L`Abruzzo è a secco. Causa inquinamento

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L`Abruzzo è a secco. Causa inquinamento
Fuoritempo
L'Abruzzo è a secco. Causa inquinamento
Inviato da Serena Giannino da "Il Manfesto"
martedì 07 agosto 2007
Ultimo aggiornamento domenica 02 settembre 2007
E' emergenza acqua tra Chieti e Pescara. L'erogazione idrica è ridotta al lumicino e la causa non è la siccità. La ragione,
invece, è l'inquinamento: i pozzi che alimentano un'area con 300 mila abitanti sono chiusi da giorni perché sono state
trovate concentrazioni di sostanze tossiche superiori ai limiti. Poco distante, a Bussi sul Tirino (Pescara), nel marzo
scorso è stata scoperta una discarica dove per trent'anni sarebbero stati smaltiti illegalmente rifiuti industriali: un deposito
di veleni che hanno contaminato le falde e che per lungo tempo sono giunti anche nei rubinetti domestici.
Dopo controlli e prelievi è arrivato il provvedimento di chiusura dei pozzi di Sant'Angelo di Castiglione a Casauria
(Pescara) disposto dal commissario straordinario del bacino Aterno-Pescara, Adriano Goio. Perciò ora l'acqua scarseggia.
La situazione è critica. Diverse zone dell'Abruzzo sono in tilt, con il carico di turisti. Disagi e inconvenienti soprattutto
sulla costa. In alcuni quartieri di Pescara bar e ristoranti hanno chiuso i servizi igienici e utilizzano bottiglie di minerale
per preparare il caffè. A Chieti l'acqua è razionata: i cittadini ne possono usufruire per un pugno di ore al giorno. Su
disposizione della questura i vigili del fuoco hanno rifornito hotel, centri turistici e carcere. Il comune di Francavilla al
Mare (Chieti) ha acquistato 20 mila litri di acqua che è stata distribuita gratuitamente. Dopo una riunione la prefettura di
Pescara ha emesso una nota nella quale sconsiglia ai residenti delle zone San Donato e Villa del Fuoco di bere nelle
prossime ore l'acqua di casa. Perché l'improvviso calo di pressione e il fatto che le tubature si sono asciugate
potrebbero determinare la presenza di «impurità nelle condutture». «L'acqua non tornerà presto: stiamo provvedendo a
una redistribuzione sul territorio di quella a disposizione. Ma per almeno altri tredici giorni continueranno ad esserci
problemi e i consumi dovranno essere misurati», dice l'assessore all'Ecologia di Pescara, Camillo D'Angelo. «Sono stati
avviati interventi - continua - per creare altre fonti d'approvigionamento ma occorre tempo: per l'apertura di nuovi pozzi,
la loro realizzazione e messa in sicurezza servono settimane. Per i casi di maggiore urgenza sia nelle strutture pubbliche
che in quelle private, sono in funzione le autobotti. Solo dopo ferragosto dovrebbe esserci un leggero miglioramento,
perché molti avranno concluso le vacanze: le presenze in città diminuiranno e anche il numero di utenze».
Per andare incontro alle famiglie il comune di Pescara ha attivato un numero telefonico (085/4283063). L'Ato (Ambito
territoriale ottimale), che si occupa del servizio idrico, precisa che «non essendoci una sufficiente portata delle acque
continueranno i disservizi, soprattutto nelle aree periferiche, nelle zone alte e ai piani superiori degli edifici, dove non
sono presenti impianti di autoclave o sistemi analoghi».
Sulla vicenda il deputato del Prc Maurizio Acerbo ha presentato un'interrogazione parlamentare per «sollecitare
l'attenzione» del governo sull'eventuale presenza di sostanze pericolose nell'acqua potabile. E in merito alla crisi idrica
lancia accuse perché a una situazione di estrema gravità gli enti preposti «non hanno fornito soluzioni efficaci ed
immediate». La Forestale, su disposizione della Procura di Pescara, sta indagando per l'avvelenamento dell'acqua
destinata al consumo umano e per disastro ambientale. Gli accertamenti puntano su quell'area di nove ettari situata nei
pressi del polo chimico di Bussi fra la stazione ferroviaria e il fiume. Lì, ad una profondità di cinque-sei metri, sono stati
scovati nella passata primavera - dopo anni di monitoraggi, prelievi, carotaggi e fotografie aeree - circa 185.000 metri
cubi di scorie tossiche. Che sono state seppellite abusivamente tra gli anni '60 e '90: un'area a rischio, tra le più grandi
d'Europa, che ha riempito l'acqua di sostanze nocive e potenzialmente cancerogene come tetracloruro di carbonio,
esacloroetano, meta-crilonitrile e metalli pesanti. Fra le conseguenze che possono provocare ci sono danni al fegato, ai
reni e al colon retto.
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