Storia delle bonifiche nell`Oltrepo mantovano
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Storia delle bonifiche nell`Oltrepo mantovano
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 1 Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po Consorzio Oltrepo Mantovano Consorzio della Bonifica Burana Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Soprintendenza Archeologia della Lombardia AQUAE Storia delle bonifiche nell’Oltrepo mantovano Museo Archeologico Ambientale AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 2 Promotori evento Francesco Vincenzi - Presidente del Consorzio della Bonifica Burana Ada Giorgi - Presidente del Consorzio Terre dei Gonzaga in Destra Po Coordinamento organizzativo Carla Zampighi - Consorzio della Bonifica Burana Silvia Marvelli - Museo Archeologico Ambientale Raffaele Monica - Consorzio Terre dei Gonzaga in Destra Po Coordinamento scientifico Bruno Andreolli, Franco Cazzola - Università degli Studi di Bologna Renata Curina, Paola Desantis, Marco Marchesini, Valentino Nizzo, Tiziano Trocchi - Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna Marzio Dall’Acqua - già Soprintendente Archivistico per l’Emilia Romagna Euride Fregni, Patrizia Cremonini - Archivio di Stato di Modena Silvia Marvelli - Museo Archeologico Ambientale Carla Zampighi - Consorzio della Bonifica Burana Progetto espositivo Fabio Lambertini - Museo Archeologico Ambientale Testi dei pannelli e guida Dora Anna Barelli, Fabio Lambertini, Alberto Manicardi, Marco Marchesini, Silvia Marvelli, Raffaele Monica, Alessandro Oliani, Laura Pancaldi, Carla Zampighi Disegni Riccardo Merlo Fotografie Fabio Lambertini – Museo Archeologico Ambientale Archivio Consorzio della Bonifica Burana Archivio Consorzio della Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po Alessandro Oliani Progetto grafico MCS Studio Marco Cocchi Si ringrazia per la preziosa collaborazione Dora Anna Barelli, Andrea Angiolini, Elena Fanti, Giorgia Mantovani, Silvia Poppi - Consorzio della Bonifica Burana Michele Maccari, Lucio Bresciani - Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po Alberto Manicardi - Consorzio Oltrepò Mantovano Soprintendenza Archeologia della Lombardia Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna Archivio di Stato di Mantova Archivio di Stato di Bologna Archivio di Stato di Modena Archivio di Stato di Ferrara Archivio Storico Comunale di Sant’Agata Bolognese Archivio Storico Comunale di San Giovanni in Persiceto Archivio Storico Comunale di Crevalcore Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara Aquae - Storia delle bonifiche nell’oltrepo mantovano a cura di S. Marvelli, F. Lambertini, C. Zampighi ©2016 Museo Archeologico Ambientale di San Giovanni in Persiceto (BO) AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 1 Aquae: un percorso espositivo itinerante Risorsa primaria per eccellenza, fonte di vita per l’uomo, via di comunicazione, l’acqua indispensabile all’agricoltura per produrre cibo è il punto di partenza del percorso espositivo Aquae dedicato al governo delle acque superficiali, alla vivibilità del territorio e alla salvaguardia del paesaggio grazie ad operazioni coordinate e ben organizzate nel corso del tempo in diversi territori. Da più di un secolo i consorzi di bonifica, evoluzione moderna di forme associative più antiche, hanno ereditato la gestione del sistema delle acque di superficie provenienti dalle precipitazioni, costituito da una complessa rete di canali, manufatti e impianti tecnologici, sia con funzione di scolo per contribuire alla sicurezza idraulica, sia per approvvigionamento idrico per l’agricoltura e Allestimento della mostra nella Chiesa di Sant'Apollinare a San Giovanni in Persiceto. l’ambiente. Spesso, tuttavia, l’equilibrio tra acqua e suolo, nel tempo e nello spazio, viene dato per scontato, come naturale; si basa, invece, su un lavoro costante e impegnativo, un equilibrio che manifesta fragilità quando non vengono rispettati i criteri che regolano l’aff lusso dell’acqua nei vari riceventi fino al mare. Ecco perché il percorso espositivo Aquae nasce dalla collaborazione fra il Consorzio dei Comuni dell’Oltrepò Mantovano, il Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po, il Consorzio della Bonifica Burana ed il Museo Archeologico Ambientale. Il percorso si focalizza sul territorio dell’Oltrepò mantovano caratterizzato da delicati equilibri tra corsi d’acqua naturali e ar ificiali, da un particolare assetto idrogafico, in stretta connessione con il Po, nonché da una singolare evoluzione nel corso del tempo. Il percorso inizia con un inquadramento storico-ambientale del territorio in età preromana, prosegue con un approfondimento sulla romanizzazione, passando poi all’età medievale dove l’assetto paesaggistico lascia il posto a insediamenti circondati da fossati e da numerosi canali con attività ad essi collegati. La mostra prosegue con la ricca documentazione archivistica che attesta l’organizzazione e il controllo delle acque tra il Basso Medioevo e il Novecento nel territorio mantovano. Vengono qui illustrate le diverse gestioni territoriali delle acque nel corso del tempo, portando il visitatore a conoscenza del sistema dei “serragli”, utilizzato nelle diverse corti dai Gonzaga ai Pico agli Estensi per arginare l’invasione delle acque. Infine il percorso giunge al sistema idraulico attuale del territorio, in una proiezione anche di prospettiva futura, che deve raccontare la sua storia attraverso un unico filo conduttore: il Consorzio di Bonifica, erede del governo e della tutela delle acque superficiali. La mostra Aquae, progettata per essere itinerante, ha iniziato il suo percorso nel 2011 nei territori gestiti dal Consorzio della Bonifica Burana, come il Bolognese, il Modenese e il Ferrarese (San Giovanni in Persiceto, Nonantola, Crevalcore, San Matteo della Decima, Sant’Agata Bolognese e Bondeno), proseguendo nei territori mantovani gestiti dal Consorzio della Bonifica Burana e dal Consorzio Terre dei Gonzaga in Destra Po con le tappe di Mantova, Felonica, Sermide e i comuni dell’Unione Isola Mantovana per raccontare la ricca storia idraulica del territorio, con un approfondimento importante sulla funzionalità del sistema di bonifica in collegamento con i fiumi Secchia, Panaro, Po e il mare Adriatico. Fossa Morena al tramonto. 1 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 2 I Comuni dell’Oltrepo mantovano L’Oltrepo mantovano è uno dei pochi territori della Lombardia che si estende a sud del fiume Po. I Comuni situati oltre il fiume sono 20: Borgofranco, Carbonara di Po, Felonica, Gonzaga, Magnacavallo, Moglia, Motteggiana, Pegognaga, Pieve di Coriano, Poggio Rusco, Quingentole, Quistello, Revere, San Benedetto Po, San Giacomo delle Segnate, San Giovanni del Dosso, Schivenoglia, Sermide, Suzzara, Villa Poma. Essi appartengono tutti alla Provincia di Mantova e il loro territorio è incuneato tra quello delle province emiliane di Reggio Emilia, Modena e Ferrara e quella veneta di Rovigo. La storia e le vicende attuali di questi comuni sono fortemente influenzate dal fiume Po, generatore di gioie e di dolori. Inoltre questi comuni, insieme a quelli in sinistra Po di Ostiglia, Serravalle a Po e Sustinente, aderiscono Carta raffigurante l’ubicazione dell’Oltrepo mantovano. al Consorzio dell'Oltrepò Mantovano, che si occupa di elaborare proposte e progetti diretti a perseguire finalità di sviluppo produttivo, occupazionale e territoriale dell’area, di riequilibrio territoriale del sistema industriale, di promozione e coordinamento di interventi di sviluppo e rinnovamento economico, sociale e culturale, di tutela e salvaguardia dell’ambiente in collaborazione con Enti e/o Associazioni operanti nel territorio. Per la sua posizione geografica, crocevia tra nord e sud e tra est e ovest, l’Oltrepo mantovano conserva grandi testimonianze di un importante passato: dagli Etruschi ai Romani, da un fecondo Medioevo con i monaci benedettini e Matilde di Canossa al ducato gonzaghesco che ha improntato di sé Vista aerea di Palazzo Cavriani a Felonica. l’intero territorio, dalle guerre d’indipendenza alle lotte contadine. Attraversare il territorio dell’Oltrepo mantovano significa trovare un paesaggio in cui l’operosità dell’uomo si fonde con la tranquillità della natura, dove i suoni della vita produttiva si perdono nei silenzi dell’aperta campagna. La pieve di Coriano. La vocazione agricola ha prodotto una cucina che è stata definita di principi e di popolo: i salumi tipici, il Parmigiano Reggiano (unica zona di produzione al di fuori dell'Emilia-Romagna), i famosi tortelli di zucca, gli agnoli in brodo, i risotti, il tartufo, gli stracotti, la torta di tagliatelle, il tirotto sono soltanto alcuni dei piatti tipici che si possono gustare nei ristoranti e negli agriturismi della zona. Nei secoli passati grandi estensioni di foreste coprivano il territorio lungo il fiume Po; oggi, invece, troviamo prevalentemente piantagioni di pioppi. Numerose sono comunque le specie vegetali presenti, come platani, gelsi, robinie, Villa Bisighini a Carbonara di Po. artemisie, carpini bianchi, querce, aceri campestri, olmi, salici, canneti, ontani e piante esotiche. È molto numerosa la fauna avicola con aironi cinerini, nitticore, cormorani, garzette, gabbiani, folaghe, falchi, gufi, civette e poiane. Inoltre vi sono numerose specie di anatre come i germani reali e lo svasso. Nel fiume si trovano il luccio, la carpa, il cavedano, l'anguilla, il siluro, la tinca. Sulla terra sono invece presenti lepri, volpi e fagiani. Un luogo tutto da assaporare con il piacere di chi sa gustare, ascoltare e vedere un paesaggio d’Europa. La piazza di Quingentole. 2 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 3 La migrazione del corso del Po Il sistema idrografico padano ha subito notevoli mutamenti nel corso dei millenni, provocati dall’azione singola o combinata dei fattori naturali o dagli interventi dell’uomo fattisi sempre più intensi, con il risultato che il corso del Po nel suo ultimo tratto si è progressivamente spostato verso nord, mentre gli affluenti appenninici hanno deviato il loro percorso verso ovest. I mutamenti di tale sistema hanno influito sulle condizioni di sviluppo dell’assetto idraulico dell’Oltrepo mantovano. Il fenomeno migratorio non coinvolge “Inondazione del Ferrarese successa nel Mese di Novembre dell'anno 1703 caggionata dalle l’intero percorso fluviale, ma solo alcuni rotte del Po, Mincio e Secchia sul Mantovano”. tratti ben distinti; per tale motivo fino a Cremona non si sono avute modifiche sostanziali nel corso dei millenni, a parte alcuni salti di meandro con spostamenti di qualche chilometro. Tra Cremona e Guastalla alcuni paleoalvei mostrano un corso antico a nord dell’attuale, mentre da Guastalla in poi numerose tracce indicano chiaramente un corso del Po molto più a sud di quello odierno. Rinvenimenti sabbiosi collocano il fiume, tra il periodo pleistocenico ed olocenico, sull’asse congiungente le località di Cremona, Carpi, Nonantola, San Giovanni in Persiceto, Lugo e Cervia. Partendo da questa posizione, alcuni rami padani raggiungono in epoca tardo neolitica, tra IV e III millennio a.C., il territorio di Bondeno, collocandosi sulla direttrice fluviale congiungente le località di Novellara, Cavezzo, Medolla e Massa Finalese. Con l’avvicinarsi dell’età del Bronzo si modifica l’equilibrio e, pur mantenendosi attiva la direttrice descritta fino all’età classica come testimoniano i siti romani rinvenuti nell’alveo, nuovi rami più settentrionali richiamano ormai le maggiori portate (Po di Spina e Po di Adria). Il più settentrionale, il ramo di Adria, dopo aver toccato il territorio di Quistello, scorreva a sud di Ostiglia nei pressi di Magnacavallo e Poggio Rusco; fino alla tarda età del Bronzo era collegato, nella zona tra Brescello e Bondeno, tramite numerosi canali secondari al ramo di Spina, distante circa 8 chilometri. Quest’ultimo, più meridionale, percorreva i territori di Rolo, San Possidonio e Quarantoli, solcando avvallamenti identificabili con gli attuali canali di San Martino, Quarantoli e Burana. Ad un periodo compreso tra XIV e IX secolo a.C. di relativa stabilità climatica e, di conseguenza, idraulica segue, tra IX e VIII secolo a.C., un brusco peggioramento delle condizioni atmosferiche che provoca fenoAirone rosso presso il fiume Po. meni di sovralluvionamento con numerose rotte. Si può collocare in questo periodo la rotta tra Brescello e Guastalla, che sposta verso nord le acque dei rami di Spina e Adria, dirigendole in una depressione che congiunge l’attuale foce del Mincio, Libiola, Ostiglia e Bergantino, quindi in un alveo molto simile all’attuale. In questo periodo si sarebbe verificata anche la rotta di Sermide, con l’abbandono del Po di Adria e la nascita di un nuovo alveo che, con direzione sud-est verso Stellata, si sviluppa lungo un percorso corrispondente per un tratto all’attuale Panaro arrivando a Bondeno. Nel tratto a monte di Guastalla, intorno al Mille, il fiume si divide in tre rami: il maggiore, quello più meridionale, con un percorso tortuoso attraverso i territori di Luzzara, Suzzara, Palidano, Gonzaga e Pegognaga, raccoglie prima le acque del ramo centrale nei pressi di San Benedetto e poi quelle del ramo Lirone. Intorno all’inizio dell’XI secolo quest’ultimo diviene per portata d’acqua il nuovo alveo del Po, assumendo netta predominanza nel sistema, come indicano anche alcuni documenti dell’epoca in cui si menziona un Padus Novus, il Po-Lirone appunto, contrapposto ad un Padus Vetus, intendendo il ramo meridionale ormai abbandonato tra Gonzaga e Tramonto sul Po. Pegognaga. 3 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 4 Territorio, ambiente e corsi d’acqua dalla preistoria all’età del Ferro Il territorio dell’Oltrepo mantovano è contraddistinto da una fortissima interazione tra l’uomo e i corsi d’acqua che nel tempo lo hanno attraversato e che ancora oggi lo attraversano. Un ruolo di primissimo piano è ovviamente rivestito dal fiume Po, che nei millenni ha costituito una favorevole e primaria opportunità all’insediamento umano, pur rappresentando spesso anche un elemento di grave difficoltà per la gestione del territorio. I rinvenimenti più antichi finora riscontrati sono databili a partire dal Neolitico antico (seconda metà del VI millennio a.C.) e provengono sia da abitati che da necropoli. Oltre ai ritrovamenti di Casalmoro, Casatico di Marcaria, Roverbella, La Vallona di Ostiglia, Belforte di Gazzuolo, Rivarolo Mantovano, Porto Mantovano, San Giorgio, Monzambano, Levata di Curtatone, Valdaro, Roncoferraro e Bagnolo San Vito, si segnalano un’interessante sepoltura bisoma Aratura in un villaggio dell’età del Bronzo (disegno di F. Malossi, nota come “gli amanti di Valdaro” ed un’altra con un individuo ma- Museo Archeologico Ambientale). schile ed un cane nota come “il cacciatore Orione”. E’ attestata anche una certa presenza nel territorio durante l’Eneolitico, con rinvenimenti a Casalmoro, Roncoferraro, nell’area di Mantova e nell’Ostigliese. L’età del Bronzo (2300-1000 a.C.) è particolarmente documentata: corredi da necropoli del Bronzo Antico da Sorbara di Asola e da Valdaro, materiali da vari abitati tra cui Poggio Rusco e Ostiglia, numerosi ritrovamenti del Bronzo Finale da Casalmoro, Goito e Mantova. Le prime tracce di un possibile stanziamento abitativo nell'area della futura Mantova risalgono al Bronzo Recente/Finale, attorno all'XI-X secolo a.C. Tra il 2300 e il 2200 a.C., la concomitanza tra una fase climatica mite e asciutta e il diffondersi di nuove tecnologie connesse alla produzione del bronzo (una lega di rame e stagno) favorisce l’innesco di una serie di rapporti di lungo raggio tra l’Europa centrale e il Mediterraneo, incentivati dall’esigenza di reperire e smerciare materie prime, manufatti e prodotti agricoli. Ciò si traduce in una maggiore densità insediativa, in una progressiva specializzazione e stratificazione dei ruoli sociali e in uno sfruttamento meglio Ricostruzione di un insediamento dell’età del Bronzo organizzato delle risorse agricole, ambientali e faunistiche, con primi tentativi di (disegno A. Rosa, Archivio SBAERO). controllo e regimazione delle acque. Con la media età del Bronzo (XVII-XVI sec. a.C.) il processo sopra descritto contribuisce allo sviluppo di nuclei insediativi più ampi e complessi, denominati sin dalle prime scoperte ottocentesche “Terramare”. Tali villaggi erano di forma prevalentemente tondeggiante o quadrangolare, delimitati da terrapieni e fossati difensivi che attingevano l’acqua da corsi fluviali in relazione ai quali essi venivano intenzionalmente localizzati. Il rapporto con l’acqua appare determinante per la pesca o l’irrigazione, per la difesa, il commercio e la navigazione, al punto da influenzare e condizionare la struttura sociale di tali comunità. In particolare l’area della bassa pianura mantovana, e dunque anche l’Oltrepo mantovano, è interessata dalla presenza della cultura terramaricolo-palafitticola. Tra l’età del Bronzo Finale e la prima età del Ferro (XII-VIII secolo a.C.) segue un periodo più o meno prolungato di stasi e di riorganizzazione territoriale. La presenza dei Veneti in riva sinistra del Mincio è doRituale funerario della prima età del Ferro (disegno di cumentata a partire dal IX secolo a.C. da rinvenimenti di necropoli e R. Merlo, Museo Archeologico Ambientale). abitati. Intorno all’VIII secolo a.C. l’assetto idrografico precedente venne integralmente sconvolto a causa di un generalizzato peggioramento climatico con conseguenti fenomeni di sovralluvionamento; tali episodi favorirono la formazione di nuovi corsi fluviali e l’abbandono di quelli preesistenti. Già dalla seconda metà del VI secolo a.C. fioriscono, principalmente lungo il corso del Mincio, alcuni centri etruschi; tra questi, l’abitato etrusco di Mantova si protrae fino alla romanizzazione. Il territorio mantovano presenta numerosi altri siti con tracce della civiltà etrusco-padana, il più significativo dei quali è sicuramente quello del Forcello di Bagnolo San Vito. I ricchi ritrovamenti consentono di ricostruire la vita, i culti e la rete di rapporti commerciali instaurati tra i vari centri. Nel Mantovano, ine, la presenza celtica è testimoniata da alcune necropoli, tra le quali quella di Carzaghetto di Canneto sull’Oglio e di Castiglione delle Stiviere. Ricostruzione di un insediamento dell’età del Ferro (disegno di R. Merlo). 4 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 5 La romanizzazione Nel loro processo di espansione in quella che all’epoca veniva chiamata Cispadana, i Romani si trovano a ereditare l’organizzazione territoriale impostata dagli Etruschi la quale, almeno in parte, è sopravvissuta nonostante la penetrazione, tra il V e il IV sec. a.C., di tribù celtiche come quelle dei Boi nell’area di Bologna, dei Lingoni nel Ferrarese e dei Cenomani nel Mantovano. La sconfitta dei Galli Senoni nel 283 a.C. apre la strada alla romanizzazione della Pianura Padana, il cui primo atto è lo stanziamento della colonia latina di Ariminum (Rimini) nel 268 a.C. Dopo lo slancio iniziale la strategia espansionistica dei Romani subisce un prolungato arresto, a seguito dell’impegno militare contro i Cartaginesi nelle due Guerre Puniche (264-241 e 218-202 a.C.). Solo in seguito Roma può riprendere il suo progetto, fondando Piacenza nel 218, strappando Bononia ai Boi nel 189 a.C. e congiungendo le Disegno ricostruttivo di una villa rustica romana (disegno di città con la via Emilia, elemento strategico della penetrazione ro- A. Mignani, modificato). mana nella regione, come dimostra la fondazione lungo il suo asse delle colonie romane di Parma e Modena nel 183 a.C. e l’incardinamento su di esso dell’intero sistema centuriale della regione. Nel 214 a.C. il territorio mantovano viene conquistato e viene fondata la colonia di Mantua. L’attuale Mantovano, in antico, è pertinente non solo all’ager mantuanus, ma anche a quello veronese e cremonese; in particolare, l’Oltrepo afferiva parzialmente all’Aemilia. Tra il III e la fine del I secolo a.C. la Cispadana diviene oggetto di una intensa e sistematica opera di bonifica e disboscamento, volta a intensificare e ottimizzare lo sfruttamento agricolo del fertilissimo territorio, suddividendolo in lotti regolari (centurie, quadrati di 20 actus = 710 m per lato) assegnati ai militari che avevano contribuito materialmente all’opera di penetrazione e ai quali si deve la realizzazione di ville, fattorie e impianti produttivi. Ciò favorisce la diffusione su larga scala di colture specializzate quali cereali (grano, farro, orzo ecc.), legumi (fava, piselli, lenticchie ecc.), piante tessili (canapa e lino), ortive (carota, Costruzione di una strada romana (disegno pastinaca, fragola ecc.), da frutto (pesco, ciliegio, Inventario srl, Museo Archeologico Ambientale). gelso ecc.) e vite. Disegno raffigurante l’uso della groma. Alle strade si affiancano i corsi d’acqua nel sistema organizzativo e strategico del territorio, e questi ultimi vengono inseriti dagli agrimensori nel reticolo centuriato, delimitato da strade, fossati, canali di scolo, “capezzagne” e filari di alberi e piantate (viti maritate a Olmi, Carpini, Aceri e Cornioli), così ben delineati da essere localmente sopravvissuti fino ad oggi. Anche il territorio mantovano è stato attraversato da tale fenomeno, come testimoniano i numerosi siti finora identificati riconducibili all’età romana, nonché i materiali recuperati nel fiume Po, frutto spesso di butti o di erosione di depositi archeologici. Tracce di centuriazione, anche con differenti orientamenti “secondo natura”, sono state riconosciute soprattutto grazie all’esame di foto aeree, in particolare nella parte occidentale dell’Oltrepo mantovano nei territori di Gonzaga e Luzzara; tuttavia la loro riconoscibilità è ostacolata dalle frequenti esondazioni del Po che nell’antichità hanno interrato e cancellato progressivamente l’opera millenaria dell’uomo in quest’area della regione. La piantata. 5 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 6 Acque e terre mantovane nell’Alto Medioevo Nell’Alto Medioevo, periodo contrassegnato da migrazioni barbariche e dal predominio dei Longobardi, il territorio mantovano resta abbandonato a se stesso e in balia delle acque, che in seguito ad abbondanti precipitazioni, legate al peggioramento climatico successivo al VI secolo, provocano rotte di fiumi con straripamenti ed allagamenti di zone un tempo coltivate. Per una concomitanza di eventi le condizioni del territorio si deteriorano molto velocemente e a causa dei molti acquitrini si verificano numerosi episodi di malaria anche nel Mantovano. Nel 496 d.C., Epifanio vescovo di Pavia, “avendo dovuto soffermarsi presso il Po per una sola notte, trasse dalle circostanti emanazioni pestifere malattia sì grave che lo condusse al sepolcro”. La malaAbbazia di Nonantola. ria accentua probabilmente il processo di sensibile decremento della popolazione già iniziato in precedenza e la mancanza di manodopera favorisce un atteggiamento passivo nei confronti del territorio. Del resto non mancavano isole boscose come l’isola Riparia, oggi Revere, che si estendeva tra Burana, a est, Quistello, a ovest, e paludi fitte di alberi in cui vivevano cinghiali, cervi, caprioli e daini, dalle quali trarre il necessario sostentamento; tali paludi rimangono fin quasi all’XI secolo. La situazione inizia a migliorare quando i lavori di bonifica compiuti dai monaci benedettini cominciano a far sentire i loro effetti: viene organizzato il sistema idraulico e lo sfruttaIl Palazzo Gonzaghesco di Revere. mento delle risorse agricole, nel rispetto di quel equilibrio comunque indispensabile tra acque e territorio. Grazie a donazioni e concessioni l’Abbazia di Nonantola assume il controllo di vaste porzioni di territorio e nel 753 Astolfo, re dei Longobardi, concede ai monaci molti possessi e diritti sulle terre e sulle acque del Sermidese, del Bondesano e Reverese, che Oddone, conte di Mantova, conferma stabilendo che al monastero sia dovuta “la decima parte dei porci nudriti e delle fiere cacciate nella corte regale di Revere, e inoltre la metà dei pesci pigliati nel Sermidese e Bondesano”. Mappa della situazione idraulica del Destra Secchia di Gioseffo A partire dal X secolo si sviluppano nel territorio mantovano diverse Mari (XVIII secolo). Castrum altomedievale di Sant’Agata Bolognese (disegno di R.Merlo,Museo Archeologico Ambientale). 6 forme insediative, che vanno dal castrum alla curtis, dal burgum, espansione abitativa accentrata sviluppata attorno a recinti fortificati e castelli, alla villa, agglomerato abitativo rurale; è presente, inoltre, il popolamento sparso, costituito da case isolate impiantate direttamente sui fondi agricoli. E’ da sottolinare che la scelta del luogo di impianto degli insediamenti era fortemente condizionato, se non determinato, dalla presenza di un corso d’acqua naturale, non solo per assolvere alle necessità quotidiane di vita, ma soprattutto per esigenze difensive, in particolare per alimentare i fossati perimetrali. AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 7 Acque e terre mantovane nel Basso Medioevo A partire dall’XI secolo, il territorio dell’Oltrepo mantovano ritrova una progressiva sistemazione dopo la grave situazione idraulica dei secoli precedenti. I principali protagonisti delle vicende idrauliche di questo periodo sono senza dubbio i monaci del monastero di San Benedetto in Polirone; questo complesso viene fondato dai Canossa nel 1007 sull’isola Muricola, allora compresa tra il corso del Lirone, un ramo secondario del Po che scorre a nord e il corso del Po stesso, posto a sud. Grazie alle donazioni di Matilde, il monastero amplia considerevolmente la propria zona di influenza, consolidandola successivamente nel corso del XIII e XIV secolo. Dalla fine del XII secolo il monastero concede in affitto i propri possedimenti con l’obbligo per l’affittuario di prestare la sua manodopera alla costruzione e alla manutenzione dei canali, degli argini Complesso abbaziale di San Benedetto in Polirone a San Benedetto Po. e delle altre opere necessarie per mettere a coltura nuove terre. Si attua così un intervento capillare di bonifica che riporta buona parte del territorio a condizioni ottimali per l’insediamento e le colture. Il monastero esercita un ruolo centrale incontrastato nelle vicende del territorio fino all’inizio del XV secolo, quando Papa Martino V crea nel 1417 la Commenda di San Benedetto in Polirone nominandone Commendatario Guido Gonzaga. Nel 1441, come riconoscimento per la sua attività, ed in particolare a rimborso delle spese sostenute per varie opere di bonifica, il Papa gli affida l’istituenda Prepositura di “San Benedetto de Padolirone” con i possedimenti assegnati in commenda perpetua; a Guido viene concessa, inoltre, la Stemma della casata Gonzaga. possibilità di “bonificare a tutto suo piacere e volontà” e “dare esse possessioni a livello a’ migliorare”. Sebbene la decisione di Martino V paia la logica conseguenza Miniatura del codice della Vita Mathildis di Donizone di Canossa dei comportamenti dei monaci, che secondo le cronache si sa- (XII secolo). rebbero lasciati andare a comportamenti troppo terreni, non bisogna sottovalutare che agli inizi del Quattrocento la signoria Gonzaga ha ormai affermato definitivamente la propria supremazia sul territorio e l’enorme patrimonio che fa capo al monastero rappresenta un’ottima occasione per chi ha capitali da investire in terre da bonificare e da mettere a coltura. Il momento è favorevole perchè in questa fase la popolazione aumenta e fa crescere sia la domanda di prodotti alimentari ed i relativi prezzi, sia l’offerta di manodopera a basso costo. Ovviamente prezzi in crescita e salari bassi garantiscono un considerevole aumento della redditività dei terreni e, quindi, la Prepositura rappresenta l’occasione per i Gonzaga di moltiplicare i propri guadagni. Per i monaci la perdita di parte dei loro territori, oltre a costituire motivo di controversie e rivendicazioni, sarà anche uno sprone per incrementare i lavori di bonifica e compensare così le terre perdute. Il monastero di San Benedetto in Polirone a San Benedetto Po. 7 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 8 Il controllo del territorio nel Rinascimento Numerosi sono gli interventi promossi dalle nascenti Signorie impegnate nel consolidamento del loro potere, tanto che fin dalla metà del Quattrocento presso le corti degli Estensi e dei Gonzaga soggiornano in permanenza ingegneri, idraulici e architetti cui sono affidati i progetti di prosciugamento e di ripari contro le alluvioni; nel 1445 il marchese Ludovico III, promotore di innumerevoli realizzazioni tecniche, chiuse, argini e bonifiche chiama a Mantova da Firenze il Brunelleschi “a far gli argini di Po”. I pascoli della Corte di Sermide (seconda metà del secolo XVII). Fondamentale per il controllo del territorio risulta la costruzione di castelli nei suoi punti nevralgici, oltre all’acquisizione di terre, al controllo delle strutture idrauliche mediante la costruzione di apposite magistrature e alla creazione da parte di Ludovico III Capitano di 19 vicariati, efficaci strumenti per una rapida trasmissione degli ordini. Ad esempio i castelli posti a Revere e a Sermide si trovano a difesa dei porti dove transitano uomini che risalendo il fiume, provenienti da Venezia e diretti a Mantova, Cremona e Milano trasportano sale ma anche legname, ferro, mole, materiale da costruzione dal Veronese e grani, semi di lino, noci e frutti dal Mantovano al mare. Agli inizi del Quattrocento si assiste nel Mantovano ad un notevole sviluppo dell’economia agricola e industriale collegata, i cui artefici sono i grandi proprietari terrieri, tra i quali spiccano i Gonzaga. Forti dei loro possedimenti agricoli i Gonzaga forniscono ai provveditori delle biade della Serenissima grandi quantità di frumento raccolte nel Mantovano. Determinante per il governo delle acque risulta essere la costituzione nel 1484 ad opera di Federico III delle Degagne, strutture giuridiche autonome assimilaDisegno eseguito nel 1753 da Luciano Rossi, Tenente Giudice della Degagna di Sermide. bili agli attuali consorzi di scolo, sulla base del principio per cui i Gonzaga, “… per essere i fiumi proprietà dello Stato [coincidente con il Sovrano] …”, hanno esclusivo “diritto a disporre delle acque derivate da quelli a mezzo di speciali condotti”, facendo pagare ai sudditi tutte le spese relative alla costruzione e all’utilizzo delle strutture idrauliche così da trarne il maggior utile possibile. Le Degagne, il cui comprensorio comprende diversi comuni, hanno giurisdizione su acque e canali, a loro spetta “… onus reale vel patrimoniale quod pro numero et mensura terrarum quae fluminis incursionibus reparentur imponendi”; i proprietari terrieri, in quanto membri del consorzio, convocati in apposite congregazioni deliberano “pro manutentione, refectorie, ac costructione aggerum et dugalium”, scelgono un Giudice a loro discrezione, salvo approvazione del principe, cui spetta il compito di sorvegliare sulla sicurezza delle opere idrauliche comuni e redimere le frequenti vertenze sull’uso delle acque. A questa organizzazione periferica si affianca una struttura centrale costituita dal Maestrato delle Acque e dal Prefetto delle Acque, nominato dai Gonzaga, che finisce per sottrarre progressivamente potere decisionale ai singoli consorzi, fintanto che la custodia delle arginature compiute nel 1540 passa nel 1588 direttamente al Maestrato. Mappa del territorio della Corte di Sermide (inizio del secolo XVII). 8 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 9 Idrografia nell’Oltrepo mantovano tra Medioevo ed età moderna Tutto il sistema idrografico padano ha subito nel corso dei millenni notevoli mutamenti che, partendo dalla situazione riferibile all’Alto Medioevo, hanno portato il corso del Po nel suo ultimo tratto ad un progressivo spostamento verso nord e gli affluenti appenninici a deviare il loro percorso verso ovest. Dopo la rotta di Ficarolo del 1152, l’asse di drenaggio del bacino padano si sposta gradualmente verso nord, dal vecchio ramo di Ferrara al nuovo ramo di Venezia, provocando la rottura del delicato equilibrio che garantiva lo scolo dell’Oltrepo mantovano. Nel 1282, vista la grave situazione, gli uomini di Mantova, Ferrara, Finale e San Felice tentano di far fronte all’emergenza costruendo a Bondeno la chiavica Bova, per cercare di regolare il flusso dello scolo del canale Burana. Dopo il 1336, modenesi, reggiani, ferraresi e mantovani inalvearono il Secchia facendolo sboccare in Po presso San Benedetto, occupando l’ultimo tronco del cosiddetto Po vecchio, per bonificare il territorio e cercare di alleggerire la pressione delle acque sulla zona. Questo intervento segna la fine del sistema di scolo precedente e la sua divisione in due entità idrauliche nettamente distinte ed ancora oggi identificate come Oltrepo mantovano in destra e in sinistra Secchia. L’inalveazione del Secchia, tuttavia, non risolve i problemi esistenti, condizionando fortemente il sistema di scolo dell’Oltrepo in destra Secchia, costituito da due direttrici comunicanti. Al centro del territorio scorre la Fossalta, che ha origine nella Digagna di Quistello, attraversa quelle di Revere e Sermide per giungere al confine col Bondesano, dove, a causa Particolare di una mappa acquerellata del 1694 raffigurante opere degli sconvolgimenti seguiti di rinforzo spondale in legno sul fiume Secchia. alla rotta di Ficarolo, ampie porzioni di territorio risultano allagate o afflitte da notevoli problemi di scolo. Il canale, di origine antichissima, è spesso oggetto di aspre controversie tra le Digagne circa la contribuzione che spetta a ciascuna per i frequenti lavori di manutenzione ma anche di infinite discussioni con lo stato di Ferrara a causa della conformazione dell’ultimo tratto della Fossalta, che costituisce il confine tra i due stati, che spesso generava allagamenti in un’ampia area valliva ferrarese. Ne nasce una annosa vertenza tra i Duchi di Ferrara ed i Marchesi di Mantova riguardo la naturale servitù delle acque alte mantovane che hanno diritto di scolare sui territori inferiori ferraresi. Nel 1527 viene stipulata tra le parti una convenzione per risolvere tale problema, che impone ai mantovani di costruire Mappa raffigurante il territorio di Sermide (fine XVI – inizi XVII secolo). Particolare di una mappa acquerellata Ferrarese, con l’argine eretto dai Ferraresi nel 1530. del 1753 raffigurante il un cavo che conduca le acque della Fossalta al Po nei pressi di Moglia di Sermide, in modo da diminuire l’enorme massa d’acqua che si riversa nel Bondesano. Purtroppo, nonostante gli accordi, la situazione non si sblocca e tra 1585 e 1590 gli emissari del Duca di Ferrara sollecitano l’esecuzione dell’opera. Bisogna attendere l’ottobre del 1594 per l’inizio effettivo dei lavori del Cavo Diversivo, il cui tracciato definitivo ricalca quello della bonifica di Revere che ancora oggi porta le acque della Fossalta in Po presso Moglia di Sermide. Nel 1611, tuttavia, la situazione è talmente compromessa da rendere necessaria la chiusura delle chiaviche mantovane, e quindi l’interruzione del collegamento tra Fossalta e Burana. E’ da notare che l’accordo del 1527 viene poi riportato integralmente in una appendice del Trattato sottoscritto nel 1757 dalla Santa Sede e dall’Imperatrice Regina d’Ungheria (Duchessa di Mantova e Sua Altezza Serenissima), ben 230 Campo anni dopo, a segnalare il protrarsi delle gravi problematiche idrauliche connesse a quest’area. 9 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 10 Storia del Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po - 1 Per quanto riguarda l’Oltrepo mantovano in sinistra Secchia, l’inalveazione dell’affluente del Po effettuata nel XIV secolo rappresenta un evento traumatico per l’intero sistema idraulico, letteralmente sconvolto dalla perdita dei propri scoli naturali. Questo fatto costringe gli uomini a rimodellare il sistema di scolo delle acque, regolandolo con chiaviche e canali collettori che le conducano nel Po e nel Secchia. La soluzione che porterà alla stabilizzazione del sistema non potrà che essere il ripristino della situazione originaria, ovvero il superamento del Secchia con la costruzione della botte sottopassante il fiume stesso. Nel XV secolo le vicende idrauliche di questo territorio sono fortemente influenzate dalla Digagna Grande e dal monastero di San Benedetto in Polirone; la convivenza tra queste due realtà, tuttavia, non risulta semplice dal momento che il monastero, risalente all’XI secolo, è costretto a convivere con la presenza della Digagna Grande che può far sentire la propria influenza presso la Corte dei Gonzaga e le varie istituzioni amministrative. Il dugale di Gonzaga, antenato della Fossa Nuova o Grande, porta le acque di Luzzara nel Po Vecchio nei pressi di Gonzaga, Particolare di una mappa acquerellata raffigurante una rotta del Secchia avvenuta nel unitamente ad una parte di quelle di Suzzara e Reggiolo. Causa 1728 presso Zambone di Quistello. il progressivo interrimento del Po Vecchio ed al permanere delle difficoltà di scolo, il dugale di Gonzaga viene spostato ad ovest, oltre il territorio di Bondeno, per sfruttare la rete scolante del monastero collegandolo al canale dell’Abate che, a causa della massa d’acqua che vi si concentra, entra in crisi. Nel 1432 si giunge perciò ad un accordo tra Digagna Grande e Monastero che sancisce la necessità di ampliare adeguatamente il dugale di Gonzaga, dalla valle di San Benedetto fino al confine con Luzzara, e consente alle acque provenienti dai terreni alti di utilizzare il canale dell’Abate per scolarsi in Secchia. Nel 1517 è ormai evidente che il Po erode inesorabilmente l’argine di Vigarano e ne minaccia la chiavica, quindi la Digagna Grande cerca una soluzione alternativa allo scolo dei propri territori mediante lo scavo di un nuovo canale che arrivasse al Secchia. Questa nuova opera, visti i lunghi tempi di realizzazione, prevede deviazioni temporanee degli scoli esistenti caricando ulteriormente il canale dell’Abate e la rete ad esso connessa; tuttavia, i sopralluoghi effettuati nel 1525 dagli incaricati del Marchese moMappetta raffigurante la situazione idrografica tra Sinistra e Destra Secchia strano una situazione peggiore del previsto in quanto i monaci maprima degli interventi di bonifica dell’Ottocento. novrano a loro arbitrio la chiavica del Sostegno, posta sul canale dell’Abate e a loro affidata dagli accordi, creando notevoli disagi alle terre della Digagna Grande. A causa del progressivo sviluppo del meandro di San Benedetto, il nuovo alveo della Fossa Grande viene a trovarsi a ridosso dell’argine del Po e, anche a causa dei pericolosi fontanazzi che si aprono nei periodi di piena, attorno al 1719 viene spostato verso sud-est in posizione più defilata. Oltre a dover discutere con il monastero, gli interessati della Digagna Grande devono affrontare anche questioni “internazionali” in quanto Reggiolo, le cui acque scolano tramite la Fossa Grande, e Luzzara, che scola le proprie utilizzando il Po Vecchio, fanno parte del Mantovano, e quindi della Digagna fino al 1630, quando passano al ducato di Guastalla. Nel secolo successivo i due comuni cambiano più volte padrone ritornando mantovani e poi di nuovo guastallesi per essere aggregati definitivamente al ducato di Parma nel 1746; questo passaggio genera ovviamente forti discussioni con la Digagna in quanto questi intendono affrancarsi dagli oneri previsti, tanto che un accordo del 1778 stabilisce di non considerarli più consorziati ma comunque contribuenti alle spese di manutenzione dei loro scoli. “Carta idrografica del Modenese e del Reggiano colle variazioni dei Confini di Stato avvenute nel Genajo 1848.” 10 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 11 Storia del Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po - 2 Nel XIX secolo la rete dei canali di scolo determinatasi nell’Oltrepo alla fine del XVI secolo è da considerare sostanzialmente definitiva. Nonostante gli sforzi profusi nel tempo da Digagna e Monastero di San Benedetto in Polirone per migliorare le condizioni del territorio, i terreni più bassi rimanevano inondati per lunghi periodi dell’anno, anche a causa delle frequenti rotte di Po e Secchia, ed erano di fatto inutilizzabili per le colture cerealicole; dopo la rotta di Po del 1879, ad esempio, circa un terzo dei terreni era sommerso da mezzo metro d’acqua. Era una situazione talmente frequente che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, si decise di sfruttare la presenza delle acque nelle terre basse per intraprendere la coltura del riso su ampia scala. In maniera analoga al territorio di Bondeno, nel Ferrarese, la soluzione di questo problema consisteva nel ripristinare le condizioni precedenti all’inalveazione del Secchia, sottopassandone con una botte l’alveo, per condurre le acque alla Fossalta e quindi al Po. Una soluzione di questo tipo venne già portata all’attenzione di Napoleone I nel 1810, senza l’esito sperato, mentre la botte sotto il Sec- Botte Villoresi sotto il fiume Secchia. chia venne effettivamente realizzata tra il 1903 e il 1907. Tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo la situazione venne risolta attraverso la creazione dei Consorzi di Bonifica dell’Agro Mantovano-Reggiano (Oltrepo in sinistra Secchia) e Revere (in destra Secchia), dal 2006 riuniti nell’attuale Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po, e dalle analoghe strutture consortili emiliane, in particolare dal Consorzio Interprovinciale per la Bonifica di Burana. Consorzio di Bonifica dell’Agro Mantovano-Reggiano Panoramica della Botte Villoresi sotto il fiume Secchia. Consorzio di Revere Nel 1880 i comuni di San Benedetto Po, Gonzaga, Moglia, Pegognaga, Suzzara, Motteggiana, Luzzara, Reggiolo, Rolo e Guastalla, di fatto eredi delle antiche Digagne che per secoli si erano occupate dei problemi idraulici della zona, decisero di riunirsi in un Comitato Promotore per migliorare le condizioni di scolo della vallata del Po, compresa fra l’argine sinistro del fiume Secchia, quello pure sinistro del colatore Parmigiana Moglia e quelli destri del Crostolo e del Po, chiedendo di includere tale territorio nel progetto di legge di bonificazione coattiva delle paludi e dei terreni paludosi, datato 8 dicembre 1878, che il Ministero dei Lavori Pubblici stava per ripresentare al Parlamento. Nel 1889, predisposti i progetti di massima, ottenute le debite autorizzazioni e superati tutti gli intralci burocratici, si arrivò alla costituzione del Consorzio Speciale della Bonifica dell’Agro Mantovano-Reggiano; i lavori di realizzazione delle opere in progetto, tuttavia, iniziarono solo nel 1897 per concludersi nel 1907. Due anni dopo venne costituito il Consorzio per la manutenzione delle opere e quindi il Consorzio di Bonifica dell’Agro Mantovano-Reggiano. In seguito il Consorzio venne riordinato dalla Regione Lombardia nel 1984, con successive intese con la Regione Emilia Romagna. Disciolte nell’anno 1785 le tre Digagne di Quistello, Revere e Sermide, dopo quasi un secolo di amministrazione camerale “sulle acque e sugli scoli”, vennero costituiti nel 1877 i Consorzi idraulici di Revere e di Sermide. Il comprensorio del Consorzio idraulico di Revere era diviso, nei riguardi dello scolo, in quarantuno bacini, aventi ognuno una rete speciale di canali il cui colatore principale si scaricava direttamente nel collettore principale Fossalta Superiore. In seguito all’attuazione della Bonifica di Burana, le acque reveresi immesse in Fossalta Inferiore non si scaricavano più in Po alla Chiavica Quatrelle, ma bensì alle Chiaviche Pilastresi, attraverso un tronco di canale nuovo, detto Diversivo di Fossalta Inferiore. Un’ulteriore modificazione allo scarico delle acque del Consorzio Idraulico di Revere venne introdotta con l’attuazione della Bonifica dell’Agro Mantovano-Reggiano, eliminando lo scarico in Po alla Chiavica di Moglia di Sermide e sostituendolo con quello nell’emissario di detta Bonifica. Per risolvere il problema della continuità di scolo delle acque, sempre subordinate alle piene di Burana, nel 1912 il Consorzio idraulico di Revere deliberò di assumere le funzioni di Consorzio speciale di Bonifica per l'esecuzione delle opere idrauliche necessarie alla bonificazione del territorio consorziale; nel 1919 venne costituito il “Consorzio di esecuzione della Bonifica di Revere” che, assunta la manutenzione delle opere, prese nel 1933 la denominazione di “Consorzio della Bonifica di Revere”. Nel 1951-1952 fu concessa al Consorzio l’esecuzione delle opere per l'irrigazione dell’intero San Siro, costruzione della Botte sotto il fiume Secchia. comprensorio. 11 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 12 Il Consorzio Terre dei Gonzaga in Destra Po oggi Il comprensorio La superficie amministrativa è pari ad Ha 52.830, di cui Ha 41.219 in Regione Lombardia (provincia di Mantova) ed Ha 11.611 in Regione Emilia-Romagna (provincia di Reggio Emilia). I comuni ricadenti nel comprensorio sono 21 di cui 17 lombardi e 4 reggiani. La rete dei canali Si snoda su un percorso di circa 917 km di cui 641 km sono ad uso promiscuo (scolante ed irriguo), 179 km ad uso prettamente irriguo ed altri 97 km di fossi gestiti direttamente dal Consorzio. Chiavica quattrocentesca di Villarotta di Luzzara (RE). La “mission” Consiste nella gestione delle opere di bonifica e irrigazione tramite la continua e perenne manutenzione ed esercizio della rete dei canali consortili che si concretizza durante gli eventi piovosi nelle regolazioni dei manufatti presenti nel comprensorio in modo capillare allo scopo di evitare allagamenti nel territorio, fino all’attivazione degli impianti idrovori. Questa prioritaria funzione idraulica (scolo delle acque Vasca di laminazione delle piene a Suzzara (MN) - oasi faunistica. piovane e immissione di acque irrigue) viene svolta con una visione “ambientale” che negli ultimi anni ha indirizzato l’ente alla realizzazione di vasche di laminazione delle piene con funzioni plurime fra cui oasi faunistiche e fitodepurazione, alla messa a dimora di molti chilometri di fasce tampone boscate sugli argini dei principali canali e sui reliquati consortili nonché all’apprestamento di diverse piste ciclabili per rendere Sostegno Stoppo sulla Fossalta Superiore a Borgofranco sul Po (MN). fruibile a chiunque i beni in gestione. Planimetria generale. 12 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 13 Gli impianti del Consorzio Terre dei Gonzaga in Destra Po La rete di scolo del bacino ex Agro Mantovano-Reggiano, in sinistra Secchia, è incentrata sul Canale Collettore Principale, che ha le sue origini in località Borsiero a sud-ovest di Reggiolo e che termina alla tomba a sifone sotto il fiume Secchia. Ha una lunghezza complessiva di circa 26 km, con direzione sud/nord-est, e lungo il suo corso riceve l’afflusso dei canali secondari; la tomba a sifone sotto il fiume Secchia in località S. Siro collega il Collettore Principale al Canale Emissario che, dopo un percorso di circa 23 km, attraverso i Comuni di Quistello, Quingentole, Revere, Pieve di Coriano, Borgofranco, Carbonara Po e Sermide raggiunge l’Impianto Idrovoro AMR. Le aree di bassa pianura poste fra Secchia e Panaro e costituenti un unico bacino idrografico della superficie di circa 70.000 ettari di cui 30.000 ettari circa mantovani, 30.000 ettari modenesi e la restante parte ferraresi, è caratterizzato dalla presenza di un canale collettore che attraversa l’intero territorio da nord-ovest a sud-est denominato Fossalta Superiore, Fossalta Inferiore e nella parte di valle Collettore Burana. Il bacino ex Revere riguarda un’area esclusivamente mantovana della superficie di 13.500 ettari posta a monte di tutto il siGli impianti idrovori ex Revere (a sinistra) e ex Agro Mantovano-Reggiano (a stema. Il Canale Diversivo “Michele Bianchi”, di circa 3.100 m di lunghezza, che si stacca dalla Fossalta Inferiore, consente non solo destra) a Moglia di Sermide. lo scarico delle acque reveresi in Po ma anche la derivazione di acqua attraverso l’Impianto Idrovoro Revere. Impianto Idrovoro Ex Agro Mantovano-Reggiano (Moglia di Sermide - MN) L’impianto sorge nei pressi di Moglia di Sermide a circa 170 m dal fiume Po. E’ costituito da un fabbricato centrale in cui sono installate le idrovore, i motori a vapore ed un doppio ordine di paratoie, e da due fabbricati laterali in cui sono alloggiate le caldaie alimentate a carbone. Tale situazione rimase fino all’inizio degli anni Ottanta quando l’impianto venne ristrutturato nella parte meccanica e si provvide alla elettrificazione delle pompe. Il fabbricato centrale, costruito trasversalmente al canale, serve anche da controchiavica. Le acque defluiscono nel fiume Po liberamente finché lo stesso non raggiunge la quota di 12 m, dopodichè devono essere sollevate meccanicamente. L’impianto è capace della portata massima di 52 m3/s alla prevalenza di 1m. Sull’argine maestro vi è poi un secondo ordine di difesa costituito dalla “Chiavica L’impianto idrovoro ex Agro Mantovano-Reggiano a Moglia di Sermide. Emissaria” anch’essa dotata di paratoie a difesa dal fiume. Impianto Idrovoro Ex Revere (Moglia di Sermide - MN) Lo stabilimento è situato a circa 200 m dall’argine del Po e a 300 m a valle di quello dell’Agro Mantovano-Reggiano. Lo stabilimento si divide in due parti separate: una comprende la sala macchine, l’altra la diga che ha lo scopo di sostenere il peso delle acque del Po e congiungere l’argine sinistro e destro del bacino. I gruppi motori pompa per sollevamento dell’acqua sono tre, per una portata massima complessiva di 26 m3/s alla prevalenza di 8 m. A difesa del territorio circostante e dell’impianto è presente una chiavica emissaria a tre luci di 1,80 m di larghezza e 4,00 m di altezza chiuse da due ordini di paratoie. Tra la controchiavica e lo stabilimento vi è il bacino di scarico dell’impianto. Impianto Irriguo di Boretto (Santa Croce di Boretto - RE) L’impianto irriguo Boretto. Il principale impianto irriguo del Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po è posto in località Santa Croce di Boretto (RE), nel comprensorio del Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale. L’impianto preleva acqua irrigua dal Po fino a 60 m3/sec con 28 elettropompe sommerse e tramite il Cavo Derivatore Parmigiana Moglia la distribuisce su un territorio di 140.000 ettari. Il prelievo di competenza al Consorzio Terre dei Gonzaga in Destra Po è di 20 m3/sec di cui 14 m3/sec per il bacino ex Agro Mantovano-Reggiano e 6 m3 per il bacino ex Revere. 13 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 14 Le criticità e il futuro del Consorzio Terre dei Gonzaga in Destra Po La bonifica messa alla prova Alcune infrastrutture del Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po hanno subito nel tempo evidenti fenomeni di degrado strutturale. In particolare, lo stabilimento idrovoro ex Agro Mantovano-Reggiano e la relativa controchiavica presentano cedimenti e fessurazioni, anche di dimensioni importanti, che minano la stabilità e la funzionalità dell’impianto stesso. Anche la chiavica emissaria dell’impianto idrovoro Revere presenta alcune fessurazioni di significativa entità. Tali criticità sono oggetto di costante monitoraggio; la loro risoluzione è alla base dei progetti di intervento per la messa in sicurezza ed il consolidamento delle strutture che presentano lesioni. Il sisma del maggio 2012 ha chiaramente accentuato le problematiche già riscontrate in precedenza, da ascriversi soprattutto all’aumento del livello degli argini di circa 3 m dalla loro costruzione. Il futuro Lesioni all’impianto idrovoro ex Agro Mantovano-Reggiano. Nuova Controchiavica presso Impianto Idrovoro Ex Agro Mantovano-Reggiano (Moglia di Sermide - MN) La nuova controchiavica si colloca in corrispondenza dell’argine maestro destro del fiume Po allo sbocco del canale Emissario del comprensorio di bonifica dell’ex Agro Mantovano-Reggiano, immediatamente a valle dell’attuale chiavica a fiume. La necessità di realizzare una nuova chiavica deriva dall’esigenza di surrogare quella esistente, costruita agli inizi del XX secolo, fortemente compromessa e non più efficacemente recuperabile, considerato che gli argini del fiume Po sono aumentati di circa 3 m rispetto alla quota presente agli inizi del Novecento. Data la sua funzione di sbarramento nei confronti delle piene del Po, la chiavica assume un’importanza rilevante per la messa in sicurezza dei territori di pianura posti nelle province di Mantova, Modena e Ferrara. La nuova controchiavica, di larghezza pari a circa 70 m a costituire una vera e Progetto della nuova controchiavica presso l’impianto ex Agro propria diga alle acque del fiume in piena, presenterà due luci centrali Mantovano-Reggiano. dotate di paratoie e potrà essere attrezzata con 10 pompe idrovore elettriche per una portata di sollevamento complessiva di 40 m3/s; ciò al fine di sostituire l’attuale impianto idrovoro che presenta un macchinario elettromeccanico tecnologicamente superato, avente costi di esercizio elevati e tempi di intervento sempre meno compatibili con le variazioni climatiche in atto a garanzia della sicurezza idraulica del territorio. Vista fotorealistica di progetto della nuova controchiavica presso l’impianto ex Agro Mantovano-Reggiano. 14 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 15 Storia del Consorzio della Bonifica Burana La crisi del Seicento A partire dal XVII secolo, l’intervento pubblico venne a mancare, in concomitanza con un periodo caratterizzato da carestie, epidemie e guerre in cui le popolazioni venivano decimate: Legati pontifici, Estensi, Bentivoglio, Gonzaga, Pico e le singole Comunità presenti sul territorio non disponevano delle forze necessarie per realizzare opere di bonifica. Così, mentre nel Ferrarese e nel Mantovano proseguivano le forme di autogoverno del territorio con l’istituzione di Serragli e Digagne, nel Bolognese i proprietari terrieri si associarono spontaneamente in organizzazioni consorziali allo scopo di assicurare lo scolo dei propri terreni. I proprietari di terreni interessati all’esecuzione di una determinata opera si riunivano in un’assemblea in cui venivano eletti gli “Assunti” che formavano l’“Assunteria”, con il compito di nominare i tecnici per la progettazione delle opere e di formare il “campione di contribuenza”. Dopo aver ottenuto l’approvazione dell’assemblea dei proprietari e del Cardinale Legato, l’Assunteria curava l’esecuzione dei lavori e la riscossione delle tasse presso gli inte- Zona paludosa prima della bonifica all’inizio del XX secolo. ressati e si scioglieva al termine dei lavori. Col tempo le Assunterie divennero stabili, dandosi un’organizzazione consorziale. Il periodo napoleonico e la Restaurazione Serragli, Digagne e Assunterie restarono strutture completamente private fino all’arrivo di Napoleone, il quale, con un decreto reale del 6 maggio 1806, dichiarò di interesse pubblico le opere idrauliche riguardanti fiumi e torrenti arginati, incaricando il Governo di sostenerne la maggior parte delle spese. Restava privata solamente la bonifica, la manutenzione dei terreni paludosi e degli scoli. Il Governo napoleonico creò amministrazioni permanenti che si occupavano di specifici comprensori, denominati Circondari. Durante il dominio napoleonico, nel 1810 venne approvato il progetto per la costruzione di una botte che consentisse alle acque di Burana di sottopassare il fiume Panaro e, attraverso il Po di Volano, di raggiungere il mare Adriatico. I lavori iniziarono nel 1811 ma si interruppero con la caduta di Napoleone. I terreni bolognesi scolavano nel Cavamento a Finale Emilia, che sboccava liberamente nel Panaro, ma quando il fiume era in piena le acque rimontavano il Cavamento e sommergevano le terre circostanti. Per risolvere questo inconveniente, nel 1811 il Cavamento venne munito di un manufatto a portoni per impedire il ritorno dell’acqua. Con la Restaurazione, il comprensorio fu nuovamente suddiviso secondo i precedenti ordinamenti politici: gli Estensi nella parte Modenese, lo Stato Pontificio nel Bolognese e nel Ferrarese, l’impero Austro-Ungarico nella parte Mantovana. Lo Stato Pontificio, in base a disposizioni del motu proprio emanato da Papa Pio VII, il 23 ottobre 1817 rinnovò la legislazione dei lavori pubblici in tema di acque e strade e l’intero Stato fu riorganizzato in bacini e comprensori di scolo facenti capo a circondari idraulici retti da congregazioni consorziali. Nel Bolognese era operante la Congregazione del I Circondario, mentre nel Bondesano quella del V Circondario. Nel territorio bolognese il primo Circondario ad essere istituito fu quello denominato Cavamento Palata. Esso comprendeva il territorio compreso fra la sinistra del Reno, il torrente Samoggia e il Panaro. La Congregazione Consorziale del Circondario Cavamento Palata avviò la sua attività ufficialmente l’1 gennaio 1821; nel 1929 venne soppressa e le funzioni furono trasferite al nuovo Pianta e misura dell’impresa della Galeazza, 1640. Archivio di Stato di Bologna, Fondo Pepoli. Consorzio di Bonifica Cavamento Palata. 15 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 16 Storia del Consorzio della Bonifica Burana L’Unità d’Italia Dopo l’unificazione d’Italia alcuni eventi catastrofici richiamarono l’attenzione dello Stato sugli interventi idraulici nell’area compresa tra Po, Secchia e Panaro. L’intervento statale in materia di bonifica venne istituzionalizzato solamente dopo le rotte del Po a Borgofranco nel 1872 e nel 1879. Con la legge n. 333 del 1881 lo Stato italiano inserì il territorio di Burana in quelli bisognosi di interventi urgenti, per salvaguardare la vita delle cittadine di Bondeno e Guarda Ferrarese. La svolta si ebbe con la legge n. 869 del 1882 (conosciuta come legge Baccarini) in cui si fecero prevalere le necessità igieniche delle bonifiche, per prevenire la malaria. La legge Baccarini è la prima legge organica sulle bonifiche in cui la Botte Napoleonica a Bondeno (FE). maggior parte delle spese veniva addossata a Stato, Province e Comuni. Per la zona di pianura compresa tra Po, Secchia e Panaro, il Progetto Generale dei lavori redatto dall’ingegner Maganzini seguiva il criterio generale della divisione tra le acque dei terreni più alti e le acque dei terreni più bassi. A completamento della Botte Napoleonica, era stata progettata la raccolta delle acque alte modenesi nel canale Diversivo Modenese con scarico a gravità nel Panaro a S. Bianca, mentre la raccolta delle acque basse modenesi, parte delle ferraresi e di quelle mantovane si sarebbe attuata con scarico naturale attraverso la Botte Napoleonica. Erano, inoltre, previste la conservazione dei deflussi in Po delle acque alte mantovane attraverso le chiaviche di Moglia a Sermide e delle Quattrelle a Stellata presso Bondeno, la raccolta delle acque basse mantovane nei nuovi canali di Felonica, di Roversella e dell’Allacciante di Felonica, lo scolo in Burana, e quindi attraverso la Botte Napoleonica delle acque basse ferraresi, la costruzione di una chiavica sul Po a Stellata allo scopo di consentire la navigazione del Po di Volano. L’impossibilità di ultimare in breve tempo i lavori e le successive allagazioni negli anni 1891 e 1892, che devastarono circa 11.500 ettari di terreni, portarono lo Stato ad istituire, attraverso la Legge-Convenzione Genala, il Consorzio Interprovinciale per la bonifica di Burana, presieduto da un comitato esecutivo formato dai rappresentanti dei proprietari interessati, con lo scopo di realizzare i progetti che lo Stato non aveva ancora iniziato: la costruzione del canale Emissario di Burana dal sostegno di Valpagliaro al mare Adriatico, la costruzione del canale Collettore di Burana dalle Chiaviche Mantovane alla Botte Napoleonica, la costruzione dei canali mantovani, la costruzione del canale di derivazione dal Po. La Botte Napoleonica venne inaugurata ed attivata nel 1899. Sempre a fine Ottocento nel territorio bolognese venne realizzata un’altra importante opera: la deviazione e il prolungamento dello Scolo Romita. Il progetto del 1865 prevedeva la deviazione dello scolo Romita a monte del Canale di San Giovanni, per portarne le acque nel Cavamento e Sbarramento irriguo della Guazzaloca. Anni ‘20 - ‘30 del Novecento. non più nel Cavamento Amola. 16 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 17 Storia del Consorzio della Bonifica Burana Il Novecento L’inizio del nuovo secolo vide l’emanazione dei primi Testi Unici e Regolamenti sulla bonifica (il più importante dei quali e tuttora vigente è il Regio Decreto n. 368 del 1904) che prevedevano la riunione vincolante dei proprietari dei terreni di prima categoria in Consorzi di Bonifica a cui lo Stato avrebbe delegato l’esecuzione dei lavori, le norme sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi e le disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie. Fu quindi la prima metà del XX secolo la più feconda di opere di bonifica (nuove canalizzazioni, manufatti, impianti idrovori), alle quali si aggiunsero soluzioni per rendere l’intero sistema di scolo compatibile anche per la funzione irrigua, che contribuiL’impianto idrovoro di Santa Bianca. rono al benessere generalizzato di cui oggi beneficiamo. Con le leggi Serpieri, nei primi decenni del Novecento, ai Consorzi venne affidata la gestione dei reticoli artificiali per cui il Consorzio Interprovinciale per la Bonifica di Burana estese le proprie competenze alla maggior parte del reticolo artificiale compreso fra i fiumi Po, Secchia e Panaro a nord della città di Modena. La gestione dell’intero reticolo idraulico implicò la risagomatura dei canali secondari e di conseguenza l’aumento della loro capacità di invaso rese necessario rimodellare anche quelli principali, con la conseguenza che la Botte Napoleonica e la chiavica di Santa Bianca a Bondeno si rivelarono insufficienti a scolare per “gravità” tutte le acque del comprensorio. Nacque così la necessità di sollevare con l’ausilio di pompe idrovore le acque eccedenti, per cui sulla scorta di un vasto programma di progetti, messo a punto dal direttore tecnico del Consorzio ing. Alberto Baroni, furono realizzati gli impianti idrovori di Santa Bianca, Pilastresi, Dogaro, Cipollette e Moretta. Fra questi merita un cenno a parte l’impianto Pilastresi che, per la duplicità della sua funzione di scolo e derivazione, fin dall’epoca dell’inaugurazione, venne definito “il più im- Interno dell’impianto idrovoro Bondeno-Palata. portante manufatto idraulico del genere esistente in Europa”. Progettato nel 1929, l’impianto presentò notevoli problemi esecutivi a causa di sifonamenti provenienti dal Po attraverso i terreni di pessima qualità sui quali si era dovuto realizzare il manufatto; tali condizioni comportarono una lunga serie di interventi gravosi sul piano tecnico ed umano che, congiunti con le vicende della Seconda Guerra Mondiale, ne rimandarono l’operatività all’anno 1949. Nel 1924, il Consorzio Cavamento Palata, comprendente il territorio bolognese tra Samoggia e Panaro, per dare esito alle acque basse del proprio comprensorio che dalla bonifica realizzata da Giovanni II Bentivoglio (1487-1507) aveva subito solo modesti aggiustamenti, avviò la costruzione di un grande canale emissario che con un percorso di 21 km fu portato a sboccare nel Panaro, alle porte di Bondeno, sovrapponendosi pesantemente per 3 km ad alcune strutture idrauliche del Serraglio di Santa Bianca. Il canale, nel punto di innesto col Panaro, fu dotato di un imponente impianto idrovoro, progettato per dare risposte ad esigenze di carattere tecnico (garantire la piena funzionalità del collettore delle acque basse anche nei periodi di piena del Panaro), ma anche ad esigenze di carattere ambientale (contenimento delle dimensioni degli argini per non provocare l’opposizione dei possidenti estranei alla bonifica). La legge sulla bonifica integrale portò poi alla costruzione di nuove opere in un contesto più ampio teso a rendere vivibile il comprensorio con la realizzazione di impianti e prese di derivazione finalizzati all’irrigazione, di acquedotti ed elettrodotti per la distribuzione di acqua potabile ed elettricità alle case coloniche sorte nel comprensorio oltre ad un vasto programma di strade. Lavori di escavo presso l’Emissario delle Acque Basse. Anni ‘20-‘30 del Novecento. 17 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 18 Il Consorzio della Bonifica Burana oggi Il sistema drenante, di antiche radici, è artificiale, fatto di una complessa articolazione di opere che difendono il territorio dal libero vagare delle acque, dall’impaludamento e dalla malaria. Da sempre ogni proprietario di bene immobile contribuisce, come in un condominio, al buon funzionamento di tale sistema la cui gestione è affidata, per legge, ai Consorzi di Bonifica, eredi ultimi di coloro che, per primi, hanno effettuato interventi idraulici ancora attuali e funzionali. Dapprima dipendenti direttamente dal Ministero dei Lavori Pubblici, poi dal Ministero dell’Agricoltura, dagli anni ’70 del Novecento le competenze statali in materia agricola, in materia di lavori pubblici e di difesa del suolo sono stati trasferiti dallo Stato alle Regioni. Oggi, in Italia si contano oltre 150 enti di bonifica, anche se il processo di riordino ha avviato un accorpamento per bacini idrografici di diversi Consorzi in varie regioni, tra cui la nostra. Già in base alla legge n. 42 del 2 agosto 1984 la Regione Emilia-Romagna accorpò il proprio territorio in 15 Consorzi di Bonifica secondo un criterio ispirato all’unitarietà idraulica di bacino. Questo primo riordino, reso effettivo dalla delibera n. Briglia sul Torrente Dardagna, affluente del Panaro 1663 del 12 novembre 1987, ha visto operare sull’attuale com(Lizzano in Belvedere - BO). prensorio il Consorzio della Bonifica Burana-Leo-Scoltenna-Panaro di Modena, formato dall’unificazione dei Consorzi Interprovinciali per la Bonifica di Burana, Bacini Montani di Modena (istituito nel 1928), Bonifica Nonantolana (istituito nel 1872) e Miglioramento Fondiario scoli e irrigazioni di Ravarino (istituito nel 1873); il Consorzio della Bonifica Reno-Palata nacque, invece, dalla fusione dei Consorzi di Bonifica Palata-Reno (a cui furono affidate nel 1982 anche le competenze sul Canale Torbido), di Bologna e Consorzio di Bonifica Montana dell’Alto Bacino del Reno. Il riordino successivo, in base alla legge regionale n. 5 del 24 aprile 2009, ha portato agli attuali 8 Consorzi di Bonifica in Emilia-Romagna. Il Consorzio di Bonifica Burana dal 1° ottobre 2009 riunisce nel proprio comprensorio i territori di due Consorzi preesistenti: la parte del comprensorio del Consorzio Reno-Palata compresa tra il torrente Samoggia ed il fiume Panaro e l’intero comprensorio del Consorzio della Bonifica Burana-Leo-Scoltenna-Panaro, rispettivamente situati in destra e sinistra idraulica del fiume Panaro. Il Consorzio opera attualmente in un’area di oltre 240.000 ettari: si estende dal crinale dell’Appennino tosco–emiliano al Po in Lombardia, all’interno delle province di Modena, Mantova, Bologna, Ferrara e Pistoia e ricade nei bacini idrografici del Burana-Po di Volano e del Panaro. Montagna e pianura vedono la presenza istituzionale dei Consorzi Paratoia Guazzaloca (Crevalcore - BO). di Bonifica (enti di diritto pubblico) con competenze territoriali di difesa dal rischio idraulico e contro il dissesto idrogeologico. In montagna, dove i corsi d’acqua sono “naturali” e quindi con gestione a carico di Regione e Stato, il Consorzio svolge compiti di sorveglianza del territorio, esecuzione e manutenzione di opere di bonifica montana, di sistemazione ambientale e difesa del suolo. In pianura, invece, la preziosa orditura costituita da canali e fiumi deve essere realizzata e regolata artificialmente; l’intero sistema è gestito dai Consorzi che provvedono ad eseguire e mantenere le opere di bonifica, costituite essenzialmente da stabilimenti idrovori, chiaviche, canali, ponti, botti a sifone, manufatti idraulici di sostegno e raccordo, briglie, casse di espansione e impianti di sollevamento a servizio dell’irrigazione. Questo complesso sistema idraulico assume anche una rilevante funzione ambientale per migliorare il paesaggio e favorire la bioCanale Collettore di Burana (Bondeno - FE). diversità. 18 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 19 Gli impianti del Consorzio della Bonifica Burana Con circa 960 km di canali, che hanno come recapito il Canale Collettore di Burana, il sistema idraulico delle acque basse in sinistra Panaro gestisce circa 54.200 ettari di territorio di bassa pianura mantovana, modenese e ferrarese. Il Canale Collettore di Burana inizia il suo percorso al confine fra Lombardia ed Emilia-Romagna e scorre verso sud-est, sottopassando il Panaro in territorio bondenese attraverso la Botte Napoleonica. Tali acque si immettono nel Mare Adriatico dopo circa 85 km, scorrendo per caduta naturale attraverso il Canale Emissario di Burana e quindi nel Po di Volano. Il sistema di distribuzione idrica è incentrato sull’impianto Sabbioncello, ubicato nel Mantovano, che deriva l’acqua dal fiume Po servendo una superficie di circa 70.000 ettari nella Bassa Pianura mantovana e modenese, principalmente nei territori del Consorzio della Bonifica Burana e del Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po. La Botte Napoleonica a Bondeno (FE). Botte Napoleonica (Bondeno - FE) La costruzione di una "Botte" sotto il fiume Panaro per bonificare l'agro di Burana fu concepita nel XIX secolo con lo scopo di convogliare le acque sotto il Panaro per raggiungere direttamente il Mare Adriatico. Il progetto fu affrontato già dal Governo Napoleonico del Regno d'Italia, ma la caduta di Napoleone nel 1815 e la conseguente Restaurazione fermarono l'esecuzione delle opere complementari quali lo scavo dei canali Collettore ed Emissario e pertanto il manufatto rimase inutilizzato. Dopo l'Unità d'Italia furono compiute le canalizzazioni di raccolta delle acque del Bacino buranese; infine, con la deviazione sulla Botte di un breve tratto del Panaro, l'opera venne inaugurata il 25 Febbraio 1899. La Botte è costituita da due canne lunghe 99 m con pendenza dello 0,35 % per una portata massima di 40 m3/s. Nel 1988 il Consorzio ha curato il restauro dell’infastruttura idraulica. I due “caselli” posti a monte e a valle ospitano le paratoie che controllano il flusso delle acque del Canale Collettore di Burana in entrata e del Canale Emissario di Burana in uscita. Impianto Idrovoro di scolo e derivazione idrica Pilastresi (Stellata di Bondeno - FE) L'impianto idrovoro Pilastresi, costruito tra gli anni 1928-37 e attivato solo nel 1949 a causa degli eventi bellici, è ubicato a Stellata di Bondeno e insieme al canale delle Pilastresi raccorda il Canale Collettore di Burana al Po. Fu concepito per lo scolo del Bacino delle Acque Basse, poi il progetto fu rivisto per consentire anche la derivazione dal Po a servizio della parte orientale della provincia ferrarese. All'epoca, per la duplicità delle funzioni di scolo e derivazione, venne definito il più importante impianto d'Europa. L’impianto è dotato di quattro gruppi di pompe, ognuno azionato da due differenti motori, che sollevano l’acqua dal Canale delle Pilastresi al fiume Po e viceversa. L’impianto ha una portata massima di scolo di 40 m3/s e una portata massima per derivazione di 47 m3/s. La chiavica di sbocco in Po dell’impianto Pilastresi consente di utilizzare la rete dei canali come riserva d’acqua e di preservare il territorio dalL’impianto idrovoro Pilastresi a Stellata di Bondeno (FE). l’eventuale risalita del fiume. La funzione di derivazione irrigua, che serve un bacino di 150.000 ettari dislocato soprattutto nella parte ferrarese extra-comprensoriale e di 2.800 ettari nel comprensorio consortile, può avvenire sia a gravità sia per sollevamento meccanico. Pilastresi è definito “Polo idraulico” poichè, oltre all’impianto principale, la regimazione dell’acqua è garantita anche da un complesso sistema costituito da impianti sussidiari, chiaviche, canali e manufatti. Impianto Idrovoro di derivazione idrica Sabbioncello (Quingentole – MN) L’impianto Sabbioncello, inaugurato nel 1958, è stato costruito nella golena del Po, a Quingentole (MN) al di fuori del comprensorio consortile, ubicato in una posizione tale da minimizzare il numero di risollevamenti dell’acqua derivata lungo l’asta del Canale Sabbioncello. Tale impianto venne progettato nel 1936, ma a causa degli eventi bellici la proposta di realizzazione dell’impianto venne ripresentata nel 1947; Sabbioncello, dotato di 6 gruppi di pompe azionate da 6 motori elettrici sincroni, risulta il principale impianto di derivazione per approvvigionamento idrico del comprensorio di pianura, in grado di fornire fino a 20 m3/s di acqua. L’acqua viene prelevata dal Po ed immessa nel Canale Sabbioncello attraverso un bacino di calma, che consente la sedimentazione dei solidi sospesi nell’acqua derivata e la misurazione della portata. Il Canale Sabbioncello è lungo 20 km e confluisce nel Canale Diversivo di Burana a San Possidonio (MO); per l’irrigazione del Bacino delle Acque Alte, il L’impianto irriguo Sabbioncello a Quingentole (MN). sistema è potenziato da impianti di risollevamento. 19 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 20 Le criticità e il futuro del Consorzio della Bonifica Burana La bonifica messa alla prova Le infrastrutture del Consorzio della Bonifica Burana hanno subito pesantemente l’impatto del sisma del maggio 2012 e avuto un ruolo fondamentale nell’allontanare le acque provenienti dalla rotta del fiume Secchia del gennaio 2014. Nonostante le strutture siano state messe a dura prova dal sisma, il servizio di distribuzione irrigua e di scolo hanno continuato ad essere operativi ed efficienti grazie alla determinazione della “macchina consortile” che, come sempre, ha dato priorità alla sicurezza del territorio. Inoltre, le varie ordinanze della Regione Emilia Romagna hanno consentito l’avvio di un percorso di ricostruzione tuttora in atto che, peraltro, ha fatto riemergere la necessità di adeguaLavori di ricostruzione presso il polo idraulico Pilastresi danneggiato menti del sistema di bonifica alle mutate condizioni territoriali. dal terremoto 2012. Il futuro Impianto Idrovoro Cavaliera (località Malcantone di Bondeno - FE) A causa delle modifiche che si sono susseguite negli ultimi 60 anni sul territorio, sia in termini di urbanizzazione che di modifica delle pratiche colturali, unitamente all’aspettativa di una maggiore sicurezza idraulica, si è ravvisata la necessità di “ristrutturare” dal punto di vista dello scolo delle acque superficiali la rete idraulica di bonifica con importanti interventi in termini infrastrutturali. In collaborazione con il D.I.S.T.A.R.T. dell’Università di Bologna, è stato effettuato uno studio che ha definito necessario, per la rete delle Acque Basse in sinistra Panaro, il potenziamento dello scolo nel fiume Po per almeno 20-30 m³/s oltre all’attuale capacità. La soluzione progettuale prevista si concretizza nella realizzazione di un nuovo impianto di sollevamento con tale potenzialità di scarico, elevabile in futuro fino a 40-60 m³/s. Il nuovo impianto verrà realizzato nel punto più Ubicazione del nuovo impianto Cavaliera. congeniale per lo scarico in golena del Po in corrispondenza della foce del Panaro tra la località denominata “Coronella Brandana” e l’Impianto Pilastresi, lontano da aree urbanizzate o soggette a vincoli e in un tratto in cui la sezione del fiume risulta essere notevolmente ampia e a valle del centro abitato di Bondeno. Fotografia aerea dell’area del nuovo impianto Cavaliera. 20 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 21 La bonifica nell’Oltrepo mantovano Oggi l’Oltrepo mantovano, strettamente connesso dal punto di vista idraulico alla Pianura Padana ricadente nella regione emiliana, è incluso nei comprensori del Consorzio Terre dei Gonzaga in Destra Po di Mantova, del Consorzio della Bonifica Burana e, per una superficie modesta, del Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale. L’assetto della sistemazione idraulica attuale dei territori posti in destra del fiume Po nella media pianura orientale è determinato dalla presenza degli affluenti Crostolo, Secchia e Panaro, amministrativamente collocati nelle province di Mantova, Reggio Emilia, Modena e Ferrara; esso deriva da opere di bonifica attuate dai Consorzi nati dopo l’Unità d’Italia, in seguito anche agli eccezionali danni delle piene del fiume Po nel 1873 ed ai rinnovati disastri idraulici del 1879. Il Governo faPonte della strada Guastalla - Reggiolo sul Canale Collettore Principale. vorì le opere di bonificazione e di difesa idraulica e successivamente approvò una serie di norme che permisero nel tempo di provvedere alla completa ed efficace sistemazione idraulica di tali territori ed, all’interno degli stessi, soprattutto delle zone più basse. In particolare l’Oltrepo è idraulicamente caratterizzato da tre bacini tra loro interconnessi, che recapitano le acque di scolo in parte direttamente in Po e in parte nel Po di Volano. Partendo da ovest verso est si trovano: • il Bacino ex Agro Mantovano-Reggiano, in sinistra Secchia, che raccoglie le acque di 39.000 ettari dal territorio emiliano-romagnolo e lombardo e, attraverso il Canale Collettore Principale che sottopassa il fiume Secchia, si immettono in Po tramite il Canale Emissario Agro Mantovano-Reggiano presso l’impianto idrovoro omonimo di Moglia di Sermide; • il Bacino ex Revere, in destra Secchia, che raccoglie le acque di 13.500 ettari dal territorio lombardo e, attraverso il Canale Collettore Fossalta Superiore e Inferiore, scarica in parte in Po attraverso l’impianto idrovoro Revere (Moglia di Canale Fossalta con ninfee. Sermide) e in parte si immette nel Canale Collettore di Burana per scaricare nel Po di Volano e direttamente in Po presso l’impianto idrovoro Pilastresi; • il Bacino Burana/Po di Volano, che attraverso il Canale Collettore di Burana raccoglie le acque di circa 55.000 ettari dal territorio emiliano-romagnolo e mantovano, nonché acque del Bacino Revere. Il Canale Collettore di Burana sottopassa il fiume Panaro attraverso la Botte Napoleonica e scarica nel mare Adriatico tramite il Po di Volano. Una parte della portata viene deviata verso l’impianto idrovoro Pilastresi per scaricare in Po. L’approvvigionamento irriguo per questi territori, oltre che dalle acque meteoriche trattenute nei canali, è garantito dalle derivazioni dal fiume Po tramite gli impianti Boretto, Sabbioncello e Pilastresi. La Chiavica Vallazza con visitatori. 21 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 22 22 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 23 Note 23 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 24 24 AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 25 Enti promotori Con il patrocinio di Unione Regionale Bonifiche Irrigazioni e Miglioramenti fondiari Lombardia Unione Regionale delle Bonifiche Emilia Romagna Associazione Nazionale Consorzi Gestione e Tutela del Territorio e Acque Irrigue Finito di stampare nel mese di Settembre 2016 Museo Archeologico Ambientale Segreteria: via Marzocchi, 17 40017 San Giovanni in Persiceto (BO) tel 051-6871757 / fax 051-823305 e-mail: [email protected] web: www.museoarcheologicoambientale.it “MUSEO DI QUALITÀ” È RICONOSCIUTO DA REGIONE EMILIA-ROMAGNA ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 26