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Frances A. Yates L'Illuminismo dei Rosa-Croce Traduzione di Metella Rovere Titolo originale The Rosicrucian Enlightenment Routledge & Kegan Paul Copyright © 1972 Frances A. Yates Copyright © 1976 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino L JY Indice o «ni i »' . p. xi xv xxv Premessa all'edizione italiana Introduzione Prefazione «!? '' ' L'Illuminismo dei Rosa-Croce 3 i. ' , Nozze regali: il matrimonio della principessa Elisabetta con l'elettore palatino 20 il. La tragedia boema 37 in. John Dee e l'origine di «Christian Rosenkreutz» 50 iv. I manifesti rosacrociani 71 v. Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz 84 vi. L'editore del Palatinato: Jean Théodore de Bry e la pubblicazione delle opere di Robert Fludd e Michael Maier 109 vii. L'esplosione d'entusiasmo rosacrociano in Germania 123 vili. L'allarme contro i Rosa-Croce in Francia 141 ix. Francis Bacon «all'ombra delle ali di lehova» 156 x. I liberali italiani e i manifesti rosacrociani 168 xi. La Confraternita dei Rosa-Croce e le unioni cristiane 187 xn. Comenio e la voce rosacrociana in Boemia 202 xni. Dal Collegio Invisibile alla Royal Society 228 xiv. Elias Ashmole e la tradizione di Dee: Isaac Newton e l'alchimia rosacrociana 243 xv. Il rosacrocianesimo e la massoneria 260 xvi. L'Illuminismo rosacrociano INDICE VI Elenco delle tavole fuori testfòtak&qK Appendice. p. 279 283 296 305 I manifesti rosacrociani Nota bibliografica Fama Fraternitatis o Rivelazione della Confraternita del nobilissimo Ordine della Rosa-Croce Confessio Fraternitatis o Confessione dell'encomiabile Confraternita dello stimatissimo Ordine della Rosa-Croce, a tutti i dotti d'Europa ruy, ' Indice analitico i . Federico V, elettore palatino, e la principessa Elisabetta. Stampa del 1612. Ashmolean Museum, Collezione Sutherland. 2. Arco a Oppenheim (1613). Disegnato e inciso da Jean Théodor'e de Dry. 3. L'arrivo della principessa Elisabetta a Heidelberg (1613). Ibidem. 4. Arco eretto dall'Università di Heidelberg. Ibidem. 5. Arco eretto nella corte interna del castello di Heidelberg. Ibidem. 6. Nave degli argonauti, carro di corteo. Ibidem. toiwrfT f-,1 7. Il castello e i giardini di Heidelberg. Incisione di Matthaus Merian. cs Da Salomon de Caus, Hortus Palatina*, Francoforte 1620. 8. Frontespizio dell'Horf«s Palatinus di Salomon de Caus. ,nivDO1'j( , ni 3:»<* * ' - ile 9. Statua di Meninone. Da Salomon de Caus, Les raisons des forces mouvantes, libro II, Parigi 1624. io. Il garzone di posta alla ricerca di un re che non si trova. Stampa tedesca del 1621. British Museum, Gabinetto delle stampe. 1 1 . Federico ed Elisabetta in un giardino che conduce all'Inferno. Ibidem. n u<.,ocn »Ci il) 9 i ,; ti 12. Federico ed Elisabetta, re e regina di Boemia, con quattro leoni. Stampa pubblicata a Praga, al tempo d'ella loro incoronazione nel 1619; fotografia della National Portrait Gallery. 13. Federico, in veste di pellegrino, privo della giarrettiera. • ' • ' • • ' ' Stampa tedesca del 1621. British Museum, Gabinetto delle stampe. • ; *•' l 14. Federico, senza giarrettiera, che compie lavori servili. Ibidem. i< "•'• .X; •<"<; "• '-'* Vili ELENCO DELLE TAVOLE FUORI TESTO 15. Frontespizio dell'Amphitheatrum sapientiae aeternae di Heinrich Khunrath, ed. di Hannover 1609. 16. Frontespizio della Monas hieroglyphka di John Dee, Anversa 1564. 17. La grotta degli Illuminati. Da Khunrath, Atnphitbeatrum sapientiae aeternae. 18. Il cabbalista-alchimista. Ibidem. 19. Il matrimonio dell'elettore palatino con la principessa Elisabetta. Stampa tedesca del 1613. Ashmolean Museum, Collezione Sutherland. .V 21. L'Aquila degli Asburgo trionfa su Federico che giace a terra'. IX 36. L'alchimia e la geometria. Ibidem. 37. L'uovo del filosofo. ' . . Ibidem. 38. Grotta artificiale del castello di Heidelberg: fontana decorata con rami di corallo. Da De Caus, Les raisons des forces mouvantes. 39. Pesca del corallo (la pietra filosofale). Emblema daìl'Atalanta fugiens di Maier. Da Daniel Stolck, Viridarium cbymicum, Francoforte 1624; è una ristampa del Tripus aureus di Michael Maier, Francoforte 1618. 41. Gli alchimisti (Thomas Norton, Abbot Cremer, Basii Valentine). Ibidem. 42. Il Collegio Invisibile della Confraternita della Rosa-Croce. Ibidem. Da Schweighardt, Speculum sophicum Rhodo-Stauroticum. 22. Sotto le ali dell'Aquila degli Asburgo trionfante. 43. Visione di un Leone trionfante. Ibidem. Da Cristoforo Kotter, Revelationes... ab anno 1616 ad annum 1624, in Lux in tenebris, 1657 (ed. del 166.5). 23. Sotto le ali di lehova. Frontespizio dello Speculum sophicum Rhodo-Stauroticum di. Theophilus Schweighardt, 1618. 24. Federico sulla Y di Pitagora. Stampa tedesca del 1621. British Museum, Gabinetto delle stampe. t 25. Frontespizio delVEmblematum ethico-politicorum centuria di JuJ lius Wilhelm Zincgref, Oppenheim 1619. 26-28. Il Leone palatino che vigila sul castello di Heidelberg. Emblemi da Zincgref, Emblematum ethico-politicorum centuria. '' 40. Il matrimonio del re e della regina alchimisti. 20. L'Aquila degli Asburgo e il Leone palatino sulla ruota della fortuna che gira. Stampa tedesca del 1621. Btitish Museum, Gabinetto delle stampe. ELENCO DELLE TAVOLE FUORI TESTO r , 29. La nube a forma di colonna che guida gli Israeliti. Ibidem. 44. Visione di un Leone con angeli e rose. Ibidem. 45. Ritratto di Federico V, re di Boemia, dipinto da Gerrit van Honthorst. National Portrait Gallery. 46. Ritratto di Elisabetta, regina di Boemia, dipinto da Gerrit van Honthorst. Ibidem. 47. La Fama della Royal Society. Frontespizio della History of thè Royal Society di Thomas Sprat, Londra 1667; disegno di John Evelyn, incisione di Vàclav Hollar. 30. Pagina della Chymiscbe Hochzeit Cbristiani Rosencreutz, Strasburgo 1616. 31. Pagina da The Hermetic Romance: or The Chymical Wedding, tradotto da Ezechiel Foxcroft, 1690. 32. Frontespizio deH'Utriusque cosmi bistorta di Robert Fludd, Oppenheim 1617, inciso da Jean Théodore de Bry. 33. Frontespizio del Viatorium, hoc est de montibus planetarum di Michael Maier, Oppenheim 1618. 34. Frontespizio dél'Atalanta fugiens di Michael Maier, Oppenheim 1617. 35. Seguendo le orme della natura. Emblema dalT'Atalanta fugiens di Maier. La cartina a p. 33 mostra la posizione del Palatinato all'inizio del xvn secolo. CI' Prerriessa all'edizione i ' <8sl /ÌJ»!' 'lìl . .li-ufi sante'! I I I Ji'iW / ' Sono veramente lieta che questo libro sia ora disponibile anche in Italia, dove i miei lavori hanno generalmente ricevuto una generosa accoglienza. I due miei libri già tradotti in italiano, Giordano Bruno e la tradizione ermetica (Laterza, Bari 1969) e L'arte della memoria (Einaudi, Torino 1972), si collegano con questo per il tema della tradizione ermetica che li percorre. E sebbene il presente lavoro possa apparire meno interessato degli altri alla problematica del Rinascimento italiano, in realtà ne esamina gli influssi - in particolare del suo periodo più tardo — quali penetrarono in varie forme in altri paesi d'Europa nel secolo xvn. Dopo la prima edizione inglese di questo volume ( 1973), altre questioni e altre possibilità di approfondimento dei temi qui affrontati mi sono state suggerite da nuove letture. Così, la traduzione inglese del fondamentale studio di Gershom Scholem, Sabbatai Sevi, thè Mystical Messiah (1973), mi ha portato a chiedermi se i mitici viaggi di Christian Rosenkreutz, descritti nel manifesto rosacrociano intitolato Fama, non contengano qualche riferimento al movimento cabbalistico sviluppatosi dopo l'espulsione degli Ebrei dalla Spagna nel 1492. Christian Rosenkreutz — si dice in quel testo era stato sospinto in Spagna, ma sviluppò un nuovo genere di Kabbalah in Oriente. Dobbiamo forse scorgere qui un'allusione allo sviluppo della Kabbalah luriana in Palestina dopo la cacciata dalla Spagna? Avanzo questa ipotesi - che ho già proposto in un articolo di rivista apparso quest'anno nell'eventualità che essa possa suggerire ad altri nuove linee di ricerca nello studio del problema dei Rosa-Croce. Per quel che riguarda il quadro storico in cui vanno inseriti i manifesti rosacrociani, può essere di qualche importanza XII PREMESSA ALL'EDIZIONE ITALIANA l'indicazione di Leibniz (Philosophische Schriften, I, ed. P. Ritter, 1930, p. 276) di aver sentito dire che la Fama era stata scritta da Joachim Jung. Ciò conforta la mia ipotesi che appunto Jung ne sia stato l'autore, e poiché egli fu una personalità di alto livello scientifico, i cui tentativi di costituire una società di dotti rimasero frustrati dalla guerra dei Trent'anni, l'indicazione confermerebbe la serietà del movimento che egli pensò di occultare sotto il fantasioso travestimento rosacrociano. Il capitolo dedicato agli intellettuali italiani e all'eco dei manifesti rosacrociani potrebbe certamente estendere le sue prospettive attraverso altre ricerche. Nella mia recensione alla recente edizione dell'Istoria del concilio indentino di Sarpi, curata da C. Vivanti (Einaudi, Torino 1974: cfr. «Rivista storica italiana», LXXXII, 1975, fase. 3), scrivevo che probabilmente Sarpi fu a conoscenza del movimento sviluppatosi nel Palatinato, grazie ai suoi contatti con Christian von Anhalt e Christoph von Dohna. L'inclusione di un lungo passo dell'opera di Traiano Boccalini, che a Sarpi fu per molti aspetti vicino, nel manifesto rosacrociano, non è stata ancora pienamente spiegata e può essere significativa per ciò che riguarda i rapporti non del tutto chiariti fra i movimenti di tendenza «liberale» a Venezia, in Germania e in Inghilterra. Nuove ricerche potranno arrecare altre testimonianze su tali rapporti: esiste una vera e propria miniera di materiali storici nella vasta collezione di documenti raccolti da Elias Ashmole, ancora inediti e conservati presso la Bodleian Library di Oxford. Proprio in questi giorni - troppo tardi, purtroppo, perché ne potessi affrontare l'esame ai fini di questa prefazione — mi è accaduto di trovare nelle carte Ashmole l'indicazione di una lettera di Boccalini a Giacomo I di Gran Bretagna dell'agosto 1612 (Bodleian Library, Ashmole 749; cfr. W. H. Black, Catalogne of thè Ashmolean Manuscripts, 1845, p. 357): potrebbe essere una traccia utile nella ricerca sui movimenti intellettuali del secolo xvn, ai quali - come viene indicato anche nel capitolo xiv di questo volume — Ashmole fu vivamente interessato. Ho trovato di mia piena soddisfazione la traduzione italiana di questo volume, che mi sembra renda perfettamente le mie idee e le mie ricerche su un tema arduo e non di rado oscuro. Sono molto grata, dunque, a Giulio Einaudi e ai suoi PREMESSA ALL'EDIZIONE ITALIANA XIII collaboratori per l'incoraggiamento che in tal modo hanno voluto dare al mio lavoro. Mi auguro sinceramente che esso possa contribuire, almeno in qualche misura, ad approfondire la consapevolezza delle comuni caratteristiche della civiltà europea, in un mutuo sforzo di cooperazione che mi sembra essenziale oggi per lo sviluppo intellettuale e morale del mondo in cui viviamo. FRANGES A. YATES Warburg Institute, Università di Londra, estate 1976. /' / li •HV T'Kì ìff i'» q ìv » > o». ! ,-, b - •-,' v, La profonda insoddisfazione per il mondo d'oggi, così largamente diffusa, ha alla base una diffidenza verso la scienza, per l'impressione che l'accresciuta conoscenza della natura da parte dell'uomo e la sua abilità nell'usare tale conoscenza come un potere, non lo abbiano guidato nella direzione giusta. Egli è divenuto prigioniero della tecnologia, ridotto, come essere umano, a una condizione di asservimento dagli imprevisti risultati della scienza applicata. Tale insoddisfazione ha dato origine al diffondersi della ricerca di valori religiosi, all'interesse per il mistero o l'«esoterico», nella speranza che ciò possa risospingere indietro verso un senso perduto del fine o del significato del mondo. I nuovi modi di affrontare la storia della scienza hanno rivelato che i progressi scientifici del Rinascimento e degli inizi dell'età moderna avvennero nell'ambito di uno straordinario movimento d'interesse religioso per il mondo della natura considerato quale manifestazione del divino, un movimento in cui influssi che oggi sarebbero definiti «ermetici» o «esoterici» ebbero una parte non trascurabile. Nel passato tali influssi vennero rigorosamente separati dalle tendenze giudicate veramente scientifiche o capaci di condurre a un genuino progresso della scienza. Se qualche traccia di quegli influssi era notata in qualche grande pensatore scientifico, veniva ignorata o tralasciata come priva d'importanza. Oggi appare sempre meno consigliabile separare gli elementi genuinamente scientifici elaborati dai pensatori del passato dal contesto della loro visione generale, da una parte della quale si sviluppò l'interesse scientifico. La parola «rinascimento» significa «rinascita» ed è significativa del modo in cui quel movimento fu inteso dagli stu- XVI INTRODUZIONE diosi e dai pensatori che lo crearono. Essi pensavano di stare rivivendo o ritornando verso tempi più antichi e migliori, non di stare abbandonando il passato per il futuro, ma vedendo il futuro come figlio del passato. La visione del tempo come movimento ciclico, da pure età dell'oro, attraverso età deteriori di bronzo e di ferro, incoraggiava a pensare che la ricerca del vero fosse di necessità una ricerca del passato e dell'antico, la cui purezza era stata perduta o corrotta. E questo un concetto scarsamente familiare per noi oggi, che ci affrettiamo verso un futuro in cui pensieri e valori precedenti sembrano destinati ad avere poco posto o a essere tralasciati. Eppure è un concetto con cui dobbiamo familiarizzarci se vogliamo capire come cominciarono i tempi moderni, come il tentato ritorno al passato fu in effetti un atto creativo capace di guidare verso il futuro. I pensatori e gli studiosi del Rinascimento aspiravano a tornare, o a ricreare nel loro presente, la civiltà dell'antichità classica. In tal modo crearono nuove forme d'arte, di pensiero e di cultura. Il ritorno ai modelli classici nella letteratura creò le letterature dell'Europa moderna. Il ritorno agli stili classici nell'architettura guidò all'architettura dell'Europa moderna. Oppure, per prendere un esempio meno noto, lo sforzo di riscoprire la musica degli antichi condusse alla creazione della nuova forma d'arte dell'opera. Così il movimento rinascimentale fu essenzialmente diretto al recupero del passato, al ritrovamento di un sapere che era andato perduto. Questo atteggiamento si ritrova in particolare nella ripresa di ciò che genericamente è chiamata «la tradizione ermetica» nel Rinascimento. Fu questo un tentativo di ritorno alle fonti della conoscenza creduta più antica della civiltà greca e romana. Dobbiamo qui cercare di dar rapidamente notizia di ciò che fu quella tradizione e perché fu chiamata «ermetica». II nome «Hermes Trismegistus», ossia «Ermete tre volte grande» venne riferito a un cospicuo numero di scritti greci, databili intorno al i e al il secolo dell'era volgare. O per meglio dire, i manoscritti veri e propri non possono essere datati prima di allora, sebbene il loro contenuto possa derivare da fonti e tradizioni precedenti. Il nome «Hermes Trismegistus » è mitico : è poco probabile che una persona del genere sia mai esistita, e certamente nessuno può essere stato autore INTRODUZIONE XVII di un cosi grande numero di opere come quello attribuitogli. Questi scritti hanno alcune caratteristiche comuni: riguardano ciò che genericamente è definito «scienze occulte», dalla astrologia all'alchimia, dalle virtù segrete delle piante e delle pietre usate in magia alla fattura di talismani, ecc. Oltre a questi trattati o prescrizioni, che vanno sotto il nome di Ermete, vi sono anche opere filosofiche a lui attribuite, in cui viene esposta una particolare filosofia religiosa della natura. Questa filosofia ha diversi ingredienti: in parte riflette la dottrina filosofica greca, in particolare quella platonica e stoica, che circolava nel mondo antico nei primi secoli dell'era volgare. Vi è certamente anche un influsso ebraico in essa. E secondo gli autori stessi dei trattati, «Ermete Trismegisto» fu in realtà un sacerdote egizio vissuto in tempi antichissimi e la filosofia da lui insegnata derivava dalle tradizioni segrete circolanti nei templi egizi. Questo hanno creduto — nei tempi antichi come nei moderni - gli occultisti, ma il fatto, quale è risultato dalla critica storica, è che tali opere non furono scritte in tempi di immemorabile antichità, bensì nei primi secoli dell'era volgare, e da diversi autori che usarono lo pseudonimo di «Ermete Trismegisto». Che in esse vi siano influssi egizi è possibile: i templi egizi erano ancora in funzione nella tarda antichità, quando essere furono redatte; ma si tratta di un punto ancora controverso fra gli studiosi. Alcuni negano ogni influsso egizio negli Hermetica; altri pensano che vi possano essere influssi egizi, mescolati ad elementi greci, ebraici e probabilmente persiani. Il grande ritorno, o renovatio, o rinascita della filosofia antica avvenne piuttosto tardi, in ciò che chiamiamo Rinascimento. I classici latini vennero recuperati per primi e guidarono il primo movimento umanistico. Poi i manoscritti delle opere di Platone e dei neoplatonici vennero da Bisanzio a Firenze, furono tradotti dal greco in latino, e quindi si sviluppò la filosofia neoplatonica rinascimentale in contrasto con l'aristotelismo che era stato dominante nel Medioevo. E insieme con i manoscritti di filosofia greca giunse allora, intorno al 1460, un manoscritto del Corpus hermeticum, una raccolta di trattati attribuiti a «Ermete Trismegisto». Credendo che si trattasse delle opere di un antico sacerdote egizio vissuto molto tempo prima di Platone, alla cui sapienza Pia- XVIII INTRODUZIONE tone e i Greci si fossero abbeverati, Cosimo de' Medici ordinò a Marsilio Ficino di tradurre il Corpus hermeticum prima di procedere alla traduzione delle opere di Platone. Le traduzioni latine del Ficino diffusero l'influsso della filosofia platonica nel Rinascimento e con essa si propagò l'influsso del Corpus hermeticum, creduto un'antica filosofia egizia di più profondo significato religioso che non la greca. Gli echi della Genesi individuati nei testi ermetici (e indubbiamente dovuti ad influssi ebraici sui loro autori) vennero giudicati come capaci di mostrare che «Ermete Trismegisto» era più antico di Mosè, ritenuto autore del libro biblico, mentre la menzione di un «figlio di Dio» in alcuni testi venne interpretata come un vaticinio dell'avvento di Cristo da parte dell'antico profeta egizio. Cosi una filosofia che era una sorta di culto religioso della natura, implicante pratiche magiche, venne diffusa entro il nocciolo del neoplatonismo in voga. Ebbe risultati rivoluzionari perché la filosofia ermetica diede all'uomo una posizione nell'universo diversa da quella che era prevalsa nel Medioevo. Collocò l'uomo in una posizione dominante, in quanto essere capace di operare sulla natura e di piegarla al suo volere. L'uomo ermetico ideale è un mago, un capo religioso in contatto con potenze angeliche e in grado, grazie alla sua miracolosa posizione («Quale grande miracolo è l'uomo! » esclama l'interlocutore di un dialogo ermetico), di realizzare grandi operazioni. La magia, messa al bando nel Medioevo, venne incoraggiata nell'atmosfera del neoplatonismo rinascimentale, con il suo nocciolo ermetico. Ma la magia ermetica non era stregoneria volgare: la tradizione ermetica era una tradizione intellettuale e filosofica, con alcuni elementi magici, che incoraggiava il volgersi al mondo per investigarne i segreti, come dovere religioso. In questo la tradizione ermetica è in contatto con il sorgere della scienza. I primi grandi scienziati erano profondamente religiosi e la tradizione ermetica incoraggiò il volgersi al mondo con spirito reverente, ma anche indagatore, come aspetto della religione. Inoltre incoraggiò l'uomo a usare i propri poteri per il dominio della natura. L'uomo come grande miracolo operante attraverso la sua conoscenza magica aprì la via all'uomo come grande miracolo capace di agire mediante la sua conoscenza scientifica. Il mago del Rinasci- INTRODUZIONE XIX mento è l'immediato predecessore dello scienziato religioso del secolo xvn. Uno dei più importanti trattati ermetici, noto come VAsclepius, era noto in traduzione latina anche nel Medioevo. Il recupero degli altri Hermetica e la loro traduzione latina da parte del Ficino concentrarono un'accresciuta attenzione su quell'opera e sulle sue descrizioni della presunta magia religiosa egizia. Ficino ne fu affascinato e recenti analisi di studiosi dell'opera ficiniana De vita coelitus comparanda (1489) hanno mostrato come egli abbia largamente attinto dall'Asclepius. Così Ficino contribuì con i suoi scritti a diffondere la visione ermetica e la magia ermetica. Ficino, da quel devoto cattolico che era, non aveva alcuna intenzione di sovvertire con le sue dottrine la religione; al contrario, cercò di sviluppare una teologia platonica che non solo avrebbe dovuto inglobare la nuova visione filosofica, ma anche dare nuovo vigore alla religione. La sua fede in «Ermete Trismegisto» come veggente che aveva vaticinato l'avvento del cristianesimo, lo spinse a cercare di conciliare le dottrine ermetiche con la religione cristiana. Contemporaneo alla riscoperta e ripresa ficiniana della filosofia e della magia ermetica fu l'entusiasmo di Fico della Mirandola per la Kabbalah. Come per «ermetismo», questo è un termine di cui si è abusato e di cui si è fatto uso non meno generico. Kabbalah è una tradizione del misticismo ebraico, mirante, come le dottrine ermetiche, a raggiungere alte sfere di introspezione e illuminazione, adoperando la lingua e l'alfabeto ebraico a fini contemplativi e talvolta per scopi di magia religiosa, chiamata anche «Kabbalah pratica». Fico credeva che fosse giunta una nuova era per l'umanità e che i poteri attribuiti all'uomo da Ermete Trismegisto stessero per rinascere. La sua famosa orazione De hominis dignitate (1487)5! apre con la citazione ermetica sull'uomo «magnum miraculum» e ne sviluppa il tema in un peana in onore dell'uomo e dei suoi poteri. Con questa orazione l'idea rinascimentale dell'uomo come mago è pienamente affermata. Le tradizioni della «magia» ermetica e della «Kabbalah» ebraica furono unite da Fico e dilagarono per l'Europa a partire dai tempi di Fico. Una guida a queste dottrine venne fornita da Heinrich Cornelius Agrippa nel suo De occulta philosophia (1533), che esercitò una larga influenza. Il suo libro XX INTRODUZIONE è fondato in gran parte sugli scritti ermetici, da lui spesso citati, e sulla interpretazione che ne aveva dato Ficino. Per i più elevati livelli della magia religiosa e angelica egli fece ricorso alla Kabbalah. L'universo è diviso in tre mondi, dice Agrippa, il mondo elementare, il mondo celeste e il mondo intellettuale. Ogni mondo riceve influssi dal mondo ad esso superiore, cosicché la virtù del Creatore discende, per il tramite degli angeli, sul mondo intellettuale, alle stelle nel mondo celeste e di qui agli elementi terrestri e a tutte le cose da questi composte. I maghi pensano di poter fare il medesimo progresso verso l'alto, e attrarre le virtù del mondo superiore manipolando quelli inferiori. Essi cercano di scoprire le virtù del mondo elementare attraverso la medicina e la filosofia, le virtù del mondo celeste mediante l'astrologia e la matematica, e per quel che riguarda il mondo intellettuale essi studiano le sante cerimonie della religione. L'opera di Agrippa è composta di tre libri corrispondenti a tali divisioni, che - dice - corrispondono alla divisione della filosofia in fisica, matematica e teologia. Solo la magia le include tutte e tre. È necessario sottolineare che, sebbene questo modo di considerare le cose sia basato su una visione astrologica del mondo, sfugge al determinismo astrologico. Il mago crede di possedere il potere di controllare e canalizzate gli influssi delle stelle a suo piacere. Sebbene l'operare del mago possa apparirci stranamente poco familiare, esso raggiunge talvolta ciò che chiamiamo scienza, per quanto muova da un proprio punto di vista. La sua matematica o la sua meccanica possono essere usate con intenzioni magiche, tuttavia sono un passo verso lo sviluppo di quelle scienze. Stranamente importante in tale visione delle cose era la credenza del mago di poter apprendere, attraverso l'evocazione degli angeli compiuta con le tecniche della «Kabbalah pratica», i segreti della natura. E questi tentativi di raggiungere il mondo angelico comportano intonazioni fortemente religiose e aspirazioni alla riforma religiosa. Il movimento iniziatosi nella cattolica Italia prima della Riforma, assorbi più tardi, muovendo al Nord, elementi riformatori. Il Rinascimento pose la magia su nuove basi, sollevandola dalla posizione disprezzata che essa aveva avuto nel Me- INTRODUZIONE XXI dioevo, conferendo dignità al mago e un'autorità in qualche modo religiosa. Il Prospero di Shakespeare è il ritratto di un mago rinascimentale, capace di operare mediante i suoi poteri evocatori, pieno di dignità morale, dotato di un carattere che può avvicinarlo a un riformatore in quanto libera l'isola dagli influssi diabolici. Un altro elemento della tradizione ermetica rinascimentale fu la rinascita dell'alchimia. L'alchimia era sempre stata considerata una scienza ermetica; molti dei primi trattati di alchimia vennero attribuiti a «Ermete Trismegisto», compresa la famosa Tavola smaragdina, la bibbia degli alchimisti, che presenta la filosofia ermetica della natura in forma misteriosamente concisa. Quantunque noi colleghiamo l'alchimia con il preciso scopo di fabbricare oro, essa concerneva il problema scientifico della trasmutazione delle sostanze come un tutto, e ciò includeva per un pio alchimista, la trasformazione spirituale e morale. Il principale esponente della nuova alchimia fu Paracelso (1490-1541). La materia primordiale di Paracelso, la base del suo pensiero alchimistico, è connessa con Pinterpretazione ermetica e cabbalistica della natura, e subì fortemente l'influsso di Ficino e della magia ficiniana. La fase più tarda della tradizione ermetica, in cui l'alchimia e la medicina di Paracelso si mescolano con altri elementi, può essere definita approssimativamente fase « rosacrociana». Per parte mia, uso il termine «rosacrociano» per un certo modo di pensare che è riconoscibile storicamente, senza sollevare il problema se i pensatori di tipo rosacrociano appartenessero a una società segreta. La tradizione ermetica crebbe in importanza e influenza nel corso dei secoli xvi e xvn, nonostante avesse decisi oppositori. Molti temevano la magia. In quale misura la caccia alle streghe si intensificasse in questo periodo per l'ostilità alla magia è un problema ancora arduo da affrontare. I teologi ortodossi erano infastiditi per la sua mancanza di precisione dottrinale. I filosofi ortodossi di tradizione aristotelica la disapprovavano energicamente. Un altro importante gruppo di critici era costituito dai dotti umanisti, che scoprirono la falsa datazione dei suoi testi sacri. Il principale fra questi fu Isaac Casaubon, che nel 1614 rilevò per la prima volta in dodici secoli che, se poteva essere esistito un uomo chiamato Ermete Trismegisto nei tempi della veneranda XXII INTRODUZIONE antichità, gli Hermetica non potevano essere stati scritti da questo personaggio. Casaubon provò che i testi erano stati scritti nei primi secoli dell'era volgare. Tuttavia questa indagine critica ebbe assai scarso effetto e in qualche modo il primo Seicento, dopo Casaubon, è il periodo in cui l'influenza ermetica giunse al suo apice. Sebbene lo storico d'oggi debba fare uso molto attento dei suoi metodi critici nello studio di tali problemi, non può non riconoscere l'importanza estrema, per la storia del pensiero, del predominio delle tradizioni ermetiche, inserito nel neoplatonismo rinascimentale con il suo nucleo ermetico e cabbalistico. La visione delle cose come un tutto comportava un intenso interesse per il numero e per le teorie dell'armonia cosmica, nonché un accresciuto interesse per Gastrologia con cui era collegata una genuina ricerca astronomica. E se si aggiunge a questa complessa corrente di influssi l'espansione dell'alchimia in nuove forme è impossibile negare che queste furono le forze del Rinascimento che volsero le menti umane nella direzione oltre la quale sarebbe giunta la rivoluzione scientifica. Fu questa la tradizione che abbattè Aristotele in nome di un universo unificato, entro il quale regnava una legge, la legge dell'animismo magico. Fu questa la tradizione che aprì la via al trionfo del secolo xvii. È ora divenuto normale studiare i grandi pensatori del passato, non solo esaminando le vie in cui la loro opera si volge verso i progressi futuri, ma anche ricercando elementi del loro pensiero precedentemente trascurati come privi d'importanza storica. Un esempio notevole di questo mutato atteggiamento è rappresentato dal caso di Giordano Bruno. Salutato una volta come il primo filosofo moderno che si era aperto un varco dal Medioevo ai tempi moderni per la sua audace accettazione dell'eliocentrismo copernicano, Bruno è stato indicato come profondamente imbevuto di influssi ermetici, portato ad accettare il movimento della terra in quanto esso si accordava con la sua filosofia di animismo magico. Lo stesso Copernico ricorda Ermete Trismegisto a proposito del sole, quando presenta il suo decisivo diagramma che mostra il sole al centro dell'universo. La filosofia di Francis Bacon era fortemente influenzata dalla tradizione ermetica: egli si colloca al punto di svolta in cui l'idea rinascimentale di mago cede il passo all'idea dello scienziato. Keplero è l'esempio di una INTRODUZIONE XXIII figura di grande importanza nel progresso della scienza, che conserva tuttavia molti vincoli con la visione magica del mondo. E le carte inedite di Isaac Newton hanno rivelato quanto fosse profondamente implicato con l'alchimia. L'approccio storico alla tradizione ermetica è distorto se compiuto dal punto di vista degli occultisti moderni, che hanno ereditato solo forme degradate di idee, isolate dal loro contesto della storia del pensiero come un tutto. In buona parte del mio lavoro mi sono prefissa lo scopo di cercare di aprire a serie ricerche quelle aree del pensiero del passato che troppo a lungo erano state un fortunato terreno di caccia per l'occultismo a sensazione. Nel mio libro Giordano Bruno and thè Hermetic Tradition ho cercato di tracciare la storia delle idee ermetiche nel Rinascimento e di mostrare la loro importanza per la comprensione di un famoso filosofo. In Theatre of thè World mi sono occupata di John Dee, disdegnato nel secolo xix come ridicolo ciarlatano, ma riscoperto dal secolo xx come un significativo mago del Rinascimento, la cui prefazione a Euclide, pubblicata nel 1570, espone alcuni precetti per il progresso della scienza attraverso lo sviluppo della matematica. Peraltro l'intensa dedizione di Dee agli studi matematici si colloca in una visione magica del mondo, in cui egli invoca Ermete Trismegisto e cerca di evocare gli angeli mediante la «Kabbalah pratica». Quest'opera, The Rosicrucian Enlightenment, è un tentativo di definire storicamente un'area confusa in cui studi vagamente «occulti» hanno finora predominato. Il «rosacrocianesimo» ci appare dotato di precise radici storiche, che collegano i manifesti rosacrociani pubblicati in Germania con John Dee. C'è da sperare che questo possa essere l'inizio di serie ricerche in un'area della storia del pensiero troppo a lungo trascurata. Le linee della ricerca qui esposte conducono dal «rosacrocianesimo» alla Royal Society, aprendo la via a zone di vita fantastica e religiosa che riguardano lo sviluppo delle arti e della scienza. L'importanza per Goethe della visione ermetica generale qui descritta è ovvia, e nel mio lavoro Shakespeare's Lasf Plays. A New Approach appare chiaro che anche Shakespeare non era estraneo alla tradizione ermetica nella sua fase rosacrociana, con i suoi importanti sviluppi religiosi. Perché, se la storia della scienza ha bisogno di essere vista XXIV INTRODUZIONE nel contesto della storia della tradizione ermetica, lo stesso vale per la storia religiosa. In effetti i temi discussi in questo libro stanno al punto nodale di quelle preoccupazioni per la scienza e la religione che sono d'importanza tanto fondamentale ai nostri giorni. Prefazione FRANCES A. YATES 1974. II titolo di quest'opera può dare origine a qualche equivoco. Il termine «rosacrociano» può indurre a pensare si tratti di un libro su coloro che, oggi, compiono ricerche nell'ambito delle varie forme di occultismo. «Illuminismo» può far pensare che si tratti invece di un libro sul periodo noto anche come Aufklàrung, quando la luce della ragione trionfa sulle tenebre della superstizione, con Voltaire, Diderot e i filosofi del secolo xvin. L'accostamento dei due termini sembra costituire una contraddizione insanabile, rappresentando essi due tendenze contrapposte: l'una verso strane forme di superstizione, l'altra verso un'opposizione critica e razionale alla superstizione. Come può un Rosacroce essere illuminista? Il fatto è che uso il termine «rosacroce» nel senso storico rigorosamente determinato, mentre non adopero il termine «Illuminismo» nel senso storico consueto rigorosamente determinato. Il periodo di cui si occupa questo libro è quasi esclusivamente l'inizio del secolo xvn, sia pure con qualche digressione ad avvenimenti precedenti e posteriori. Esso riguarda alcuni documenti pubblicati in Germania nei primi anni del Seicento, generalmente conosciuti come «manifesti rosacrociani», e l'inquadramento storico di questi documenti. I movimenti successivi che si sono autodefiniti «rosacrociani», compreso quello attuale, ne sono del tutto esclusi. Poiché questi documenti o manifesti affermano l'imminenza di nuovi progressi della conoscenza umana, il mio titolo è storicamente corretto. Ci fu, in effetti, un movimento agli inizi del secolo xvn che può essere chiamato « Illuminismo rosacrociano», e tale è il soggetto di questo libro. «Rosacrociano», in questo senso puramente storico, rappresenta nella storia della cultura europea una fase interme- XXVI PREFAZIONE dia fra il Rinascimento e la cosiddetta rivoluzione scientifica del secolo xvii. Si tratta di una fase in cui la tradizione rinascimentale ermetico-cabbalistica ha subito l'influsso di un'altra tradizione ermetica, quella dell'alchimia. I «manifesti rosacrociani» sono un'espressione di questa fase, se è vero che rappresentano la combinazione di «magia, Kabbalah e alchimia», l'influenza che crea il nuovo Illuminismo. Nel mio libro Giordano Bruno and thè Hermetic Tradition (1964) ho cercato di delineare la tradizione ermetica del Rinascimento, dalla sua formulazione in Italia da parte di Marsilio Ficino e di Fico della Mirandola in poi. Ben lungi dal perdere il suo vigore agli inizi del secolo xvn - come credevo quando scrivevo quel libro - o dal perdere il suo influsso sui movimenti culturali più importanti, mi rendo conto che in realtà essa rifiorì al principio del secolo xvn, che vi furono manifestazioni vivaci di essa in nuove forme, che avevano subito l'influsso dell'alchimia e che furono particolarmente importanti per lo sviluppo dell'approccio matematico alla natura. Una delle più importanti figure «rosacrociane» fu John Dee, che - come scrivevo in un articolo del 1968 - «si può senza dubbio collocare storicamente come un mago rinascimentale di tardo tipo rosacrociano». Nel mio libro Theatre of thè World (1969) ho sottolineato l'importanza dell'influsso di Dee sul Rinascimento elisabettiano, mentre Peter French, nel suo eccellente lavoro John Dee (1972), ha colmato una grande lacuna negli studi sul Rinascimento esaminando sistematicamente l'opera di Dee e il suo influsso in Inghilterra. Dee apparteneva in pieno alla tradizione ermetica del Rinascimento, aggiornata secondo nuovi sviluppi e da lui stesso estesa in nuove e importanti direzioni. Brillante matematico, collegò il suo studio del numero con i tre mondi dei cabbalisti. Nel mondo inferiore degli elementi studiò il numero come tecnologia e scienza applicata, e la sua prefazione a Euclide offrì una brillante rassegna delle scienze matematiche in generale. Per quel che riguarda il mondo celeste, il suo studio del numero si ricollegava all'astrologia e all'alchimia, e nella sua Monas hieroglyphica riteneva di avere scoperto la formula di una scienza che combinava la Kabbalah, l'alchimia e la matematica, consentendo a chi la padroneggiava di salire e scendere la scala dell'essere, dalle più basse alle più alte PREFAZIONE XXVII sfere. Nella sfera sovraceleste Dee credeva di avere scoperto il segreto per evocare gli angeli con computi numerici secondo la tradizione cabbalistica. Dee, quindi, come «Rosa-Croce», è una tipica figura di mago tardo-rinascimentale, che combinava «magia, Kabbalah e alchimia» per raggiungere una visione del mondo in cui una scienza progredita era stranamente mescolata con l'angeologia. La straordinaria e influente attività di Dee nell'Inghilterra elisabettiana si concluse nel 1583, quando lasciò l'Inghilterra per il continente, dove esercitò un influsso particolarmente vigoroso nel promuovere nuovi movimenti nell'Europa centrale. Questa fase della carriera di Dee, la seconda fase o fase continentale, non è ancora stata studiata sistematicamente e resta ancora nell'ambito delle congetture. Sembra che Dee, in Boemia, fosse a capo di un movimento non solo alchimistico, ma di riforma religiosa, la cui natura non è stata ancora oggetto di una ricerca approfondita. La nostra conoscenza del mondo culturale che circondava l'imperatore Rodolfo II, e in cui venne a inserirsi la missione di Dee, è ancora estremamente lacunosa e attendiamo la pubblicazione dell'importante studio dedicato da Robert Evans a questo argomento. Questo libro - e per parte mia desidero fortemente sottolinearlo - è fondamentalmente uno studio storico. È dedicato a questa fase «rosacrociana» del pensiero, della cultura e della religione, ma lo sforzo principale è volto a individuare i tramiti storici attraverso i quali tale fase si è articolata. Questi tramiti sono rimasti bloccati e nascosti dalla scomparsa dalla storia di un periodo storico della massima importanza. È vero che abbiamo appreso dai nostri manuali di storia che la principessa Elisabetta, figlia di Giacomo I, sposò Federico V, elettore palatino del Reno, il quale, alcuni anni dopo, compì il temerario tentativo di assicurarsi il trono di Boemia, tentativo conclusosi con un vergognoso fallimento. Il «re e la regina d'inverno» di Boemia - come vennero chiamati per scherno — fuggirono da Praga dopo la disfatta del 1620, e trascorsero il resto della loro vita da esuli caduti in miseria, avendo perduto sia il Palatinato, sia la Boemia. Ma ciò che è come scivolato fuori dalla storia è il fatto che a questo episodio era connessa una fase di cultura «rosacrociana», che i «manifesti rosacrociani» avevano un legame con questi avve- XXVIII PREFAZIONE nimenti, che i movimenti promossi da John Dee in Boemia negli anni precedenti erano alla base di quei manifesti, che il breve regno di Federico e di Elisabetta nel Palatinato fu una età dell'oro ermetica, alimentata dal movimento alchimistico che faceva capo a Michael Maier, dalla Monas hieroglyphica di Dee e da tutto ciò che questo implicava. Privato dell'appoggio di Giacomo I il movimento si dissolse, ma la sua ricostruzione storica è una premessa indispensabile per delineare il sopravvivere del «movimento rosacrociano» ancora verso la fine del secolo xvn. La ricostruzione, mediante il metodo della critica storica, di questa fase del pensiero e della storia d'Europa sottrarrà - è auspicabile - questo argomento alla sfera degli studi acritici e vagamente «occultistici», per farne un valido e importante campo di ricerca. Come ricerca d'avanguardia, questo libro conterrà senza dubbio errori, che gli studiosi futuri potranno correggere. Gli strumenti per affrontare questo problema sono ancora rudimentali, e si è ostacolati a ogni passo dalla mancanza di un preciso lavoro bibliografico. La maggior parte della letteratura sul «rosacrocianesimo» è inutilizzabile da parte del critico storico, se non come mezzo per reperire materiale originale. Le opere di A. E. Waite appartengono a una diversa categoria, e ne ho fatto largo uso anche se - come ha notato G. Scholem - quest'opera certo apprezzabile è inficiata dalla mancanza di senso critico. Il libro di Paul Arnold mi è stato utile per la notevole quantità di materiale raccolto, quantunque esso vi sia presentato in modo assai confuso. Lo studio di Will Erich Peuckert è fondamentale per l'ambiente tedesco. Questi libri e gli altri citati nelle note mi sono stati assai utili, anche se il tentativo compiuto in questo lavoro, di collegare il rosacrocianesimo con la situazione del tempo, si colloca su linee affatto nuove. Come ho detto, ho tralasciato completamente la storia più recente del cosiddetto «rosacrocianesimo», e le curiose stravaganze in cui è stato coinvolto l'uso di questo termine. Forse oggi sarebbe possibile chiarire questa storia più recente, ma non tenterò di farlo: si tratta di un problema a sé, di un argomento diverso, anche se si possono rintracciare sopravvivenze iconografiche del primo periodo, per esempio in un'opera come Geheime Figuren der Rosenkreuzer, pubblicata a Altona nel 1785. Che cosa però rappresentino queste immagini in PREFAZIONE ' XXIX quel contesto più tardo dovrebbe essere oggetto di ulteriori ricerche. Per non uscire dai limiti prefissati a questo lavoro, è stato necessario ridurre o omettere molto materiale e resistere alla tentazione di rivoltare ogni pietra, o di seguire ogni strada che si dirama fuori da questo argomento essenziale. L'argomento è essenziale perché, fondamentalmente, si riferisce a uno sforzo verso l'illuminazione: e nel senso di visione e in quello di illuminismo, inteso come progresso del sapere intellettuale e scientifico. Sebbene io non sappia esattamente che cosa fosse un Rosa-Croce, né se ne siano mai esistiti, il dubbio e l'incertezza che assalgono chi indaga sugli invisibili Fratelli Rosa-Croce, sono di per sé i compagni inevitabili della ricerca dell'Invisibile. L'argomento di alcuni dei primi capitoli di questo libro costituisce il nucleo di una lezione su Giacomo I e il Palatinato: un capitolo dimenticato nella storia dette idee, tenuta a Oxford nell'ottobre del 1970, nell'ambito della James Ford Special Lecture in English History. L'incoraggiamento, generosamente datomi da H. Trevor-Roper in quella occasione, mi ha aiutato ad affrontare il libro. Come sempre, il Warburg Institute è stato per me il sostegno più importante, il mio punto di riferimento più sicuro, e sono profondamente grata al suo direttore e a tutti i cari amici dell'Istituto. D. P. Walker ha letto molto gentilmente la prima stesura del manoscritto e ho avuto con lui molte preziose discussioni intorno ad alcuni argomenti. Jennifer Montague e il personale della Photographic Collection sono stati un valido aiuto nel reperire le fotografie per le illustrazioni. Devo a Michael Evans il disegno della cartina inserita nel testo. Peter French mi ha gentilmente concesso, con il consenso degli editori, di consultare le bozze impaginate del suo libro su Dee, prima della pubblicazione. Al personale della London Library porgo i miei più sinceri ringraziamenti. Ho ricevuto anche cortese aiuto dal personale della Williams Library, e rivolgo il mio grazie ai direttori della National Portrait Gallery, dell'Ashmolean Museum e del British Museum per il consenso a riprodurre ritratti ed incisioni. Il direttore della Wùrttemberg Landesbibliothek PREFAZIONE XXX di Stoccarda ha concesso l'autorizzazione per il microfilm di un manoscritto. I passi tratti da E. A. Beller, Caricatures of thè «Winter King» of Bohemia, 1928, sono stati citati con il consenso della Clarendon Press, Oxford. Questo libro appartiene alla serie iniziata con Giordano Bruno and thè Hermetic Tradition. Per tutto il tempo in cui sono stata impegnata nella stesura di questi libri, mia sorella mi ha aiutato in innumerevoli modi. Il suo costante aiuto pratico, il suo continuo incoraggiamento, la sua intelligente comprensione e il suo vigile senso critico hanno reso possibile questo lavoro. FRANCES A. YATES . Warburg Institute, Università di Londra. •f . ' J i >"ì iliìl >'•>•' X' ; i • • , "'ti •- i Vr'» ' 1 l'/x n , !?'. . « '"' W. 'V I . O T Ì L'Illuminismo dei Rosa-Croce Capitolo primo Nozze regali: il matrimonio della principessa Elisabetta con l'elettore palatino Nella vecchia Europa un matrimonio regale costituiva un avvenimento diplomatico di primaria importanza e le feste nuziali erano l'affermazione di un indirizzo politico. Così, per il matrimonio della principessa Elisabetta, figlia di Giacomo I, con Federico V, elettore palatino del Reno, celebrato nel febbraio del 1613, vennero profusi tutti i tesori del Rinascimento inglese, e Londra esultò felice di un evento che sembrava continuare l'età elisabettiana attraverso l'unione fra una nuova, giovane Elisabetta e il capo dei protestanti tedeschi, nipote di Guglielmo il Taciturno. La linea politica precedente, quella dei tempi della vecchia regina era, infatti, implicita in questo felice evento. Elisabetta I era stata il sostegno dell'Europa contro l'aggressione asburgica, alleata con la reazione cattolica: in politica estera aveva appoggiato i Paesi Bassi ribelli e il loro capo, nonché i protestanti di Germania e di Francia. Idealmente aveva rappresentato nel campo religioso un imperialismo riformato e purificato, espresso simbolicamente nel nome di Astrea - la vergine giusta dell'età dell'oro - che i suoi poeti le avevano attribuito '. C'era qualcosa di piccante nel fatto che la giovane Elisabetta, a differenza della vecchia vergine elisabettiana, stesse per cementare questa politica religiosa con un matrimonio. La corte si rovinò con enormi spese in abiti, gioielli, spettacoli e feste per queste nozze. Venne anche riunito un tesoro di genio e di poesia per gli spettacoli programmati in onore di questa fortunata coppia. Shakespeare viveva ancora, 1 Cfr. il mio articolo, Queen Elizabeth as Astraea, in «Journal of thè Warburg and Courtauld Institutes», x (1947), pp. 27-82, e ora in F. A. YATE&, Astraea. The Imperiai Theme in thè Sixteenth Century, London 1975. 4 . CAPITOLO PRIMO proprio a Londra; il Globe Theatre non era ancora andato distrutto dal fuoco; Inigo Jones stava perfezionando il masque di corte2; Francis Bacon aveva pubblicato The Advancement of Learning. Il Rinascimento inglese, già a un alto grado di splendore, si stava sviluppando nella nascente promessa intellettuale del nuovo secolo. Ma sarebbe stato possibile sviluppare pacificamente questa promessa, o sarebbero sopraggiunti disastri? I presagi non erano fausti. La guerra fra la Spagna e i Paesi Bassi era finita con una tregua, che sarebbe spirata nel 1621. Le forze della reazione cattolica si preparavano a un nuovo assalto contro l'eresia, un obiettivo collegato con l'espansione della Casa d'Asburgo. Gli avversari di questa erano dappertutto all'erta. La maggior parte delle persone bene informate riteneva che la guerra fosse inevitabile e che sarebbe scoppiata in Germania. Ombre oscure incombevano dunque sugli splendori di quelle nozze, e questi giovani affascinanti e innocenti, Federico ed Elisabetta (tav. i), si sarebbero trovati entro pochi anni nel centro del ciclone. Il giovane principe tedesco sbarcò a Gravesend il 16 ottobre 16123. Bello e di gentile aspetto, produsse buona impressione sulla corte, sul popolo e sulla futura sposa. Federico ed Elisabetta si innamorarono veramente l'uno dell'altra e il loro romanzo d'amore avrebbe resistito a tutte le vicissitudi2 \_Masque o mask (dal francese masque, «maschera»): intrattenimento misto, senza trama definita, talvolta con personaggi umani, introdotti come contrasto e diversivo. Discende probabimente dai mummings e dai disguisings, eseguiti già nel xiv secolo durante le feste di corte (ingresso di persone in costume che danzavano ed invitavano i presenti a unirsi alla danza e a giocare a dadi). Questa consuetudine sembra aver origine rituale, collegata a cerimonie di benedizione della casa e dei suoi abitanti. Probabilmente all'inizio del xv secolo questo ingresso di maschere viene preceduto da una specie di prologo. Sembra che il termine maske (per definire questa forma di svago) sia stato adottato verso il 1513, mentre la variante masque è posteriore (compare verso la fine del secolo e viene adottata da Ben Jonson). Nel 1500 e nel secolo seguente si sviluppa assumendo una precisa forma artistica e si arricchisce delle nuove mode continentali (balletto, ingegni scenici). Elementi essenziali di un masque tipico sono le danze in costume, la musica, i versi, il saluto rivolto agli spettatori o alla persona più eminente tra questi. Tra gli autori più famosi: B. Jonson, per azioni sceniche e versi; J. Dowland, per le musiche ed Inigo Jones, per le scenografie (egli s'ispirò a rappresentazioni della corte medicea)]. 3 Per una relazione esauriente sugli avvenimenti, sul cerimoniale e i festeggiamenti in occasione del fidanzamento e del matrimonio di Federico ed Elisabetta, cfr. j. NICHOLS, The Progresses of James I, voi. II, 1826. NOZZE REGALI 5 ni future. La gioia del periodo di fidanzamento fu guastata dalla malattia e dalla morte del fratello della sposa, Enrico, il principe di Galles. Quantunque giovane, il principe Enrico si era già fatto notare come un capo, come il possibile successore di Enrico IV di Francia (assassinato nel 16io), nel ruolo di rappresentante dell'opposizione alla potenza degli Asburgo. Enrico aveva pensato di accompagnare la sorella in Germania, di scegliersi in quel paese una moglie, e si diceva concepisse vasti disegni per porre fine «alle controversie Religiose» ". La sua morte improvvisa e prematura eliminò l'influsso che egli certo avrebbe esercitato su suo padre nell'interesse di sua sorella e del marito di questa. Tuttavia questo funesto avvenimento non ostacolò a lungo i divertimenti della corte, pur provocando il rinvio delle nozze. Elisabetta amava il teatro e aveva una propria compagnia di attori, i Lady Elizabeth's Men, che organizzarono spettacoli per lei e per il suo promesso sposo5. Intorno a Natale, i King's Men - la compagnia di Shakespeare - diede venti spettacoli a corte. John Heminges, che più tardi sarebbe stato il coeditore, con Henry Condell, della prima edizione in folio delle opere di Shakespeare, ricevette un compenso per aver rappresentato dinanzi a Lady Elisabetta e al principe palatino una serie di spettacoli, fra cui Molto rumore per nulla, Otello, Giulio Cesare e La tempesta6. Qualcuno ha suggerito che il masque sia stato aggiunto alla Tempesta per renderla consona alla rappresentazione davanti alla coppia principesca, forse nella notte in cui venne annunciato il fidanzamento, il 27 dicembre 16127. Non vi sono prove per sostenere questa interessante ipotesi, a parte il fatto che questo dramma (che ha per argomento la storia d'amore di una principessa isolana e contiene un masque nuziale) fu una delle opere di Shakespeare che si sapeva rappresentata davanti a Federico e ad 4 s 6 NICHOLS, The Progresses of James I cit., voi. II, p. 474 nota. E. K. CHAMBERS, Elizabethcm Stage, voi. II, p. 248. ID., William Shakespeare, Clarendon Press, Oxford 1951, voi. II, p. 343. 7 La tempesta fu rappresentata per la prima volta nel 1611. Alcuni studiosi hanno sostenuto l'ipotesi che il masque nuziale sia stato aggiunto alla stesura originale della commedia in occasione della rappresentazione davanti a Federico ed Elisabetta. Cfr. The Tempest, ed. F. Kermode, Arden Shakespeare, 1954, pp. xxi-xxii. Elisabetta, i quali, in questo momento «comico» della loro storia - «comico» nel senso che le loro vite paiono allora una commedia a lieto fine — hanno intorno a sé una certa aura di eroe ed eroina shakespeariani. Come necessario complemento alla condizione di marito della figlia del re di Gran Bretagna, l'elettore palatino (o Palsgrave, come venne chiamato negli annali inglesi) fu insignito dell'Ordine della Giarrettiera. Federico e suo zio, Maurizio di Nassau, furono eletti membri dell'Ordine il 7 dicembre, e il 7 febbraio, una settimana prima delle nozze, il Palsgrave ricevette l'investitura in forma solenne a Windsor8. Un san Giorgio tempestato di gioielli - il pendente di san Giorgio e il drago del gran collare dell'Ordine - fu donato dal re al futuro genero, e anche la sua fidanzata gli fece omaggio di un san Giorgio ', probabilmente un Giorgio Minore, ossia la versione più piccola del pendente, montato su un nastro, per le occasioni in cui non venivano indossate tutte le insegne dell'Ordine. Il significato del tutto particolare attribuito all'Ordine della Giarrettiera rientrava ancora una volta nella tradizione elisabettiana. Durante il regno di Elisabetta c'era stata una grande ripresa dell'Ordine, delle sue cerimonie e processioni, e dei suoi principi morali; la regina se ne era servita per riunire i nobili al servizio della Corona10. Come cavaliere della Giarrettiera, il Palsgrave doveva militare sotto la bandiera della Croce Rossa di San Giorgio per sostenere le cause che l'Ordine difendeva: combattere il Drago del Male e difendere il sovrano. La storia di san Giorgio e del drago e delle sue romantiche avventure per raddrizzare i torti e difendere gli oppressi, furono celebrate con uno spettacolo pirotecnico offerto dai cannonieri del re poco prima delle nozze, la notte dell'11 febbraio. Un resoconto a stampa descrive ampiamente questi fuochi artificiali ", che sono anche illustrati in un manoscritto 8 9 NICHOLS, The Progresses of James I cit., voi. II, p. 512. M. A. EVERETT GREEN, Elizabeth Electress Palatine anà Queen of Bobemia, edizione riveduta, London 1909, p. 47. 10 Cfr. E. YATES, Elizabethan Chivalry: The Romance of thè Accession Day Tilts, in « Journal of thè Warburg and Courtauld Institutes », xx ( 1957), pp. 4-24; R. e. STRONG, Queen Elizabeth and thè Order of thè Carter, in « Archaeological Journal», CXLX (1964), pp. 245-69. 11 NICHOLS, The Progresses of James I cit., voi. II, pp. 527-35, 536-41. conservato presso il British Museum ". Una regina, prigioniera di un negromante, veniva liberata dal grande campione del mondo, san Giorgio. Una scena realizzata con i fuochi d'artificio mostrava il campione mentre attraversava il ponte tra il padiglione della regina e la torre del negromante; su questo ponte egli uccideva il drago. Poi entrava nella torre e catturava il negromante. Lo spettacolo si concludeva con l'incendio della torre del negromante, «fra detonazioni e luci abbaglianti». Sebbene entusiasticamente descritto dai cannonieri, non sembra che lo spettacolo sia riuscito molto bene, e alcune persone rimasero ferite13. Poiché si era svolto tra l'investitura e le nozze, è chiaro che esso doveva essere interpretato come un'allegoria dell'elettore palatino nel ruolo di san Giorgio, patrono dell'Ordine della Giarrettiera, che liberava il mondo dal perfido incantesimo. Se fra quanti avevano assistito allo spettacolo vi erano lettori della Faerie Queene di Spenser, avrebbero potuto rammentarsi del cavaliere della Croce Rossa che difende Una, in quell'allegoria cavalieresca scritta in onore della vecchia vergine Elisabetta. Ora la giovane sposa Elisabetta ha un'allegoria di san Giorgio tracciata col fuoco tra le feste del matrimonio con il suo cavaliere della Giarrettiera. Finalmente, il 14 febbraio, le nozze furono celebrate nella cappella reale di Whitehall. La sposa era adorna di «una corona d'oro fino che perle e diamanti incastonati rendevano imperiale; le gemme erano tanto fitte da ergersi come pinnacoli splendenti sui capelli color ambra, fluenti in trecce sulle spalle, fino alla vita» ". Furono uniti in matrimonio da George Abbot, arcivescovo di Canterbury. Lo sposo era calvinista, ma la cerimonia fu celebrata secondo il rito anglicano, «il principe palatino pronunciando le parole del matrimonio in inglese, dopo l'arcivescovo»15. Era importante il fatto che quel giorno segnava un trionfo per la Chiesa d'Inghilterra, che con questo matrimonio estendeva la sua influenza su terre straniere. Abbot lo considerò come una missione religiosa, 12 BRITISH MUSEUM, Kings Mss, 17, xxxv, A description of thè seuerall fireworkes inuented and wrought by His Maiesties Gunners. 13 NICHOLS, The Progresses of James 1 cit., voi. II, p. 587. p. 542-43. 8 CAPITOLO PRIMO 16 puritana e purificante nella sua influenza . Musica e inni seguirono la cerimonia. Il re d'armi della Giarrettiera annunciò i titoli della sposa e dello sposo. Come questi lasciò la cappella, sei uomini del suo seguito lo precedettero recando trombe d'argento da cui trassero suoni tanto incantevoli da far gioire l'intera corte e da indurre migliaia di persone ad augurare: «Iddio dia loro gioia»17. Così le nozze regali si conclusero con questo suono di trombe tedesche. Quella sera, nella sala del banchetto a Whitehall, fu rappresentato un masque dinanzi alla coppia appena unita in matrimonio e all'intera corte. Il testo era di Thomas Campion, la scenografìa di Inigo Jonesl". Il tema della prima scena era il potere della musica di Orfeo, capace di allontanare, affascinando, malinconia e pazzia. Seguivano scene corali tra Orfeo, le «menadi» e la poesia orgiastica. Poi fu scoperta la parte superiore della scena, dove vi erano nuvole e grandi stelle. L'armonia delle sfere si fondeva con l'armonia delle nozze regali: Advance your chorall motions now, You musick-loving lights, This night concludes thè Nuptiall vow, Make this thè best of nights; So bravely crowne it with your beames, That it may live in fame, So long as Rhenus or thè Thames , -•. Are knowne by either name ". , ?'. _ ',' ; t NOZZE REGALI biano mai visto un'abilità maggiore di quella dimostrata dal maestro Inigo Jones nel rendere sulla scena il loro movimento; egli nell'allestimento di tutto lo spettacolo manifestò straordinaria industria e abilità20. Più tardi si aprì una scena in prospettiva: al centro vi era un obelisco d'argento e accanto a questo le statue d'oro della sposa e dello sposo. La vecchia Sibilla si fece avanti per profetizzare in versi latini la grande stirpe di re e di imperatori che sarebbe nata da questa unione fra la forza della Germania e quella della Gran Bretagna, e l'unione dei popoli in un unico culto religioso e nel semplice amore21. La notte seguente (il 15 febbraio), i membri dell'Inner Tempie e del Gray's Inn rappresentarono un masque di Francis Beaumont *, che di nuovo alludeva al tema dell'unione fra il Reno e il Tamigi. Il testo è dedicato a Francis Bacon, ed egli è descritto come «tu che non hai risparmiato né tempo, né lavoro nello stendere, ordinare e allestire questo masque»23. Lo spettacolo era piuttosto dispiaciuto a re Giacomo, che aveva ordinato di rinviarlo. La scena principale mostrava una splendida apparizione di Cavalieri e Sacerdoti su un colle, da cui scendevano per eseguire una danza solenne: una grande affermazione degli scopi della cavalleria religiosa. Alle nozze di tale coppia cantano i Sacerdoti, Each Dance is taken for a prayer, Bach Song a sacrifica24. ; II Reno si unisce al Tamigi, la Germania alla Gran Bretagna, le stelle nel loro corso riversano armonici influssi su questo matrimonio. Secondo lo spirito di questa canzone le stelle si mossero in modo straordinario e incantevole, e credo che poche persone ab16 Sull'entusiasmo di Abbot per il matrimonio palatino, cfr. p. A. WELSBY, George Abbot thè Unwanted Archbishop, London 1962, pp. 51-53. Anche Lancelot Andrewes ne era un sostenitore entusiasta. 17 NICHOLS, The Progresses of James I cit., voi. II, p. 548. 18 T. CAMPION, The Lords' Masque, ristampato in NICHOLS, The Progresses of James I cit., voi. II, pp. 554-65. " [Ora avanzate simultaneamente con movimenti armoniosi, | voi luci, che amate la musica; | questa notte suggella il giuramento nuziale: I fate che questa sia la più bella delle notti; | e, incoronata con tanto fulgore dai vostri raggi | possa la sua fama durare fino a che il Reno o il Tamigi | saranno conosciuti da ognuno di questi due nomi]. Ibid., p. 558. 9 Se Francis Bacon ha ideato l'insieme di questo spettacolo, deve aver attribuito molta importanza al matrimonio di Federico ed Elisabetta e deve aver provato una profonda simpatia per l'unione che rappresentava. Che l'autore ò&lVAdvancement of Learning (pubblicato otto anni prima, nel 1605) sottraesse tempo agli altri suoi studi per queste nozze aggiunge il tocco finale alla straordinaria costellazione di geni poetici, artistici e scientifici che si unirono per gettare una luce di 20 21 NICHOLS, The Progresses of James I cit., voi. II, pp. 558-59. Ibid.,p. 563. F. BEAUMONT, Masque of thè Middle Tempie and Lincoln's Inn, ristampato in NICHOLS, The Progresses of James I cit., voi. II, pp. 566-90. 23 NICHOLS, The Progresses of James I cit., voi. II, p. 591. [Ogni danza ha valore di preghiera, | ogni canzone di sacrificio]. Ibid., p. 600. 22 IO CAPITOLO PRIMO gloria sugli ultimi giorni passati in Inghilterra dalla principessa Elisabetta. Lo sposo doveva ancora visitare le università, dove fu accolto con dotti poemi in latino, uno dei quali redatto da George Herbert25. L'aria era ancora risuonante di versi gratulatori, profusi per mezzo della stampa, fra cui alcuni di John Donne26: in molti la gioia per le nozze di Elisabetta si univa al cordoglio per la morte di suo fratello. «Tutti i sudditi leali prendono gran piacere e contento per questo matrimonio — scrive un letterato del tempo - perché è un solido fondamento e stabilimento della religione»27. Le nozze e i festeggiamenti nuziali sono dunque considerati una dichiarazione di politica religiosa, una sicura indicazione che la Gran Bretagna avrebbe sostenuto l'elettore palatino come capo contro le potenze reazionarie cattoliche che si stavano raggruppando per essere pronte per la fine della tregua. Ambasciatori inviati dalle Province Unite intervennero alle nozze e agli spettacoli. Vi parteciparono anche gli ambasciatori francese e veneziano, e questi espresse viva ammirazione per alcuni degli effetti scenici di Inigo Jones. Clamorosamente assenti furono gli ambasciatori delle potenze asburgiche. «L'[ambasciatore] spagnolo era, o si fingeva, malato, e l'ambasciatore dell'arciduca, che era stato invitato per il secondo giorno, addusse una scusa risentita»28. Amici e nemici pensavano che queste nozze — secondo la consuetudine europea erano una dichiarazione politica: l'Inghilterra continuava a sostenere il suo vecchio ruolo elisabettiano di fautrice delle potenze protestanti europee, e stava facendo dell'elettore palatino il capo di quella politica, con l'efficace incoraggiamento di suo suocero. Non venne del tutto compreso a quel tempo che questa concezione dell'alleanza non era quella dello stesso Giacomo. Il re non considerava se stesso come il continuatore della poli25 P. O. Kristeller osserva (Iter Italicum, voi. II, p. 399), che il Manoscritto Vaticano, Pat. lat. 1738, contiene poemi in latino dedicati all'elettore palatino in occasione della sua visita a Cambridge, e tra questi ve n'è uno di George Herbert. Sono grata al professor Kristeller per questa informazione. Questo manoscritto doveva far parte del materiale trasportato a Roma con la Biblioteca Palatina, dopo la caduta di Heidelberg; cfr. p. 35. "Cfr.p.166. 27 NiCHOLS,T£e Progresses o}] arnesi cit., voi. II, pp. 601-2. ; ' , • 28 Ibid.,p. 603. ' . ,:,. NOZZE REGALI ' II tica di chi aveva fatto giustiziare sua madre. La sua idea - come la sviluppò in seguito - era di controbilanciare il matrimonio di sua figlia con un principe protestante tedesco con il matrimonio di suo figlio Carlo con una principessa cattolica spagnola, per scongiurare ad ogni costo la guerra con le potenze asburgiche, suo incubo. Questo punto di vista di Giacomo non fu compreso dall'elettore palatino e dai suoi consiglieri, che si precipitarono in una pericolosa politica antiasburgica, avendo del tutto frainteso la posizione del sovrano inglese. Elisabetta con il marito e il seguito lasciò l'Inghilterra il 25 aprile 1613, salpando da Margate per l'Aia29, dove vennero calorosamente accolti dallo zio materno del Palatino, Maurizio di Nassau, figlio di Guglielmo il Taciturno. L'arrivo di una principessa britannica sul suolo olandese una principessa effettivamente chiamata Elisabetta - dovette risvegliare memorie di disegni storici, politici e religiosi profondamente radicati nel secolo precedente. Guglielmo il Taciturno aveva ardentemente desiderato stringere un'alleanza con l'Inghilterra contro l'aggressione spagnola e cementarla con un matrimonio. Aveva insediato il principe francese Francesco d'Angiò come governatore delle Fiandre e del Brabante con la speranza che la regina Elisabetta lo avrebbe sposato, e contando così di poter disporre di un'alleanza francoinglese. Il suo piano fallì; il governo del duca cadde con ignominia e gli Spagnoli ritornarono ad Anversa. Questo accadeva nel 158430. Poi, nel 1586, Roberto, conte di Leicester, sembrò promettere l'aiuto inglese: fu acclamato come un liberatore e attraversò trionfalmente le Province Unite; un aspetto di questo passaggio fu il grandioso festeggiamento dell'Ordine della Giarrettiera, organizzato a Utrecht31, che rese familiare il simbolismo della Giarrettiera come emblema di liberazione. Ora giungeva dall'Inghilterra una principessa, sposa a un cavaliere della Giarrettiera, e quel cavaliere era imparentato 29 30 NICHOLS, The Pregresse* of James I cit., voi. II, p. 611. Sul tentativo fallito di insediare Francesco d'Angiò nei Paesi Bassi, cfr. F. YATES, The Valois Tapestries, Warburg Institute, 1959; 2* ed., Routledge, 1976. 31 Cfr. R. e. STRONG e j. A. VAN DORSTEN, Leicester's Triumph, Leiden e Oxford 1964. 12 CAPITOLO PRIMO con la casa di Orange-Nassau, era il sovrano ereditario del Palatinato, il principale elettore laico dell'Impero e il capo dell'unione dei principi protestanti tedeschi. Sembrava un'alleanza ideale per i Paesi Bassi, mentre il paese attendeva preoccupato la fine della tregua. Nessuna spesa fu risparmiata per il ricevimento offerto dalle città dei Paesi Bassi alla principessa Elisabetta e all'elettore palatino32. Vennero festeggiati con costosi banchetti, con ricchi doni e intrattenuti con spettacoli. L'elettore lasciò la moglie all'Aia per precederla nel Palatinato e preparare le accoglienze. La principessa lo seguì a tempo debito, viaggiando sul Reno con una imbarcazione sontuosa. Iniziava ora quel matrimonio del Tamigi e del Reno pronosticato dai masques nuziali. Ed è possibile che lo stesso Inigo Jones, il principale 'creatore dei loro stupendi scenari prospettici, abbia viaggiato anche lui sul Reno fra i personaggi del seguito. Sappiamo infatti che il conte di Arundel, un intenditore d'arte e un collezionista, protettore di Inigo Jones, accompagnò la principessa nel suo viaggio fino al suo nuovo paese. E sappiamo che Inigo Jones compì la sua seconda visita in Italia al seguito del conte di Arundel. La conclusione si suggerisce da sé, anche se non c'è alcun documento per provarlo: Inigo, insieme con il suo protettore, potrebbe aver viaggiato al seguito della principessa da Londra fino a Heidelberg, da dove potrebbe aver proseguito con Arundel per l'Italia33. La formazione di una corte per metà inglese a Heidelberg comportò un grande andirivieni fra Londra e il Palatinato e aprì agli Inglesi una nuova via per il continente. La prima città del Palatinato in cui Elisabetta entrò fu Oppenheim, appena oltrepassata la frontiera, dove i leali sudditi avevano eretto decorazioni in suo onore. Queste sono illu32 L'accoglienza ricevuta nei Paesi Bassi ed altri avvenimenti del viaggio a Heidelberg di Elisabetta sono descritti in una relazione illustrata del tempo: Bescbreibung der Reiss... des Herrn Frederick des V. mit der Hochgebornen Fiirstin und Koniglichen Princessin Elizabethen, Jacob des Ersten Konigs in Cross Britannien Einigen Tochter, Heidelberg 1613. 33 Cfr. j. SUMMERSON, Inigo Jones, Penguin, London 1966, p. 35. D'altro canto nel Dictionary of National Biography, s. v. «Arundel», si afferma che il conte ritornò in Inghilterra dopo la visita a Heidelberg e partì nuovamente per l'Italia in quello stesso anno, ma in un periodo successivo. In tal caso è improbabile che Inigo l'abbia accompagnato anche nel suo precedente viaggio a Heidelberg. NOZZE REGALI 13 strate in un contemporaneo resoconto a stampa del viaggio di Elisabetta da Londra a Heidelberg 3\ Uno degli archi trionfali di Oppenheim (tav. 2) era fittamente dipinto con rose, un'allusione — come venne spiegato - alla discendenza di Elisabetta dalle case di York e di Lancaster. Le armi reali della Gran Bretagna, circondate dalla Giarrettiera, erano affiancate alle armi palatine. Lungo le strade della città erano allineate guardie con sontuosi costumi, e i cittadini accolsero la sposa reale proveniente dall'Inghilterra con frenetico entusiasmo. L'incisione dell'arco delle rose di Oppenheim è firmata «De Bry», come le altre, del resto, nel resoconto a stampa del viaggio. Si tratta del ben noto incisore Jean Théodore de Bry, che poco tempo prima aveva trasferito la sua impresa d'incisione e stampa da Francoforte a Oppenheim. Durante l'intero regno di Federico ed Elisabetta nel Palatinato, cioè dal 1613 al 1619, Jean Théodore de Bry riversò da Oppenheim un gran numero di pubblicazioni su argomenti assai astrusi e pregevoli per l'eccellente qualità delle incisioni. Il genero, Matthaus Merian, lo aiutò con la sua abilità d'incisore. Tra le più importanti opere, pubblicate da De Bry a Oppenheim, vi furono i monumentali volumi dell'Utriusque cosmi bistorta di Robert Fludd, abbondantemente illustrati. Il fatto che questa città del Palatinato avesse ora rapporti tanto stretti con l'Inghilterra facilitò senza dubbio la pubblicazione di questa vasta opera filosofica, scritta da un inglese. Ritornerò in seguito sul significato della pubblicazione dell'opera di Fludd a Oppenheim durante il regno di Federico ed Elisabetta35. Finalmente, il 7 giugno 1613, Elisabetta arrivò alla sua capitale, Heidelberg: la scena è illustrata nel resoconto del viaggio (tav. 3). Vi si sta svolgendo una parata militare. Elisabetta, con un alto cappello scarlatto, una gorgera di pizzo e un guardinfante di stoffa d'oro, è appena scesa dalla carrozza. Suo marito si affretta a salutarla. La carrozza di velluto cremisi, con cui entrerà in Heidelberg, la sta aspettando. La Beschreibung der Reiss cit., che fornisce una relazione esauriente dell'accoglienza a Oppenheim. 35 Cfr. pp. 88 sgg. 14 CAPITOLO PRIMO Le facoltà universitarie di Heidelberg, uno dei più importanti centri della cultura protestante in Europa, avevano eretto archi in suo onore. L'arco della facoltà di teologia (tav. 4) era decorato con ritratti dei padri della Chiesa, di Luterò, Melantone e Beza (piuttosto stranamente non c'era Calvino). Dopo aver attraversato la città, le carrozze che trasportavano il seguito salirono al castello di Heidelberg, un edificio vasto e romantico, che si ergeva austero su una ripida altura prospiciente la città e il fiume Neckar, affluente del Reno. Nella corte del castello era stato eretto un arco trionfale, alto una ventina di metri (tav. 5), con le statue dei precedenti sovrani palatini e delle loro mogli inglesi. All'ingresso del castello stava la madre dell'elettore, Luisa Giuliana di Nassau, figlia di Guglielmo il Taciturno, che a lungo e ansiosamente aveva sperato in questo matrimonio. Nei giorni che seguirono l'arrivo, il castello di Heidelberg fu animato da tornei e altri festeggiamenti. Sfilarono carri trionfali con divinità mitologiche. In uno di questi vi era l'elettore palatino, nei panni di Giasone e in navigazione con gli argonauti alla ricerca del vello d'oro (tav. 6). Questo stile franco-borgognone di celebrazione mitologica dev'essere apparso, si penserebbe, abbastanza antiquato a coloro che avevano appena visto le scenografie di Inigo Jones alla corte di Giacomo I e può darsi che Inigo Jones stesso fosse presente per fare confronti. Ciononostante il tema del carro di Giasone si accordava con i temi degli spettacoli londinesi. L'allusione all'elettore quale Giasone era un'allusione all'Ordine del Toson d'Oro, il cui pendente si può vedere pendere dall'albero della nave: come elettore dell'Impero, Federico era naturalmente membro di quest'Ordine imperiale. E sull'albero maestro della nave si può vedere la Giarrettiera, che allude al famoso ordine inglese, a cui apparteneva come marito della figlia del re di Gran Bretagna. Nello spettacolo pirotecnico londinese era apparso come il san Giorgio dell'Ordine della Giarrettiera; qui era il Giasone dell'Ordine del Toson d'Oro. Sembrerebbe che il ruolo di paladino in qualche impresa mistica gli fosse congeniale, o si pensasse che gli fosse congeniale. Alla fine anche i festeggiamenti terminarono. Gli inviati inglesi partirono, assolto il loro ufficio. Il conte e la contessa di Arundel partirono, Lord e Lady Harrington tornarono a NOZZE REGALI 1.5 casa, in Inghilterra. Furono recisi gli ultimi vincoli ufficiali di Elisabetta con la patria d'origine. D'ora in poi era l'elettrice palatina del Reno e risiedeva con magnificenza a Heidelberg, almeno fino al fatale anno 1619. Nessuno nel Sacro Romano Impero poteva ignorare che l'elettore più importante aveva sposato la figlia del re d'Inghilterra. Attraverso le fitte foreste, nelle città, le notizie si sparsero, destando soddisfazione in alcuni ambienti per l'importante alleanza che rafforzava la causa dei protestanti tedeschi, mentre in altri ambienti la soddisfazione sarà stata minore, soprattutto a Graz, dove gli Asburgo d'Austria tenevano la corte ufficiale. Il castello di Heidelberg doveva divenire, negli anni successivi all'arrivo di Elisabetta, un centro da cui si sarebbero diffusi strani e stimolanti influssi. Suo fratello, il principe Enrico, aveva nutrito molto interesse per il disegno di giardini del Rinascimento, per le fontane meccaniche (che potevano suonare motivi musicali), per le statue parlanti ed altri congegni di questo genere; il gusto per questi giochi meccanici era stato stimolato dal rinvenimento di testi antichi che descrivevano le opere mirabili di Erone di Alessandria e della sua scuola. Alle dipendenze di Enrico, quale sovrintendente, vi era Salomon de Caus, un protestante francese, architetto di giardini estremamente brillante e ingegnere idraulico36. Era in rapporti intimi con Inigo Jones, che lavorava anche lui per il principe. Sotto l'influsso della riscoperta di Vitruvio nel Rinascimento, i due uomini avevano coltivato quelle discipline che Vitruvio raccomanda come indispensabili per il vero architetto: le arti e le scienze basate sul numero e la proporzione, la musica, la prospettiva, la pittura, la meccanica e così via37. Vitruvio aveva affermato che l'architettura era la 36 Tra le opere pubblicate da s. DE CAUS vi sono Les rmsons des forces tnouvantes, Frankfurt 1615. Ispirato da Vitruvio, questo libro contiene molti passi importanti sulla meccanica e sull'idraulica. La dedica alla principessa Elisabetta ricorda l'interesse del fratello Enrico per questo argomento. L'opera è stata ristampata a Parigi nel 1624, con l'aggiunta di un secondo libro: Livre second où sont desseignées plusieurs grotes et fontaines, e si dice che alcune delle grotte, fontane e statue con congegni meccanici, ecc., illustrate in questo libro, sono state disegnate per i giardini dell'elettore palatino a Heidelberg (cfr. tayv. 9, 38). 37 Sulle «materie vitruviane», cfr. F. YATES, Iheatre of thè World, London 1969, pp. 20-59. i6 CAPITOLO PRIMO regina delle scienze matematiche e ad essa aveva associato le altre arti e scienze. Inigo Jones stava fissando la sua attenzione sull'architettura e sul disegno teatrale in quanto strettamente connesso con l'architettura e le sue discipline sussidiarie, la prospettiva e la meccanica38. Salomon de Caus si era concentrato sul disegno di giardini che, nel Rinascimento, era strettamente associato all'architettura e dipendeva, come la regina delle scienze matematiche, dalla proporzione, dalla prospettiva, dalla geometria, e impiegava i più recenti perfezionamenti della meccanica per le decorative fontane cantanti ed altri ornamenti. Alla morte del principe Enrico, Salomon de Caus passò al servizio dell'elettore palatino e si stabilì a Heidelberg come architetto e ingegnere, incaricato dei meravigliosi abbellimenti del castello e del parco, di cui possiamo avere un'idea grazie alle incisioni dell' Hortus Palatinus di De Caus, pubblicato a Francoforte da Jean Théodore de Bry nel 1620 (tav. 8). De Caus aveva fatto saltare una parte del pendio roccioso per formare una superficie piana, su cui sviluppò un disegno di giardino geometrico di grande complessità (tav. 7). Di questo meraviglioso giardino, posto sopra la città e la valle del Neckar, si parlò come dell'ottava meraviglia del mondo39. Anche l'antico castello era stato rimodernato e ampliato; numerose finestre gli conferivano luce e si diceva fosse stato progettato a imitazione delle case e dei palazzi inglesi. Il vasto edificio riprodotto nell'incisione ha un po' l'aspetto di un Nonesuch teutonico. De Caus aveva costruito molte grotte artificiali (tav. 38) nei giardini, in cui vi erano scene animate da musica prodotta da fontane meccaniche e formate da figure mitologiche, il Parnaso con le Muse, o Mida in una caverna. Era molto notevole la statua di Meninone (tav. 9), un Ercole-Memnone con una clava. Questa statua emetteva suoni quando era colpita dai raggi del sole, come nella storia classica. La meraviglia scientifica con cui era ottenuto quest'effetto appare dall'incisione; ; • 3* Cfr. YATES, Theatre of thè World cit., pp. 80-91. 39 Cfr. L. FEHRLE-BURGER, Der Hortus Palatinus als «achtes Weltwunder», in «Ruperto-Carola, Mitteilungen der Vereinigung der Freunde der Studentenschaft der Università'! Heidelberg», xiv (2), 1962. Sono grata a R. Strong per queste informazioni. NOZZE REGALI 17 un'applicazione della pneumatica di Erone di Alessandria. Salomon de Caus considerava la musica come la più importante fra le scienze fondate sul numero ed era assai esperto in fatto di organi40. Si dice che abbia costruito a Heidelberg un organo idraulico (un antico organo idraulico è descritto da Vitruvio). Questo, insieme con i suoni emessi dalle statue, dalle fontane e dalle grotte, deve aver reso Heidelberg «ricca di rumori» come l'isola di Prospero. Se Inigo Jones andò a Heidelberg al seguito del conte di Arundel, che accompagnava la principessa Elisabetta, certo dovette interessarsi delle attività del suo antico collega, Salomon de Caus. E infatti la scenografia della fontana o della grotta cantante, l'insieme del giardino con le sue cascate musicali erano un'applicazione di tecniche e scienze vitruviane non molto dissimili da quelle usate da Inigo Jones per i suoi spettacoli di masques. Se confrontiamo l'« Apollo e le Muse» o la grotta di «Mida» di Heidelberg con le scene disegnate da Inigo per i masques, risulta evidente che appartengono alla stessa atmosfera teatrale. L'elettore palatino continuò a circondare la moglie a Heidelberg di quel mondo di sogni da lei conosciuto a Londra. Sebbene la produzione di masques, o la costruzione di grotte musicali, di fontane cantanti, o di statue parlanti con artifici pneumatici possano non apparirci come applicazioni importanti della scienza alla tecnologia, in realtà era in tali modi che la scienza rinascimentale, ancora avvolta in una atmosfera di magia, cominciò a utilizzare largamente accorgimenti tecnici". De Caus è un esempio importante dello sviluppo della scienza nell'ambito di questa tradizione; si dice che abbia inventato l'uso della forza vapore, anticipando il secolo xix. Nella sua opera Les raisons des forces mouvantes, che venne dedicata alla principessa palatina nel 1615 e contiene illustrazioni di lavori eseguiti a Heidelberg, De Caus cita ciò che scrive Vitruvio sulle macchine, illustra la macchina dei costruttori descritta da Vitruvio, e applica principi matematici alla meccanica. Questo nucleo della scienza più avanzata applicato dall'architetto-ingegnere alle dipendenze di Federico per gli abbellimenti del castello di Heidelberg mo*' Cfr. s. DE CAUS, Institution harmonique, Frankfurt 1615. '•'...> "' Cfr. YATES, Theatre of thè World cit., pp. 78-79. ' > ; « •'! i8 CAPITOLO PRIMO stra che la nuova cultura nel Palatinato era all'altezza dei tempi e si stava sviluppando al di là del Rinascimento secondo gli orientamenti del secolo xvn in modo naturale. Ricorrendo all'immagine usata dai poeti nei masques, possiamo pensare che la Heidelberg giacobita sorgesse dal matrimonio del Tamigi e del Reno. Movimenti di pensiero e di cultura circolavano dall'Inghilterra al Palatinato nella scia della principessa Elisabetta. Forse Inigo Jones visita Heidelberg. Salomon de Caus introduce i gusti del principe Enrico nei giardini. La coppia shakespeariana di Federico ed Elisabetta continua il dramma londinese della loro vita in un nuovo scenario teatrale. Anche le compagnie girovaghe di attori inglesi contribuivano ad alimentare lo scambio di influenze tra l'Inghilterra e questa parte della Germania. La presenza di una coppia amante del dramma, familiare con il teatro inglese, dovette essere uno stimolo per gli attori inglesi girovaghi. Vi erano attori inglesi a Heidelberg nel 1613 ", che successivamente si recarono alla Fiera di Francoforte, un luogo frequentato da sempre, con assiduita, dalle compagnie girovaghe. La conoscenza del teatro inglese e delle sue condizioni dovette diffondersi grazie alla presenza della principessa Elisabetta, che aveva avuto una sua compagnia d'attori a Londra e nutriva un vivo interesse per il dramma in tutte le sue forme. Vi era un grande andirivieni fra il Palatinato e l'Inghilterra, poiché cortigiani e altri inviati viaggiavano da e per Heidelberg e Londra. In questo modo notizie o nuove pubblicazioni poterono filtrare dall'Inghilterra in quello stato tedesco. Francis Bacon si era mostrato molto ben disposto verso la principessa e suo marito, interessandosi con entusiasmo a uno spettacolo per le loro nozze. È probabile che ambedue avessero letto The Advancement of Learning. Sappiamo che Elisabetta, in età più avanzata, si interessò alle opere di Bacon e le lesse con piacere "3. Era donna di pronta, sebbene non profonda, intelligenza. L'elettore era un intellettuale e un mistico, con un profondo interesse per la musica e l'architet42 CHAMBERS, Elizabethan Stage cit., voi. II, pp. 288-89. A capo della compagnia di attori vi era John Spencer, un attore che viaggiò molto e nella Germania protestante e nella Germania cattolica. 43 Cfr. GREEN, Elizabeth Electress Palatine and Queen of Bohemia cit., p. 260 nota. NOZZE REGALI 19 tura. Trasmise ad alcuni dei suoi figli i suoi gusti filosofici. La figlia maggiore, un'altra principessa Elisabetta, ebbe l'onore di vedersi dedicati i Principia di Descartes H. Se osserviamo l'affascinante incisione dei giardini di Heidelberg di Matthàus Merian, possiamo pensare che in quel luogo, in vetta a questa collina nel cuore della Germania, vi era un avamposto dell'Inghilterra giacobita, una cittadella della cultura più avanzata del secolo xvn. Ma questo nuovo germoglio così promettente, fecondato dal matrimonio del Tamigi e del Reno, non avrebbe avuto un futuro. La data di pubblicazione di questa incisione, il 1620, è l'anno del breve regno di Federico ed Elisabetta a Praga, come re e regina di Boemia, l'anno conclusosi con gli avvenimenti che portarono allo scoppio della guerra dei Trent'anni, da cui il Palatinato sarebbe stato devastato e gli splendori della Heidelberg giacobita sarebbero andati distrutti. Il Palatinato fu in prima linea nello scontro e l'urto devastatore della reazione si può vedere chiaramente nel destino di Heidelberg. La feroce propaganda di guerra lanciata contro Federico del Palatinato dopo la sua disfatta usò contro di lui tutte le armi del ridicolo e della satira. Le pubblicazioni satiriche circolavano in gran numero. Constavano di un unico foglio contenente alcune vignette il cui significato era spiegato da versi mediocri. Un garzone di posta cavalca per la campagna suonando il corno (tav. io), in una ricerca schernitrice del fuggiasco re di Boemia. La maggior parte di queste stampe caricaturali è ancora più feroce di questa, relativamente innocua, e suggerisce insinuazioni sinistre. In una di queste si vedono Federico, sua moglie e suo figlio in un giardino disposto in modo elaborato (tav. 11 ). Il loro sguardo è avvilito e il giardino conduce all'inferno e alle sue fiamme. Questi esponenti di una squisita cultura rinascimentale sono trasformati da una propaganda ostile in stregoni. È difficile riconoscere in questa amara parodia il Federico e PElisabetta che, nei loro giorni più felici, avevano assistito alla magia della Tempesta di Shakespeare. 44 Cfr.p. 139. '••'•• . . , . - , , , - • ; o . - . . , : • - • . ;-,..;: ' ' LA TRAGEDIA BOEMA . Capitolo secondo i,?ìi< 'dì La tragedia boema ',' • Nel 1577 il giovane Philip Sidney fu inviato in missione diplomatica alla corte imperiale per esprimere le condoglianze della regina Elisabetta al nuovo imperatore, Rodolfo II, per la morte del suo predecessore, suo padre, Massimiliano II. Nel corso del viaggio Sidney approfittò dell'occasione per visitare i principi protestanti tedeschi e in particolare i sovrani calvinisti del Palatinato, allo scopo di saggiare la possibilità di una lega protestante in Europa. Sidney aveva già definito il proprio atteggiamento politico e religioso, ispirato a quello dello zio, il conte di Leicester. Credeva in una politica di «attivismo» protestante contro la Spagna, una politica più audace di quanto la prudenza della regina Elisabetta fosse disposta ad approvare. A Heidelberg trovò uno spirito congeniale in Giovanni Casimiro, fratello dell'alierà elettore palatino. Sidney riferf a Walsingham che i principi protestanti di Germania si mostravano in genere tiepidi nei riguardi di una lega protestante e che gli unici ad esserne entusiasti erano Casimiro del Palatinato e il langravio di Assia, Guglielmo '. Dopo la sua morte prematura, Philip Sidney passò nella leggenda come il beau ideai della cavalleria protestante. A lui, poi, erano associati gli orpelli romantici della rinascita cavalieresca, il culto fantastico tributato alla regina Elisabetta dai suoi cavalieri nel corso dei tornei nel giorno della sua ascesa al trono. Che Casimiro del Palatinato fosse stato suo 1 La visita di Sidney nel Palatinato viene descritta minutamente da Fulke Greville, che lo accompagnò; cfr. F. GREVILLE, The Life of thè Renowned Szr Philip Sidney, ed. N. Smith, Oxford 1907, pp. 41 sgg. Cfr. R. HOWELL, Sir Philip Sidney The Shepherd Knight, London 1968, pp. 34-35; J. M. OSBORN, Young Philip Sidney, Yale University Press, 1972, pp. 450 sgg. 21 intimo amico, fu un legame tra la corte di Heidelberg e la tradizione sidneyana in Inghilterra e contribuì a fare del giovane elettore palatino un campione della cavalleria protestante anglo-tedesca. La tradizione «attivistica» del Palatinato2 era proseguita con l'offerta di un aiuto sostanziale a Enrico IV di Francia, quando questi progettò un'invasione della Germania; ma il piano venne frustrato dal suo assassinio nel 16io. Questo appoggio del Palatinato al re di Francia era la prosecuzione della precedente intesa franco-palatina dei tempi di Casimiro, che aveva sostenuto Enrico, allora re di Navarra, nelle sue lotte a capo degli ugonotti. Una figura molto importante era Christian von Anhalt3, la niente più lucida della politica palatina, il principale consigliere della corte di Heidelberg, ardente sostenitore di Enrico IV, quando questi pareva volesse impegnarsi nel piano che si diceva comportasse un tentativo di largo respiro per porre fine alla potenza degli Asburgo in Europa. Quando i progetti di Enrico IV vennero interrotti dalla sua morte, la politica del Palatinato, ancora ispirata in gran parte da Anhalt, si rivolse verso altri mezzi per conseguire questi obiettivi di vasta portata. Fu allora che si cominciò a guardare al giovane elettore palatino, Federico V, come all'uomo destinato ad assumere il posto rimasto vacante di capo della resistenza protestante contro le potenze asburgiche. Molti fattori lo rendevano idoneo a ricoprire questo ruolo. Aveva ereditato il rango di principale elettore laico dell'Impero. Aveva ereditato una tradizione di attivismo protestante che lo indicava come naturale capo e guida dell'Unione dei principi protestanti tedeschi, formata per fronteggiare la Lega dei principi cattolici. Aveva relazioni potenti con i protestanti francesi, poiché era suo zio il duca di Bouillon, capo degli ugonotti. Con i Paesi Bassi, ba2 Cfr. e. p. CLASEN, The Palafittate in Europea» History, Oxford 1963. Per Anhalt, cfr. ibid.; j. KREBS, Christian von Anhalt und die Kurpfalsische Politik am Beginn des Dreissigjahrigen Krieges, Leipzig 1872; Cambridge Modern Ristory, voi. IV, Cambridge 1906, pp. 3 sgg. [trad. it. Storia economica Cambridge, voi. IV: L'espansione economica dell'Europa nel Cinque^ e Seicento, a cura di G. G. Rich e C. H. Wilson, edizione italiana a cura di Valerio Castronovo, Einaudi, Torino 1975]; D. OGG, Europe in thè àeventeentb Century, ed. London 1943, pp. 126 sgg. 22 CAPITOLO SECONDO luardo e centro dirigente del protestantesimo in Europa, era strettamente legato da vincoli familiari. Finalmente, a dare il tocco definitivo per consolidare la posizione di Federico era venuto il suo matrimonio con la figlia del re di Gran Bretagna, una garanzia — almeno secondo i suoi sostenitori - che si poteva contare sull'aiuto che Giacomo I avrebbe dato alla propria figlia e al genero. Una rete ideale di alleanze sembrava sostenere il giovane elettore palatino, indicandolo come l'uomo destinato a svolgere una funzione di grande importanza nella formazione del destino europeo negli anni critici che sarebbero sopraggiunti. Negli anni successivi molto sarebbe dipeso dalla persona dell'imperatore di Germania, e dalla possibilità che gli Asburgo mantenessero il controllo della carica imperiale. Nell'atmosfera tesa dell'Europa di questo periodo (tra le guerre di religione del secolo xvi e la guerra dei Trent'anni), la morte dell'imperatore Rodolfo II, nel 1612, aveva rappresentato un momento di crisi. Sebbene appartenesse alla Casa di Asburgo, Rodolfo si era tenuto a distanza dal nipote Filippo II di Spagna e si era immerso misteriosamente in studi astrusi ". Aveva trasferito la corte imperiale da Vienna a Praga, che diventò un centro di studi alchimistici, astrologici, magico-scientifici di ogni tipo. Chiuso nel suo enorme palazzo di Praga, con le sue biblioteche, le sue «stanze delle meraviglie» contenenti prodigiose opere magico-meccaniche, Rodolfo si era ritratto allarmato dai problemi suscitati dalla fanatica intolleranza di quel suo temibile nipote. Praga era diventata una mecca per quanti, provenienti da ogni parte d'Europa, si interessavano a studi esoterici e scientifici. Vi convennero John Dee e Edward Kelley, Giordano Bruno e Giovanni Keplero. Per quanto strana fosse la reputazione di Praga ai tempi di Rodolfo, essa era nondimeno una città relativamente tollerante. Gli Ebrei potevano continuare indisturbati i loro studi cabbalistici (il consigliere religioso favorito di Rodolfo era Pistorius, uno studioso della Kabbalah), e la Chiesa nazionale boema era tollerata grazie a una «Lettera di Maestà». La Chiesa boema, fondata da Jan Hus, era la pri4 Finora non è stato pubblicato alcun libro valido su Rodolfo II. [Solo dopo la pubblicazione di questo volume è apparsa l'opera di R. j. w. EVANS, Rudolf II and bis World. A Study in Intellectual History, Oxford 1973]. LA TRAGEDIA BOEMA 23 ma delle Chiese riformate d'Europa. Rodolfo estese la tolleranza religiosa anche alla setta dei Fratelli Boemi, una confraternita mistica che seguiva la dottrina della Chiesa boema. Praga, sotto Rodolfo, era una città rinascimentale, ricca di influssi rinascimentali, quali si erano sviluppati nell'Europa orientale, un crogiuolo di idee, misteriosamente stimolanti per la loro capacità di nuovi sviluppi. Ma per quanto tempo sarebbe durata questa relativa immunità dalle forze della reazione dopo la morte di Rodolfo? Il problema fu per breve tempo rinviato con l'elezione all'Impero e alla corona di Boemia del fratello di Rodolfo, Mattia, vecchio e inetto, che morì presto a sua volta; e dopo di lui non fu più possibile rimandarlo. Le forze della reazione si stavano raccogliendo: solo pochi anni di tregua vi sarebbero stati prima della ripresa delle guerre di religione. Il candidato più prossimo all'Impero e al trono di Boemia era l'arciduca Ferdinando di Stiria, un Asburgo fanaticamente cattolico, educato dai Gesuiti e risoluto a sgominare l'eresia. Nel 1617 Ferdinando di Stiria diventò re di Boemia5. Fedele alla sua educazione e alla sua natura, egli pose immediatamente fine alla politica di tolleranza religiosa di Rodolfo, revocando la «Lettera di Maestà» e cominciando a prendere misure per la soppressione della Chiesa boema. Alcuni hanno affermato che il vero inizio della guerra dei Trent'anni data dall'applicazione di una politica d'intolleranza in Boemia. Un tentativo onorevole per arrestare questa azione disastrosa venne compiuto dai cattolici liberali boemi; ma non fu possibile fermare Ferdinando e i suoi consiglieri gesuiti e gli attacchi contro la Chiesa di Boemia e il suo clero continuarono. Si sviluppò una violenta opposizione e nel corso di un tumultuoso convegno a Praga due esponenti cattolici furono gettati fuori da una finestra: l'incidente, noto come la « defenestrazione di Praga», segnò un altro passo nella successione di avvenimenti che portarono alla guerra dei Trent'anni. Da quel momento la Boemia fu in uno stato di aperta ribellione contro il sovrano asburgico. Secondo i ribelli, la corona di Boemia era elettiva — poteva cioè essere offerta a qualsiasi candì5 Per una relazione chiara degli avvenimenti in Boemia cfr. e. v. WEDGWOOD, The Thirty Years War, Paperback edition, 1968, pp. 69 sgg. [trad. it. La guerra dei trent'anni, Dalì'Oglio, Milano 1964, pp. 73 sgg.]. 24 CAPITOLO SECONDO dato essi avessero scelto — e non ereditaria nella Casa degli Asburgo, come pretendevano Ferdinand© e i suoi sostenitori. Il 26 agosto 1619 i Boemi decisero di offrire la corona del loro paese a Federico, elettore palatino. Già da tempo la possibilità che Federico diventasse re di Boemia era nell'aria: si dice che già se ne fosse parlato al tempo del suo matrimonio6. Anhalt premeva insistentemente in questo senso e fomentava la causa di Federico in Boemia; questa mossa costituiva infatti un momento importantissimo nella costituzione del movimento antiasburgico che egli stava creando intorno all'elettore. Secondo le regole peculiari e minuziose della costituzione imperiale, il re di Boemia aveva diritto a un voto nell'elezione dell'imperatore. Poiché Federico era già elettore, se fosse diventato re di Boemia avrebbe avuto diritto a due voti nell'elezione imperiale, il che avrebbe potuto portare alla costituzione di una maggioranza antiasburgica e avrebbe aperto una via per spezzare il controllo di Casa d'Austria. Così pensavano Anhalt e i suoi amici e può darsi che essi avessero persino concepito l'idea di conferire a Federico la stessa carica imperiale. Tali prospettive di politica religiosa avrebbero portato, in una visione ideale, a quelle speranze di una riforma della Chiesa attraverso l'Impero, che erano state un sogno accarezzato in Europa sin dai tempi di Dante. La decisione che Federico doveva prendere - se accettare o no l'offerta della corona boema - era dunque un dilemma pratico e religioso ad un tempo. Pratico, perché accettare era pericoloso: equivaleva a una dichiarazione di guerra contro la potenza asburgica. Ma in tal caso, non disponeva forse di alleanze molto potenti? Proprio grazie a quelle alleanze con i protestanti tedeschi e francesi, con gli Olandesi, con il re di Gran Bretagna, di cui aveva sposato la figlia - i Boemi lo avevano scelto. Religioso, perché il rifiuto di seguire questa via che Dio stesso gli mostrava, poteva equivalere al rifiuto di attuare la volontà divina. Vi è ogni motivo di credere che sia stata quest'ultima considerazione ad essere determinante per Federico. Alcuni di coloro che videro Federico a Heidelberg intorno a quel tempo rimasero impressionati dal suo atteggiamento. 6 Cambridge Modern History cit., voi. IV, p. 17. 'v; LA TRAGEDIA BOEMA 25 Un ambasciatore inglese, scrivendo a Giacomo da Heidelberg nel giugno 1619, osserva che Federico «è assai religioso, saggio, attivo e coraggioso per la sua età», e che sua moglie è ancora «la stessa devota, buona, dolce, principessa... che si accattiva le simpatie di tutti quelli che l'avvicinano con la sua cortesia; il reciproco, tenero amore dei due sposi desta gioia in tutti coloro che li vedono» 7 . La coppia shakespeariana si rivela per un momento in queste parole. John Donne, il poeta che aveva predicato dinanzi a loro a Heidelberg in qualità di cappellano presso l'ambasciatore, accettò un piccolo incarico, da adempiere nel loro interesse, esprimendosi con il suo caratteristico trasporto: «È un affare così generale [quello della corona di Boemia] che persino un uomo povero e di basso rango come me ne è partecipe, e vi ha un compito da svolgere, che consiste nel promuoverlo con le stesse preghiere che offro per la mia anima, all'attenzione di Dio onnipotente» 8 . Fra coloro che offrirono consiglio al dilemma se accettare o no l'offerta della corona di Boemia, George Abbot, arcivescovo di Canterbury, si espresse calorosamente in favore dell'accettazione. Alcuni anni dopo, Elisabetta soleva mostrare a coloro che le facevano visita all'Aia la lettera che l'arcivescovo di Canterbury aveva scritto, consigliando di accettare la corona di Boemia come un dovere religioso9. Altri diedero consigli più cauti. L'Unione dei principi protestanti era nell'insieme contraria all'accettazione in quanto troppo pericolosa. Anche la madre dell'elettore lo supplicò di non accettare; la figlia di Guglielmo il Taciturno conosceva troppo bene la natura delle potenze che suo figlio si accingeva a sfidare. Il 28 settembre 1619 Federico scrisse ai ribelli boemi che avrebbe accettato la corona. Come ha detto C. V. Wedgwood: «Quali che fossero le congetture generali, non vi è dubbio che Federico abbia rivelato i reali motivi della sua decisione quando scrisse allo zio, il duca di Bouillon: " È una 7 Lord Doncaster a Giacomo I, giugno 1619, in s. R. GARDINER, Letters and other Documenti lllustrating Relations between England and Germany at thè Commencement of thè Thirty Years War, Camden Society, voi. I, 1865, P- 118. 8 John Donne a Sir Dudley Carleton, agosto 1619; cfr. GARDINER, Letters and other Documents cit., voi. II, p. 6. GREEN, Elizabeth Electress Palatine and Queen of Bohemia cit., p. 185. 26 CAPITOLO SECONDO chiamata del Signore alla quale non posso disobbedire.., il mio unico scopo è quello di servire Dio e la sua Chiesa " »10. Ma intanto i più vasti obiettivi dell'avventura boema erano stati scompigliati. Ferdinando era stato eletto imperatore in un convegno a Francoforte in agosto. La corona di Boemia non avrebbe condotto all'Impero, che era già stato conferito all'Asburgo, Ferdinando, e Federico si trovava nella difficile situazione di dover venire meno al suo dovere verso l'imperatore sostenendo i ribelli, trascurando un obbligo feudale per quello che egli considerava un obbligo religioso. Decise di agire in base al principio religioso, ma molti contemporanei avrebbero giudicato giuridicamente illecita la sua azione. Il 27 settembre Federico, Elisabetta e il loro figlio maggiore, il principe Enrico, partirono da Heidelberg per Praga. Un osservatore entusiasta narra con quale spirito umile e pio essi abbiano intrapreso il viaggio; il comportamento del giovane principe induceva a sperare che il defunto principe Enrico rivivesse in lui, mentre Elisabetta venne devotamente acclamata come «un'altra regina Elisabetta, perché così è ora, e quello che potrebbe divenire in futuro lei o la sua reale progenie, è nelle mani di Dio che ne può disporre per la sua gloria e per il bene della sua Chiesa» ". In Inghilterra l'entusiasmo non conobbe limiti. «A stento posso descrivere - afferma uno scrittore contemporaneo - di quale grande e generale amore l'Inghilterra ardesse per Federico ed Elisabetta» ". Sembrava che l'«unica fenice del mondo», la vecchia regina Elisabetta, stesse tornando e qualche grande nuova grazia, fosse vicina. Attraversarono il Palatinato Superiore, fino alla frontiera boema (cfr. cartina, p. 33 ), dove era ad attenderli una delegazione di nobili boemi, poi proseguirono attraverso il loro nuovo regno fino alla sua meravigliosa capitale. La cerimonia d'incoronazione nella cattedrale di Praga fu celebrata dal clero hussita. Fu l'ultima grande cerimonia pubblica officiata dalla Chiesa boema, ben presto totalmente soppressa. Il giorno dell'incoronazione venne pubblicata una stampa commemorativa (tav. 12), che mostra Federico ed Elisabetta 10 WEDGWOOD, The Thirty Years War cit., p. 98 [trad. it., p. 95]. J. HARRISON, A Short Relation of thè Departure, London 1619, citato in GREEN, Elizabetb Electress Palatine and Oueen of Bohemia cit., p. 133. 12 Ibid. 11 LA TRAGEDIA BOEMA 27 incoronati re e regina di Boemia. Sullo sfondo, i riformatori e la pace hanno trionfato sui fautori della Controriforma e sulla guerra. Quattro leoni rappresentano le alleanze su cui i nuovi re e regina di Boemia possono contare. Il leone era l'animale araldico di Federico, e il leone a sinistra con la corona elettorale, è il leone del Palatinato. Poi vengono il leone di Boemia con due code, il leone britannico con la spada e il leone dei Paesi Bassi. I versi in tedesco, sotto la stampa, spiegano queste allusioni. Dovevano essere intonati secondo un motivo di salmo: Stiamo di buon animo e rallegriamoci, | l'alba rossa del mattino sta spuntando, | ora si può vedere il sole. | Iddio si volge verso di noi, | ci onora con un re. | II nemico non può opporre resistenza ". Raggi, simili a quelli del sole, scendono infatti dal Nome divino, scritto in ebraico su Federico ed Elisabetta, e questa è «la rossa alba» di un nuovo mattino. I versi sottolineano come quest'alba dipenda dalla nuova regina. Wyclif, da cui Hus derivò la sua dottrina, venne dall'Inghilterra, spiegano i versi, alludendo all'influsso di Wyclif sulla riforma hussita; ed ora una regina viene a noi dall'Inghilterra. lacobus, il suo caro signore e padre, | grazie ad Elisabetta è diventato | il nostro più potente difensore e sostegno: | egli non ci abbandonerà, | altrimenti potremmo patire grande pericolo ". Qui sta il centro di questa grande tragedia di equivoci. Perché Giacomo non stava sostenendo la figlia e il genero, ma stava manovrando per la parte opposta, coltivando freneticamente l'amicizia spagnola; proprio quando questa stampa fu pubblicata, egli andava dichiarando ad ogni corte d'Europa di non avere alcuna responsabilità nell'impresa di suo genero in Boemia15. Non solo non venne compiuto in Gran Bretagna alcun preparativo bellico o navale per sostenere questa 13 Versi citati dalla traduzione inglese di E. A. BELLER, Caricature* of thè «Winter King» of Bohemia, Clarendon Press, Oxford 1928, tav. i. " Ibid. 15 « II re d'Inghilterra aveva celebrato l'ascesa del genero al trono boemo dichiarando ufficialmente a tutti i sovrani europei che non aveva mai conosciuto e tanto meno approvato tale progetto » (WEDGWOOD, The Thirty Years War cit., p. 108 [trad. it., p. 108]). I 28 , CAPITOLO SECONDO impresa, ma la diplomazia di Giacomo stava manovrando contro di essa, sconfessandola, contrastandola, facendo ogni sforzo per cattivarsi il favore delle potenze asburgiche. Naturalmente l'atteggiamento di Giacomo indebolì smisuratamente la posizione di Federico e indusse gli altri suoi amici a restare guardinghi. Si presumeva che Giacomo si sentisse obbligato a sostenere sua figlia quando fosse giunto il momento della prova. Elisabetta era il pegno che doveva garantire la buona volontà del padre. Ma giunta l'ora, si scoprì che Giacomo era dispostissimo ad abbandonare la figlia, piuttosto che rischiare di incorrere nell'ira degli Asburgo. L'intera questione è estremamente complessa e ripartire ragioni e torti è complicato. Giacomo voleva la pace ad ogni costo; aveva voluto ottenerla sposando i suoi figli alle opposte parti del grande conflitto. Federico e i suoi sostenitori avevano interpretato il matrimonio come un appoggio incondizionato alla loro parte. Anche molti sudditi di Giacomo lo avevano interpretato in questo modo e lo avevano salutato con entusiasmo, quale continuazione della tradizione elisabettiana. Ma neppure la regina Elisabetta avrebbe approvato del tutto la linea di condotta di Federico: per parte sua aveva attentamente evitato di fare ciò che egli aveva fatto, ossia di accettare la sovranità di un paese rivendicato da un'altra potenza. Aveva fermamente rifiutato di assumere la sovranità dei Paesi Bassi, pur sostenendone la causa. Comunque, per i fini di questo studio non è necessario discutere questi argomenti, o esaminare nei particolari le complicazioni di questi avvenimenti. Dobbiamo solamente delineare ciò che è realmente accaduto e ricordare in generale che Giacomo perseguì una politica di pacificazione verso gli Asburgo, mentre Federico e i suoi sostenitori contarono disperatamente che il re intervenisse attivamente dalla loro parte. La verità, probabilmente, è che la colpa più grave di Federico fu di fallire. Se egli fosse riuscito a insediarsi in Boemia, tutti quelli che esitavano, compreso suo suocero, avrebbero probabilmente deciso di parteggiare per lui. Colui che avrebbe dovuto essere l'arbitro consapevole di questi affari, il personaggio da cui l'Europa liberale si attendeva una guida - Giacomo I di Gran Bretagna - sembra stesse precipitando in uno stato d'incoscienza e di decadenza senile, incapace di decisioni, rifuggente dalle questioni serie, LA TRAGEDIA BOEMA 29 alla mercé di favoriti senza scrupoli, disprezzato e ingannato da agenti spagnolils. Così l'Europa precipitò, confusa e priva di guida, nella guerra dei Trent'anni. Durante l'inverno del 1619-20 coloro che in seguito sarebbero stati chiamati «il re e la regina d'inverno di Boemia», regnarono a Praga, nel palazzo così ricco di ricordi di Rodolfo IL Pare che non si sappia molto di ciò che accadde a Praga durante il regno di questa coppia singolare, e, come avviene spesso nella storia, la lacuna è colmata da qualche vecchio aneddoto, che viene ripetuto di storico in storico. Si vorrebbe sapere quali furono le reazioni di Federico di fronte alle collezioni artistiche e scientifiche di Rodolfo; che cosa pensarono di lui i cabbalisti e gli alchimisti di Praga; quali spettacoli furono rappresentati, sotto la direzione di Robert Browne, dalla compagnia di attori inglesi, che si dice abbiano trascorso l'inverno a Praga "; quali furono le riforme proposte, che, secondo l'accusa di una satira di parte avversa, Federico avrebbe incoraggiato18. Sembra che il cappellano di corte Abraham Scultetus, un calvinista fanatico, abbia provocato molte noie distruggendo senza riguardo alcune immagini care al popolo, e che il modo di vita di Federico e di Elisabetta apparisse strano e non fosse del tutto approvato. Abiti che sarebbero andati bene alla corte di Giacomo I, apparivano contrari al pudore a Praga. Col passare dei mesi la situazione si fece assai minacciosa. I nemici di Federico si stavano raccogliendo in gran numero per cacciarlo; gli alleati più importanti, i principi protestanti tedeschi, non muovevano in suo aiuto. Anhalt era al comando delle forze di Federico; il duca di Baviera comandava l'esercito cattolico. Le forze di Federico furono completamente sgominate nella battaglia della Montagna Bianca, nei dintorni di Praga, l'8 novembre 1620. Questa vittoria ribadì il dominio degli Asburgo sull'Europa per un'altra generazione e diede 16 Per la descrizione della decadenza fisica e mentale di Giacomo, dal 1616 in poi, cfr. D. H. WILSON, King James VI and I, London 1956, pp. 378 sgg. " CHAMBERS, Elizabethan Stage cit., voi. II, p. 285. Browne era il principale imprenditore di attori inglesi all'estero e visitava costantemente la Germania. Era ormai vecchio e sembra che il 1620 sia stato l'ultimo anno in cui si presentò al pubblico. La presenza di Browne e della sua compagnia di attori a Praga nel 1620 non è ben documentata. " Cfr. p. 69. __,„ LA TRAGEDIA BOEMA CAPITOLO SECONDO 31 nuova direzione d'Europa in funzione antiasburgica, perduta quella battaglia, era finito. Coloro che già esitavano decisero di non sostenerlo. I principi protestanti tedeschi non mossero un dito per aiutarlo, ma assistettero alla devastazione del Palatinato, avvinti dalla paura. E il famoso re d'Inghilterra fu sordo agli appelli della figlia, del genero e dei loro molti amici entusiasti in Inghilterra. Gli storici hanno osservato le ripercussioni della straordinaria impresa boema e del suo fallimento sulla storia domestica inglese. Hanno notato che Giacomo I, conducendo la sua politica estera per «diritto divino» e senza consultare il Parlamento, che era unanimemente a favore dell'aiuto al re di Boemia, diede l'avvio a una serie di avvenimenti che alla fine avrebbe distrutto la monarchia degli Stuart. Suscitò una violenta irritazione non solo il fatto che Giacomo I conducesse la politica interna del paese senza consultare il Parlamento, ma soprattutto che perseguisse una politica estera contro la volontà del Parlamento, e senza nemmeno consultarlo; e lo scontento si diffuse non solo tra i parlamentari, ma, in generale nel popolo, in ogni classe sociale. Un gran signore come William Herbert, conte di Pembroke, quasi si scusò, mostrando vergogna, con il rappresentante di Federico per l'abbandono di ciò che egli considerava un preciso dovere del re21. Il popolo, pronto a suonare le campane e ad allestire luminarie in onore della sua amata Elisabetta, non potè farlo. Ma la frattura che cominciava ad aprirsi tra la monarchia da un lato e il Parlamento e la nazione dall'altro, si dilatò per l'impopolare politica estera di Giacomo. Mentre i lettori di storia conoscono abbastanza bene questo aspetto della tragedia boema, si può dire che si sia indagato poco o nulla sulle conseguenze che le speranze, destate dalla presunta alleanza del re d'Inghilterra con l'elettore palatino, possono aver prodotto in Europa. In quegli anni di pace inquieta tra le guerre di religione l'elettore palatino aveva rappresentato qualcosa di più del calvinismo tradizionale della sua casa. Aveva trasportato, con il suo matrimonio, gli splendori del Rinascimento giacobita in Germania, e il gran- inizio alla guerra dei Trent'anni, che finì con l'esaurire la potenza asburgica. La battaglia della Montagna Bianca fu dunque un avvenimento decisivo nella storia europea. La disfatta fu completa. Praga cadde nel disordine totale, temendo la vendetta che si sarebbe abbattuta su di lei e ansiosa di disfarsi della presenza incriminante di Federico. Elisabetta aveva dato alla luce un altro figlio a Praga (famoso nelle guerre civili inglesi come il principe Ruperto del Reno) e Federico con la moglie e i bambini fuggirono tanto precipitosamente dalla città da abbandonarvi la maggior parte delle loro cose. Tra gli oggetti preziosi abbandonati, caduti nelle mani del nemico, vi furono le insegne dell'Ordine della Giarrettiera ". I libelli di propaganda contro Federico, diffusi in seguito dai suoi nemici, si divertirono a raffigurarlo nelle vesti di un povero fuggiasco con una calza cadente (tav. 13) - un'allusione alla perdita della Giarrettiera 20. Queste satire insistevano sul fatto che il soccorso del suocero del cavaliere della Giarrettiera non era arrivato, che tutta l'impresa era stata un disastroso fallimento, e si era conclusa in un modo tanto disonorevole, con la fuga e la perdita di tutti i beni di Federico. Nel frattempo, il Palatinato era stato invaso dalle truppe spagnole al comando di Spinola. Il 5 settembre Spinola attraversò il Reno; il 14 prese Oppenheim; altre città erano già cadute. La madre di Federico e i due figli maggiori, lasciati a Heidelberg, fuggirono a Berlino, presso parenti. Alla fine l'intera famiglia si ricongiunse all'Aia, dove tennero la propria corte esule e impoverita per molti anni. In Boemia, esecuzioni in massa o «purghe» sterminarono ogni resistenza. La Chiesa boema fu completamente soppressa e l'intero paese venne ridotto in miseria. Il Palatinato fu devastato e in seguito avrebbe patito più di ogni altra regione tedesca durante la terribile guerra dei Trent'anni. L'elettore palatino Federico era svanito come un miraggio. Naturalmente nessuno sa che cosa sarebbe potuto accadere se egli avesse vinto la battaglia della Montagna Bianca. Ma come liberatore mancato della Boemia e candidato fallito a una 21 Pembroke a Carleton, settembre 1619. Molte testimonianze, provenienti da fonte diretta, che l'opinione pubblica in Inghilterra fosse favorevole a prestar aiuto al re di Boemia sono citate in GARDINER, Letters and other Documenti cit. " WEDGWOOD, The Tbirty^ Years War eh., p. 130 [trad. it., p. 127]. • •:•< 20 Per altre stampe satiriche sul tema «privo della giarrettiera», :sfc. BELLER, Caricature! cit. JL ->* CAPITOLO SECONDO de movimento rinascimentale si era incontrato e mescolato con altri potenti movimenti penetrati in quella regione sino a formare una nuova, ricca cultura che, anche se di così breve durata, fu, credo, un elemento molto importante nel processo dal Rinascimento alPIlluminismo. Qui le forze del Rinascimento si scontrarono con la reazione con un tremendo urto frontale. Si perdono e scompaiono alla vista negli orrori della guerra dei Trentanni, ma quando, infine, queste guerre hanno termine, si sviluppa l'Illuminismo. Il tentativo di individuare le correnti di pensiero nel Palatinato durante il regno di Federico ed Elisabetta - tentativo che stiamo per intraprendere - può contribuire a gettare luce su uno dei più importanti problemi della storia intellettuale e culturale: cercare di identificare i tramiti attraverso i quali il Rinascimento si sviluppò nell'Illuminismo. Sebbene il Palatinato fosse uno Stato calvinista, le correnti di pensiero di questa regione, di cui ci dovremo occupare, hanno poco o meglio nulla a che fare con la teologia calvinistica. Queste correnti sono un ottimo esempio di quella tendenza, su cui H. Trevor-Roper ha richiamato l'attenzione22, e cioè che il calvinismo attivista attirò pensatori liberali di tipo assai diverso, proprio perché il calvinismo attivista rappresentò una posizione contro le forze estreme della reazione, una garanzia che nella sua sfera di influenza i decreti dell'Inquisizione non avrebbero avuto corso. A guisa d'introduzione ai prossimi capitoli sarà utile, alla fine di questo, indugiare un momento sulla carta che mostra la posizione del Palatinato rispetto agli Stati confinanti. A Venezia, Paolo Sarpi aveva recentemente reagito contro l'abuso papale e la corrente liberale veneziana era stata seguita con estremo interesse in Inghilterra. Henry Wotton, l'entusiasta ambasciatore inglese a Venezia, aveva persino sperato di convertire i Veneziani a una specie di anglicanesimo23. L'eccitazione provocata dall'Interdetto era ormai cosa del passato nel 1613, ma Venezia seguiva gli affari di Federico * H TREVOR-ROPER, ReUgion, thè Reformation and Social Change, London 1967, pp. 204 sgg. . * Cfr. il mio articolo, Paolo Sarpi's «History of thè Council of Trent», m «Journal of thè Warburg and Courtauld Institutes», vii (1944), pp! 3-43- _ '; LA TRAGEDIA BOEMA 33 J '"? Kassel^,;^ • .-re » '' /"••/ASSIA-KASSEL PAESI BASSI ""< soggetti alla Spagna i ^ •"•<._<•"'•> _ V ,~\ / '*'O '• i "*••" fo PALATINATOA iSALATINATO^ CT TDtJT) Tf"M3 t? il b . ^pf*^|||SSèHeidelberg /,.-. '..f LORENA U ' FRANCIA *Tf$^$^3&t "^ ^r BOEMIA JJ^-'Ajivj.ii i. xWURTTEMBERG **%?"&• /Tubmgart0<'Mda / VpwJ 'T (^ ; CONFEDERAZIONE SVIZZERA ' •->••/ r.' ' \.-v X SAVOIA ;•- \ R • ' ~ La cartina mostra la posizione del Palatinato all'inizio del xvn secolo. 34 CAPITOLO SECONDO 24 con grande interesse; Anhalt fu in contatto con Sarpi ; Wotton nei suoi viaggi da e per Venezia, passò per Heidelberg. Se Federico fosse riuscito a mantenere aperto un corridoio liberale dall'Olanda a Venezia attraverso la Germania, sarebbe stato possibile dare scacco all'avanzata della repressione intellettuale in Italia, di cui Galileo sarebbe stato vittima. Con l'Olanda i legami dell'elettore erano ovviamente molto stretti. C'erano molti studiosi olandesi a Heidelberg, in particolare il famoso Jan Gruter, un umanista e un poeta, che era al centro di una larghissima cerchia di corrispondenti su scala internazionale25. Gruter era professore all'Università di Heidelberg ed era anche il bibliotecario della famosa Biblioteca Palatina, la ricchissima collezione di libri e manoscritti formata dai predecessori dell'elettore, e situata nella chiesa dello Spirito Santo a Heidelberg. Fra tutti i vicini di Federico, quello che aveva rapporti più stretti era il ducato di Wurttemberg, che si stendeva a sud del Palatinato. Se qui la religione era luterana, c'era tuttavia molto interesse a cercare di unire luterani e calvinisti. Federico di Wurttemberg, morto nel 161 o, era stato vivamente anglofilo, aveva visitato l'Inghilterra durante il regno di Elisabetta e nel 1604 aveva ottenuto da Giacomo I l'onorificenza della Giarrettiera, promessagli dalla regina Elisabetta e conferitagli con una speciale ambasceria K. Luterano e anglofilo, il Wurttemberg era al centro di interessanti correnti intellettuali, che gravitavano intorno a Johann Valentin Andreae, pastore luterano e mistico. Il duca allora regnante era in stretto rapporto con l'elettore palatino. Un altro stretto amico, fra i principi protestanti tedeschi, era Maurizio, langravio di Assia, un uomo colto, grande protettore delle compagnie girovaghe di attori inglesi. Ma soprattutto da Praga si propagavano influssi potenti in questa parte della Germania. Gli interessi alchimistici ed esoterici, favoriti da Rodolfo II, avevano rappresentato un'atmosfera rinascimentale più liberale di quella che la reazione voleva imporre, e tali studi erano in voga presso le corti tede24 25 P. SARPI, Lettere ai protestanti, a cura di M. D. Busnelli, Bari 1931. Su Gruter, cfr. L. FORSTER, Janus Gruter's English Years, Browne Instirute, Leiden 1967. 26 Cfr. pp. 39 sgg. LA TRAGEDIA BOEMA 35 sche, in particolare nelTAssia e nel Wurttemberg. E le tradizioni della Praga di Rodolfo erano certamente familiari a Christian von Anhalt, l'esponente della politica palatina, che si era legato d'amicizia con il conte Rozmberk2?, membro di una famiglia boema nota per i suoi interessi occulti e alchimistici. Che Anhalt nutrisse interessi del genere è suggerito dal fatto che Oswald Croll, studioso di ermetismo, di Kabbalah e di alchimia paracelsiana, era il suo medico. In questo mondo fervente di strani interessi, giunse la principessa Elisabetta, portando con sé gli influssi del tardo Rinascimento in fiore nella Londra giacobita e la speranza di un potente aiuto contro le forze della reazione. Il castello di Heidelberg, con le sue meraviglie magico-scientifiche, l'Università di Heidelberg, centro della cultura protestante, divennero negli anni tra le guerre il simbolo di un movimento di resistenza. Qui, per breve tempo, si sperò che spuntasse una nuova aurora, che apparisse un illuminismo nunzio di una nuova età. Giunse invece un disastro totale, con il completo fallimento di Federico in Boemia e l'occupazione nemica e la devastazione del Palatinato. Testimoni oculari hanno descritto la confisca della Biblioteca Palatina da parte degli invasori e la distruzione delle carte di Gruter28. I libri e i manoscritti, che l'umanista aveva raccolto durante tutta la sua vita, furono gettati nella strada e nel cortile, che serviva di stallaggio a trenta cavalli, e furono irrimediabilmente insudiciati e distrutti. Questo accadde anche ad altre biblioteche private di Heidelberg, mentre la grande Biblioteca Palatina fu trasferita a Roma 29 e con essa molti libri di Gruter. Non ho trovato alcuna notizia di quel che accadde degli organi idraulici, delle fontane cantanti e delle altre meraviglie del castello. Salomon de Caus, che era rimasto a Heidelberg, da dove scrisse al re di Boemia nel 1620 per un problema musicale, trovò alla fine un nuovo impiego alla corte francese. Gruter errò tristemente nei diritorni di Heidelberg e morì qualche anno dopo. Così sparì un intero mondo, e i suoi monumenti finirono guastati o distrutti, i suoi libri e i suoi archivi scomparvero, la 27 28 29 Petr Vok di Rozmberk; cfr. p. 45. FORSTER, Janus Gruter's English Years cit., pp. 96-100. H. TREVOR-ROPER, The Plunder of thè Arts in thè Seventeenth Century, London 1970, pp. 22-27. 36 CAPITOLO SECONDO sua popolazione si trasformò in una massa di profughi - quelli che riuscirono a fuggire - o era destinata a fare una fine violenta, a morire di peste, o di fame nei terribili anni che seguirono. Proprio questo Rinascimento mancato, o Illuminismo prematuro, o fraintesa alba rosacrociana, ci accingiamo ad esplorare. Quale stimolo diede avvio al movimento che condusse ai cosiddetti «manifesti rosacrociani», con i loro strani annunci dell'alba di una nuova età di conoscenza e di introspezione? È nella sfera d'influenza dei movimenti intorno a Federico del Palatinato e al suo tentativo di ottenere la corona di Boemia che si dovrebbe cercare una risposta a questa domanda. L O -i' Capitolo terzo t John Dee e l'origine di «Chri?tian RosenBreutz» .! , >1 . Il termine «rosacroce» deriva dal nome «Christian Rosenkreutz» o «Croce Rosa». I cosiddetti «manifesti rosacrociani» sono due brevi libelli o opuscoli, pubblicati per la prima volta a Kassel nel 1614 e nel 1615, e i loro lunghi titoli possono essere abbreviati in Fama e Confessici1. L'eroe dei manifesti è un certo «Padre C. R. C.» o «Christian Rosenkreutz», che si dice abbia fondato un ordine o confraternita, ora nuovamente attiva, e i manifesti invitano ad aderirvi. Questi manifesti suscitarono grande eccitazione, e una terza pubblicazione , nel 1 6 1 6 , accrebbe il mistero . Si trattava di un singolare romanzo alchimistico, scritto in tedesco, il cui titolo può esser tradotto: Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz. L'eroe delle Nozze chimiche, inoltre, sembra essere legato a un ordine, che impiega quali simboli una croce rossa e rose rosse. L'autore delle Nozze chimiche fu certamente Johann Valentin Andreae. Senza alcun dubbio i manifesti sono in rapporto con quest'opera, sebbene, probabilmente, non siano stati scritti da Andreae, ma da un altro scrittore o da ignoti. Chi era questo «Christian Rosenkreutz» che fa la sua comparsa per la prima volta in queste pubblicazioni? Le mistificazioni e le leggende, intessute intorno a questo personaggio e al suo ordine, sono infinite. Tenteremo di aprirci una strada fino a lui, seguendo una via completamente nuova. Ma iniziamo questo capitolo con la domanda più facile: Chi era Johann Valentin Andreae? Johann Valentin Andreae, nato nel 1586, era originario del Wùrttemberg, lo Stato luterano confinante con il Palati1 Per i titoli completi cfr. Appendice, p. 280. M ,'•;•-•• jjo CAPITOLO TERZO nato. Suo nonno era un illustre teologo luterano, chiamato talvolta il «Luterò del Wùrttemberg». Un interesse profondo per la situazione religiosa contemporanea costituì l'ispirazione dominante del nipote, Johann Valentin, che a sua volta divenne pastore luterano, ma con un interesse liberale per il calvinismo. Nonostante le infinite sventure, lo sostenne per tutta la vita la speranza di poter trovare una soluzione di vasta portata per la situazione religiosa. La sua attività, sia come devoto pastore luterano interessato a problemi di ordine sociale, sia come propagandista di fantasie «rosacrociane», fu tesa a concretare tale speranza. Andreae era uno scrittore promettente, la cui immaginazione risentì l'influsso degli attori girovaghi inglesi. Abbiamo informazioni degne di fede sugli anni giovanili e sulle influenze assorbite, poiché egli ha scritto un'autobiografia2. Da questo scritto apprendiamo che, nel 1601, quando aveva quindici anni, sua madre, che era vedova, lo portò a Tubinga, perché egli potesse continuare gli studi in quella famosa università del Wùrttemberg. Mentre era studente a Tubinga - così ci racconta - fece i suoi primi tentativi giovanili di scrittore, intorno agli anni 1602 e 1603. Tra questi tentativi vi erano due commedie che avevano come soggetti «Ester» e « Giacinto », scritte — a quel che dice — « a imitazione degli attori inglesi», e un'opera, intitolata Nozze chimiche, che depreca, definendola un ludihrium, un'invenzione o uno scherzo di poco valore3. A giudicare dalle Nozze chimiche di Andreae che sussistono, ossia dall'opera pubblicata nel 1616, che ha come eroe Christian Rosenkreutz, questa prima versione dovrebbe essere stata un'opera di simbolismo alchimistico, in cui il tema del matrimonio è usato come simbolo di processi alchimistici. Non può essere stata identica alle Nozze chimiche del 1616, che contengono riferimenti ai manifesti rosacrociani del 1614 e del 1615, all'elettore palatino e alla sua corte a Heidelberg, e alle sue nozze con la figlia di Giacomo I. La prima versione 2 J. v. ANDREAE, Vita ab ipso conscripta, ed. F. H. Rheinwald, Berlin 1849. Il manoscritto di quest'opera venne pubblicato la prima volta nell'edizione di Winterthur 1799. Ibid., p. io. L'affermazione di Andreae (scrivere drammi prendendo a modello gli attori inglesi) è riportata da CHAMBERS, Elizabetban Stage cit., voi. I, p. 344 nota. JOHN DEE E L'ORIGINE DI «CHRISTIAN ROSENKREUTZ» 39 delle Nozze chimiche, che non possediamo, dev'essere stata aggiornata per la pubblicazione del 1616. Nondimeno, questa prima versione perduta può avere fornito il nucleo dell'opera. Possiamo individuare con successo le influenze e gli avvenimenti che ispirarono queste prime opere di Andreae, studente a Tubinga. Duca del Wiirttemberg era a quel tempo Federico I, alchimista, occultista e anglofilo entusiasta, la cui passione dominante fu stringere un'alleanza con la regina Elisabetta e ottenere l'Ordine della Giarrettiera. Prefiggendosi questi scopi visitò varie volte l'Inghilterra, e sembra che sia stata una figura prestigiosa4. La regina lo chiamava «cugino Mumpellgart», il suo nome di famiglia, ed è stato molto dibattuto il problema se le enigmatiche allusioni, contenute nelle Allegre comarì di Windsor di Shakespeare, a «cosen garmombles» e ai cavalli affittati all'Osteria della Giarrettiera dagli uomini al seguito di un duca tedesco, potessero riferirsi in qualche modo a Federico del Wùrttemberg \ La regina permise la sua elezione all'Ordine della Giarrettiera nel 1597, ma la vera cerimonia dell'investitura non avvenne prima del novembre del 1603, quando la Giarrettiera gli fu conferita a Stoccarda, la sua capitale, da un'ambasceria speciale, inviata da Giacomo I. Così Giacomo, con questo atto, nel primo suo anno di regno, fece un gesto che continuava l'alleanza elisabettiana con le potenze protestanti tedesche, sebbene negli anni seguenti deludesse le speranze che aveva destato. Ma nel Wùrttemberg, nel 1603, parve che il regno del nuovo sovrano d'Inghilterra iniziasse con buoni auspici per i Tedeschi, e vi furono manifestazioni d'entusiasmo intorno all'ambasceria giunta per conferire la Giarrettiera al duca e per gli attori inglesi che la accompagnavano. Un resoconto di E. Cellius, scritto in latino e pubblicato a Stoccarda nel 1605, descrive la cerimonia della Giarrettiera, avvenuta in quella città e i festeggiamenti che vi ebbero luo4 Su Federico di Wiirttemberg e l'Inghilterra, cfr. w. B. RYE, England as Seen by Foreigners, London 1865, pp. i sgg.; v. VON KXARWILL, Queen Elizabeth5 and Some Foreigners, London 1928, pp. 347 sgg. Cfr. l'introduzione di H. C. Hart a The Merry Wives of Windsor, Arden edition, 1904, pp. XLI-XLVI. . . . . . JOHN DEE E L'ORIGINE DI «CHRISTIAN ROSENKREUTZ» 40 ,, :, , 41 CAPITOLO TERZO go; una parte di questo resoconto è stata ripresa in traduzione inglese da Elias Ashmole nella sua storia dell'Ordine della Giarrettiera '. Fecero una splendida impressione le processioni, a cui presero parte in forma solenne i cavalieri inglesi della Giarrettiera, fregiati delle insegne dell'Ordine e: i dignitari tedeschi. L'aspetto del duca era assai sfarzoso, adorno com'era di gioielli che irradiavano «una sfavillante amalgama di vari colori» 7 . Tra gli ufficiali inglesi della Giamettiera vi era Robert Spenser che, a detta di Cellius, era parrente del poeta8. L'aspetto interessante di questa affermazione è che si era sentito parlare di Spenser a Stoccarda e forse sanche del suo poema The Faerie Queene. Così sontuosamente abbigliato, il du<ca entrò in chiesa dove, al suono di una musica solenne, fu iìnsignito dell'Ordine. Dopo un sermone la musica ricominciò: ora si udivano «le voci di due giovani in bianca veste, com ali come gli angeli, posti l'uno di fronte all'altro»'. Tornato a palazzo, il corteo prese parte ai festeggiamenti indetti per il conferimento della Giarrelttìera: il banchetto si protrasse fino alle prime luci del giorno sseguente. Cellius narra particolari dei festeggiamenti che Asshmole non riporta e fa menzione degli svaghi procurati da «:musici, comici, attori tragici e altri attori inglesi di grande abiìlità». I musici inglesi eseguirono un concerto insieme con i imusici del Wùrttemberg e gli attori inglesi resero ancora piuì piacevole il banchetto rappresentando drammi. Uno di questi fu la Storia di Susanna: essi recitarono «con tale perizita di azione scenica e tale destrezza» da essere generosamentte applauditi e ricompensati 10. Nei giorni seguenti, gli Inglesi furonto condotti a visitare i luoghi principali del ducato, fra cui l'Università di Tubinga, 6 E. CELLIUS, Eques auratus Anglo-~Wirtemtbergicus, Tiibingen 1606; E. ASHMOLE, The Institution, Laws and Ceremomies of thè Most Noble Order of thè Carter, London 1672. 7 ASHMOLE, Carter cit., p. 412. 8 CELLIUS, Eques auratus Anglo-Wirfember;gicus cit., p. 119. Questo passo non è incluso nella traduzione abbreviata di Ashmole. 9 ASHMOLE, Carter cit., p. 415. I0 _ CELLIUS, Eques auratus Anglo-Wirtember^gicus cit., pp. 229-30. Sugli attori che accompagnarono gli ambasciatori dellla Giarrettiera cfr. CHAMBERS, Elizabethan Stage cit., voi. II, pp. 270-71. . «dove furono intrattenuti con commedie, musica e altre delizie». Senza dubbio la visita dell'ambasceria della Giarrettiera e degli attori che la accompagnavano deve essere stato un avvenimento assai stimolante e appassionante per il giovane, fantasioso studente di Tubinga, Johann Valentin Andreae. Le sue Nozze chimiche del 1616 abbondano di splendide impressioni prodotte dal sontuoso cerimoniale e dai festeggiamenti di un ordine, o di ordini, e contiene inserti avvincenti di rappresentazioni drammatiche. Diventano più comprensibili come produzione artistica se le consideriamo il risultato della influenza inglese esercitata sul giovane Andreae sia dalle rappresentazioni drammatiche, sia dalle cerimonie, unite ad ispirare una nuova, originale e fantastica opera d'arte. Nel 1604, un anno dopo la cerimonia della Giarrettiera, un'opera molto singolare fu dedicata al duca del Wùrttemberg. Si trattava della Naometria di Simon Studion, il cui manoscritto inedito si conserva presso la Landesbibliothek di Stoccarda11. È un'opera apocalittico-profetica di smisurata lunghezza, che impiega una numerologia complessa, basata sulle misure del Tempio di Salomone, secondo la descrizione della Bibbia, con digressioni sulle date significative della storia biblica ed europea, che sviluppano profezie sulle date di avvenimenti futuri. L'autore s'interessa particolarmente alle date della vita di Enrico di Navarra; l'intera opera sembra riflettere un'alleanza segreta tra Enrico, allora re di Francia, Giacomo I di Gran Bretagna e Federico, duca del Wùrttemberg. Questa presunta alleanza (di cui non ho trovato testimonianza altrove), è descritta con molti particolari, e il manoscritto comprende numerose pagine di musica per accompagnare i versi che esaltano l'amicizia eterna tra il Giglio (il re di Francia), il Leone (Giacomo di Gran Bretagna) e la Ninfa (il duca del Wùrttemberg). Secondo la testimonianza di Simon Studion sembrerebbe, dunque, che ci sia stata un'alleanza segreta, nel 1604, tra Giacomo, Federico, duca del Wùrttemberg e il re di Francia, forse a coronamento del rapprochement di Giacomo avvenuto per mezzo della cerimonia della Giarrettiera l'anno preceden11 Stoccarda, Wùrttemberg Landesbibliothek, Cod. theol. IV, 23, 34. Esfr ste ora un microfilm di questo manoscritto al Warburg Institute. <t RI- CAPITOLO TERZO te. Siamo agli inizi del regno di Giacomo, quando ancora egli continuava le alleanze del regno di Elisabetta e agiva di concerto con Navarra, allora re di Francia. La Naometria e un esemplare curioso di quella mania per la profezia, fondata sulla cronologia, che fu un'ossessione caratteristica di quel tempo. Contiene, comunque, un resoconto assai interessante e apparentemente autentico di un avvenimento accaduto, si dice, nel 1586. Secondo l'autore della Naometria, vi fu un incontro a Liineburg, il 17 luglio 1586, fra «alcuni principi ed elettori evangelici», i rappresentanti del re di Navarra, del re di Danimarca e della regina d'Inghilterra. Scopo di questo incontro, si dice, fu la formazione di una lega «evangelica» di difesa contro la Lega cattolica (allora attiva in Francia per impedire a Enrico di Navarra l'ascesa al trono francese). Questa lega venne chiamata «Confederatio militiae evangelicae» ". Ora, secondo alcuni dei primi studiosi del mistero rosacrociano, la Naometria di Simon Studion e la «Militia evangelica» di cui egli narra, sono una fonte essenziale per il movimento rosacrociano". A. E. Waite, che aveva esaminato il manoscritto, riteneva che l'abbozzo di una rosa, disegnato sommariamente, con al centro una croce, contenuto nella Naometria, fosse il primo esempio di simbolismo rosacrociano, rappresentato dalla rosa e dalla croce ". Non posso dire di essere altrettanto convinta dell'importanza di questa co12 La rivelazione dell'incontro avvenuto a Liineburg nel 1586, per costituire la «Confederatio militiae evangelicae», si trova nel foglio 35 della dedica della Naometria al duca del Wiirttemberg, con cui inizia il manoscritto. Questa dichiarazione viene ripetuta, quasi con le stesse parole, nel foglio 122 della dedica e vi si aggiunge che il duca del Wurttemberg occupava una posizione di rilievo « tra i confederati ». Cfr. WAITE, The Brotherhood of thè Rosy Cross_ cit., pp. 639 sgg. Non è impossibile che John Dee sia stato presente all'incontro di Luneburg; era a Lipsia nel maggio 1586, cfr. p. FRENCH, John Dee, p. 121. " Che vi sia un'importante relazione tra la Naometria di Simon Studion e il movimento rosacrociano, è stato affermato da j. G. BUHLE, Vber den Ursprung... der Orden der Rosenkreuzer una Freyman, Gottingen 1804, p. 119. Si può trovare una dichiarazione anteriore a questa in una relazione di Andreae in Wiirttembergisches Repertorium der Literatur, ed. J. W. Petersen, 1782-83, voi. III. De Quincey nel suo saggio Rosicrucians and Freemasons, 1824, ripetè l'affermazione di Buhle sulla Naometria (T. DE QUINCEY, Collected Writings, ed. D. Masson, Edinburgh 1890, voi. XIII, pp. 399-400). Cfr. anche WAITE, The Brotherhood of thè Rosy Cross cit., pp. 36 sgg., 639 sgg.; w. E. PEUCKERT, Die Rosenkreutzer, Jena 1928, pp. 38-39. 14 WAITE, The Brotherhood of thè Rosy Cross cit., p. 641. JOHN DEE E L'ORIGINE DI «CHRISTIAN ROSENKREUTZ» 43 siddetta rosa, ma l'idea che il movimento rosacrociano fosse alla radice di un qualche tipo di alleanza tra fautori del protestantesimo, formata per contrastare la Lega cattolica, è una congettura che si accorderebbe bene con le interpretazioni che verranno proposte in seguito in questo libro. La data del 1586 per la formazione di questa «Militia evangelica» ci riporterebbe al regno della regina Elisabetta, all'anno dell'intervento di Leicester nei Paesi Bassi, a quello della morte di Philip Sidney, all'idea della formazione di una lega protestante, che fu così cara a Sidney e a Giovanni Casimiro del Palatinato. I problemi posti da Simon Studion e dalla sua Naometria sono troppo complessi per essere esaminati qui minutamente, ma sarei incline a ritenere questo manoscritto di Stoccarda molto importante per gli studiosi del mistero rosacrociano. M'incoraggia a sostenere ciò il fatto che Johann Valentin Andreae conobbe senza dubbio la Naometria, perché la cita nella sua opera Turris Babel15, pubblicata nel 1619. In quest'opera Andreae non mostra interesse per le date del passato, citate nella Naometria, ma per le date degli avvenimenti futuri, per le profezie. Simon Studion ripete continuamente, con molta enfasi, che il 1620 (rammentiamo che egli scrive nel 1604) sarebbe stato un anno estremamente importante, perché avrebbe visto la fine del regno dell'Anticristo, con la caduta del papa e di Maometto. Questa dissoluzione sarebbe continuata negli anni successivi e intorno al 1623 sarebbe iniziato il millennio. Andreae è molto oscuro quando scrive circa le profezie della Naometria che egli connette con quelle dell'abate Gioacchino, di santa Brigida, di Lichtenberg, di Paracelso, di Postel e di altri illuminati. Ad ogni modo è possibile che profezie di questo genere abbiano effettivamente influito su avvenimenti storici, abbiano contribuito a decidere l'elettore palatino e gli entusiasmi che lo sostenevano a prendere l'avventata decisione di accettare la corona boema, nella fiducia che il millennio fosse prossimo. I movimenti oscuri, intravisti attraverso lo studio del duca di Wurttemberg, della Giarrettiera e dei misteri della Naometria, appartengono ai primi anni del secolo, quando l'Unio15 j. v. ANDREAE, Turris Bahel sive iuditiorum de Fraternitate Rosaceae Crucis chaos, Strassburg 1619, pp. 14-15. 44 CAPITOLO TERZO ne protestante si stava costituendo in Germania e si nutrivano speranze che i re di Francia e d'Inghilterra la sostenessero. In quei primi anni di regno, Giacomo I sembrava simpatizzasse per questi movimenti. L'assassinio del re di Francia nel 16io, alla vigilia di compiere un importante intervento in Germania, infranse per qualche tempo le speranze degli attivisti, e alterò l'equilibrio della situazione europea. Comunque, pareva che Giacomo continuasse ancora l'antico indirizzo politico. Nel 1612 si alleò con l'Unione dei principi protestanti, alla cui testa era allora il giovane elettore palatino; nello stesso anno fidanzò sua figlia Elisabetta a Federico, e nel 1613 ebbero luogo le famose nozze, con l'apparente promessa della Gran Bretagna di sostenere il capo dell'Unione protestante tedesca, l'elettore palatino. Proprio al culmine dell'alleanza, prima che Giacomo I cominciasse a ritrarsene, l'energico Christian von Anhalt cominciò ad adoprarsi per fare dell'elettore palatino il capo ideale delle forze antiasburgiche in Europa. Coloro che prima si sperava ne fossero i capi erano scomparsi: Enrico di Francia era stato assassinato; Enrico, principe di Galles, era morto. Il retaggio passò al giovane elettore palatino. Anhalt fu generalmente considerato responsabile della sfortunata avventura boema di Federico, e fu in gran parte contro Anhalt che si rivolse la propaganda dopo il disastroso fallimento K. Egli contava molte relazioni in Boemia e sembrerebbe che si debba alla sua opera di persuasione se i ribelli boemi furono indotti a offrire la corona a Federico. Anhalt esercitò un influsso rilevante e preponderante negli anni in cui l'avventura boema tendeva al culmine; è perciò essenziale valutare la natura dei suoi interessi e delle sue relazioni in Boemia. Dal punto di vista teologico, Christian von Anhalt era un calvinista convinto, ma come tanti altri principi protestanti tedeschi del tempo, era profondamente coinvolto in movimenti mistici e paracelsiani. Era il protettore di Oswald 16 Le carte sequestrate a Heidelberg dopo la conquista della città, nel 1622, furono pubblicate perché si riteneva dimostrassero la pericolosa natura dell'attività di Anhalt. La pubblicazione delle cosiddette « Carte dell'Archivio di Anhalt » aveva lo scopo di allontanare i protestanti tedeschi da Federico; cfr. Cambridge Modern Hzstory cit., voi. Ili, pp. 802-9; OGG, Europe in thè Seventeenth Centary cit., pp. 126 sgg. JOHN DEE E L'ORIGINE DI «CHRISTIAN ROSENKREUTZ» 45 Croll, cabbalista, paracelsiano e alchimista, e le sue relazioni in Boemia erano di questo genere. Era amico intimo di Petr Vok di Rosenberg1?, o Rozmberk, un ricco nobile boemo che possedeva vaste tenute nei pressi di Tfebon, nel sud della Boemia, un liberale della vecchia scuola di Rodolfo, protettore dell'alchimia e dell'occultismo. Le relazioni boeme di Anhalt erano tali da introdurlo nell'ambito di un'eccezionale corrente d'influssi inglesi, derivati dalla visita di John Dee e del suo collega Edward Kelley in Boemia. Come è noto, Dee e Kelley si trovarono a Praga nel 1583, quando Dee cercò di interessare l'imperatore Rodolfo II al suo misticismo imperialista di ampia portata e ai suoi estesissimi studi. La natura dell'opera di Dee ci è oggi meglio conosciuta grazie al recente lavoro di Peter French. Dee, il cui influsso in Inghilterra era stato tanto profondo e importante, e che era stato maestro di Philip Sidney e dei suoi amici, aveva avuto occasione di formarsi un seguito in Boemia, sebbene si abbiano per ora, pochi mezzi per studiare questo. Il centro più importante per l'influsso di Dee in Boemia sarebbe stato Tfebon, dove, insieme con Kelley, aveva stabilito il suo quartier generale dopo la prima visita a PragaIS. Dee visse a Tfebon ospite di Vilém Rozmberk fino al 1589, quando fece ritorno in Inghilterra. Vilém Rozmberk era il fratello maggiore di Petr, l'amico di Anhalt, erede delle tenute di Tfebon alla morte del fratello ". Considerate le inclinazioni di Anhalt e la natura dei suoi interessi, non vi è dubbio che l'influenza di Dee sia giunta sino a lui. Inoltre, è probabile che Anhalt si sia servito delle idee e delle teorie diffuse dal filosofo inglese elisabettiano per plasmare la figura dell'elettore palatino in Boemia e presentarlo come un uomo che poteva contare su vaste risorse d'influenza inglese. L'influsso di Dee si era propagato molto prima dalla Boemia alla Germania. Secondo le osservazioni di Elias Ashmole, 17 «Dal 1606 [Anhalt] era stato continuamente in contatto con Petr Vok di Rozmberk» (CLASEN, The Palatinate in European History cit., p. 23) Clasen pensa che possa essere stato Anhalt a suggerire ai Boemi la scelta di Federico quale re di Boemia. 18 FRENCH, John Dee cit., pp. 121 sgg. 19 Nuovo, prezioso materiale sulla famiglia Roizmberk e i suoi rapporti con Dee sarà disponibile con la pubblicazione del prossimo libro di Robert Evans sulla corte di Rodolfo II. 46 *KXI>K:: '-.-i i, .r 'M', CAPITOLO TERZO nel suo Theatrum chemicum britannic:um (16^52), il viaggio di Dee attraverso la Germania nel 1 5859, al momento del suo ritorno dalla Boemia, fu piuttosto sensaizionale. Egli passò vicino ai territori dove, venticinque anni (dopo, si sarebbe affermato e diffuso in modo così repentino iil movimento rosacrociano. Il langravio d'Assia volle salutarlo, ed egli in cambio «gli regalò dodici cavalli ungheresi, acquistati a Praga per il viaggio» 2°. Dee si mise anche in contante, in questa fase del viaggio di ritorno, con il suo discepolo Edward Dyer (che era stato l'amico più intimo di Philip Sidne;y). Dyer stava andando in Danimarca come ambasciatore; «ll'anno prima era stato a Tfebofi e ne aveva riportato lettere p?er la regina Elisabetta da parte del dottore [Dee]» 2i. Dee dieve aver fatto grande impressione in quelle contrade, sia coirne uomo di sterminata cultura, sia come personaggio al centro) di importanti affari. Ashmole dice che Dee il 27 giugno 1.5589, a Brema, ricevette la visita di «quel famoso filosofo ermietico, il dottor Heinrich Khunrath di Amburgo» 22. L'influemza di Dee è evidente, infatti, nella straordinaria opera di Khiunrath, l'Amphitheatrum sapientóne aeternae (tav. 15), pulbblicato a Hannover nel 1609 2Ì. Ci si può rendere conto, da luna delle illustrazioni dell'Amphitheatrum come il simbolo tmonas, il segno complesso che Dee spiegò nella sua Monais hieroglyphica (tav. 1 6) (pubblicata nel 1564, con una dledica all'imperatore Massimiliano II), esprima la sua forma . particolare di filosofia alchimistica; sia la Monas che gli Af carismi sono citati nel testo di Khunrath 24. "L'Amphitheatrum irappresenta un nesso tra la filosofia influenzata da Dee e la fiìlosofia dei manifesti rosacrociani. Nell'opera di Khunrath inacontriamo il frasario caratteristico dei manifesti, l'insistenza ccontinua su macrocosmo e microcosmo, l'importanza attribuita a magia, Kabbalah e alchimia, capaci di unirsi in qualchie modo per formare una filosofia religiosa, che promette unai nuova aurora per il genere umano. 20 E. ASHMOLE, Theatrum chemicum britannicuum, London 1652; ristampato in facsimile a cura di Allen G. Debus, Johnsson Reprint Corporation, New21 York e London 1967, pp. 482-83. . , . . 22 Ibid. 23 H. KHUNRATH, Amphitheatrum sapientiae aeeternae, Hannover 1609. Questa non fu la prima edizione. 24 Ibid., ^.6. JOHN DEE E L'ORIGINE DI «CHRISTIAN ROSENKREUTZ» 47 Vale la pena di soffermarsi sulle incisioni simboliche delVAmphitheatrum sapientiae aeternae, quale introduzione visiva alle immagini e alla filosofia che incontreremo nei manifesti rosacrociani. Tranne che nel titolo, la parola «Amphitheatrum» non ricorre nell'opera, e si può solamente supporre che Khunrath, nel dare questo titolo, possa avere avuto in mente un sistema di memoria occulta mediante il quale stava rappresentando visivamente le sue idee. Un'incisione mostra un'ampia caverna (tav. 17) con iscrizioni sulle pareti, attraverso la quale gli iniziati a un'esperienza spirituale avanzano verso la luce. Questo avrebbe potuto suggerire senz'altro l'immagine della Fama rosacrociana. E l'incisione del pio alchimista (tav. 18) richiama alla mente le teorie di John Dee e dei manifesti rosacrociani. A sinistra un uomo, in atteggiamento di intensa devozione, è inginocchiato davanti a un altare, su cui si trovano simboli cabbalistici e geometrici. A destra, si può vedere un grande forno con tutti gli strumenti di lavoro dell'alchimista. Al centro sono ammucchiati su un tavolo strumenti musicali. La scena dell'incisione è ambientata in un salone, disegnato con tutta l'abilità di un disegnatore moderno esperto di prospettiva, e questo dimostra una conoscenza di quelle arti matematiche che, nel Rinascimento, si accompagnavano all'architettura. L'incisione è una rappresentazione grafica della teoria, riassunta da Dee nella sua Monas hieroglyphica, una combinazione di discipline cabbalistiche, alchimistiche e matematiche, attraverso le quali l'iniziato credeva di poter ottenere una profonda conoscenza della natura e una visione del mondo divino sovrannaturale. Poteva anche costituire una rappresentazione grafica dei principali temi dei manifesti rosacrociani: magia, Kabbalah e alchimia, unite in una concezione intensamente religiosa, che implicava un pio accostarsi a tutte le scienze basate sul numero. Si dovrebbe cercare, dunque, l'influsso di John Dee sui manifesti rosacrociani? Certamente, il suo influsso può essere visto senza ombra di dubbio. Darò, per ora, solo una breve anticipazione di ciò che verrà analizzato più particolareggiatamente nei prossimi capitoli. Il secondo manifesto rosacrociano, la Confessio, del 1615, è stato pubblicato insieme con un opuscolo in latino, dal ti- 48 «XTOT •mjm,:--» m ir/r CAPITOLO TERZO 25 tolo Secretioris philosophiae consideratio brevis . Questa Consideratìo brevis è fondata sulla Monas hieroglyphica di John Dee: gran parte dell'opera è citata letteralmente dalla Monas. Questa dissertazione è indissolubilmente connessa al manifesto rosacrociano che segue, la Confessio. E la Confessio è indissolubilmente connessa al primo manifesto, la Fama del 1614, di cui ripete i temi. Cosi diviene evidente come la «filosofia più segreta» alla base dei manifesti sia stata la filosofia di John Dee, quale egli la riassunse nella sua Monas hieroglyphica 26. Inoltre, Le nozze chimiche di Johann Valentin Andreae del 1616, in cui egli diede un'espressione romantica e allegorica ai temi dei manifesti, recano sul frontespizio il simbolo monas di Dee e il simbolo viene ripetuto nel testo (tav. 30), accanto alla poesia con cui inizia l'allegoria27. Non vi può essere alcun dubbio, perciò, che il movimento su cui s'innestano le tre pubblicazioni rosacrociane, deriva in ultima analisi da John Dee. L'influsso di Dee potrebbe essere giunto in Germania dall'Inghilterra, attraverso i contatti inglesi dell'elettore palatino, ma potrebbe anche essersi diffusa dalla Boemia, dove Dee aveva svolto la sua infiammata missione negli anni precedenti. Ma perché si sarebbero dovute divulgare tali influenze in questo strano modo, disseminandole nelle pubblicazioni rosacrociane? Come tentativo di rispondere a questa domanda (a cui i capitoli seguenti forniranno maggiori argomenti), si suggerisce che le pubblicazioni rosacrociane appartengano a movimenti formatisi intorno all'elettore palatino, movimenti che lo indussero all'avventura boema. Lo spirito che più di ogni altro animava questi movimenti era Christian von Anhalt, i cui contatti in Boemia appartenevano proprio agli ambienti dove era noto e favorito l'influsso di Dee. Il suggerimento singolarmente stimolante è che il movimento rosacrociano in Germania sia stato un tardivo risultato della missione di Dee in Boemia risalente a oltre venti anni prima, e queste influenze vennero associate all'elettore palatino. Quale cavaliere della Giarrettiera, Federico aveva eredi25 26 27 Per il titolo latino cfr. App^dice, 9.380. Cfr. pp. 55-57. ' / Cfr. pp. 73-74. ? ' M>J ; ' > <••< - ;<•".( I ' JOHN DEE E L'ORIGINE DI «CHRISTIAN ROSENKREUTZ» 49 tato il culto della cavalleria inglese, associata al movimento e come capo dell'Unione protestante egli rappresentava le alleanze che Anhalt stava cercando di formare in Germania. Dal punto di vista politico-religioso, l'elettore palatino s'inserì in una situazione predisposta negli anni precedenti, ed egli apparve come il capo politico-religioso capace di risolvere i problemi del tempo. Dal 1614 al 1619 - gli anni del grande entusiasmo rosacrociano, suscitato dai manifesti - l'elettore palatino e la moglie regnarono a Heidelberg, mentre Christian von Anhalt preparava l'avventura boema. E quell'avventura non fu solamente un tentativo politico contro gli Asburgo. Fu l'espressione di un movimento religioso, che si andava consolidando da molti anni, nutrito dalle influenze segrete che circolavano in Europa, un movimento per la soluzione dei problemi religiosi secondo linee mistiche, suggerite da influssi ermetici e cabbalistici. Ci si può render conto dell'atmosfera singolare e mistica in cui furono coinvolti dagli entusiasti Federico e sua moglie, osservando una stampa tedesca, pubblicata nel 1613 (tav. 19). Federico ed Elisabetta sono circonfusi da raggi che il Nome di Dio irradia sopra le loro teste. Questa stampa può essere stata la prima di quelle diffuse in Germania sul tema di Federico ed Elisabetta, e molte altre la seguirono. La storia di Federico in queste stampe offre un'importante testimonianza per quel che riguarda i suoi rapporti con i movimenti contemporanei, come apparirà chiaramente nel prossimo capitolo, -i.nr »' ' r I^Tt' ,- onrr- 'I ,* ' I MANIFESTI ROSACROCIANI Capitolo quarto I manifesti rosacrociani La Fama, e la Confessio (i titoli abbreviati con cui continueremo a citare i due manifesti rosacrociani) sono stampati in appendice a questo libro ', dove il lettore stesso potrà esaminare gli annunci stimolanti di un'alba di illuminismo e il singolare racconto di «Christian Rosenkreutz» e della sua Confraternita, in cui vengono presentati tali presagi. Non è possibile trattare in questo capitolo i numerosi problemi riguardanti i manifesti, ed essi sono stati, quindi, ripartiti per tutto il libro. Per esempio, il motivo per cui un lungo passo di un'opera italiana, tradotto in tedesco, è stato stampato con la Fama costituisce un problema che verrà differito al capitolo in cui si discuterà della simpatia per i liberali italiani, implicita nel movimento rosacrociano tedesco2. Il lettore troverà in appendice anche una bibliografia essenziale dei manifesti con un'analisi degli scritti pubblicati con la Fama e la Confessio3. Si tratta di una questione importante, perché i lettori delle prime edizioni lesserò questi documenti insieme con altri scritti che contribuivano a spiegare il loro significato. Sebbene la prima edizione a stampa a noi nota della Fama, il primo manifesto rosacrociano, non sia apparsa fino al 1614, tale documento circolava in manoscritto prima di questa data, perché nel 1612 fu stampata una risposta, inviata da un certo Adam Haselmever4. Haselmeyer afferma di aver visto un manoscritto della Fama in Tirolo nel 161 o, e si dice che un altro manoscritto sia stato visto a Praga nel 1613. La «ri1 2 3 4 Cfr. Appendice, pp. 283-304. Cfr. pp. 156-67. Cfr. Appendice, pp. 279-80. Cfr. Appendice, pp. 279-80. 51 sposta» di Haselmeyer è stata ristampata nel volume che contiene la prima edizione a stampa della Fama. Haselmeyer si identifica con i «cristiani delle chiese evangeliche», saluta con entusiasmo la saggezza illuminata della Fama e fa dichiarazioni violentemente antigesuitiche. Egli accenna all'attesa, molto diffusa, di cambiamenti radicali dopo la morte dell'imperatore Rodolfo II, avvenuta nel 1612. Questa «risposta» di Haselmeyer, alla fine del volume che contiene la prima edizione a stampa della Fama, si collega a una prefa2Ìone in apertura al volume, in cui si afferma che i Gesuiti avevano catturato Haselmeyer per questa sua risposta favorevole all'appello della Fama e avevano fatto in modo che fosse incatenato su una galera. Questa prefazione suggerisce che il manifesto rosacrociano intendesse indicare un'alternativa alla Compagnia di Gesù: una confraternita più autenticamente fondata sull'insegnamento di Cristo. La risposta di Haselmeyer e la prefazione che lo riguarda sono molto oscure e, come avviene per molta letteratura rosacrociana non è certo se si possa interpretarle testualmente. Comunque è chiara l'intenzione generale di associare il primo manifesto rosacrociano con la propaganda antigesuitica. Questo proposito è anche reso con molta evidenza nel titolo completo del volume che contiene la Fama, e che si può tradurre come segue: Riforma universale e generale dell'intero universo. Oltre alla Fama Fraternitatis dell'Onorevole Confraternita della Rosa-Croce, , dedicata a tutti gli uomini dotti e ai sovrani d'Europa, una breve risposta inviata dal signor Haselmeyer, il quale per questo motivo è stato gettato in prigione dai Gesuiti e incatenato su una galera. Ora data alle stampe e resa nota a tutti i cuori sinceri. Stampata a Kassel da Wilhelm Wessel, anno 1614s. Questo titolo elenca tutti gli scritti contenuti nel volume, che includeva un brano di uno scrittore italiano a proposito di una riforma generale (come si vedrà più avanti in un altro capitolo), la Fama e la risposta di Haselmeyer. Così il lettore della prima edizione lesse la Fama in un contesto che mostrava chiaramente la tendenza antigesuitica del manifesto, tendenza che non è così ovvia se si esamina la Fama enucleata da tale contesto. Per il titolo tedesco cfr. Appendice, p. 280. 5 2 • • • ! • - CAPITOLO QUARTO Quest'opera si apre con un emozionante invito a prestare attenzione, quel suono di tromba che doveva echeggiare da un capo all'altro della Germania, e di là risuonare attraverso l'Europa. In questi ultimi tempi Dio ha rivelato a noi una conoscenza più perfetta sia di suo Figlio, Gesù Cristo, sia della Natura. Ha fatto sorgere uomini, dotati di grande sapienza, che potrebbero rinnovare le arti e condurle tutte alla perfezione, cosicché l'uomo «possa finalmente comprendere la sua nobiltà... e perché sia chiamato microcosmus, e quanto la sua conoscenza si estenda nella natura» 6 . Se i dotti fossero uniti, potrebbero ora mettere insieme, dal Libro della Natura un metodo perfetto di tutte le arti. Ma la diffusione di questa nuova luce e verità viene ostacolata da coloro che non lasceranno la loro antica via, legati come sono all'autorità restrittiva di Aristotele e di Galene. Dopo la perorazione iniziale, il lettore può finalmente conoscere il misterioso Rosenkreutz, fondatore della «nostra Confraternita», che ha lavorato a lungo per giungere a tale riforma generale. Fratello Rosenkreutz, un «uomo illuminato», aveva viaggiato moltissimo, soprattutto in Oriente, dove i sapienti sono disposti a trasmettere la loro conoscenza. Così si dovrebbe fare attualmente, in Germania, dove non mancano i dotti, «maghi, studiosi di Kabbalah, medici e filosofi», che dovrebbero collaborare gli uni con gli altri. Durante questo suo peregrinare apprese la «magia e la Kabbalah» dell'Oriente e conobbe come fare buon uso delle nozioni acquisite per trovar fondamenti ancora più saldi per la sua fede, compatibili con P« armonia del mondo intero, mirabilmente impressa in tutte le epoche»7. Fratello Rosenkreutz andò poi in Spagna allo scopo di rivelare là e ai dotti d'Europa ciò che aveva appreso. Egli mostrò «dove sbagliava la Chiesa e come migliorare l'intera philosopbia moralis». Prescrisse nuovi assiomi con cui si poteva tutto rinnovare, ma fu deriso. Quanti lo udivano temevano che «ricominciando ad apprendere e riconoscendo errori ormai annosi,... avrebbero perso di prestigio». Fu molto deluso: egli era pronto ad impartire tutta la sua conoscenza ai dotti «purché solo volessero prendersi la pena di trascri- I MANIFESTI ROSACROCIANI vere alcuni infallibili axiomata ricavati da tutte le facoltà, scienze, arti e dall'intera natura». Se si realizzasse questo si potrebbe formare in Europa una società che arricchirebbe i sovrani con la sua conoscenza e consiglierebbe tutti. Il mondo in quei tempi era gravido di tali movimenti ed era occupato a generare uomini che si sarebbero aperti un varco attraverso l'oscurità. Uno di questi fu «Teofrasto» (Paracelso), che conosceva bene «la sopracitata harmonia», pur non appartenendo «alla nostra Confraternita»8. Nel frattempo Fratello Rosenkreutz era tornato in Germania, consapevole dei cambiamenti che sarebbero avvenuti e delle pericolose contese. (Secondo la Confessici, Fratello Rosenkreutz nacque nel 1378 e visse centosei anni; si suppone perciò che egli sia vissuto e abbia operato nei secoli xiv e xvi). Si costruì una casa dove meditò sulla sua filosofia, dedicando molto tempo allo studio della matematica e alla costruzione di molti strumenti. Cominciò a desiderare ancora più ardentemente la riforma e a formare dei collaboratori, iniziando con tre soli fratelli. «In questo modo si formò la Confraternita della Rosa-Croce. All'inizio erano solamente in quattro; furono essi a creare la lingua e la scrittura magica, con un vasto lessico, che impieghiamo ancora oggi, a lode e gloria di Dio» '. L'autore della Fama continua, poi, raccontando la fantastica storia di quest'Ordine immaginario10, che qui riassumiamo (la storia completa la si può leggere in appendice). I membri dell'Ordine aumentarono. Il loro centro fu un nuovo edificio, la Casa dello Spirito Santo. La loro attività principale era l'assistenza degli ammalati, ma essi viaggiarono anche molto per acquisire e diffondere conoscenza. Professavano sei regole. La prima imponeva loro di non esercitare altra professione salvo quella di curare gli ammalati e ciò «gratuitamente». Non dovevano indossare abiti che li distinguessero, ma adeguarsi ai costumi del paese in cui capitava loro di essere. Dovevano incontrarsi una volta l'anno nella Casa dello Spirito Santo. Il primo a morire della Confraternita, morì in Inghilterra. 8 1 Cfr. Appendice, p. 283. Cfr. Appendice, pp. 284-85. 53 Cfr. Appendice, p. 286. Cfr. Appendice, pp. 286-87. 10 Cfr. Appendice, pp. 287 sgg. 9 5& 1HAOC CAPITOLO QUARTO vis è data dalla citazione sul verso del frontespizio, riportata sopra, che Dee, naturalmente, scrive in latino: «De rore caeli et pinguedine terrae det tibi Deus». Questo testo è impresso sul frontespizio della Monas hieroglyphica di Dee (tav. 16), dove il tema della rugiada (ros), che scende e unisce il cielo e la terra, è resa graficamente. La Consideratio brevis non riproduce tutta la Monas di Dee, ma cita letteralmente i primi tredici teoremi dell'opera, misti ad altro materiale. In questi teoremi Dee spiega la composizione del suo segno monas, come la monas includa i simboli di tutti i pianeti; come esaurisca in se stessa il segno zodiacale dell'Ariete, che rappresenta il fuoco e di conseguenza i processi alchimistici; come la croce sotto i simboli del Sole e della Luna rappresenti gli elementi e come il vario disporsi delle quattro linee di questa croce possano trasformarla in un simbolo sia di tre, sia di quattro lati, triangolo o quadrato, risolvendo così un grande mistero15. Gli schemi che «Filippo da Gabella» presenta (alcuni di questi non si trovano nella Monas di Dee), possono effettivamente contribuire a spiegare con maggior chiarezza come la mente di Dee operasse sulle parti che componevano il suo simbolo. Evidentemente era proprio la monas che più interessava «Filippo da Gabella», il segno misterioso e le sue parti, che poteva includere tutti i cieli e gli elementi, le sacre figure del triangolo, del cerchio, del quadrato e della croce. Piuttosto stranamente, non usa mai il termine monas e nei brani che cita direttamente dalla Monas hieroglyphica di Dee sostituisce «stella» a monas. Per «Filippo da Gabella» la monade diventa una stella e la Monas hieroglyphica una stella hieroglyphica. Questa interpretazione potrebbe, comunque, essere autorizzata dall'opera di Dee: nell'ultima pagina della Monas, una donna con una stella sembra si debba interpretare come una figura che sintetizza tutta l'opera. La Consideratio brevis si chiude con una preghiera in latino, che esprime uno stato d'animo di intensa devozione e di aspirazione a Dio, eterno ed infinito, Unica Forza e Unica Perfezione, in cui tutte le cose sono Uno, che con il Figlio e lo Spirito Santo è Tre in Uno. Questa preghiera ricorda quelle 15 Cfr. e. H. JOSTEN, A Translation of John Dee's «Monas Hieroglypbica» with un Introduction, in «Ambix», xii (1964), pp. 155-65. I MANIFESTI ROSACROCIANI 57 di Dee, e la sua presenza alla fine di una versione della Monas immette la Consideratio brevis in quell'atmosfera di ardente pietà, unita a un complesso sforzo magico-scientifico, che è proprio dell'opera di Dee. La preghiera è firmata «Philemon R. C.», cioè «Filemone Rosa-Croce», ed è seguita nella pagina a fronte dalla prefazione al lettore, firmata «Frater R. C.», del secondo manifesto rosacrociano, la Confessio, stampata subito dopo. Vale a dire: la Consideratio brevis ispirata a Dee e la sua preghiera sembrano del tutto conformi al manifesto rosacrociano, quali parti integranti di esso, quasi spiegassero che la «filosofia più segreta» alla base del movimento rosacrociano era la filosofia di John Dee, come egli l'aveva esposta nella sua Monas hieroglyphica. Questo ci potrebbe indurre a riflettere di nuovo su una vecchia teoria, ora generalmente scartata, per cui il nome «rosacroce» non deriverebbe da «rosa» e «croce», ma da ros (rugiada) e crux, che hanno un significato alchimistico connesso con la rugiada, solvente (presunto) dell'oro e con la croce, equivalente della luce16. Senza tentare di penetrare questi misteri alchimistici, si può dire che la scoperta della stretta connessione tra la Monas di Dee e il suo motto sulla «rugiada del cielo» con il manifesto rosacrociano, potrebbe dare ora un fondamento alla teoria della Ros (rugiada) Croce. Passiamo ora, come avrebbero dovuto fare i primi lettori, dall'esame della Consideratio brevis (notando la sua stretta dipendenza dalla Monas hieroglyphica di Dee) allo studio del manifesto rosacrociano Confessio. La premessa rivolta al lettore con cui si apre la Confessio contiene una dichiarazione sorprendente: «Come possiamo ora, del tutto liberi e sicuri proclamare impunemente il papa di Roma Anticristo, il che prima d'oggi era giudicato peccato mortale, e per esso uomini di tutti i paesi furono mandati a morte, così noi sappiamo con certezza che verrà il tempo in cui pubblicheremo e paleseremo apertamente, liberamente e La teoria per cui «Rosa-Croce» deriva da ros (rugiada) e crux (croce), viene esposta in una nota in j. CROSSLEY, Diary and Correspondence of Dr. John Wortbmgton, Chetham Society, 1847, voi. I, pp. 239-40 nota. Tale teoria non è accettata da R. F. GOULD, History of Freemasonry, ed. H. Poole, -London 1951, voi. II, p. 67. $ . • CAPITOLO QUARTO ad alta voce, davanti a tutto il mondo, ciò che ancora manteniamo segreto» ". Le frasi con cui inizia la Confessio1S connettono strettamente quest'opera con la Fama. Qualsiasi cosa il lettore sia venuto a sapere sulla Confraternita grazie allo squillo di tromba della Fama, non si deve ritenerlo avventato o respingerlo, dice l'autore della Confessio. lehova, vedendo il mondo cadere in rovina, si affretta a riportarlo al suo principio. I Fratelli hanno rivelato nella Fama la natura del loro Ordine ed è chiaro che non possiamo sospettarli di eresia. Per quanto riguarda la riforma della filosofia, il programma è lo stesso della Fama. Si esortano di nuovo i dotti d'Europa a rispondere all'invito fraterno dell'Ordine e a cooperare con i suoi sforzi. La Confessio è piena di ammirazione per la profonda conoscenza di Padre Rosenkreutz. Le sue riflessioni su tutto ciò che è stato scoperto sin dalla creazione e propagato dall'ingegno umano o mediante il servizio di angeli o di spiriti, sono a tal punto onnicomprensive che se ogni altra conoscenza andasse perduta, sarebbe possibile ricostruire grazie ad esse soltanto l'edificio del vero. Non sarebbe desiderabile debellare la fame, la miseria, la malattia, la vecchiaia, conoscere tutti i paesi della terra e i loro segreti, leggere in un unico libro ciò che è contenuto in tutti gli altri libri? Così «trasformare, per mezzo del canto, le rocce in perle e pietre preziose, gli animali feroci in spiriti». Quando la tromba dell'Ordine farà risuonare a piena voce ciò che ora noi mormoriamo solamente, velandolo con enigmi, verrà proclamato pubblicamente e si diffonderà per il mondo e la tirannia del papa verrà abbattuta. Il mondo ha visto molti mutamenti dalla nascita di Padre Rosenkreutz e molti altri ancora devono avvenire. Ma prima della fine, Dio concederà che si riversi sull'umanità una gran copia di verità, di luce e di gloria, pari a quella che circondava Adamo in Paradiso. Nuove stelle sono apparse nelle costellazioni del Serpentario e del Cigno ", segno del sopraggiungere di tutte queste cose. 17 II passo è citato dalla traduzione di Thomas Vaughan. Cfr. Fame and Confession, ed. Pryce, p. 33. 18 Cfr. Appendice, p. 301. :. ; n Le «nuove stelle» delle costellazioni del Serpentario e del Cigno> ajn- I MANIFESTI ROSACROCIANI 59 II secondo manifesto ripete il messaggio del primo, sebbene con fervore e intensità anche maggiori. Una nota potentemente profetica e apocalittica risuona per tutto il manifesto: la fine è prossima; sono apparse nuove stelle, preannunzio di prodigi; la grande riforma dev'essere un millennio, il ritorno alla condizione di Adamo in Paradiso. Questi annunci destarono, a quel tempo, un interesse frenetico e molti furono i tentativi appassionati per raggiungere i Fratelli Rosa-Croce, con lettere, appelli a stampa, libelli20. Un profluvio di opere a stampa scaturisce da questi manifesti, in risposta all'invito di mettersi in contatto con gli autori e di cooperare all'attività dell'Ordine. Ma sembra che gli appelli siano rimasti senza risposta. I Fratelli, se esistevano, sembravano invisibili e sordi alle suppliche di manifestarsi. Questo mistero non diminuì l'interesse per i favolosi Fratelli, ma, al contrario, lo rese più intenso. Tra le varie tendenze di interpretazione del mistero rosacrociano, oggi possiamo sicuramente scartare i fondamentalisti, coloro che credono nelPinterpretazione letterale della storia di Christian Rosenkreutz e della sua Confraternita. Ci sono poi gli schernitori, coloro che pensano che l'intera vicenda sia stata una burla. L'invisibilità dei Fratelli, il loro evidente rifiuto di dare un segno della loro esistenza ai discepoli, incoraggia naturalmente questo punto di vista. Chi riflette sui manifesti è colpito dal contrasto tra il tono serio del loro messaggio religioso e filosofico e il carattere fantastico della struttura in cui il messaggio viene presentato. Un movimento religioso che si vale dell'alchimia per rendere più intensa la propria pietà evangelica, e che include un vasto programma di ricerca e riforma scientifica, è, senza dubbio, un fenomeno interessante. Che le scienze siano considerate nei termini rinascimentali ermetico-cabbalistici, in rapporto con «magia» e «Kabbalah», è conforme al tempo, e anche il parse nel 1604, furono studiate da Keplero. Egli pensava che tali stelle annunziassero mutamenti religiosi e politici (KEPLERO, De stella nova in pede Serpentarii; De stella incognita Cygni, stampato a Praga nel 1606; ristampato in KEPLERO, Gesammelte Werke, ed. M. Caspar, 1938, voi. I, pp. 146 sgg.). Anche John Donne s'interessò molto a queste nuove stelle; cfr. C. M. COFFIN, John Donne and thè New Philosophy, Columbia University Press, 1937, pp. 123 sgg. . 20 : Cfr. pp. 109 sgg. . 6o CAPITOLO QUARTO millenarismo - ossia che la nuova aurora sia considerata come un periodo di illuminazione e di sviluppo che precede la fine del mondo — non è incompatibile con il pensiero più avanzato del tempo. La stessa Instauratici magna scientiarum di Francis Bacon ha una sfumatura di millenarismo, come ha mostrato Paolo Rossi21. Gli autori dei manifesti non intendevano che fosse presa alla lettera la storia di Christian Rosenkreutz e dei suoi Fratelli Rosa-Croce, e quella dell'apertura della magica grotta che conteneva il suo sepolcro: ovviamente essi si ispiravano a leggende di tesori sepolti, rinvenuti miracolosamente, come quelle che erano particolarmente numerose nella tradizione alchimistica. Vi sono molte prove, nei testi stessi, che la storia era un'allegoria o uno scritto di fantasia. L'apertura della porta del sepolcro simboleggia l'apertura di una porta in Europa. Il sepolcro è illuminato da un sole interno, che suggerisce come l'entrarvi possa rappresentare una esperienza interiore, come la grotta attraverso la quale splende la luce, nell'Amphztheatmm sapientiae di Khunrath (tav. 17).^ Tuttavia, molti lettori creduli, a quel tempo e in seguito, hanno interpretato la storia alla lettera. Le più recenti opere critiche di studiosi del mistero rosacrociano hanno sottolineato come lo stesso Johann Valentin Andreae l'abbia descritto come immaginario, una commedia o uno «scherzo». Senza dubbio Andreae era dietro le quinte dell'intero movimento, a cui si riferisce spesso nelle sue numerose opere (oltre Le nozze chimiche, che hanno valore, quasi, di un terzo manifesto rosacrociano). Il termine latino che Andreae usa con maggiore frequenza quando menziona il movimento rosacrociano è ludibrium. A proposito dei manifesti usa espressioni quali «il ludibrium della vana Fama», o «Uludibrium dell'immaginaria Confraternita rosacrociana». Paul Arnold ha tradotto ludibrium in francese con «une farse», e ha stabilito che Andreae stesso ha definito tutta la storia uno scherzo22. Charles Webster pensa che le frasi sul ludibrium siano «termini derisori»23. 21 p. ROSSI, Francesco 'Bacane. Dalla magia alla scienza, Laterza, Bari 957> PP- 117 sgg. [Nuova ediz. riveduta e ampliata, Einaudi, Torino 1974]. p. ARNOLD, Histoire des Rose-Croix, Paris 1935, p. 50. 23 e. WEBSTER, Macaria: Samuel Hartlib and thè Great Reformation, in «Acta Comeniana», 26 (1970), p. 149. J I MANIFESTI ROSACROCIANI 6l È vero che, con queste parole, Andreae stava tentando di dissociarsi dal mistero rosacrociano, diventato, quando ne scriveva in quei termini, pericoloso; non credo, tuttavia, che questa sia l'intera spiegazione dell'uso del termine ludibrium. Ludibrium poteva essere un dramma, una finzione comica, e - come si vedrà più ampiamente in un capitolo seguente Andreae teneva in grande considerazione il teatro, come influenza morale ed educativa24. La teatralità del movimento rosacrociano, come indicavano i commenti e le allusioni di Andreae, è uno degli aspetti più affascinanti di tutta la questione. Ne accenno qui, anticipando la trattazione, per suggerire che interpretare Fama e Confessio come ludibrium, qualsiasi possa essere il significato di questo termine (e su ciò non dobbiamo prendere posizione, finché non se ne sia discusso più a fondo), incoraggia l'opinione che gli autori dei manifesti non intendevano che la storia di Christian Rosenkreutz dovesse essere presa alla lettera, ma avrebbe potuto essere vera in un altro senso: potrebbe essere stata una divina commedia o una presentazione allegorica di un complesso movimento religioso e filosofico, capace di avere un'influenza diretta sulla situazione del tempo. Siamo in una posizione privilegiata rispetto agli studiosi che ci hanno preceduto perché abbiamo alcuni indizi di che cosa potessero trattare i manifesti rosacrociani, conoscendo l'importante influsso della Nionas hieroglyphica di John Dee su di essi. Dietro ai manifesti c'era la «filosofia più segreta». L'allegoria dell'apertura del sepolcro e la rivelazione delle meraviglie contenute in esso rappresenterebbe lo sprigionarsi di una nuova ondata d'influenze derivanti soprattutto, in ultima analisi, anche se non interamente, dall'influsso di Dee, il quale aveva adempito la sua missione negli anni settanta del secolo xvi, in un ambiente noto a Christian von Anhalt, organizzatore del movimento che si proponeva di insediare l'elettore palatino Federico quale re di Boemia. I manifesti rappresentano, a mio giudizio, lo sfondo mistico di questo movimento caratterizzato da una profonda religiosità di tendenza ermetica, magica, alchimistica e riformatrice, simile a quello diffuso da Dee in Boemia. Non si dovrebbe dare troppo rilievo a questo aspetto dello sfondo dei manifesti, al quale avran- I 24 Cfr.pp.i68sgg. 62 CAPITOLO QUARTO no concorso molte altre influenze, ma è di somma importanza tenere presente che il movimento a favore di Federico fu contemporaneo ai manifesti, e che l'influsso di Dee (su cui non vi possono essere dubbi) quadra con il suggerimento che i manifesti potessero appartenere all'atmosfera in cui quel movimento si sviluppò. Questa ipotesi può essere confermata, in modo sorprendente, da altre testimonianze. I nemici di quel movimento possono fornirci informazioni preziose, e proprio ai nemici ci rivolgeremo ora per avere una guida. Uno di questi nemici era Andreas Libau (Libavius), un nome ben noto nella storia dei primordi della chimica. Libau era uno di quei «chimici», che avevano subito l'influsso, in qualche misura, della nuova dottrina di Paracelso, poiché accettava l'uso di nuovi farmaci chimici nella medicina, impiegati e consigliati da Paracelso, pur aderendo, per quel che riguarda la teoria, alle dottrine tradizionali di Aristotele e di Galeno e pur rifiutando il misticismo paracelsiano25. Aristotele e Galeno figurano degnamente sul frontespizio della più importante opera di Libau, VAlchymia, pubblicata a Francoforte nel 1596. I manifesti rosacrociani attaccano Aristotele e Galeno, come esempi caratteristici di una rigidezza mentale ormai superata. Non si può dire se Libau si sia sentito personalmente colpito da questo attacco sferrato contro l'insegnamento tradizionale da paracelsiani entusiasti, ma, senza dubbio, la sua critica ai manifesti rosacrociani si rivolge polemica contro quei «chimici» che, come l'empio Paracelso, poco differiscono dai maghi. Libau accusa gli autori dei manifesti di non aver capito l'alchimia seria e scientifica, e di sostituire ad essa una confusa teoria. Egli ritiene le sue «considerazioni fatte a fin di bene», in quanto istruzioni capaci di indurre gli autori a rendersi conto dei loro errori, offrendo una solida base della vera alchimia scientifica. Libau criticò la Fama e la Confessio rosacrociane in varie opere, fra cui la più importante è intitolata Considerazioni fatte a fin di bene sulla «Fama» e sulla «Confessio» detta Confraternita dei Rosa-Croce, pubblicata a Francoforte, nel 25 Cfr. j. K. PARTINGTON, History of Cbemistry, London 1961, voi. II, pp. 244 sgg. Libau non si rifiutava di riconoscere la validità dell'alchimia; cfr. j. READ, Prelude to Chemistry, London 1936, pp. 213-21. I MANIFESTI 1616 ". Fondandosi sui testi dei due manifesti, Libau muove ad essi serie obiezioni su basi scientifiche, politiche e religio- . se. È fieramente avverso alle teorie di armonia macro-microcosmica, alla «magia e alla Kabbalah», a Ermete Trismegisto (dai cui supposti scritti fa molte citazioni), ad Agrippa e a Tritemio. In breve, è contro la tradizione rinascimentale, quale è stata trasmessa agli autori dei manifesti rosacrociani e nel cui spirito essi interpretano Paracelso. Libau considera tutto ciò un sovvertimento della tradizione aristotelica e galenica (come fu in realtà), e critica violentemente i manifesti per essersi allontanati dall'ortodossia. È significativo che, in uno scritto pubblicato anni prima, nel 1594, Libau avesse attaccato la Monas hieroglyphica di Dee, sottolineandone gli elementi cabbalistici che egli disapprovava 27. Perciò sarà stato certamente in grado di riconoscere l'influenza della Monas di Dee nei manifesti rosacrociani, e questo lo avrà confermato nella sua avversione. È anche significativo che Libau citi frequentemente Oswald Croll nei suoi scritti contro i Rosa-Croce e sembra che associ le loro dottrine a quelle di Croll, contro il quale è egualmente critico. All'inizio delle sue «considerazioni fatte a fin di bene» menziona polemicamente la prefazione alla "Basilica di Croll. Oswald Croll (Crollius) era un medico paracelsiano, che, a differenza di Libau, adottò non solo i farmaci chimici di Paracelso, ma anche l'intero sostrato del suo pensiero. Come Paracelso rifiutò Aristotele e Galeno, aderì entusiasticamente al misticismo, alla magia, e alle teorie paracelsiane di armonia nel loro insieme. Nella Basilica chytnica, pubblicata a Francoforte nel 1609, Croll cita continuamente Ermete Trismegisto e i testi ermetici con riverenza ed è pieno di rispetto per i grandi neoplatonici del Rinascimento, come Pico della Mi26 A. LIBAU, Wohlmeinendes Bedencken der Fama una Confession der Bruderschaft des Rosencreutzes, Frankfurt 1616. Altre opere in latino scritte da Libau contro i manifesti rosacrociani sono state stampate nelTAppendix necessaria syntagmatis arcanorum chymicorum, Frankfurt 1615, ristampate a Francoforte nel 1661, con un titolo di poco variato. Cfr. i. MACPHAIL, Alchemy and thè Occult, A Catalogne of Books and Manuscripts from thè , Collection of Paul and Mary Mellon, Yale 1968, voi. I, p. 71. 27 A. LIBAU, Tractatus duo de physici, Frankfurt 1594, pp. 46, 71; cfr. r. SECRET, Les kabbalistes cbrétiens de la Renaissance, Paris 1964, p. 138. 64 CAPITOLO QUARTO randola. Tema dell'opera sono le armonie magiche del macro- cosmo e del microcosmo, e l'atmosfera, nell'insieme, avrebbe potuto essere molto congeniale agli autori dei manifesti rosacrociani. Un'altra opera di Croll, pubblicata a Praga nel 1608, espone la correlazione paracelsiana di grandi e piccoli mondi, attraverso la dottrina di «signaturae» astrali 2\ In Libau e in Croll abbiamo dunque gli esponenti tipici del «chimico» o alchimista, tradizionalmente aristotelico e galenico, in contrasto con l'alchimista estremo, mistico, paracelsiano. Libau classifica i manifesti rosacrociani come appartenenti, con Croll, a una scuola eterodossa di pensiero alchimistico. Ora, come ho già detto 2 ', Oswald Croll era in contatto con Christian von Anhalt, di cui era il medico. La Basilica è dedicata ad Anhalt, con un privilegio dell'imperatore Rodolfo II, mentre il De signaturis internis rerum è dedicato a Petr Vok di Rozmberk, il nobile boemo strettamente legato e alleato ad Anhalt, il cui fratello Vilém era stato il protettore boemo di John Dee. Associando la dottrina dei manifesti rosacrociani a quella di Croll, Libau potrebbe, perciò, voler suggerire che i manifesti appartenevano a un'atmosfera congeniale ad Anhalt, un'atmosfera in cui le influenze di John Dee si univano a quelle di Croll. E Anhalt era, naturalmente, l'anima della tradizione «attivista» del protestantesimo tedesco, la tradizione che aveva cercato capi per tutta la prima parte del secolo e che ora (al tempo in cui i manifesti rosacrociani erano ormai stampati), aveva scelto Federico V, elettore palatino, quale capo destinato a dirigere e condurre alla vittoria il movimento. Oltre ad esprimere la sua critica per il pensiero dei manifesti rosacrociani, Libau manifesta anche la sua disapprovazione per la loro politica, in particolare quando commenta il passo della Fama, in cui gli autori affermano di riconoscere l'autorità dell'Impero, ma di attendersi cambiamenti, che sosterranno con aiuto segreto. In politica noi riconosciamo il Romano Impero e la Quarta monarchia, come guida nostra e di tutti i cristiani... Conosciamo i mutamenti che incombono e li riveleremo volentieri e a cuore aperto '•''<•. \r 2 o. CROLL, De signaturis internis rerum, Praha 1608. 'Cfr.. - ' ' '! ' I MANIFESTI ROSACROCIANI 6j> ad altri uomini dotti e pii... Ma aiuteremo segretamente la buona causa, così come Dio lo permetterà o impedirà30. Libiau vede in questo brano un'allusione a un «Leone paracelslano», che si alleerà con il Turco e che tenterà di rovesciare il «Romisches Reich» per sostituirlo con un governo del mondo, basato su incantesimi magici31. Collega infatti questo passo della Fama e i suoi annunci di mutamenti nell'Impero con la «risposta» di Haselmeyer, pubblicata insieme co;n la Fama, da cui risulta assolutamente chiaro l'orientamento antigesuitico della politica paracelsiana. Quando i manifesti vennero pubblicati, un «Leone», capo dei movimenti che Anhalt aveva incoraggiato, si era personificato in Federico V del Palatinato, il cui emblema araldico, come tutti ben sapevano, era appunto un leone. Tempo e luogo concordano nel far apparire non solo possibile;, ma probabile, che il movimento rosacrociano, quando comparvero le edizioni a stampa dei manifesti, fosse connesso con l'elettore palatino. Esso si diffonde durante gli anni in cui Federico regna nel Palatinato, preparandosi alla grande avventura boema. La mente che lo muove, Andreae, si trova nel Wurttemberg; i manifesti vengono pubblicati a Kassel. II Wurttemberg e l'Assia-Kassel erano due principati protestanti confinanti con il Palatinato e molto interessati a quello che vi accadeva. Il centro emozionale e ideale a cui essi guardavano in quegli anni era Heidelberg: Heidelberg, con i suoi magici giardini e il suo principe «Leone». Vi sono altri nemici, più accaniti e spieiati di Libau, che possiamo ora presentare a sostegno di questa interpretazione. Le stampe satiriche contro Federico, che circolarono dopo la sua sconfitta, rivelano una notevole conoscenza del suo movimento, e se ne valgono per schernirlo32. Queste caricature 30 31 Cfr. Appendice, p. 294. LIBAU, Woblmeinendes Bedencken cit., pp. 194-95, 2°5- Libau associa il « Leone paracelsiano » con il Turco attraverso quella che presume sia la dottrina di Maometto, assimilata da « Christian Rosenkreutz » a Damasco. L'accusa di alleanza con il Turco fu rivolta a Federico e a Anhalt; uno dei loro32alleati era Bethlem Gàbor, un musulmano convertito. Pubblicazioni che contengono riproduzioni delle caricature sono: BELLER, Caricature! cit.; ID., Propaganda in Germany during thè Thirty Years War, Princeton 1940; H. WASCHER, Das deutscbe illustrierte Flugblatt, Dresden 1955; M. BOHATCOVA, Irrgarten der Schicksale: Emblematdrucke votn Anfang des Dreissig Jahrigen Krieges, Praha 1966. 66 CAPITOLO QUARTO provenivano evidentemente da un'unica fonte e costituivano una campagna di propaganda pianificata con cura al fine di screditare e coprire di ridicolo lo sconfitto ex re di Boemia. Esemplari di queste caricature sono già state riprodotte in questo libro: una di Federico ed Elisabetta in un giardino che conduce all'Inferno (tav. 11); altre che mostrano Federico senza una giarrettiera (tav. 13) (giocando sul tema della perdita di un'insegna della Giarrettiera). Altre caricature ricorrono a temi animaleschi, seguendo una tradizione medievale di immagini politiche con animali simbolici, e insistendo sulle vicende dell'Aquila asburgica e del Leone del Palatinato: per esempio, una ruota che ha al sommo l'Aquila asburgica trionfante e schiaccia sotto di sé lo sconfitto Leone del Palatinato; la ruota rappresenta il «Romisches Reich», che, ruotando, ha ristabilito l'Aquila degli Asburgo e cacciato il Leone palatino dalla Boemia (tav. 20). Nella sua introduzione alla raccolta di riproduzioni di alcune di queste stampe satiriche, E. A. Beller sottolinea che l'Aquila è sempre l'imperatore Ferdinando e il Leone, Federico del Palatinato; la morale della favola è sempre il fallimento dell'empio tentativo d'interferire negli affari dell'Impero, intrapreso da quest'ultimo. Alcune di queste satire replicano, in modo assai istruttivo, ai temi dei manifesti rosacrociani. La Fama, il manifesto che preannunzia grandi mutamenti nell'Impero, si chiude con le parole «all'ombra delle tue ali, lehova». La citazione è in latino, alla fine del testo tedesco, «sub umbra alarum tuarum, lehova»33: si tratta della citazione da una preghiera per ottenere protezione, che ricorre varie volte in questa forma nei Salmi. «Preservami come la pupilla dell'occhio, nascondimi all'ombra delle tue ali» (17.8). Oppure: «Abbi pietà di me, o Dio, abbi pietà di me, perché l'anima mia confida in te; e all'ombra delle tue ali io mi rifugio, sinché queste calamità non sian passate» (57.1). Poste alla fine della Fama, le parole latine di questa pia giaculatoria sottolineano il carattere religioso del tema dei manifesti: sono come un sigillo alla fine del documento. Si può vedere, espresso graficamente, questo versetto della Fama, in alcune pubblicazioni rosacrociane, per esempio sul frontespizio dello Speculum sophicum Rhodo-Stauroti33 Cfr. Appendice,p. 295. .r.' ..;..;;. , v. I MANIFESTI ROSACROCIANI 67 cum del 1618 : in cima vi sono le ali, che racchiudono il nome di Dio, in lettere ebraiche, circonfuso da raggi e sopra un cartiglio con il motto «sub umbra alarum tuarum» (tav. 23). Una delle stampe satiriche contro Federico risponde al motto rosacrociano ed ha per tema l'Aquila vittoriosa («Triumphirender Adler») (tav. 22). Trionfante, in cima a una colonna sta l'Aquila asburgica ad ali spiegate, mentre un Leone sconfitto giace, prostrato, al suolo. L'Aquila ha preso il posto di lehova, perché il nome di Dio la sovrasta e riversa su di lei i raggi divini. Le parole del motto rosacrociano sono state modificate in un modo che fa comprendere bene la lezione di questa feroce propaganda: «Sub umbra alarum mearum florebit regnum Bohemiae» («all'ombra delle mie ali il regno di Boemia prospererà»). A sinistra appaiono, atterriti e sconfitti, i sostenitori di Federico, fra cui vi è «Anhalt», che fissa attraverso un telescopio l'Aquila trionfante. Questa stampa può essere addotta come testimonianza del fatto che il manifesto rosacrociano Fama conteneva allusioni politico-religiose agli scopi di Federico e dei suoi sostenitori, in particolare Anhalt, e che i manifesti rosacrociani e il movimento appartenevano al contesto del partito di Federico, tendente a trasferire la Boemia dall'Aquila asburgica al Leone palatino. Gli acuti occhi dell'Aquila avevano visto nella Fama l'allusione che anche Libau aveva colto anni prima. In un'altra di queste stampe satiriche contro Federico (tav. 21), l'Aquila degli Asburgo sovrasta vittoriosa la figura prostrata di Federico e gli toglie dalla testa la corona di Boemia. Alcuni suoi fautori mettono nuove penne nelle ali dell'Aquila, su cui sono scritti i nomi di città del Palatinato (Oppenheim, ecc.). Questa scena può essere una replica alle parole della Confessici, il secondo manifesto rosacrociano: «vi sono ancora sul nostro cammino alcune penne d'Aquila, che ostacolano il nostro scopo» ". Qui, invece di un'Aquila che perde le penne per l'azione di Federico, vengono aggiunte alle sue ali penne strappate al Palatinato conquistato. Una testimonianza ancora più importante che i nemici consideravano Federico associato con il movimento rosacrociano è la strana stampa, che mostra l'elettore ritto su una Y maiuM Cfr. Appendice,pp. 301-2. .'••' •'• ' ••"> i';"..-;' •'..'! ,; :: ; -, t* 68 CAPITOLO QUARTO scola (tav. 24). Le allusioni sono spiegate nei versi sottostanti. La Y rappresenta la y pitagorica, simbolo di una scelta tra due vie: una, la via del vizio, che conduce alla rovina; l'altra, che rappresenta la scelta della virtù. Secondo questa stampa satirica, Federico ha scelto la via sbagliata, che lo ha condotto al disastro. Sullo sfondo vi sono scene delle battaglie da lui perdute, a cominciare, a sinistra, dalla battaglia della Montagna Bianca, nei dintorni di Praga. La Y poggia su una Z, a sua volta sorretta da una palla rotonda, ed è precariamente sostenuta da tre fautori di Federico: uno di loro è Cristiano di Brunswick, raffigurato con un solo braccio (ne aveva perduto uno poco prima in battaglia). Brunswick era noto per la sua cavalieresca devozione a Elisabetta Stuart, la ex regina di Boemia, ed era un combattente accanito al fianco di Federico. A sinistra, si vede Saturno con la falce e la clessidra. Il testo sottostante narra l'intera storia del tentativo di Federico di strappare la corona di Boemia a Ferdinando, e il suo fallimento. Alla fine, i versi parlano di «un'eccelsa società di Rosa-Croce» e l'associano all'impresa di Federico. Si giunge a queste parole attraverso la notizia particolareggiata di una riforma universale, che i Boemi avevano associato all'elettore palatino. Il passo relativo a questo argomento è citato dalla traduzione inglese di Beller: La rotonda palla di legno [la palla sotto la Y] rappresenta il mondo | a cui i Boemi sposarono il Palatinato; | essi si attendevano di insegnare al mondo | e di riformare tutte le scuole, le chiese e i tribunali, | e di portare ogni cosa allo stato ) in cui Adamo la trovò, | ed anche al mio stato, di Saturno, | che fu chiamato l'età dell'oro. [ A quello scopo l'eccelsa società dei Rosa-Croce | desidera trasformare tutti i monti in oro, per il loro bene3S. Ecco la riforma generale del mondo, annunciata nei manifesti rosacrociani, descritta come una riforma universale, che i Boemi speravano di realizzare per mezzo dell'elettore palatino. Mentre comportava riforme ben definite nell'istruzione, nella Chiesa e nel diritto, questa riforma generale ha sfumature millenaristiche; riporterà il mondo allo stato in cui lo trovò Adamo, che era anche l'età dell'oro di Saturno. Così nella Confessio, il secondo manifesto rosacrociano, si dice che 35 BELLER, Caricatures cit., p. 62. i T, . ,v,«.;' f " I MANIFESTI ROSACROCIANI 69 la riforma generale preannuncia «un grande affluire di verità e luce», come quello che circonfuse Adamo in Paradiso e che Dio permetterà prima della fine del mondo. E nei versi della stampa si dice che questo millennio, questo ritorno alla età d'oro di Adamo e di Saturno, avrà l'aiuto dell'« eccelsa società dei Rosa-Croce», che desiderano trasformare tutti i monti in oro. La satira associa qui tutto il movimento con un tipo di alchimia «rosacrociano», perché l'oro cui allude non è l'oro materiale della trasmutazione alchimistica, ma l'oro spirituale di un'età dell'oro e un ritorno all'innocenza di Adamo. I nemici, che hanno ideato questa stampa satirica e i versi che l'accompagnano, ci hanno dato una testimonianza preziosa dell'aspetto politico-religioso del messaggio contenuto nei manifesti rosacrociani. Era un messaggio apocalittico di riforma universale, che avrebbe condotto a un millennio ed era associato ai movimenti gravitanti intorno all'elettore palatino, destinati a condurre all'impresa boema. I Boemi, che «sposarono il Palatinato» al mondo, si aspettavano come risultato una riforma mondiale. In seguito i versi parlano, con sprezzante tono satirico, dei folli scopi della «politica del Palatinato»: Quando un topo partorirà un elefante, | e un cuculo un fagiano, | quando una zanzara berrà tutto il mare, e il Reno scorrerà da Colonia a Strasburgo, | allora la politica del Palatinato porterà concordia all'Impero, ) l'unione alla Chiesa | e rafforzerà tutta la religione36. Dalla satira nemica apprendiamo la vasta portata «della politica del Palatinato», come movimento religioso per la riforma della Chiesa e dell'Impero. L'effimero tentativo di sfidare il dominio asburgico in Boemia ebbe, come sfondo, ampie prospettive storiche europee. Gli autori di queste caricature erano assai ben informati sulle idee che sorreggevano il movimento di Federico; conoscevano la connessione con il movimento rosacrociano, e senza dubbio erano al corrente del rapporto che c'era tra quest'ultimo e le idee di John Dee. La Monas hieroglyphica di cui abbiamo indicato l'influsso sui manifesti rosacrociani, si apre con un disegno della Y pitagorica, e l'applica alle due possibili direzioni che un sovrano può scegliere: una è la larga via dei «tiranni», l'altra è la 36 BELLER, Caricatures cit., p. 62. 7° CAPITOLO QUARTO via diritta e stretta degli «adepti» o mistici ispirati. Questa fu forse la ragione per raffigurare Federico su una Y, per sottolineare il fallimento di un movimento che derivava dall'influsso di Dee in Boemia? Il resoconto satirico e sprezzante del movimento di Federico e dei suoi scopi, offerto da questa stampa caricaturale diffusa dai suoi nemici, spogliato del suo tono satirico e interpretato in modo positivo, dà un'idea di Federico capo religioso riformatore, che ben si adatta al tono profetico e riformatore dei manifesti rosacrociani. -IO, , i j<-/) U t t • A i * ' JT, '( , v i." ir "i > ''o*,- i • ' ,' f " ! 't Capitolo quinto -,• , Le «oz^e chimiche di Christian Rosenkfeiitz' <SOtt" i Negli anni che precedettero la guerra, il castello di Heidelberg, residenza del Leone palatino e della sua regale sposa, dovette essere stato oggetto di intenso sentimento romantico e di esaltazione religiosa, o di odio profondo e di condanna. Qualunque fosse il punto di vista, non si poteva ignorare Heidelberg. Gli abbellimenti apportati da De Caus, che ampliò e rinnovò l'edificio, le meraviglie delle sue statue meccaniche, gli organi idraulici, e gli altri prodigi magico-scientifici all'altezza dei tempi, erano di per sé sufficienti a suscitare stupore. E coloro che abitavano il castello erano personaggi ragguardevoli. Elisabetta Stuart era dotata di una personalità potente e spiccata (sua nonna - non lo dimentichiamo - era Maria, regina di Scozia). Gli osservatori sembrano colpiti dai rapporti affettuosi esistenti tra Elisabetta e suo marito. Era una corte molto diversa dalle altre corti tedesche e la vita che vi si conduceva può essere sembrata una vicenda romantica, come la fantastica scena in cui si svolgeva. Guardando l'incisione del castello e dei giardini di Heidelberg di Merian, ci si domanda di nuovo quale può essere stata l'influenza in Germania del matrimonio del Tamigi e del Reno, di quelle nozze regali celebrate con tanto splendore alla corte di Giacomo I. Si possono osservare altre vedute di Heidelberg negli emblemi, qui riprodotti per la prima volta. Provengono da un piccolo libro di emblemi «etico-politici» di Julius Wilhelm Zincgref (tav. 25), pubblicato da Jean Théodore de Bry nel 1619, con incisioni di Matthaus Merian1, e dedicato all'eletCento emblemi etico-politici ài Julius Wilhelm Zincgref, incisi da Matthaus Merian, 1619, pubblicati da Jean Théodore de Bry (Emblematum ethico-politicorum centuria Julit Gulielmi Zincgrefii, Caelo Matth. Meriani, MDCXIX, apud Jean Théodore de Bry). Su questo libro di emblemi cfr. pagine 85-86. ........... 72 CAPITOLO QUINTO tore palatino (in seguito ritorneremo a esaminarlo più a fondo). Qui ci limiteremo a osservare le vedute del castello di Heidelberg, che il libro contiene: vedute rispondenti alla realtà, poiché sono opera di Matthàus Merian, il quale, come incisore del grande panorama del castello e dei giardini nell'Hortus Palatinus, conosceva bene questo soggetto. Il primo emblema del libro (tav. 26) mostra una veduta del castello di Heidelberg; a sinistra, la città, con la cuspide della chiesa dello Spirito Santo. In primo piano, un leone, «che vigila mentre dorme», come spiegano i versi in francese sotto l'emblema. È il principe (l'elettore palatino) che veglia per la sicurezza dei suoi sudditi. Altri emblemi (tav. 27) mostrano bellicosi leoni palatini, con il castello sullo sfondo; queste vedute danno un'ottima idea dell'« ala inglese», con le sue numerose finestre. Un altro panorama del castello e della città, in lontananza, presenta in primo piano un leone che regge un libro, con il motto « semper apertus » (tav. 28). Sarà presto chiaro perché queste vedute del castello di Heidelberg, con il suo proprietario leonino, siano un'utile introduzione al capitolo. Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz sono la traduzione italiana del titolo del notevole racconto cavalieresco tedesco, o romanzo, o fantasia, pubblicato a Strasburgo nel 16162. È la terza opera della serie che suscitò l'entusiasmo rosacrociano. La serie apparve annualmente per tre anni consecutivi, con la Fama nel 1614, la Confessio nel 1615, Le nozze nel 1616, e ognuna contribuì ad alimentare l'esaltazione sempre crescente per il mistero rosacrociano. La chiave storica che abbiamo trovato per la Fama e la Confessio, può aiutarci anche a spiegare Le nozze, che sono un romanzo intorno a una coppia di sposi abitante in un castello stupendo, pieno di meraviglie e di immagini di leoni, ma al tempo stesso, anche una 2 J. v. ANDREAE, Chymische Hocbzeit Christiani Rosencreutz. Anno 1459, Lazarus Zetzner, Strassburg 1616. Manca il nome dell'autore nel libro, che si presume sia stato scritto da «Christian Rosenkreutz» stesso. Il testo tedesco fu ristampato a Berlino nel 1913, a cura di F. Maack. Una traduzione inglese di Ezechiel Foxcroft fu pubblicata a Londra nel 1690, con il titolo: The Hermetic Romance: or The Chymical Wedding, Written in High Dutch by Christian Rosenkreutz. La traduzione di Foxcroft è ristampata in A. E. WAITE, The Red History of thè Rosicrucians, London 1887, pp. 99 sgg.; e in A Christian Rosenkreutz Anthology, a cura di P. M. Allen, Rudolf Steiner Publications, New York 1968, pp. 67 sgg. «LE NOZZE CHIMICHE» DI CHRISTIAN ROSENKREUTZ 73 allegoria di processi alchimistici interpretati simbolicamente come un'esperienza del matrimonio mistico dell'anima: è una esperienza a cui Christian Rosenkreutz è sottoposto attraverso le visioni che riceve nel castello, le rappresentazioni teatrali, le cerimonie di iniziazione a ordini cavaliereschi, la società di corte che vive nel castello. Il racconto è diviso in sette giorni, come il libro della Genesi. Il primo giorno si apre descrivendo l'autore e protagonista mentre si prepara, il Sabato Santo, alla comunione pasquale. Seduto a tavola, egli conversava con il suo Creatore in umile preghiera e contemplava molti grandi misteri («il Padre delle Luci me ne aveva rivelati non pochi»). Improvvisamente si levò una terribile tempesta, in mezzo alla quale apparve una stupenda visione, dalle vesti color di cielo, adorne di stelle. Nella mano destra recava una tromba d'oro, su cui era inciso un Nome che il narratore (Christian Rosenkreutz) poteva leggere, ma non osava rivelare. Nella mano sinistra aveva un fascio di lettere in tutte le lingue che doveva portare in tutti i paesi. Le sue ampie ali erano coperte di occhi, e quando cominciò ad ascendere diede un possente squillo di tromba. Questa apparizione ha gli attributi della figura allegorica convenzionale della Fama, con la tromba e le ali coperte di occhi3. Si ricollega dunque agli squilli di tromba del primo manifesto rosacrociano, la Fama. Quando Rosenkreutz apri la lettera che la visione con la tromba gli aveva dato, vide che conteneva alcuni versi, che cominciavano: Oggi, oggi, oggi, | si celebrano le nozze regali. | Era questo lo scopo per cui nascesti, \ tu che eri destinato alla gioia da Dio, | e per la gioia di Dio designato? Puoi dirigerti, quindi, verso i monti | su cui sorgono tre maestosi templi, e di lì meditare tu stesso sopra le cose umane. In margine, accanto ai versi, vi è un simbolo (tav. 30); alla fine dei versi, le parole «Sponsus» e «Sponsa», lo sposo e la sposa. Lo stesso simbolo, capovolto, appare anche sul frontespizio del libro. È una versione, rozzamente disegnata, della monas hieroCfr. e. RIPA, Iconologia, ed. Roma 1603, pp. 142 sgg. 74 CAPITOLO QUINTO glyphica di John Dee, come ha notato C. H. Josten". La sua presenza qui inserisce Le nozze chimiche nella linea del secondo manifesto rosacrociano, la Confessio, pubblicata l'anno prima, preceduta da un'opera che si fonda sulla Monas hieroglyphica. Il fatto che Le nozze chimiche inizino con il simbolo di Dee nel margine è un'altra indicazione probante che la «filosofia più segreta», alla base delle pubblicazioni rosacrociane, era quella di John Dee. Christian Rosenkreutz si affrettò ad accettare l'invito per le nozze regali. Indossò un abito di lino bianco, annodò un nastro rosso sangue sulla spalla, e «fissai quattro rose rosse al mio cappello». Questo fu il suo abbigliamento per le nozze; l'abito bianco e rosso, con le rose rosse nel cappello, sono i segni che distinguono Christian Rosenkreutz per tutta la storia. Il secondo giorno vediamo l'eroe in viaggio verso il luogo dove sarebbero state celebrate le nozze, tra la natura esultante. Giunse a un portale maestoso su una collina; il custode chiese a Rosenkreutz la lettera d'invito (che fortunatamente non aveva dimenticato di portare con sé) e domandò chi fosse. Rosenkreutz disse di essere «un Fratello della Rossa Rosea Croce». Alla porta seguente vi era un leone ruggente, tenuto alla catena: il custode lo costrinse ad arretrare e l'eroe entrò. Le campane cominciarono a suonare nel castello; il custode lo esortò ad affrettarsi per non arrivare troppo tardi. Ansioso, Rosenkreutz si affrettò, seguendo una Vergine che accendeva lampade e riuscì a entrare appena in tempo prima che il cancello si chiudesse. Il castello era splendido, con molte stanze e scaloni, e appariva pieno di gente. Alcuni ospiti erano fanfaroni piuttosto noiosi. Uno diceva di aver sentito i movimenti delle sfere; un altro di poter vedere le Idee di Platone; un terzo poteva contare gli atomi di Democrito. Si comportavano in modo chiassoso, ma si acquietarono quando una musica sublime e solenne cominciò a risuonare nella sala. «Ma erano tutti strumenti ad archi, e suonavano con tale armonia che io dimenticai me stesso». Quando la musica cessò, cominciarono a squillare 4 Cfr. JOSTEN, A Translation of John Dee's «Monas Hieroglyphica» cit., p. 98. Nella traduzione inglese delle Nozze di Foxcroft una immagine del simbolo di Dee è riprodotta nel margine, accanto alla poesia (tav. 31). «LE NOZZE CHIMICHE» DI CHRISTIAN ROSENKREUTZ 75 le trombe: entrò una Vergine ed annunciò che lo sposo e la sposa non erano lontani. Il terzo giorno, il sole sorse luminoso e splendido, le trombe squillarono per riunire gli ospiti e di nuovo comparve la Vergine. Furono portate alcune bilance e ogni ospite fu pesato, compresi i numerosi imperatori presenti. Alcuni, in questa circostanza, se la cavarono malissimo. Ma quando pesarono Christian Rosenkreutz, che aveva un atteggiamento assai umile e sembrava meno importante degli altri, uno dei paggi esclamò: «È lui! » La Vergine vide le rose sul suo cappello e gliele chiese. Al sontuoso banchetto che si tenne quel giorno, a Rosenkreutz venne assegnato un posto importante, a una tavola ricoperta di velluto rosso, su cui erano sparsi preziosi calici d'oro e d'argento. I paggi donarono agli ospiti il «Toson d'Oro» e un «Leone Volante», e li pregarono di portarli. Questi emblemi rappresentavano l'Ordine che lo sposo accordava loro «e che avrebbe convalidato con il cerimoniale adeguato». Dopo, si trascorse qualche tempo a esaminare le meraviglie del castello, la fontana del Leone nei giardini, i numerosi dipinti, la rara biblioteca, il pregevole meccanismo che mostrava i movimenti celesti, il grande globo con tutte le parti del mondo. Sul finire del giorno la Vergine li condusse in una stanza dove non vi era nulla di prezioso, ma solo alcuni strani libriccini di preghiera. Nella stanza vi era la regina, e tutti si inginocchiarono e pregarono che queste nozze potessero servire alla gloria di Dio e a recare loro beneficio. Il quarto giorno, Rosenkreutz uscì presto per rinfrescarsi alla fontana del giardino: scoprì che il leone, invece della spada, aveva accanto a sé una lapide con un'iscrizione che iniziava: HERMES PRINCEPS. L'avvenimento più importante di questo giorno fu uno spettacolo teatrale, rappresentato davanti al re e alla regina, a cui intervennero tutti gli ospiti e la gente di casa. Questa «commedia lieta» fu recitata da «artisti e studenti», su un «palco allestito sontuosamente»; ad alcuni spettatori fu riservato «un posto particolare, sovrastante tutti», gli altri rimasero in piedi, in basso, «tra le colonne». L'intreccio dell'opera si svolse in sette atti. Un vecchio re trovava un neonato in una cassa deposta dalle onde sulla riva del mare; la lettera che l'accompagnava narrava come il re dei Mori si fos- 7° ?rf-ri<". </*?•'•'=n :: CAPITOLO QUINTO se impadronito della patria della bambina. Negli atti seguenti entrava in scena il Moro e faceva prigioniera la bambina, diventata, nel frattempo, una giovane dlonna; essa veniva liberata dal figlio del vecchio re e si fidanzava con lui, ma di nuovo ella ricadeva preda del Moro. Veniwa nuovamente salvata, ma «un prete assai malvagio» dovettte essere cacciato e solo dopo che ne ebbero vinto il potere, ebtbero luogo le nozze. La sposa e lo sposo apparvero in gran pompa e tutti gridarono: «Vivat sponsus, vivat sponsa», in questa commedia che mostrava gioia per «il nostro re e la no>stra regina». Alla fine tutti si unirono in un canto d'amore: La nostra gioia acclama | questo termpo ricco di amore. La canzone profetizzava che migliaia sarebbero stati i discendenti di quest'unione. Una serie di emblemi biblici diede rilievo alla trama estremamente semplice della commedia: «le quattro bestie di Daniele» e «l'effigie di Nabucodonoson» furono introdotte in scena per suggerire che gli spettatori dovevano ravvisarvi allusioni alla profezia. Poi tutti ritornarono al castello, dove, qualche tempo dopo, avvenne uno strano episodio, descritto con particolari impressionanti. Tra il silenzio e il profondo cordoglio, furono introdotte sei bare. Sei persone furonio decapitate e deposte nelle bare. In seguito, il giorno dopo, i cadaveri furono risuscitati. Il quinto giorno, il narratore, esplorando i sotterranei del castello, giunse a una porta su cui vi era un'iscrizione misteriosa. Apertala, si scoprì un sepolcro, in cui la luce del sole non poteva penetrare, ma era illuminato da grandi carbonchi. Al centro vi era una tomba, adorna di immagini singolarissime e di iscrizioni. Il sesto giorno venne dedicato a un lavoro serio con fornaci e altri apparati alchimistici. Gli alchimisti riuscirono a generare vita, nella forma dell'Uccello alchimistico. I processi relativi alla creazione e alla cura di questo Uccello sono descritti in un modo brioso e vivace. Il settimo e ultimo giorno, la compagnia si radunò sulla spiaggia, apprestandosi a partire con le sue dodici navi, su cui sventolavano bandiere con i segni dello zodiaco. La Vergine annunciò agli ospiti che erano «cavalieri della Pietra d'Oro». «LE NOZZE CHIMICHE» DI CHRISTIAN ROSENKREUTZ 77 Nelle processioni sontuose che seguirono, Christian Rosenkreutz cavalcò accanto al re, «ognuno di noi reggendo uno stendardo bianco come la neve con una croce rossa». Rosenkreutz indossava ancora i suoi simboli, le rose nel cappello. Un paggio lesse in un libro le regole dell'Ordine della Pietra d'Oro: i. Voi, miei signori e cavalieri, giurate di non render mai soggetto il vostro Ordine a demoni o spiriti, ma solamente a Dio, vostro creatore, e alla sua ancella, la Natura. n. Di aborrire ogni fornicazione, incontinenza e impudicizia, e di non contaminare il vostro Ordine con tali vizi. in. Di essere pronti a soccorrere con il vostro ingegno tutti coloro che sono degni e ne hanno bisogno. iv. Di non voler impiegare questo onore per pompe mondane e alta autorità. v. Di non voler vivere più di quanto Dio voglia. Vennero poi, «con le cerimonie consuete, ordinati cavalieri»; l'investitura fu ratificata in una piccola cappella, dove l'eroe appese il Toson d'oro e il cappello (con le rose) e li lasciò a eterno ricordo, scrivendo come proprio motto e nome: Summa scientia nihil scire Fr. CHRISTIANUS ROSENKREUTZ. . ' .' ; ; ;,; G; ( - : - • - ' Le nozze chimiche sono troppo lunghe per essere date in appendice a questo volume e questo breve compendio sarà sufficiente a dare un'idea dell'opera. Essenzialmente si tratta di una fantasia alchimistica, che usa l'immagine fondamentale della fusione elementare, il matrimonio, l'unione dello sponsus e della sponsa, accennando anche al tema della morte, la nigredo, attraverso la quale gli elementi debbono passare nel processo di trasmutazione. Emblemi alchimistici coevi, della scuola di Michael Maier5, possono fornire illustrazioni grafiche delle nozze alchimistiche (tav. 40), della morte alchimistica, dei leoni e delle vergini che rappresentano simbolicamente, o celano, le operazioni del «chimico». La base alchimistica del racconto è sottolineata dal fatto che un giorno intero è consacrato a tale lavoro. L'allegoria è naturalmente anche spirituale, e rappresenta simbolicamente i processi di rigenerazione e trasformazione Cfr. pp; 98 sgg. 78 ' CAPITOLO QUINTO dell'anima. L'alchimia ha sempre avuto questo duplice significato, ma in questo caso, introdotta dal simbolo monas di Dee, il tema dell'alchimia spirituale è di tipo particolarmente sottile. Nella precisione quasi matematica dei movimenti delle figure, vi possono essere strettissimi riferimenti alla teoria della Monas hieroglyphica di Dee, che uno studio più approfondito potrebbe scoprire. Possiamo renderci conto, dopo l'esame dei manifesti, condotto nel capitolo precedente, che Le nozze sono soltanto una nuova versione delle allegorie della Fama e della Confessio. Nei manifesti, Christian Rosenkreutz era associato a una confraternita benefica; nelle Nozze è associato a un ordine cavalieresco. I Fratelli Rosa-Croce erano alchimisti spirituali; così pure i Cavalieri della Pietra d'Oro. Le attività dei Fratelli Rosa-Croce erano simboleggiate dai tesori del loro sepolcro; ( analoghe attività sono simboleggiate dai tesori del castello. Infatti, il tema del sepolcro che contiene una tomba ricorre effettivamente nelle Nozze, un'allusione, senza dubbio, al famoso sepolcro della Fama: e Le nozze si aprono con una personificazione della Fama, che fa risuonare il suo squillo di tromba. Sebbene la Fama e la Confessio possano non essere state scritte dallo stesso autore delle Nozze, lo schema delle allegorie nelle tre opere reca l'impronta di menti che lavoravano di comune accordo, risolute a diffondere nel mondo il loro mito di Christian Rosenkreutz, una figura di benefattore, centro di confraternite e di ordini. Ma quale fu l'origine del nome? Perché «Christian Rosenkreutz»? Molte proposte sono state formulate a questo proposito. La rosa è un simbolo alchimistico, e molti trattati alchimistici sono intitolati Rosarium (roseto); è un simbolo della Vergine, e più generalmente un simbolo mistico-religioso, sia nella visione di Dante, sia nel Rotnan de la rose di Jean de Meung. Sono state esplorate anche fonti più dirette e personali. Luterò usa una rosa nel suo emblema; lo stemma di Johann Valentin Andreae era costituito dalla croce di sant'Andrea con rose ". I simboli sono per loro natura ambivalenti, e tutti questi 6 Per tutti questi suggerimenti, cfr. WAITE, Real Hislory of thè Rosicrucians cit., pp. 7 sgg. «LE NOZZE CHIMICHE» DI CHRISTIAN ROSENKREUTZ 79 suggerimenti possono essere presi in considerazione e accettati. Ma torniamo ai tempi in cui Johann Valentin Andreae, giovane studente a Tubinga, scrisse la prima stesura delle Nozze chimiche, sotto l'emozionante influsso del cerimoniale con cui l'Ordine della Giarrettiera fu conferito al duca di Wurttemberg e della visita della compagnia di attori inglesi. Fu dunque la visione di Wurttemberg, occultista e alchimista, splendente negli abiti e nelle insegne della Giarrettiera, l'origine di Christian Rosenkreutz, il nobile tedesco appartenente a un Ordine, i cui simboli sono una croce rossa e le rose, i simboli di san Giorgio d'Inghilterra e dell'Ordine della Giarrettiera? Le nozze chimiche del 1616 contengono gli elementi di quelle che possono essere state le prime impressioni, sotto il cui influsso Andreae scrisse la prima versione dell'opera; egli indugia sulle splendide solennità delle cerimonie e sulle iniziazioni a ordini cavaliereschi, unite a una rappresentazione teatrale. Sotto l'influsso degli attori inglesi - dice Andreae - egli scrisse dei drammi quasi nello stesso periodo in cui scrisse Le nozze chimiche. Per parte mia suggerisco che influenze drammatiche e influenze derivate dal cerimoniale della Giarrettiera, assorbite in quel periodo giovanile, contribuirono alla composizione delle Nozze chimiche del 1616. Christian Rosenkreutz non è solamente un cavaliere del Toson d'Oro e della Pietra d'Oro \ è anche un cavaliere della Croce Rossa. Nell'opera di Andreae allusioni alla Giarrettiera sono implicite nella duplice allusione alle feste cavalieresche e alle cerimonie di iniziazione; la Croce Rossa dell'Ordine della Giarrettiera, la Croce Rossa di san Giorgio d'Inghilterra sono state assorbite nel mondo tedesco per ricomparire come «Christian Rosenkreutz», con le sue rose rosse e la sua insegna dalla Croce Rossa. Uno scrittore di problemi rosacrociani è giunto, credo, vicino alla verità riguardo al nome, sebbene non conoscesse nessuna delle testimonianze qui raccolte. Paul Arnold, nella Un cavaliere del Toson d'Oro si potrebbe trasformare molto facilmente in un cavaliere della Pietra d'Oro (la pietra filosofale). Si soleva attribuire al V i, ° d'oro della leggenda di Giasone un significato alchimistico, in rapporto alla pietra filosofale; cfr. NATALE CONTI, Mythologiae, VI, 8. L'interpretazione alchimistica del vello d'oro è stata estesa enormemente da M. MAIER, Arcana arcanissima, 1614, pp. 61 sgg. ;., ,... • >•,,,. . -,. , . > , . , .. . . ... 8o CAPITOLO QUINTO sua Histoire des Rose-Croix, suggerì un confronto fra Le nozze chimiche e l'episodio del cavaliere della Croce Rossa nella Faerie Queene di Spenser8. Arnold pensava che le allegorie create da Spenser intorno al Cavaliere della Croce Rossa e quelle che riguardavano il Fratello della Croce Rosea nelle Nozze chimiche fossero analoghe. Ma a parte il fatto che entrambe le opere intessono un'allegoria intorno a un Cavaliere della Croce Rossa o Rosa, non vi è, per il resto, una grande analogia di particolari tra i due romanzi. Tuttavia, per questa via indiretta, Arnold aveva scoperto qualcosa. Perché il Cavaliere della Croce Rossa di Spenser è ispirato dall'Ordine della Giarrettiera. Quando Federico del Palatinato si presentò come capo, la sua propaganda diede risalto al fatto che era cavaliere della Giarrettiera. Abbiamo visto che questo fu messo in evidenza nello spettacolo pirotecnico al tempo delle sue nozze, che apparve manifesto nelle celebrazioni del castello di Heidelberg, dopo il suo ingresso con la sposa (durante il quale l'elettore entrò su un carro trionfale recante gli emblemi dell'Ordine del Toson d'Oro e dell'Ordine della Giarrettiera), che la propaganda nemica, dopo la sua sconfitta, indugiò malignamente sulla perdita della Giarrettiera, quella Giarrettiera che rappresentava il presunto sostegno del suo regale suocero. Perciò, conformemente con l'orientamento generale, per mezzo del quale Federico del Palatinato raccolse posizioni già predisposte, raccolse anche la propaganda della Giarrettiera. Cosi, quando Johann Valentin Andreae riscrisse la stesura giovanile delle Nozze chimiche, dovette aggiornarla con allusioni a colui che era allora l'esoonente tedesco più insigne dell'Ordine della Giarrettiera, il principe che abbiamo già trovato implicato nel movimento rosacrociano, Federico del Palatinato. Ora possiamo facilmente individuare, mi sembra, il castello, dove si suppone si siano svolte le scene di questo strano romanzo: il castello di Heidelberg, posseduto dal Leone palatino, quel Leone che vediamo a difesa del castello negli Emblemi etico-politici, con cui abbiamo iniziato questo capitolo. Le nozze chimiche ci introducono in un vasto castello, ricco di meraviglie e con uno stupendo giardino: il castello di Heidelberg e i giardini, pieni di opere prodigiose di Salo8 ARNOLD, Histoire des Rose-Croix cit., pp. 184 sgg. «LE NOZZE CHIMICHE» DI CHRISTIAN ROSENKREUTZ 8l mon de Caus. C'è un Leone al cancello e una fontana del Leone nei giardini, a sottolineare che ci troviamo nei domini del Leone palatino. Il castello e i giardini sono pieni di animazione, li abitano membri di una ricca corte e la vita di questa corte converge intorno a una coppia di sposi, un re e una regina, uno sponsus e una sponsa, che sono sia i simboli del matrimonio quale esperienza mistica, sia dello sponsus e della sponsa alchimistici intesi spiritualmente; ma essi hanno anche una realtà storica, sono infatti l'elettore palatino e sua moglie, Elisabetta Stuart. Si può anche ravvisare Elisabetta nei labirinti delle Nozze chimiche, in particolare nel terzo giorno, quando gli ospiti entrano in una stanza in cui vi sono strani libriccini di preghiera e dove tutti si inginocchiano, pregando affinchè le nozze possano servire alla gloria di Dio. Questo potrebbe alludere alla cappella di Elisabetta, un oratorio puritano, ai suoi libri di preghiera inglesi, al significato divino delle sue nozze, quelle nozze celebrate con tanta pompa e cerimonia a Londra come nozze «per la religione». Non è facile per noi ritrovare lo spirito con cui i principi del Rinascimento progettarono e allestirono palazzi e parchi come un genere di sistema vivente di memoria, per mezzo del quale tutto il sapere, l'intera enciclopedia potessero essere sistemati nella memoria secondo elaborate disposizioni di luoghi e di immagini. Le camere delle meraviglie dell'imperatore Rodolfo a Praga erano state progettate con tali criteri, e forse fu proprio in vista di un destino ermetico-imperiale che Federico prodigò tale cura a Heidelberg. Non possiamo ricostruire le glorie perdute della città, ma Le nozze chimiche ci possono dare un'idea di quali potrebbero essere stati i loro scopi: presentare l'enciclopedia in forma simbolica, e anche, forse, creare un'atmosfera attraverso la quale si potessero percepire le relazioni occulte e si potessero udire le armonie nascoste dell'universo. Il teatro esercitò un influsso costante sull'elettore palatino e su sua moglie in ogni fase della loro vicenda, dalle nozze a Londra in poi. Questa tradizione teatrale continuò nel Palatinato, ed è in armonia con questo che le attività descritte nelle Nozze chimiche includessero anche uno spettacolo drammatico. Sembra che la compagnia sia arrivata al luogo della rappresentazione attraverso i giardini, dove si trovava un edi- 82 CAPITOLO QUINTO fido chiamato «la Casa del Sole». Nell'incisione dei giardini di Heidelberg di Merian (tav. 7), si può vedere un edificio curioso, o un complesso di edifici: due costruzioni in forma circolare, simili ad anfiteatri, sono collegate da vie coperte con una sala centrale. È possibile che l'edificio riprodotto nell'incisione possa rappresentare un ambiente per feste o per rappresentazioni teatrali? Gli avvenimenti principali descritti nelle Nozze riflettono evidentemente, o si riferiscono in qualche modo, a cerimonie e riti connessi a ordini cavaliereschi. Ciò potrebbe riferirsi non solo alle scene originarie di Stoccarda, ma anche a più recenti manifestazioni avvenute a Heidelberg. Il culmine dell'intero racconto alla fine del settimo giorno era il ricevimento degli ospiti nell'Ordine della Pietra d'Oro, dopo di che essi salpano con le loro navi. In questo punto la topografia delle Nozze chimiche sembra non concordi con quella del castello di Heidelberg, che non è posto sulla riva del mare. Ma a Heidelberg si svolse un corteo di carrozze a forma di nave e proprio nell'illustrazione di una di queste navi del corteo possiamo vedere l'elettore palatino come Giasone, in navigazione con il Vello d'Oro e la Giarrettiera, posti sull'attrezzatura della nave (tav. 6). Molti particolari, quindi, concorrono a suggerire che le brillanti suggestioni della corte di Heidelberg possono avere stimolato l'immaginazione di Andreae, mentre scriveva quest'opera memorabile, punto culminante del mito di Christian Rosenkreutz. Essa, tuttavia, è soprattutto un'opera di fantasia creativa, il primo frutto artistico di un movimento che doveva essere stroncato quando era appena agli inizi. Ed è opera di uno spirito profondamente religioso, capace di trascendere tutte le definizioni politiche e settarie per diventare allegoria di un'esperienza spirituale progressiva, paragonabile nella sua intensità al Pilgrim's Progress di Bunyan. Quali furono allora le origini dei «Rosa-Croce»? Al lettore è stata offerta la scelta di varie possibilità, che includono alcune vecchie idee ed altre nuove. In questo capitolo ho proposto un'origine cavalieresca, che rimanda alla Croce Rossa di san Giorgio dell'Ordine della Giarrettiera e alle rose d'Inghilterra. Nel capitolo precedente ho accennato alla vecchia ipotesi di un'origine alchimistica, da ros, rugiada e crux, luce, con un'allusione ai misteri dell'alchimia. La possibilità che ci «LE NOZZE CHIMICHE» DI CHRISTIAN ROSENKREUTZ 83 sia del vero in quella teoria è indicata, dal fatto che la Monas di Dee, con il suo verso sulla ros, o rugiada, nel frontespizio, con la sua discussione della «monas» quale forma alchimistica della croce, è strettamente collegata alla Confessio rosacrociana. Pur evitando di mostrare troppa sicurezza in questioni così ambigue, penso che ambedue questi suggerimenti possano coesistere, che vi sia stato un adattamento essoterico-cavalleresco della «Croce Rosa», e insieme un significato esotericoalchimistico, Ros-Crux. Secondo tale teoria, la Monas di Dee sarebbe all'origine del «rosacrocianesimo» in senso alchimistico, e il nome avrebbe sfumature cavalieresche nel senso di «Croce Rossa». Entrambe le origini sarebbero inglesi: la tradizione cavalieresca e l'alchimia inglese si unirebbero per esercitare il loro influsso su un movimento tedesco, in cui il nome si traduce «Rosenkreutz», assumendo nel nuovo ambiente nuove sfumature di significato. i,',- L'EDITOKii JJJI.L, Ì-AJJAJ..LIVII.I.V. j^^.. Capitolo sesto , _ L'editore del Palatinato : Jean Théodòre^Bff .' ' e la pubblicazione delle opere di Robert Fludd e Michael Maier ti» A prescindere da Andreae e dagli sconosciuti che possono avere collaborato con lui a diffondere il mito rosacrociano, vi sono due scrittori generalmente riconosciuti come i maggiori esponenti della filosofia rosacrociana: Robert Fludd e Michael Maier. Sebbene sia Fludd che Maier negassero di essere Rosa-Croce, ambedue parlarono con interesse e approvazione dei manifesti rosacrociani, e il loro pensiero filosofico è approssimativamente nella linea delle idee espresse nei manifesti. Ma i modi di pensare, celati nelle finzioni della Fama, della Confessio e delle Nozze, vengono sviluppati da Fludd e da Maier in tutta una serie di libri importanti pubblicati negli anni seguenti la comparsa di quelle tre opere stimolanti. Fludd dà soprattutto piena espressione alla filosofia del macrocosmo e del microcosmo; Maier esprime in modo brillante i temi dell'alchimia spirituale. Il solido sostegno di questi due autori conferisce realtà al mito rosacrociano, che ora comincia ad apparire come un movimento fondato su un solido corpo di seria letteratura. È dunque con un senso di soddisfazione per la conferma, giunta da un'altra direzione, della correttezza della linea di approssimazione storica seguita nei capitoli precedenti, che osserviamo come le opere più importanti di Fludd e di Maier siano state pubblicate nel Palatinato durante il regno di Federico V. I ponderosi volumi della Storia del macrocosmo e del microcosmo di Robert Fludd furono editi da Jean Théodore de Bry a Oppenheim nel 1617, 1618 e 1619. 'L'Atalanta jugiens di Michael Maier, un libro di emblemi in cui l'alchimia spirituale raggiunge un alto grado di espressione artistica, fu pubblicato da Jean Théodore de Bry a Oppenheim nel 1618. Oppenheim fu la prima città del Palatinato in cui entrò Elisa- betta nel 1613, quando giunse nel suo nuovo paese, e dove fu accolta con archi trionfali. Uno di questi è già stato riprodotto (tav. 2 ); era un arco coperto di rose e inciso da Jean Théodore de Bry. Jean Théodore de Bry era figlio di Théodore de Bry; la famiglia era originaria di Liegi1. Protestanti, furono costretti all'esilio quando Liegi cadde sotto il dominio cattolico, e si stabilirono a Francoforte. Théodore de Bry aveva in quella città un'impresa grafica ed editoriale assai fiorente negli ultimi anni del secolo xvi, e grazie alla pubblicazione di una grande collana di opere sulle navigazioni e i viaggi di scoperta, fondate su materiali inglesi, aveva molti contatti con l'Inghilterra. In Inghilterra si recava spesso, ed era molto richiesto, nell'età elisabettiana, come incisore. Egli morì nel 15986 suo figlio Jean Théodore subentrò nell'impresa. Una delle figlie di Jean Théodore sposò un artista e incisore svizzero, Matthaus Merian, che fu un valido rincalzo per il personale della casa editrice. Un'altra figlia sposò un inglese, William Fitzer. Jean Théodore trasferì la sua attività da Francoforte a Oppenheim t>er motivi religiosi, come si soleva dire, senza specificare quali fossero. Poiché evidentemente egli vi si trovava già nel 1613, pronto a incidere le decorazioni per l'arrivo di Elisabetta, è probabile che lo avesse attratto la concezione religiosa del governo palatino e che egli condividesse le speranze destate dal matrimonio dell'elettore con la figlia di Giacomo I. In effetti vi sono numerose testimonianze del fatto che De Bry simpatizzava per il movimento palatino. Il libro di emblemi di Zincgref (tav. 25), con gli emblemi del castello di Heidelberg e del suo Leone, di cui si parlava nel capitolo precedente, fu pubblicato da De Bry a Oppenheim nel 1619, con una dedica all'elettore palatino in cui Zincgref lo ringrazia per l'aiuto e la protezione accordatagli. Gli emblemi vennero incisi dal genero di De Bry, Merian, e tra i versi premessi all'opera ve ne sono alcuni in latino, indirizzati a Merian da Jan Gruter. Gruter era il bibliotecario della Biblioteca Palatina, e il volume comprende altri versi scritti, si dice, da un 1 Su De Bry, cfr. William Fitzer, thè Publisher of Harvey's «De mota cordis », 1628, in « Transactions of thè Bibliographkal Society », nuova serie, xxiv (1944), p. 143. Fitzer, l'editore del libro di Harvey sulla circolazione sanguigna, era genero di Jean Théodore de Bry. 86 CAPITOLO SESTO ufficiale della corte di Heidelberg. Sono indicazioni che mostrano come la casa De Bry fosse strettamente legata alla corte. E appunto De Bry, nel 1620, pubblicò YHortus Palatinus (tav. 8), con la veduta dei giardini, incisa da Merian (tav. 7). De Bry era dunque associato all'intento di ricordare gli splendori di Heidelberg, poco prima che le guerre li distruggessero, e vi aveva preso parte sin dall'inizio, registrando l'arrivo di Elisabetta, ricco di promesse, a Oppenheim nel 1613. Quando scoppiò il disastro e l'esercito di Spinola invase il Palatinato, nel 1620, De Bry trasferì nuovamente la sua casa a Francoforte. Spinola occupò Oppenheim nel settembre del 1620; quando Federico la rivisitò nel 1632 scrisse a Elisabetta che non le sarebbe stato possibile ritrovare in Oppenheim la città che aveva conosciuto un tempo: per metà bruciata e il resto in rovina \ È probabile che la casa De Bry si sia trasferita per tempo con la maggior parte delle sue attrezzature, poiché ricominciò a pubblicare a Francoforte relativamente presto, ma il periodo di Oppenheim dev'essersi concluso repentinamente poco prima dell'edizione dell'Hortus Palatinus, nel 162,0; l'opera infatti fu pubblicata a Francoforte, e non a Oppenheim. Anche il volume della serie delle opere di Fludd, edito da De Bry nel 1621, fu pubblicato a Francoforte: dunque il cambiamento del luogo di edizione da Oppenheim a Francoforte, che un tempo si soleva scartare come un particolare meramente bibliografico, spicca ora gravido di tragedia. Gli emblemi «etico-politici» di Zincgref del 1619 rappresentano una dichiarazione di sostegno morale e politico all'elettore palatino. Un emblema mostra gli Israeliti in cammino verso la terra promessa, con l'Arca dell'alleanza (tav. 29), un'allusione senza dubbio al viaggio a Praga del 1619, per assumere la corona di Boemia. Che tutti questi emblemi fossero strettamente collegati a Federico può essere provato (anche se non c'è qui lo spazio per farlo dettagliatamente) dalle satire rivolte contro l'elettore dopo la sua caduta, che riprendono alcuni temi di questi emblemi, in particolare la ragnatela e l'alveare, e li associano con derisione a Federico \ La casa 2 3 GREEN, Elizabetb Electress Palatine and Queen of Bohemia cit., p. 296. Confrontare, per esempio, gli emblemi di Zincgref sulla ragnatela, simbolo di un sovrano avveduto (emblemi xxv, xxvn), e sull'alveare, simbolo di L'EDITORE DEL PALATINATO: JEAN THÉODORE DE BRY 87 De Bry, che pubblicò questi emblemi, e Merian, che li incise, saranno stati certamente segnalati come nemici dall'esercito invasore. De Bry quindi fino al 1619, mentre riversava con tanto vigore dalla sua tipografia di Oppenheim i volumi splendidamente illustrati dei filosofi rosacrociani Fludd e Maier, sostenne una causa in cui credeva e per questo aveva trasferito la sua impresa in territorio palatino. A quei tempi stampatori ed editori erano spesso al centro di misteriosi movimenti religiosi. Sappiamo che il grande stampatore di Anversa, Christophe Plantin, era segretamente membro della Famiglia d'Amore4, una setta che riteneva necessario evitare le affermazioni dottrinali e concentrarsi su interpretazioni mistiche e allegoriche dei testi biblici. Dopo il massacro di San Bartolomeo, nel 1572, Philip Sidney e i suoi amici si rivolsero allo stampatore Andreas Wechel di Francoforte \ Un altro stampatore di Francoforte dallo stesso nome, Johannes Wechel, aveva dato asilo a Giordano Bruno e nel 1590-91 aveva stampato i suoi lunghi poemi latini6; nel 1591 ristampò anche la Monas hieroglyphica di John Dee7. È probabile che Jean Théodore de Bry, attraverso i rapporti che la sua famiglia ebbe a lungo con gli stampatori di Francoforte, abbia avuto una notevole conoscenza delle correnti segrete di pensiero che circolavano in Europa e confluivano in quel grande centro internazionale di commercio librario. Il periodo di attività editoriale della casa De Bry a Oppenheim coincide con il periodo in cui la politica palatina si avviava al suo apice, quando le brillanti alleanze che sembravano consolidare la posizione dell'elettore palatino - soprattutto il suo matrimonio - parevano promettere un risultato un sovrano benefico (emblema e), con le caricature che mostrano Federico, leone distrutto da un ragno (Spinola) e Federico in un alveare (BELLER, Caricature! cit., tavv. m, iv). * H. DE LA FONTAINE VERVEY, Troìs hérésiarques dans les Pays-Bas du xvi' siede, in «Bibliothèque d'humanisme et Renaissance», xvi (1954), pp. 312-30; B. REKERS, Benho Arias Montano, 1960; ]. A. VAN DORSTEN, The Radicai Arts, Leiden 1970, pp. 26 sgg. 5 HCWELL, Sir Philip Sidney cit., p. 142. F. YATES, Giordano Bruno and thè Hermetic Tradition, Routledge and Kegan Paul, London 1964, pp. 318, 320, 325 [trad. it. Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Laterza, Bari 1969, pp. 345, 347-48, 353]. 7 JOSTEN, A Translation of John Dee's «Monas Hieroglyphica» cit., P- 96. A3I ;!.•;..ji'.ìYA CAPITOLO SESTO positivo per tutto il movimento palatino antiasburgico, che ottenne l'appoggio di elementi liberali europei di ogni tipo. Gli autori rosacrociani pubblicati da De Bry rappresentano due paesi verso i quali si rivolse la politica palatina, l'Inghilterra e la Boemia. Robert Fludd era inglese, un medico paracelsiano che esercitava a Londra, e la sua filosofia derivava direttamente dalla magia e dalla Kabbalah rinascimentali 8, a cui si univano l'alchimia paracelsiana e forti influssi di John Dee '. Michael Maier, a sua volta medico paracelsiano, rappresentava invece l'atmosfera della corte praghese di Rodolfo II: Maier ne era stato il medico e godeva della sua confidenza 10. Il pensiero di Maier doveva essere stato conforme all'ambiente della corte di Rodolfo II, con le sue tendenze magico-scientifiche, le sue simpatie per la Kabbalah e per Paracelso, che portavano a un atteggiamento religioso più liberale di quello imposto a Praga dai successori di Rodolfo. Il fatto che Maier fosse luterano e che questo non gli precludesse di assistere l'imperatore cattolico, è di per sé un segno delle opinioni liberali di Rodolfo. La filosofia di Robert Fludd poteva rappresentare un elemento di richiamo di derivazione inglese, mentre Michael Maier continuava le tradizioni della Praga di Rodolfo, ben comprensibili in Boemia. Questi furono i due fili che Christian von Anhalt cercò d'intessere, attraverso il matrimonio di Federico con una principessa inglese e presentando l'elettore in Boemia accettabile quale re. L'ingente mole di materiale contenuto nei tomi di Fludd sulla Storia del macrocosmo e del microcosmo dovette rappresentare un lavoro enorme, svolto in tempi precedenti, messo insieme allora e subito pubblicato. La stessa considerazione vale anche per le numerose opere di Michael Maier, pubblicate a brevi intervalli in quegli anni, sia da De Bry a Oppenheim, sia dalla tipografia di Luca Jennis a Strasburgo, 8 Ho chiarito alcuni aspetti della filosofia di Fludd rispetto alla tradizione rinascimentale di magia e Kabbalah nel mio Giordano Bruno cit., illustrandola con gli schemi di Fludd. 9 Per il pensiero di Dee e Fludd sulle materie matematiche o «vitruviane», cfr. YATES, Theatre of thè World cit., pp. 20-59; su Fludd e Paracelso, cfr. A. DEBUS, The English Paracelsians, London 1965, passim, e numerosi articoli. 10 Sulla vita di Michael Maier, cfr. j. B. CRAVEN, Count Michael Maier, Kirkwall, 1910. L'EDITORE DEL PALATINATO: JEAN THÉODORE DE BRY 89 strettamente collegata alla casa De Bry ". Non è possibile, infatti, che tutti questi libri siano stati scritti così rapidamente, e alcuni devono rappresentare opere risalenti a un tempo precedente, scritte forse mentre Rodolfo era ancora vivo e Maier si trovava alla sua corte. Questi editori erano risoluti a pubblicare prontamente numerosi scritti di questi due autori e tale decisione — la rapida pubblicazione di materiale utile al movimento palatino — dev'essere stata una politica ben determinata. Considerevoli somme di denaro devono essere state predisposte per finanziare tali pubblicazioni, copiosamente illustrate. La via normale per tentare di mettersi in contatto con i Fratelli Rosa-Croce, dopo la lettura dei manifesti, era di pubblicare scritti indirizzati a loro o che esprimessero ammirazione nei loro riguardi. Questi appelli non ebbero risposta: i Fratelli Rosa-Croce non risposero né agli ammiratori, né ai critici. Il «silenzio dopo il clamore» dei Rosa-Croce, il loro ritrarsi nell'invisibilità dopo il fragoroso squillo di tromba dei manifesti è il tema del Silentium post clamores di Michael Maier. Robert Fludd cominciò la sua carriera rosacrociana nel modo consueto, pubblicò cioè due opere esprimenti ammirazione per i Fratelli Rosa-Croce e gli scopi enunciati nei manifesti. I due brevi libri, in latino, pubblicati da Fludd nei suoi primi tentativi di mettersi in contatto con i Fratelli Rosa-Croce furono uno, VApologia concisa che purifica e deterge quasi con Flutti [gioco di parole con il nome di Robert Fludd] ài verità la Confraternita della Rosa-Croce, macchiata dal sospetto e dall'infamia ", a cui si farà riferimento d'ora in poi come ad Apologia; l'altro, Trattato apologetico sull'integrità della Società della Rosa-Croce>3, a cui si farà riferimento da qui innanzi come a Tractatus. Furono entrambi pubblicati da Godfrey Basson a Leida nel 1616 e nel 1617. Godfrey Basson era figlio di Thomas Basson, un inglese 11 La madre di Luca Jennis sposò J. Israel de Bry, fratello di Jean Théodore, in seconde nozze; cfr. w. K. ZULCH, Frankfurter Kunstler, Frankfurt 1935: «Jennis, Luca». 12 E. DE FLUCTIBUS [R. FLUDD], Apologia compendiaria Fraternitatem de Rosea Cruce suspicioni! et infamiae maculis aspersavi, veritatis quasi Fluctibus 13abluens et abstergens, Godfrey Basson, Leiden 1.616. ID., Tractatus apologeticus integritatem Societatis de Rosea Cruce, Godfrey Basson, Leiden 1617. rt>t'-!{ ;;:«/..-,iru-,.. CAPITOLO SESTO stabilitosi a Leida, dove svolgeva l'attività di stampatore ed editore ". Thomas, un protetto del conte di Leicester, s'interessava di occultismo. Fu lui a pubblicare nel 1597 il Thamus di Alexander Dicson, discepolo di Giordano Bruno,, che è un'arte magica della memoria derivata da Bruno K. L'Apologia di Fludd si apre invocando le tradizioni della antica sapienza dei prisci theologt, in particolare di «Mercurius Trismegistus » ", che viene definito l'autorità più importante di tale sapienza, sia per i suoi «Sermoni» (ossia il Corpus hermeticum}, sia per la Tavola smaragdina, la breve esposizione di filosofia ermetica, tanto venerata dagli alchimisti. È dunque come proselito della filosofia «egizia», la filosofia ermetica del presunto sacerdote egizio, Ermete Trismegisto, che Fludd si avvicina ai Fratelli Rosa-Croce. In seguito ci racconta come la rinomanza della Fama della Confraternita della Rosa-Croce attraversasse tutta l'Europa e giungesse sino a lui ". Fludd non solamente ha visto i due manifesti, la Fama e la Confessio, ma anche ha osservato l'attacco che Libau ha mosso ad essi. Libau, egli dice, si è scagliato contro i Fratelli Rosa-Croce con asprezza, e in un passo li ha accusati di insubordinazione politica o di sedizione: «Nam uno loco fratres in seditionis suspicionem adduxit»18. Suppongo che questo si riferisca all'analisi condotta da Libau sui passi dei manifesti riguardanti l'Impero, in cui egli scorge disegni di ribellione. Fludd respinge le critiche di Libau e approva i manifesti. I Fratelli, sostiene, sono veri cristiani. Non praticano magia nera, né sono sovversivi. Non avrebbero strombazzato il loro messaggio se fossero stati uomini malvagi. Come i luterani e i calvinisti, sono contro il papa, ma non per questo sono eretici. Forse questi Fratelli sono veramente illuminati da Dio. Fludd li prega ardentemente di accoglierlo nella loro Confraternita. Il Tractatus, pubblicato l'anno seguente, si apre con la stessa prefazione dell'Apologia, ma porta più avanti la difesa della «magia buona». Vi sono tipi buoni e cattivi di magia, 14 15 Cfr. j. A. VAN DORSTEN, Thomas Basson, Leiden 1961. , Cfr. YATES, The Art of Memory, Routledge and Kegan Paul, LjDtidon 1966S, p. 285 [trad. it. L'arte della memoria, Einaudi, Torino 1972, > " Cfr. FLUDD, Apologia cit., pp. i sgg. 17 Ibid.,p.6. ;8 Ibid., p. 7. , , , L'EDITORE DEL PALATINATO: JEAN THÉODORE DE BRY 91 ma se escludiamo o condanniamo il tipo buono, «eliminiamo tutta la filosofia naturale» ". I magi sono esperti di matematica, dice Fludd, e presenta a questo punto il solito elenco di meraviglie magico-meccaniche, cominciando dalla colomba di legno di Archila e continuando con le prodigiose operazioni di Roger Bacon, di Alberto Magno e di altri20 (si confrontino gli elenchi di tali meraviglie dati da Agrippa, Dee e in pratica da quasi tutti gli scrittori di meccanica nella sua fase magica21). I Fratelli Rosa-Croce, continua Fludd, praticano solamente le specie buone di magia, quella matematica e quella meccanica, e la magia della Kabbalah, che ci insegna come invocare i nomi sacri degli angeli. Magia, Kabbalah e astrologia, alle quali si dedicano i Fratelli Rosa-Croce sono studi scientifici e insieme pii. Fludd passa quindi in rassegna le arti e le scienze, e afferma che tutte necessitano di essere migliorate. Filosofia naturale, alchimia, medicina, tutte hanno imperfezioni, sostiene Fludd, e così pure le importantissime scienze matematiche. Secondo Fludd, la Fama rosacrociana ha stimolato il loro progredire. Sembra che abbia letto questo intento nella misteriosa grotta geometrica e in altri singolari strumenti della Fama; questi rappresentano, egli pensa, le scienze matematiche, che, nel suo programma di riforma, la Fama esorta a perfezionare 22. Fludd elenca le arti matematiche come la geometria, la musica, l'arte militare, l'aritmetica, l'algebra, l'ottica: tutte hanno necessità di miglioramento e riforma. Siamo qui nell'ambito del discorso premesso da John Dee a Euclide, con la sua rassegna delle arti matematiche elencate da Vitruvio, di cui l'architettura è la più importante. Altrove ho esaminato l'influsso esercitato dalla prefazione di Dee su Fludd23. Nel Tractatus Fludd sembra supporre che tale programma di riforma delle arti matematiche sia quello che i Fratelli RosaCroce desiderano e propugnano nei loro manifesti; vale a di" FLUDD, Apologia cit., p. 22. Per un'utile disamina del pensiero del Tractatus, cfr. A. DEBUS, Mathematics and Nature in thè Chemical Texts of thè Renaissance, in «Ambix», xv (1968). 20 FLUDD, Tractatus cit., p. 24. 21 Cfr. YATES, Giordano Bruno cit., pp. 147-49 [trad. it., pp. 168-71]; ID., Theatre of thè World cit., p. 30. 22 FLUDD, Tractatus cit., pp. 102 sgg. • .-• • ••"••'- > • ' ' • • « 23 YATES, Theatre of thè World cit., pp. 42 sgg. -/-• '•>'•' ••' ' • • ' , , Vs - •'"- >'- ' • sa : CAPITOLO SESTO re: i manifesti rosacrociani sono stati influenzati da Dee, il loro movimento magico è del tipo matematico e scientifico insegnato da Dee. In considerazione dei fatti scoperti a proposito dell'influsso della Monas hieroglyphica di Dee sui manifesti e sulle Nozze chimiche, sembra probabile che le ipotesi di Fludd siano esatte. Continuando la sua rassegna di materie che necessitano una riforma, Fludd elenca poi etica, economia, politica, giurisprudenza, teologia, che devono tutte rientrare nello schema riformatore. Dopo di che egli si occupa della profezia e dell'invocazione dello Spirito Santo e degli angeli 2\ essenziali per il movimento e termina con allusioni ai meravigliosi poteri occulti della musica. Alla fine, come nell'opuscolo dell'anno precedente, Fludd si rivolge ai Fratelli Rosa-Croce e implora che gli sia concesso di partecipare alla loro opera. L'istanza di Fludd per la riforma delle scienze ha un accento baconiano e può essere stata influenzata in parte dall'Advancement of Learning. Ma l'importanza attribuita alla matematica e all'invocazione degli angeli è più tipica di Dee, e sembrerebbe che Fludd abbia ravvisato nei manifesti rosacrociani proprio il tipo di programma intellettuale di Dee. Alcuni anni dopo, quando si difendeva in Inghilterra dagli attacchi di nemici che lo avevano accusato di essere un «Rosa-Croce» per la sua difesa di quei «teosofi e filosofi dotti e famosi», che si erano dati il nome di «Confraternita della Rosa-Croce», Fludd asserì di non aver ricevuto alcuna risposta dai Fratelli Rosa-Croce, sebbene pensasse che la loro «pansofia o conoscenza universale della natura» somigliasse alla sua filosofia2S. Questa fu sempre la linea di condotta usuale per le domande suscitate dai manifesti rosacrociani: che nessuna risposta era mai stata ricevuta e che vi era sempre stato il silenzio dopo gli squilli di tromba. Sebbene qui Fludd sembri credere che i Fratelli Rosa-Croce esistessero veramente, ammette di non averne mai visto uno. Nel caso di Fludd sembrerebbe che qualcosa, dopo tutto, sia accaduto in risposta alla sua Apologia e al Tractatus. Deve essere stato invitato a pubblicare le sue opere nel Palatinato 24 FLUDD, Tractatus cit., p. 146. . ., .- : Cfr. e. H. JOSTEN, Robert Fludd's «Philosophical Key» afta his Alphe* mical Experiment on Wheat, in «Ambix», xn (1963), p> 12; efe. YATES, Theaire of thè World cit., p. 68. v -'.. -', • ; >.•.-•• 25 L'EDITORE DEL PALATINATO: JEAN THÉODORE DE BRY 93 con la casa De Bry. Questo potrebbe significare che la sua difesa dei Fratelli Rosa-Croce contro Libau fosse stata accolta come prova del suo appoggio alla politica palatina. In seguito, mentre si difendeva dall'accusa, mossagli in Inghilterra, di aver fatto stampare i suoi libri «oltremare», perché la magia contenutavi ne impediva la pubblicazione in Inghilterra, Fludd cita la lettera di uno studioso tedesco, in cui si affermava che lo stampatore (cioè De Bry) aveva mostrato il suo volume, prima di stamparlo, a uomini dotti, tra cui alcuni Gesuiti: tutti lo avevano ammirato e ne avevano caldeggiato la pubblicazione, sebbene i Gesuiti avessero disapprovato le sezioni sulla geomanzia ed espresso il desiderio che fossero omesse26. Tuttavia queste, ovviamente, non vennero escluse. Fludd è convinto che i suoi volumi non siano sgraditi né ai calvinisti, tra i quali vive il suo stampatore, né ai luterani (« gli Stati confinanti»), e nemmeno ai papisti, che li hanno approvati, ma sorvola sul fatto che i Gesuiti, per sua stessa ammissione, non avevano approvato l'intero testo. Il primo dei volumi di Fludd pubblicato a Oppenheim, la Storia del macrocosmo del 1617, è dedicato a Giacomo I: è una dedica molto solenne, in cui Giacomo viene salutato come «Ter Maximus», l'epiteto consacrato a Ermete Trismegisto, e come il più potente e saggio principe del mondo. Il significato di questa dedica risalta ora che possiamo intendere appieno il senso della pubblicazione delle opere di Fludd a Oppenheim. Fludd e il suo editore palatino presumevano che Giacomo avesse interesse per un'opera pubblicata nei domini del genero. Si proponevano di conquistare alla loro filosofia questo principe tanto potente, assegnandogli un ruolo ermetico. Se questo libro avesse avuto una larga diffusione in Germania o in Boemia, avrebbe confermato l'impressione, o l'illusione, che i movimenti intellettuali nel Palatinato avessero l'approvazione di re Giacomo. Ora possiamo anche cominciare a vedere più chiaramente la situazione dal punto di vista di Giacomo. Non solamente suo genero, i suoi consiglieri e i suoi amici tentavano di coinvolgerlo in una linea di azione politica che Giacomo disapprovava - la politica attivista che avrebbe condotto all'avventura boema —, ma tentavano anche di coinvolgerlo in una filosofia 26 A Philosophical Key, in YATES, Theatre of thè World cit., p. 67. '"•' 94 CAPITOLO SESTO che riprovava. Giacomo aveva il terrore di tutto ciò che avesse sentore di magia; questa era la sua più radicata e profonda nevrosi. Aveva disapprovato Dee, non aveva voluto riceverlo 2? e quasi lo aveva messo al bando. Ed ora, nei domini del genero, veniva pubblicata una vasta opera del tipo della filosofia ermetica di Dee, gliel'avevano dedicata, tentando attraverso quella dedica di allettarlo o di suscitare l'impressione che egli fosse favorevole a quel modo di pensare. Non sorprende che il secondo volume della Storia del macrocosmo e del microcosmo non fosse dedicato a Giacomo, e che Fludd sembri avere incontrato in Inghilterra difficoltà non ben chiare per la pubblicazione delle sue opere28. Quando replicò alle accuse mossegli per aver fatto pubblicare i suoi libri oltremare perché contenevano magia proibita, Fludd disse che il motivo della loro pubblicazione all'estero era che la casa De Bry gli offriva illustrazioni migliori di quelle che sarebbero state possibili in Inghilterra29. Le illustrazioni presentano in forma visiva i complessi «geroglifici» della filosofia di Fludd. Gli incisori seguirono esattamente le sue istruzioni, come scoprirà chiunque studi attentamente il testo di Fludd in rapporto alle illustrazioni. Il costante andirivieni di messaggeri tra Londra e il Palatinato, che mantenevano i contatti con la principessa inglese a Heidelberg, deve avere molto agevolato il lavoro di un editore palatino nel pubblicare manoscritti provenienti dall'Inghilterra. La Utriusque cosmi bistorta di Fludd30, o «Storia dei due mondi» - il grande mondo del macrocosmo e il piccolo mondo dell'uomo, il microcosmo — è un tentativo di trattare, e di presentare con chiarezza la filosofia basata sul disegno armonico del cosmo e le armonie corrispondenti nell'uomo. Le incisioni contribuiscono moltissimo a illustrare questi schemi cosmici. Sostanzialmente, lo schema di Fludd è lo stesso di quello formulato nel primo Rinascimento quando Fico della Mirandola aggiunse il risveglio della Kabbalah ebraica alla ri27 FRENCH, John Dee cit., p. io. Cfr. YATES, The Art of Memory cit., pp. 323-24 [trad. it, pp. 299-300]; ID,, Theatre of thè World cit., pp. 65-72. 29 Dr. Fludd's Answer unto M. Poster, 1631, p. 11; cfr. YATES, The Art of Memory cit., p. 324 [trad. it., p. 300]. 30 R. FLUDD, Utriusque cosmi bistorta, tomus primus: De macrocosmi bistorta, Jean Théodore de Bry, Oppenheim 1617, 1618; tomus secundus: De microcosmi bistorta, Jean Théodore de Bry, Oppenheim 1619. 28 L'EDITORE DEL PALATINATO: JEAN THÉODORE DE BRY 95 presa della filosofia ermetica, stimolata nell'uso di Ficino dei testi ermetici, da poco riscoperti. I volumi di Fludd abbondano di citazioni dai testi ermetici derivate dalla traduzione latina di Ficino, e «Mercurius Trismegistus», il presunto autore egizio di quei testi, è l'autorità più venerata da Fludd, che la concilia con l'autorità della Bibbia attraverso la interpretazione cabbalistica della Genesi. Ne risulta uno schema cosmico in cui lehova presentato nella forma del nome di Dio in lettere ebraiche entro un'aureola, regna sugli schemi di cerchi concentrici composti di angeli, stelle, elementi, con l'uomo al centro. Connessioni astrali percorrono tutto e le strette analogie tra armonie macrocosmiche e microcosmiche diventano ancora più serrate di quanto non fossero ai tempi di Pico e di Ficino per influsso di Paracelso, che aveva reso più esatte queste corrispondenze grazie alle sue teorie medico-astrali. Il secondo volume di Fludd, sul microcosmo, comprende un'importante sezione su ciò che egli definisce « storia tecnica», un panorama delle arti e delle scienze di cui si vale l'uomo. Esse si fondano sulla natura, che è basata sul numero. Come ho mostrato nel mio Theatre of thè World, la sezione che Fludd dedica alla tecnologia segue dappresso la prefazione matematica di Dee a Euclide, in cui Dee aveva propugnato l'applicazione diretta delle scienze matematiche, raggruppandole, come aveva fatto Vitruvio nel suo trattato sull'architettura, sotto l'architettura, quale regina delle scienze matematiche. La Storia dei due mondi di Fludd è, in generale, una presentazione della magia e della Kabbalah del Rinascimento, con l'aggiunta dell'alchimia, come era stata elaborata da Paracelso, e degli sviluppi introdotti da John Dee in queste tradizioni. Se si interpretano i manifesti rosacrociani come un romanzo, mediante il quale si chiede con istanza una riforma fondata sui recenti sviluppi della magia, della Kabbalah e dell'alchimia introdotti da Paracelso e da John Dee, ci si può rendere conto come la filosofia di Fludd fosse veramente una filosofia «rosacrociana», una filosofia rinascimentale aggiornata, e come tale fosse giustamente bene accolta nel Palatinato attraverso tali pubblicazioni. Lo studio della cultura palatina sotto Federico V deve includere tra i suoi principali esponenti Salomon de Caus, il di- t)6 • -y..'3 ' Kft:fi, ••*>"• >•'"•')'A CAPITOLO SESTO Teseo, capace di guidare attraverso il labirinto. Si dovrebbe iniziare lo studio di Maier dal Viatorium, la cui dedica a Anhalt pone immediatamente questo autore e la sua alchimia spirituale nella cerchia del più importante consigliere dell'elettore palatino. In quello stesso anno 1618 un altro libro di Maier, che aveva ancora un frontespizio splendidamente illustrato, fu pubblicato a Oppenheim da De Bry: era VAtalanta fugiens, un libro molto ricercato per le stupende illustrazioni del suo testo enigmatico. Quasi certamente l'incisore fu Matthà'us Merian, sebbene le incisioni non siano firmate. L:'Atalanta fugiens è un libro di emblemi con commenti filosofici. Atalanta, sul frontespizio (tav. 34), attratta fuori dalla gara dalla verità spirituale, morale e scientifica, offre una lezione di perseveranza e di purezza d'intenti all'alchimista spirituale. Maier insegna una filosofia religiosa e alchimistica molto sottile attraverso gli emblemi del libro, ognuno dei quali ha una forma di espressione musicale e insieme grafica ". Uno degli emblemi più singolari mostra un filosofo con la sua lanterna che segue attentamente le orme lasciate dalla Natura (tav. 35). Esso ricorda in qualche modo la prefazione dedicata da Giordano Bruno a Rodolfo II, durante il suo soggiorno a Praga nel 1588, e ne ripete il tema preferito, cioè che si debbono studiare le vestigia e le orme lasciate dalla Natura, evitando le contese delle sette religiose e volgendosi alla Natura, che grida ovunque per essere ascoltata3Ì. Maier, sebbene fosse un luterano devoto (Fludd era un devoto anglicano), potrebbe aver avuto qualche idea del genere quando, in quegli anni di feroci controversie religiose, alla vigilia dello scoppio della guerra dei Trent'anni, chiarisce i suoi atteggiamenti religiosi e filosofici attraverso il simbolismo alchimistico. Un altro emblema dell'Atalanta fugiens mostra un filosofo che indica una figura geometrica (tav. 36). Il commento a questo emblema è intitolato: «Monas o l'Uno». Il curatore 31 Sulla musica dell'Atalanta fugiens, cfr. READ, Prelude to Chemistry cit., pp. 213-54, 281-89. 32 G. BRUNO, Articuli adversus mathematica!, Praha 1588, prefazione; cfr. YATES, Giordano Bruno cit., pp. 314-15 [trad. it., pp. 340-43]. L'EDITORE DEL PALATINATO: JEAN THÉODORE DE BRY 99 di una recente edizione del libro di Maier s ha confrontato questo emblema con la Monas hieroglyphica di John Dee. Così, ancora una volta, troviamo la Monas di Dee al centro del mistero rosacrociano, custodita tra gli emblemi di Maier. Maier sarebbe venuto in contatto con l'influenza di Dee in Boemia. Non può esservi alcun dubbio che il genere di alchimia, di cui gli emblemi di Maier sono l'astrusa espressione grafica, è quello che Libau riprovava, l'alchimia dei manifesti rosacrociani e della Monas di Dee. Se si osserva l'emblema in cui il filosofo sta per scagliarsi contro un uovo con la spada (tav. 37), si può cominciare a riconoscervi l'uovo che simboleggia l'universo34 nella Monas hieroglyphica (tav. 16), e il fuoco, simboleggiato dal segno dell'Ariete nella Monas e che rappresenta i processi alchimistici. Se ora guardiamo nuovamente l'«Alchimista» di Khunrath, rappresentazione simbolica del tipo di alchimia di Dee, possiamo vedere come la prospettiva che si sviluppa dietro l'uovo nell'emblema di Maier sia paragonabile con la prospettiva nella figura di Khunrath. Credo che la prospettiva simboleggi l'architettura e le materie matematiche a questa connesse. Quando ci si rammenta che Maier fornisce la musica per accompagnare l'emblema dell'uovo, ci si rende conto come tale emblema racchiuda tutti gli elementi riassunti nella Monas hieroglyphica. Non posso comprendere tutto ciò, né come sarebbe possibile calcolare un problema matematico nei termini di questo tipo di alchimia. Ma credo che implicazioni di questo genere siano presenti negli emblemi di Maier e che egli possa essere stato il più profondo dei «Rosa-Croce». Sebbene Maier si esprima soprattutto attraverso emblemi alchimistici, mentre Fludd mira a costruire una esposizione filosofica completa, le loro filosofie hanno in comune l'influsso di Dee e una salda base ermetica. Il culto di Maier per Ermete Trismegisto e per la verità dell'ermetismo «egizio» è " Cfr. H. M. E. DE JONG, «Atalanta Fugiens»: Sources of an Alchemìcal Book of Emblems, Leiden 1969. 34 II simbolo «monas» è racchiuso nella forma di un uovo sul frontespizio della Monas hieroglyphica (tav. 16), e il testo mostra anche uno schema dell'universo a forma di uovo. Il « taglio » della Monas con coltelli è descritto, in modo misterioso, nel Testament of John Dee, pubblicato in ASHMOLE, Theatrum chetnicum britannicum cit., p. 334; cfr. p. 233. 100 • ìtirr :0".V/n'A CAPITOLO SESTO fervido quanto quello di Fludd. Qualsiasi altro significato possano assumere, Fludd e Maier sono senza alcun dubbio filosofi ermetici e rappresentano infatti un genere di ermetismo rinascimentale in un tempo in cui gli stimoli ermetici originali del primo Rinascimento erano in declino in alcuni ambienti. Isaac Casaubon aveva già datato gli scritti ermetici come postcristiani35, e quindi non attribuibili all'antichissimo sacerdote egizio Ermete Trismegisto. L'opera in cui Casaubon datava gli Hermetica venne dedicata infatti a Giacomo I nel 1614, una dedica che sembrerebbe situare Giacomo in campo antiermetico e in un mondo totalmente diverso dall'ardente pseudoegizianesimo intenso di Fludd e di Maier. È impossibile esaminare adeguatamente qui, o persino citare, tutte le opere di Michael Maier pubblicate tra il 1614 e il 1620. Le osservazioni che seguono rappresentano solo alcuni punti, tratti da questo ricco e vasto materiale. Il Lusus serius di Maier fu pubblicato a Oppenheim nel 1616 da Luca Jennis, che lo ripubblicò sempre a Oppenheim nel 1618. Appunto nella prefazione a questo libro Maier dichiara di essere a Francoforte, in viaggio da Londra per Praga. I tre dedica tari del libro sono: Francis Anthony, indicato come un inglese di Londra (un rinomato medico paracelsiano inglese)36, Jacob Mosanus, che viene definito un dignitario al seguito del langravio d'Assia, e Christian Rumpf, descritto come medico dell'elettore palatino del Reno. Questi personaggi, cui il libro è dedicato, designano gli ambienti in cui Maier si muoveva: circoli di medicina paracelsiana a Londra e in Germania, alle corti del langravio d'Assia e dell'elettore palatino. Il Lusus serius, o gioco serio, è forse quello che Andreae avrebbe definito probabilmente un ludibrium. È una breve e semplice allegoria, in cui una mucca, una pecora e altri animali rivendicano la loro importanza, ma l'importanza suprema è accordata a Ermete Trismegisto dopo un discorso in cui egli descrive la sua funzione pacificatrice e conciliatrice e l'utilità delle attività cui sovrintende, fra cui la medicina e la meccanica. Apparentemente è un racconto del tutto insulso. Si può solamente supporre che avesse un significato recondito nei 33 36 Cfr. YATES, Giordano Bruno cit., pp. 398-403 [trad. it., pp. 434-35]. Cfr. DEBUS, The English Paracelsians cit., pp. 142-45. L'EDITORE DEL PALATINATO: JEAN THÉODORE DE BRY IOI circoli in cui si muoveva Maier. Vi è un altro scherzo ermetico di Maier, dal titolo locus severus, un'allegoria sugli uccelli notturni, pubblicata per la prima volta molto prima, nel 1597, sotto gli auspici del vecchio De Bry a Francoforte, e ripubblicata in questa città nel 1616, con una prefazione che si rivolgeva «a tutti i chimici della Germania», con allusioni ai manifesti rosacrociani. Questo collega abbastanza chiaramente il tipo di «scherzo» di Maier con quello dei manifesti. Nei Symbola aurea, pubblicati a Francoforte da Luca Jennis nel 1617, Maier esalta la sublimità della «chimia», l'onniscienza di Ermete, re d'Egitto, la santità della «Vergine», o «Regina Chemia», e terminano con un inno ermetico di rigenerazione. Abbiamo qui l'espressione di un intenso misticismo ermetico, che ricorda molto l'uso dei temi religiosi ermetici di Giordano Bruno, sebbene Maier si valga, più di Bruno, di immagini alchimistiche. Nei Symbola, Maier fa numerose allusioni alla Confraternita dei Rosa-Croce, ma in modo troppo vago per fornire informazioni utili. Maier può essere stato influenzato sia da una tradizione bruniana, sia dalla tradizione di John Dee. Sappiamo che Bruno affermò di aver fondato una setta di «giordanisti» tra i luterani37. Maier era luterano; il suo movimento religioso ardentemente ermetico potrebbe dunque aver subito in parte anche l'influsso di Bruno, potrebbe essere stato un tentativo di riforma ermetica della religione, di infondere cioè maggior vigore nella religione attraverso influenze ermetiche, come Bruno aveva così appassionatamente sostenuto. D'altra parte, la forte componente alchimistica del movimento di Maier indica che quello di Dee è stato l'influsso più rilevante. Forse nel tipo di riforma ermetica affermatosi nel Palatinato, correnti derivate dalla tradizione ermetica del tipo di Dee si mescolano con quelle di origine bruniana. Il Silentium posi clamares e la Themts aurea di Maier, pubblicati da Luca Jennis a Francoforte, rispettivamente nel 16176 nel 1618, riflettono il grande interesse che i manifesti rosacrociani avevano suscitato negli anni precedenti. Menzionando i Fratelli Rosa-Croce e le loro vicende in questi libri, Maier tocca un argomento che destava grandissima curiosità, 37 Cfr. YATES, Giordano Bruno cit., pp. 312-13 [trad. it., p. 340]. V" •" 102 ,' aa 3G CAPITOLO SESTO e dà l'impressione sia di voler fornire informazioni, sia di essere reticente. In ambedue le opere sostiene che la Confraternita dei Rosa-Croce esiste realmente, e che non è una mera mistificazione, come hanno detto alcuni. D'altra parte, dichiara di non esserne membro e di essere una persona troppo umile per avere accesso ad esseri cosi elevati. Nel Silentium posi damores Maier difende i Fratelli RosaCroce da calunnie e pretende di spiegare il motivo per cui essi non rispondono alle numerose persone che hanno tentato di mettersi in contatto con loro. Dice che gli autori della fama e della Confessici hanno ottemperato a un loro dovere pubblicando quegli opuscoli e che preferiscono sventare la calunnia con il silenzio, anziché scrivere ancora. Si affretta ad aggiungere di non pensare che la Confraternita dei Rosa-Croce abbia bisogno del suo insignificante patrocinio. I suoi membri sono onesti e pii, i loro scopi buoni, essi bastano a se stessi. Dichiara che la Confraternita dei Rosa-Croce non ha solamente scopi pii e filantropici, ma si dedica anche alle ricerche naturali. La natura è solo per metà rivelata, egli dice; è necessario soprattutto sperimentare e ricercare3t. Questo suggerimento di influsso baconiano, forse derivato dallo stesso Advancement of Learning, è importante. Un influsso baconiano sarebbe potuto penetrare in Germania nella scia del matrimonio dell'elettore palatino e attraverso contatti con l'Inghilterra, come suggeriscono i viaggi di Maier. Nella Themis aurea (di cui una traduzione inglese, dedicata a Elias Ashmole, fu pubblicata nel 1652), Maier pretende di rivelare la struttura della Confraternita dei Rosa-Croce e le sue leggi. Sfortunatamente queste leggi sono soltanto un sunto di ciò che era stato pubblicamente detto sui Fratelli Rosa-Croce nella Fama, cioè che dovevano curare i malati, incontrarsi una volta l'anno, ecc. Ancora una volta Maier stuzzica la curiosità di voler rivelare segreti, e al tempo stesso non rivela nulla. Comunque egli è certo che tale Confraternita esiste realmente, e coloro che conoscevano i suoi contatti, in quali circoli egli si muoveva, possono essere stati capaci di indovinare le sue allusioni. Nel brano seguente pare voler rivelare il luogo di incontro dei Fratelli Rosa-Croce: 38 MAIER, Silentium posi damores, pp. u sgg.; cfr. WAITE, The Brotherhood of thè Rosy Cross cit., p. 321. .. . •,.';; ; L'EDITORE DEL PALATINATO: JEAN THÉODORE DE BRY 103 Qualche volta ho osservato le dimore olimpiche non lungi da un fiume, e ho conosciuto una città che noi pensiamo sia chiamata Spirito Santo - voglio dire Elicona, o Parnaso, dove Pegaso fece scaturire una copiosa sorgente, nella quale Diana si lavò, di cui Venere fu ancella e Saturno custode. Questo istruirà quanto basta un lettore intelligente, ma confonderà ancora di più l'ignorante3'. Parnaso, Pegaso, sono sicuramente allusioni classiche, sebbene molto oscure, e una città chiamata Spirito Santo, vicino a un fiume, potrebbe adombrare qualsiasi località. D'altra parte, Heidelberg è sita presso un fiume, la sua chiesa era la chiesa dello Spirito Santo, nei suoi giardini vi era una meravigliosa fontana del Parnaso. Dopo avere studiato attentamente l'ambiente di Heidelberg e delle Nozze chimiche di Andreae, quando si legge Maier, si ha l'impressione che egli, come Andreae, possa alludere a Heidelberg e che alcune sue figure emblematiche possano riflettere le costruzioni simboliche visibili nell'Hortus Palatinus. Confrontiamo, per esempio, la grotta che De Caus costruì a Heidelberg, contenente una fontana ornata con corallo (tav. 38) e il delizioso emblema di Maier raffigurante un pescatore di corallo (tav. 39). Il commento all'emblema spiega che il corallo rappresenta la pietra filosofale. Un aspetto importante della Themis aurea, che tende ad avvalorare alcuni argomenti già addotti in questo libro, è la disamina della Confraternita dei Rosa-Croce come ordine cavalieresco, confrontando il suo emblema della «Rosa-Croce» con le insegne di altri ordini, la doppia croce dei Cavalieri di Malta, il vello dell'Ordine del Toson d'Oro, o la giarrettiera dell'Ordine della Giarrettiera. Dovremmo accostare questo passo alle allusioni a ordini cavaliereschi nelle Nozze chimiche. Maier prosegue dicendo, dopo aver confrontato l'Ordine dei Rosa-Croce con altri ordini, che il suo emblema non è né una doppia croce, né un vello, né una giarrettiera, ma le parole R. C. Di queste parole egli dà un'interpretazione singolare: R. significa «Pegasus» e C. «lulius» (ma non ne spiega il perché), e aggiunge: «Non è questa la zampa di un roseo leone?»40. Mi accontento di lasciare questo in forma di domanda! 39 M. MAIER, Themis aurea, hoc est de tegibus Fratetnitatis R. C.\ Frankfuit 1618, p. 143; cfr. WAITE, The Brotherhù'òdof the'Rosy Cross cit., p. 328. 40 MAIER, Themis aurea cit., p. 159. CAPITOLO SESTO Nel suo Verum inventum, pubblicato a Francoforte da Luca Jermis nel 1619 e dedicato al langravio d'Assia, sembra che Maier sia in vena di patriottismo; egli esamina attentamente la storia dell'Impero in rapporto alla Germania; magnifica la ricchezza della cultura tedesca, portando a esempio il gran numero di manoscritti conservati in biblioteche come quella di Heidelberg; elogia Martin Luterò e la sua presa di posizione contro il tiranno di Roma; auspica un ritorno alla Chiesa primitiva ed esalta Paracelso, «che è seguito da molte migliaia di dotti in tutti i paesi» ". Finalmente arriviamo al 1620. In quell'anno Luca Jennis pubblicò a Francoforte la Settimana philosophica di Maier; che descrive una conversazione fra Salomone, la regina di Saba e Hiram, re di Tiro; comprende inoltre discussioni mistiche su vari temi, fra cui uno sulla i-osa42. Le singolari pubblicazioni di Michael Maier seguono un preciso schema temporale. Cominciano nel 1614, l'anno dopo le nozze di Federico ed Elisabetta; terminano nel 1620 (sebbene ve ne sia una posteriore^ l'anno del breve regno di Federico ed Elisabetta in Boemia. Sono tutte caratterizzate da un misticismo ermetico, espresso in termini di interpretazione ermetica o «egizia» di favole e miti contenenti significati alchimistici ed «egizi» reconditi, associati a un uso singolare del simbolismo alchimistico. L'Atalanta fugiens è il prodotto migliore di questo pensiero e suggerisce un ambiente assai colto e raffinato in cui l'alchimia sia usata a simbolo di un movimento religioso e intellettuale di non comune importanza e interesse. Ora sembra chiaro che lo schema temporale del movimento religioso e intellettuale rappresentato da Maier è quello stesso del movimento di Federico-Elisabetta, nel suo svolgimento dalle nozze sino all'anno fatale in Boemia, e che Maier esprime gli aspetti religiosi e intellettuali di quel movimento nel suo simbolismo ermetico. Il suo preciso rapporto con Anhalt, attestato dalla dedica, suggerisce efficacemente che egli stava collaborando con Anhalt per organizzare contatti fra l'Inghilterra, la Germania e la Boemia, preliminari all'in41 MAIER, Verum inventum, dedica. • ,- , , ,., ... *„ ID., Settimana philosopbica, pp. nS-2i. Questi>epmmeoéisembrar no fatti col proposito deliberato di non rivelare nulla. 'Y 42 L'EDITORE DEL PALATINATO: JEAN THÉODORE DE BRY 105 sediamento di Federico ed Elisabetta come re e regina di Boemia. Maier fu spinto ad agire da un forte impulso religioso-ermetico, tanto potente, a suo modo, quanto quello che aveva mosso Giordano Bruno nell'ultimo scorcio del secolo xvi, sebbene in Maier esso si congiungesse alla pietà luterana: un genere di combinazione che ci si potrebbe attendere se l'influsso di Bruno avesse messo radici negli ambienti luterani tedeschi. Il vigore di quest'impulso in Maier non venne meno neppure in seguito ai disastri del 1620. La sua ultima opera sembra sia stata Cantilenae intellectuales de Phoenice redivivo43, con una dedica a Federico, principe di Norvegia, datata Rostock, 23 agosto 1622. In quest'opera, il suo canto del cigno, o piuttosto il suo canto della fenice, Maier vaticina la rinascita della Fenice, l'uccello ermetico ed egizio, di cui aveva celebrato la supremazia su tutti gli altri uccelli in uno dei suoi primi «scherzi». Nella dedica del suo canto della fenice al principe norvegese, Maier dice di aver impiegato la propria vita non a creare - strano a dirsi - le complesse opere di simbolismo ermetico, di cui non fa menzione, ma allo studio della matematica. Un giovane alchimista boemo, sfuggito agli orrori di cui era teatro il suo paese dopo il 1620, rese omaggio alla memoria di Michael Maier e la tenne viva ripubblicando la sua opera, usando le stesse tavole impiegate nelle edizioni originali. Il giovane boemo era Daniel Stolck, o Stolcius, laureato in medicina presso l'Università di Praga e giunto a Marburgo nel 1621, dove s'immatricolò; di qui proseguì poi per Francoforte, e fece visita a Luca Jennis. Jennis gli mostrò le tavole di numerose opere alchimistiche recentemente pubblicate, e in particolare quelle di Maier, e Stolck accettò di curarne una nuova edizione44. L'opera uscì con il titolo di Viridarium chemicum, pubblicata da Luca Jennis a Francoforte nel 162445, con una prefazione di Stolck, datata Oxford 1623. 43 44 Cfr. CRAVEN, Count Michael Maier cit., p. 146. READ, Prelude to Chemistry cit., pp. 254-77. Il fatto che Stolck impiegasse le lastre delle opere di Maier e di Mylius è analizzato da Read. 45 Una edizione tedesca fu pubblicata da Jennis, anche nel 1624; si può trovare questa edizione in una ristampa; cfr. STOLTZIUS VON STOLTZENBERG, Chemisches Lustgàrtlein, ed. F. Weinhandl, Darmstadt 1964. io6 CAPITOLO SESTO L'Inghilterra era l'asilo, che il profugo boemo aveva ora raggiunto, come fecero molti altri suoi compatrioti negli anni seguenti. Nella prefazione, Stolck parla della sua infelicità, che ha tentato di lenire dimorando con l'immaginazione nel «piacevole giardino della Chimica», e desidera offrire questo conforto anche ai suoi miseri compatrioti. Evidentemente egli spera che il «piacevole giardino» possa circolare nella Boemia oppressa. Il suo viaggio all'estero è molto rattristato - dice — dai disastri che hanno colpito il suo paese, e interrotto dai tumulti della guerra. Unico rifugio è il piacevole giardino della chimica: Pertanto, gentile lettore, usa e prendi diletto di questi [emblemi], come meglio ti sembra e fa' una passeggiata piacevole nel mio giardino. Sii grato alla memoria sempre viva del famosissimo e coltissimo signor Michael Maier, il più celebre dottore di fisica e medicina, per le illustrazioni; per il resto, al maestro John Mylius, chimico industrioso ". Molti emblemi di Maier sono stati ripubblicati in questo libro, riprodotti dalle tavole originali che Jennis aveva conservato, insieme con numerosi altri di Mylius, pubblicati originariamente nel 1622. Mylius era un discepolo di Maier ed evidentemente simpatizzava vivamente per «la causa», perché nella prefazione parla dell'anno 1620, come di «quell'anno infausto che tanto piange da far cadere i cieli» ". Stolck fornisce un legame tra il movimento simbolicoalchimistico intorno a Maier e la parte boema del movimento che giunse a una fine così disastrosa nel 1620. Il profugo si rivolge a Luca Jennis come a un simpatizzante, e con mestizia e rispetto prepara una ristampa degli emblemi di Maier. Il Viridarium chemicum si apre con una serie di emblemi che hanno per tema l'unione dello sponsus e della sponsa, immagine della fusione degli elementi nei processi alchimistici. Nella prima di queste «nozze chimiche» (tav. 40), la prima illustrazione del libro "", lo sponsus e la sponsa alchimistici hanno una singolare somiglianzà con Federico ed Elisabetta, 46 In READ, Prelude to Chemistry cit., p. 257. J. D. MYLIUS, Philosophia reformata, Luca Jennis, Frankfurt 1622, prefazione, in READ, Prelude to Chemistry cit., p. 260. 48 Pubblicata per la prima volta in M. MAIEK, Tripus aureus, Luca Jennis, Frankfurt 1618, p. 27. ,,. . , ... 47 L'EDITORE DEL PALATINATO: JEAN THÉODORE DE BRY I0 7 come appaiono nella stampa dei «quattro leoni» (tav. 12*), pubblicata a Praga al tempo della loro incoronazione. Questo studio di Fludd e di Maier ha cercato di mostrare come questi filosofi «rosacrociani» appartenessero all'orbita del movimento gravitante intorno a Federico del Palatinato. Le loro opere furono pubblicate dall'editore palatino De Bry, sebbene Maier pubblicasse anche con la casa amica di Jennis. L'importanza degli stampatori e degli editori del movimento è risultata chiara. E abbiamo visto che le filosofie ermetiche inglesi, rappresentate da Fludd, si propagano nella regione del Palatinato insieme con il movimento alchimisticosimbolistico, diffuso da Maier probabilmente come parte di una missione che aveva lo scopo di sviluppare legami con la Boemia, e soprattutto con Praga, il più importante centro alchimistico d'Europa. Nel Palatinato si tentava allora — a quel che pare - di incoraggiare correnti intellettuali attraverso le quali fosse possibile integrare l'alleanza inglese con la espansione in Boemia. È chiaro, dunque, che l'avventura boema dell'elettore palatino non fu solo un episodio causato da una politica superficiale o da ambizione mal diretta, come si era soliti supporre; ma, all'interno di questo movimento, vi erano correnti che perseguivano uno scopo molto serio. Si stava formando nel Palatinato una cultura scaturita direttamente dal Rinascimento, ma arricchita da tendenze più recenti, una cultura che si potrebbe definire con l'aggettivo «rosacrociano». Il principe intorno al quale gravitavano queste profonde correnti era Federico, l'elettore palatino, e i loro esponenti speravano che il movimento che condusse all'avventura boema potesse essere un'espressione politico-religiosa dei loro scopi. Per parte mia, penso d'intravedere che tutti i misteriosi movimenti degli anni precedenti intorno a figure quali Philip Sidney, John Dee, Giordano Bruno, sfociarono nella propaganda di Anhalt a favore di Federico. Il movimento federiciano non fu la causa di queste profonde correnti e non fu affatto l'unica loro espressione, ma costituì un tentativo per dare ad esse un'espressione politico-religiosa, per realizzare l'ideale di una riforma ermetica, che aveva il suo fulcro in un vero principe. Il movimento tentò di far confluire molti fiumi nascosti in una sola grande corrente, la filosofia di Dee e la cavalleria mistica inglese dovevano unirsi con le correnti mistiche tedesche. La nuova alchimia doveva conci- liare le divergenze religiose, e trovò un simbolo nelle «nozze chimiche» con le sue allusioni velate al «matrimonio del Tamigi e del Reno». Sappiamo che questo movimento era destinato a fallire disastrosamente, precipitando nell'abisso della guerra dei Trent'anni. Ma nel frattempo aveva creato una cultura, uno Stato «rosacrociano» con la sua corte, residente a Heidelberg, con la sua letteratura filosofica, pubblicata nello Stato, con manifestazioni artistiche che si esprimevano nel movimento alchimistico-simbolico intorno a Maier e nell'opera di Salomon de Caus. • r !v:- "\ onc- tt — 1 '•• -Art-^jfX; Ì.W i J i •' "*0pj•••••• i i . : - . , . - ; - ' ,.-,-..,. O" •^•^./•'•o •;;:;;?,.:'!.,[:• <aiVtì!: /.>•:;,,,[.,,.., ( - i , .», r - r -si' i '\; ' ' t, " '* ( > ' j 1 r! ih ' Capitolo settimo L'esplosione d'entusiasmo rosacrociano in Germania ,* Ui'S'i J. /' ,i o' j t, .. j >i ,) <V t ' .. O L'« entusiasmo rosacrociano», che si sviluppò come reazione agli annunzi appassionanti dei manifesti, divenne ben presto inestricabilmente confuso per il gran numero di persone che tentò di aderirvi senza sapere bene di che si trattasse, attratte soltanto dalla stimolante possibilità di mettersi in contatto con personaggi misteriosi, dotati di conoscenza e di poteri superiori, oppure irritate e allarmate al pensiero che stessero dilagando maghi o agitatori pericolosi. Maier considerò i manifesti un appello a tutti i «chimici» della Germania '; forse con questo intendeva un appello a tutti i paracelsiani mistici o a coloro che cercavano una nuova forma di illuminazione. Può essere che i responsabili dei manifesti originali siano stati sorpresi e sconcertati dall'effetto prodotto dal loro messaggio, dall'eccitazione incontrollata che proruppe in risposta all'appello dei presunti Fratelli Rosa-Croce, a sostegno del loro movimento. La replica riguardò soprattutto la Fama e la Confessto i cui autori, pur appartenendo ovviamente alla scuola di mitologia rosacrociana diffusa da Andreae nelle Nozze chimiche, possono essere state persone diverse da Andreae. Non formulo nessuna ipotesi sull'identità degli autori che possono aver cooperato con Andreae alla propaganda rosacrociana. Molti sono stati i suggerimenti proposti al riguardo, alcuni, ovviamente, molto lontani dalla verità, altri, invece, degni di essere esaminati. Tra questi ultimi, vi è Joachim Jung, il noto matematico ammirato da Leibniz. La candidatura di Jung quale autore dei manifesti rosacrociani fu proposta nel 1698 da uno scrittore che sosteneva di esserne stato informato da 1 MAIER, locus severus, epistola dedicatoria. no CAPITOLO SETTIMO 2 un membro della corte di Heidelberg in esilio . Questa fonte potrebbe ora rafforzare la candidatura di Jung. Poiché ora sappiamo che il mito di Rosenkreutz era un tipo di «parabola magica», che, come nel caso della Monas hieroglyphica di John Dee., potrebbe implicare un lavoro scientifico molto serio, particolarmente nell'ambito della matematica, rende possibile il fatto che personaggi importanti come Jung possano essere stati dietro i manifesti. Comunque non si può esprimere un'opinione precisa sui problemi attinenti lo sfondo dei manifesti sino a che non si siano fatte maggiori ricerche sul loro contesto storico. Inoltre la distruzione di libri e di manoscritti a Heidelberg, quando la città cadde in mano ai nemici, può significare che molte testimonianze sono andate irrimediabilmente perdute. È possibile che Jan Gruter, il bibliotecario della «Biblioteca Palatina», al centro di una vasta corrispondenza internazionale, sia qualcuno che merita di essere preso in esame al fine di trovare una traccia. La durata dell'entusiasmo rosacrociano, dell'abbondante produzione letteraria provocata dai manifesti convalida la tesi che sia esistito un nesso tra questi e il movimento intorno all'elettore palatino, perché l'entusiasmo venne meno repentinamente dopo il 1620, o in un periodo che coincide con il crollo dell'avventura boema, l'invasione del Palatinato e la fine della corte di Heidelberg. Manca ancora purtroppo per potersi orientare nell'intricato labirinto della letteratura sorta dall'entusiasmo rosacrociano, l'opera di un esperto bibliografo che sgombri il terreno valutando date e luoghi di edizione, marchi di stampa, carta, e cosi via; in tal modo si arriverebbe a una visione complessiva più esatta del movimento e si potrebbero chiarire molti problemi provocati dagli scritti anonimi e dagli pseudonimi3. L'intero campo è veramente un terreno vergine, che attende 2 J. A. Fabricius asserì che Joachim Jung era l'autore della Fama e che questo gli era stato detto da «un funzionario di Heidelberg»; cfr. Acta eruditorum, 1698, p. 172; cfr. ARNOLD, Histoire des Rose-Croix cit., p. 85. Partington (History of Chemistry cit., voi. II, p. 415) cita il riferimento agli Acta eruditorum, ma definisce priva di fondamento la notizia che Jung fosse l'autore della Fama, sebbene anch'egli facesse parte della cerchia di Andreae. 3 Per ora, l'unica opera che ha la pretesa di essere una bibliografia rosacrociana è quella di F. L. GARDNER, A Catalogne Raisonné of Works on thè Occult Sciences: Rosicrucian Books, stampata privatamente, 1923. È un lavoro molto insoddisfacente, anche se può servire come introduzione al mate- L'ENTUSIASMO ROSACROCIANO IN GERMANIA III ancora il lavoro di una seria ricerca moderna, poiché finora non è stato ritenuto degno di uno studio ponderato. In questo capitolo non mi prefiggo d'indagare a fondo in questo campo, ma solo di offrire un'idea sommaria della letteratura di questo entusiasmo (eccettuate le opere di Fludd e Maier, che ho cercato di esaminare nel capitolo precedente). Vi sono molte anime semplici, che, designandosi spesso con le sole iniziali, pubblicano appelli ai Fratelli Rosa-Croce, esprimendo la propria ammirazione e chiedendo di poter aderire al loro movimento. Altri pubblicano opere più prolisse, dedicate ai Fratelli Rosa-Croce, con la speranza di richiamarne attenzione. Vi sono poi gli avversari, quelli che disapprovano, che attaccano l'empietà, le pratiche magiche, o la tendenza sovversiva dei Fratelli Rosa-Croce. Abbiamo già preso in esame un critico, Libau; gli pseudonimi «Menapius» e «Irenaeus Agnostus »" celano critici severi. Le pubblicazioni più interessanti provengono da coloro che sembrano ben informati sul movimento, o che vi erano probabilmente coinvolti: sono personaggi misteriosi che ricorrevano a pseudonimi. Mi soffermerò nelle pagine seguenti su questo tipo di pubblicazioni rosacrociane, scegliendo quelle che mi sembrano più importanti, per cercare di conoscere meglio, se possibile, il movimento dall'interno, e trascurando il profluvio di pubblicazioni di coloro che ne erano estranei e che, ovviamente, non ne sapevano nulla, se non ciò che avevano letto nei manifesti. Theophilus Schweighardt! pubblicò nel 1618, senza indicare il luogo di stampa e l'editore, un'opera intitolata Speculum sophicum Rhodo-Stauroticum, Das ist: Weilauffige Entriale. Qualche informazione in j. FERGUSON, Bibliotheca Chemica, Glasgow 1906. Le migliori relazioni disponibili su ciò che ho definito l'« entusiasmo rosacrociano» si possono reperire nei seguenti libri: WAITE, The Real History of thè Rosicrucians cit., pp. 246 sgg.; ID., The Brotherhood of thè Rosy Cross cit., pp. 213 sgg.; ARNOLD, Histoire des Rose-Croix cit., pp. 137 sgg.; PEUCKERT, Die Rosenkreutzer cit., pp. 116 sgg. Il libro di Peuckert è prezioso particolarmente per l'ambiente tedesco. 4 Coloro che firmano così hanno iniziato collaborando con il movimento, ma successivamente lo hanno attaccato: cfr. ARNOLD, Histoire des RoseCroix cit., pp. 114-15. «Menapius» ha parodiato i Fratelli Rosa-Croce nel 1619; Waite (The Real History of thè Rosicrucians cit., p. 258) lo crede la stessa persona che firma «Irenaeus Agnostus». 5 WAITE, The Brotherhood of thè Rosy Cross cit., p. 259; ARNOLD, Histoire des Rose-Croix cit., p. 113. m -.. n 112 deckung des Collegii una axiomatum von sondern erleuchten Fraternitet Christi-Rosen Creutz. È un tipico esempio di titolo rosacrociano, con il suo miscuglio di latino e tedesco. In quest'opera Theophilus Schweighardt (che potrebbe essere un certo Daniel Mògling, oppure identificarsi con «Florentinus de Valentia», il quale potrebbe essere lo stesso Andreae), manifesta il suo entusiasmo per la «pansofia» della Confraternita e la sua triplice attività, che egli classifica come: i ) divinamente magica, 2) fisica o «chimica», e 3) «Tertriune» o religiosa e cattolica. I Rosa-Croce credono nel «divino Elia» (un'allusione alla profezia di Paracelso sulla venuta di Elia), possiedono collegi con vaste biblioteche, e leggono le opere di Tommaso da Kempis con particolare fervore, trovandovi, in un'atmosfera di devozione cristiana mistica, i veri magnalia, la spiegazione finale del mistero macro-microcosmico'. L'opera è piuttosto caratteristica di tali pubblicazioni, con la sua filosofia «pansofica» di macrocosmo e microcosmo, permeata di magia, Kabbalah e alchimia, con il suo accenno a una seria ricerca del sapere e dell'attività scientifica, il suo aspetto profetico, la sua intensa vena pietistica. Rilegata insieme con la copia dello Speculutn conservata al British Museum è una scelta assai interessante di stampe e disegni. Una di queste allude con molta evidenza alla Fama rosacrociana. Conosco un'altra copia di questa stampa 7 , che evidentemente circolava autonoma, indipendentemente dallo Speculum. Questa stampa (tav. 42) mostra uno strano edificio, sormontato da un'iscrizione con le parole «Collegium Fraternitatis» e «Fama», datata 1618. A fianco dei battenti della porta dell'edificio vi sono una rosa e una croce. Stiamo dunque osservando, presumibilmente, una raffigurazione del Collegio invisibile dei Fratelli Rosa-Croce. Un altro importante emblema rosacrociano sono le ali con il Nome di lehova, che adombrano il motto che conclude la Fama: «all'ombra delle tue ali, lehova». Nel cielo, a sinistra e a destra del Nome e 6 7 SCHWEIGHARDT, Speculum sophicum Rhodo-Stauroticum, p. 12. BRITISH MUSEUM, Print Room, Foreign History, 1618, n. 1871.12.9. 4766. Ben Jonson, che descrive questa stampa (cfr. p. 171), ne aveva visto ovviamente una copia nello Speculum sophicum Rhodo-Stauroticum di Schweighardt. delle ali, vi sono un Serpente e un v^igiiu ^.~ r. una stella: un'allusione alle «nuove stelle» del Serpentario e del Cigno, menzionate nella Confessio \ presagio di una nuova legge. Una mano, che esce dalla nuvola intorno al Nome, sostiene l'edificio, con una fune, e l'edificio stesso è dotato di ali e di ruote. Significa forse che il Collegio alato e mobile della Confraternita della Rosa-Croce è Nowhere (Nessun luogo), come Utopia, invisibile, perché inesistente nel senso letterale del termine? Il Collegio della Rosa-Croce è difeso da tre figure, poste sul suo fastigio, munite di scudi sui quali è inciso il Nome e brandenti qualcosa di simile a palme. Si tratta di presenze angeliche a difesa di coloro che dimorano all'Ombra delle DaAli? un lato dell'edificio esce una tromba, e le iniziali «C. R. F. » : forse « Christian Rosenkreutz Frater », annunciato dagli squilli di tromba dei manifesti. Dall'altro lato vi è un braccio che impugna una spada, con la scritta «lui. de Campi», alludendo a quel personaggio chiamato «lulianus de Campis» che compare nello Speculum e la cui difesa della Confraternita dei Rosa-Croce fu pubblicata insieme con l'edizione dei manifesti stampata a Kassel nel 1616 '. Forse ciò è dovuto al fatto che, nella stampa, impugna una spada a difesa. Accanto al braccio proteso sono tracciate, sull'edificio, le parole: «lesus nobis omnia», un motto che compare nella Fama ed enuncia un tema già citato dallo Speculum: la vera approssimazione al mistero macro-microcosmico consiste nell'imitazione di Cristo, quale viene definita da Tommaso da Kempis. Vi sono poi altre piccole paia di ali che recano iscrizioni: una di queste è «T. S.», forse Theophilus Schweighardt, il presunto au- tore dello Speculum. Una figura inginocchiata a destra rivolge le più fervide preghiere indirizzando lo sguardo verso l'alto, verso il Nome. Attraverso le finestre del Collegio della Confraternita della Rosa-Croce, protetto da angeli, si possono intravedere figure di persone che appaiono occupate nello studio. Un uomo sta lavorando a qualcosa a una finestra; a un'altra si vedono alcuni strumenti scientifici. La figura genuflessa in atteggiamen8 Cfr. Appendice, pp. 301 e 58. '-". ' Cfr. Appendice, p. 281. .-v .-. v » v . ..vVv lSt L'ENTUSIASMO ROSACROCIANO IN GERMANIA CAPITOLO SETTIMO to di preghiera potrebbe esprimere un accostarsi agli studi scientifici, angelici e teologici piuttosto analogo a quello di John Dee. Lascio ulteriormente fantasticare il lettore sui misteri di questa stampa, che indubbiamente mostra in forma simbolica il messaggio della Fama rosacrociana. Qui siamo vicini al centro dello «scherzo», il ludibrium, concepito dalle singolari persone che hanno elaborato i manifesti rosacrociani. «Joseph Stellatus» scrisse in latino, senza mescolarvi tedesco, la sua opera intitolata Pegaso del Firmamento, ossia breve introduzione alla sapienza degli antichi, un tempo definita magia dagli Egizi e dai Persiani, ma ora giustamente chiamata pansofia dalla venerabile Confraternita della Rosa-Croce '". Fu pubblicata nel 1618, senza luogo di stampa o nome di editore e con un privilegio da «Apollo». L'autore conosce e cita la Fama, la Confessio e anche Le nozze chimiche. È un luterano fervente, ma profondamente impregnato di «antica sapienza», ermetica e cabbalistica (cita Reuchlin), e afferma che leggere il Libro della Natura è un atto di profonda pietà. Tra i primi interpreti della Natura pone Ermete Trismegisto, che considera contemporaneo di Mosè; un altro interprete molto importante della Natura è Paracelso. Conosce alcune opere di Maier, e le cita, e ciò che dice sul mistero dell'«utriusque mundi maioris et minoris harmonica comparatione» è un'ovvia allusione all'opera di Fludd. «Stellatus» fornisce una delle definizioni più chiare del movimento rosacrociano come ispirato «dall'antica teologia», che incoraggia lo studio della natura. Fortemente antiaristotelico, sostiene un'interpretazione animistica della natura. Può avere fatto allusioni personali, ma queste sono estremamente oscure. In un passo sembra avere in mente il langravio d'Assia, e sono incline a ritenere che «Pegasus» possa essere stato uno degli epiteti dell'elettore palatino. Fra gli altri misteriosi fautori dei Fratelli Rosa-Croce ci furono « lulianus de Campis», già ricordato, e Julius Sperber, autore dell'Ec ho der von Goti Hocherleuchten Fraternitet des loblichen Ordens R. C., pubblicato a Danzica nel 1615. 10 IOSEPH STELLATUS, Pegasus firmamenti sive Introducilo brevis in veterum sapientiam, quae olim ab Aegyptiis et Persis magia, badie vero a venerabili Fraternitate Rosene Crucis pansophia recte vocatur, 1618. ' i K **' 115 Julius Sperber è il vero nome di un personaggio realmente esistito ", che si dice abbia occupato una carica ufficiale a Anhalt-Dessau, ed è possibile, quindi, che abbia avuto rapporti con Christian von Anhalt. Nella sua Echo, Sperber scrive, pare, con una certa competenza sui Fratelli Rosa-Croce, e mostra di essere profondamente impregnato di magia e Kabbalah, delle opere di Heinrich Cornelius Agrippa e di Johannes Reuchlin; conosce anche De harmonia mundi di Francesco Giorgi e le opere di «Marsilius Ficinus theologus». Mostra interesse per le opinioni di Copernico, e consiglia vivamente di leggere i geroglifici e i caratteri del Libro della Natura come opera di pietà. Sperber sembrerebbe un esempio tipico della tendenza a volgersi allo studio della natura, che affiora dalla corrente rosacrociana. I Giudizi di alcuni uomini molto insigni e dotti sullo stato e la religione della famosissima Confraternita della Rosa-Croce 12, pubblicata a Francoforte nel 1616 è, come il titolo suggerisce, una raccolta di opinioni di varie persone. Il primo scritto è un panegirico del motto «lesus mihi omnia» dell'Ordine dei Rosa-Croce, opera di «Christianus Philadelphus», un amante di Pansofia, che dà particolare rilievo al carattere profondamente cristiano dell'Ordine. Un altro scritto esorta tutta l'Europa religiosa a liberarsi della filosofia «pseudo-etnica» (cioè, quella aristotelica) per rivolgersi alla «divina teosofia macro-microcosmica». Uno dei più interessanti fra tutti questi scritti è Rosa florescens", pubblicato nel 1617 e nel 1618, senza luogo di stampa o nome di editore, e attribuito a «Florentinus de Valentia». È una replica a una critica della Confraternita dei Rosa-Croce scritta da «Menapius». L'autore della Rosa florescens mostra forse maggior sapere e conoscenza letteraria di qualsiasi altro componente del gruppo. S'interessa di architettura, meccanica (Archimede), aritmetica, algebra, ar11 FERGUSON, Eibliotheca chemica, voi. II, pp. 391-92; cfr. WAITE, The Real History of thè Rosicrucians cit., p. 253; ARNOLD, Histoire des RoseCroix cit., p. 133. 12 ludida darissimorum aliquot ac doctissimorum virorum.^ de statu et religione Fraternitatis celebratissimae de Rosea Cruce, J. Bringer, Frankfurt 1616. " FLORENTINUS DE VALENTIA, Rosa ftorescens cantra F. G. Menapius, 1617,1618. Cfr. FERGUSON, Bibliotheca chemica cit., voi. I, pp. 281-82. .'^ CAPITOLO SETTIMO monia musicale, geometria, navigazione, belle arti (Dùrer). Giudica le scienze imperfette, e ne invoca il progresso. La astronomia è nella maggiore imperfezione; l'astrologia è incerta. La «fisica» non ha bisogno di sperimentare? L'«etica» non ha bisogno di essere riesaminata? Che cosa è la medicina se non congetture "? Questi passi hanno quasi un accento baconiano, e in effetti vi può essere stato un influsso deUMdvancement of Learning sul gruppo, insieme con altre influenze di origine inglese, attraverso il matrimonio dell'elettore palatino. Tuttavia, il maggiore interesse dell'autore della Rosa florescens sembra essere rivolto alle scienze basate sul numero, le discipline «vitruviane» di cui John Dee aveva propugnato il perfezionamento nella sua prefazione a Euclide. Fludd, con il suo Tractatus del 1616, in cui lodava il movimento rosacrociano e ripeteva gli argomenti di Dee per il progredire delle scienze matematiche, può avere influito sulla Rosa florescens. Ma l'autore di quest'opera, qualsiasi influenza possa avere subito, chiede autonomamente e con determinazione il progredire di tutti i rami del sapere. Possiamo pensare che tale modo di vedere fosse sottinteso nella richiesta della Fama rosacrociana di uno sforzo congiunto per la diffusione dei lumi. Per l'autore della Rosa florescens l'impulso verso lo studio della natura ha un fine profondamente religioso. Dio ha impresso i suoi segni e caratteri nel Libro della Natura. Nel contemplare quel libro, contempliamo Dio stesso. Lo spirito di Dio è al centro della Natura; ne è il fondamento e il principio della conoscenza di tutte le cose. Il lettore è esortato a studiare con i Fratelli Rosa-Croce il Libro della Natura, il Libro del Mondo, e a fare ritorno nel Paradiso che Adamo ha perduto. (Anche Bacon sperava di rendere all'uomo la sapienza che Adamo possedeva prima della Caduta). L'autore assicura il critico «Menapius» che i Fratelli Rosa-Croce amano Dio e il loro prossimo, aspirano a conoscere la natura per la gloria di Cristo, e non hanno niente a che fare con il demonio e le sue opere. L'autore crede fermamente nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, e desidera con fervore dimorare « sotto le ali di lehova». È stato suggerito che questo scritto appassionato può esse14 FLORENTINUS DE VALENTIA, Rosa florescens cit., passim. ; L'ENTUSIASMO ROSACROCIANO IN GERMANIA re stato redatto dallo stesso Johann Valentin Andreae15. Certamente è un'opera straordinaria, degna dell'autore delle Nozze chimiche. Le critiche contro i Fratelli Rosa-Croce mosse da «Menapius», da «Irenaeus Agnostus», da Libau e da altri si fondano soprattutto sui seguenti argomenti. Si sospetta che le attività dei Fratelli tendano a sovvertire i governi esistenti; Libau è il più esplicito in quest'imputazione. Viene spesso mossa loro l'accusa di essere dediti a pratiche magiche ". Finalmente - e questo è uno dei punti più importanti — i loro nemici lamentano che la posizione religiosa dei Fratelli Rosa-Croce non è chiara. Alcuni li definiscono luterani, altri calvinisti, e alcuni altri sociniani " o deisti. Alcuni li sospettano persino di esser GesuitiI8. Tutto ciò suggerisce quello che potrebbe essere stato uno degli aspetti più importanti del movimento rosacrociano: la possibilità di abbracciare diverse confessioni religiose. Come abbiamo visto, Fludd asseriva che la sua opera godeva l'approvazione di persone sinceramente religiose di tutte le confessioni. Fludd era un anglicano devoto, amico di vescovi anglicani; così pure Elisabetta Stuart, moglie dell'elettore palatino. L'elettore era un calvinista devoto, come Christian von Anhalt, il suo consigliere più importante. Maier era un devoto luterano, come Andreae e molti altri autori rosacrociani. Il comune denominatore che li univa era la filosofia di armonia macro-microcosmica, l'alchimia mistica, di cui Fludd 15 II suggerimento è di G. ARNOLD, Unpartheyische Kirchen- una Ketzerhistorien, 1699, p. 624. Cfr. FERGUSON, Bibliotbeca chemica cit., voi. I, pp. 281-82. 16 I difensori sostenevano che la loro magia era buona e santa. 17 Sull'ipotesi di un'influenza sociniana, cfr. H. NEUHUSIUS, Pia et uti~ lissima admonitio de Fratribus Rosae Crucis, Danzica 1618. Neuhusius sostiene che i Rosa-Croce sono sociniani. Sebbene i principi liberali del movimento possano aver attirato i sociniani, mi sembra che la concezione religiosa caratteristica dei manifesti e dell'entusiasmo destato da essi, a cui dovevano aderire gli adepti, sia stata soprattutto una tendenza evangelica e mistica di cristianesimo. 18 Questa impressione può essere stata incoraggiata dallo scritto di «Adam Haselmeyer», pubblicato con la Fama (cfr. pp. 50-51 e Appendice, 279280). Anche se si afferma che Haselmeyer è stato perseguitato dai Gesuiti, sembra aver suscitato l'impressione che «l'Ordine dei Rosa-Croce», con il suo attaccamento a Gesù, fosse un Ordine gesuita, seppure con scopi molto diversi. Pare che anche alcuni Gesuiti, nemici dei Rosa-Croce, volessero insinuare che i due ordini erano identici; cfr. pp. 120-21. u8 i «'i* - CAPITOLO SETTIMO e Maier erano i due maggiori esponenti, sebbene gli autori minori, esaminati in questo capitolo, riflettano tutti un analogo modo di vedere. Attraverso la diffusione di una filosofia o teosofia o pansofia, che si auspicava potesse essere accettata da tutte le confessioni religiose, i membri di questo movimento speravano, forse, di porre una base non settaria per un tipo di massoneria - uso questo termine nel suo significato generale e senza sottintendere necessariamente una società segreta — che permettesse a persone di fedi religiose diverse di convivere pacificamente. La base comune sarebbe stato il comune cristianesimo, inteso in senso mistico, e una filosofia della Natura che cercava il significato divino dei caratteri geroglifici, scritti da Dio nell'universo, e interpretava macrocosmo e microcosmo attraverso sistemi matematico-magici di armonia universale. E qui ci possiamo ricordare che John Dee nutrì vaste aspirazioni per attenuare le differenze religiose, per stabilire un regno universale di armonia mistica e filosofica, come nei reami angelici. Anche qui, allora, influssi derivati dalla missione di Dee in Boemia possono essersi infiltrati nel movimento rosacrociano tedesco. Questo capitolo, comunque, ha anche messo in luce l'aspetto prettamente tedesco del movimento e l'influsso delle tradizioni mistiche tedesche. Leggendo questi autori rosacrociani tedeschi avviene spesso di ricordare Jakob Bohme, il famoso filosofo mistico tedesco. Bóhme cominciò a scrivere poco prima che venisse pubblicata la prima edizione a stampa della Fama rosacrociana. La sua primissima opera fu una «Aurora», che prometteva una nuova alba di comprensione, come quel manifesto ". Bohme aspirava a rianimare la torpida e inaridita pietà luterana del suo tempo, attraverso una filosofia alchimistica d'ispirazione paracelsiana, che è del pari uno scopo degli scrittori rosacrociani. La città natale di Bohme era vicina a Gorlitz, in Lusazia, ai confini con la Boemia. Te" Bohme scrisse la sua «Aurora» (Die Morgenrote im Aufgang}^ nel 1612, ma venne pubblicata solo più tardi. Cfr. A. KOYRÉ, La philosophie de Jacob Boehme, Paris 1929, p. 34. Koyré (ibid., p. 42 nota) paragona l'attesa di una riforma universale di Bohme con il pensiero della Fama rosacrociana. È interessante notare come uno dei migliori amici di Bohme, Balthasar Walter, fosse un medico e in contatto con un principe Anhalt (ibid.,p. 48 nota). Un nuovo modo di studiare Bohme può essere aperto dal nuovo approccio storico al movimento rosacrociano. L'ENTUSIASMO ROSACROCIANO IN GERMANIA 119 nendo conto del luogo e del tempo in cui è vissuto, non è possibile che Bohme non abbia avuto sentore dell'entusiasmo rosacrociano e del movimento intorno all'elettore palatino, clamorosamente fallito nel 1620. Uno dei pochi dati certi dell'oscura biografia di Bohme è che nel 1620 era a Praga20. Sebbene non esista alcuna prova di un legame tra Bohme e il movimento rosacrociano, si potrebbe dire che egli era il tipo di «chimico» tedesco autoctono che gli autori dei manifesti avrebbero potuto sperare di attrarre. Dopo aver esaminato le opere citate in questo capitolo, non ho fatto alcun progresso verso la soluzione del problema se vi fosse una società segreta organizzata alla base di questo movimento. Il comportamento abituale degli scrittori rosacrociani è affermare di non essere per parte loro rosacrociani e di non averne mai visto uno. L'invisibilità sembra essere stata una caratteristica essenziale della leggenda dei Fratelli Rosa-Croce. La migliore luce sul problema, in questo capitolo, è data dalla stampa del Collegio della Confraternita della Rosa-Croce alato e mobile, con la sua milizia di difensori angelici, o spiriti. Se i Fratelli Rosa-Croce erano tali, sarebbe sempre vero dire che non se n'era mai visto uno, e non si poteva quindi asserire di appartenere a una società tanto elevata, sebbene potesse essere vero che si apparteneva a un gruppo di esseri umani certi di dimorare «sotto le ali di lehova». Studiosi della letteratura rosacrociana hanno notato che questa sembra cessare improvvisamente in Germania nel 1620-21 circa, e se ne sono chiesti il motivo. Semler, sul finire del secolo xvm, ha cercato una spiegazione per il repentino svanire della letteratura rosacrociana intorno al i620 21 . Arnold dichiara che, dopo la pubblicazione dei manifesti, molti altri si unirono ai promotori, provocando una totale confusione, finché il tutto crollò intorno al 162022. Waite asserisce che il 1620 è l'anno in cui si chiudono i cancelli sul passato23, intendendo il passato del movimento rosacrociano. Tutti questi autori e gli altri che scrissero sul movimento rosacrociano non hanno saputo nulla degli avvenimenti storici 20 21 KOYRÉ, La philosophie de Jacob Boehme cit., p. 51. j. s. SEMLER, Unparleiische Sammlung zur Historie der RosenkreuzeK, Leipzig 1786-88, in ARNOLD, Histoire des Rose-Croix cit., p. 190. 22 ARNOLD, Htstoire des Rose-Croix cit., p. 101. •' 'i, 23 WAITE, The Brotherhood of thè Rosy Cross cit., p, 353. ,,-/j: 120 m OH*. CAPITOLO SETTIMO del Palatinato e della Boemia, o per lo meno hanno dimostrato di non conoscere il legame tra questi avvenimenti e il movimento rosacrociano. Per noi, che abbiamo esaminato questi nessi, la soluzione del mistero è chiara. Il movimento Rosa-Croce crollò quando crollò il movimento del Palatinato; quando quelle prospettive capaci di infondere tante speranze, apertesi in seguito alla politica dell'elettore palatino e alle sue brillanti alleanze, dileguarono completamente con la fuga dal re e della regina di Boemia da Praga dopo la battaglia della Montagna Bianca, quando si comprese che né il re di Gran Bretagna, né gli alleati protestanti tedeschi li avrebbero aiutati, quando le truppe degli Asburgo invasero il Palatinato e la guerra dei Trent'anni iniziò il suo atroce corso. Nel 1621 fu pubblicato a Heidelberg un Ammonimento contro il verminaio dei Rosa-Croce 2\ In quell'anno la città era sotto il dominio degli eserciti invasori austro-spagnoli. La pubblicazione di quest'opera poteva essere la controparte delle misure adottate per annientare fisicamente e cancellare un movimento legato ai precedenti sovrani. Nello stesso 1621 fu pubblicato a Ingolstadt, il grande centro gesuita nel cuore del territorio cattolico, un'opera intitolata Palma triumphalis sui «miracoli della Chiesa cattolica», di Fredericus Fornerus2S. Per parte mia non ho, in verità, esaminato quest'opera personalmente (e neppure quella, appena citata, «contro il verminaio»), ma, secondo Waite, l'autore, un vescovo, deride la Confraternita dei Rosa-Croce perché si attribuisce titoli gloriosi, ritiene di essere ispirata da Dio per la riforma del mondo, e di essere in grado di rinnovare tutte le scienze, trasmutare metalli e prolungare la vita umana. Si trattava in una versione abbreviata, manipolata ad arte, dei manifesti e l'atteggiamento trionfante corrispondeva allo spirito delle caricature di propaganda contro l'ex re di Boemia e la sua politica, diffuse dopo la sua disfatta. Va notato anche un altro sviluppo. Coerentemente con la loro consueta politica missionaria, i Gesuiti si proponevano evidentemente di assorbire il simbolismo rosacrociano e di 24 P. GEIGER, Warnung fùr die Rosenkreutzen Ungeziefer, Heidelberg 1621; cfr. WAITE, The Brotherhood of thè Rosy Cross cit., p. 342. 25 FREDERICUS FORNERUS, Palma Triumphalis miraculorum Ecclesiae Catholicae, Ingolstadt 1621, dedicato all'imperatore Ferdinando II: cfr. WAITE, The Brotherhood of thè Rosy Cross cit., p. 353. L'ENTUSIASMO ROSACROCIANO IN GERMANIA 121 presentarlo inserito nella loro opera di ricattolicizzazione delle regioni conquistate e di insediamento della Controriforma. Un certo J. P. D. a S. pubblicò a Bruxelles, nel 1619, un'opera, ristampata a Praga nel 1620 (naturalmente dopo il trionfo cattolico), intitolata Rosa Jesuitica, oder Jesuitische Rotgesellen M, che adatta il simbolismo della rosa agli usi del cattolicesimo (dove naturalmente già esiste, quale simbolo della Vergine) e chiede se i due ordini non fossero in realtà un solo e medesimo corpo, essendo stato costretto il primo a celarsi per riaffiorare successivamente nell'altro. Confondendo la questione in questo modo, sarebbe stato più agevole far accettare la propaganda della Controriforma dalle popolazioni conquistate. La Boemia soggiogata doveva perciò perdere gradualmente contatto con il movimento che le aveva promesso la libertà. Pochi furono quelli che poterono, come Daniel Stolck, fuggire presso un editore tedesco rosacrociano, e di lì in Inghilterra. E in Germania, come dev'essere accaduto anche in Boemia, il movimento rosacrociano fu discreditato dal disastroso fallimento del movimento palatino-boemo, finito, per i suoi sostenitori, in delusione e disperazione. Tra i delusi vi era Robert Fludd. In un libro pubblicato nel 1633 Fludd scriveva: «Quelli che prima erano chiamati Fratelli della Rosa-Croce, sono oggi chiamati i Saggi, poiché il nome [Rosa-Croce] era così inviso ai contemporanei da essere già obliato dalla memoria dell'uomo»27. Eppure Fludd aveva probabilmente collaborato con Joachim Frizius al libro intitolato Summum bonum, o la «vera magia, Kabbalah ed alchimia della vera Confraternita della Rosa-Croce», pubblicato nel 1629 a Francoforte. Sul frontespizio del libro è raffigurata una rosa, con una croce disegnata sullo stelo e con gli emblemi della ragnatela e dell'alveare: gli emblemi che Zincgref aveva associato all'elettore palatino, ai quali le caricature satiriche, rivolte contro quello sventurato, avevano replicato raffigurandolo molte volte implicato in ragnatele e alveari. Solo coloro che ricordavano gli emblemi e le repliche cari26 J. P. D. a S., Rosa Jesuitica, oder Jesuitische Rotgesellen. Das ist eine Frag oh die zween Orden der gennanten Ritter von der Heerscheren Jesu una27die Roseti Creutzer ein einziger Orden sey, Bruxelles 1618, Praha 1620. R. FLUDD, Clavis philosophiae et alchymiae, Frankfurt 1633, p. 50; cfr. ARNOLD, Histoire des Rose-Croix cit., p. 193. 122 CAPITOLO SETTIMO caturali avrebbero compreso tali allusioni, ma la maggior parte delle persone che avrebbero potuto ricordarle erano morte probabilmente nel 1629. L'atmosfera della guerra dei Trenta anni non favorf la raffinatezza d'espressione e, nelle caricature contro Federico e tutto ciò ch'egli rappresentava, le sottigliezze delle «nozze chimiche» e dell'emblematica di Maier furono cancellate dal terrore per la stregoneria. E proprio in quella forma, voci sul movimento rosacrociano tedesco si diffusero all'estero, in Francia. Capitolo ottavo * "fc- ' **"' L'allarme contro i^Rosa-Cròce in Francia Si dice che nel 1623 siano comparsi a Parigi manifesti che annunziavano la presenza in città dei Fratelli della RosaCroce. Noi, delegati del Collegio principale dei Fratelli della Rosa• Croce, stiamo facendo soggiorno visibile e invisibile in questa città 1 per grazia dell'Altissimo, a cui si rivolgono i cuori dei giusti. Riveliamo e insegnarne senza libri né segni come parlare le lingue dei paesi dove vogliamo essere, e come trarre gli uomini dall'errore e dalla morte '. ) M •M: K i -ta II proclama è citato da Gabriel Naudé nella sua Istruzione alla trancia sulla verità della storia dei fratelli della RosaCroce, pubblicata nel 1623. Secondo Naudé, alcune persone pensarono di affiggere tali manifesti poiché c'erano allora ben poche novità e il regno era tranquillo; così un po' di animazione si rendeva necessaria. Costoro raggiunsero certamente 10 scopo se si prefiggevano di suscitare interesse intorno ai Fratelli Rosa-Croce. Naudé parla di un «uragano» di voci dilagante per tutta la Francia alla notizia che la misteriosa Confraternita, diffusasi poco prima in Germania, aveva raggiunto 11 paese in quel momento. È difficile stabilire se questi manifesti siano stati realmente affissi, o se l'eccitazione per la Confraternita sia stata provocata da libri capaci di causare sensazione, pubblicati in quell'anno. Probabilmente si deve prestar fede a Naudé circa l'esistenza di questi manifesti; egli, poi, ha certamente ragione a pensare che queste voci siano state diffuse ad arte, con l'intenzione di creare una sensazione di allarme. '••. ;. > , ; :•.•• 1 G. NAUDÉ, Instruction a la France $ur la vérité de l'Mstoìre dè'S Ffères delaRose-Croix,'Pansi623,p.27. .'i ;,>', ' ' V >•'•:-'•'•> ••"?:?• > I2 4 CAPITOLO OTTAVO Un'altra versione dei presunti manifesti è data da un'opera anonima, pubblicata nello stesso 1623, con il titolo a sensazione: Orrendi patti stretti tra Satana e i presunti Invisibili. Noi, delegati del Collegio della Rosa-Croce, rendiamo noto a tutti coloro che desiderano entrare a far parte della nostra società e congregazione che insegneremo loro la più perfetta conoscenza dell'Altissimo, nel nome del quale teniamo oggi un'assemblea e li renderemo da visibili invisibili e da invisibili visibili...2. Si diceva che vi fossero trentasei Invisibili, sparsi per il mondo, a gruppi di sei. Poco prima, il 23 giugno, essi avevano tenuto un'assemblea a Lione, durante la quale era stato deciso di insediare dei delegati nella capitale. Questa riunione avvenne due ore prima del grande Sabba, al quale comparve uno dei principi delle schiere infernali in tutto il suo fulgore. Gli adepti si prosternarono dinanzi a lui e giurarono di ripudiare il cristianesimo e tutti i riti e i sacramenti della Chiesa. In cambio fu promesso loro il potere di trasferirsi dovunque volessero, di avere la borsa sempre piena di denaro, di abitare qualsiasi luogo, abbigliati secondo il costume del paese, così da essere presi per abitanti del luogo; di possedere il dono dell'eloquenza, per poter attirare tutti gli uomini; di essere ammirati dai dotti, ricercati dai curiosi e stimati più saggi degli antichi profeti. Questo grande allarme presuppone che si conoscessero in qualche modo i manifesti rosacrociani. La pia organizzazione dei Fratelli Rosa-Croce viene trasformata in un'organizzazione di adoratori di Satana; il loro segreto diventa un segreto diabolico; la loro regola, d'indossare l'abito tipico del paese in cui si trovano, diventa un allarmante piano d'infiltrazione. Il loro interesse per il progresso del sapere e per la filosofia naturale diventa un'esca malvagia per attirare dotti e curiosi. Nulla vi è detto, naturalmente, del motto cristiano dei manifesti, «lesus mihi omnia», del loro scopo filantropico di curare i malati. Viene compiuto il tentativo di scatenare un'ossessionante caccia alle streghe, di cui i Rosa-Croce, paurosamente «invisibili», sono la preda. Un movimento di questo genere non era divertente, non 2 Effroyables pactions faites entre le Diable et les prétendus Invisibles, Paris 1623, in ARNOLD, Histoire des Rose-Croix cit, pp. 7-8. L'ALLARME CONTRO I ROSA-CROCE IN FRANCIA 125 era un ludibrium o uno scherzo, all'inizio del secolo xvn. Poteva avere le terribili conseguenze a cui sembra pensare Franc,ois Garasse, un noto gesuita francese, nel suo libro La doctrine curieuse des beaux esprits de ce temps, pubblicato nello stesso anno 1623. Secondo Garasse, i Rosa-Croce sono una setta segreta tedesca3. Michael Maier ne è il segretario. In Germania, gli albergatori appendono rose nelle locande per indicare che quanto vi viene detto non dovrebbe essere ripetuto, ma tenuto segreto. I Rosa-Croce sono bevitori e misteriosi: di qui il significato della rosa nei loro confronti (è un suggerimento piuttosto interessante). Garasse ha letto la Fama e afferma che il sapere dell'autore proviene dalla Turchia ed è quindi pagano. Dice che alcuni Rosa-Croce sono stati recentemente condannati come stregoni a Malines, ed esprime la sua ferma opinione che meritano tutti il supplizio della ruota o la forca. Nonostante un'apparente devozione, in realtà sono perfidi stregoni, pericolosi per la religione e per lo Stato. La strega tradizionale è una donna, capace di trasportarsi con arti magiche al Sabba. In questo tentativo di scatenare in Francia una caccia alle streghe contro i Rosa-Croce, non si parla di donne: il sesso degli Invisibili, adoratori del Diavolo e assidui frequentatori dei Sabba, non è menzionato. Le tradizionali credenze sulle streghe, come l'invisibilità e la facoltà di disporre di mezzi magici di trasporto, sono trasferite ai Fratelli Rosa-Croce. Gli Invisibili Rosa-Croce stanno diventando oggetto di una caccia alle streghe, anche se alcune delle loro caratteristiche, in particolare il vasto sapere con cui attirano i «curiosi», non si adattano alla tipologia della strega tradizionale, che di solito è una povera donna, priva di cultura. Tuttavia sembra proprio che l'autore degli Orribili patti e Garasse stiano veramente fomentando una caccia alle streghe contro gli «Invisibili» Rosa-Croce, servendosi dei manifesti e attribuendo intenti diabolici ai presunti movimenti e alle attività dei Fratelli Rosa-Croce. L'allarme mostra «i Rosa-Croce» come personaggi veramente stregoneschi, appartenenti a una diabolica società segreta. La caccia alle streghe, che fu una caratteristica così terribi,(•'• 3 F. GARASSE, La doctrine curieuse des beaux esprits de ce temps, Paris 1623, pp. 83 sgg., sui Rosa-Croce. 126 CAPITOLO OTTAVO le della scena sociale europea nel secolo xvi e all'inizio del secolo successivo, non era peculiare di una sola parte nella grande scissione religiosa d'Europa: alcune delle peggiori cacce alle streghe si scatenarono in ambienti luterani tedeschi. Tuttavia, la «più terribile di tutte le persecuzioni, il momento culminante dell'ossessione della stregoneria in Europa» furono le persecuzioni che infuriarono nell'Europa centrale nel terzo decennio del Seicento «con la distruzione del protestantesimo nella Boemia e nel Palatinato»4 e con la riconquista cattolica della Germania. «In tutta Europa... i processi alle streghe si moltiplicarono di pari passo con la riconquista cattolica». È chiaro quindi che l'autore degli Orribili patti e il gesuita Garasse erano in linea con i tempi - gli anni fra il 1620 e il 1630 - nel fomentare una caccia alle streghe. Abbiamo visto come la letteratura rosacrociana in Germania si arrestasse improvvisamente nel 1620 e cessasse del tutto dopo la disfatta dell'elettore palatino, divenuto re di Boemia, e la conquista da parte dei cattolici della Boemia e del Palatinato. La caccia alle streghe in queste regioni e in quel tempo costituì forse un aspetto dello sforzo compiuto per annientare il movimento palatino-boemo, collegato ai manifesti rosacrociani? Abbiamo visto con quale pertinacia i nemici dell'elettore palatino facessero circolare le caricature satiriche contro di lui, dopo la sua disfatta, e come almeno una di quelle satire lo associasse, in modo ben determinato, con il rosacrocianesimo. Vi è una tendenza generale nelle satire a insinuare un rapporto fra la magia e Federico V. Se si esaminasse la letteratura della caccia alle streghe tedesca del terzo decennio del secolo xvu e degli anni successivi considerando la possibilità che fosse collegata con l'allarme contro i Rosa-Croce — come è evidente per le opere pubblicate nel 1623 in Francia - si troverebbero maggiori testimonianze sul fatto che la grande convergenza degli studi rinascimentali con le tendenze esoteriche, che trovò espressione nei manifesti rosacrociani, potè realmente avere contribuito a intensificare la caccia alle streghe scatenatasi dopo le vittorie cattoliche. 4 TREVOK-ROPER, Religion, thè Reformation and Social Change cit., p. 156 [trad. it., %rofe,sta:nte,siwQ^ frasfoffftaxiotte sociale} Interza, Bari» 1^69, p. 201]. L'ALLARME CONTRO I ROSA-CROCE IN FRANCIA I2 7 È importante notare la data, il 1623, in cui la caccia alle streghe e l'allarme contro i Rosa-Croce si propagò in Francia. Nel 1623 la repressione in Boemia e nel Palatinato era ormai conclusa e la distruzione delle idee diffuse a sostegno dell'avventura boema era per quanto possibile completa attraverso la soppressione delle pubblicazioni «rosacrociane». Notizie sugli avvenimenti degli inizi della guerra dei Trent'anni si erano propagate per tutta l'Europa e nella scia di quegli eventi erano trapelate notizie sul movimento rosacrociano. Di qui, il diffondersi in Francia di tecniche repressive, nella forma della caccia alle streghe contro gl'Invisibili e i loro ampollosi manifesti. Dall'Istruzione alla Francia di Gabriel Naudé si può apprendere di più che dall'isterismo degli Orrendi patti e da altri scritti di questo genere, perché Naudé è meglio informato. Cita a lungo dalla Fama (di cui possiede una copia a stampa), e infine dice: «Guardate, signori, Diana la cacciatrice, che Atteone vi mostra nuda» 5 . L'intento potrebbe essere stato satirico, ma mostra la conoscenza di una simbologia mitologica generalmente adottata per indicare il conseguimento della scienza naturale. Naudé parla dell'enorme influenza della Fama e della Confessio e conosce alcune opere di Maier. Secondo Naudé, la Fama stava producendo grande impressione in Francia, destando speranze di un nuovo imminente progresso del sapere. È voce diffusa, egli dice, che dopo tutte le «novità», che hanno colmato di stupore i «nostri padri» - la scoperta di nuovi mondi, l'invenzione del cannone, del compasso, dell'orologio, le novità in materia di religione, nella medicina e nell'astrologia — un'altra età di scoperte è prossima. I nuovi movimenti stanno culminando, così corre voce, nei Fratelli Rosa-Croce e nelle speranze che essi suscitano6. Tycho Brahe sta facendo nuove scoperte; Galileo ha inventato il suo «occhiale» (il telescopio), e ora ecco la Compagnia dei Fratelli Rosa-Croce, che annuncia l'imminente «instaurazione» o rinnovamento del sapere, promesso dalla Sacra Scrittura 7 (che risuona come un'eco di Bacon). Le osservazioni di 5 6 7 NAUDÉ, Instruction cit., p. 38. ; i, ,H , I..TI Ibid.,pp. 22 sgg. .. i, ,,'tufit'a ti Ibid., p. 24. Il Novum Organimi di Bacon era stato Bubblicat<5,-n?i|t6^0 e questo rese possibile leggere in latino le sue opinionitSul prpgred^cjdj§JÈ 128 f-t MI H' I CAPITOLO OTTAVO Naudé testimoniano come i manifesti rosacrociani siano stati letti largamente fuori dall'ambiente tedesco, e siano stati interpretati come l'annunzio profetico dell'avvento di un nuovo illuminismo, un ulteriore progresso dopo l'età del Rinascimento. Evidentemente Naudé deve essere stato cauto a causa dell'allarme suscitato dai Rosa-Croce. Egli crede, senz'ombra di dubbio, che il presunto manifesto rosacrociano affisso a Parigi, sia stato un espediente escogitato da «alcune persone» per provocare uno stato di agitazione. Ma cita e approva il libro di Garasse e parla con disprezzo di molti libri tedeschi sui Fratelli Rosa-Croce. Quando tratta della fama di pratiche magiche, loro attribuite, cita Fludd, e in seguito elenca gli autori che rappresentano, secondo lui, il tipo di dottrina approvato dai Fratelli Rosa-Croce. Questo elenco comprende: John Dee, Monas hieroglyphica Tritemio, Steganographia Francesco Giorgi, De harmonia mundi Francois de Foix Candale, Pimandre «Thyart, sa Musique» «Brunus, les umbres de ses idées» Raimondo Lullo, « sa Dialectique » Paracelso, «son commentaire de Magie»8. Qui, gli interessi dei Fratelli Rosa-Croce sono collocati saldamente nell'ambito della tradizione ermetica, con la menzione della traduzione francese degli Hermetica ad opera di Francois de Candale ' e con l'opera ermetico-cabbalistica di Giorgi, l'Armonia del mondo'" (molto usata da Fludd). La Steganographia di Tritemio ricollega i Fratelli Rosa-Croce con la magia angelica ", ed è particolarmente importante che scienza. La traduzione latina déìl'Advatlcement of Learning fu pubblicata nel 1623. 8 NAUDÉ, Instruction cit., pp. 15-16. 9 F. DE FOIX DE CANDALE, Le Pimandre de Mercure Trismegiste, Bordeaux 1579; cfr. D. p. WALKER, The Prisca Theologia in France, in «Journal of thè Warburg and Courtauld Institutes», xvil (1954), p- 209; YATES, Giordano Bruno cit., p. 173 [trad. it., p. 195]. 10 F. GIORGI, De harmonia mundi, Venezia 1525. 11 La Steganographia di Tritemio (pubblicata per la prima volta nel 1606, ma conosciuta molto prima in forma manoscritta), fu uno dei più importanti manuali di Kabbalah pratica o evocazione di angeli del Rinascimento; cfr. YATES, Giordano Bruno cit., p. 145 [trad. it., p. 165)]. Sull'uso che ne fece Dee per la sua magia angelica, cfr. FRENCH, John Dee cit., pp. i ir sgg. L'ALLARME CONTRO I ROSA-CROCE IN FRANCIA 129 Naudé ricordi la Monas di Dee e un'opera di Bruno (De umbris idearum)12, un'opportuna conferma dell'influsso esercitato da Dee e da Bruno sul movimento. La Musique " di Pontus de Thiard ci porta nella filosofia musicale cara alla Plèiade francese, di cui Thiard era membro. Il francese Naudé è in grado di avvicinare così la filosofia rosacrociana alla tradizione ermetica francese, attraverso la traduzione degli Hermetica di Francois de Candale e l'indicazione di Thiard come esempio della filosofia musicale francese. Gli autori menzionati da Naudé sono tutti molto rappresentativi della tradizione ermetica rinascimentale, ed egli considera i nuovi sviluppi promessi dai Fratelli Rosa-Croce come derivati da questa tradizione. Fra i vari punti interessanti delle osservazioni di Naudé vi è il passo in cui parla di «Hentisberus» e «Suisseth Calculator» 14 , definendoli congeniali ai Rosa-Croce. È un'allusione a due matematici medievali di Oxford15, membri della scuola di matematica di Merton, le cui opere, riesumate e pubblicate, influenzarono importanti correnti di studi matematici agli inizi del secolo xvil. È possibile che Naudé voglia mostrare qui di essere informato sugli studi matematici dei «Rosa-Croce», che non sono stati rivelati nelle loro pubblicazioni «inutili e fuorvianti». Ancora con accento sprezzante, prosegue parlando delle favole dei poeti, delle chimere dei maghi e dei ciarlatani, dell'Abbazia di Thélème di Rabelais, e dell'Utopia di Thomas More, tutti appartenenti al «labirinto» rosacrociano. Conclude con un commento di disapprovazione ortodossa dei Fratelli Rosa-Croce, asserendo di condividere completamente l'opinione dei Gesuiti che li ritengono perniciosi. Inoltre - aggiunge - essi sono stati eccellentemente confutati dal12 G. BRUNO, De umbrìs idearum, Paris 1582; cfr. YATES, Giordano Bruno cit., pp. 192 sgg. [trad. it., pp. 222 sgg]; ID., The Ari of Memory cit., pp. 200 sgg. [trad. it., pp. 184 sgg]. " Questo potrebbe riferirsi ad uno qualsiasi dei dialoghi filosofici di Thiard, fondati tutti su presupposti di armonia universale, ma allude in particolare al suo Solitaire second, ou Discours de la musique, Lyon 1555; cfr. YATES, The French Academies of thè Sixteenth Century, Warburg Institute, 1947, ristampato da Kraus, 1968, pp. 77 sgg. 14 NAUDÉ, Instruction cit., p. 16. 15 John Hentisbury e Richard Swineshead; cfr. THORNDIKE, A History of Magie and Experimental Science, New York 1953-59, v°l- HÌ> PP- 37085; R. T. GUNTHER, Early Science at Oxford, Oxford 1923, voi. II, pp. 42 sgg. jou CAPITOLO OTTAVO L'ALLARME CONTRO I ROSA-CROCE IN FRANCIA le argomentazioni di Libau ". Così, Naudé era al corrente anche di Libau. Era proprio assai bene informato ed evidentemente profondamente interessato, sebbene, nel 1623, quando l'allarme per i Rosa-Croce dilagava in Francia, contrapponendosi alle voci sulla Fama, e quando sembrava che stesse per scatenarsi una caccia alle streghe, a uno studioso convenisse usare molta prudenza. Due anni dopo, nel 1625, Naudé mostrò maggiore ardire pubblicando la sua celebre opera, Apologia dei grandi uomini sospettati di magia ", in cui dichiara che esistono quattro tipi di magia: magia divina; teurgia, ossia magia religiosa diretta a liberare l'anima dalla contaminazione del corpo; YCTITEIO. ossia stregoneria; e magia naturale, ossia scienze naturali. Solo la terza (YO^TEIO.) è malefica, ma di questa i grandi uomini non si sono mai resi colpevoli. Tra coloro che egli difende come innocenti da ogni pratica di magia diabolica, vi sono Zoroastro, Orfeo, Pitagora, Socrate, Piotino, Porfirio, Giamblico, Raimondo Lullo, Paracelso, Heinrich Cornelius Agrippa (cui è dedicato un intero capitolo), Pico della Mirandola: insomma, i neoplatonici e la tradizione rinascimentale che da loro discende, e in particolare Agrippa, il maggiore esponente della magia rinascimentale. Raccomanda la maggiore attenzione nell 'istruire i processi per magia, per non confondere persone buone con maghi malvagi. "Nell'Apologia non menziona i Fratelli Rosa-Croce, ma poiché gli scrittori che due anni prima aveva classificato congeniali ai Rosa-Croce appartengono tutti alla tradizione che ora difende, è logico presumere che nell'Apologia abbia pensato anche ai Rosa-Croce, nei cui confronti continuava a imperversare in Francia l'allarme pili violento. Comunque, è interessante notare che Naudé adduce due ragioni sostanziali in base alle quali era possibile essere accusati a torto di stregoneria. Una prima ragione è che gli studiosi di matematica possono incorrere nell'accusa di magia, perché i loro studi sono sempre stati avvolti in un'aura di magia, e le opere prodigiose che la conoscenza della matematica e della meccanica può IS 16 / I NAUDÉ, Instruction cit., p. 90. fiwtì !•-,..• : -, ••, -.-. ,••: •• ,• ,; " ip., Apologie pour les grands 'hòfnmes soupfonnés de magie, Patìs i numeri di pagina rimandano dl'edfeione di Amsterdam!, .1712. 131 produrre, appaiono magiche agli ignoranti . Di questo si doleva nella prefazione a Euclide John Dee, accusato a torto di essere un «evocatore di spiriti» per la sua attitudine matematica e il suo talento a produrre meraviglie meccaniche ". E Naudé introduce Dee nella sua argomentazione intorno ai matematici accusati di magia, e cita, non la prefazione di Dee a Euclide, bensì la prefazione agli Aforismi, in cui Dee asserisce di scrivere in difesa di Roger Bacon20 per dimostrare che le meraviglie da lui create non erano state compiute mediante l'«evocazione di spiriti», ma grazie alla sua abilità matematica. Naudé si duole che questa difesa di Roger Bacon, sostenuta da Dee, non esista. Il passo seguente è una traduzione di ciò che Naudé dice sull'argomento: Se possedessimo il libro che John Dee, cittadino di Londra, filosofo e matematico assai dotto, dice di avere composto a difesa di Roger Bacon, in cui dimostra che tutto ciò che si dice sulle sue opere meravigliose deve essere attribuito alla sua conoscenza della natura e della matematica, piuttosto che a un suo commercio con demoni, da lui non mai intrattenuto, io affermo che non parlerei più di lui [Roger Bacon]... Ma poiché questo libro [di Dee su Bacon] non è ancora venuto alla luce, per quanto io ne sappia... devo colmare questa lacuna, affinchè il buon nome di questo francescano inglese, che fu dottore in teologia e il più grande chimico, astrologo e matematico del suo tempo, non rimanga per sempre sepolto e condannato tra una moltitudine di streghe e di maghi, di cui egli, senza alcun dubbio, non faceva parte 21 . Il libro di Dee su Roger Bacon non è ancora venuto in luce, ma è molto interessante che Naudé lo adduca a difesa dei matematici accusati di magia. L'altra ragione per cui, secondo Naudé, si può essere accu18 NAUDÉ, Apologie cit., pp. 49 sgg. YATES, Giordano Bruno cit., p. 149 [trad. it., p. 168]; ID., Theatre of thè 20World cit., pp. 30-31; FRENCH, John Dee cit., p. 8. j. DEE, Propaideumata aphoristica, London 1558, 1568; il titolo del libro di Dee su Roger Bacon è enunciato nella prefazione come Speculum unitatis; sive Apologia prò fratre Rogerio Bacchone Anglo. Dee cita questo libro anche nella dedica a Massimiliano II della Monas bieroglypbica (dice che fu scritto nel 1557). 21 NAUDÉ, Apologie cit., p. 350. Naudé afferma che la testa parlante, che si supponeva costruita da Bacone, era un'invenzione della plebe inglese; egli ha vagamente sentito parlare dell'uso che ne hanno fatto i drammaturghi inglesi. Il libro di s. DE CAUS, Les raisons des forces mouvantes, era stato ripubblicato a Parigi nel 1624; illustrazioni aggiunte mostravano le meraviglie progettate da De Caus per i giardini di Heidelberg. 19 132 CAPITOLO OTTAVO sati a torto di magia è nel caso in cui si sia «politiques»22, cioè tolleranti in materia di religione, contrari a perseguitare chi non concordi con le proprie idee religiose. Poiché Naudé non menziona mai nella sua Apologia i Fratelli Rosa-Croce, non si può affermare con sicurezza che queste due ragioni per cui si poteva incorrere a torto nell'accusa di magia — interesse per la matematica e idee tolleranti in fatto di religione - venissero addotte da lui per spiegare l'allarme corrente contro i Rosa-Croce. Tuttavia, avendo incluso un libro di Dee nell'elenco degli autori che egli giudicava congeniali ai Fratelli Rosa-Croce, mentre prima si era unito a malincuore a coloro che li disapprovavano, si può dire che Naudé collega senz'altro i Fratelli Rosa-Croce con Dee nel primo libro, e nel secondo libro usa Dee nella sua difesa dei matematici dalle accuse di stregoneria. Evidentemente Naudé è molto ben informato, ma è ancora assai cauto, anche nell'Apologia. La tempestosa eccitazione nei confronti dei Fratelli Rosa-Croce sconvolgeva ancora la Francia. Entriamo ora in un periodo di tempo in cui i nuovi movimenti del secolo xvii stanno acquistando vigore e le filosofie animistiche del Rinascimento con le loro implicazioni magiche sono in declino. La figura più eminente in questo attacco contro l'animismo rinascimentale, l'ermetismo, il cabbalismo e tutte le manifestazioni di pensiero ad esse connesse, fu il frate francese Marin Mersenne, amico di Rene Descartes. Attraverso la sua ampia polemica contro l'intera tradizione rinascimentale, Mersenne aprì la via al sorgere della filosofia cartesiana. È significativo che il primo attacco di Mersenne alla tradizione rinascimentale, le sue Quaestiones in Genesim, sia stato pubblicato nel 1623, l'anno in cui esplose l'allarme rosacrociano. Quest'opera è diretta contro la magia e la Kabbalah rinascimentali e contro tutti i grandi nomi collegati con quella tradizione, Ficino, Fico, Agrippa, ecc., ma la critica più violenta è rivolta contro l'esponente contemporaneo di quella tradizione, Robert Fludd. Egli continuò i suoi attacchi negli anni successivi, Fludd replicò, e la controversia MersenneFludd attirò l'attenzione di tutta l'Europa. 22 L'ALLARME CONTRO I ROSA-CROCE IN FRANCIA Non mi è possibile cercare di ricordare, nelle poche pagine che posso dedicare all'argomento in questo capitolo, tutte le pubblicazioni di questa polemica. Ho tentato di trattarne un aspetto altrove, facendo rilevare che, fondamentalmente, è stato un attacco sferrato alla tradizione ermetica da Mersenne e una difesa di questa da parte di Fludd, e che la datazione degli Hermetica stabilita da Casaubon fu usata da Mersenne come strumento per smantellare la tradizione ermetica *. Tutto ciò che si può fare qui è di indicare molto sommariamente come il nuovo criterio con cui abbiamo affrontato storicamente il problema in questo libro può farci comprendere meglio la posizione di Mersenne. Come abbiamo visto, il movimento rosacrociano o i suoi manifesti erano collegati con il movimento volto a insediare l'elettore palatino Federico in Boemia; la pubblicazione delle opere di Fludd nel Palatinato era un aspetto della corrente di pensiero su cui si fondava il movimento politico-religioso; il crollo totale del movimento, con la disfatta di Praga del 1620, diede inizio a una vasta campagna satirica contro tutto ciò che il movimento aveva rappresentato; l'improvvisa cessazione delle pubblicazioni rosacrociane in Germania coincise con il crollo del 1620 e l'accusa di magia divenne una carta essenziale nella campagna dei conquistatori contro il rosacrocianesimo, che si fuse con l'allarme lanciato contro la stregoneria; l'allarme contro i Rosa-Croce, diffuso in Francia nel 1623, presentò i Fratelli Rosa-Croce dei manifesti come una società segreta, magica e diabolica. È evidente che tutto questo influì su Mersenne, come su tutti coloro che vivevano agli inizi del secolo xvil. Il tentativo di Federico di infrangere il controllo che gli Asburgo esercitavano sull'Impero, il crollo rovinoso di quel tentativo e le voci di stregoneria diffuse ad arte dai conquistatori erano fatti della scena europea del tempo, cui non ci si poteva sottrarre. L'allarme contro i Rosa-Croce colpì anche Mersenne. È evidente, non solo dai suoi libri, ma anche dalla sua corrispondenza che egli riteneva i Fratelli Rosa-Croce, orchi, stregoni, agenti sovversivi e se li figurava mentre si muovevano invisibili in tutti i paesi per disseminare le loro tnalvage dot23 NAUDÉ, Apologie CÌt., p. 22. ' . 133 YATES, Giordano Bruno cit., pp. 432-40 [trad. it., pp. 465-72]. f 'R 134 CAPITOLO OTTAVO 24 trine . Inoltre la loro esistenza gli sembrava provata dalle opere di Robert Fludd, da lui considerato un tipico Rosa-Croce, la cui adesione alla tradizione ermetica nelle sue forme estreme appariva evidente ad ogni lettore. La reazione di Mersenne all'allarme contro i Rosa-Croce fu diversa da quella di Naudé. Naudé sembra convinto che importanti attività matematiche e scientifiche si nascondessero sotto la magia buona del movimento rosacrociano. Mersenne credeva, invece, che la magia fosse un male; che lo sviluppo in quelle proporzioni della magia e della Kabbalah indicasse che i modi di pensare del Rinascimento dovevano essere distrutti ed eliminati; che la filosofia animistica rinascimentale doveva essere demolita, e che la magia rinascimentale nelle sue manifestazioni recenti o fluddiane doveva essere severamente repressa. Mersenne aveva un'indole mite e amabile (era molto diverso da padre Garasse), eppure reagì all'allarme contro i Rosa-Croce in modo più simile a Garasse che a Naudé, con una reazione su cui influì la paura. Dobbiamo anche ricordare che Mersenne, come Descartes, era stato educato nel collegio gesuita della Flèche e che nei suoi primi anni dovette essere influenzato dal modo di vedere dei Gesuiti. In tutti i suoi scritti, quindi, Mersenne tende a eliminare gli influssi rinascimentali. Talvolta gli era difficile raggiungere l'intento, particolarmente nell'ambito della musica, perché Mersenne credeva nell'armonia universale e ammirava l'Accademia di poesia e di musica di Baìf e ne è una delle fonti più importanti25. Nella sua Harmonie universelle (1636) deve spiegare l'armonia universale in modo da evitare la filosofia magica macro-microcosmica (sebbene si valga proprio di uno degli schemi di Fludd) e da eliminare la visione rinascimentale su cui si fondava l'opera dell'Accademia di Ba'if, a cui Thiard aveva dato espressione filosofica (come ben sapeva Naudé). La filosofia del secolo xvu che doveva sostituire le filosofie 24 Correspondence du P. Mari» Mersenne religieux minime, publié par Paul Tannery, éditée et annotée par Cornelius de Ward, avec la collaboration de Rene Pintard, Paris 1932, voi. I, pp. 37-39, 154-55, 455 ecc.; voi. II, pp. 1 37> J49 (Gassendi e i Rosa-Croce); 181 sgg., 496 (J. B. van Helmont e i Rosa-Croce); m., La vérité des sciences, Paris 1625, pp. 566-67. Cfr. YATES, Giordano Bruno cit., p. 408 [trad. it., p. 439], ecc. 25 YATES, The French Academies of thè Sixteenth Century cit., pp. 23 sgg. L'ALLARME CONTRO I ROSA-CROCE IN FRANCIA rinascimentali, era il meccanicismo di Descartes, e Mersenne, amico devoto e ammiratore di Descartes, fu uno strumento essenziale, con i suoi vasti contatti e con la sua corrispondenza, nel favorire il passaggio dalla magia al meccanicismo K. È una delle più profonde ironie della storia del pensiero che il progresso della scienza meccanica, grazie al quale sorse l'idea del meccanicismo come una possibile filosofia della natura, fosse anch'essa conseguenza della tradizione magica rinascimentale. Il meccanicismo, spogliato della magia, si affermò come la filosofia che doveva subentrare all'animismo rinascimentale e sostituire P«evocatore di spiriti» con il filosofo meccanicistico. Questo fatto non è ancora generalmente accettato e in attesa del suo riconoscimento è importante cercare di scoprire e capire tutte le circostanze che condussero a questo importante mutamento nell'atteggiamento dell'uomo verso la natura. Tra i fattori storici della situazione vi sono quelli che stiamo esaminando in questo libro. Il fallimento del movimento rosacrociano in Germania, la sua repressione violenta, appoggiata da una propaganda ferocemente contraria, influirono sull'espressione del pensiero agli inizi del secolo xvu iniettandovi un'atmosfera di paura. Anche Mersenne aveva paura: doveva proteggere il suo interesse per la matematica e la meccanica da qualsiasi taccia di evocazione di spiriti. Ciò rese più aspra la sua azione antirinascimentale, che in tempi meno esagitati, avrebbe potuto essere condotta con maggiore moderazione e con minor sacrificio degli aspetti più validi della tradizione rinascimentale. E quale rapporto esisteva fra Descartes e i Fratelli RosaCroce? Alcune delle più importanti allusioni ad essi si possono trovare nell'avvincente biografia di Descartes scritta da Baillet (pubblicata per la prima volta nel 1691)27. La nostra nuova conoscenza della situazione storica ci permette di leggere quella biografia con una nuova possibilità di comprensione, o, in ogni caso, con nuove domande da porre durante la lettura. Nel 1618 il giovane Descartes lasciò la Francia per l'Olanda e si arruolò nell'esercito del principe Maurizio di Nassau. 26 27 Cfr. E. LENOBLE, Mersenne ou la naìssance du tnécanisme, Paris 1948. A. BAILLET, La vie de Monsieur Descartes, Paris 1691. Ijg "T ->•< • < > - > ! CAPITOLO OTTAVO La decisione era piuttosto singolare per un cattolico educato dai Gesuiti come Descartes, ma la spiegazione che si suole dare è che egli voleva vedere il mondo e ampliare la sua conoscenza degli uomini e della vita. Con questo intento volto alla riflessione, Descartes, nel 1619, si recò in Germania, avendo sentito parlare dei singolari movimenti di quel paese, di una rivolta in Boemia e di una guerra tra cattolici e protestanti a causa di questa. Avendo udito che il duca di Baviera stava assoldando truppe, pensò di unirsi, pur senza avere una chiara idea di chi fosse il nemico. Alla fine risultò che le truppe dovevano marciare contro l'elettore palatino, che i Boemi avevano eletto loro re28. Evidentemente non molto interessato da questo, Descartes si recò negli alloggiamenti invernali, in una località sul Danubio, dove, riscaldato da una stufa tedesca, s'immerse in profonde meditazioni. La notte del io novembre 1619 fece un sogno2', che sembra sia stata un'importantissima esperienza, avendolo portato alla convinzione che la matematica era l'unica chiave per la comprensione della natura. Durante il resto dell'inverno condusse una vita solitaria e meditativa, ma non senza qualche contatto con persone, da cui sentì parlare di una società, stabilitasi in Germania con il nome di Fratelli della Rosa-Croce, che prometteva una nuova sapienza e una «science véritable»30. Queste voci si accordavano così bene con i suoi pensieri e i suoi sforzi, che egli cercò di trovare questi Fratelli, ma senza successo. Una delle loro regole era di non indossare abiti che li potessero distinguere, così era naturalmente molto difficile trovarli. Ma le numerose opere pubblicate da questi Fratelli stavano causando una grande agitazione. Descartes, comunque, non le lesse (aveva smesso di leggere), e successivamente disse di non saper nulla dei Rosa-Croce, anche se al suo ritorno a Parigi nel 1623, apprese che il suo soggiorno in Germania gli aveva procurato la reputazione di Rosa-Croce. Nel giugno 1620 Descartes era a Ulm dove trascorse il resto dell'estate, e dove incontrò un certo Johann Faulhaber, che fu molto colpito dalla sua eccezionale intelligenza31. ( Que28 29 BAILLET, La vie de Monsieur Descartes cit., ed. 1691, pp. 58-59. Ibid.,fp. 81-86. 30 Ibid.,pp. 87-92. 31 ,:.»;: Ibid., p. 68. Cfr. j. FAUEEMÌBÉR,- M^sierium arithnteticum sive cabali- L'ALLARME CONTRO I ROSA-CROCE IN FRANCIA 137 sto Faulhaber era stato uno dei primi a pubblicare un'opera indirizzata ai Fratelli Rosa-Croce). Quando Descartes venne a sapere che il suo generale, il duca di Baviera, stava marciando sulla Boemia, raggiunse l'esercito cattolico-imperiale, partecipò alla celebre battaglia di Praga (la battaglia della Montagna Bianca) ed entrò in Praga il 9 novembre con i vincitori. Si è pensato che abbia potuto vedere il famoso laboratorio astronomico di Tycho Brahe a Praga, ma Baillet non lo ritiene verosimile poiché gli strumenti erano stati rotti o portati via32. Dopo tutto questo Descartes trascorse qualche tempo meditando nel sud della Boemia33, e nel 1621 riprese il suo viaggio attraverso la Moravia, la Slesia, la Germania del nord, i Paesi Bassi cattolici, facendo ritorno a Parigi nel 1623. Qui giunse nel pieno dell'allarme contro i Rosa-Croce. Merita dare qui la descrizione di Baillet: Quando [Descartes] arrivò [a Parigi], gli affari dello sventurato conte palatino, eletto re di Boemia, le spedizioni di Mansfeld e il trasferimento dell'elettorato dal conte palatino al duca di Baviera, avvenuto a Ratisbona il 15 del febbraio precedente, fornivano argomento alla pubblica discussione. Egli [Descartes] ebbe di che appagare la curiosità dei suoi amici su questo argomento, ma in cambio gli annunciarono una notizia che causava loro una certa preoccupazione, per quanto sembrasse loro incredibile: da alcuni giorni si parlava a Parigi dei Fratelli della Rosa-Croce, che egli aveva cercato invano in Germania durante l'inverno del 1619 e cominciava a circolare la voce che egli [Descartes] fosse affiliato alla Confraternita. Descartes fu tanto più sorpreso da questa notizia in quanto ciò non si accordava con il suo carattere, né con la tendenza, sempre manifestata, a considerare i Rosa-Croce impostori e visionari. A Parigi erano chiamati gli Invisibili, e si diceva che dei trentasei delegati inviati in ogni parte d'Europa dal loro capo, sei fossero arrivati in Francia in febbraio e risiedessero nel quartiere del Marais, a Parigi, ma che non potessero comunicare con la gente, né fosse possibile comunicare con loro, se non per mezzo del pensiero congiunto alla volontà, ossia in modo impercettibile ai sensi. Il caso del loro presunto arrivo a Parigi allo stesso tempo di stica et philosophica inventio... illuminatissimis laudatissimisque Fratribus R. C... dicala, Ulm 1615. In un'opera precedente (Himlische... Magia oder Newe Cabalistische Kunst, Ulm 1613) Faulhaber include le arti meccaniche, gli strumenti matematici, la prospettiva, ecc., quando tratta di magia divina e della nuova arte cabbalistica. 32 BAILLET, La vie de Monsieur Descartes cit., ed. 1691, p. 75. 33 Ibid.,pp. 91-92. I38 CAPITOLO OTTAVO Descartes avrebbe potuto avere conseguenze incresciose sulla sua reputazione, se egli si fosse nascosto o fosse vissuto appartato in città, come era stato solito fare durante i suoi viaggi. Ma egli confuse coloro che volevano valersi di questa coincidenza per dare fondamento alla loro calunnia. Si mostrò dovunque a tutti e soprattutto ai suoi amici, a cui non occorreva altro argomento per persuadersi che egli non era membro della Confraternita dei RosaCroce o Invisibili; e si valse dello stesso argomento - la loro invisibilità - per spiegare ai curiosi come mai non fosse riuscito a trovarne neanche uno in Germania. La sua presenza servì a sedare l'inquietudine del suo amico padre Mersenne... che era stato turbato più degli altri da questa ingannevole diceria, perché era meno incline a credere che i RosaCroce fossero invisibili, o personaggi chimerici, dopo ciò che numerosi tedeschi e l'inglese Robert Fludd avevano scritto in loro favore 3\ È senza dubbio il momento più sensazionale o clamoroso nella storia straordinaria di questo singolare evento, quello in cui Descartes si mostra ai suoi amici a Parigi per provare che è visibile, e dunque non è un Rosa-Croce! Così Descartes era in quella zona della Germania in cui si stava diffondendo la fama dei Rosa-Croce, quando ebbe il suo sogno e meditò le sue importanti riflessioni; entrò effettivamente a Praga con l'esercito cattolico; potrebbe aver visto Federico ed Elisabetta, là, in quell'ora terribile; vagò per Praga, seppe esattamente ciò che era accaduto, trascorse il suo tempo meditando nella Boemia del sud, giunse a Parigi nel momento in cui tutte le notizie vertevano sul fatto che l'elettore palatino era stato privato dell'elettorato, e, come nota Baillet, egli potè fornire ai suoi amici informazioni di prima mano, poiché era stato testimone oculare di quei grandi avvenimenti, era sul luogo, a Praga, quando gli avvenimenti si produssero e aveva raccolto informazioni dei movimenti in Germania, prima che accadessero. Ora, tutte queste notizie erano, in qualche modo, collegate ai Rosa-Croce. L'allarme contro i Rosa-Croce si scatenò a Parigi, dice Baillet, quando tutte le notizie vertevano sull'elettore palatino e sulle sue sventure. Le altre fonti sull'allarme non ci hanno informato di questo, il che avvalora l'ipotesi di un legame tra l'allarme a Parigi e gli avvenimenti di L'ALLARME CONTRO I ROSA-CROCE IN FRANCIA Germania. E per quel che riguarda le avventure di Descartes contro i Rosa-Croce, esse seguono lo schema normale. Egli sente parlare di loro, cerca di trovarli e non ci riesce. Che Descartes faccia della propria visibilità una prova che non è membro della Confraternita, è una sottigliezza rispetto alla esperienza normale di coloro che hanno cercato i Rosa-Croce, degna di un grande filosofo! Fu sempre nei desideri di Descartes vivere una vita molto tranquilla, ritirata e solitaria, riflettendo sulla matematica, e alcuni anni dopo l'esperienza narrata, di ciò che sarebbe potuto accadere a Parigi a un matematico che si fosse tenuto troppo invisibile, andò a risiedere in Olanda. Molti anni più tardi, nel 1644, si stabilì in un piccolo castello tranquillo, vicino a Leida, soprattutto allo scopo di essere vicino alla principessa Elisabetta del Palatinato, la figlia maggiore dello sventurato elettore Federico, che era morto nel 1632, e la cui vedova, Elisabetta Stuart, la «regina d'inverno» di Boemia, aveva continuato a vivere all'Aia con la sua famiglia. La principessa Elisabetta nutriva una grande passione per le opere di Descartes; in lei il filosofo trovò una discepola dotata di grande acume, di cui ammirava molto e il carattere e l'intelligenza brillante. A lei dedicò i Principia, nel 1644, presentandola nella dedica come la figlia del re di Boemia, attribuendo al padre quel titolo che i suoi nemici gli negavano. Nel 1649, quando il trattato di Vestfalia mise fine alla guerra dei Trent'anni (e una clausola del trattato prevedeva la restaurazione nel Basso Palatinato di Carlo Ludovico, il più vecchio figlio ancora vivente del «re d'inverno» di Boemia), la principessa Elisabetta pensò di ritirarsi nel Palatinato, quando il fratello fosse andato a risiedervi, e propose anche a Descartes di stabilirvisi. Sfortunatamente questo progetto non si realizzò. Il mite clima della Renania con i suoi vigneti sarebbe stato molto più confacente alla salute di Descartes della fredda Svezia, dove era presto destinato a morire, dopo aver accettato l'invito della regina Cristina, di recarvisi per parlare di filosofia con lei. Secondo Baillet, uno dei motivi per cui accettò quell'invito fu la possibilità di perorare alla corte svedese la causa della principessa Elisabetta e del Palatinato35. Questo forte interesse per il Palatinato negli ultimi anni della sua vita ci 34 Tradotto dalla versione ridotta della Vie de Monsieur Descartes, Paris 1693, PP- 51'53. Per la versione integrale, cfr. l'edizione del 1691, pp. 106-8. 139 , 35 BAILLET, La vie de Monsieur Descartes cit., ed. 1691, pp. 388-89. 140 ••;ì ar>oisu>-A3o;i 3 CAPITOLO OTTAVO spinge a. chiederci che cosa esattamente avesse fatto Descartes durante i suoi primi viaggi in Germania e in Boemia. È possibile che egli abbia cercato, durante quei viaggi, un illuminismo velato dalPinvisibilità rosacrociana, nuovi sviluppi che scaturivano da tradizioni segrete, e che abbia cercato tutto ciò nella cerchia dello sventurato padre della principessa Elisabetta? Le guerre e la caccia alle streghe hanno forse confuso allo storico i passi essenziali attraverso i quali il pensiero europeo uscì dal Rinascimento per entrare nel secolo xvii. ; ,' t• D O'- < ir? l ,, _ ' '- ' '" i r f, ' * j s Capitolo nono > Francis Bacon « aE'ombr'a dèle ali di lehova » • *'. ' ' f •ohe II grande entusiasmo rosacrociano sembrò risvegliare poco o nulla l'attenzione pubblica in Gran Bretagna. Le tipografie non riversarono profluvi di pubblicazioni indirizzate ai Fratelli Rosa-Croce, come era avvenuto in Germania dal 1614 al 1620, e nessun Invisibile affisse manifesti ' capaci di destare frenetico interesse o veementi polemiche, come era accaduto a Parigi negli anni venti del secolo xvn. Gli squilli di tromba della Fama, che annunciavano una nuova era e nuovi sterminati progressi nel sapere imminenti per l'umanità, sembra siano stati soffocati in queste isole. Vi furono, tuttavia, altri squilli di tromba, che fecero altri sensazionali annunci, non con la sfrenata eccitazione dei Rosa-Croce, ma in termini equilibrati e ragionevoli. Si trattava dei manifesti sul progresso del sapere redatti da Francis Bacon e dedicati a Giacomo I, lo stesso sovrano in cui il movimento rosacrociano tedesco aveva vanamente riposto le proprie speranze. The Advancement of Learning, pubblicato nel 1605, è un sobrio panorama dello stato della conoscenza in quel momento, che richiama l'attenzione su quelle aree del sapere particolarmente deficienti di progresso, dove sarebbe possibile conoscere di più se gli uomini dedicassero il loro intelletto alla ricerca e alla sperimentazione, soprattutto nell'ambito della filosofia naturale, che Bacon trova deplorevolmente lacunosa. Una simile conoscenza più approfondita della natura potrebbe e dovrebbe essere usata per innalzare la condizione del1 Si accenna ad un manifesto, affisso a Londra nel 1626, in R. F. GOULD, Concise History of Freemasonry, London 1920, p. 76, ma non sono riuscita a scoprire altro su questo argomento. 142 CAPITOLO NONO FRANCIS BACON «ALL'OMBRA DELLE ALI DI IEHOVA» l'uomo, per migliorare il suo stato in questo mondo. Bacon sostiene la necessità di una fratellanza o solidarietà nel sapere, cosicché i dotti possano scambiarsi le loro conoscenze e aiutarsi vicendevolmente. Le università attualmente non promuovono tale collaborazione, perché non vi è sufficiente intesa tra questi istituti in Europa. La fratellanza del sapere dovrebbe trascendere le frontiere nazionali. sione baconiana del futuro della scienza non era un progresso rettilineo. La sua «instauratio magna» della scienza tendeva a un ritorno alla condizione di Adamo prima della Caduta4, uno stato di contatto puro e senza peccato con la natura e con la conoscenza dei suoi poteri. Tale era la visione del progresso scientifico, un progresso all'indietro verso Adamo, sostenuta da Cornelius Agrippa5, l'autore dell'influente trattato rinascimentale sulla filosofia occulta. E la scienza di Bacon è ancora, in parte, scienza occulta. Fra gli argomenti che passa in rassegna nel suo panorama del sapere vi sono la magia naturale, Pastrologia - di cui ricerca una versione riformata -, la alchimia, che esercitò su di lui un influsso profondo, l'incanto, lo strumento del mago, e altri temi ancora, che sono stati trascurati come elementi di scarsa importanza nel tentativo di estrarre l'aspetto moderno di Bacon. Gli scrittori rosacrociani tedeschi sostengono opinioni analoghe sul ritorno alla sapienza di Adamo e sul carattere di millennio del progresso della conoscenza, da loro profetizzato. Dopo lo studio dei loro scritti confrontati con quelli di Bacon, si ha la netta impressione - quando si lasci da parte come ludibrium il mito fantastico di Rosenkreutz - che entrambi questi movimenti si occupino del progresso magicoscientifico, di illuminazione nel senso di illuminismo. Tuttavia, pur se si possono considerare i due movimenti come appartenenti entrambi naturalmente alla stessa età, prodotti, in ultima analisi, dalla tradizione rinascimentale ermetico-cabbalistica, entrambi capaci di portare fuori dal Rinascimento verso il progresso del secolo xvn, vi sono fra di essi profonde differenze. Bacon vuole mettere in evidenza quanto egli disapprovi l'orgoglio e la presunzione del mago rinascimentale. In particolare, mette in guardia contro Paracelso, che - come abbiamo visto — era considerato un profeta dal E come la natura crea la fratellanza in una famiglia, le arti meccaniche trovano la loro comunione nei sodalizi, la unzione divina costituisce la fratellanza tra i re e i vescovi... così non può mancare la fratellanza nobile e generosa tra uomini della scienza e della luce..., giacché Iddio stesso è detto «Padre dei lumi» 2 . Leggendo questo passo, dopo le ricerche condotte in questo libro, si è colpiti dal fatto che Bacon considera qui la scienza come «illuminazione», come luce che discende dal «Padre dei lumi», e che la fratellanza nel sapere da lui auspicata sarebbe una «fratellanza della scienza e della luce». Queste espressioni non dovrebbero essere trascurate come pia retorica, perché sono significative nel contesto di quel tempo. Nove anni dopo, in Germania, la Fama rosacrociana avrebbe presentato i Fratelli Rosa-Croce come una confraternita di illuminati, come un sodalizio di dotti, uniti da amore fraterno; avrebbe esortato i maghi sapienti e i cabbalisti a comunicarsi vicendevolmente le loro conoscenze; e avrebbe proclamato vicina l'ora di un grande progresso nella conoscenza della natura. Questo parallelismo può suggerire che un confronto fra il movimento baconiano e il movimento rosacrociano può gettare luce su entrambi, e in particolare, forse, su Bacon. Gli studi recenti hanno dimostrato molto chiaramente che l'antico giudizio su Bacon, considerato un moderno ricercatore scientifico e sperimentatore, emerso da un passato di superstizione, non è più valido. Nel suo libro su Bacon, Paolo Rossi3 ha dimostrato che il filosofo scaturisce proprio dalla tradizione ermetica, dalla magia e dalla Kabbalah del Rinascimento, da lui raggiunte attraverso i maghi naturali. La viBACON, The Advancement of Learning, II, dedica a Giacomo I, p. 13 [cfr. F. BACONE, Della dignità e del progresso delle scienze, libro II (trad. eseguita sul De augmentis scientiarum, la versione latina posteriore), in Opere filosofiche, a cura di Enrico de Mas, Laterza, Bari 1965, voi. II, p. 84]. 3 ROSSI, Francesco Bacone cit. 143 4 i 4 «I Per una dichiarazione, tra tante altre, che definisce questo concetto, cfr. la prefazione alla Instauratio magna (F. BACON, Works, ed. Spedding, Ellis e Heath, London 1857, voi. I, p. 132 [trad. it. La grande instaurazione, in Opere filosofiche, a cura di Enrico de Mas, Laterza, Bari 1965, voi. I, pp. 211-45]), Cfr. ROSSI, Francesco Bacone cit., pp. 116 sgg.; e il mio saggio The Hermetic Tradition in Renaissance Science, in Art, Science and History in thè Renaissance, ed. Charles S. Singleton, Johns Hopkins Press, Baltimore 1968, pp. 266-67. 5 AGRIPPA, De occulta philosophia, III, 40; cfr. e. G. NAUERT, Agrippa and thè Crisis of Renaissance Thought, Urbana 1965, pp. 48, 284. 144 CAPITOLO NONO movimento rosacrociano tedesco. Bacon aveva studiato il sistema di Paracelso, «ridotto in un corpo unico ed armonioso da Severino, danese» 6 , e aveva deciso che «quella espressione emblematica degli antichi che l'uomo è microcosmus, e compendio o modello del mondo intero è stata fantasiosamente deformata da Paracelso e dagli alchimisti»7. È un attacco alla filosofia del macrocosmo e del microcosmo, così fondamentale per le teorie dell'armonia del mondo di Fludd e dei Rosa-Croce. Un'altra grande differenza di opinioni fra la scuola baconiana e quella rosacrociana è da vedere nella condanna da parte di Bacon della segretezza nei problemi scientifici, nel suo attacco all'antica tradizione degli alchimisti di celare i loro procedimenti con simboli incomprensibili ". Anche se i manifesti rosacrociani raccomandano - come Bacon - uno scambio di conoscenze fra i dotti, essi sono a loro volta nascosti da mistificazioni, come la storia della grotta in cui venne trovato il corpo di Rosenkreutz, sulle cui pareti sono tracciati simboli geometrici. Quel simbolismo può adombrare astrusi studi matematici di membri di un gruppo che conduceva verso direzioni avanzate, ma in questo caso tali studi non sono comunicati, bensì dissimulati in un linguaggio che stimola il desiderio di conoscere maggiormente i segreti matematici o scientifici celati nella grotta rosacrociana. Quest'atmosfera è l'esatto contrario di quella in cui si muovono i manifesti baconiani, e proprio l'abbandono della tecnica di mistificazione magico-mistica conferisce un tono moderno agli scritti di Bacon. The Advancement of Learning fu pubblicato nel 1605. Il Novum Organum — scritto da Bacon in latino per facilitarne la diffusione in Europa, e da lui considerato come l'enunciazione più importante della sua filosofia e del suo programma - fu pubblicato nel 1620. Il De augmentis, la traduzione e revisione latina dell'Advancement, fu pubblicato nel 1623. Così la filosofia di Bacon aveva cominciato ad apparire vari anni prima dell'edizione del primo manifesto rosacrociano; la sua 6 BACON, The Advancement of Learning cit., II, 8, v [cfr. Della dignità e del progresso delle scienze cit., voi. II, p. 176 (libro III, cap. rv)]. 7 ìbid., II, io, ii [trad. it. voi. II, p. 205 (libro IV, cap. n)]. B ROSSI, Francesco Bacane cit., pp. 28 sgg. ...,..,., , FRANCIS BACON «ALL'OMBRA DELLE ALI DI IEHOVA» 145 opera principale fu pubblicata nell'anno del destino, l'anno del breve regno in Boemia del «re e della regina d'inverno»; la traduzione latina dell'Advancement comparve nel momento dell'allarme contro i Rosa-Croce a Parigi. È importante rendersi conto che il movimento rosacrociano è contemporaneo della filosofia di Bacon, che la strana agitazione rosacrociana si diffuse in Europa negli anni in cui le opere di Bacon apparvero in Inghilterra. Vi sono, credo, indubbiamente dei nessi tra i due movimenti, sebbene questi siano difficili da cogliere e da analizzare. Da un lato, gli stretti legami tra l'Inghilterra e il Palatinato devono avere facilitato un influsso baconiano sul movimento rosacrociano tedesco; dall'altro, è necessario considerare attentamente le differenze tra il rosacrocianesimo e la filosofia di Bacon. Il regno di una figlia del re di Gran Bretagna nel Palatinato rese facili le comunicazioni tra l'Inghilterra e quella parte della Germania e provocò un affluire di influssi inglesi, tra cui dovrebbe essere incluso quello dell'Advancement di Bacon. Possiamo cercare di congetturare come questo influsso possa essere penetrato in Germania. Federico ed Elisabetta amavano leggere ed erano interessati ai movimenti intellettuali. Che ricevessero libri dall'Inghilterra è provato dal fatto che portarono con sé a Praga una copia della History of thè World di Raleigh: il libro cadde in mano ai conquistatori, ma trovò alla fine la via per Londra e per il British Museum, dove è tuttora conservato '. È presumibile, dunque, che essi abbiano avuto opere di Bacon a Heidelberg. Sappiamo che Elisabetta, in età più avanzata, si interessò alle opere di questo scrittore10: nei suoi anni giovanili, prima del matrimonio, potè aver conosciuto Bacon in Inghilterra; egli compose uno degli spettacoli per le sue nozze". Forse un altro tramite dell'influsso baconiano potè essere stato Michael Maier, che aveva stretti contatti con l'Inghilterra durante il regno di Federico e di Elisabetta nel Palatinato. Maier fece conoscere le opere dei primi alchimisti inglesi al movimento alchimistico tedesco12, e può ' Cfr. e. OMAN, Elizabeth of Bohemia, London 1964, p. 178. 10 Cfr. p. 18. 11 Cfr. p. 9. 12 Ashmole dichiara che Maier venne in Inghilterra per imparare_l'inglese, così da poter tradurre in latino l'opera di un noto alchimista inglese. 146 •"••','.>>•" CAPITOLO NONO avere introdotto in Germania anche libri di Bacon. Maier nutriva un interesse profondo per l'interpretazione filosofica della mitologia, e questo aspetto del pensiero di Bacon, espresso nella sua interpretazione filosofica del mito contenuta in The Wisdom of thè Ancients (1609), potrebbe avere affascinato Maier e la sua scuola. Che la sua filosofia alchimistica fosse nascosta negli antichi miti era una credenza fondamentale per Maier ", e anche Bacon aveva cercato la sua filosofia naturale nella mitologia ". Non è necessario comunque determinare con troppi particolari gli eventuali punti di contatto. Sarà sufficiente dire che il movimento anglofilo del Palatinato e dei vicini Stati protestanti nel periodo in cui si sperava molto da Giacomo I dovette avere un certo interesse per il grande filosofo dell'età giacobita, Francis Bacon. Vi sono, tuttavia, come si è già notato, differenze fondamentali evidenti tra il pensiero baconiano e il rosacrocianesimo tedesco. Questo è più profondamente ermetico e magico della visione di Bacon, che appare più sobria. Abbiamo individuato nel movimento tedesco una forte corrente sotterranea di influssi bruniani e soprattutto di John Dee. Abbiamo visto che la Monas hieroglyphica di Dee, il simbolo in cui egli riassume la propria filosofia, ricorre nella letteratura rosacrociana. Bacon non cita mai Dee, né la sua famosa Monas hieroglyphica. Vi è un'obiezione ben nota a chi pretende di definire Bacon una figura importante nella storia della scienza: il fatto che egli non abbia dato sufficiente rilievo alle fondamentali scienze matematiche nel suo programma per il progresso del sapere, e che abbia mostrato la sua ignoranza di queste scienze, rigettando la teoria copernicana e quella sul magnetismo di William Gilbert. In un articolo pubblicato nel 1968 ho dimostrato che se Bacon evitava tali argomenti, poteva essere dovuto al desiderio di mantenere il suo programma quanto più lontano possibile da sospetti di magia15. Dee era stato fortemente sospettato di essere un mago e un « evocatore di (ASHMOLE, Theatrum chemicum britannicum cit., Prolegomena). Cfr. inoltre p. 232. "Ofr.p.97. ROSSI, Francesco Cacone cit., pp. 63 sgg. 15 YATES, The Hermetic Tradition in Renaissance Science cit., pp. 268 FRANCIS BACON «ALL'OMBRA DELLE ALI DI IEHOVA» 147 spiriti»; Giordano Bruno, il mago ermetico, aveva associato, in un'opera pubblicata in Inghilterra, la teoria copernicana con un imminente ritorno di religione «egizia» o magica16; William Gilbert subì senza dubbio l'influsso di Bruno nella sua opera sul magnete. Ho suggerito che l'atteggiamento di Bacon volto a evitare la matematica e la teoria copernicana, poteva essere dovuto al fatto che egli considerava la matematica troppo legata a Dee e alla sua «evocazione di spiriti», e Copernico troppo connesso con Bruno e la sua religione estremamente «egizia» e magica. Varrà la pena ora di ricordare questa ipotesi, perché suggerisce una possibile ragione per una differenza essenziale tra il rosacrocianesimo tedesco e la filosofia baconiana. Nel primo, Dee e la sua matematica non sono temuti, mentre Bacon li evita; e nel primo, Bruno rappresenta un influsso, mentre è respinto da Bacon. In entrambi i casi, sembra che Bacon abbia cercato di evitare ciò che gli appariva come un tema pericoloso, al fine di proteggere il suo programma dai cacciatori di streghe, dall'accusa di « stregoneria», che, come ha osservato Naudé, potevano perseguitare un matematico agli inizi del secolo xvn. Quando valutiamo l'atteggiamento di Bacon verso la scienza e il suo modo di sostenere il progresso scientifico, dobbiamo sempre ricordare il carattere e il modo di pensare del sovrano, che Bacon doveva cercare di propiziarsi e di interessare al proprio programma volto al progresso del sapere. In questo non ebbe successo: come ha mostrato D. H. Wilson, Giacomo I «non comprese, né apprezzò il grande progetto di Bacon», e non rispose con qualche offerta di aiuto ai progetti baconiani di istituzioni scientifiche. Quando ricevette il Novum Qrganum nel 1620, gli fu sentito dire che l'opera era come la pace di Dio: superava qualsiasi comorensione ". Non è mai stato suggerito - credo - che l'incertezza di Giacomo di fronte alla scienza baconiana potrebbe essere connessa con il suo profondo interesse, e timore, per la magia e la stregoneria18. Questi argomenti avevano per lui un fascino non immune da nevrosi, in seguito ad alcune esperienze dei suoi anni giovanili. Nella sua Demonology (1597), Giacomo 16 YATES, Giordano Bruno cit., pp. 236 sgg. [trad. it., pp. 259 sgg.]. i > >• -, " WILSON, King James VI and I oit., pp. 298-99. >ms i 18 Ibid., pp. 103-6, 308-12. ,- j-,8 MJJr-'.i A.(«U vj'JU* - CAPITOLO NONO invocava la pena di morte per tutte le streghe, sebbene raccomandasse attenzione nell'esame dei casi. Per lui la questione era molto seria, un ramo della teologia. Ovviamente Giacomo non era la persona più adatta per esaminare il sempre arduo problema di quando la magia e la Kabbalah rinascimentali costituivano movimenti da valutare positivamente, capaci di portare alla scienza, e di quando sconfinavano nella stregoneria: il problema, insomma, di definire la differenza tra magia buona e magia cattiva. Giacomo non aveva interesse per la scienza e reagiva con paura a ogni tipo di magia. Non sorprende che quando il vecchio John Dee si appellò a Giacomo perché lo aiutasse a dimostrare l'infondatezza dell'accusa rivoltagli di evocare demoni, il re non abbia voluto avere nulla a che fare con lui. L'infruttuoso appello di Dee a Giacomo fu rivolto nel giugno del 1604 ". Il vecchio, al quale tanto doveva la cultura dell'età elisabettiana, cadde in disgrazia durante il regno di Giacomo e morì in estrema miseria nel 1608. Bacon dovette far tesoro del comportamento di Giacomo nei riguardi di Dee, e dovette anche rendersi conto che i superstiti dell'età elisabettiana, fossero dediti alla matematica o alla magia, a gesta marittime o a imprese antispagnole, non erano sicuri di godere il favore di questo re, come avevano goduto quello di Elisabetta. Northumberland e Raleigh, durante il regno di Giacomo, continuarono i loro studi in carcere, nella Torre, studiando matematica e alchimia con il loro dotto compagno di prigionia, Thomas Harriot20. Evidentemente Bacon evitò con cura, nelle opere volte a interessare Giacomo I, tutto ciò che potesse ricordare Dee e la sua sospetta matematica. Nondimeno Bacon non riuscì a dissipare i sospetti che il sovrano nutriva per il progresso scientifico, nonostante la cautela con cui gli veniva presentato. Ma era ancora più evidente che il modo per indurre Giacomo a favorire j piani e i progetti del genero nel Palatinato e in Boemia non era quello di associarlo a un movimento che velava i suoi piani con sepolcri incantati e invisibili Fratelli 19 FEENCH, John Dee cit., p. io. Harriot e Dee sono talvolta menzionati insieme dai loro contemporanei come grandissimi matematici; cfr. D. B. QUINN e j. w. SHIRLEY, A Contentporary List of Hariot References, in «Renaissance Quarterly», pp. 15, 20. FRANCIS BACON «ALL'OMBRA DELLE ALI DI IEHOVA» 149 Rosa-Croce, facilmente trasformabili in stregoni dai cacciatori di streghe. Tra i molti errori commessi dagli amici dello sventurato elettore palatino, i manifesti rosacrociani furono, forse, uno dei più gravi. Se a Giacomo I fosse pervenuta qualche voce su di essi, e avesse avuto sentore di qualche loro legame con Federico, questo avrebbe certo contribuito più di ogni altra cosa a metterlo contro il genero e a distruggere qualsiasi speranza che egli potesse incoraggiarne i progetti. Così Francis Bacon, quando propugnava il progresso del sapere e in particolare del sapere scientifico, si muoveva, durante il regno di Giacomo I, in mezzo a mille insidie. L'antica tradizione scientifica elisabettiana non godeva i favori del nuovo re, e alcuni dei suoi rappresentanti più importanti ancora in vita venivano evitati o erano in carcere. La defunta regina Elisabetta aveva chiesto a John Dee di spiegarle la Monas hzeroglyphica2'; re Giacomo non voleva aver nulla a che fare con il suo autore. Quando Bacon pubblicò The Advancement of Learning nel 1605, doveva essere a conoscenza che Giacomo aveva respinto Dee l'anno precedente. E inoltre neppure le tradizioni elisabettiane, esportate nel Palatinato dalla figlia di Giacomo I e da suo marito, godevano il favore del re. Francis Bacon era uno di coloro che deploravano la politica estera di Giacomo e caldeggiavano l'appoggio all'elettore palatino. Anche in questo caso l'autore dei manifesti inglesi per il progresso del sapere doveva procedere con cautela, per non apparire troppo coinvolto nei movimenti del Palatinato. Bacon doveva condursi in modo molto prudente, attraverso molte difficoltà e pericoli, mentre perorava il progresso del sapere scientifico in quei primi anni del secolo xvn, quando la morbosa caccia alle streghe andava crescendo in ogni parte d'Europa. Anche noi, in questo capitolo, ci siamo mossi con cautela, colpiti dall'idea che possa esserci stato un certo parallelismo tra il movimento rosacrociano e quello baconiano: potrebbero essere, per così dire, due facce diversamente sviluppatesi dello stesso problema, e potrebbero essere meglio illuminate se studiate insieme. Finora non abbiamo potuto fornire alcuna testimonianza al lettore su ciò che lo stesso Bacon avreb21 FRENCH, John Dee cit., pp. 38-39. 150 CAPITOLO NONO be potuto pensare dei manifesti rosacrociani. Ma ora una testimonianza molto importante ci viene dalla New Atlantis. Bacon morì nel 1626. Nel 1627 fu pubblicata un'opera incompiuta e senza data, scoperta tra i suoi scritti, in cui il filosofo esponeva la sua utopia, il sogno di una società ideale, religiosa e scientifica. È in forma allegorica: narra della scoperta di una nuova terra, la Nuova Atlantide, da parte di alcuni marinai sbattutivi dalla tempesta. Gli abitanti della Nuova Atlantide avevano costruito nell'isola una società perfetta, rimasta però del tutto sconosciuta al resto del mondo. Erano cristiani; il cristianesimo era stato portato loro nei tempi antichi, un cristianesimo evangelico, che attribuiva importanza soprattutto all'amore fraterno. Erano anche in uno stadio molto avanzato di conoscenza scientifica. Nel loro grande collegio, chiamato la Casa di Salomone, un ordine di sacerdotiscienziati svolgeva ricerche in tutte le arti e le scienze, i cui risultati sapevano come impiegare a vantaggio degli uomini. Questo scritto fantastico riassume tutta l'opera e gli scopi dell'intera vita di Bacon: il progresso del sapere applicato per uso e beneficio dell'umanità. Questo racconto, parabola o ludibrium riecheggia, in numerosi passi, temi che provengono dai manifesti rosacrociani, tanto da convincerci che Bacon conosceva la storia di Rosenkreutz. Prima che i viaggiatori sbarcassero, un magistrato della Nuova Atlantide consegnò loro un piccolo rotolo di pergamena con le istruzioni: « II rotolo era firmato con un sigillo fatto a forma di ali di cherubino, non distese nel volo, ma cadenti all'ingiù, e accanto ad esse v'era un segno di croce» a. Del pari, la Fama rosacrociana si conclude alla fine con il motto «All'ombra delle ali di lehova», e le ali, come abbiamo visto, compaiono spesso come emblemi caratteristici in altre opere rosacrociane23. Il giorno seguente i viaggiatori furono condotti con grande gentilezza alla Casa dei Forestieri, dove vennero curati i malati. I viaggiatori per questi servigi offrirono un paga- FRANCIS BACON «ALL'OMBRA DELLE ALI DI IEHOVA» mento, che venne però rifiutato24. Come si ricorderà, la Fama stabilisce come regola per i Fratelli Rosa-Croce che essi devono curare gratuitamente i malati. Alcuni giorni dopo, un altro ufficiale della Nuova Atlantide venne a far visita agli stranieri nella Casa dei Forestieri. Portava un turbante bianco « sormontato da una piccola croce rossa»25: un'altra prova che i naufraghi di Bacon erano giunti alla terra dei Fratelli Rosa-Croce. Il giorno seguente un governatore del paese si recò a far loro visita e gentilmente spiegò tutto ciò che mostrarono desiderio di sapere sulla storia e le usanze del paese, su come vi fu portato il cristianesimo, e sulla « Casa o Collegio » della Casa di Salomone con la sua équipe di sapienti. Ai viaggiatori fu permesso di porre domande su tutto ciò che potesse ancora lasciarli in dubbio. A questo punto risposero che ciò che più li sorprendeva era il fatto che gli abitanti della Nuova Atlantide conoscevano tutte le lingue europee e sembrava anche che conoscessero tutto sugli affari del mondo esterno e sullo stato della conoscenza delle altre nazioni, mentre, per parte loro, rimanevano del tutto sconosciuti, né si era mai udita alcuna notizia sul loro paese: Ma allora come potevano essere gli abitanti a conoscenza delle lingue, dei libri, degli affari, di gente posta a tanta distanza da loro? Questo era ciò che non potevamo spiegarci, perché ci pareva che la proprietà di starsene celato e invisibile agli sguardi altrui, pur conoscendo gli altri e quasi gettando luce su di essi, fosse una condizione adeguata solo a poteri e ad esseri divini. Al termine di questo discorso il governatore uscì in un sorriso amabile e disse che non senza ragione gli avevano chiesto scusa per la domanda postagli, giacché essa comportava la credenza che questa terra fosse una terra di maghi, emanante spiriti dell'aria per ogni dove, per riportarne notizie e conoscenza di altri paesi. Rispondemmo tutti insieme e con ogni possibile umiltà, dalla quale tuttavia appariva che avevamo perfettamente compreso ch'egli voleva parlare scherzosamente, che noi eravamo abbastanza disposti a pensare che vi fosse in quell'isola qualche cosa di soprannaturale, ma piuttosto di natura angelica che magica M. In seguito, venne spiegato come i sapienti della Nuova Atlantide fossero a conoscenza di tutto ciò che accadeva nel 22 F. BACON, New Atlantis, in Works cit., voi. III, p. 130 [trad. it. P. BACONE, Nuova Atlantide, in Scritti politici giuridici e storici, a cura di Enrico de Mas, Utet, Torino 1971, voi. I, pp. 779-827]. Cfr. pp. 66-67 etav. 42. .>/, . ..,•; - • 151 24 25 26 BACON, New Atlantis cit., p. 132 [trad. it.,p. 788]. Ibid.,p. 135 [trad.it.,p. 789]. ., ;',, Ibid.,p. 140 [trad. it.,p. 795]. • • >Cf > ' "• t.i CAPITOLO NONO mondo esterno, sebbene per parte loro rimanessero invisibili ad esso: questo accadeva perché venivano mandati dalla Nuova Atlantide dei viaggiatori per raccogliere informazioni; essi indossavano gli abiti del paese che visitavano e ne adottavano i costumi, passando così inosservati. Nei termini di un manifesto rosacrociano ciò significa che essi seguivano una delle regole dei Fratelli Rosa-Croce: non indossare nessun abito speciale o segno distintivo, ma conformarsi nell'abito e nell'aspetto agli abitanti di ogni paese che visitavano. Un'ordinanza vigente nella Nuova Atlantide stabiliva che ogni dodici anni fossero fatte uscire dal regno due navi equipaggiate per viaggi diversi. In ognuna doveva esservi una missione di tre Soci o Fratelli della Casa di Salomone, col solo scopo di darci notizie degli affari e della condizione di quei paesi ai quali fossero stati inviati, e specialmente delle scienze, delle arti, delle industrie manifatturiere, e delle invenzioni di tutto il mondo; e di portarci inoltre libri, strumenti e campioni di ogni specie27. Questo traffico, fu spiegato, non era un commercio di normali beni materiali, ma solo una ricerca «per quella che fu la prima fra le creature di Dio, la luce, intendo dire per avere la luce da qualunque parte della terra essa provenga e si sprigioni»28. Così, sebbene il nome Rosa-Croce non sia mai menzionato da Bacon nella New Atlantis, è evidente che egli conosceva la storia della Rosa-Croce e la stava adattando alla sua parabola. La Nuova Atlantide era governata dai Fratelli Rosa-Croce, che viaggiavano invisibili, come «mercanti di luce», dal loro Collegio o Centro Invisibile (ora chiamato la Casa di Salomone) nel mondo esterno, seguendo le regole della Confraternita Rosa-Croce (curare i malati gratuitamente, non indossare abiti particolari). Inoltre «ali di cherubini» sigillano il rotolo di pergamena proveniente dalla Nuova Atlantide, come sigillano la Fama. L'isola ha «una natura angelica, anziché magica» e l'ufficiale ha una croce rossa sul suo turbante. Gli studiosi moderni di Bacon non hanno familiarità con la letteratura rosacrociana che non è inclusa nei loro studi e non è riconosciuta come una branca legittima della storia del pensiero o della scienza. Ma coloro che lesserò la New Atlan[BACONE, Nuova Atlantide cit., p. 802]. BACON, New Atlantis cit., p. 147 [trad. it., p. 803]. FRANCIS BACON «ALL'OMBRA DELLE ALI DI IEHOVA» 153 tis, prima che la Fama e la Confessio fossero dimenticate, dovettero riconoscere immediatamente i Fratelli Rosa-Croce e il loro Collegio Invisibile negli abitanti della Nuova Atlantide. Un lettore del genere ci ha tramandato il suo riconoscimento: si tratta di John Heydon, la cui Holy Guide, pubblicata nel 1662 è basata in larga misura su un adattamento della New Atlantis. Quando l'uomo che porta il turbante bianco con la croce rossa si reca a visitare i malati, Heydon scrive: «Io sono per ufficio il governatore di questa Casa dei Forestieri, per vocazione sono un prete cristiano e appartengo all'Ordine della Rosa-Croce»29. Quando Bacon parla di uno dei sapienti della Casa di Salomone, Heydon scrive: «uno dei sapienti della Società dei Rosa-Croce»30. Heydon parla esplicitamente della Casa di Salomone nella Nuova Atlantide come del «Tempio della Rosa-Croce» ". Vi sono molti altri passi in cui Heydon associa la New Atlantis con la Fama; infatti legge l'opera di Bacon quasi fosse un manifesto rosacrociano. Le significative interpolazieni rosacrociane che Heydon introduce nella New Atlantis dovrebbero essere esaminate più minutamente di quanto non sia possibile qui, ma un altro dei suoi passi deve esser citato. Quando Bacon dice che gli abitanti dell'isola posseggono alcune opere di Salomone andate perdute, Heydon giunge a dichiarare che essi posseggo29 j. HEYDON, The Holy Guide, London 1662, sig. b 6r. Cfr. BACON, New Atlantis cit., p. 135 [trad. it., p. 789]: «Io sono - ci disse - per ufficio il governatore di questa Casa dei Forestieri e per vocazione sono un prete cristiano; sono venuto ad offrirvi i miei servigi... » 30 «Accadde che vi fosse in uno dei battelli uno dei sapienti appartenente alla società dei Rosa-Croce, la quale Casa o Collegio è il vero occhio di questo regno» (HEYDON, The Holy Gude cit., sig. b 8v). Cfr. BACON, New Atlantis cit., p. 137 [trad. it., p. 792]: «Accadde che vi fosse in uno dei battelli uno dei nostri sapienti, appartenente alla società della Casa di Salomone, la quale Casa o Collegio (miei cari fratelli) è il vero occhio di questo regno...» 31 « II loro re aveva fondato un Ordine, o Società, che chiamiamo il Tempio della Rosa-Croce; la più nobile istituzione (come noi pensiamo) che sia mai esistita sulla terra; e la lanterna di questo regno. Essa si dedica allo studio delle opere e delle creature di Dio...» (The Holy Guide cit., sig. e jr). Cfr. BACON, New Atlantis cit., p. 148 [trad. it., p. 801]: «Dovete sapere, miei cari amici, che fra gli atti eccellenti di quel re ve n'è uno che ha la preminenza sugli altri: la fondazione e l'istituzione di un Ordine o Società che noi chiamiamo Casa di Salomone; la più nobile istituzione (noi pensiamo) che sia mai esistita sulla terra, e la lanterna di questo regno. Essa si dedica allo studio delle opere e delle creature di Dio...» 154 CAPITOLO NONO no il Liber M, scritto da Salomone, nella Nuova Atlantide32. Secondo la Fama, il Liber M era uno degli oggetti sacri trovati nel sepolcro di Christian Rosenkreutz. Il fatto che la New Atlantis mostri la conoscenza della Fama, e che Heydon confermi la somiglianzà tra le due opere, non prova certamente che Bacon appartenesse a qualche società segreta rosacrociana o massonica. Le prove storiche vengono alterate e travisate se sono usate per sostenere asserzioni non verificabili di questo genere. È forse una reazione legittima a tali fantasiose teorie _33 che ha impedito a seri studiosi di prendere giusta nota del fatto che vi sono nella New Atlantis innegabili influssi della Fama. Questo fatto dovrà essere esaminato molto seriamente in futuro dagli storici del pensiero e studiato in relazione al movimento rosacrociano tedesco. La religione della New Atlantis ha molto in comune con quella dei manifesti rosacrociani. Lo spirito è profondamente cristiano, anche se alieno da irrigidimenti dottrinali, interpretando lo spirito cristiano in termini di benevola attività pratica, come i Fratelli Rosa-Croce. Il misticismo ebraico-cristiano vi esercita un profondo influsso, come nella Kabbalah cristiana. Gli abitanti della Nuova Atlantide rispettano gli Ebrei; impongono al loro collegio il nome di Salomone e cercano Dio nella natura. La tradizione ermetico-cabbalistica ha dato frutti nel loro grande collegio consacrato alla ricerca scientifica. Vi è una caratteristica sovrannaturale nel mondo della Nuova Atlantide. Sebbene esso possa vaticinare l'avvento della rivoluzione scientifica, questa profezia viene fatta, non in uno spirito moderno, ma entro altri termini di riferimento. Sembrerebbe che gli abitanti della Nuova Atlantide abbiano conseguito la grande instaurazio32 «Noi abbiamo, infatti, alcune parti delle sue [Salomone] opere che presso di voi sono andate perdute, cioè il Liber M rosacrociano, in cui scrisse di tutte le cose passate, presenti e future» (The Holy Guide cit., sig. e -jr). Cfr. BACON, New Atlantis cit., p. 148 [trad. it., p. 802]: «...Noi abbiamo, infatti, alcune parti delle sue opere [Salomone] che presso di voi sono andate perdute, e cioè quella storia naturale che egli scrisse, di tutte le piante...» L'effettiva influenza della Fama sulla New Atlantis fu notata da un personaggio eccentrico, il cui libro è, sotto altri aspetti, del tutto assurdo (F. w. e. WIGSTON, Bacon, Shakespeare, and thè Rosicmcians, London 1888). Waite (The Real History of thè Rosicrucians cit., p. 333) considera Holy Guide una versione alterata della Fama, ma non accenna alla New Atlantis in relazione a quest'opera. FRANCIS BACON «ALL'OMBRA DELLE ALI DI IEHOVA» ne del sapere e siano quindi tornati allo stato di Adamo in Paradiso, prima della Caduta - l'obiettivo di progresso posto sia da Bacon sia dagli autori dei manifesti rosacrociani. Uno dei momenti maggiormente rivelatori della New Atlantis è quello in cui i viaggiatori si domandano se non sono in presenza di poteri e di esseri divini, se Pinvisibilità dei Fratelli (che ora sappiamo essere i Fratelli Rosa-Croce) non sia in qualche modo sovrannaturale, ma «angelica, anziché magica». Sebbene il governatore tratti questo dubbio «scherzosamente» (o come un ludibrium) e adduca un motivo razionale per la loro invisibilità, tuttavia la New Atlantis è sospesa sul filo di un rasoio, e l'accoglienza favorevole da parte del lettore è subordinata al fatto che egli ne consideri ^influenze scientifiche come «angeliche», oppure come demoniache. Per quest'ultimo tipo d'interpretazione dobbiamo semplicemente ricordare gli Orrendi patti, pubblicati pochi anni prima a Parigi. M f 1 di IJ ' f * ' Capitolo decimo tu ftte&Sf * it» " ì'JJt > or«t. KtóWt 5JSr 'i. •'• ^'! r T ,., ,.. ,. . w'.àideM- .' /4JaK M> - .#>' I liberali italiani eimàniiesti rosacrociani , „ , ,i »• (< . sKbJTIsiR ' 'tì&Ki H ( Nel tracciare i complessi elementi di un tema, più europeo che nazionale, questo libro ha dovuto errare da un paese all'altro. Abbiamo lasciato la Germania alla fine dell'entusiasmo rosacrociano, abbiamo seguito l'allarme per i Rosa-Croce in Francia, e siamo tornati in Inghilterra per osservare Francis Bacon. Ora dobbiamo tornare in Germania, quale era prima dello scoppio della guerra dei Trent'anni, per considerare come i movimenti che gravitavano intorno all'elettore palatino interessassero la situazione italiana contemporanea o ne fossero influenzati. Ciò comporta la necessità di tornare ai manifesti rosacrociani per coglierne un filone che non abbiamo ancora esaminato. Quando abbiamo presentato la Fama, in un capitolo precedente, abbiamo accennato al fatto che la prima edizione di questo manifesto è preceduta dalla traduzione tedesca di un autore italiano intorno a una «riforma generale dell'universo». La disamina di questo contributo di origine italiana al manifesto tedesco è stata differita a un momento successivo. Il momento è ora giunto, ed è tempo di considerare l'inclinazione per la situazione italiana del tempo indicata dall'inclusione nel volume contenente la Fama, di un appello di autore italiano per una riforma generale. Vi era in Italia - o, per esser più esatti, a Venezia - una situazione che aveva grande valore per coloro che, in Germania, speravano di aver trovato un nuovo capo in Federico V, elettore palatino, con il presunto sostegno del suocero, re Giacomo I: si trattava della corrente di sentimenti antipapali ancora esistente in Venezia in seguito al movimento di resistenza alle pretese di Roma, guidato da Paolo Sarpi, formatosi all'inizio del secolo, al quale Giacomo I e Pambascia- I LIBERALI ITALIANI E I MANIFESTI ROSACROCIANI 157 tore inglese a Venezia, Sir Henry Wotton, erano stati vivamente interessati '. Nella controversia di Venezia contro la Curia papale, culminata nell'interdetto del 1606, la causa del governo veneziano fu condotta secondo principi rigorosamente legali dal frate servita Paolo Sarpi, che per questo divenne celebre tra quanti aspiravano a mantenere uno spirito di libertà in Europa. L'interesse di Giacomo I per la causa veneziana fu stimolato dalla presunta affinità tra la resistenza della Repubblica contro Roma e la posizione di indipendenza della Chiesa anglicana. Sir Henry Wotton, l'entusiasta ambasciatore inglese, sperò veramente in quel periodo di indurre Venezia ad adottare una riforma analoga a quella anglicana. Il «Libro di preghiera» inglese fu tradotto in italiano e all'ambasciata furono celebrate funzioni religiose. Fu in occasione del rapprochement anglo-veneziano che il capolavoro del grande liberale italiano, Sarpi, venne pubblicato per la prima volta, non in Italia, ma in Inghilterra. Si tratta della famosa Istoria del Concilio tridentino, concepita con l'intento di mostrare che i protestanti non erano stati invitati al concilio, che il parere degli elementi cattolici francesi più liberali, partecipanti al concilio non era stato ascoltato, e che il concilio aveva mirato a introdurre più stretti controlli sotto l'autorità del papato, piuttosto che cercare lungimiranti misure di una riforma liberale. Tutta la controversia dell'interdetto e le simpatie per l'anglicanesimo, che essa destò, ebbero ripercussioni sugli Stati europei che seguirono attentamente la vicenda. La sensazionale conversione all'anglicanesimo di un arcivescovo cattolico - Marco Antonio De Dominis, arcivescovo di Spalato — nel 1616, fu un avvenimento che sembrava presagire nuovi movimenti, incoraggianti per quanti, in Germania, fondavano le loro speranze sull'elettore palatino e la sua regale consorte anglicana. Fu proprio De Dorninis a pubblicare in Inghilterra nel 1619, la prima edizione dell'Istoria del Concilio Indentino di Sarpi, in italiano, con una dedica a Giacomo I: si rivolgeva a lui come al sovrano in cui riponevano la loro fiducia quanti, in Italia, non erano soddisfatti dello stato della religione. L'anno seguente 1 Cfr. il mio articolo, Paolo Sarpi's «History of thè Council of Treni» cit., pp. 113-43. ' '' CAPITOLO DECIMO uscì a Londra una traduzione latina dell'opera di Sarpi eseguita da un ex precettore del principe Enrico. Vi era in quegli anni la sensazione commossa che Venezia e l'Inghilterra stessero per unirsi, grazie ad affinità religiose e politiche, di fronte alle pretese del cattolicesimo post-tridentino, agli estremi della Controriforma, sostenuti dai Gesuiti e dalle potenze asburgiche. Nessuno storico sembra aver esaminato i nessi tra questo movimento e i movimenti che gravitavano intorno all'elettore palatino2. Eppure Anhalt era in contatto con Sarpi, e il rappresentante più importante del Palatinato, il barone Christoph von Donha, si recò spesso a Venezia in quegli anni. Il governo veneziano, come molti altri in Europa, desiderava sapere se Giacomo aveva l'intenzione di appoggiare l'impresa boema del genero. Un ambasciatore veneziano, in un rapporto al doge del novembre 1619, faceva rilevare che uno scacco degli imperiali in Boemia avrebbe indebolito i disegni delle potenze ispano-asburgiche per «la servitù d'Italia» e che l'indebolimento di tali potenze è « ciò che la Serenità Vostra ha ogni motivo di sperare». Perciò «la fortuna comune dipende dal successo del palatino» 3 . Sebbene la politica del Palatinato non sia ricordata dagli storici che indagano sulle relazioni veneziane con l'Inghilterra nei primi anni del secolo xvii, essa deve avere, comunque, occupato una posizione preminente nel quadro generale per coloro che osservavano gli affari della 2 Questi non sono menzionati, per esempio, da w. j. BOUWSMA, Venice and thè Defence of Republican Liberty, University of California Press, 1968. Tuttavia alcuni documenti del tempo, citati in questo libro, restano incomprensibili se non si fa riferimento all'avventura boema di Federico, al mancato aiuto di Giacomo I, e al fallimento di quell'impresa. L'indignazione dell'amico di Sarpi, Micanzio, per il mancato aiuto di Giacomo I nel 1619, discusso da Bouwsma (pp. 526-27), dev'essere interamente riferita a quella situazione, e così le parole irritate di Micanzio, sullo stesso argomento, del marzo 1621: «Stare a guardare perché si dubita del proprio diritto [di intervenire] e permettere a chi è potente di divenire ancora più potente, e di essere perciò in grado di insidiare tutti gli Stati liberi... Se dall'Inghilterra non viene qualche risoluzione giovevole, e che sia accompagnata da fatti... gli Spagnoli sono i conquistatori della Germania e hanno l'Italia a loro discrezione» (il passo, citato da BOUWSMA, Venice cit., p. 527, è ripreso dalla traduzione diThomas Hobbes di alcune lettere di Fulgenzio Micanzio: cfr. v. GABRIELI, Bacane, la riforma e Roma nella versione hobbesiana d'un carteggio di Fulgenzio Micanzio, in «English Miscellany», vm [1957], pp. 220-21). Zorzi Giustiniani al doge, novembre 1619, in GARDINER, Letters and other Documenti Illustrating Relations between England and Germany cit., voi. II, 1868, p. 82. I LIBERALI ITALIANI E I MANIFESTI ROSACROCIANI 159 Repubblica. Un forte governo nel Palatinato, così vicino a Venezia e sulla via continentale tra Venezia e l'Inghilterra, avrebbe potuto incoraggiare la Repubblica a perseverare in un atteggiamento di difesa, a sostenere più a lungo la resistenza per una relativa libertà, in confronto al resto dell'Italia. Per di più, se l'avventura boema avesse rivelato qualche possibilità di successo, questo avrebbe consolidato tutti i movimenti liberali in Europa. Accadde, invece, che l'appoggio di Giacomo a Federico risultò una chimera, e la disfatta di questi a Praga nel 1620 fu come una campana di morte per le speranze liberali a Venezia, come pure in Boemia e in Germania 4 . Si udì il doge di Venezia osservare con sarcasmo che se il re d'Inghilterra non aveva fatto nulla per difendere la propria figlia, gli altri non potevano certamente sperare qualcosa da lui. La posizione di prestigio di cui godeva Sir Henry Wotton con il doge e il Senato crollò dopo il 1620. Venezia si allontanò dall'alleanza inglese e sprofondò con il resto dell'Italia nel torpore dell'asservimento. Questo schizzo molto sommario dell'interesse veneziano per gli affari anglo-palatini sarà sufficiente come introduzione all'esame della traduzione del brano italiano, pubblicato con la Fama, e che diede al manifesto rosacrociano ed alla sua perorazione per una riforma generale un'inclinazione verso Venezia e l'insoddisfazione veneziana per la situazione religiosa. Il passo sulla «Generale riforma dell'Universo», pubblicato con la Fama5, è la traduzione tedesca di un capitolo dei Ragguagli di Parnaso di Traiano Boccalini, edito a Venezia nel 1612-13'. Si trattava dunque di una pubblicazione recente, l'ultima novità arrivata dall'Italia, quando la traduzio4 L'ansia con cui i Veneziani seguirono gli avvenimenti e la loro disperazione per il fallimento di Federico sono descritte vivacemente dai dispacci in Calendar of State Paperi Venetian, voi. XVI, 1619-21. 5 La Generale riforma dell'universo (cioè l'estratto di Boccalini) compare non solo nella prima edizione della Fama, Kassel 1614, ma anche nelle edizioni di Francoforte 1615, e di Kassel 1616. Si veda in Appendice, pp. 280-81. 6 T. BOCCALINI, Ragguagli di Parnaso, Venezia 1612-13 [Generale riforma dell'universo dai sette savi della Grecia e da altri letterati pubblicata di ordine di Apollo, centuria prima, ragguaglio LXXVII. Cfr. la nuova ed. a cura di L. Firpo, Bari 1948, voi. I, pp. 258-85]. Esiste una traduzione inglese del secolo xvn, Advertisements from Parnassus, ad opera di Henry, conte di Monmouth, London 1669. Ho discusso brevemente il significato della pubblicazione dell'estratto di Boccalini insieme con la Fama in Giordano Bruno cit., pp. 357-58, 408-12 [trad. it., pp. 387, 440-42], i6o ! I / :t J J CAPITOLO DECIMO ne tedesca di questo Ragguaglio fu pubblicata con la Fama nel 1614. Boccalini era un liberale italiano, animato da un forte sentimento antiasburgico, amico di Sarpi e di altri intellettuali italiani della sua cerchia, fra cui vi era anche Galileo. I suoi Ragguagli di Parnaso esprimono una posizione fortemente antiasburgica, deplorando l'asservimento dell'Italia a tiranni stranieri e lamentando la conseguente decadenza della cultura italiana. Quando Boccalini morì nel 1613, si parlò di assassinio: due uomini sarebbero entrati in casa sua di notte, e lo avrebbero percosso con sacchi colmi di sabbia; recenti ricerche hanno invece dimostrato che la leggenda è priva di fondamento7. Forse la leggenda ha attribuito a Boccalini stesso la morte che egli nel suo libro immagina sia toccata in sorte ad Euclide8. La satira, o amaro scherzo di Boccalini assume una forma allegorica. Si immagina che Apollo tenga corte sul Parnaso, e che a lui si rivolgano personaggi antichi e moderni, che deplorano l'attuale stato di cose. Boccalini non è protestante: in uno dei Ragguagli di Parnaso, Giovan Francesco Fico della Mirandola si lamenta con Apollo «per lo troppo strepitoso mestiere» esercitato dai riformatori, che gli impedisce di «poter con quiete maggiore attendere a' suoi studi» 9 . Ma è favorevole alla tolleranza religiosa; la difesa di Bodin10, che era stato accusato di fronte ad Apollo di approvare la libertà di coscienza, è un modo indiretto per far notare che i maomettani sono più tolleranti dei cattolici. Un «ragguaglio» interessante è la scena in cui Thomas More si lamenta con Apollo per la diffusione dell'eresia e chiede quando avrà fine; la risposta è che finirà quando sarà distrutta la potenza asburgica: proprio questa tirannide, secondo Apollo, è la causa della rivolta protestante ". La satira è sempre sottile, ma la tenden7 G. cozzi, Tralano Boccalini, il cardinal Borghese e la Spagna, in «Rivista 8storica italiana», LXVIII (1961). BOCCALINI, Ragguagli di Parnaso cit., centuria seconda, ragguaglio m: II grande Euclide, per disgusto dato ad uomini potenti, da loro sicuri crudelmente è sacchettato, voi. II, p. io. '10 Ibid., centuria seconda, ragguaglio xvi, voi. II, p. 87. Ibid., centuria prima, ragguaglio LXIV, voi. I, pp. 221-29. 11 II passo su Thomas More è nella Pietra del paragone politico, pubblicata nel 1615, e aggiunta ai Ragguagli come terza parte nelle edizioni successive [cfr. Ragguagli di Parnaso cit., centuria terza, ragguaglio vii, voi. Ili, p. 24]. I LIBERALI ITALIANI E I MANIFESTI ROSACROCIANI 161 za è sempre la stessa: mettere a confronto nomi rappresentativi di pensatori, poeti e studiosi con un mondo reazionario; un lamento contro la «monarchia spagnola», il suo tentativo di egemonia sull'Europa e l'asservimento ad essa dell'Italia. Il grande eroe di Boccalini è Enrico IV di Francia. Una delle scene più singolari sul Parnaso è il cordoglio, causato dalla notizia del suo assassinioI2. Apollo versa lacrime amare, e «per segno di un intimo dolore con una oscurissima nube si vela subito la faccia», temendo, ora che questo grand'uomo è morto, che sia perduta ogni speranza di miglioramento. Ma veniamo a sapere, in altri «ragguagli», che i Paesi Bassi non si lasciano piegare. Tutto non è ancora perduto e gli uomini di buona volontà debbono restare uniti. Il «ragguaglio» di Boccalini che fu giudicato adatto alla pubblicazione, in traduzione tedesca, insieme con la Fama, è quello in cui Apollo cerca di intraprendere una riforma generale dell'universo. Apollo osserva che il mondo è precipitato in uno stato veramente terribile. Scopre che gli uomini sono tanto stanchi di vivere in tali orribili condizioni che molti, considerando la vita intollerabile, si suicidano. Apollo emette un profondo sospiro e decide di consultare i sette savi della Grecia per scoprire come rimediare a questo spaventevole stato di cose. I savi presentano proposte, ma tutti i rimedi suggeriti vengono abbandonati, perché inattuabili. Alla fine i riformatori abbandonano i progetti di una profonda riforma generale e si riducono a occuparsi di inezie. Il Secolo viene rivestito della «speciosa giubba», che lo ricopriva prima, e ricade nei mali che lo travagliano da sempre. Sembra ovvio che qui si alluda al concilio di Trento. Per coloro che appartenevano alla cerchia di Sarpi, quel concilio rappresentava proprio una simile riforma fallita, un tentativo di riforma che aveva prodotto solo regole intransigenti e non aveva affrontato i problemi profondi. Ma Boccalini ha una propria opinione su quali siano i mali più gravi del tempo e in che cosa dovrebbe consistere una vera riforma generale, e mette queste opinioni sulla bocca del più saggio fra gli uomi12 BOCCALINI, Ragguagli di Parnaso cit., centuria prima, ragguaglio m, voi. I, pp. 17-19. : ' CAPITOLO DECIMO ni, Solone, il quale afferma che il male più grave del secolo, a suo giudizio, è l'assenza di amore: Gli odi crudeli e le invidie velenose, che universalmente si veggono in questi giorni regnar tra gli uomini, sono quelle... che... hanno posto il presente secolo nella confusione che vediamo tutti. La correzione dunque de' presenti mali tutta si deve sperare dall'inserir nel cuore del genere umano la carità, l'amor vicendevole e quella santa dilezione del prossimo, che è primo precetto di Dio. Tutti dunque dobbiamo impiegar le forze degl'ingegni nostri in levar le occasioni degli odi che in questi tempi regnano nel cuor degli uomini13. Così, nonostante le notevoli differenze di stile, il passo di Boccalini proclama un messaggio molto affine a quello della Fama: la necessità di una nuova riforma, poiché i precedenti tentativi sono falliti; la necessità di un movimento che dovrebbe sviluppare l'amore cristiano e la carità, quale ispirazione fondamentale. L'estratto di Boccalini presenta, con il suo racconto sulla corte di Apollo, lo stesso messaggio di amore del racconto di Christian Rosenkreutz e della sua Confraternita. Tuttavia non vi è cenno, nel «ragguaglio» di Boccalini, di illuminismo intellettuale, come avviene nella Fama, e il suo tono è triste e disperato, in confronto al vivace entusiasmo del manifesto. L'inclusione del passo di Boccalini nell'edizione della Fama mostra che l'autore, o gli autori, del manifesto rosacrociano estendevano il loro messaggio anche all'Italia, o a Venezia, e, naturalmente, l'atteggiamento politico-religioso di Boccalini, le sue opinioni antiasburgiche erano molto congeniali ai circoli da cui provenivano i manifesti rosacrociani. E le opinioni di Boccalini ci riconducono a quelle di Giordano Bruno, perché è più che probabile che Bruno abbia esercitato un'influenza su di lui "; Boccalini nutriva opinioni analoghe e la efficacia con cui dipinge un grande affresco di figure mitologiche, infondendo ad esso un significato politico-religioso come nella descrizione della corte di Apollo — ricorda la potente rappresentazione pittorica di Bruno nello Spaccio detta bestia trionfante. Negli anni precedenti, Giordano Bruno « sperò gran cose» 13 14 BOCCALINI, Ragguagli di Parnaso cit., voi. I, p. 262. YATES, Giordano Bruno cit., pp. 411 sgg. [ttad. it., pp. 443 sgg]. i. Federico V, elettore palatino, e la principessa Elisabetta. S FACViTATYS THÉÌOLOGKS. 2. Arco a Oppenheim (1613). 3. L'arrivo della principessa Elisabetta a Heidelberg (1613). Da Beschreibung der Reiss. 4. Arco eretto dall'Università di Heidelberg 5. Arco eretto nella corte interna del castelk di Heidelberg. Archi trionfali eretti per l'ingresso dell: principessa Elisabetta a Heidelberg. DÌ Seschreibung der Reiss. 6. Nav^'<3egli argonauti, carro di corteo. Da Beschreibung der Reiss. 7. Il castello e i giardini di Heidelberg. Incisione di Matthà'us Merian. Da Salomon de Caus, Hortus Palatinus. 8. Salomon de Caus, Hortus Palatinus. 9. Statua di Meninone. Da Salomon de Caus, Les raisons des forces mouvantes. 10. Il garzone di posta alla ricerca di un re che non si trova. 11. Federico ed Elisabetta in un giardino che conduce all'Inferno. 12. Federico ed Elisabetta, re e regina di Boemia, con quattro leoni. :«sei^ :W ,,j ^~~ "*\ fr _; sS-^V ' -.^3»* J2_ SF^s^E^^ AMPHITHEAT lENTIJt JO SOLiyS -DER/L, nec non PHYSICO-CHYMICVTvi a | TERTfOVNVM, CATHOLICON: IE ^ ìnsfróctore HENRJCO _ X """Vei:^ MEDICINA. WnÙSCf, DOCT; il! ! - T r ,ir-\H ( 1i»»^ll I . li &::':& fe/ ;/:*.: v 13. Federico, in veste di pellegrino, privo della giarrettiera. \ ^ \ j' ; ì ! 14. Federico, senza giarrettiera, che compie lavori servili. V,oO -•"'., x'~, VVrìT^' 15. Heinrich Khunrath, Ampbitheatrum sapientiae aeternae. O V I NON INTELLIGIT, AVT TACEAT, AVT DIiCAT, MONAS HIEROGLYPHICATl IOANNIS DEE, ' LONDINENSIS, MAXIMILIANVM, DEI GRATIA R O M A N O R V M , BOHEMI.fi ET R.BG2A1 SAPIEKIISSIW.VM. CoucLSilruu Typog.R.i:giiM, Exoid.Antuapiz, : 5 « 4. o». 16. John Dee, Monas hieroglyphica. 17. La grotta degli Illuminati. Da Khunrath, Amphitbeatrum sapientiae aetemae. ^citati Nuptiarum Illitó.' R ^"*S-SS™^bavari*,<-ou>i , ^C ^(M lD ™%™^*S^$Kffi^ g 8raffa!bci;:Sfr"n/B(|;J>'i((8mKòniif(i)ai->;ci5i( Prttiutil ftoi fu» (.firn fininii SXutó •'Dn. Dn. Elizabetkae, Seremfs. j QtttiiCttpttgftett fgftl. ae PotcntiC. lacobì Brianeiarutn , Franraz.HibctniKque g gK£,(,(jf, ; j^jjj (j,f; enipmtffXijfKlt Su» coti 8wf3 sg^ RcgisFilj* unica:, &c, g 'fai«tt/gwiiffrn(f;/3v!taii>/©ni9<t Wtt. &«?tot difMnSos fp.itiii Dem tgìt m untine, . "' '" "ttamm cadati langa orjtim natoi , 18. Il cabbalista-alchimista. Da Khunrath, Amphitheatrum sapientiae aeternae. 9. Il matrimonio dell'elettore palatino con la principessa Elisabetta. $rmin|)ft S U B U M B R A A L A R U M M E AJS..UM F t O E. E B I T R E G N U M B O H E M I * . ffiSPECVLVMSOf J f P H l C V M R H O D O STAV (Hy ROT1C\M Sa» l(t: JSeitHuffijt ®ttti(((uitg btf Collegi) smtD 20. L^Aquila degli Asburgo e il Leone palatino sulla ruota della fortuna che gira. 21. L'Aquila degli Asburgo trionfa su Federico che giace a terra. natura »on t L 22. Sotto le ali dell'Aquila degli Asburgo trionfante. 23. Sotto le ali di lehova. Da Theophilus Schweighardt, Speculutn sophicum RhodoStauroticum. EnijzftAl feti ITO Rfe Lawll/^rTMacli OBoa ^ -' ^ EMBLEMATVM HICO-POLITICORVM CENTVRIA IVLII GVILIELMI 24. Federico sulla Y di Pitagora. 5. Julius Wilhelm Zincgref, Emblematum ethico-politicorum centuria. > !'s- t. ' , tbriptxrit StofcncwtS, . ~$t$\tf>t «l)«n ff<m©igitt/ t>amt( t ' Jjtfcrtp'w» • 1« *ocfi£m j v nus; ©o bflift ^ jJU»*a*^itt)«ttl«fun6«n/tBan(Sbi(l»3etró(iCT i «tótB£lci)e'm-ntfMbctt)u(l/ti(ia|oirt)i!é@tg(atiem • Scujfst nit arinemdciK »«l ««mgcr ge&rnuftjdci) ' »«e:.M.aR<»4i(6«ri>i»«3<nll»«*58r«effl«cfefHbrti auffrS)armtiettti«f«Hfcici?imfclftn«n§sit)emij ^ ©filarne» S8tic6(?«btn /m^folgmlx £«« g;" "' • i ;5Si(Iu ^«411 àebofjKn / , , 2$<m ©off -iu SSB»r(l?ictimctifff«JiÌ36a6m/ jf tBsr t)i« r i|ìjukicl)t/ , ,J ^ «ttf gang 9<fcb»inB«j / atte #«ar sunften mir ju ' 3«n|<n idi) ^«rabi 6(jnn cb tt»}i. id) tn<rcf t< < 54$ bifi M<a«3«{l<tt «^iscfcsttt ««re/Don te«n mirttcìr (O Devii' JMietcupon I tenderly opened thè Cettèr, and within it, in an ^iw-e Fidd, in Galilei! Letters, found thè follovving Verfes written. TfcÌJ diy, t\iii etay, thii, thh The Royal Wedding il. Art thoti thtreto ky Birih JHC/iwV, And u'ntsjsy of C ad defyrfd, Thfn may fi theit to thè MoMitaìn ìend^ Whereon tkree frate! y Temples_/?*tf^a Jlnd therefce ali frotn 'wà to enti. Keep watchy and -Karà^ Tbyfftf rtgttrd -7 fJnltfì with ttilìgence thoit bathe, The Wtddwg cttn't thee harmlefs fave : Hé*l dttmmagt bave fW hcre deUys ì - Let him beWAre-, too tight that ifeighs. Underncatli ftood Sponfm and Sfmfn. it 26-28. Il Leone palatino che vigila sul castello di Heidelberg. 29. La nube a forma di colonna che guida gli Israeliti. Da Zincgref, Emblematum ethico-politicorum centuria. Asfoonas I had rca.cì this Lettcr, ( ' was pvefently like to'bave ftinccd away, ali my Hair flood an end, and a coìd Swerit tricklcd down my whele Body. Por although I wcll pcixrived i that thi? was thc appointcd Wedding, whercof fcven Years bcforc I was ao qnaintcdin a toJily Vìpw, and whith no'w fo long lime I had vvith grcac carncft- Pagina della Chymische Hochzeit Christiani Rosencreutz, in cui è riprodotto il simbolo monas di Dee. 31 Pagina da The Hermetic Romance: or The Chymical Wedding, in cui è riprodotto il simbolo monas di Dee. 3Q Utrtusquc Colini dlicct et MINORIS MEIApVsiCA, PHYSICA ATQVE TECHNICA H I S1 O RIA In duo Volumma fccundum COSMI difFerentiam Aiu'sa. jtVTHORE ROBERTO FL UD dms i Fluffiln Aimut< o <J7° mMaucmuDoflor ^ i, r • iTW1^5 .PrimuS ,. De Maa-ocafnu Hiflona m duos tnffatMS auu.ui Primus df ^ fi 1 Nl&MOLOJtt. ^tv^^ran^'i^tul ortti Mi CHABLIS MAJER.I VIATORIUM, Al hoceft, ' MONT1BFS PLANETÀRVU TRACTATUS tamutilis5<juampetfpicuuJ, quo,ut Indice Mercuriali in triviis,vel Anadnéo filo in Labyrinrho,feu Cynofiira in Oceano Chymicorum errorum immenfo,qaiiibetrationalis^veritatisamans,ad iilum,<jui mmontibuslèfe abdidit DE Rubea-petra Alexicacum, omnibus Medicis defideratum,inyeftigandum,ad poterit. Extypographia H I B R O N Y M I <3Attsiti, O H . T H I O D O R I de 32. Robert Fludd, Utriusque cosmi bistorta. 33. Michael Maier, Viatorium, hoc est de montibus planetarum. ss, •* F F G I E N £, frac f 3, EMBLEMATA NOVA DE SECRETIS NATURA •CHYMICA, Accommodata partirti oculis &intelleftui, figuris cupro iacìlìs> adjeóìisque fententiisi Epigrammatis & notis, partim auribus & recreanoni animi plus minus ;o Fugis Muficalfbus trium Vocum,c|uavum dua: ad unam fìmplicem melodiam diftichis canendis peraptam , eorrefpondeaot, non abfq; fipgnlarijucunditate videnda, legendajmeditandajjintelligcadajdijudicauda, canenda&audienda: ' Authortj M I C H A E L E M A J E R O Imperiai.Confiftorii. Comice, Med.0. Eq.ei.&c. OP.PEN'HEIMII '' Ei typographia H I E R O N Y M I GAtLi'fe • S»mptiìiiit J O H . T . H I O . D O R I de ERY» 34- Michael Maier, Atalanta fugiens. i}. Seguendo le orme della natura, àa\\'Atalanta fugiens di Maier. 36. L'alchimia e la geometria. ' 37. L'uovo del filosofo. Dall'Atalanta fugiens di Maier. 38. Grotta artificiale del castello di Heidelberg: fontana decorata con rami di corallo. Da De Caus, Les raisons des forces mouvantes. 39. Pesca del corallo (la pietra filosofale). Dzll'Atalanta lugiens di Maier. 40. Il matrimonio del re e della regina alchimisti. 41. Gli alchimisti (Thomas Norton, Abbot Cremer, Basii Valentine). Da Daniel Stolck, Viridarium chymicum, ristampa del Tripus aureus di Michael Maier. 42. Il Collegio Invisibile della Confraternita della Rosa-Croce. Da Schweighardt, Speculum sophicum Rbodo-Stauroticum. 43. Visione di un Leone trionfante. 44. Visione di un Leone con angeli e rose. Da Cristoforo Kotter, Revelationes... ab anno 1616 ad annum 1624, in Lux in tenebris. 4S. Ritratto di Federico V, re di Boemia, dipinto da Gerrit van Honthorst. 46. Ritratto di Elisabetta, regina di Boemia, dipinto da Gerrit van Honthorst. I LIBERALI ITALIANI E I MANIFESTI ROSACROCIANI IS I63 da Enrico IV , e vagò per l'Europa per trovare sostenitori contro la crescente potenza ispano-austriaca in Italia, cercò un appoggio del genere presso la monarchia francese, rappresentata da Enrico III, lo cercò anche nell'Inghilterra elisabettiana, con i suoi cavalieri e i suoi poeti, e nella Germania luterana. Ritornò in Italia quando la conversione di Enrico IV sembrava promettere un'età di maggior liberalismo e tolleranza in questo paese, e pagò alla fine questo suo eccessivo ottimismo con la morte sul rogo nel 1600. Il modo di Enrico IV di affrontare i problemi del tempo, approvato sia da Bruno che da Boccalini, fu quello in larga misura adottato anche da Christian von Anhalt e dal Palatinato in anni precedenti ". Anhalt e i sovrani del Palatinato erano stati pronti a sostenere l'entrata di Enrico IV in Germania, l'impresa bloccata per l'assassinio del re nel 161 o. Boccalini espresse la disperazione dei liberali italiani quando tutti questi piani fallirono. Pubblicando il capitolo dei Ragguagli con la Fama, gli autori del manifesto rosacrociano diedero alla loro sfida un'apertura verso l'Italia, e il «rosacrocianesimo» potè cosi associarsi a correnti segrete, mistiche, filosofiche e antiasburgiche, di origine italiana. Giordano Bruno, errando attraverso l'Europa, aveva predicato l'approssimarsi di una riforma generale del mondo, fondata sul ritorno alla religione «egizia», insegnata nei trattati ermetici, una religione che doveva superare le differenze religiose con l'amore e la magia e doveva basarsi su una nuova visione della natura da conseguirsi mediante esercizi ermetici di contemplazione. Aveva predicato questa religione, presentata in forme mitologiche, in Francia, Inghilterra e Germania. A sentir lui, aveva fondato in Germania una setta (detta dei «giordanisti» "), che esercitò una grande influenza tra i luterani. Altrove ho suggerito che potrebbe esservi un nesso tra i «giordanisti» di Bruno e il movimento rosacrociano, che un segreto influsso bruniano potrebbe aver contribuito allo sviluppo del genere di riforma adombrato dai manifesti rosacrociani. L'uso del passo di Boccalini, pubblicato con la Fama, contribuisce a confermare questa ipotesi, perché K 16 17 47. La Fama della Royal Society. Da Thomas Sprat, History of thè Royal Society. YATES, Giordano Bruno cit., pp. 340 sgg. [trad. it., pp. 369 sg Cfr. pp. 21 e 44-45. YATES, Giordano Bruno cit., pp. 312-13 [trad. it., p. 340]. 164 CAPITOLO DECIMO Boccalini rappresentava il tipo di atteggiamento politico-religioso di Bruno. In un capitolo precedente, l'esame dell'uso che Michael Maier faceva della mitologia ha indicato una direzione analoga18. Maier è impregnato del più oscuro «egizianesimo» o di ermetismo profondamente mistico, che richiama alla mente Bruno. Maier, tuttavia, in una delle sue opere parla esplicitamente della Generale riforma dell'universo (cioè, del passo di Boccalini pubblicato con la Fama) e fa di tutto per sminuirne l'importanza. Infatti, dichiara che non c'era alcun rapporto tra i due testi e che la pubblicazione della Generale riforma con la Fama era puramente fortuita ". Questo è molto strano, poiché il passo di Boccalini apparve non solo nella prima edizione della Fama, ma anche nelle due edizioni successive, ed è incredibile che questo sia avvenuto fortuitamente. È probabile che questa affermazione di Maier sia dovuta ad uno stato di agitazione causato dall'effetto che i manifesti producevano e dall'uso errato che veniva fatto del loro messaggio in alcuni ambienti. La persona più informata sui manifesti rosacrociani - Johann Valentin Andreae - attesta che Boccalini ha esercitato un importante influsso sul suo circolo. Nei Mythologiae christianae... libri tres (1619), Andreae dedica un paragrafo a «Bocalinus», dicendo che è stato perseguitato da «sciocchi malvagi»20. Questa foga, espressa con un linguaggio violento, ricorda quella di Giordano Bruno contro i «pedanti». Per parte mia sarei incline a scorgere l'influsso di Boccalini nei Mythologiae christianae... libri tres di Andreae, dove ricorre a nomi famosi di personaggi antichi e moderni per alludere indirettamente agli avvenimenti contemporanei con una vena satirica simile, nel tono, a quella di Boccalini. La testimonianza di quest'opera sembrerebbe confermare che l'inclusione del «ragguaglio» di Boccalini nell'edizione della Fama non fu fortuita. Che Andreae e la sua cerchia nutrissero molto interesse per la situazione italiana del tempo è evidente anche dal loro " Cfr.pp. 97-99. MAIER, Lhemis J. V. ANDREAE, 1618, p. 237. ? christianae... libri tres, Zetzner, Sttassburg .li i>i?Ti"j ; t - I LIBERALI ITALIANI E I MANIFESTI ROSACROCIANI 165 interesse per le opere di Tommaso Campanella21. Campanella, come Bruno, era un ex frate domenicano rivoluzionario. Nel 1599 capeggiò una rivolta nell'Italia meridionale contro il governo spagnolo. Pochi mesi dopo Bruno veniva arso sul rogo a Roma. La rivoluzione di Campanella fallì; fu catturato, sottoposto a tortura, e imprigionato nel castello di Napoli, dove trascorse la maggior parte della sua vita. Nei primi anni di carcere scrisse la Città del Sole; vi descrive una città ideale, retta da sacerdoti ermetici, che mantengono gli abitanti in uno stato di felicità e virtù per mezzo della loro benefica scienza magica. La Città del Sole si colloca nella serie delle grandi utopie, le visioni fantastiche di società ideali, che sono caratteristiche di un'atmosfera rosacrociana. L'opera esercitò un profondo influsso su Andreae, che sarebbe stato a sua volta autore di una delle più importanti utopie. Campanella aveva due discepoli tedeschi, che solevano fargli visita nel carcere di Napoli, Tobias Adami e Wilhelm Wense, ambedue intimi amici di Andreae. Essi portarono alcuni manoscritti di Campanella ad Andreae in Germania, fra cui un manoscritto della Città del Sole, che fu pubblicata in traduzione latina a Francoforte nel 1623. (Come la Istoria del concilio indentino di Sarpi, la Città del Sole di Campanella è un'altra grande e famosa opera italiana di questo periodo che viene pubblicata per la prima volta in un paese straniero: l'esodo di tali opere e la loro pubblicazione all'estero dimostra la cieca tirannide che si era abbattuta sull'Italia). Wense e Adami si trovavano a Tubinga, ed erano in contatto con Andreae press'a poco nel periodo in cui venivano diffusi i manifesti rosacrociani. L'interesse di Andreae e della sua cerchia per Campanella, e la loro conoscenza diretta della situazione italiana, attraverso Adami e Wense, rendono del tutto naturale che il «ragguaglio» di Boccalini, chiara espressione dei sentimenti antiasburgici italiani, fosse pubblicato con la Fama. Nei tentativi che fece per essere liberato dal carcere, Campanella dovette abbandonare le primitive idee rivoluzionarie e scrisse opere in cui sosteneva che la monarchia universale, 21 Per l'influenza di Campanella su Andreae e sui suoi amici, cfr. YATES, Giordano Bruno cit., pp. 413 sgg. [trad. it., pp. 445 sgg.]; ARNOLD, Histoire des Rose-Croix cit., pp. 61 sgg. 166 CAPITOLO DECIMO nel mondo, spettava alle potenze ortodosse. La sua Monarchia di Spagna, scritta in carcere e pubblicata nel 1620, offre la monarchia universale alla Spagna 2\ II rivoluzionario, la cui visione di una riforma ermetica universale si era espressa nella Città del Sole, aveva ceduto alle potenze dominanti. La data di pubblicazione della Monarchia di Spagna di Campanella è interessante, il 1620, data fatale. Quelle porte, che la Fama profetizzò si sarebbero aperte in Europa, furono irrimediabilmente serrate nel 1620. Il processo di Galileo, nel 1633, le chiuse in Italia. Prima che il 1620 chiudesse un'epoca, gli osservatori in Europa erano consapevoli delle numerose linee di sviluppo tentate, intersecantisi, che non condussero ad alcun risultato, e di cui perfino il ricordo fu cancellato, tanto che lo storico moderno sembra ignaro che nel Palatinato stava accadendo qualcosa d'interessante anche per Venezia. Inglesi colti e devoti, di fede anglicana, osservando la scena europea dal loro paese, dovettero essere inclini a vedere nel movimento intorno a Sarpi a Venezia e nel contemporaneo rapprochement anglo-veneziano, una linea di sviluppo che aveva legami evidenti con il movimento del Palatinato, e la sua stretta connessione con l'Inghilterra, attraverso la consorte anglicana dell'elettore. Possiamo vedere come queste due linee di pensiero, o due speranze per la «religione» si fondessero nelle menti di due poeti e intimi amici, John Donne e Henry Wotton. Il culto, che John Donne tributava a Elisabetta Stuart, aveva un tono di estasi religiosa, sin dal tempo delle sue nozze, quando la supplicò di essere una «nuova stella»: Be thou a new star, that to us portends Ends of great wonder; and be thou those ends23. E Donne era un ammiratore di Sarpi, di cui tenne un ritratto nel proprio studio in anni successivi24. Del pari, Wotton unì l'amicizia per Sarpi e il grande interesse per la situazione religiosa veneziana con un culto per Elisabetta che duro^tutta 22 II riferimento ai Rosa-Croce in quest'opera (cfr. ARNOLD, Histoire des Rose-Croix cit., p. 144) si trova in un'appendice che probabilmente non è stata scritta da Campanella. / 23 [Sii una nuova stella, che ci preannuncia fini di grande meraviglia; e sii tu quei fini]. / 24 Cfr. YATES, Paolo Sarpi's «History of thè Council of Treni» cit., pp. 137-38. I I LIBERALI ITALIANI E I MANIFESTI ROSACROCIANI 167 la vita. La famosa poesia di Wotton «alla Sua Signora, la regina di Boemia», in cui paragonò Elisabetta alla rosa, regina dei fiori, fu scritta nel parco di Greenwich, nel giugno del 1620, proprio poco prima del disastro. Scopo di questo capitolo, comunque, non è la ricerca delle possibili interpretazioni, letterarie o poetiche, delle situazioni in cui esso si addentra, ma solamente di esaminarle, per quel che riguarda la comprensione del nostro tema rosacrociano. Lo studio della Fama rosacrociana è incompleto senza un tentativo di studiare la traduzione di Boccalini che l'accompagna. Il manifesto rosacrociano può assumere ora un significato più ampio. Invoca una riforma generale, perché le altre riforme sono fallite. La Riforma protestante perde forza ed è divisa. La Controriforma cattolica ha preso una direzione sbagliata. Si invoca una nuova riforma generale dell'universo e questa terza riforma dovrebbe trovare la sua forza nel cristianesimo evangelico, con l'importanza da esso attribuita all'amore fraterno, secondo la tradizione esoterica ermeticocabbalistica, e insieme nella dedizione alle opere di Dio nella natura secondo uno spirito scientifico di ricerca, che usi la scienza o la magia, la scienza magica o la magia scientifica, al servizio dell'uomo. ,gf, Capitolo undicesimo V ,t • ^ La Confraternita dei Rosa-(ptoce e le "* o Intorno al 1617, ossia pochi anni prima il divampare della guerra, Johann Valentin Andreae parve mutare atteggiamento verso «Christian Rosenkreutz» e i suoi «Fratelli». Il mito, che egli aveva accolto agli inizi tanto calorosamente quale veicolo per diffondere le aspirazioni a una riforma generale e al progresso del sapere, sembra ora da lui disprezzato come vano ludibrium. In sua vece, ora caldeggia la formazione di «Unioni cristiane», o «Società cristiane». Queste società o unioni dovevano essere ispirate a scopi molto simili a quelli espressi dai manifesti rosacrociani. Dovevano esprimere un rinnovamento religioso, o una nuova riforma, incoraggiare mediante l'insegnamento e l'esempio il diffondersi della carità cristiana e dell'amore fraterno, e impegnarsi seriamente in attività scientifiche e intellettuali per il bene dell'umanità. Questi raggruppamenti, pur seguendo le linee generali enunciate nei manifesti rosacrociani, differivano per due aspetti importanti. Non esprimevano i loro scopi nei termini del mito rosacrociano, ma in modo più aperto, e in secondo luogo uscivano dalle caligini dell'invisibilità, di una chimerica esistenza, per diventare realtà. Uno di questi gruppi, la «Societas christiana», era certamente reale. Si trattava di una società fondata da Andreae fra il 1618 e il 1620, che ebbe breve vita in quegli anni immediatamente precedenti la guerra, e che si dissolse ben presto nei disastrosi anni dopo il 1620. Tuttavia non sparì del tutto e influì direttamente sulla formazione di un'altra società, che avrebbe avuto molta importanza nel futuro. Ora dobbiamo esaminare più a fondo una questione: che cosa poteva voler dire Andreae quando definì ludibrium, o «scena di dramma» la Confraternita dei Rosa-Croce? E dob- LA CONFRATERNITA E LE UNIONI CRISTIANE 169 biamo anche scoprire le ragioni di questo suo mutato atteggiamento, che lo porta ad esprimersi in termini teatrali, e discutere il rapporto tra il ludibrium della Confraternita dei Rosa-Croce e la vera «Societas christiana». Secondo il modo di pensare degli uomini di quel tempo, i palcoscenici e i teatri veri erano collegati fantasticamente con il paragone, molto diffuso, fra il mondo e il teatro, e fra la vita dell'uomo e una parte interpretata sulla scena1. «Tutto il mondo è teatro», non era un motto coniato da Shakespeare, ma un'opinione comune, e negli scritti di Andreae il paragone con il teatro ricorse continuamente. In gioventù, come abbiamo visto, Andreae aveva accolto con entusiasmo le compagnie girovaghe di attori inglesi e le influenze drammatiche che ne derivarono2; proprio queste influenze si avvertono nella forma drammatica che Andreae diede alle sue brillanti Nozze chimiche del 1616. Si deve tener conto dell'interesse che Andreae nutriva per il teatro, della sua forma mentis profondamente drammatica, nei suoi frequenti riferimenti alla Confraternita dei Rosa-Croce come ludibrium. Per Andreae questo non è sempre un termine spregiativo. Infatti se si esaminano i brani sui Fratelli Rosa-Croce negli scritti di Andreae, si trova che sebbene un modo spesso usato per denigrarli sia di riferirsi a loro come a meri attori, comici, gente frivola e sciocca, altre volte tuttavia egli loda altamente attori, drammi e arte drammatica in generale, in quanto utili socialmente e moralmente. Come interpretare ciò? Proviamoci a esaminare gli esempi in cui Andreae ricorre a paragoni con il teatro. Nel Menippus o «Cento dialoghi satirici», pubblicato nel 16173 «Elicona, vicino al Parnaso», Andreae rivolge parole severe alla Confraternita dei Rosa-Croce, che è « solo un ludibrium per i curiosi, dove quelli che hanno tentato di seguire un sentiero artificioso e insolito, invece della via vera e semplice di Cristo, sono stati ingannati» \ Questo suona, senza dubbio, come una condanna. Nei Peregrini in patria erro1 E. R. CURTIUS, Europàische Literatur una Lateinisches Mittelalter, Bern 1948 (trad. ingl. European letterature iti thè Latìn Middle Ages, London 1953, pp. 138 sgg.); YATES, Ibeatre of thè World cit., pp. 165 sgg. 2 Cfr. p. 40. 3 J. v. ANDREAE, Menippus live Dialogorum satyricorum centuria, 1618, pp. 181-83; <&• ARNOLD, Hìstoire des Rose-Croix cit., p. 194. .• -«.• CAPITOLO UNDICESIMO res (lo si dice pubblicato a «Utopia», nel 1618), vi sono melanconici commenti sul mondo visto come un labirinto, e su come coloro che cercano la conoscenza, odano solo vane favole4. E in un passo sulla «scena», o palcoscenico, il mondo viene paragonato a un anfiteatro, dove nessuno appare nella sua vera luce, ma dove tutti sono mascherati 5. Qui il paragone del mondo con un teatro implica che il mondo è un luogo di inganni. La Mitologia cristiana di Andreae (1618), che rivela una vasta conoscenza degli avvenimenti del tempo, anche se presentati in modo disordinato e confuso, contiene numerosi riferimenti al dramma e al teatro. L'opera è divisa in libri, ognuno dei quali è diviso in brevi sezioni, che hanno per argomento una sconcertante varietà di soggetti. In una sezione, dedicata alla «Tragoedia»6, Andreae esprime un'energica approvazione delle rappresentazioni drammatiche. In un'altra, sulla «Repraesentatio»7, dichiara che la commedia può insegnare una decorosa modestia e il vero. In un'altra ancora 8 dà la trama di una commedia morale in cinque atti (che può essere paragonata con il dramma in sette atti delle Nozze chimiche). In un capitolo sui «Mimi» ' discute sugli attori in termini cordiali e in un capitolo straordinario sui «Ludi» I0, dichiara che costruire teatri pubblici, in cui si rappresentino drammi («ludi»), con scene sontuose, è un atto cristiano. Essi sono molto utili per educare i giovani, per istruire la gente, per affinare la mente, per svagare i vecchi, per ritrarre le donne, per divertire i poveri. I più severi padri della Chiesa, afferma Andreae, disapprovavano il teatro, ma i «recentiores», quelli più vicini a noi, esprimono un giudizio favorevole sulla commedia che ha intenti morali. Questo passo è una straordinaria difesa dei teatri, preziose istituzioni educative e sociali, che dovrebbero essere approvate dai cristiani. I Gesuiti erano, naturalmente, i teologi «più recenti», che approvano l'uso morale e devoto del dramma. Ma è possibile LA CONFRATERNITA E LE UNIONI CRISTIANE che Andreae approvasse il dramma così come lo intendevano i Gesuiti? Si deve tener conto dei passi elogiativi della Mitologia cristiana a proposito di drammi, commedie o «ludi», quando si esaminano in quest'opera i commenti di Andreae sulla Confraternita dei Rosa-Croce quale ludibrium o commedia. La sezione sulla «Fraternitas» allude certamente alla Confraternita dei Rosa-Croce. La definisce «un'ammirevole confraternita, che rappresenta commedie in ogni parte d'Europa»". Commenti come questi ci lasciano perplessi e ve ne sono molti altri, simili a questi, sparsi nelle numerose opere di Andreae, che parlava continuamente di teatro e di dramma, un argomento che lo affascinava, ma sempre in modo vago e inconcludente. Senza cercare di intraprendere uno studio approfondito sui problemi completamente nuovi e sconosciuti offerti dall'interesse di Andreae per il teatro, lo presenterei come uno stimolo per coloro che pensassero di affrontare una ricerca minuziosa sulla letteratura dell'entusiasmo rosacrociano in Germania; tale ricerca potrebbe rivelare, forse, un legame tra le attività degli attori inglesi e la diffusione delle idee «rosacrociane». Anche Ben Jonson, in uno dei suoi masques (The Fortunate Isles, 1625), insinua l'esistenza di un nesso fra «Rosa-Croce» ed attori in un passo in cui mostra di conoscere assai bene una insolita pubblicazione dell'entusiasmo rosacrociano, e gioca abilmente sul tema rosacrociano della invisibilitàI2. Così, le discussioni di Andreae a proposito della Confraternita dei Rosa-Croce in termini di teatro possono appartenere a una situazione storica che solo ora cominciamo a percepire indistintamente. Andreae era un uomo assai dotato e con molta fantasia; le sue energie creative furono risvegliate da nuove influenze avvertite nel suo ambiente, ed in partico11 4 5 ANDREAE, Peregrini in Patria errores, 1618, p. 65. Ibid.,p. 118. ID., Mythologiae christianae... libri tres eh., II, 46 (p. 67). /&<*., IV, 35 (p. 188). . „..,,,:,:,.. *., V, 8 (p. 251). ., vi, 26 (p. 301). ., VI, 23 (p. 299). ; ,, ,:.••;, .•,,<-! . ; • • • • • • •...,.. i.-. . . . • , . . / . ••'•<: , , -•-/•,. . -•!.'.•.. • ••.-.. ANDREAE, Mythologiae christianae... libri tres eh., VI, 13 (p. 290). E. JONSON, Works, ed. Herford e Simpson, Oxford 1923-47, voi. VII, pp. 710-22. Jonson descrive accuratamente l'incisione dell'edificio dotato di ali e di ruote (Theophilus Schweighardt, Speculum sophicum Rhodo-Stauroticum, cfr. tav. 42 e pp. 111-13) e fa allusioni strane all'« invisibile » Ordine rosacrociano, a cui sembra associare gli attori. Il tono è satirico e forse l'allusione dovrebbe essere collegata all'atteggiamento politico-religioso di Jonson. Per altre allusioni satiriche di Jonson ai Rosa-Croce, cfr. YATES, Thealre of thè World cit., pp. 89-90. 12 .,;,'. 171 CAPITOLO UNDICESIMO 172 lare (come ho già accennato) da quelle che esercitarono gli attori girovaghi inglesi, che ispirarono le sue prime opere. Proprio il grande interesse che Andreae nutriva per il dramma contribuisce a spiegare il ludibrium di Christian Rosenkreutz e della sua Confraternita non come burla, ma come rappresentazione drammatica di un movimento religioso ed intellettuale profondamente interessante. Andreae presenta il caso tristissimo di un uomo nato in tempi poco felici, molto dotato ed originale, forse precursore di Goethe nella sua forma mentis drammatico-filosofica, costretto a soffocare le sue doti e a logorarsi in una penosa ansietà, invece di raccogliere i frutti della reputazione, che la sua natura generosa e il notevole talento intellettuale e creativo gli avrebbero dovuto procurare. Perché non c'è dubbio, mi sembra, che Andreae sia diventato assai ansioso sullo sviluppo che l'entusiasmo rosacrociano stava prendendo dal 1617 circa in poi; che egli abbia scorto come stesse diventando dannoso alla causa che intendeva servire, e che abbia tentato di arginarne il flusso e di guidarlo in altre direzioni. Alla fine della Mitologia cristiana vi è un dialogo tra Filalete ed Aletheia (l'Amante della Verità e la Verità). Secondo Waite13 e Arnold ", i giudizi che Andreae esprime qui, sono una prova del fatto che egli si volse contro il movimento rosacrociano, allarmato forse dal corso che gli avvenimenti stavano assumendo. L'Amante della Verità domanda che cosa pensi la Verità della Confraternità dei Rosa-Croce e se ne faccia parte o vi abbia a che fare. La Verità risponde in modo molto netto: «Planissime nihil»< ossia: «Non ho assolutamente niente a che fare con questa». Dà la risposta normale a tale domanda e segue il consueto schema di risposte evasive. Ma esaminiamo anche il resto del discorso: Non ho assolutamente nulla a che fare con questa [la Confraternita dei Rosa-Croce]. Quando accadde, non molto tempo fa, che alcuni sulla scena letteraria rappresentassero uno spettacolo drammatico con parti ingegnose, io mi tenni in disparte e feci da spettatrice, considerando che è nel gusto del tempo cogliere avidamente nuove idee alla moda. Da spettatrice, non senza un certo 13 14 WAITE, The Brotherhood of thè Rosy Cross cit., p. 205. ARNOLD, Histoire des Rose-Croix cit., p. 194. LA CONFRATERNITA E LE UNIONI CRISTIANE 173 entusiasmo, osservai la battaglia di libri e notai successivamente la totale sostituzione degli attori. Ma vedendo che, in questo momento, il teatro è pieno di dispute, con un grande scontro di opinioni, e che la battaglia prosegue con vaghe allusioni e congetture maligne, mi sono completamente ritirata, per non essere coinvolta in un affare così dubbio e infido K. Sembra chiaro da questo che non perché la Confraternita dei Rosa-Croce potesse essere considerata «teatro» o «spettacolo drammatico», rappresentato sulla «scena letteraria», Andreae se n'era ritratto. Aveva approvato e si era divertito con il «teatro», la «commedia», il ludibrium dell'intera vicenda, e ammette di essere stato uno «spettatore», di sapere benissimo di che si trattasse, e averne visto gli inizi. E poiché riteneva il teatro giovevole e moralmente prezioso, la Confraternita dei Rosa-Croce, come ludibrium o scena drammatica, avrebbe potuto essere la rappresentazione drammatica di temi buoni e utili. Ciò che obietta è che altre persone, o altri attori, si sono intromessi nel movimento originale e lo stanno distruggendo. Quando la Mitologia cristiana fu pubblicata, nel 1618, l'entusiasmo rosacrociano era al massimo, e quando si sarà intrapreso un esame più minuzioso di quella letteratura, sarà possibile forse discernere i contributi pregiudizievoli, le congetture maligne - probabilmente l'inizio della caccia alle streghe contro i Fratelli Rosa-Croce — che allarmarono Andreae e che lo indussero a pensare che sarebbe stato consigliabile rinnegare il mito. Ma la parte più piccante e curiosa di tutta questa strana storia è che l'evidente sconfessione di Christian Rosenkreutz fu di per sé un ludibrium, uno scherzo mistico, che gli amici di quel personaggio immaginario avrebbero capito. Questo risulta da uno studio attento della prefazione all'opera più importante di Andreae, la descrizione della città ideale o utopistica di Cristianopoli. La Reipublicae Christianopolitanae descriptio, pubblicata dal fedele editore di Andreae, Lazarus Zetzner, a Strasburgo nel 1619, è un'opera ben nota, che occupa un posto importante nella letteratura europea, come opera classica mi15 ANDREAE, Mythologìae christianae... libri tres cit., p. 329; cfr. WAITE, The Brotherhood of thè Rosy Cross cit., p. 205. 174 CAPITOLO UNDICESIMO nore nell'ambito della tradizione utopistica, derivata da Thomas More. Una traduzione" l'ha resa accessibile ai lettori inglesi e, poiché induce ovviamente a un paragone con la New Atlantis di Bacon, quasi contemporanea, Christianopolis è una pietra miliare piuttosto familiare nel campo degli studi del primo Seicento. Tuttavia, stiamo per entrare in questo campo per un sentiero poco conosciuto, ricoperto da rovi rosacrociani, e questa stessa pietra miliare appare in modo un po' diverso ad un lettore che vi giunge non attraverso le vie piane e sicure dei manuali di storia, ma appena reduce dai dimenticati terrori dell'entusiasmo rosacrociano. La prefazione a Christianopolis inizia deplorando l'oppressione della Chiesa di Cristo da parte dell'Anticristo; questo fatto ha determinato il proposito di ristabilire la luce e di dissipare le tenebre ". La riforma di Luterò sarà seguita ora da una nuova riforma. Il dramma del tempo di Luterò «potrebbe svolgersi ancora nei nostri tempi», perché «ci è apparsa la luce di una religione più pura». Uomini animati di fervido spirito (egli nomina John Gerard, Johann Arndt, Matthew Moller), hanno chiesto un tempo di meditazione e di rinnovamento spirituale e il propagarsi di una nuova espressione dello spirito cristiano in questi tempi. «Una certa Confraternita» aveva promesso questo, ma aveva generato, invece, una confusione completa tra gli uomini. Naturalmente sta parlando dell'entusiasmo che seguì i manifesti rosacrociani. Una certa Confraternita (a parer mio, si tratta di uno scherzo, ma secondo i teologi è una questione seria...) promise... le cose più grandi ed insolite, proprio quelle cose che gli uomini generalmente desiderano; diede anche la straordinaria speranza di emendare la corruzione dell'attuale stato di cose e... l'imitazione degli atti di Cristo. Quale confusione tra gli uomini abbia fatto seguito a questa notizia, quale conflitto fra i dotti, quale agitazione, quale scalpore e scompiglio di impostori e truffatori, è inutile descrivere... Alcuni..., in questo terrore cieco, desiderarono assolutamente conservare e difendere con la forza il loro vecchio, antiquato e falso stato di cose. Altri si affrettarono ad abbandonare le loro opinioni e... a tentare di raggiungere la libertà. Altri ancora... accusarono di eresia e fanatismo i principi della vita cristiana... Mentre queste persone litigavano fra loro e affollavano i negozi, diedero [LA CONFRATERNITA E LE UNIONI CRISTIANE a molti altri il tempo di esaminare a fondo e di giudicare tali questioni... 18. Perciò, secondo Andreae, quello scatenarsi di passioni aveva avuto almeno questo buon risultato: avere indotto le persone a riflettere e a rendersi conto della necessità di una riforma. Si dovrebbero prender misure, egli suggerisce, per garantire queste riforme. Forse è qui che egli propone, per la prima volta, la formazione di unioni cristiane, o società cristiane, che dovrebbero disporsi a elaborare i loro propositi in modo chiaro. Perché certamente non arrecheremo tale offesa a Cristo e alla Sua Parola di voler apprendere la via della salvezza... da una società (se esiste veramente) nebulosa, onnisciente solo per sua millanteria, con uno scudo cucito per emblema e guastata da molte cerimonie sciocche, invece che da colui che è la Via, la Verità e la Vita...". Sembra una condanna della (probabilmente) irreale e immaginaria Confraternita dei Rosa-Croce, con i suoi curiosi emblemi e le sue cerimonie, che deve essere sostituita da una società cristiana realmente esistente e non fittizia. Tale società, infatti, era già stata fondata da Andreae: la «Societas christiana», di cui si parlerà più avanti. Ma ciò che rende di dubbio valore questa presunta denigrazione della Confraternita dei Rosa-Croce nella prefazione di Andreae è l'ultimo capoverso, in cui s'invita il lettore a salire su una nave e spiegar le vele verso Cristianopoli: La via più sicura sarà... che tu ti imbarchi sul tuo vascello che ha il segno del Cancro come bandiera, e navighi verso Cristianopoli in condizioni favorevoli, e li esamini ogni cosa molto accuratamente nel timor di Dio20. Nel corso di questo viaggio, dopo un naufragio, venne scoperta un'isola su cui si trovava la città ideale di Cristianopoli, descritta nel libro. Anche Christian Rosenkreutz ed i suoi amici si imbarcarono su navi che recavano bandiere con i segni dello zodiaco nei loro viaggi verso nuove scoperte spirituali, alla fine delle .),;•; 16 F. E. HELD, Christianopolis, An Ideai State of thè Seventeenth Century, Oxford 1916. 17 ANDREAE, Chrtstianopolts cit. (trad. Held, pp. 133 sgg.). , , . : • , . , 175 18 19 , ' . ; ' • ••• ..M ,..•.• . . . . ANDREAE, Christianopolis cit. (trad. Held, pp. 137-38). Ibid. (pp. 138-39). . f ,•;; ,-i<,j " .. 176 ?.:/ i l - - ''fi ':W CAPITOLO UNDICESIMO Nozze chimiche21. Con questa allusione, posta alla fine della sua prefazione, all'opera di cui «Christian Rosenkreutz» era l'eroe e che Zetzner aveva pubblicato solo tre anni prima, Andreae collega la prefazione a Christianopolis con Le nozze chimiche. L'isola su cui sorgeva Cristianopoli veniva veramente scoperta da Christian Rosenkreutz nel viaggio per il quale era partito alla fine delle Nozze chimiche. Così il pio e scherzoso mistico tentò di eludere il passionale fervore rosacrociano, continuando a predicare il vangelo dei Rosa-Croce, ma senza fare uso di quel nome. Dopo tutto, come osserva Shakespeare: «Che cosa è un nome? Una rosa, anche se la chiamiamo con un altro nome, emanerebbe pur sempre lo stesso soave profumo». La pianta di Cristianopoli è basata sul quadrato e sul cerchio. Tutte le case sono costruite in quadrati, il quadrato ^sterno maseiore ne racchiude uno minore, che a sua volta ne racchiude uno ancora più piccolo, fino al riquadro centrale, dominato da un tempio circolare. Soesso i funzionar! della città hanno nomi divangelj', Uriel, Gabriele e così via. e una armonia cabbalistica echérmetica tra macrocosmo e microcosmo, tra l'universo e l'uomo, è espressa attraverso questo disegno simbolico. La descrizione della città è un insieme affascinante di mistico e di pratico. Per esempio, la città è assai bene illuminata di notte, e questa eccellente illuminazione è importante per la comunità, perché scoraggia la criminalità e tutti i mali che avvengono la notte. Ma questo ha anche un significato mistico, perché questa città è illuminata dalla presenza di Dio. Mentre un'estrema devozione regna nella città e la sua vita sociale è accuratamente organizzata secondo un disegno tn'etistico, la sua cultura è prevalentemente scientifica. La meccanica e le arti meccaniche sono molto coltivate e vi è una classe artigiana numerosa e preparata. «I loro artigiani sono quasi tutti uomini colti» e questo favorisce il progresso oer mezzo di invenzioni, perché «si oermette ai lavoratori di secondare e di dar libero corso al loro genio inventivo»22. Vengono insegnate le scienze naturali, la chimica-alchimia, e si attribuisce molta importanza alla medicina. Vi è un edificio LA CONFRATERNITA E LE UNIONI CRISTIANE apposito per l'anatomia e la dissezione. L'insegnamento e lo studio sono dappertutto favoriti da dipinti. Nel laboratorio di storia naturale, fenomeni di storia naturale sono dipinti sulle pareti, e vi sono immagini di animali, pesci, gemme, ecc. La pittura è insegnata e imparata con zelo. Le divisioni dell'arte del disegno sono costituite dall'architettura, dalla prospettiva, dalla fortificazione, dalle macchine, dalla meccanica, tutte materie collegate dalla matematica. Il concentrarsi sulla matematica, in tutte le sue branche, è la maggiore caratteristica culturale della città. Nel laboratorio di matematica si studia l'armonia dei corpi celesti, e vi sono disegni di strumenti, di macchine e figure geometriche. Lo studio della matematica e del numero viene completato dallo studio del «numero mistico»23. L'insieme di teologia e filosofia insegnato nella città è chiamato teosofia. È un genere di scienza naturale divinizzata, del tutto contraria alla dottrina di Aristotele, sebbene gli uomini privi di perspicacia preferiscano Aristotele alle opere di Dio. La teosofia si occupa del servizio degli angeli24, tenuto in gran considerazione nella città, e dell'architettura mistica. Gli abitanti credono che l'Architetto Supremo dell'Universo non abbia costruito il suo potente meccanismo per caso, ma lo abbia perfezionato in modo molto saggio con misure, numeri, proporzioni, ed abbia aggiunto l'elemento del tempo, caratterizzato da un'armonia stupenda. I suoi misteri sono riposti soprattutto nei laboratori e negli «edifici tipici», sebbene in questa «cabbala» sia consigliabile essere piuttosto cauti25. Nella città si medita sulle opere di Dio, soprattutto attraverso uno studio profondo dell'astronomia e dell'astrologia; in quest'ultimo studio si ammette che l'uomo possa governare le stelle, ed essi riconoscono un nuovo cielo, dove Cristo è la forza che muove tutte le cose. Lo studio delle scienze naturali è un dovere religioso. «Perché non siamo stati inviati su questo mondo, il teatro più splendido di Dio, come animali, destinati soltanto a divorare i pascoli della terra» 26 . Nella città la musica ha una straordinaria importanza, e per accedere alla scuola di musica si deve passare attraverso quelK 24 25 21 22 Cfr.p. 7 6. . ^T;;-,*!:^: ANDREAE, Christianopolis cit. (trad. Held, p. 157).- : ; > ' • ' ' '' 177 26 ANDREAE, Cbristianopolis cit. (trad. Held, pp. 221 sgg.). Ibid. (p. 218). Ibid. (pp. 221-22). • •-,'.. Ibid. (p. 231). M ,.?,;''t ;.y ,-rt,> .Ei-totriiiT! s;!-' .i i ? o;.t ,"•{-&"£ -qq , i 'M?. I78 CAPITOLO UNDICESIMO le di aritmetica e di geometria; strumenti musicali sono appesi nel teatro di matematica. Viene insegnato ed eseguito il canto corale religioso. Fanno questo ad imitazione del coro angelico, ai cui servizi essi attribuiscono tanto valore27. Questi concerti corali vengono eseguiti nel Tempio, dove si rappresentano pure drammi sacri. Gli abitanti di Cristianopoli sono cristiani entusiasticamente devoti. È anche gente molto pratica, interessata al progresso dell'agricoltura, all'illuminazione delle strade, al miglioramento delle condizioni igieniche (un fiume artificiale sotterraneo raccoglie le acque provenienti dallo scarico delle abitazioni), e all'istruzione, cui si dedicano con molto zelo e sollecitudine. La loro cultura è altamente scientifica; infatti, sotto un certo punto di vista Cristianopoli assomiglia a un collegio tecnico di tipo elevato (vi è un «collegio» al centro). La loro religione li una forma cristianizzata di tradizione ermetico-cabbalkHca, in cui si attribuisce grande importanza al «servizio degli angeli». Infatti sembrano vivere mantenendo rapporti assai stretti con gli angeli, e le loro strade risuonano di voci che imitano i cori angelici. Cristianopoli, è evidente, si inserisce nella tradizione europea come una delle utopie inaugurate dall'opera famosa di Thomas More. Il suo modello immediato fu La Città del Sole di Campanella - una città la cui pianta è a cerchi concentrici, con il tempio circolare del Sole al centro - e la descrizione di questa città era giunta nella cerchia di Andreae, direttamente da Napoli, attraverso Tobias Adami e Wilhelm Wense. L'atmosfera ermetico-cabbalistica e magico-scientifica della Città del Sole28 si ritrova in Cristianopoli, e molti particolari delle due città — soprattutto l'insegnamento attraverso i dipinti sui muri 29 - sono identici. Ma oltre a questi ovvii influssi, si ritrovano nella Cristianopoli di Andreae sicuramente altre influenze. Il tema di Andreae riguardante l'importanza delle scienze matematiche, insieme con l'architettura e le belle arti, sebbene implicito, senza dubbio, anche nella città di Campanella, era stato espres27 ANDREAE, CbristicmopoUs cit. (trad. Held, p. 226). Cfr. YATES, Giordano Bruno cit., pp. 367 sgg. [trad. it., pp. 396 sgg.]. Sul rapporto esistente tra questi sistemi d'insegnamento mediante disegni e l'arte della memoria, cfr. YATES, The Art of Memory cit., pp. 297-98, 377-78 [trad. it., pp. 276-77, 350-51]. 28 LA CONFRATERNITA E LE UNIONI CRISTIANE IJ9 so in modo diretto e preciso da Fludd nel secondo volume dell'Utriusque cosmi bistorta, pubblicata a Oppenheim nel 161930, lo stesso anno in cui venne pubblicata a Strasburgo la Christianopolis di Andreae. Fludd, per parte sua, seguiva l'esortazione di Dee allo studio delle scienze matematiche inserita nella prefazione a Euclide31. Sembra molto probabile che l'influsso di Dee e di Fludd sia penetrato nel tema delle scienze matematiche in rapporto con le belle arti, e in particolare con l'arte, sommamente matematica, dell'architettura, così palese nella descrizione di Cristianopoli. È anche molto sorprendente l'insistenza di Andreae sulla importanza dell'incoraggiamento dell'ingegno inventivo nella classe artigiana. Anche se il riconoscimento dell'importanza della tecnologia andava crescendo in tutta l'Europa, questo era stato in modo particolare il tema della prefazione di Dee a Euclide, con il suo appello alla classe artigiana londinese32. La città utopistica di Andreae, con la sua forte classe di artigiani colti e il suo entusiasmo per le scienze matematiche, avrebbe senz'altro ricevuto l'approvazione di Dee. E, naturalmente, Andreae è molto vicino a Dee, quando insiste sul «servizio degli angeli» nella città. Come sappiamo, Dee aveva tentato di assicurare il servizio degli angeli per mezzo della Kabbalah pratica o magia cabbalistica33. Che Andreae non abbia timore di insistere sul « servizio degli angeli», nella sua utopia dagli orientamenti matematici, suggerisce che egli non temeva di rivelare quale fosse l'influenza che ha agito in modo determinante sulla sua opera. Come abbiamo visto, Andreae ha usato il simbolo monas di Dee all'inizio delle Nozze chimiche34, indicando la fonte della sua ispirazione. Abbiamo anche visto che la monas di Dee, con i suoi significati, era la filosofia segreta su cui si fondavano i manifesti rosacrociani35, espressa simbolicamente nelle meraviglie mistico-matematiche del sepolcro di Rosacroce. È del tutto naturale, quindi, che la Cristianopoli di An30 31 32 33 Cfr. pp. 94-95- YATES, rheatre of thè World cit., pp. 42 sgg. . Ibid pp. 18, 40, 82-83, ecc.; FRENCH, John Dee cit., pp. 160 sgg. YATES; Theatre òf thè World cit., pp. 5 sgg.; FRENCH, John Dee cit., pp. no sgg. 34 Cfr. pp. 73-74...,., , . , . . ,„,.•",:.' . 35 : Cfr.pp. 55-57- ' ' ' •' '-' • •'•'-''' J:;' ' ' " i8o 50 or CAPITOLO UNDICESIMO dreae sia una esposizione (che assume la forma di una città simbolica) della filosofia implicita nella monas, la filosofia di Dee, con l'importanza pratica e utilitaria attribuita alla tecnologia, il suo orientamento matematico, il suo misticismo esoterico e magico e la sua magia mistica, e la sua fede nella guida angelica. Andreae ripete dunque, in forma mascherata, nella Christianopolis, i temi segreti dei manifesti rosacrociani e delle sue Nozze chimiche. Li maschera, con il suo apparente rifiuto dei Rosa-Croce, non solo nella prefazione a Christianopolis, ma anche nel testo di quest'opera. C'era una guardia alla porta orientale di Cristianopoli, che esaminava gli stranieri desiderosi di entrare in città. Alcune persone di infimo ordine non venivano ammesse. Fra queste vi erano «attori che avevano troppo tempo libero», e «impostori che falsamente si definivano Fratelli dei Rosa-Croce»36. Qui dobbiamo muoverci con cautela, perché si tratta di uno scherzo di Andreae. Sono i falsi Fratelli Rosa-Croce ad essere respinti da Cristianopoli, non quelli veri. E coloro che hanno letto Le nozze chimiche possono sapere che colui che sta tentando di entrare in Cristianopoli è un vero fratello, poiché è proprio Christian Rosenkreutz in persona, che aveva scoperto questa isola durante il viaggio intrapreso alla fine delle Nozze chimiche. Cerchiamo ora di tracciare l'inevitabile confronto fra la Cristianopoli di Andreae e la Nuova Atlantide di Bacon. Il punto di maggior rilievo è che l'utopia di Andreae è molto più matematica e molto più esplicitamente angelica di quella di Bacon. Sarei portata a sostenere che ciò significa che l'influenza di Dee è più forte, o almeno più riconosciuta nell'opera di Andreae che in quella di Bacon. L'utilitarismo, l'applicazione della conoscenza scientifica per migliorare la condizione umana, è comune a entrambe le utopie, sebbene questa concezione sia più pratica e tecnica nell'utopia di Andreae che in quella di Bacon. Infatti quello che è stato definito «baconianesimo volgare», l'importanza attribuita all'utilità pratica del progresso della conoscenza, sembra già considerevolmente sviluppata in Cristianopoli. Lo si deve, forse, al più forte influsso di Dee su Cristianopoli? Il problema non può ANDREAE, Christianopolis cit. (trad. Held, p. 145). LA CONFRATERNITA E LE UNIONI CRISTIANE l8l essere risolto rapidamente e dev'essere lasciato a futuri ricercatori. Per parte mia, mi sono accostata all'argomento esclusivamente dal punto di vista storico, che mi ha portato a concludere che il movimento baconiano in Inghilterra dovrebbe essere studiato con il movimento rosacrociano che si sviluppa sul continente, perché i due sono in qualche modo collegati. La formazione di una «vera» società o gruppo, dedita a un rinnovamento cristiano e intellettuale, a cui Andreae sembra alludere nella prefazione a Christianopolis, era probabilmente già iniziata quando scrisse quella prefazione. Lo schema o programma di questa «Societas christiana» fu presentato in due brevi opere, pubblicate nel 1619 e nel 1620, che si credevano perdute; invece, ne sono state rinvenute copie, qualche anno fa, tra le carte di Hartlib37.1 loro titoli, tradotti dal latino, sono: «Modello di una società cristiana» e «L'offerta della mano destra dell'amore cristiano», e gli scritti sono stati tradotti in inglese da John Hall e pubblicati nel 1647. Lo scritto di Hall indirizzato a Samuel Hartlib all'inizio della traduzione è una delle fonti da cui veniamo a sapere che la società, descritta in questi opuscoli, era «vera», realmente esistente; si è usciti dal regno dei collegi invisibili e degli invisibili Fratelli Rosa-Croce e ci si trova davanti a un'istituzione concreta. Così il traduttore si rivolge a Hartlib: Voi stesso (che conoscevate alcuni membri di questa Società in Germania) potete testimoniare che essa era più che un'idea; ed è gran peccato che la guerra abbia interrotto la sua attività quando fu istituita la prima volta, e che ancora non sia risorta38. 37 G. H. TURNBULL, Hartlib, Dury and Comenius, Liverpool 1947, pp. 74 sgg. I testi latini delle due opere, con la traduzione inglese eseguita da Hall, sono stati pubblicati nell'articolo di G. H. TURNBULL, Johann Valenti» Andreae's Societas Christiana, in «Zeitschrift tur Deutsche Philologie», 73 (*954)> PP- 4<V-32; 74 (i955), PP- I5J-85La « Societas » di Andreae e l'influenza che ebbe su Hartlib ed altri è discussa nel libro e nell'articolo di Turnbull, or ora citati; da TREVOR-ROPER, nel capitolo Three Foreigners (Hartlib, Dury e Comenio), in Religion, thè Reformation and Social Change cit., pp. 237 sgg., fondamentale per la grande importanza storica di questo gruppo; da M. PURVER, The Royal Society: Concepì and Creation, London 1967, pp. 206 sgg.; e. WEBSTER, Macaria: Samuel Hartlib and thè Great Reformation, in «Aera Comeniana», 26 (1970), pp. 147-64; e nell'introduzione di Webster alla ristampa di alcune delle opere di Hartlib, Samuel Hartlib and thè Advancement of Learning, Cambridge 1970. 38 TURNBULL, Johann Valenti» Andreae's Societas Christiana cit., 74 (I955), P- 151- i8a CAPITOLO UNDICESIMO Nonostante la positiva dichiarazione che la « Societas christiana» è esistita realmente per breve tempo, subito prima della guerra - e di questo non vi è dubbio - non sono riuscita a trovare nessuno che precisasse esattamente dove si trovava. Secondo il Modello, il capo era un principe tedesco: II capo della Società è un principe tedesco, un uomo assai famoso per la sua pietà, per la dottrina e la probità, che ha sotto di sé dodici colleghi, i suoi consiglieri privati, ognuno dei quali eccelle per qualche dono di Dio3'. In una lettera scritta più tardi, nel 1642, al principe Augusto, duca di Brunswick e Lùneburg, Andreae sembra lasciar intendere che proprio Augusto è il principe tedesco a cui si riferisce nel Modello, ma si vorrebbe avere un'altra conferma di ciò. Dovunque la «Societas» abbia iniziato la sua attività, il luogo dev'essere diventato presto teatro di guerra, perché, nella stessa lettera, Andreae dice che il gruppo si sciolse ben presto all'inizio della guerra, furono bruciate le copie del libro che ne parlava, e i membri, dispersi e nell'impossibilità di corrispondere, o morirono o si scoraggiarono40. Nulla avvicina maggiormente a Dio dell'unità, dichiara la introduzione al Modello; la disunione e la discordia fra gli uomini potrebbero essere sanate attraverso «la libera comunicazione di tutto fra gli uomini buoni». Per questa ragione i saggi si sono riuniti in società, ma l'Anticristo vi si oppone. Sembra strano, continua Andreae, che in questo tempo, in cui il mondo è «come rinnovato, e tutto ciò che era decaduto è stato restaurato sotto il Sole della Religione e il mezzogiorno del Sapere», tanti fra i migliori e i più saggi si accontentino del mero desiderio di un «Collegio o Società delle cose migliori», senza prendere le misure necessarie per fondare tale istituzione H. I dodici colleghi del principe tedesco, che è a capo della Società, sono specialisti in varie branche dello scibile, seb39 TURNBULL, Johann Valenti» Andreae's Societas Christiana cit., 74 (i955), P- 15440 PURVER, The Royal Society: Concepì and Creation cit., pp. 222-23, cita da una lettera pubblicata in ]ana Amosa Komenského: Korrepondence, ed. Jan Kvacala, Praha 1902, voi. II, pp. 75-76. Cfr. anche PEUCKERT, Die Rosenkreutzer cit., pp. 179-80. TURNBULL, Johann Valentìn Andreae's Societas Christiana cit., 74 (i955), P P . 152-53. .... . . , , , , . . LA CONFRATERNITA E LE UNIONI CRISTIANE I83 bene gli interessi dei primi tre includano tutto, cioè Religione, Virtù, Sapere. I rimanenti, a gruppi di tre, sono: un teologo, un censore (che sindaca i costumi), un filosofo; un politico, uno storico, un economista; un medico, un matematico, un filologot2. Tradotto nel linguaggio della Fama, questi specialisti sembrano non troppo dissimili dai Fratelli Rosa-Croce, nei loro raggruppamenti sotto Christian Rosenkreutzt3. Il filosofo sembra prevalentemente un filosofo naturale, che «osserva attentamente ambedue i mondi». Vale la pena di riprodurre la descrizione del matematico: II matematico [è] un uomo di sorprendente perspicacia, che applica tutti gli strumenti di tutte le arti e le invenzioni deÙ'uomo; si occupa del numero, della misura e del peso; conosce la relazione che esiste tra cielo e terra; vi è qui un campo, grande quanto la natura, che dev'essere arato dall'industria umana: perché ogni ramo della matematica richiede numerosi artisti che lavorino con grande solerzia, ma tutti debbono mirare a questo scopo, contemplare l'unità di Cristo tra tante mirabili invenzioni che riguardano il numerare, il misurare e il pesare, ed osservare la saggia architettura di Dio nella fabbrica di questo universo. D'ora in poi gli studiosi di meccanica ci aiuteranno con la loro abilità e la loro acutezza; essi non sono così ignobili e sordidi come pretendono i sofisti, ma piuttosto rivelano l'uso e la pratica delle arti, e perciò sono stati poco stimati in considerazione della loro scarsa loquacità. Ma è proprio di un vero matematico ornarli ed arricchirli con le regole dell'arte, per mezzo delle quali si ridurranno le fatiche degli uomini e il privilegio dell'operosità e la forza e il dominio della ragione saranno più evidenti... ". La cultura della «Societas christiana» è evidentemente molto simile a quella della città di Cristianopoli, una cultura scientifica, che si fonda sulla matematica e si orienta verso la tecnologia e l'utilità. Poiché i dodici studiosi più importanti verranno assistiti da altri «medici, chirurghi, chimici, esperti di metalli», la « Societas », quando si sarà sviluppata, diventerà, come la città di Cristianopoli, un gruppo di cristiani mistici, che contempleranno le opere di Dio nella natura, ma con un efficace ed espertissimo nucleo dotato di perizia scientifica e tecnologica. Tutto il loro interesse è rivolto non alla 42 TURNBULL, Johann Valentìn Andreae's Societas Christiana cit., 74 955)> P-I5443 44 Cfr. Appendice, p. 287. TURNBULL, Johann Valentìn Andreae's Societas Christiana cit., 74 (i955), P- 158- 184 CAPITOLO UNDICESIMO «loquacità», o ai consueti studi retorici, ma alla matematica applicata «per mezzo della quale si ridurranno le fatiche degli uomini». Come nel caso di Christianopolis, sarei indotta a pensare che il maggior influsso su questa concezione del ruolo del matematico si debba attribuire soprattutto a John Dee, la cui filosofia, come è riassunta nella monas, è alla base dei manifesti rosacrociani e delle Nozze chimiche di Andreae. Vi potrebbe essere anche qualche influsso del parallelo movimento baconiano, ma questa visione del matematico in un ruolo tanto dominante e opposto alla «loquacità», non è nella linea di Bacon. La scienza dei membri della « Societas » è infusa con carità cristiana, e questo conferisce al gruppo un'aura fortemente pietistica. Questo aspetto del movimento viene sottolineato nell'opuscolo dal titolo The Righi Hand of Christian Lave Offered che pare debba essere considerato il completamento del Modell of a Christian Society, quasi del tutto pietista, e che allude appena a fatiche intellettuali. L'autore protende «questa mano di fede e di amore cristiano a tutti e a ciascuno di quelli che, fatta esperienza della schiavitù del mondo, e stanchi del suo peso, desiderano, con tutto il cuore, che Cristo li liberi... » "5. È possibile che la dextera porrecta, o l'offerta della Mano Destra, sia diventata un segno dell'appartenenza a questa società. Così, quando il ludibrium dell'invisibile e fittizia Confraternita dei Rosa-Croce si traduce in qualcosa di reale, diventa la «Societas christiana», un tentativo di infondere nella scienza nascente una nuova effusione di carità cristiana. Non è molto chiaro chi fossero i membri della «Societas», come si ignorano molte altre cose su di essa. I vecchi amici di Andreae, Tobias Adami e Wilhelm Wense, furono attivi in questa società e si dice che Giovanni Keplero fosse interessato alle unioni cristiane di Andreae 46. Andreae aveva studiato 4S TURNBULL, Johann Valentin Andreae's Societas Christiana cit., 74 , . La fonte che ci induce a sostenere che Keplero era legato al gruppo di Andreae è l'orazione funebre di Wilhelm Wense, pronunciata da Andreae nel 1642; cfr. E. PUST, Vber Valentin Andreae's Anteil an der Sozietatsbewegung des zy. Jahrunderts, in «Monatshefte der Comenius Gesellschaf t », xix (1905), pp. 241-43. LA CONFRATERNITA E LE UNIONI CRISTIANE I85 matematica a Tubinga con Maestlin, il maestro di Keplero, e certamente lo conosceva. Sebbene la «Societas christiana» facesse una triste fine per lo scoppio della guerra, essa ebbe continuatori e ramificazioni. Intorno al 1628 Andreae cercò di risuscitarla a Norimberga. Forse proprio attraverso questo ramo, che continuò ad essere attivo, Leibniz, più tardi, venne in contatto con le idee rosacrociane. Secondo una voce persistente, Leibniz divenne membro di una società rosacrociana a Norimberga nel 166647, e vi è anche notizia, meglio fondata, della consapevolezza di Leibniz che la Confraternita rosacrociana era un'invenzione, poiché ciò era stato detto da «Helmont»48 (probabilmente Franciscus Mercurius van Helmont). La consapevolezza che si trattasse di uno «scherzo», non avrebbe impedito a Leibniz di assorbire alcune idee su cui si fondava lo scherzo, come senza dubbio avvenne. Come ho dimostrato altrove, le regole dell'Ordine di carità proposto da Leibniz sono praticamente una citazione della Fama49. Esiste molto materiale nelle opere di Leibniz per un ulteriore studio dell'influsso che su di lui ebbero le idee derivate in ultima analisi dai movimenti di Andreae, ma questo rapido accenno a un problema molto importante è tutto ciò che possiamo tentare di fare qui. Il misterioso termine «Antilia»50, nome di un'isola, sembra essere stata una specie di parola d'ordine, usata da vari gruppi che tentarono di fondare «modelli» di società cristiana, secondo quello che scrive Andreae, in varie località della Germania e altrove, durante la guerra dei Trent'anni. Tali «modelli» erano per il mistico appassionato soltanto preparativi per la grande riforma universale che, nonostante tutto, si attendeva ancora. E tra i più ferventi fautori della società 47 Cfr. L. COUTURAT, La logique de Leibniz, Hildesheim 1961, p. 131, nota48 3. LEIBNIZ, Otium Hanoveranum, Leipzig 1718, p. 222; cfr. GOULD, History of Freemasonry cit., ed. Poole, voi. II, p. 72; ARNOLD, Histoire des Rose-Croix cit., p. 145. 49 Cfr. YATES, The Ari of Memory cit., pp. 387-88, nota 5 [trad. it., p. 360, nota 60]. Leibniz credeva che il progresso scientifico, portando ad una maggiore conoscenza dell'universo, avrebbe condotto pure ad una maggiore conoscenza di Dio, suo creatore, e quindi ad un estendersi della carità. 50 Hartlib dice che «Antilia» era la «parola d'ordine» di una società, la cui attività fu interrotta e distrutta dalle guerre in Boemia ed in Germania (TURNBULL, Hartlib, Dury and Comenius cit., p. 73). Una «parola d'ordine» potrebbe esser un accorgimento usato dai membri di un'accademia mistica. i86 CAPITOLO UNDICESIMO modello e delle sue vaste possibilità di sviluppo vi fu Samuel Hartlib. La si chiami Antilia o Macaria o come si voglia, proprio la combinazione di pietà evangelica e di scienza concepita da Andreae, e l'applicazione utilitaria della scienza ispirarono gli sforzi instancabili di Hartlib. E con Hartlib, i suoi amici e aiutanti, John Dury e Jan Amos Comeniò, il movimento ritornò in Inghilterra, perché fu nell'Inghilterra parlamentare, che sosteneva nuovamente l'antico ruolo elisabettiano di campione dell'Europa protestante, che Hartlib vide la migliore possibilità di istituire la nuova riforma. Come la Confraternita dei Rosa-Croce aveva simboleggiato le speranze suscitate dall'alleanza inglese, attraverso il matrimonio inglese dell'elettore palatino, cosi, fallite quelle speranze, appunto all'Inghilterra, riportata al suo ruolo elisabettiano, Hartlib e i suoi amici si rivolsero cercando appoggio per i loro ideali di riforma universale, che continuava il sogno rosacrociano sotto altro nome. Dico che il movimento «tornò» in Inghilterra, perché, come ho tentato di dimostrare, fu all'Inghilterra, credo, sotto forma di influenze scaturite dalla missione di Dee in Boemia, che lo strano mito «rosacrociano» deve in gran parte la sua origine. Naturalmente questa è un'eccessiva semplificazione, perché trascura tutte le complesse influenze europee provenienti da tutti i tipi di fonti che arricchirono ed alimentarono il movimento. Ma sto appunto cercando di esporre, anche se in un modo inadeguato, questo movimento di espansione e ritorno, perso di vista nei confusi avvenimenti di quel tempo, e che è necessario tentare di riportare alla luce, se vogliamo districare la complessa trama di circostanze che condussero alla fondazione della Royal Society. < >;-.(•; , • i. ', i O't Capitolo dodicesimo ' i» Comenio e la voce rosacrociana in Boemia Jan Amos Komensky, o Comenio, nato nel 1592, era di sei anni più giovane di Johann Valentin Andreae, che esercitò su di lui, con le sue opere e il suo pensiero, un'influenza straordinaria. Comenio apparteneva alla comunità dei Fratelli Boemi, il ramo mistico della più antica tradizione riformatrice religiosa in Europa, derivata da Jan Hus. Comenio e Andreae avevano molto in comune. Erano entrambi pii ecclesiastici della Chiesa riformata, ed erano entrambi interessati ai nuovi movimenti intellettuali, che innestavano sulla loro devozione personale, la tradizione luterana tedesca in un caso, la tradizione hussita nell'altro. Ambedue vissero nello stesso periodo terribile e dovettero redigere le loro opere, come meglio poterono, attraverso guerre e persecuzioni. Comenio ricevette la sua prima istruzione nella natia Moravia; successivamente frequentò l'Università calvinista di Herborn, nel Nassau e, nella primavera del 1613, lasciò Herborn per Heidelberg, continuando i suoi studi in quella università '. Vi erano altri Boemi con lui a Herborn e a Heidelberg. S'immatricolò all'Università di Heidelberg il 19 giugno 1613, dodici giorni dopo l'arrivo della principessa Elisabetta, sposa dell'elettore palatino. Molto probabilmente Comenio, giovane studente, fu nelle vie di Heidelberg per assistere alla solenne entrata e vide gli archi trionfali di benvenuto eretti dalle facoltà universitarle. A Heidelberg frequentò le lezioni di David Paraeus, di Johann Heinrich Alting (Altingius), di Abraham Scultetus e di Bartholomaeus Scopeniusz. Paraeus era interessato all'uni1 w. ROOD, Comenius and thè Low Counfries, Amsterdam, Praha, New York 1970, p. 22. p. 23. i88 CAPITOLO DODICESIMO tà di luterani e'calvinisti3; costoro, come gli altri professori di cui Comenio frequentava le lezioni, erano strettamente legati all'elettore Federico. Scultetus era il cappellano di Federico e lo accompagnò a Praga; Alting, o Altingius, ne era stato il precettore e rimase suo intimo amico, anche dopo le sventure che lo colpirono; si dice che Scopenius, un orientalista, sia stato il consigliere spirituale dell'elettore4. Il giovane Comenio era perciò in una situazione che gli permetteva di apprendere di prima mano ciò che si poteva sapere sui movimenti spirituali o intellettuali a Heidelberg. Ci possiamo domandare se Comenio e i suoi amici boemi possano essere stati attirati a Heidelberg da voci su futuri rapporti fra il Palatinato e la Boemia in quello splendido periodo, in cui il matrimonio dell'elettore con la figlia di Giacomo I sembrava presagire eventi meravigliosi. Il tempo trascorso a Heidelberg fu importante per Comenio anche perché vi incontrò George Hartlib5, il fratello di Samuel Hartlib, che successivamente avrebbe collaborato con Comenio durante la sua attività in Inghilterra. Probabilmente Comenio tornò in Boemia nel corso del 1614. Negli anni seguenti egli si formò una vasta cultura enciclopedica, sviluppando un sistema di «pansofia» o conoscenza universale. La pansofia di Comenio si fondava sulla filosofia macro-microcosmica; egli stesso dice che proprio Andreae influì su di lui in tale direzione. Comenio chiamò la sua prima enciclopedia pansofica, iniziata nel 1614, «theatrum» o anfiteatro di tutte le cose del mondo. Comenio potrebbe avere incontrato Andreae a Heidelberg o avervi colto qualcosa della filosofia alla base dei manifesti rosacrociani. Oppure, considerando ancora un'altra alternativa, ci si può domandare se siano stati gli influssi boemi a conferire una sfumatura spirituale ai manifesti rosacrociani. Forse la filantropia e la carità per cui erano noti i Fratelli Boemi poterono unirsi con altri tipi di influssi nella formazione di Fratello Christian Rosenkreutz? Gli anni di vita serena nel suo paese natale ebbero fine con la disfatta di Federico alla battaglia della Montagna Bianca 3 Nel suo Irenicum, 1614; cfr. OGG, Europe in thè Seventeenth Century cit., p. 107. 4 s ROOD, Comenius and thè Low Countries cit., p. 23. Ibid.,p. 24. COMENIO E LA VOCE ROSACROCIANA IN BOEMIA 189 nel 1620, che significò per la Boemia la soppressione della religione nazionale. I Fratelli Boemi furono proscritti. Nel 1621 la piccola città in cui Comenio viveva fu occupata dalle truppe spagnole. La sua casa venne incendiata ed egli perse la sua biblioteca e i suoi manoscritti. Fuggi cercando protezione nelle terre del conte Karel di 2erotìn, a Brandys. Durante la guerra Zerotìn, sebbene fosse un patriota e membro dell'Unità boema, non aveva abbracciato la causa di Federico del Palatinato, ma era rimasto fedele alla Casa d'Asburgo. I suoi possedimenti non furono, quindi, confiscati immediatamente e fu in grado di dare asilo a Comenio e ad altri come lui per qualche tempo. Durante il pericoloso viaggio per raggiungere Brandys, Comenio perse la moglie e uno dei figli, e vi arrivò in uno stato di totale miseria verso la fine del 1622 6 . Durante il soggiorno a Brandys Comenio scrisse il Labirinto del mondo, un grande classico della letteratura ceca e una delle grandi opere della letteratura mondiale. In questo libro Comenio ci dà una singolare descrizione dell'entusiasmo rosacrociano, che costituisce un'importante aggiunta all'insieme dei documenti rosacrociani. Prima di esaminare il Labirinto del mondo, dobbiamo però domandarci quale fosse l'atteggiamento di Comenio verso Federico, elettore palatino, quale re di Boemia. La permanenza a Heidelberg deve avergli dato modo di conoscere il carattere e le idee di Federico, ed egli non può avere ignorato gli avvenimenti storici che condussero all'incoronazione di Federico e di Elisabetta come re e regina di Boemia, nella cattedrale di Praga, il 4 novembre 1619. Si sa infatti che Comenio era presente nella cattedrale alla cerimonia dell'incoronazione 7, che fu l'ultimo atto ufficiale della Chiesa a cui apparteneva prima della sua soppressione. Si può fare luce sull'atteggiamento di Comenio verso Federico come re di Boemia, grazie a un libro assai singolare, intitolato Lux in tenebris 8. Esso contiene le dichiarazioni di tre 6 L'introduzione del conte Lutzow alla traduzione del Labirinto del mondo di COMENIO, London 1901, pp. 33-36. 7 ROOD, Comenius and thè Low Countries cit., p. 28, nota 4. 8 Lux in tenebris fu pubblicata per la prima volta nel 1657 (l'edizione che abbiamo consultato è quella del 1665). Includeva le profezie di Cristoforo Kotter, Nicola Drabick e Cristina Poniatowa, con una prefazione di Comenio (Historia revelationum). Sulla grande importanza che Comenio at- 190 .'IO ' . CAPITOLO DODICESIMO profeti, tre visionari che asserivano di fare rivelazioni sul sopraggiungere di eventi apocalittici, sulla fine del regno dell'Anticristo, e sul ritorno della luce dopo le tenebre che avevano avvolto il tempo del suo dominio. Uno dei profeti, Cristoforo Kotter, promise la futura restaurazione di Federico nel regno di Boemia. Nel 1626, Comenio portò il manoscritto illustrato, contenente le profezie di Kotter, all'Aia e lo mostrò a Federico. E ancora molti anni dopo la morte dell'elettore, Comenio stimava tanto Kotter e le sue profezie da pubblicarne l'opera, nel 1657, nella Lux in tenebris, con incisioni ricavate presumibilmente dai disegni del manoscritto. Appunto nella prefazione a questo libro, nel presentare i tre profeti, Comenio dichiara di avere mostrato il manoscritto delle profezie di Kotter a Federico9. Kotter era membro del clero boemo e soffrì per la crudele oppressione cui fu sottoposta la Boemia dopo il 1620. Indica le date delle sue visioni, in un arco di tempo che va dal 1616 al 1624 circa. Nelle visioni del 1620, prima della battaglia fatale, è ammonito di avvertire Federico che non usi la forza. Nelle visioni posteriori a quella data si profetizza che Federico, alla fine, ricupererà la sua fortuna. Diamo un esempio di una di queste profezie: Federico, conte palatino del Reno, è incoronato re da Dio. Federico, conte palatino del Reno, re di Boemia, incoronato da Dio, il re supremo di tutti i re, che nell'anno 1620 cadde in pericolo, ma... che riacquisterà tutte le sue ricchezze, e altre ancora maggiori, e gloria10. Le visioni erano portate a Kotter da angeli, così credeva, che improvvisamente diventavano visibili, gli rivelavano una visione, e ritornavano a essere invisibili. Nelle illustrazioni, gli Angeli assumono l'aspetto di giovani senza ali, con lunghe vesti. Di solito Federico viene presentato sotto forma di leone, il leone del Palatinato naturalmente, che abbiamo già visto spesso nella propaganda prò e contro Federico. La famosa stampa che mostra Federico ed Elisabetta con quattro leoni - Palatinato, Boemia, Gran Bretagna, Paesi tribù! alla Lux in tenebris, cfr. TURNBULL, Hartlib, Dttry and Comenius cit., PP. 377_sgg. 9 Historia revelationum, in Lux in tenebris cit., p. 22. Cfr. ROOD, Comenius and thè Low Countries cit., pp. 29-30. 10 COMENIO, Lux in tenebris cit., pp. 42-43. COMENIO E LA VOCE ROSACROCIANA IN BOEMIA 191 Bassi - appare in una delle visioni di Kotter nella forma singolare di un leone a quattro teste. In altre visioni Kotter vide leoni abbattere un'aquila imperiale; o il leone di Boemia, con due code, che abbraccia Federico; o Federico rappresentato come un leone che sta sulla luna, a indicare la sua fortuna variabile, abbracciato da altri sei leoni ". Così le visioni capovolgono la feroce vittoria ottenuta dall'Aquila asburgica sul Leone palatino raffigurato in una delle stampe contro Federico diffusa dopo la sua disfatta. Assistito dai suoi angeli e fiducioso in questo presagio, da lui intensamente auspicato, Kotter ha visioni di leoni vittoriosi. Una tra le più impressionanti è la scena in cui Kotter, seduto pacificamente sotto gli alberi in compagnia di due angeli, ha la visione di un leone glorioso, con un'aureola luminosa, che marcia eretto e vittorioso (tav. 43). Dietro di lui un altro leone si scaglia con ferocia contro un serpente e un serpente tagliato a pezzi viene raffigurato in cielo sotto una stella. Potrebbe essere un'allusione alla nuova stella vista nella costellazione del Serpentario, indicata nella Fama rosacrociana come presagio di nuovi eventi12. Forse il leone, nella visione di Kotter, punisce il Serpentario per non avere realizzato in modo favorevole alle fortune di Federico quei presagi che si erano attribuiti alla scoperta della nuova stella. Quella che colpisce maggiormente è la visione in cui Kotter ha visto tre giovani, o meglio tre angeli, seduti intorno a un tavolo mentre si tengono per mano al fine di proteggere un piccolo leone che sta sul tavolo. Su questo crescono tre rose e sul piano che lo sostiene vi è una croce (tav. 44). Il simbolo della rosa e della croce ci invitano a cercare i «Rosa-Croce», e forse sono loro gli angeli invisibili, diventati visibili per la durata della visione, gli angeli custodi che proteggono il Leone del Palatinato, la cui restaurazione sul trono di Boemia è preannunziata nelle profezie di Kotter. Le patetiche visioni di Kotter, con la loro serie di leoni, ci suggeriscono quasi un richiamo alchimistico, che ci ricorda uno degli emblemi delle opere di Maier, e di altre opere del gruppo di Maier, con cui il profugo boemo Daniel Stolck si consolò nel suo esilio". Queste visioni appartengono a un 11 12 tt COMENIO, Lux in tenebris cit., pp. 33, 59. Cfr. p. 58. Cfr. pp. 105-6. i 192 Al AK-fOOJB CAPITOLO DODICESIMO mondo che per noi è difficile da ricostruire, un mondo di uomini alimentati da meravigliose promesse angeliche, da visioni di Leoni e di Rose preannunzianti il sorgere di una nuova età, uomini che, nel loro abbandono e nella loro disperazione, si alimentavano ancora di visioni. Proprio per comprendere l'atteggiamento di Comenio nei confronti di Federico, quale re di Boemia, c'interessano qui le visioni di Kotter. Ripensando ora alla campagna di stampe satiriche contro Federico, messe in circolazione dopo la sua sconfitta, ci ricordiamo come la caricatura che mostra Federico ritto sulla Y (tav. 24), avvertisse nei versi stampati sotto l'illustrazione che i Boemi «avevano sposato» Federico al mondo, aspettandosi dal suo governo una riforma dell'universo o tentando riforme della società e dell'istruzione sotto i suoi auspici e collegando tutto ciò con l'«eccelsa società dei Rosa-Croce»14. Tra i Boemi che tentavano di attuare le riforme durante il regno di Federico è possibile vi fosse il giovane Comenio? Vi è qui una grande lacuna nella nostra conoscenza, maggiore del solito. Non sappiamo nulla dell'effetto che può avere prodotto in Boemia il movimento di riforma di John Dee, se fosse stato accolto dai Fratelli Boemi, se a Praga — il grande centro europeo di studi alchimistici e cabbalistici - il movimento assumesse nuovi aspetti prima di venir trasmesso in Germania e di trovarvi espressione nei «manifesti rosacrociani». Tutto questo rimane oscuro per noi, ma abbiamo intravisto senza dubbio come Comenio, nei suoi anni giovanili fosse profondamente impressionato dalla figura di Federico del Palatinato per il grande significato che egli avrebbe dovuto avere per la Boemia. Tenendo conto di tutto ciò, possiamo ora rivolgerci all'esame di quello che può dirci sull'entusiasmo rosacrociano nel Labirinto del mondo 15. In questo libro ci dà un'ampia descrizione dell'entusiasmo, quale intensa emozione abbiano suscitato gli squilli di tromba dei due manifesti, e quale confusione terribile sia derivata dal gran numero di persone che 14 15 Cfr. pp. 68-69. Scritto nel 1623, II labirinto del mondo ed il Paradiso del cuore fu pubblicato per la prima volta in ceco nel 1631. I passi di questo capitolo sono citati dalla traduzione inglese del conte Liitzow, London 1901. COMENIO E LA VOCE ROSACROCIANA IN BOEMIA 193 hanno reagito in vario modo a questa eccitazione. Dobbiamo osservare due cose prima di riportare ciò che Comenio dice a proposito dell'entusiasmo rosacrociano: una, che egli insiste sul ludibrium, finge di non poter capire perché nessuno abbia ricevuto risposta dai Fratelli Rosa-Croce, perché siano sempre invisibili; l'altra, che quando scrive nel 1622, è in miseria dopo il crollo del movimento di Federico, e riflette sul corso del movimento in uno stato di profondo abbattimento, poiché questo aveva finito col portare al disastro il suo paese. Il Labirinto del mondo di Comenio è una città ripartita in molti quartieri e strade, in cui sono rappresentate tutte le scienze, il sapere e le occupazioni degli uomini. È uno dei sistemi architettonici di memoria, come la Città del Sole di Campanella, in cui è esposta un'intera enciclopedia. Il Labirinto, ovviamente, ha subito l'influsso della Città del Sole di Campanella e anche della Cristianopoli di Andreae. Nello stesso tempo, questa città dovrebbe essere un'utopia, una città ideale, uno schema per un rinnovato mondo del futuro. Ma Comenio sta reagendo alle speranze deluse degli anni precedenti: la sua città come labirinto è il contrario di Utopia, perché tutto in questo labirinto è sbagliato. Tutte le scienze dell'uomo non conducono a nulla, tutte le sue occupazioni sono futili, tutta la sua conoscenza è infondata. Il libro rappresenta lo stato d'animo di un intellettuale e di un idealista dopo l'inizio della guerra dei Trent'anni. È anche una relazione delle esperienze deludenti che hanno condotto a questo stato di disperazione, una relazione del movimento rosacrociano. Merita riportare integralmente ciò che Comenio ha da dire a questo proposito. Il titolo del dodicesimo capitolo è II pellegrino incontra i Rosa-Croce, e sotto queste parole vi è una nota: «Fama fraternitatis anno 1612, Latine ac Germanice edita». Questo conferma appieno che Comenio si riferisce al primo manifesto rosacrociano e anticipa di due anni la data della prima edizione a stampa che noi conosciamo ". 16 Cfr. Appendice, p. 280. Può darsi si riferisca alla «Risposta» di Haselmeyer, pubblicata nel 1612. O forse a qualche edizione della Fama stampata nel 1612 e perduta successivamente. O forse ad una copia manoscritta della Fama, che circolava in Boemia, vista nel 1612. Per quanto ne so io, la Fama non fu mai pubblicata in latino, ma può darsi che una copia redatta in latino circolasse, in forma manoscritta, con quella tedesca. 194 CAPITOLO DODICESIMO E poi subito udii nella piazza del mercato lo squillo di una tromba e volgendomi indietro vidi uno che cavalcava e invitava i filosofi a riunirsi. E quando questi si furono affollati intorno a lui, cominciò a parlare loro, con un linguaggio forbito, dell'insufficienza di tutte le arti libere " e di tutta la filosofia; e disse loro che alcuni uomini famosi, mossi da Dio, già avevano esaminato queste insufficienze, vi avevano posto rimedio, e avevano elevato la sapienza dell'uomo al livello che aveva in Paradiso prima della Caduta. Produrre l'oro, disse, era una delle azioni più piccole fra le cento che potevano fare, perché tutta la natura era senza veli ed era stata loro rivelata; erano in grado di dare o di prendere a ogni creatura qualsiasi forma essi desiderassero assumere, a loro piacere; disse, inoltre, che conoscevano le lingue di tutte le nazioni, come pure tutto ciò che accadeva sull'intero globo terrestre, anche nel nuovo mondo, e che erano in grado di parlare fra loro anche a una distanza di mille miglia. Disse che essi possedevano la pietra [filosofale] e potevano grazie ad essa guarire perfettamente tutte le malattie e conferire lunga vita. Infatti Hugo Alvarda'8, il loro capo, aveva già cinquecentosessantadue anni, e i suoi colleghi non erano molto più giovani. E sebbene si fossero nascosti per tante centinaia d'anni, lavorando soltanto — sette di essi — alla riforma della filosofia, ora non si sarebbero più nascosti, perché avevano già condotto a perfezione ogni cosa; inoltre, poiché sapevano che una riforma si sarebbe attuata in tutto il mondo entro poco tempo; così, mostrandosi pubblicamente, erano pronti a dividere i loro preziosi segreti con chiunque fosse da loro considerato degno. Se perciò qualcuno si fosse rivolto loro in qualsiasi lingua di qualsivoglia nazione, avrebbe ottenuto tutto e nessuno sarebbe lasciato senza qualche risposta. Ma chi non era degno e voleva procurarsi questi doni soltanto per brama di ricchezze o per ambizione, allora non avrebbe ottenuto nulla. [Varia de Fama iudicià\. Detto questo, il messaggero si dileguò. Io allora, guardando questi dotti, vidi che quasi tutti erano stati spaventati da questa notizia. Intanto, a poco a poco, cominciarono a consigliarsi fra loro e ad esprimere il loro parere sull'avvenimento, alcuni bisbigliando, altri ad alta voce. E camminando qua e là fra di loro, ascoltavo. Ed ecco, alcuni se ne rallegravano moltissimo, senza sapere dove andare per la gioia. Commiseravano i loro avi perché, durante la loro vita, non era accaduto niente di simile. Si congratulavano con se stessi, perché era stata concessa loro pienamente una perfetta filosofia. Potevano quindi conoscere tutto senza errore; senza mancar di nulla, potevano avere a sufficienza di ogni cosa; potevano vivere molte centinaia d'anni senza malattie e senza incanutire, solo che lo desiderassero. E ripetevano spesso: «Fe17 Cioè, le arti liberali. < . ,. . .... , ... " Uno pseudonimo rosacrociano, cfr. p. 197. •>•. ,, .•.-«sjii-,.-..'.,-. .-•:.'• <.•'•• COMENIO E LA VOCE ROSACROCIANA IN BOEMIA 195 lice, veramente felice, è la nostra età». Udendo tali discorsi anch'io cominciai a rallegrarmi e a sperare che anch'io, a Dio piacendo, avrei ricevuto qualcosa di ciò cui essi aspiravano. Ma vidi altri assorti in profonda meditazione, in dubbio su ciò che si doveva pensare. Se ciò che avevano sentito annunciare fosse stato vero, essi ne sarebbero stati felici; ma queste cose parevano loro oscure, superiori alla mente umana. Altri ancora si opponevano apertamente a queste cose, definendole una frode o un inganno. Se questi riformatori della filosofia esistevano da centinaia d'anni, perché allora non erano comparsi prima? Se erano sicuri di ciò che affermavano, perché allora non apparivano arditamente alla luce del sole, ma esprimevano le loro opinioni nell'oscurità, e negli angoli, come se fossero pipistrelli che passavano stridendo? La filosofia, dicevano, è già saldamente stabilita e non ha bisogno di riforma. Se si permette che questa filosofia venga strappata dalle mani, si rimarrà senza niente. Altri insultavano ed ingiuriavano i riformatori e dichiaravano che essi erano indovini, stregoni e diavoli incarnati. \Fraternitates ambientesj. Vi era gran rumore dappertutto sulla piazza del mercato, e quasi tutti ardevano dal desiderio di ottenere questi beni. Perciò non furono pochi a scrivere petizioni (alcuni in segreto, altri apertamente), e le inviarono rallegrandosi al pensiero che anch'essi .sarebbero stati ammessi nell'associazione. Ma vidi che ciascuno riceveva indietro la propria petizione senza risposta, dopo che queste erano state brevemente esaminate in ogni parte; la loro gioiosa speranza si mutò in dolore, perché gli increduli li deridevano. Alcuni scrissero ancora una seconda volta, una terza, o più volte ancora; e ognuno, con l'aiuto delle muse, pregò e giunse a implorare che la sua mente non venisse privata di quel sapere che era degno di esser desiderato. Alcuni, incapaci di sopportare l'attesa, corsero da una regione all'altra della terra, lamentando la propria sfortuna, perché non riuscivano a trovare quegli uomini felici. Uno attribuiva ciò alla propria indegnità, un altro l'attribuiva alla cattiva volontà di quegli uomini; e mentre uno si disperava, un altro ancora, guardandosi intorno e cercando nuove vie per trovare quegli uomini, restava di nuovo deluso, finché io stesso non sentii dolore, vedendo che questo non aveva fine. [Continuatici Famae Roseaeorum}. Nel frattempo, ecco gli squilli di trombe riprendere di nuovo; allora molti, e anch'io con loro, corsero nella direzione da cui proveniva il suono; e vidi uno che stava disponendo le sue mercanzie e invitava la gente, perché venisse a guardare e a comprare i suoi segreti meravigliosi; disse che provenivano dal tesoro della nuova filosofia e avrebbero accontentato chiunque desiderasse la conoscenza del segreto. E vi era molta gioia perché la santa Con- . . .,, -. ì t c c .. , a I I £ , M ,., f -s« t CAPITOLO DODICESIMO fraternità rosacrociana avrebbe diviso ora, chiaramente ed abbondantemente, i propri tesori con loro; molti si avvicinavano e compravano. Ora, tutto ciò che veniva venduto, veniva riposto in scatole dipinte, che recavano diverse belle iscrizioni, come: Portae Sapientiae, Fortalitium, Gymnasium Universitatis, Bonum Macro-micro-cosmicon, Harmonia utriusque Cosmi, Christiano-Cabalisticum, Antrum naturae, Tertrinum catholicum, Pyramis triumphalis, ecc. A tutti coloro che avevano acquistato qualcosa si proibì di aprire la scatola; perché la forza di questa sapienza segreta, fu detto loro, era tale da operare penetrando attraverso l'involucro; ma se si apriva la scatola, si sarebbe volatilizzata e dileguata. Nondimeno, alcuni dei più curiosi non poterono trattenersi dalPaprirle, e, trovandole completamente vuote, le mostravano ad altri; questi a loro volta aprivano la propria e non vi trovavano nulla. Allora gridarono: «Frode, frode!» e parlavano furibondi con colui che aveva venduto le mercanzie: ma egli li calmò, dicendo che queste erano le più segrete tra le cose segrete ed erano invisibili a tutti, tranne ai «Filii scientiae»; perciò se uno solo su mille otteneva qualcosa, n o n e r a colpa sua. . . . . . . . . . . . . . [EventusFamaé]. '; . - ,:: E la maggior parte si lasciò calmare da queste parole. L'uomo se ne andò e gli spettatori, con umori diversi, si dispersero in varie direzioni: finora non sono stato in grado di accertare se alcuni abbiano scoperto qualcosa su questi misteri. So solo che tutto ritornò tranquillo. Quelli che prima avevo visto correre qua e là, li vidi poi seduti negli angoli con la bocca chiusa, così pareva: sia che fossero stati ammessi ai misteri (come alcuni credevano), e fossero tenuti a mantenere il giuramento di tacere, sia che (come sembrava a me, guardando senza occhiali) si vergognassero delle loro speranze e delle loro inutili fatiche. Poi tutto svanì e ritornò la quiete, come dopo una tempesta scompaiono le nuvole, senza che piova. Ed io dissi alla mia guida: - Allora da questo non ne verrà nulla? Ah, povere mie speranze! Perché anch'io, vedendo tali aspettative, mi ero rallegrato contando di trovare nutrimento adatto al mio spirito -. L'interprete rispose: - Chi lo sa? Può darsi che qualcuno riesca ancora in questo. Forse questi uomini conoscono l'ora in cui dovrebbero svelare queste cose a qualcuno. - Sono io che devo aspettarmi questo? - dissi. - Proprio io che, fra tanti che sanno più di me, non conosco un solo esempio di qualcuno che ci sia riuscito? Non voglio continuare ad aspettare qui. Passiamo oltre ". r ? 197 dell'impressione profonda suscitata dal primo manifesto è assai notevole. Poi venne lo squillo del secondo manifesto, che prometteva una conoscenza segreta, derivata dai tesori della nuova filosofia - forse un'allusione all'estratto della Monas hieroglyphica di Dee, pubblicato con la Confessici. Gli squilli dei due manifesti sono accompagnati da un profluvio di altra letteratura rosacrociana. I titoli delle «scatole», ossia dei libri rosacrociani di maggiore successo, sono facilmente riconoscibili come veri titoli rosacrociani o loro strette parodie. Un pamphlet dal titolo Fortalitium scientiae, attribuito a Hugo de Alverda, un chimerico personaggio rosacrociano, che si diceva fosse assai vecchio, fu pubblicato nel 161/20. Un Portus tranquillitatus apparve nel 1620 21 .1 titoli macromicrocosmici alludono, probabilmente, a Fludd, e YHarmonia utriusque cosmi è infatti il titolo delle opere pubblicate da Fludd a Oppenheim nel 1617-19. Il giovane Comenio si era immerso, evidentemente, in tutta questa letteratura e riponeva in essa grandi speranze. Poi venne la reazione, il venir meno di tutta l'emozione e il disappunto e la delusione di coloro che avevano creduto di essere sulla soglia di una nuova età. Si può presumere che Comenio abbia vissuto queste esperienze in Boemia e che descriva appunto le reazioni all'entusiasmo rosacrociano nel suo paese. Le successive esperienze del Pellegrino nel 'Labirinto del mondo sono egualmente tristi, soprattutto quando visita le vie delle varie religioni e sette, e nota le loro feroci dispute. Ha anche un'esperienza particolarmente inquietante. Ora accadde che in mia presenza un trono regale vacillasse improvvisamente, andasse a pezzi e crollasse al suolo. Poi udii un rumore tra la folla, mi guardai attorno e vidi che conducevano un altro principe e lo mettevano sul trono, proclamando con grande gioia che le cose ora sarebbero state diverse da prima; e ognuno, rallegrandosi, sosteneva e rafforzava il nuovo trono quanto più poteva. Ora io, pensando che fosse giusto agire per il bene comune (perché così dicevano), mi avvicinai e contribuii con un chiodo o due a rendere più saldo il nuovo trono; per questo alcuni mi loda- ;-' Così Comenio dà conto dell'entusiasmo rosacrociano. Prima sente lo squillo di tromba della Fama, e la sua descrizione 19 COMENIO E LA VOCE ROSACROCIANA IN BOEMIA COMENIO, II labirinto del mondo cit. (tràd. Lutzow, pp. 150-56). 20 « RHODOPHILUS sTAUROPHORUS », Fortalitium scientiae, 1617. Cfr. WAITE, The Brotherhood of thè Rosy Cross cit., p. 264. 21 «IRENAEUS AGNOSTUS», Liber T... oder Portus tranquillitatus, 1620. Cfr. WAITE, The Brotherhood of thè Rosy Cross cit., p. 251. 198 CAPITOLO DODICESIMO ;i remo, mentre altri mi guardarono con sospetto. Ma intanto l'altro , principe si era ripreso e con i suoi uomini ci assali con bastoni, ';_ percuotendo tutta la moltitudine, finché questa non fuggì, e molti persero anche la vita. Sconvolto dalla paura, persi quasi conoscen• •' za, finché il mio amico Cercatutto, sentendo che stavano indaganti do su chi aveva dato aiuto e rafforzato l'altro trono, mi consigliò , -, di fuggire22. ? Come fa osservare una nota nella traduzione inglese del Labirinto, Comenio si riferisce qui alla temporanea cacciata degli Austriaci dalla Boemia e al breve regno di Federico del Palatinato. Dal passo si deduce chiaramente che Comenio aveva sostenuto in qualche modo il regime di Federico e aveva contribuito con un chiodo o due a rafforzare il nuovo trono. Il Labirinto del mondo dimostra che il disastro subito da Federico fu un'esperienza sconvolgente per Comenio, un avvenimento deprimente e deludente, come il fallimento e il graduale esaurimento dell'entusiasmo rosacrociano e delle speranze che aveva destato. I due fatti erano certamente connessi, come dimostrano le visioni di Kotter, che collegano le «rose» e i «leoni». Nel Labirinto Comenio rivive gli anni della speranza rosacrociana, seguiti dal fallimento disastroso di Federico. Questi avvenimenti lasciarono una traccia indelebile di sofferenza e si conclusero con il disgusto per l'intero mondo e le sue labirintiche vie. Il Pellegrino aveva visto cose terribili. Vide avanzare un grande esercito e punizioni orribili inflitte ai ribelli. Vide la morte e la distruzione, la peste e la carestia, il disprezzo per la vita umana e per tutto ciò che può recare conforto all'uomo, invece di azioni costruttive per la vita umana e di conforto umano, come Comenio e i suoi antichi amici avevano auspicato. Vide, in poche parole, gli inizi della guerra dei Trenta anni. Poi, incapace di sopportare tale vista e di tollerare più a lungo il dolore del mio cuore, fuggii con il desiderio di trovar rifugio in /', qualche deserto, o, meglio, se possibile, di fuggire dal mondo a. Guardandosi intorno, e non vedendo se non morti e morenti, sopraffatto da pietà e paura, gridò: 22 23 COMENIO, II labirinto del mondo cit. (trad. Liitzow, p. Ibid., p. 274. .... „ . . <. COMENIO E LA VOCE ROSACROCIANA IN BOEMIA 199 Oh, genere umano, quanto sei infelice, miserabile e disgraziato! È questa la tua ultima gloria? È questa la conclusione delle tue tante splendide gesta, è questo il termine del tuo sapere e la grande saggezza, di cui meni tanto vanto? Udì allora una voce gridare: «Ritorna! », e guardatosi intorno non vide nessuno; di nuovo la voce gridò: «Ritorna! » e poi ancora: «Ritorna da dove sei venuto, alla casa del cuore, e poi chiudi le porte dietro di te! » 24 . Il Pellegrino si ritira nel cuore, è accolto con parole gentili e amorevoli e si abbandona completamente a Gesù. Gli atteggiamenti intellettuali e religiosi di Comenio sono assai vicini a quelli di Andreae e le esperienze che i due uomini hanno fatto nella loro vita corrono parallele. Questo perché, a mio giudizio, essi hanno condiviso le speranze originali espresse nei manifesti rosacrociani, speranze di realizzare un nuovo movimento universale di riforma e di progresso della conoscenza per l'umanità. Ambedue hanno osservato con apprensione l'esaltazione destata dai manifesti e il modo in cui il movimento divenne incontrollabile e pericoloso. La narrazione di Comenio di questi sviluppi è molto simile all'apprensione manifestata da Andreae all'ingresso di molti altri attori nel teatro del ludibrium rosacrociano. Il movimento prese una direzione diversa da quella che si aspettavano coloro che 10 avevano iniziato, e divenne dannoso alla causa che esso doveva servire. Apprendiamo questo sia da Andreae, sia da Comenio. E ambedue questi idealisti religiosi furono sconvolti dal disastro della guerra e dal crollo di Federico in Boemia. 11 racconto del danno arrecato alle biblioteche e agli studi, delle indicibili sofferenze degli studiosi, è uguale in Germania e in Boemia. E sia Andreae, sia Comenio trovano il loro ultimo rifugio nella loro pietà evangelica. Andreae sostituisce al ludibrium rosacrociano la «Societas christiana». Comenio si ritira nel suo cuore per trovarvi Gesù. La vena di pietà, espressa nel motto rosacrociano «lesus mihi omnia», diviene per entrambi dominante, e lo scherzo che ha per oggetto Christian Rosenkreutz e il suo Ordine benefico, tristemente frainteso, dev'essere abbandonato. I movimenti dello spirito e gli avvenimenti storici descritti nel Labirinto del mondo sono 24 COMENIO, II labirinto del mondo cit. (trad. Lutzow, pp. 276-77). 200 •ft AVKU'DOK CAPITOLO DODICESIMO quelli attraverso i quali Andreae e tutto il suo gruppo dovettero passare. La filosofia di Comenio, già in via di sviluppo subito dopo la sua visita a Heidelberg, e svolta più a fondo nei successivi, anni d'esilio, fu da lui chiamata «pansofia». Usato per la prima volta nel Rinascimento dal filosofo platonico-ermetico Francesco Patrizi25, il termine «pansofia» esprime una dottrina di armonie universali e una connessione fra il mondo interiore dell'uomo ed il mondo esterno della natura: insomma, una filosofia macro-microcosmica. Fludd aveva chiamato le sue dottrine «pansofia» e aveva detto che gli sembrava che i manifesti rosacrociani esprimessero una visione analoga26. Ora possiamo renderci conto come Comenio e la sua pansofia derivino direttamente dal movimento rosacrociano, quale può essere adesso interpretato. L'ultima o quasi l'ultima esperienza descritta da Comenio nel Labirinto è una visione di angeli: Ora nulla al mondo appariva esposto e soggetto a diversi pericoli quanto la pia comunità, che il diavolo ed il mondo guardavano con rabbia, minacciando di colpirla e di sgominarla... Vidi tuttavia che era ben protetta, poiché tutta la comunità era circondata da un muro di fuoco. Quando mi avvicinai, mi accorsi che questo muro si muoveva, poiché esso era nient'altro che una processione di migliaia e migliaia di angeli, che si aggirava intorno ad essa; nessun nemico, dunque, poteva avvicinarsi. Ognuno poi aveva un proprio angelo, che Dio gli aveva assegnato e imposto come custode. Vidi anche... un altro vantaggio di questa santa, invisibile società, ossia che gli angeli non solo proteggevano, ma anche istruivano gli eletti. Spesso impartiscono loro la conoscenza segreta di varie cose e insegnano loro i profondi e segreti misteri di Dio. Perché, contemplando sempre l'immagine di Dio onnisciente, nulla di ciò che un uomo pio può desiderare di sapere è segreto a loro e con il permesso di Dio essi rivelano quello che sanno...27. Se seguiamo le avventure di Comenio nel Labirinto del mondo sino alla fine del libro, con la sua ripetuta insistenza «sull'ufficio degli angeli», potremo scorgere un altro aspet25 Uno dei libri della Nova de universi* philosophia (1592) di Patrizi è intitolato Pansophia. Patrizi aveva consigliato l'insegnamento della filosofia ermetico-platonica quale mezzo per ricondurre la gente alla Chiesa, più efficace delle «censure ecclesiastiche» o della «forza delle armi»; cfr. YATES, Giordano Bruno cit., p. 345 [trad. it., p. 374]. 26 Cfr. p. 92. 27 COMENIO, II labirinto del mondo cit. (trad. Lutzow, pp. 321-22). COMENIO E LA VOCE ROSACROCIANA IN BOEMIA 201 to del movimento rosacrociano, attraverso il quale esso era passato e che Comenio descrive così vivacemente nella prima parte del suo libro. L'angelologia era un ramo importante degli studi rinascimentali. La Kabbalah asseriva d'insegnare un modo per avvicinare gli angeli e di spiegare minutamente le loro gerarchie e le loro funzioni. Il cabbalista cristiano identificava gli angeli della Kabbalah con le gerarchie angeliche cristiane esposte dallo Pseudo-Dionigi. L'insistenza degli scritti ermetici sui «poteri» divini era una filosofia emanazionistica, che venne facilmente inserita nella Kabbalah cristiana. L'immensa importanza di questo movimento nel Rinascimento è difficile da valutare. Quando John Dee associò le visioni angeliche con la sua opera di scienziato e di matematico, si muoveva in una concezione che metteva in evidenza il potere d'insegnamento degli angeli, e la scienza angelica era, per Dee, soltanto il ramo più elevato dell'insieme dei suoi studi scientifici. Dee sembra solo un eccentrico quando viene isolato dalla tradizione angelologica rinascimentale. Il movimento rosacrociano era permeato dall'angeologia ermetico-cabbalistica cristiana: la Christianopolis di Andreae, con la sua particolare insistenza sulla scienza, la tecnologia, la filantropia nella città ideale, è fondata sul ministero angelico quale struttura di base; nel Labirinto, Comenio indica esplicitamente la funzione di insegnamento del ministero degli angeli. Sebbene Andreae e i suoi seguaci - fra cui Comenio - si allontanassero dallo screditato nome «rosacrociano» durante gli anni di guerra, tuttavia l'ideale utopistico di una illuminata società filantropica, in contatto con agenti spirituali, non venne abbandonato. Al contrario, l'idealismo utopistico delle società cristiane di Andreae fu una delle grandi forze segrete degli anni di guerra, propagato da uomini come Comenio, Samuel Hartlib, John Dury, che avevano tutti subito l'influsso di Andreae ed erano eredi del movimento riformatore, incorso, nella sua veste rosacrociana, in tanta catastrofe. DAL COLLEGIO INVISIBILE ALLA ROYAL SOCIETY Capitolo tredicesimo i- «v- Dal Collegio Invisibile alla Royal Society Negli anni successivi al 1620 le forze congiunte della potenza asburgica e della Controriforma cattolica giunsero quasi a una vittoria assoluta. Pareva che la Riforma stesse per essere annientata in Europa e che vi fosse poco posto al mondo per un Leone fallito, per l'ex re di Boemia, che, perdute tutte le sue terre e privato dell'elettorato, viveva all'Aia nella miserabile condizione, priva di ogni autonomia, propria del rifugiato. L'Aquila aveva dunque trionfato. Federico continuò a prendere parte alle campagne per ricuperare il Palatinato e continuò a conoscere insuccessi. Eppure quest'uomo rappresentava qualcosa. Il suo fallimento e il suo stato disperato rappresentavano il fallimento e lo stato disperato dell'Europa protestante. Per molti Inglesi rappresentava il disonore e la vergogna: la vergogna per l'abbandono da parte degli Stuart, successori della regina Elisabetta, della sua funzione protettrice dell'Europa protestante. Non è facile comprendere il carattere di Federico. Era certamente un ben modesto generale, un uomo politico ingenuo, un leader inefficiente. Ci viene presentato come un uomo debole, dominato dalla moglie e da Anhalt, privo di volontà e giudizio personali. Ma quali erano, ad esempio, le sue propensioni religiose o intellettuali? Nessuno, credo, si è posto tale problema. Quelli che lo videro a Heidelberg prima della guerra, erano rimasti colpiti dalla sua schiettezza. E, infatti, la sua schiettezza d'animo non è mai stata messa in dubbio, ma qualche accusa della propaganda a lui ostile, interessata a presentarlo come un uomo sciocco e debole, gli è rimasta appiccicata per sempre. Il suo caso è abbastanza simile a quello di Enrico III di Francia, la cui natura religiosa, in- 203 tellettuale, artistica e contemplativa è rimasta travisata nella storia dalla satira dei suoi avversari. Il ritratto di Federico, dipinto da Honthorst all'Aia dopo i disastri (tav. 45 ), può essere stato un po' idealizzato, ma può anche avere colto la tragedia spirituale di quest'uomo. Vi è qui l'esponente di un'antica famiglia imperiale tedesca, la dinastia dei Wittelsbach, più antica degli Asburgo, che (possiamo forse congetturare) ha compreso il significato religioso e mistico di un destino imperiale e ha sofferto più che una tragedia personale, un martirio. Il suo non è il volto tipico di un calvinista, ma il calvinismo, nel Palatinato, era il veicolo di tradizioni mistiche, della tradizione rinascimentale ermetico-cabbalistica, particolarmente sviluppatasi in questo paese. Il consigliere spirituale di Federico era un «orientalista»; forse, come Rodolfo II, cercava una soluzione esoterica al problema religioso. Il suo volto è dolce e gentile. Qualsiasi cosa vi si possa leggere, a ragione o a torto, chiunque abbia osservato i ritratti dei vari principi tedeschi della guerra dei Trent'anni può rendersi subito conto che Federico dovette essere di uno stampo del tutto diverso da quello che generalmente si ritrova fra costoro. Dopo che la guerra ebbe infierito per dieci anni, con risultati disastrosi per i protestanti, alla fine giunse dal Nord un Leone liberatore. Le vittorie di Gustavo Adolfo, re di Svezia, salvarono la causa protestante. Anche se la guerra infuriò ancora per molti terribili anni, Gustavo Adolfo aveva dato scacco alla potenza asburgica e grazie a lui era certo che il protestantesimo sarebbe sopravvissuto in Europa. Federico ritornò in Germania, rivide il suo Palatinato distrutto e fu assai ben accolto da Gustavo, che riconobbe la sua posizione di capo dei principi protestanti tedeschi1. Il Leone sconfitto e il Leone vittorioso si salutarono: fatto singolare, morirono entrambi nello stesso mese di novembre nel 1632, Federico per la peste che infieriva sul paese devastato, Gustavo invece cadendo mortalmente ferito nella battaglia di Liitzen. Il re di Boemia e il re di Svezia furono commemorati insieme in un 1 Sull'incontro tra Federico e Gustavo, cfr. GREEN, Elizabetb Electress Palatine and Queen of Bohemia cit., p. 288. 204 CAPITOLO TREDICESIMO sermone funebre pronunciato all'Aia2. Ed è curioso notare che, non solo entrambi furono salutati come Leoni, ma che tutto l'apparato di stelle nuove, di compimento di profezie, ecc., fu usato per entrambi, sebbene uno fosse riuscito dove l'altro aveva fallito. Il culto di Gustavo Adolfo in Inghilterra mantenne vivo il ricordo del suo predecessore nel ruolo di Leone, il cui fallimento era stato attribuito da molti al suo abbandono da parte di Giacomo 13. A maggior ragione la vedova di Federico, ex regina di Boemia, rappresentò per i simpatizzanti inglesi la politica di sostegno all'Europa protestante, che, secondo loro, avrebbe dovuto essere la politica di Giacomo I nei confronti della figlia e del genero. La regina di Boemia, povera ed esule all'Aia, costituiva un rimprovero vivente per quanti la pensavano così. Dopo la morte di Federico, Elisabetta regnò da sola all'Aia, regina senza regno, in grande miseria, mantenuta dalla carità olandese e da pensioni pagate saltuariamente dall'Inghilterra, senza territorio e senza possedere nulla se non la sua personalità regale e la sua numerosa e regale prole per sostenerla. Possiamo vederla nei primi anni della sua vedovanza come ce la raffigura Honthorst, all'Aia (tav. 46), stanca, ma indomita. Sebbene spesso accusata di frivolezza e di amore del piacere, Elisabetta in realtà aveva un carattere fortissimo, e non venne piegata da tutte quelle terribili prove. Senza dubbio l'orgoglio la sostenne, ma era stata educata con cura nei principi della Bassa Chiesa anglicana da quelle brave persone che erano gli Harrington. È così che la vediamo nel ritratto di Honthorst, triste, ma dignitosa, in un giardino sito su una collina, con un fiume che scorre oltre la collina (forse una reminiscenza di Heidelberg? ), mentre coglie una rosa. Negli ultimi tempi del regno di suo padre, Giacomo I, durante il regno di suo fratello, Carlo I, tutti gli anni delle guerre civili e della Repubblica inglese, fino alla restaurazione del nipote, Carlo II, Elisabetta mantenne all'Aia la sua corte povera, ma fiera, e in tutto quel tempo nessuno si dimenticò mai 2 La traduzione inglese venne pubblicata a Londra nel 1633; cfr. E. SEATON, Literary Relations of England and Scandinavia in thè Seventeenth Century, London 1935, p. 79. 3 Vedi i panegirici di Gustavo Adolfo, pubblicati in Inghilterra, a cui si riferisce SEATON, Literary Relations of England and Scandinavia in thè Seventeenth Century cit.,p. 83. ...•./*...... . .. .. . . . .,.,,^\ DAL COLLEGIO INVISIBILE ALLA UOYAL SOCIETY 205 di lei in Inghilterra. Per il suo aspetto regale era infatti indimenticabile. Se suo fratello Carlo fosse morto in giovane età era malaticcio e non ci si aspettava che vivesse a lungo - sarebbe salita al trono come regina di Gran Bretagna. Se Carlo non avesse avuto figli, o se i suoi figli fossero morti prima di lui, Elisabetta gli sarebbe succeduta, o se non fosse stata in vita, gli sarebbe succeduto il figlio primogenito. In contrasto con il padre e con il fratello, la regina di Boemia era straordinariamente ricca di figli. Quanti in Inghilterra (ed erano numerosi) non erano soddisfatti della politica contro il Parlamento e antipuritana, o addirittura potenzialmente papista di Giacomo I e di Carlo I, guardavano con simpatia alla famiglia reale protestante che risiedeva all'Aia e che rappresentava una possibile successione al trono. Negli anni che seguirono fu appunto tra i discendenti di Elisabetta di Boemia che venne cercata e trovata una successione protestante. La sua dodicesima e ultima figlia, nata all'Aia nel 1630, era diventata Sofia di Brunswick, elettrice di Hannover, e suo figlio Giorgio I divenne il primo re della Casa di Hannover in Gran Bretagna. Gli Inglesi che passavano per l'Aia andavano a presentare i propri ossequi alla regina di Boemia. Possiamo citare, ad esempio, il diario di John Evelyn, in data «luglio 1641 »: Arrivato all'Aia, andai prima di tutto alla corte della regina di Boemia, dove ebbi l'onore di baciare la mano di Sua Maestà e di alcune delle principesse, sue figlie... Era un giorno di lutto per la regina, a causa della morte sfortunata di suo marito e [la stanza] era stata parata di velluto nero sin dalla sua morte...4. Elisabetta non solo era popolare tra i monarchici fedeli di tendenza protestante; era popolare anche tra i parlamentari. I Parlamenti sotto Giacomo e Carlo avevano sempre simpatizzato con lei, e quando il Parlamento abbattè la monarchia, i parlamentari continuarono ad avere riguardo per Elisabetta di Boemia. In realtà, c'è da chiedersi se vi sarebbe mai stata una rivoluzione qualora Elisabetta fosse salita al trono. I parlamentari e lo stesso Oliver Cromwell non si opponevano infatti alla monarchia in quanto tale. Oliver Cromwell giudicava la monarchia di tipo elisabettiano come la migliore forma di governo. Ci si opponeva ai monarchi che cercavano di go4 j. EVELYN, Diary, ed. E. C. de Beer, Oxford 1955, voi. II, pp. 33-34. 206 CAPITOLO TREDICESIMO vernare senza il Parlamento e la cui politica estera non era diretta a sostenere la causa protestante in Europa. Elisabetta Stuart era immune da questo tipo di accuse rivolte contro i suoi regali parenti: essa e suo marito rappresentavano anzi il tipo di politica estera che i Parlamenti avrebbero richiesto a Giacomo e a Carlo. Non sorprende, quindi, che il Parlamento rivoluzionario abbia riconosciuto i diritti della regina di Boemia e le concedesse il proprio appoggio. La pensione che aveva ricevuto da Carlo I venne continuata dal Parlamento. E dalla sua corte dell'Aia, Elisabetta si trovò nella condizione di poter seguire le vicende inglesi senza perdere completamente il contatto con le due parti in lotta. Sebbene fosse rimasta assolutamente ferma nelle sue simpatie per il fratello Carlo e fosse inorridita per la sua morte, alcuni aspetti del pensiero parlamentare e cromwelliano non divergevano molto dalla sua posizione. Questa ambivalenza della Casa palatina e la sua abilità nel far coesistere punti di vista assai diversi nell'ambito di una famiglia può essere studiata attraverso le vite dei figli più famosi di Elisabetta. Il principe Carlo Ludovico, il figlio maggiore, erede del titolo elettorale e del Palatinato (la pace di Miinster del 1648, che pose fine alla guerra dei Trent'anni, lo reintegrò parzialmente nell'eredità paterna), era un intellettuale, aperto a nuove idee sull'istruzione e sull'applicazione utilitaria della scienza, e manifestò una certa propensione per la parte parlamentare, dove proliferavano nuove idee e dove egli contava molti amici interessati a reintegrarlo nei suoi domini. Il principe Ruperto, invece, monarchico convinto, divenne famoso per il suo coraggio nelle cariche di cavalleria dalla parte del re. Ma anch'egli aveva interessi intellettuali, e si vuole che abbia inventato l'incisione a mezza tinta. La corte di Elisabetta di Boemia all'Aia è un argomento che attende una seria indagine storica. Anche se M. A. Green ha raccolto molto materiale documentario e il suo libro è ancora prezioso, il suo fine resta quello di narrare in modo semplice e romanzesco la storia di una vedova regale. Il primo storico, per quanto ne so, a suggerire un approccio più profondo, è H. Trevor-Roper, che ha osservato brevemente come il più importante protettore laico dei «tre stranieri», Hartlib, Dury e Comenio fosse . . , . , . DAL COLLEGIO INVISIBILE ALLA ROYAL SOCIETY 207 Elisabetta, regina di Boemia, la sorella del re, il rappresentante reale dell'opposizione, colei che riceveva una pensione dal Parlamento durante la guerra civile. Con lei vi sono i due sostenitori diplomatici, Sir William Boswell, esecutore di Francis Bacon, ora ambasciatore all'Aia, dove la regina in esilio teneva la sua corte e Sir Thomas Roe, precedentemente ambasciatore di Gustavo Adolfo 5 . Queste poche parole sono sufficienti per fissare le linee generali che un nuovo approccio storico alla corte di Elisabetta all'Aia dovrebbe seguire. Esso dovrebbe mettere insieme i nomi degli Inglesi importanti e autorevoli con cui ella era strettamente in contatto e per i quali costituiva un simbolo della tradizione «elisabettiana» della monarchia. Dovrebbe tener conto del fatto che, come vedova di Federico, Elisabetta aveva un significato per l'Europa, non meno che per l'Inghilterra. I profughi del Palatinato, della Boemia, di ogni angolo d'Europa colpito dalla guerra si recavano presso Federico all'Aia e continuarono a recarsi presso la sua vedova, quantunque Elisabetta non fosse in grado di fare nulla per loro finanziariamente. Eppure essa rappresentava, per così dire, il legame ideologico attraverso il quale il pensiero dei tre «stranieri», Hartlib, Dury e Comenio, poteva adattarsi al clima di un'Inghilterra che si stava liberando dal dispotismo monarchico. Samuel Hartlib giunse in Inghilterra nel 1628, dopo la conquista da parte dei cattolici di Elbing, nella Prussia polacca, dove egli era stato il centro di una società mistica e filantropica. Non abbiamo che poche o confuse notizie su questo gruppo, ma pare si trattasse di un'« Antilia», ossia di qualcosa di simile alle Unioni cristiane di Andreae, i gruppi che avevano respinto il ludibrium rosacrociano, pur continuando a perseguirne gli ideali6. Il «termine» per distinguere il gruppo di Hartlib era «Antilia» e non «Rosa-Croce», sebbene Hartlib in tutta la sua vita e in tutta la sua opera ci appaia assai simile a ciò che sarebbe potuto essere un Fratello Rosa-Croce, se questi fossero stati reali e non invisibili. Arrivato in Inghilterra, Hartlib riunì vari profughi dalla 5 TREVOR-ROPER, Religion, thè Reformation and Social Change cit., p. 256. .<••• ,,. 6 Cfr.p. 181. ' : - : : , . ; ,v 208 CAPITOLO TREDICESIMO Polonia, dalla Boemia e dal Palatinato, e fondò una scuola a Chichester, ritornando a Londra solo nel 1630'. Aveva già manifestato quella che doveva essere la missione della sua vita: l'instancabile tentativo di organizzare iniziative filantropiche, educative e scientifiche, legate da un intenso, sebbene invisibile (nel senso di non settario) entusiasmo religioso. John Dury 8 , uno scozzese, ma quasi uno «straniero» per i numerosi anni da lui trascorsi all'estero, incontrò Hartlib a Elbing, e ne condivise con entusiasmo i progetti idealistici. Era in stretto contatto con Elisabetta di Boemia e con il suo consigliere Sir Thomas Roe e prese parte attiva alla restaurazione di suo figlio, Carlo Ludovico, nel Palatinato, come del resto fece anche Hartlib ". Comenio, il più celebre e fecondo dei tre, dopo la sua esperienza boema, di cui abbiamo già dato qualche notizia, lasciò il suo paese natale nel 1628, per non ritornarvi più; andò in Polonia, dove fondò una comunità di Fratelli Boemi in esilio e cominciò a pubblicare le sue opere pedagogiche. Sempre in Polonia, cominciò anche a insegnare la sua «pansofia». Questi tre uomini appartenevano tutti a un'età che aveva conosciuto le esaltazioni dell'entusiasmo rosacrociano, le sue voci di riforma universale e di progresso del sapere, ed è probabile che abbiano capito molto meglio di noi il significato del mistero dei Fratelli Rosa-Croce e del loro Collegio Invisibile. I disastri del 1620 e degli anni seguenti li avevano strappati dal loro paese e li avevano trasformati in profughi erranti. Questi erano gli uomini che giunsero in Inghilterra e cercarono di diffondervi la riforma universale, il progresso del sapere e altri ideali utopistici. Rappresentavano la Boemia e la Germania nell'esilio e nella dispersione e se aggiungiamo a loro Theodor Haak, l'agente di Comenio in Inghilterra, ab7 TREVOR-ROPER, Religion, thè Reformation and Social Change cit., pp. 249 sgg.; WEBSTER, Samuel Hartlib cit., pp. i sgg. 8 TURNBULL, Hartlib, Dury and Comenius cit., pp. 127 sgg.; TREVORROPER, Religion, thè Reformation and Social Change cit., pp. 251 sgg. 9 Nelle lettere di Dury vi sono allusioni continue a Carlo Ludovico e alla necessità di restaurarlo nel Palatinato (cfr. Turnbull, indice, s. v. «Carlo Ludovico, elettore palatino»). Nel 1637 Carlo Ludovico accordò un privilegio ufficiale ad Hartlib, inserendolo tra gli «incaricati dell'elettore palatino, considerati i servigi resi agli esuli del Palatinato e la reputazione acquistata tra gli uomini importanti» (TURNBULL, Hartlib, Dury and Comenius cit., pp. 2, 111-12). DAL COLLEGIO INVISIBILE ALLA ROYAL SOCIETY 209 biamo rappresentato anche il Palatinato, perché Haak era un profugo di quella regione10. Nel 1640 si riunì il Lungo Parlamento, inasprito per la lunga esclusione del Parlamento dagli affari della nazione, inasprito per la politica interna perseguita dalla monarchia e inasprito soprattutto per la sua politica estera, che era stata una politica di «pace con ignominia, mentre la causa del protestantesimo stava per soccombere all'estero» ". Quando, con l'esecuzione di Strafford, sembrò che questo Parlamento avesse abbattuto la «tirannide», parve aperta la via per un nuovo periodo delle vicende umane. Si produsse uno stato d'animo di grande entusiasmo, i pensieri si rivolsero a visioni di riforma universale nell'istruzione, nella religione, nel progresso del sapere per il bene dell'umanità. A questo Parlamento Samuel Hartlib dedicò un'utopia, A Description of thè Famous Kingdome of Macaria a. Egli definisce la sua concezione «un romanzo» e la paragona alle opere di Thomas More (Macaria è il nome della terra immaginaria nell'Utopìa di More) e di Francis Bacon. L'opera fantastica o il ludibrium di Hartlib (egli non usa questa parola) ci mostra una di quelle terre di sogno, care all'età rosacrociana, dove ogni cosa è perfettamente ordinata, il sapere è assai progredito, la pace e la felicità regnano come nel Paradiso prima della Caduta, ma i consigli di Hartlib hanno carattere più pratico di quelli degli utopisti che lo hanno preceduto. Egli pensa non solo al millennio, ma anche alla possibile legislazione riformatrice che questo Parlamento potrebbe veramente attuare, e confida che questo Parlamento «poserà la prima pietra della felicità del mondo, prima che questo si estingua...»13. In quest'ora emozionante, quando sembrava che l'Inghilterra potesse essere la terra scelta da lehova per essere la scena del rinnovamento di tutte le cose, quando cominciava a profilarsi la possibilità che in questo paese le repubbliche im10 TREVOR-ROPER, Religion, thè Reformation and Social Change cit., p. 289; WEBSTER, Samuel Hartlib cit., p. 32. Come Hartlib, Haak ebbe una carica11diplomatica semiufficiale, conferitagli dall'elettore palatino. TREVOR-ROPER, Religion, thè Reformation and Social Change cit., p. 237. Macaria è ristampato in WEBSTER, Samuel Hartlib cit., pp. 79 sgg. CAPITOLO TREDICESIMO 210 maginarie potessero diventare reali, e i Collegi Invisibili, Collegi reali, Hartlib scrisse a Comenio e lo esortò a recarsi in Inghilterra per assisterlo nella grande opera. Benché non fosse il Parlamento a prendere in effetti l'iniziativa dell'invito, vi era nei confronti di questo una buona disposizione generale, e così era pure per l'invito rivolto a Dury. In un sermone indirizzato al Parlamento nel 1640, Comenio e Dury erano menzionati come i filosofi da seguire nelle future riforme. Comenio, allora in Polonia, ne fu felicissimo: credeva di avere un mandato del Parlamento per costruire in Inghilterra la Nuova Atlantide di Bacon. Comenio fu accolto calorosamente in Inghilterra da Haak del Palatinato e ricevuto ufficialmente con un sontuoso banchetto offerto da John Williams, vescovo di Lincoln ", che dimostrò un'incondizionata amicizia al profugo per motivi religiosi. Questo accadeva nel 1641, l'anno in cui Hartlib pubblicò Macaria e John Dury un'opera animata da analogo ottimismo, che profetizzava il progresso del sapere, l'unità protestante ed esortava a ristabilire nel Palatinato il figlio maggiore della regina di Boemia K. In quell'anno di esultanza e di attesa gli spiriti più appassionati confidavano che potesse avvenire in Inghilterra una nuova riforma generale in modo incruento, senza guerra e senza le sofferenze che la Germania aveva oatito e stava patendo. Fu questo l'anno dell'esaltazione di Milton per una riforma generale dell'istruzione e in tutti i settori della vita. Era come se la gente fosse molto impaziente di cogliere la occasione, perduta negli anni precedenti, per una riforma e un progresso generali proclamati dai manifesti rosacrociani, l'occasione perduta in Germania per il crollo del movimento federiciano. Coloro che avevano subito quell'amara delusione, vennero allora in Inghilterra e coloro che in Inghilterra avevano amaramente rammaricato che quel movimento non fosse stato sostenuto, diedero loro il benvenuto. Si diffuse nuovamente un'euforia di tipo rosacrociano, la sensazione che fosse prossima una nuova età nella storia del mondo. E va notato come il linguaggio di Comenio echeggi i temi e gli 14 267.15 TEEVOR-ROPER, Reltgjon, thè Reformation and Social Change dt.5;,p. Ibid., pp. 269-70. DAL COLLEGIO INVISIBILE ALLA ROYAL SOCIETY 211 entusiasmi di quel primo periodo nel suo libro La via della luce, che egli scrisse in Inghilterra nel 1641, ma che venne pubblicato solo più tardi. Il mondo, dice Comenio all'inizio di questo libro, è come una commedia che la divina sapienza rappresenta con gli uomini in ogni paese. La commedia è ancora in scena; non siamo ancora giunti alla fine del racconto e sono imminenti maggiori progressi ancora nella conoscenza dell'uomo. Dio ci promette il supremo grado di luce alla fine ". In questo modo Comenio adatta l'analogia con il teatro, così profondamente radicata nella mente del suo primo maestro, Andreae, al tema del mondo che avanza verso un tempo di lumi universali, prima della sua fine. Quando tutti i casi e tutte le regole siano state raccolte, continua Comenio, potremo sperare di possedere, finalmente, «un'Arte delle Arti, una Scienza delle Scienze, una Saggezza della Saggezza, una Luce della Luce»17. Le invenzioni delle età precedenti, la navigazione e la stampa, hanno aperto la via per la diffusione della luce. Senza dubbio siamo all'inizio di un'epoca in cui conseguiremo progressi ancora maggiori ". I «libri universali» (i testi elementari e semplificati, proposti da Comenio per l'istruzione del popolo) faranno sì che tutti possano apprendere e partecipare al progresso. Il libro della Pansofia verrà completato. Verranno istituite le scuole della scienza universale, patrocinate da Bacon. E i profeti della scienza universale di tutte le nazioni dovranno poter comunicare l'uno con l'altro. «Perché, anche se è vero che al mondo non è mancato del tutto lo scambio di idee e di sapere, tuttavia, i metodi impiegati per comunicare non hanno avuto carattere universale». Perciò è auspicabile che «coloro che operano per la felicità e il benessere generale» siano molti. Devono essere governati da qualche ordine, «cosicché ciascuno sappia che cosa deve fare, per chi, quando e con quale aiuto lo deve fare, e così possa accingersi ad assolvere il suo compito in modo che vada a vantaggio del bene pubblico» ". Do16 COMENIO, La via della luce, trad. E. T. Campagnac, Liverpool 1938, pp. 32-33. La Via lucis fu pubblicata per la prima volta ad Amsterdam nel 1668. 17 COMENIO, La via della luce cit. (trad. Campagnac, p. 38). 18 Ibid., pp. 108 sgg. 19 Ibid., pp. 170-72. '••'•''• 212 CAPITOLO TREDICESIMO vrebbe esistere un collegio o una società sacra, dedita al benessere comune dell'umanità, e retta da alcune leggi e regole 20 . È indispensabile, perché si diffonda la luce, una lingua universale che tutti possano comprendere. I dotti del nuovo ordine si dedicheranno a questo problema. Così non solo la luce del Vangelo, ma anche la luce del sapere si diffonderà in tutto il mondo. Ovviamente vi è qui l'influenza di Bacon e i suoi progetti per collegi e organizzazioni per la diffusione della luce, «i mercanti di luce» della Nuova Atlantide. Tutti e tre gli amici - Comenio, Dury e Hartlib — si applicarono allo studio delle opere di Francis Bacon e riconoscevano in lui il grande maestro del progresso del sapere. Qui essi entrarono in contatto con il baconianesimo che aveva riacquistato nuovo vigore in Inghilterra ed era in pieno rigoglio negli anni che seguirono il 1640. Tuttavia, è certamente possibile cogliere anche un altro influsso in questo passo di Comenio. I «mercanti di luce» di Bacon si fondono qui con i Fratelli Rosa-Croce, con la piena consapevolezza - secondo il messaggio della Fama di un mondo che muove verso la luce finale, con l'intensa devozione evangelica dei manifesti rosacrociani. E abbiamo visto che lo stesso Bacon sembrava conscio di tale legame, che parti del mito della Nuova Atlantide sono in realtà modellate sul mito degli invisibili Fratelli Rosa-Croce, dei loro scopi di carità, del loro grande collegio sconosciuto al resto del mondo. Non è facile esprimere chiaramente l'idea, ma ciò che sto cercando di dire è che con l'arrivo in Inghilterra dei tre stranieri e la loro concezione forestiera del movimento per il progresso del sapere, siamo davanti al congiungersi di quelle che possono essere considerate come tendenze di un unico movimento, sviluppatosi come baconianesimo in Inghilterra, come rosacrocianesimo in Germania, sebbene le due correnti fossero in qualche modo collegate o in rapporto fra loro. I manifesti rosacrociani e una parte della letteratura dell'entusiasmo rosacrociano potevano essere informati su Bacon. E 20 COMENIO, La via della luce cit. (trad. Campggnac, p. Tff$). Peuckert (Die Rosenkreutzer cit., p. 206) ha definito giustamente la,ypa «Fama scritta da Comenio». V ,. ; .-••: DAL COLLEGIO INVISIBILE ALLA ROYAL SOCIETY 213 certo che Bacon era informato sul mito rosacrociano quando scrisse la New Atlanti*. L'anno 1641 si rivelò una falsa aurora. Il grande progredire della scienza, la diffusione della luce del millennio non era imminente. Nessuna prospettiva del genere si sarebbe pacificamente attuata in Inghilterra, senza sofferenze simili a quelle patite dalla Germania. L'Inghilterra era destinata a conoscere lunghi anni di anarchia e di lotte sanguinose. Dal 1642 fu chiaro che il paese stava andando verso la guerra civile, che il Parlamento aveva ben altro da fare che legiferare per l'età dell'oro, che la riforma universale sarebbe stata rinviata indefinitamente. I tre entusiasti si resero conto di questo. Comenio e Dury lasciarono l'Inghilterra nel 1642 per operare altrove: Comenio in Svezia, Dury all'Aia. Ma Hartlib rimase e continuò a scrivere, a progettare, a organizzare in Inghilterra società, che avrebbero potuto formare modelli per il futuro. I lettori che hanno seguito lo svolgimento di questo libro possono avere, a questo punto (come avviene a me), una curiosa impressione di de fa vu. L'esaltazione del 1641 è simile all'esaltazione destata dai manifesti rosacrociani; lo sviluppo della scienza è imminente*;Tuomo sta per accedere a sfere più vaste. Lo scoppio della guerra civile pone fine a tali vane idee, proprio come la guerra dei Trent'anni aveva soffocato le speranze rosacrociane. E il rimedio - continuare a lavorare per l'ideale, attraverso piccoli «modelli» di società migliore - è identico. Hartlib continuò in Inghilterra attraverso «Macaria», o comunque gli piacesse chiamare i suoi gruppi, lo stesso processo mediante il quale Andreae aveva ripiegato dall'ideale universale all'organizzazione di gruppi modello, di società cristiane, per le quali era stata trasmessa a Hartlib una ammirazione, prima della sua venuta in Inghilterra, attraverso «Antilia». Hartlib nutriva vivo interesse per la riforma dell'istruzione, per i piani filantropici e caritatevoli e per l'applicazione utilitaria della scienza a scopi pratici21. Era ben conscio dell'importanza della matematica per la scienza applicata ed è probabile infatti che il suo «modello» per una società miglio2 21 TREVOR-ROPER, Religion, thè Reformation and Social Change cit., pp. 49 sgg.; WEBSTER, Satnuel Hartlib cit., pp. 2 sgg. 214 CAPITOLO TREDICESIMO re sia stato più vicino a Cristianopoli che alla Nuova Atlantieie. Come abbiamo visto, Cristianopoli era un modello fornito da Andreae e si basava, come il pensiero di John Dee, su un modo di concepire la matematica sia pratico che utilitario, se applicata a miglioramenti tecnici, ma si estendeva da tali impieghi a più alte sfere astratte e angeliche. La tradizione di Dee operava ancora in Inghilterra sotto forma d'interesse per l'insegnamento della matematica e la sua applicazione utilitaria nella tecnologia. Hartlib deve aver ripreso questa tradizione in Inghilterra, sommandola alla tradizione di Cristianopoli, quale vero modello di società cristiana, che l'influsso esercitato da Andreae su di lui, prima del suo viaggio in Inghilterra, dovette imprimergli. In effetti, vari punti sembrano indicare che questo tipo di influssi deve essere stato dominante nell'opera svolta da Hartlib per il progresso della scienza. Certamente egli ammirava moltissimo la prefazione a Euclide di Dee, perché nel 1655 esortò vivamente a tradurla in latino2Ì. E tra i più importanti collaboratori e colleghi inglesi che Hartlib preferiva vi erano John Peli e William Petty, entrambi matematici e studiosi di meccanica secondo la tradizione di Dee. Sull'Idea of Mathematics di Peli (1638) la prefazione di Dee ha esercitato senza dubbio un'enorme influenza23, e Petty, come sovrintendente e competente di navigazione24 deve forse più a Dee che a Bacon. Sarei dunque portata a suggerire, almeno in via di ipotesi, che il baconianesimo «volgare» o utilitario di Hartlib non fosse affatto baconiano. Potrebbe derivare piuttosto dalla tradizione di Dee, anche se Hartlib, come i suoi amici, tende a considerare qualsiasi sforzo per il progresso del sapere come baconiano, e sebbene vi sia certamente anche un forte influsso della Nuova Atlantide alla base dell'utopismo di Hartlib. D'altra parte, l'intensa devozione cristiana di Cristianopoli, ispirata a Dee, è forse più vicina al forte pietismo e misticismo evangelico di Hartlib, che al temperamento più freddo di Bacon. Sarà ora il caso di affrontare il campo più noto dei prece22 23 24 FRENCH, John Dee cit., p. 175. Non so se qualcuno abbia già fatto notare questo fatto evidente. Su Dee, esperto di navigazione, cfr. D. w. WATERS, Thè-Èri esfNa'vigdtion in Elizabethan and Early Stuart Times, London 1958. >.; v::-1 w •*,,•. DAL COLLEGIO INVISIBILE ALLA ROYAL SOCIETY 215 denti immediati della Royal Society25, che costituisce l'obiettivo di questo capitolo. È probabile che sia possibile mettere insieme tessere già a noi familiari del puzzle, fino a giungere a uno schema più coerente. Secondo John Wallis26, alcune riunioni tenute a Londra nel 1645, durante la guerra civile, allo scopo di svolgere ricerche sulla filosofia naturale e in particolare sulla nuova filosofia sperimentale e altri campi del sapere, sono state l'origine della Royal Society. Tra quelli che parteciparono a tali riunioni, Wallis menziona il «dottor John Wilkins (che divenne in seguito vescovo di Chester), a quel tempo cappellano del principe elettore palatino a Londra», e «il signor Theodor Haak (un tedesco del Palatinato, allora residente a Londra, che, credo, offrì per primo l'occasione e per primo suggerì di tenere queste riunioni) e molti altri». L'attendibilità di questo racconto sulle origini della Royal Society è stata messa in dubbio perché queste riunioni londinesi del 1645 non sono menzionate da Thomas Sprat nella sua storia ufficiale della Royal Society. Tuttavia, ciò che risulta da questa relazione è il prevalere dell'influenza del Palatinato. Si attribuisce a Haak, un tedesco originario del Palatinato, il merito di aver dato avvio alle riunioni da cui nacque la Royal Society. E viene posto in rilievo che John Wilkins (in seguito così eminente nella Royal Society) era, al tempo in cui iniziarono queste riunioni, il cappellano dell'elettore palatino (il figlio maggiore del re e della regina di Boemia). Questo racconto sembra conferire un aspetto singolarmente «palatino» alle origini della Royal Society: diede avvio alle riunioni un tedesco del Palatinato, mentre il rappresentante della religione alle riunioni era il cappellano dell'elettore palatino. Se ora affrontiamo le successive tessere del puzzle sulle 25 La letteratura su questo soggetto è molto vasta: cfr., per esempio, C. HILL, Intellectud Origini of thè Englisb Revolution, Oxford 1965; H. LYONS, The Royal Society, Cambridge 1944; The Royal Society, its Origins and Founders, ed. Harold Hartley, London 1960. Le varie teorie sono state raccolte da PUB.VER, The Royal Society: Concepì and Creation cit. Un saggio importante è quello di p. M. RATTANSI, The Intellectud Origins of thè Royal Society, in «Notes and Records of thè Royal Society», 23 (1968). 26 Wallis scrisse due relazioni, con lievi differenze, di queste riunioni, una nel 1678, l'altra nel 1697. Per i passi citati, cfr. PURVER, The Royal Society: Concepì and Creation cit., pp. 161 sgg. 216 CAPITOLO TREDICESIMO origini della Royal Society, troviamo che esse sono costituite dalla menzione da parte di Robert Boyle, in lettere del 1646 e del 1647, di un «Collegio Invisibile». Scrivendo nell'ottobre 1646 al suo ex precettore, il giovane Boyle dice che si sta applicando allo studio della filosofia naturale secondo i principi del «nostro nuovo collegio filosofico» e chiede al precettore di inviargli libri che potrebbero essergli utili e «che vi renderanno persona sommamente gradita al nostro Collegio Invisibile». Qualche mese dopo, nel febbraio del 1647, scrivendo a un altro amico, Boyle dice: II fatto più importante è che le pietre angolari del Collegio Invisibile o (come si autodefiniscono) Filosofico, mi onorano di quando in quando con la loro compagnia... uomini dotati di tale capacità e di spirito di ricerca, che la filosofia delle scuole è solo il campo più basso della loro conoscenza; e benché ambiscano fare da guida in qualsiasi disegno generoso, pure questi uomini geniali sono talmente umili e disposti ad apprendere, che non disdegnano di ascoltare la persona più modesta, se solo costui può far valere i motivi della sua opinione; persone che si sforzano di cacciare la meschinità di spirito, praticando una carità cosf vasta da includere tutto ciò che è umano e che si accontenta solo della buona volontà universale. Infatti sono così timorosi 27 di venir meno al loro buon fine, che s'interessano a tutta l'umanità . E nel maggio 1647, probabilmente in una lettera a Hartlib, Boyle parla di nuovo del «Collegio Invisibile» e dei suoi progetti volti al bene pubblico. Questo «Collegio Invisibile» ha dato origine a molte congetture, quale possibile antenato della Royal Society. Che cos'era, dove si riuniva, chi vi apparteneva? Si riferisce a un particolare gruppo impegnato nello studio della filosofia naturale, ad esempio al gruppo che Haak aveva appena formato a Londra? O al gruppo di Hartlib? 2\ L'accenno ai suoi intenti caritatevoli si addice forse a Hartlib. Ma il termine «Collegio Invisibile» non ci suona strano: è l'antico ludibrium, il vecchio scherzo sull'invisibilità, che è sempre stato collegato ai Fratelli Rosa-Croce e al loro collegio. Descartes aveva do17 R. BOYLE, Works, ed. Thomas Birch, 1744, voi. I, p. 20. Cfr. PURVER, The Royal Society: Concepì and Creation cit., pp. 193 sgg. 16 Come ha suggerito R. H. SYFRET, The Origins of thè Royal Society, in «Notes and Records of thè Royal Society», 5 (1948). DAL COLLEGIO INVISIBILE ALLA ROYAL SOCIETY 217 vuto dimostrare la propria visibilità per evitare di esservi associato. Bacon conosceva lo scherzo; i benefici fratelli della Nuova Atlantide e il loro grande collegio erano invisibili al mondo esterno. Lo si potrebbe applicare alle attività di « Antilia» o di qualsiasi gruppo, comunque lo si volesse chiamare, derivato da Andreae. Che Boyle usi l'espressione «Collegio Invisibile», quando si riferisce al gruppo con cui è venuto in contatto, suggerisce che, anche se la parola «rosacrociano» non viene usata, Boyle e i suoi amici conoscessero abbastanza su di esso, se ricorrevano all'antico ludibrium. Abbiamo dunque in questo caso un concatenarsi di tradizioni dal movimento rosacrociano fino agli antecedenti della Royal Society. Sono, queste, tessere ben note del puzzle. Ora mi propongo di considerare un'altra ipotesi: il fatto che John Wilkins, cappellano dell'elettore palatino e fulcro dei movimenti che conducono all'istituzione della Royal Society e poi della stessa Royal Society, citi dalla Fama rosacrociana. Nel suo libro Mathematicall Magick (1648), Wilkins, nel trattare di un tipo di lampada per uso sotterraneo, dice che una lampada del genere « si narra sia stata vista nel sepolcro di Francis Rosicrosse, come descrive più diffusamente la Confessione di quella Confraternita»29. Sebbene parli di Francis (anziché di Cristiano) Rosy Cross (probabilmente scambiando «Fra», che nei manifesti sta per «Frater», per l'abbreviazione di «Francis») e sebbene il sepolcro contenente la lampada (il famoso sepolcro), sia descritto non nella Confessio, ma nella Fama, questa citazione mostra che "Wilkins conosceva certamente i manifesti rosacrociani. Come ho notato altrove 3\ la Mathematicall Magick di Wilkins, si basa in gran parte sulla sezione dedicata alla meccanica dell'Utriusque cosmi historia di Robert Fludd, pubblicata a Oppenheim nel Palatinato nel 1619, e Fludd stesso si era ispirato alla rassegna di materie matematiche o «vitruviane», delineata da Dee nella sua prefazione a Euclide del 1570. Wilkins non solo non nasconde il suo debito nei riguardi di Dee e di Fludd, ma spesso riconosce che deve molto alla pre29 j. WILKINS, Mathematicall Magick, or, The Wonders that may he Perfortned by Mechanicall Geometry, London 1648, pp. 256-57. 30 YATES, Theatre of thè World cit., p. 51, nota 19. 218 CAPITOLO TREDICESIMO fazione a Euclide di Dee e all'opera di Fludd. In questo libro Wilkins rivela grande interesse per gli automi, le statue parlanti e simili congegni, che vengono azionati dalla magia meccanica. Descrive una statua parlante magico-scientifica di Meninone. Gli interessi meccanici, che Wilkins esprime qui, sono pressappoco allo stesso livello di quelli in voga a Heidelberg prima dei disastri e la citazione delle meraviglie scoperte nella tomba di Christian Rosenkreutz, narrate nella Fama, mostra, credo, che egli le abbia interpretate come un ludibrium delle meraviglie fabbricate scientificamente. In questo libro Wilkins menziona spesso anche Lord Verulam (Francis Bacon), il che dimostra come in quello stadio della sua carriera non dissociasse la scienza di Bacon dalla tradizione di Dee e di Fludd. Erano entrambe «progresso del sapere». Dichiara di avere intitolato il suo libro Mathematicall Magick, perché il genere di invenzioni meccaniche da lui trattate erano state designate così da Cornelius Agrippa. Il libro è importante per le indicazioni che fornisce sulla visione generale e sugli interessi di Wilkins nel 1648, l'anno in cui appunto cominciarono le riunioni a Oxford, che Thomas Sprat, nella sua storia ufficiale della Royal Society, pone all'origine di questa istituzione31. Sprat non ricorda affatto il gruppo che si riunì precedentemente a Londra, descritto da Wallis. Queste riunioni di Oxford si tennero nelle stanze di Wilkins al Wadham College, circa dal 1648 al 1659, quando il gruppo si trasferì a Londra e formò il nucleo della Royal Society, istituita nel 1660. Tra i membri del gruppo di Oxford c'erano Robert Boyle, William Petty e Christopher Wren. Evelyn, descrivendo le «rarità» viste nelle stanze di Wilkins al Wadham College nel 1654, dice che Wilkins aveva inventato una statua cava, che pronunciava parole attraverso un lungo tubo nascosto e che possedeva molte altre «curiosità artificiali, matematiche e magiche»32: sono elementi che suggeriscono l'atmosfera e gli interessi della sua Mathematicall Magick. Negli anni delle riunioni di Oxford ( 1648-59 ) furono pubblicati molti libri, alcuni dei quali sarà bene che siano brevemente ricordati perché descrivono come andavano le cose in 31 32 T. SPRAT, History of thè Royal Society, London 1667, pp. 53 sgg. EVELYN, Diary cit., voi. Ili, p. no. DAL COLLEGIO INVISIBILE ALLA ROYAL SOCIETY 219 quel periodo che precedette la fondazione della Royal Society. Uno di questi ha certamente molta attinenza con la storia del rosacrocianesimo. Nel 1652 Thomas Vaughan pubblicò una traduzione inglese della Fama e della Confessio, usando lo pseudonimo di «Eugenius Philalethes»33. Questo avvenimento fece veramente epoca. Senza alcun dubbio traduzioni inglesi dei manifesti rosacrociani circolavano manoscritte molto prima di questa e, infatti, la traduzione pubblicata da Vaughan non era sua, ma si basava su una versione manoscritta molto precedente34. Che questi testi apparissero ora freschi di stampa e in inglese deve aver fatto conoscere i manifesti rosacrociani a un pubblico molto più vasto. Non so perché sia stato ritenuto opportuno pubblicarli in quel momento. Vaughan era l'autore di altre opere mistiche, in cui ricorda il mito rosacrociano. Era fratello del poeta Henry Vaughan, ed ebbe una controversia con Henry More, lo studioso platonico di Cambridge. Si dice che il protettore di Thomas Vaughan fosse Sir Robert Moray35, successivamente molto influente nella formazione della Royal Society. Comunque, il pubblico consenso dato alla Fama e alla Confessio può avere incoraggiato John Webster, un teologo puritano, a pubblicare un'opera assai importante in cui esorta a insegnare nelle università «la filosofia di Ermete, rinata grazie alla scuola paracelsiana»36. Webster esamina a fondo il tipo di dottrina che è alla base dei manifesti rosacrociani, esortando, sulle loro tracce, a sostituire la scolastica aristotelica con un tipo ermetico-paracelsiano di filosofia naturale, mediante il quale si possa apprendere il linguaggio della natura anziché il linguaggio delle scuole. L'unica menzione della «molto illuminata Confraternita della Rosa-Croce» è in rapporto con 33 «EUGENIUS PHILALETHES » (THOMAS VAUGHAN), The Fame and Confession of thè Fraternity of R. C. Commonly of thè Rosie Cross, London 1652. Ristampato in facsimile con una prefazione di F. N. Pryce, Margate 1923 (stampato a spese della «Societas Rosicruciana in Anglia»). Cfr. Appendice, p. 34 279. Ed. Pryce cit., prefazione, pp. 3-8. Pryce conclude che la traduzione in forma manoscritta, usata da Vaughan, deve essere stata eseguita molto prima del 1633 e probabilmente prima del 1630. Cfr. Appendice, p. 281. 35 Ed. Pryce cit., prefazione, p. 2. 36 j. "WEBSTER, Academiarum Examen, or thè Examination of Academies, London 1654. Su Webster, cfr. P. M. RATTANSI, Paracelsus and thè Paritan Revolution, in « Ambix», xi (1963). 220 CAPITOLO TREDICESIMO «il linguaggio della natura», di cui parla come di un segreto noto al «teutonico Bohme, divinamente ispirato» e «in qualche misura riconosciuto» dalla Confraternita della Rosa-Croce 37, un'intuizione interessante (e indubbiamente esatta) dell'affinità fra Bohme e i manifesti rosacrociani. Nell'ambito della «filosofia di Ermete», Webster include la matematica, soprattutto quale è caldeggiata da John Dee nella sua prefazione a Euclide, da cui Webster cita a lungo, profondendo ammirati elogi di Dee38. Ha anche un profondo rispetto per quel?«uomo assai dotto, il dottor Fludd»39, e ha l'impressione che, se autori come questi - il suo libro rielabora ecletticamente la dottrina di Paracelso, di Agrippa e di analoghi tipi di pensiero magico-scientifico rinascimentale, privilegiando in particolare Dee e Fludd - fossero insegnati nelle università, «gli arcana e i magnolia della natura» 40 , a cui attinse Francis Bacon, potrebbero essere portati a perfezione. Webster, cioè, considera Bacon un pensatore di tipo «rosacrociano», il cui insegnamento va integrato, soprattutto, con la prefazione matematica di Dee. Nel cuore dell'Inghilterra puritana, questo cappellano parlamentare redige un'opera che si colloca direttamente nella tradizione magico-scientifica rinascimentale, culminante in Dee e in Fludd, ed egli pensa che questo si debba insegnare nelle università, insieme con il pensiero di Bacon, a suo giudizio incompleto senza tali autori. Webster ignora che Bacon dichiara esplicitamente di essere contrario alla filosofia macro-microcosmica dei paracelsiani e crede che il pensiero di Bacon possa conciliarsi con essa. Anzi, sembra mettere in rilievo che Bacon ha trascurato la matematica di Dee. Seth Ward, uno del gruppo dei predecessori della Royal Society che s'incontrava a Oxford in questo periodo sotto la protezione di Wilkins, rimproverò severamente Webster nel 37 WEBSTER, Academiarum Examen cit., p. 26. Ibid., pp. 19-20, 52. Webster descrive l'esame delle scienze matematiche fatto da « quell'uomo esperto e dotto, il dottor John Dee, nella prefazione che precede la traduzione di Euclide», ed esclama che il meno importante degli « esperimenti eccellenti, mirabili e utili », che queste consentono, e più vantaggioso ed offre maggior beneficio e profitto alla vita dell'uomo che non la dottrina delle università. . . ,v-, v,,,1,..,., ,.,i. . ( , , . , , , , 39 Ibid., p. io}. '",•'%''>!-,•"•*•£ 40 Ibid., epistola al lettore, sig. 82. ':>: w 'iVr/ DAL COLLEGIO INVISIBILE ALLA ROYAL SOCIETY 221 suo Vindiciae Academiarum ( 1654)41. Ward appare molto irritato con Webster per il suo tentativo di confrontare Bacon con Fludd: «Non vi sono in tutto il mondo due vie più opposte di quelle di Lord Verulam e del dottor Fludd, una fondata sulla sperimentazione, l'altra su ragioni mistiche ideali...» 42. Ward è indignato con Webster per il «discorso banale sul linguaggio della natura, dove esprime la sua approvazione per l'illuminatissima Confraternita dei Rosa-Croce»43. Ward arriva a dire che sospetta Webster di essere un frate e paragona il suo discorso entusiastico sulla prefazione di Dee allo sfogo di qualche «frate melanconico»: «che prega (come qualche frate melanconico la Madonna di Loreto, o qualcosa del genere) il nipote della Regina delle Fate e rivolge a lei il discorso, fatto da John Dee nella sua prefazione...»44. Pare un linguaggio molto strano per un membro del gruppo di Oxford, in particolare dal momento che il suo capo, Wilkins, solo sei anni prima aveva attinto piuttosto apertamente alla tradizione di Fludd e di Dee per la sua opera sulla «magia matematica». Che cosa è successo nel gruppo di Oxford? Sarei portata a suggerire l'ipotesi che si sia creato, all'interno del gruppo, un movimento per dissociarlo il più possibile dall'accusa di magia, che costituiva ancora un pericolo per gruppi di scienziati. A questo scopo venne accentuata l'interpretazione di Bacon quale maestro della «filosofia sperimentale», purificandolo da ogni altro possibile riferimento, e in pari tempo ci si distanziò con cura dalla prefazione matematica di Dee e dalla sua tradizione matematica, che veniva associata all'« entusiasmo», l'entusiasmo di «un puritano, che parla in modo banale» o di un «frate melanconico». Era così preparata la via per scatenare una caccia alle streghe, fenomeno di cui abbiamo avuto notevoli esperienze nei capitoli precedenti, e che ora assunse la forma di una pubblicazione rivelatasi capace di distruggere la fama di Dee per tre41 s. WARD, Vindiciae Academiarum, Oxford 1654. La lettera di lode a Ward, stampata come prefazione al libro, è generalmente attribuita a Wilkins, il cui nome, però, non viene menzionato e la lettera è firmata «N. S.». 42 Ibid., p. 46. 43 Ibid.,p. 5. .':•-- •ViV;'-'" V.'.-.'-.rtM., i. •:>i.-.vi.Av-O •.-:•''. . : • - . ' • • - • • • 222 CAPITOLO TREDICESIMO cento anni e di confondere la storia del pensiero, escludendo da ogni seria considerazione una delle sue figure più importanti. Si tratta della pubblicazione nel 1659 del diario spirituale di Dee, la documentazione delle sue presunte conversazioni con angeli, con una prefazione di Méric Casaubon che condannava Dee accusandolo di magia diabolica45. Sembra che Casaubon avesse motivi personali per tale pubblicazione, mediante la quale sperava di dimostrare la propria ortodossia; essa mirava anche a screditare quanti pretendevano di avere «tanta ispirazione», polemizzava cioè con gli «entusiasti». Il governo era contrario alla pubblicazione di questo libro e cercò di sopprimerlo, ma non vi riuscì, perché esso richiamò rapidamente l'attenzione come «una grande e strana novità». Sarà indubbiamente necessario molto tempo prima che siano completamente chiariti i motivi che spinsero a pubblicare questo libro. È indicativo l'anno di pubblicazione, cioè il 1659: Oliver Cromwell era già morto, il debole governo di suo figlio precipitava il paese nel disordine e nessuno sapeva che cosa sarebbe accaduto in seguito. Naturalmente, quello che avvenne in seguito fu la restaurazione di Carlo II nel 1660. Chi erano gli «entusiasti» che la pubblicazione di Méric Casaubon mirava a screditare e privare di ogni influenza negli anni seguenti? La pubblicazione del diario di Dee si inserì certamente in una campagna generale che si stava scatenando allora contro gli entusiasti e gli illuminatiw. Nella sua prefazione Casaubon dichiara che Dee, come Tritemio e Paracelso, era ispirato dal demonio. La menzione di Paracelso elimina l'intero movimento rosacrociano. Questa campagna rovinò la reputazione di Dee e lo privò per secoli del merito che gli sarebbe spettato per la sua importante opera scientifica. Robert Hooke, che per essere uno dei migliori matematici della Royal Society, doveva conoscere l'opera di Dee, tentò più tardi di difender45 j. DEE, A True and Faithful Relation of tvhat Passed for Many Years Between Dr. John Dee... and Some Spirits, ed. Méric Casaubon, London 1659. Per questo libro e le ripercussioni che ebbe sulla reputazione di Dee, cfr. FRENCH, John Dee cit., pp. 11-13. John Webster pubblicò una difesa di Dee, in cui espose i motivi per cui Casaubon aveva pubblicato quel libro (j. WEBSTER, The Displaying of Supposed Witchcraft, London 1677). 46 RATTANSI, Paracelsus and thè Puritan Revolution cit., p. 31. DAL COLLEGIO INVISIBILE ALLA ROYAL SOCIETY 223 ne la reputazione, sostenendo che i diari spirituali erano una « storia velata dell'arte e della natura», che si riferiva ad avvenimenti contemporanei47. Poiché i filosofi naturali stavano per realizzare la Royal Society, dovevano essere molto cauti. Le passioni religiose erano ancora violente e una terribile caccia alle streghe poteva scatenarsi da un momento all'altro per ostacolare i loro sforzi. Così eliminarono Dee e resero il loro baconianesimo quanto più innocuo possibile. Siamo curiosi di sapere come risolvessero la questione delle allusioni ai Fratelli Rosa-Croce, alla loro invisibilità e al loro collegio contenute nella New Atlantis. Senza dubbio devono avere riconosciuto che il romanzo di Christian Rosenkreutz e del suo ordine caritatevole era alla base dell'invenzione romanzesca della Nuova Atlantide. Né era loro possibile dimenticare il rapporto fra le due opere, perché, fra il 1658 e il 1664 - gli anni che precedettero e seguirono immediatamente la Restaurazione e l'istituzione della Royal Society uno strano personaggio, John Heydon, che contro ogni precedente proclamò rumorosamente di essere un Rosa-Croce, pubblicò una serie di opere in cui la tendenza rosacrociana al fantasticare utopistico raggiunse il culmine. Heydon era un astrologo, geomante e alchimista di tipo assai rigoroso. E in The Voyage to thè Lana of thè Rosicrucians (1660), come pure in The Holy Guide (1662), mette in rilievo quanto più chiaramente è possibile i paralleli tra la New Atlantis di Bacon e la Fama Fraternitatis, per cui i saggi della Casa di Salomone di Bacon diventano i saggi «della Società dei RosaCroce». L'analogia tra le immagini di Bacon nella New Atlantis e le fantasie romanzesche della Fama rosacrociana è indubbia e ne abbiamo rilevato il significato in un capitolo precedente ™. Che Heydon abbia scelto di confrontare le due opere, mettendone in evidenza le analogie proprio in quel tempo, è piuttosto strano e probabilmente dobbiamo leggere Heydon nel contesto della campagna contro gli «illuminati» e lo screditato Dee. 47 R. HOOKE, Posthumous Works, London 1705, pp. 204 sgg. Hooke può aver saputo qualcosa sulla missione di Dee in Boemia. 48 Cfr. pp. 153-54. 224 YTSIOO8 CAPITOLO TREDICESIMO Ciò che Heydon sembra voler dire in realtà ai baconiani è: «II vostro Francis Bacon era anche lui un Rosa-Croce». La restaurazione di Carlo II nel 1660 avvenne con sorprendente facilità; l'esercito parlamentare si sciolse senza contrasti, e gli Inglesi si affrettarono a dimenticare il passato, e tornare a occupazioni pacifiche. In quell'atmosfera di riconciliazione venne fondata la Royal Society e Carlo II ne fu il protettore. Tra i membri della società vi erano uomini che avevano militato nel partito parlamentare negli anni precedenti; l'interesse per la scienza li unì ai monarchici in una pacifica cooperazione, anche se la situazione era delicata. Molti argomenti dovevano essere evitati: i progetti utopistici di riforma appartenevano al passato rivoluzionario, che ora era meglio dimenticare. La Royal Society ebbe molti nemici in quei primi anni; non appariva chiaro quale fosse la sua posizione religiosa; la caccia alle streghe non era affatto cosa del passato. La regola di non discutere nelle riunioni questioni religiose, ma solo problemi scientifici, dev'esser sembrata una saggia precauzione e l'insistere nei primi anni sulla sperimentazione, sulla raccolta e la verifica dei dati scientifici, secondo i principi di Bacon, guidò gli sforzi della Società. Era stata fondata una Società permanente per il progresso della scienza naturale, un'istituzione reale e visibile e non fantastica e invisibile; ma essa perseguiva scopi molto limitati, se paragonati a quelli dei movimenti precedenti. Non si prefiggeva il progresso della scienza in una società riformata, nell'ambito di una riforma generale di tutto il mondo. I membri della Royal Society non si preoccupavano di guarire i malati e gratuitamente, né di progetti per la riforma dell'istruzione. Questi uomini forse non avevano alcuna idea di ciò che attendeva il movimento che stavano incoraggiando. La sua debolezza era assai più evidente per loro, che non la sua forza, per il rischio sempre incombente di essere soppresso. Erano arrivati: avevano reso visibile e reale un Collegio Invisibile, e per proteggerne la precaria esistenza occorreva essere molto cauti. Tutto ciò sembrava, ed era, molto sensato. E sebbene il metodo sperimentale baconiano non fosse di per sé l'infallibile strada maestra per il progresso scientifico, tuttavia la Royal Society, così degna di rispetto, così bene organizzata, DAL COLLEGIO INVISIBILE ALLA ROYAL SOCIETY 225 era un'attestazione chiarissima per tutti che la scienza era arrivata. Niente poteva ormai fermarla. Il libro di Comenio, La via della luce, che egli aveva scritto in Inghilterra negli anni della speranza e dell'illuminazione, venne pubblicato ad Amsterdam nel 1668, ventisei anni dopo che era stato scritto, e quando la Royal Society esisteva ormai da otto anni. In una prefazione piena di entusiasmo egli dedicò il libro alla Royal Society. Il vecchio Fratello Boemo commise il singolare errore di rivolgersi ai membri come ad «illuminati». A voi, che portate le fiaccole di questa età illuminata, membri della Royal Society di Londra, che ora fate venire alla luce felicemente la vera filosofia, rivolgo il mio saluto e vi auguro buona fortuna. Illustri signori, non è sconveniente che un libro intitolato La via della luce sia inviato a voi, uomini illustri la cui opera per estrarre la luce della filosofia naturale dai pozzi più profondi del Vero viene proclamata e diffusa in ogni parte d'Europa. È anzi tanto più opportuna, in quanto l'opera è stata concepita in quel paese, dove lo spazio offertoci per la ricerca della luce e della verità è stato affidato alla vostra custodia, secondo la parola di Cristo (che ben si addice nel suo significato più vero a questa occasione): «altri han faticato e voi siete gli eredi delle loro fatiche» *. Evidentemente Comenio è persuaso che la Royal Society sia l'erede del precedente lavoro svolto da lui e dai suoi amici. Non prova alcuna invidia per questo, ma sente con gioia le trombe squillare ancora una volta. In tutto il mondo risuonerà la notizia che voi siete impegnati in opere il cui fine è di assicurare che la conoscenza umana e il dominio dell'intelletto umano sulla materia non continuino sempre a essere una cosa debole e incerta50. Comenio pronuncia anche parole di ammonimento. Si stanno gettando delle fondamenta con queste nuove ricerche sulla natura, ma si sta riflettendo a ciò che si costruirà su queste fondamenta? Se al di là di coltivare le scienze naturali solo per se stesse, non si considerano altri scopi, l'opera può diventare «una Babele capovolta, costruita non verso il cielo, ma verso la terra» 51 . 49 50 51 COMENIO, La via della luce cit. (trad. Campagnac, p. 3). Ibid.(p.n). Ibid.(p.yi). • , \>4 - ... » .6.40 X AK.1'1 .'-' J ,V' CAPITOLO TREDICESIMO Comenio è stato deriso per non aver compreso quanto diversi fossero gli scopi della Royal Society dai vecchi ideali pansofici. Per parte mia, io credo che l'abbia capito. E credo anche che storicamente avesse ragione nel porre in rapporto la Royal Society con gli sforzi compiuti da lui e dalla sua generazione 52. E può anche avere avuto ragione nel lanciare il suo ammonimento. Nel 1667 fu pubblicata una relazione ufficiale delle origini e dello sviluppo di questa grande impresa, la History of thè Royal Society di Thomas Sprat. Vi si narra che la Società si è sviluppata dalle riunioni tenute a Oxford da un gruppo di persone interessate alla filosofia naturale e sperimentale, il gruppo che si riunf nel Wadham College a partire dal 1648 e che divenne il nucleo della Royal Society. Sprat non parla di un gruppo riunitosi precedentemente a Londra, né fa accenno al fatto che Theodor Haak del Palatinato possa essere stato il primo a suggerire tali riunioni: quel primo gruppo londinese avrebbe ricondotto alle entusiastiche idee rivoluzionarie del periodo parlamentare, e Sprat vuole dare l'impressione che la Società sia cominciata con le pacate riunioni di Oxford. Tuttavia, la Verità è grande e nonostante tutto tende a prevalere. Per concludere questo capitolo osserviamo il familiare frontespizio del libro di Sprat (tav. 47). Al centro vi è il busto di Carlo II, il regale fondatore, con Francis Bacon alla sua sinistra e William Brouncker, il primo presidente, alla sua destra. Sullo sfondo vi è uno scaffale colmo di libri scritti dai membri della Società e, disposti tutt'intorno, gli strumenti da loro usati nei loro lavori scientifici. Questo frontespizio fu disegnato da John Evelyn e inciso da Vàclav Hollar, un artista boemo, che lasciò il suo paese, presumibilmente per motivi religiosi, nel 1627 e fu apprendista di Matthàus Merian a Francoforte53. Questo cenno storico ci induce a osservare l'in52 Naturalmente anche i movimenti accademici più recenti, specialmente quelli francesi (ho discusso le accademie francesi all'inizio del XVII secolo nel mio libro, French Academies of thè Sixteenth Century cit., pp. 275 sgg.), hanno esercitato la loro influenza sulla Royal Society, ma il legame fondamentale della Società con il tipo di «accademia» che i manifesti rosacrociani lasciano intravedere, è dimostrato dalle allusioni di Bacon nella New Atlantis, che noi conosciamo, poiché l'opera di Bacon ebbe una grande influenza sui primi membri della Royal Society. Cfr. v. HOLLAR, in Mlgemeines Lexicon der Bildenden Kunstler. DAL COLLEGIO INVISIBILE ALLA ROYAL SOCIETY 22 7 cisione con rinnovato interesse e l'attenzione si polarizza ora sull'angelo alato, bene in evidenza, che ha in mano una tromba e incorona Carlo II con un serto di alloro, quale fondatore di questa famosa Società. Bacon sta sotto l'ala dell'angelo. Non si può fare a meno di notare questo ora, e viene fatto di domandarsi se ciò non potrebbe essere un'allusione «all'ombra delle ali di lehova», e se l'angelo con la tromba non stia a significare un ricordo della Fama e di quelle speranze di un , lontano passato, a lungo differite e ora, finalmente, attuate. r f! <\f 'V t, • -fi ((; ELIAS ASHMOLE E LA TRADIZIONE DI DEE Capitolo quattordicesimo Elias Ashmole e la tradizione di Dee: Isaac Newton e l'alchimia rosacrociana Mi,.,- . '•j,'- - , , ,*•,. . .V ' Mentre all'inizio la Royal Society parve escludere accuratamente gli argomenti pericolosi, concentrandosi al riparo del baconianesimo, evitando ogni allusione ai manifesti rosacrociani (se non in modo indiretto in un frontespizio) e astenendosi fermamente da qualsiasi accenno a John Dee, reso famigerato dalla pubblicazione di Casaubon, vi era tuttavia fra i suoi membri almeno uno studioso, per il quale la tradizione di Dee era assai viva. Per Elias Ashmole, Dee era un mago, che egli venerava immensamente, di cui raccoglieva gli scritti e cercava di applicarne gli insegnamenti alchimistici e magici. La presenza di Ashmole nella Royal Society come membro fondatore ' è un'attestazione significativa del fatto che il «rosacrocianesimo», se lo si dovesse identificare con l'influsso di Dee, trovava ancora posto nella Società, sia pure soltanto come interesse personale di uno dei suoi membri. Elias Ashmole (1617-92) era un fervente monarchico, vissuto appartato durante le guerre civili e la repubblica, coltivando i suoi vasti interessi. Alchimista, astrologo, antiquario, collezionista instancabile di documenti del passato, Ashmole aveva le sue radici in quell'universo ermetico, governato da armonie magiche, da cui stava emergendo la nuova scienza. Tuttavia non era del tutto fuori dal suo tempo, perché il suo interesse per l'alchimia rifletteva un'energica ripresa, o rinascita dell'alchimia nel secolo xvn, un movimento che influenzò molti personaggi ragguardevoli. L'alchimia paracelsiana esercitò una grande influenza sulla nuova medici1 Si fece il nome di Ashmole nella prima riunione della Royal Society reputandolo adatto a divenirne membro; fu eletto formalmente nel gennaio 1661, diventando, così, uno dei 114 membri che la fondarono; cfr. e. H. josTEN, Elias Ashmole, Oxford 1966, voi. I, p. 135. 229 na; la chimica di Robert Boyle era figlia del movimento alchimistico; e vi era uno straordinario sfondo alchimistico persino nel pensiero di Isaac Newton. La rinascita dell'alchimia come fenomeno storico ha ricevuto raramente finora una trattazione adeguata. L'alchimia, arte ermetica per eccellenza, appartiene alla tradizione ermetica, ma della ripresa dell'alchimia non si ha notizia nella ripresa della tradizione ermetica nel Rinascimento italiano. Con la comparsa di Paracelso cominciò a svilupparsi un tipo riformato, rinascimentale di alchimia e John Dee diede il suo contributo a questa tradizione. Il triplice intreccio di «magia, Kabbalah e alchimia» percorre i manifesti rosacrociani, dimostrando l'inserimento dell'alchimia nella tradizione ermetico-cabbalistica. Un importante missionario del movimento alchimistico fu Michael Maier, che trascorse la vita collezionando e pubblicando testi alchimistici e diffondendo la sua filosofia alchimistica e religiosa mediante le proprie opere. Abbiamo visto come Maier fosse assai importante nel movimento che gravitava intorno all'elettore palatino Federico e come l'alchimia fosse legata al movimento e alla sua politica boema2. Viene fatto di domandarci quanto possa essere stato stimolato il movimento alchimistico nell'Inghilterra del secolo xvn dai profughi giunti dalla Germania e dalla Boemia. Abbiamo visto che Daniel Stolck, l'esule boemo che alleviò la sua tristezza con gli emblemi di Maier, venne in Inghilterra3, e come lui ve ne devono essere stati altri. Il rappresentante più importante del movimento alchimistico inglese nel secolo xvii, Elias Ashmole, potrebbe costituire il punto di partenza per una ricerca su questi temi. La vasta collezione di manoscritti formata dalle carte di Ashmole, non è solo opera di uno studioso delle antichità, di un uomo che viveva nel passato (anche se questo fu un aspetto rilevante in Ashmole), ma è piena di testimonianze sul movimento alchimistico inglese di quegli anni che si potrebbe quasi dire moderno. Fra queste carte, chi ricerca i manifesti rosacrociani si trova davanti a un fenomeno singolare. Perché Elias Ashmole si 2 3 Cfr. pp. 96 sgg. Cfr. pp. 105-6. XL'fXrllP.i UH flC • . t>tt,<i rfOCJIO..) 230 CAPITOLO QUATTORDICESIMO ELIAS ASHMOLE E LA TRADIZIONE DI DEE 23I diede la pena di trascrivere di sua mano una traduzione inglese della Fama e della Confessio, e vi aggiunse una elaborata lettera in latino, anche questa autografa, indirizzata agli «illuminatissimi Fratelli della Rosa-Croce», in cui chiede che gli sia concesso di unirsi alla loro confraternita". La lettera parla con entusiasmo della confraternita, ma in termini vaghi e consiste in gran parte di citazioni dalla Fama e dalla Confessio. L'originale della traduzione inglese dei manifesti ricopiata da Ashmole esiste altrove nelle sue carte5, scritta in una grafia dell'inizio del secolo xvn, certamente non posteriore al regno di Carlo I. Non si tratta della versione inglese pubblicata da Vaughan, ma di un'altra. Il procedimento di Ashmole sembra sia stato quello di copiare di sua mano il manoscritto di una traduzione inglese dei manifesti in suo possesso, e di premettere a questa copia una prefazione con un appello ai Fratelli Rosa-Croce, esprimendo profonda ammirazione per quegli uomini illuminati e chiedendo di essere ammesso nel loro ordine. Non credo che Ashmole si rivolgesse a un gruppo contemporaneo di «Rosa-Croce» realmente esistente. Penso che tutta l'operazione assumesse per lui il carattere di un esercizio di pietà. Ashmole sapeva che era conforme alle regole per quanti approvavano gli scopi espressi nei manifesti rivolgersi ai Fratelli Rosa-Croce. Egli identifica i suoi fini con quelli dei manifesti, scrivendo un indirizzo di preghiera agli immaginar! Fratelli. Trascrivere quei manifesti e la propria preghiera era di per sé una preghiera, probabilmente un esercizio di pietà affatto personale. Questa rapida occhiata alla vita privata di Ashmole è una introduzione preziosa all'esame del celebre volume che egli pubblicò nel 1652, il Theatrum chemicum britannicum*'. È una raccolta di scritti alchimistici, che fu di grande importanza nel promuovere lo sviluppo del movimento alchimistico nell'Inghilterra del tempo. È analoga ai «theatra», o raccolte di scritti alchimistici, pubblicati dal movimento alchimistico tedesco all'inizio del secolo xvn, che derivava in parte (sebbene, certo, non completamente) dall'impulso impresso da Michael Maier agli studi alchimistici, quale aspetto del movimento «rosacrociano» (tav. 41). La raccolta di Ashmole include solo alchimisti inglesi, ma Maier aveva nutrito particolare interesse per l'alchimia inglese, e aveva pubblicato in traduzione latina VOrdinali of Alchemy di Thomas Norton \ un poema di un celebre alchimista del Medioevo; la versione originale inglese di quest'opera fu pubblicata per la prima volta da Ashmole nel suo Theatrum del 1652. Ora dovrebbe essere chiaro al lettore attento del Theatrum di Ashmole, che quest'opera era tendenzialmente «rosacrociana», che era infatti una specie di prosecuzione del risveglio dell'alchimia inglese, provocato da Michael Maier nel movimento rosacrociano tedesco. Infatti nel primo capoverso del Theatrum, Ashmole cita dalla fama e parla dell'opera compiuta da Maier per diffondere l'alchimia inglese in Germania. Ecco che cosa dice Ashmole: 4 Bodleian Library, Ashmole Mss, 1459, ff. 280-82 (lettera in latino intitolata Fratribus Rosae Crucis illuminatissimis); ff. 284-31 (traduzione inglese della Fama e della Confessio). Cfr. w. H. BLACK, Catalogne of thè Ashmolean Manuscripts, 1845, n. 1459. 5 Ashmole Mss, 1478, ff. 125-29. Black (Catalogne of thè Ashmolean Manuscripts cit.) nota che queste traduzioni della Fama e della Confessio sembrano esser state trascritte da Ashmole nel 1459. ASHMOLE, Ibeatrum chemicum britannicum, London 1652; ristampato in facsimile, con un'introduzione di Allen G. Debus, Johnson Reprint Corporation, New York e London 1967. ,..,,:. La storia del leggendario Fratello Rosa-Croce che guarì dalla lebbra un giovane conte in Inghilterra è tratta dalla Fama ', e subito dopo Ashmole parla di Michael Maier, del suo I nostri filosofi inglesi in generale hanno ricevuto poco onore (come i profeti)... nel loro paese: non vi hanno prodotto nessuna delle loro opere importanti, ma hanno solo somministrato in segreto la loro medicina ad alcuni malati e li hanno guariti... Così fece I. O. (uno dei primi quattro membri dei Fratelli Rosa-Croce), quando guarì il giovane conte di Norfolk, affetto da lebbra... Ma in altre terre straniere hanno trovato un'accoglienza più degna e un mondo avido di procurarsi le loro opere; anzi, pur di poterle conoscere, ci si è accontentati di leggerle in traduzione, quantunque non cattiva. Ne è testimonianza ciò che Maier... e molti altri hanno fatto; il primo di questi venne dalla Germania a vivere in Inghilterra, allo scopo di poter capire la lingua inglese, per tradurre l'Ordinali di Norton in versi latini, come fece con acume e dottrina: però (e sia detto a nostra vergogna) l'accoglienza che gli riservammo fu pessima per uno studioso tanto meritevole8. 1 La traduzione di Norton, eseguita da Maier, fu pubblicata nel suo Tripus aureus cit.; cfr. READ, Prelude to Chemistry cit., pp. 169 sgg. 8 ASHMOLE, Theatrum chemicum britannicum cit., Prolegomena, sig. A 2f9 e v. Cfr. Appendice, p. 288. •. • • • 232 CAPITOLO QUATTORDICESIMO desiderio di diffondere la conoscenza dell'alchimia inglese all'estero, di come venisse in Inghilterra per imparare l'inglese al fine di tradurre Norton, sebbene i suoi tentativi non fossero molto incoraggiati. «Sia detto a nostra vergogna», Maier ricevette un pessimo trattamento in cambio dei suoi sforzi di studioso. Leggendo tra le righe le osservazioni di Ashmole, alla luce di ciò che sappiamo del movimento rosacrociano in Germania, abbiamo l'impressione che Ashmole conoscesse la parte avuta da Maier come intermediario fra l'Inghilterra e la Germania per alimentare il movimento alchimistico, in quanto parte della azione volta a creare un'alleanza anglo-palatino-boema10 movimento che Giacomo I non aveva incoraggiato. Maier infatti aveva ricevuto una ben dura accoglienza in seguito alla sua mal riposta fiducia nell'alleanza inglese, ed era morto, non sappiamo come, poco dopo lo scoppio della guerra dei Trent'anni. Cominciamo a capire come il Theatrum chemicum britannicum di Ashmole sia ancora un altro tentativo di ripristinare, o continuare un movimento disastrosamente interrotto dal crollo della causa del re e della regina di Boemia. 11 Theatrum chemicum britannicum si apre con l'Ordinali di Norton e contiene molti altri scritti di alchimisti inglesi, fra cui uno di George Ripley, la cui opera era stata ammirata anche nella cerchia di Maier". Ed Ashmole continua la sua raccolta di scrittori alchimistici inglesi fino ai tempi più recenti, includendo un poema alchimistico attribuito a Edward Kelley12 e alcuni versi descritti come il «Testamento» di John Dee13. Nel suo commento all'opera attribuita a Kelley, Ashmole racconta la storia di Dee ", indugiando sull'abilità dimostrata negli studi matematici e sul brillante livello generale del suo lavoro scientifico, narrando i sospetti nutriti contro di lui e l'attacco alla sua biblioteca, la sua partenza con Kelley per il continente, il soggiorno a Tfebon in Boemia, dove le presun10 Cfr. pp. 96 sgg. " Tra i rappresentanti dell'alchimia inglese nella raccolta edita da Maier con il titolo Symbola aurea duodecim nationum (Luca Jennis, Frankfurt 1617) vi sono Roger Bacon, Ripley, Norton e Edward Kelley; cfr. READ, 'Prelude to Chemistry cit., p. 227. 12 ASHMOLE, Theatrum cbemicum britannicum cit., pp. 324 sgg. •> !««*.,?. 334. -* 14 Ibid.,pp. 480-84. , -.,< .....,• ELIAS ASHMOLE E LA TRADIZIONE DI DEE 233 te trasmutazioni di Kelley destarono vivacissimo interesse, la lite con Kelley e il ritorno in Inghilterra. Ashmole nota che la regina Elisabetta continuò a elargirgli il suo favore dopo il ritorno, ma non fa cenno alle accuse di evocare spiriti, rivolte a Dee, rinnovatesi dopo il suo ritorno, né allude al fatto che Giacomo I rifiutò di avere a che fare con lui. Ignorando tutte le voci, Ashmole asserisce fermamente che Dee merita «le lodi di tutti gli studiosi illuminati e d'ingegno, e di essere ricordato per il suo grande talento». Eccelleva in particolare negli studi matematici «e in tutti i rami di questa scienza aveva una perfetta ed assoluta padronanza»15. La breve poesia intitolata il Testamento del dottor Dee, inclusa nel Theatrum chemicum britannicum, descrive in termini velati la famosa monas. Alludendo, nel Theatrum, a Dee e a Maier, Ashmole credo voglia far notare il nesso esistente tra Dee e il movimento rosacrociano tedesco. Ed era conscio dei pericoli che tale movimento poteva incontrare: È assurdo e strano vedere come alcuni uomini... non vogliano rinunciare a porre veri maghi sullo stesso piano di evocatori di spiriti, negromanti e streghe... che s'intromettono nella magia con Ta stessa arroganza che avrebbero i porci se dovessero entrare in un giardino bello e delicato e (in lega con il Diavolo) si valgono nelle loro opere del suo aiuto per contraffare e corrompere la mirabile sapienza dei maghi; nei confronti dei quali la differenza non è minore di quella esistente tra angeli e diavoli ". Ashmole difende Dee come un mago buono e lo difende con una conoscenza abbastanza completa della sua carriera. Naturalmente Ashmole non era ancora membro della Royal Society, che non era ancora stata istituita quando pubblicò questo libro nel 1652. Ma il libro divenne presto ben noto e non impedì che il suo autore fosse invitato ad aderire alla Royal Society nel 1660, divenendo uno dei membri fondatori. Il tipo di alchimia cui Ashmole era così dedito può essere stata l'alchimia «rosacrociana». Con ciò intendo l'alchimia riveduta e riformata da John Dee e di cui la sua monas hieroglyphica era il misterioso compendio. Questa alchimia com15 16 ASHMOLE, Theatrum chemicum britannicum cit., p. 480. Ibid.,p. 443. 234 CAPITOLO QUATTORDICESIMO prendeva un'intensa ripresa dell'antica tradizione alchimistica, ma in qualche modo aggiungeva ai fondamentali concetti alchimistici nozioni e pratiche derivanti dalla Kabbalah, il tutto formulato in modo matematico. Gli adepti che avevano acquisito la perfetta conoscenza di queste formule, potevano ascendere e discendere lungo la scala della creazione, dalla materia terrestre, attraverso i cieli, fino agli angeli e a Dio. Questa concezione antichissima fu, in qualche modo, ravvivata in nuovo modo mediante l'integrazione di procedimenti cabbalistico-matematici. Ma Ashmole non possedeva le brillanti nozioni matematiche proprie del genio di Dee, che aveva fatto della monas soprattutto una dichiarazione di unità, una visione dell'unico Dio, principio della creazione. Ashmole, alchimista, aveva come risvolto l'Ashniole studioso delle antichità, raccoglitore di documenti storici e zelante conservatore delle vestigia del passato. Questa duplice funzione era stata anche una caratteristica del suo eroe, John Dee, i cui studi antiquari ", specialmente delle antichità britanniche, ebbero quasi la stessa importanza, per lui, degli interessi scientifici. » L'entusiasmo di Ashmole per il passato si rivolse anche alla storia britannica, cioè alla storia dell'ordine cavalieresco britannico, l'Ordine della Giarrettiera ". Egli cominciò a raccogliere materiali per un libro su questo argomento nel 1655; fu pubblicato finalmente nel 1672, con una dedica a Carlo II e una copia fu presentata formalmente alla Royal Society da John Wilkins ". Il libro è una pietra miliare negli studi antiquari, ed è tuttora insuperato come il più autorevole nel suo campo. Nella prefazione Ashmole manifesta la sua angoscia nel vedere l'onore della Giarrettiera vilipeso negli «ultimi infelici tempi» delle guerre civili. Il suo scopo era di restaurare l'immagine dell'Ordine come passo verso la Restaurazione. Quando il suo grande libro fu pubblicato, alcune copie vennero inviate all'estero, quasi come ambasceria ai sovrani stranieri. Quando racconta la «magnificenza delle ambascerie, inviate con l'uniforme di cerimonia a re e principi stranieri»20, " FRENCH, John Dee cit., pp. 188 sgg. 18 ASHMOLE, Carter cit. " JOSTEN, Elias Ashmole cit., voi. I, p. 182. 20 ASHMOLE, Carter cit., pp. 411-16. ELIAS ASHMOLE E LA TRADIZIONE DI DEE 235 Ashmole cita dal resoconto di Cellier sull'ambasceria inviata a conferire la Giarrettiera a Federico, duca del Wùrttemberg, nel 1603, circostanza che può aver avuto una grande influenza sulla fantasia di Johann Valentin Andreae e che può avere contribuito a formare la leggenda di «Christian Rosenkreutz» ed essere all'origine delle Nozze chimiche di Andreae21. L'Ordine della Giarrettiera e il fatto che fosse stato conferito all'elettore palatino costituì un elemento importante nella formazione del movimento intorno a Federico e la caduta di Federico coinvolse la Giarrettiera nella sciagura22. Essa aveva rappresentato l'alleanza inglese e venne coperta d'ignominia nelle satire dei nemici contro Federico. È possibile, quindi, che il reintegrare l'onore della Giarrettiera fosse connesso per Ashmole alla ripresa della tradizione alchimistica inglese, oggetto dell'altro suo libro, il Theatrum chemicum britannicum. Ricordi del disastroso passato si sono, senza dubbio, ravvivati quando il giovane principe Carlo, elettore palatino e nipote degli sfortunati re e regina di Boemia, fu presentato ad Ashmole e «parlò molto con lui dell'Ordine della Giarrettiera» * '. Questo avvenne nel 1690. Il giovane elettore era appena succeduto al padre (Carlo Ludovico, il protettore di Hartlib) nel Palatinato e viaggiava attraverso l'Inghilterra. Ashmole fece omaggio al giovane principe di una copia del suo libro ed il principe lo ricambiò con la medaglia della Giarrettiera appartenuta al padre, una medaglia d'oro che raffigurava Carlo Ludovico con il collare e il San Giorgio dell'Ordine. A Heidelberg, dopo il ritorno dell'elettore, il libro di Ashmole a corte passò di mano in mano e i cortigiani discussero per molte ore le «curiosità» che conteneva 24. È possibile che Ashmole, sia come alchimista, sia come studioso di antichità, si volga indietro a esaminare il movimento che era fallito, cercando di ravvivarne il ricordo. E 21 22 21 24 Cfr.pp. 39-41,79. /• . uH .'* Cfr.p. 30. , ' i ri,i , it JOSTEN, Asbmole cit., voi. I, pp. 237-38. " ' ' ' ' ' " ' Ibid., pp. 238, 240-41. Una «curiosità» del libro (forse l'avranno notata a Heidelberg) è l'illustrazione che mostra una medaglia emessa « nell'anno in cui Federico, principe palatino del Reno, fu incoronato re di Boemia» (Carter cit., p. 207). Da un lato è raffigurata la giarrettiera e dall'altro i leoni del Palatinato e della Boemia. HI CAPITOLO QUATTORDICESIMO sia come alchimista, sia nel suo interesse per le antichità britanniche, Ashmole segue la tradizione di Dee. Ben presto la Royal Society abbandonò «lo sperimentalismo baconiano», e la seconda generazione dei suoi membri fu dominata dalla possente figura di Isaac Newton, uno dei più grandi geni matematici. Come è noto, Newton oltre alle prodigiose scoperte rese di pubblica ragione, nutrì anche altri interessi riguardanti argomenti su cui rimase piuttosto riservato durante la sua vita, ma di cui esiste testimonianza nella notevole massa di carte ancora inedite. Fra gli interessi rimasti sconosciuti ai contemporanei vi fu l'alchimia e la curiosità è venuta crescendo negli ultimi anni su questo aspetto di Newton. È possibile che questo grande eroe della scienza razionale fosse in segreto un alchimista? O il suo interesse per l'alchimia fu semplicemente un entusiasmo passeggero, o qualcosa che potrebbe essere spiegato in qualche altro modo? Quanto ho da dire al proposito, lo propongo con estrema prudenza. Non ho esaminato le carte inedite di Newton, ma collocando questo problema nel contesto della serie di ricerche storiche di cui si occupa questo libro, si può suggerire, forse, un punto di vista storico con cui avvicinarsi all'alchimia di Newton. Newton conobbe senza dubbio i manifesti rosacrociani. Possedeva un esemplare di The Fame and Confession of thè Fraternity R. C., la traduzione inglese dei manifesti pubblicata da Thomas Vaughan nel 1652. La copia di questo libro conservata presso la biblioteca dell'Università di Yale contiene una nota manoscritta di Newton, con la sua firma K. In questa nota egli cita dalla Fama la descrizione del ritrovamento del corpo di Christian Rosenkreutz, e per maggiore informazione egli consultò due opere di Michael Maier, i libri delle «Leggi della Confraternita dei Rosa-Croce», cioè la Themis aurea, dove Maier espone queste regole, desunte da ciò che dice la Fama, e i Symbola aureae mensae duodecim, dove Maier fa altri accenni ai manifesti e alla data in cui furono pubblicati. Newton conclude la sua nota storica, basata sullo studio dei due manifesti e sulle opere di Maier, con l'osserva25 Per il testo completo della nota che Newton scrisse sulla sua copia della Fama e della Confessici, cfr. MACPHAIL, Alchemy and thè Occult cit., voi. II, p. 102. ELIAS ASHMOLE E LA TRADIZIONE DI DEE 237 zione: «Questa fu la storia di quell'impostura». Questo, tuttavia, non implica necessariamente un senso di disprezzo; potrebbe significare semplicemente che Newton sapeva che la storia di Rosenkreutz era un mito, un ludibrìum. Nel suo libro su Newton, Frank E. Manuel ha dedicato un capitolo a Newton e all'alchimia, fondato sullo studio dei suoi manoscritti26. Ne risulta che Newton esegui molte copie di opere alchimistiche, giungendo fino a trascrivere oscure poesie alchimistiche. Una delle più importanti raccolte di opere alchimistiche a stampa da lui usate, fu il Theatrum chemicum britannicum di Ashmole, che egli «lesse e rilesse più volte attentamente» 27 . Nel leggere attentamente più volte questo volume, Newton deve aver osservato che Ashmole comincia il libro con una citazione dalla fama, parla dell'opera svolta da Michael Maier per raccogliere gli scritti di alchimisti inglesi, e di come, «a nostra vergogna», egli sia stato trattato duramente. Deve essersi reso conto che la raccolta di Ashmole include in realtà gli alchimisti inglesi ammirati da Maier, compresi gli insigni Dee e Kelley. Nel commento di Ashmole all'opera di Kelley deve avere letto tutta la storia di John Dee e della stima che questi godeva per la sua brillante opera matematica e scientifica. E nel Testamento di Dee incluso nel libro dovette riflettere su una breve interpretazione in versi dei misteri della monas. Newton sembra essersi particolarmente interessato a Michael Maier, trascrivendo passi delle sue opere 28 e anche descrivendo, talvolta con parole sue, gli emblemi alchimistici di Maier (ad esempio: «Due donne vestite che cavalcano due leoni: ognuna con un cuore in mano...» 29 ). Newton era penetrato nel mondo della ripresa alchimistica intrapresa da Maier, aveva studiato le fonti alchimistiche che ne erano il presupposto e il nesso, aveva esaminato attentamente lo strano modo di esprimere le sue teorie attraverso emblemi alchimistici. 26 F. E. MANUEL, A Portrait of Isaac Newton, Cambridge (Mass.) 1968, pp. 160-90. 27 Ibid.,p. 163. 28 Egli citò dai Symbola aureae mensae duodecim (MANUEL, A Portrait of Isaac Newton cit.). Questa fu una delle opere di Maier consultate per indagare sui manifesti rosacrociani. 29 MANUEL, A Portrait of Isaac Newton cit., p. 171. 238 CAPITOLO QUATTORDICESIMO È quasi certo, come abbiamo visto, che vi sia stato un influsso di Dee sugli emblemi di Maier30 e l'influsso di Dee informò l'intero sforzo di Maier per una ripresa dell'alchimia, e in particolare l'alchimia inglese. Il nostro approccio storico ci induce dunque a concludere che potrebbe essere utile studiare l'alchimia di Newton seguendo la traccia del movimento rosacrociano tedesco e l'influsso su di esso dell'alchimia di Dee, o «rosacrociana». Uomo profondamente religioso, come Dee, Newton si preoccupava a fondo della ricerca dell'Uno, del Dio unico e dell'unità divina rivelata nella natura. Le sue meravigliose ricerche naturali, fisiche e matematiche, non lo avevano completamente appagato. Forse nutriva, almeno in parte, la speranza che la via alchimistica «rosacrociana» attraverso la natura potesse condurlo ancora più in alto. In ogni caso, si può dire che la ripresa alchimistica, che influf su Newton, dovette molto al Theatrum chemicum britannicum di Ashmole, e che essa era ispirata da John Dee e dal movimento alchimistico di Maier. Non sembra dunque, storicamente fantasioso prendere in considerazione come ipotesi, base per uno studio futuro, la possibilità che un elemento «rosacrociano», indubbiamente in una forma riveduta o mutata, possa aver parte nell'interesse di Newton per l'alchimia. Come postilla a questo capitolo, possiamo ricordare la raccolta di testi «rosacrociani», conservati tra i Manoscritti Harley, al British Museum. Sebbene assai meno importante rispetto ai grandi personaggi di cui si è fin qui parlato, chi trascrisse i manoscritti della collezione Harley è paragonabile a loro in quanto ricopiò documenti appartenenti al movimento rosacrociano tedesco. I codici 6485 e 6486 della Collezione Harley sono stati scritti dalla stessa mano e probabilmente nello stesso periodo di tempo: uno è datato 1714. Poiché un certo «dottor Rudd» viene citato abbastanza spesso in questi manoscritti, l'amanuense potrebbe esser collegato in qualche modo con Cfr. p. 99. ELIAS ASHMOLE E LA TRADIZIONE DI DEE 239 Thomas Rudd, che pubblicò un'edizione della prefazione di Dee alla matematica di Euclide nel 1651". Senza dubbio l'amanuense è un fervente ammiratore di Dee. Il primo scritto contenuto nell'Harley 6485 è un trattatello intitolato The Rosicrucian Secrets, che si era soliti attribuire a Dee proprio in base a questo manoscritto. In realtà, l'amanuense non dice che Dee è l'autore di quest'opera: egli afferma solo di copiarlo da «fogli», che crede siano stati scritti da Dee32. L'analisi dei Rosicrucian Secrets dimostra chiaramente che non sono stati scritti da Dee. Lo stesso codice contiene altre due opere, e anche queste le si dice trascritte da «fogli del dottor Dee». Una è intitolata Of thè Laws and Mysteries of thè Rosicrucians, copiata, per la maggior parte, dalla traduzione inglese della Themis aurea di Michael Maier, pubblicata nel 1656, con una dedica ad Ashmole33. Il compilatore del codice Harley appartiene alla tradizione alchimistica, nella quale l'indicazione di autori e fonti era generalmente assai poco attendibile ed era consuetudine attribuire a un autore famoso scritti che non erano certamente opera sua (per esempio, le numerose opere alchimistiche circolate sotto il nome di Raimondo Lullo furono scritte dopo la morte del vero Raimondo Lullo). Ciò che interessa qui e ci porta a indugiare sullo Harley 6485, è la prova che esso fornisce che in una tradizione alchimistica ancora viva all'inizio del secolo xvm la letteratura del movimento rosacrociano tedesco è attribuita a Dee. Se si vuole meditare sulle regole dell'Ordine rosacrociano quali sono esposte nella Fama e largamente illustrate da Maier nella Themis aurea, le si ricopia da presunti «fogli del dottor Dee», anche se in realtà si ricopia una traduzione del libro di Maier. In questo suo 31 EUCLIDE, Elementi of Geometry: l'ed. Thomas Rudd comprende una ristampa della prefazione di John Dee; cfr. FRENCH, John Dee cit., pp. 174, 217.32 II codice contiene tre scritti: i) The Rosicrucian Secrets, una dissertazione sull'alchimia paracelsiana, che usa diagrammi come quelli di Lullo. 2) Clavis chymicus, un glossario di vocaboli alchimistici, ed in particolare di vocaboli paracelsiani. 3) The Laws and Mysteries of thè Rosicrucians, fondato sulla traduzione inglese della Themis aurea di Michael Maier. Si dice che tutti questi scritti siano stati trascritti dalle «Carte del Dottor Dee». Nessuno è opera di Dee. 33 Themis aurea, The Laws of thè Fraternity of thè Rosie Grosse, Written in Latin by Count Michael Maierus, London 1656. La dedica ad Ashmole è firmata N. L, T. S., H. S. 240 CAPITOLO QUATTORDICESIMO modo oscuro, la Collezione Harley conferma che l'influsso di Dee serpeggia nel movimento rosacrociano tedesco. Il codice Harley 6485 è seguito immediatamente dallo Harley 6486, consistente in un'opera, il cui titolo (abbreviato) è: Le famose nozze di Ermete Trismegisto... composte da C. R., un tedesco dell'Ordine detta Rosa-Croce... e ora dal manoscritto latino fedelmente tradotte in inglese da Peter Smart, 1714. Nella pagina seguente vi è un'altra dichiarazione: « In margine vi sono brevi note scritte dal defunto dottor Rudd». Il manoscritto è stato ricopiato quasi parola per parola dalla traduzione inglese delle Nozze chimiche di Andreae, eseguita da Ezechiel Foxcroft, pubblicata nel 169o34. Sembrerebbe quindi che «Peter Smart» menta quando dichiara di aver eseguito una traduzione dal testo originale; per quel che ne so, non esiste nessun «testo originale latino» dell'opera, pubblicata solo in tedesco; inoltre, anche le note ai margini del manoscritto sono state copiate, tutte, dalla traduzione di Foxcroft e non possono, quindi, esser state scritte dal «defunto dottor Rudd». Comunque, si può forse giustificare in parte «Peter Smart », se si considera che l'evasività e la confusione erano caratteristiche della tradizione alchimistica, e che essa non va giudicata dal punto di vista di una stretta veridicità. Perché ciò che va maggiormente notato nello Harley 6486 è il grande disegno della monas hieroglyphica di Dee, riprodotto dalla traduzione di Foxcroft (dove è in realtà molto più somigliante alla monas che nel disegno riprodotto nel testo tedesco). Anche se non si dichiara esplicitamente che sono state copiate «da fogli del dottor Dee», è chiaro che per il compilatore dei codici Harley ciò che più importa nelle Nozze chimiche è che egli le crede permeate dall'influsso di Dee. 34 The Hermetic Romance: or The Chymical Wedding, Written in High Dutch by Christia» Rosenkreutz, tradotto da E. Foxcroft, ex membro del King's College a Cambridge, London 1690. La traduzione di Foxcroft è stata ristampata in WAITE, The Real History of thè Rosicrucians cit., pp. 6.5 sgg. e in A Christian Rosenkreutz Anthology, a cura di P. M. Allen, New York 1968, pp. 67 sgg. Cfr. p. 72, nota 2. Ezechiel Foxcroft viene spesso nominato nelle lettere inviate da Henry More a Lady Conway; cfr. M. NICOLSON, Conway Letters, London 1930, index. More lo presentò a Franciscus Mercurius van Helmont «poiché ambedue erano geni nella chimica» (Conway Letters cit., p. 323). ELIAS ASHMOLE E LA TRADIZIONE DI DEE 241 II compilatore dei codici Harley esamina quindi il «rosacrocianesimo» da un punto di vista che si può considerare analogo a quello di Ashmole, poiché giudica il rosacrocianesimo tedesco come il risultato, fondamentalmente, dell'influenza di Dee. Anche se il dotto Ashmole non avrebbe confuso fonti ed autori, come fa il compilatore dei codici Harley seguendo la consuetudine alchimistica nella sua forma più primitiva, anch'egli vide i manifesti rosacrociani, Maier e la sua scuola alchimistica, e Dee in una successione storica. E probabilmente riconobbe la storia alla base di quella successione di avvenimenti, il movimento «rosacrociano» e i suoi rapporti con l'elettore palatino Federico e con quei sogni di riforma universale attraverso l'unione con la Boemia, che non portò ad alcun risultato, e coinvolse l'Ordine della Giarrettiera nella rovina di Federico. Questo capitolo ha il carattere di un'ipotesi frammentaria, piuttosto che di elaborazione esauriente di un tema. L'ipotesi è che dietro il grande movimento essoterico, simboleggiato dalle realizzazioni di Newton in campo matematico e fisico, vi era anche un movimento esoterico, collegato con quello essoterico attraverso l'importanza attribuita al numero, ma capace di sviluppare ciò attraverso un altro approccio alla natura, cioè mediante l'alchimia. La grande opera di Newton può indicare l'approccio essoterico, mentre Ashmole avrebbe mantenuto vivo l'approccio alchimistico. Ed entrambi erano membri della Royal Society. I due approcci potevano avere un punto d'incontro nella alchimia «rosacrociana», cioè attraverso la tradizione alchimistica di Dee, quale fu sviluppata dalla scuola rosacrociana tedesca. È possibile che Newton trovasse dei punti di collegamento fra tutti i suoi studi attraverso tale visione generale. Gli studi più recenti hanno messo in rilievo la concezione rinascimentale che sta alla base degli sforzi scientifici di Newton, la sua fede nelle tradizioni dell'antica sapienza, velata nel mito, e la persuasione di avere scoperto egli stesso la vera filosofia esistente sotto il velo della mitologia. Nel loro articolo su Newton and thè Pipes of Pan, ]. E. McGuire e P. M. Rattansi hanno mostrato come Newton credesse di avere scoperto il sistema dell'universo, rappresentato allegoricamente nella y U ATTORDICE S IMO 35 lira di Apollo con le sue sette corde . Tali analogie musicali e cosmiche sono alla base della monas di Dee e degli emblemi di Maier, che combinano modi di espressione musicale ed alchimistica. L'alchimia «rosacrociana» musicale, matematica, alchimistica e profondamente religiosa - con un tipo di devozione ebraica e cabbalistica - viene presentata visivamente nell'incisione dell'Amphitheatrum di Khunrath: il pio alchimista, raffigurato mentre rivolge a lehova la sua profonda preghiera (tav. 18), e gli altri suoi strumenti per raggiungere Dio attraverso la natura, simboleggiati dagli strumenti musi" cali, dalla matematica architettonica e dal forno alchimistico. Con alcune varianti dovute alle differenze di epoca, questa incisione potrebbe esprimere la vita interiore, l'intensa aspira.' zione alla ricerca di Dio, lungo vie diverse, di Isaac Newton. La funzione di questo capitolo e in realtà di tutto il libro è . solo quella di mettere insieme i frammenti sforici, attraverso i quali tali pensieri possono aver proceduto lungo il cammino della storia. Credo che tali pensieri fossero alla base del movimento rosacrociano tedesco, ispirato da Dee, e che siano . stati tenuti in vita in Inghilterra da coloro che deploravano il '. mancato appoggio a Federico del Palatinato. L'atteggiamento storico di Newton, il suo grande interesse per la profezia aoocalittica lo avevano fatto certamente conscio delle interpretazioni apocalittiche sull'imminente estinzione del protestantesimo in Europa, causato dal crollo di Federico. Accostarsi a Newton attraverso l'alchimia rosacrociana può contribuire non solo a individuare il filone unitario dei suoi studi fisici e alchimistici, ma anche a integrarli con quelli sulla devozione ebraica, che troviamo alla base dei suoi studi storici. 35 j. E. MCGUIRE e p. M. RATTANSi, Newton and thè Pipes of Fan, in «Notes and Records of thè Royal Society», 21 (1966), pp. 108-41. Gli autori di questo articolo richiamano l'attenzione sull'interesse che Newton nutriva per l'opera di Maier. «Michael Maier, le cui opere furono attentamente esaminate da Newton, aveva intrapreso uno studio su tutta la mitologia greca per dimostrare che simboleggiava segreti alchimistici. L'interpretazione che Newton dà circa la " armonia delle sfere " è analoga, poiché la vede come una rappresentazione simbolica di segreti "della fisica" » (p. 136). '.»•o-/.'..'.MS/li1;! i','f'"fì < : ! ' O f;f;l.-;.lf '£ .ii.Iv> ;! o^Àv^oflU .;: r ;4-. Capitolo quindicesimo ik •\''• •• II rosacrocianesimo e la 'maisM|ÌÌi3^ * v ' . ir'fJlìiliSXO'rt s J f o i . ' ' • • • • • • ; ' , . •- • - • ' - .-• ••'•••• • ' '-hitoM hb ti'!, i/t£;v; •[ ' • ' ' • : : : " ' ? <^-. J ; *> ^•-...'•. •• . ; '••• • ;. J . V i . ' V . ' . . •.;£-.. • : . . : .-• • • ••.--.;rjbii?.n-..>>,%?h • - • ] H t r .fìtti - L '3 '-!. "H II motivo più importante per cui sono mancati fino ad ora studi storici seri sui manifesti rosacrociani e l'influsso che hanno esercitato, consiste senza dubbio nel fatto che l'intero problema è stato confuso dagli appassionati per le società segrete. Vi è tutta una vasta letteratura sul rosacrocianesimo che presuppone l'esistenza di una società segreta fondata da Christian Rosenkreutz, che sussiste ininterrottamente fino ai nostri tempi. Nel mondo vago e impreciso dei cosiddetti scritti «occulti», questo presupposto ha prodotto un genere di letteratura giustamente trascurato dallo storico serio. E quando, come spesso accade, la discussione nebulosa intorno ai «Rosa-Croce» e la loro storia s'intreccia ai miti massonici, il ricercatore ha l'impressione di sprofondare disperatamente in una palude senza fine. Tuttavia, chiunque intraprenda uno studio sul rosacrocianesimo, deve affrontare tali questioni e sebbene questo libro finora si sia soprattutto preoccupato di dare una spiegazione storica dell'ambiente da cui ebbero origine i manifesti rosacrociani e di delineare il loro influsso - evitando il problema della società segreta - è giunto il momento di cercare di dire qualcosa su questo aspetto del tema indagato. Anche se non sarà possibile giungere a risultati molto sicuri, cercheremo almeno di penetrare queste nebbie dalla vantaggiosa posizione di una migliore conoscenza della situazione storica in cui sorse il movimento rosacrociano. I Rosa-Croce esistono? Sei uno di loro? No. Ne hai mai visto uno? No. Quante volte abbiamo sentito queste battute, con le loro risooste negative, mentre compivamo il nostro viaggio attraverso la letteratura rosacrociana. La discussione 244 CAPITOLO QUINDICESIMO continua ancora. Uno storico della massoneria ha diviso i teorici rosacrociani in tre categorie: quelli che ritengono vera la storia di Christian Rosenkreutz e del modo in cui venne fondata la Confraternita dei Rosa-Croce, come è raccontata nella Fama; quelli che considerano la società e il suo fondatore esclusivamente come miti; quelli che, senza ritenere vera la storia di Rosenkreutz, credono all'esistenza «dei Rosa-Croce», come società segreta1. Nessuna persona seria può ormai credere che la storia di Rosenkreutz sia vera alla lettera e la ipotesi che una società segreta di Rosa-Croce sia esistita, velata nel mito, è stata messa in dubbio da Paul Arnold, nel suo libro pubblicato nel 19552. Le mie indagini sulla questione non sono state esaurienti. Non ho esaminato ogni scritto della letteratura a stampa del periodo dell'entusiasmo rosacrociano, né ho cercato testimonianze forse ancora nascoste in documenti manoscritti o in archivi. Posso solo dire che, nei limiti delle mie ricerche, non ho trovato alcuna testimonianza su una reale società segreta che si denominasse «rosacrociana», veramente esistita come gruppo organizzato al tempo in cui furono pubblicati i manifesti e durante il periodo dell'entusiasmo. Vi sono numerosissime testimonianze di una ricerca appassionata dei RosaCroce, ma nessuna di qualcuno che li abbia trovati. Inoltre i manifesti rosacrociani erano proclami largamente pubblicizzati, provocatoriamente diffusi: poiché lo scopo principale di una società segreta deve essere di mantenersi segreta, sembrerebbe strano che una vera società segreta rosacrociana si facesse conoscere pubblicamente in modo così drammatico. I manifesti sembrerebbero proclamazioni illuministiche in forma di mito utopistico su un mondo in cui esseri illuminati, quasi simili a spiriti, si aggirano facendo del bene, diffondendo salutari influenze, divulgando la conoscenza delle scienze naturali e delle arti, con l'intento di riportare l'umanità alla condizione paradisiaca di prima della Caduta. Fu, quindi, solo un malinteso popolare l'aver presunto l'esistenza di una vera società segreta dietro questi documenti, e sembrerebbe che i loro autori siano stati messi in difficoltà da questo frain1 2 WAITE, The Redi History of thè Rosicrucians cit., pp. 217-18. j ARNOLD, Histoire des Rose-Croix cit. Peuckett (Die Ro'se cit.) non giunge a conclusioni su questo argomento. >; 'i; - y „ IL ROSACROCIANESIMO E LA MASSONERIA 245 tendimento. Johann Valentin Andreae fece sforzi penosi per chiarire che Christian Rosenkreutz e la sua Confraternita erano una finzione3. Tuttavia, come abbiamo visto, qualcosa di reale è emerso dalle dichiarazioni dei manifesti: i Fratelli Rosa-Croce erano un'invenzione romanzesca, ma suggerirono qualcosa di reale, le Unioni cristiane, gruppi di persone che cercarono di organizzarsi in società4. Così il modo giusto di porre il problema è, probabilmente, quello di lasciare da parte la ricerca dei «veri» Rosa-Croce, per domandarci invece, se il movimento rosacrociano abbia suggerito la formazione di società segrete. Abbiamo visto che questa era l'idea di una società per il progresso del sapere (quale fu poi realizzata dalla Royal Society) nelle indicazioni dell'autore della Fama, per cui i dotti avrebbero dovuto comunicarsi vicendevolmente le loro scoperte e incontrarsi per collaborare. Vi è poi nei manifesti anche l'idea, o almeno il progetto, di una società segreta internazionale che ebbe, ed ha, reale esistenza, ossia la massoneria? La ricerca storica sul problema del rosacrocianesimo e della massoneria iniziò in Germania nel secolo xvm e i risultati più importanti degli studi tedeschi, in particolare come furono esposti da J. G. Buhle in un'opera pubblicata nel 1804, comparvero in inglese, in un saggio di Thomas de Quincey nel 18245. Sebbene separati dal passato dall'abisso della guerra dei Trent'anni che distrusse tante testimonianze, i ricercatori tedeschi dei tempi di Buhle erano più vicini a quel passato di quanto non lo siamo noi e vale la pena di considerare le loro teorie, come ce le ha trasmesse De Quincey, in quanto rappresentano un primo tentativo di risolvere il problema. La tesi del libro di Buhle è così sunteggiata da De Quincey: Da uno scherzo giocato da un giovane dotato di straordinario talento all'inizio del xvn secolo, ma con uno scopo molto più elevato di quello che di solito gli scherzi comportano, il lettore troverà che tutti i misteri della massoneria, quale esiste ora in tutto il mondo civile, dopo un lasso di tempo di più di due secoli, sono 3 4 5 Cfr. pp. 168 sgg. Cfr. pp. 181 sgg. T. DE QUINCEY, Historico-Criticd Inquiry into thè Origins of thè Rosicrucians and thè Freemasons, pubblicata originariamente in «London Magazine», 1824; ristampata in Collected Writings cit., voi. XIII, pp. 384-448. im L^UC, nei libro di Buhle]: il potere di una grandiosa e vasta aspirazione a una filosofica benevolenza è tale da preservare persino le più oziose frivolezze, come l'ambra racchiude paglia e insetti'. 247 sciamo sulle correnti di pensiero che circolarono dall'Inghilterra alla Germania e viceversa agli inizi del secolo xvn. Le origini della massoneria sono uno dei problemi più discussi e discutibili in tutto il campo della ricerca storica8. Dobbiamo distinguere fra la storia leggendaria della massoneria e il problema di quando essa divenne effettivamente una istituzione organizzata. Secondo la leggenda massonica la massoneria è antica quanto la stessa architettura, risalendo alla costruzione del Tempio di Salomone e alle corporazioni medievali dei muratori, impegnate a edificare le cattedrali. A un certo punto la massoneria operativa, o la vera arte del costruire, si trasformò in massoneria speculativa, o interpretazione etica e mistica della costruzione, in una società segreta con riti e dottrina esoterici. Quando questo sia realmente accaduto, quando siano nate la struttura e l'organizzazione massonica, non lo sappiamo con certezza. Tra i pochi eventi noti degli inizi vi è la data in cui Elias Ashmole venne ammesso in una loggia massonica. Egli annota nel suo diario di essere stato ammesso in una loggia massonica, a Warrington, nel Lancashire, il 16 ottobre 1646'. La loggia esisteva già, non fu fondata da lui. Ashmole dà i nomi di altre persone ammesse in quel tempo alla loggia: tra queste, suo cugino Henry Manwaring, che era una «testa tonda». Evidentemente, poiché Ashmole era monarchico, era possibile che membri delle opposte fazioni della guerra civile fossero ammessi alla massoneria. È stato detto che l'annotazione di Ashmole sulla sua iniziazione massonica è «la più antica testimonianza nota sull'esistenza della massoneria speculativa in una loggia inglese» '". È importante che questa antica testimonianza massonica sia collegata all'uomo, di cui si è discussa, nel capitolo preceden- II giovane dotato di talento straordinario è Andreae, che Buhle crede autore di tutti i manifesti rosacrociani; lo «schermo» è la sua narrazione della Confraternita dei Rosa-Croce, che Buhle ritiene abbia dato origine alla massoneria. Nell'ultima frase De Quincey imita lo stile di Buhle. Abbellendo e ampliando gli argomenti appresi dalle fonti tedesche, De Quincey sostiene che «non è possibile dimostrare dall'esame dei documenti storici che sia stato fondato in Germania un collegio o una loggia di Fratelli Rosa-Croce...» Ma è convinto che il rosacrocianesimo, quando fu introdotto in Inghilterra, divenne massoneria. Afferma solennemente di credere che «la massoneria non è altro che rosacrocianesimo, come l'han modificato coloro che l'hanno trapiantato in Inghilterra», da dove venne riesportato negli altri paesi d'Europa. Colui che in particolare fu responsabile dell'introduzione del rosacrocianesimo in Inghilterra e dell'attribuzione ad esso di un nuovo nome fu, secondo De Quincey, Robert Fludd. Le credenze e le pratiche massoniche, concernenti l'interpretazione mistica della costruzione del Tempio a Gerusalemme, si possono già intravedere, secondo De Quincey, negli scritti rosacrociani, ma quando il rosacrocianesimo si trapiantò in Inghilterra, queste furono aggiunte dalla massoneria alle tradizioni delle corporazioni dei muratori. Conclude, quindi, con somma sicurezza: I massoni originali costituirono una società sorta dall'eccessivo entusiasmo rosacrociano, certamente nei tredici anni dal 1633 al 1646, e probabilmente fra il 1633 e il 1640 '. Questa ipotesi non può essere del tutto esatta, ma il modo in cui presuppone un movimento o un contatto fra Inghilterra e Germania, mediante il quale qualcosa venne trapiantato da un paese all'altro, è interessante in vista di ciò che cono' DE QUINCEY, Historico-Critical Inquiry into theOrigins oftheRosicrucians ,,"> 7 and thè Freemasons cit., p. 386. Ibid,, p. 426. 1 La letteratura più antica sulla storia della massoneria mischia mito ed eventi, producendo una confusione inestricabile. Per accostarsi alla materia in modo moderno e critico cfr, D. KNOOP e G. P. JONES, The Growth of Freemasonry, Manchester University Press, 1947. L'influenza della tradizione ermetica rinascimentale sulla mitologia massonica è stata segnalata in ÌYATES, Giordano Bruno cit., pp, 274, 414-16, 423 [trad. it., pp. 300, 446-47, |455J; nx, The Art of Memory, pp. 303-5 [trad. it., pò. 281-83], Ho suggerito icome possibile influenza forme occulte rinascimentali dell'arte della memo• 9 M, Elias Ashmole cit., voi. I, pp. 33-35. '•''•'»*-<* .:;, .ti ,rD, " .. 2/t <v - 248 CAPITOLO QUINDICESIMO te, la conoscenza del rosacrocianesimo: abbiamo visto che Ashmole trascrisse i manifesti rosacrociani di suo pugno, aggiungendovi una lettera autografa, in cui esprimeva ammirazione per i loro scopi e chiedeva di potersi unire a loro ". Sembrava trattarsi di un esercizio formale, imitando la tradizione rosacrociana nei confronti dei manifesti, ma senza alcun riferimento a un gruppo realmente esistente, che si definisse rosacrociano. Ora ci possiamo domandare se il fatto che Ashmole era un massone avesse qualche rapporto con il suo esercizio rosacrociano. È forse possibile rispondere che il citare e lodare i manifesti rosacrociani potrebbe significare non già che era un Rosa-Croce (se questi non esistevano), ma che uno era affiliato a qualche altra società segreta? Anche se l'iniziazione massonica di Ashmole dell'ottobre 1646 è generalmente considerata la più antica testimonianza, ne esiste un'altra che risale a un tempo precedente, dimostrata con prove di fatto: la documentazione dell'ammissione di Robert Moray alla loggia massonica di Edimburgo, il 20 maggio 164112. Moray si prodigò, probabilmente più di ogni altro, per promuovere l'istituzione della Royal Society e per persuadere Carlo II a fondarla sotto la sua protezione. Si interessò profondamente all'alchimia e alla chimica. Così le due persone, di cui esistono le prove più antiche e sicure di adesione a logge massoniche, erano entrambi membri promotori della Royal Society - Moray e Ashmole. L'organizzazione massonica era dunque chiaramente in attività almeno vent'anni prima della fondazione della Royal Society (nel 1660). È difficile invece reperire prove e documenti che risalgano a tempi precedenti. Esiste un accenno già nel 163 8 a un possibile nesso, nell'opinione pubblica, tra l'idea di rosacrocianesimo e l'idea di massoneria. Il riferimento più antico alla «parola massone», a noi noto, lo si trova in una poesia pubblicata a Edimburgo nel 1638. La poesia è una descrizione in versi di Perth e dintorni e il passo è il seguente: , /> -i Por what we do presage is not in grosse, Por we be brethren of thè Rosie Grosse: •ili ih ,,Ti > i i , "Cfr. P .23o. ... 12 Cfr. D. e. MARTIN, $& Robert, Moray, in The Royal'Society•? ed. H. Hartley, p. 246. _ ' ,/ IL ROSACROCIANESIMO E LA MASSONERIA 249 We have thè Mason word and second sight, Things for to come we can foretell aright...13. Forse i «Fratelli della Rosa-Croce» sono qui simili a fate, esseri che ti trasmettono il dono della preveggenza, ma è interessante che questo riferimento ai Fratelli Rosa-Croce, probabilmente esclusivamente poetico o letterario, si trovi nella prima menzione a stampa della «parola massonica». Il primo riferimento in una pubblicazione a stampa ai «Massoni Accettati» si trova in un opuscolo massonico del 1676: Per render noto che la Gabbala del Moderno Nastro Verde, insieme con l'antica Confraternita della Rosa-Croce, gli Adepti Ermetici e l'associazione dei Massoni Accettati hanno intenzione di pranzare tutti insieme il 31 novembre prossimo... '*. Segue poi una descrizione di un menu comico e a quelli che pensano di andarci si consiglia di mettere gli occhiali «perché altrimenti si pensa che le sopracitate società non si renderanno visibili (come hanno fatto fino ad ora)». Questo è interessante, perché suggerisce un intero gruppo di società esoteriche - fra cui i massoni e i Rosa-Croce — evidentemente con diversi associati, ma dotate di caratteri abbastanza comuni da rendere naturale il pranzare insieme. Il vecchio scherzo sulla «invisibilità» ricollega questo riferimento all'antica tradizione rosacrociana. Ancora più tardi, nel 1750, si trova la seguente dichiarazione in una lettera: « I massoni inglesi hanno imitato alcune cerimonie dei Rosa-Croce e dicono di derivare da loro e di essere anzi gli stessi»1S. Siamo giunti ora così avanti nel tempo da raggiungere la metà del secolo xvm; approssimativamente in questo periodo sembrerebbe iniziare in Francia nella massoneria un nuovo «grado», o insieme di rituali. Fu chiamato il grado della Rosa-Croce K; la sua mistica pareva senza dubbio cristiana (più ispirata al cristianesimo che non la mistica dei13 [Perché ciò che noi presagiamo non è vago, | perché siamo Fratelli della Rosa-Croce: | possediamo la parola massone e la seconda vista, | possiamo predire esattamente gli avvenimenti che accadranno...] KNOOP, JONES e HAMER, Early Musante Pamphlets, Manchester 1945, p. 30. 15 u *., p. 31. Ibid., p. 235. .,. n '•-% GOULD, History of Freemasonry, London 1886, voi. V, pp. 159-61 ;'SÉ£ a cura di Poole cit., voi. Ili, pp. 267-77. •:rt'* 250 CAPITOLO QUINDICESIMO sta degli altri gradi) e potrebbe essere stata influenzata dal misticismo della cavalleria. Questo parrebbe indicare l'accettazione nella stessa tradizione massonica - anche se molto tardi - dell'idea di un nesso tra il rosacrocianesimo e la massoneria. Queste tarde indicazioni e tradizioni, per quanto interessanti, non possono far luce sul nostro periodo, gli inizi del secolo xvn, quando le idee rosacrociane furono divulgate dai manifesti. Ci poniamo ancora l'antica domanda: in quel periodo vi erano Rosa-Croce, esisteva una organizzazione segreta? Forse il problema è un po' cambiato da quando abbiamo risposto per la prima volta in modo negativo, all'inizio di questo capitolo. Si potrebbe ora formulare più ampiamente così: se non esistevano Rosa-Croce, vi erano forse nell'ambiente i prodromi di un movimento massonico, o premassonico? La storia leggendaria della massoneria, la vera arte del costruire, è stata narrata con molti particolari in alcuni poemi medievali (del 1400 circa), che i massoni considerano documenti preziosi dell'antica massoneria operativa, la massoneria dell'arte o della corporazione, da cui la massoneria speculativa - o libera massoneria — asserisce di derivare. In queste «Costituzioni manoscritte della massoneria»17, come vengono definiti tali scritti, la massoneria, o il costruire, o l'architettura viene identificata con la geometria. Un racconto sostiene che la geometria venne scoperta prima del Diluvio; un altro afferma che Abramo insegnò la geometria agli Egizi. In un'altra versione ancora dell'invenzione della geometria, derivata da una fonte classica (Diodoro Siculo), si dice che la geometria è stata inventata dagli Egizi per arginare le inondazioni del Nilo. L'invenzione è attribuita a Thoth-Hermes, o Ermete Trismegisto, identificato con Euclide. Così le origini della geometria, o massoneria, e quindi della libera massoneria sono fatte risalire a un passato molto remoto, ebraico o egizio, e sono circondate da mistiche chiaramente collegate alla concezione rinascimentale dell'« antica sapienza », dei pri17 Le più importanti di queste Manuscript Constitutions of Masonry, o Olà Charges sono contenute nei manoscritti Regius e Cooke, ambedue del 1400 circa; i passi che seguono sono citati da KNOOP e JONES, The Growth of Freemasonry cit., pp. 62-86. IL ROSACROCIANESIMO E LA MASSONERIA 251 sci theologi '" o dei teologi antichi, da cui sarebbe derivata tutta la vera sapienza. Nella mitologia massonica l'antica vera sapienza era racchiusa nella geometria del Tempio, costruito da Salomone con l'aiuto di Hiram, re di Tiro. Architetto del tempio si riteneva fosse stato un certo Hiram Abif (da non identificarsi con Hiram, il re), il cui martirio costituisce il tema di un atto simbolico nel rituale massonico. La fonte ufficiale della mitologia massonica e della sua storia mistica sembra che siano le Constitutions of Freemasons, pubblicate da James Anderson nel 1725, un testo, per quel che so, considerato ancora come un documento autorevole per la storia della massoneria dagli stessi massoni. Esso contiene una dichiarazione, che dev'essere letta quando un nuovo fratello viene ammesso, e che inizia: Adamo, il nostro progenitore, creato a immagine di Dio, il grande Architetto dell'universo, deve aver avuto impresse nel suo cuore le scienze liberali, e in particolar modo la geometria; perché sempre, dopo la Caduta, ne troviamo i principi nel cuore dei suoi figli...1'. La storia della geometria è quindi delineata attraverso la storia biblica e culmina nella costruzione del Tempio da parte di Salomone. Come nella maggior parte delle storie della massoneria, le Constitutions, dopo aver esposto l'arte della costruzione, i costruttori e gli edifici di cui parla la Bibbia, continuano narrando la storia dell'architettura non biblica. In un primo tempo «la regale arte dell'architettura» si diffuse dagli Ebrei ai Greci. Poi Roma apprese tale arte, e diventò il centro del sapere e del potere imperiale, raggiungendo il suo massimo splendore sotto Cesare Augusto, « sotto il cui regno nacque il Messia di Dio, il grande Architetto della Chiesa». Augusto incoraggiò «il grande VITRUVIO, padre di tutti i veri architetti fino ad oggi» 2°. Augusto fu il Gran Maestro della loggia massonica a Roma e il fondatore dello stile che da lui prese nome. Poi le Constitutions esaminano rapidamente la decadenza " WALKER, The «Prisca Theologia» in Pratice cit., pp. 204-59; ID -> The Ancient Theology, London 1972; YATES, Giordano Bruno cit., pp. 14,17-18 e passim [trad. it., pp. 27-28, 30]. 19 j. ANDERSON, The Constitutions of Freemasons, 1723; riprodotte in facsimile, con un'introduzione di L. Vibert, London 1923, p. i. 20 Ibid.,pp. 24-25. 2.52 CAPITOLO QUINDICESIMO della «massoneria romana» durante le invasioni barbariche, e il sorgere dello stile gotico, e ricordano che in «tempi di ignoranza», la geometria corse il rischio di essere «condannata per evocazione di spiriti»21. Arrivando ai tempi moderni, o più recenti, l'opera espone22 come la regina Elisabetta non fosse favorevole all'architettura, mentre re Giacomo I ripristinò le logge inglesi e riscattò l'architettura romana dall'ignoranza gotica. In Italia architetti pieni di talento avevano fatto rivivere lo stile classico, restaurato soprattutto dal grande Palladio, emulato in Inghilterra « dal nostro grande maestro massone Inigo Jones » 23 . Anche Carlo I protesse il «signor Jones», presentato sicuramente come massone, come pure Carlo II. L'architetto della cattedrale di San Paolo a Londra, Sir Christopher Wren, viene menzionato e lodato. Questa storia non chiarisce un punto su cui è necessario avere informazioni precise: quando la massoneria moderna cominciò a esistere come società segreta organizzata? La maggior parte dei libri sulla massoneria confonde architettura biblica, leggende, storia dell'architettura in generale e storia della massoneria, seguendo l'esempio di James Anderson nelle Constitutions del 1725. Ma sembra probabile - e questo punto viene normalmente messo in rilievo dagli storici massoni - che la massoneria «speculativa», e il suo graduale distinguersi dalla massoneria «operativa», iniziasse con il risvegliarsi dell'interesse per Vitruvio e per l'architettura classica. Anche se Anderson non è chiaro su questo fatto, sembrerebbe che Inigo Jones sia molto importante nella sua storia, fino a suggerire la possibilità che la massoneria abbia iniziato a esistere, come istituzione — distinta dalla leggenda massonica - in Inghilterra con l'introduzione e la diffusione dello «stile augusteo» da parte di Inigo Jones. Si può notare una curiosa lacuna nella storia massonica. Perché non si nomina John Dee, il famoso filosofo ermetico, autore di una famosa prefazione a una traduzione inglese di Euclide, in cui lodava «il grande VITRUVIO» 24 e consigliava il ANDERSON, The Constitutions of Freemasons cit., p. 36. i f- ! :v'< Ibid., pp. 38 sgg. h'. •••:«. , . . f 24 I passi su Vitruvio, nella prefazione ad Euclide di Dee, sono dltafe in YATES, Theatre of thè World cit., pp. 190-97. , IL ROSACROCIANESIMO E LA MASSONERIA 253 ritorno ad Euclide, il risveglio dell'architettura e di tutte le arti matematiche? L'Euclide inglese, con la prefazione di Dee, fu pubblicato nel 15 70 : era senza dubbio un monumento memorabile alla sacra arte della geometria, che annunciava il rifiorire dell'architettura classica in Inghilterra, molto prima di Inigo Jones. È difficile credere che i massoni non conoscessero la prefazione di Dee a Euclide, con le numerose citazioni di Vitruvio. E in effetti sembra abbastanza chiaro che James Anderson la conoscesse, perché in più di un punto pare quasi citare da questo scritto. Confrontiamo, per esempio, il testo di Anderson sul regno di Augusto, al tempo in cui «nacque il Messia di Dio, il grande Architetto della Chiesa», con le parole di Dee su Augusto, « nei giorni del quale nacque il nostro Divino Arcimaestro»25. Si ha l'impressione che Dee sia stato omesso dalla storia ufficiale massonica con proposito deliberato26. Quale può essere stata la ragione di questa omissione? Forse la stessa che indusse spesso ad evitarne il nome, la nomea di «evocatore di spiriti» e la diffamante pubblicazione di Méric Casaubon. Sebbene — e il fatto è abbastanza ironico - Dee stesso nella prefazione deplori l'accusa di evocare spiriti formulata contro di lui dagli ignoranti, proprio come Anderson ricorda nelle Constitutions, che «in tempi di ignoranza» la geometria correva il rischio di esser «condannata per evocazione di spiriti». Ci si presenta, dunque, un problema: quale nesso ha tale problema con quello del rosacrocianesimo e della massoneria? Non posso rispondere in modo del tutto esauriente a queste domande. Come ho detto all'inizio di questo capitolo, questo libro non si propone fondamentalmente di indagare sul problema della società segreta. Al più, posso provarmi a suggerire come i movimenti storici trattati in questo libro potrebbero presentare nuove vie storiche, lungo le quali futuri ricercatori potrebbero muovere con la speranza di trovare nuove testimonianze. Supponiamo - è una semplice ipotesi, una linea storica su cui potrebbero dirigersi future ricerche - che proprio nell'In- 21 22 derson (John Dee cit., p. 161, nota 3). 254 CAPITOLO QUINDICESIMO ghilterra elisabettiana si sia sviluppata un'idea simile a quella che più tardi divenne l'idea massonica, in connessione con il culto della regina e con il movimento di Dee, cui era legato Philip Sidney. Nell'Inghilterra elisabettiana, unita da un risveglio della cavalleria e da movimenti esoterici rinascimentali e spiritualmente preparata a resistere a un nemico pericoloso, sembra abbastanza probabile che siano esistiti gruppi segreti. Quando questi movimenti uscirono dall'Inghilterra, sulla scia dell'elettore palatino e della sua sposa di Casa Stuart, avrebbero potuto portare con sé non solo idee cavalieresche e alchimistiche inglesi, ma anche l'idea di un tipo di premassoneria, di cui John Dee potrebbe essere stato in parte responsabile, come fu responsabile di tante altre idee in questi movimenti? Si dovrebbero cercare mistiche presumibilmente massoniche negli scritti del gruppo rosacrociano, specialmente tra gli scritti di Maier e Andreae, anche se in questo periodo sarebbe difficile distinguerle dalle mistiche generalmente rinascimentaliTì. Il problema è reso più complesso dal fatto che, sebbene sembri più che probabile che si sviluppassero società segrete per le pressioni dei tempi, non sappiamo quante fossero queste società, né eventualmente quali relazioni avessero fra loro. Come abbiamo già detto, tutti i movimenti segreti della fine del secolo xvi potrebbero avere simpatizzato, in segreto, con i movimenti sorti intorno all'elettore palatino. Sappiamo che la Famiglia d'Amore fu una società segreta realmente esistente, che ebbe una propria organizzazione, e che si sviluppò nella situazione particolare in cui si trovavano i Paesi Bassi nel tardo Cinquecento. Sappiamo che molte persone ben note erano segretamente membri di questa setta o società, che consentiva ai suoi adepti di appartenere pubblicamente a qualsiasi confessione religiosa, mentre erano affiliati in segreto alla Famiglia. Questo atteggiamento della Famiglia d'Amore 27 Per esempio, sul misticismo circa le proporzioni del Tempio di Salomone si fonda una teoria architettonica all'inizio del Rinascimento italiano (cfr. E, WITTKOWER, Architectural Principles in thè Age of Humanism, London 1962, pp. 91, 106, 136 [trad. it. Principi architettonici nell'età dell'Umanesimo, Einaudi, Torino 1964, pp. 103, 119, 149]), e l'interesse che Maier ed Andreae nutrirono per questo argomento non ha necessariamente nulla a che vedere con la massoneria. IL ROSACROCIANESIMO E LA MASSONERIA 255 ha qualcosa in comune con quello della massoneria. Sappiamo che la Famiglia contava molti membri, in segreto, tra gli stampatori; che, per esempio, il grande stampatore di Anversa, Plantin, era affiliato a questa setta e desiderava diffonderla attraverso la pubblicazione delle opere di coloro che simpatizzavano con la società. Si è già suggerito2S che i De Bry, una famiglia di stampatori legata alla casa Plantin, possano essere stati membri della Famiglia d'Amore e che il trasferimento di questa casa nel territorio palatino, dove pubblicò a Oppenheim opere di autori interessati al movimento «rosacrociano» — Fludd e Maier - possa essere stato provocato dalla segreta simpatia nutrita per i movimenti che avevano allora il loro centro nel Palatinato. Abbiamo anche pensato che si possano scorgere influssi di Giordano Bruno nel movimento «rosacrociano»2'. Bruno, il filosofo così profondamente ermetico, che diffuse in tutta l'Europa del tardo Cinquecento un movimento esoterico per una riforma generale del mondo, sotto forma di un ritorno alla religione «egizia» e alla magia buona, potrebbe avere formato una società segreta, i «Giordanisti», fra i circoli luterani in Germania. Bruno aveva visitato l'Inghilterra, dove probabilmente era stato in contatto con Sidney ed aveva mostrato molta simpatia per gli aspetti più esoterici del culto cavalieresco elisabettiano 3°. Anche in questo caso è possibile una influenza sul «rosacrocianesimo», mescolata con altri influssi. Si potrebbe supporre che l'influenza della Famiglia d'Amore potrebbe avere rappresentato una corrente segreta originatasi nei Paesi Bassi; che un movimento promosso da Bruno potrebbe richiamarsi a movimenti segreti in Italia; e che tutte queste influenze avrebbero potuto coesistere con un movimento esoterico inglese, su cui John Dee esercitò un forte influsso, tendente a preparare un grande attacco per «liberare» l'Europa, collocando Federico del Palatinato sul trono di Boemia. Tutto ciò, ovviamente, è un brancolare nel buio, attraverso ipotesi fondate su «se» e «forse»; ma è necessario esprimeCfr. p. 87. ' Cfr. pp. 98,101. . n YATES, Giordano Bruno cit., pp. 275 sgg. Ltrad. it, pp. 314 sgg.J. 1 256 CAPITOLO QUINDICESIMO re queste incertezze per mostrare la difficoltà dell'argomento di questo capitolo. Sappiamo che il tardo Cinquecento e gli inizi del secolo xvu furono un'età di società segrete, ma non sappiamo quali relazioni intercorressero fra tali società, né in che potessero differire l'una dall'altra. Il documento inglese del 1676 descrive come la Gabbala, del Nastro Verde31 pranzasse con la Confraternita della Rosa-Croce, gli Adepti Ermetici e i Massoni Accettati, e come tutte queste società avessero in comune P« in visibilità». Forse questo frammento rappresenta tradizioni più antiche, di una (per così dire) intercomunione tra società segrete, sebbene in quell'epoca terribile tali relazioni dovessero essere particolarmente difficili e pericolose. Se in questa complessa situazione latomica intorno al movimento rosacrociano tedesco vi fu un'influenza esoterica inglese, derivante forse da un movimento massonico collegato a Dee, forse mescolato a influssi cavaliereschi inglesi per dare il nome «Rosa-Croce», potrebbe esserci stato qualcosa di reale dietro quei misteriosi manifesti, qualcosa di simile a un movimento premassonico. Voglio di nuovo sottolineare che questo modo di procedere si propone solamente di formulare ipotesi capaci di indurre altri studiosi a intraprendere una ricerca non ancora tentata da chi si è interessato alla storia dei primordi della massoneria, perché credo che nessuno abbia tenuto conto delle influenze inglesi sul movimento rosacrociano tedesco. Se tali influenze si fecero sentire dall'Inghilterra in Germania all'inizio del secolo xvu (arrivando anche attraverso la missione di Dee in Boemia), quando si può pensare che siano ritornate in Inghilterra? Sicuramente dopo la catastrofe del 1620. Un intenso movimento di lealtà e di simpatia per il re e la regina di Boemia dovette senza dubbio generarsi dopo i terribili avvenimenti che li costrinsero al lungo esilio olandese. E qui, questo nuovo approccio storico può contribuire a indicare un campo di ricerca completamente nuovo. Vi erano movimenti «rosacrociani» all'Aia, almeno sin dal 1622, su 31 Club whig del xvn secolo; cfr. G. M. TREVELYAN, England under thè Stuarts, pp. 378 sgg..,:4 IL ROSACROCIANESIMO E LA MASSONERIA 257 3Z cui disponiamo già di una certa quantità di materiale , e altro potrebbe essere reperito. È possibile che la massoneria organizzata possa aver trovato all'Aia terreno fertile su cui crescere, forse fuori, o forse insieme con il «rosacrocianesimo», in quell'atmosfera di devozione a una causa perduta, dove il personaggio principale, dopo la morte dell'ex re di Boemia, era l'ex regina di Boemia, la vedova reale che tenne la sua corte all'Aia per tanti anni. I membri della Casa Stuart erano propensi a sostenere la massoneria: basti pensare solo alla massoneria giacobita, fautrice dei pretendenti al trono. Forse vi è un membro della Casa Stuart sul cui ambiente non si è sufficientemente indagato da questo punto di vista: Elisabetta Stuart, ex regina di Boemia. Aveva un carattere forte, ed esercitò una grande influenza nell'intento di mantenere vivo un tipo di sentimenti monarchici, accettabili perfino dal partito parlamentare, che potevano anche aver qualche elemento in comune con un esiliato boemo, come Comenio, e che probabilmente agevolarono la restaurazione di Carlo II. Il facile passaggio dalla rivoluzione alla restaurazione monarchica è sempre stato oggetto di sorpresa, e la massoneria è sempre stata sospettata di esservi coinvolta. Le nostre ricerche suggeriscono, dunque, che vi fosse qualcosa di giusto nella teoria J. G. Buhle, anche se non nella forma da lui proposta. Il fenomeno europeo della massoneria era quasi certamente connesso con il movimento rosacrociano. Tuttavia anche questa conclusione provvisoria e nebulosa è ben lungi dal risolvere il problema, perché è chiaro che i due movimenti, anche se probabilmente connessi, non erano identici. La massoneria unisce un approccio esoterico alla religione con una dottrina morale e con una forte tendenza filantropica; in questo segue il modello dei Fratelli Rosa-Cro32 PETER MORMIUS, Arcana totius naturae secretissimus, Leiden 1630, sembra essere l'opera atta a rappresentare il rosacrocianesimo all'Aia, all'inizio del xvu secolo (io personalmente non l'ho letta). Nella prefazione dichiara che il vero fondatore dell'Ordine rosacrociano non fu Christian Rosenkreutz, ma «Frederick Rose» (cfr. ARNOLD, Histoire des Rose-Croix cit., pp. 256-57). Un altro strano episodio che ha nessi con il rosacrocianesimo in Olanda, in quel periodo, è quello del pittore arrestato con l'accusa di essere un Rosa-Croce, torturato e imprigionato, ma liberato per l'intervento di Carlo I d'Inghilterra. Cfr. R. e M. WITTKOWER, Barn under Saturn, London 1963, p. 31 [trad. it. Nati sotto Saturno, Einaudi, Torino 1968, pp. 42-43]. 258 CAPITOLO QUINDICESIMO ce, ma - come ha fatto notare A. E. Waite — ne differisce in quanto non è interessata alla riforma delle arti e delle scienze, alla ricerca scientifica, all'alchimia e alla magia, e a molti altri campi33. Dalla grande riserva di potenza spirituale e intellettuale, di visione morale riformatrice, costituita dai manifesti rosacrociani, la massoneria attinse solo un filone, mentre gli altri confluirono nella Royal Society, nel movimento alchimistico e in varie altre direzioni. Il nostro proposito, in questo lavoro, è di esaminare l'Illuminismo rosacrociano come un tutto e nelle sue molteplici e multiformi manifestazioni; è invece meno interessato al volgersi di alcuni suoi aspetti nelle società segrete. La ricerca sulle società segrete ha portato a oscurare l'importanza del tema. Non potremo mai sapere, per esempio, se Francis Bacon sia stato in qualche modo un precursore della massoneria. Ma non è necessario, né veramente importante saperlo. È molto più importante rintracciare l'influsso dell'idea di rosacrocianesimo, che individuare i membri delle società segrete. Eppure il tema studiato in questo capitolo, il tema della segretezza, ha la sua importanza, perché collega il Rinascimento con gli inizi della rivoluzione scientifica. I grandi pensatori matematici e scientifici del secolo xvu hanno quale importante elemento formativo della loro concezione tradizioni rinascimentali di pensiero esoterico, di continuità mistica dalla sapienza ebraica o «egizia», quella fusione di Mosè con «Ermete Trismegisto», che affascinò il Rinascimento. Queste tradizioni sopravvissero in quel periodo nelle società segrete, e in particolare nella massoneria. Per questo non potremo conoscere a pieno il pensiero dei primi membri della Royal Society se non terremo conto degli influssi esoterici derivati dal Rinascimento che ancora sopravvivevano nel loro ambiente. Al di sotto o al di là della loro confessione religiosa vedevano il Grande Architetto dell'Universo come un principio religioso che comprendeva tutto, includeva e promuoveva l'ansia di esplorare scientificamente l'opera dell'Architetto. E questo sfondo esoterico, inespresso o segreto era una eredità del Rinascimento, di quelle tradizioni di magia e Kab33 WAITE, The Real History of thè Rosicrucians cit., pp. 402 s^g. Waitè era contrario alla teoria d i Buhle, come l o era anche R . ' ' ry of Freemasonry cit., ed. Poole, voi. II, pp. 49-101). IL ROSACROCIANESIMO E LA MASSONERIA 259 balah, di misticismo ermetico ed ebraico, su cui si basava il «neoplatonismo rinascimentale», quale fu nutrito nel Rinascimento italiano. Possiamo dunque vedere ora la Fama come il manifesto perfetto, che unisce in effetti la proclamazione del progresso del sapere in una nuova età illuminata, con la sua sottile suggestione di «invisibilità» come segno caratteristico dei Fratelli Rosa-Croce. ii.v Capitolo sedicesimo /si'* s '.ei i / L'Illuminismo rosacrociano « ;• 'i -, ' .r. ; » ituWt Jl 'i j//w ,,<! f !i Alcuni anni fa, in una conferenza tenuta negli Stati Uniti, mi avvenne di osservare: Vorrei cercare di persuadere le persone e gli storici saggi ad usare il termine «rosacrociano». Questo termine suscita pessime associazioni d'idee, dovute ad asserzioni acritiche di occultisti concernenti l'esistenza di una setta o società segreta, autodenominatasi Rosa-Croce, di cui essi pretendono di descrivere la storia e l'associazione... Per parte mia vorrei suggerire di usare questo termine per definire un certo stile di pensiero storicamente riconoscibile, senza che sia posta la domanda quale tipo rosacrociano di pensatore appartenesse a una società segreta '. In questo modo intendo usare «rosacrociano» e «RosaCroce» in questo capitolo conclusivo, per definire storicamente un modo di pensare come quello incontrato in questo libro. Nella stessa conferenza, ho cercato di delineare la posizione storica del pensatore rosacrociano, che ho situato a metà strada fra il Rinascimento e la prima fase secentesca della cosiddetta rivoluzione scientifica. Ho detto che il Rosa-Croce si colloca appieno nel filone della tradizione ermetico-cabbalistica rinascimentale, ma differisce dalle fasi iniziali del movimento, perché aggiunge l'alchimia ai suoi interessi. Questo non apportò mutamenti alla sostanziale adesione del RosaCroce allo schema di «filosofia occulta», formulato da Cornelius Agrippa. Ho indicato John Dee come tipico pensatore rosacrociano, in cui si fondono interessi alchimistici e cabbalistici e ho suggerito la possibilità di scorgere tracce del pensiero rosacrociano in Francis Bacon e ancora in Isaac Newton. 1 The Hermetic Iradition in Renaissance Science cit., p. 263. L'ILLUMINISMO ROSACROCIANO 26l Questo libro ha cercato di fornire una cornice storica per questa linea di pensiero, e in quanto opera storica vorrei lo si giudicasse. Come studiosa di storia, ho tentato di dischiudere porte rimaste a lungo serrate, attraverso le quali devono essere passate un tempo le correnti di pensiero rosacrociano. Comprendendo che, per progredire nello studio di questo problema, si dovevano esaminare i misteriosi «manifesti rosacrociani» con il loro annuncio di una nuova rivelazione, mi sono immersa nello scoraggiante pantano della letteratura rosacrociana, per scoprire che il maggiore influsso all'interno del movimento rosacrociano tedesco fu esercitato senza dubbio da John Dee. Non è facile rendersi conto di che cosa questo significhi. John Dee diventa ora un personaggio di estremo rilievo nella scena europea. La sua vita e la sua opera si suddividono in due parti. La prima è la sua carriera in Inghilterra come mago nell'ambito dell'età elisabettiana, il mago matematico che ispirò il progresso tecnico elisabettiano, mentre il lato più esoterico e mistico del suo pensiero ispirò Sidney e la sua cerchia e il movimento poetico elisabettiano da loro guidato. Poi, nel 1583, Dee va all'estero, e vi conosce una seconda carriera nell'Europa centrale, come capo di un movimento alchimistico-cabbalistico, che ebbe vasta e sensazionale risonanza a causa dei presunti successi ottenuti da Edward Kelley nella trasmutazione. Che questo movimento fosse di carattere religioso, che Dee, nel tempo trascorso in Boemia, fosse in uno stato «incandescente»2, è ora assodato, sebbene questa seconda metà della carriera di Dee non sia stata ancora studiata a fondo. Finché non si giungerà a questo, non saremo in grado di capire la vita e l'opera di Dee nel loro insieme. Il movimento rosacrociano in Germania si sviluppa da entrambi questi aspetti dell'opera di Dee. In un certo senso è un'esportazione dell'età elisabettiana e delle sue aspirazioni scientifiche, mistiche, poetiche. A questi caratteri inglesi appartiene il nome «Rosa-Croce», che deriva, credo, dalla croce rossa di san Giorgio e dalle tradizioni cavalieresche inglesi. L'antica tradizione per cui «Rosa-Croce» sarebbe un termine di origine alchimistica, derivante da ros (rugiada) e da crux (croce), è avvalorata dalla Monas hieroglyphica di Dee, con 2 FRENCH, John Dee cit., p. 123. , 202 CAPITOLO SEDICESIMO la rugiada che stilla sul frontespizio e le complesse allusioni alla croce nel simbolo monas. Così «Rosa-Croce» diventerebbe un termine implicante sia influssi cavaliereschi inglesi, sia influssi di Dee all'interno di essi. In ogni caso, il nome del movimento appartiene, secondo me, al suo lato inglese. La seconda parte della carriera di Dee è d'importanza ancora maggiore in rapporto al movimento rosacrociano, se, come credo, il movimento di Dee in Boemia fu usato da Anhalt per fare dell'elettore palatino il re di Boemia. Così le correnti storiche che sostengono l'elettore palatino e il suo tentativo di ottenere la corona di Boemia si intrecciano con le influenze di Dee provenienti dall'Inghilterra e anche attraverso la Boemia per dar luogo all'improvviso prorompere del fenomeno rosacrociano. Tuttavia questa trama storica, sebbene avvolga, per così dire, il movimento, non ne costituisce la causa, e questo ha una portata molto più ampia di quella che questi avvenimenti storici giungono a coprire. Che cosa significa allora il rosacrocianesimo? Per il vero Rosa-Croce, l'aspetto religioso del movimento fu sempre il più importante. Il Rosa-Croce cercò di penetrare i livelli profondi dell'esperienza religiosa attraverso i quali la sua personale esperienza religiosa, nell'ambito della sua confessione, veniva ravvivata e rafforzata. Come Dee, e probabilmente anche Fludd lo concepì, il movimento doveva comprendere tutti gli atteggiamenti religiosi e non era necessariamente anticattolico; ma, come si sviluppò in Germania, assunse un atteggiamento di prevenzione anticattolica o, per essere più precisi, antigesuitica. Aveva una componente di intensa pietà, di tipo evangelico in senso lato, e attraverso questa poteva fare appello a tutti i protestanti tedeschi, a qualsiasi confessione religiosa appartenessero. I manifesti mettono in rilievo la Kabbalah e l'alchimia, come temi dominanti del movimento. L'alchimia l'orientò verso la medicina. I Fratelli Rosa-Croce sono guaritori. I medici paracelsiani, come Fludd, Maier, Croll, ne rappresentano il pensiero. Ma vi è nella Monas di Dee e nel movimento alchimistico di Maier un altro aspetto, difficile da cogliere e che potrebbe rappresentare un approccio alla natura, in cui formulazioni alchimistiche e cabbalistiche si uniscono alla matematica per formare qualcosa di nuovo. Proprio questo germe esistente nel pensiero rosacrociano può aver fatto gravitare L'ILLUMINISMO ROSACROCIANO 263 intorno al movimento alcuni dei nomi più prestigiosi nella storia della rivoluzione scientifica. D'altro canto lo sviluppo della rivoluzione scientifica è anche in contrasto con il mondo rosacrociano, per il desiderio di liberarsi della crisalide da cui sta emergendo. L'esempio più noto di questo processo di liberazione e rifiuto si trova naturalmente nella controversia tra Giovanni Keplero e Robert Fludd. Sebbene ancora profondamente immerso negli influssi dell'ermetismo, Keplero, nel suo Harmonice mundi (1619), asserì di studiare l'astronomia e i suoi fenomeni solo in quanto matematico e non «more hermetico», secondo la via seguita da Fludd. Egli accusa Fludd di fondare i suoi assunti numerici e geometrici sull'analogia macrocosmo-microcosmo, e di confondere i veri matematici con «chimici, ermetici e paracelsiani». Queste accuse, naturalmente, potrebbero essere rivolte anche a Dee e a tutta la scuola rosacrociana. E la riprovazione di Keplero per l'uso da parte di Fludd di diagrammi matematici come «geroglifici», potrebbe essere certamente applicata alla monas di Dee e a tutto ciò che questa implicava. Eppure Keplero si muoveva nel circolo di Andreae e sembra essere stato associato più tardi alle unioni cristiane. Inoltre Keplero, come Fludd, dedicò la sua grande opera sull'armonia a Giacomo I di Gran Bretagna. Egli era alle dipendenze dell'imperatore e si sarebbe quindi trovato, politicamente, in un campo diverso da quello dei Rosa-Croce (egli parla oscuramente e in apparenza in modo sprezzante dei «Fratelli della Rosa-Croce» nella sua Apologia del 1622). Eppure i legami di Keplero con il mondo rosacrociano sono talmente stretti che lo si potrebbe quasi definire un eretico dal rosacrocianesimo. Questo libro ha offerto materiale storico con cui si potrebbe affrontare Keplero da un nuovo punto di vista storico; ma si tratta di un argomento troppo vasto per poter essere trattato qui. Ritorniamo all'analisi generale del pensiero rosacrociano. La magia era il fattore dominante, operando come matematica-meccanica nel mondo inferiore, come matematica celeste nel mondo celeste e come evocazione di angeli nel mondo sovraceleste. Non si possono trascurare gli angeli in questa visione del mondo, per quanto si stesse progredendo notevolmente verso la rivoluzione scientifica. La concezione religio- 264 '"" CAPITOLO SEDICESIMO sa è collegata all'idea che si è penetrati nelle sfere angeliche più elevate, dove tutte le religioni sono concepite come una; e appunto gli angeli si crede che illuminino le attività intellettuali dell'uomo. Agli inizi del Rinascimento, i maghi erano stati attenti ad usare solo le forme di magia che operavano nelle sfere elementari o celesti, usando talismani e vari rituali per attirare influenze favorevoli dalle stelle. La magia di un operatore audace come Dee mira oltre le stelle, mira ad operare la magia matematica sovraceleste, la magia che evoca angeli. Dee era convinto di essere riuscito a mettersi in contatto con angeli buoni, da cui apprese il progresso nella conoscenza. Questo senso di intimo contatto con angeli o con esseri spirituali è l'impronta caratteristica del Rosa-Croce. È questo che infonde alla sua tecnologia (per quanto questa sia pratica, abbia successo, sia completamente razionale e porti alla comprensione di nuove tecniche matematiche), un'aria sovrannaturale e che fa sì che la gente lo sospetti di essere in contatto non con angeli, ma con demoni. Il periodo in cui apparvero i manifesti rosacrociani e il periodo dell'entusiasmo che essi suscitarono, è il tempo in cui il Rinascimento scompare fra le convulsioni della caccia alle streghe e delle guerre, per poi riemergere negli anni seguenti - superati questi orrori - come Illuminismo. Penso che gli studi condotti in questo libro abbiano mostrato come l'ossessione della stregoneria di questo terribile periodo non possa essere interamente spiegata mediante studi antropologici, fondati sul fenomeno della stregoneria comune a tutti i paesi e a tutte le età. È vero che l'ossessione della stregoneria di questo periodo sembra seguire nel complesso gli schemi normali e che per un certo verso è fondamentalmente legata al fenomeno umano quasi universale. Ma non tutte le età, né tutti i paesi sono passati attraverso l'esperienza che l'Europa conobbe all'inizio del secolo xvii, quando gli enormi progressi scientifici, che hanno reso l'Europa un fenomeno unico nella storia, erano imminenti. Erano quasi arrivati. Quando il Rosa-Croce sentiva di avere nella monas di Dee un'immensa potenzialità e potenza, la sua sensazione era partecipe dell'impressione generale che una porta si stesse aprendo in Europa, che grandi progressi fossero imminenti, che tesori di L'ILLUMINISMO ROSACROCIANO 265 conoscenza si sarebbero presto rivelati, come i tesori scoperti all'apertura della tomba di Christian Rosenkreutz. Con questo vi era anche un senso di pericolo. Il progresso promesso poteva sembrare a molti diabolicamente pericoloso, anziché pieno di angeliche speranze. L'alba promessa annuncia quelle nuvole tremendamente oscure dell'isterismo contro la stregoneria, talvolta fomentato ad arte da coloro che desideravano distruggere il movimento. La caccia alle streghe che Descartes evitò con cautela, che Francis Bacon aveva prudentemente in mente, ha un carattere alquanto diverso da quella che si manifesta in paesi meno sviluppati. È l'altra faccia della medaglia del progresso scientifico. Nel movimento rosacrociano l'unione della visione religiosa con quella scientifica assunse la forma di quel movimento alchimistico stranamente intenso, in cui le forme di espressione alchimistiche sembravano essere le più adatte per l'esperienza religiosa. Koyré considerò questo movimento come un naturale sviluppo delle filosofie animistiche e vitalistiche rinascimentali e si domandò se l'alchimia non avesse fornito un simbolismo più rispondente all'esperienza religiosa del tempo, che non le dottrine scolastico-aristoteliche di materia e forma. «Coloro che aspirano soprattutto ad un rinnovamento della vita spirituale sono attratti naturalmente verso dottrine che pongono in rilievo l'idea della vita e propongono una concezione vitalistica dell'universo. E il simbolismo dell'alchimia è adatto quanto quello di materia e di forma a tradurre (in forma simbolica) le realtà della vita religiosa. Forse è più idoneo, perché meno usato, meno intellettualizzato ed è, per sua natura, più simbolico»3. Koyré sta parlando di Bohme, ma queste parole possono riferirsi al movimento alchimistico rosacrociano, così vicino allo spirito di Bohme. 1 '"'' ', " '" ' ' Teach me, my God and King, '" • In ali things thee to see; '**" ,'j)«> *• • And what I do in anything To do it as for thee! A man that looks on glass, ' ' •'"'' On it may stay his eye Or if he pleaseth, through it pass, And then thè heaven espy. , ,• KOYRÉ, La philosophie de Jacob Boehme cit., p. 45. CAPITOLO .SEDICESIMO Ali may of thee partake; Nothing can be so mean, Whichwith this tincture, «for thy sake», Will not grow bright and clean. ;;-<, ,, ì;ì ^, ',., , v A servant with this clause Makes dradgery divine; Who sweeps a room, as for thy laws, Makes that and thè action fine. ' This is thè famous stone That turneth ali to gold; For that which God doth touch and own Cannot for less be told4. i Così cantò George Herbert della sua esperienza religiosa cristiana, ed era oro spirituale come questo che il movimento rosacrociano tedesco cercava. In molta letteratura degli anni dell'entusiasmo si insiste sull'imitazione di Cristo, secondo l'insegnamento di Tommaso da Kempis, considerata i veri magnalia della rivelazione alchimistica. Il movimento rosacrociano è conscio che grandi, nuove rivelazioni del sapere sono prossime, che l'uomo sta per accedere a un'altra fase di progresso, assai superiore a quello già realizzato. Questo bruciare d'impazienza in attesa della nuova conoscenza è molto caratteristico della concezione rosacrociana. E i Rosa-Croce, che sanno di avere nelle loro mani le potenzialità per un grande progresso, si preoccupano di integrarle con una filosofia religiosa. Perciò l'alchimia rosacrociana esprime sia la concezione scientifica, che penetra nei nuovi mondi da scoprire, sia un atteggiamento di attesa religiosa di penetrare in nuovi campi di esperienza religiosa. Spesso ci si domanda quale confessione religiosa o quale formulazione del cristianesimo abbia maggiormente favorito il progresso della scienza. Compì maggiori progressi sotto il regime cattolico o sotto quello protestante? E se sotto quello protestante, sotto quello luterano o quello calvinista? 4 [Insegnami, mio Dio e mio re, | a scorgerti in tutte le cose; e qualsiasi azione io compia | la faccia per te! || Un uomo che guarda un vetro | può fissarvi sopra il suo sguardo o, se vuole, può guardarvi attraverso, | e scorgere allora il cielo. |[ Tutti possono partecipare della tua essenza; | e non vi è nulla di così spregevole, che con questo suggello «per amor tuo», | non diventi luminoso e puro. || Un servitore con queste parole | rende divino il lavoro ingrato; | chi spazza una stanza, seguendo le tue leggi, rende bella la stanza e l'azione. || Questa è la famosa pietra | che tramuta tutto in oro; | perché ciò che Dio tocca e possiede | non può avere un valore inferiore] I L'ILLUMINISMO ROSACROCIANO 267 II problema può essere formulato in un modo diverso. Nel mio libro Giordano Bruno and thè Hermetic Tradition ho sostenuto che il maggiore influsso che spinse a rivolgersi in modo nuovo verso il mondo attraverso la ricerca scientifica era insito negli atteggiamenti religiosi favoriti dalla tradizione ermetico-cabbalistica. Se ciò è vero (e tutte le mie ricerche successive hanno rafforzato questa mia convinzione, che è ora largamente accettata dagli storici del pensiero), ne dovrebbe conseguire che la concezione religiosa che ha permesso il fiorire di questa tradizione entro la sua sfera d'influenza è stata quella che ha favorito maggiormente il progresso scientifico. Agli inizi del Rinascimento, gli studi ermetici e cabbalistici non furono scoraggiati dalla Chiesa cattolica, anche se il problema della magia doveva sempre essere aggirato con cautela. Uno dei maggiori tra i primi cabbalisti cristiani, Egidio da Viterbo, era un cardinale. Nel tardo Cinquecento è possibile che la tradizione sia stata fortissima sotto alcune forme di protestantesimo. Un paese protestante che tollerasse la tradizione e che non la perseguitasse troppo come magia, sarebbe stato quindi un paese in cui la scienza si sarebbe sviluppata abbastanza liberamente. Un paese del genere fu l'Inghilterra elisabettiana e la regina Elisabetta, quando promise a John Dee che lo avrebbe appoggiato nei suoi studi e difeso dalla persecuzione, fece un passo avanti verso il progresso della scienza. Paragoniamo a contrasto ciò che accadde in Boemia. Era questo un paese in cui la tradizione che incoraggiava il progresso, la tradizione ermetico-cabbalistica, rappresentata dai cabbalisti e dagli alchimisti di Praga, era eccezionalmente forte. La Boemia era in generale, anche se non completamente, un paese protestante di confessione ussita. La fusione di un liberalismo religioso di tipo ussita-protestante con una forte corrente di tradizione ermetico-cabbalistica avrebbe dovuto produrre risultati interessanti e originali. E quando vi arrivò con il movimento di John Dee un insieme di tali tradizioni, quali si erano sviluppate nell'Inghilterra elisabettiana, i risultati negli atteggiamenti originali scientifici e religiosi avrebbero potuto essere straordinari. Ma non vi era una regina Elisabetta a garantire la libertà di pensatori originali e Giacomo I rifiutò di sostenere tale ruolo. Vi fu, invece, la de- 268 CAPITOLO SEDICESIMO liberata distruzione e repressione di tipo più rigoroso. Così il contributo boemo a questa nuova età potè essere fornito solo indirettamente. Quanto al tipo di protestantesimo che favorì maggiormente il progresso scientifico, le ricerche di questo libro suggeriscono che non era importante tanto la forma di protestantesimo, quanto la presenza o l'assenza della tradizione ermeticocabbalistica. Il Palatinato era un paese calvinista, eppure quale prova abbiamo di un influsso delle dottrine teologiche calviniste sul movimento che abbiamo cercato di descrivere? Solo il tentativo di evitare divergenze dottrinali, per volgersi da queste all'indagine della natura in uno spirito religioso, creò l'atmosfera in cui la scienza avrebbe potuto progredire e che indubbiamente si sarebbe sviluppata nel Palatinato se non fosse sopraggiunta la guerra. È stata spesso avanzata la tesi che il puritanismo abbia favorito il progresso scientifico. Questa tesi potrebbe essere suffragata dal fatto che l'intenso sentimento religioso puritano e calvinista di tipo ebraico, ispirato al Vecchio Testamento, era incline a fondersi con la Kabbalah, con l'aspetto mistico dell'ebraismo. È naturale che l'adorazione puritana di lehova favorisse gli studi cabbalistici. Inoltre, nell'Inghilterra del periodo parlamentare e sotto Cromwell vi era libertà e tolleranza per ogni atteggiamento scientifico e religioso, eccettuato quello cattolico-romano. Poiché questo era del tutto intollerante, escluderlo non fu gravemente dannoso per la libertà del progresso della scienza nell'Inghilterra puritana 5 . Il tipo di approccio necessario, secondo me, per risolvere questi problemi è lungi dall'essere stato intrapreso. Frangois Secret nel suo libro sulla Kabbalah cristiana6, ha raccolto molto materiale sui diversi atteggiamenti che le diverse confessioni cristiane hanno assunto nei riguardi della Kabbalah. Non giunge ad alcuna conclusione e il suo, più che un libro, è una bibliografia, per quanto suggestiva. Il concilio di Tren5 Sembrerebbe che i puritani abbiano quasi del tutto assorbito l'influenza di Dee, cfr. pp. 218-21. Si diffuse nel puritanesimo del Nuovo Mondo mediante John Winthrop, alchimista e seguace di Dee; Winthrop usò la monas come un suo segno personale. Cfr. R. s. WILKINSON, The Alchemical Library of John Winthrop, in « Ambix», xm (1965), pp. 139-86. .-KJJÌ 6 SECRET, Les kabbalistes chrétiens de la Renaissance cit. .., L'ILLUMINISMO ROSACROCIANO 269 to mise all'indice molte opere sulla Kabbalah, normalmente accettate durante il Rinascimento (quelle di Reuchlin, ad esempio), e in genere fu incline, seppure con qualche riserva, a scoraggiarne gli studi. Nei paesi protestanti, dove ovviamente le restrizioni tridentine non operavano, tali studi poterono fiorire più liberamente. Un aspetto molto importante dell'influsso esercitato dalla Kabbalah o dalle tradizioni mistiche ebraiche sul pensiero europeo nel secolo xvi e agli inizi del xvn, è costituito dal fatto che vi erano stati nuovi sviluppi nell'ambito della stessa tradizione cabbalistica ebraica. La prima Kabbalah, che aveva influenzato Pico della Mirandola e il Rinascimento italiano, aveva avuto il suo centro in Spagna. Dopo l'espulsione degli Ebrei dalla Spagna nel 1492, si sviluppò un nuovo tipo di Kabbalah, che ebbe il suo centro in Palestina. La nuova Kabbalah fu diffusa da Yishàq Luria 7 (nel xvi secolo) e dai suoi discepoli, che formarono un gruppo a Safed, in Palestina. La Kabbalah luriana cominciò a diffondersi in Europa tra la fine del secolo xvi e gli inizi del xvn. Essa coltivava ed educava l'immaginazione religiosa mediante l'intensa meditazione mistica, le tecniche magiche, il culto dei nomi divini, e la preghiera estatica. La sua concezione apocalittica poneva l'accento sul Principio, come pure sulla Fine, e sul ritorno alle Origini paradisiache, come stadio necessario verso l'approssimarsi della Fine. Praga fu un grande centro per il cabbalismo ebraico e una personalità straordinaria, rabbi Loew8, vi godette di grande prestigio verso la fine del Cinquecento (morì a Piaga nel 1609 ). Egli ebbe un memorabile incontro con Rodolfo II, durante il quale l'imperatore chiese effettivamente consiglio spirituale all'ebreo. È possibile che John Dee sia stato influenzato non solo dall'antica Kabbalah spagnola, assimilata dalla tradizione rinascimentale, ma anche dalla nuova Kabbalah luriana, capace di suscitare fenomeni notevoli di tipo religioso. Riflettendo sulla strana, esplosiva missione religiosa di Dee in Boemia, è possibile che si debba tener conto di influenze di questo genere. «Christian Rosenkreutz» descrive nella Fama i suoi viaggi in 7 G. SCHOLEM, Major Trends in Jewish Mysticism, London 1955, pp. 2448sgg. Cfr. F. THIEBERGER, The Great Rabbi Loew of Prague, London 1954. 270 CAPITOLO SEDICESIMO Oriente, da cui fa ritorno con un nuovo tipo di « magia e Kabbalah», che fonde con la propria concezione cristiana'. La storia più recente del movimento religioso alchimisticocabbalistico è indubbiamente istruttiva e getta una luce retrospettiva sul periodo che abbiamo studiato. Lo strano personaggio che fu Franciscus Mercurius van Helmont10, figlio del grande alchimista-chimico Jean-Baptiste van Helmont, rappresentò nella generazione del figlio dell'elettore palatino, Carlo Ludovico, a cui fu intimamente legato, un esempio ragguardevole di personalità rosacrociana. Medico e guaritore, alchimista e mago, Franciscus Mercurius van Helmont sembra un Fratello Rosa-Croce, fattosi finalmente visibile. E nel suo caso sappiamo che fu influenzato dalla Kabbalah luriana, nella forma cristianizzata diffusa da Christian Knorr von Rosenroth, un pastore luterano della Slesia. È possibile che questa combinazione di alchimia religiosa e Kabbalah sia istruttiva per studiare un possibile parallelo con Dee, l'alchimia e la Kabbalah del periodo più antico. Lo sviluppo degli studi cabbalistici mi sembra una caratteristica della tradizione ermetico-cabbalistica del tardo Cinquecento e degli inizi del secolo xvn, sebbene i decreti del concilio di Trento ostacolassero tali studi nei paesi cattolici. Anche l'alchimia paracelsiana non fu incoraggiata nei paesi cattolici. Di conseguenza è probabile che il movimento che ha la sua espressione nei manifesti rosacrociani sia stato tendenzialmente anticattolico. I manifesti, lo abbiamo visto, sono senza dubbio fortemente antigesuiti. L'alleanza asburgico-gesuita, con cui era alle prese il movimento rosacrociano, non fu approvata da tutti i cattolici. La alleanza dei Gesuiti con gli sforzi degli Asburgo per giungere a un'egemonia sull'Europa, fu intrapresa dai Gesuiti come mezzo per conseguire quella vittoria universale del cattolicesimo sulla Riforma, che era l'aspirazione più viva dei fautori fanatici della Controriforma, e che sembrò sul punto di prevalere dopo il 1620. Eppure il papa di allora, Urbano Vili, non approvò mai questa politica ". In parte perché, politicamente, era filofrancese e antispagnolo, ma anche perché, nel' Cfr. Appendice, pp. 284-85. 10 _ _____ Cfr. NICOLSON, Conway Letters < •£ t}t) 3OQ S£2 OGG, Europe in thè Seventeenth Century cit., p. 162; WEDGWOQD Thirfy Years War cit., pp. 191, 336 [trad. it., pp. 188, 340]. L'ILLUMINISMO ROSACROCIANO 2/1 la sua visione della Chiesa, un'alleanza tra questa e gli Asburgo era dannosa per la Chiesa ed era un errore se faceva apparire troppo stretta un'identificazione degli interessi spirituali con quelli di una dinastia. L'unione gesuitico-asburgica era invisa anche a molti cattolici, in particolare ai cattolici francesi. Nel secolo xvi, in Francia, aveva distrutto Enrico III (anche se alcuni Gesuiti lo avevano sostenuto contro i simpatizzanti per la Spagna). In Italia, fu la potenza che giunse ad annientare la tradizione rinascimentale, quella contro cui Sarpi aveva svolto la sua opposizione a Venezia, e che aveva arso Bruno sul rogo. Per i Rosa-Croce, l'alleanza asburgico-gesuita rappresentava semplicemente l'Anticristo. Come abbiamo visto, l'immaginario Ordine della Rosa-Croce sembrò proposto come un'immagine allo specchio dell'Ordine gesuita. Con il loro motto «lesus mihi omnia», la loro missione di guarire anziché distruggere, i Fratelli Rosa-Croce erano presentati come i veri Gesuiti (come infatti li chiama Adam Haselmeyer) in contrapposizione ai falsi seguaci di Gesù. Eppure, di tutti gli ordini religiosi della Chiesa cattolica, proprio i Gesuiti erano quelli che assomigliavano di più ai Rosa-Croce. Gli influssi esoterici rinascimentali che agirono sulla formazione della Società di Gesù non sono stati ancora studiati a fondo. L'Ordine si valse della tradizione ermetica per fare appello ai protestanti e alle numerose confessioni religiose con cui venne a contatto durante la sua opera missionaria. La filosofia ermetica e occulta dei Gesuiti ebbe una formulazione straordinaria nell'opera di Athanasius Kircher, la cui vasta trattazione della pseudo-egittologia ermetica fu pubblicata nel 1652; Kircher cita sempre con profondo rispetto il presunto antico sacerdote egizio, Ermete Trismegisto ". L'opera di Kircher fu molto usata nell'azione missionaria. Evidentemente egli cercò di attingere alla tradizione di Dee, perché illustra una versione «egizia» della monas in uno dei suoi volumi ". Attraverso il loro comune riferirsi alla tradizione ermetica, i Gesuiti e i «Rosa-Croce» erano dunque avversari legati da un rapporto di amore e odio con una certa somiglianzà. Ab' 12 Cfr. YATES, Giordano Bruno cit., pp. 416 sgg. [trad. it., pp. 448 sgg.]. "i " Riprodotto in ibid., tav. i^b. .... , . ., ., 2/2 L'ILLUMINISMO ROSACROCIANO CAPITOLO SEDICESIMO 273 piene degli splendori del Rinascimento inglese fino in Germania e in Boemia, dove cadde in un baratro di disastri. Possiamo osservare personaggi a noi familiari nelle scene bene illuminate della storia e della letteratura inglese - Henry Wotton, John Donne - mentre si trasferiscono in quel nuovo ambiente, per mostrarsi in un nuovo contesto. Possiamo vedere attori e rituali cavaliereschi inglesi concernenti la genesi di un'opera tedesca di fantasia, Le nozze chimiche di Andreae, che a sua volta influenzò Goethe, il quale scrisse un'allegoria alchimistica basata su di essa. Qui possiamo vedere l'intrecciarsi di tradizioni europee, nessi che sono andati perduti per noi per la scomparsa dalla storia dell'età rosacrociana nel Palatinato. Altre ricostruzioni di quell'età riveleranno, senza dubbio, ancora altri legami. Nelle sue immagini Michael Maier ricostruì, o continuò con proposito deliberato, temi simbolici usati in Inghilterra. La poesia metafisica di John Donne sembra sotto molti aspetti la controparte degli emblemi di Maier, esprimendo con altri mezzi una concezione filosofica e religiosa che potrebbe essere strettamente parallela. La canzone di matrimonio di Donne, scritta per le nozze di «Lady Elisabetta e del conte palatino» usa l'immagine della unione di due fenici, delle nozze del sole e della luna, già nella vena alchimistica, che sarebbe stata così caratteristica del loro culto nei circoli rosacrociani all'estero. Non ci siamo resi ancora abbastanza conto di ciò che il 1620 deve aver rappresentato per Donne ed il suo amico Wotton, mentre osservavano quei disastri di cui non potevano parlare, per l'atteggiamento assunto da re Giacomo. Oppure possiamo attraversare questa parte dimenticata del territorio storico da un'altra direzione, assai meno familiare per noi, cioè dalla parte della Boemia. Le tradizioni della corte di Rodolfo II a Praga si diffusero nel Palatinato attraverso Maier e la sua opera. Molte persone coinvolte nel movimento al momento della sua conclusione boema, persero la vita; tuttavia gli specialisti della storia e della cultura boema di questo periodo conoscono molti eventi che non sono sempre accessibili ai lettori di altri paesi. Quando sapremo di più, potremo meglio capire il movimento alchimistico in Boemia e apprendere di più sulla vita e sul pensiero di uomini come Daniel Stolck, e come essi accogliessero temi alchimistici rosacrociani quale elemento utile per costruire il biamo visto come nel periodo dell'entusiasmo i Gesuiti abbiano tentato di avvicinarsi al simbolismo rosacrociano, suggerendo che i due Ordini fossero la stessa cosa e ricorrendo a emblemi analoghi. Così gli scopi potevano essere confusi. Inoltre, i Gesuiti coltivarono con molta assiduita scienze ed arti. Il loro vasto sforzo educativo fu diretto ad appagare, nell'ambito della Chiesa, la sete di sapere. Furono iniziatori, oppure cercarono sempre di «tenere il passo», per dimostrare che potevano cogliere tutto ciò che vi era di valido nei nuovi movimenti, mentre eliminavano tutto ciò che a loro non piaceva? Prima di poter stabilire se l'uso che i Rosa-Croce fecero della tradizione ermetica fosse più favorevole alla scienza dell'uso che ne fecero i Gesuiti, si dovrebbero confrontare attentamente le opere di Robert Fludd con quelle di Athanasius Kircher. Probabilmente vi fu un maggiore influsso cabbalistico su Fludd che su Kircher, e questo potrebbe essere significativo. In ogni caso, in qualsiasi modo lo si capisca o lo si interpreti, quel confronto fra Rosa-Croce e Gesuiti che avvertiamo nel movimento rosacrociano era un segno di tempi nuovi, un segno che l'Europa stava uscendo dal vecchio mondo e dalle sue classificazioni per entrare in un'epoca in cui le influenze sopravvissute di quel vecchio mondo avrebbero assunto nuove forme. Possiamo già cominciare a scorgere come in quel contrasto prenda forma quell'atteggiamento dei massoni contro i Gesuiti, che avrebbe costituito uno degli schemi europei più importanti e segreti fino alla rivoluzione francese. Un modo per valutare le ricerche compiute in questo libro è nel considerarle secondo la loro capacità di scoprire un periodo perduto della storia europea. Come gli archeologi che scavano in profondità attraverso vari strati, abbiamo scoperto sotto la storia superficiale degli inizi del secolo xvn, alla vigilia dello scoppio della guerra dei Trent'anni, un'intera cultura, un'intera civiltà, persa di vista e non di poca importanza perché di cosi breve durata. Possiamo chiamarla una cultura rosacrociana ed esaminarla sotto molti aspetti. Da un particolare punto di vista, si tratta dell'età elisabettiana, nei suoi aspetti rosacrociani e ispirati a Dee, continuata fuori d'Inghilterra. L'età elisabettiana seguì all'estero l'elettore palatino e la sua sposa, subito dopo le feste nuziali iW 1É , 2 74 CAPITOLO SEDICESIMO breve regno del re e della regina di Boemia. Questo movimento, represso in Boemia, sopravvisse nel movimento alchimistico inglese del secolo xvn, che sarebbe affascinante poter analizzare ulteriormente. O ancora possiamo considerare l'aspetto tedesco del movimento, che coincise con un'azione di rinnovamento della vita spirituale luterana, attraverso una filosofia religiosa alchimistica, quale fu espressa dalla vita e dall'opera di Jacob Bò'hme. Certamente si potrà gettare luce su Bohme con altre ricerche sul movimento rosacrociano e sulle pubblicazioni moltiplicatesi durante l'entusiasmo rosacrociano. C'è da augurarsi che il fenomeno complesso e fecondo dell'entusiasmo tedesco riceva ora seria attenzione, quale espressione di una fase molto importante nella storia europea. L'aspetto del movimento rosacrociano che colpisce maggiormente è quello espresso nel titolo di questo libro, l'insistere sull'avvento di un illuminismo. Il mondo, avvicinandosi alla fine, riceverà una nuova illuminazione, in cui il progresso del sapere compiuto nella precedente età del Rinascimento, si espanderà smisuratamente. Nuove scoperte sono imminenti, una nuova età sta per sorgere. E questa luce risplende all'esterno come interiormente; è una illuminazione spirituale interiore che rivela all'uomo le nuove possibilità esistenti in lui, che gli insegna a comprendere la sua dignità e il suo valore e il ruolo che è chiamato a interpretare nello schema divino. Abbiamo visto come l'Illuminismo rosacrociano abbia illuminato infatti, con i suoi raggi il progresso del secolo xvn e come molte persone famose che contribuirono a quel progresso appaiano essere consapevoli di questo fenomeno. È da sperare che questo finalmente dimostri - ciò che in verità è già stato compreso da molti — che la tradizione ermetico-cabbalistica, in quanto forza esistente sullo sfondo della scienza rinascimentale, non perse vigore per il sopraggiungere della rivoluzione scientifica, ma fu presente anche nelle menti di coloro che in passato furono considerati del tutto emancipati da tali influssi. Quale fu esattamente la funzione svolta dalla scienza rosacrociana e in particolare dalla matematica rosacrociana, nel grande progresso? Sono domande a cui questo libro non ha cercato di rispondere. L'Illuminismo rosacrociano comprende una visione della L'ILLUMINISMO ROSACROCIANO 275 necessità di riformare la società, in particolare l'istruzione, per una terza riforma della religione, che abbracci tutti gli aspetti dell'attività umana, e considerò questo come il necessario accompagnamento della nuova scienza. I pensatori rosacrociani erano consci dei pericoli insiti nella nuova scienza, delle sue possibilità diaboliche, ma anche angeliche, e compresero come il suo avvento dovesse accompagnarsi a una riforma generale dell'universo. Questa parte del messaggio fu compresa forse meglio nell'Inghilterra parlamentare, anche se le circostanze ne impedirono l'attuazione, e dopo la Restaurazione la scienza potè svilupparsi, separatamente dalla utopia14 e prescindendo dall'idea di una società riformata, educata ad accoglierla. Il fatto che le possibilità sociali ed educative del movimento siano state relativamente trascurate è stato, senza alcun dubbio, un male per l'avvenire. Così l'Illuminismo rosacrociano fu veramente, a parer mio, un illuminismo capace di proporre, anche nella sua strana cornice di agenti magici e angelici, di profezia e di apocalissi, un movimento i cui aspetti, per la maggior parte, possono essere descritti solo come illuminati. Sebbene il vero e proprio Illuminismo, VAufkldrung, sembri introdurre un'atmosfera molto diversa, tuttavia il suo razionalismo ebbe una sfumatura di illuminismo nel senso rosacrociano. Le parole di Comenio nella sua Via lucis, che fu chiamata «la Fama comeniana», ci sembra si addicano a entrambi gli illuminismi: Se una luce di sapienza universale può essere suscitata, potrà effondere i suoi raggi sull'intero mondo dell'intelletto umano (come i raggi del sole, ogni volta che sorge, si estendono da oriente a occidente) e risvegliare la gioia nei cuori degli uomini e trasformare le loro volontà. Perché se vedono il loro destino e quello del mondo chiaramente manifestato dinnanzi a loro in questa luce somma e apprendono l'uso dei mezzi che conducono infallibilmente a buoni fini, perché non dovrebbero effettivamente usarli? ". 14 Sull'abbandono dell'utopia dopo la Restaurazione, cfr. TREVOR-ROPER, Religion, thè Reformation and Social Change cit., pp. 291 sgg. K COMENIO, La via della luce cit. (trad. Campagnac, p. 30). ih B v <' . ' ) , ' .(, • ,'uyrti'. '• ' rn e,»»- /' r t >m;j b t yì i T. •' OflH'i ' > i 'I f i1' ; i 0.1 ,..')> ,',J ' - "'ili ' • Appendice I manifesti rosacrociani Nota bibliografica La bibliografia delle prime edizioni dei manifesti è complessa e non esiste alcuno studio moderno esauriente. Si possono trovare notizie bibliografiche nei seguenti: F. LEIGH GARDNER, A Catalogne Raisonné of Works on thè Occult Sciences, voi. I: Rosicrucian Books, stampato privatamente, 1923, voci 23-29. «EUGENIUS PHILALETHES» (THOMAS VAUGHAN), The Fame and Confession of thè Fraternity of thè R. C... 1652, ristampa in facsimile, a cura di F. N. Pryce, stampato privatamente, 1923. Nella sua introduzione (pp. 12 sgg.) Pryce dà un elenco delle edizioni dei manifesti e ne analizza il contenuto. De Manifesten der Rosenkruisers, a cura di Adolf Santing, Amersfoort 1913. Questa ristampa della traduzione olandese della Fama e della Confessio, pubblicata nel 1617, contiene anche ristampe della prefazione alla Fama del 1614; il testo tedesco della Fama del 1615; la Confessio, edizione originale in latino del 1615 e la traduzione tedesca comparsa nell'edizione del 1615. L'introduzione di Santing (pp. 13 sgg.) elenca le edizioni dei manifesti. Chymische Hochzeit Christiani Rosencreutz, a cura di F. Maack, Berlin 1913. Questa edizione del testo tedesco delle Nozze chimiche contiene anche le ristampe dei testi tedeschi dei due manifesti. L'introduzione e le note non sono attendibili. Il compendio seguente ha solo lo scopo di offrire, in uri linguaggio non da bibliografo, una breve rassegna delle prime edizioni. L'elenco è quasi certamente incompleto. i) La prima voce nella bibliografia dei manifesti deve essere la «Risposta» alla Fama, pubblicata da Adam Haselmeyer nel 1612. 280 NOTA BIBLIOGRAFICA W. Begemann, in «Monatsheften der Comeniusgesellschaft», voi. Vili (1899), segnalava l'esistenza di questa «risposta» a stampa del 1612. La «Risposta» fu ristampata nella prima edizione della fama. Se ne può trovare una traduzione inglese nell'edizione di Pryce, fame and Confession, pp. 57-64. Haselmeyer dichiara di aver visto un manoscritto della Fama nel 1610. n) La prima edizione della Fama. Allgemeine und General Reformation, der gantzen weiten Welt. Beneben der Fama Fraternitatis, dess Loblichen Ordens des Rosenkreutzes, an alle gelehrte und Haupter Europae geschrieben: Auch einer kurtzen Responsion von des Herrn Haselmeyer gestellet, welcher desswegen von den ]esuitern ist gefànglich eingezogen, und auff eine Galleren geschmiedet: Itzo ojfentlich in Druck verfetiget, und allen trewen Hertzen comuniceret worden Gedrucht zu Cassel, durch Wilhem Wessel, Anno MDCXIV. Il volume contiene: Un'epistola al lettore. La Generale riforma dell'universo (la traduzione tedesca del capitolo dei Ragguagli di Parnaso di Traiano Boccalini - cfr. pp. 156 sgg.). La Fama. La «Risposta» di Haselmeyer. Wilhelm Wessel pubblicò a Kassel una seconda edizione (posteriormente, nel 1614), identica alla precedente, a cui aggiunse un'altra « risposta» ai Fratelli R. C. in) La prima edizione della Confessio. Secretioris philosophiae consideratio brevis a Philipp a Gabella, philosophiae st [studioso?] conscripta, et nunc prìmum una cum Concessione Fraternitatis R. C. in lucem edita Cassellis, excudebat Guilhelmus Wessellius III.mi Princ. typographus. Anno posi natum Christum MDCXV. Sul verso del frontespizio : «Genesi 27: " De rore Caeli et pinguedine terrae det tibi Deus " ». Il volume contiene: La Consideratio brevis di Filippo da Gabella, dedicata a Bruno Carolus Uffel, in nove capitoli, seguita da una preghiera. L'opera si fonda sulla Monas hieroglyphica di John Dee (cfr. pp. 56-57). La prefazione alla Confessio. La Confessio Fraternitatis R. C., ad eruditos Europae, in quattordici capitoli. NOTA BIBLIOGRAFICA 28l iv) Edizioni successive dei manifesti, Non ripeto qui i lunghi titoli tedeschi, che sono simili al titolo della prima edizione della Fama, con varianti a seconda del contenuto. Un'edizione di Wilhelm Wessel, Kassel 1615, omette tutto il materiale che compare nelle prime due edizioni e pubblica solamente i due manifesti con le loro prefazioni. La Fama è in tedesco, come sempre; la Confessio è stampata nel latino originale, ma con l'aggiunta di una traduzione tedesca (suddivisa in capitoli, come l'originale). Un'edizione di Johann Bringer, Francoforte 1615, comprende la Fama, la Confessio (tradotta in tedesco — non è la traduzione citata prima e non è suddivisa in capitoli); la «Risposta» di Haselmeyer; numerose altre risposte anonime alla Fama; la Generale riforma dell'universo (il passo di Boccalini). Un'edizione di Wilhelm Wessel, Kassel 1616, riproduce l'edizione di Francoforte del 1615, aggiungendo altre risposte e altro materiale. Un'edizione di Bringer, Francoforte 1617, inizia con Fama e Confessio in tedesco; la Generale riforma dell'universo è omessa, ma il volume contiene del materiale nuovo, compresa la difesa dell'Ordine scritta da «lulianus de Campis». Dopo il 1617, per quanto ne so io, non furono pubblicate in Germania durante il xvn secolo altre edizioni dei manifesti. v) Traduzioni inglesi dei manifesti. Si dice nella Fama e nella Confessio, che la Fama fu «pubblicata in cinque lingue» (cfr. pp. 295,298). A prescindere dalla traduzione olandese, stampata probabilmente ad Amsterdam nel 1617 (e ristampata da Santing), non sono venute alla luce tracce di traduzioni stampate in questo periodo iniziale. Traduzioni in altre lingue, risalenti a tale periodo, furono diffuse presumibilmente in forma manoscritta. Traduzioni inglesi circolavano certamente in forma manoscritta assai prima della pubblicazione di Vaughan nel 1652. Nella prefazione Vaughan dichiara di seguire una traduzione «vergata da una mano ignota». Pryce ha dimostrato nella sua introduzione a The Fame and Confession (pp. 3-8) che la traduzione pubblicata da Vaughan corrisponde rigorosamente a una traduzione manoscritta in dialetto scozzese, conservata tra le carte del conte di Crawford e Balcarres, datata 1633. Pryce crede che il manoscritto di Crawford e quello seguito da Vaughan provengano da un originale probabilmente anteriore al 1633. 282 NOTA BIBLIOGRAFICA La traduzione inglese manoscritta che Ashmole possedeva e trascrisse (cfr. p. 230) era probabilmente anteriore a questa. Nell'interesse del sapere si auspica una ristampa nella redazione originale di tutti gli scritti contenuti nei volumi delle prime edizioni della fama e della Confessio e una loro traduzione. Questo darebbe agli studiosi la possibilità di indagare minuziosamente sul contesto storico in cui comparvero i manifesti. Nelle pagine seguenti il lettore potrà leggere solo Fama e Confessio: il testo adottato è quello pubblicato da Thomas Vaughan nel 1652: grafia e punteggiatura sono state adattate all'uso moderno e sono state aggiunte alcune note. È lungi dall'esser perfetto (specialmente quello della Confessio}, ma le sue inesattezze e confusioni sono trascurabili e non offuscano il significato ed il pensiero nel suo complesso. Fama Fraternitatis " • • ' ••"••"' o Rivelazione della Confraternita del nobilissimo Ordine della Rosa-Croce Poiché l'unico dio saggio e misericordioso in questi ultimi tempi ha riversato sull'umanità la sua misericordia e bontà con tanta dovizia, da permetterci di conseguire una conoscenza sempre maggiore e perfetta di suo figlio Gesù Cristo e della Natura, possiamo vantarci a buon diritto di vivere in un tempo felice, in cui Egli non solo ha rivelato quella metà del mondo fino ad ora a noi sconosciuta e celata e ci ha fatto conoscere molte meravigliose opere e creature della Natura mai viste prima, ma ha anche fatto sorgere uomini di grande sapienza, che potrebbero in parte rinnovare e condurre a perfezione tutte le arti, ora contaminate e imperfette, cosicché l'uomo possa finalmente comprendere la sua nobiltà e il suo valore e perché sia chiamato microcosmus e quanto la sua conoscenza si estenda nella natura. Certo questo nostro rozzo mondo ne sarà poco soddisfatto, sorriderà e se ne farà beffe. La superbia e la cupidigia dei dotti, poi, sono così grandi, che non permetteranno loro di accordarsi; se solo essi fossero uniti, potrebbero comporre un Liber naturae, o regula di tutte le arti, raccogliendo nozioni da tutto ciò che Dio ci ha donato così generosamente in questa età; ma invece essi son rivali e nemici tra loro, e restano attaccati alle vecchie dottrine, stimando Porfirio ', Aristotele e Galeno — che pure se fossero ancor in vita abbandonerebbero con gioia le loro dottrine errate e tutto ciò che ha un'apparenza di conoscenza più della chiara e manifesta luce e verità; essi sono troppo deboli per un'opera così impegnativa, e sebbene in teologia, medicina e matematica, la verità confuti tutto ciò 2 , il vecchio nemico mette in opera tutta la sua astuzia e invidia ostacolando questi progressi e rendendoli impopolari con l'aiuto di mestatori e di girovaghi. Per attuare una riforma generale, il piissimo e illuminatissimo Padre, il nostro 1 Un errore per «papismo». Nel testo originale tedesco si legge «il papa». 2 Nel testo originale tedesco si legge «si stia facendo strada». , 284 « FAMA » Fratello C. R., tedesco, capo e fondatore della nostra Confraternita, ha faticato assai e per lungo tempo. Per la sua povertà (sebbene discendesse da nobile famiglia) all'età di cinque anni fu messo in convento, dove imparò il greco e il latino. Ancora adolescente, venne affidato (dopo molto supplicare) al fratello P. A. L., che aveva deciso di visitare il Santo Sepolcro. Fratello P. A. L. morì a Cipro, e così non giunse mai a Gerusalemme, ma Fratello C. R. non prese la via del ritorno; si imbarcò per raggiungere Damasco, con l'intenzione di proseguire di là per Gerusalemme. Ma essendo malato si trattenne per via, ed esercitando la medicina (di cui non era senza nozioni) si conquistò la benevolenza dei Turchi. Nel frattempo udì parlare dei savi di Damasco (in Arabia), dei grandi prodigi che operavano e di come conoscessero tutti i segreti della natura. Queste parole stimolarono a tal punto l'elevato e nobile spirito di Fratello C. R., che non pensava più a Gerusalemme, bensì a Damasco; non potendo resistere oltre al desiderio, pattuì con gli Arabi che lo portassero a Damasco per una certa somma di denaro. Quando vi giunse aveva solo sedici anni, ma aveva tutta la robustezza del ceppo tedesco. A Damasco i savi lo accolsero (egli stesso lo testimonia) quasi non fosse uno straniero, ma come se lo avessero atteso da molto tempo, lo chiamarono con il suo nome e mostrarono di conoscere altre cose segrete del suo convento, ed egli non finiva di stupire. Lì perfezionò la sua conoscenza dell'arabo, tanto che l'anno seguente tradusse in buon latino il Liber M, che poi portò via con sé. A Damasco apprese la fisica e la matematica, e di ciò il mondo dovrebbe rallegrarsi, se vi fosse più amore e meno invidia. Dopo tre anni partì con il loro consenso, attraversò il golfo arabico e arrivò in Egitto, dove si trattenne per breve tempo a studiare con grande attenzione piante e creature. Poi attraversò tutto il Mare Mediterraneo e arrivò a Fez, dove gli Arabi gli avevano consigliato di andare. Ed è motivo di grande vergogna per noi che savi tanto lontani gli uni dagli altri non solo siano concordi ed evitino ogni scritto polemico, ma siano così pronti e fiduciosi, sotto il vincolo de] segreto, a comunicarsi i loro segreti. Ogni anno Arabi e Africani si scambiano messaggeri, chiedendo notizie sulle loro arti, per sapere se altrove si sono fatte scoperte migliori, o se l'esperienza ha confutato le loro rationes. Ogni anno in quei paesi si scopre qualcosa di nuovo, che fa progredire matematica, fisica e magia (nella quale quelli di Fez sono i più esperti di tutti). Certo neppure in Germania mancano dotti, maghi, studiosi di Kabbalah, medici e filosofi, ma essi dovrebbero aiutarsi di più l'un l'altro, mentre ora il gruppo più grosso vuole il pascolo tutto per sé. A Fez fece la conoscenza di quelli che ven- «FAMA» 285 gono chiamati comunemente «gli Abitanti Elementari», che gli rivelarono molti dei loro segreti. E anche noi Tedeschi potremmo mettere insieme molte nozioni, se tra noi vi fosse la stessa collaborazione e la stessa serietà. Egli ammise spesso che la magia dei savi di Fez non era del tutto pura e che anche la loro Kabbalah era stata contaminata dalla loro religione; tuttavia sapeva servirsene in modo eccellente, e acquisì fondamenti ancora più saldi per la sua fede, nell'armonia del mondo intero, mirabilmente impressa in tutte le epoche. Come ogni seme contiene l'intera pianta o frutto, così nel piccolo corpo dell'uomo è contenuto l'intero universo; religione, politica, salute, membra, natura, linguaggio, parole e opere dell'uomo, tutto è in armonia e consonanza con Dio, il Cielo e la terra; ciò che non è in consonanza è errore, falsità, opera del demonio, il quale è il primo veicolo e la causa ultima delle dissonanze, della cecità e della tenebra nel mondo. Se si esaminassero tutti gli uomini di questa terra, si scoprirebbe che i buoni e i giusti sono sempre in armonia con se stessi, mentre gli altri sono irretiti da false opinioni. Dopo due anni Fratello C. R. lasciò la città di Fez e si recò in Spagna con molte cose preziose; dal suo viaggio aveva tratto tanto profitto, che sperava che i dotti dell'Europa si rallegrassero con lui e da allora in poi impostassero tutti i loro studi su quei solidi e attendibili fondamenti. Conferendo con i dotti di Spagna, mostrò dove le nostre arti sbagliavano e in che modo correggerle, donde attingere i veri Micia dei secoli futuri, in cosa dovevano concordare con quelli passati, dove sbagliava la Chiesa e come migliorare l'intera philosophia moralis; mostrò loro i nuovi prodotti della terra, i nuovi frutti, animali, che non corrispondevano alle leggi della antica filosofia, ed espose nuovi axiomata, che risolvevano tutti quei nuovi problemi. Ma i dotti trovarono tutto ridicolo; di fronte a quelle novità temevano che, ricominciando ad apprendere e riconoscendo errori ormai annosi, a cui erano del tutto assuefatti e da cui avevano tratto lauti guadagni, avrebbero perso di prestigio. Colui che tanto ama l'irrequietezza, sia lui il riformatore. Lo stesso ritornello gli fu ripetuto in altre nazioni. Egli ne fu tanto più costernato, in quanto non se lo aspettava, ed era disposto a insegnare generosamente tutte le sue arti e i suoi segreti ai dotti, purché solo volessero prendersi la pena di trascrivere alcuni infallibili axiomata ricavati da tutte le facoltà, scienze, arti e dall'intera natura. Egli sapeva infatti che tali assiomi li avrebbero guidati, come in una sfera o in un cerchio verso l'unico punto centrale, il Centrum, e voleva che, come è consuetudine tra gli Arabi, essi servissero di norma solo ai savi e ai dotti; in modo 286 « FAMA » che sorgesse anche in Europa una società che possedesse oro, argento e pietre preziose in abbondanza, e li distribuisse ai re per soddisfare le loro necessità e i loro scopi legittimi; una società che educasse i governanti ad apprendere tutto ciò che Dio ha concesso all'uomo di conoscere e, in caso di necessità, li soccorresse con i suoi consigli, come gli oracoli pagani. Dobbiamo confessare che il mondo, travagliato già allora da grandi smarrimenti e in lotta per liberarsene, generò eroi gloriosi e infaticabili, che si aprirono un varco a forza attraverso le tenebre e la barbarie e lasciarono a noi, più deboli, solo il compito di seguire le loro tracce. Essi furono l'apice in trìgono igneo, la cui fiamma ora brillerà sempre più alta e vivida e indubbiamente darà al mondo l'ultima luce. Uno che ebbe analoga attitudine e vocazione fu Teofrasto [Paracelso]; pur non appartenendo alla nostra Confraternita, egli lesse diligentemente il Liber M e questo affinò il suo ingegno già acuto; ma una moltitudine di dotti e di finti savi frappose ostacoli sul suo cammino, cosicché egli non potè mai palesare tranquillamente agli altri il suo pensiero sulla natura. Nei suoi scritti quindi derise questi ficcanaso, invece di dire cosa veramente pensava; eppure in lui la sopracitata harmonia era solidamente radicata, e indubbiamente egli ne avrebbe fatto parte ai dotti, se non li avesse ritenuti più meritevoli di sottile scherno che di istruzione nelle maggiori arti e scienze; cosi perse il suo tempo in una vita libera e spensierata e lasciò il mondo ai suoi sciocchi piaceri. Ma non dimentichiamo il nostro amato padre, Fratello C. R.; dopo molti faticosi viaggi, in cui impartì molti insegnamenti veraci senza che dessero frutto, ritornò in Germania, che egli amava teneramente (a causa dei mutamenti imminenti e delle straordinarie e pericolose contese). Là, anche se si sarebbe potuto mettere in luce con la sua arte, e con la trasmutazione dei metalli in modo particolare, se ne astenne, attribuendo maggior valore al Cielo e ai cittadini, cioè all'uomo, che non alla gloria effimera e al fasto. Egli si costruì una dimora adatta e confortevole, dove meditò sui suoi viaggi e sulla filosofia e in un memoriale veridico ne tramandò la storia. Dedicò molto tempo allo studio della matematica e costruì numerosi ed utili strumenti, «ex omnibus huius artis partibus » ; ma di essi ci rimane ben poco, come diremo in seguito. Dopo cinque anni tornò a vagheggiare la desiderata riforma, e, pur dubitando dell'aiuto e del sostegno di altri, decise - poiché era laborioso, alacre e instancabile - di tentare egli stesso con pochi collaboratori. A questo fine volle prendere con sé tre fratelli del convento in cui era stato educato (per il quale conservava un grande affetto), Fratello G. V., Fratello J. A. e Fratello J. O. poiché ave- «FAMA» 287 vano una conoscenza delle arti maggiore di quella allora comune. Ad essi fece giurare solennemente di essere fedeli, attivi, di mantenere il segreto e di trascrivere scrupolosamente tutto ciò che egli avesse insegnato, affinchè coloro che in futuro - grazie a una particolare rivelazione - fossero accolti nella Confraternita, non fossero ingannati neppure di una sillaba o di una lettera. In questo modo si formò la Confraternita della Rosa-Croce. All'inizio erano solamente in quattro; furono essi a creare la lingua e la scrittura magica, con un vasto lessico, che impieghiamo ancora oggi, a lode e gloria di Dio, e in cui troviamo grande sapienza. Essi scrissero anche la prima parte del Liber M. Ma poiché questa opera richiedeva un lavoro enorme e l'incredibile affluenza di malati ne ostacolava il compimento, una volta terminata la costruzione della nuova sede, chiamata «Spirito Santo», essi decisero di accogliere nuovi adepti nella Confraternita; a questo scopo furono scelti Fratello R. C., figlio del fratello del suo defunto padre; Fratello B., un abile pittore, e i fratelli G. e P. D., loro segretari. Così furono otto, tutti tedeschi eccetto J. A.; tutti erano celibi e avevano fatto voto di castità. Essi scrissero insieme un libro contenente tutto ciò che l'uomo può desiderare e sperare. Anche se riconosciamo volentieri che il mondo è molto migliorato negli ultimi cent'anni, noi siamo sicuri che i nostri Axiomata rimarranno immutati fino al giorno del Giudizio e che il mondo non vedrà nulla di più certo neppure nel suo stadio finale e più perfetto. Infatti la nostra Rota inizia il giorno in cui Dio disse «Fiat» e finirà quando egli dirà «Pereat»; ma l'orologio di Dio batte ogni minuto, mentre il nostro non riesce a suonare neppure le ore. E siamo fermamente convinti che se i nostri cari fratelli e padri avessero conosciuto questa chiara luce, avrebbero attaccato più duramente il Papa, Maometto, gli scribi, gli artisti ed i sofisti e ci avrebbero aiutato di più, invece di limitarsi a sospirare e a desiderare la loro fine e la loro distruzione. Quando gli otto fratelli ebbero disposte e ordinate tutte le cose in modo che non restava altro da fare, e ciascuno di loro fu perfettamente in grado di dissertare di filosofia segreta e manifesta, essi decisero di non rimanere più insieme, ma, come avevano convenuto all'inizio, si separarono per andare in tutti i paesi, non solo per far esaminare più a fondo i loro Axiomata dai dotti, in tutta segretezza, ma anche per potersi informare l'un l'altro qualora l'esperienza, in questo o quel paese, rivelasse qualche errore. Convennero di comune accordo su questi punti: i) non avrebbero esercitato altra professione che quella di curare i malati, e ciò gratuitamente. 2) Non avrebbero indossato alcun abito particolare, imposto dalla Confraternita, ma il costume del paese. 3) Ogni 288 « FAMA » « FAMA » 289 potè radunò i Fratelli e, come presumiamo, allora soltanto fece innalzare il suo sepolcro. Fino ad ora noi (che siamo gli ultimi) non sapevamo quando fosse morto il nostro amato padre R. C. e conoscevamo soltanto i nomi dei fondatori e di tutti i loro successori fino a noi; ricordiamo bene, però, le segrete allusioni a un periodo di centovent'anni che Fratello A. - il successore di D. e ultimo della seconda linea di successione, vissuto tra molti di noi — rivolse a noi della terza linea di successione. Dobbiamo confessare che dopo la morte di A. nessuno di noi era riuscito a saper nulla del Fratello R. C. e dei suoi primi confratelli, a parte ciò che era contenuto nei volumi della nostra Biblioteca filosofica, di cui consideravamo gli Axiomata il libro più eccelso, la Rota mundi il più ingegnoso, il Protheus il più utile. Non sappiamo neppure con certezza se i Fratelli della seconda linea abbiano posseduto la stessa sapienza della prima, né se siano stati ammessi alla conoscenza di tutti i segreti. Ricordi ancora una volta il gentile lettore che ciò che siamo venuti a sapere — e ora rendiamo noto pubblicamente — sulla sepoltura di Fratello R. C. è stato previsto, permesso e ordinato da Dio, al quale noi con tanta fedeltà ubbidiamo che, se saremo interrogati con modestia e in modo cristiano, non avremo timore di dichiarare pubblicamente i nostri nomi e cognomi, il luogo e il tempo delle nostre riunioni e qualsiasi altra cosa si voglia sapere da noi. Ed ecco ora la veritiera e approfondita relazione della scoperta dell'illuminatissimo uomo di Dio, Fratello C. R. C. Dopo la beata morte di A. in Gallia Narbonensis, lo sostituì il nostro amato Fratello N. N. Quando egli venne da noi per prestare il solenne fidei et silentii iuramentum, ci informò fiducioso come A. l'avesse confortato confidandogli che la Confraternita non sarebbe rimasta più a lungo nascosta, ma presto sarebbe diventata utile, necessaria e gloriosa agli occhi di tutta la nazione tedesca e di essa la patria non avrebbe avuto da vergognarsi. L'anno seguente, ricevuta l'adeguata istruzione e ben rifornitosi con la borsa di Fortunato, poiché voleva rimettersi in viaggio, egli pensò di effettuare alcuni lavori nel nostro edificio, per renderlo più idoneo (era infatti un valente architetto). Nel rinnovarlo rinvenne una lapide commemorativa di ottone, su cui erano incisi tutti i nomi dei fratelli e alcune altre iscrizioni, e pensò di collocarla in un luogo più adatto. Dove o quando fosse morto Fratello R. C., e in quale paese fosse sepolto, era stato tenuto segreto dai nostri predecessori e non lo sapevamo. In questa lapide era stato saldamente conficcato un grande chiodo, che quando venne estratto a viva forza, trascinò con sé, staccandola dal muro sottile di stucco, una pietra piuttosto grande; essa celava una porta, che così venne insperatamente alla luce. anno, nel giorno C, si sarebbero incontrati nella Casa dello Spirito Santo, o avrebbero comunicato la causa della loro assenza. 4) Ogni fratello avrebbe scelto una persona degna che, dopo la sua morte, potesse succedergli. 5) La parola Rosa-Croce sarebbe stata il loro unico suggello e segno distintivo. 6) La Confraternita sarebbe rimasta segreta per cento anni. Si giurarono a vicenda di osservare queste sei regole, e cinque fratelli partirono; solo i fratelli B. e D. si trattennero per un anno con il padre, Fratello R. C.; quando anch'essi partirono, rimasero con lui suo cugino e Fratello J. O., cosi che ogni giorno della sua vita egli ebbe accanto a sé due Fratelli. Sebbene la Chiesa non fosse ancora stata riformata, sappiamo che era oggetto dei loro pensieri e conosciamo quali riforme desideravano per essa. Si riunivano ogni anno con gioia, facendo una relazione completa del loro operato: come dev'esser stato bello ascoltare la narrazione precisa e veritiera di tutte le meraviglie sparse da Dio qua e là nel mondo! Una cosa è certa: quegli uomini inviati e riuniti da Dio e dai Cieli, scelti tra i più savi che siano mai esistiti in tutti i secoli, vissero nella più grande armonia, segretezza e bontà, sia fra loro che verso gli altri. Trascorsero la loro vita in questo modo molto lodevole, e sebbene fossero immuni da ogni malattia e dolore, tuttavia non poterono superare il termine stabilito da Dio. Il primo a morire di questa Confraternita fu J. O., che morì in Inghilterra, come Fratello C. gli aveva predetto già molto tempo prima; Fratello J. O. era molto esperto e dotto nella Kabbalah, come testimonia il suo libro, intitolato H. Si è parlato molto di lui in Inghilterra, soprattutto perché guarì dalla lebbra il giovane conte di Norfolk. Essi avevano stabilito di tener segreto, per quanto possibile, il luogo della loro sepoltura e ancor oggi di molti non sappiamo dove siano sepolti. Ognuno di essi fu sostituito da un successore degno. Qui vogliamo dichiarare pubblicamente, a onore e gloria di Dio, che, malgrado tutti i segreti che ci ha rivelato il Liber M (che mettono sotto i nostri occhi l'immagine e il disegno del mondo intero), non ci sono state svelate le nostre sventure, né l'ora della nostra morte: solo Dio la conosce, perché in tal modo vuole mantenerci continuamente pronti. Ma di ciò diremo più diffusamente nella nostra Confessio, dove esporremo trentasette motivi per cui la nostra Confraternita ora si manifesta pubblicamente e svela i suoi elevati misteri, senza essere costretta e senza chiedere ricompensa; essa promette inoltre più oro di quanto ne procurino le Indie al re di Spagna, perché l'Europa è gravida e darà alla luce un figlio robusto, che merita un grande dono dal suo padrino. Dopo la morte di J. O., Fratello R. C. non si riposò, ma appena 1 —- ^mi.u, pieni di gioia e d'impazienza, abbattemmo il resto del muro e sgombrammo l'accesso alla porta; su di essa era scritto in alto, a grandi lettere: «Post cxx annos patebo», e sotto era segnata l'antica data. Rendemmo grazie a Dio per questo e quella notte non procedemmo oltre, perché prima volevamo consultare la nostra Rota. E richiamandoci per la terza volta alla Confessio, diciamo che quanto sveliamo qui gioverà a coloro che ne son degni, ma servirà ben poco, a Dio piacendo, a quelli che non lo sono. Come la nostra porta fu prodigiosamente scoperta dopo tanti anni, cosi si schiuderà una porta all'Europa (quando verrà rimosso il muro); essa già comincia a intrawedersi e l'avvenimento è ardentemente atteso da molti. La mattina seguente aprimmo la porta e vedemmo un sepolcro con sette lati e sette angoli; ogni lato era lungo un metro e mezzo e alto due metri e mezzo circa. Sebbene la luce del sole non vi fosse mai penetrata, la cappella era illuminata da un sole artificiale, che pareva aver imparato dall'astro il segreto dell'illuminazione ed era sospeso in alto al centro della volta. Nel mezzo, invece di una pietra tombale, vi era un altare rotondo, ricoperto da una lastra di ottone su cui era inciso: «A. C, R. C. Hoc universi compendium unius mihi sepulcrum feci » 3 . Intorno al primo cerchio, o bordo, vi era: «lesus mihi omnia»4. i*»,'?^ Al centro vi erano quattro figure, inscritte in cerchi, circondata da uno dei seguenti motti: ' ">J 1) «Nequaquam vacuum». .^ ._ v . . . ; - i / i . ._ f ^^ ' 2) «Legis iugum». J- ' ]"i'"' ^' v ' ' " '!;';''"''.„"'' '"" 3) «Libertas Evangelii». ';,.'", ^'^^"-'^•.~j,,''.'''. ' » < 4) «Dei gloria intacta»5. Questo era tutto chiaro e luminoso, come i sette lati e i due et~ tagoni. Allora tutti ci inginocchiammo e ringraziammo l'unico saggio, l'unico potente e l'unico eterno Dio, che ci ha insegnato più di quanto l'ingegno dell'uomo avrebbe potuto scoprire; sia lodato il suo santo nome. Invece di unius, leggi vivus. [Feci questo compendio dell'universo durante la mia vita perché costituisse la mia tomba]. 4 [Gesù, tutto per me]. 5 [II vuoto non esiste. | II giogo della legge. | La libertà del Vangelo. | L'intatta gloria di Dio], ,, . 291 Questa cappella la dividemmo in tre parti: la volta o soffitto, le pareti o lati, il pavimento o suolo. Della volta per ora saprete soltanto che era divisa in triangoli convergenti dai sette lati verso il centro luminoso; ciò che contengono i triangoli voi che siete desiderosi della nostra società lo vedrete presto, a Dio piacendo, con i vostri occhi. Ogni lato è diviso in dieci spazi rettangolari, ciascuno con le sue figure e sentenze, che sono fedelmente e scrupolosamente riportate, in compendio, in questo nostro libro. Anche il pavimento è diviso in triangoli, ma poiché ivi sono descritti il potere e la signoria dei governatori inferiori ', noi non ne paleseremo il contenuto, per timore che il mondo malvagio ed empio ne abusi. Ma chi sarà fornito del divino antidoto calpesterà senza timore e senza danno la testa dell'antico e malvagio serpente, poiché il nostro secolo è maturo per questo. In ogni lato c'era una nicchia, chiusa da una porta, in cui si trovavano varie cose, in particolare tutti i nostri libri, eguali a quelli da noi già posseduti; c'erano anche il Vocabolarium di Theoph. Par. Ho.' e tutti i libri che facciamo conoscere ogni giorno senza alterazioni. Vi trovammo pure il suo Itinerarium e la sua Vita, da cui si è attinta la maggior parte di questo racconto. In un'altra nicchia vi erano specchi con diverse virtù, in altre ancora campanelli, lampade che ardevano e canzoni mirabilmente ingegnose. Tutto questo era stato fatto in modo che se l'Ordine o Confraternita, anche dopo molte centinaia di anni, fosse andato in rovina, grazie a questo solo sepolcro avrebbe potuto risorgere. Non avevamo ancora scorto le spoglie mortali del nostro prudente e saggio padre, perciò rimuovemmo l'altare, alzammo una pesante lastra di ottone e trovammo un corpo bello e nobile, intero e intatto, quale cerchiamo qui di descriverlo fedelmente, con tutti i suoi ornamenti e vestiti. In mano teneva un libro di pergamena, intitolato /, che costituisce dopo la Bibbia il nostro più grande tesoro e che il mondo dovrebbe conoscere e giudicare. Alla fine del libro si trova questo epitaffio: Granum pectori lesu insitum, C. Ros. C. ex nobili atque splendida Germaniae R. C. familia oriundus, vir sui seculi divinis revelationibus, subtilissimis imaginationibus, indefessis laboribus ad coelestia atque riumana mysteria arcanave admissus, postquam suam (quam Arabico & Africano itineribus collegerat) plusquam regiam atque imperatoriam gazam suo seculo nondum convenientem, posteritati eruendam cuLetfeUè. Philipp Theophrast von Hohenheim. 292 « FAMA » stodivisset & iam suarum artium, ut & nominis, fidos ac coniunctissimos haeredes instituisset, mundum minutum omnibus motibus magno illi respondentem fabricasset, hocque tandem praeteritarum, praesentium, & futurarum rerum compendio extracto, centenario maior, non morbo (quem ipse nunquam corpore expertus erat, nunquam alios infestare sinebat) ullo pellente, sed spiritu Dei evocante, illuminatam animam (inter Fratrum amplexus & ultima oscula) creatori Deo reddidisset, Pater dilectissimus, Fra. suavissimus, praeceptor fidelissimus, amicus integerrimus, a suis ad 120 annos hic absconditus est 8 . r Sotto vi era la firma di cinque fratelli del primo circolo : , 1 Fra. I. A., Fr. C. H. electione Fraternitatis caput ' 2 Fr. G. V. M. P. C. « 3 1 * - . 3 Fra. R. C. iunior haeres S. Spiritus fìjrm -, ">iO. „ 4 Fra. B. M., P. A. pictor & architectus «nsr?utiii : •' ' 5 Fr. G. G. M. P. I. cabalista10 - ,t,r, ^ „ e tre del secondo: 1 Fra. P. A. successor Fr. I. O. mathematicus 2 Fra. A. successor Fra P. D. 3 Fra. R. successor patris C. R. C. cum Christo triumphant ". 8 [Granello insito nel cuore di Gesù, C. Ros. C., nato da una nobile ed illustre famiglia tedesca, uomo del suo secolo ammesso ai misteri ed ai segreti del cielo e della terra, attraverso rivelazioni divine, visioni acutissime, lavoro instancabile, dopo aver messo in serbo un tesoro (che aveva raccolto durante i suoi viaggi in Arabia ed Africa) superiore a quello che può possedere un re o un imperatore né ancora adatto ai suoi tempi, affinchè lo scoprissero i posteri, e dopo aver ammaestrato seguaci fedeli ed assai leali alle sue arti e al suo nome, e avendo concepito un microcosmo in armonia con il macrocosmo in tutti i movimenti ed avendo rivelato un compendio di cose passate, , presenti e future, più che centenario, senza la spinta di alcuna infermità (il suo corpo non ne era mai stato affetto, né aveva permesso che le malattie tribolassero altri), ma chiamato dallo spirito divino, rese l'anima sua illuminata (tra gli abbracci e gli ultimi baci dei suoi fratelli) a Dio, suo creatore. Padre amatissimo, fratello dolcissimo, maestro assai veridico, amico integerrimo, fu nascosto qui dai suoi discepoli per centovent'anni]. Secondo quanto si può dedurre dalle varie indicazioni, la data in cui si presume sia stata scoperta la tomba potrebbe essere il 1604. Secondo la Confessio (cfr. p. 299), Fratello R. C. nacque nel 1378 e visse centosei anni. Egli morì perciò nel 1484. Il suo sepolcro fu scoperto centovent'anni dopo la sua morte, cioè, nel r6o4. 9 «Per scelta di Fratello C. H., capo della Confraternita». 10 [2 Fratello G. V. M. P. C. 1 3 Fratello R. C. iunior, erede della Casa dello Spirito Santo. 4 Fratello B. M. P. A., pittore ed architetto. | 5 Fratello G. G. M. P. I., cabbalista]. 11 «Triumphantis». [i Fratello P. A., successore del Fratello I. O., matematico, i 2 Fratello A., successore del Fratello P. D. | 3 Fratello R., successore del padre C. R. C., trionfante con Cristo]. ••« FAMA » 293 Vik Alla fine era scritto questo motto: • «Ex Deo nascimur, in lesu morimur, per Spiritum Sanctum reviviscimus » A quel tempo erano già morti il Fratello ]. O. e Fratello D.; dove si trova il loro sepolcro? Siamo sicuri che il nostro Fra. Senior è stato sepolto con qualcosa di molto importante, forse nascosto allo stesso modo. Speriamo anche che questo nostro esempio stimoli altri a indagare su di loro con maggior cura (per questo ne abbiamo pubblicato i nomi) e a cercare il luogo dove sono sepolti; infatti la maggior parte di essi, grazie all'esercizio della medicina, sono ancora conosciuti e lodati tra le persone molto anziane; cosi forse il nostro tesoro si arricchirà, o almeno il suo significato diverrà più chiaro. Il Minutum Mundum, poi, l'abbiamo trovato in un altro piccolo altare, davvero più bello di quanto anche l'uomo più intelligente possa immaginare; ma questo non lo descriveremo, finché non otterremo risposte sincere a questa nostra Fama veritiera. Infine rimettemmo a posto le lastre e l'altare, e richiudemmo la porta, assicurandola con tutti i nostri sigilli. Poi, seguendo le istruzioni e i precetti della nostra Rota, divulgammo alcuni libri, tra cui il Liber M (che il lodevole M. P. scrisse tralasciando le cure domestiche). Alla fine ci separammo, secondo il nostro costume, lasciando i nostri gioielli agli eredi naturali. Ora, dunque, attendiamo la risposta e il giudizio dei dotti o degli ignoranti. Anche se siamo certi che presto vi sarà una riforma generale delle cose divine e umane, secondo il nostro desiderio e le speranze di altri, si conviene che prima del sorgere del sole appaia e irrompa l'aurora o qualche chiarore o divina luce nel cielo: perciò quei pochi che ci diranno i loro nomi, potranno unirsi, accrescere il numero degli adepti e il prestigio della nostra Confraternita, cominciare a tradurre felicemente in pratica il vagheggiato Canone filosofico prescritto dal Fratello R. C. e anche godere con noi i nostri tesori (che mai verranno meno) in umiltà e amore, rendendo più lieve la fatica di questo mondo, invece di continuare a vivere nell'ignoranza delle meravigliose opere di Dio. Affinchè ciascun cristiano sappia di quale religione e credenza siamo, dichiariamo di professare la fede in Gesù Cristo, nella forma chiara e pura venuta recentemente alla luce, particolarmente in Germania e ancora oggi conservata, discussa e propagata in alcuni paesi (escludendo ogni sognatore, eretico e falso profeta). 12 [Siamo generati da Dio, moriamo in Gesù, torniamo a vivere attraverso lo Spirito Santo]. « FAMA » 294 Pratichiamo anche i due sacramenti così come sono istituiti, con tutte le forme e riti prescritti, nella prima Chiesa riformata. In politica noi riconosciamo il Romano Impero e la Quarta monarchia, come guida nostra e di tutti i cristiani. Anche se conosciamo i mutamenti che incombono e li riveleremo volentieri e a cuore aperto ad altri uomini dotti e pii, noi teniamo questi scritti in nostro possesso, e nessuno contro il volere dell'unico Dio potrà carpirceli e darli a chi è indegno. Ma aiuteremo segretamente la buona causa, così come Dio lo permetterà o impedirà. Perché il nostro Dio non è cieco, come la Fortuna dei pagani, ma è l'ornamento della Chiesa e l'onore del Tempio. La nostra filosofia non è nuova, ma è quale Adamo la ricevette dopo la Caduta e quale la professarono Mosè e Salomone. Perciò essa non deve dar adito a dubbio, né opporsi ad altre opinioni; poiché la verità è una, breve e sempre uguale a se stessa (ma soprattutto è in armonia con Gesù in omni parte e in tutti i suoi elementi: come Cristo è la vera immagine del Padre, così la Verità è immagine di Cristo), non si dirà che questo è vero secondo la filosofia, ma che lo è secondo la teologia 13. Dove Platone, Aristotele, Pitagora e altri colsero nel segno, dove anche Enoch, Abramo, Mosè e Salomone eccelsero, dove anche il più grande e straordinario libro, la Bibbia, concorda, in ciò tutti concordano, come in una sfera o globo, dove tutti i punti sono equidistanti dal Centro. Ma di ciò si parlerà più diffusamente nella collatio cristiana. Ma ora soffermiamoci sull'arte empia e maledetta di produrre oro, che è assurta soprattutto ai giorni nostri a tanta importanza, che molti furfanti e bricconi sfruttano per commettere azioni indegne, abusando della fiducia che vien loro accordata, e perfino uomini saggi, considerando la mutatio metallorum il sommo apex e fastigium della filosofia, non hanno altro scopo e desiderio, sono pronti a onorare più di ogni altro quel Dio che producesse oro a profusione, oppure per ottenere ciò infastidiscono Dio onnisciente, che conosce tutti i cuori, con preghiere irriverenti e sconside rate: di fronte a tutto ciò dichiariamo pubblicamente che ciò è falso e che i veri filosofi attribuiscono poca importanza al produrre oro, che è solo un parergon, oltre al quale essi possono fare mille altre cose migliori. E diciamo, con il nostro caro padre R. C. C.: aurum nisi quantum aurum. Infatti colui cui è rivelata l'intera natura non si rallegra se può produrre oro e se, come ha detto Cristo, i demoni gli ubbidiscono, ma se vede aprirsi il cielo, salire e discendere gli angeli di Dio e il suo nome scritto nel Libro della Vita. Inoltre testi13 «...ma falso in teologia». " " ", «FAMA» 295 meniamo che sotto il nome di Chimica sono stati diffusi molti libri e immagini in contumelia-m gloriae Dei, di cui a suo tempo faremo il nome e daremo ai puri di cuore un Catalogo o registro. E preghiamo tutti i dotti di prestare attenzione a questi libri, perché il nemico non cessa di seminare le sue erbacce, se uno più forte non glielo impedisce. Allora, secondo la volontà e l'intento di Fratello C. R. C., noi, suoi Fratelli, chiediamo nuovamente a tutti i dotti in Europa che leggeranno questa nostra Fama (diffusa in cinque lingue), unitamente alla Confessio, di considerare con animo benevolo la nostra offerta, di esaminare con la massima precisione e sagacia le loro arti, di scrutare il tempo presente con la massima attenzione, e poi di farci sapere le loro riflessioni, communicato consilio o singulatim per istampa. Poiché, anche se per ora non abbiamo rivelato i nostri nomi, né quando c'incontriamo, tuttavia verremo senz'altro a sapere l'opinione di tutti, in qualunque lingua sia espressa; e chiunque ci farà pervenire il suo nome potrà conferire con uno di noi a viva voce, o, se vi fosse qualche impedimento, per iscritto. E questo diciamo per certo: chiunque voglia discutere con noi seriamente e a cuore aperto, ne trarrà giovamento nei beni, nel corpo e nell'anima, ma chi è falso, o avido solamente di ricchezze, non potrà farci alcun danno, ma si precipiterà da se stesso nella più completa rovina. E anche il nostro edificio (se anche centomila persone lo avessero visto da vicino) sarà in eterno intangibile, indistruttibile e nascosto al mondo empio. Sub umbra alarum tuarum, lehova ' r.'T'f. «CONFESSIO» Confessio Fraternitatis tfgtKi [ • <<« o Confessione dell'enconi|afeile',Con£raternita 3-5 .« dello stimatissimo Ordinetdella» Rosa-Croce, -.i • r a tutti i dotti d'Europa . >\, ' ',ÌM) Ciò che la sopracitata Fama ha pubblicato e divulgato sulla nostra Confraternita, non deve essere considerato privo di importanza, o futile e frutto della fantasia, né lo si deve accogliere come mera iniziativa nostra. È lehova, nostro signore, a capovolgere l'ordine della natura (il suo Sabato è imminente ed Egli si affretta a ricondurre il mondo agli inizi, perché il suo periodo o corso è giunto a termine), e quanto prima d'ora è stato perseguito invano e con molta fatica e sforzo instancabile viene ora rivelato a quelli che non ci pensano, offerto a coloro che lo desiderano e instillato quasi con dolce violenza in coloro che non lo desiderano, così da alleviare la fatica e la pena dei buoni e non renderli più soggetti alle tempeste della fortuna incostante ed accrescere e moltiplicare il castigo meritato dagli empi per la loro malvagità. E non è neppure possibile sospettarci di alcuna eresia, né di voler intraprendere azioni malvage, né di tramare alcun disegno contro il governo temporale, noi che condanniamo l'Oriente e l'Occidente (cioè il Papa e Maometto) per empietà nei riguardi di nostro signor Gesù Cristo, e offriamo e doniamo spontaneamente al capo del Romano Impero le nostre preghiere, i nostri segreti e grandi quantità d'oro. Abbiamo pensato inoltre, che sarebbe bene e giusto per amore dei dotti completare e chiarire meglio il messaggio della Fama: qualora in questo manifesto vi fossero misteri troppo profondi, pensieri velati ed esposti in modo difficilmente comprensibile, o se per qualche ragione qualcosa possa esser stato omesso o tralasciato; con ciò speriamo di rendere più benevoli i dotti verso di noi e più inclini ad approvare il nostro proposito. Sull'evoluzione e la riforma della filosofia abbiamo detto abbastanza (quanto per ora è necessario) e cioè che ha molti lati deboli ed è imperfetta; e mentre molti asseriscono erroneamente che essa (non so come) ha basi solide e forti, noi non abbiamo alcun dubbio che stia esalando i suoi ultimi respiri e stia morendo. 297 Del resto, come generalmente proprio nel luogo dove scoppia una nuova ed insolita malattia, la Natura scopre una medicina, così accade per le numerose infermità della filosofia: si scoprono i mezzi giusti (e nel nostro paese ve ne sono a sufficienza) con i quali poterla risanare, rigenerare e rinnovare del tutto. Non abbiamo altra filosofia se non quella che è principio, compendio, fondamento e contenuto di tutte le facoltà, le scienze e le arti; se consideriamo il nostro tempo, tale filosofia contiene molti elementi di teologia e di medicina, ma poca scienza del diritto: ha come oggetto di studio accurato cielo e terra, o, per dirla in breve, illumina e rivela sulla natura dell'uomo come microcosmo, sul quale i dotti che si faranno conoscere da noi e saranno accolti nella nostra Confraternita, scopriranno, proprio grazie a noi, segreti più prodigiosi di quelli in cui sino ad ora hanno creduto, che hanno ammirato e professato. Per esprimere in poche parole il nostro pensiero a questo riguardo, noi dovremmo prodigarci con molta sollecitudine affinchè il nostro appello non generi solamente meraviglia e risulti evidente che noi stimiamo tali misteri e segreti assai importanti e riteniamo giusto rivelarli a molti. Non è impossibile infatti che questa nostra offerta fervente e insperata possa, destando un conflitto di pensieri, confondere gli uomini che (ancora) non conoscono i miranda sexta aetatis e quanti, considerato l'andamento delle cose umane, pensano che il corso degli avvenimenti futuri sarà uguale a quello presente: ma costoro, ostacolati dai fastidi caratteristici di questo nostro tempo, vivono in questo mondo come ciechi, che alla chiara luce del sole non discernono e non sanno nulla, se non quanto avvertono con i sensi. Ora riguardo la prima parte pensiamo questo: le meditazioni, il sapere e le invenzioni del nostro buon Padre Cristiano (paragonate a tutto ciò che, sin dall'inizio del mondo, l'umana sapienza ha scoperto, inventato, prodotto, migliorato e che finora è stato diffuso e trasmesso mediante la rivelazione di Dio, o il servizio di angeli e spiriti, o l'acutezza e la profondità dell'intelletto, o una lunga osservazione, uso ed esperienza) sono così eccellenti, insigni ed importanti che se tutti i libri e, piacendo a Dio onnipotente, tutti gli scritti, tutto il sapere, andassero perduti, i posteri potrebbero solo grazie a queste sue riflessioni porre un nuovo fondamento e ricondurre alla luce la verità: forse sarebbe più facile smantellare il vecchio edificio in rovina, che non qui ingrandire il cortile di fronte alla casa, lì introdurre la luce nelle stanze e cambiare porte, scale ed altre cose, secondo il nostro intento. Ma chi non approverebbe che questa dottrina venga resa nota a 298 «GONFESSIO» tutti, anziché conservarla e serbarla quale ornamento speciale per un tempo a venire già designato? Perché non dovremmo confidare nella verità e seguirla con tutto il nostro cuore (verità che gli uomini cercano attraverso molte vie errate e tortuose), se solo fosse piaciuto a Dio di portare fino a noi la luce del sesto Candelabruml Non sarebbe più che sufficiente per noi se non dovessimo preoccuparci, temere la fame, la povertà, la malattia e la vecchiaia? Non sarebbe magnifico se si potesse vivere in qualsiasi momento come se si fosse vissuti sin dall'inizio del mondo e si potesse vivere fino alla sua fine? Non sarebbe ottimo se, vivendo in un determinato luogo, le genti che abitano oltre il fiume Gange in India non potessero nascondere le loro imprese e quelle che vivono in Perù non potessero nascondere i loro propositi? Non sarebbe magnifico se si potesse leggere tutto in un sol libro e leggendolo si capisse e ricordasse ciò che è stato, è, e sarà appreso e scoperto in tutti gli altri libri (conosciuti sino ad ora, che si pubblicano adesso e che verranno pubblicati in futuro)? Come sarebbe piacevole se si potesse trasformare, per mezzo del canto, le rocce in perle e pietre preziose, gli animali feroci in spiriti e invece dell'infernale Fiutone si potessero muovere i potenti principi del mondo. O gente, l'intento di Dio è tutt'altro; ora ha deciso di accrescere e moltiplicare gli adepti della nostra Confraternita: compito che abbiamo intrapreso con grande gioia, perché questo grande tesoro ci è pervenuto in dono senza che l'abbiamo in particolar modo meritato, sperato, atteso e intendiamo realizzare questo scopo fedelmente; né la compassione, né la pietà per i figli (che alcuni membri della nostra Confraternita hanno) ci distoglieranno da ciò, perché sappiamo che questi beni insperati non possono essere ereditati, né ottenuti per puro caso. D'altro canto se vi è qualcuno ora che si lamenta della nostra decisione: di offrire cioè i nostri tesori con tanta prodigalità e senza operare alcuna distinzione tra gli uomini, poiché i pii, i dotti, i saggi, o i principi non li teniamo in maggior conto, né abbiamo per loro maggiori riguardi del popolo comune, non lo contraddiremo, poiché non è una questione facile, o di scarsa importanza. Tuttavia il nostro messaggio ha un significato cosi importante che i nostri arcana, o segreti, non saranno accessibili a tutti, né saranno resi noti a molti. Sebbene la Fama sia stata scritta in cinque lingue, e tutti possano venir a conoscenza del suo messaggio, sappiamo benissimo che le menti ignoranti e grossolane non ne saranno commosse, tanto meno lo prenderanno in considerazione; così pure se i nuovi adepti sian degni o meno di essere accolti nella nostra Con- «CONFESSIO» 299 fraternità, non sarà giudicato da noi, secondo l'oculatezza umana, ma secondo la Regola della nostra Rivelazione e Manifestazione. Perciò coloro che non ne sono degni gridino e urlino pure mille volte, o si offrano e si presentino a noi mille volte, Dio ci ha resi sordi al loro appello. Egli ci ha così avvolti con le sue nuvole, che nessun oltraggio, nessun atto di forza può essere usato e perpetrato nei confronti di noi, suoi servi e nessuno può vederci o conoscerci se non possiede occhi d'aquila. È stato necessario scrivere la fama nella lingua madre di ognuno, affinchè potesse fruire del suo messaggio chiunque non sia stato escluso da Dio (neppure se incolto) dalla felicità di questa Confraternita, che sarà suddivisa e ripartita in diversi gradi; come avviene per coloro che abitano nella città di Damcar ' in Arabia, retti secondo un ordine politico molto diverso da quello degli altri Arabi. Lì infatti vi sono al governo solo uomini savi ed intelligenti, che emanano leggi particolari con il permesso del re; seguendo il loro esempio verrà istituito un governo simile in Europa (di questo il nostro Padre Cristiano ha trattato diffusamente), ma prima dovranno compiersi ed accadere gli eventi che debbono precederlo. Quando questo (ora conosciuto da pochi e mantenuto segreto, come evento che ancora deve prodursi, espresso simbolicamente con numeri e disegni) sarà sciolto dai vu> coli del segreto, rivelato pubblicamente e si diffonderà per tutto l'universo, allora la nostra tromba risuonerà pubblicamente con squilli acuti e gran fragore. Così molte persone pie si sono in segreto e accanitamente ribellate alla tirannia del papa: in Germania infatti dopo qualche tempo egli fu cacciato dalla sua sede e calpestato con notevole, ardente ed eccezionale zelo; il suo annientamento è stato differito e riservato alla nostra epoca, in cui egli sarà dilaniato con le unghie e una nuova voce porrà fine al suo raglio d'asino2. Sappiamo che questo è già abbastanza palese e noto a molti dotti in Germania, perché i loro scritti e il loro felicitarsi in segreto lo attestano sufficientemente. Si potrebbe narrare e divulgare qui tutto ciò che è accaduto dall'anno di Nostro Signore 1378 (anno in cui nacque il nostro Padre Cristiano) fino ad ora e si potrebbero raccontare i mutamenti di cui è stato testimone, avvenuti nel mondo durante i centosei anni della sua vita; egli ha lasciato a noi e ai nostri fratelli di studiarli dopo la sua morte. Ma, per esser brevi, cosa che cercherem di fare, dobbiamo tralasciare per ora questo racconto, differendolo ad un tempo più opportuno. In questo momento è sufficiente per coloro 1 2 Damasco. . ' ' ' .i «la nuova voce di un leone ruggente» (secóndo Pryèè, questa léCfìo la si trova nell'edizione di Francoforte 1617). ' . . . ' n* 300 «CONFESSIO» che ritengono questa nostra dichiarazione degna d'importanza l'avere brevemente trattato l'argomento, e in tal modo si è preparata la via per fare la nostra conoscenza e stringere amicizia con noi. Certamente colui cui è stato concesso di osservare, leggere e quindi perfezionarsi in quelle grandi lettere e in quei grandi caratteri che Dio, Nostro Signore, ha scritto e impresso al cielo e all'edificio della terra e rinnova in modo alterno attraverso il succedersi dei governi, egli è già dei nostri (anche se non ne è ancora conscio). Sappiamo che il saggio non trascurerà il nostro invito e il nostro appello: nessuno dovrà temere un inganno e promettiamo e dichiariamo apertamente che non inganneremo l'onestà e le speranze di chiunque si avvicini a noi sotto il vincolo del segreto e desideri aderire alla nostra Confraternita. Invece agli ipocriti, agli impostori e a quanti aspirano a conseguire altro che non il sapere, dichiariamo che non ci presenteremo, né ci paleseremo loro e che essi non potranno danneggiarci in alcun modo senza che Dio lo voglia; sicuramente poi essi verranno puniti, come è stato detto nella nostra Fama; così i malvagi disegni che hanno concepito ricadran su di loro e i nostri tesori rimarranno intatti e inviolati, finché non giunga il Leone, li esiga con suo buon diritto, li riceva e li impieghi per instaurare e render saldo il suo regno. Dobbiamo comunque assicurare, o gente, che Iddio ha certamente e risolutamente deciso di concedere e accordare al mondo prima della sua fine — la catastrofe seguirà immediatamente tale evento — la stessa verità, luce, vita e gloria, che conobbe Adamo, il primo uomo; egli perse questi doni in Paradiso e i suoi discendenti furono costretti e trascinati con lui a vivere in miseria. Così cesserà ogni servitù, ogni menzogna e ogni tenebra che, con il lento progredire della rotazione del Grande Mondo, si sono insinuate in tutte le arti, opere e governi degli uomini, ottenebrandoli in gran parte. Perché da queste è derivato un numero considerevole di opinioni erronee d'ogni sorta e di eresie che hanno reso difficile la scelta anche a uomini assai dotti, poiché da un lato erano impastoiati, ostacolati e indotti in errore dal rispetto che tributavano ai filosofi e dall'altro vi era la verità dell'esperienza. Che se infine tutto ciò verrà rimosso, sostituendogli una regala unica e immutabile, dovremo ringraziare coloro che si sono prodigati per stabilirla, ma dovremo ascrivere tutta questa grande opera alla fortuna del nostro tempo. Così noi sappiamo che molti uomini illuminati faranno progredire con i loro scritti questa riforma ormai imminente: non desideriamo arrogarci i loro meriti, come se tale opera fosse stata comandata e imposta solo a noi, ma dichiariamo, in nome di nostro Signor Gesù Cristo, che si leveran le pietre e offriranno i loro ser- «CONFESSIO» 301 vigi prima che vi sia penuria di uomini che effettuino e portino a compimento il disegno divino. Dio ha già inviato messaggeri del suo volere: le nuove stelle apparse nel firmamento, nelle costellazioni del Serpentario e del Cignoì; questi importanti signacula del disegno divino possono voler insegnare ciò: che, oltre alle scoperte dell'umano ingegno, ci si debba dedicare alla scrittura segreta, così che il libro della natura sia accessibile e manifesto a tutti gli esseri umani, anche se pochi tuttavia possono leggerlo o comprenderlo del tutto. L'uomo è dotato di due organi per udire, due per vedere e due per odorare, ma dispone di un solo organo per parlare, e sarebbe vano pretendere di parlare con le orecchie, o udire con gli occhi. Così vi sono state epoche o tempi che hanno visto, vi sono state anche epoche dotate del senso dell'udito, dell'odorato e del gusto. Rimane ancora un'età: quella che tra breve attribuirà un appropriato onore alla lingua e ne sarà onorata; quello che tempi precedenti hanno visto, udito e fiutato, ora verrà finalmente rivelato ed espresso, quando il mondo si risveglierà dal suo sonno pesante e profondo e andrà allegramente e felicemente incontro al nuovo sole nascente, a cuore aperto, con la testa nuda e a piedi scalzi. Questi caratteri e lettere, che Dio ha inserito qui e là nelle Sacre Scritture, nella Bibbia, li ha impressi pure manifestamente nella meravigliosa creazione del cielo e della terra e anche in tutti gli animali. Come il matematico e l'astronomo possono prevedere e conoscere molto tempo prima le eclissi che verranno, così possiamo conoscere in anticipo e prevedere le tenebre che oscureranno la Chiesa e per quanto tempo dureranno. Da questo codice segreto è stata tolta in prestito la nostra scrittura magica e abbiamo scoperto e creato la nostra nuova lingua, che è atta ad esprimere e render nota la natura di ogni cosa. Per cui non vi è motivo di stupore se non siamo altrettanto eloquenti in altre lingue; sappiamo che queste non echeggiano la lingua dei nostri avi, Adamo ed Enoch, e che sono state corrotte dalla confusione di Babele. Abbiamo anche il dovere di farvi comprendere che vi sono an3 Sulle «nuove stelle» delle costellazioni del Serpentario e del Cigno, cfr. G. KEPLERO, De stella nova in pede Serpentarii; De stella incognita Cygni, Praha 1606 (ristampato in Gesammelte Werke, ed. M. Caspar, voi. I, pp. 146 sgg.). Poiché le nuove stelle apparvero nel 1604, l'accenno ad esse in questo passo mette nuovamente in evidenza il fatto che il 1604 è una data significativa. È l'anno in cui si presume sia stato scoperto il sepolcro di Rosenkreutz (cfr. p. 292, nota 8). Peuckert (Die Rosenkreutzer cit., pp. 53 sgg.) discute questo passo. Suggerirei che il significato religioso del 1604 (la data della comparsa delle nuove stelle e della scoperta del sepolcro), potrebbe esser ricollegata al formarsi della «Militia evangelica» in quell'anno. Cfr. pp. 41-42. 302 «CONFESSICI» cora sul nostro cammino alcune penne d'Aquila, che ostacolano il nostro scopo, per cui vi esortiamo a leggere diligentemente e continuamente la Sacra Bibbia, perché colui che ha tratto piacere da questa lettura sa di essersi ottimamente preparato ad entrare nella nostra Confraternita. Poiché il principio fondamentale del nostro ordine è che ogni lettera o carattere esistente al mondo venga imparato e ben esaminato, così quelli che fanno della Santa Bibbia la regola della loro vita, lo scopo e il fine di tutti i loro studi, il compendio di tutto l'universo, sono assai simili a noi e quasi nostri alleati. E chiediamo che non solo la citino continuamente, ma ne applichino convenientemente il significato a tutti i tempi e le età del mondo. Inoltre, non è nostra consuetudine prostituire le Sacre Scritture e farne un oggetto di conversazione banale; esse contano innumerevoli interpreti: alcuni le adducono e ne travisano il significato per giustificare le loro teorie, altri per denigrarle e le paragonano malignamente a una massa di cera, che dovrebbe servire nello stesso modo a teologi, filosofi, medici, matematici; a tutti costoro dichiariamo apertamente e dimostriamo che sin dal principio del mondo non è stato concesso agli uomini un libro più degno, eccellente, mirabile e utile della sacra Bibbia. Beato chi lo possiede, ancora più beato chi lo legge diligentemente, beatissimo chi lo comprende veramente, perché egli è il più simile a Dio e questo lo avvicina di più a lui. Ciò che poi è stato detto nella l'ama su coloro che traggono in inganno con la trasmutazione dei metalli4 e sulla suprema medicina del mondo, va ripetuto qui: noi non sminuiamo in alcun modo un dono di Dio così grande, ma poiché la trasmutazione non implica sempre una conoscenza della natura, ed è questa che non solo produce la medicina, ma anche ci rivela e ci schiude altri numerosi suoi segreti e meraviglie, è giusto che noi consideriamo più importante acquisire una maggior conoscenza della filosofia ed invitiamo le menti più illuminate a non interessarsi alla trasmutazione dei metalli prima di aver conseguito una grande conoscenza della natura. Colui che è arrivato al punto di non esser danneggiato né dalla povertà, né dalla malattia, di elevarsi sopra tutti gli altri uomini e dominare ciò che angoscia, affligge e addolora gli altri, dev'essere necessariamente una creatura insaziabile se ancor si dedica a cose oziose, come costruire case, far guerre e vantarsi perché ha una riserva inesauribile di oro e argento. Dio si contenta in ben altri modi, perché esalta gli umili e umilia i superbi con sdegno; a coloro che sono parchi di parole, egli invia il suo Angelo santo a parlar loro, ma costringe i turpi chiac4 Cioè, contro i falsi alchimisti. Vedili passo nella Fama, p. 294. :i ì''i «CONFESSIO» 303 chieroni nel deserto e in luoghi solitari. Questa è la giusta mercede per i papisti ingannatori, che riversano le loro bestemmie contro Cristo e che neppure questa chiara luce splendente trattiene dalla menzogna. In Germania sono stati smascherati tutti i loro atti abominevoli e i loro espedienti detestabili, perciò il papa sconterà pienamente tutti i peccati commessi e la punizione infintagli verrà condotta a compimento. Verrà il giorno in cui le bocche di quelle serpi saran tappate e il Triregno5 rovinerà: questo sarà più chiaro e verrà discusso più ampiamente alla nostra riunione. Per concludere la nostra Confessione, dobbiamo seriamente ammonirvi a rifiutare, se non tutti, almeno la maggior parte dei libri scritti da falsi alchimisti, che ritengono scherzo o passatempo abusare della Santa Trinità, applicarla a cose vane, o ingannar la gente con gli emblemi più singolari, con frasi e discorsi oscuri ed estorcere denaro alle persone semplici; oggidì vengono pubblicati troppi libri del genere, che il Nemico del benessere dell'uomo mischia ogni giorno, e mischierà fino alla fine ai buoni principi, rendendo così più difficile credere alla Verità, che di per sé è semplice, lampante e schietta, al contrario della Menzogna, che è superba, arrogante e si ammanta di splendide manifestazioni esteriori che somigliano solamente alla saggezza divina e umana. Voi che siete saggi evitate tali libri e rivolgetevi a noi, che non cerchiamo il vostro denaro, ma vi offriamo molto volentieri i nostri grandi tesori. Non vogliamo impadronirci dei vostri beni con alcun artificio, ma desideriamo che voi diveniate partecipi dei nostri. Non presentiamo enigmi, ma vi condurremo di buon grado a comprendere e conoscere tutti i segreti, esponendoli e rivelandoli in modo giusto, semplice, facile e con sincerità. Non vogliamo che siate voi a riceverci, ma vi invitiamo ad entrare nelle nostre case e nei nostri palazzi più che regali e questo accadrà in verità non perché noi lo vogliamo, ma siamo costretti a farlo (anche voi dovete saperlo), perché è lo Spirito di Dio a incitarci e a esortarci e per la pressione degli eventi di questo nostro tempo. Cosa pensate, buona gente, e che effetto può aver prodotto su di voi il fatto che ora comprendiate e sappiate che dichiariamo veramente e sinceramente di professar la fede in Cristo, di condannare il papa, di essere dediti alla vera filosofia, di condurre una vita cristiana e che ogni giorno esortiamo, preghiamo e invitiamo molti altri, e precisamente coloro ai quali si è manifestata come a noi la luce divina, ad aderire alla nostra Confraternita? Ponderate non solo sui doni che possedete, sulla facoltà di comprendere le Sacre Scritture, esaminate inoltre attentamente come tutte le arti siano «La tiara papale». 304 «CONFESSICI» imperfette e molte altre cose inadeguate, ma pensate soprattutto a porvi rimedio con noi, a porgere le mani all'opera di Dio, a sottomettervi alla volontà del vostro -tempo. Certamente, se farete questo, il vantaggio che ne trarrete sarà che tutti quei beni prodigiosamente disseminati dalla natura nell'universo, vi verranno concessi tutti insieme e vi alleggeriranno facilmente di tutti gli ostacoli che si frappongono alla conoscenza dell'uomo e che gli impediscono di compiere la sua opera, come accade nei vani eccentrici e negli epicicli. Quegli uomini, poi, pragmatici e indaffarati che, o perché accecati dal brillio dell'oro, o (per essere più esatti) che ora sono onesti, ma, pensando che tali ricchezze non verrebbero mai meno, potrebbero essere corrotti facilmente, diventerebbero pigri, comincerebbero a condurre una vita dissoluta e diverrebbero insolenti, non vogliamo che c'importunino con le loro domande oziose e inutili. Pensino inoltre che, se anche vi fosse una medicina in grado di sanare completamente tutte le infermità, coloro che Dio ha deciso di affliggere con malattie e di far sottostare alla verga della punizione non otterranno mai quel farmaco. Così, anche se noi siamo in grado di arricchire l'universo intero, instillargli sapere e liberarlo da innumerevoli miserie, non ci riveleremo ad anima viva, se Dio non lo approva; colui che pensa di ottenere beneficio e partecipare delle nostre ricchezze e del nostro sapere, senza e contro la volontà di Dio, perderà la sua vita nel cercarci e ricercarci anziché trovarci e raggiungere l'ambita felicità della Confraternita della Rosa-Croce. >y > ! . i l *U 1. J Ì H " ' "3 t ' tjv •( -A h ' ìb ,C4, l i - • ,,1 ' 'Hi 1 •' ' t i ' . !•> ' b Mi,i * '( a. '"i > i -,, Indice analitico Abbot, George, 7, 8 n, 25. Abramo, 250, 294. accademie francesi, 134, 226 n. Adami, Tobias, 165, 178, 184. Adamo, 58, 59, 68, 69, 116, 143, 155, 251, 294» 300, 301: Caduta di -, 116, 143, 155, 194, 209, 244, 251, 294. affissi, 123-28, 141 e n. Agrippa di Nettesheim, Heinrich Cornelius, xix, xx, 63, 91, 115, 130, 132, 143 e n, 218, 220, 260. Aia, L', n, 12, 25, 30, 139, 190: corte della regina di Boemia ali'-, 202-7, 213, 256-57. Alberto Magno, 91. alchimia, xvii, xxi-xxn, xxvi-xxvn, 22, 34-35, 38> 45-47, 54-57, 64 e n, . 69, 72 n, 78, 82-84, 88, 91, 95, 9899, 104, 107, 112, 117, 121, 143, 146, 148, 176, 228-33, 236-42, 248, 254, 258, 260, 262, 265, 270: - rosacrociana, 69, 228, 233, 237238, 242, 266. algebra, 91, 115. ali di lehova, 66-67, II2 > 1:I6, 119, 141, 150, 227: - simbolo rosacrociano, 112-13, 116, 150. allegoria, 73, 100-1, 150, 159. Allen, P. M., 72 n. Alting ( Altingius), Johann Heinrich, 187, 188. Alverda (Alvarda), Hugo de, 194, 197. Anderson, James, 251-53. Andreae, Johann Valentin, 34, 3739, 41, 42 n, 43 e n, 48, 60, 61, 65, 72 n, 78-80, 82, 84, 100, 103, 109, no n, 112, 117, 164 e n, 165 e n, 168-73, 174 », 175 e n, 176 e n, 177 n, 178-82, 184-86, 187, 188, 193, 199-201, 207, 211, 213, 214, 217, 235, 240, 245, 246, 254 e n, 263, 273: - e movimento rosacrociano, 60, 71-83, 109-10, 167-85. - e Unioni cristiane, 180-85. opere di -: Cbristianopolis (Reipublicae Cbristianopolitanae descriptio), 173-81, 184, 201; vedi anche utopia. Mitologia cristiana (Mythologiae Christianae... libri tres), 164, 170-73. Nozze chimiche (Chymische •.'.: Hochzeit Christiani Rosencreutz), 37-39, 41, 48, 60, 7184, 92, 103, 109, 114, 117, 169, 170, 176, 179, 180, 184, 235, 240, 273. Andrewes, Lancelot, 8 n. angeli, xx, 58, 91-92, 95, 112-13, 152, 155, 176-79, I90-9i, 200-1, 214, 222, 227, 234, 263-64, 275. Angiò, Èrcole Francesco di Valois, duca d', vedi Valois, HerculeFrancois de. anglicanesimo, 7, 32, 98, 117, 157, 166. Anhalt, Christian von, 21 e n, 24,29, 32, 35, 44 e n, 45 e n, 48, 49, 61, 64, 65 e n, 67, 88, 97, 98, 104, 107, 115, 117, 158, 163, 202, 262. Anthony, Francis, 96, 100. Anticristo, 43, 57, 174, 182, 190, 271. Antilia, 185-86, 207, 213, 217. antiquaria, 228-29, 234-3^ Apocalisse, 41, 59, 69, 242, 275. «,, Apollo, 17, 162, 242. i 3o8 INDICE ANALITICO Archimede, 115. Archila di Tarante, 91. architettura, xvi, 15-16, 47, 91, 95, 115, 177-79, 183, 242, 247, 250253, 258: - e arti matematiche, 15-16, 47, 88 n, 91, 95, 99, 115-16, 177-78, 217. Vedi anche matematica, Vitruvio. Arianna, 97. Aristotele, xxn, 52, 62, 63,177, 283, 294. aritmetica, 91, 115, 178. Arndt, Johann, 174. Arnold, Gottfried, 117 n. Arnold, Paul, xxvui, 60 e n, 79, 80 e n, no n, in n, 115 n, 119 e n, 121 n, 124 n, 165 n, 166 n, 169 n, 172 e n, 185 n, 244 e n, 257 n. artigiani, 176, 179. Arundel, Thomas Howard, conte di, 12, 14, 17. Asburgo, Casa d': impero degli -, 3-5, 10-11, 15, 2124, 26, 28-30, 44, 49, 69, 88, 120, 133, 158, 160, 189, 202-3, 214, 217, 218, 220, 221, 223, 224, 226 n, 258, 260, 265: baconianesimo, 211-12, 218, 220221, 224-27, 236, 258, 260. opere di -: Advancement of Learning, The, 4> 9. *8, 92, 102, 116, 128 n, 141, 142, 144, 145, 149. New Atlantis, 145, 150-55, 174, 180, 213, 217, 223, 226 n; vedi anche utopia. Bacon, Roger, 91, 131 e n, 232 n. Baìf, Jean-Antoine de, 134. Baillet, Adrien, 135 e n, 136 n, 137139. Basson, Godfrey, 89 e n. Basson, Thomas, 89, 90. Baviera, duca di, vedi Massimiliano I di Wittelsbach. Beaumont, Francis, 9. Begemann, W., 279. Beller, E. A., xxx, 27 n, 30 n, 65 n, 66, 68 e n, 69 n. Bethlen, Gàbor, 65 n. Beza, Teodoro di, 14. Biblioteca Palatina, io n, 34-35, 85, aquila degli —, 66-67, I 9 I > 202. Ashmole, Elias, 40 e n, 45, 46 e n, 99 n, 102, 145 n, 146 n, 228-42, 247, 248, 281: - e manifesti rosacrociani, 229-30. opere di -: Institution, Laws and Ceremonies of thè Most Noble Order of thè Carter, The, 32, 234, 235; vedi anche Giarrettiera, Ordine della -. Theatrum chemicum britannicum, 46, 230-35, 237, 238. Astrea, 3. astrologia, xvn, xx, xxn, xxvi, 22, 91, 116, 127, 143, 177. astronomia, 116, 177, 263. Atteone, 127. attori inglesi, 18 e n, 29 e n, 34, 3840, 79, 169-72, 180, 273; vedi anche teatro. Augusto, principe di Brunswick-Liineburg, 182. Augusto, Gaio Giulio Cesare Ottaviano, imperatore romano, 251, 253. Birch, Thomas, 216 n. Black, W- H, 230 n. Boccalini, Traiano, 159-65, 167, 280, 281; vedi anche Italia, liberali d'e manifesti rosacrociani. Boemia: Fratelli Boemi, 23, 187-89, 192, 208, 225. movimento alchimistico in -, 105107, 229, 273. Bohatcova, M., 65 n. Bòhme, Jakob, 118 e n, 119, 220, 265, 274. Boswell, William, 207. Bouillon, Henri de la Tour d'Auvergne, duca di, 21, 25. Bouwsma, William J., 158 n. Boyle, Robert, 216-18, 229. Brahe, Tycho, 127, 137. Brandys (Boemia), 189. Browne, Robert, 29 e n. Bruno, Giordano, xxn, 22, 87, 90, 98 e n, 101, 105, 107, 128, 129 e n, 147, 162-65, 255, 271; vedi anche Italia, liberali o"- e manifesti rosacrociani. Bry, famiglia de, 255. Bry, Jean Israèl de, 89 n. e. • • Bry, Jean Théodore de, 13; "i6, 71 270. Bacon, Francis, 60,116,127 e n, 141155, 156, 174, 180, 184, 207, 209- 104, no. INDICE ANALITICO e n, 84-89, 93 n, 94 n, 96-98, IDI, 107. Bry, Théodore de, 85. Buble, J. G., 42 n, 245, 246, 257, 258 n. Bunyan, John, 82. Busnelli, M. D., 32 n. Gabbala del Nastro Verde (club whig), 249, 256 e n. Calvino, Giovanni, 14: calvinismo, 7, 14, 20, 29, 31, 32, 38, 44, 90, 93, 117, 188, 203, 266, 268. Campagnac, E. T., 211 n, 212 n, 225 n, 275 n. Campanella, Tommaso, 165 e n, 166 e n, 178, 193; vedi anche Italia, liberali d'- e manifesti rosacrociani. Candale, Francois de Foix, conte di, 128 e n, 129. Carleton, vedi Dorchester, Dudley Carleton, visconte di. Carlo, elettore palatino, 235. Carlo I, re d'Inghilterra, n, 204-6, 230, 252, 257 n. Carlo II, re d'Inghilterra, 204, 222, 224, 234, 248, 252, 257: restaurazione di -, 204, 222-24, 234, 257, 275 e n. Carlo Ludovico, elettore palatino, 139, 206, 208 e n, 215, 235, 270. Casaubon, Isaac, xxi, xxn, 100,133. Casaubon, Méric-Etienne, 222 e n, 228, 253. Casimiro, conte palatino, vedi Giovanni Casimiro. Caus, Salomon de, 15-18, 35, 71, 81, 95, 96, 103, 108, 131 n. cavalleria e ordini cavaliereschi, 9, 14, 20, 49, 72, 75-82, 103, 107, 234-35. 250, 254-56, 261, 273; vedi anche Giarrettiera, Ordine della -; Toson d'Oro, Ordine del -. Cellier (Cellius), E., 39, 40 e n, 235. Cellius, vedi Cellier (Cellius), E. Chambers, Edmund K., 29 n, 38 n, 40 n. «Christianus Philadelphus», 115. Cigno, costellazione del —, 58 e n, 112-13, 301 e n Clasen, Claus P., 21 n, 45 n. Coffin, Charles M., 59 n. Comenio (Komensky), Jan Amos, 181 n, 186, 187-201, 206-8, 210- 309 213, 225 e n, 226, 257, 275 e n: - sull'entusiasmo rosacrociano, 187-201. opere di -: Labirinto del mondo, II, 189, 192-201. Via della luce, La, 211,212, 225, 275Vedi anche Lux in tenebris. concilio di Trento, 157, 161, 268, 270. Condell, Henry, 5. «Confederati militiae evangelicae», 42-43, 301 n. Confessio, vedi manifesti rosacrociani. Conti, Natale, 79 n. , Controriforma, 27, 121, 158, 167, ; 202, 270. )• Conway, Lady, 240 n. j Copernico, Nicola, xxn, 115, 147^ corporazioni massoniche, 246-47, '-. 250; vedi anche massoneria. J Couturat, L., 185 n. Cozzi, G., 160 n. i Craven, J. B., 88 n, 105 n. Crawford e Balcarres, Alexander William Lindsay, conte di, 281. Cristiano, duca di Brunswick-Lùneburg, 68. Cristina, regina di Svezia, 139. Croll (Crollius), Oswald, 35, 45, 63, 64 e n, 262. Cromwell, Oliver, 205, 222, 268. Crossley, James, 57 n. , Curtius, Ernst Robert, 169 n. '" Daniele, 76. Danimarca, re di, vedi Federico II. Dante Alighieri, 24, 78. Debus, Allen G., 46 n, 88 n, 91 n, 100 n, 230 n. De Dominis, Marco Antonio, 157. Dee, John, 22, 37, 42 n, 45-48, 5557, 61-64, 69, 70, 74 e n, 83, 87, 88 e n, 91, 92, 94, 95, 99, 101, 107, no, 114, 116, 118, 128 e n, 129, 131 e n, 132, 146-49, 179, 180, 184, 186, 192, 197, 201, 214 e n, 217, 218, 220-23, 228-42, 252256, 260-64, 267, 268 n, 269-72, 280: influenza di - sul movimento rosacrociano, 37-49, 55-57, 61-70, • ' - 73-74, 78, 92, 99> 1°*, 232-34, , 240-42,260-64. 3io INDICE ANALITICO r opere di -: '•><•< • •' " Aforismi, 46, 131. Monas hieroglyphica, vedi « mo nas» (monade). prefazione di - a Euclide, xxn, xxvi, 91, 95, 116, 131, 179, 214, 217-18, 220-21, 238-39, 252-53. De Jong, H. M. E., 99 n. De Mas, Enrico, 142 n, 143 n, 150 n. Democrito di Abdera, 74. De Quincey, Thomas, 42 n, 245 e n, 246 e n. Descartes, Rene, 19, 132, 134-40, 216, 265. Diana, 103, 127. Dicson, Alexander, 90. Diderot, Denis, xxv. Diodoro Siculo, 250. Dohna, Christoph von, 158. Doncaster, Lord, 25 n. Donne, John, io, 25 e n, 59 n, 166, 273Dorchester, Dudley Carleton, visconte di, 25 n, 31 n. Dorsten, J. A. van, 87 n, 90 n. Dowland, John, 4 n. Drabick, Nicola, 189 n. Dudley Carleton, vedi Dorchester, Dudley Carleton, visconte di. Diirer, Albrecht, 115. Dury, John, 181 n, 186, 201, 206-8, 210, 212, 213. Dyer, Edward, 46. Ebrei, 22, 154, 251, 269. Edimburgo, loggia massonica di -, 248; vedi anche massoneria. Egidio da Viterbo (Egidio Canisio), 267. Elia, 112. Elisabetta, principessa, 139, 140. Elisabetta I, regina d'Inghilterra, 20, 26, 39, 42, 43, 46, 148, 149, 202, 252, 267: età elisabettiana, xxvi, 3, 34, 148, 207, 254, 262, 267, 272. monarchia elisabettiana, 6, 205, 207. Elisabetta Stuart, elettrice palatina, regina di Boemia, 22, 25-35, 3^, 44, 48, 66, 68, 71, 81, 84-86, 88, 97, 104-6, 117, 120, 138, 139, 145, 157, 163, 166, 167, 187-90, 2O2, 204-8, 2IO, 215, 232, 233, . matrimonio di -, 3-19. - regina di Boemia, 25-36. - vedova alla corte dell'Aia, 202207, 213, 256-57. emblemi: - alchimistici, 77, 80-81, 84, 9899, 106-7, 121-22, 237, 272. - politici, 59, 85-86, 121-22. Enoch, 294, 301. Enrico, principe, 26. Enrico, principe di Galles, 5, 15-18, 26, 44, 158. Enrico III, re di Francia e di Polonia, 163, 202, 271. Enrico IV, re di Francia, 5, 21, 41, 42, 44, 161, 163. Enrico di Navarra, vedi Enrico IV, re di Francia. entusiasmo rosacrociano, 49, 72, 109-22, 141, 156, 171-74, 192-96, 198, 272, 2O8, 274. 212, 244, 246, 264, 266, Ermete Trismegisto, xvi-xvn, xxixxin, 63, 90, 93, 95, 99-101, 114, 250, 258, 271. Erone di Alessandria, 15, 16. età dell'oro, xvi, 3, 68, 69. Euclide, 91, 95, 116, 131, 160, 179, 214, 217, 218, 220 e n, 239 e n, 250, 252 e n, 253; vedi anche Dee, John, prefazione di - a Euclide. «Eugenius Philaletes», vedi Vaughan, Thomas. Evans, Michael, xxix. Evans, Robert J. W., xxix, 22 n, 45 n. Evelyn, John, 205 e n, 218 e n, 226. evocazione di spiriti, xx, xxm, xxvil, 128 n, 131, 135, 147, 233, 252-53, 263. Fabricius, J. A., no n. Fama, allegoria della —, 73, 78. fama, vedi manifesti rosacrociani. Famiglia d'Amore, 87, 254, 255; vedi anche società segrete. Faulhaber, Johann, 136 e n, 137 e n. Federico, principe di Norvegia, 105. Federico I, duca del Wurttemberg, 34, 39-41, 42 n, 43, 79, 235. Federico II, re di Danimarca, 42. Federico V, elettore palatino, re di Boemia, 21, 22, 24-36, 38, 44 e n, 45 e n, 48, 49, 6 1, 62, 64-70, 71, INDICE ANALITICO 311 80, 81, 84, 86-88, 95, 97, 100,104107, 117, 119, 120, 122, 126, 133, 136-39,145,149,156-59,163,166, 186, 187-93, 198, 199, 202-4, 209 n, 215, 217, 229, 232, 235 e n, 241, 242, 254-57, 262, 270, 272274: matrimonio di -, xxvil, 3-19,106108. - accetta la corona boema e fallisce, 19-36. rapporti di - con il movimento rosacrociano, xxviii, 38,44-45,4849, 61-72, 80-81, 84, 104-8. caricature di -, 65-70, 121-22. Leone, simbolo di -, 27, 65-67, 71-72, 190-92, 198, 202-4, 299 e n. Fenice, 26, 105, 273. Ferdinando II d'Asburgo, imperatore, 23, 24, 26, 66, 68, 120 n. Ferdinando di Stiria, arciduca, vedi Ferdinando II d'Asburgo, imperatore. Ferguson, J., no n, 115 n, 117 n. Ficino, Marsilio, xvni, xix, xxi, xxvi, 95, 115, 132. Filippo II, re di Spagna, 22. Filippo da Gabella, 55, 56, 280: Consideratici brevis, 48, 55-57, 280. Firpo, Luigi, 159 n. ! Fitzer, William, 85 e n. «Florentinus de Valentia», 112,115 e n, 116 n. Fludd, Robert, 84-100, 107, in, 114, 116, 117, 121 e n, 128, 132134, 138, 144, 179, 197, 200, 217, 2l8, 272: 22O, 221, 246, 255, 262, 263, - e movimento rosacrociano, 84108, 114, 132-34. opere di -: Apologia, 89, 90, 263. ' Clavis philosopbìae et alchymiae, 121. • •>'• Tractatus, 89-92, 116. '.'• Utriusque cosmi historia, 13, 84, 93-95, 179, 197, 217Fornerus, Fredericus, 120 e n. Forster, Leonard, 34 n, 35 n. Foxcroft, Ezechiel, 72 n, 74 n, 240 e n. Francia: allarme contro i Rosa-Croce in -, 123-40, 145, 156. protestanti di - (ugonotti), 15,21; vedi anche protestantesimo. Francoforte, 13, 16, 18, 26, 62, 97, 105: pubblicazioni a -, 16, 85-87, 100101, 104-5, H5> !2i, Z59 n, 165, 226. Fratelli Rosa-Croce, 37, 51, 53, 8993, 96-97, 101-3, i°9> m-17, 119121, 123-30, 132-39, 141-42, 144145, 149, I5J-56, 216-21, 230-31, 244, 258, 271-72, 287-89. «Frederick Rose», 257 n. Prendi, Peter J., xxvi, xxix, 42 n, 45 e n, 94 n, 128 n, 131 n, 148 n, 149 n, 179 n, 214 n, 222 n, 234 n, 253 n, 261 n. Frizius, Joachim, 121. Gabrieli, V., 158 n. Galeno, Claudio, 52, 62, 63, 283. Galilei, Galileo, 34, 127, 160, 166. Garasse, Francois, detto le Pére Francois, 125 e n, 126, 128,134. Gardiner, Samuel Rawson, 25 n, 31 n, 158 n. Gardner, F. Leigh, no n, 279. Geiger, Philipp, 120 n. geomanzia, 93, 223. geometria, 16, 54, 91,115, 178, 250253Gerard, John, 174. Germania: movimento rosacrociano in -, 3749, 50-70, 71-83, 91-122. Unione dei principi protestanti tedeschi, vedi protestantesimo, Unione (Lega) protestante. Gesuiti, 23, 51, 65, 93, 117 e n, 120121, 125-26, 129, 134, 136, 158, 170-71, 262, 270-72. Giacomo I, re d'Inghilterra, xxvil, xxvin, 3, 9-11, 14, 22, 24, 25 e n, 27-29, 3i, 34, 38, 39, 4i, 42, 44, 71, 85, 93, 94, 97, 100, 120, 141, 142 n, 145-50, 156-59, 188, 204-6, 232, 233, 252, 263, 267, 273. Giamblico, 130. Giarrettiera, Ordine della -, 6, 7, n, 14, 30, 34, 39-41, 48, 66, 79, 80, 82, 103, 234, 235, 241: Vedi anche Ashmole, Elias, Institution, Laws and Ceremonies of thè Most Noble Order of thè Carter, The; cavalleria e ordini cavaliereschi; Inghilterra. 312 Giasone, 14, 79. »K ^Kt-^toif,: Gilbert, William, 146, 147. < ; Gioacchino, abate, 43. >.I*\ÌTÌ Giordanisti, 101, 163, 255. Giorgi, Francesco, 115, 128 e n. Giorgio I, re di Gran Bretagna e Irlanda, 205. Giovanni Casimiro, conte palatino, 20, 21, 43. Giustinian, Zorzi, 158 n. Goethe, Johann Wolfgang von, xxin, 172, 273. Gòrlitz (Lusazia), 118. Gould, R. F., 57 n, 141 n, 185 n, 249 n, 258 n. Green, M. A., 25 n, 26 n, 86 n, 203 n, 206. Greville, Fulke, 20 n. Gruter, Jan, 34, 35, 85, no. guerra dei Trent'anni, 19, 22-23, 293°, 32, 35, 96, 98, 108, 120, 122, 127, 139, 156, 193, 198, 203, 206, 213, 232, 245, 272. Guglielmo I, principe d'Orange, detto il Taciturno, 3,11, 14, 25. Guglielmo IV, langravio di AssiaKassel, detto il Saggio, 20, 46. Gunther, R. T., 129 n. Gustavo II Adolfo, re di Svezia, 203 e n, 204 e n, 207. Haak, Theodor, 208-10, 215, 216, 226. Hall, John, 181 e n. Hamer, 249 n. / Hannover, Casa di, 205. •,;•_< Harrington, Lady, 14, 204. !, Harrington, Lord, 14, 204. Harriot, Thomas, 148 e n. i ? , .> Harrison, John, 26 n. -,,. , Hart, H. C., 39 n. . -i Hartlib, George, 188. Hartlib, Samuel, 181 e n, 185 n, 186, 188, 201, 206-10, 212-14, 216, 235. Harvey, William, 85 n. Haselmeyer, Adam, 50, 51, 65, 117 n, 193 n, 271, 279-81: risposta di — alla Fama, 50-51, 65, 117 n, 193 n, 271, 279-80. Heidelberg, io n, 12-21, 24-26, 30, 34, 35, 38, 44 n, 49, 65, 71, 72, 8082, 85, 86, 94, 96, 103, 104, 108, no e n, 120, 131 n, 145, 187-89, 200, 202, 204, 218, 235 e n. Held, F. E., 174 n, 175 n, 176 n, 177 n, 178 n, 180 n. INDICE ANALITICO Helmont, Franciscus Mercurius van, 185, 240 n, 270. Helmont, Jean-Baptiste van, 270. Heminges, John, 5. Hentisbury, John, 129 e n. Herbert, George, io e n, 266. Herbert, William, conte di Pembroke, 31 e n. Hermetica, xvn-xix, xxn, 100, 128, 129, 133. Heydon, John, 153 e n, 154, 223, 224. Hill, Christopher, 215 n. Hiram, re di Tiro, 104, 251. Hiram, Abif, 251. Hobbes, Thomas, 158 n. Hohenheim, Philipp Theophrast von, vedi Paracelso. Hollar, Vàclav, 226 e n. Honthorst, Gerrit van (Gherardo delle Notti), 203, 204. Hooke, Robert, 222, 223 n. Hortus Palatinus, 16, 72, 86, 96, 103. Howell, Roger, 20 n, 87 n. Hus, Jan, 22, 27, 187. ! : idraulica, 15 e n. lehova, 58, 95, 209, 242, 268, 296. illuminati, 35, 142, 222-23, 225, 230, 274. Illuminismo, xxv-xxvi, xxix, 32, 35- 36, 50, 128, 140, 143, 211-12, 244, 258, 260-75. Inghilterra: influenze inglesi in Germania, 1119, 39-49, 55-7°, "6, 256, 261262. tradizione alchimistica in -, 230233. Vedi anche Dee, John; Giarrettiera, Ordine della —; massoneria, invisibilità dei Rosa-Croce, 59, 89, 92, 119, 124-27, 133, 136-41, 148, 151-52, 155, 171 e n, 193, 207-8, 249, 256, 259: Collegio Invisibile, 112-13, ri9> 124, 152-53, 208, 210, 216-17, 224. «loseph Stellatus», 114 e n. «Irenaeus Agnostus», in e n, 117, 197 n. istruzione, riforma dell'-, 68, 178, 192, 209, 213, 224, 275. Italia: liberali d'- e manifesti rosacrocia- 313 INDICE ANALITICO ni, 50, 156-67; vedi anche Boccalini, Traiano; Bruno, Giordano; Campanella, Tommaso; Sarpi, Paolo. «lulianus de Campis», 113, 114, 281. Jennis, Luca, 88, 89 n, 100, IDI, 104-7,232nJones, G. P., 247 n, 249 n, 250 n. Jones, Inigo, 4 e n, 8-10, 12 e n, 1418, 252, 253. Jonson, Ben, 4 n, 112 n, 171 e n. Josten, C. H., 56 n, 74 e n, 87 n, 92 n, 228 n, 234 n, 235 n, 247 n. Jung, Joachim, 109, no e n. Kabbalah, xix,xx, xxm, xxvi,xxvn, 22, 35, 45-47, 52, 55, 59, 63, 88 e n, 91, 94-95, 112, 115, 121, 128 n, i32, 134, 137 a, I42, 148, 154, 179, 2OI, 229, 234, 242, 258, 262, 268-70, 284-85, 288; vedi anche tradizione ermetico-cabbalistica. Kassel (Assia), 37, 51, 65, 97, 113, 159. Kelley, Edward, 22, 45, 232 e n, 2 33, 237, 261. Keplero, Giovanni, xxm, 22, 59 n, 184 e n, 185, 263, 301 n. Khunrath, Heinrich, 46 e n, 47, 60, 99, 242Kircher, Athanasius, 271, 272. Klarwill, V. von, 39 n. Knoop, Douglas, 247 n, 249 n, 250 n. Knorr von Rosenroth, Christian, 270. Kotter, Cristoforo, 189 n, 190-92, 198. Koyré, Alexandre, 118 n, 119 n, 265 e n. • .. Krebs, J., 21 n. Kristeller, Paul Oskar, io n. La Fontaine Vervey, H. de, 87 n. Lega cattolica, 21, 42-43. Leibniz, Gottfried Wilhelm von, 109, 185 e n. Leicester, Robert Dudley, conte di, n, 2°, 43, 90. Leida (Olanda), 89, 90, 139. Lenoble, R., 135 n. Libau (Libavius), Andreas, 62-65, 67, 90, 93, 99> i", «7, 130- Lichtenberg, Johann, 43. Liegi, 85. Loew, rabbino, 269. ludibrium (termine usato anche per definire il movimento rosacrociano), 38, 60-61, 100, 114, 125, 143, 150, 155, 168-69, 171-73, 184, 193, 199, 207, 209, 216-18, 237; vedi anche teatro. Luisa Giuliana di Nassau, 14. Lullo, Raimondo, 128, 130, 239 e n. Liineburg, 42 e n. Luria, Yishàq, 269. luterani, 14, 34, 37-38, 88, 90, 93, 98, IDI, 104-5, 114, 117,126, 163, 174, 188, 255, 266, 270, 274. Luterò, Martino, 14, 78, 104, 174. Liitzen, battaglia di -, 203. Liitzow, conte, 189 n, 192 n, 196 n, 198 n, 199 n, 200 n. Lux in tenebris, 189, 190 e n; vedi anche Comenio (Komensky), Jan Amos. Lyons, Henry G., 215 n. Maack, Ferdinand, 72 n, 279. Macaria, 156, 209, 213. Macphail, lan, 63 n, 236 n. macrocosmo e microcosmo, 46, 64, 84, 88, 94-95, 112-13, 115, 117118, 134, 144, 176, 188, 197, 200, 220, 263, 291, 292 n. Maestlin, Michael, 185. magia, xvn-xxi, xxvi-xxvn, 17, 46, 52, 59, 63, 88 e n, 93-95, 112, 115, 117 e n, 121, 126,128 e n, 130-32, 134-35, 137 n, 142-43, 146-48, 167, 179-80, 222, 229, 233, 258, 263-64, 267, 270, 284-85; vedi anche matematica; meccanica. Maier, Michael, 77, 79 n, 84, 87-89, 96-108, 109 e n, ni, 114, 117, 118, 122, 125, 127, 145 e n, 146, 164 e n, 191, 229, 231-33, 236-39, 241, 242 e n, 254 e n, 255, 262, 273: - e l'alchimia, 77, 96-108, 229-33, 236-42. - sui manifesti rosacrociani, 101104, 109, 164. legami di - con Inghilterra e Boemia, 96-98, 104-6. opere di -: ?nt:M Arcana arcanissima, 96. ruiM 3*4 INDICE ANALITICO Atalanta fugiens, 84, 98 e n, • 104. locus severus, IDI. Lusus serius, 100. Septimana philosophica, 104. Silentium post clamores, 89, IDI, IO2. Symbola aurea, 101, 232 n, 236. Themis aurea, 101-3, 236, 239. Tripus aureus, 106 n, 231 n. Viatorium, 97, 98. Malta, cavalieri di -, 103. manifesti rosacrociani, xxm, xxvxxvn, 36-38, 46-48, 50-70, 72-73, 84, 89, 91, 95, 97, 99, IDI, 109HO, 113, 119, 124, 126, 149-67, 174, 210, 217, 228-30, 237 n, 241, 243-44, 248, 258, 261-62, 279304: Confessici, 37, 47, 48, 50, 53, 57, 58, 61, 62, 67, 68, 72, 74, 78, 83, 84, 90, 102, 109, 113, 114, 153, 197, 217, 219, 230 e n, 279-82, 296-304. Consideratici brevis stampata con i -, vedi Filippo da Gabella. Fama, 37, 47, 48, 50, 51, 53-55, 58, 60-62, 64-67, 72, 73, 78, 84, 90, 91, 102, 109, no n, 112-14, 116-18, 127, 130, 141, 142, 150!54> 156, 159-67, 183, 185, 191, I 93> 196, 212 e n, 217-19, 223, 227, 230 e n, 231, 236, 237, 239, 244, 245, 259, 269, 279296, 298-300, 302. risposta di Haselmeyer alla Fama, vedi Haselmeyer, Adam. manoscritti delle traduzioni inglesi dei -, 219, 230, 281-82. manoscritti: Bodleian Library: Ashmole 1459, 230 n. Ashmole 1478, 230 n. British Museum: Harley 6485, 238-41. Harley 6486, 238, 240, 241. Stoccarda, Wurttemberg Landesbibliothek (Cod. thed. 4, 23, 34), 41 e n. Mansfeld, Ernst von, 137. Manuel, Frank E., 237 e n. Manwaring, Henry, 247. Maometto, 43, 65 n, 287, 296. Marburgo, 105. Maria Stuarda, regina di Scozia, 71. Martin, D. C., 248 n. massacro di san Bartolomeo, 87. Massimiliano I di Wittelsbach, duca di Baviera, 29, 136, 137. Massimiliano II d'Asburgo, imperatore, 20, 46, 131 n. Masson, David, 42 n. massoneria, 118: - e rosacrocianesimo, 243-59. Vedi anche corporazioni massoniche; Edimburgo, loggia massonica di -; Inghilterra; società segrete. matematica, xx, xxm, xxvi, 15-17, 91, 95, 105, no, 116, 129, 130, 135-36,139,144,146-48,177,183184, 213-14, 220, 232-33, 283-84: - e alchimia, 262. associazione della - con la magia, 91, 118, 130, 147, 218, 263-64; vedi anche magia. Vedi anche architettura. Mattia d'Asburgo, imperatore, 23. Maurizio, conte di Nassau e principe di Grange, 6, 11, 135. Maurizio, langravio di Assia-Kassel, , detto il Sapiente, 34, 97, zoo, 104, 114. McGuire, J. E., 241, 242 n. meccanica, xx, 15-17, 23, 71, 96, 115, 130, 135, 176-77, 214, 217: associazione della - con la magia, 91, 96,135, 263; vedi anche magia. Medici, Cosimo de', detto il Vecchio, XVII. medicina, xx, xxi, 54, 62, 91, 100, 116, 127, 176, 228, 262, 283, 293, 297. medici paracelsiani, 35, 63-64, 88, 96-97, 100, 105, 262. Melantone, Filippo, 14. Memnone, statua di -, 16, 218. memoria, arte della -, 47, 81, 90, 178 n, 193, 247 n. «Menapius», IH e n, 115-17. Merian, Matthaus, detto il Vecchio, 13, !9, 7i e n, 72, 82, 85-87, 96, 98, 226. Mersenne, Marin, 132-35, 138. Meung, Jean de, 78. Micanzio, Fulgenzio, 158 n. millennio, 43, 59, 69, 143, 209, 213. Milton, John, 210. mitologia, teorie della -, 97-98, 127, 146, 241. Mògling, Daniel, 112. -, INDICE ANALITICO Mollar, Matthew, 174. «monas» (monade), Monas hieroglyphica di Dee, xxvi, xxviil, 4648, 55-57, 61, 63, 69, 73, 74, 78, 83, 87, 92, 98, 99 e n, no, 128, 129, 131 n, 146, 149, 179, 180, 184, 197, 233, 234, 237, 240, 242, 261-64, 268 n, 271, 280. Montagna Bianca, battaglia della -, 29-30, 68, 120, 133, 137, 188. Montague, Jennifer, xxix. Montmouth, Henry, conte di, 159 n. Moravia, 137, 187. Moray, Robert, vedi Murray, Robert. More, Henry, 219, 240 n. More, Thomas, 129,160 n, 174,178, 209. Mormius, Peter, 257 n. Mosanus, Jacob, 100. Mosè, xvin, 114, 258, 294. Miinster, pace di -, 206. Murray, Robert, 219, 248. musica, xvi, 15, 17, 35, 74, 91-92, 115, 129, 134-35, 177Mylius, Johann Daniel, 105 n, 106 e n. Naometria, vedi Studion, Simon. Naudé, Gabriel, 123 e n, 127-32, ' 134, 147. Nauert, Charles G., 143 n. navigazione, 115, 211, 214 e n. neoplatonismo rinascimentale, xvilxvm, xxil, 63, 130, 259. Neuhusius, Henricus, 117 n. Newton, Isaac, xxm, 228, 229, 236238, 241, 242 e n, 260. Nicolson, M., 240 n, 270 n. Norfolk, conte di, 231, 288. Norimberga, 185. Northumberland, Henry Percy, conte di, 148. Norton, Thomas, 231 e n, 232 e n. _g, David, 21 n, 270 n. Oman, Carola, 145 n. Oppenheim (Palatinato), 12, 13 e n, 30, 67, 84-88, 93, 97, 9 , 100, 179, 197, 2I7, 255Orfeo, 8, 130. organi, 17, 35, 71, 96. Osborn, James M., 20 n. ottica, 91. Oxford, 105, 129, 218, 220, 226. 315 Paddy, William, 96. Paesi Bassi, 3, 4, 11, 12, 21, 24, 27, 28, 34, 43, 137, 139, 161, 190, 254, 255Palatinato, xxvn, xxvni, 12, 13, 1721, 26, 30-32, 34, 35, 37, 65, 67-69, 81, 84, 86, 92-97, IDI, 107, no, 120, 126, 127, 133, 139, 145, 146, 148, 149, 158, 159, 163, 166, 188, 190, 202, 203, 207-10, 215, 217, 226, 235, 255, 268, 273. Palladio, Andrea, 252. pansofia, 92, 112, 114-15, 118, 188, 200, 208, 2H, 226. papa, 43, 57, 90, 104, 283 n, 287, 296, 299. Paracelso (Philipp Theophrast von Hohenheim), xxi, 43, 53, 54, 62, 63, 88 e n, 95, 104, 112, 114, 128, 130, 143, 144, 220, 222, 229, 286, 291 e n. Paradiso, 58-59, 69, n6, 155, 194, 209, 244, 300. Paraeus, David, 187. Parlamento, 31, 186, 205-7, 209-10, 213, 226, 268: - e regina di Boemia, 207, 257. Parnaso, fontana del -, 16, 103. Partington, James R., 62 n, no n. Patrizi, Francesco, 200 e n. Pegaso, 103. Peli, John, 214. Perth (Scozia), 248. Petersen, J. W., 42 n. ; Petty, William, 214, 218. Peuckert, Will Erich, xxvm, 42 n, in n, 182 n, 212 n, 244 n, 301 n. Fico della Mirandola, Giovanni, conte di Concordia, xix, xxvi, 63, 94, 95, 130, 132, 269. Pietra d'Oro, cavalieri della -, 7679, 82. Pintard, Rene, 134 n. Pistorius, Johannes, 22. Pitagora, 130, 294: Y di -, 67-70, 192. , Plantin, Christophe, 87, 255. ' ' Platone, xvn, xvin, 74, 294. Piotino, 130. Fiutone, 298. « politiques », 132. Polonia, 208. Poniatowa, Cristina, 189 n. Poole, R., 249 n, 258 n. Porfido di Tiro, 130, 283. ( >*' Postel, Guillaume, 43. ' i1'1 3 i6 INDICE ANALITICO Praga, xxvn, 19, 22, 23, 26, 29 e n, 3°, 34, 45, 46, 50, 59 n, 64, 68, 81, 86, 88, 96-98, zoo, 105, 107, 119-21, 137, 138, 145, 159, 188, 189, 192, 267, 269, 273. prisca theologia, 90, 14, 241, 250251. Priuli, Antonio, doge di Venezia, 158 e n, 159. produrre oro, xxi, 54, 69, 194, 294, 3°2'. profezia, 41-43, 59, 92, 112, 128, 190, 204, 242, 275. prospettiva, 15-16, 47, 99, 137 n, 177protestantesimo : crisi del -, 10-12, 20-22, 24, 29, 39, 44, 64, 126, 202-3, 209, 242. Unione (Lega) protestante, 20, 21, 2 5, 41-44, 49, 203, 204. Vedi anche Francia, protestanti di - (ugonotti). Pryce, F. N., 219 n, 279-81, 299 n. Pseudo-Dionigi, 201. puritani, 8, 219, 221, 268 e n. Purver, Margery, 181 n, 182 n, 215 n, 216 n. Pust, R., 184 n. Quinn, D. B., 148 n. - , Rabelais, Francois, 129. Raleigh, Walter, 145, 148. Rattansi, P. M., 215 n, 219 n, 222 n, 241, 242 n. Read, John, 62 n, 98 n, 105 n, 106 n, 231 n, 232 n. Rekers, B., 87 n. religione « egizia » (ermetica), 90, 95, 99-101, 104-5, H4, 147, 163, 250, 255, 271. Reuchlin, Johannes, 114, 115, 269. Rheinwald, F. FI., 38 n. «Rhodophilus Staurophorus », 197 n. Ridi, G. G, 21 n. riforma dell'universo: — promessa: - nel movimento rosacrociano, 51, 54, 68, 69, IDI, 107, 120, 156, 161, 167, 168, 192, 194, 199, 208, 224, 275. — da Giordano Bruno, 163, 255. Ripa, Cesare, 73 n. Ripley, George, 232 e n. •«*. rivoluzione francese, 272. rivoluzione scientifica, xxn, xxvi, 154, 258, 260, 263, 274. Roberto, conte di Leicester, vedi Leicester, Robert Dudley, conte di. Rodolfo II, imperatore, xxvn, 20, 22 e n, 23, 29, 34, 45 e n, 51, 64, 81, 88, 89, 96-98, 203, 269, 273. Roe, Thomas, 207, 208. Roma, 35, 57, 157, 251. Rood, W., 187 n, 188 n, 189 n, 190 n. ras (rugiada), crux (croce), etimologia del termine «Rosa-Croce», 57 e n, 82-83, 261. rosa, simbolismo della -, 13, 37, 4243, 74-75, 77-78, II2 , 121, 125, 191-92, 198. «Rosenkreutz, Christian», 37, 38, 50, 52-54, 58-61, 65 n, 71-83, no, 143, 144, 150, 154, 162, 168, 172, 173, 175, 176, 180, 183, 188, 199, 217, 218, 223, 235-37, 243-45, 257 n, 265, 269, 297, 299, 301 n: origine del nome -, 57, 78-80, 8283, 261-62. Rossi, Paolo, 60 e n, 142 e n, 143 n, 144 n, 146 n. Rostock, 96, 105. Royal Society, xxin, 186, 202-28, 233-34, 236, 241, 245, 248, 258. Rozmberk, famiglia, 45 n. Rozmberk (Rosenberg), Petr Vok, 35 e n, 45 e n, 64. Rozmberk, Vilém, 45, 64. Rudd, Thomas, 238, 239 n, 240. Rumpf, Christian, 100. Ruperto, principe e conte palatino del Reno, duca di Baviera, 30, 206. Rye, W. B., 39 n. Saba, regina di, 104. Safed (Palestina), 269. Salomone, 104, 154 e n, 251, 294: Tempio di -, 41, 247, 251, 254 n. Santing, Adolf, 279, 281. Sarpi, Paolo, 32 e n, 156-58, 160, 165, 166, 271; vedi anche Italia, liberali d'— e manifesti rosacrociani. _ „ Saturno, 68, 69, 103. Scholem, G., xxvui, 269 n,,.. Schultes (Schultetus), Abraham, 29^ 187, 188. INDICE ANALITICO Schweighardt, Theophilus, 111-13, 171 n. Scopenius, Bartholomaeus, 187,188. Scultetus, vedi Schultes (Schultetus), Abraham. Seaton, Ethel, 204 n. Secret, Francois, 63 n, 268 e n. Semler, Johann Salomo, 119 e n. sepolcro rosacrociano, 47, 54, 60-61, 76, 78, 91, 144, 148, 154, 179, 217-18, 265, 289-93. Serpentario, costellazione del -, 58 e n, 113, 191, 301 e n. Severino il Danese (Petrus Severinus), 144. Shakespeare, William, xxi, xxni, 3, 5, I9, 39, l69, 176. Shirley, J. W., 148 n. Sidney, Philip, 20 e n, 43, 45, 46, 87, 107, 254, 255, 261. Slesia, 137, 270. Smart, Peter, 240. Smith, Thomas, 96. società segrete, 117, 125, 133, 152; vedi anche Famiglia d'Amore, massoneria. sociniani, 117 e n. Socrate, 130. Sofia di Brunswick, elettrice di Hannover, 205. Spagna, dominio degli Asburgo di in Europa, 4,10-11, 28-30, 52,158 e n, 160-61, 165-66, 189. Spencer, John, 18 n. Spenser, Edmund, 7, 80. Spenser, Robert, 40. Sperber, Julius, 114, 115. Spinola, Ambrogio, 30, 86. Sprat, Thomas, 215, 218 e n, 226. stampatori, 84-108, 255. stella hieroglyphica, 56. stelle, nuove, 58 e n, 59 n, 113, 166, 191, 204, 301 e n; vedi anche Cigno, costellazione del -; Serpentario, costellazione del -. Stoccarda, 39-41, 43, 82. Stolcius, vedi Stolck (Stolcius), Daniel. Stolck (Stolcius), Daniel, 105 e n, 106, 121, 191, 229, 273. Strafiord, Thomas Wentworth, conte di, 209. Strasburgo, 72, 173, 179. Strong, R. C., 16 n. Stuart, Casa, 31, 202, 254, 257. Studion, Simon: '•-!• Naometria, 41-43. Svezia, 139, 203, 213. :•••-• Swineshead, Richard, 129 e n. Syfret, R. H., 216 n. Tannery, Paul, 134 n. teatro: il mondo interpretato come -, 169170, 177, 188, 211. metafore teatrali usate per il movimento rosacrociano, 60-61, 73, 75-76, 81-82, 169-73. Vedi anche attori inglesi; ludibrium. teosofia, 115, 118, 177. terrore per la stregoneria, xxi, 19, 122-27, 130, 133, 140, 147-49, . 173, 221-24, 233, 264-65. Teseo, 98. Thiard, Pontus de, 128, 129 e n, 134Thieberger, F., 269 n. Thorndike, Lynn, 129 n. Thoth-Hermes, vedi Ermete Trismegisto. tolleranza religiosa, 117 n, 160, 268. Tommaso da Kempis, 112, 113, 266. Toson d'Oro, Ordine del -, 14, 75, 79 e n, 80, 82, 103; vedi anche cavalleria e ordini cavaliereschi. tradizione ermetico-cabbalistica, xxvi, 59, 100-1, 104-5, I07, I][4> 128, 132-34, 142-43, 154, 163-64, 167, 178, 203, 219-20, 229, 260, 267-68, 270-72, 274; vedi anche Kabbalah. Tfebon (Boemia), 45, 46, 232. Trevelyan, George M., 256 n. Trevor-Roper, Hugh, xxix, 32 e n, 35 n, 126 n, 181 n, 206, 207 n, 208 n, 209 n, 210 n, 213 n, 275 n. Tritemio, Giovanni, 63, 128 e n, 222. Tubinga, 38-41, 79, 165, 185. Turchia, 65. Turnbull, G. H., 181 n, 182 n, 183 n, 184 n, 185 n, 190 n, 208 n. Uffel, Bruno Carolus, 280. Unione protestante, vedi protestantesimo, Unione (Lega) protestante. Unioni cristiane, 168-86, 199, 201, 207, 213-14, 245, 263. Urbano Vili, papa, 270. utopia, 113, 129, 150, 165,170,173- 3 i8 i8o, 193, 201, 209, 213, 275 n; vedi anche Andreae, Johann Valentin, Christianopolis; Bacon, Francis, New Atlantis. Valois, Hercule-Frangois de, duca d'Angìò, u e n. Vaughan, Henry, 219. Vaughan, Thomas, 58 n, 219 e n, 230, 236, 279, 281, 282. Venere, 103. Venezia, doge di, vedi Priuli, Antonio. Venezia, io, 33, 34, 156-59, 162, 166: - e movimenti nel Palatinato, 156-67. Verulam, Lord, vedi Bacon, Francis. Vestfalia, trattato di -, 139. Vibert, L., 251 n. Vitruvio, 15 e n, 17, 91, 95, 96, 251253; vedi anche architettura. Voltaire, Francois-Marie Arouet, detto, xvn. Waite, Arthur E., xxvm, 42 e n, 72 n, 78 n, 102 n, 103 n, in n, 115 n, 119 e n, 120 e n, 154 n, 172 e n, 173 n, 197 n, 240 n, 244 n, 258 e n. Walker, D. P., xxrx, 128 n, 251 n. Wallis, John, 215 e n, 218. Walsingham, Francis, 20. Walter, Balthasar, 118 n. Ward, Cornelius de, 134 n. Ward, Seth, 220, 221 e n. Warrington (Lancashire), 247. Wascher, H., 65 n. Waters, D. W., 214 n. Webster, Charles, 60 e n, 181 n, 208 n, 209 n, 213 n. Webster, John, 219-21, 222 n. Wechel, Andreas, 87. Wechel, Johannes, 87. Wedgwood, C. V., 23 n, 25, 26 n, 27 n, 30 n, 270 n. Wense, Wilhelm, 165, 178, 184 e n. Wessel, Wilhelm, 51, 55, 280, 281. Wigston, F. W. C., 154 n. Wilkins, John, 215, 217 e n, 218, 220, 221 e n, 234. Wilkinson, R. S., 268 n. Williams, John, 210. , .Wilson, C. H, 21 n. •-,. .-,•,.<. Wilson, David H., 29 n, 147 e,*u •( J Winthrop, John, 268 n. ; • .....;, INDICE ANALITICO Wittelsbach, dinastia, 203. Wittkower, Margot, 257 n. Wittkower, Rudolf, 254 n, 257 n. Wotton, Henry, 32, 157, 159, 166, 167, 273. Wren, Christopher, 218, 252. Wurttemberg, ducato del, 34, 37-40, 65. Wyclif, John, 27. Y di Pitagora, vedi Pitagora, Y di -. Yates, Frances A., 87 n, 88 n, 90 n, 91 n, 92 n, 93 n, 94 n, 98 n, 100 n, 101 n, 128 n, 129 n, 131 n, 133 n, 134 n, 146 n, i47,n, 162 n, 163 n, 165 n, 166 n, 169 n, 171 n, 178 n, 179 n, 185 n, 200 n, 217 n, 247 n, 251 n, 252 n, 253 n, 255 n > 27i n. Zerotin, Karel, conte di, 189. Zetzner, Lazarus, 72 n, 173, 176. Zincgref, Julius Wilhelm, 71, 85, 86 e n, 121. zodiaco, 56, 76, 99, 175. Zoroastro, 130. Ziilch, W. K., 89 n. 44596 I Le recenti ricerche di storia della scienza hanno indicato i nessi sottili e profondi che collegano, agli inizi dell'età moderna, la speculazione filosofica e religiosa allo studio del mondo naturale e ai progressi dell'indagine scientifica attraverso uri atteggiamento mentale che ci appare tipico dell'età del Rinascimento. Magia ermetica e tradizione kabba: listica sono gli elementi*originali su cui s'innesta un audace tentativo di rinnovamento culturale e morale nella 'Germania del primo Seicento, intorno a un avventuroso disegno politico che, puntando sulle forze protestanti e «liberali» d'Europa, si propone di lottare contro l'egemonia asburgica e l'offensiva restauratrice della Controriforma. Se l'operazione politica è sconfitta nelle vicende drammatiche che danno inizio alla guerra dei Trent'anni, le correnti intellettuali che hanno formulato i primi testi rosacrociani — un fervido invito a prestare ascolto ai dotti, per un rinnovamento del sapere che attinga la perfezione cui l'uomo, in quanto microcosmo, è destinato - riescono invece a resistere alla feroce.repressione scatenata contro di esse e ad influire su un vasto movimento di pensiero che circola per tutta l'Europa del secolo xvn. Le magistrali ricerche di Frances Yates giungono a ricostruire così un ambiente segreto e dimenticato: le speranze e gli ideali dell'Inghilterra elisabeitiana, le forme di sapere esoterico della Germania e della Eoe, mia fra Cinque e Seicento sono all'origine di tramiti che collegano la grande cultura rinascimentale a quei momenti essenziali della cultura moderna che hanno in Bacone, in Cartesio, in Comenio e negli ambienti scientifici della Royal Society inglese-un punto di riferimento preciso. In tal modo - può concludere la Yates - «se il vero e proprio Illuminismo sembra introdurre un'atmosfera molto diversa, tuttavia il suo razionalismo ebbe una sfumatura di Illuminismo nel P> • crociano». Frances. Yates, del Warburg Irìstitute di Lc.ndu, ha condotto !; sue la storia culturale europea del Cinque e Seicento: fondamentali le sul Sarpi, sulla trancia dei Valois, sugli ideali imperiali nell'epoca nell'Inghilterra elisabettiana. Oltre*.a Giordano Bruno e la traditi (Laterza, 1969)' e L'arte della memoria (Einaudi, 1972), ricordi; shakespeariani (Theatre of thè World e Shakespeare1! Las: Piays), Francia cinquecentesca (Thè Jyeiìch Academies), e le ricerche fei stoi tuale e politica raccolte recentemente nel volume Astraea, di prossjma pi zione nelle edizioni Einaudi. Lire 7500 (7075) Yates L'Illuminismo dei Rosa-Croce Uno stile di pensiero nell'Europa del Seicento