La protezione del concept di uno store – il caso KIKO
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La protezione del concept di uno store – il caso KIKO
La protezione del concept di uno store – il caso KIKO di Giacomo Gori Le imprese operanti nei più diversi settori, soprattutto in ambito “business to consumer”, stanno avvertendo da qualche tempo l’esigenza di trasmettere ai propri consumatori l’immagine della propria identità aziendale in maniera univoca e costante. Nel retail, in particolare, assistiamo allo sviluppo di un fenomeno tutto sommato recente, quanto meno in Italia: stiamo parlando della comunicazione e della conseguente percezione di un brand attraverso il c.d. concept di un negozio. Ma cosa si intende col termine “concept”? Con tale espressione si fa riferimento all’immagine globale di un punto vendita, comprensiva della struttura e della conformità di un negozio, dell’arredamento, dell’allestimento e, più in generale, del modo in cui i prodotti o i sevizi vengono commercializzati. Da qui l’esigenza di capire se ed in che termini il concept possa essere tutelato. Ebbene, con un’innovativa sentenza destinata a far discutere, lo scorso 13 ottobre il Tribunale di Milano ha riconosciuto il carattere originale e creativo del progetto sviluppato da un noto Studio di Architetti per i negozi della KIKO relativi alla vendita di prodotti cosmetici e di profumeria. La nota catena di negozi di cosmesi aveva fatto causa a WJCON sostenendo che quest’ultima aveva riprodotto, nei propri punti vendita, il progetto di design di arredi di interni per monomarca creato dagli Architetti nel 2005 e realizzato in tutti i negozi KIKO. Tale progetto è contraddistinto da uno stile minimalista caratterizzato dai seguenti elementi: un ingresso open space con ai lati grandi grafiche retroilluminate, espositori laterali con strutture continue e inclinate, pareti con parti in plexiglass trasparente traforate nei quali sono inseriti i prodotti, isole curvilinee posizionate al centro dei negozi, numerosi schermi TV e, non da ultimo, utilizzazione di combinazioni di colori (bianco, nero, rosa/viola) e di luci ad “effetto discoteca”. Il Tribunale, dopo aver riconosciuto che il concept di WJCON riprendeva pedissequamente l’idea creativa di KIKO, ha ritenuto che la disciplina applicabile al caso concreto fosse quella dettata in tema di diritto d’autore e, in particolare, all’art. 2, n. 5, rientrando, gli arredamenti d’interni, tra i disegni e le opere di architettura. Secondo la sentenza il richiesto carattere creativo della progettazione “può essere valutato in base alla scelta, coordinamento e organizzazione degli elementi dell’opera, in rapporto al risultato complessivo conseguito”. La prova è stata fornita anche attraverso l’ampia documentazione fotografica depositata da cui risulta che nessun competitor abbia in precedenza adottato, nei propri negozi, una combinazione di elementi paragonabile a quella adottata nei negozi KIKO; né l’eventuale utilizzazione precedente di singoli elementi, da parte di altre imprese, è stata ritenuta idonea a far venir meno il carattere originale e creativo, posto che la realizzazione deve essere valutata nel suo insieme. Oltre ad aver infranto la normativa sul diritto d’autore, a WJCON è stata anche addebitata la violazione della disciplina contro concorrenza sleale per aver copiato pedissequamente tutte le attività commerciali e promozionali poste in essere negli anni da KIKO, a tal punto da poter essere considerato uno sfruttamento sistematico del lavoro e della creatività di quest’ultima. Il tutto con tempistica sostanzialmente coincidente o comunque immediatamente successiva all’adozione da parte di KIKO delle sue specifiche iniziative. In parziale accoglimento delle domande di KIKO, il Tribunale ha inibito a WJCON l’utilizzazione del progetto nei negozi facenti parte della sua catena commerciale e ha fissato a titolo di penale la somma di € 10.000,00 per ogni negozio che risultasse mantenere ancora detti arredamenti oltre il sessantesimo giorno dalla data di notifica in forma esecutiva della sentenza. Per ciò che concerne la liquidazione del danno, il Tribunale ha rilevato che l’acquisizione di dati relativi all’andamento commerciale dei negozi WJCON non avrebbe condotto ad un risultato congruo, posto che tra gli utili conseguiti dal contraffattore rientrano certamente vari fattori nell’ambito di un’attività di impresa e sarebbe del tutto arbitraria l’assegnazione di una parte di tali utili all’illecito accertato. E’ stato conseguentemente applicato un criterio fondato sul risparmio goduto dalla convenuta sfruttando il progetto sviluppato per KIKO e commisurando tale importo all’entità delle riproduzioni eseguite nei numerosi negozi di WJCON sparsi sul territorio nazionale. La convenuta è stata quindi condannata al risarcimento del danno per lucro cessante (il mancato guadagno) calcolato in € 700.000 e determinato sulla base del costo per l’ideazione e progettazione del concept (€ 70.000) che WJCON avrebbe dovuto sostenere per sfruttare lecitamente l’opera tutelata, aumentato in relazione al numero di negozi ai quali essa ha applicato detto concept. Oltre a quanto sopra, a titolo di danno emergente (ovverosia le spese sostenute da KIKO per poter far valere i propri diritti) WJCON è stata condannata al rimborso delle spese investigative sostenute per l’accertamento degli illeciti per complessivi € 16.250,00 e delle spese di causa, fissate in € 26.400,00. E’ stata inoltre disposta la pubblicazione del dispositivo della sentenza su un quotidiano nazionale, con costi a carico di WJCON.