia fatto la foto in cui l'acqua sembra rossa e iniziamo a fare il giro della riva. A E, dov'è l'emissario, c'è una pietraia, e da qui il colore è blu. Costeggiato il lungo bordo meridionale, oltre ai ruderi di vecchi ricoveri, c'è una fascia di eriofori e le acque tendono all'azzurro/verde. Ma eccoci sulla sponda occidentale, proprio dov'è l'immissario. Qui una striscia di terra rossiccia penetra nel lago. Il quadro va ora dal rosso fino al blu, passando per il verde e l'azzurro. Nelle acque, inoltre, si specchiano Ortles e Gran Zebrù, pur essendo molto distanti. VARIANTE ALPINISTICA Essendo solo le 14 decidiamo di proseguire nell'esplorazione della val Campaccio, questa volta puntando alle vette. Ci dirigiamo così a SO, oltre i pascoli, su per le gande verso la depressione tra la cima de' Piazzi e la cima di Campello. Non ci sono più sentieri. La vallecola è molto ripida, il fondo è scomodo e faticoso. Al di là del piccolo catino glaciale ai piedi del pizzo Campello, la ganda s'impenna ulteriormente verso la fascia rocciosa che protegge la sella. La attacchiamo sulla dx, per traversare del tutto verso sx (cenge e ripiani, II) fino ad un breve canalecamino che sbuca a pochi metri dal valico, localmente noto come passo de li Tòrti (m 3022, ore 2)2. Il toponimo è legato agli anni del contrabbando, quando questo passaggio era stato attrezzato con corde fatte di rami intrecciati (tòrti, appunto) per agevolare il passaggio dei sacconi. Le merci erano portate per lo più dalla Svizzera, dove costavano meno, all'Italia, passando per la val Verva e la val Viola. Servivano al fabbisogno locale. Anche dall'altra parte del valico si distendono monotone pietraie, ma lo sguardo è subito catturato dal lago Alta Valtellina Maurigno, col suo colore azzurro pastello che lo fa brillare molto più del vicino lago Nero. Si ha una bella vista pure sul gruppo della cima Viola, sulla cresta Sinigaglia, sulla cima de' Piazzi, oltre che sul sasso Maurigno, da qui monotona pietraia, nonchè sulla valle Campaccio appena salita. Prendiamo la cresta di sx e con passi di II su rocce multiformi (passi di II+) ed esposte raggiungiamo il pizzo Campaccio (m 3143). Stiamo calcando contromano le orme di Paolo Ferrario e Olindo Schiavo che il 15 luglio 1912 visitarono tutte le cime dal passo Zandilla al passo de li Tòrti. Insistiamo sulla dorsale, con tratti friabili e talvolta esposti, specie a ridosso di alcuni pinnacoli3 Con 3 - Se si segue fedelmente il filo di cresta si incontrano passi fino al III+. percorso non obbligato, tocchiamo la cima di Campello (m 3046), la cima Riacci (m 3009) e, oltre una breccia sfaciumata, iniziamo a risalire la cresta settentrionale del pizzo Coppetto. La val Grosina e le cime di Redasco attirano gli sguardi, ma offre interesse anche il ghiacciaio di Campaccio, cinto nella conca a N del pizzo Coppetto e oramai ridotto ai minimi termini. Scavalcato il testone Campello (13 agosto 2013, foto Beno). Eriofori al lago Campaccio (13 agosto 2013, foto Beno). L'alpe Campacciolo e, in basso, un asino ci spiega dove andare (13 agosto 2013, foto Beno). Il lago Campaccio e, in basso, le pietraie lunari in cima al Coppetto (13 agosto 2013, foto Beno). Le Montagne Divertenti qualora le mappe non fossero sufficienti, che la frana della val Pola non può essere "scesa dalla pendici del monte Coppetto", come scrissero alcuni giornalisti nel 1987: tra il pizzo Coppetto e la Valtellina ci sono di mezzo il vallone di Cassavrolo, quindi la catena del monte Zandila, vero responsabile della frana. C'è da dire che anche l'articolato Coppetto è un monte piuttosto marcio; suona così strana la notizia che il 29 ottobre 1995 Eraldo Meraldi sia riuscito a tracciarvi una via d'arrampicata su roccia buona. «In seguito ad una delusione amorosa, mi ha raccontato Eraldo, mi ero dedicato alla ricerca di itinerari strani e remoti. La felicità è una cosa semplice, questo è il nome della linea, sale un pilastro interessante che s'inabissa in val Zandila, con passi fino al V.» Dalla quota 3048 la dorsale piega a NE e si snoda tra macereti, torrette e selle, incontrando anche una fascia di roccia chiara con grossi e inusuali crepacci. Il testone di quota m 2898 è il punto nodale tra la cresta del dosso Filetto (NNE) e quella che raggiunge la quota m 27774 (N) . Tra le due si apre una conca detritica coi chiari lobi di quello che probabilmente è o è stato un rock glacier. Prendiamo per la quota m 2777 e da quella spalla smontiamo a dx per uno dei colatoi ripidi che si gettano nella conca. Stando attenti a non lapidarci, siamo nella desolata pietraia. Ci portiamo sulla dx orografica e da lì raggiungiamo l'orlo della ganda, da cui divalliamo per macereti e pascoli. Eccoci nuovamente sulle sponde del lago Campaccio (m 2301, ore 2). Piove e le acque si sono tinte di blu cobalto. Asini e cavalli sono a cercare erbetta fresca dall'altra parte della valle. Facilmente, per la via dell'andata torniamo a Monte (m 1620, ore 1:45) attraversando i vari nuclei di baite che all'imbrunire hanno i camini fumanti. L'odore di resina ardente intride l'aria e accresce la nostalgia nel lasciare questi posti. 2 - È invece indicato come colle di Piazzi sulla maggior parte delle mappe. 82 roccioso dell'anticima NO (m 3040), da cui si origina la dorsale che divide le grosine valle Riacci e valle di Cassavrolo, la cresta piega decisamente a sx e raggiunge la vetta maggiore del pizzo Coppetto (m 3066, ore 2:30). Toccata l'anticima SE (m 3060), calpestiamo una pietraia dall'aspetto lunare che ci accompagna fino alla quota m 3048. È bastata questa breve panoramica per convincerci, 4 - Vista dal lago Campaccio, la cresta termina con una ardita e bifida torre rocciosa. Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Lago Campaccio 83 Escursionismo Il sentiero dei Cervi Luciano Bruseghini Tremogge, Malenco e Sassa d'Entova specchiati nel Lagazzuolo (21 ottobre 2012, foto Luciano Bruseghini). 84 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Il sentiero dei Cervi 85 Escursionismo Bellezza Partenza: Primolo, parcheggio del campo di calcio (m 1350). Itinerario Fatica Pericolosità Valmalenco automobilistico: da Sondrio si prende la SP15 per la Valmalenco. Dopo aver attraversato il Mallero nei pressi di Torre di Santa Maria, si torna sulla dx idrografica grazie al ponte al termine del paese e per quella strada si raggiunge Chiesa in Valmalenco (12 km). A inizio paese, nei pressi della pizzeria Il Vulcano e di fronte alla bottega di Sivio Gaggi (scultore di pietra ollare), si prende la stradella sulla sx (via Sampietro), quindi si attraversa località Sasso e ci si ricongiunge a via Ezio Vanoni su un tornante destrorso. La si segue in salita. Al successivo tornate c'è il cartello per Primolo e nessun altro bivio dove perdersi. Entrati in Primolo (3 km) si prende la prima strada sulla sx che sale. Sopra il campo di calcio c'è ampia possibilità di parcheggio. Itinerario sintetico: Primolo, parcheggio del campo di calcio (m 1350) - Pradaccio (m 1733) - alpe Braccia (m 1864) - alpe Girosso superiore (m 2161) Lagazzuolo (m 1990) - alpe Girosso inferiore (m 1780) - alpe Zocca (m 1435) - Primolo. Tempo previsto: 6 ore. Attrezzatura richiesta: da escursionismo. Difficoltà/dislivello: 2 su 6 / 1000 m. Dettagli: EE.Tracciato per escursionisti esperti su sentieri ben segnalati. Mappe consigliate: Carta Escursionistica Valmalenco, 1:30000; Kompass n. 93, Bernina, 1:50000; In Valmalenco il sentiero dei Cervi è un tracciato molto noto, ma sfruttato da pochi, forse perché ritenuto troppo impegnativo. In realtà è una gita non particolarmente ardua e ben segnalata che si sviluppa tra gli alpeggi di Pradaccio e Lagazzuolo, nel comune di Chiesa Valmalenco, e attraversa tutto il fianco orientale del corno di Braccia. Deve il nome all’ambiente naturale: boschi di larici e pascoli d’alta quota, adatti alla vita degli ungulati, anche se è raro avvistarli. Le probabilità maggiori si hanno al mattino presto o verso l’imbrunire. Più facile invece è scorgere le tracce del loro passaggio, quali escrementi e spiazzi erbosi compressi dagli animali durante il riposo. La specie che più facilmente si può incontrare è il camoscio, che solitamente occupa le pietraie sopra il Lagazzuolo. Si parte e si arriva a Primolo (m 1250), graziosissima frazione di Chiesa in Valmalenco, da cui si gode un ampio panorama su quasi tutta la valle del Mallero. Qui si trova il santuario della Madonna delle Grazie, edificato fra la fine del Seicento e la seconda metà del Settecento, molto amato dagli abitanti di Chiesa che vi celebrano la stragrande maggioranza di matrimoni del paese. Nel santuario, la settecentesca statua lignea della Madonna che regge il Bambino è circondata da numerosi ex-voto, donati dai fedeli riconoscenti per i suoi interventi miracolosi. Si dice che fra le grazie elargite dalla Madonna vi sia anche quella di far trovare uno sposo alle ragazze che più faticano a maritarsi, purché con fede e devozione grattino il vetro che custodisce la statua. Se qualcuna avesse problemi di questo genere, può cercarne soluzione prima di iniziare il trekking! Lasciata l’automobile nell’ampio parcheggio nei pressi del campo di calcio (m 1350), imbocchiamo la strada sterrata che procede nel bosco (S). Dopo poco sulla dx un cartello indica il sentiero diretto per l’alpe 86 Le Montagne Divertenti Sfalcio a Pradaccio (23 giugno 2013, foto Bruseghini). Scorci dal sentiero dei Cervi (23 giugno 2013, foto Bruseghini). Autunno 2013 Braccia. Sarebbe un’ottima scorciatoia per il nostro periplo, se non fosse per le proibitive pendenze da affrontare, piegati della fatica e con la lingua a penzoloni! Meglio proseguire lungo la strada fino allo spiazzo dove termina la carrareccia. Davanti a noi si parano due pannelli segnaletici: quello di sx con cinque frecce che avviano a molteplici destinazioni, mentre quello di dx si erge solitario e orienta alla via breve per l’alpe Pradaccio. Optiamo per quest’ultimo e pianeggiamo fino al ruscello. Oltre il guado il sentiero comincia a salire con diversi tornanti all’interno di un bosco di larici sghembi e contorti che si ergono tra i rododendri. A m 1600 ca., la traccia spiana ed entra in val Sassersa, una delle principali laterali della Valmalenco. Fiancheggiamo l’alpe Prato, con le sue verdi pasture e, dopo la presa dell’acquedotto, raggiungiamo gli erbosi pascoli e le baite dell’alpe Pradaccio (Pradasc', m 1733, ore 1:15, 2,5 km). A O una vasta pietraia di rocce rosse (Sassersa = "sassi arsi") conduce prima ai laghetti di Sassersa e poi al passo Ventina. Noi invece, dopo esserci dissetati con la fresca acqua che sgorga dalla fontana di legno istallata dai custodi di questa splendida natura, pieghiamo decisamente verso dx (NE). Guadagniamo subito quota attraversando diagonalmente una ganda e risalendo un abbordabile costone roccioso. Poi il sentiero s'addolcisce e riattraversa la vallecola già incontrata più in basso. Questo canalone è detto Rovinaio e il toponimo giustamente rimanda ai pericoli che ne possono derivare. Guardando verso il basso, infatti, si scorgono i sensori per le valanghe. Si tratta di tre apparecchiature appese come “salami” ad un cavo che sovrasta la gola: in caso di movimento nevoso, essi registrano lo spostamento d’aria e allarmano la centrale operativa dell’ARPA che attiva un semaforo lungo la strada tra Chiesa a Primolo. Nonostante la grande quantità di paravalanghe installati in quota, accompagnati da un muraglione ciclopico che permette di imbrigliare un’enorme quantità di neve, molto spesso capita che dai ripidi fianchi del monte di Primolo scendano a valle grandi slavine che arrivano addirittura fino all’abitato di Chiesa! FortuLe Montagne Divertenti natamente nei mesi estivi ed autunnali non vi è pericolo, quindi attraversiamo senza problemi. Dopo un altro breve tratto nel bosco, tagliamo una seconda valletta, anch'essa colatoio di lingue nevose. Da qui si vedono tutti i paesi della Valmalenco e le vette che racchiudono la val Lanterna ad E: tra queste spicca la solitaria piramide del pizzo Scalino. Rientrati all’ombra degli alberi, il sentiero perde una cinquantina di metri, fino ad una zona pianeggiante: siamo all’alpe Braccia (m 1864, ore 1, 1,8 km)1, abbandonata ormai da parecchi anni. Un tempo qui venivano gli alpeggiatori del Pirlo, ma ora il bosco ha ripreso possesso del territorio: lo si comprende bene guardando il grande larice che è cresciuto all’interno dei muri perimetrali di una baita diroccata. Dei tempi passati resta solamente il rudere di una casetta2 addossata ad una parete rocciosa, al riparo di eventuali valanghe. Riprendiamo il cammino. La vegetazione si dirada e libera la visuale sulle cime che sovrastano San Giuseppe: Tremogge, Malenco, Entova e Sasso Nero. Ed eccoci alla val Fürääs: sembra più 1 - Se alla partenza avessimo scelto il sentiero diretto saremmo arrivati qui impiegando circa un’ora e mezza. 2 - Localmente conosciuta come Casùn nööf (casa nuova) o cà del Tello, probabilmente dal nome dell’antico proprietario. innocua delle precedenti, ma in realtà fa da scivolo ad enormi quantità nevose, anche perché non essendo sulla traiettoria di centri abitati non è stata dotata di paravalanghe. Il sentiero sale leggermente fino a raggiungere una sporgenza rocciosa conosciuta come il Sas del Giuèl (m 1963, ore 2:45, 0,6 km). Il nome deriva dalla zona ben visibile del Giovello che si trova circa seicento metri più in basso sulla dx idrografica del Mallero. Lì un tempo c'erano le miniere di serpentinoscisto3. Oggi invece questo materiale viene estratto industrialmente sulla sponda opposta del torrente in località Sasso Corvi, dove si trova una grande cava a cielo aperto, una ferita nella montagna evidente anche da quassù. Ecco un bivio: a dx il tracciato si abbassa fino all’alpe Girosso Inferiore, prendendo invece a sx si passa per l’alpe Girosso Superiore4. Preso a sx, passiamo sotto un grosso larice caduto (non credo che nessuno verrà fin quassù a rimuoverlo!) e dopo una breve salita usciamo dal bosco ed entriamo in un ampio vallone. Prose3 - L'attività mineraria al Giovello fu definitivamente abbandonata nel 1987, quando anche l'ultima delle compagnie, quella di Gianfranco Olivo, cessò l'attività nel suo cantiere di Zòt Ciàta. 4 -Entrambi i sentieri poi si ricollegano al Lagazzuolo, quindi è possibile percorrerli indifferentemente. Il sentiero dei Cervi 87 Escursionismo Valmalenco guendo verso N e inerpicandoci per pascoli d’alta quota, pietraie e qualche residua lingua di neve, attraversiamo completamente l’erto pendio che nel periodo invernale scarica molte valanghe. Lo sguardo viene catturato, oltre che dall’imponente cuspide pietrosa del corno di Braccia, anche da una struttura rocciosa chiara, molto particolare: si tratta di esigue guglie che sembrano delle dita e localmente vengon dette Punzèléni. Queste formazioni costituiscono la bocchetta di Girosso. Difficili da scorgere sono invece le baite dell’alpe Girosso Superiore, ormai ridotte a mucchi di pietra. Date le piccole dimensioni venivano chiamate i Casìni (m 2161, ore 0:45, 1,5 km) e furono utilizzate fino alla metà degli anni sessanta dagli alpeggiatori che caricavano anche Girosso Inferiore. La bocchetta di Girosso, che sovrasta l’alpeggio, ed il versante opposto che guarda il Lagazzuolo sono percorribili, ma privi di tracce e segnaletica. Il sentiero taglia diagonalmente un ripido costone erboso ed esce dalla val Girosso. Puntando verso N, senza perdere troppa quota, superiamo due posto in un luogo da favola, circondato da un profumatissimo bosco di larici; nelle sue acque si specchiano le vette circostanti, offrendo scenari differenti a seconda della postazione da cui si osserva. Una cinquantina di metri in basso, distesa su verdi pascoli, sorge l’alpe Lagazzuolo. Molto utilizzata un tempo, è ora abbandonata come la maggior parte degli alpeggi della vallata. Oggi fortunatamente rivive, grazie al gruppo degli Alpini di Chiesa, che ha ristrutturato due grandi baite, trasformandole in bivacco alpino. Esse offrono possibilità di rifugio e ristoro piccoli avvallamenti ed incappiamo nel crinale roccioso che delimita la valle Orsera. Da qui si ha una bellissima visuale sulle acque verdi smeraldo del Lagazzuolo, adagiato un centinaio di metri più in basso. Il sentiero perde quota rapidamente, serpeggiando accanto alla parete rocciosa. Attraversata un'ultima breve pietraia ci affacciamo alle sponde del Lagazzuolo (m 2003, ore 0:30, 1,1 km). Alimentato dall’acqua che defluisce dalla soprastante selvaggia vallata (esiste ancora traccia di un piccolo ghiacciaio), è una delle perle della Valmalenco, Monte Disgrazia (3678) Corno di Braccia (2908) in caso di maltempo o qualora si decidesse di spezzare la gita in due giorni5. Per la discesa esistono due possibilità: tuffarsi lungo il sentiero che punta direttamente a San Giuseppe, oppure imboccare la traccia che divalla passando per gli alpeggi di Girosso Inferiore e Zocca. Optiamo per 5 - Per accedervi occorre ritirare la chiavi presso uno dei gestori: Pietro Schenatti (tel. 0342 452135, cell. 340 7764161) e Fausto Pedrotti (tel. 0342 452576, cell. 349 5089697). La struttura dispone di 8 posti letti (più alcuni materassi in un soppalco), tre tavoli con panche e sedie, fornello con bombola, lavandino, stufa economica, camino, alcuni armadietti con stoviglie e vettovaglie, luce elettrica da pannello solare. Pizzo Ventina (3261) Punta Baroni (3205) Monte Sissone (3327) Cima di Vazzeda (3301) Cima di Rosso (3366) Lagüsc I Casìni (Girosso Sup.) Lago di Chiesa 6 - Qui si perviene direttamente se al bivio del “Sas del Giuel” si sceglie il sentiero basso. a er rs lO Va Bocchetta di Girosso quest’ultima soluzione e dalle baite dell’alpe seguiamo la pista, in direzione SE, che si immerge dolcemente tra gli alberi per poi inerpicarsi fino ad un intaglio tra le rocce. Si scollina, prima con un traverso, poi dentro un bosco impervio, su traccia non sempre visibile a causa della fitta vegetazione, ma comunque ben segnalata da bolli bianchi e rossi, fino a sbucare negli ampi pascoli dell’alpe Girosso Inferiore (m 1780, ore 0:45, 1,7 km)6. Essendo i prati abbandonati da Sas Giuèl Lagazzuolo Alpe Braccia Braciascia Va lF ur às Girosso Inferiore Primolo Alpe Zocca San Giuseppe Sabbionaccio Pra de la Luna Barchi Braciascia 88 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Il sentiero dei Cervi corre sulle pendici del corno di- Braccia. Ripresa effettuata dall'alpe Sasso Nero (20 luglio 2013, foto Luciano Bruseghini). Il sentiero dei Cervi 89 Escursionismo Valmalenco parecchio tempo, la pista non è più visibile. Consiglio quindi di seguire il muretto di sassi che taglia l’alpe in direzione SE-NO. Oltre le baite più basse ritroviamo sia la traccia, sia i bolli. Senza sporgersi troppo si può anche spiar giù dallo strapiombo che delimita la parte orientale dell’alpeggio (vietato ai deboli di cuore!). Ripreso il cammino, scendiamo per una valletta incassata fra le rocce. Usciti dall’imbuto, un traverso verso sx e le successive risvolte nel fitto bosco prima di aghifoglie, poi di betulle, regalano l’alpe Zocca (m 1435, ore 0:30, 1 km). Purtroppo anche questa è malinconicamente disertata, nonostante sia abbastanza vicina alla civiltà: la strada è infatti a soli 400 metri in linea d'aria, oltre la profonda forra del Mallero. Ci sono parecchie baite diroccate e poche che resistono stoicamente al passare degli anni e delle intemperie nell’attesa che qualcuno voglia rianimarle e approfittare del buon foraggio che fornisce l’ampio pascolo. Il sentiero s'abbassa verso SE fino a connettersi con l’ampia mulattiera che collega Primolo con San Giuseppe. I Casìni e la bocchetta di Girosso (10 settembre 2007, foto Felice Battaglia). Rifugio all'alpe Lagazzuolo, punta Rosalba e cima del Duca (16 luglio 2010, foto Bruseghini). La Zocca (17 febbraio 2013, foto Beno). 90 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Il sentiero dei Cervi 91 Escursionismo Nei secoli scorsi questa via era molto importante: si tratta della strada del Muretto, antichissimo itinerario che, attraverso la Valmalenco, permetteva i commerci tra Sondrio e l'Engadina. Lungo questo percorso sono transitate migliaia di persone, tra cui anche gli invasori che venivano dal nord, e tonnellate di merci, in primis vino e piode. Seguendo il tracciato in direzione S (dx), ammiriamo una ridente cascata: l’acqua bianca risalta particolarmente sul fondo scuro delle rocce di serpentino. Subito dopo c'è un bivio: a sx il sentiero scende alle vecchie cave del Giovello e poi alla strada asfaltata che collega Chiesa a San Giuseppe, mentre noi prendiamo a dx con pendenze moderate fino a Primolo. Attraversiamo la parte bassa della val Fürääs, dove le piante sono piegate, se non addirittura tranciate, dalle valanghe. Ad inizio estate solitamente si è costretti a calpestare i resti del vendül e non è raro trovare anche nei mesi più caldi residui di neve appena sotto il sentiero. Costeggiata dall’alto una vecchia zona di estrazione, entriamo nella bella pineta di Primolo e raggiungiamo lo Chalet, una struttura turistica con bar, campi da tennis e giochi per bambini. Qui lasciamo l’ampio sentiero che si abbassa verso il centro della frazione e prendiamo a dx la traccia in leggera salita che permette di rimontare un piccolo dosso e di approdare al parcheggio, concludendo così l’anello (m 1350, ore 1, 1,8 km). La pineta di Primolo (14 ottobre 2012, foto Beno). 92 Le Montagne Divertenti Valmalenco Iuniversiti Giròss munt Appunti di una bella chiacchierata con Livio Sem (detto “Murétu”), classe 1928, di Chiesa Valmalenco. Lui e la sua famiglia (genitori, 3 fratelli e 2 sorelle) hanno caricato le alpi Zocca e Girosso Inferiore fino alla metà degli anni sessanta, quando vennero abbandonate completamente. L’alpe Girosso Superiore ai tempi era chiamata Caśìni, in riferimento alle tre piccole baitelle che la componevano. Essendo ad una quota elevata (m 2180), il terreno non era molto fertile, per cui veniva sfruttata solamente per pochi giorni estivi. Lui e la sua famiglia preferivano non pernottare ai Caśìni, ma andare e tornare in giornata da Girosso Inferiore. Le mucche venivano fatte pascolare un giorno a Girosso, il seguente ai Caśìni e il terzo nei magri prati della località Vündülasc, tra Girosso Inferiore e il Lagazzuolo. La zona degli alpeggi di Girosso, Zocca, Vündülasc e Caśìni era di proprietà privata, mentre la confinante alpe Lagazzuolo era comunale. Ogni tanto capitava che le mucche sconfinassero nei pascoli dei vicini, allora venivano scacciate malamente perché ogni ciuffo d’erba era prezioso nella magra economia dei tempi. Ogni famiglia in quella zona poteva monticare al massimo sei mucche, altrimenti l’erba non sarebbe bastata per tutti. In aggiunta avevano un maiale e qualche capra o pecora che lasciavano libere: le rincasavano solamente nei mesi invernali. Parte dei prati dell'alpe Girosso Inferiore era destinata al consumo diretto del bestiame, parte veniva sfalciata due volte l’anno. Un’ulteriore scorta di fieno era tagliata nei luoghi impervi, dove gli animali non si potevano arrampicare. Severo, il padre di Livio, recuperava il fieno selvatico addirittura sotto lo strapiombo roccioso di Girosso Inferiore. Alla fine di agosto il bestiame veniva trasferito all’alpe Zocca per una ventina di giorni, poi risaliva a Girosso per consumare il fieno prodotto durante l’estate. Per fare fecondare le mucche andavano fino all’alpe Entova, distante diverse ore di cammino: era la località più vicina dove c’era un toro. C'era una quota fissa che dava tre possibilità di monta; se la mucca non si ingravidava bisognava scucire altro denaro! Dopo pochi giorni dalla sua nascita a Chiesa, Livio era già all’alpe Girosso con la mamma Enrica, il papà Severo e i fratelli maggiori. La sua famiglia e le altre cinque che caricavano gli alpeggi privati di Zocca e Girosso trascorrevano da aprile alla metà di giugno alla Zocca, poi fino alla fine di agosto a Girosso. Il restante periodo dell’anno lo passavano tra i Prä de la Lüna all’alpeggio della Braciascia (dove prendevano in affitto e lavoravano i pascoli di altri) e i Barchi, sopra San Giuseppe. Solo a gennaio scendevano a Chiesa: Livio ricorda infatti di aver sempre festeggiato il Natale in alpeggio! Durante il periodo scolastico, scendeva a piedi ogni mattina dagli alpeggi fino in paese e, terminate le lezioni, risaliva con qualsiasi condizione atmosferica. Durante il tragitto camminava scalzo per risparmiare i pedù, che dovevano durare il più a lungo possibile. Mi racconta un aneddoto simpatico. Lui avrà avuto all’incirca sei anni e sua sorella maggiore, Anna, nove. Ogni giorno la madre dava loro un po’ di polenta e un pezzettino di formaggio per il pranzo, da consumare prima del rientro dopo le lezioni scolastiche. Per accompagnare il magro pasto andavano nella cantina del padre a Chiesa e spillavano un bicchierino di vino dalla botticella di cinquanta litri. Per nascondere il misfatto, aggiungevano acqua. Il tutto filò liscio finché nel mese di gennaio la famiglia era a Chiesa per trascorrervi il mese più freddo: il padre sorseggiando un bicchiere del prezioso vino si accorse subito che era annacquato. Livio, spaventato e temendo la reprimenda del genitore, incolpò la sorella nel tentativo di evitare l’ira paterna! Se la cavarono con una solenne sgridata. L’alpe Zocca era un posto assai ricco di funghi, ma a nessuno in famiglia piacevano, così venivano presi a calci per divertimento. Solamente quando iniziò il turismo estivo, nei primi anni cinquanta, iniziarono a raccoglierli e a venderli per pochi centesimi ai villegAutunno 2013 gianti di passaggio. A quei tempi le famiglie erano molto numerose. A Girosso scorazzavano almeno una ventina di bambini con cui Livio trascorreva le serate, mentre di giorno bisognava custodire le bestie al pascolo. Il divertimento preferito era il gioco della ciùna (simile al golf e praticato con un bastone di legno ricurvo con cui si colpivano i sassi). Si giocava anche alle biglie: quelle colorate (rigogli) date in omaggio con alcune bibite, valevano 3 o 4 volte quelle di semplice vetro. Altro passatempo erano le carte, con cui Livio ama ancora oggi giocare, sia con la moglie, che con gli amici. Quando era a pascolare le mucche ai Caśìni, si annoiava parecchio, così spesso e volentieri abbandonava le bestie per dedicarsi alla raccolta di erbe e fiori. «Alla fine erano le mucche a badare ai pastorelli e non viceversa!», afferma con ironia. Spesso attraversava il passo di Girosso (Punzèléni) e percorreva la pietraia sopra il Lagazzuolo fino alle pendici del monte Ceresuncolo per cogliere le stelle alpine. Un giorno era in quella zona con un suo cugino e per gioco facevano rotolare a valle delle grosse pietre: una di queste lo colpì ad una gamba causandogli una profonda ferita. Noncurante del possibile pericolo di infezione, avvolse la camicia attorno al taglio e proseguì nella raccolta dei fiori. Alla sera, quando rincasò, dopo aver sentito il “Credo” dalla madre Enrica, venne medicato con dell’alcool, unico rimedio presente in alpeggio. Fortunatamente nei giorni seguenti una donna al servizio del signorotto a cui affittavano la casa a Chiesa passò da Girosso per approvvigionarsi di latte e vide la brutta ferita di Livio. Riferì tutto al proprio padrone che salì immediatamente in alpeggio con una medicina miracolosa. Livio, nonostante siano passati quasi ottant’anni, ricorda ancora il nome: “unguento Bortolotto”. Era veramente miracoloso, perché la ferita guarì in pochi giorni, anche se la cicatrice è ben visibile ancora oggi! Durante la Seconda Guerra Mondiale, insieme ad altre persone di Chiesa, si recava spesso in Svizzera, attraverso il passo del Muretto, per acquistare beni di prima necessità da vendere in Valmalenco. Dall’Italia portava oltre confine sacchi di riso e Le Montagne Divertenti Livio Sem, detto Murétu, classe 1928 (23 giugno 2013, foto Bruseghini). Assieme ai fratelli e coi genitori Severo Sem (1887-1956) e Enrica Cabello (1891 - 1946), viveva da giugno a fine agosto all'alpe Girosso. Alpe Girosso Inferiore (5 febbraio 2013, foto Beno). molte volte rientrava carico di sale, sia per consumo umano, sia per gli animali. Livio declama anche la propria carriera scolastica: le elementari a Chiesa (tutti ripetevano la terza, lui per essere diverso, ripeté la seconda), medie e superiori all’alpe Zocca, poi studi universitari a Girosso: «Iuniversiti Giross Munt», così afferma ridendo! Trascorse tutta la sua infanzia tra gli alpeggi sopra San Giuseppe fino alla maggiore età, anche se da quando aveva quattordici anni, nei mesi estivi, seguiva il padre a montare le piode sui tetti in giro per la Lombardia. Il suo primo cantiere fu ai Piani dei Resinelli nella villa del signor Fiocchi, proprietario dell’omonima ditta di esplosivi. Raggiunta la maggiore età ha prose- guito con questo mestiere fino alla pensione. Nel 1955 ha sposato la signora Anna, originaria di Mubiallo vicino a Menaggio, conosciuta mentre era di stanza a Como per ricoprire di tegole il tetto del Duomo. Da quando sono stati abbandonati gli alpeggi di Zocca e Girosso, è salito quasi tutte le estati per una passeggiata di una giornata, l’ultima volta ad 81 anni suonati! Amava sostare nei pressi della baita di famiglia, posta sopra la croce che domina l’alpeggio, ricordando le belle giornate trascorse in gioventù. Unico rimpianto: non essere mai riuscito a portare la moglie a Girosso: «Si è sempre fermata alla Zocca, temendo la ripida vallettina che conduce all’alpeggio superiore.» Il sentiero dei Cervi 93 Rubriche Viaggi nel mondo Islanda landið elds og ísa Testi e foto Andrea Toffaletti Attraversando la regione dei fiordi occidentali, la strada nazionale n°60, supera passi e vallate. Qui, nebbia bassa proveniente dall'oceano (dx) avvolge parte della "città" di þingeyri (14 giugno 2013). Elds og ísa, fuoco e ghiaccio. Basterebbero queste parole per identificare una terra magica, ricca di paesaggi unici ed estremamente differenti tra loro: il luogo dove convivono fuoco e ghiaccio, cascate e distese desertiche. L’Islanda. 94 Le Montagne Divertenti Con i suoi oltre 102000 km2 (un terzo della superficie italiana), l’Islanda sorge sulla dorsale medio-atlantica ed è situata a cavallo della placca tettonica euroasiatica a est e americana a ovest. Questa sua peculiarità geologica fa sì che l’isola, oltre ad essere una terra ricca di vulcani e zone geologicamente molto attive, sia uno dei rari luoghi del nostro pianeta dove è possibile osservare la nascita di nuova crosta terrestre, Tre vedute di Reykjavík: in alto la Hallgrímskirkja, sotto la regolare e colorata sequela di abitazioni della capitale, qui la futuristica struttura dell'Harpa, nuovo palazzo della musica terminato nel 2011 (14 agosto 2012). un fenomeno che solitamente avviene sul fondo degli oceani. La linea di frattura si estende con andamento sud ovest - nord est dalla penisola di Reykjanes a sud-ovest di Reykjavík fino alla zona del Lago Mývatn e oltre nelle regioni nord-orientali del paese. In questa fascia sono concentrate le aree geotermiche principali e i vulcani attualmente più attivi. Gran parte di essi giace al di sotto di grandi caAutunno 2013 lotte glaciali (Vatnajökull, Hofsjökull, Langjökull, Mýrdalsjökull) che coprono oltre l’11% della superficie islandese; sovente, durante le eruzioni, il magma fonde il ghiaccio sovrastante generando rotte glaciali denominate jökulhlaup, che sono la causa di devastanti alluvioni. Il Vatnajökull è la più estesa calotta glaciale islandese e, con i suoi oltre 8000 km2 di superficie, è la quarta masLe Montagne Divertenti sa glaciale della Terra. Da essa si dipartono varie lingue glaciali che raggiungono in taluni casi il livello del mare, come la celebre Jökulsárlón, una laguna glaciale dove è possibile ammirare una processione di iceberg diretti verso il mare aperto che si originano dal ghiacciaio stesso. Le parti più esterne dell’isola (la regione del Vestfirðir, i fiordi occidentali, e Austurland, le terre dell’est), sono an- che le aree geologicamente più antiche essendosi formate lungo la frattura tra i 7 e i 17 milioni di anni fa e allontanatesi progressivamente da essa al ritmo di circa 2 cm all’anno. Con una popolazione di circa 320.000 abitanti, l’Islanda è la nazione meno popolata e con la più bassa densità di popolazione d’Europa. Se si escludono la capitale Reykjavík, che con i suoi 130.000 abitanti rappreIslanda 95 Rubriche Viaggi nel mondo senta oltre il 40% della popolazione islandese, e qualche altra cittadina, il resto della popolazione vive in piccoli villaggi di qualche centinaio di persone o in isolate fattorie. Caratteristica di ogni comunità islandese è la presenza di una piscina d’acqua calda geotermale in ogni paese, che è anche il luogo di aggregazione preferito dagli islandesi. Non è tuttavia raro imbattersi in sorgenti d’acqua calda naturale (heitur pot‑ tur) nel bel mezzo di una vallata isolata o accanto a vecchie colate laviche, dove è possibile passare qualche ora di relax con gli amici. Il centro dell’isola è caratterizzato da una sorta di deserto causato del calore geotermico, dall’attività vulcanica e dalla conseguente povertà dei suoli, dove i campi di lava si alternano a vaste distese prive di vegetazione; queste si concentrano solo lungo i corsi d’acqua, dove regalano vere e proprie esplosioni di colore in un ambiente, altrimenti, uniformemente desolato. Un’altra caratteristica tipica dell’Islanda è la quasi totale mancanza di alberi di medio e alto fusto. Se si escludono infatti i centri urbani e alcuni tentativi di rimboschimento qua e là, la vegetazione arborea è limitata ad alcune specie nane, come le betulle. A conferma di ciò, un detto islandese recita: “se ti perdi in un bosco islandese, niente paura: alzati in piedi!”. Reykjavík, di contro, è una città molto vivace con una vita notturna che nulla ha da invidiare alle altre capitali europee ma che non offre al visitatore grandi attrattive ad eccezione della grande chiesa Hallgrímskirkja, del Museo Nazionale Islandese e del bizzarro Museo Fallologico Islandese. È tuttavia piacevole passeggiare lungo le vie della zona centrale, sul lungomare o nei parchi cittadini oltre a frequentare i suoi animati locali. I viaggi che ho effettuato nell’agosto 2012 e nel giugno 2013, mi hanno permesso di visitare buona parte dell’isola e i suoi vari ambienti. Durante il primo viaggio, effettuato con un’agenzia specializzata, ho visitato la parte centroorientale dell’isola: un viaggio di oltre 2.000 km in 4x4 tra colate laviche, guadi e regioni totalmente selvagge e disabitate. La prima parte del viaggio si è svolta lungo il percorso turistico chiamato "Golden Circle" che consente di visitare, a poca distanza dalla capitale Reykjavík, località come Geysir, impor- tante zona geotermale con vari geyser attivi, come il celebre Strokkur che con regolarità lancia il suo getto di acqua bollente a notevole altezza. Sempre nella zona è possibile osservare alcune tra le più belle cascate islandesi: Gullfoss, Seljalandsfoss e Skogafoss. Uscendo dal circuito maggiormente turistico il nostro viaggio è proseguito nella fiabesca Goðaland, la "valle degli Dei", ai piedi dei massicci montuosi del Mýrdalsjökull e dell’Eyafjallajökull reso celebre per aver causato il blocco dei voli aerei in Europa nell’aprile del 2010 a causa di un’improvvisa eruzione. Dopo aver montato il campo nei pressi della località di Þórsmörk1 abbiamo risalito verdi vallate costituite 1 - La lettera “Þ” in islandese ha la stessa pronuncia del “th” inglese di “the”; mentre la lettera “ð” ha come pronuncia “them”; da antiche colate laviche fino ai crateri sommitali del vulcano; da qui, grazie ad un cielo incredibilmente sereno, abbiamo goduto di un panorama a 360° sulle montagne, vallate e ghiacciai circostanti. Il viaggio è proseguito poi lungo la costa meridionale islandese. Qui il paesaggio è dominato dalla calotta glaciale del Vatnajökull, l'enorme calotta glaciale islandese di cui già si è detto, e dalle sue molte lingue glaciali che arrivano a poca distanza dal mare. Altra caratteristica tipica di questa zona d’Islanda sono i cosiddetti Sandur, vaste zone alluvionali formatesi in seguito alle rotte glaciali provocate da eruzioni sub-glaciali. Il Parco Nazionale Skaftafell, situato tra i paesi di Kirkjubæjarklaustur e Höfn, è un luogo molto particolare: un La maestosa cascata di Skogarfoss nella regone meridionale (4 agosto 2012). Il bacino di un enorme gayser (2 agosto 2012). 96 Le Montagne Divertenti sentiero ben segnalato attraversa il più antico bosco islandese, costituito da betulle nane e, passando accanto alla celebre Svartifoss, una cascata incastonata tra pilastri di basalto colonnare, giunge fino a un bel punto panoramico dove è possibile ammirare l’enorme colata glaciale dello Skaftafeljökull, lunga oltre 10 km. Poco oltre si trova uno dei luoghi più affascinanti (e fotografati) dell’isola: Jökulsárlón, una laguna formatasi a causa del ritiro di una delle lingue glaciali del Vatnajökull negli anni ‘30: iceberg di ogni forma e dimensione si originano dal ghiacciaio con sommessi boati, udibili anche a chilometri di distanza e guadagnano il mare aperto attraverso uno stretto canale dove non è raro imbattersi in curiose foche che fanno capolino tra le onde. Qui ho avuto la fortuna di cam- La lingua glaciale del Skaftafeljökull in fase di evidente regresso (5 agosto 2012). Il promontorio di Dyrhólaey si trova sulla costa sud dell'Islanda. Un arco di roccia basaltica si è formato per l'erosione delle onde dell'oceano (4 agosto 2012). Autunno 2013 Enormi iceberg dalle mille tonalità dell'azzurro galleggiano nella Jökulsárlón (5 agosto 2012). Le Montagne Divertenti Campeggio libero nell'ampia Hulmatunga, la spiaggia delle foche (7 agosto 2012). Momenti di convivialità durante il campeggio libero a Hulmatunga (7 agosto 2012). Islanda 97 Rubriche Il piccolo cratere Viti dalla calda acqua sulfurea si trova poco discosto dal più grande Öskjuvatn che riempie la caldera del vulcano Askja (10 agosto 2012). peggiare in una zona completamente isolata e al cospetto del grande ghiacciaio dove il silenzio era rotto solamente dal fragore dei blocchi di ghiaccio che, frantumandosi, cadevano nella laguna. Si prosegue poi verso est, uscendo così dalla zona geologicamente più giovane ed entrando nella regione dei fiordi orientali dove è il verde il colore dominante. Lungo la costa si incontrano piccoli paesi di pescatori stretti tra mare e montagna, che si guardano gli uni con gli altri dalle opposte sponde di profondi fiordi che costringono la strada a lunghi tragitti per coprire distanze altrimenti modeste. La regione orientale, sebbene meno caratteristica delle altre zone, può regalare comunque grandi emozioni, come l’isolamento che si prova in alcune aree costiere dell’estremo nord-est. Lo comprende chi ha l’opportunità di campeggiare in riva al mar Glaciale Artico nella remota zona di Hulmatunga, la spiaggia delle foche, una spiaggia di sabbia nera cosparsa di legname proveniente dalla lontana Siberia, che si estende per qualche decina di chilometri in lunghezza. Qui gli unici abitanti sono le molte varietà di volatili (sterne artiche, stercorari, cormorani) e, 98 Le Montagne Divertenti ovviamente, le foche che rimangono a decine a rilassarsi al sole. Tappa successiva sono le maestose cascate di Dettifoss e Selfoss sul fiume Jökulsá á Fjöllum con la più grande portata d’acqua d’Europa, poco lontano dalla graziosa cittadina Húsavík, famosa per i tour di whale-watching. Lasciata Húsavík, l’itinerario ci porta più a sud, sulle rive del lago Mývatn, sede di una ricchissima avifauna oltre che di strane formazioni rocciose che riconducono a figure mitologiche quali troll e elfi. L'Islanda più selvaggia la si incontra poco dopo. Oltrepassata l’area geotermale di Námafjall, sede di numerose fumarole, sorgenti calde, coni vulcanici e fanghi ribollenti dalle più svariate sfumature dell’ocra, si incontra la pista dell'Askja. Da qui ci si inoltra nella remota regione centrale, il cuore caldo dell’Islanda, al cospetto dell'Herðubreið, la regina dei monti, dalla forma molto particolare. Abbandonata la comoda e sicura strada nazionale n°1, la Hringve‑ gur, ci si immette su una difficile pista sterrata che, in circa 100 km, conduce al rifugio Drekagil prossimoi al grande lago che occupa la caldera del vulca- La grande massa d'acqua del fiume Jökulsá á Fjöllum forma la cascata a ferro di cavallo di Selfoss, gettandosi nel canyon scavato nel basalto poco prima della più imponente Dettifoss (8 agosto 2012). no dell’Askja. La pista, tutt’altro che semplice, attraversa il grande campo di lava di Ódáðahraun ("la lava delle cattive azioni") e lambisce il fiume Jökulsá á Fjöllum (letteralmente "fiume di ghiaccio di montagna") che scorre impetuoso tra nere pareti laviche. Il paesaggio è incredibile: sterili distese di lava nera solidificata e nere cime montuose dall’aspetto sinistro occupano Autunno 2013 Imbarcazioni turistiche a Húsavík utilizzate per i tour di whalewatching (9 agosto 2012). l’intero orizzonte. Sarà retorica, ma è in questo luogo, con una natura così ostile e selvaggia e al contempo così pura e incontaminata che si prova il più forte senso di piccolezza e solitudine. L’unico appoggio nei mesi estivi è un complesso di alcuni edifici adibiti a rifugio/bivacco allo sbocco di un canyon. Qui i neri campi di lava solidificaLe Montagne Divertenti Lungo la confortevole strada nazionale n°1 (9 agosto 2012). ta lasciano il posto a decimetri di soffice pietra pomice, espulsa nel diciannovesimo secolo da un’eruzione esplosiva del vulcano. Un sentiero reso sdrucciolevole dagli accumuli di pomice conduce in poco più di due ore al bordo della caldera del vulcano Askja da dove si ha un vasto panorama sulle pianure circostanti cosparse di colate laviche. Attraversamento di uno dei tanti guadi che si incontrano percorrendo la pista per il vulcano dell’Askja (9 agosto 2012). Nei pressi del vulcano Askja è d’obbligo un tuffo ristoratore nel piccolo cratere del lago Viti costituito da acqua sulfurea calda; anche se la tradizione vuole l’obbligo di entrare in acqua completamente nudi, la presenza di alcune persone assiepate sul bordo del cratere ci hanno indotto a più pudici comportamenti... Islanda 99 Rubriche Viaggi nel mondo Due diversi tipi di deserto incontrati lungo la pista per la regione di Landmannalaugar (11 agosto 2012). Per raggiungere il rifugio di Nyidalur nella regione dello Sprengisandur, la tappa successiva, abbiamo dovuto affrontare la parte più ostica per le nostre jeep: la pista F910 attraversa un vero e proprio deserto costituito ora da sabbia nera ora ocra, e cosparso da coni vulcanici. Purtroppo la portata sopra la media dei fiumi della regione ci ha impedito di proseguire lungo la pista prefissata, obbligandoci ad un percorso alternativo, peraltro ancora più avvincente, verso nord. In poco più di 8 ore di guida coprendo circa 100 km, alcuni dei quali percorsi a velocità ridottissima su accidentati campi di lava, abbiamo raggiunto il rifugio andando poi, dopo una notte di riposo, a campeggiare nell’affascinate zona di Landmannalaugar. Le salite al Bláhnjúkur (la montagna blu) e al Brennisteinsalda regalano scenari di rara bellezza. A poche centinaia di metri dal campeggio è possibile rilassarsi nella splendida pozza d’acqua termale che sgorga dalla colata lavica di ossidiana vicina al campeggio. È stato un vero relax passare alcune ore dopo cena immersi in quell’acqua calda mentre pioveva con 5°C... La regione di Landmannalaugar, inserita nel Fjallabak Nature Reserve, è costituita da una roccia effusiva acida, la riolite, che assume le più svariate tonalità di colore e sfumature. Qui parte il più famoso trekking dell’Islanda, forse tra i più belli al mondo, il Laugavegur, che in 70 km conduce fino alla costa meridionale. Lascia un segno. Alcune immagini della variopinta Landmannalaugar, una delle regioni più sorprendenti dell'isola islandese (13 agosto 2012). Sezioni comunali della Provincia di Sondrio AVIS di Bormio 0342 902670 • AVIS di Caspoggio 0342 451954 • AVIS di Chiavenna 0343 67297 AVIS di Lanzada 0342 452633 • AVIS di Livigno 334 2886020 • AVIS di Morbegno 0342 610243 AVIS di Poggiridenti 0342 380292 • AVIS di Sondalo 0342 801098 • AVIS di Sondrio 800593000 100 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Islanda 101 Rubriche Viaggi nel mondo Nel Parco Nazionale di Þingvellir la cascata Öxarárfoss si genera da una delle tante spaccature della zona (9 giugno 2013). La penisola dello Snæfellsnes è contraddistinta da piccole fattorie sparse sormontate da nere montagne costituite da basalto (10 giugno 2013). In Islanda il paesaggio è caratterizzato da forti contrasti cromatici. Qui il verde si contrappone al colore rosso delle scorie vulcaniche (11 giugno 2013). Le imponenti colonne esagonali di lava basaltica di Raudhamelur all'inizio della penisola di Snæfellsnes (10 giugno 2013). L’arrivo a Reykjavik, al termine del nostro viaggio, è stato abbastanza traumatico. Dopo 15 giorni nella natura non eravamo più abituati a vedere le vie piene di persone, i locali gremiti di gente e il traffico, seppur nemmeno paragonabile ai nostri standard. E il successivo rientro in Italia è stato anche peggiore, tra zanzare, afa, code... ma già immaginavo sarebbe stato solo un arrivederci alla terra islandese. Il secondo viaggio, organizzato in autonomia con la sola prenotazione dell'aereo e dell’auto, si è svolto lungo la costa ovest, visitando la penisola dello Snæfellsnes resa famosa dal libro di Jules Verne “Viaggio al centro della Terra” e i fiordi occidentali islandesi, i Vestfirðir, la regione meno popolata d’Islanda. Sono due regioni molto diverse tra loro: mentre la prima è geologicamente giovane, con i segni di eruzioni vulcaniche ancora molto evidenti, la seconda è costituita da rocce più antiche, incise da profonde valli di origine glaciale dal tipico profilo a “U” e dalle caratteristiche cime appiattite. 102 Le Montagne Divertenti Una delle tante cascate della zona di Dynjandi, lungo la strada nazionale n°60, nei fiordi occidentali (14 giugno 2013). A differenza del primo viaggio in cui il tempo è stato praticamente sempre bello, nel giugno del 2013, atterrando all’aeroporto internazionale di Keflavik, siamo stati accolti da nubi basse e pioviggine: il caratteristico tempo islandese! Recuperata l’auto ci siamo diretti subito verso Reykjavik alla ricerca di un locale per cenare. Nonostante l’orario non proprio islandese, alle 22 troviamo un ristorante ancora aperto nei pressi del porto dove sapevo cucinavano un’ottima zuppa di aragoste e spiedini di pesce. Dopo cena, un miglioramento del tempo invitava a gironzolare per le vie del centro, complice anche la luce, nonostante fosse ormai passata da un pezzo la mezzanotte. Anche gli islandesi approfittano delle lunghissime giornate di metà giugno per passeggiare come se fosse ancora pomeriggio. Lasciamo Reykjavík intorno alle 3 di notte dirigendoci verso l’interno dove riusciamo a dormire qualche ora in uno spiazzo isolato tra le colline, lungo la strada, aiutati da una provvidenziale nebbia che ha attenuato un poco la luce del crepuscolo. La mattina successiva, molto presto, ho la possibilità di rivedere alcuni luoghi già visitati l'anno precedente, ma questa volta senza l’orda dei turisti, riuscendo così a cogliere appieno l’atmosfera del luogo e qualche bello scatto fotografico. Man mano che ci si avvicina alla penisola dello Snæfellsnes il paesaggio si modifica: in breve ci ritroviamo su uno dei tanti coni vulcanici che costellano il paesaggio nei pressi dell’imponente bastionata di colonne basaltiche esagonali di Raudhamelur. Troviamo da dormire in un’accogliente guesthouse nei pressi di Hof, lungo la costa meridionale. Il giorno successivo visitiamo la punta occidentale, dove un'interessante passeggiata di un paio di chilometri in riva all’oceano conduce da Arnarstrapi a Hellnar, dove si osservano archi e Autunno 2013 grotte formatesi nella scogliera di basalto dalle onde dell’oceano e dagli elementi. Purtroppo l’idea di raggiungere la vetta ghiacciata dello Snæfellsjökull è stata abbandonata per le pessime condizioni del tempo e per la molta neve ancora presente. Raggiungiamo poi la costa nord della penisola per addentrarci nella regione dei fiordi occidentali. Hólmavík è un grazioso villaggio di pescatori, l’ultimo di una certa importanza lungo la costa di Strandir che prosegue ancora per molti chilometri verso nord. La strada, ora sterrata, superando tratti a picco sul Mar Glaciale Artico, arriva fino alla piscina geotermale di Krossness, superando piccoli villaggi e fattorie, alcune abbandonate, altre con i segni del tempo di vecchie attività industriali ormai tramontate come a Djúpavík, sede fino agli anni cinquanta di una fiorente industria di conservazione di aringhe, ora meta di un turismo postindustriale. In questa zona si ha la sensazione di essere ai confini del mondo Le Montagne Divertenti Lungo la costa di Strandir, si incontrano piccoli paesi di pescatori e fattorie, alcune di esse abbandonate. L'ultimo paese che si incontra prima che la strada termini è Norðurfjörður dove è possibile fare rifornimento e rifocillarsi. La strada oltrepassa vari fiordi sul Mar di Groenlandia dove ci si imbatte in essicatoi per lo stoccafisso e qualche barca malridotta e ormai inservibile, testimonianza di un passato più prospero (12 giugno 2013). Islanda 103 Rubriche Viaggi nel mondo Fanghi ribollenti multicolore nella zona geotermale di Hveraviller (15 giugno 2013). Mezzanotte a Hverviller. I vapori sulfurei si mischiano alla nebbia che è calata sull'altopiano nel cuore dell'Islanda (15 giugno 2013). per la solitudine che vi si respira. Dopo esserci concessi una notte in una struttura alberghiera con piscina termale, il viaggio è proseguito verso nord-ovest, in direzione della penisola di Hornstrandir fino al rifugio di Dalbær nella zona di Snæfjallaströnd, non prima di una breve escursione ai piedi dell’unica calotta glaciale della regione, il Drangajökull. Un’ottima cena precede una gita “in notturna” sulle colline sovrastanti. È mezzanotte e il sole si trova appena sopra l’orizzonte verso nord. Nella notte artica tutto sembra immobi- 104 Le Montagne Divertenti le: la luce di un luminoso e infinito crepuscolo genera lunghe ombre e spalma la sua luce calda sul paesaggio regalando panorami mozzafiato sul Ísafjarðardjúp e sui monti circostanti. L’escursione avviene su un terreno morbido, costituito da arbusti tipici della tundra e, nonostante mi trovi solo qualche centinaio di metri sul livello del mare, vasti nevai coprono ancora il suolo. La mattina successiva si riparte con destinazione Ìsafjorður, capitale della regione con i suoi 2500 abitanti, che raggiungo dopo innumerevoli “den- Tre bambine corrono sulla sabbia bianchissima di Nungwi, sull'isola di Zanzibar (20 novembre 2012). L'Atlantic Puffin (Fratercula arctica) o pulcinella è un uccello che popola le scogliere islandesi, specie nelle zone nord-occidentsli e meridionali del paese. In inverno sverna in pieno oceano, mentre in primavera migra verso le coste islandesi dove nidifica in buche sotto terra a sbalzo sulle scogliere (14 giugno 2013). tro-fuori” in profondi e lunghi fiordi. Prima di giungervi, troviamo lungo la strada la deviazione per una pozza naturale di acqua calda: è un attimo, scendiamo dall’auto, mettiamo il costume e ci immergiamo per qualche ora nella rilassante acqua termale, rimirando il paesaggio circostante senza anima viva nei dintorni. La capitale dei Vestfirðir è una bella e caratteristica cittadina posta all’interno di un fiordo circondato da alti monti. La visita della città merita senz’altro una sosta. Proseguendo olAutunno 2013 tre si oltrepassano zone molto diverse rispetto a quelle precedentemente attraversate: alte cime montuose ancora coperte da nevai scendono a picco nelle valli e nei fiordi, aprendosi a ventaglio verso l’oceano aperto e terminando con alte scogliere. Una di queste scogliere, Látrabjarg, è meta obbligatoria per l’osservazione dell’avifauna: qui nidificano innumerevoli “puffin”, o pulcinella di mare, tanto graziosi quanto goffi nel volo. Le Montagne Divertenti Lasciamo così i fiordi occidentali e proseguiamo verso est, lungo la costa nord fino a Blönduós, all’inizio della pista F35, o Kjalvegur, seconda strada per lunghezza che percorre la zona degli altopiani centrali d'Islanda tra le calotte glaciali del Langjökull e Hofsjökull. È già sera, ma confidando nella lunghezza delle giornate decidiamo di arrivare fino a metà percorso, a Hveravellir, dove montiamo la tenda accanto al rifugio. Prima di coricarmi visito la zona geotermale contraddistinta da colorate formazioni sulfuree, sorgenti calde e fumarole e ne approfitto per rimanere a mollo nell’acqua calda dell’attigua vasca termale per qualche ora. Il giorno successivo la pista ci conduce attraverso un altopiano desolato fino a Gullfoss e in breve a Reykjavík, dove la vacanza termina con una buona cena. Quando l’aereo lascia il suolo islandese seguo con una sorta di placida malinconia il distacco e l’allontanarsi dell’isola, come se di lì a poco dovessi ritornare... Islanda 105 Rubriche 6/ IL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE DI MORBEGNO Maria Gabriella Bianchi - direttore del museo Tutto in perfetto ordine nella sala degli insetti (26 maggio 2008, foto Roby Trab). Un territorio montuoso, quello di Valtellina e Valchiavenna, caratterizzato da un elevato grado di naturalità. Un museo territoriale, quello di Storia naturale di Morbegno, nato per conservare, divulgare e studiare gli elementi che conferiscono alle due valli questa naturalità. Dai minerali alle rocce, dai fossili all’erbario e agli animali, le collezioni di questa raccolta museale riconosciuta dalla Regione Lombardia testimoniano la diversità geologica e biologia della porzione delle Alpi che si estende dal passo dello Spluga a quello dello Stelvio. Un territorio vasto ed articolato in valli, più o meno ramificate, che dai circa 200 metri del pian di Spagna si innalza fino ai 4021 della punta Perucchetti, anticima del pizzo Bernina. 106 Le Montagne Divertenti Quando è nato il museo · Il museo, che il prossimo anno compirà quarant’anni, è stato istituito dal Comune di Morbegno il 14 marzo 1974, dopo che un appassionato locale, Giacomo Perego (1922-2008), aveva iniziato a collocare le prime collezioni naturalistiche nei sotterranei della biblioteca Ezio Vanoni. Si trattava per lo più di campioni da lui stesso raccolti e preparati. Il suo entusiasmo contagiò l’amministrazione comunale; venne così ristrutturato il settecentesco palazzo Gualteroni, attiguo alla biblioteca, e nel 1983 fu inaugurata la nuova sede con allestimenti rinnovati. Le raccolte, in continua espansione, necessitavano a quel punto di personale specializzato e fu così che a fianco del custode, Livio Ciapponi, ancora oggi in forze al museo, fu assunto nel 1986 come direttore-conservatore, il naturalista Fabio Penati. In oltre vent’anni di permanenza a Morbegno, Penati trasformò il museo, puntando sulle tre finalità di conservazione, promozione culturale e ricerca scientifica, affiancato sempre dal conservatore onorario Giacomo Perego. Autunno 2013 Molti sono gli specialisti delle varie discipline che nel tempo hanno collaborato con il museo, spesso a titolo gratuito; solo per citarne alcuni tra i più assidui: il compianto Francesco Bedogné, che ha curato la collezione e le esposizioni permanenti di minerali; l’entomologo Paride Dioli, collaboratore già dai primi anni, che oltre a determinare e riordinare esemplari di diversi gruppi di insetti, in particolare gli eterotteri, conduce campagne di rilevamento sul territorio, trovando anche nuove specie per l’Italia e l’Europa; il teriologo Marco Cantini che ha dato inizio allo studio della collezione di mammiferi, contribuendo ad incrementarla. Le Montagne Divertenti Che cosa è conservato al museo · Il patrimonio del museo a fine 2012 consisteva in: 1387 campioni di rocce e minerali, 864 di fossili, 4109 fogli di erbario, circa 30000 esemplari di insetti (conservati in oltre 500 cassette entomologiche), 87 di anfibi e 151 di rettili (conservati in alcol), 963 di uccelli preparati sia in pelle (cioè distesi), sia naturalizzati (cioè in posizioni naturali), così come i 1206 esemplari di mammiferi di cui una parte, i piccoli mammiferi, conservati in alcol. Di uccelli e mammiferi è da qualche anno iniziata anche una raccolta osteologica (crani ed ossa), curata dall’esperto Armando Nappi. Parte di questo materiale è esposto nelle sale del museo, la restante è conservata nei depositi, dove viene costantemente monitorata. Quasi tutto il materiale è di provenienza locale, e ad ogni esemplare sono associati dati essenziali, quali il nome di chi lo ha raccolto, il luogo e la data di ritrovamento, che permettono di trasformare un “oggetto” in un importante strumento in grado di fornire informazioni per studi e progetti di pianificazione e di conservazione. Sono numerosi infatti gli studiosi che attingono ai dati delle collezioni per studi morfometrici e genetici o per conoscere i popolamenti floristici e faunistici e la loro evoluzione nel tempo. Musei 107 Rubriche Il percorso espositivo · Le esposizioni, divise in due sezioni, quella di Scienze della Terra e quella faunistica, si sviluppano tra il piano terra e il primo piano. La prima sezione guida il visitatore alla conoscenza della provincia di Sondrio, mostrandone la geografia, la morfologia del territorio e la sua storia geologica per poi soffermarsi più approfonditamente su rocce e minerali con una sala totalmente dedicata, in cui sono esposti i campioni più significativi, molti dei quali provenienti dall’acquisizione, risalente alla fine degli anni '80 del secolo scorso, della collezione dell’ing. Guiscardo Guicciardi di Sondrio. Una vetrina è riservata ai fossili. Al piano terra inizia anche la sezione faunistica con la sala degli anfibi e dei rettili, l’ultima allestita in ordine di tempo, per poi proseguire al primo piano con la sala degli insetti, le vetrine degli uccelli, i grandi diorami con la riproduzione dei principali ambienti: boschi di latifoglie e conifere, fondovalle e zone umide, alta montagna e due più piccoli dedicati agli adattamenti degli animali alpini e alla notte in campagna. Di particolare interesse Musei storico, la vetrina dedicata alla battuta di caccia di una delle ultime femmine di orso, nei primi anni del '900, con cranio, fucile, proiettile e resoconto pubblicato su un giornale dell’epoca. Le attività, gli eventi e i servizi · Le esposizioni permanenti, a ingresso gratuito (aperte al pubblico quattro pomeriggi alla settimana), sono solo uno dei mezzi con cui il museo promuove la conoscenza dell’ambiente naturale e ne sostiene la conservazione. Ad esse si affiancano periodicamente mostre temporanee ospitate nel salone all’ultimo piano, come quelle sul progetto di reintroduzione del gipeto, sul ritorno del lupo, sui fossili e sui vulcani, o sul paesaggio vegetale della provincia di Sondrio, quest’ultima curata in proprio e disponibile per il prestito. Conferenze e corsi si susseguono ogni anno, spesso anche in trasferta, affrontando i più disparati aspetti delle Scienze naturali (palentologia, botanica, micologia, ornitologia, evoluzione, …), ma anche temi legati alla sostenibilità, la cui divulgazione è essenziale per garantire un minor impatto delle attività umane sui fragili equilibri del pianeta. Appuntamenti fissi sono ormai quelli con il “Darwin day”, in occasione della ricorrenza della nascita del padre della teoria dell’evoluzione, con “M’illumino di meno”, giornata per il risparmio energetico, e con “La notte dei musei”, promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali. Dal 2008 inoltre hanno preso il via gli appuntamenti mensili di "Museo in famiglia", dedicati ai bambini dai 5 ai 12 anni con adulti al seguito, volti a far scoprire le varie sfaccettature della natura con osservazioni, lavoretti artistici ed esperimenti scientifici, e successivamente quelli di "Museo tempo libero", laboratori rivolti agli adulti, promossi dal Sistema museale della Valtellina, su temi legati alla sostenibilità ambientale. Non solo, al museo i bambini possono festeggiare anche il proprio compleanno, grazie alle attività ideate sempre dalla sezione didattica del museo, coordinata da Francesca Mogavero, per avvicinare i partecipanti alle tematiche museali con divertenti giochi e prove di coraggio. La stessa sezione didattica si occupa delle più istituzionali attività didattiche per le scuole, proponendo una Diorama d'ambientazione alpina, con marmotte e fagiano di monte maschio e femmina (26 maggio 2008, foto Roby Trab). 108 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 vasta scelta tra visite guidate, laboratori, escursioni sul territorio e percorsi didattici articolati in più incontri, in classe e al museo. Tutti condotti attraverso il metodo hands-on, in cui ogni ragazzo è coinvolto in prima persona nell’acquisizione di competenze scientifiche. Grazie alla gamma di proposte culturali nel 2012 al museo sono state superate le 7500 presenze. E da quest’anno c’è un motivo in più per venire al museo: prendere in prestito uno dei volumi della biblioteca interna, situata nella vecchia stüa del palazzo e rinnovata recentemente negli arredi. È stato infatti attivato il servizio di prestito (anche interbibliotecario), delle pubblicazioni sia specialistiche che divulgative sulle Scienze naturali, fino allo scorso anno in sola consultazione. Non solo, è possibile accedere alla ricca emeroteca, con periodici scientifici provenienti da tutto il mondo, grazie allo scambio con la rivista del museo “Il Naturalista Valtellinese – Atti del Museo civico di Storia naturale di Morbegno”. La rivista, che esce annualmente dal 1990, ha ripreso il titolo del periodico curato da Mario Cermenati, uscito con solo 12 fascicoli mensili nel 1885, e riporta articoli scientifici naturalistici, dando priorità alle ricerche riguardanti la provincia e i territori limitrofi, ma anche le collezioni stesse del museo. Dal 2007 viene pubblicato anche un supplemento non periodico “Ricerca & conservazione nel Parco delle Orobie Valtellinesi”, frutto di una collaborazione con il Parco. Sempre sul fronte delle ricerche naturalistiche, il museo organizza ogni due anni un workshop in cui i ricercatori (geologi, botanici, entomologi, ornitologi, veterinari …) di varie istituzioni quali università e aree protette, impegnati a indagare l’ambiente naturale della provincia, illustrano in modo divulgativo i risultati dei propri studi. Un apporto rilevante alla vita del museo è dato dai volontari che da alcuni anni possono presentare domanda per accedere all’albo istituito presso il museo. Ai volontari storici si sono aggiunti anche quelli del progetto “Io volontario per la cultura” promosso dalla Provincia di Sondrio in biblioteche e musei. Ognuno, secondo le sue competenze e disponibilità di tempo, dà il proprio contributo ad esempio informatizzando i dati della collezioni, allestendo colleLe Montagne Divertenti zioni didattiche, erborizzando piante per l’erbario, determinando esemplari, facendo manutenzione alle collezioni, collaborando alla gestione della biblioteca interna. La ricerca · Nel suo piccolo, il museo è impegnato anche a condurre e promuovere ricerche o a coordinarle per conto di altri enti, come ad esempio avviene da due anni alla Riserva Naturale Bosco dei Bordighi a seguito di un accordo con la Comunità Montana Valtellina di Sondrio, in cui sono stati studiati i popolamenti di pipistrelli e uccelli. O più semplicemente partecipa a rilevamenti, come quelli per gli Atlanti degli uccelli svernanti e nidificanti in Italia, o quelli per il Progetto di cartografia floristica in provincia di Sondrio, quest’ultimi condotti grazie all’apporto dei volontari del Gruppo Foristico Massara, appassionati che si incontrano periodicamente al museo, promuovendo anche conferenze divulgative aperte al pubblico. Fiore all’occhiello della ricerca promossa dal museo è sicuramente quello che ha portato negli anni ’90 a descrivere una nuova specie di conifera fossile, la Cassinisia orobica, rinvenuta per la prima e unica volta in Valgerola. lora direttore del museo, alcuni fossili raccolti da un appassionato e consegnati al museo qualche anno prima del suo arrivo, sono stati messi a disposizione dei paleontologi dell’Università di Pavia e in seguito di quelli dell’ Università di Utrecht, che, per dare un nome a questi reperti, hanno dovuto addirittura coniare un nuovo genere, in quanto poco affini ad altre specie conosciute. L’olotipo, cioè il campione su cui è stata descritta la specie, seppur di proprietà dello stato, è ancora custodito a Morbegno. Pur consapevoli che molto ci sarebbe ancora da fare, tutti insieme cerchiamo di rendere il Museo civico di Storia naturale di Morbegno sempre più ricco, completo, interessante e fruibile, con la convinzione che questa istituzione, voluta e sostenuta dal Comune di Morbegno, anche in anni difficili per i bilanci comunali, sia un luogo in cui attingere conoscenze per sperimentare un approccio consapevole con la natura di Valtellina e Valchiavenna. Grazie all’al- Il fossile della Cassinisia orobica, divenuto simbolo del museo sia per la sua importanza all'interno della collezione del museo, sia perché testimonianza di un modus operandi virtuoso (26 maggio 2008, foto Roby Trab). Musei 109 Rubriche Sua Maestà il cervo Alessandra Morgillo e Andrea Zampatti Il bramito del cervo in due immagini di Andrea Zampatti, una scattata prima dell'alba e l'altra un paio d'ore più tardi (16 ottobre 2012 www.facebook.com/andreazampatti.wildlights). 110 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Il cervo 111 Rubriche Fauna Due immagini di cervi ad inizio autunno (foto Andrea Zampatti, 16 ottobre 2012). Il portamento regale ed elegante del cervo (26 settembre 2012, foto Alessandra Morgillo www.alessandramorgillo.com). Un richiamo stentoreo, profondo e roco echeggia per il bosco mentre ancora tutto è avvolto dalle brume mattutine che diffondono il roseo chiarore del primo sole d’autunno. In un’atmosfera evanescente si distingue nell’erba alta della radura la sagoma inconfondibile di un imponente trofeo esibito con fierezza: il grande cervo con portamento regale se ne sta ritto sulle zampe, con il collo allungato e proteso, la testa sollevata e i palchi rivolti verso la schiena, intento a levare il suo potente grido. I cervi non sono soliti emettere richiami vocali, eccetto che durante il periodo che va all’incirca dalla metà di settembre alla metà di ottobre, quando i maschi ingaggiano delle vere e proprie 112 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti sfide canore per conquistare il controllo dei branchi di femmine. Abbandonata la fitta boscaglia e raggiunti i territori frequentati dalle femmine, i maschi notevolmente irrequieti raspano il terreno con gli zoccoli colpendo piante e arbusti e deponendo sui tronchi le secrezioni odorose dei lacrimatoi. Con la bocca aperta, quasi a formare una sorta di cassa di risonanza, si richiamano con forti bramiti, le tipiche grida rauche e brevi, simili a muggiti, che risuonano in tutta la foresta in un concerto selvaggio e affascinante. Il cervo nobile, classificato dagli zoologi come Cervus elaphus (dal greco élaphos = cervo), è distribuito in tutti i continenti e in Europa esistono sei sottospecie distinte. In Italia si trova la sottospecie Hippelaphus sulle Alpi e gli Appennini, mentre il Cervus elaphus Corsicanus, presente ormai con poche centinaia di esemplari, è esclusivo della Sardegna. Le variazioni climatiche, le modificazioni ambientali di origine antropica e la caccia indiscriminata hanno condotto in tempi passati alla graduale scomparsa del cervo in vasti settori della nostra penisola. Selvaggina prediletta durante le battute di caccia dei feudatari medievali, è sopravvissuto in Europa grazie alle introduzioni di esemplari che dovevano garantire tale passatempo alla nobiltà. Un tempo era presente soprattutto in pianura e in collina, ora, invece, solamente sull'arco alpino e appenninico (dove è stato reintrodotto da pochi decenni). L'unico relitto autoctono della popolazione padana si trova nel bosco della Mesola, in provincia di Ferrara. Respinto nelle foreste dall'estendersi delle coltivazioni e dalla pressione antropica, il cervo predilige boschi di latifoglie e di resinose, radi, di vasta estensione, interrotti da radure e pascoli Il cervo 113 Rubriche e con ricco sottobosco. In estate si nutre prevalentemente di graminacee e vegetali freschi (ne può consumare fino a 10 kg al giorno!), in autunno di frutti selvatici come castagne, ghiande e faggiole, mentre d'inverno suole alimentarsi spesso di cortecce, provocando gravi danni ai boschi. Segno distintivo del cervo è il trofeo, costituito da due palchi, erroneamente chiamati corna, di tessuto osseo, presenti solo nei maschi, che vengono persi, non simultaneamente, ogni anno tra febbraio e maggio (gli anziani li perdono più precocemente) e ogni anno "ricostruiti". La caduta dei palchi è provocata dall'interruzione della circolazione sanguigna alla loro base e, poiché questi sono fonte di sostanze minerali per nu- Fauna merosi animali, non dovrebbero essere raccolti se trovati. Poco dopo la caduta, i palchi cominciano a ricrescere ricoperti dal cosiddetto velluto, un rivestimento ricco di vasi sanguigni, che si distacca a brandelli solamente quando il nuovo palco sarà completamente sviluppato. Il trofeo di un cervo adulto può essere lungo più di 1 metro e pesare sino a 1820 kg. Il suo sviluppo è influenzato da vari fattori, come l'alimentazione, l'età, la salute e i caratteri ereditari, ed è caratterizzato, oltre che dalla dimensione, dalla presenza di ramificazioni, chiamate punte, che partono dall'asta centrale, che può avere una circonferenza di 15 cm. Il maschio del primo anno presenta solitamente un palco costituito dalle sole aste senza ramificazioni, simili a dei fusi, ed è per questo chiamato "fusone". Il numero delle diramazioni aumenta con l’età perché i palchi continuano ad accrescersi fino a maturità. Sulle nostre Alpi i maschi adulti presentano di media palchi con 10-12 punte, mentre sugli Appennini, dove l'alimentazione è più proteica, se ne possono incontrare anche con 18-20 punte. Sono noti in Europa casi eccezionali di cervi con 50 punte e oltre, come l’esemplare ucciso nel 1696 dal principe Federico III di Brandeburgo e conservato nel castello di Morizburg a Dresda che ne ha ben 66! Lo sviluppo del trofeo e le dimensioni dell’animale variano in base alle situazioni ambientali: si può andare dai 150-200 chili dei nostri maschi alpini (la sottospecie Corsicanus ha pesi inferiori) sino ai 250-300 chili e oltre di quelli dell'Europa centro-orientale. In generale, comunque, le femmine sono notevolmente più piccole rispetto ai maschi. Il cervo è un animale gregario con organizzazione soprattutto matriarcale. Il gruppo di base è rappresentato dalla femmina, il suo ultimo piccolo e quello dell'anno precedente. Le femmine e i giovani possono formare gruppi costituiti anche da decine di individui; i maschi adulti, invece, si riuniscono in piccoli branchi, oppure tendono a restare solitari. Durante la stagione degli amori si formano gruppi misti e i maschi non tollerano la presenza dei rivali. L’alba e il crepuscolo sono momenti di intensa attività in cui gli individui si osservano, si valutano reciprocamente, stabiliscono il proprio dominio con rochi richiami e rimettono in discussione la gerarchia. I palchi rivestono un ruolo molto importante perché la loro esibizione indica a distanza il rango sociale e dissuade dalla lotta l’avversario più debole. Solo se, rispettando un rituale immutabile fatto di parate dimostrative e atteggiamenti intimidatori, nessuno dei due contendenti abbandona il campo, si possono verificare scontri corpo a corpo. I combattimenti non sono frequenti proprio perché molto violenti e pericolosi e a volte le ferite possono risultare addirittura letali. I vincitori si assicurano il controllo del campo riunendo un proprio ha‑ rem che custodiscono gelosamente. Il continuo controllo delle femmine, i poderosi scontri con gli altri maschi e i rituali di corteggiamento sono così estenuanti che alla fine del periodo degli amori i cervi dominanti possono perdere anche il 20% del loro peso corporeo. Con la metà di ottobre i grandi maschi si allontanano in solitudine, lasciando il campo ai maschi più giovani. Cessati i bramiti il silenzio tornerà a regnare nel bosco ormai pronto ad accogliere i rigori dell’inverno, in attesa di quei nuovi cerbiatti che verranno alla luce in primavera. Il maschio dominante custodisce gelosamente il suo harem di femmine (16 ottobre 2012, foto Andrea Zampatti). 114 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Il cervo 115 Pennellate diluce Rubriche a cura dei fotografi di clickalps.com Fotografia e pittura sono due forme d'arte che si realizzano su un supporto bidimensionale e hanno la capacità di ritrarre fedelmente la realtà, incidendo tuttavia la soggettività dell'esecutore. Per lungo tempo abbiamo visto una sorta di muro fra queste due espressioni, con poche eccezioni. Ma da qualche tempo, in Valtellina, il fotografo Roberto Ganassa e la pittrice Silvia Salice hanno provato ad abbatterlo e ad avvicinare i due mondi. Ne sono nate alcune interessanti "pitto-fotografie" di paesaggi alpini, per metà stampa fotografica su tela e per metà dipinto, che spesso lasciano sbalordito chi le guarda non riuscendo a distinguere il confine tra le due. Il laghetto nei pressi di Scermendone, cartolina classica della media Valtellina, è qui composto per metà da una fotografia (nel riflesso del paesaggio sull'acqua) e per la restante parte dalla riproduzione pittorica. 116 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Pennellate di luce 117 Rubriche Arte e fotografia Cascata del Ferro in val del Ferro. Partendo da una stampa fotografica su tela di Roberto Ganassa, Silvia Salice ha completato l'opera apponendovi le proprie pennellate. Roberto Ganassa Silvia Salice Tutto è nato il 5 ottobre 2011 salendo da solo all’alpe Scermendone. Entrando nel bivacco, mi trovo di fronte un bellissimo tavolo di legno dipinto, firmato “Silvia”. Da qui è scattata la mia curiosità di sapere chi fosse l’autrice. L'ho scoperto solo per caso, su un social network. Era una certa Silvia Salice, che ho subito contattato per farle i complimenti. Dopo un po’ di tempo abbiamo cominciato a fare alcune escursioni in montagna e scalato un paio di cime, fino a che è uscita questa strana idea: “siamo tutti e due grandi appassionati di montagna. Una disegna, l’altro fotografa... e se unissimo le due cose?” Detto fatto, si materializza la prima nostra mostra al bar ristorante La Brace, con disegni, foto e alcune opere metà disegno e metà foto. La prima mostra viene molto gradita, tanto che viene subito riproposta presso la biblioteca di Berbenno e a Chiesa Valmalenco (grazie alla collaborazione dei malenchi Felice Battaglia e William Guerra). Inutile dire che queste piccole soddisfazioni ci hanno reso molto entusiasti. È stato mio padre a introdurmi alla montagna e a far sì che diventasse per me una grande passione. Ora, a trent'anni, sono riuscita a fonderla con un altro mio interesse: l’arte. Grazie al disegno riesco a dipingere le sensazioni che la montagna mi fa vivere durante le attività di escursionismo, alpinismo e arrampicata. Le mie opere si caratterizzano per tecniche e supporti misti, creando movimenti di linee e giochi di colore. “Le lepri di Scermendone”, che ho realizzato sul tavolo nella baita degli Alpini di Scermendone, è stato l’input per conoscere Roberto Ganassa. Dopo anni di ricerca ci siamo incontrati per puro caso, scoprendo peraltro che abitiamo a pochi chilometri di distanza! contatti: 347.1667369 [email protected] Il Cerro Torre dipinto da Silvia Salice. 118 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Il tavolo centrale del bivacco all'alpe Scermendone, occasione di incontro fra Roberto e Silvia. Il lago d'Arcoglio all'alba, rappresentato da Silvia Salice partendo da una fotografia di Roberto Ganassa. Pennellate di luce 119 il miglior fotografo le foto dei lettori Rubriche Recensione Il fotografo Una nevicata autunnale a basse quote è una condizione meteorologica di grande suggestione e, per questo, apprezzata dai fotografi. Tale condizione ha segnato la Valtellina a fine ottobre dell'anno scorso, sicché Manuel si è subito messo alla ricerca di uno scorcio come quello della sua foto, scattata in località Canargo, a monte di Delebio. Dinamicità all'immagine è data dall'ottica fortemente grandangolare, un 8mm, equivalente a 12mm della fotografia analogica o full-frame, grazie alla quale si abbracciano con un sol sguardo il bel fusto di betulla sulla sinistra, le sue fronde dorate in alto e le case di Canargo sulla destra, imbiancate dalla leggera nevicata. A completare la composizione c'è il sole, la cui luminosità è smorzata al punto giusto dalle foglie dell'albero. L'effetto a stella del sole, come già ricordato, si ottiene invece tenendo "chiuso" il diaframma, ovvero forzando la macchina ad adottare valori "alti", da f 11 in su (nella foto s'è usato f 14). Infine, lì vicino, il monte Legnone, o La Pizza come la chiama chi ci abita alla sua ombra, colonna portante della Valtellina e montagna simbolo per tutti gli abitanti di Delebio. Mi chiamo Manuel Mantelli e sono un fotografo amatoriale. Vivo a Delebio e, come molti qui, sono appassionato di montagna, con un debole per la val Lesina, la valle alla quale questo paese fa da guardiano. È un angolo di Valtellina molto selvaggio e misterioso e forse è proprio per questo che mi ha ispirato, da quattro anni a questa parte, molti scatti dei suoi paesaggi e animali. Questa fotografia, scattata in un pomeriggio di fine ottobre durante una giornata di pioggia e nebbia, immortala Canargo ammantata nei colori dell'autunno. MANDA LE TUE FOTOGRAFIE Due sezioni dedicate ai nostri lettori: · una che premia il fotografo più bravo tra quelli che invieranno, con oggetto "miglior fotografo", i loro scatti inerenti i monti di Valtellina e Valchiavenna all'indirizzo email [email protected]. Una delle sue foto verrà pubblicata con recensione e scheda di presentazione del fotografo. Valle Spluga - Il Gruppo Escursionisti Laorchesi al rifugio Chiavenna (23 giugno 2013). · una che mostra chi ha portato “Le Montagne Divertenti” a spasso per il mondo; le foto vanno inviate all'indirizzo email [email protected] e devono avere un soggetto umano, la rivista e uno scorcio del luogo. Valle d'Aosta - Il Gruppo Trekking3Province porta Le Montagne Divertenti quasi sulla cima del Gran Paradiso; a causa di un forte vento, il grosso del gruppo preferisce rinunciare, ma Claudio e Marco decidono che alla Madonna ci devono arrivare (16 giugno 2013). 120 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Le foto dei lettori 121 le foto dei lettori Rubriche Le foto dei lettori Comacchio - Maria, Patrizio e Anselmo in gondola come a Venezia, ma nei canali di Comacchio (6 luglio 2013). Sharm el Sheik - Maicol e Ylenia in barca vicino all'isola di Tiran, pronti per fare snorkeling insieme alle Montagne Divertenti (17 giugno 2013). 122 Le Montagne Divertenti Valmalenco - Anche il nostro Vescovo Diego Coletti legge Le Montagne Divertenti (11 luglio 2013). Nepal - Valentino Grumelli e Renzo Daminelli in Nepal in vetta al Kala Pattar (m 5630, 13 marzo 2013). Sondrio - Francesco Vaninetti legge Le Montagne Divertenti per passare il tempo mentre dona il plasma (15 luglio 2013). Cammina e Gusta 2013 - Luciano Bertolina alla manifestazione Cammina e Gusta a Santa Caterina Valfurva (25 giugno 2013). Sharm el Sheik - Daniela e Paolo a Sharm el Skeikh, di ritorno dall’isola di Tiran (19 maggio 2013). Autunno 2013 Orobie - Mattia, Dorotea, Silvio, Nicoletta e Gianni al passo val Cervia (14 luglio 2013). Le Montagne Divertenti Kashmir - Laura, Antonella, Rita e Dario presso il Penzi La (m 4401), sullo sfondo del ghiacciaio Drang Drungal, nella valle di Zanskar (India settentrionale, 5 luglio 2013). Le foto dei lettori 123 le foto dei lettori Rubriche Le foto dei lettori Val di Campo - Mattia Passini nella palestra di arrampicata presso il rifugio S.A.C Saoseo a Lungacqua (1 luglio 2013). Valle d'Aosta - La nostra bella Alessandra Morgillo, autrice delle rubriche naturalistiche, avvolta nella giacca de Le Montagne Divertenti sullo sfondo del ghiacciaio del Rutor, nella valle di La Thuile. Sicilia - Roberta e Albina in vacanza sulle dune dell'oasi di Marina di Butera (10 luglio 2013). Varsavia - Racola, Parente, Marri e Ratta (al secolo Matteo, Alessandro, Gabriele e Alex) davanti alla statua della sirena nella piazza del mercato di Varsavia (27 aprile 2013). Le Montagne Divertenti Dolomiti - Eugenio, Giorgio, Graziana e Monica. Sullo sfondo Sassolungo e Sassopiatto (12 giugno 2013). Val Grosina - Nicolò, Simone ed Elisa sugli "scogli" del lago Spalmo, nell'alta val Grosina (7 luglio 2013). Washington - Sara e Sergio portano Le Montagne Divertenti anche in viaggio di nozze, fin sotto alla casa di Obama (11 maggio 2013). Val Poschiavo - In gita sul Corno di Campo (m 3232) in memoria di Marco della Vedova: la moglie Gemma con Sergio, Franco, Marco, Getullio, Iginia, Sandro, Ruth, Annette, Veronica e Francesco (30 giugno 2013). Valtellina - Una "panoramica" di una tavolata di affezionati de LMD a Gaggio di Berbenno di Valtellina (14 luglio 2013). 124 Tunisia - Erik, Manuela, Thomas e Irene al Villaggio El Borj, Madhia (16 luglio 2013). Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Le foto dei lettori 125 le foto dei lettori Rubriche Le foto dei lettori Valmalenco - Il gruppo del Grest di Mossini, Triangia e Torre di Santa Maria in gita al rifugio Bosio (26 giugno 2013). Pizzo Bernina - Il coro CAI Valmalenco sul pizzo Bernina e al rifugio Marco e Rosa (13 e 14 luglio 2013). Giordania - Pierangela e Gianfranco di Eupilio in visita a Petra in compagnia di una guida locale (14 giugno 2013). 126 Le Montagne Divertenti Alpi Retiche, - Neira, Claudio e Luca nei pressi della Croce di Tirano (15 giugno 2013). Autunno 2013 Lavaredo Ultra Trail - Fabio e Mauro alla Lavaredo Ultra Trail, 118 chilometri nel regno delle Dolomiti; in alto, in partenza da Cortina d'Ampezzo (28 giugno 2013); in basso, in passaggio dal lago di Misurina e dalle Tre Cime di Lavaredo (29 giugno 2013). Le Montagne Divertenti Valmalenco - Francesco e Sergio di Torre di Santa Maria sul Torrione Porro, punto più alto dell'anello Chiareggio-rifugio Porro - torrione Porro - lago Pirola - buchel del Can - San Giuseppe (14 luglio 2013). Le foto dei lettori 127 Rubriche soluzioni del n.25 Vincitori e Giochi vinti Che scimma l-è? È la famosa parete N del Cristallo (m 3431) e forse qualcuno di voi l'avrà pure sciata! Tutti l'hanno riconosciuta ed è stato il cronometro a decidere i vincitori. 1 2 3 4 El föravìa In anticipo o in ritardo hanno anche indovinato: Flavio Molteni, Sergio Proh, Bruno Glaviano, Simone Nonini, Giuseppe Giacomelli, Ivan Rastelli, Rita e Marialuisa. 1- Ivan Andreoli di Teglio 2- Mario Bertolini di Valle di Colorina 3- Luca Gottifredi di Dubino 4- Marco Trezzi di Mariano Comense 5- Anna Raimondi di Busto Arsizio Uno di questi laghetti alpini della nostra provincia non c'entra con gli altri 3. Sai dirci qual è e il motivo? Vi abbiamo aiutato inserendo 2 laghetti già presentati all'interno di questo numero... I 2 più veloci dalle ore 21:00 del 28 settembre 2013 riceveranno la stampa su tela/forex di uno dei 4 laghi a loro scelta (66x44 cm - già con telaio e supporti). Il 3° classificato avrà cappellino e maglietta de Le Montagne Divertenti, il 4° e il 5° un libro tra quelli disponibili sul sito www.lemontagnedivertenti.com più un calendario Clickalps 2014 a scelta. Consulta le foto in alta risoluzione e scrivi la tua risposta su www.lemontagnedivertenti.com/concorsi/ Ma ch'el? Ma ch'el? L'oggetto misterioso (foto Collezione Associazione Amici del Museo della Valmalenco) è una vecchia insaccatrice per salumi o pigiatrice o pressa manuale, dove veniva caricata la carne impastata con spezie e sale e poi spinta a mano o da uno stantuffo verso il foro anteriore, collegato con un tubo sul quale si inseriva il budello. I vincitori sono: Cos'è e a cosa serve? Per i due più veloci dalle ore 21:00 del 26 settembre 2013 è in palio un buono da 50 euro da spendersi presso uno dei nostri inserzionisti, Il 3° classificato avrà cappellino e maglietta de Le Montagne Divertenti, il 4° e il 5° un libro tra quelli 1- Martino Taloni di Chiuro 2- Antonio Proh di Mossini 3- Moreno Pedroncelli di Madesimo 4- Alessandra Moro di Chiavenna 5- Luigi Trussoni di Mese disponibili su www.lemontagnedivertenti.com più un calendario Clickalps 2014. Scrivi la tua risposta sul nostro sito all'indirizzo www.lemontagnedivertenti.com/concorsi/ Hanno inoltre indovinato (rispondendo o troppo presto o troppo tardi o nella modalità sbagliata): Ivan Andreoli, Sergio Proh, Ermanno Mossini, Paola Civati, Marina Berti, Mario Civati. 128 Le Montagne Divertenti ATTENZIONE: LE RISPOSTE DATE IN ANTICIPO VERRANNO RITENUTE NULLE Autunno 2013 Le Montagne Divertenti Giochi 129 Rubriche lE RICETTE DELLA NONNA Amàr cuma l'ascénz Beno A fine '800 in Europa si diffuse la leggenda che molti dei crimini più efferati fossero stati commessi sotto gli effetti dell'assenzio, bevanda alcolica ottenuta da distillazione diretta principalmente di foglie di assenzio maggiore (Artemisia absinthium). La credenza prese sempre più piede, finchè si arrivarono a vietare i derivati alcolici dell'assenzio in molti paesi europei e negli Stati Uniti. In realtà era l'alcolismo la vera piaga sociale e l'assenzio, disponibile a poco prezzo e con elevata gradazione alcolica, ne fu il capro espiatorio. Nel corso degli anni le ricerche scientifiche hanno mostrato come il tujone, sostanza capace di effetti dopanti e tossici, sia presente nell'assenzio in quantità non influenti per l'uomo, sfatando così le leggende circolanti sul prodotto e portando a rilegalizzarlo. La pianta di assenzio in verità ha proprietà toniche, stimolanti, vermifughe e antisettiche. Il liquore, di cui vi suggerisco la preparazione secondo la ricetta dell'amico Alfio, è un "amaro molto amaro", un ottimo digestivo, ma solo per veri uomini! Liquore d'assenzio · 100 g di foglie fresche di assenzio · 1 litro di alcol · 400 g di zucchero · una bustina di zafferano · 1/2 litro di acqua Le foglie non sono difficili da reperire, in quanto la pianta è molto diffusa in Valtellina al di sotto dei m 1000. Cresce specialmente negli incolti e vicino ai muretti. Gli arbusti sono perenni e arrivano a 120 cm. Le foglie hanno un tipico colore verde, reso grigiastro dalla peluria superficiale. Il profumo è molto intenso, il sapore amarissimo e inconfondibile. Si lasciano le foglie a macerare 5 giorni nell'alcol, poi si aggiunge l'acqua in cui è già stato sciolto lo zucchero. Filtrare più volte anche coi filtri di carta. Bere dopo 60 giorni. Manifesto del 1910 che critica l'abolizione dell'assenzio in Svizzera. Dato il colore era anche conosciuto con l'epiteto di Fée Verte, ovvero "Fata Verde". 130 Le Montagne Divertenti Autunno 2013 Ogni lago alpino ha qualche cosa che lo caratterizza, che gli impedisce di somigliare agli altri. È per questo che più se ne vedono di questi laghi, e più se ne vorrebbero vedere. Il colore delle loro acque varia all'infinito, dallo smeraldo allo zaffiro, e da quelle acque si sprigiona una poesia melanconica e sì cara e dolce per quelli che la sanno sentire. E ritroviamo quella poesia anche se lontani in mezzo al rumore delle città, quando un quadro, una fotografia ci rimettono davanti agli occhi un lago alpino, o quando all'inizio della primavera, il campanello delle capre che passano per le vie ci trasporta lassù, sulle rive di quelle limpide acque, di fronte alle vedrette, lassù da dove non si vorrebbe scendere mai. Bruno Galli-Valerio, 28 luglio 1905 Le Montagne Divertenti 133