d repubblica 13.12.2014 pag.52-58
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Turisti stop-and-go Africa, Medio Oriente, Russia mete cancellate per paura di epidemie e attentati. Grecia e Spagna prese d’assalto. Così l’ansia geopolitica cambia la mappa delle vacanze. A volte senza vere ragioni di Raffaele Oriani Foto di Shutterstock NEWS Le piramidi di Giza, in Egitto: il Paese nordafricano è stata una delle prime destinazioni a soffrire dell’instabilità politica. «Quando si prenota spesso ci si fida di più delle emozioni e dei timori che dei calcolo corretto dei rischi possibili» Foto di Z. Chaloupka/Shutterstock - S. Das/Panos/Luz - A. Baxter/Gallery Stock I. Relanzon/Nature Picture Library/Contrasto NEWS Il complesso Metropol Parasol a Siviglia. Sopra, donne e bambini Turkana, in Kenya. Nella pagina accanto, le rovine di Palmira, nel deserto siriano, e vista aerea di Morondava, in Madagascar. NEWS Uno dei sei laghi del parco Band-e-Amir, in Afghanistan. B ruce Chatwin viaggiò molto in Afghanistan, e non faceva l’inviato di guerra. Ad Aleppo, in Siria, l’hotel Baron ha ospitato Lawrence d’Arabia, Agatha Christie e fno al 2011 migliaia di occidentali armati solo di Lonely Planet. Sempre fno al 2011 chi visitava le piramidi di Giza aveva un doppio fastidio: il fragore del Cairo che quasi se le mangiava, e la folla dei turisti che rovinava ogni inquadratura. L’Africa poi ha rischiato seriamente di perdere la sua quiete millenaria: il 2013 è stato un anno record per savane e spiagge tropicali, il 2014 stava per fare ancora meglio con un altro 6% di viaggiatori in arrivo. E invece, guerre, epidemie e isterie di massa hanno ribaltato ancora una volta la geografa del turismo: se il mondo diventa sempre più piccolo non è solo perché siamo bravi a volare low cost e tenerci in contatto con skype. Ma anche perché le emergenze politiche, economiche e sanitarie ne eliminano porzioni sempre più consistenti: «Non per nulla, dopo anni di calo, nel 2014 i turisti italiani sono tornati a frequentare l’Italia», dice Luca Battifora, presidente dell’associazione confndustriale dei tour operator. Il sito del Ministero degli esteri sconsiglia ovviamente di recarsi in Siria, suggerisce di limitare al Mar Rosso i viaggi in Egitto, mette in guardia dal frequentare “luoghi di culto, edifci pubblici, eventi sportivi” in Kenya, raccomanda di evitare gli “assembramenti di qualsiasi natura” in Tunisia. Al momento di mettersi in viaggio, le crisi internazionali che incupiscono giornali e tg acquistano improvvisamente una dimensione più familiare. Prendiamo la Siria. Il dramma epocale che la sconvolge da più di tre anni ha fatto calare del 95% le presenze straniere. Per chi non c’è mai stato, lo ricordiamo: la Siria è forse il Paese che me- glio restituisce la storia della nostra antichità. Alla moschea grande di Damasco si accede dall’immenso colonnato del tempio di Giove, l’oasi di Palmira è un avamposto ellenistico di infnita suggestione, la basilica di San Simeone conserva l’incanto dei primi, mistici e travolgenti secoli del cristianesimo. Tutto questo nel 2010 valeva 7 milioni di visitatori ammaliati da un Paese povero ma straordinario. Fu un anno record, l’ultimo prima della disfatta. O prendiamo l’Egitto: «Fino al 2010 il Mar Rosso è stato la prima meta turistica degli italiani all’estero», spiega Gabriele Burgio, a capo del colosso delle vacanze Alpitour. Dal milione di connazionali (in continua ascesa) che svernavano a Sharm El Sheikh nel 2010, si è passati al mezzo milione (in faticosa risalita) del 2013.Tre anni di disordini hanno invece praticamente azzerato il conto turistico delle piramidi del Cairo, dei templi di Luxor, delle crociere sul Nilo. Il mondo si restringe, e quel che ne rimane si affolla: «Quest’anno in Grecia ci sono capitate scenette degne delle barzellette di una volta», sorride Burgio. «Davanti allo stesso albergo era facile trovare un buyer tedesco, uno inglese, uno russo, uno italiano, tutti a caccia delle stesse camere per i transfughi dal Mar Rosso». Sì, perché fno allo scorso luglio i ministeri degli esteri di mezza Europa dissuadevano dal frequentare anche i resort più blindati. E allora, dove dirottare i milioni di vacanzieri improvvisamente privi di un posto al sole? In caso di “sconsiglio” uffciale, il tour operator è tenuto a rifondere il cliente o a risarcirlo con un viaggio di pari valore: «È una norma profondamente ingiusta», puntualizza il presidente Battifora. «Che non considera che noi assolviamo l’85% del nostro lavoro prima della partenza del cliente». Secondo Battifora, solo nel 2013 il niet sull’Egitto è costato al settore 82 milioni di euro di spese a fondo per- D 56 13 DICEMBRE 2014 Foto di Lana Slezic/Panos/Luz Dal Nilo al Bosforo: in Turchia 10% di presenze in più in un solo anno NEWS Il portico delle Cariatidi nell’Eretteo, sull’Acropoli di Atene. duto. Ma se le mete scompaiono, i turisti non restano con le valigie in mano. Nel 2014 il crollo del “discount” egiziano ha fatto la fortuna del resto del Mediterraneo: per la Grecia è stato un anno da sogno, con un picco storico di 23 milioni di turisti stranieri che ha restituito con gli interessi quello che la crisi nera e i moti di piazza avevano tolto negli anni scorsi; stessa annata d’oro per la Spagna, che nel solo mese di agosto ha contato 9 milioni di arrivi dall’estero (8,8% in più sull’anno precedente), e per la Turchia, che, nonostante condivida ansie e frontiere con Siria e Iraq, nel 2013 ha avuto un incremento del 10% che sarà ulteriormente rimpolpato dai dati di quest’anno. La geopolitica del turismo è facilmente decifrabile anche dai non addetti ai lavori. Praticamente basta riempire di latitudini e longitudini la convinzione che mors tua è vita mea. Sorvolando sulle ragioni per cui le piaghe d’Egitto hanno favorito Spagna, Grecia eTurchia infnitamente più dell’Italia («Ma vogliamo paragonare l’aeroporto di Malaga con quello di Lamezia Terme?», taglia corto Battifora), da qualche mese il settore è alle prese con un altro ciclone globale, l’epidemia di Ebola che ha complicato ogni movimento verso il continente africano. Il sito olandese safaribookings.com è una delle principali piattaforme online per il business dei safari che in Africa subsahariana fattura attorno ai 25 miliardi di euro. Lo scorso settembre ha promosso un sondaggio tra i suoi 500 partner, e i risultati sono stati sconcertanti: metà degli interpellati ha dichiarato un calo di prenotazioni tra il 20 e il 70 per cento, con picchi negativi in Kenya e Tanzania, ma contraccolpi signifcativi fno in Sud Africa. Ora, Città del Capo dista dall’epicentro di Ebola quasi 1000 chilometri più di Roma o Milano: «Anche se con l’epidemia non c’entriamo nulla», si lamenta OnneVegter della sudafricana Wild Wings Safaris. «Abbiamo visto calare richieste e prenotazioni di un buon 25 %». È vera psicosi: «Per noi il 2014 stava battendo ogni record con incrementi del 20% sull’anno precedente», dice Joao Oliveira dell’agenzia keniota It Started in Africa. «Poi la psicosi da Ebola ha bloccato tutto e lo scorso agosto è stato il mese peggiore degli ultimi due anni». Joao parla da Nairobi, che dista dai luoghi dell’epidemia poco meno di Palermo da Nuova Delhi: evidentemente anche nel 2014 l’Africa, più che come un luogo geografco, continua a essere percepita come un modo di vivere, un insidioso stato dell’anima. «Siamo al puro Medioevo», avverte Gabriele Burgio, che quest’anno porterà in Kenya il 30% di clienti in meno. «Più dei dati contano le emozioni, le paure e le credenze». Non per nulla i clienti persi da Alpitour in Kenya verranno recuperati a Zanzibar e in Madagascar: due isole, per un lavacro mentale che conta più delle infnite distanze via terra. Secondo l’Organizzazione mondiale del turismo il 2014 batterà tutti i record già stracciati nel 2013. In sostanza il business dei viaggi non è mai stato così in salute, e il miliardo di persone attualmente in cammino continuerà a crescere di un buon 5 per cento all’anno. Pazienza quindi se non andranno in Africa, non in Medio Oriente, e se già cominciano a schivare la Russia, penalizzata dalle continue tensioni con la Ue e la Nato. In questo “tempo uscito dai cardini” neanche Amleto sarebbe in grado di prevedere le prossime mete perdute dalla massa globale. Anche perché, come Ebola insegna, la realtà delle crisi spesso conta meno dell’ombra che proietta: «A Ceylon ci sono 1300 chilometri di coste», sospira Burgio. «Ma basta una rapina a un turista italiano per pregiudicare l’intera stagione. Mi sa dire perché non succede la stessa cosa a NewYork o in Costa Azzurra?». D 58 13 DICEMBRE 2014 Foto di Shutterstock Il 2014 per il Kenya sembrava un anno d’oro: poi il crollo