Nel riflesso dei laghi, nel ricordo degli uomini

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Nel riflesso dei laghi, nel ricordo degli uomini
Trimestrale di Valtellina e Valchiavenna
T rimestrale
di
A lpinismo
e
C ultura A lpina
e
v
r
i
D tenti
n°26 - Autunno 2013 - EURO 5
Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale 70% DCB-Sondrio
Clima
Anomalie 2013
Personaggi
Da Alfredo Corti a Ninì
Pietrasanta sulle grandi
creste delle montagne
Alpi Orobie
Traversata del pizzo
di Coca
Porte di
Valtellina
Corno di Campo e lagh
da Saoseo
Valmalenco
Pizzo Roseg: spigolo SO
Alta Valtellina
Lago Campaccio e
pizzo Coppetto
Valchiavenna
L'anello del lago della
Piodella
Passeggiate
Il sentiero dei Cervi in
Valmalenco
Viaggi
Islanda
Natura
Sua maestà il Cervo
Musei
Il Museo civico di Storia
naturale di Morbegno
Arte e fotografia
Pennellate di luce
Inoltre
Ricette, poesie, foto dei
lettori, giochi, libri ...
Nel riflesso dei laghi,
nel ricordo degli uomini
valchiavenna
- bassa valtellina - Val Màsino - alpi retiche e orobie - valmalenco - alta valtellina
1
Le Montagne Divertenti Editoriale
Beno
Nel bosco d'autunno
ora nevica
e concella ogni traccia di noi
senza alcuna fretta
senza alcun rumore
nel bosco d'autunno
ancora nevica
e non c'è traccia di noi
In copertina: autunno alla Corte in val Gerola.
Sullo sfondo il Disgrazia (24 ottobre 2012,
foto Roberto Ganassa - www.clickalps.com).
Ultima di copertina: la pozza e il bivacco all'alpe
Scermendone (11 maggio 2012, foto Roberto
Moiola - www.clickalps.com).
2 Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Editoriale: la precoce nevicata del 16 ottobre 2012
a Campo (foto Beno - www.clickalps.com).
Editore
Beno
Direttore Responsabile
Enrico Benedetti
Redazione
Alessandra Morgillo
Beno
Gioia Zenoni
Giorgio Orsucci
Roberto Moiola
Realizzazione grafica
Beno e Giorgio Orsucci
Revisore di bozze
Mario Pagni
Responsabile della cartografia
Matteo Gianatti
Hanno collaborato a questo numero:
Alessandra Morgillo, Andrea Toffaletti, Andrea Zampatti,
Beno, Fabio Pusterla, Felice Battaglia, Gabriella Bianchi,
Giacomo Meneghello, Gioia Zenoni, Giorgio Orsucci,
Giorgio Urbani, Riccardo Scotti (SGL), Luciano Bruseghini,
Maria Sassella, Marino Amonini, Mario Pagni, Maristella
Sceresini, Matteo Gianatti, Matteo Tarabini, Nicola Giana,
Pietro Pellegrini, Raffaele Occhi, Renzo Benedetti, Roberto
Ganassa, Roberto Moiola, Sergio Scuffi.
Si ringraziano inoltre
Avis Comunale Sondrio, Andrea Sem, Luciano Mazzina,
Livio Sem, Pietro Crapella, Valeria Pedrolini, e Franca
Prandi, Franco Monteforte, il bar La Füss di Gordona,
Eraldo Meraldi, Giuseppe Bonetti, Silvia Salice, la
Tipografia Bonazzi, gli edicolanti che ci aiutano nel
promuovere la rivista e gli sponsor che credono in noi e in
questo progetto... e tutti quelli che abbiamo dimenticato di
citare.
Pubblicità e distribuzione
[email protected]
tel. 0342 380151
Stampa
Bonazzi Grafica -via Francia, 1 -23100 Sondrio
ARIO
Trimestrale sull’ambiente alpino di Valtellina e Valchiavenna
Registrazione Tribunale di Sondrio n° 369
S
10
18
I
peciali
Clima
Facciamo il punto
Cordate d'altri tempi
26
42
Alpi Orobie
Traversata del pizzo di Coca
Porte di Valtellina
Corno di Campo - cresta SE
I
tinerari
d’escursionismo
66
78
Valchiavenna
L'anello del lago della Piodella
Approfondimenti
La strada del Benefattore
R
ubriche
94
106
Viaggi nel mondo
Islanda
Museo
Civico di Morbegno
M
LE MONTAGNE DIVERTENTI
tinerari
d’alpinismo
20
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www.lemontagnedivertenti.com
Pizzo di Coca e cime d'Arigna
Alfredo Corti e le Orobie
50
Approfondimenti
Il lagh da Saoseo
79
Alta Valtellina
Il lago Campaccio
84
Valmalenco
Il sentiero dei Cervi
Contatti, informazioni e merchandising
110
Natura
Sua Maestà il cervo
Abbonamenti per l’Italia
annuale (4 numeri della rivista):
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c/c 3057/50 Banca Popolare di Sondrio
IT17 I056 9611 0000 0000 3057 X50
intestato a:
Beno di Benedetti Enrico
via Panoramica 549/A
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nella causale specificare: nome, cognome,
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22
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in segreteria).
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Corno di Campo
Sangue femminile e doppio sangue blu
O
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Prossimo numero
S
21 dicembre 2013
24
Cresta SO del Roseg
Autunno 2013
52
Valmalenco
Pizzo Roseg - spigolo SO
Le Montagne Divertenti 92
Approfondimenti
Iuniversiti Giròss munt
116
Arte e fotografia
Pennellate di luce
120
Il miglior fotografo
121
Le foto dei lettori
128
Giochi
130
Le ricette della nonna
Amàr cuma l'ascénz
Sommario
5
Localizzazione luoghi e itinerari
Zillis
Zillis
Wergenstein
Bergün
Parsonz
Andeer
Sufers
3062
2115
Mulegns
3378
Cresta
St. Moritz
Fraciscio
Passo del Maloja
1815
Pizzo Stella
3183
Casaccia
Mera
Pizzo Galleggione
3107
Castasegna
Prosto
Prata
Camportaccio
Gordona
Novate
Mezzola
Pizzo Ligoncio
3032
2845
Verceia
Cevo
Bùglio
Caspano Ardenno
Dubino Mantello Mello
Traona
Dazio
Sirta
MORBEGNO
Bema
Albaredo
Lago
di Como
Premana
Pescegallo
Pizzo dei Tre Signori
2554
Bellagio
Introbio
Lierna
Colorina
Caiolo
Tartano
Ornica
Le Montagne Divertenti Barzio
Monte Cadelle
2483
Passo San Marco
1985
Pizzo Campaggio
2503
Foppolo
Carona
Cùsio
Piazzatorre
Cassiglio
Albosaggia
Olmo
al Brembo
Pizzo del Diavolo
di Tenda
2914
Arigna
Carona
Aprica
Còrteno
Gromo
Autunno 2013
Vezza
d'Oglio
Cortenedolo
Colere
Villa
Pizzo Camino
2492
26 Alpi Orobie
Traversata del pizzo di Coca (m 3050)
(Pietro Pellegrini)
42 Alpi Retiche
Corno di Campo - cresta SE (m 3232)
(Beno)
52Valmalenco
Pizzo Roseg - spigolo SO (m 3936)
(Beno)
66Valchiavenna
L'anello del lago della Piodella (m 2202)
(Beno, Sergio Scuffi)
79 Alta Valtellina Lago Campaccio (m 2301)
(Beno)
84Valmalenco
Adamello
3554
Monte Fumo
3418
Garda
Monte Carè Alto
3462
Berzo
Paisco
Concarena
2549
Passo del Tonale
1883
Edolo
Sonico
Palone del Torsolazzo
2670
Vilminore
Vione
Ponte
di Legno
Incudine
Monno
Malonno
26
Pezzo
Pezzo
Monte Serottini
2967
Mazzo
100
corno dei Tre Signori
Corno
3359
Punta di Pietra Rossa
Monte Tonale
3212
2694
Passo dell'Aprica
Pizzo di Coca Monte Torena
2911
3050
Monte Sellero
2743
Pizzo Redorta
Loveno
3039
Monte Gleno
2883
Valbondione
Passo del Vivione
1828
Gandellino
Fumero
Sondalo
Punta San Matteo
3678
Passo di Gavia
2618
Le Prese
Tovo
Lovero
Sernio
Schilpario
Branzi
Roncorbello
Tresenda
Adda
Pizzo Rodes
2829
Monte Masuccio
2816
TIRANO
Bianzone
Teglio
Ponte in Valt.
Santa Caterina
frana
di val Pola
Adda
Boirolo
Monte Cevedale
3769
Monte Confinale
3370
Valdisotto
Grosotto
Brusio
Chiuro
Mezzoldo
Valtorta
Pasturo
6
Geròla
3136
San Antonio
BORMIO
Grosio
Vetta di Ron
Tresivio
Tremenico
Bellàno
Taceno
Sondrio
T. V
enin
a
Talamona
Postalesio
Berbenno
Castione
Le Prese
3323
Torre
di S. Maria
T. Livrio
Delébio Rògolo
Còsio 106
Regolédo
Monte Legnone
2610
Dervio
3114
Pizzo Scalino
Lanzada
Caspoggio
Chiesa
in Valmalenco
San Martino Corni Bruciati
Malghera
T. Fo
ntana
Cima del Desenigo
Primolo
3678
T. Mallero
Còlico
Monte Disgrazia
Bagni
del Màsino
T. Caldenno
Lago
di Mezzola
84
79
Cima Saoseo
3263
San Carlo
Poschiavo
Gran Zebrù
3851
Cima de' Piazzi
3439
Cepina
i
od
Lag chiavo
Pos
Somaggia
ra
T. Code
o
T. Màsin
Montemezzo
Livo Gera
Dosso d. Liro
Lario
Dongo
3378
42
La Rösa
Oga
Eita
Sasso Nero
2917
Chiareggio
Cima di Castello
San Cassiano
San Pietro
Samòlaco
Era
Pizzo Martello
2459
3308
4050
Passo del Bernina
Piz Palù
2323
3906
Ortles
3905
Bagni di Bormio
Premadio
T. Roasco
66
Vicosoprano
Villa
di Chiavenna Pizzo Badile
52
Passo del Muretto
2562
Bondo
CHIAVENNA
Mese
Soglio
Pizzo Bernina
T.
La
nte
rna
Campodolcino
Maloja
Isolaccia
Arnoga
Forcola
di Livigno
2315
Sils
Passo dello Stelvio
2757
Valdidentro
Passo del
Foscagno
2291
Solda
Solda
Giogo di Santa Maria
2503
Trepalle
Pianazzo
Pizzo Quadro
3013
1816
Piz Languard
3268
Silvaplana
Juf
Lag
3180
hi d
i Ca
nca
no
Pontresina
Julierpass
Bivio
Lago d
i Lei
Madesimo
Livigno
3057
Mera
3209
Cima la Casina
Samedan
Piz Nair
3392
Pizzo d'Emet
Isola
Sur
Stelvio
Stelvio
San Maria
Lago del Gallo
Piz Piatta
Montespluga
3159
Inn
Montechiaro
Montechiaro
Müstair
Piz d'Err
Piz Grisch
Innerferrera
Passo dello Spluga
Zuoz
Albulapass
2312
Julia
Curtegns 1864
Ausserferrera
Piz Quattervals
3418
Reno
Splügen
Medels
Pizzo Tambò
3279
Piz Kesch
Cunter
Saviore
Valle
Il sentiero dei Cervi
(Luciano Bruseghini)
106Museo
Civico di Storia Naturale di Morbegno
(Maria Gabriella Bianchi)
Capo
di Ponte
Làveno
Le Montagne Divertenti Monte Re di Castello
2889
Niardo
Niardo
© Beno 2013
2011 - riproduzione vietata
Localizzazione di luoghi e itinerari
7
L
e g e n d a
Schede sintetiche e tempistiche
Ogni itinerario è corredato da una scheda sintetica in cui vengono riassunte le caratteristiche principali
Ottimo anche per anziani non più autosufficienti
o addirittura sprovveduti turisti di città. Ideale
per la camporella, anche per le coppiette meno
esperte.
del percorso, tra cui dislivello, tempo di percorrenza e difficoltà. A fianco trovate una breve e divertente
spiegazione dei 7 gradi della “scala Beno” con cui viene valutato l'impegno complessivo richiesto dalla gita.
Non sono contemplate le difficoltà estreme, che esulano dalle finalità di questa rivista e dalle nostre stesse
capacità. Sotto la voce "dettagli", invece, viene espressa la difficoltà tecnica secondo la scala alpinistica
convenzionale, corredata da una breve spiegazione.
Le tempistiche, indicate nel testo descrittivo, sono progressive, cioè indicano il tempo necessario1 per
raggiungere la località partendo dall'ultimo riferimento crono-geografico2.
Le schede sintetiche sono affiancate da un box grafico che, esprimendo una valutazione su bellezza,
pericolosità e fatica, vi permetterà a colpo d’occhio di scegliere l’itinerario a voi più consono.
Si comincia a dover stare
attenti alle storte,
alle cavallette carnivore
e nello zaino è meglio mettere
qualche provvista
e qualche vestito.
1 - Se non emergono difficoltà tecniche, la velocità ipotizzata è di 350 metri di dislivello all'ora, oppure 3 km orari su itinerario pianeggiante.
2 - " [...] raggiungo la punta della Sfinge (m 2805, ore 0:30)" indica che per raggiungere la Sfinge occorrono 30 minuti partendo dal precedente riferimento
crono-geografico, che in questo caso era, qualche riga prima, la sella Ligoncino "[...] fino alla sella Ligoncino (m 2770, ore 2:15)." Per facilitare
l'individuazione dei riferimenti crono-geografici, questi sono tutti formattati in grassetto.
Bellezza
pericolosità
Quasi meglio il centro commerciale
Carino
Assolutamente sicuro
Bello
Anche per uomini larva
Nulla di preoccupante
Impegnativo
Assolutamente fantastico
Fatica
Basta stare un po’ attenti
Un massacro
Richiesta discreta tecnica alpinistica
Pericoloso (si consiglia una guida)
ore di percorrenza
dislivello in salita
meno di 5 ore
meno di 800 metri
dalle 5 alle 10 ore
dagli 800 ai 1500 metri
dalle 10 alle 15 ore
dai 1500 ai 2500 metri
oltre le 15 ore
oltre i 2500 metri
Le scarpe da ginnastica
cominciano ad essere
sconsigliate (sono d’obbligo
abito da sera e mocassini).
È meglio stare attenti
a dove si mettono i piedi.
Vertigini vietate!
Montagna divertente,
itinerario molto lungo
e ricco di insidie di varia
specie. Sconsigliato a tutti gli
appassionati di montagna non
esperti e non dopati.
8
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Itinerario abbastanza
lungo, ma senza
particolari difficoltà
alpinistiche.
È richiesta una buona
conoscenza dell’ambiente
alpino, discreta capacità
di arrampicare
e muoversi su ghiacciaio
o terreni friabili come
la pasta sfoglia.
È consigliabile una guida.
Valida alternativa
al suicidio. Solo per
persone con un’ottima
preparazione fisicoatletica ed esperienza
alpinistica. Servono
sprezzo del pericolo
e, soprattutto, barbe
lunghe e incolte.
Speciali
Clima
Del tarassaco fiorito coperto da una tardiva
nevicata primaverile in località Dàun Ciàn a
Montagna in Valtellina
(25 maggio 2013, foto Matteo Gianatti).
Matteo Gianatti
CLIMA:
FACCIAMO IL
PUNTO
Anomalie di temperature in Italia. La prima carta si riferisce
alla primavera (quella meteorologica, che va dall'1 marzo al
31 maggio): con circa +0,7°C rispetto alla media 1971-2000, è
addirittura la 26esima più calda degli ultimi 213 anni. È tuttavia
opportuno notare come le maggiori anomalie positive abbiano
riguardato principalmente il centro ed il sud, mentre al nord-ovest
le temperature sono state di circa 1 grado inferiori alla norma. Al
contrario, il mese di giugno (seconda carta) ha visto le maggiori
anomalie positive sulle regioni settentrionali, con scarti fino a
+1,5°C; complessivamente, invece, è risultato il 68° più caldo
degli ultimi 213 anni, con uno scarto di circa +0,3°C dalla media a
livello nazionale. Fonte: ISAC-CNR.
La scorsa primavera ha registrato quantitativi eccezionali di
precipitazioni soprattutto sulle
regioni settentrionali italiane.
Soltanto dal mese di giugno
si è verificata un’inversione di
tendenza, con scarti negativi
talora importanti e apporti irregolari. Nel contempo, dopo un
trimestre complessivamente
fresco, le temperature sono
tornate a risalire, consegnandoci
un'estate sopra media.
Scorrendo i giorni sul calendario,
forse non tutti hanno colto l’imman-
10
Le Montagne Divertenti cabile e lieto avvicinarsi della bella
stagione. In effetti, malgrado la vegetazione abbia ripreso (lentamente)
possesso dei suoi panni, di primaverile
s’è visto poco. Quanti giorni trascorsi
alla finestra, scrutando il cielo, in cerca
di una tregua. E invece niente. Acqua.
In particolare a maggio, quando si
va incontro alle giornate più lunghe,
ulteriore stimolo a rispolverare zaino
e racchette da trekking, e a seppellire
pelli e giacconi fino a nuovo ordine.
Non quest’anno, evidentemente.
Pioggia in pianura e frequenti nevicate in montagna. Con il termometro
che, anziché regalarci i primi agognati
boccheggi, sprofondava sempre più
giù. E le premesse non erano certo
delle migliori. Dopo un mese di aprile
praticamente invernale, anche maggio
si avviava a chiudere il proprio bilancio
pesantemente sottomedia.
Sulla scorta di queste sensazioni
"polari", i media hanno potuto ipotizzare l'arrivo di una nuova era glaciale.
Il meteorologo, ahimè, deve lottare
quotidianamente contro queste interpretazioni ogni qualvolta si verifica un
minimo scostamento dalle medie. Il
tempo atmosferico può variare molto
da un anno con l'altro e da un posto
all'altro, sicché il trend generale del
Autunno 2013
clima va letto sulle medie di più anni e
a livello globale, e non guardando fuori
dalla finestra!
Passiamo dunque ai dati. La scorsa
primavera, come detto, ha fatto registrare precipitazioni molto consistenti,
soprattutto sulle regioni del nord Italia
e in particolare su quelle di nordovest, dove ha piovuto quasi il doppio
rispetto alla media (+91%). A livello
nazionale, malgrado le piogge non
siano state dappertutto così importanti, la passata stagione primaverile è
risultata la terza più piovosa dalla fine
degli anni ’50 ad oggi (dopo quelle del
1978 e del 1959).
Le Montagne Divertenti Questa situazione è stata provocata da una forte anomalia negativa
delle correnti atmosferiche sull’Europa centro-occidentale e positiva su
quella orientale e settentrionale (basti
pensare ai quasi 30 gradi registrati
in Lapponia e a Mosca, record per il
mese di maggio). Ciò ha causato il
passaggio di frequenti perturbazioni
sulle zone ad ovest dell’Italia e sulle
Alpi, nonché avvezioni di aria calda
verso le regioni centro-meridionali, i
paesi dell’est ed il nord Europa. Per
questa ragione la temperatura media
nazionale è risultata leggermente più
alta della norma.
Lo scarso soleggiamento sulla regione
alpina, invece, ha influito soprattutto sulle temperature massime, che
sono state particolarmente contenute
(-1,4°C rispetto alla media del trimestre
primaverile: record dal 1987).
Il mese di maggio ha visto una
recrudescenza di tale anomala
mancanza di sole, con tempo
frequentemente perturbato e
freddo sull’Europa occidentale,
per la repentina discesa di aria
polare verso le basse latitudini,
e clima invece molto mite sul
comparto orientale.
Clima
11
Speciali
Clima
Anomalie delle altezze di
geopotenziale a 500 hPa in Europa
dall'1 marzo al 31 maggio (a
sinistra) e nel solo mese di maggio
2013 (a destra). Le tonalità dal blu
al violetto identificano le aree di
bassa pressione, con precipitazioni
frequenti e temperature sotto
la norma (anomalia negativa).
Viceversa, i colori caldi
corrispondono alle zone dove più
frequenti sono stati l’alta pressione e
il bel tempo, con temperature elevate
(anomalia positiva). Fonte: NOAA.
Rielaborazione di Matteo Gianatti.
Sondrio - Temperatura
media (dati omogeneizzati
fino al 2009). Malgrado la
suggestione popolare, la
primavera 2013 è soltanto la
ventunesima più fredda dal
1926, e quinta nell'ultimo
trentennio. Si noti inoltre
il sensibile riscaldamento
intervenuto dalla seconda
metà degli anni Ottanta.
Fonte dati: APAT (1926-1987),
ERSAF/ARPA (1988-2002), F.
Pozzoni - rete Meteo Network
(dal 10/2002); rielaborazione
di Matteo Gianatti.
In Italia, proprio a causa dei contrasti
termici innescati dallo scontro fra le due
masse d’aria (vedi cartine in alto), non
sono mancati, a fine mese, eventi meteorologici estremi, come tornado e trombe
marine, forti grandinate, piogge intense
e nevicate copiose fin sotto i 1000 metri
di quota su Alpi, Prealpi e Appennino
settentrionale. In particolare, l’ultima
decade di maggio, a dispetto del calendario, ha registrato l’anomalia termica
più vistosa: -3,1°C dalla media a livello
nazionale (-5,1°C al nord-est).
Tuttavia, grazie ad una parentesi più
mite a inizio mese, maggio ha chiuso
complessivamente con un’anomalia
più contenuta, sebbene i -1,7°C del
nord rappresentino il valore più basso
dopo il 1991.
Inoltre, i quantitativi di pioggia
cumulati sulle regioni settentrionali
(+102% della norma al nord-est)
consacrano il mese in questione come
il terzo maggio più piovoso dopo 1984
e 1975 (quinto, invece, a livello nazionale dalla fine degli anni ‘50).
12
Le Montagne Divertenti All’inizio di giugno, un
massiccio afflusso di aria umida
ha causato precipitazioni
abbondanti a nord delle Alpi
e in vaste regioni dell’Europa
centro-orientale, determinando
pesanti alluvioni.
Malgrado il sensibile aumento delle
temperature, per la prima vera ondata
di caldo estivo bisogna attendere la
metà del mese. Così, fra il 16 e il 19
giugno i termometri hanno raggiunto
diffusamente valori di 31-35°C in
pianura Padana come nelle vallate
alpine. L’ultima decade mensile ha visto
il ritorno di un tempo decisamente
fresco e a tratti umido, con nevicate fin
verso i 2000 metri di quota.
A livello italiano, giugno è risultato di circa un grado sopra la norma
1981-2010, mentre le precipitazioni,
la cui distribuzione è stata molto irregolare perché sotto forma di rovescio
e/o temporale, sono risultate molto
scarse in alcune regioni sudalpine.
Complessivamente, questa circolazione, decisamente inusuale per i
nuovi standard climatici a cui siamo
abituati nell’era del global warming,
non poteva che causare delle ripercussioni sensibili anche sullo sviluppo
della vegetazione. Per esempio, gli
aghi dei larici in Engadina sopra i
1500 metri sono comparsi con quasi
due settimane di ritardo rispetto alla
norma 1981-2010.
L’anomala
configurazione
ha
fatto sentire i suoi effetti anche in
provincia di Sondrio. Il capoluogo,
per esempio, ha chiuso il trimestre a -1,2°C dalla media 19812010 (maggio è risultato il mese più
scostato dalle medie trentennali, con
uno scarto di -2,4°C), archiviando la
primavera più fredda dal 1987. Anche
il mese di giugno ha chiuso termicamente sottomedia, sebbene l’anomalia
sia stata più contenuta (-0,5°C).
Concentrando l’attenzione sulle
precipitazioni si ha qualche dato più
significativo.
Autunno 2013
Sondrio - Pioggia primaverile
cumulata (1 marzo-31 maggio,
dati omogeneizzati fino al 2009).
La scorsa primavera è risultata
la quinta più piovosa dal 1926,
e al secondo posto nell'ultimo
trentennio, preceduta da quella
memorabile del 1983 e passata alla
storia climatologica valtellinese
per i suoi tragici dissesti. Fonte
dati: APAT (1926-1987), ERSAF/
ARPA (1988-2002), F. Pozzoni rete Meteo Network (dal 12/2002);
rielaborazione di Matteo Gianatti.
Sondrio - Piovosità
primaverile espressa
attraverso il numero di giorni
con accumulo maggiore o
uguale a 1 mm. Malgrado
l'alternarsi di primavere molto
piovose ad altre piuttosto
secche, non si registra alcuna
variazione di tendenza
significativa nell'ultimo
quarantennio. Fonte dati:
ERSAF/ARPA Lombardia
(1981-2010), F. Pozzoni rete Meteo Network (2013);
rielaborazione di
Matteo Gianatti.
A Sondrio, la primavera ha
raccolto un quantitativo di
pioggia pari al 60% in più della
norma 1981-2010. In particolare,
aprile è stato il mese più
piovoso, con un surplus del 96%
rispetto alla media trentennale.
Dall'1 marzo al 31 maggio le giornate piovose (sono conteggiate
quelle con apporto giornaliero pari
o maggiore a 1 mm) sono state 38
(contro una media di 26), di cui
ventuno concentrate fra il 20 aprile e
il 19 maggio. Il record spetta al 1986
con 42, seguito dalle 40 del 2001. Il
solo mese di maggio è stato funestato
dal passaggio di dodici perturbazioni
sull’Italia, che hanno decretato quindici giornate piovose (contro le undici
normalmente conteggiate) presso il
capoluogo valtellinese. Il dato non
rappresenta certamente un record:
questa volta il primato va infatti al
1988 con diciannove, ma casi analoghi
all’anno in corso si sono verificati nel
Le Montagne Divertenti primo decennio degli anni Duemila.
Infine giugno, coerentemente con
quanto osservato su scala regionale e
nazionale, ha visto una decisa riduzione delle giornate piovose, per lo più
concentrate nella prima e nell’ultima
decade mensile. I giorni con accumulo
maggiore o uguale a 1 mm, in questo
caso, sono stati nove su una media di
dieci.
Dal 16 al 19 giugno una moderata ondata di caldo ha interessato la
provincia di Sondrio. Il picco è stato
raggiunto il giorno 19, quando il
capoluogo ha registrato una temperatura massima di +31,3°C, con umidità
prossima al 50% e una temperatura
percepita di 33/34°C. Valori fra 31 e
33°C si sono misurati in tutto il fondovalle, mentre a Chiavenna la calura ha
toccato quota +34,4°C il giorno 18.
Malgrado i disagi causati dall’afa,
non è stata certamente fra le peggiori
ondate di caldo in provincia di
Sondrio. Basti pensare ai +37,3°C
del 2003, ai +37,2°C del 2005, o ai
+35,6°C del 2004, sempre nel mese
di giugno. Ma è sufficiente tornare
all’anno scorso per trovare una temperatura più alta, di quasi 33°C.
Primavera anomala, quindi? Sicuramente nell’ultimo decennio ci
eravamo abituati a ondate di caldo
sempre più precoci ed intense. Tuttavia
è bene ricordare che le configurazioni
atmosferiche dipendono da meccanismi complessi e sono molto variabili. Quest’anno l’Italia si è per caso
trovata sulla traiettoria delle correnti
fredde e umide provenienti dal nord.
Ma ci sarebbe bastato spostarci nel
nord Europa per trovare, negli stessi
periodi, un caldo da record.
Alcuni fattori su scala planetaria
riescono a influenzare il clima sull’Italia, benché le anomalie ad essi collegate abbiano sede in luoghi molto
distanti da noi. È il caso di quelle che
riguardano la temperatura delle acque
superficiali degli oceani a latitudini
tropicali ed equatoriali. La presenza
del Niño, ad esempio (anomalo riscalClima
13
Speciali
Clima
Sondrio - Temperatura (media aritmetica dei valori minimo e massimo giornalieri) e pioggia giornaliera cumulata dal 1 aprile al 31 luglio
2013. Media trentennale delle temperature dal 1981 al 2010 (escluso il 1987). I picchi di piovosità di aprile e maggio sono accompagnati da due
importanti cali di temperatura: nella terza settimana di aprile e dopo la metà di maggio. In particolare, il sensibile raffreddamento intervenuto
proprio a pochi giorni dal debutto dell'estate meteorologica (1 giugno) ha favorito il ritorno della neve fino a quote insolitamente basse per la
stagione (900 metri). Anche nella terza decade di giugno la colonnina di mercurio è tornata prepotentemente sotto la media per qualche giorno,
sebbene le precipitazioni siano risultate questa volta modeste. Viceversa, i termometri hanno raggiunto i massimi livelli verso la metà dei mesi
di aprile e giugno, durante le fasi più stabili e soleggiate, senza tuttavia registrare alcun nuovo record di caldo. Luglio, infine, ha osservato
temperature più alte del normale per tutto il periodo, in particolare alla fine del mese, con massime di 35/36 gradi sul fondovalle valtellinese.
L'arrivo di un intenso fronte temporalesco lunedì 29, sospinto da correnti più fresche, ha poi determinato un drastico e temporaneo calo termico.
Fonte dati: ERSAF/ARPA Lombardia (1981-2010), F. Pozzoni - rete Meteo Network (2013); rielaborazione di Matteo Gianatti.
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14 Le Montagne
Divertenti
Le Montagne
Divertenti
Autunno 2013
damento del Pacifico tra le coste del
Perù e quelle australiane), concorre a
rendere roventi le estati italiane.
Un secondo importante fattore, che
ci interessa più da vicino, è rappresentato dalle anomalie di temperatura delle acque oceaniche tra la
Costa d’Avorio e il golfo di Guinea.
Orbene, quanto più queste acque
sono fredde, tanto più l’ITCZ (Inter
Tropical Convergence Zone, o zona
di convergenza intertropicale: linea
immaginaria che delimita la circolazione monsonica nelle regioni tropicali) viene spostata verso nord. Ma le
sue oscillazioni determinano anche
l’allungamento delle alte pressioni
subtropicali fin sul Mediterraneo: in
altre parole, l’arrivo del caldo rovente.
Naturalmente vale anche il
contrario. E siccome dall’1 al 15
maggio le temperature delle acque
superficiali del golfo di Guinea sono
state di 1-2°C più alte del normale,
ecco spiegato il ritardo della bella
stagione alle nostre latitudini.
Tale anomalia s’è riassorbita soltanto
nell’ultima decade mensile: sarebbe
questa la causa della prima ondata di
caldo estivo sull’Italia dopo la metà di
giugno.
Il mese di luglio è stato caratterizLe Montagne Divertenti 24 maggio 2013: tra i due anticicloni, quello sull’Atlantico e l’altro sulla Russia, aria molto
fredda di estrazione artico-marittima taglia in due l’Europa e raggiunge le Alpi, dove
provoca maltempo di stampo quasi invernale con nevicate fin sotto i 1000 metri. Questa
situazione rispecchia pienamente l’anomalia osservata in primavera, e più in particolare
nel mese di maggio. Fonte: Wetterzentrale; rielaborazione di Matteo Gianatti.
zato dalla presenza di un vasto anticiclone sull’Europa che ha determinato
tempo soleggiato e caldo, interrotto
però da qualche temporale nelle prime
due decadi.
Nella penultima settimana, a causa
di una bolla anticiclonica sub-tropicale, si è verificata un’intensa ondata
di canicola in pianura Padana e a nord
delle Alpi, con temperature massime
Clima
15
Speciali
comprese fra 32 e 38°C tra il 25 e il
28 luglio (in particolare, sull’altopiano
svizzero non si registravano valori
simili dal 2003).
La calura è stata bruscamente interrotta lunedì 29 da un’attiva perturbazione temporalesca, sospinta da fresche
correnti nord-atlantiche, le quali
hanno determinato un calo termico di
16/17°C in 24 ore. A sud delle Alpi,
il transito frontale ha causato piogge
abbondanti e grandinate sulle Orobie
(50-70 mm), e persino fenomeni
tornadici tra Milanese e Brianza.
Le temperature mensili di luglio
sono state di 1-3°C superiori alla
norma sulla maggior parte d’Europa.
In particolare, le aree più colpite dal
caldo anomalo hanno registrato scarti
dalla media di 5-7°C nell’ultima
decade.
Nonostante le precipitazioni talora
abbondanti, specie a fine mese, il
bilancio idrico è risultato generalmente deficitario. Nelle zone alpine
più interne le precipitazioni sono state
particolarmente scarse, con meno della
metà dei quantitativi previsti (Bormio
33%, Samedan 46%), mentre le
anomalie sono state più contenute in
Ticino e nell’area sud-alpina (Sondrio
71%, Lugano 91%).
E agosto? L’inizio del mese ha
visto il ritorno immediato dell’anticiclone nord africano, che ha consegnato all’Europa un’ondata di caldo
ancora più intensa e duratura di quella
appena trascorsa. Il picco s’è gradualmente spostato dalle nazioni occidentali verso quelle orientali, passando
anche per l’Italia, dove le temperature
hanno raggiunto i 35-39 °C in molte
località da nord a sud.
Sul finire della prima decade, una
nuova perturbazione atlantica ha
spazzato via la canicola a partire dalle
Alpi centro-occidentali e al nord-ovest
(forti piogge e temporali hanno interessato soprattutto il Verbano e l’alto
Ticino, con accumuli localmente
superiori a 110/130 mm in 24 ore).
Nel frattempo, l’onda di calore ha
sfoderato i massimi effetti sui Balcani,
portando le temperature oltre i 40
gradi.
Dunque, chi sperava o temeva un
nuovo anno senza estate, ha dovuto
ricredersi. D’altra parte, le previsioni
stagionali, più che mai legate allo
16
Le Montagne Divertenti Gli ultimi istanti che hanno preceduto
l’arrivo su Sondrio della straordinaria
grandinata supercellulare che l'11
luglio 2012 ha percorso la Valtellina,
causando gravi danni alle colture
ortofrutticole e ai fabbricati in località
Fiorenza (foto Matteo Gianatti).
Tra i fenomeni meteorologici anomali
ed estremi che da anni vanno sempre
più prendendo largo anche in Italia,
va certamente annoverato quello
legato alla precipitazione di chicchi
ghiacciati. Infatti, così com'è cambiato
il modo di piovere, con il verificarsi
sempre più frequente di vere e proprie
"bombe d'acqua", allo stesso modo
sta cambiando il modo di grandinare.
Spesso eventi molto forti colpiscono
aree ristrette in intervalli di tempo
limitati, con chicchi grandi, venti
tempestosi e talvolta tornado. Quando
succede, i disagi sono notevoli sia per
l'agricoltura, che per le città coinvolte.
Piantagioni distrutte, danni alle
auto, alle strutture, strade coperte
da coltri di ghiaccio spesse fino a
svariati centimetri. Le produzioni
sono compromesse, il traffico in
tilt. Gli esempi dell’acutizzarsi di
questi fenomeni sono numerosi e
provengono da ogni parte del mondo.
Il 2 giugno 2013 una fortissima
grandinata imbianca Città del Capo, in
Sudafrica. Pochi giorni dopo, la stessa
sorte è toccata a Campobasso. Nella
giornata del 13 luglio la grandine ha
mandato in fumo il raccolto di alcune
coltivazioni nella zona di Brescia.
Il giorno 22, forti rovesci e pezzi di
ghiaccio hanno interessato anche la
provincia di Sondrio, quest'anno alle
prese con una delle estati più secche
dell'ultimo secolo.
Grandinate sempre più violente sono
una conseguenza del cambiamento
climatico, sintomo che qualcosa nella
nostra atmosfera si sta modificando. Il
caldo e il ristagno di umidità nei bassi
strati aumentano la probabilità di
andare incontro a fenomeni estremi. E
sono eventi con i quali, forse, dovremo
abituarci a convivere.
studio delle teleconnessioni, rappresentano una branca della meteorologia ancora in fase sperimentale. Al
momento, infatti, non sono auspicabili previsioni attendibili oltre una
settimana.
A Sondrio, dal 1 giugno al 20
agosto sono caduti soltanto 140 mm
di pioggia: un dato negativo quasi
eccezionale, considerando che dal
1926 a oggi fecero peggio soltanto
quattro estati (l’ultima nel 1991, con
132 mm). Ciò nonostante, con una
temperatura media di +22,0°C (calcolata fino al 20 agosto), quella del 2013
non rientra nella top ten delle estati
più calde. Solo negli ultimi anni è
preceduta dal 2009, dal 2006 e dal
2012. In cima alla classifica troviamo
l’inarrivabile
2003
(+24,0°C).
Quest’anno, le anomalie più significative le abbiamo registrate nella seconda
decade di giugno (+2,5°C dalla media
1981-2010) e nella prima di agosto
(+1,8°C). Sempre in agosto, la pioggia
caduta nei primi venti giorni rappresenta soltanto il 36% del valore medio
previsto entro la fine della seconda
decade.1
8 agosto 2013: giornata storica per i Balcani. Dopo
che decine di record erano già stati battuti tra la fine
di luglio e i primissimi giorni di agosto in Austria,
Repubblica Ceca e Slovenia, l’ondata di caldo ha
raggiunto la sua massima intensità, segnando nuovi
primati con temperature fino a 41-42°C in molti
paesi dell’est Europa. Fanno notizia anche i +39,7°C
registrati il giorno prima a Bologna (record dal 1983).
Fonte: Wetterzentrale; rielaborazione di Matteo
Gianatti.
1 - Fonti consultate:
ERSAF/ARPA Lombardia
ISAC-CNR
Meteo Giornale
Meteo Giuliacci
Meteo Network
Meteo Svizzera
Meteo.it
NOAA
Wetterzentrale
Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Clima
17
Speciali
Cordate d'altri tempi
Raffaele Occhi
Tre grandi ascensioni sulle montagne di Valtellina sono l'occasione per ricordare
alcuni dei più grandi personaggi dell'alpinismo pionieristico che si dedicarono
con costanza alla conoscenza delle Alpi, percorrendone creste, pareti e vallate.
Vi parleremo di loro e delle loro salite, così chi avrà il coraggio di ripeterle potrà
apprezzare le capacità di questi alpinisti, tanto più straordinarie considerando
i mezzi estremamente rudimentali a loro disposizione.
18
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
"Sperduti nel buio" scrisse Alfredo Corti commentando questa foto scattata sul ghiacciaio del Roseg
nell'agosto del 1906 (foto Alfredo Corti - © CAI sez. Valtellinese).
Le Montagne Divertenti Cordate d'altri Tempi
19
Speciali
Personaggi
Pizzo di Coca e cime d'Arigna
Alfredo Corti
e le
“D
Orobie
ove trovare te stesso? Sempre
nell'incantesimo più profondo
che tu abbia subìto”, leggiamo nel Libro
degli amici di Hugo von Hofmannstal.
Alfredo Corti (1880-1973), quell’incantesimo lo dovette subire fin dall’infanzia quando, dal terrazzo solatio di
Tresivio, allungava lo sguardo verso
le Orobie misteriose e scure al di là
dell’Adda con le vette dai nomi enigmatici come il pizzo del Diavolo. E
poi, educato da suo padre “all'ammi‑
razione e al godimento della montagna”,
all’osservazione dei fenomeni naturali
che si offrivano ai suoi occhi curiosi,
ne restò ammaliato, facendo così della
montagna quel regno privilegiato nel
quale si esplicò armoniosamente la sua
vita di alpinista e di scienziato.
“Le Orobie furono il primo amore del
Corti – scriveva Il Popolo Valtellinese nel
1930 –, ed ancor quando altre imprese
tra montagne ben più famose lo distras‑
sero, il suo cuore restò devoto alle belle
vette che dalla sua Tresivio si ammirano
splendenti nel tramonto di fiamma.”
Cominciò a percorrerle che aveva
undici anni quando, col padre Linneo
e la guida Giovanni Bonomi, salì il
pizzo di Rodes. Da allora non smise
di frequentarle nemmeno quando
la carriera universitaria lo portò
dapprima a Parma, poi a Bologna
e infine a Torino, quale docente di
anatomia comparata. Ma oltre a
frequentarle, solo o in compagnia, dal
versante valtellinese e da quello bergamasco, negli anni giovanili e in quelli
più maturi, le Orobie volle pure farle
conoscere, illustrandole con i suoi
scritti. Cominciò con alcuni articoli apparsi sulla Rivista Mensile del
CAI agli inizi del ‘900, descrivendo
con quella puntigliosità e precisione
geografica che sarà un suo tratto caratteristico una serie di ascensioni da lui
compiute, poco più che ventenne,
nella parte centrale della catena
orobica.
Pizzo del Diavolo, Recastello “dagli
accigliati baluardi” e Gleno sono le
vette salite nel luglio del 1900 insieme
a G. Castelli partendo dal Rifugio
20
Le Montagne Divertenti Curò. A fine agosto, portatosi solo
soletto al rifugio Guicciardi, Corti si
aggregò alla guida Giovanni Bonomi e
ai suoi clienti, e insieme salirono l’inviolato pizzo degli Uomini da dove
“tra uno sdruscio della nuvolaglia ci
apparve la parete di Val d'Arigna del
Pizzo di Coca, e la esile puntina della
Scais, quanto basta per elettrizzare
un amatore d'arrampicate”. Forse fu
quest’altro incantesimo a indirizzare
le sue scelte verso “l'alpinismo puro,
per il godimento complesso e completo
della montagna, senza preferenza di
una delle infinite sue beltà”, come
scrisse nel contributo ai Saggi sulla
psicologia dell'alpinista di A. Hess del
1914. E il pizzo di Coca, lo raggiunse
già l’anno dopo “per il grande colatoio
che vi scende direttamente sulla parete
occidentale”, insieme all'amico Rino
Schiantarelli. Un’altra volta il pizzo
di Coca gli diede un “supremo amma‑
estramento” quando, rotolati rovinosamente giù per il canalone nord e
finiti in un crepaccio, lui si fratturò
un polso e lo sterno, il suo compagno,
prof. Guido Vernoni, il femore1.
Se passiamo in rassegna le sue ascensioni nelle Orobie, ci troviamo di
fronte ad un’attività alpinistica protrattasi per oltre cinquant’anni, con l’apertura di numerose vie nuove. Tanti
nomi si successero fra i suoi compagni
di cordata, a partire dai “maestri” dei
primi del ‘900, il prof. Mario Bezzi
e il prof. Bruno Galli-Valerio, coi
quali condivise non solo la passione
per la montagna, ma anche quella
per le scienze naturali; ci furono poi i
suoi fratelli Plinio e Bruno, le guide
Andrea Valesini e Ignazio Dell’Andrino, ci furono Rino Rossi, gli allievi
Giuseppe Fojanini e Peppo Perego,
ma prima ancora il prof. Amedeo
Pansera e il prof. Bruno Credaro.
Con quest’ultimo, insieme a Silvio
Saglio, il Corti ricevette nel 1934 l’incarico di predisporre il volume Alpi
Orobie della Guida dei Monti d’Italia.
Sebbene non più giovane, e nono1 - Vedi: Antonio Boscacci, Un incidente famoso, Le
Montagne Divertenti - n.16 primavera 2011.
stante gli impegni universitari a
Torino, il suo legame affettivo con le
Orobie gli fece accettare questo ulteriore impegno per “nostalgico dovere”;
lui curò la porzione centrale della
catena, quella alpinisticamente più
interessante, tra il passo Belviso e il
passo Venina, che (ri)esplorò tutta
in modo sistematico nell’estate del
1935, con una coda l’anno successivo, insieme al figlio Nello e alla
guida Oreste Lenatti. L’attività alpinistica del Corti fu rivolta soprattutto a
raggiungere una conoscenza armonica
e quanto più possibile esatta, anche
con l’ausilio della fotografia.
La guida, ormai pronta nel 1938,
vide la luce solo nel 1957. Il Corti,
“Nestore dell'alpinismo italiano” e
“naturale anello di congiunzione tra
l'alpinismo classico e quello moderno”
– così lo definì Massimo Mila – in
quelle pagine stigmatizzava “il sempre
più largo impiego di mezzi artificiali,
anche su itinerari noti e percorsi in
sicura arrampicata libera”, e confidandosi con l’amico Credaro, sottolineava
la necessità di “ridare agli uomini il
gusto della montagna, goduta sotto tutti
i suoi aspetti, non soltanto sotto quello
dell'arrampicata pura”. Così, dalle
pagine della guida invitava anche ad
ammirare due specie vegetali endemiche delle Orobie centrali che non si
riscontrano in nessun’altro luogo sulla
terra, la Sanguisorba dodecandra e la
Viola Comollia.
“Per lui – ancora Mila – tutto viveva:
viveva 1’albero, viveva il bosco, viveva
il filo d’erba che spunta con stento fra
le rocce dove stai facendo un’ assicu‑
razione, vivevano le pie­
tre, viveva,
muovendosi, strisciando, allargandosi e
com­primendosi, il ghiacciaio”.
Nelle Orobie presero il suo nome,
lui ancora vivente, il bivacco Alfredo
Corti in alta val d’Arigna, costruito
nel 1930 dalla Sezione Valtellinese
del CAI, e la cresta Corti alla punta di
Scais, meta ambita dei migliori alpinisti, da lui percorsa integralmente per
la prima volta nel 1926 con Augusto
Bonola. Sempre di quegli anni fu la
Autunno 2013
Al rifugio Coca (m 1891) Alfredo Corti abbracciato con un amico (ottobre 1938, foto archivio Alfredo Corti - © CAI sez. Valtellinese). Il rifugio
fu costruito nel 1919 dalla Sezione di Bergamo del CAI e allora constava in un solo locale. Venne poi ampliato in varie fasi a partire dal 1955.
cavalcata dal passo di Coca a quello
del Diavolo. Ancora nel 1949, sempre
sulla breccia, Corti si cimentò con una
via nuova sulla parete O del pizzo del
Diavolo di Tenda.
Se le Orobie furono il primo amore
mai rinnegato di Corti, le fronde della
sua vita si svilupparono rigogliose ben
oltre quelle montagne, nell’attività
alpinistica che spaziò dal Bernina alle
Le Montagne Divertenti Alpi occidentali, nella carriera accademica e anche nell’impegno civile.
Corti, infatti, fu sempre “avversario
impavido del fascismo e delle sue asservite
clientele” – così nel ricordo di Pietro
Gini –, provando sulla propria pelle
l’ostracismo, il carcere e il confino,
radiato dal CAI e destituito dall’insegnamento (“responsabile di frasi volgari
e oltraggiose contro l’Italia, il DUCE e
la politica del Regime”). Durante la
guerra si unì alle formazioni partigiane in valle d’Aosta col figlio Nello.
Reintegrato nel ruolo universitario,
al termine della carriera ricevette la
medaglia d'oro del Presidente della
Repubblica per benemerenze culturali.
Nel 1964 fu nominato socio
onorario del CAI assieme ad Aldo
Bonacossa e Ugo di Vallepiana.
Cordate d'altri Tempi
21
Speciali
Personaggi
Cresta SE del Corno di Campo
sangue femminile e doppio sangue blu
L’
artefice del primo percorso
integrale della cresta SE del
Corno di Campo fu senza dubbio
Aldo Bonacossa. Quella cresta,
infatti, l’aveva già tentata più volte:
la prima nel 1925 con Ester della
Valle di Casanova (“desistendone dopo
la nostra apparizione nello Spettro di
Brocken”). Nel 1930 vi si era cimentato insieme al colonnello E.L. Strutt
(poi presidente dell’Alpine Club);
quando però cominciarono le difficoltà e lo Strutt si rese conto di non
poter controllare il suo braccio per le
ferite riportate nella grande guerra,
evitarono il tratto più impegnativo
della cresta nel vallone di Scispadus,
riprendendola solo in prossimità della
vetta.
Nel settembre del 1931, vi provò
addirittura con un sovrano, re Alberto
del Belgio, e con Walter Amstutz
(“respinti causa la troppa neve e il
vetrato, in una giornata di vento
glaciale”).
Alla fine però la cresta si arrese,
nell’ottobre del 1931, ad una cordata
di sangue femminile e di doppio
sangue blu: ne facevano parte Ninì
Pietrasanta, il conte Aldo Bonacossa
e il conte Ugo di Vallepiana.
N
ata a Parigi da genitori milanesi, Ninì Pietrasanta (19092000) fu una delle migliori alpiniste
degli anni ‘30 del secolo scorso. La
sua prima ascensione in cordata fu la
punta Gnifetti, e da quel momento
Ninì spaziò, Pellegrina delle Alpi (così
il titolo del suo libro di memorie e
riflessioni alpine del 1934), un po’ per
tutto l’arco alpino e gli Appennini, a
piedi o con gli sci.
Per restare fra le montagne a noi
più vicine dell’Ortles-Cevedale dove
incontrò ancor freschi i segni della
grande guerra, con la guida Giuseppe
Chiara aprì una via nuova alla Thurwieser “per la cresta sud, attraverso una
roccia friabile, dall’aspetto selvaggio,
dagli altissimi balzi; ed ebbe per me
tutto il fascino dell’ignoto, poiché
tentavo, in uno stato d’animo spiega‑
22
Le Montagne Divertenti sfruttate in chiave propagandistica
dal regime assegnando loro nel 1937,
addirittura per mano del Duce, le
medaglie al valore atletico del CONI.
Nel 1938 Boccalatte morì travolto
da una scarica di sassi all’Aiguille de
Triolet. Ninì, rimasta vedova con un
figlio, curò la pubblicazione dei suoi
diari alpinistici, dati alle stampe nel
1939 col titolo di Piccole e Grandi Ore
Alpine. Oltre che fra quelle pagine, il
ricordo delle loro avventure alpine è
fissato in una serie di bei filmati della
Pietrasanta fra cui “Sci‑alpinismo al
Piz Palu” e “Arrampicata sulle Grandes
Jorasses”.
Ninì Pietrasanta e Gabriele Boccalatte al
rifugio della Noire (1935, archivio Pietrasanta).
bile, per la prima una via sconosciuta”.
Ormai apprezzata nell’ambiente
alpinistico si legò in cordata con alpinisti famosi. Nell’estate del 1932 nel
gruppo del Bianco avvenne l’incontro
con Gabriele Boccalatte che segnerà la
sua vita. Insieme a Chabod, Zanetti
e Ghiglione salirono una punta
inviolata delle Périades che, ricorda
Chabod, fu battezzata “col nome
di Pointe Ninì, in onore della nostra
valorosa compagna Ninì Pietrasanta”.
Pochi giorni dopo, la ragazza, Boccalatte e Chabod andarono ai Drus. “Fra
la Ninì e Gabriele vi è stato il classico
«coup de foudre»”, e così Ninì Pietrasanta divenne “la compagna delle sue
future imprese e, dal 1936, della vita”
di Boccalatte. Fra le principali ascensioni in coppia va ricordata la prima
assoluta della parete ovest dell’Aiguille Noire de Peutérey (dopo che un
primo tentativo si era concluso con
una ritirata quasi tragica nel mezzo
di una tremenda tempesta), la prima
della parete SO dell’Aiguille Blanche
e infine il pilone NE del Mont Blanc
du Tacul, oggi chiamato Pilier Boccalatte. Grandi imprese, che vennero
Aldo Bonacossa in val Viola Poschiavina
(1960, foto Renato Chabod).
C
he il Corno da Campo –
appartenente a un gruppo
montuoso minore delle Alpi Retiche
fra i ben più noti gruppi dell’Ortles e
del Bernina – fosse finito nel mirino
di Aldo Bonacossa (1885-1975),
non dovrebbe destar meraviglia in
chi abbia una qualche conoscenza di
storia dell’alpinismo. Siamo infatti
in presenza di un alpinista – così
Massimo Mila – “la cui conoscenza
Autunno 2013
sbalorditiva delle Alpi, insieme a un’at‑
tività la cui intensità ha del fantastico,
produce una quantità tale di prime
ascensioni e vie nuove, da scoraggiare
ogni velleità di elencazione. Dove non si
trovano, dalle Marittime fino all’Ortles
salite nuove di Bonacossa?”
Un suo tratto distintivo fu quello di
non limitarsi alle montagne più note
ed attraenti, bensì di ricercare anche
quelle più riposte e trascurate, talvolta
più affascinanti (basti pensare alla val
Viola Poschiavina coi suoi splendidi
laghi dominati dal Corno di Campo
e dal Corno Dosdé, o alle segrete
bellezze della val Grosina), scoprendo
spesso percorsi di classe che erano
sfuggiti a tutti.
La sua ineguagliabile conoscenza
delle Alpi lo portò a redigere due
autentici gioiellini della guida dei
monti d’Italia. Il primo, Regione
dell’Ortler, vide la luce nel 1915;
ancor oggi, a quasi un secolo di
distanza, oltre ad essere un volume di
pregio per bibliofili, è una miniera di
informazioni dettagliate. Il secondo,
Masino-Bregaglia-Disgrazia, apparve
vent’anni dopo; a riprova della qualità
del lavoro, Giovanni Rossi, che ne
curò l’aggiornamento per l’edizione
del 1976, volle che il nome di Bonacossa figurasse ancora quale primo
autore.
L’attività alpinistica di Bonacossa,
socio del CAAI fin dal 19061, non si
fermò però alle Alpi, ma si estese ai
Pirenei, alla Sierra Nevada, alle Ande.
Fu pure un precursore dello sci-alpinismo, percorrendo quasi tutte le Alpi
con gli sci, dalle Marittime alle Giulie.
Fu compagno di cordata di personalità celebri e meno celebri, rappresentanti dell’alpinismo classico e di quello
moderno, dell’uno e dell’altro sesso;
fra i valtellinesi ricordiamo in particolare il prof. Alfredo Corti, Bruno Sala
e Rino Rossi. Grande venerazione
serbò sempre per due guide alpine
alla cui memoria volle rivolgere un
pensiero reverente: “Christian Klucker,
mio primo maestro sul ghiaccio” e
“Bortolo Sertori, mio primo maestro sul
granito”.
1 - Fu anche presidente del CAAI dal 1933 al 1945
e membro dell'Alpine Club di Londra dal 1912.
Le Montagne Divertenti U
go Ottolenghi, conte di Vallepiana (1890-1978), è tratteggiato con poche limpide pennellate da
Massimo Mila: “uno di quegli alpinisti
il cui arco d’azione scavalca inesauribile
le due guerre: un alpinista che ha avuto
il privilegio d’andare in montagna con
Preuss e con Gervasutti, un alpinista
che con la prima ripetizione del monte
Bianco dal Brouillard per il Col Emile
Rey e il Picco Luigi Amedeo (e prima
senza guide), eseguita con Pfann nel
1911, sembra venirci incontro ancora
dall’epoca gloriosa dei pionieri”.
Sul suo “carnet des courses”, dove
annotò puntualmente le ascensioni compiute fra il 1905 e il 1967,
troviamo un elenco di oltre 1100 vette
sparse un po’ per tutte le Alpi e fin nel
Caucaso – sia cime famose che cime
dimenticate, raggiunte tanto a piedi
che con gli sci – e i nomi di molti
personaggi, illustri e meno illustri, che
condivisero con lui quella passione
per la montagna che lo accompagnò
per l’intera esistenza.
Refrattario
all’autocelebrazione,
non scrisse molto su di sé; fu invece
autore di diversi articoli e guide sciistiche, nonché di un apprezzato
Manuale di sci, pubblicato nel 1921.
Tuttavia, già più che ottantenne,
si lasciò convincere a pubblicare i
suoi Ricordi di vita alpina, una deliziosa raccolta di bozzetti autobiografici ricchi di aneddoti, dallo stile
scorrevole ed antiretorico, talvolta
pungente e sferzante, da cui traspare
pienamente il suo carattere fermo ed
inflessibile, me nel contempo ironico
e scanzonato.
Spulciando fra quelle pagine, eccolo
rimarcare con fermezza la sua dignità
di “italiano ed ebreo”, proprio al
tempo in cui “quel tale che si chiamava
«Duce»” si preparava a emanare le
leggi che nel 1938 avrebbero decretato
l’espulsione del nostro dal CAI, la sua
radiazione dall’esercito, e negli anni
successivi il trasferimento di qualcuno
dal suo stesso cognome Ottolenghi ad
Auschwitz.
Eccolo poi presentarci con un senso
di freschezza e leggerezza la “figura
quasi leggendaria di Paul Preuss”, con
cui nel gruppo del Bianco fece la
prima salita al Pic Gamba, sottolineandone soprattutto il carattere allegro
e scanzonato.
Molte sue pagine sono dedicate allo
sci-alpinismo come quando, presidente dello “Sci club Pane e Cipolle”
(com’era chiamato per la sua sobrietà
lo Sci CAI Milano), condusse “quei
pazzi di italiani” su per il crepacciatissimo ghiacciaio dell’Eiger, o quando,
travolti lui e l’amico da una valanga
nelle Orobie valtellinesi, si confessarono con sincerità che, ritrovatisi salvi
ma non sapendo nulla della reciproca
sorte, avevano pensato entrambi: “È
terribile, però in fondo è meglio che sia
successo a lui che non a me”! Ancora le
Orobie furono teatro del suo arresto
in tempo di guerra, per presunto spionaggio, e del successivo soggiorno
nelle carceri di Sondrio.
Ma, oltre che d’essere alpinista
accademico2 e sciatore, Vallepiana
fu sempre fiero d’essere alpino, nelle
cui fila ebbe a combattere durante la
grande guerra. Con Joseph Gaspard,
guida di Valtournanche, compì la
famosa salita, sotto il fuoco austriaco,
del camino degli alpini sulla Tofana
di Rozes, che valse loro la medaglia
d’argento sul campo. “Chi porta la
penna per un giorno, la porta per tutta
la vita”, era il motto di Ugo di Vallepiana. E quando se ne andò, volle che
il suo cappello d’alpino lo accompagnasse anche nell’ultimo viaggio.
2 - Socio del CAAI fin dal 1912, Vallepiana ne
divenne presidente nel 1969, carica che ricoprì per
bel 14 anni.
Ugo di Vallepiana (1979, foto E. Romanini).
Cordate d'altri Tempi
23
Speciali
Cresta SO del Roseg
“L
’ultima tra le vie aperte al
Roseg in ordine di tempo, ma
la più bella, grandiosa ed interessante”,
scriveva Alfredo Corti nella vecchia
guida delle Alpi Retiche Occidentali
a proposito della cresta SO del Piz
Roseg; quanto a difficoltà, “consiglia‑
bile solo ad alpinisti espertissimi”.
Ed “alpinisti espertissimi” dovevano
quindi essere coloro che per primi la
percorsero per intero nel 1909. Come
i pionieri che quasi cinquant’anni
addietro erano calati dall’Inghilterra
a metter piede per primi sul Roseg
insieme alle loro guide svizzere, anche
stavolta – ripreso il palcoscenico
ai tedeschi e agli italiani – furono
gli inglesi, G.L. Stewart e C.G.G.
Stewart, accompagnati da due guide
di gran valore, il francese Alphonse
Simond di Chamonix e lo svizzero
Ferdinand Summermatter di Randa,
a cimentarsi vittoriosamente con l’ultima cresta inviolata del Roseg.
Dei due inglesi si sa che il primo era
entrato a far parte dell’Alpine Club
nel 1900, il secondo nel 1912; ma
mentre di quest’ultimo, al di là del
Roseg, non sappiamo altro, di G.L.
Stewart, così come delle sue guide,
cerchiamo di ricostruire seppur lacunosamente un po’ di carriera alpinistica sulla base delle salite riportate
nell’Alpine Journal.
Nei primi anni egli si affidò a due
guide svizzere, Johann e Ferdinand
Summermatter di Randa, e con
loro nell’agosto 1899 salì l’Aiguille
d'Argentière, e l’anno successivo la
Sudlenspitze, sottolineando la novità
degli ‘Steigeisen’ (ramponi), che sulle
creste ghiacciate “furono utili e proba‑
bilmente fecero risparmiare tempo” .
Abili sui ghiacci del Bianco e del
Vallese, tanto le guide quanto il loro
cliente si dimostrarono non meno
capaci sulle rocce delle Dolomiti.
Nel luglio 1902, dopo una puntata
alle Cinque Torri, eccoli affrontare
la parete SE della Tofana di Rozes,
seguita dalla traversata della Tofana di
Mezzo.
Nell'agosto del 1907 G.L. Stewart
e le guide Zaccaria Pompanin e F.
24
Le Montagne Divertenti Summermatter aprirono una nuova
via sulla parete NO della Piccola
Civetta, 1000 metri di dislivello
con difficoltà fino al IV grado. Nel
dicembre dello stesso anno – con
grandi festeggiamenti per il giubileo
dell’Alpine Club – G.L. Stewart
venne eletto membro del Consiglio
Direttivo.
Il 1908 iniziò tragicamente: il
giorno di capodanno, durante un
tentativo invernale allo Schwarzhorn
con alcune guide di Saas Fee, uno
dei compagni di Stewart precipitò
e morì; lui, testimone oculare, ne
lasciò un ampio resoconto sull’Alpine Journal. Non rinunciò però alla
montagna. L’estate dello stesso anno
salì le torri del Vajolet e la parete E
del Catinaccio, con F. Summermatter.
Quest’ultimo, in chiusura di stagione,
salì la parete S della punta Grohmann
con due clienti inglesi.
Arriviamo così all’anno di grazia
1909. A G.L. Stewart si era aggregato C.G.G. Stewart, alla guida F.
Summermatter la guida Alphonse
Simond.
Quest’ultimo nome richiama a
molti di noi i modelli di piccozze o
ramponi prodotti dal noto marchio
di attrezzature da montagna, gestito
dai discendenti dell’omonima dinastia di guide originaria della valle di
Chamonix. Ebbene, fra gli epigoni
di quella dinastia di guide vi è sicuramente anche Alphonse Simond.
Seguiamone un po’ le tracce. Nel
luglio 1898 accompagnò l’alpinista e
fotografo Emile Fontaine nella quarta
ascensione del Dent du Requin.
Neanche un mese dopo, con Joseph
Petigax e Laurent Croux, fu al servizio
nientemeno che di Luigi Amedeo di
Savoia, duca degli Abruzzi, in occasione della salita all’Aiguille Verte per
la vergine Aiguille Sans Nom.
La sua reputazione aumentava di
grado. Walter Larden, autore del
volume Recollections of an old mountai‑
neer, ricorda che nel 1901 trovò in
Alphonse Simond, che lo guidò con
maestria all’Aiguille Verte e al Petit
Dru, “un uomo di prima classe”. Per
salire in sicurezza il couloir Whymper
alla Verte partirono nel cuore della
notte. “Fu una nuova esperienza –
ricorda Larden ­– superare il crepaccio
terminale al buio; Alphonse gradinava,
tenendo la lanterna fra i denti”.
Nell’agosto 1902 venne ingaggiato da un gentleman inglese, G.
B. Tunstall-Moore, con un obiettivo
ambizioso: salire le Grandes Jorasses
per la via normale e scendere per
cresta al Col des Hirondelles. Si erano
conosciuti due anni prima, quando
avevano compiuto la prima traversata effettiva del Col des Courtes, tra
l’Aiguille Mummery e l’Aiguille de
Triolet. Stavolta era con loro il portatore Alexis Brocherel. Raggiunta la
vetta delle Jorasses alle 6 di mattina,
iniziarono subito la discesa fin dove
la cresta, a circa a metà percorso tra
la vetta e il colle, presenta un salto di
forse 50 metri. Le rocce erano coperte
di vetrato. Nonostante avessero con sé
una dozzina di chiodi e una corda di
riserva per le doppie, ritennero l’impresa troppo rischiosa, e ritornarono
così sui loro passi (dovettero passare
9 anni perché quella cresta venisse
discesa integralmente, con un gran
numero di corde doppie; e ben 25
anni per la prima salita).
Nell’agosto 1903 Simond era al
servizio di due clienti inglesi, insieme
a J.P. Ravanel, nell’Oberland Bernese.
Le guide, entrambe di Chamonix,
erano ansiose di mettersi alla prova
in una regione a loro sconosciuta.
Pieno successo allo Schreckhorn, il
quattromila più a nord delle Alpi,
seguito dalla conquista di una punta
inviolata che, “con l’approvazione di
Mr. Coolidge” venne battezzata Klein
Nässihorn. Nei giorni successivi
raggiunsero il Wellhorn; i due inglesi
erano raggianti, affascinati dal trovarsi
per la prima volta sulla cima di una
montagna avanti il sorger del sole.
Alphonse Simond, oltre che guida
alpina di alto livello, doveva essere
anche eccellente sciatore se – come
riporta l’Express du Midi – in una
gara di sci di fondo di 22 km tenutasi a Chamonix il 4 gennaio 1908, si
classificò al primo posto nel tempo di
1h e 39 minuti.
orniamo finalmente al Roseg.
La cordata dei due Stewart
con Summermatter e Simond lasciò
T
Autunno 2013
la capanna Mortèl (oggi Coaz) alle
2 di notte, risalì il ghiacciaio al lume
di lanterna e raggiunse il passo Sella
alle 4:30. C’era un forte vento freddo
da ovest, il cielo era fosco e nell’attesa
che facesse chiaro i quattro trovarono
riparo sul lato S del crinale. Seguirono poi quasi integralmente il filo
di cresta, eccetto qualche breve tratto
nella parte superiore; un breve camino
con le rocce fortemente incrostate di
ghiaccio fece perder loro mezz’ora,
finché si decisero ad aggirarlo sul lato
SE. Giunti in vetta poco dopo le 2, la
lasciarono un’ora dopo e, scendendo
per la via normale, forono di ritorno
alla capanna Mortèl alle 17:35.
L’entusiasmo per il successo li aveva
elettrizzati. Tre giorni dopo, il 2
agosto 1909, erano di nuovo in pista,
anche questa volta con un obiettivo
ambizioso: raggiungere il Bernina
direttamente dalla sella Güssfeldt/
Porta Roseg attraverso lo Scerscen.
Erano rimasti in tre: G.L. Stewart,
Simond e Summermatter. Già risalendo le rocce dello Scerscen vennero
colti da una nebbia fittissima che
non li lasciò per l’intera giornata. Il
Bernina fu raggiunto alle 12:35, quasi
11 ore dopo aver lasciato la capanna
Mortèl. Non contenti, scesero per le
rocce ghiacciate alla Breccia, superarono il pizzo Bianco e poi una lunga
discesa giù per la Biancograt li portò
finalmente, dopo una lunghissima
giornata, alla capanna Tschierva.
I tre continuarono nei giorni
seguenti le loro performances, verso
ovest, con quello che il colonnello
Strutt considerava “un breve ma bril‑
lante raid”. Il 7 agosto fu la volta del
Disgrazia, raggiunto per la cresta S.
L’11 traversarono il Badile da ovest
ad est, e lungo il percorso salirono
la punta Sertori per il versante N.
Infine il 13 agosto raggiunsero l’Ago
di Sciora: per G.L. Stewart la soddisfazione di essere il primo inglese
a metter piede su quella guglia di
granito, per Ferdinand Summermatter e Alphonse Simond la soddisfazione di seguire con successo la
traccia indicata da Christian Klucker
ed Emile Rey.
Il pizzo Roseg con i seracchi del ghiacciaio
di Scerscen Superiore ripreso dal belvedere
della capanna Marinelli (agosto 1910, foto
Alfredo Corti - © CAI sez. Valtellinese).
Le Montagne Divertenti Cordate d'altri Tempi
25
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Alpinismo
la
26
Il pizzo di Coca e la testata della
val d'Arigna visti dal dos Lis
(9 dicembre 2011, foto Beno www.clickalps.com).
Le Montagne
Divertenti pizzo
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in cresta
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Pie
Autunno 2013
Le Montagne Divertenti tro
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Traversata del pizzo di Coca
27
Alpinismo
Alpi Orobie
Pizzo di Porola
(2981)
Pizzo di Coca
(anticima N - 3048)
Bocchetta d'Arigna
(2850)
Passo di val Sena
(2594)
Cima d'Arigna
(2926)
Dente di Coca
(2925)
2807
Breccia
del Dente
Passo del Diavolo
(2600)
Passo di Coca
(2649)
Bivacco Corti
(2509)
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Bivacco Resnati
(1920)
Tramonto sulla testata della val
d'Arigna dall'alpe Campo
(16 agosto 2010, foto Beno www.clickalps.com).
Bellezza
Partenza: centrale Falk di Armisa in località ca
Pizzini (m 1041).
Itinerario
Fatica
Pericolosità
automobilistico: da Sondrio si
prende la SS38 in direzione Tirano. Appena prima di
Chiuro, in località Casacce (5 km dalla fine della
tangenziale di Sondrio), si esce a dx in direzione di
Arigna/Briotti. Si attraversa l'Adda e si segue la strada
comunale per Arigna/Briotti fino in località Fontaniva
(km 14 da Sondrio) dove c'è un trivio (tornante). Si
va dritti senza fare la curva e ci si addentra in val
d'Arigna per un paio di chilometri fino alla centrale di
Armisa, dove si parcheggia.
Itinerario
sintetico: ca Pizzini (m 1041) - baite
Michelini (m 1499) - ghiacciaio di val Sena (m 2200
ca.) - parete O pizzo Cantonlongo - lago del passo del
Diavolo - passo del Diavolo (m 2600) - pizzo di Coca
per la cresta N (m 3050) - cime di Arigna (m 2926) Dente di Coca (m 2925) - passo di Coca (m 2649) -
28
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti bivacco Resnati (m 1920) - Armisa (m 1041).
Tempo
previsto: 16-18 ore per l'intero giro. Ci si
può appoggiare al ritorno al bivacco Corti (m 2509),
per fare le ultime 3 ore e mezza di discesa il giorno
seguente.
Attrezzatura richiesta: ramponi, piccozza
(consigliabili), corda (50 m), qualche protezione
veloce, casco, cordini e imbraco.
Difficoltà/dislivello
2400 metri.
in salita: 5+ su 6 / oltre
Dettagli: D-. Bellissima traversata in cresta con
roccia di consistenza eterogenea. Sul canale che
solca la parete O della cima di Cantonlongo c'è un
passo di IV, pure la cresta N del Coca ha un passo di
IV+, per il resto fino al III+. Tratti su ghiaccio facili.
Mappe: Kompass foglio n.104, 1:50000.
Traversata del pizzo di Coca
29
Alpinismo
Alpi Orobie
rima saliti per errore allo
P
scomodo passo di val
Sena, raggiungiamo il passo
del Diavolo, da cui ha inizio
la traversata per creste fino
al passo di Coca, una delle
più belle e severe cavalcate
delle Alpi Orobie che,
inaspettatamente, si svolge
per un buon tratto della
cresta N del Coca su roccia
eccellente.
Alla fine, però, si torna
sugli scisti orobici che non
permettono disattenzioni.
Passo di val Sena
(2594)
1 - La centrale di Armisa fu realizzata tra il 1928 e
il 1930 e sfrutta le acque provenienti dalla val
Malgina (captazione risalente al 1945 con un
tunnel sotterraneo conduce le acque al bacino dei
Forni) e dalla val d’Arigna, dove una condotta
scende dalle dighe di Santo Stefano (m 1848) con
un salto netto di ben 804 metri.
Nella centrale sono installati due gruppi generatori,
azionati entrambi da una turbina Pelton (ad
azione), che sfutta le acque di Santo Stefano, e da
una turbina Francis a cui confluiscono le restanti,
per una potenza massima totale di 14,5 MW.
Le acque restituite dalla centrale vengono infine
convogliate al bacino del Gaggio con una condotta
sotterranea e poi riutilizzate dalla centrale di
Venina a Piateda (fonte www.edison.it).
2 - La strada che unisce queste località ad Armisa è
chiusa al traffico non autorizzato.
3 - Sulle mappe regna una grande confusione in
merito alle quote, per cui, a seconda della base
cartografica che utilizzerete potrete trovare alcune
divergenze con quelle indicate nel testo.
30
Le Montagne Divertenti Val Sena
F
Dente di Coca
(2925)
2807
Passo del Diavolo
(2600)
Gh
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M
aro
vin
Centrale di Armisa
8 agosto 2012
inalmente sono arrivato a ca
Pizzini (m 1041), dov'è la
centrale idroelettrica1. Il ritrovo è alle
6:20; sono qualche minuto in anticipo.
Controvoglia spengo la musica che mi
ha tenuto compagnia durante queste 2
ore di viaggio, quando mi raggiungono
Beno, Andrea e Roberto. Ci incamminiamo lungo la strada. Tra i discorsi
più vari sfioriamo le assonnate baite
di Pattini, Foppe2, Pradaccio e Michelini (m 14993, ore 1:20) e puntiamo
alla cupa testata della valle seguendo
il sentiero segnalato per il bivacco
Resnati.
Da Roberto, Caspoc' per gli amici,
apprendiamo le tecniche di cattura delle
marmotte, di cui alcuni malenchi vanno
ghiotti e che nessuno di noi altri ha mai
assaggiato. Per oggi il programma di
Beno prevede la traversata dal passo del
Diavolo al passo del Lupo, percorrendo
la cresta N del pizzo di Coca e concatenando cima d’Arigna e Dente di Coca.
Pizzo di Coca
(anticima N - 3048)
Cima di Cantonlongo
(2826)
Dai Cagamei al Dente di Coca. Ripresa
effettuata dal vallone della Pioda
(5 luglio 2009,foto Beno).
«Se c’è tempo» aggiunge « si può proseguire verso Porola e Scais, finendo con
il Redorta...» Andrea sarcasticamente
ribatte «La solita pisciata lunga del
mattino!»
Passiamo ai piedi del sassone dov'è
la croce che ricorda i fratelli Fedele ed
Attilio Maffina, scomparsi nel giugno
1978 all'età di 22 anni, il primo impegnato in una scalata ai piedi del Dente
di Coca, l'altro il giorno successivo, nel
tentativo di recuperarne la salma.
Sotto molti massi si riconoscono
delle nicchie utilizzate un tempo
dai pastori come ricovero. Di queste
racconta Bruno Galli-Valerio nel suo
libro "Cols et Sommets"4, a prefazione
della seconda salita del canalone NO
del Coca (2 agosto 1894):
"Nell'aria tranquilla della sera, risuo‑
nava ancora l'eco dell'Ave Maria recitata
ad alta voce da tutti i pastori là sotto quel
4 - Bruno Galli-Valerio, Cols et Sommets,
Frankfurter e Flammarion editori, Parigi 1912;
traduzione a cura di Luisa Angelici e Antonio
Boscacci in Punte e Passi, Tipografia Bettini,
Sondrio 1998.
bel cielo stellato, quando io mi cacciai nel
buco che mi era stato assegnato sotto quel
gran masso rotolato dall'alto e trasformato
in una specie di alveare umano. Non
avrei mai immaginato di trovarmi così
ben accomodato dopo dieci ore di marcia,
da Sondrio al fondo della valle d'Arigna,
passando per Agneda, ascendendo il pizzo
Biolco5 e varcando la bocchetta omonima.
Tutti i buchi sotto quell'immenso
scaglione erano abitati. Presso il mio rico‑
vero, la mia guida Bonomi si agitava su
di un mucchio di fieno selvatico sognando
i camosci incontrati durante il giorno.
Un cane, evidentemente cacciato da
tutte le parti, venne a rifugiarsi sotto la
mia mantellina ed io conoscendo i doveri
dell'ospitalità lo lasciai tranquillo presso
di me.
Un brivido che mi corse per le ossa mi
annunciò l'avvicinarsi dell'alba; e infatti
una luce pallidissima filtrava attraverso
le fascine che chiudevano la mia tana.
Lasciai il cane continuare i suoi dolci
5 - Così scritto nel testo originale.
Autunno 2013
sonni e uscii. "
In breve siamo sulla morena dello
Scimur e, distratti dalle chiacchiere,
dove scende la prima lingua di neve
sulla sx (m 1700 ca.)6, abbandoniamo
il sentiero per il Resnati e ci alziamo in
quella direzione (ESE) lungo i contrafforti di rocce levigate che orlano a dx (S)
la neve. Finiamo in val Sena, anzichè in
quella per il passo del Diavolo. Passaggi
tra arbusti e umidi colatoi, quindi ripidi
macereti sono il pedaggio da pagare per
avere accesso all’anfiteatro sommitale
della val Sena.
È lì che ci sputa addosso freddo un
ghiacciaio di falda esposto a NO che
attualmente copre il fondo della valle da
m 2180 a m 2346. Fu descritto per la
prima volta da Giuseppe Nangeroni nel
1932, quando aveva una superficie di
3,2 ettari. Il declino degli anni successivi lo fece declassare a glacionevato nel
1945, per dichiararlo estinto nel 1950,
6 - Questa lingua non è sempre presente, ma basta
prendere la stretta valle che si stacca sulla sx a quota
m 1700.
Le Montagne Divertenti anche se osservazioni recenti fanno
supporre che non sia mai sparito. Nei
carteggi glaciologici fu ripreso in considerazione a partire dal 1982, per essere
infine catastato dall'SGL nel 1992 con
una superficie analoga a quella di 60
anni prima7!
L'ambiente è quantomai inquietante,
specialmente a dx dove un'immane
piodessa evidenzia i pochi punti deboli
della parete.
Saliamo sulle rocce di sx, limitando
quanto più possibile il tragitto su ghiacciaio (non abbiamo i ramponi). Quasi
al vertice NE (sx), vi sono due canali
quasi paralleli che scendono dalle creste
del pizzo di Cantonlongo. Ci arrampichiamo inizialmente su quello di sx, per
spostarci su placche e cenge a quello di
dx. La roccia è buona e l’arrampicata
non difficile (III max). Il solco di dx a
circa m 2500 si stringe e piega a dx su
gradoni con sassi incastrati e talvolta
instabili.
7 - AAVV, I ghiacciai della Lombardia. Evoluzione e
attualità, HOEPLI, Milano 2012.
Occorre qualche attenzione in più.
Un passo di IV+ (4 m, forse aggirabile)
chiude la sessione scalatoria e ci porta
fuori dall’angusto solco, dove erba e
roccette, quindi un traverso a dx su
pendii erti e sfasciumati ci regalano lo
spartiacque in un settore pianeggiante.
Qui, puntualmente indefinibile, è il
passo di val Sena (m 2594). Ci affacciamo così alla val Morta, dove il sole
ci accompagna giù per una valletta di
sfasciumi fino alle sponde del lago di
Sopra (m 2486, ore 3:30).
È quasi mezzogiorno e un bel bagno
nelle sue gelide acque non ce lo toglie
nessuno!
Ci rimettiamo in marcia sulle gande
e ci riappropriamo della cresta al passo
del Diavolo (m 2600 ca., ore 0:20).
Qui, nell'indossare gli imbrachi ci
rendiamo conto di aver portato solo la
mia mezza corda da 60 metri: c’è stato
un fraintendimento tra Beno e Andrea
e ciascuno pensava che fosse l’altro ad
avere una seconda fune nello zaino.
Non importa, ci arrangeremo: per ora si
Traversata del pizzo di Coca
31
Alpinismo
Alpi Orobie
In alto a sx: ingresso in val Sena dalla morena dello Scimur. In basso a sx: sulle spalle rocciose che limitano la lingua nevosa all'ingresso della val
Sena. A dx: il ghiacciaio di val Sena e la linea di salita per il passo di val Sena lungo i solchi di NE (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini). Sul lato
opposto dell'anfiteatro il 25 aprile 2013 Giacomo Casiraghi, Francesco Forni e Mario Vannuccini hanno salito una nuova goulotte di misto di
circa 250 metri dedicandola alla guida alpina valchiavennasca Emanuele Gianera, da poco scomparso.
procede slegati e per le doppie dovrebbe
bastare.
Qui, come scriveva Alfredo Corti,
"uno dei tratti più grandiosi della linea
orografica principale offre uno degli itine‑
rari più belli dell'intero gruppo; l'ambiente
severo, il più severo delle Alpi Orobie, del
versante valtellinese, contrasta con quello
più luminoso del lato bergamasco."8 La
roccia a tratti compatta che offre solidi
appigli si alterna allo sfasciume orobico9
composto da lame taglienti di qualsiasi
dimensione pronte a restarti in mano se
8 - Silvio Saglio, Alfredo Corti e Bruno Credaro,
Guida dei Monti d'Italia. Alpi Orobie, CAI-TCI,
MIlano 1956.
9 - Alcuni rocciatori utilizzano il termine orobia
per indicare un tipo di roccia particolarmente
marcia.
32
Le Montagne Divertenti commetti il reato di indelicatezza.
Senza né difficoltà, né via obbligata, andiamo in cima alla prima
grande torre (m 2827). Di qui scendiamo tenendoci sul versante orientale. Sempre appoggiando alla val
Morta, superiamo alcune emergenze.
La seconda torre vien nostra per la sua
esposta e friabile faccia E, fatta di cenge,
rottami, erba, il tutto condito con una
pericolosa placca mediana (III+). Sulla
sommità alcuni cordini di calata intimano di togliere la corda dallo zaino.
Cerchiamo di ripulire dagli oggetti pericolanti la sosta per evitare che i sassi ci
cadano in testa o finiscano per tranciare
la corda nella loro caduta. Beno inizia
in modo premuroso la calata, dato che
ha già visto una corda da 8 mm come la
mia tagliarsi di netto perchè colpita da
una piccola pietra. 30 metri e siamo ad
una selletta. Un solco selvaggio precipita verso la val d'Arigna10, mentre
sull'altro versante s'abbassa un vallone
ghiaioso. Siamo ai piedi della terza
torre, e un chiodo a pochi metri da
terra ci indica la via che dall'intaglio
rimonta un muro di roccia compatta
e scivolosa, spostandosi dopo poco a
dx (IV, il Corti lo definisce "alquanto
arduo") fino a una cengia. Traversiamo
ancora verso la val d'Arigna (dx faccia
10 - Il canalone nord è stato sceso con gli sci il 3
maggio 2012 da Mario Vannuccini e Fabio
Bonomi (pendenze sui 50° nella parte alta, quindi
45°).
Autunno 2013
In alto a sx: arrampicando nell'angusto solco per il passo di val Sena (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini). In basso: il lago di Sopra con vista sul
pizzo di Cavrel e sul pizzo di Cappuccello (7 luglio 2007 e 8 agosto 2012, foto Beno). In alto a dx: la linea di salita alla cresta N del Coca dalla cima
della prima torre (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini).
a monte) dove un canale ci eleva sulla
parete. Roccia sempre più bella, fino
a una divertente placconata che par
quasi granito. Proseguiamo a lungo
tra fessure, spuntoni e placche (III+)
fino ad un cordino a sipario di una
stretta fenditura11. «Forse si passa anche
senza corda.» Mi abbasso (dx) e aggiro
lo sperone roccioso: sono su un trampolino a poco più di tre metri da una
piazzolina posta più in basso sull'altra
sponda dell’intaglio. «Allora?» chiedono
da sopra. «Si potrebbe saltare, non è
difficile, ma bisogna non aver paura.»
«Allora salta!», mi incitano.
11 - Il Corti scriveva: "nella discesa della cresta
questo passaggio si supera senza preoccupazione con
un po' di piramide umana"!
Le Montagne Divertenti Un allungo senza tentennamenti
e sono dall’altra parte. Gli altri mi
seguono, poi Beno trova un’angolazione particolarmente invitante per
le riprese fotografiche e Caspoc' esalta
le sue grandi qualità di acrobata e si
esibisce in un volo con gambe raccolte
in aria. Certo che deve avere i menischi
d'acciaio!
Poca strada e, quando siamo già alla
vista della cima valtellinese del Coca,
ecco una calata non evitabile su spuntone che in 30 metri ci abbassa (SO)
allo sbocco di un canale oltre cui per
rocce facili, quindi sfasciumi, guadagniamo la sella petrosa (almeno in
questa stagione) a cui culmina il canalone NO del pizzo di Coca.
Quattro crap ed eccoci in vetta alla
cima valtellinese del Coca (m 3048,
ore 3 dal passo del Diavolo). Siamo
nel punto in cui si saldano tre creste:
quella da cui proveniamo (N); una
diretta a SE che, dopo un centinaio di
metri, tocca in terra bergamasca la vetta
principale del Coca (m 3050) e lì si
biforca negli spigoli S e SE; infine un
ramo piega a ONO e da esso si originano le due punte della cima d'Arigna e
il Dente di Coca.
È bizzarro parlare di prima ascensione alpinistica al pizzo di Coca,
istituendo un patetico primato corporativo, quando si sa per certo che i
cacciatori frequentavano quella facile
vetta in cerca di selvaggina ben prima
Traversata del pizzo di Coca
33
Alpinismo
Alpi Orobie
Superamento della breccia nella
parte alta della cresta N del Coca
utilizzando la corda, quando ancora
non la si saltava
(1938, foto Alfredo Corti © CAI sez. Valtellinese).
Arrampicando sulla bellissima
roccia della III torre della cresta
N del pizzo di Coca
(8 agosto 2012, foto Beno).
Fotosequenza
del salto acrobatico
della
34
Le Montagne
Divertenti
breccia nella parte alta della cresta N del Coca (8 agosto 2012, foto Beno).
Autunno 2013
Le Montagne Divertenti L'ultima calata della cresta N del
pizzo di Coca, a poca distanza
dallo sbocco del canalone NO
(8 agosto 2012, foto Beno).
Traversata del pizzo di Coca
35
Alpinismo
dell'esplorazione segreta e solitaria di
Antonio Baroni12 e della sua successiva "prima salita" con il cliente "alpinista" Emilio Torri di Calvenzano (4
settembre 1877). Ben altra faccenda è
invece l'impegnativa cresta N, scevra
di bisonti e cinghiali, inaugurata da
Antonio Cederna col pontasco Andrea
Valesini nell'agosto del 1908.
Facciamo una bella pausa, condividiamo i nostri viveri, tra cui un succoso
melone che mi sono portato fin quassù.
Il cupo e slanciato Dente di Coca gioca
a nascondino con le nebbie che salgono
dalle valli bergamasche.
opo una pennichella, la compagnia riparte verso ONO. Affidandoci al versante valtellinese per
perdere i primi metri, ci troviamo
a dover attraversare una placconata
umidiccia e inclinata verso la cupa val
d'Arigna. In tutto una decina di metri,
ma troviamo saggio usare qualche
protezione.
Ripreso il filo, le difficoltà scemano
e, oltre una depressione, scavalchiamo l'anticima quotata 3002 e ci
abbassiamo alla bocchetta d'Arigna
(m 2850).
Appoggiandoci appena appena ai
fianchi sfasciumati dello spiovente
seriano, visitiamo abbastanza agilmente
le due vette della cima d’Arigna, di cui
la maggiore è l'occidentale (m 2926,
ore 1:30)13. Scisti a parte, ci sono splendide fioriture tra le rocce e colorati
cuscini di muschio che addolciscono
il paesaggio. Per gli appassionati segnaliamo anche genepì ed erba iva!
Ripartiamo sempre attenti a cosa
tocchiamo per non lapidare i compagni.
Su questo terreno multiforme e friabile, che mischia terra e rocce, occorre
naturalezza nei movimenti. Se si riesce
a scendere in avanti è meglio, perchè
è inutile voltarsi all'indietro a caccia
di appigli solidi per le mani: in questi
luoghi i sassi han tutti un contratto a
tempo determinato col monte! Da
bravi sindacalisti, è meglio lavorare in
appoggio e compressione.
D
12 - Tra l'altro lo stesso Antonio Baroni (18331912), celebre guida alpina di Sussia, viene da
molti descritto come come contadino, boscaiolo e
cacciatore!
13 - La prima ascensione nota a questa montagna
risale al 5 luglio 1913 ed è opera di Aldo Bonacossa
e Carlo Prochownick. Gli stessi solo un mese dopo
realizzeranno la sorprendente cresta SE dell’Aiguille
Blanche de Peutérey dalle Dames Anglaises
(gruppo del Bianco) con il grande Paul Preuss.
36
Le Montagne Divertenti Alpi Orobie
Cresta ONO del Coca, verso la quota 3002 (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini).
Differenti tecniche di discesa dalla cima d'Arigna (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini).
Sugli sfasciumi per la cima d'Arigna (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini).
Sui fianchi del Dente di Coca ci appare lo spettro di Brocken (8 agosto 2012, foto Beno).
Il tetro Dente di Coca e il lontano Scotes dalla cima d'Arigna. È indicata la posizione della
prima calata (8 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini).
Autunno 2013
Tra le nebbie sulle rocce friabili che portano alla terrazza ai piedi della vetta del Dente di Coca
(8 agosto 2012, foto Beno).
Le Montagne Divertenti Dapprima sul lato sx, quindi per i
precari rottami del versante N, infine
per cenge ed un tratto di buona roccia
dello spigolo, siamo alla breccia del
Dente.
Il filo si impenna deciso ed esposto
verso la grande torre nera. I primi
metri non sono banali (III+)14, poi ci
spostiamo a sx per tornare sulla cresta in
un settore orizzontale. All'improvviso le
nebbie e il sole fanno apparire i nostri
spettri di Brocken in uno scenario quasi
surreale. Traversiamo nuovamente a sx
per risalire le placconate che sostengono
il terrazzo/cengia appena sotto la cima.
Di lì per un diedro15 tocchiamo la croce
di vetta del Dente di Coca16 (m 2925,
ore 1). Da questa cupa montagna di
rocce scure si ha una splendida vista
sulla val d'Arigna.
Ribaltiamo gli zaini per spremerne
gli ultimi viveri rimasti, mentre ci guardiamo attorno ammirati.
Dal bordo dx del terrazzo (faccia a
valle) un cordino ci segnala la calata che
agevola il superamento dell'erta bastionata rociosa sommitale e l'ingresso nel
canalone SO. Di qui passa la via aperta
da Alfredo e Nello Corti con Oreste
Lenatti il 2 agosto 1935.
In totale, vedendo i cordini, si potrebbero fare 3 calate17 da 20-25 metri, ma
dopo i primi 20 metri si riesce abbastanza agevolmente a disarrampicare
(II/III), aiutati nella ricerca del tracciato
da bolli sbiaditi.
Dopo la strozzatura mediana, ci
spostiamo qualche metro a dx (O),
quindi nuovamente giù per rocce rotte
fino a dove il canalone è meno inciso e
lo sperone roccioso di dx si ammorbidisce prestandosi ad essere scavalcato18.
Più o meno per cresta siamo alla
quota 2807, da cui una traccia sul
lato S si abbassa al passo di Coca
(m 2649, ore 1).
Attraversiamo con facilità la vedretta,
ormai completamente scoperta e solcata
14 - Purtroppo molte delle relazioni pubblicate in
rete sono rimbalzi di copiature varie in cui i gradi
su roccia vengono assegnati a casaccio, andando dal
delicato II grado al facile III !
15 - Non vi è via obbligata, ma il diedro che arriva
direttamente alla croce è molto didattico, seppur
sia più semplice aggirarlo da E.
16 - I primi salitori Gaetano Scotti e Antonio
Castelnuovo (26 luglio 1908) battezzarono la cima
punta Isabella, ma il toponimo non prese piede.
17 - Verificare gli ancoraggi!
18 - Se le valanghe non l'hanno portano via, si può
trovare un ometto che indica il passaggio. Dalla
strozzatura sono circa 40 metri.
Traversata del pizzo di Coca
37
Alpinismo
Alpi Orobie
Ruttico
gomme
Ieri come oggi: dal passo di Coca uno sguardo verso il Dente e la cima d'Arigna. Sotto la val
d'Arigna e il tracciato di discesa dal passo di Coca. Spiccano i maggiori spessori dei ghiacciai
del Lupo e del Marovin, oltre alla mancanza di vegetazione nel fondovalle (1931 e 1938, foto
Alfredo Corti - © CAI sez. Valtellinese).
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a guidare sicuro
Passo di val Sena
(2594)
Pizzo di Coca
(anticima N - 3048)
da rivoli d’acqua che smagriscono di
ora in ora il ghiacciaio del Lupo che
negli ultimi 30 anni ha già perso il 30%
della propria superficie benchè questa
sia una delle zone più nevose dell'intera
provincia. Passiamo sotto al bivacco
Corti poi ripieghiamo nel vallone (dx)
che si sta liberando dai ghiacci. Tra
rocce e lingue di neve perdiamo quota,
quindi traversiamo (dx) alti per i ripiani
detritici sopra alle barre rocciose che
sopraelevano la conca del Lupo rispetto
alla val d'Arigna.
Un po' a intuito, un po' seguendo
un'esile traccia di camminamento su
terreno sconnesso, siamo al bivacco
Resnati, da cui in tempo da record (1
ora e mezza scarsa) ci fiondiamo verso
l'auto, dove arriviamo all’imbrunire
(Armisa, m 1041, ore 4).
Torno a casa stanco ma ho ancora
voglia di rocce, di fessure, di placche,
di speroni, di guglie, di piode, di
sfasciumi, di ganda, di neve, di ghiaccio
e di cielo.
Ho negli occhi la vita piena di quelle
ore e voglio correre, saltare, arrampicare, salire, aggrapparmi, tirarmi su e
arrivare in cima per stringere la mano ai
miei compagni.
Dente di Coca
(2925)
Passo di Coca
(2649)
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38 Le Montagne
Divertenti
Le Montagne
Divertenti
Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Traversata del pizzo di Coca
39
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NOVEMBRE 2013
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SVIZZERA
COLICO
LAGO DI COMO
MILANO
40
MORBEGNO
SONDRIO
TIRANO
TARTANO
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Traversata del pizzo di Coca
41
Alpinismo
d
o
i
n
Camp
r
o
o
C cresta SE
Beno
Uno dei tratti più spettacolari della
cresta SE del Corno di Campo.
Sullo sfondo le cime della val Grosina,
tra cui, ben riconoscibile, il cupolone
ghiacciato della cima Settentrionale di
Lago Spalmo . In basso, col suo colore
blu intenso, il lagh da Saoseo
(28 settembre
2012, foto Beno).
42
Le Montagne
Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Corno di Campo (m 3232)
43
Alpinismo
Porte di Valtellina
l corno di Campo è una possente cima posta tra la val di Campo italiana, che fa capo a
Livigno, e la val di Campo svizzera, con le sottovalli val Mera e val Viola Poschiavina. È
I
poco frequentata per la vicinanza del più alto pizzo Paradisino, anche se esteticamente è
una vetta molto attraente.
La montagna, completamente in territorio svizzero, incombe sulla conca del rifugio
Saoseo con una massiccia parete trapezoidale, mentre sull'altro versante è ricoperta per
un buon tratto dagli oltre 30 ettari della crepacciata vedretta di Campo Nord, la seconda
per superficie del livignasco.
L'11 ottobre 1931 Aldo Bonacossa, Ninì Petrasanta e Ugo di Vallepiana tracciarono nella
parte superiore della cresta SE della montagna una bella via su roccia con un dislivello di
530 metri e uno sviluppo lineare di circa 1 km.
Il corno di Campo da S. In rosso la nostra linea di salita, in giallo la via del Bonacossa a partire dalla breccia tra le quote m 2897 e m 2702. In
verde il canale per salire direttamente alla breccia da Camp (28 settembre 2012, foto Beno).
Bellezza
Fatica
Pericolosità
Partenza: Sfazù (m 1622).
Itinerario automobilistico: dalla rotonda nei
pressi del Santuario Madonna di Tirano, seguire per la
Svizzera. Dopo 2.5 km si passa la dogana, dopo 12 ci
si affaccia e si costeggia il lago di Poschiavo. La strada
inizia a salire più ripida fino alla località Sfazù (25 km
da Tirano). Poco oltre il ristorante, sulla parte opposta
della carreggiata si trova un ampio parcheggio.
Itinerario
sintetico: Sfazù (m 1622) - rifugio
Saoseo (1987) - Camp (2064) - corno di Campo per la
cresta SE con variante all'ingresso (m 3232) - discesa
per la normale (NE) - bocchetta di Scispadus (m 3031)
- vallone di Scispadus - lagh da val Viola (m 2159) lagh da Saoseo (m 2028) - Sfazù (m 1622).
44
Le Montagne Divertenti Tempo previsto: 10 ore per l'intero giro.
Attrezzatura richiesta: corda (almeno 30
metri), casco, imbraco,
moschettoni, cordini.
Difficoltà/dislivello
circa 1700 m.
piccozza,
ramponi,
in salita: 4+ su 6 /
Dettagli: PD+. Cresta arerea su roccia
abbastanza sana. Passi fino al III+ (IV+ se si sale
direttamente per la parete alla quota 2897). La
discesa per la normale non è banale a causa del
liscio zoccolo roccioso (5 m) lasciato dal ritiro del
ghiacciaio. Utile una calata in corda doppia.
Mappe: CNS, La Rösa, 1:25000
Autunno 2013
È venerdì. Ci troviamo a Tirano.
Fuori dalla basilica c'è una nuvola di
gente già alle 6 del mattino. Sono lì a
pregare per il 508° anno dall'apparizione della Madonna.
Passiamo oltre e parcheggiata l'auto
a Sfazù, alle 7 stiamo già camminando
sulla bella rotabile bianca che parte
nei pressi del ristoro e serve la val di
Campo. I primi tornanti possono essere
tagliati grazie al sentiero, poi la carrozzabile è l'unica via. Nella valle, nonostante la quota, si praticano ancora
agricoltura e allevamento. I prati sono
ben tenuti, le mucche ordinatamente
al pascolo, qua e là si scorgono fienili
e cascinali con caratteristici muri e tetti
in pietra. La Svizzera ha molto da insegnarci in termini di cura e conservazione del territorio montano, che qui
pare addirittura maniacale. Anche se
ci nascondiamo dietro l'abusata scusa
che oltre confine si destinano a queste
attività ingenti risorse, dobbiamo
ammettere che i soldi stanziati in Italia
per le stesse finalità, tanti o pochi che
siano, vengono spesso gettati al vento
in opere discutibili dal chiaro ed
esclusivo intento speculativo, talvolta
provocando addirittura seri danni
paesaggistici. Se perciò girassero più
soldi, chissà quanti maggiori scempi
riusciremmo a fare!
Le pendenze sono molto dolci e,
toccate varie frazioncine sparse lungo la
valle, arriviamo in località Lungacqua,
dove sorge il rifugio Saoseo (m 1987,
ore 1:15).
L'alba accenna timidi colori sulle
vette, mentre l'aria gelida ricorda che
l'estate è finita. Il corno di Campo è
sopra le nostre teste, inconfondibile con
la sua facciata la cui sagoma richiama
quella di un trapezio scaleno.
Una larga cengia obliqua ne taglia
Le Montagne Divertenti Il rifugio Saoseo in val di Campo è gestito da oltre 30 anni dalla guida alpina Bruno Heis e
dalla sua famiglia (3 agosto 2008, foto Roberto Moiola).
Corno di Campo (m 3232)
45
Alpinismo
Porte di Valtellina
Sullo gneiss compatto della parete S della
quota 2897 del corno di Campo
(28 settembre 2012, foto Giorgio Urbani).
Sul tratto pianeggiante della cresta SE del
corno di Campo (28 settembre 2012, foto
Giorgio Urbani).
Corno di Campo
(3232)
Corno di Mürasciola
(2819)
La Pala
(3169)
Verso l'anticima E del corno di
Campo (28 settembre 2012, foto
Giorgio Urbani).
Il pizzo Paradisino dalla vetta del
corno di Campo (28 settembre
2012, foto Beno).
Pizzo Paradisino
(3302)
Bocchetta di Scispadus
(3031)
Colle Val Nera
(2997)
Pass da val Mera
(2997)
dus
spa
Sci
ciol
pas
a
Mer
Val
m
Ca
hiavina
Val Viola Posc
Lagh da Saoseo
(2028)
iola
Lagh da val V
9)
15
(2
Il gruppo del Bernina dalla vetta
del corno di Campo (28 settembre
2012, foto Giorgio Urbani).
La val di Campo e le sue tributarie
vista dalla cima di Saoseo
(9 agosto 2011, foto Beno).
46
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti interamente la parete. Bruno Galli-Valerio il
10 agosto 1908 stava valutando di percorrerla:
"Un vecchio contadino di Montagna che alpeggia
da anni all'alpe Saoseo crolla la testa quando
gliene parlo. Ma suo figlio racconta di aver sentito
dire che alcune pecore si sono arrampicate lungo
questa cengia, quindi conclude che forse ci arrive‑
remo anche noi."
La cresta SE è invece quella che segna sulla dx
il confine tra il monte e il cielo. Vi è dapprima
una dorsale erbosa, quindi una profonda
breccia (m 2700 ca.) da cui discende un canale
detritico. Segue un primo marcato spuntone di
roccia (m 2833), poi un secondo più possente
(m 2897) da cui si origina un tratto pianeggiante e frastagliato. Oltre una sella, un'impennata conclusiva porta all'anticima E (m 3218).
La cima vera e propria si trova all'estremità
opposta (sx) dell'edificio sommitale.
La via del Bonaccossa, nostra ambizione,
percorre interamente la cresta SE e, dopo i
poco interessanti pascoli misti a roccia della
parte bassa - raggiungibili per via ovvia da
Camp, vince la parete che segue la breccia a
m 2700 per delle cenge sulla sua sx.
Decidiamo tuttavia di approdare alla breccia
direttamente da Camp (m 2064), per montare
lo spartiacque dove si inizia già ad arrampicare.
Così risaliamo i pascoli in direzione N, quindi
imbocchiamo il canale, dapprima erboso e
poi detritico che scende dalla breccia. È assai
ripido e si fa molto dislivello in poco tempo.
Prima alcuni cervi, poi degli stambecchi
attraversano sopra di noi. Per fortuna non
fanno cadere sassi.
Arriviamo dove la vallecola si restringe e
compie gli ultimi metri serrata tra le pareti
delle quote 2702 e 2833.
C'è una scarica di pietre che rimbalzano da
un lato all'altro. Scappiamo correndo su per la
dorsalina a sx. Un bello spavento. Guardiamo
in alto e sul dentone di quota 2833 vediamo
uno stambecco: è il killer che qualcuno aveva
pagato per ucciderci!
Decidiamo di non rischiare ulteriormente
la pelle, e proviamo a forzare direttamente la
parete S della quota 2897, quando la via originale prenderebbe la cresta proprio in cima al
canale.
Inizialmente pare tutto semplice, ma quando
l'erba finisce il muro di roccia si impenna
vertiginosamente.
Ci sono passi non facili su fessure, cenge e
diedri (IV+): la strada va trovata a istinto. La
roccia è generalmente ottima, ma quando ti
rimane in mano un appiglio e lo getti di sotto
per non lapidare il compagno, ti accorgi che
potresti recitare l'Ave Maria prima di udirne il
rintocco a terra!
Corno di Campo (m 3232)
47
Alpinismo
La situazione di un mese fa sul Roseg si è
capovolta: questa volta è Giorgio che tira le
fila e dà sicurezza, procedendo con tranquillità e scherzando sugli strapiombi.
Finiti i diedri della parte bassa, la parte
alta si svolge per lo più su placche e cenge.
Un'ora di esercizi e usciamo sul filo,
proprio in corrispondenza del settore
centrale pianeggiante.
Vale anche qui la regola che dove la cresta
spiana iniziano i problemi.
La via è affascinante, il paesaggio pure, con
scorci da cartolina sul gruppo del Bernina,
pizzo Scalino, cime della val Grosina, corno
di Dosdé, cima Viola, cima Piazzi e sulla
vicina piramide del pizzo Paradisino.
Dopo qualche su e giù da dentelli esposti
ed affilati (III), vi è una lama che porta alla
base di una torretta (chiodo). Canonicamente ci si dovrebbe calare di 3-4 metri sul
versante N (Scispadus).
Guardo indietro e vedo Giorgio che,
maniaco della slack line, sta facendo esercizi di equilibrio sul fendente che ho appena
superato. Credo mi sputerebbe in un occhio
se lo interrompessi chiedendogli di estrarre
la corda.
Mi faccio coraggio e salgo direttamente
la torretta che ho di fronte (IV-). Non
vi sono grosse difficoltà tecniche, ma gli
appigli ballano. Anche questo passo è fatto,
quindi, appoggiandoci alle macerie del lato
N prima, poi procedendo di volta in volta
sul versante più facile, siamo a una fettuccia
che precede la breccia segnalante la fine del
II settore.
Una fettuccia? Un purista infatti si calerebbe, ma è come mettere il casco per guardare a computer delle foto di arrampicata su
roccia friabile! A sx (lato val Mera), infatti,
c'è un canaletto che porta camminando a
una comoda cengia (II) per la breccia.
Man mano la via torna ripida e ci invita
a portarci un po' a sx dove, con arrampicata meno problematica, ma non del tutto
banale (passi di II/III), usciamo sull'anticima E (m 3218, ore 6 da Camp).
Il versante N è sporco di neve fresca e s'inabissa nel vadret da Camp, ancora possente
nonostante negli ultimi anni si sia ritirato in
maniera considerevole. Mai quanto, però, la
lente glaciale che segnava il versante O del
pizzo Paradisino, oramai ridotta ai minimi
termini. La cresta scorre a O fino alla vetta
principale del corno di Campo (m 3232,
ore 0:30), addobbata con un bell'ometto.
Da qui il panorama è vastissimo: dal
Bernina, allo Scalino, alle vette di val
Grosina e val Viola, oltre ai colossi di Ortles
48
Le Montagne Divertenti Porte di Valtellina
e Cevedale.
Per la discesa prendiamo la via normale,
cioè il versante NE. Dalla vetta ci abbassiamo verso la dorsale rocciosa che divide
i due canali che scendono al ghiacciaio.
Quello di sx (O) è un suicidio, mentre
quello di dx, contrassegnato pure con
bolli di vernice arancione, taglia in diagonale sotto i contrafforti della cresta appena
percorsa. Mettiamo i ramponi. La neve è
dura. A breve siamo ad un salto di rocce
lisce, originatosi col ritiro del ghiacciaio.
Bruno Heis ha messo qui un chiodo per
agevolare la discesa. Noi ne approfittiamo,
ma, lazzaroni e presuntuosi d'esser bravi
quanto Emilio Comici, non mettiamo l'imbraco che pure abbiamo negli zaini.
Giorgio si arrotola nella corda come un
arrosto e fa una discesa, secondo lui, alla
vecchia maniera. Ma se si fossero davvero
calati così, certo è che non ci sarebbero stati
alpinisti anziani!
Io, genio incompreso, uso una fettuccia
strozzante serrata col nodo del fieno, ma il
maldestro brevetto duole al costato.
Alla fine siamo sul ghiacciaio, che attraversiamo in direzione della bocchetta di
Scispadus, quella a m 3031 che sta tra la
Pala e il Corno di Campo e permette di
accedere al vallone dello Scispadus.
Dal valico scivoliamo giù per un lunghissimo e infame gandone, inizialmente
piuttosto ripido. Teniamo la dx orografica. Aggiriamo da dx il gradino morenico
mediano (m 2500-2400), per traversare
a sx. Con una lunga diagonale su pietraie
miste a liste erbose, calpestiamo il fondo più
morbido della adiacente valle di Campasciol. Ancora 200 metri di dislivello e approdiamo al lagh da val Viola (m 2059).
Ci addormentiamo sulle sue rive, coi piedi
a mollo nell'acqua gelata e facendo incubi
sul giro passo di Sacco - passo di Valascia pizzo del Teo - Sfazù che in un momento
di follia avevo in mente di compiere per
completare la giornata. Al risveglio un
bel sentiero segnalato ci offre una Weiss al
rifugio Saoseo. Ci fermiamo a parlare di
caccia e dell'orso M13 che mangerebbe i
cervi appena abbattuti facendo arrabbiare
i cacciatori poschiavini. Forse per questo
verrà soppresso di lì a poco.
Insolitamente poco stanchi, chiudiamo la
nostra gita che il sole non si è ancora coricato: dobbiamo ammettere che ogni tanto
è bello tornare anche con la luce (Sfazù,
m 1622, ore 3:30)!
Il corno di Campo e la crepacciata vedretta di
Campo Nord visti dalle pendici occidentali del pizzo
Paradisino. Indicata la via di discesa per la bocchetta
di Scispadus (1 settembre 2007, foto Beno).
Il lagh da val Viola e il corno di Mürasciola
(1 novembre 2011, foto Roberto Ganassa).
Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Corno di Campo (m 3232)
49
Alpinismo
Perla della val di Campo è il lagh da Saoseo, dallo splendido colore blu, meta di pellegrinaggio estivo dei fotografi (8 agosto 2009, foto Roberto
Moiola). Spettacolari sono pure le tinte verdognole che d'autunno colorano il lago, incorniciato da una corona di larici e dal corno di Mürasciola
(29 ottobre 2009, foto Roberto Moiola). Ma questo specchio d'acqua riserva anche molte altre sorprese, come il trovare una famiglia di Poschiavo
che gioca ad hockey sulla superficie ghiacciata (27 novembre 2011, foto Marino Amonini).
50
Le Montagne Divertenti Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Corno di Campo (m 3232)
51
Pizzo Roseg (m 3936)
spigolo SO
Alpinismo
lunghis
simo
friabil
issimo
ed esp
osto
"la pi
ù ard
ita cr
grupp
esta
o del
del
Bernin
a"
Beno
Beno
52
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Cresta SO del Roseg. 29° tiro di corda. La vetta pare non
arrivare mai, mentre i tuoni si fanno sempre più vicini
(20 agosto 2012, foto Beno).
Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO
53
Alpinismo
Valmalenco
La cresta SO del Roseg domina la bocchetta delle Forbici e il rifugio Carate (9 settembre 2010, foto Beno).
Bellezza
Fatica
Pericolosità
Partenza: Campo Moro (m 2000).
Itinerario
automobilistico:
da Sondrio
prendere la SP15 della Valmalenco in direzione Lanzada.
Alla rotonda in località Vassalini scegliere la prima a dx,
attraversare Lanzada (15 km) e seguire le indicazioni per
Franscia (5 km), da cui altri 5 km di tortuosa strada
asfaltata guidano fino a Campo Moro. Si può lasciare
l'auto nel parcheggio sottostante al bar Poschiavino e al
rifugio Zoia.
Itinerario sintetico: Campo Moro (m 2000) base della diga di Campo Moro (m 1933) - rifugio
Carate (m 2636) - bocchetta delle Forbici (m 2660) rifugio Marinelli (m 2813) - passo Marinelli occidentale
(m 3086) - bivacco Parravicini (m 3183) - pizzo Roseg
(m 3936) per la cresta SO - discesa per il versante NE passo Sella (m 3265) - bivacco Parravicini (m 3183) rifugio Marinelli (m 2813) - rifugio Carate (m 2636) Campo Moro (m 2000).
Attrezzatura
richiesta: corda (almeno una da
60 m), casco, imbraco, piccozza, ramponi, 2-3 chiodi
da ghiaccio, moschettoni, cordini, serie di friend.
Difficoltà/dislivello
in salita: 6- su 6 /
complessivamente oltre 2000 m.
Dettagli: TD. La via si sviluppa su 31 lunghezze di
corda più tratti in conserva. Passi su roccia fino al
V- grado, pendii glaciali impegnativi, ritirata alquanto
problematica. La discesa per la via normale è pure
essa non banale (AD).
Mappe consigliate:
Carta Escursionistica Valmalenco, 1:30000;
Kompass n. 93, Bernina, 1:50000;
CTS n.1277, Piz Bernina, 1:25000.
Numeri utili: rifugio Carate (0342 452560), rifugio
Marinelli (0342 511577)
Tempo
previsto: 18-20 ore di cui 10-11 per salire
lo spigolo (i primi salitori ne impiegarono 9 e mezza!).
V
i racconterò di questa nostra
avventura sulla cresta SO del
pizzo Roseg, quella che dal passo Sella
raggiunge la vetta del Roseg, una lama
lunghissima di cui Silvio Saglio1 tesse le
lodi: "a perfezionare la bellezza del pizzo
Roseg, che ha la più bella parete ghiac‑
ciata (NE), il più appariscente canalone
(S), il più vasto spiovente roccioso (O) del
gruppo del Bernina, non poteva mancare
la più ardita e pronunciata cresta (SO)."
Certo è che quel profilo dentellato
colpisce chi percorre nelle giornate
limpide il tratto pianeggiante di sentiero
che precede i faticosi "sette sospiri"
per il rifugio Carate. Lassù, dietro la
bocchetta delle Forbici, ad una distanza
indefinibile, appare come severa scultura di roccia rossiccia spesso spruzzata
di neve che ne esalta la maestosità.
Nessuno ha saputo darci informazioni: a dispetto delle descrizioni lusinghiere del Saglio, pare sia da annoverare
tra gli itinerari dimenticati e desueti.
Tale rimarrà credo anche dopo questo
articolo in cui non si può che ribadirne
la pericolosità.
Il nostro primo arrembaggio l'ave1 - Silvio Saglio, Guide ai Monti d'Italia. Bernina,
CAI-TCI, Milano 1956
54
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti vamo lanciato il 3 luglio 2012,
credendo fosse sufficiente sfruttare una
finestra di bel tempo per completare
un'ascensione che ha più di cent'anni.
Furono infatti G. e C. Stewart, con
le guide Ferdinand Summermatter e
Alphonse Simond a vincere integralmente lo spigolo per primi e senza
bivacchi in via. Era il 30 luglio 1909.
«Oggi che ai chiodi, agli scarponi
chiodati e alle corde di canapa si sono
sostituiti i friend, le suole in vibram e
corde leggere e scorrevoli, ci si dovrebbe
mettere molto meno!» insinuavamo.
E invece abbiamo capito che non
è così, perchè dove la roccia è infame
e dove i passaggi non sono per niente
chiari, i pionieri hanno ancora molto
da insegnarci!
er esser sicuri di portare a termine
con successo il nostro primo fallimento, eravamo partiti in una giornata
uggiosa dal rifugio Marinelli. Tra l'altro
io mi ero accorto di avere con me 2
scarponi destri: un 41 e un 39, così ne
avevo presi in prestito due mezzi rotti
dal ripostiglio del rifugio. L'attacco
l'avevamo raggiunto a fatica affondando nella neve marcia e, dopo parecchie ore in via in un ambiente gelido e
P
a dir poco severo, un temporale ci aveva
costretto a fuggire quando avevamo
completato solo il primo dei tre settori
in cui si può dividere l'ascensione!
La grandine e l'incalzare dei tuoni ci
avevano fatto vivere brutti momenti
mentre lanciavamo le salvifiche 10
calate in corda doppia da 60 metri
usando come ancoraggi degli spuntoni
talvolta ballerini. Rimessi i piedi sulla
terra ferma, avevamo avuto modo di
riflettere sui metodi per velocizzare le
salite su un terreno così vario, esposto e
pericoloso, giungendo alla conclusione
che queste vanno affrontate solo col bel
tempo!
È passato un mese e mezzo; è il 20
agosto quando io, Andrea, Giorgio
e Nicola partiamo alle 4 dal rifugio
Marinelli (m 2813, ore 3 da Campo
Moro), dove siamo giunti ieri sera con
Pietro e due ragazzi israeliani, entrambi
di nome Yotam, la cui storia è molto
significativa e merita un bell'inciso.
Uno di loro l'ho conosciuto per caso
l'anno scorso mentre ero a Chiareggio
con il grande John Harlin2. Yotam era
2 - John Harlin, scrittore e alpinista americano,
stava compiendo la traversata integrale della linea
di confine svizzera. La porterà a termine con
Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO
55
Alpinismo
III
Pizzo Roseg
(3936)
Monte Scerscen
(3971)
Piccolo Roseg
(3896)
Pizzo Bernina
(4050)
II
settore: successione di
guglie difficili
Rif. Marco e Rosa
(3609)
Is
et
to
re
:
Ri
pi
do
e
di
ve
rt
en
t
e
Porta Roseg
(3522)
settore: é fatta!
Rifugio Marinelli
(2813)
La triade Roseg, Scerscen, Bernina dalle cime di Musella. In rosso il tracciato passo Marinelli Occidentale - attacco spigolo SO del Roseg. In verde
la scorciatoia alta bivacco Parravicini - rifugio Marinelli e in giallo quella bassa, un po' più lunga (1 luglio 2006, foto Beno).
Il pizzo Roseg dal vallone dello Scerscen. Segnato il tracciato dello spigolo SO (19 agosto 2012, foto Pietro Pellegrini).
approdato lì per caso, facendo autostop con la sua ragazza. Mi aveva
chiesto com'era fare alpinismo e, intrigato dall'attività scalatoria, è tornato
in Europa dopo un anno con un suo
compagno di leva. Hanno letto un po'
di libri e sulla scorta di quella teoria
hanno salito senza altro aiuto le principali vette delle Alpi: Bianco, Rosa,
Gran Paradiso ... Poi settimana scorsa
sono arrivati in Valtellina dicendomi
di portarli a fare qualcosa di veramente
bello, in cui assapori la montagna senza
essere in fila come al supermercato. Li
ho ospitati a casa mia qualche giorno,
tanto mantenerli costa poco: si nutrono
prevalentemente delle verdure dell'orto,
pure a colazione, ed in famiglia non ne
potevamo più di mangiar zucchine e
cetrioli!
Con la loro gradevolissima compagnia ho quindi salito la cresta di Corna
il ghiacciaio.
Albeggia, il panorama è molto vasto.
Sappiamo che la via si divide in 3
settori morfologicamente molto diversi
e questo ci aiuterà a scandire la nostra
giornata: il primo, che abbiamo già
salito, ripido e divertente, di roccia
talvolta buona, porta ad una torre
bifida strapiombante; il secondo, grossomodo pianeggiante, affronta una
serie di guglie ardite; il terzo supera l'ultimo strappo e non dovrebbe riservare
sorprese.
Ci occorrono 2 tiri6 su macereti per
guadagnare il filo. Alcune scariche di
pietra quasi lapidano Nicola. Sono
opera mia che involontariamente ho
solleticato un dòmino di blocchi in
bilico. Cavalcato lo spartiacque di
pietre rossicce più solide, la situazione
migliora. Alla nostra sx è il vadret da
Sella, sul quale si proietta inquietante
successo il 12 settembre 2011, dopo 105 giorni di
marcia, oltre 2000 chilometri lottando contro il
tempo, le intemperie, la fatica, il freddo e il grave
infortunio che gli era occorso nel luglio 2010,
proprio all'inizio dell'impresa. Per approfondimenti vedi: Beno, John Harlin III: 105 giorni sul
confine, Le Montagne Divertenti - n.19 inverno
2011.
56
Le Montagne Divertenti Rossa al Disgrazia, che non si filano
più nemmeno i camosci. Risultato:
una inconsueta e lunga arrampicata
su rocce variegate, persino su cuscini
di amianto, sempre soli e al cospetto
di un ambiente grandioso. Al rientro
mi hanno confessato che è stata la loro
più bella giornata sulle Alpi, una gita
fantastica. E pensare quanti valtellinesi
vanno a fare la normale al Rosa o al
Bianco, non conoscendo assolutamente
le nostre montagne!
a torniamo al Roseg. Alla luce
delle pile frontali raggiungiamo il passo Marinelli Occidentale, da cui attraversiamo interamente
il ghiacciaio di Scerscen Superiore in
direzione NO. Valichiamo le morene
divisorie che individuano i tre diversi
apparati costituenti il ghiacciaio di
Scerscen Superiore. Queste, emerse
negli ultimi anni, sono uno dei segnali
del disfacimento di questa importante
vedretta3. Puntiamo alla base della
M
3 - Luca Bonardi, Enrico Rovelli, Riccardo Scotti,
Andrea Toffaletti, Massimo Urso e Fabio Villa, I
ghiacciai della Lombardia. Evoluzione e attualità,
Hoepli, Milano 2011
nostra cresta. È bene stare attenti ai
crepacci che, specialmente nei cambi di
pendenza, sono molto larghi.
"Il Bianco si è svegliato!", esclama
Andrea guardando le luci della capanna
Marco e Rosa alla base della spalla del
Bernina.
Tour sotto Porta Roseg e canalone
Marinelli4, da cui cadono continue e
gigantesche frane. Su un pulpito a SO
brilla il bivacco Parravicini (m 3183).
Più a N, emergenza della medesima
dorsale che regge il bivacco, vi è l'isola
rocciosa quotata 3243 e, ancora più
a N, scende il pendio ghiacciato5 che
conduce ai piedi della cresta SO
(m 3300 ca., ore 3).
Levati i ramponi, con un po' di patimento valichiamo la crepa tra le rocce e
4 - Sulla parete SE del pizzo Roseg, compresa tra la
Porta Roseg e il canalone Marinelli, il 5 agosto
1901 morì Giuseppe Gugelloni, che pochi giorni
prima aveva compiuto la prima ascensione al
Disgrazia per la cresta di Corna Rossa. Strane
coincidenze!
5 -Lo smilzo corridoio costituisce l'ultimo
collegamento tra la porzione occidentale del
ghiacciaio di Scerscen Superiore, compresa tra il
pizzo Sella, il bivacco Parravicini e il Gendarme
(m 3379) della cresta SO del Roseg, e la restante
vedretta.
Autunno 2013
6 - La relazione di salita si riferisce al nostro
tracciato, che si discosta in più punti da quello
riportato in Guida dei Monti d'Italia. Bernina. I
passaggi non sono sempre obbligati, perciò sta alla
sensibilità di ciascuno intuire la via migliore, e
questa potrebbe anche differire da quella qui
descritta.
Le Montagne Divertenti l'ombra della cresta SO del Roseg.
Procediamo in maniera quanto
più meccanica possibile, cercando di
scegliere la strada migliore e evitando
di scalzare sassi. Ci disponiamo in due
cordate.
3° tiro - contorniamo a sx la cresta
per riguadagnarla su un poggiolo
roccioso.
4° tiro - alcune frastagliature ci
portano alla base di un’alta torre.
Sostiamo qui, benché avanzi ancora
molta corda, ancorandoci a dei blocchi
di roccia chiara.
5° tiro - aggiriamo il torrione sulla sx,
dove un canale sdrucciolevole ci riporta
sullo spartiacque in corrispondenza
di una stretta breccia a cui si accede
superando un massone incastrato. Un
gradino (sx, 3m, III+) e siamo sulla
facile placca che arriva ai piedi di un
dente terrificante: il Gendarme;
6°-7°-8° tiro - la dorsale diventa di
roccia più sana e divertente. Senza via
obbligata né particolari difficoltà;
9° tiro - il filo si assottiglia e, oltre
uno stretto colletto, saliamo una specie
di camino che ci porta ad una terrazza
panoramica ricca di genepì. Anche
questa è una lunghezza breve, ma se
si proseguisse oltre le corde si incastrerebbero negli spigoli. Guardandoci
indietro osserviamo la dorsale appena
percorsa: assomiglia alla cresta di un
enorme dinosauro che emerge dai
ghiacci perenni del Sella.
Nicola e Giorgio sono un po’ attardati, per cui li aspettiamo e mescoliamo le cordate. In affari così delicati è
meglio che chi ne ha si sacrifichi e chi è
un po’ stanco riposi per poter poi poter
dare il cambio più avanti.
10° tiro - la via si impenna su un
pilastro piuttosto esposto (IV-), quindi
si affronta un salto di roccia chiara
solcato nel mezzo da una fessura larga
10-15 cm. Nella sua parte bassa sono
incastrati un nut e un chiodo.
11° tiro - la roccia bianca è molto
scivolosa e il passo non banale (fessura,
6 m, V-). Sebbene sia facile proteggersi
da grandi cadute con l'uso dei friend,
quassù anche solo una botta al ginocchio si rivelerebbe pericolosa. Oltre il
muro ci aspetta un corridoio tra massi
incastrati che porta a una selleta.
Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO
57
L'albaAlpinismo
sul ghiacciaio di Scerscen Superiore
(3 luglio 2012, foto Beno).
Valmalenco
Ai piedi dell'impressionante Gendarme (m 3379, 5° tiro della via) (3 luglio 2012, foto Beno).
12° tiro - facile. Traversiamo a sx su
roccia friabile, poi un canalino ci porta
su un pianerottolo.
13° tiro - Andrea e Nicola passano
per il canale/imbuto di sx (IV-, roccia
pessima all’uscita), io faccio lo sborone e
mi butto sui precipizi del lato S. Tribolo
un po' (V/V+), ma è una lunghezza
bellissima! Giorgio, che è all'altro capo
della corda, conferma.
14° tiro - pieghiamo a sx e, dopo aver
salito alcuni blocchi scivolosi, siamo
alla base del canale che solca in due la
grande torre, punto in cui termina il
primo dei tre settori della cresta. Non
occorre certo forzare quel canale: aggiriamo la torre per cenge e placche sulla
dx (lato italiano).
15° tiro - senza via obbligata, una
fascia di roccia malsana ci regala la
cima della torre , una catasta di rottami
presso cui pranziamo.
Ci troviamo poco sopra i m 3600.
Alla faccia di chi nega il riscaldamento
globale: è pieno di genepì! Lo raccolgo
per farne un liquore esclusivo con cui
brinderemo al Roseg! Pranziamo con la
consapevolezza che è già tardissimo: è
ancora molto molto lunga. Guardando
58
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti avanti non si capisce assolutamente
cosa ci aspetti. La vetta è visibile, ma
la sua distanza è indefinibile. Frane e
valanghe borbottano di continuo.
16° e 17° tiro - ci abbassiamo per
un canale di roccia pessima sul versante
svizzero, quindi traversiamo (N) e
raggiungiamo un ripido costolone,
grazie al quale arriviamo di nuovo in
cresta accanto ad un blocco chiaro.
"Com'è da lassù in avanti?", ci urlano
Nicola e Giorgio.
"Pensate a una cosa molto brutta",
rispondiamo con un nodo in gola io e
Andrea,.
"Ecco: è molto peggio!"
Uno scenario spaventoso: una successione impressionante di denti affilatissimi e aggettanti, a prima vista
invalicabili. Dopo un attimo di titubanza, scendiamo a una selletta dove
con 2 doppie verso S (dx, si trovano
chiodi e fettucce) siamo a una cengia ai
piedi del più alto dei denti.
Lo contorniamo da S, storditi dai
continui boati degli autobus che precipitano dalla parete e dall'acre odore di
zolfo che riemerge dagli abissi.
18° tiro - dalla base del grande dente
alto una cinquantina di metri, saliamo
per camini e cenge in diagonale verso
dx, sostando in un corridoio generato
da un grande blocco staccato a picco
sulla parete. Siamo a dir poco in balia
degli eventi!
19° tiro - una placca, quindi ha
inizio un canalino verticale. Gioisco
alla vista di un vecchio chiodo: "Qualcuno di qui è passato!", poi con arrampicata delicata sono alla breccia oltre il
dente, da cui, piego a dx lungo la cresta
fino a trovare un buon punto di sosta
con ridente vista sull'inferno appena
attraversato.
È faticoso scalare queste rocce, sia
perchè non conosco la strada, sia perchè
sono esposte, sia perchè sono marce e
devi stare attento non solo a non precipitare assieme a qualche appiglio a cui
hai affidato le tue speranze, ma anche a
che questo appiglio non vada a colpire
né la corda, né qualcuno degli altri che
seguono.
20°-21°-22° tiro7 - grazie a una
7 - Ai tiri sono mescolati numerosi tratti in
conserva. Non vi sono più passaggi obbligati, ma
sta al buon senso trovare la strada. Si tenga conto
che il versante italiano, dove transitabile, è più
agevole.
Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO
59
Alpinismo
Valmalenco
16° e 17° tiro ci fanno raggiungere un blocco chiaro da cui il panorama è a dir poco inquietante (20 agosto 2012, foto Beno).
pericolosa placconata sporca di neve,
aggiriamo qualche torretta sul lato SE
quindi, giunti ad una selletta, poco
oltre delle cartucce di gas esauste, azzardiamo un tratto appoggiando a NO e
per poco non parto assieme a una frana.
Davvero una brutta esperienza: i grossi
massi su cui stavo camminando si sono
mossi tutti assieme; anche la sosta era
stata attrezzata su uno di quei maledetti
blocchi bianchi, così se la corda fosse
andata in tensione pure Giorgio mi
avrebbe seguito nella caduta; ho dovuto
mettermi a correre controcorrente fino
ad appendermi alla parete di roccia più
sana che stava 5 metri sopra. Un boato
e una nuvola di polvere, ma per fortuna
nessuno di noi ne faceva parte!
Da ciò abbiamo dedotto una regola
importante su questa montagna: la
roccia rossa si sgretola, gli appigli ti
restano in mano, ma quando un masso
è grande non si muove, mentre la roccia
chiara è più soda, ma appena la tocchi,
scivolano via anche blocchi grandi
come lavatrici.
Sentiamo le pale di un elicottero, ma
non lo vediamo. Poi sbuca da dietro.
Svizzero. Qualcuno si sarà fatto male.
Uno sguardo sulla cresta appena salita e sul passo Sella dal
salto di roccia
chiara all'11°
tiro (20 agosto
2012, foto Beno).
60
Le Montagne
Divertenti
Autunno 2013
Le Montagne Divertenti "Beh, non è per noi!"8
Risaliamo nuovamente sul filo con
qualche difficoltà, quindi, discesi
grazie a una specie di cengia-corridoio,
contorniamo da dx i problemi: la roccia
è un po' più affidabile!
23° e 24° tiro - passaggi sottocresta
(lato italiano) con vista sul dirupato
canalone Marinelli al termine dei quali
quale poi posso urlare: “Vedo la luce in
fondo al tunnel!”. La cresta E, quella
che sale dal Piccolo Roseg, non è più
così lontana. Quando ci innesteremo lì
saremo praticamente arrivati.
25°-26° tiro - uscita delicata dalle
cenge precedenti, quindi traversiamo
una piccola gola (dx) su ghiaietta e risaliamo l’ennesimo canale.
Sono 5 ore che non beviamo, né
mangiamo, né pisciamo. Come degli
automi le nostre due cordate ripetono
velocemente la sequenza arrampicata
- sosta - scambio attrezzatura. Siamo
persi in un labirinto di detriti appoggiati sopra dei precipizi spaventosi.
27°-28°-29° tiro - 3 semplici
lunghezze con cui vinciamo l'ennesimo
8 - Scopriremo che era lì per recuperare due
alpinisti caduti fatalmente sulla via normale.
canale, guadagniamo una selletta detritica da cui montiamo su una costola di
roccia e rottami in direzione NO e ci
innestiamo sulla cresta SE, quella che
viene dal Piccolo Roseg. Siamo a un
tiro e mezzo dalla vetta.
È fatta: oramai stavamo perdendo
la speranza (pizzo Roseg, m 3936,
ore 10)!
Ci stringiamo le mani, sono le 18:40,
la nostra esultanza è smorzata dai tuoni
del temporale che presto sarà sopra le
nostre teste.
Fulmini quassù significa doversi
allontanare da piccozze e attrezzi metallici finché smette, o dover scendere con
l’elettricità che ti si può scaricare adosso
da un momento all’altro.
Siamo delle nullità in questi luoghi.
Ogni alito di vento, ognuno dei mille
massi che continuamente rovinano a
valle, ognuno dei buchi del ghiacciaio,
potrebbero portarti via da un momento
all’altro. Ma questo senso di impotenza
aumenta la meraviglia e la gioia di noi
piccoli spettatori dello spettacolo della
Natura.
Micro sosta per cibo, acqua e pipì, poi
giù rapidi dalla normale, sempre in due
Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO
61
Alpinismo
Valmalenco
cordate indipendenti. La nebbia ci porta via spesso
la visuale, per fortuna questo lato lo conosciamo
bene: roccette (II/III), poi sulla cresta nevosa che,
dopo una gobba intermedia, porta all'anticima
N del Roseg (m 3920), da cui un ripido scivolo
ghiacciato digrada (NO) su una spalla fin nei
pressi dell'anticima di quota 3598. Poco sopra i
m 3600, ci gettiamo sulla rampa ghiacciata che
declina a sx (SO) e ci deposita sul cordolo roccioso
che delimita questo alto circo. Inizia a piovere e
grandinare.
Imbocchiamo il canale a ridosso dei contrafforti della quota 3598 che, tramutato dal caldo
nell'alveo detritico di un torrente, ci deposita
bagnati fradici sul ghiacciaio pensile del versante
O del Roseg. Questo ha la forma grossomodo di
una pera e vi siamo arrivati per il picciuolo. Traversiamo a sx (SSE) circa in mezzo al pendio, per
raggiungere il colatoio detritico che ci conduce al
vadret da Sella a circa m 3200.
Sono le 20:30, siamo stanchi morti e stiamo
risalendo poco concentrati al passo Sella per rientrare in Marinelli.
Manca poco al valico quando Andrea, legato
in cordata con Nicola, sprofonda in un crepaccio
nascosto dalla neve. Con 3 bracciate a farfalla però
riesce a guadagnarne la sponda opposta aggrappandosi a non si sa cosa.
Il buco è largo oltre 3 metri.
Mi avvicino e tasto con la piccozza.
Traversare qui pare follia: la voragine si allarga
sotto i nostri piedi. Non c'è un ponte solido.
«Ragazzi, qui non si passa!», grido.
Ma Nicola, preso forse dalla stanchezza, forse da
un eccesso di onnipotenza, ribatte con sufficienza:
«Ohff!», e fa un passo in avanti.
«Gnam gnam» dice il crepaccio mentre se lo
ingoia. Lui sparisce, mentre Andrea con molto
sforzo riesce a bloccarsi ed arrestarne la caduta
dopo qualche metro.
La neve è marcia e la corda, tagliando lo spigolo
del buco, fa ulteriormente abbassare Nicola negli
abissi. Lo chiamiamo più volte, ma non sentiamo
la sua voce. C'è un attimo di preoccupazione.
Giorgio mi tiene la corda tesa e mi avvicino alla
bocca del crepaccio.
Richiamo e finalmente sento la sua voce; capisco
che il suono è udibile solo in prossimità della bocca
del crepaccio.
È sospeso nel vuoto e non vede il fondo, nè
riesce a toccare le pareti perchè la voragine è fatta
come a campana.
«Fate di corsa!» ci grida Andrea.
«Mangiamo un panino, poi ci mettiamo al
lavoro, tanto il Giana è vecchio e può aspettare.
Se sei stufo taglia la corda e vieni a far merenda
con noi! Il coltello è nel sacchetto con la bresaola»,
ironizzo per sdrammatizzare.
Non avevo mai visto cadere qualcuno in un
Il blocco chiaro visto dall'altro versante
al termine del 19° tiro, lunghezza che ci
ha permesso di tornare in cresta dopo
aver aggirato da S l'ardita guglia alle
spalle di Giorgio
(20 agosto 2012, foto Beno).
62
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Il salto chiaro, passaggio chiave del primo settore della cresta (20 agosto 2012, foto
Giorgio Urbani).
19° tiro: riguadagniamo la cresta dopo aver aggirato da S uno spuntone alto oltre
50 metri (20 agosto 2012, foto Giorgio Urbani).
21° tiro: oltre una placca innevata, un canale di rottami ci riporta in cresta
(20 agosto 2012, foto Beno).
Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO
63
Alpinismo
Pizzo Roseg, versante O. Il tracciato di discesa dalla via normale (30 maggio 2012, foto Beno).
Ai piedi della parete S del Roseg, con la bella cresta appena salita (21 agosto 2012, foto Beno).
Nicola: felice dell'arrivo in vetta, o forse ancor più quando l'abbiamo tirato fuori dal crepaccio! (20 agosto 2012, foto Beno).
crepaccio.
Leggende
alpinistiche
raccontano che, senza i nodi di Batman,
paranchi e altre cose a me ignote, non ci
sia verso di recuperare i cristiani; il mio
buon senso mi dice di non crederci.
Chiediamo a Nicola se c'è gnocca
lì sotto. Lui ci ribadisce che è sospeso
per aria ed è tutto buio: «È larghissimo
e molto fondo, anche se non capisco
quanto.» Poi aggiunge con disappunto
«Niente figa.» Iniziamo a preoccuparci:
deve essere davvero triste stare solo in
un crepaccio.
Rovescio il mio zaino per terra, recupero il frontalino e lo lego ad un capo
della corda, dove metto anche un
moschettone a ghiera, così da permettere a Nicola di prendere con facilità il capo della corda e agganciarlo
all'imbraco.
È buio, ma siamo estremamente
rapidi. Calo la corda nel buco e, dopo
alcuni tentativi a vuoto, Nicola ci si
appende.
«Oh... issa; oh.... issa.»
7-8 colpi a tirar di braccia con tutta
la forza e l'ignoranza delle leve che
abbiamo, bloccando nella piastrina
quanta fune recuperiamo, ed ecco le
mani di Nicola apparire e cercare dispe-
64
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti ratamente qualcosa a cui aggrapparsi,
ma il nodo in vita si incastra sul bordo.
Andrea ha già allentato la sua corda
ed è dall'altra sponda che ci osserva
perplesso.
Punto anche la mia picca e gli lego
uno spezzone di corda pieno di nodi.
Nicola lo afferra e si trascina fuori
con le sue forze.
Ci siamo! Tutti sani e salvi in meno
di 5 minuti.
Lui è fradicio, infreddolito e un po'
ammaccato.
Sanguina dalla fronte, ma ora ha
una bella storia da raccontare ai nipoti
quando gli chiederanno perchè gli
amici lo chiamano "Ohff!"
È definitivamente notte, abbiamo 2
frontalini su 4 che non vanno, o meglio
Giorgio il suo non l’ha nemmeno. Il
ghiacciaio e i successivi crepacci golosi
sono illuminati dai soli lampi che si
fanno sempre più fitti.
Decidiamo di passare una notte
insonne nello spartano ma provvidenziale bivacco Parravicini (m 3183,
ore 3). Appena entrati nello sgabbiotto
di lamiera il temporale ci fa sentire di
cos’è capace e scuote il bivacco con
veemenza. Appena in tempo!
Notte insonne per la scomodità di
quei letti/amaca di tela, per il freddo
(siamo tutti bagnati) e per la sete
(siamo in giro dalle 4 e abbiamo avuto
a disposizione solo 1 litro e mezzo a
testa). Ci rimangono solamente mezzo
litro di tè e una redbull da dividere in
quattro. Abbiamo la bocca impastata e
non mangiamo quasi nulla per paura
di ingozzarci col cibo! Solo alle 6 di
mattina, scaldati dai primi raggi di sole,
riusciamo a prender sonno.
Per il rientro sfruttiamo il margine
E della lingua occidentale del ghiacciaio di Scerscen Superiore, grazie al
quale accediamo a un sistema di cenge
e gradoni rocciosi (tracce di passaggio)
che ci portano da NNO direttamente
al rifugio Marinelli (m 2813, ore 2).
Siamo in Marinelli che son quasi le
11 e ci gustiamo la meritata birra. Ora
Nicola può mostrare il taglio sopra
l'occhio e vantarsi della sua disavventura anche con gli amici israeliani che
mentre ci aspettavano hanno ammazzato il tempo con la traversata delle Tre
Mogge e abbondanti costine al lavec'!
Pizzo Roseg (m 3936) - spigolo SO
65
Escursionismo
L'anello del lago della Piodella
Beno
Il lago della Piodella
(12 luglio 2013, foto Beno - www.clickalps.com).
66
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti L'anello del lago della Piodella
67
Escursionismo
Bellezza
Fatica
Pericolosità
Valchiavenna
Partenza: Gordona, località Donadivo (m 737).
Itinerario automobilistico: dalla rotonda di
Nuova Olonio si prende la SS 36 verso N fino a San
Cassiano (km 14). Si svolta quindi a sx, s’attraversa
la ferrovia, e si seguita sulla SP 40 (km 1,5) per
inserirsi sulla SP 9 e proseguire verso N per Gordona
(km 2,5). Prima rotonda dritto, poi all’incrocio con
indicate la palestra e la val Bodengo si svolta a sx. In
breve si passa davanti al bar La Füss, dov'è possibile
acquistare il permesso per salire fino a Donadivo
(2 euro). Si percorrono quindi via degli Emigranti e
via Cimavilla. Sempre sulla via principale si raggiunge
il cartello che sancisce la limitazione del transito sulla
carrozzabile per la val Bodengo. 4 tornanti e si è in
località Donadivo (m 737 - ristoro e possibilità di
parcheggi.
Itinerario sintetico: Donadivo (m 737) - alpe
Orlo (m 1165) - alpe Valle di Sotto (m 1350) - alpe
Valle di Sopra (m 1490) - alpe Lavorerio (m 1856) alpe Piodella (m 2053) - lago della Piodella (m 2202)
- bocchetta di Piodella (2219) - forcella di Strem
(m 2259) - [traversata del pizzo Settaggiolo di Dentro
(m 2568 - m 2565)]- alpe Gandaiole (m 2079) - alpe
Piazza (m 1668) - Curt Èrza (m 1190) - Bodengo
(m 1030) - pra Pincée (m 947) - Donadivo (m 737).
Tempo
previsto: 10 ore.
Attrezzatura
richiesta: da escursionismo.
Si consigliano scaponi e bastoncini. [Se si decidesse
di fare l'aerea traversata del pizzo Settaggiolo di
Dentro è bene avere l'imbraco e almeno 20 metri di
corda e un paio di cordini].
Difficoltà/dislivello: 2.5 su 6 / oltre1500 m.
Dettagli: EE. Sentiero ben curato fino nei pressi
dell'alpe Lavoredo. Dall'alpe Piodella a curt Èrza i
bolli si fanno radi e la traccia è poco chiara. Occorre
buona capacità di orientamento [PD con un passo
di III+ la traversata in cresta del pizzo Settaggiolo di
Dentro].
Mappe: Kompass n. 92 - Valchiavenna - val
Bregaglia, 1:50000
Carta Nazionale Svizzera foglio 277, Roveredo,
1:50.000
Bibliografia:
Alessandro Gogna, Angelo Recalcati, Guida dei
Monti d'Italia. Mesolcina - Spluga, CAI-TCI,
Milano 1999
Amleto Del Giorgio, L’Alpe Cermine e la sua
mulattiera, in Lunario di Valchiavenna 2000
Cristian Copes, Il benefattore Giovan Battista
Mazzina (1884-1931), Gordona 2009.
I tetti di Gordona visti da Donadivo (12 luglio 2013, foto Beno).
Con una lunga passeggiata ad anello si può visitare una delle valli più selvagge del comune
di Gordona: la val Pilotera. Rinserrata tra severe placconate di granito e incisa da profonde
forre, è un luogo dove la natura incontaminata domina ogni scorcio del paesaggio. Si va
dalle variopinte fioriture estive ai colori infuocati dell'autunno. Imponenti faggi, splendide
marmitte lavorate dal torrente dove luccicano pozze verde smeraldo. Mentre si prende
quota, si odono gli ultimi echi di un'antica tradizione pastorale e, quando le piante d'alto
fusto sono sparite e pure le ultime baite sono lontane, ecco che appare il lago della
Piodella, in cui si specchiano i colossi del Màsino e il severo pizzo di Prata.
Per il ritorno abbiamo scelto l'impervia valle Strem, tributaria della dolce val Bodengo
che, coi suoi castagni e lo scrosciare del torrente Boggia, ci riporta in località Donadivo.
N
ulla vieta di partire a piedi
da Gordona e gustarsi
le pregevoli risvolte selciate del
sentiero del Benefattore, ma se non
si è allenatissimi conviene investire 2€, ritirare il permesso al bar
La Füss e portarsi in auto fino alla
panoramica
località
Donadivo
(m 737), abbarbicata sulle pendici del
monte a picco sopra Gordona proprio
accanto alla bocca sospesa della val
Bodengo. Nei pressi della fontana in
legno un cartello ci indica la prosecuzione del sentiero del Benefattore per
l'alpe Orlo.
Tornante dopo tornante, chiusi nel
fitto bosco di castagni e faggi, incontriamo vari nuclei, qualcuno in rovina
ma con le travi dei tetti che soppor-
68
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti tano ancora il grande peso delle piode
selvatiche, altri ristrutturati e utilizzati come case vacanza. Varie fontane
punteggiano la salita. A circa m 1000
intercettiamo la carrozzabile, ma poco
dopo l'abbandoniamo a favore del più
sbrigativo sentiero che presto emerge
sull'ampio terrazzo panoramico
dell'alpe Orlo (m 1165, ore 1).
Dal nucleo di baite ben curate si
ammirano la bassa val Bodengo, con
le laterali destre val Garzelli e val Soè,
oltre al lungo solco della val Pilotera.
Le dentature rocciose dei pizzi Ledü,
Rabbi e Cavregasco richiamano il
pizzo di Prata e le cime del Màsino,
ponendoci in un privilegiato centro di
simmetria.
Il sentiero del Benefattore va ad
esaurirsi all'alpe Cermine1, mentre
noi pianeggiamo tra le baite (O) per
entrare in val Pilotera. Seguiamo un
tracciato ben tenuto e segnalato che
corre a mezza costa dirimpetto a pra
l'Oste, alpeggio al di là del profondo
e sinuoso corso del torrente. Inizialmente perdiamo quasi cento metri di
quota, per accostarci infine al torrente
Pilotera.
Faggi, larici, abeti bianchi e rossi ci
permettono un ripasso di botanica,
finché le prepotenti e profumate fioriture del maggiociondolo non monopolizzano nasi e sguardi. È difficile
capire se il colpo d'occhio più spettacolare è questo estivo oppure sarà
1 - Vedi: Beno, Attorno al Pizzaccio, Le Montagne
Divertenti - n.4 primavera 2008, pag 52.
L'anello del lago della Piodella
69
Escursionismo
Valchiavenna
Il sentiero del Benefattore nei pressi di Orlo (12 luglio 2013, foto Beno).
d'autunno, quando i primi freddi
incendieranno la vegetazione e sotto
i faggi si adagieranno spessi letti di
foglie fruscianti.
A circa m 1300 un sottile ponte
ad arco scavalca il torrente che
scende dalla val Pesciadello, proprio
sopra una marmitta con acqua color
smeraldo. Se la giornata lo richiede
si può fare un bagnetto rinfrescante!
La val Pilotera ha il suo capolinea
superiore qui, al convergere della val
Pesciadello e della val Piodella2, a cui
stiamo accedendo.
2 - Su molti cartelli è indicato il toponimo
"Piodela".
70
Le Montagne Divertenti Giungiamo all'alpe Valle di Sotto
(m 1330), dalla quale, ignorato un
ponte che serve delle baite, saliamo
all'alpe Valle di Sopra (m 1486)
attraversando distese di fragoline
selvatiche.
A questo punto la via diventa ripida
e, piegando a dx (N), rimontiamo la
sponda sx orografica per vincere il
gradone roccioso che interrompe la
valle. Usciti dal bosco, oltre un dosso
erboso, troviamo un ponte e le indicazioni per l' alpe Piodella3.
3 - Se attraversassimo il ponte giungeremmo alle
quattro baite dell'alpe Lavorerio (m 1862), la
prima e più grande delle quali è stata trasformata in
L'alpe Orlo e il solco della val Pilotera. In fondo a dx il pizzo Piodella (12 luglio 2013, foto Beno).
Da qui in avanti i segnavia si fanno
più radi e la traccia corre labile tra i
pascoli in direzione ONO. All'improvviso ecco i campanacci delle
mucche e le baite dell'alpe Piodella
(m 2053, ore 2:30).
Seduto su un tavolo di sasso c'è
il pastore che scruta l'orizzonte col
binocolo.
Il suo nome è Luciano Mazzina,
due profondi occhi azzurri e 70 anni
ben portati.
Ci fermiamo a fare due parole e
bere un caffè. A noi non pare vero
bivacco. La struttura è accessibile solo chiedendo le
chiavi al comune di Gordona.
Autunno 2013
che qualcuno stia ancora quassù; a
Luciano, probabilmente, non capita
spesso di incontare passanti.
Lui è qui con una ventina di capi da
carne, alcuni di grossa stazza di razza
Limousine4.
Piodella è un alpeggio scomodo
e remoto a cui però Luciano è
molto legato in quanto vi montica
il bestiame da quando era bambino.
4 - Mucca originaria del Limousin, regione francese
ad ovest del Massiccio Centrale caratterizzata da un
clima piuttosto duro con estati calde, inverni rigidi
ed abbondanti precipitazioni. È un animale
estremamente robusto con grande facilità di
acclimatamento. In passato era razza a duplice
attitudine, lavoro e carne, ma oggi viene utilizzata
solo per quest'ultimo scopo.
Le Montagne Divertenti «Fino agli anni '70», ricorda, «salivano all'alpe 7/8 famiglie. Risiedevano tutta l'estate nelle piccole baite,
alcune delle quali erano condivise da
due famiglie.»
«Vedete, in quella lassù in alto ci
veniva da bambino don Samuele, ora
parroco a Sazzo.»
L'alpeggio è grande, misura ben
48 erbate5 di superficie. Luciano ne
possiede 17 e mezzo.
Il pastore ha recentemente acquistato un rudere poco distante dalla sua
5 - Ogni erbata dà il diritto di caricare una mucca
da latte, oppure due manzette di due anni o 4
vitelle di un anno.
baita e lo sta ristrutturando: «Almeno
quando saliamo possiamo avere un
ambiente più dignitoso in cui stare.
Siamo rimasti in pochi che curano le
montagne, ma non solo non abbiamo
premi: addirittura mi è arrivato l'IMU
da pagare su quella baita che sto sistemando! Volevo quasi piantar lì tutto.»
Come dargli torto!
«La conca pascoliva dell'alpe Lavorerio misura invece 33 erbate. 12
appartengono a privati e 21 sono del
Comune di Gordona.»
Dalla precisione dei dati che ci
fornisce capiamo che un tempo
queste praterie abbandonate doveL'anello del lago della Piodella
71
Escursionismo
vano rivestire una grande importanza
e perciò il loro uso era regolamentato
con accuratezza.
Poi i discorsi cadono sul contrabbando: «Certo che era in voga il sacco
quegli anni! Si arrotondava così la vita
d'alpe portando in Italia le sigarette.
Passavamo per la val Gamba. Per
limitare il fenomeno c'era un distaccamento della Guardia di Finanza a
Gordona. Il comandante quegli anni
era il friulano Galan, scomparso ultranovantenne pochi mesi fa. Qui per
lavoro si era innamorato e sposato con
una donna del posto, perciò stabilito
in Valchiavenna.»
«Doveva esser lungo il tragitto dalla
Mesolcina per arrivare a Gordona!»
«Beh, una agevolazione l'avevamo:
un nostro compaesano aveva fatto
fortuna aprendo una cava in val
Gamba. Ci aiutava trasportandoci con
la teleferica i sacchi fino a Montögn
e accorciandoci così di molto il
viaggio. I panàu6 avevano vari baitelli
di sasso che usavano come punti di
controllo. Però, ad esempio, dopo che
un fulmine aveva colpito e distrutto
quello alla bocchetta di Piodella (se
ci passate ne trovate ancora i ruderi),
non ci stavano più molto volentieri!»
Ci congediamo da Luciano dopo
aver elencato amici comuni che
frequentano la valle ed esserci resi
conto che in Valtellina alla fine ci si
conosce tutti.
Il cammino riprende con un ampio
arco verso sx. Di sentieri neppure
l'ombra. Pure i bolli sono radi e
talvolta scoloriti, ma con rotta a SO
mirando al pizzo Gandaiole in breve
ci affacciamo al lago della Piodella
(m 2202, ore 0:45).
Si tratta di uno specchio d'acqua
poco profondo, popolato da rane,
girini, moschini e zanzare, coi
connessi predatori che attendono
appostati sulle rive.
Luciano ci ha raccontato che da
bambino girava sempre scalzo e una
volta quassù aveva calpestato una
vipera ricevendo in cambio un bel
morso. Uno scoglio di forma triangolare emerge dalle acque, attorniato
da vari cuscini verdi, mentre sulla riva
nord-occidentale si trova una curiosa
barchetta azzurra. Il perimetro del
Maggiociondolo in fiore e, sotto, la piana dell'alpe Lavorerio (12 luglio 2013, foto Beno).
6 - Soprannome dialettale dei finanzieri.
Tuffo nelle verdi pozze del torrente Pesciadello ai piedi del
ponte 72
per l'alpeLe
Valle
di Sotto (12
luglio 2013,
Montagne
Divertenti
foto Beno).
Autunno 2013
Le Montagne Divertenti L'anello del lago della Piodella
73
Escursionismo
lago è alquanto irregolare, tanto da
ricordare una macchia d'inchiostro, o
spingendosi con la fantasia, la sagoma
di un calamaro con un perimetro di
712 m e una superficie di 12225 m2
che, se il lago fosse stato perfettamente circolare, sarebbe stata di oltre
40000 m2.
Alcune nuvole si specchiano nel lago
assieme al pizzo di Prata e, inaspettatamente, alle lontanissime cime della
val Bregaglia.
Percorriamo circa 300 metri in
salita in direzione S e guadagniamo
lo spratiacque tra la valle Piodella e la
valle Strem, determinato dalla dorsale
che dal pizzo Gandaiole corre verso E
fino al pizzo della Piazza.
Poco più in alto, ai m 2119 della
bocchetta di Piodella, il sentiero passa
in valle Strem e taglia a mezza costa
il versante SE del pizzo Gandaiole.
Pietraie miste a liste d'erba ci accompagnano (SO) all'ometto di pietra
che individua il forcellino di Strem7
(m 2259, ore 0:30), valico che mette
in comunicazione l'alta val Gamba
con la valle Strem.
Siamo sul confine tra Italia e Svizzera, le rocce sono rossiccie. Su una
roccia è stata posta una targa di ferro
con poesia mistica dedicata al valico.
Valchiavenna
Mucca Limousine a Piodella (12 luglio 2013, foto Beno).
Forcellino di Strem e pizzo Gandaiole (12 luglio 2013, foto Beno).
Tracciato per il pizzo Settaggiolo di Dentro (12 luglio 2013, foto Beno).
Discesa alla breccia per la punta NE (12 luglio 2013, foto Beno).
Passo chiave nella discesa alla sella tra le due cime (12 luglio 2013, foto Beno).
variante alpinistica
A
lzando gli occhi a N si impone
il verticale versante occidentale
del pizzo Gandaiole, mentre in direzione opposta sono le vaste e vertiginose placconate del versante NO del
pizzo Settaggiolo di Dentro, le cui
creste separano la val d'Arbola, la val
Gamba e la valle di Strem.
La montagna ha due vette, NE e
SO. Il primato d'altezza viene dato a
quest'ultima in seguito ad un bisticcio
cartografico, mentre è la punta NE ad
essere di poco più alta.
Chi volesse appurare la cosa può
intraprendere questa esplorazione
che richiede all'incirca 3 ore con
partenza e arrivo al forcellino di Strem
e comporta passaggi su roccia di tipo
alpinistico. Dal passo ci teniamo in
Italia aggirando sottocresta il repulsivo
spuntone del piz Forcletta (m 2428) e
un successivo gendarme. Per placche
7 - Su CNS è nominato come forcola de Strem e
quotato m 2294.
74
Le Montagne Divertenti Luciano Mazzina, 70 anni, ultimo pastore a Piodella (12 luglio 2013, foto Beno).
Il lago della Piodella (12 luglio 2013, foto Beno).
Autunno 2013
Le Montagne Divertenti L'anello del lago della Piodella
75
Escursionismo
e liste d'erba riguadagniamo lo spartiacque subito dopo. Il paesaggio è
molto ampio, il camminamento piuttosto aereo sul ciglio dell'immane
placconata. Siamo grossomodo sulla
dorsale fino a una netta breccia che
la interrompe. Parrebbe invalicabile,
ma smontando a sx (SE, II) passiamo
e con poco ulteriore sforzo siamo
sulla punta SE del pizzo Settaggiolo
di Dentro (m 2568). Ci rendiamo
subito conto che è la più alta, ma
proseguiamo lungo la cresta che, dopo
un frangente in piano, s'abbassa di 25
metri ad una breccia. Negli ultimi 5
mentri della discesa c'è il tratto chiave
(III+). Un cordino per calate è messo
lì per agevolarlo, ma si riesce anche a
disarrampicarlo.
Segue un fendente molto esposto,
quindi la dorsale piega a sx e giunge
alla punta SO del pizzo Settaggiolo
di Dentro (m 2565, ore 1:45 dal
forcellino di Strem, PD).
Approfittando dell'agevole canalino
di sfasciumi tra le due cime perdiamo
quota (ESE), per piegare a sx (NNE)
e sempre tra gli sfasciumi tornare al
forcellino di Strem (m 2259, ore 1).
Valchiavenna
La punta NE alla punta SO del pizzo Settaggiolo di Dentro (12 luglio 2013, foto Beno).
I
nizia a questo punto la discesa,
tutt'altro che agevole: il sentiero,
infatti, va a perdersi nei pascoli
abbandonati e i bolli sono difficili da
scovare. Solo la vista di Bodengo nel
fondo valle ci è di conforto.
Prendiamo come riferimento il
solco del torrente che nel lato sx
dell'anfiteatro (spalle a monte) incide
un marcato vallone8 che corre da NO
a SE a ridosso del dirupato versante
del pizzo della Piazza.
Ci portiamo un centinaio di metri
a dx di questo e perdiamo quota fino
a trovare i ruderi dell'alpe Gandaiole
(m 2078). A SSE, dall'altra parte della
conca (dx) si notano le costruzioni
dell'alpe Strem (m 1947): lo stallone
diroccato e il bivacco approntato nella
baita sottostante. Sullo sfondo c'è il
possente versante N del pizzo Cavregasco. Senza preoccuparci di calpestare tracce battute, o seguire bolli,
raggiungiamo tra erba alta e rododendri l'alpe Strem. Da lì parte un
tracciato più curato e leggibile che
torna a N, attraversa la val di Strem
8 - Viene indicato come valle Strem su CTR e val
di Strem su CNS.
76
Le Montagne Divertenti L'alpe Gandaiole e il pizzo Gandaiole (12 luglio 2013, foto Beno).
e, per un bel camminamento che
incide il fianco meridionale del pizzo
della Piazza, si alza al terrazzo dell'alpe
Piazza (m 1668), un insieme di ruderi
abbarbicati sotto una possente parete
rocciosa.
Al limitare inferiore dei prati (sx)
c'è un larice bruciato da un fulmine.
Il sentiero riparte di lì e si abbassa
ripido e tortuoso sul fianco del monte
passando attraverso una caratteristica
faggeta e infine toccando il fondovalle
a circa m 1150 (ore 3), ad 800 metri
circa da curt Èrza. Guadato il torrente
Bodengo, seguiamo la carrozzabile che
percorre tutta la vallata. Poco prima di
Bodengo torniamo sulla sx idrografica. Alcune ragazze stanno voltando
il fieno. Quindi ecco il campanile
pendente e le baite che brulicano di
persone. Bodengo è il "capoluogo"
della valle. Al di là del torrente vi sono
i crotti ed un campetto da pallavolo
con molti ragazzi che giocano, mentre
seduta davanti a una casa un'anziana
signora legge il giornale. Dirimpetto a
Bodengo è il solco della val Soè.
Continuando verso Gordona,
incontriamo Pra Pincée, posto di
fronte allo sbocco della val Garzelli.
La strada asfaltata ci accompagna
lungo nella discesa all'ombra dei
castagni. Man mano ci abbassiamo il
torrente si inabissa in una profonda
forra, rimescolando le sue acque nelle
marmitte ai piedi delle numerose
cascate.
All'altezza di Barzena un alto
viadotto, tutt'altro che ben integrato
nel contesto naturale, permette di
scavalcare la val Pilotera.
Se osserviamo bene in basso, lungo
il sentiero che divalla da Bedolina,
c'è il cosidetto ponte romano, caratteristico ponte in pietra che permette
di scavalcare il torrente Boggia senza
alcun pilone di cemento armato.
Proprio dalla forra sotto questo ponte
ha inizio il tratto di canyonig denominato "Bodengo 3", percorso molto
impegnativo che porta dopo 7 ore di
tuffi e calate alla "spiaggia del Boggia",
alle porte di Gordona.
Raggiunta la bocca della valle, la
carrozzabile piega infine a sx, offrendo
ampi scorci sulla Valchiavenna lungo
i 650 metri che mancano a ritrovare
l'auto (Donadivo, m 737, ore 5).
L'alpe di Strem e il pizzo Cavregasco (12 luglio 2013, foto Beno).
Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Il traverso che dalla valle Strem porta all'alpe Piazza (12 luglio 2013, foto Beno).
Bodengo dalla valle Strem (12 luglio 2013, foto Beno).
Tra le baite di Bodengo (12 luglio 2013, foto Beno).
L'anello del lago della Piodella
77
Approfondimenti
Valchiavenna
LGa s t rCa d a d e l B e n e fat to r e
da
ordona a
ermine
Sergio Scuffi
G
iovan Battista Mazzina (18841931), fu uno dei tanti emigranti
che lasciò Gordona per cercare fortuna
altrove.
Dopo le prime esperienze di lavoro
come pastorello sugli alpeggi della zona,
seguì la famiglia che a Pontresina aveva
preso in gestione una trattoria.
Ebbe qui inizio la fortunata carriera nel
settore alberghiero, cominciando proprio
dagli alberghi di St. Moritz, per passare
poi a successive esperienze a Berna, Nizza,
Cernobbio (nella famosa Villa d’Este) e
Londra.
Agli inizi del ‘900 l’emigrazione locale
era diretta prevalentemente verso la vicina
Svizzera, gli Stati Uniti d’America e l’Argentina; contrastando questa tendenza, il
Mazzina nel 1905 ottenne un passaporto
per l’Egitto, dove per alcuni anni gestì
degli alberghi ad Assuan e Luxor.
Infine, seguendo le orme di molti
gordonesi che negli anni avevano
raggiunto quelle lontane terre, si trasferì
in Argentina, dove nel 1909 sposò
Virginia Biavaschi, figlia di un Bernardino che era colà emigrato nel 1879.
Fu in Argentina che la sua fortuna
raggiunse il culmine, tanto che nel 1928
l’esperienza maturata nel settore lo portò
all’incarico di presidente degli albergatori
di Buenos Aires. Fu direttore di diversi
importanti alberghi e divenne proprietario del Savoy Hotel; qualcuno affermò
che, al momento della sua morte nel
1931, fosse addirittura proprietario di
otto alberghi, anche se altre testimonianze e documenti riferiscono che le
proprietà fossero solamente una o due.
Numero di alberghi a parte, sicuramente accumulò una grande fortuna
economica, e per lui lavorarono molti
emigranti di Gordona e dei paesi vicini;
la sua posizione e la stima di cui godeva
anche al di fuori dell’ambito professionale gli fecero inoltre affidare importanti
incarichi da parte del governo italiano.
L’attaccamento al paese di origine lo
portò più volte a fare ritorno in patria,
dove sostenne con generosità le più
svariate iniziative sociali.
Contribuì alla realizzazione del monumento ai caduti di Gordona, all’acquisto
78 Le Montagne Divertenti Lago
Campaccio
Beno
Il sentiero del Benefattore (13 novembre 2009, foto Sergio Scuffi).
della campana maggiore della chiesa di
Castanedi a Menarola, e ancora alla dotazione di banchi della scuola di Mese,
non mancando di sostenere le scuole di
Chiavenna, Menarola e, naturalmente,
Gordona. Dei suoi contributi beneficiarono molte associazioni locali, civili e
religiose.
Certamente la realizzazione più significativa, sia per i costi sostenuti, sia per
i benefici effetti per la sua gente, fu la
mulattiera che da Gordona raggiunge
l’alpeggio di Cermine.
Mazzina ben si ricordava le immani
fatiche che avevano afflitto le passate
generazioni, quando occorreva portare
tutto sulle spalle fino agli alpeggi. Non
appena il consiglio comunale fece propria
la sua proposta di contributo, si impegnò
a sostenerne direttamente i costi. In un
periodo contrassegnato dalla crisi economica (1929-1930), per un costo complessivo di 300000 lire, i lavori diedero tra
l’altro occupazione a molti uomini di
Gordona.
Il geometra Albino Tabacchi, che era
stato compagno di scuola del benefattore,
stese il progetto e seguì la costruzione;
il primo tratto raggiunse Donadivo già
nel 1929; l’anno successivo, a settembre,
l’opera saliva su fino all’alpe Orlo, per
poi proseguire piegando verso destra,
ormai in vista della val Pilotera, e vedere
il suo completamento presso la cappella
di Cermine, dove una lapide asserisce:
“Restaurata nel 1930 da Mazzina G.
Battista al termine dei lavori della mulattiera Gordona-Cermine”.
La mulattiera, che supera un dislivello
di quasi mille metri, è oggi in perfetto
stato di conservazione, a conferma della
cura scrupolosa che ne caratterizzò la
costruzione. Vale la pena di rimarcare
alcune particolarità dell’opera: larghezza
regolare di circa un metro e mezzo;
muretti a secco perfettamente eseguiti;
pavimentazione costituita da lastre di
pietra posate di costa, a formare un
selciato robustissimo, con l’inserimento
di gradoni, sempre della medesima pietra,
posti a distanza regolare uno dall’altro. Il
percorso conduce quindi su, attraverso
una interminabile serie di tornanti che
garantiscono un andamento uniforme
del tracciato.
Va infine evidenziata l'attenzione posta
nella recente realizzazione della carrozzabile che da Donadivo raggiunge gli
alpeggi di Orlo e Cermine: i progettisti
infatti hanno scelto un tracciato che solo
in pochi, inevitabili punti interseca il
prezioso manufatto, consegnando quindi
a chi ancora percorre questo bell’itinerario un’opera intatta, dove si ha la possibilità di camminare immersi nel silenzio
del bosco di faggi, ammirando, man
mano si sale, tutta la Valchiavenna.
Autunno 2013
Il lago Campaccio nelle cui acque variopinte
si specchiano addirizzura Ortles e Gran Zebrù
(15 ottobre 2010, foto Giacomo Meneghello www.clickalps.com).
Le Montagne
Divertenti Lago Campaccio
79
Escursionismo
Bellezza
Fatica
Pericolosità
-
+
[variante alpinistica]
Partenza: Monte (m 1620).
Itinerario automobilistico: da Bormio
prendere la SS38 in direzione Tirano e, prima di
entrare in galleria, girare a dx sulla SP28 (2 km).
Attraversare Cepina. Usciti dalla frazione girare a dx
(ponte, 6.5 km da Bormio) e andare a sx su via
Torraccia. Proseguire paralleli al corso dell'Adda fino a
località Fontane, dove la strada inizia a salire tortuosa
sul fianco della montagna. Si attraversano Santa
Maria Maddalena, Vendrello e, dopo 13 km dalla
partenza, si giunge a Monte. Possibilità di parcheggio
a inizio paese o sul tornante sinistrorso che lo precede.
Itinerario sintetico: Monte (m 1620) Campello (m 1813) - alpe Campacciolo (m 2099) lago Campaccio (m 2301) - [variante alpinistica per
passo de li Tòrti (m 3022) - pizzo Campaccio (m 3143)
- cima di Campello (m 3046) - cima Riacci (m 3009) pizzo Coppetto (m 3066) - lago Campaccio (m 2301)]
Alta Valtellina
- Monte (m 1620).
Tempo
previsto: 4 ore per la gita + 6 ore e 30'
per la variante alpinistica.
Attrezzatura
richiesta: da escursionismo.
[Se si decidesse di fare la variante alpinistica è bene
avere con sé uno spezzone di corda].
Difficoltà/dislivello: 1.5 su 6 / circa 700 m
[3+ su 6 e altri 900 m per la variante alpinistica].
Dettagli: E. Percorso su strada e sentieri
segnalati. PD la variante alpinistica: tratti esposti,
passi su roccia anche friabile fino al II+.
Mappe:
Cartografia escursionistica della Comunità
Montana Valtellina di Tirano - Val Grosina,
1:25000
Kompass n. 72 – Parco Nazionale dello Stelvio,
1:50.000
Nel comune di Valdisotto, poco più a nord della frana della val Pola, si trova la val
Campaccio. Qui, a m 2301, adagiato nell'anfiteatro cinto dalla cima Piazzi a N, dal pizzo
Campaccio a O e dal pizzo Coppetto a SO riposa il lago Campaccio. Le sue acque vanno
dal rosso, al blu, dal verde, all'azzurro, corrugandosi al vento e increspando l'immagine
riflessa dei colossi dell'Ortles e del Gran Zebrù. Nelle praterie alpine che lo circondano
asini, cavalli, capre, mucche e pecore sono i protagonisti di un quadro bucolico d'altri
tempi.
La gita che vi proponiamo - adatta ad ogni gamba ed età - ha come obbiettivo la visita
al lago, offrendo anche indicazioni per gli alpinisti che volessero raggiungere il passo de li
Tòrti, quindi per cresta arrivare al vasto edificio sommitale del pizzo Coppetto, ricoperto
da pietraie dall'aspetto lunare.
L
a nostra passeggiata ha inizio
a Monte, caratteristico nucleo
rurale abbarbicato a m 1620 nel
comune di Valdisotto. Le case sono
raccolte su un poggio solivo e panoramico, per il resto occupato da prati
sfalciati. I tetti sono principalmente
in lamiera, divenuta gradevolmente
rossiccia per via dell'ossidazione,
mentre gli edifici alternano porzioni
in muratura a sezioni in legno scuro.
Al centro del nucleo vi è la chiesetta
edificata nel 1911 e dedicata alla visitazione della Madonna alla cugina
Elisabetta.
Nella frazione, che fino agli anni
'50 contava un centinaio di abitanti
dediti perlopiù alla pastorizia e all'agricoltura (segale), risiedono tutto
l'anno ancora due famiglie. Poi,
lontano dal gelo dell'inverno, tutte le
case tornano ad aprirsi e brulicare di
villeggianti e nostalgici.
Lasciamo l'auto all'esterno del
tornante che precede il borgo e ci
incamminiamo lungo la strada.
Senza entrare tra le case, pieghiamo
a dx per la pista sterrata che prende
quota verso occidente. Un pannello
escursionistico segna il lago a 1 ora e
57', tempistica forse eccessivamente
precisa e stretta.
Poco oltre il primo tornante, ignoriamo la pista che sale all'alpe Zandila
e, accanto a tre case bianche, prendiamo la ripida mulattiera che sale
sulla sx. Questa era la vecchia strada
che un tempo veniva percorsa con le
gip. La nuova rotabile, chiusa al transito non autorizzato, si svolge invece
su pendenze ben più modeste.
Saliamo immersi nel bosco con gli
scoiattoli che si rincorrono tra i rami.
Ripresa la nuova pista, a m 1813
siamo in località Campello, poche
case ben tenute, una fontana in sasso
e un panorama magnifico.
Il capolinea della pista è invece a
m 2099 in località Campacciolo,
ameno alpeggio ubicato in posizione
invidiabile ai piedi del dosso Filetto.
I prati vengono tutt'oggi sfalciati e
Luigi Bonetti vi spende l'estate con
5/6 capi di bestiame.
Appena al di là del solco del
torrente Massaniga, si trova invece la
più spartana Campaccio.
Dalle baite di Campacciolo
incomincia il sentiero per il lago
Campaccio e per l'omonima valle.
Incontriamo presto una radura con
tavolo e panche e, all'interno del
successivo bosco di larici, attraversiamo il ponticello di legno che ci
porta sulla sx idrografica del torrente
Massaniga, figlio proprio del lago
Campaccio.
Gli alberi lasciano il posto ai pascoli
aperti. La vista si apre a O sull'alta
conca che ospita il lago e da cui
siamo ancora separati da un gradino
di chiara origine glaciale. Le cime che
coronano la valle hanno rocce rossicce
e un cordolo di pietraie che le separa
dai prati. Poche risvolte ed ecco l'alpe
Campaccio, dove un container serve
da ricovero ai pastori che nel 1992 si
sono visti distruggere la baita da una
valanga.1
L'erba di questi alti pascoli è oggi
ad uso di cavalli, asini, pecore, capre e
pochi bovini, mentre un tempo venivano caricate anche 50/60 mucche.
Il lago si trova più in basso a S (sx,
ben visibile). Ci arriviamo solo dopo
aver fatto amicizia con asini e cavalli,
che si rivelano molto domestici.
1 - La baita era appena stata ristrutturata dai locali
con il contributo del Comune che aveva pagato il
materiale.
Pro
Sho
p d
edi
cat
o
3 Passi
Morbegno
Piazza Marconi
80
Le Montagne Divertenti Photo by Andrew Burr-Toros Dagrali, Turkay
Autunno 2013
Monte (13 agosto 2013, foto Beno).
Le Montagne Divertenti Lago Campaccio
81
Escursionismo
Giochiamo con gli asini che, premio
un paio di biscotti, si lasciano vestire
con la fascetta de Le Montagne Divertenti e si prestano a foto scherzose.
Siamo sulla riva settentrionale del
lago Campaccio (m 2301, ore 2:30),
che da qui appare di colore ceruleo.
Mi chiedo da dove Giacomo abbia
fatto la foto in cui l'acqua sembra
rossa e iniziamo a fare il giro della
riva. A E, dov'è l'emissario, c'è una
pietraia, e da qui il colore è blu.
Costeggiato il lungo bordo meridionale, oltre ai ruderi di vecchi
ricoveri, c'è una fascia di eriofori e
le acque tendono all'azzurro/verde.
Ma eccoci sulla sponda occidentale,
proprio dov'è l'immissario. Qui una
striscia di terra rossiccia penetra nel
lago. Il quadro va ora dal rosso fino al
blu, passando per il verde e l'azzurro.
Nelle acque, inoltre, si specchiano
Ortles e Gran Zebrù, pur essendo
molto distanti.
VARIANTE ALPINISTICA
Essendo solo le 14 decidiamo di
proseguire nell'esplorazione della val
Campaccio, questa volta puntando
alle vette. Ci dirigiamo così a SO,
oltre i pascoli, su per le gande verso
la depressione tra la cima de' Piazzi e
la cima di Campello. Non ci sono più
sentieri. La vallecola è molto ripida, il
fondo è scomodo e faticoso. Al di là
del piccolo catino glaciale ai piedi del
pizzo Campello, la ganda s'impenna
ulteriormente verso la fascia rocciosa
che protegge la sella.
La attacchiamo sulla dx, per
traversare del tutto verso sx (cenge e
ripiani, II) fino ad un breve canalecamino che sbuca a pochi metri dal
valico, localmente noto come passo
de li Tòrti (m 3022, ore 2)2. Il toponimo è legato agli anni del contrabbando, quando questo passaggio era
stato attrezzato con corde fatte di
rami intrecciati (tòrti, appunto) per
agevolare il passaggio dei sacconi. Le
merci erano portate per lo più dalla
Svizzera, dove costavano meno, all'Italia, passando per la val Verva e la val
Viola. Servivano al fabbisogno locale.
Anche dall'altra parte del valico si
distendono monotone pietraie, ma
lo sguardo è subito catturato dal lago
Alta Valtellina
Maurigno, col suo colore azzurro
pastello che lo fa brillare molto più
del vicino lago Nero. Si ha una bella
vista pure sul gruppo della cima
Viola, sulla cresta Sinigaglia, sulla
cima de' Piazzi, oltre che sul sasso
Maurigno, da qui monotona pietraia,
nonchè sulla valle Campaccio appena
salita.
Prendiamo la cresta di sx e con
passi di II su rocce multiformi (passi
di II+) ed esposte raggiungiamo il
pizzo Campaccio (m 3143). Stiamo
calcando contromano le orme di
Paolo Ferrario e Olindo Schiavo che
il 15 luglio 1912 visitarono tutte le
cime dal passo Zandilla al passo de
li Tòrti. Insistiamo sulla dorsale, con
tratti friabili e talvolta esposti, specie
a ridosso di alcuni pinnacoli3 Con
3 - Se si segue fedelmente il filo di cresta si
incontrano passi fino al III+.
percorso non obbligato, tocchiamo
la cima di Campello (m 3046), la
cima Riacci (m 3009) e, oltre una
breccia sfaciumata, iniziamo a risalire la cresta settentrionale del pizzo
Coppetto. La val Grosina e le cime
di Redasco attirano gli sguardi, ma
offre interesse anche il ghiacciaio di
Campaccio, cinto nella conca a N del
pizzo Coppetto e oramai ridotto ai
minimi termini. Scavalcato il testone
Campello (13 agosto 2013, foto Beno).
Eriofori al lago Campaccio (13 agosto 2013, foto Beno).
L'alpe Campacciolo e, in basso, un asino ci spiega dove andare (13 agosto 2013, foto Beno).
Il lago Campaccio e, in basso, le pietraie lunari in cima al Coppetto (13 agosto 2013, foto Beno).
Le Montagne Divertenti qualora le mappe non fossero sufficienti, che la frana della val Pola
non può essere "scesa dalla pendici
del monte Coppetto", come scrissero
alcuni giornalisti nel 1987: tra il
pizzo Coppetto e la Valtellina ci sono
di mezzo il vallone di Cassavrolo,
quindi la catena del monte Zandila,
vero responsabile della frana.
C'è da dire che anche l'articolato Coppetto è un monte piuttosto marcio; suona così strana la
notizia che il 29 ottobre 1995 Eraldo
Meraldi sia riuscito a tracciarvi una
via d'arrampicata su roccia buona. «In
seguito ad una delusione amorosa, mi
ha raccontato Eraldo, mi ero dedicato
alla ricerca di itinerari strani e remoti.
La felicità è una cosa semplice, questo
è il nome della linea, sale un pilastro interessante che s'inabissa in val
Zandila, con passi fino al V.»
Dalla quota 3048 la dorsale piega
a NE e si snoda tra macereti, torrette
e selle, incontrando anche una fascia
di roccia chiara con grossi e inusuali
crepacci.
Il testone di quota m 2898 è il
punto nodale tra la cresta del dosso
Filetto (NNE) e quella che raggiunge
la quota m 27774 (N) .
Tra le due si apre una conca detritica coi chiari lobi di quello che
probabilmente è o è stato un rock
glacier. Prendiamo per la quota
m 2777 e da quella spalla smontiamo
a dx per uno dei colatoi ripidi che si
gettano nella conca. Stando attenti
a non lapidarci, siamo nella desolata
pietraia. Ci portiamo sulla dx orografica e da lì raggiungiamo l'orlo della
ganda, da cui divalliamo per macereti e pascoli. Eccoci nuovamente
sulle sponde del lago Campaccio
(m 2301, ore 2).
Piove e le acque si sono tinte di blu
cobalto. Asini e cavalli sono a cercare
erbetta fresca dall'altra parte della
valle.
Facilmente, per la via dell'andata torniamo a Monte (m 1620,
ore 1:45) attraversando i vari nuclei
di baite che all'imbrunire hanno i
camini fumanti. L'odore di resina
ardente intride l'aria e accresce la
nostalgia nel lasciare questi posti.
2 - È invece indicato come colle di Piazzi sulla
maggior parte delle mappe.
82
roccioso dell'anticima NO (m 3040),
da cui si origina la dorsale che divide
le grosine valle Riacci e valle di Cassavrolo, la cresta piega decisamente a
sx e raggiunge la vetta maggiore del
pizzo Coppetto (m 3066, ore 2:30).
Toccata l'anticima SE (m 3060),
calpestiamo una pietraia dall'aspetto
lunare che ci accompagna fino alla
quota m 3048. È bastata questa
breve panoramica per convincerci,
4 - Vista dal lago Campaccio, la cresta termina con
una ardita e bifida torre rocciosa.
Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Lago Campaccio
83
Escursionismo
Il sentiero
dei
Cervi
Luciano Bruseghini
Tremogge, Malenco e Sassa d'Entova
specchiati nel Lagazzuolo (21 ottobre 2012,
foto Luciano Bruseghini).
84
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Il sentiero dei Cervi
85
Escursionismo
Bellezza
Partenza: Primolo, parcheggio del campo di calcio
(m 1350).
Itinerario
Fatica
Pericolosità
Valmalenco
automobilistico: da Sondrio si
prende la SP15 per la Valmalenco. Dopo aver
attraversato il Mallero nei pressi di Torre di Santa
Maria, si torna sulla dx idrografica grazie al ponte al
termine del paese e per quella strada si raggiunge
Chiesa in Valmalenco (12 km). A inizio paese, nei
pressi della pizzeria Il Vulcano e di fronte alla bottega
di Sivio Gaggi (scultore di pietra ollare), si prende la
stradella sulla sx (via Sampietro), quindi si attraversa
località Sasso e ci si ricongiunge a via Ezio Vanoni su
un tornante destrorso. La si segue in salita. Al
successivo tornate c'è il cartello per Primolo e nessun
altro bivio dove perdersi. Entrati in Primolo (3 km) si
prende la prima strada sulla sx che sale. Sopra il
campo di calcio c'è ampia possibilità di parcheggio.
Itinerario
sintetico: Primolo, parcheggio del
campo di calcio (m 1350) - Pradaccio (m 1733) - alpe
Braccia (m 1864) - alpe Girosso superiore (m 2161) Lagazzuolo (m 1990) - alpe Girosso inferiore (m 1780)
- alpe Zocca (m 1435) - Primolo.
Tempo previsto: 6 ore.
Attrezzatura richiesta: da escursionismo.
Difficoltà/dislivello: 2 su 6 / 1000 m.
Dettagli: EE.Tracciato per escursionisti esperti su
sentieri ben segnalati.
Mappe consigliate:
Carta Escursionistica Valmalenco, 1:30000;
Kompass n. 93, Bernina, 1:50000;
In Valmalenco il sentiero dei Cervi è un tracciato molto noto, ma sfruttato da pochi,
forse perché ritenuto troppo impegnativo. In realtà è una gita non particolarmente ardua
e ben segnalata che si sviluppa tra gli alpeggi di Pradaccio e Lagazzuolo, nel comune di
Chiesa Valmalenco, e attraversa tutto il fianco orientale del corno di Braccia. Deve il nome
all’ambiente naturale: boschi di larici e pascoli d’alta quota, adatti alla vita degli ungulati,
anche se è raro avvistarli. Le probabilità maggiori si hanno al mattino presto o verso
l’imbrunire. Più facile invece è scorgere le tracce del loro passaggio, quali escrementi e
spiazzi erbosi compressi dagli animali durante il riposo. La specie che più facilmente si può
incontrare è il camoscio, che solitamente occupa le pietraie sopra il Lagazzuolo.
Si parte e si arriva a Primolo
(m 1250), graziosissima frazione di
Chiesa in Valmalenco, da cui si gode
un ampio panorama su quasi tutta
la valle del Mallero. Qui si trova il
santuario della Madonna delle Grazie,
edificato fra la fine del Seicento e la
seconda metà del Settecento, molto
amato dagli abitanti di Chiesa che
vi celebrano la stragrande maggioranza di matrimoni del paese. Nel
santuario, la settecentesca statua lignea
della Madonna che regge il Bambino
è circondata da numerosi ex-voto,
donati dai fedeli riconoscenti per i suoi
interventi miracolosi. Si dice che fra
le grazie elargite dalla Madonna vi sia
anche quella di far trovare uno sposo
alle ragazze che più faticano a maritarsi, purché con fede e devozione grattino il vetro che custodisce la statua.
Se qualcuna avesse problemi di questo
genere, può cercarne soluzione prima
di iniziare il trekking!
Lasciata l’automobile nell’ampio
parcheggio nei pressi del campo di
calcio (m 1350), imbocchiamo la
strada sterrata che procede nel bosco
(S). Dopo poco sulla dx un cartello
indica il sentiero diretto per l’alpe
86
Le Montagne Divertenti Sfalcio a Pradaccio (23 giugno 2013, foto Bruseghini).
Scorci dal sentiero dei Cervi (23 giugno 2013, foto Bruseghini).
Autunno 2013
Braccia. Sarebbe un’ottima scorciatoia
per il nostro periplo, se non fosse per
le proibitive pendenze da affrontare,
piegati della fatica e con la lingua a
penzoloni! Meglio proseguire lungo la
strada fino allo spiazzo dove termina la
carrareccia.
Davanti a noi si parano due pannelli
segnaletici: quello di sx con cinque
frecce che avviano a molteplici destinazioni, mentre quello di dx si erge solitario e orienta alla via breve per l’alpe
Pradaccio. Optiamo per quest’ultimo
e pianeggiamo fino al ruscello. Oltre
il guado il sentiero comincia a salire
con diversi tornanti all’interno di un
bosco di larici sghembi e contorti
che si ergono tra i rododendri. A
m 1600 ca., la traccia spiana ed entra
in val Sassersa, una delle principali laterali della Valmalenco. Fiancheggiamo
l’alpe Prato, con le sue verdi pasture
e, dopo la presa dell’acquedotto,
raggiungiamo gli erbosi pascoli e le
baite dell’alpe Pradaccio (Pradasc',
m 1733, ore 1:15, 2,5 km).
A O una vasta pietraia di rocce rosse
(Sassersa = "sassi arsi") conduce prima
ai laghetti di Sassersa e poi al passo
Ventina. Noi invece, dopo esserci dissetati con la fresca acqua che sgorga dalla
fontana di legno istallata dai custodi
di questa splendida natura, pieghiamo
decisamente verso dx (NE). Guadagniamo subito quota attraversando
diagonalmente una ganda e risalendo
un abbordabile costone roccioso. Poi
il sentiero s'addolcisce e riattraversa la
vallecola già incontrata più in basso.
Questo canalone è detto Rovinaio e
il toponimo giustamente rimanda ai
pericoli che ne possono derivare. Guardando verso il basso, infatti, si scorgono i sensori per le valanghe. Si tratta
di tre apparecchiature appese come
“salami” ad un cavo che sovrasta la
gola: in caso di movimento nevoso, essi
registrano lo spostamento d’aria e allarmano la centrale operativa dell’ARPA
che attiva un semaforo lungo la strada
tra Chiesa a Primolo. Nonostante
la grande quantità di paravalanghe
installati in quota, accompagnati da
un muraglione ciclopico che permette
di imbrigliare un’enorme quantità di
neve, molto spesso capita che dai ripidi
fianchi del monte di Primolo scendano
a valle grandi slavine che arrivano addirittura fino all’abitato di Chiesa! FortuLe Montagne Divertenti natamente nei mesi estivi ed autunnali
non vi è pericolo, quindi attraversiamo
senza problemi. Dopo un altro breve
tratto nel bosco, tagliamo una seconda
valletta, anch'essa colatoio di lingue
nevose. Da qui si vedono tutti i paesi
della Valmalenco e le vette che racchiudono la val Lanterna ad E: tra queste
spicca la solitaria piramide del pizzo
Scalino.
Rientrati all’ombra degli alberi, il
sentiero perde una cinquantina di
metri, fino ad una zona pianeggiante:
siamo all’alpe Braccia (m 1864,
ore 1, 1,8 km)1, abbandonata ormai
da parecchi anni. Un tempo qui venivano gli alpeggiatori del Pirlo, ma ora
il bosco ha ripreso possesso del territorio: lo si comprende bene guardando il grande larice che è cresciuto
all’interno dei muri perimetrali di una
baita diroccata. Dei tempi passati resta
solamente il rudere di una casetta2
addossata ad una parete rocciosa, al
riparo di eventuali valanghe. Riprendiamo il cammino. La vegetazione si
dirada e libera la visuale sulle cime che
sovrastano San Giuseppe: Tremogge,
Malenco, Entova e Sasso Nero. Ed
eccoci alla val Fürääs: sembra più
1 - Se alla partenza avessimo scelto il sentiero
diretto saremmo arrivati qui impiegando circa
un’ora e mezza.
2 - Localmente conosciuta come Casùn nööf (casa
nuova) o cà del Tello, probabilmente dal nome
dell’antico proprietario.
innocua delle precedenti, ma in realtà
fa da scivolo ad enormi quantità
nevose, anche perché non essendo sulla
traiettoria di centri abitati non è stata
dotata di paravalanghe.
Il sentiero sale leggermente fino a
raggiungere una sporgenza rocciosa
conosciuta come il Sas del Giuèl
(m 1963, ore 2:45, 0,6 km). Il nome
deriva dalla zona ben visibile del
Giovello che si trova circa seicento
metri più in basso sulla dx idrografica del Mallero. Lì un tempo c'erano
le miniere di serpentinoscisto3. Oggi
invece questo materiale viene estratto
industrialmente sulla sponda opposta
del torrente in località Sasso Corvi,
dove si trova una grande cava a cielo
aperto, una ferita nella montagna
evidente anche da quassù.
Ecco un bivio: a dx il tracciato si
abbassa fino all’alpe Girosso Inferiore,
prendendo invece a sx si passa per
l’alpe Girosso Superiore4.
Preso a sx, passiamo sotto un grosso
larice caduto (non credo che nessuno
verrà fin quassù a rimuoverlo!) e dopo
una breve salita usciamo dal bosco ed
entriamo in un ampio vallone. Prose3 - L'attività mineraria al Giovello fu definitivamente abbandonata nel 1987, quando anche
l'ultima delle compagnie, quella di Gianfranco
Olivo, cessò l'attività nel suo cantiere di Zòt Ciàta.
4 -Entrambi i sentieri poi si ricollegano al
Lagazzuolo, quindi è possibile percorrerli
indifferentemente.
Il sentiero dei Cervi
87
Escursionismo
Valmalenco
guendo verso N e inerpicandoci per
pascoli d’alta quota, pietraie e qualche
residua lingua di neve, attraversiamo
completamente l’erto pendio che
nel periodo invernale scarica molte
valanghe. Lo sguardo viene catturato, oltre che dall’imponente cuspide
pietrosa del corno di Braccia, anche da
una struttura rocciosa chiara, molto
particolare: si tratta di esigue guglie
che sembrano delle dita e localmente
vengon dette Punzèléni. Queste formazioni costituiscono la bocchetta di
Girosso.
Difficili da scorgere sono invece
le baite dell’alpe Girosso Superiore,
ormai ridotte a mucchi di pietra. Date
le piccole dimensioni venivano chiamate i Casìni (m 2161, ore 0:45,
1,5 km) e furono utilizzate fino alla
metà degli anni sessanta dagli alpeggiatori che caricavano anche Girosso
Inferiore. La bocchetta di Girosso,
che sovrasta l’alpeggio, ed il versante
opposto che guarda il Lagazzuolo sono
percorribili, ma privi di tracce e segnaletica. Il sentiero taglia diagonalmente
un ripido costone erboso ed esce dalla
val Girosso. Puntando verso N, senza
perdere troppa quota, superiamo due
posto in un luogo da favola, circondato da un profumatissimo bosco di
larici; nelle sue acque si specchiano le
vette circostanti, offrendo scenari differenti a seconda della postazione da cui
si osserva. Una cinquantina di metri
in basso, distesa su verdi pascoli, sorge
l’alpe Lagazzuolo. Molto utilizzata
un tempo, è ora abbandonata come
la maggior parte degli alpeggi della
vallata. Oggi fortunatamente rivive,
grazie al gruppo degli Alpini di Chiesa,
che ha ristrutturato due grandi baite,
trasformandole in bivacco alpino. Esse
offrono possibilità di rifugio e ristoro
piccoli avvallamenti ed incappiamo
nel crinale roccioso che delimita la
valle Orsera. Da qui si ha una bellissima visuale sulle acque verdi smeraldo
del Lagazzuolo, adagiato un centinaio
di metri più in basso. Il sentiero perde
quota rapidamente, serpeggiando
accanto alla parete rocciosa. Attraversata un'ultima breve pietraia ci affacciamo alle sponde del Lagazzuolo
(m 2003, ore 0:30, 1,1 km).
Alimentato dall’acqua che defluisce
dalla soprastante selvaggia vallata (esiste
ancora traccia di un piccolo ghiacciaio),
è una delle perle della Valmalenco,
Monte Disgrazia
(3678)
Corno di Braccia
(2908)
in caso di maltempo o qualora si decidesse di spezzare la gita in due giorni5.
Per la discesa esistono due possibilità: tuffarsi lungo il sentiero che
punta direttamente a San Giuseppe,
oppure imboccare la traccia che divalla
passando per gli alpeggi di Girosso
Inferiore e Zocca. Optiamo per
5 - Per accedervi occorre ritirare la chiavi presso
uno dei gestori: Pietro Schenatti (tel. 0342
452135, cell. 340 7764161) e Fausto Pedrotti (tel.
0342 452576, cell. 349 5089697). La struttura
dispone di 8 posti letti (più alcuni materassi in un
soppalco), tre tavoli con panche e sedie, fornello
con bombola, lavandino, stufa economica, camino,
alcuni armadietti con stoviglie e vettovaglie, luce
elettrica da pannello solare.
Pizzo Ventina
(3261)
Punta Baroni
(3205)
Monte Sissone
(3327)
Cima di Vazzeda
(3301)
Cima di Rosso
(3366)
Lagüsc
I Casìni (Girosso Sup.)
Lago di Chiesa
6 - Qui si perviene direttamente se al bivio del “Sas
del Giuel” si sceglie il sentiero basso.
a
er
rs
lO
Va
Bocchetta di Girosso
quest’ultima soluzione e dalle baite
dell’alpe seguiamo la pista, in direzione SE, che si immerge dolcemente
tra gli alberi per poi inerpicarsi fino
ad un intaglio tra le rocce. Si scollina,
prima con un traverso, poi dentro un
bosco impervio, su traccia non sempre
visibile a causa della fitta vegetazione,
ma comunque ben segnalata da bolli
bianchi e rossi, fino a sbucare negli
ampi pascoli dell’alpe Girosso Inferiore (m 1780, ore 0:45, 1,7 km)6.
Essendo i prati abbandonati da
Sas Giuèl
Lagazzuolo
Alpe Braccia
Braciascia
Va
lF
ur
às
Girosso Inferiore
Primolo
Alpe Zocca
San Giuseppe
Sabbionaccio
Pra de la Luna
Barchi
Braciascia
88
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Il sentiero dei Cervi corre sulle pendici
del corno di- Braccia. Ripresa effettuata
dall'alpe Sasso Nero (20 luglio 2013,
foto Luciano Bruseghini).
Il sentiero dei Cervi
89
Escursionismo
Valmalenco
parecchio tempo, la pista non è più
visibile. Consiglio quindi di seguire il
muretto di sassi che taglia l’alpe in direzione SE-NO. Oltre le baite più basse
ritroviamo sia la traccia, sia i bolli.
Senza sporgersi troppo si può anche
spiar giù dallo strapiombo che delimita
la parte orientale dell’alpeggio (vietato
ai deboli di cuore!).
Ripreso il cammino, scendiamo per
una valletta incassata fra le rocce. Usciti
dall’imbuto, un traverso verso sx e le
successive risvolte nel fitto bosco prima
di aghifoglie, poi di betulle, regalano l’alpe Zocca (m 1435, ore 0:30,
1 km).
Purtroppo anche questa è malinconicamente disertata, nonostante sia
abbastanza vicina alla civiltà: la strada
è infatti a soli 400 metri in linea d'aria,
oltre la profonda forra del Mallero. Ci
sono parecchie baite diroccate e poche
che resistono stoicamente al passare
degli anni e delle intemperie nell’attesa che qualcuno voglia rianimarle
e approfittare del buon foraggio che
fornisce l’ampio pascolo.
Il sentiero s'abbassa verso SE fino a
connettersi con l’ampia mulattiera che
collega Primolo con San Giuseppe.
I Casìni e la bocchetta di Girosso (10 settembre 2007, foto Felice Battaglia).
Rifugio all'alpe Lagazzuolo, punta Rosalba e cima del Duca (16 luglio 2010, foto Bruseghini).
La Zocca (17 febbraio 2013, foto Beno).
90
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Il sentiero dei Cervi
91
Escursionismo
Nei secoli scorsi questa via era molto
importante: si tratta della strada del
Muretto, antichissimo itinerario che,
attraverso la Valmalenco, permetteva
i commerci tra Sondrio e l'Engadina.
Lungo questo percorso sono transitate migliaia di persone, tra cui anche
gli invasori che venivano dal nord, e
tonnellate di merci, in primis vino e
piode.
Seguendo il tracciato in direzione S
(dx), ammiriamo una ridente cascata:
l’acqua bianca risalta particolarmente
sul fondo scuro delle rocce di serpentino. Subito dopo c'è un bivio: a sx il
sentiero scende alle vecchie cave del
Giovello e poi alla strada asfaltata che
collega Chiesa a San Giuseppe, mentre
noi prendiamo a dx con pendenze
moderate fino a Primolo. Attraversiamo la parte bassa della val Fürääs,
dove le piante sono piegate, se non
addirittura tranciate, dalle valanghe. Ad
inizio estate solitamente si è costretti a
calpestare i resti del vendül e non è raro
trovare anche nei mesi più caldi residui
di neve appena sotto il sentiero.
Costeggiata dall’alto una vecchia
zona di estrazione, entriamo nella bella
pineta di Primolo e raggiungiamo lo
Chalet, una struttura turistica con bar,
campi da tennis e giochi per bambini.
Qui lasciamo l’ampio sentiero che si
abbassa verso il centro della frazione
e prendiamo a dx la traccia in leggera
salita che permette di rimontare
un piccolo dosso e di approdare al
parcheggio, concludendo così l’anello
(m 1350, ore 1, 1,8 km).
La pineta di Primolo (14 ottobre 2012, foto Beno).
92
Le Montagne Divertenti Valmalenco
Iuniversiti Giròss munt
Appunti di una bella chiacchierata
con Livio Sem (detto “Murétu”), classe
1928, di Chiesa Valmalenco.
Lui e la sua famiglia (genitori, 3
fratelli e 2 sorelle) hanno caricato le
alpi Zocca e Girosso Inferiore fino
alla metà degli anni sessanta, quando
vennero abbandonate completamente.
L’alpe Girosso Superiore ai tempi era
chiamata Caśìni, in riferimento alle
tre piccole baitelle che la componevano. Essendo ad una quota elevata
(m 2180), il terreno non era molto
fertile, per cui veniva sfruttata solamente per pochi giorni estivi. Lui e la
sua famiglia preferivano non pernottare
ai Caśìni, ma andare e tornare in giornata da Girosso Inferiore. Le mucche
venivano fatte pascolare un giorno a
Girosso, il seguente ai Caśìni e il terzo
nei magri prati della località Vündülasc,
tra Girosso Inferiore e il Lagazzuolo.
La zona degli alpeggi di Girosso,
Zocca, Vündülasc e Caśìni era di
proprietà privata, mentre la confinante
alpe Lagazzuolo era comunale. Ogni
tanto capitava che le mucche sconfinassero nei pascoli dei vicini, allora venivano scacciate malamente perché ogni
ciuffo d’erba era prezioso nella magra
economia dei tempi.
Ogni famiglia in quella zona poteva
monticare al massimo sei mucche, altrimenti l’erba non sarebbe bastata per
tutti. In aggiunta avevano un maiale
e qualche capra o pecora che lasciavano libere: le rincasavano solamente
nei mesi invernali. Parte dei prati
dell'alpe Girosso Inferiore era destinata
al consumo diretto del bestiame, parte
veniva sfalciata due volte l’anno. Un’ulteriore scorta di fieno era tagliata nei
luoghi impervi, dove gli animali non si
potevano arrampicare. Severo, il padre
di Livio, recuperava il fieno selvatico
addirittura sotto lo strapiombo roccioso
di Girosso Inferiore.
Alla fine di agosto il bestiame veniva
trasferito all’alpe Zocca per una ventina
di giorni, poi risaliva a Girosso per
consumare il fieno prodotto durante
l’estate.
Per fare fecondare le mucche andavano fino all’alpe Entova, distante
diverse ore di cammino: era la località
più vicina dove c’era un toro. C'era una
quota fissa che dava tre possibilità di
monta; se la mucca non si ingravidava
bisognava scucire altro denaro!
Dopo pochi giorni dalla sua nascita
a Chiesa, Livio era già all’alpe Girosso
con la mamma Enrica, il papà Severo
e i fratelli maggiori. La sua famiglia e le
altre cinque che caricavano gli alpeggi
privati di Zocca e Girosso trascorrevano
da aprile alla metà di giugno alla Zocca,
poi fino alla fine di agosto a Girosso. Il
restante periodo dell’anno lo passavano
tra i Prä de la Lüna all’alpeggio della
Braciascia (dove prendevano in affitto e
lavoravano i pascoli di altri) e i Barchi,
sopra San Giuseppe. Solo a gennaio
scendevano a Chiesa: Livio ricorda
infatti di aver sempre festeggiato il
Natale in alpeggio!
Durante il periodo scolastico, scendeva a piedi ogni mattina dagli alpeggi
fino in paese e, terminate le lezioni,
risaliva con qualsiasi condizione atmosferica. Durante il tragitto camminava
scalzo per risparmiare i pedù, che dovevano durare il più a lungo possibile.
Mi racconta un aneddoto simpatico.
Lui avrà avuto all’incirca sei anni e
sua sorella maggiore, Anna, nove. Ogni
giorno la madre dava loro un po’ di
polenta e un pezzettino di formaggio
per il pranzo, da consumare prima del
rientro dopo le lezioni scolastiche. Per
accompagnare il magro pasto andavano
nella cantina del padre a Chiesa e spillavano un bicchierino di vino dalla botticella di cinquanta litri. Per nascondere il
misfatto, aggiungevano acqua. Il tutto
filò liscio finché nel mese di gennaio la
famiglia era a Chiesa per trascorrervi
il mese più freddo: il padre sorseggiando un bicchiere del prezioso vino
si accorse subito che era annacquato.
Livio, spaventato e temendo la reprimenda del genitore, incolpò la sorella
nel tentativo di evitare l’ira paterna! Se
la cavarono con una solenne sgridata.
L’alpe Zocca era un posto assai ricco
di funghi, ma a nessuno in famiglia
piacevano, così venivano presi a calci
per divertimento. Solamente quando
iniziò il turismo estivo, nei primi anni
cinquanta, iniziarono a raccoglierli e a
venderli per pochi centesimi ai villegAutunno 2013
gianti di passaggio.
A quei tempi le famiglie erano molto
numerose. A Girosso scorazzavano
almeno una ventina di bambini con
cui Livio trascorreva le serate, mentre di
giorno bisognava custodire le bestie al
pascolo. Il divertimento preferito era il
gioco della ciùna (simile al golf e praticato con un bastone di legno ricurvo
con cui si colpivano i sassi). Si giocava
anche alle biglie: quelle colorate (rigogli)
date in omaggio con alcune bibite, valevano 3 o 4 volte quelle di semplice
vetro. Altro passatempo erano le carte,
con cui Livio ama ancora oggi giocare,
sia con la moglie, che con gli amici.
Quando era a pascolare le mucche
ai Caśìni, si annoiava parecchio, così
spesso e volentieri abbandonava le
bestie per dedicarsi alla raccolta di erbe
e fiori. «Alla fine erano le mucche a
badare ai pastorelli e non viceversa!»,
afferma con ironia.
Spesso attraversava il passo di Girosso
(Punzèléni) e percorreva la pietraia
sopra il Lagazzuolo fino alle pendici
del monte Ceresuncolo per cogliere le
stelle alpine. Un giorno era in quella
zona con un suo cugino e per gioco
facevano rotolare a valle delle grosse
pietre: una di queste lo colpì ad una
gamba causandogli una profonda ferita.
Noncurante del possibile pericolo di
infezione, avvolse la camicia attorno al
taglio e proseguì nella raccolta dei fiori.
Alla sera, quando rincasò, dopo aver
sentito il “Credo” dalla madre Enrica,
venne medicato con dell’alcool, unico
rimedio presente in alpeggio. Fortunatamente nei giorni seguenti una donna
al servizio del signorotto a cui affittavano la casa a Chiesa passò da Girosso
per approvvigionarsi di latte e vide la
brutta ferita di Livio. Riferì tutto al
proprio padrone che salì immediatamente in alpeggio con una medicina
miracolosa. Livio, nonostante siano
passati quasi ottant’anni, ricorda ancora
il nome: “unguento Bortolotto”. Era
veramente miracoloso, perché la ferita
guarì in pochi giorni, anche se la cicatrice è ben visibile ancora oggi!
Durante la Seconda Guerra
Mondiale, insieme ad altre persone
di Chiesa, si recava spesso in Svizzera, attraverso il passo del Muretto,
per acquistare beni di prima necessità
da vendere in Valmalenco. Dall’Italia
portava oltre confine sacchi di riso e
Le Montagne Divertenti Livio Sem, detto Murétu, classe 1928 (23 giugno 2013, foto Bruseghini).
Assieme ai fratelli e coi genitori Severo Sem (1887-1956) e Enrica Cabello (1891 - 1946), viveva
da giugno a fine agosto all'alpe Girosso.
Alpe Girosso Inferiore (5 febbraio 2013, foto Beno).
molte volte rientrava carico di sale,
sia per consumo umano, sia per gli
animali.
Livio declama anche la propria
carriera scolastica: le elementari a
Chiesa (tutti ripetevano la terza, lui
per essere diverso, ripeté la seconda),
medie e superiori all’alpe Zocca, poi
studi universitari a Girosso: «Iuniversiti
Giross Munt», così afferma ridendo!
Trascorse tutta la sua infanzia tra
gli alpeggi sopra San Giuseppe fino
alla maggiore età, anche se da quando
aveva quattordici anni, nei mesi estivi,
seguiva il padre a montare le piode sui
tetti in giro per la Lombardia. Il suo
primo cantiere fu ai Piani dei Resinelli
nella villa del signor Fiocchi, proprietario dell’omonima ditta di esplosivi.
Raggiunta la maggiore età ha prose-
guito con questo mestiere fino alla
pensione.
Nel 1955 ha sposato la signora
Anna, originaria di Mubiallo vicino a
Menaggio, conosciuta mentre era di
stanza a Como per ricoprire di tegole il
tetto del Duomo.
Da quando sono stati abbandonati
gli alpeggi di Zocca e Girosso, è salito
quasi tutte le estati per una passeggiata di una giornata, l’ultima volta
ad 81 anni suonati! Amava sostare
nei pressi della baita di famiglia, posta
sopra la croce che domina l’alpeggio,
ricordando le belle giornate trascorse
in gioventù. Unico rimpianto: non
essere mai riuscito a portare la moglie
a Girosso: «Si è sempre fermata alla
Zocca, temendo la ripida vallettina che
conduce all’alpeggio superiore.»
Il sentiero dei Cervi
93
Rubriche
Viaggi nel mondo
Islanda
landið elds og ísa
Testi e foto Andrea Toffaletti
Attraversando la regione dei fiordi occidentali, la strada nazionale n°60, supera passi e vallate. Qui,
nebbia bassa proveniente dall'oceano (dx) avvolge parte della "città" di þingeyri (14 giugno 2013).
Elds og ísa, fuoco e
ghiaccio. Basterebbero
queste parole per
identificare una terra
magica, ricca di paesaggi
unici ed estremamente
differenti tra loro: il
luogo dove convivono
fuoco e ghiaccio, cascate
e distese desertiche.
L’Islanda.
94
Le Montagne Divertenti Con i suoi oltre 102000 km2 (un
terzo della superficie italiana), l’Islanda sorge sulla dorsale medio-atlantica
ed è situata a cavallo della placca tettonica euroasiatica a est e americana a
ovest. Questa sua peculiarità geologica
fa sì che l’isola, oltre ad essere una terra
ricca di vulcani e zone geologicamente
molto attive, sia uno dei rari luoghi del
nostro pianeta dove è possibile osservare la nascita di nuova crosta terrestre,
Tre vedute di Reykjavík: in alto la Hallgrímskirkja, sotto
la regolare e colorata sequela di abitazioni della capitale,
qui la futuristica struttura dell'Harpa, nuovo palazzo della
musica terminato nel 2011 (14 agosto 2012).
un fenomeno che solitamente avviene
sul fondo degli oceani.
La linea di frattura si estende con andamento sud ovest - nord est dalla penisola di Reykjanes a sud-ovest di Reykjavík fino alla zona del Lago Mývatn
e oltre nelle regioni nord-orientali del
paese. In questa fascia sono concentrate
le aree geotermiche principali e i vulcani attualmente più attivi. Gran parte
di essi giace al di sotto di grandi caAutunno 2013
lotte glaciali (Vatnajökull, Hofsjökull,
Langjökull, Mýrdalsjökull) che coprono oltre l’11% della superficie islandese; sovente, durante le eruzioni, il
magma fonde il ghiaccio sovrastante
generando rotte glaciali denominate
jökulhlaup, che sono la causa di devastanti alluvioni.
Il Vatnajökull è la più estesa calotta glaciale islandese e, con i suoi oltre
8000 km2 di superficie, è la quarta masLe Montagne Divertenti sa glaciale della Terra. Da essa si dipartono varie lingue glaciali che raggiungono in taluni casi il livello del mare,
come la celebre Jökulsárlón, una laguna
glaciale dove è possibile ammirare una
processione di iceberg diretti verso il
mare aperto che si originano dal ghiacciaio stesso.
Le parti più esterne dell’isola (la regione del Vestfirðir, i fiordi occidentali,
e Austurland, le terre dell’est), sono an-
che le aree geologicamente più antiche
essendosi formate lungo la frattura tra i
7 e i 17 milioni di anni fa e allontanatesi progressivamente da essa al ritmo di
circa 2 cm all’anno.
Con una popolazione di circa
320.000 abitanti, l’Islanda è la nazione meno popolata e con la più bassa
densità di popolazione d’Europa. Se
si escludono la capitale Reykjavík, che
con i suoi 130.000 abitanti rappreIslanda
95
Rubriche
Viaggi nel mondo
senta oltre il 40% della popolazione
islandese, e qualche altra cittadina, il
resto della popolazione vive in piccoli
villaggi di qualche centinaio di persone o in isolate fattorie. Caratteristica di
ogni comunità islandese è la presenza
di una piscina d’acqua calda geotermale in ogni paese, che è anche il luogo di
aggregazione preferito dagli islandesi.
Non è tuttavia raro imbattersi in sorgenti d’acqua calda naturale (heitur pot‑
tur) nel bel mezzo di una vallata isolata
o accanto a vecchie colate laviche, dove
è possibile passare qualche ora di relax
con gli amici.
Il centro dell’isola è caratterizzato da
una sorta di deserto causato del calore geotermico, dall’attività vulcanica
e dalla conseguente povertà dei suoli,
dove i campi di lava si alternano a vaste
distese prive di vegetazione; queste si
concentrano solo lungo i corsi d’acqua,
dove regalano vere e proprie esplosioni
di colore in un ambiente, altrimenti,
uniformemente desolato. Un’altra caratteristica tipica dell’Islanda è la quasi
totale mancanza di alberi di medio e
alto fusto. Se si escludono infatti i centri
urbani e alcuni tentativi di rimboschimento qua e là, la vegetazione arborea
è limitata ad alcune specie nane, come
le betulle. A conferma di ciò, un detto
islandese recita: “se ti perdi in un bosco
islandese, niente paura: alzati in piedi!”.
Reykjavík, di contro, è una città
molto vivace con una vita notturna che
nulla ha da invidiare alle altre capitali
europee ma che non offre al visitatore grandi attrattive ad eccezione della
grande chiesa Hallgrímskirkja, del Museo Nazionale Islandese e del bizzarro
Museo Fallologico Islandese. È tuttavia
piacevole passeggiare lungo le vie della
zona centrale, sul lungomare o nei parchi cittadini oltre a frequentare i suoi
animati locali.
I viaggi che ho effettuato nell’agosto
2012 e nel giugno 2013, mi hanno permesso di visitare buona parte dell’isola
e i suoi vari ambienti. Durante il primo
viaggio, effettuato con un’agenzia specializzata, ho visitato la parte centroorientale dell’isola: un viaggio di oltre
2.000 km in 4x4 tra colate laviche,
guadi e regioni totalmente selvagge e
disabitate.
La prima parte del viaggio si è svolta lungo il percorso turistico chiamato
"Golden Circle" che consente di visitare, a poca distanza dalla capitale Reykjavík, località come Geysir, impor-
tante zona geotermale con vari geyser
attivi, come il celebre Strokkur che con
regolarità lancia il suo getto di acqua
bollente a notevole altezza. Sempre nella zona è possibile osservare alcune tra
le più belle cascate islandesi: Gullfoss,
Seljalandsfoss e Skogafoss.
Uscendo dal circuito maggiormente
turistico il nostro viaggio è proseguito
nella fiabesca Goðaland, la "valle degli
Dei", ai piedi dei massicci montuosi
del Mýrdalsjökull e dell’Eyafjallajökull
reso celebre per aver causato il blocco
dei voli aerei in Europa nell’aprile del
2010 a causa di un’improvvisa eruzione. Dopo aver montato il campo nei
pressi della località di Þórsmörk1 abbiamo risalito verdi vallate costituite
1 - La lettera “Þ” in islandese ha la stessa pronuncia
del “th” inglese di “the”; mentre la lettera “ð” ha come
pronuncia “them”;
da antiche colate laviche fino ai crateri
sommitali del vulcano; da qui, grazie
ad un cielo incredibilmente sereno, abbiamo goduto di un panorama a 360°
sulle montagne, vallate e ghiacciai circostanti.
Il viaggio è proseguito poi lungo la
costa meridionale islandese. Qui il paesaggio è dominato dalla calotta glaciale del Vatnajökull, l'enorme calotta
glaciale islandese di cui già si è detto,
e dalle sue molte lingue glaciali che arrivano a poca distanza dal mare. Altra
caratteristica tipica di questa zona d’Islanda sono i cosiddetti Sandur, vaste
zone alluvionali formatesi in seguito
alle rotte glaciali provocate da eruzioni
sub-glaciali.
Il Parco Nazionale Skaftafell, situato tra i paesi di Kirkjubæjarklaustur e
Höfn, è un luogo molto particolare: un
La maestosa cascata di Skogarfoss nella regone
meridionale (4 agosto 2012).
Il bacino di un enorme gayser (2 agosto 2012).
96
Le Montagne Divertenti sentiero ben segnalato attraversa il più
antico bosco islandese, costituito da
betulle nane e, passando accanto alla
celebre Svartifoss, una cascata incastonata tra pilastri di basalto colonnare,
giunge fino a un bel punto panoramico dove è possibile ammirare l’enorme
colata glaciale dello Skaftafeljökull,
lunga oltre 10 km. Poco oltre si trova
uno dei luoghi più affascinanti (e fotografati) dell’isola: Jökulsárlón, una laguna formatasi a causa del ritiro di una
delle lingue glaciali del Vatnajökull
negli anni ‘30: iceberg di ogni forma
e dimensione si originano dal ghiacciaio con sommessi boati, udibili anche
a chilometri di distanza e guadagnano
il mare aperto attraverso uno stretto
canale dove non è raro imbattersi in
curiose foche che fanno capolino tra le
onde. Qui ho avuto la fortuna di cam-
La lingua glaciale del Skafta­feljökull in fase di
evidente regresso (5 agosto 2012).
Il promontorio di Dyrhólaey si trova sulla costa sud
dell'Islanda. Un arco di roccia basaltica si è formato
per l'erosione delle onde dell'oceano (4 agosto 2012).
Autunno 2013
Enormi iceberg dalle mille tonalità
dell'azzurro galleggiano nella
Jökulsárlón (5 agosto 2012).
Le Montagne Divertenti Campeggio libero nell'ampia Hulmatunga,
la spiaggia delle foche (7 agosto 2012).
Momenti di convivialità durante il campeggio
libero a Hulmatunga (7 agosto 2012).
Islanda
97
Rubriche
Il piccolo cratere Viti dalla calda acqua
sulfurea si trova poco discosto dal più
grande Öskjuvatn che riempie la caldera
del vulcano Askja (10 agosto 2012).
peggiare in una zona completamente
isolata e al cospetto del grande ghiacciaio dove il silenzio era rotto solamente
dal fragore dei blocchi di ghiaccio che,
frantumandosi, cadevano nella laguna.
Si prosegue poi verso est, uscendo
così dalla zona geologicamente più
giovane ed entrando nella regione dei
fiordi orientali dove è il verde il colore
dominante. Lungo la costa si incontrano piccoli paesi di pescatori stretti tra
mare e montagna, che si guardano gli
uni con gli altri dalle opposte sponde di
profondi fiordi che costringono la strada a lunghi tragitti per coprire distanze
altrimenti modeste. La regione orientale, sebbene meno caratteristica delle altre zone, può regalare comunque grandi emozioni, come l’isolamento che si
prova in alcune aree costiere dell’estremo nord-est. Lo comprende chi ha
l’opportunità di campeggiare in riva al
mar Glaciale Artico nella remota zona
di Hulmatunga, la spiaggia delle foche,
una spiaggia di sabbia nera cosparsa di
legname proveniente dalla lontana Siberia, che si estende per qualche decina di
chilometri in lunghezza. Qui gli unici
abitanti sono le molte varietà di volatili
(sterne artiche, stercorari, cormorani) e,
98
Le Montagne Divertenti ovviamente, le foche che rimangono a
decine a rilassarsi al sole.
Tappa successiva sono le maestose
cascate di Dettifoss e Selfoss sul fiume
Jökulsá á Fjöllum con la più grande
portata d’acqua d’Europa, poco lontano dalla graziosa cittadina Húsavík,
famosa per i tour di whale-watching.
Lasciata Húsavík, l’itinerario ci porta più a sud, sulle rive del lago Mývatn,
sede di una ricchissima avifauna oltre
che di strane formazioni rocciose che
riconducono a figure mitologiche quali troll e elfi. L'Islanda più selvaggia la
si incontra poco dopo. Oltrepassata
l’area geotermale di Námafjall, sede
di numerose fumarole, sorgenti calde,
coni vulcanici e fanghi ribollenti dalle
più svariate sfumature dell’ocra, si incontra la pista dell'Askja.
Da qui ci si inoltra nella remota
regione centrale, il cuore caldo dell’Islanda, al cospetto dell'Herðubreið, la
regina dei monti, dalla forma molto
particolare. Abbandonata la comoda e
sicura strada nazionale n°1, la Hringve‑
gur, ci si immette su una difficile pista
sterrata che, in circa 100 km, conduce
al rifugio Drekagil prossimoi al grande
lago che occupa la caldera del vulca-
La grande massa d'acqua del fiume Jökulsá á
Fjöllum forma la cascata a ferro di cavallo di Selfoss,
gettandosi nel canyon scavato nel basalto poco
prima della più imponente Dettifoss (8 agosto 2012).
no dell’Askja. La pista, tutt’altro che
semplice, attraversa il grande campo di
lava di Ódáðahraun ("la lava delle cattive azioni") e lambisce il fiume Jökulsá
á Fjöllum (letteralmente "fiume di
ghiaccio di montagna") che scorre impetuoso tra nere pareti laviche. Il paesaggio è incredibile: sterili distese di
lava nera solidificata e nere cime montuose dall’aspetto sinistro occupano
Autunno 2013
Imbarcazioni turistiche a Húsavík
utilizzate per i tour di whalewatching (9 agosto 2012).
l’intero orizzonte. Sarà retorica, ma è
in questo luogo, con una natura così
ostile e selvaggia e al contempo così
pura e incontaminata che si prova il
più forte senso di piccolezza e solitudine.
L’unico appoggio nei mesi estivi è
un complesso di alcuni edifici adibiti a
rifugio/bivacco allo sbocco di un canyon. Qui i neri campi di lava solidificaLe Montagne Divertenti Lungo la confortevole strada nazionale n°1
(9 agosto 2012).
ta lasciano il posto a decimetri di soffice
pietra pomice, espulsa nel diciannovesimo secolo da un’eruzione esplosiva del
vulcano. Un sentiero reso sdrucciolevole dagli accumuli di pomice conduce
in poco più di due ore al bordo della
caldera del vulcano Askja da dove si ha
un vasto panorama sulle pianure circostanti cosparse di colate laviche.
Attraversamento di uno dei tanti guadi che si
incontrano percorrendo la pista per il vulcano
dell’Askja (9 agosto 2012).
Nei pressi del vulcano Askja è
d’obbligo un tuffo ristoratore
nel piccolo cratere del lago Viti
costituito da acqua sulfurea calda;
anche se la tradizione vuole l’obbligo
di entrare in acqua completamente
nudi, la presenza di alcune persone
assiepate sul bordo del cratere
ci hanno indotto a più pudici
comportamenti...
Islanda
99
Rubriche
Viaggi nel mondo
Due diversi tipi di deserto
incontrati lungo la pista per la
regione di Landmannalaugar
(11 agosto 2012).
Per raggiungere il rifugio di Nyidalur nella regione dello Sprengisandur,
la tappa successiva, abbiamo dovuto
affrontare la parte più ostica per le nostre jeep: la pista F910 attraversa un
vero e proprio deserto costituito ora da
sabbia nera ora ocra, e cosparso da coni
vulcanici. Purtroppo la portata sopra
la media dei fiumi della regione ci ha
impedito di proseguire lungo la pista
prefissata, obbligandoci ad un percorso
alternativo, peraltro ancora più avvincente, verso nord.
In poco più di 8 ore di guida coprendo circa 100 km, alcuni dei quali percorsi a velocità ridottissima su accidentati campi di lava, abbiamo raggiunto
il rifugio andando poi, dopo una notte
di riposo, a campeggiare nell’affascinate zona di Landmannalaugar.
Le salite al Bláhnjúkur (la montagna
blu) e al Brennisteinsalda regalano
scenari di rara bellezza. A poche
centinaia di metri dal campeggio è
possibile rilassarsi nella splendida pozza
d’acqua termale che sgorga dalla colata
lavica di ossidiana vicina al campeggio.
È stato un vero relax passare alcune ore
dopo cena immersi in quell’acqua calda
mentre pioveva con 5°C...
La regione di
Landmannalaugar,
inserita nel Fjallabak
Nature Reserve, è
costituita da una
roccia effusiva
acida, la riolite, che
assume le più svariate
tonalità di colore e
sfumature. Qui parte
il più famoso trekking
dell’Islanda, forse tra
i più belli al mondo, il
Laugavegur, che in 70
km conduce fino alla
costa meridionale.
Lascia un segno.
Alcune immagini della variopinta Landmannalaugar, una delle regioni più
sorprendenti dell'isola islandese (13 agosto 2012).
Sezioni comunali della Provincia di Sondrio
AVIS di Bormio 0342 902670 • AVIS di Caspoggio 0342 451954 • AVIS di Chiavenna 0343 67297
AVIS di Lanzada 0342 452633 • AVIS di Livigno 334 2886020 • AVIS di Morbegno 0342 610243
AVIS di Poggiridenti 0342 380292 • AVIS di Sondalo 0342 801098 • AVIS di Sondrio 800593000
100
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Islanda
101
Rubriche
Viaggi nel mondo
Nel Parco Nazionale di Þingvellir la cascata
Öxarárfoss si genera da una delle tante
spaccature della zona (9 giugno 2013).
La penisola dello Snæfellsnes è
contraddistinta da piccole fattorie sparse
sormontate da nere montagne costituite da
basalto (10 giugno 2013).
In Islanda il paesaggio è caratterizzato da
forti contrasti cromatici. Qui il verde si
contrappone al colore rosso delle scorie
vulcaniche (11 giugno 2013).
Le imponenti colonne esagonali di lava
basaltica di Raudhamelur all'inizio della
penisola di Snæfellsnes (10 giugno 2013).
L’arrivo a Reykjavik, al termine del
nostro viaggio, è stato abbastanza
traumatico. Dopo 15 giorni nella natura
non eravamo più abituati a vedere le
vie piene di persone, i locali gremiti di
gente e il traffico, seppur nemmeno
paragonabile ai nostri standard. E il
successivo rientro in Italia è stato anche
peggiore, tra zanzare, afa, code... ma
già immaginavo sarebbe stato solo un
arrivederci alla terra islandese.
Il secondo viaggio, organizzato in
autonomia con la sola prenotazione
dell'aereo e dell’auto, si è svolto lungo
la costa ovest, visitando la penisola dello
Snæfellsnes resa famosa dal libro di Jules
Verne “Viaggio al centro della Terra” e i
fiordi occidentali islandesi, i Vestfirðir, la
regione meno popolata d’Islanda. Sono
due regioni molto diverse tra loro: mentre la prima è geologicamente giovane,
con i segni di eruzioni vulcaniche ancora
molto evidenti, la seconda è costituita da
rocce più antiche, incise da profonde valli
di origine glaciale dal tipico profilo a “U”
e dalle caratteristiche cime appiattite.
102
Le Montagne Divertenti Una delle tante cascate della zona di Dynjandi, lungo la strada nazionale n°60, nei fiordi occidentali (14 giugno 2013).
A differenza del primo viaggio in
cui il tempo è stato praticamente
sempre bello, nel giugno del
2013, atterrando all’aeroporto
internazionale di Keflavik, siamo
stati accolti da nubi basse e
pioviggine: il caratteristico
tempo islandese!
Recuperata l’auto ci siamo diretti
subito verso Reykjavik alla ricerca di
un locale per cenare. Nonostante l’orario non proprio islandese, alle 22
troviamo un ristorante ancora aperto
nei pressi del porto dove sapevo cucinavano un’ottima zuppa di aragoste
e spiedini di pesce. Dopo cena, un
miglioramento del tempo invitava a
gironzolare per le vie del centro, complice anche la luce, nonostante fosse
ormai passata da un pezzo la mezzanotte. Anche gli islandesi approfittano delle lunghissime giornate di metà
giugno per passeggiare come se fosse
ancora pomeriggio.
Lasciamo Reykjavík intorno alle 3 di
notte dirigendoci verso l’interno dove
riusciamo a dormire qualche ora in
uno spiazzo isolato tra le colline, lungo
la strada, aiutati da una provvidenziale nebbia che ha attenuato un poco la
luce del crepuscolo. La mattina successiva, molto presto, ho la possibilità di
rivedere alcuni luoghi già visitati l'anno precedente, ma questa volta senza
l’orda dei turisti, riuscendo così a cogliere appieno l’atmosfera del luogo e
qualche bello scatto fotografico.
Man mano che ci si avvicina alla penisola dello Snæfellsnes il paesaggio si
modifica: in breve ci ritroviamo su uno
dei tanti coni vulcanici che costellano il
paesaggio nei pressi dell’imponente bastionata di colonne basaltiche esagonali
di Raudhamelur. Troviamo da dormire
in un’accogliente guesthouse nei pressi di
Hof, lungo la costa meridionale.
Il giorno successivo visitiamo la punta occidentale, dove un'interessante
passeggiata di un paio di chilometri in
riva all’oceano conduce da Arnarstrapi a Hellnar, dove si osservano archi e
Autunno 2013
grotte formatesi nella scogliera di basalto dalle onde dell’oceano e dagli elementi. Purtroppo l’idea di raggiungere
la vetta ghiacciata dello Snæfellsjökull
è stata abbandonata per le pessime
condizioni del tempo e per la molta
neve ancora presente.
Raggiungiamo poi la costa nord della
penisola per addentrarci nella regione
dei fiordi occidentali. Hólmavík è un
grazioso villaggio di pescatori, l’ultimo
di una certa importanza lungo la costa di Strandir che prosegue ancora per
molti chilometri verso nord. La strada,
ora sterrata, superando tratti a picco
sul Mar Glaciale Artico, arriva fino
alla piscina geotermale di Krossness,
superando piccoli villaggi e fattorie,
alcune abbandonate, altre con i segni
del tempo di vecchie attività industriali ormai tramontate come a Djúpavík,
sede fino agli anni cinquanta di una
fiorente industria di conservazione di
aringhe, ora meta di un turismo postindustriale. In questa zona si ha la sensazione di essere ai confini del mondo
Le Montagne Divertenti Lungo la costa di Strandir, si incontrano piccoli paesi di pescatori e fattorie, alcune
di esse abbandonate. L'ultimo paese che si incontra prima che la strada termini è
Norðurfjörður dove è possibile fare rifornimento e rifocillarsi. La strada oltrepassa
vari fiordi sul Mar di Groenlandia dove ci si imbatte in essicatoi per lo stoccafisso
e qualche barca malridotta e ormai inservibile, testimonianza di un passato più
prospero (12 giugno 2013).
Islanda
103
Rubriche
Viaggi nel mondo
Fanghi ribollenti multicolore nella zona geotermale di
Hveraviller (15 giugno 2013).
Mezzanotte a Hverviller. I vapori sulfurei si mischiano alla nebbia
che è calata sull'altopiano nel cuore dell'Islanda (15 giugno 2013).
per la solitudine che vi si respira.
Dopo esserci concessi una notte in
una struttura alberghiera con piscina
termale, il viaggio è proseguito verso
nord-ovest, in direzione della penisola
di Hornstrandir fino al rifugio di Dalbær nella zona di Snæfjallaströnd, non
prima di una breve escursione ai piedi
dell’unica calotta glaciale della regione,
il Drangajökull. Un’ottima cena precede una gita “in notturna” sulle colline
sovrastanti. È mezzanotte e il sole si trova appena sopra l’orizzonte verso nord.
Nella notte artica tutto sembra immobi-
104
Le Montagne Divertenti le: la luce di un luminoso e infinito crepuscolo genera lunghe ombre e spalma
la sua luce calda sul paesaggio regalando
panorami mozzafiato sul Ísafjarðardjúp
e sui monti circostanti. L’escursione avviene su un terreno morbido, costituito
da arbusti tipici della tundra e, nonostante mi trovi solo qualche centinaio
di metri sul livello del mare, vasti nevai
coprono ancora il suolo.
La mattina successiva si riparte con
destinazione Ìsafjorður, capitale della
regione con i suoi 2500 abitanti, che
raggiungo dopo innumerevoli “den-
Tre bambine corrono sulla sabbia bianchissima di Nungwi,
sull'isola di Zanzibar (20 novembre 2012).
L'Atlantic Puffin
(Fratercula arctica) o
pulcinella è un uccello
che popola le scogliere
islandesi, specie nelle
zone nord-occidentsli e
meridionali del paese.
In inverno sverna in
pieno oceano, mentre in
primavera migra verso
le coste islandesi dove
nidifica in buche sotto terra
a sbalzo sulle scogliere
(14 giugno 2013).
tro-fuori” in profondi e lunghi fiordi.
Prima di giungervi, troviamo lungo
la strada la deviazione per una pozza
naturale di acqua calda: è un attimo,
scendiamo dall’auto, mettiamo il costume e ci immergiamo per qualche
ora nella rilassante acqua termale, rimirando il paesaggio circostante senza
anima viva nei dintorni.
La capitale dei Vestfirðir è una bella
e caratteristica cittadina posta all’interno di un fiordo circondato da alti
monti. La visita della città merita
senz’altro una sosta. Proseguendo olAutunno 2013
tre si oltrepassano zone molto diverse rispetto a quelle precedentemente
attraversate: alte cime montuose ancora coperte da nevai scendono a picco nelle valli e nei fiordi, aprendosi a
ventaglio verso l’oceano aperto e terminando con alte scogliere.
Una di queste scogliere,
Látrabjarg, è meta obbligatoria per
l’osservazione dell’avifauna: qui
nidificano innumerevoli “puffin”,
o pulcinella di mare, tanto graziosi
quanto goffi nel volo.
Le Montagne Divertenti Lasciamo così i fiordi occidentali e proseguiamo verso est, lungo la
costa nord fino a Blönduós, all’inizio
della pista F35, o Kjalvegur, seconda
strada per lunghezza che percorre la
zona degli altopiani centrali d'Islanda
tra le calotte glaciali del Langjökull e
Hofsjökull. È già sera, ma confidando
nella lunghezza delle giornate decidiamo di arrivare fino a metà percorso, a
Hveravellir, dove montiamo la tenda
accanto al rifugio. Prima di coricarmi
visito la zona geotermale contraddistinta da colorate formazioni sulfuree,
sorgenti calde e fumarole e ne approfitto per rimanere a mollo nell’acqua
calda dell’attigua vasca termale per
qualche ora.
Il giorno successivo la pista ci conduce attraverso un altopiano desolato
fino a Gullfoss e in breve a Reykjavík,
dove la vacanza termina con una buona cena. Quando l’aereo lascia il suolo
islandese seguo con una sorta di placida malinconia il distacco e l’allontanarsi dell’isola, come se di lì a poco
dovessi ritornare...
Islanda
105
Rubriche
6/
IL MUSEO CIVICO DI
STORIA NATURALE
DI MORBEGNO
Maria Gabriella Bianchi - direttore del museo
Tutto in perfetto ordine nella sala degli insetti
(26 maggio 2008, foto Roby Trab).
Un territorio montuoso, quello di
Valtellina e Valchiavenna, caratterizzato
da un elevato grado di naturalità. Un
museo territoriale, quello di Storia naturale di Morbegno, nato per conservare,
divulgare e studiare gli elementi che
conferiscono alle due valli questa naturalità. Dai minerali alle rocce, dai fossili
all’erbario e agli animali, le collezioni
di questa raccolta museale riconosciuta
dalla Regione Lombardia testimoniano
la diversità geologica e biologia della
porzione delle Alpi che si estende dal
passo dello Spluga a quello dello Stelvio.
Un territorio vasto ed articolato in valli,
più o meno ramificate, che dai circa 200
metri del pian di Spagna si innalza fino
ai 4021 della punta Perucchetti, anticima del pizzo Bernina.
106
Le Montagne Divertenti Quando è nato il museo · Il
museo, che il prossimo anno compirà
quarant’anni, è stato istituito dal
Comune di Morbegno il 14 marzo
1974, dopo che un appassionato locale,
Giacomo Perego (1922-2008), aveva
iniziato a collocare le prime collezioni
naturalistiche nei sotterranei della
biblioteca Ezio Vanoni. Si trattava
per lo più di campioni da lui stesso
raccolti e preparati. Il suo entusiasmo
contagiò l’amministrazione comunale;
venne così ristrutturato il settecentesco palazzo Gualteroni, attiguo alla
biblioteca, e nel 1983 fu inaugurata la
nuova sede con allestimenti rinnovati.
Le raccolte, in continua espansione,
necessitavano a quel punto di personale
specializzato e fu così che a fianco del
custode, Livio Ciapponi, ancora oggi
in forze al museo, fu assunto nel 1986
come direttore-conservatore, il naturalista Fabio Penati. In oltre vent’anni
di permanenza a Morbegno, Penati
trasformò il museo, puntando sulle tre
finalità di conservazione, promozione
culturale e ricerca scientifica, affiancato sempre dal conservatore onorario
Giacomo Perego.
Autunno 2013
Molti sono gli specialisti delle
varie discipline che nel tempo hanno
collaborato con il museo, spesso
a titolo gratuito; solo per citarne
alcuni tra i più assidui: il compianto
Francesco Bedogné, che ha curato
la collezione e le esposizioni permanenti di minerali; l’entomologo
Paride Dioli, collaboratore già dai
primi anni, che oltre a determinare
e riordinare esemplari di diversi
gruppi di insetti, in particolare gli
eterotteri, conduce campagne di
rilevamento sul territorio, trovando
anche nuove specie per l’Italia e l’Europa; il teriologo Marco Cantini che
ha dato inizio allo studio della collezione di mammiferi, contribuendo
ad incrementarla.
Le Montagne Divertenti Che cosa è conservato al museo
· Il patrimonio del museo a fine
2012 consisteva in: 1387 campioni
di rocce e minerali, 864 di fossili,
4109 fogli di erbario, circa 30000
esemplari di insetti (conservati
in oltre 500 cassette entomologiche), 87 di anfibi e 151 di rettili
(conservati in alcol), 963 di uccelli
preparati sia in pelle (cioè distesi),
sia naturalizzati (cioè in posizioni
naturali), così come i 1206 esemplari di mammiferi di cui una parte,
i piccoli mammiferi, conservati in
alcol. Di uccelli e mammiferi è da
qualche anno iniziata anche una
raccolta osteologica (crani ed ossa),
curata dall’esperto Armando Nappi.
Parte di questo materiale è
esposto nelle sale del museo, la
restante è conservata nei depositi,
dove viene costantemente monitorata. Quasi tutto il materiale è di
provenienza locale, e ad ogni esemplare sono associati dati essenziali,
quali il nome di chi lo ha raccolto,
il luogo e la data di ritrovamento,
che permettono di trasformare un
“oggetto” in un importante strumento in grado di fornire informazioni per studi e progetti di
pianificazione e di conservazione.
Sono numerosi infatti gli studiosi
che attingono ai dati delle collezioni
per studi morfometrici e genetici o
per conoscere i popolamenti floristici e faunistici e la loro evoluzione
nel tempo.
Musei
107
Rubriche
Il percorso espositivo · Le esposizioni, divise in due sezioni, quella
di Scienze della Terra e quella faunistica, si sviluppano tra il piano terra
e il primo piano. La prima sezione
guida il visitatore alla conoscenza della
provincia di Sondrio, mostrandone
la geografia, la morfologia del territorio e la sua storia geologica per poi
soffermarsi più approfonditamente su
rocce e minerali con una sala totalmente dedicata, in cui sono esposti i
campioni più significativi, molti dei
quali provenienti dall’acquisizione,
risalente alla fine degli anni '80 del
secolo scorso, della collezione dell’ing.
Guiscardo Guicciardi di Sondrio. Una
vetrina è riservata ai fossili. Al piano
terra inizia anche la sezione faunistica
con la sala degli anfibi e dei rettili,
l’ultima allestita in ordine di tempo,
per poi proseguire al primo piano
con la sala degli insetti, le vetrine
degli uccelli, i grandi diorami con la
riproduzione dei principali ambienti:
boschi di latifoglie e conifere, fondovalle e zone umide, alta montagna e
due più piccoli dedicati agli adattamenti degli animali alpini e alla notte
in campagna. Di particolare interesse
Musei
storico, la vetrina dedicata alla battuta
di caccia di una delle ultime femmine
di orso, nei primi anni del '900, con
cranio, fucile, proiettile e resoconto
pubblicato su un giornale dell’epoca.
Le attività, gli eventi e i servizi ·
Le esposizioni permanenti, a ingresso
gratuito (aperte al pubblico quattro
pomeriggi alla settimana), sono
solo uno dei mezzi con cui il museo
promuove la conoscenza dell’ambiente
naturale e ne sostiene la conservazione. Ad esse si affiancano periodicamente mostre temporanee ospitate nel
salone all’ultimo piano, come quelle
sul progetto di reintroduzione del
gipeto, sul ritorno del lupo, sui fossili
e sui vulcani, o sul paesaggio vegetale
della provincia di Sondrio, quest’ultima curata in proprio e disponibile
per il prestito. Conferenze e corsi si
susseguono ogni anno, spesso anche
in trasferta, affrontando i più disparati
aspetti delle Scienze naturali (palentologia, botanica, micologia, ornitologia,
evoluzione, …), ma anche temi legati
alla sostenibilità, la cui divulgazione
è essenziale per garantire un minor
impatto delle attività umane sui fragili
equilibri del pianeta. Appuntamenti
fissi sono ormai quelli con il “Darwin
day”, in occasione della ricorrenza della
nascita del padre della teoria dell’evoluzione, con “M’illumino di meno”,
giornata per il risparmio energetico, e
con “La notte dei musei”, promossa dal
Ministero dei beni e delle attività culturali. Dal 2008 inoltre hanno preso il via
gli appuntamenti mensili di "Museo
in famiglia", dedicati ai bambini dai 5
ai 12 anni con adulti al seguito, volti a
far scoprire le varie sfaccettature della
natura con osservazioni, lavoretti artistici ed esperimenti scientifici, e successivamente quelli di "Museo tempo
libero", laboratori rivolti agli adulti,
promossi dal Sistema museale della
Valtellina, su temi legati alla sostenibilità ambientale. Non solo, al museo
i bambini possono festeggiare anche il
proprio compleanno, grazie alle attività
ideate sempre dalla sezione didattica del
museo, coordinata da Francesca Mogavero, per avvicinare i partecipanti alle
tematiche museali con divertenti giochi
e prove di coraggio.
La stessa sezione didattica si occupa
delle più istituzionali attività didattiche per le scuole, proponendo una
Diorama d'ambientazione alpina, con marmotte e fagiano di
monte maschio e femmina (26 maggio 2008, foto Roby Trab).
108
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
vasta scelta tra visite guidate, laboratori,
escursioni sul territorio e percorsi didattici articolati in più incontri, in classe
e al museo. Tutti condotti attraverso il
metodo hands-on, in cui ogni ragazzo
è coinvolto in prima persona nell’acquisizione di competenze scientifiche.
Grazie alla gamma di proposte culturali nel 2012 al museo sono state superate le 7500 presenze. E da quest’anno
c’è un motivo in più per venire al
museo: prendere in prestito uno dei
volumi della biblioteca interna, situata
nella vecchia stüa del palazzo e rinnovata recentemente negli arredi. È stato
infatti attivato il servizio di prestito
(anche interbibliotecario), delle pubblicazioni sia specialistiche che divulgative
sulle Scienze naturali, fino allo scorso
anno in sola consultazione. Non solo, è
possibile accedere alla ricca emeroteca,
con periodici scientifici provenienti
da tutto il mondo, grazie allo scambio
con la rivista del museo “Il Naturalista
Valtellinese – Atti del Museo civico
di Storia naturale di Morbegno”. La
rivista, che esce annualmente dal 1990,
ha ripreso il titolo del periodico curato
da Mario Cermenati, uscito con solo 12
fascicoli mensili nel 1885, e riporta articoli scientifici naturalistici, dando priorità alle ricerche riguardanti la provincia
e i territori limitrofi, ma anche le collezioni stesse del museo. Dal 2007 viene
pubblicato anche un supplemento non
periodico “Ricerca & conservazione
nel Parco delle Orobie Valtellinesi”,
frutto di una collaborazione con il
Parco. Sempre sul fronte delle ricerche
naturalistiche, il museo organizza ogni
due anni un workshop in cui i ricercatori (geologi, botanici, entomologi,
ornitologi, veterinari …) di varie istituzioni quali università e aree protette,
impegnati a indagare l’ambiente naturale della provincia, illustrano in modo
divulgativo i risultati dei propri studi.
Un apporto rilevante alla vita del
museo è dato dai volontari che da alcuni
anni possono presentare domanda per
accedere all’albo istituito presso il museo.
Ai volontari storici si sono aggiunti
anche quelli del progetto “Io volontario
per la cultura” promosso dalla Provincia
di Sondrio in biblioteche e musei.
Ognuno, secondo le sue competenze
e disponibilità di tempo, dà il proprio
contributo ad esempio informatizzando
i dati della collezioni, allestendo colleLe Montagne Divertenti zioni didattiche, erborizzando piante
per l’erbario, determinando esemplari,
facendo manutenzione alle collezioni,
collaborando alla gestione della biblioteca interna.
La ricerca · Nel suo piccolo, il
museo è impegnato anche a condurre
e promuovere ricerche o a coordinarle
per conto di altri enti, come ad esempio
avviene da due anni alla Riserva Naturale Bosco dei Bordighi a seguito di un
accordo con la Comunità Montana
Valtellina di Sondrio, in cui sono stati
studiati i popolamenti di pipistrelli e
uccelli. O più semplicemente partecipa a rilevamenti, come quelli per gli
Atlanti degli uccelli svernanti e nidificanti in Italia, o quelli per il Progetto
di cartografia floristica in provincia di
Sondrio, quest’ultimi condotti grazie
all’apporto dei volontari del Gruppo
Foristico Massara, appassionati che si
incontrano periodicamente al museo,
promuovendo anche conferenze divulgative aperte al pubblico.
Fiore all’occhiello della ricerca
promossa dal museo è sicuramente
quello che ha portato negli anni ’90 a
descrivere una nuova specie di conifera
fossile, la Cassinisia orobica, rinvenuta
per la prima e unica volta in Valgerola.
lora direttore del museo, alcuni fossili
raccolti da un appassionato e consegnati al museo qualche anno prima del
suo arrivo, sono stati messi a disposizione dei paleontologi dell’Università di Pavia e in seguito di quelli dell’
Università di Utrecht, che, per dare un
nome a questi reperti, hanno dovuto
addirittura coniare un nuovo genere,
in quanto poco affini ad altre specie
conosciute. L’olotipo, cioè il campione
su cui è stata descritta la specie, seppur
di proprietà dello stato, è ancora custodito a Morbegno.
Pur consapevoli che molto ci sarebbe
ancora da fare, tutti insieme cerchiamo
di rendere il Museo civico di Storia
naturale di Morbegno sempre più
ricco, completo, interessante e fruibile,
con la convinzione che questa istituzione, voluta e sostenuta dal Comune
di Morbegno, anche in anni difficili
per i bilanci comunali, sia un luogo in
cui attingere conoscenze per sperimentare un approccio consapevole con la
natura di Valtellina e Valchiavenna.
Grazie
all’al-
Il fossile della Cassinisia orobica, divenuto
simbolo del museo sia per la sua importanza
all'interno della collezione del museo, sia perché
testimonianza di un modus operandi virtuoso
(26 maggio 2008, foto Roby Trab).
Musei
109
Rubriche
Sua Maestà
il cervo
Alessandra Morgillo e Andrea Zampatti
Il bramito del cervo in due immagini di Andrea Zampatti, una scattata
prima dell'alba e l'altra un paio d'ore più tardi (16 ottobre 2012 www.facebook.com/andreazampatti.wildlights).
110
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Il cervo
111
Rubriche
Fauna
Due immagini di cervi ad inizio autunno
(foto Andrea Zampatti, 16 ottobre 2012).
Il portamento regale ed elegante del cervo
(26 settembre 2012, foto Alessandra Morgillo www.alessandramorgillo.com).
Un richiamo stentoreo,
profondo e roco echeggia per
il bosco mentre ancora tutto è
avvolto dalle brume mattutine
che diffondono il roseo chiarore del primo sole d’autunno.
In un’atmosfera evanescente
si distingue nell’erba alta della
radura la sagoma inconfondibile
di un imponente trofeo esibito
con fierezza: il grande cervo con
portamento regale se ne sta
ritto sulle zampe, con il collo
allungato e proteso, la testa
sollevata e i palchi rivolti verso
la schiena, intento a levare il
suo potente grido.
I cervi non sono soliti emettere richiami vocali, eccetto che durante il
periodo che va all’incirca dalla metà di
settembre alla metà di ottobre, quando
i maschi ingaggiano delle vere e proprie
112
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti sfide canore per conquistare il controllo
dei branchi di femmine. Abbandonata
la fitta boscaglia e raggiunti i territori frequentati dalle femmine, i maschi
notevolmente irrequieti raspano il terreno con gli zoccoli colpendo piante e
arbusti e deponendo sui tronchi le secrezioni odorose dei lacrimatoi. Con la
bocca aperta, quasi a formare una sorta
di cassa di risonanza, si richiamano con
forti bramiti, le tipiche grida rauche e
brevi, simili a muggiti, che risuonano in
tutta la foresta in un concerto selvaggio
e affascinante. Il cervo nobile, classificato dagli zoologi come Cervus elaphus
(dal greco élaphos = cervo), è distribuito
in tutti i continenti e in Europa esistono
sei sottospecie distinte. In Italia si trova
la sottospecie Hippelaphus sulle Alpi e
gli Appennini, mentre il Cervus elaphus
Corsicanus, presente ormai con poche
centinaia di esemplari, è esclusivo della
Sardegna.
Le variazioni climatiche, le modificazioni ambientali di origine antropica e
la caccia indiscriminata hanno condotto in tempi passati alla graduale scomparsa del cervo in vasti settori della nostra penisola.
Selvaggina prediletta durante le battute di caccia dei feudatari medievali, è
sopravvissuto in Europa grazie alle introduzioni di esemplari che dovevano
garantire tale passatempo alla nobiltà.
Un tempo era presente soprattutto in
pianura e in collina, ora, invece, solamente sull'arco alpino e appenninico
(dove è stato reintrodotto da pochi decenni). L'unico relitto autoctono della
popolazione padana si trova nel bosco
della Mesola, in provincia di Ferrara.
Respinto nelle foreste dall'estendersi delle coltivazioni e dalla pressione
antropica, il cervo predilige boschi di
latifoglie e di resinose, radi, di vasta
estensione, interrotti da radure e pascoli
Il cervo
113
Rubriche
e con ricco sottobosco. In estate si nutre
prevalentemente di graminacee e vegetali freschi (ne può consumare fino a 10
kg al giorno!), in autunno di frutti selvatici come castagne, ghiande e faggiole, mentre d'inverno suole alimentarsi
spesso di cortecce, provocando gravi
danni ai boschi.
Segno distintivo del cervo è il trofeo,
costituito da due palchi, erroneamente
chiamati corna, di tessuto osseo, presenti solo nei maschi, che vengono persi,
non simultaneamente, ogni anno tra
febbraio e maggio (gli anziani li perdono più precocemente) e ogni anno "ricostruiti".
La caduta dei palchi è provocata
dall'interruzione della circolazione sanguigna alla loro base e, poiché questi
sono fonte di sostanze minerali per nu-
Fauna
merosi animali, non dovrebbero essere
raccolti se trovati.
Poco dopo la caduta, i palchi cominciano a ricrescere ricoperti dal cosiddetto velluto, un rivestimento ricco di vasi
sanguigni, che si distacca a brandelli
solamente quando il nuovo palco sarà
completamente sviluppato.
Il trofeo di un cervo adulto può essere
lungo più di 1 metro e pesare sino a 1820 kg. Il suo sviluppo è influenzato da
vari fattori, come l'alimentazione, l'età,
la salute e i caratteri ereditari, ed è caratterizzato, oltre che dalla dimensione,
dalla presenza di ramificazioni, chiamate punte, che partono dall'asta centrale,
che può avere una circonferenza di 15
cm.
Il maschio del primo anno presenta
solitamente un palco costituito dalle
sole aste senza ramificazioni, simili a dei
fusi, ed è per questo chiamato "fusone".
Il numero delle diramazioni aumenta
con l’età perché i palchi continuano ad
accrescersi fino a maturità.
Sulle nostre Alpi i maschi adulti
presentano di media palchi
con 10-12 punte, mentre sugli
Appennini, dove l'alimentazione
è più proteica, se ne possono
incontrare anche con 18-20
punte. Sono noti in Europa casi
eccezionali di cervi con 50 punte
e oltre, come l’esemplare ucciso
nel 1696 dal principe Federico III
di Brandeburgo e conservato nel
castello di Morizburg a Dresda
che ne ha ben 66!
Lo sviluppo del trofeo e le dimensioni dell’animale variano in base alle situazioni ambientali: si può andare dai
150-200 chili dei nostri maschi alpini
(la sottospecie Corsicanus ha pesi inferiori) sino ai 250-300 chili e oltre di
quelli dell'Europa centro-orientale. In
generale, comunque, le femmine sono
notevolmente più piccole rispetto ai
maschi.
Il cervo è un animale gregario con
organizzazione soprattutto matriarcale. Il gruppo di base è rappresentato
dalla femmina, il suo ultimo piccolo e quello dell'anno precedente. Le
femmine e i giovani possono formare
gruppi costituiti anche da decine di
individui; i maschi adulti, invece, si
riuniscono in piccoli branchi, oppure
tendono a restare solitari.
Durante la stagione degli amori si
formano gruppi misti e i maschi non
tollerano la presenza dei rivali. L’alba e
il crepuscolo sono momenti di intensa
attività in cui gli individui si osservano, si valutano reciprocamente, stabiliscono il proprio dominio con rochi
richiami e rimettono in discussione la
gerarchia. I palchi rivestono un ruolo
molto importante perché la loro esibizione indica a distanza il rango sociale
e dissuade dalla lotta l’avversario più
debole. Solo se, rispettando un rituale
immutabile fatto di parate dimostrative e atteggiamenti intimidatori, nessuno dei due contendenti abbandona
il campo, si possono verificare scontri
corpo a corpo. I combattimenti non
sono frequenti proprio perché molto
violenti e pericolosi e a volte le ferite
possono risultare addirittura letali.
I vincitori si assicurano il controllo
del campo riunendo un proprio ha‑
rem che custodiscono gelosamente. Il
continuo controllo delle femmine, i
poderosi scontri con gli altri maschi
e i rituali di corteggiamento sono così
estenuanti che alla fine del periodo
degli amori i cervi dominanti possono perdere anche il 20% del loro peso
corporeo.
Con la metà di ottobre i grandi maschi si allontanano in solitudine, lasciando il campo ai maschi più giovani. Cessati i bramiti il silenzio tornerà
a regnare nel bosco ormai pronto ad
accogliere i rigori dell’inverno, in attesa di quei nuovi cerbiatti che verranno
alla luce in primavera.
Il maschio dominante custodisce gelosamente il suo harem
di femmine (16 ottobre 2012, foto Andrea Zampatti).
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Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Il cervo
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Pennellate
diluce
Rubriche
a cura dei fotografi di clickalps.com
Fotografia e pittura sono due forme d'arte che si realizzano su un
supporto bidimensionale e hanno la capacità di ritrarre fedelmente la
realtà, incidendo tuttavia la soggettività dell'esecutore.
Per lungo tempo abbiamo visto una sorta di muro fra queste due
espressioni, con poche eccezioni. Ma da qualche tempo, in Valtellina,
il fotografo Roberto Ganassa e la pittrice Silvia Salice hanno provato ad
abbatterlo e ad avvicinare i due mondi.
Ne sono nate alcune interessanti "pitto-fotografie" di paesaggi alpini, per
metà stampa fotografica su tela e per metà dipinto, che spesso lasciano
sbalordito chi le guarda non riuscendo a distinguere il confine tra le due.
Il laghetto nei pressi di Scermendone, cartolina classica della
media Valtellina, è qui composto per metà da una fotografia (nel
riflesso del paesaggio sull'acqua) e per la restante parte dalla
riproduzione pittorica.
116
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Pennellate di luce
117
Rubriche
Arte e fotografia
Cascata del Ferro in val del Ferro. Partendo da una stampa
fotografica su tela di Roberto Ganassa, Silvia Salice ha
completato l'opera apponendovi le proprie pennellate.
Roberto Ganassa
Silvia Salice
Tutto è nato il 5 ottobre 2011 salendo da solo all’alpe Scermendone.
Entrando nel bivacco, mi trovo di fronte un bellissimo tavolo di
legno dipinto, firmato “Silvia”. Da qui è scattata la mia curiosità di
sapere chi fosse l’autrice. L'ho scoperto solo per caso, su un social
network. Era una certa Silvia Salice, che ho subito contattato per farle
i complimenti. Dopo un po’ di tempo abbiamo cominciato a fare
alcune escursioni in montagna e scalato un paio di cime, fino a che
è uscita questa strana idea: “siamo tutti e due grandi appassionati di
montagna. Una disegna, l’altro fotografa... e se unissimo le due cose?”
Detto fatto, si materializza la prima nostra mostra
al bar ristorante La Brace, con disegni, foto e
alcune opere metà disegno e metà foto.
La prima mostra viene molto gradita,
tanto che viene subito riproposta
presso la biblioteca di Berbenno
e a Chiesa Valmalenco (grazie alla
collaborazione dei malenchi Felice
Battaglia e William Guerra). Inutile
dire che queste piccole soddisfazioni
ci hanno reso molto entusiasti.
È stato mio padre a introdurmi alla montagna e a far sì che
diventasse per me una grande passione. Ora, a trent'anni,
sono riuscita a fonderla con un altro mio interesse: l’arte.
Grazie al disegno riesco a dipingere le sensazioni che la
montagna mi fa vivere durante le attività di escursionismo,
alpinismo e arrampicata. Le mie opere si caratterizzano per
tecniche e supporti misti, creando movimenti di linee e
giochi di colore. “Le lepri di Scermendone”, che ho realizzato
sul tavolo nella baita degli Alpini di Scermendone, è stato
l’input per conoscere Roberto Ganassa. Dopo
anni di ricerca ci siamo incontrati per puro
caso, scoprendo peraltro che abitiamo
a pochi chilometri di distanza!
contatti:
347.1667369
[email protected]
Il Cerro Torre dipinto da Silvia Salice.
118
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Il tavolo centrale del bivacco all'alpe
Scermendone, occasione di incontro fra
Roberto e Silvia.
Il lago d'Arcoglio all'alba, rappresentato
da Silvia Salice partendo da una fotografia di
Roberto Ganassa.
Pennellate di luce
119
il miglior fotografo
le foto dei lettori
Rubriche
Recensione
Il fotografo
Una nevicata autunnale a basse quote è una condizione meteorologica di
grande suggestione e, per questo, apprezzata dai fotografi. Tale condizione
ha segnato la Valtellina a fine ottobre dell'anno scorso, sicché Manuel si è
subito messo alla ricerca di uno scorcio come quello della sua foto, scattata in
località Canargo, a monte di Delebio. Dinamicità all'immagine è data dall'ottica
fortemente grandangolare, un 8mm, equivalente a 12mm della fotografia
analogica o full-frame, grazie alla quale si abbracciano con un sol sguardo il bel
fusto di betulla sulla sinistra, le sue fronde dorate in alto e le case di Canargo
sulla destra, imbiancate dalla leggera nevicata. A completare la composizione
c'è il sole, la cui luminosità è smorzata al punto giusto dalle foglie dell'albero.
L'effetto a stella del sole, come già ricordato, si ottiene invece tenendo "chiuso"
il diaframma, ovvero forzando la macchina ad adottare valori "alti", da f 11
in su (nella foto s'è usato f 14). Infine, lì vicino, il monte Legnone, o La Pizza
come la chiama chi ci abita alla sua ombra, colonna portante della Valtellina e
montagna simbolo per tutti gli abitanti di Delebio.
Mi chiamo Manuel Mantelli e sono un
fotografo amatoriale. Vivo a Delebio e,
come molti qui, sono appassionato di
montagna, con un debole per la val
Lesina, la valle alla quale questo paese fa
da guardiano. È un angolo di Valtellina
molto selvaggio e misterioso e forse è
proprio per questo che mi ha ispirato,
da quattro anni a questa parte, molti
scatti dei suoi paesaggi e animali. Questa
fotografia, scattata in un pomeriggio
di fine ottobre durante una giornata di
pioggia e nebbia, immortala Canargo
ammantata nei colori dell'autunno.
MANDA LE TUE FOTOGRAFIE
Due sezioni dedicate ai nostri lettori:
· una che premia il fotografo più bravo tra quelli che invieranno, con oggetto "miglior fotografo",
i loro scatti inerenti i monti di Valtellina e Valchiavenna all'indirizzo email [email protected]. Una delle
sue foto verrà pubblicata con recensione e scheda di presentazione del fotografo.
Valle Spluga - Il Gruppo Escursionisti Laorchesi al rifugio Chiavenna (23 giugno 2013).
· una che mostra chi ha portato “Le Montagne Divertenti” a spasso per il mondo; le foto vanno inviate all'indirizzo email
[email protected] e devono avere un soggetto umano, la rivista e uno scorcio del luogo.
Valle d'Aosta - Il Gruppo Trekking3Province porta Le Montagne Divertenti quasi sulla cima del Gran Paradiso; a causa di un forte vento, il grosso
del gruppo preferisce rinunciare, ma Claudio e Marco decidono che alla Madonna ci devono arrivare (16 giugno 2013).
120
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Le foto dei lettori
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le foto dei lettori
Rubriche
Le foto dei lettori
Comacchio - Maria, Patrizio e Anselmo in gondola come a Venezia, ma nei canali di Comacchio (6 luglio 2013).
Sharm el Sheik - Maicol e Ylenia
in barca vicino all'isola di Tiran,
pronti per fare snorkeling insieme
alle Montagne Divertenti
(17 giugno 2013).
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Le Montagne Divertenti Valmalenco - Anche il nostro Vescovo Diego Coletti legge Le Montagne Divertenti (11 luglio 2013).
Nepal - Valentino Grumelli e Renzo Daminelli in Nepal in vetta al Kala Pattar
(m 5630, 13 marzo 2013).
Sondrio - Francesco Vaninetti legge Le
Montagne Divertenti per passare il tempo
mentre dona il plasma (15 luglio 2013).
Cammina e Gusta 2013 - Luciano Bertolina alla manifestazione
Cammina e Gusta a Santa Caterina Valfurva (25 giugno 2013).
Sharm el Sheik - Daniela e Paolo a Sharm el
Skeikh, di ritorno dall’isola di Tiran
(19 maggio 2013).
Autunno 2013
Orobie - Mattia, Dorotea, Silvio, Nicoletta e Gianni al passo val
Cervia (14 luglio 2013).
Le Montagne Divertenti Kashmir - Laura, Antonella, Rita e Dario presso il Penzi La (m 4401),
sullo sfondo del ghiacciaio Drang Drungal, nella valle di Zanskar
(India settentrionale, 5 luglio 2013).
Le foto dei lettori
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le foto dei lettori
Rubriche
Le foto dei lettori
Val di Campo - Mattia Passini nella palestra
di arrampicata presso il rifugio S.A.C Saoseo a
Lungacqua (1 luglio 2013).
Valle d'Aosta - La nostra bella Alessandra Morgillo, autrice delle rubriche naturalistiche,
avvolta nella giacca de Le Montagne Divertenti sullo sfondo del ghiacciaio del Rutor, nella
valle di La Thuile.
Sicilia - Roberta e Albina in vacanza sulle dune
dell'oasi di Marina di Butera (10 luglio 2013).
Varsavia - Racola, Parente, Marri e Ratta (al secolo Matteo, Alessandro, Gabriele e Alex)
davanti alla statua della sirena nella piazza del mercato di Varsavia (27 aprile 2013).
Le Montagne Divertenti Dolomiti - Eugenio, Giorgio, Graziana e Monica. Sullo sfondo
Sassolungo e Sassopiatto (12 giugno 2013).
Val Grosina - Nicolò, Simone ed Elisa sugli "scogli" del lago
Spalmo, nell'alta val Grosina (7 luglio 2013).
Washington - Sara e Sergio portano Le Montagne Divertenti anche in
viaggio di nozze, fin sotto alla casa di Obama (11 maggio 2013).
Val Poschiavo - In gita sul Corno di Campo (m 3232) in memoria di Marco della Vedova: la moglie Gemma con Sergio, Franco,
Marco, Getullio, Iginia, Sandro, Ruth, Annette, Veronica e Francesco (30 giugno 2013).
Valtellina - Una "panoramica" di una tavolata di affezionati de LMD a Gaggio di Berbenno di Valtellina (14 luglio 2013).
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Tunisia - Erik, Manuela, Thomas e Irene al Villaggio El Borj,
Madhia (16 luglio 2013).
Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Le foto dei lettori
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le foto dei lettori
Rubriche
Le foto dei lettori
Valmalenco - Il gruppo del Grest di Mossini, Triangia e Torre di Santa Maria in gita al rifugio Bosio (26 giugno 2013).
Pizzo Bernina - Il coro CAI Valmalenco sul pizzo Bernina e al rifugio Marco e Rosa (13 e 14 luglio 2013).
Giordania - Pierangela e Gianfranco di Eupilio in visita
a Petra in compagnia di una guida locale (14 giugno
2013).
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Le Montagne Divertenti Alpi Retiche, - Neira, Claudio e Luca nei pressi della
Croce di Tirano (15 giugno 2013).
Autunno 2013
Lavaredo Ultra Trail - Fabio e Mauro alla Lavaredo Ultra
Trail, 118 chilometri nel regno delle Dolomiti; in alto, in
partenza da Cortina d'Ampezzo (28 giugno 2013); in
basso, in passaggio dal lago di Misurina e dalle Tre Cime di
Lavaredo (29 giugno 2013).
Le Montagne Divertenti Valmalenco - Francesco e Sergio di Torre di Santa Maria sul
Torrione Porro, punto più alto dell'anello Chiareggio-rifugio
Porro - torrione Porro - lago Pirola - buchel del Can - San
Giuseppe (14 luglio 2013).
Le foto dei lettori
127
Rubriche
soluzioni del n.25
Vincitori e
Giochi
vinti
Che scimma l-è?
È la famosa parete N del Cristallo (m 3431) e forse qualcuno di voi l'avrà pure sciata!
Tutti l'hanno riconosciuta ed è stato il cronometro a decidere i vincitori.
1
2
3
4
El föravìa
In anticipo o in ritardo hanno anche indovinato: Flavio
Molteni, Sergio Proh, Bruno Glaviano, Simone Nonini,
Giuseppe Giacomelli, Ivan Rastelli, Rita e Marialuisa.
1- Ivan Andreoli di Teglio
2- Mario Bertolini di Valle di Colorina
3- Luca Gottifredi di Dubino
4- Marco Trezzi di Mariano Comense
5- Anna Raimondi di Busto Arsizio
Uno di questi laghetti alpini della nostra provincia non c'entra con gli altri
3. Sai dirci qual è e il motivo? Vi abbiamo aiutato inserendo 2 laghetti già
presentati all'interno di questo numero... I 2 più veloci dalle ore 21:00 del
28 settembre 2013 riceveranno la stampa su tela/forex di uno dei 4 laghi a loro
scelta (66x44 cm - già con telaio e supporti). Il 3° classificato avrà cappellino e
maglietta de Le Montagne Divertenti, il 4° e il 5° un libro tra quelli disponibili
sul sito
www.lemontagnedivertenti.com più un calendario Clickalps 2014 a scelta.
Consulta le foto in alta risoluzione e scrivi la tua risposta su
www.lemontagnedivertenti.com/concorsi/
Ma ch'el?
Ma ch'el?
L'oggetto misterioso (foto Collezione Associazione
Amici del Museo della Valmalenco) è una vecchia
insaccatrice per salumi o pigiatrice o pressa manuale,
dove veniva caricata la carne impastata con spezie e sale
e poi spinta a mano o da uno stantuffo verso il foro
anteriore, collegato con un tubo sul quale si inseriva il
budello. I vincitori sono:
Cos'è e a cosa serve?
Per i due più veloci dalle ore 21:00 del
26 settembre 2013 è in palio un buono
da 50 euro da spendersi presso uno dei
nostri inserzionisti, Il 3° classificato avrà
cappellino e maglietta de Le Montagne
Divertenti, il 4° e il 5° un libro tra quelli
1- Martino Taloni di Chiuro
2- Antonio Proh di Mossini
3- Moreno Pedroncelli di Madesimo
4- Alessandra Moro di Chiavenna
5- Luigi Trussoni di Mese
disponibili su
www.lemontagnedivertenti.com più un
calendario Clickalps 2014.
Scrivi la tua risposta sul nostro sito
all'indirizzo
www.lemontagnedivertenti.com/concorsi/
Hanno inoltre indovinato (rispondendo o troppo
presto o troppo tardi o nella modalità sbagliata): Ivan
Andreoli, Sergio Proh, Ermanno Mossini, Paola Civati,
Marina Berti, Mario Civati.
128
Le Montagne Divertenti ATTENZIONE: LE RISPOSTE DATE IN ANTICIPO VERRANNO RITENUTE NULLE
Autunno 2013
Le Montagne Divertenti Giochi
129
Rubriche
lE RICETTE
DELLA NONNA
Amàr cuma
l'ascénz
Beno
A fine '800 in Europa si diffuse la
leggenda che molti dei crimini
più efferati fossero stati commessi
sotto gli effetti dell'assenzio, bevanda
alcolica ottenuta da distillazione diretta
principalmente di foglie di assenzio maggiore
(Artemisia absinthium). La credenza prese
sempre più piede, finchè si arrivarono a vietare i
derivati alcolici dell'assenzio in molti paesi europei e negli
Stati Uniti. In realtà era l'alcolismo la vera piaga sociale e
l'assenzio, disponibile a poco prezzo e con elevata gradazione
alcolica, ne fu il capro espiatorio. Nel corso degli anni le
ricerche scientifiche hanno mostrato come il tujone, sostanza
capace di effetti dopanti e tossici, sia presente nell'assenzio in
quantità non influenti per l'uomo, sfatando così le leggende circolanti
sul prodotto e portando a rilegalizzarlo.
La pianta di assenzio in verità ha proprietà toniche, stimolanti,
vermifughe e antisettiche. Il liquore, di cui vi suggerisco la preparazione
secondo la ricetta dell'amico Alfio, è un "amaro molto amaro",
un ottimo digestivo, ma solo per veri uomini!
Liquore d'assenzio
· 100 g di foglie fresche di assenzio
· 1 litro di alcol
· 400 g di zucchero
· una bustina di zafferano
· 1/2 litro di acqua
Le foglie non sono difficili da reperire, in quanto la pianta è molto
diffusa in Valtellina al di sotto dei m 1000. Cresce specialmente negli
incolti e vicino ai muretti.
Gli arbusti sono perenni e arrivano a 120 cm.
Le foglie hanno un tipico colore verde, reso grigiastro dalla peluria
superficiale. Il profumo è molto intenso, il sapore amarissimo e
inconfondibile.
Si lasciano le foglie a macerare 5 giorni nell'alcol, poi si aggiunge
l'acqua in cui è già stato sciolto lo zucchero.
Filtrare più volte anche coi filtri di carta.
Bere dopo 60 giorni.
Manifesto del 1910 che critica l'abolizione dell'assenzio in
Svizzera. Dato il colore era anche conosciuto con l'epiteto
di Fée Verte, ovvero "Fata Verde".
130
Le Montagne Divertenti Autunno 2013
Ogni lago alpino ha qualche cosa che lo caratterizza, che gli impedisce di somigliare
agli altri. È per questo che più se ne vedono di questi laghi, e più se ne vorrebbero
vedere.
Il colore delle loro acque varia all'infinito, dallo smeraldo allo zaffiro, e da quelle
acque si sprigiona una poesia melanconica e sì cara e dolce per quelli che la sanno
sentire. E ritroviamo quella poesia anche se lontani in mezzo al rumore delle città,
quando un quadro, una fotografia ci rimettono davanti agli occhi un lago alpino, o
quando all'inizio della primavera, il campanello delle capre che passano per le vie ci
trasporta lassù, sulle rive di quelle limpide acque, di fronte alle vedrette, lassù da dove
non si vorrebbe scendere mai.
Bruno Galli-Valerio, 28 luglio 1905
Le Montagne Divertenti 133