Storia delle bonifiche nell`Oltrepo mantovano

Transcript

Storia delle bonifiche nell`Oltrepo mantovano
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 1
Consorzio di Bonifica Terre
dei Gonzaga in Destra Po
Consorzio Oltrepo Mantovano
Consorzio della Bonifica Burana
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
Soprintendenza Archeologia della Lombardia
AQUAE
Storia delle bonifiche
nell’Oltrepo mantovano
Museo Archeologico
Ambientale
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 2
Promotori evento
Francesco Vincenzi - Presidente del Consorzio della
Bonifica Burana
Ada Giorgi - Presidente del Consorzio Terre dei Gonzaga
in Destra Po
Coordinamento organizzativo
Carla Zampighi - Consorzio della Bonifica Burana
Silvia Marvelli - Museo Archeologico Ambientale
Raffaele Monica - Consorzio Terre dei Gonzaga in Destra Po
Coordinamento scientifico
Bruno Andreolli, Franco Cazzola - Università degli
Studi di Bologna
Renata Curina, Paola Desantis, Marco Marchesini,
Valentino Nizzo, Tiziano Trocchi - Soprintendenza
Archeologia dell’Emilia Romagna
Marzio Dall’Acqua - già Soprintendente Archivistico
per l’Emilia Romagna
Euride Fregni, Patrizia Cremonini - Archivio di Stato
di Modena
Silvia Marvelli - Museo Archeologico Ambientale
Carla Zampighi - Consorzio della Bonifica Burana
Progetto espositivo
Fabio Lambertini - Museo Archeologico Ambientale
Testi dei pannelli e guida
Dora Anna Barelli, Fabio Lambertini, Alberto Manicardi,
Marco Marchesini, Silvia Marvelli, Raffaele Monica,
Alessandro Oliani, Laura Pancaldi, Carla Zampighi
Disegni
Riccardo Merlo
Fotografie
Fabio Lambertini – Museo Archeologico Ambientale
Archivio Consorzio della Bonifica Burana
Archivio Consorzio della Bonifica Terre dei Gonzaga
in Destra Po
Alessandro Oliani
Progetto grafico
MCS Studio Marco Cocchi
Si ringrazia per la preziosa collaborazione
Dora Anna Barelli, Andrea Angiolini, Elena Fanti,
Giorgia Mantovani, Silvia Poppi - Consorzio della
Bonifica Burana
Michele Maccari, Lucio Bresciani - Consorzio di
Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po
Alberto Manicardi - Consorzio Oltrepò Mantovano
Soprintendenza Archeologia della Lombardia
Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna
Archivio di Stato di Mantova
Archivio di Stato di Bologna
Archivio di Stato di Modena
Archivio di Stato di Ferrara
Archivio Storico Comunale di Sant’Agata Bolognese
Archivio Storico Comunale di San Giovanni in Persiceto
Archivio Storico Comunale di Crevalcore
Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna
Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara
Aquae - Storia delle bonifiche nell’oltrepo mantovano
a cura di S. Marvelli, F. Lambertini, C. Zampighi
©2016 Museo Archeologico Ambientale di San Giovanni in Persiceto (BO)
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 1
Aquae: un percorso espositivo itinerante
Risorsa primaria per eccellenza, fonte di
vita per l’uomo, via di comunicazione, l’acqua
indispensabile all’agricoltura per produrre
cibo è il punto di partenza del percorso espositivo Aquae dedicato al governo delle acque
superficiali, alla vivibilità del territorio e alla
salvaguardia del paesaggio grazie ad operazioni coordinate e ben organizzate nel corso
del tempo in diversi territori.
Da più di un secolo i consorzi di bonifica,
evoluzione moderna di forme associative più
antiche, hanno ereditato la gestione del sistema delle acque di superficie provenienti
dalle precipitazioni, costituito da una complessa rete di canali, manufatti e impianti tecnologici, sia con funzione di scolo per
contribuire alla sicurezza idraulica, sia per approvvigionamento idrico per l’agricoltura e Allestimento della mostra nella Chiesa di Sant'Apollinare a San Giovanni in Persiceto.
l’ambiente.
Spesso, tuttavia, l’equilibrio tra acqua e suolo, nel tempo e nello spazio, viene dato per scontato, come naturale;
si basa, invece, su un lavoro costante e impegnativo, un equilibrio che manifesta fragilità quando non vengono rispettati
i criteri che regolano l’aff lusso dell’acqua nei vari riceventi fino al mare.
Ecco perché il percorso espositivo Aquae nasce dalla collaborazione fra il Consorzio dei Comuni dell’Oltrepò
Mantovano, il Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po, il Consorzio della Bonifica Burana ed il Museo
Archeologico Ambientale. Il percorso si focalizza sul territorio dell’Oltrepò mantovano caratterizzato da delicati
equilibri tra corsi d’acqua naturali e ar ificiali, da un particolare assetto idrogafico, in stretta connessione con il Po,
nonché da una singolare evoluzione nel corso del tempo. Il percorso inizia con un inquadramento storico-ambientale
del territorio in età preromana, prosegue con un approfondimento sulla romanizzazione, passando poi all’età medievale dove l’assetto paesaggistico lascia il posto a insediamenti circondati da fossati e da numerosi canali con attività
ad essi collegati.
La mostra prosegue con la ricca documentazione archivistica che attesta l’organizzazione e il controllo delle
acque tra il Basso Medioevo e il Novecento nel territorio mantovano. Vengono qui illustrate le diverse gestioni territoriali delle acque nel corso del tempo, portando il visitatore a conoscenza del sistema dei “serragli”, utilizzato nelle
diverse corti dai Gonzaga ai Pico agli Estensi per arginare l’invasione delle acque.
Infine il percorso giunge al sistema idraulico attuale del territorio, in una proiezione anche di prospettiva futura,
che deve raccontare la sua storia attraverso un unico filo conduttore: il Consorzio di Bonifica, erede del governo e
della tutela delle acque superficiali.
La mostra Aquae, progettata per
essere itinerante, ha iniziato il suo percorso nel 2011 nei territori gestiti dal
Consorzio della Bonifica Burana,
come il Bolognese, il Modenese e il
Ferrarese (San Giovanni in Persiceto,
Nonantola, Crevalcore, San Matteo
della Decima, Sant’Agata Bolognese e
Bondeno), proseguendo nei territori
mantovani gestiti dal Consorzio della
Bonifica Burana e dal Consorzio Terre
dei Gonzaga in Destra Po con le tappe
di Mantova, Felonica, Sermide e i comuni dell’Unione Isola Mantovana
per raccontare la ricca storia idraulica
del territorio, con un approfondimento
importante sulla funzionalità del sistema di bonifica in collegamento con
i fiumi Secchia, Panaro, Po e il mare
Adriatico.
Fossa Morena al tramonto.
1
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 2
I Comuni dell’Oltrepo mantovano
L’Oltrepo mantovano è uno dei pochi territori della Lombardia che si estende a sud del fiume Po.
I Comuni situati oltre il fiume sono 20: Borgofranco, Carbonara di Po, Felonica, Gonzaga, Magnacavallo, Moglia, Motteggiana, Pegognaga, Pieve di Coriano, Poggio Rusco,
Quingentole, Quistello, Revere, San Benedetto Po, San Giacomo delle Segnate, San Giovanni del Dosso, Schivenoglia, Sermide, Suzzara, Villa Poma. Essi appartengono tutti alla
Provincia di Mantova e il loro territorio è incuneato tra quello
delle province emiliane di Reggio Emilia, Modena e Ferrara e
quella veneta di Rovigo. La storia e le vicende attuali di questi
comuni sono fortemente influenzate dal fiume Po, generatore
di gioie e di dolori. Inoltre questi comuni, insieme a quelli in
sinistra Po di Ostiglia, Serravalle a Po e Sustinente, aderiscono
Carta raffigurante l’ubicazione dell’Oltrepo mantovano.
al Consorzio dell'Oltrepò Mantovano, che si occupa di elaborare proposte e progetti diretti a perseguire finalità di sviluppo produttivo, occupazionale e territoriale dell’area, di riequilibrio
territoriale del sistema industriale, di promozione e coordinamento
di interventi di sviluppo e rinnovamento economico, sociale e culturale, di tutela e salvaguardia dell’ambiente in collaborazione con
Enti e/o Associazioni operanti nel territorio.
Per la sua posizione geografica, crocevia tra nord e sud e tra
est e ovest, l’Oltrepo mantovano conserva grandi testimonianze di
un importante passato: dagli
Etruschi ai Romani, da un fecondo Medioevo con i monaci benedettini e Matilde di
Canossa al ducato gonzaghesco che ha improntato di sé Vista aerea di Palazzo Cavriani a Felonica.
l’intero territorio, dalle guerre
d’indipendenza alle lotte contadine.
Attraversare il territorio dell’Oltrepo mantovano significa trovare un paesaggio in cui l’operosità dell’uomo si fonde con la tranquillità della natura,
dove i suoni della vita produttiva si perdono nei silenzi dell’aperta campagna.
La pieve di Coriano.
La vocazione agricola ha prodotto una cucina che è stata definita di principi e di popolo: i salumi tipici, il Parmigiano Reggiano (unica zona di produzione al di fuori dell'Emilia-Romagna), i famosi tortelli di zucca, gli agnoli
in brodo, i risotti, il tartufo, gli stracotti, la torta di tagliatelle, il tirotto sono
soltanto alcuni dei piatti tipici che si possono gustare nei ristoranti e negli
agriturismi della zona.
Nei secoli passati grandi estensioni di foreste coprivano il territorio lungo
il fiume Po; oggi, invece, troviamo
prevalentemente
piantagioni di pioppi. Numerose sono comunque le
specie vegetali presenti,
come platani, gelsi, robinie,
Villa Bisighini a Carbonara di Po.
artemisie, carpini bianchi,
querce, aceri campestri, olmi, salici, canneti, ontani e piante esotiche. È molto numerosa la fauna avicola con aironi cinerini, nitticore, cormorani, garzette, gabbiani, folaghe, falchi, gufi, civette
e poiane. Inoltre vi sono numerose specie di anatre come i germani reali e lo svasso. Nel fiume si trovano il luccio, la carpa, il
cavedano, l'anguilla, il siluro, la tinca. Sulla terra sono invece presenti lepri, volpi e fagiani. Un luogo tutto da assaporare con il piacere di chi sa gustare, ascoltare e vedere un paesaggio d’Europa. La piazza di Quingentole.
2
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 3
La migrazione del corso del Po
Il sistema idrografico padano ha subito
notevoli mutamenti nel corso dei millenni,
provocati dall’azione singola o combinata
dei fattori naturali o dagli interventi dell’uomo fattisi sempre più intensi, con il risultato che il corso del Po nel suo ultimo tratto
si è progressivamente spostato verso nord,
mentre gli affluenti appenninici hanno deviato il loro percorso verso ovest. I mutamenti di tale sistema hanno influito sulle
condizioni di sviluppo dell’assetto idraulico
dell’Oltrepo mantovano.
Il fenomeno migratorio non coinvolge
“Inondazione del Ferrarese successa nel Mese di Novembre dell'anno 1703 caggionata dalle
l’intero
percorso fluviale, ma solo alcuni
rotte del Po, Mincio e Secchia sul Mantovano”.
tratti ben distinti; per tale motivo fino a Cremona non si sono avute modifiche sostanziali nel corso dei millenni, a parte alcuni salti di meandro con spostamenti di qualche chilometro. Tra Cremona e Guastalla alcuni paleoalvei mostrano un corso antico a nord
dell’attuale, mentre da Guastalla in poi numerose tracce indicano chiaramente un corso del Po molto più a sud di
quello odierno. Rinvenimenti sabbiosi collocano il fiume, tra il periodo pleistocenico ed olocenico, sull’asse congiungente le località di Cremona, Carpi, Nonantola, San Giovanni in Persiceto, Lugo e Cervia. Partendo da questa
posizione, alcuni rami padani raggiungono in epoca tardo neolitica, tra IV e III millennio a.C., il territorio di Bondeno, collocandosi sulla direttrice fluviale congiungente le località di Novellara, Cavezzo, Medolla e Massa Finalese. Con l’avvicinarsi dell’età del Bronzo si modifica l’equilibrio e, pur mantenendosi attiva la direttrice descritta
fino all’età classica come testimoniano i siti romani rinvenuti nell’alveo, nuovi rami più settentrionali richiamano
ormai le maggiori portate (Po di Spina e Po di Adria). Il più settentrionale, il ramo di Adria, dopo aver toccato il
territorio di Quistello, scorreva a sud di Ostiglia nei
pressi di Magnacavallo e Poggio Rusco; fino alla tarda
età del Bronzo era collegato, nella zona tra Brescello e
Bondeno, tramite numerosi canali secondari al ramo di
Spina, distante circa 8 chilometri. Quest’ultimo, più meridionale, percorreva i territori di Rolo, San Possidonio
e Quarantoli, solcando avvallamenti identificabili con
gli attuali canali di San Martino, Quarantoli e Burana.
Ad un periodo compreso tra XIV e IX secolo a.C.
di relativa stabilità climatica e, di conseguenza, idraulica
segue, tra IX e VIII secolo a.C., un brusco peggioramento
delle condizioni atmosferiche che provoca fenoAirone rosso presso il fiume Po.
meni di sovralluvionamento con numerose rotte. Si può
collocare in questo periodo la rotta tra Brescello e Guastalla, che sposta verso nord le acque dei rami di Spina e
Adria, dirigendole in una depressione che congiunge l’attuale foce del Mincio, Libiola, Ostiglia e Bergantino,
quindi in un alveo molto simile all’attuale. In questo periodo si sarebbe verificata anche la rotta di Sermide, con
l’abbandono del Po di Adria e la nascita di un nuovo alveo che, con direzione sud-est verso Stellata, si sviluppa
lungo un percorso corrispondente per un tratto all’attuale Panaro arrivando a Bondeno.
Nel tratto a monte di Guastalla, intorno al Mille,
il fiume si divide in tre rami: il maggiore, quello più
meridionale, con un percorso tortuoso attraverso i territori di Luzzara, Suzzara, Palidano, Gonzaga e Pegognaga, raccoglie prima le acque del ramo centrale
nei pressi di San Benedetto e poi quelle del ramo Lirone. Intorno all’inizio dell’XI secolo quest’ultimo diviene per portata d’acqua il nuovo alveo del Po,
assumendo netta predominanza nel sistema, come indicano anche alcuni documenti dell’epoca in cui si
menziona un Padus Novus, il Po-Lirone appunto, contrapposto ad un Padus Vetus, intendendo il ramo meridionale ormai abbandonato tra Gonzaga e
Tramonto sul Po.
Pegognaga.
3
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 4
Territorio, ambiente e corsi d’acqua dalla
preistoria all’età del Ferro
Il territorio dell’Oltrepo mantovano è contraddistinto da una fortissima interazione tra l’uomo e i corsi d’acqua che nel tempo lo
hanno attraversato e che ancora oggi lo attraversano. Un ruolo di primissimo piano è ovviamente rivestito dal fiume Po, che nei millenni
ha costituito una favorevole e primaria opportunità all’insediamento
umano, pur rappresentando spesso anche un elemento di grave difficoltà per la gestione del territorio.
I rinvenimenti più antichi finora riscontrati sono databili a partire
dal Neolitico antico (seconda metà del VI millennio a.C.) e provengono sia da abitati che da necropoli. Oltre ai ritrovamenti di Casalmoro, Casatico di Marcaria, Roverbella, La Vallona di Ostiglia,
Belforte di Gazzuolo, Rivarolo Mantovano, Porto Mantovano, San
Giorgio, Monzambano, Levata di Curtatone, Valdaro, Roncoferraro
e Bagnolo San Vito, si segnalano un’interessante sepoltura bisoma Aratura in un villaggio dell’età del Bronzo (disegno di F. Malossi,
nota come “gli amanti di Valdaro” ed un’altra con un individuo ma- Museo Archeologico Ambientale).
schile ed un cane nota come “il cacciatore Orione”.
E’ attestata anche una certa presenza nel territorio durante l’Eneolitico, con
rinvenimenti a Casalmoro, Roncoferraro, nell’area di Mantova e nell’Ostigliese.
L’età del Bronzo (2300-1000 a.C.) è particolarmente documentata: corredi
da necropoli del Bronzo Antico da Sorbara di Asola e da Valdaro, materiali da
vari abitati tra cui Poggio Rusco e Ostiglia, numerosi ritrovamenti del Bronzo
Finale da Casalmoro, Goito e Mantova. Le prime tracce di un possibile stanziamento abitativo nell'area della futura Mantova risalgono al Bronzo Recente/Finale, attorno all'XI-X secolo a.C. Tra il 2300 e il 2200 a.C., la concomitanza tra
una fase climatica mite e asciutta e il diffondersi di nuove tecnologie connesse
alla produzione del bronzo (una lega di rame e stagno) favorisce l’innesco di una
serie di rapporti di lungo raggio tra l’Europa centrale e il Mediterraneo, incentivati dall’esigenza di reperire e smerciare materie prime, manufatti e prodotti agricoli. Ciò si traduce in una maggiore densità insediativa, in una progressiva
specializzazione e stratificazione dei ruoli sociali e in uno sfruttamento meglio
Ricostruzione di un insediamento dell’età del Bronzo organizzato delle risorse agricole, ambientali e faunistiche, con primi tentativi di
(disegno A. Rosa, Archivio SBAERO).
controllo e regimazione delle acque.
Con la media età del Bronzo (XVII-XVI sec. a.C.) il processo sopra
descritto contribuisce allo sviluppo di nuclei insediativi più ampi e complessi, denominati sin dalle prime scoperte ottocentesche “Terramare”.
Tali villaggi erano di forma prevalentemente tondeggiante o quadrangolare, delimitati da terrapieni e fossati difensivi che attingevano l’acqua da
corsi fluviali in relazione ai quali essi venivano intenzionalmente localizzati. Il rapporto con l’acqua appare determinante per la pesca o l’irrigazione, per la difesa, il commercio e la navigazione, al punto da influenzare
e condizionare la struttura sociale di tali comunità. In particolare l’area
della bassa pianura mantovana, e dunque anche l’Oltrepo mantovano, è
interessata dalla presenza della cultura terramaricolo-palafitticola.
Tra l’età del Bronzo Finale e la prima età del Ferro (XII-VIII secolo
a.C.) segue un periodo più o meno prolungato di stasi e di riorganizzazione territoriale. La presenza dei Veneti in riva sinistra del Mincio è doRituale funerario della prima età del Ferro (disegno di
cumentata a partire dal IX secolo a.C. da rinvenimenti di necropoli e
R. Merlo, Museo Archeologico Ambientale).
abitati.
Intorno all’VIII secolo a.C. l’assetto idrografico precedente venne integralmente sconvolto a causa di un generalizzato peggioramento climatico con conseguenti fenomeni di sovralluvionamento; tali episodi favorirono la formazione
di nuovi corsi fluviali e l’abbandono di quelli preesistenti.
Già dalla seconda metà del VI secolo a.C. fioriscono, principalmente lungo il corso del Mincio, alcuni centri etruschi;
tra questi, l’abitato etrusco di Mantova si protrae fino alla
romanizzazione. Il territorio mantovano presenta numerosi altri siti con tracce della civiltà etrusco-padana, il più
significativo dei quali è sicuramente quello del Forcello di
Bagnolo San Vito. I ricchi ritrovamenti consentono di ricostruire la vita, i culti e la rete di rapporti commerciali instaurati tra i vari centri.
Nel Mantovano, ine, la presenza celtica è testimoniata
da alcune necropoli, tra le quali quella di Carzaghetto di
Canneto sull’Oglio e di Castiglione delle Stiviere.
Ricostruzione di un insediamento dell’età del Ferro (disegno di R. Merlo).
4
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:34 Pagina 5
La romanizzazione
Nel loro processo di espansione in quella che all’epoca veniva
chiamata Cispadana, i Romani si trovano a ereditare l’organizzazione territoriale impostata dagli Etruschi la quale, almeno in parte,
è sopravvissuta nonostante la penetrazione, tra il V e il IV sec. a.C.,
di tribù celtiche come quelle dei Boi nell’area di Bologna, dei Lingoni nel Ferrarese e dei Cenomani nel Mantovano.
La sconfitta dei Galli Senoni nel 283 a.C. apre la strada alla romanizzazione della Pianura Padana, il cui primo atto è lo stanziamento della colonia latina di Ariminum (Rimini) nel 268 a.C. Dopo
lo slancio iniziale la strategia espansionistica dei Romani subisce
un prolungato arresto, a seguito dell’impegno militare contro i Cartaginesi nelle due Guerre Puniche (264-241 e 218-202 a.C.). Solo in
seguito Roma può riprendere il suo progetto, fondando Piacenza
nel 218, strappando Bononia ai Boi nel 189 a.C. e congiungendo le Disegno ricostruttivo di una villa rustica romana (disegno di
città con la via Emilia, elemento strategico della penetrazione ro- A. Mignani, modificato).
mana nella regione, come dimostra la fondazione lungo il suo asse
delle colonie romane di Parma e Modena nel 183 a.C. e l’incardinamento su di esso
dell’intero sistema centuriale della regione.
Nel 214 a.C. il territorio mantovano viene conquistato e viene fondata la colonia di Mantua. L’attuale Mantovano, in antico, è pertinente non solo all’ager mantuanus, ma anche a quello veronese e cremonese; in particolare, l’Oltrepo afferiva
parzialmente all’Aemilia.
Tra il III e la fine del I secolo a.C. la Cispadana diviene oggetto di una intensa
e sistematica opera di bonifica e disboscamento,
volta a intensificare e ottimizzare lo sfruttamento
agricolo del fertilissimo territorio, suddividendolo
in lotti regolari (centurie, quadrati di 20 actus = 710
m per lato) assegnati ai militari che avevano contribuito materialmente all’opera di penetrazione e ai
quali si deve la realizzazione di ville, fattorie e impianti produttivi. Ciò favorisce la diffusione su larga
scala di colture specializzate quali cereali (grano,
farro, orzo ecc.), legumi (fava, piselli, lenticchie
ecc.), piante tessili (canapa e lino), ortive (carota, Costruzione di una strada romana (disegno
pastinaca, fragola ecc.), da frutto (pesco, ciliegio, Inventario srl, Museo Archeologico Ambientale).
gelso ecc.) e vite.
Disegno raffigurante l’uso della groma.
Alle strade si affiancano i corsi d’acqua nel sistema organizzativo e strategico
del territorio, e questi ultimi vengono inseriti dagli agrimensori nel reticolo centuriato, delimitato da strade,
fossati, canali di scolo, “capezzagne” e filari di alberi e piantate (viti maritate a Olmi, Carpini, Aceri e Cornioli),
così ben delineati da essere localmente sopravvissuti
fino ad oggi.
Anche il territorio mantovano è stato attraversato da tale fenomeno, come testimoniano i numerosi siti finora identificati riconducibili all’età
romana, nonché i materiali recuperati nel fiume Po,
frutto spesso di butti o di erosione di depositi archeologici.
Tracce di centuriazione, anche con differenti
orientamenti “secondo natura”, sono state riconosciute soprattutto grazie all’esame di foto aeree, in
particolare nella parte occidentale dell’Oltrepo mantovano nei territori di Gonzaga e Luzzara; tuttavia
la loro riconoscibilità è ostacolata dalle frequenti
esondazioni del Po che nell’antichità hanno interrato
e cancellato progressivamente l’opera millenaria dell’uomo in quest’area della regione.
La piantata.
5
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 6
Acque e terre mantovane nell’Alto Medioevo
Nell’Alto Medioevo, periodo contrassegnato da
migrazioni barbariche e dal predominio dei Longobardi, il territorio mantovano resta abbandonato a se
stesso e in balia delle acque, che in seguito ad abbondanti precipitazioni, legate al peggioramento climatico
successivo al VI secolo, provocano rotte di fiumi con
straripamenti ed allagamenti di zone un tempo coltivate. Per una concomitanza di eventi le condizioni del
territorio si deteriorano molto velocemente e a causa
dei molti acquitrini si verificano numerosi episodi di
malaria anche nel Mantovano. Nel 496 d.C., Epifanio
vescovo di Pavia, “avendo dovuto soffermarsi presso il
Po per una sola notte, trasse dalle circostanti emanazioni pestifere malattia sì grave che lo condusse al sepolcro”.
La malaAbbazia di Nonantola.
ria accentua
probabilmente il processo di sensibile decremento della popolazione già
iniziato in precedenza e la mancanza di manodopera favorisce un atteggiamento passivo nei confronti del territorio. Del resto non mancavano
isole boscose come l’isola Riparia, oggi Revere, che si estendeva tra Burana, a est, Quistello, a ovest, e paludi fitte di alberi in cui vivevano cinghiali, cervi, caprioli e daini, dalle quali trarre il necessario
sostentamento; tali paludi rimangono fin quasi all’XI secolo.
La situazione inizia a migliorare quando i lavori di bonifica compiuti dai monaci benedettini
cominciano a far sentire i loro
effetti: viene organizzato il sistema idraulico e lo sfruttaIl Palazzo Gonzaghesco di Revere.
mento delle risorse agricole, nel
rispetto di quel equilibrio comunque indispensabile tra acque e territorio.
Grazie a donazioni e concessioni l’Abbazia di Nonantola assume
il controllo di vaste porzioni di territorio e nel 753 Astolfo, re dei Longobardi, concede ai monaci molti possessi e diritti sulle terre e sulle
acque del Sermidese, del Bondesano e Reverese, che Oddone, conte di
Mantova, conferma stabilendo che al monastero sia dovuta “la decima
parte dei porci nudriti e delle fiere cacciate nella corte regale di Revere,
e inoltre la metà dei pesci pigliati nel Sermidese e Bondesano”.
Mappa della situazione idraulica del Destra Secchia di Gioseffo
A partire dal X secolo si sviluppano nel territorio mantovano diverse Mari (XVIII secolo).
Castrum altomedievale di Sant’Agata Bolognese (disegno di R.Merlo,Museo Archeologico Ambientale).
6
forme insediative, che vanno dal castrum
alla curtis, dal burgum, espansione abitativa accentrata sviluppata attorno a recinti fortificati e castelli, alla villa,
agglomerato abitativo rurale; è presente,
inoltre, il popolamento sparso, costituito
da case isolate impiantate direttamente
sui fondi agricoli. E’ da sottolinare che
la scelta del luogo di impianto degli insediamenti era fortemente condizionato,
se non determinato, dalla presenza di un
corso d’acqua naturale, non solo per assolvere alle necessità quotidiane di vita,
ma soprattutto per esigenze difensive, in
particolare per alimentare i fossati perimetrali.
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 7
Acque e terre mantovane nel Basso Medioevo
A partire dall’XI secolo, il territorio dell’Oltrepo
mantovano ritrova una progressiva sistemazione dopo
la grave situazione idraulica dei secoli precedenti.
I principali protagonisti delle vicende idrauliche di
questo periodo sono senza dubbio i monaci del monastero di San Benedetto in Polirone; questo complesso
viene fondato dai Canossa nel 1007 sull’isola Muricola,
allora compresa tra il corso del Lirone, un ramo secondario del Po che scorre a nord e il corso del Po stesso,
posto a sud. Grazie alle donazioni di Matilde, il monastero amplia considerevolmente la propria zona di influenza, consolidandola successivamente nel corso del
XIII e XIV secolo. Dalla fine del XII secolo il monastero concede in affitto i propri possedimenti con l’obbligo per l’affittuario di prestare la sua manodopera alla
costruzione
e alla manutenzione dei canali, degli argini
Complesso abbaziale di San Benedetto in Polirone a San Benedetto Po.
e delle
altre opere necessarie per mettere a coltura nuove terre. Si attua
così un intervento capillare di bonifica che riporta buona parte
del territorio a condizioni ottimali per l’insediamento e le colture.
Il monastero esercita un ruolo centrale incontrastato nelle vicende del territorio fino all’inizio del XV secolo,
quando Papa Martino V crea nel 1417
la Commenda di San Benedetto in Polirone nominandone Commendatario
Guido Gonzaga. Nel 1441, come riconoscimento per la sua attività, ed in particolare a rimborso delle spese sostenute
per varie opere di bonifica, il Papa gli
affida l’istituenda Prepositura di “San
Benedetto de Padolirone” con i possedimenti assegnati in commenda perpetua; a Guido viene concessa, inoltre, la
Stemma della casata Gonzaga.
possibilità di “bonificare a tutto suo piacere e volontà” e “dare esse possessioni a livello a’ migliorare”.
Sebbene la decisione di Martino V paia la logica conseguenza Miniatura del codice della Vita Mathildis di Donizone di Canossa
dei comportamenti dei monaci, che secondo le cronache si sa- (XII secolo).
rebbero lasciati andare a comportamenti troppo terreni,
non bisogna sottovalutare che agli inizi del Quattrocento la signoria Gonzaga ha ormai affermato definitivamente la propria supremazia sul territorio e l’enorme
patrimonio che fa capo al monastero rappresenta un’ottima occasione per chi ha capitali da investire in terre
da bonificare e da mettere a coltura. Il momento è favorevole perchè in questa fase la popolazione aumenta
e fa crescere sia la domanda di prodotti alimentari ed i
relativi prezzi, sia l’offerta di manodopera a basso costo.
Ovviamente prezzi in crescita e salari bassi garantiscono un considerevole aumento della redditività dei
terreni e, quindi, la Prepositura rappresenta l’occasione
per i Gonzaga di moltiplicare i propri guadagni. Per i
monaci la perdita di parte dei loro territori, oltre a costituire motivo di controversie e rivendicazioni, sarà
anche uno sprone per incrementare i lavori di bonifica
e compensare così le terre perdute.
Il monastero di San Benedetto in Polirone a San Benedetto Po.
7
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 8
Il controllo del territorio nel Rinascimento
Numerosi sono gli interventi promossi dalle nascenti Signorie impegnate nel consolidamento del loro
potere, tanto che fin dalla metà del
Quattrocento presso le corti degli
Estensi e dei Gonzaga soggiornano in
permanenza ingegneri, idraulici e architetti cui sono affidati i progetti di
prosciugamento e di ripari contro le alluvioni; nel 1445 il marchese Ludovico
III, promotore di innumerevoli realizzazioni tecniche, chiuse, argini e bonifiche chiama a Mantova da Firenze il
Brunelleschi “a far gli argini di Po”.
I pascoli della Corte di Sermide (seconda metà del secolo XVII).
Fondamentale per il controllo del
territorio risulta la costruzione di castelli nei suoi punti nevralgici, oltre all’acquisizione di terre, al controllo delle
strutture idrauliche mediante la costruzione di apposite magistrature e alla creazione da parte di Ludovico III Capitano di 19 vicariati, efficaci strumenti per una rapida trasmissione degli ordini. Ad esempio i castelli posti a Revere
e a Sermide si trovano a difesa dei porti dove transitano uomini che risalendo il fiume, provenienti da Venezia e diretti
a Mantova, Cremona e Milano trasportano sale ma
anche legname, ferro, mole, materiale da costruzione
dal Veronese e grani, semi di lino, noci e frutti dal Mantovano al mare.
Agli inizi del Quattrocento si assiste nel Mantovano ad un notevole sviluppo dell’economia agricola e
industriale collegata, i cui artefici sono i grandi proprietari terrieri, tra i quali spiccano i Gonzaga. Forti dei loro
possedimenti agricoli i Gonzaga forniscono ai provveditori delle biade della Serenissima grandi quantità di
frumento raccolte nel Mantovano.
Determinante per il governo delle acque risulta essere la costituzione nel 1484 ad opera di Federico III
delle Degagne, strutture giuridiche autonome assimilaDisegno eseguito nel 1753 da Luciano Rossi, Tenente Giudice della Degagna di Sermide. bili agli attuali consorzi di scolo, sulla base del principio
per cui i Gonzaga, “… per essere i fiumi proprietà dello
Stato [coincidente con il Sovrano] …”, hanno esclusivo “diritto a disporre delle acque derivate da quelli a mezzo di
speciali condotti”, facendo pagare ai sudditi tutte le spese relative alla costruzione e all’utilizzo delle strutture idrauliche così da trarne il maggior utile possibile. Le Degagne, il cui comprensorio comprende diversi comuni, hanno
giurisdizione su acque e canali, a loro spetta “… onus reale vel patrimoniale quod pro numero et mensura terrarum quae fluminis incursionibus reparentur imponendi”; i proprietari terrieri, in quanto membri del consorzio,
convocati in apposite congregazioni deliberano
“pro manutentione, refectorie, ac costructione aggerum
et dugalium”, scelgono un Giudice a loro discrezione, salvo approvazione del principe, cui
spetta il compito di sorvegliare sulla sicurezza
delle opere idrauliche comuni e redimere le frequenti vertenze sull’uso delle acque. A questa
organizzazione periferica si affianca una struttura centrale costituita dal Maestrato delle
Acque e dal Prefetto delle Acque, nominato dai
Gonzaga, che finisce per sottrarre progressivamente potere decisionale ai singoli consorzi, fintanto che la custodia delle arginature compiute
nel 1540 passa nel 1588 direttamente al Maestrato.
Mappa del territorio della Corte di Sermide (inizio del secolo XVII).
8
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 9
Idrografia nell’Oltrepo mantovano tra
Medioevo ed età moderna
Tutto il sistema idrografico padano ha subito nel corso dei millenni notevoli
mutamenti che, partendo dalla situazione riferibile all’Alto Medioevo, hanno portato
il corso del Po nel suo ultimo tratto ad un progressivo spostamento verso nord e gli
affluenti appenninici a deviare il loro percorso verso ovest. Dopo la rotta di Ficarolo
del 1152, l’asse di drenaggio del bacino padano si sposta gradualmente verso nord,
dal vecchio ramo di Ferrara al nuovo ramo di Venezia, provocando la rottura del
delicato equilibrio che garantiva lo scolo dell’Oltrepo mantovano. Nel 1282, vista la
grave situazione, gli uomini di Mantova, Ferrara, Finale e San Felice tentano di far
fronte all’emergenza costruendo a Bondeno la chiavica Bova, per cercare di regolare
il flusso dello scolo del canale Burana. Dopo il 1336, modenesi, reggiani, ferraresi e
mantovani inalvearono il Secchia facendolo sboccare in Po presso San Benedetto,
occupando l’ultimo tronco del cosiddetto Po vecchio, per bonificare il territorio e
cercare di alleggerire la pressione delle acque sulla zona.
Questo intervento segna la fine del sistema di scolo precedente e la sua divisione
in due entità idrauliche nettamente distinte ed ancora oggi identificate come Oltrepo
mantovano in destra e in sinistra Secchia.
L’inalveazione del Secchia, tuttavia, non risolve i problemi esistenti, condizionando fortemente il sistema di scolo dell’Oltrepo in destra Secchia, costituito da due
direttrici comunicanti. Al centro del territorio scorre la Fossalta, che ha origine nella
Digagna di Quistello, attraversa quelle di Revere e Sermide per giungere al confine
col Bondesano,
dove, a causa
Particolare di una mappa acquerellata del 1694 raffigurante opere degli sconvolgimenti seguiti
di rinforzo spondale in legno sul fiume Secchia.
alla rotta di Ficarolo, ampie porzioni di territorio risultano allagate o afflitte da notevoli problemi di scolo. Il canale, di origine
antichissima, è spesso oggetto di aspre controversie tra le
Digagne circa la contribuzione che spetta a ciascuna per i
frequenti lavori di manutenzione ma anche di infinite discussioni con lo stato di Ferrara a causa della conformazione dell’ultimo tratto della Fossalta, che costituisce il
confine tra i due stati, che spesso generava allagamenti in
un’ampia area valliva ferrarese. Ne nasce una annosa vertenza tra i Duchi di Ferrara ed i Marchesi di Mantova riguardo la naturale servitù delle acque alte mantovane che
hanno diritto di scolare sui territori inferiori ferraresi. Nel
1527 viene stipulata tra le parti una convenzione per risolvere tale problema, che impone ai mantovani di costruire Mappa raffigurante il territorio di Sermide (fine XVI – inizi XVII secolo).
Particolare di una mappa acquerellata
Ferrarese, con l’argine eretto dai Ferraresi nel 1530.
del
1753
raffigurante
il
un cavo che conduca le acque della Fossalta al
Po nei pressi di Moglia di Sermide, in modo da
diminuire l’enorme massa d’acqua che si riversa
nel Bondesano. Purtroppo, nonostante gli accordi, la situazione non si sblocca e tra 1585 e
1590 gli emissari del Duca di Ferrara sollecitano
l’esecuzione dell’opera. Bisogna attendere l’ottobre del 1594 per l’inizio effettivo dei lavori del
Cavo Diversivo, il cui tracciato definitivo ricalca
quello della bonifica di Revere che ancora oggi
porta le acque della Fossalta in Po presso Moglia
di Sermide. Nel 1611, tuttavia, la situazione è talmente compromessa da rendere necessaria la
chiusura delle chiaviche mantovane, e quindi l’interruzione del collegamento tra Fossalta e Burana. E’ da notare che l’accordo del 1527 viene
poi riportato integralmente in una appendice del
Trattato sottoscritto nel 1757 dalla Santa Sede e
dall’Imperatrice Regina d’Ungheria (Duchessa
di Mantova e Sua Altezza Serenissima), ben 230
Campo anni dopo, a segnalare il protrarsi delle gravi problematiche idrauliche connesse a quest’area.
9
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 10
Storia del Consorzio di Bonifica
Terre dei Gonzaga in Destra Po - 1
Per quanto riguarda l’Oltrepo mantovano in sinistra Secchia,
l’inalveazione dell’affluente del Po effettuata nel XIV secolo rappresenta un evento traumatico per l’intero sistema idraulico, letteralmente sconvolto dalla perdita dei propri scoli naturali.
Questo fatto costringe gli uomini a rimodellare il sistema di scolo
delle acque, regolandolo con chiaviche e canali collettori che le
conducano nel Po e nel Secchia. La soluzione che porterà alla
stabilizzazione del sistema non potrà che essere il ripristino della
situazione originaria, ovvero il superamento del Secchia con la
costruzione della botte sottopassante il fiume stesso. Nel XV secolo le vicende idrauliche di questo territorio sono fortemente influenzate dalla Digagna Grande e dal monastero di San
Benedetto in Polirone; la convivenza tra queste due realtà, tuttavia, non risulta semplice dal momento che il monastero, risalente
all’XI secolo, è costretto a convivere con la presenza della Digagna Grande che può far sentire la propria influenza presso la
Corte dei Gonzaga e le varie istituzioni amministrative.
Il dugale di Gonzaga, antenato della Fossa Nuova o Grande,
porta le acque di Luzzara nel Po Vecchio nei pressi di Gonzaga, Particolare di una mappa acquerellata raffigurante una rotta del Secchia avvenuta nel
unitamente ad una parte di quelle di Suzzara e Reggiolo. Causa 1728 presso Zambone di Quistello.
il progressivo interrimento del Po Vecchio ed al permanere delle difficoltà
di scolo, il dugale di Gonzaga viene spostato ad ovest, oltre il territorio di Bondeno, per sfruttare la rete scolante del monastero collegandolo al canale dell’Abate che, a causa della massa d’acqua che
vi si concentra, entra in crisi. Nel 1432 si giunge perciò ad un accordo tra Digagna Grande e Monastero che sancisce la necessità
di ampliare adeguatamente il dugale di Gonzaga, dalla valle di San
Benedetto fino al confine con Luzzara, e consente alle acque provenienti dai terreni alti di utilizzare il canale dell’Abate per scolarsi
in Secchia. Nel 1517 è ormai evidente che il Po erode inesorabilmente l’argine di Vigarano e ne minaccia la chiavica, quindi la Digagna Grande cerca una soluzione alternativa allo scolo dei propri
territori mediante lo scavo di un nuovo canale che arrivasse al Secchia. Questa nuova opera, visti i lunghi tempi di realizzazione, prevede deviazioni temporanee degli scoli esistenti caricando
ulteriormente il canale dell’Abate e la rete ad esso connessa; tuttavia,
i sopralluoghi effettuati nel 1525 dagli incaricati del Marchese moMappetta raffigurante la situazione idrografica tra Sinistra e Destra Secchia
strano una situazione peggiore del previsto in quanto i monaci maprima degli interventi di bonifica dell’Ottocento.
novrano a loro arbitrio la chiavica del Sostegno, posta sul canale
dell’Abate e a loro affidata dagli accordi, creando notevoli disagi alle terre della Digagna Grande.
A causa del progressivo sviluppo del meandro di San Benedetto, il nuovo alveo della Fossa Grande viene a trovarsi a
ridosso dell’argine del Po e, anche a causa dei pericolosi
fontanazzi che si aprono nei periodi di piena, attorno al
1719 viene spostato verso sud-est in posizione più defilata.
Oltre a dover discutere con il monastero, gli interessati
della Digagna Grande devono affrontare anche questioni
“internazionali” in quanto Reggiolo, le cui acque scolano
tramite la Fossa Grande, e Luzzara, che scola le proprie
utilizzando il Po Vecchio, fanno parte del Mantovano, e
quindi della Digagna fino al 1630, quando passano al ducato di Guastalla. Nel secolo successivo i due comuni cambiano più volte padrone ritornando mantovani e poi di
nuovo guastallesi per essere aggregati definitivamente al
ducato di Parma nel 1746; questo passaggio genera ovviamente forti discussioni con la Digagna in quanto questi intendono affrancarsi dagli oneri previsti, tanto che un
accordo del 1778 stabilisce di non considerarli più consorziati ma comunque contribuenti alle spese di manutenzione dei loro scoli.
“Carta idrografica del Modenese e del Reggiano colle variazioni dei Confini di Stato
avvenute nel Genajo 1848.”
10
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 11
Storia del Consorzio di Bonifica
Terre dei Gonzaga in Destra Po - 2
Nel XIX secolo la rete dei canali di scolo determinatasi nell’Oltrepo alla fine del XVI secolo è da considerare sostanzialmente definitiva. Nonostante gli sforzi profusi nel tempo da Digagna e
Monastero di San Benedetto in Polirone per migliorare le condizioni
del territorio, i terreni più bassi rimanevano inondati per lunghi periodi
dell’anno, anche a causa delle frequenti rotte di Po e Secchia, ed erano
di fatto inutilizzabili per le colture cerealicole; dopo la rotta di Po del
1879, ad esempio, circa un terzo dei terreni era sommerso da mezzo
metro d’acqua. Era una situazione talmente frequente che, a partire
dalla seconda metà dell’Ottocento, si decise di sfruttare la presenza
delle acque nelle terre basse per intraprendere la coltura del riso su
ampia scala. In maniera analoga al territorio di Bondeno, nel Ferrarese, la soluzione di questo problema consisteva nel ripristinare le condizioni precedenti all’inalveazione del Secchia, sottopassandone con
una botte l’alveo, per condurre le acque alla Fossalta e quindi al Po.
Una soluzione di questo tipo venne già portata all’attenzione di Napoleone I nel 1810, senza l’esito sperato, mentre la botte sotto il Sec- Botte Villoresi sotto il fiume Secchia.
chia venne effettivamente realizzata tra il 1903 e il 1907.
Tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo la situazione venne
risolta attraverso la creazione dei Consorzi di Bonifica dell’Agro Mantovano-Reggiano (Oltrepo in sinistra Secchia) e Revere
(in destra Secchia), dal 2006 riuniti nell’attuale Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po, e dalle analoghe strutture
consortili emiliane, in particolare dal Consorzio Interprovinciale per la Bonifica di Burana.
Consorzio di Bonifica dell’Agro Mantovano-Reggiano
Panoramica della Botte Villoresi sotto il fiume Secchia.
Consorzio di Revere
Nel 1880 i comuni di San Benedetto Po, Gonzaga, Moglia, Pegognaga, Suzzara, Motteggiana, Luzzara, Reggiolo, Rolo e Guastalla, di
fatto eredi delle antiche Digagne che per secoli si erano occupate dei
problemi idraulici della zona, decisero di riunirsi in un Comitato Promotore per migliorare le condizioni di scolo della vallata del Po, compresa fra l’argine sinistro del fiume Secchia, quello pure sinistro del
colatore Parmigiana Moglia e quelli destri del Crostolo e del Po, chiedendo di includere tale territorio nel progetto di legge di bonificazione
coattiva delle paludi e dei terreni paludosi, datato 8 dicembre 1878, che
il Ministero dei Lavori Pubblici stava per ripresentare al Parlamento.
Nel 1889, predisposti i progetti di massima, ottenute le debite autorizzazioni e superati tutti gli intralci burocratici, si arrivò alla costituzione
del Consorzio Speciale della Bonifica dell’Agro Mantovano-Reggiano;
i lavori di realizzazione delle opere in progetto, tuttavia, iniziarono solo
nel 1897 per concludersi nel 1907. Due anni dopo venne costituito il
Consorzio per la manutenzione delle opere e quindi il Consorzio di Bonifica dell’Agro Mantovano-Reggiano. In seguito il Consorzio venne
riordinato dalla Regione Lombardia nel 1984, con successive intese con
la Regione Emilia Romagna.
Disciolte nell’anno 1785 le tre Digagne di Quistello, Revere e Sermide, dopo quasi un secolo di amministrazione camerale
“sulle acque e sugli scoli”, vennero costituiti nel 1877 i Consorzi idraulici di Revere e di Sermide. Il comprensorio del Consorzio
idraulico di Revere era diviso, nei riguardi dello scolo, in quarantuno bacini, aventi ognuno una rete speciale di canali il cui
colatore principale si scaricava direttamente nel collettore principale Fossalta Superiore. In seguito all’attuazione della Bonifica
di Burana, le acque reveresi immesse in Fossalta Inferiore non si scaricavano più in Po alla Chiavica Quatrelle, ma bensì alle Chiaviche
Pilastresi, attraverso un tronco di canale nuovo, detto Diversivo di Fossalta Inferiore.
Un’ulteriore modificazione allo scarico delle acque del Consorzio
Idraulico di Revere venne introdotta con l’attuazione della Bonifica
dell’Agro Mantovano-Reggiano, eliminando lo scarico in Po alla
Chiavica di Moglia di Sermide e sostituendolo con quello nell’emissario di detta Bonifica. Per risolvere il problema della continuità di
scolo delle acque, sempre subordinate alle piene di Burana, nel 1912
il Consorzio idraulico di Revere deliberò di assumere le funzioni di
Consorzio speciale di Bonifica per l'esecuzione delle opere idrauliche
necessarie alla bonificazione del territorio consorziale; nel 1919 venne
costituito il “Consorzio di esecuzione della Bonifica di Revere” che,
assunta la manutenzione delle opere, prese nel 1933 la denominazione di “Consorzio della Bonifica di Revere”. Nel 1951-1952 fu concessa al Consorzio l’esecuzione delle opere per l'irrigazione dell’intero
San Siro, costruzione della Botte sotto il fiume Secchia.
comprensorio.
11
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 12
Il Consorzio Terre dei Gonzaga in Destra Po oggi
Il comprensorio
La superficie amministrativa è pari ad Ha 52.830, di cui Ha
41.219 in Regione Lombardia (provincia di Mantova) ed Ha
11.611 in Regione Emilia-Romagna (provincia di Reggio Emilia). I comuni ricadenti nel comprensorio sono 21 di cui 17 lombardi e 4 reggiani.
La rete dei canali
Si snoda su un percorso di circa 917 km di cui 641 km sono
ad uso promiscuo (scolante ed irriguo), 179 km ad uso prettamente irriguo ed altri 97 km di fossi gestiti direttamente dal
Consorzio.
Chiavica quattrocentesca di Villarotta di Luzzara (RE).
La “mission”
Consiste nella gestione delle opere di bonifica e irrigazione tramite la continua e perenne manutenzione ed esercizio della rete dei canali consortili che si concretizza durante
gli eventi piovosi nelle regolazioni dei manufatti presenti nel
comprensorio in modo capillare allo scopo di evitare allagamenti nel territorio, fino all’attivazione degli impianti idrovori. Questa prioritaria funzione idraulica (scolo delle acque
Vasca di laminazione delle piene a Suzzara (MN) - oasi faunistica.
piovane e immissione di acque irrigue) viene svolta con
una visione “ambientale” che negli ultimi anni ha indirizzato l’ente alla realizzazione di vasche di laminazione delle piene con funzioni plurime fra cui oasi
faunistiche e fitodepurazione, alla messa a dimora di
molti chilometri di fasce tampone boscate sugli argini
dei principali canali e sui reliquati consortili nonché
all’apprestamento di diverse piste ciclabili per rendere
Sostegno Stoppo sulla Fossalta Superiore a Borgofranco sul Po (MN).
fruibile a chiunque i beni in gestione.
Planimetria generale.
12
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 13
Gli impianti del Consorzio
Terre dei Gonzaga in Destra Po
La rete di scolo del bacino ex Agro Mantovano-Reggiano, in sinistra Secchia, è incentrata sul Canale Collettore Principale, che ha
le sue origini in località Borsiero a sud-ovest di Reggiolo e che termina alla tomba a sifone sotto il fiume Secchia. Ha una lunghezza
complessiva di circa 26 km, con direzione sud/nord-est, e lungo il
suo corso riceve l’afflusso dei canali secondari; la tomba a sifone
sotto il fiume Secchia in località S. Siro collega il Collettore Principale al Canale Emissario che, dopo un percorso di circa 23 km, attraverso i Comuni di Quistello, Quingentole, Revere, Pieve di
Coriano, Borgofranco, Carbonara Po e Sermide raggiunge l’Impianto Idrovoro AMR.
Le aree di bassa pianura poste fra Secchia e Panaro e costituenti
un unico bacino idrografico della superficie di circa 70.000 ettari di
cui 30.000 ettari circa mantovani, 30.000 ettari modenesi e la restante
parte ferraresi, è caratterizzato dalla presenza di un canale collettore
che attraversa l’intero territorio da nord-ovest a sud-est denominato
Fossalta Superiore, Fossalta Inferiore e nella parte di valle Collettore
Burana. Il bacino ex Revere riguarda un’area esclusivamente mantovana della superficie di 13.500 ettari posta a monte di tutto il siGli impianti idrovori ex Revere (a sinistra) e ex Agro Mantovano-Reggiano (a stema. Il Canale Diversivo “Michele Bianchi”, di circa 3.100 m di
lunghezza, che si stacca dalla Fossalta Inferiore, consente non solo
destra) a Moglia di Sermide.
lo scarico delle acque reveresi in Po ma anche la derivazione di acqua
attraverso l’Impianto Idrovoro Revere.
Impianto Idrovoro Ex Agro Mantovano-Reggiano
(Moglia di Sermide - MN)
L’impianto sorge nei pressi di Moglia di Sermide a circa 170
m dal fiume Po. E’ costituito da un fabbricato centrale in cui sono
installate le idrovore, i motori a vapore ed un doppio ordine di paratoie, e da due fabbricati laterali in cui sono alloggiate le caldaie
alimentate a carbone. Tale situazione rimase fino all’inizio degli
anni Ottanta quando l’impianto venne ristrutturato nella parte
meccanica e si provvide alla elettrificazione delle pompe. Il fabbricato centrale, costruito trasversalmente al canale, serve anche
da controchiavica. Le acque defluiscono nel fiume Po liberamente
finché lo stesso non raggiunge la quota di 12 m, dopodichè devono
essere sollevate meccanicamente. L’impianto è capace della portata massima di 52 m3/s alla prevalenza di 1m. Sull’argine maestro vi è poi un secondo ordine di difesa costituito dalla “Chiavica
L’impianto idrovoro ex Agro Mantovano-Reggiano a Moglia di Sermide.
Emissaria” anch’essa dotata di paratoie a difesa dal fiume.
Impianto Idrovoro Ex Revere (Moglia di Sermide - MN)
Lo stabilimento è situato a circa 200 m dall’argine del Po e a 300 m a valle di quello dell’Agro Mantovano-Reggiano.
Lo stabilimento si divide in due parti separate: una comprende la sala macchine, l’altra la diga che ha lo scopo di sostenere
il peso delle acque del Po e congiungere l’argine sinistro e
destro del bacino. I gruppi motori pompa per sollevamento
dell’acqua sono tre, per una portata massima complessiva
di 26 m3/s alla prevalenza di 8 m. A difesa del territorio circostante e dell’impianto è presente una chiavica emissaria
a tre luci di 1,80 m di larghezza e 4,00 m di altezza chiuse
da due ordini di paratoie. Tra la controchiavica e lo stabilimento vi è il bacino di scarico dell’impianto.
Impianto Irriguo di Boretto (Santa Croce
di Boretto - RE)
L’impianto irriguo Boretto.
Il principale impianto irriguo del Consorzio di Bonifica
Terre dei Gonzaga in Destra Po è posto in località Santa
Croce di Boretto (RE), nel comprensorio del Consorzio di
Bonifica dell’Emilia Centrale. L’impianto preleva acqua irrigua dal Po fino a 60 m3/sec con 28 elettropompe sommerse e tramite il Cavo Derivatore Parmigiana Moglia la
distribuisce su un territorio di 140.000 ettari. Il prelievo di
competenza al Consorzio Terre dei Gonzaga in Destra Po
è di 20 m3/sec di cui 14 m3/sec per il bacino ex Agro Mantovano-Reggiano e 6 m3 per il bacino ex Revere.
13
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 14
Le criticità e il futuro del Consorzio
Terre dei Gonzaga in Destra Po
La bonifica messa alla prova
Alcune infrastrutture del Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po hanno subito nel tempo evidenti fenomeni di degrado strutturale. In particolare, lo stabilimento idrovoro ex Agro
Mantovano-Reggiano e la relativa controchiavica presentano cedimenti e fessurazioni, anche di dimensioni importanti, che minano
la stabilità e la funzionalità dell’impianto stesso. Anche la chiavica
emissaria dell’impianto idrovoro Revere presenta alcune fessurazioni di significativa entità. Tali criticità sono oggetto di costante
monitoraggio; la loro risoluzione è alla base dei progetti di intervento per la messa in sicurezza ed il consolidamento delle strutture
che presentano lesioni.
Il sisma del maggio 2012 ha chiaramente accentuato le problematiche già riscontrate in precedenza, da ascriversi soprattutto all’aumento del livello degli argini di circa 3 m dalla loro costruzione.
Il futuro
Lesioni all’impianto idrovoro ex Agro Mantovano-Reggiano.
Nuova Controchiavica presso Impianto Idrovoro Ex Agro Mantovano-Reggiano (Moglia di Sermide - MN)
La nuova controchiavica si colloca in corrispondenza dell’argine
maestro destro del fiume Po allo sbocco del canale Emissario del
comprensorio di bonifica dell’ex Agro Mantovano-Reggiano, immediatamente a valle dell’attuale chiavica a fiume.
La necessità di realizzare una nuova chiavica deriva dall’esigenza
di surrogare quella esistente, costruita agli inizi del XX secolo, fortemente compromessa e non più efficacemente recuperabile, considerato che gli argini del fiume Po sono aumentati di circa 3 m rispetto
alla quota presente agli inizi del Novecento. Data la sua funzione di
sbarramento nei confronti delle piene del Po, la chiavica assume
un’importanza rilevante per la messa in sicurezza dei territori di pianura posti nelle province di Mantova, Modena e Ferrara. La nuova
controchiavica, di larghezza pari a circa 70 m a costituire una vera e
Progetto della nuova controchiavica presso l’impianto ex Agro
propria diga alle acque del fiume in piena, presenterà due luci centrali
Mantovano-Reggiano.
dotate di paratoie e potrà essere attrezzata con 10 pompe idrovore
elettriche per una portata di sollevamento complessiva di 40 m3/s; ciò al fine di sostituire l’attuale impianto idrovoro
che presenta un macchinario elettromeccanico tecnologicamente superato, avente costi di esercizio elevati e tempi di
intervento sempre meno compatibili con le variazioni climatiche in atto a garanzia della sicurezza idraulica del territorio.
Vista fotorealistica di progetto della nuova controchiavica presso l’impianto ex Agro Mantovano-Reggiano.
14
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:35 Pagina 15
Storia del Consorzio della Bonifica Burana
La crisi del Seicento
A partire dal XVII secolo, l’intervento pubblico venne a mancare,
in concomitanza con un periodo caratterizzato da carestie, epidemie
e guerre in cui le popolazioni venivano decimate: Legati pontifici,
Estensi, Bentivoglio, Gonzaga, Pico e le singole Comunità presenti
sul territorio non disponevano delle forze necessarie per realizzare
opere di bonifica.
Così, mentre nel Ferrarese e nel Mantovano proseguivano le
forme di autogoverno del territorio con l’istituzione di Serragli e Digagne, nel Bolognese i proprietari terrieri si associarono spontaneamente in organizzazioni consorziali allo scopo di assicurare lo scolo
dei propri terreni. I proprietari di terreni interessati all’esecuzione di
una determinata opera si riunivano in un’assemblea in cui venivano
eletti gli “Assunti” che formavano l’“Assunteria”, con il compito di
nominare i tecnici per la progettazione delle opere e di formare il
“campione di contribuenza”. Dopo aver ottenuto l’approvazione
dell’assemblea dei proprietari e del Cardinale Legato, l’Assunteria curava l’esecuzione dei lavori e la riscossione delle tasse presso gli inte- Zona paludosa prima della bonifica all’inizio del XX secolo.
ressati e si scioglieva al termine dei lavori.
Col tempo le Assunterie divennero stabili, dandosi un’organizzazione consorziale.
Il periodo napoleonico e la Restaurazione
Serragli, Digagne e Assunterie restarono strutture completamente private fino all’arrivo di Napoleone, il quale, con un
decreto reale del 6 maggio 1806, dichiarò di interesse pubblico le opere idrauliche riguardanti fiumi e torrenti arginati, incaricando
il Governo di sostenerne la maggior parte delle spese. Restava privata solamente la bonifica, la manutenzione dei terreni paludosi
e degli scoli.
Il Governo napoleonico creò amministrazioni permanenti che si occupavano di specifici comprensori, denominati Circondari.
Durante il dominio napoleonico, nel 1810 venne approvato il progetto per la costruzione di una botte che consentisse alle
acque di Burana di sottopassare il fiume Panaro e, attraverso il Po di Volano, di raggiungere il mare Adriatico. I lavori iniziarono
nel 1811 ma si interruppero con la caduta di Napoleone.
I terreni bolognesi scolavano nel Cavamento a Finale Emilia, che sboccava liberamente nel Panaro, ma quando il fiume
era in piena le acque rimontavano il Cavamento e sommergevano le terre circostanti. Per risolvere questo inconveniente, nel
1811 il Cavamento venne munito di un manufatto a portoni per impedire il ritorno dell’acqua. Con la Restaurazione, il comprensorio fu nuovamente suddiviso secondo i precedenti ordinamenti politici: gli Estensi nella parte Modenese, lo Stato Pontificio
nel Bolognese e nel Ferrarese, l’impero Austro-Ungarico nella parte Mantovana.
Lo Stato Pontificio, in base a disposizioni
del motu proprio emanato da Papa Pio VII, il 23
ottobre 1817 rinnovò la legislazione dei lavori
pubblici in tema di acque e strade e l’intero Stato
fu riorganizzato in bacini e comprensori di scolo
facenti capo a circondari idraulici retti da congregazioni consorziali. Nel Bolognese era operante la Congregazione del I Circondario,
mentre nel Bondesano quella del V Circondario.
Nel territorio bolognese il primo Circondario ad
essere istituito fu quello denominato Cavamento
Palata. Esso comprendeva il territorio compreso
fra la sinistra del Reno, il torrente Samoggia e il
Panaro.
La Congregazione Consorziale del Circondario Cavamento Palata avviò la sua attività ufficialmente l’1 gennaio 1821; nel 1929 venne
soppressa e le funzioni furono trasferite al nuovo
Pianta e misura dell’impresa della Galeazza, 1640. Archivio di Stato di Bologna, Fondo Pepoli.
Consorzio di Bonifica Cavamento Palata.
15
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 16
Storia del Consorzio della Bonifica Burana
L’Unità d’Italia
Dopo l’unificazione d’Italia alcuni eventi catastrofici richiamarono l’attenzione dello Stato
sugli interventi idraulici nell’area compresa tra
Po, Secchia e Panaro. L’intervento statale in materia di bonifica venne istituzionalizzato solamente dopo le rotte del Po a Borgofranco nel
1872 e nel 1879. Con la legge n. 333 del 1881 lo
Stato italiano inserì il territorio di Burana in
quelli bisognosi di interventi urgenti, per salvaguardare la vita delle cittadine di Bondeno e
Guarda Ferrarese.
La svolta si ebbe con la legge n. 869 del 1882
(conosciuta come legge Baccarini) in cui si fecero
prevalere le necessità igieniche delle bonifiche,
per prevenire la malaria. La legge Baccarini è la
prima legge organica sulle bonifiche in cui la Botte Napoleonica a Bondeno (FE).
maggior parte delle spese veniva addossata a
Stato, Province e Comuni. Per la zona di pianura
compresa tra Po, Secchia e Panaro, il Progetto Generale dei lavori redatto dall’ingegner Maganzini
seguiva il criterio generale della divisione tra le acque dei terreni più alti e le acque dei terreni più
bassi. A completamento della Botte Napoleonica, era stata progettata la raccolta delle acque alte modenesi nel canale Diversivo Modenese con scarico a gravità nel Panaro a S. Bianca, mentre la raccolta
delle acque basse modenesi, parte delle ferraresi e di quelle mantovane si sarebbe attuata con scarico
naturale attraverso la Botte Napoleonica. Erano, inoltre, previste la conservazione dei deflussi in Po
delle acque alte mantovane attraverso le chiaviche di Moglia a Sermide e delle Quattrelle a Stellata
presso Bondeno, la raccolta delle acque basse mantovane nei nuovi canali di Felonica, di Roversella
e dell’Allacciante di Felonica, lo scolo in Burana, e quindi attraverso la Botte Napoleonica delle acque
basse ferraresi, la costruzione di una chiavica sul Po a Stellata allo scopo di consentire la navigazione
del Po di Volano.
L’impossibilità di ultimare in breve tempo i lavori e le successive allagazioni negli anni 1891 e
1892, che devastarono circa 11.500 ettari di terreni, portarono lo Stato ad istituire, attraverso la
Legge-Convenzione Genala, il Consorzio Interprovinciale per la bonifica di Burana, presieduto da
un comitato esecutivo formato dai rappresentanti dei proprietari interessati, con lo scopo di realizzare
i progetti che lo Stato non aveva
ancora iniziato: la costruzione del
canale Emissario di Burana dal
sostegno di Valpagliaro al mare
Adriatico, la costruzione del canale Collettore di Burana dalle
Chiaviche Mantovane alla Botte
Napoleonica, la costruzione dei
canali mantovani, la costruzione
del canale di derivazione dal Po.
La Botte Napoleonica venne
inaugurata ed attivata nel 1899.
Sempre a fine Ottocento nel territorio bolognese venne realizzata
un’altra importante opera: la deviazione e il prolungamento dello
Scolo Romita. Il progetto del
1865 prevedeva la deviazione
dello scolo Romita a monte del
Canale di San Giovanni, per portarne le acque nel Cavamento e
Sbarramento irriguo della Guazzaloca. Anni ‘20 - ‘30 del Novecento.
non più nel Cavamento Amola.
16
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 17
Storia del Consorzio della Bonifica Burana
Il Novecento
L’inizio del nuovo secolo vide l’emanazione dei primi Testi
Unici e Regolamenti sulla bonifica (il più importante dei quali e
tuttora vigente è il Regio Decreto n. 368 del 1904) che prevedevano la riunione vincolante dei proprietari dei terreni di prima categoria in Consorzi di Bonifica a cui lo Stato avrebbe delegato
l’esecuzione dei lavori, le norme sulle bonificazioni delle paludi
e dei terreni paludosi e le disposizioni di legge intorno alle opere
idrauliche delle diverse categorie.
Fu quindi la prima metà del XX secolo la più feconda di
opere di bonifica (nuove canalizzazioni, manufatti, impianti idrovori), alle quali si aggiunsero soluzioni per rendere l’intero sistema
di scolo compatibile anche per la funzione irrigua, che contribuiL’impianto idrovoro di Santa Bianca.
rono al benessere generalizzato di cui oggi beneficiamo. Con le
leggi Serpieri, nei primi decenni del Novecento, ai Consorzi venne
affidata la gestione dei reticoli artificiali per cui il Consorzio Interprovinciale per la Bonifica di Burana estese le
proprie competenze alla maggior parte del reticolo artificiale compreso fra i fiumi Po, Secchia e Panaro a nord
della città di Modena.
La gestione dell’intero reticolo idraulico implicò la risagomatura dei canali secondari e di conseguenza l’aumento della loro capacità di invaso rese necessario rimodellare anche quelli principali,
con la conseguenza che la Botte Napoleonica e la chiavica di Santa
Bianca a Bondeno si rivelarono insufficienti a scolare per “gravità”
tutte le acque del comprensorio. Nacque così la necessità di sollevare con l’ausilio di pompe idrovore le acque eccedenti, per cui
sulla scorta di un vasto programma di progetti, messo a punto dal
direttore tecnico del Consorzio ing. Alberto Baroni, furono realizzati gli impianti idrovori di Santa Bianca, Pilastresi, Dogaro, Cipollette e Moretta. Fra questi merita un cenno a parte l’impianto
Pilastresi che, per la duplicità della sua funzione di scolo e derivazione, fin dall’epoca dell’inaugurazione, venne definito “il più im- Interno dell’impianto idrovoro Bondeno-Palata.
portante manufatto idraulico del genere esistente in Europa”.
Progettato nel 1929, l’impianto presentò notevoli problemi esecutivi a causa di sifonamenti provenienti dal Po attraverso i terreni di pessima qualità sui quali si era dovuto realizzare il manufatto; tali condizioni comportarono una lunga serie di interventi gravosi sul piano tecnico ed umano
che, congiunti con le vicende della Seconda Guerra Mondiale, ne rimandarono l’operatività all’anno 1949.
Nel 1924, il Consorzio Cavamento Palata, comprendente il territorio bolognese tra Samoggia e Panaro, per
dare esito alle acque basse del proprio comprensorio che dalla bonifica realizzata da Giovanni II Bentivoglio
(1487-1507) aveva subito solo modesti aggiustamenti, avviò la costruzione di un grande canale emissario che con
un percorso di 21 km fu portato a sboccare nel Panaro, alle porte di
Bondeno, sovrapponendosi pesantemente per 3 km ad alcune strutture idrauliche del Serraglio di Santa Bianca. Il canale, nel punto di
innesto col Panaro, fu dotato di un imponente impianto idrovoro,
progettato per dare risposte ad esigenze di carattere tecnico (garantire
la piena funzionalità del collettore delle acque basse anche nei periodi di piena del Panaro), ma anche ad esigenze di carattere ambientale (contenimento delle dimensioni degli argini per non
provocare l’opposizione dei possidenti estranei alla bonifica).
La legge sulla bonifica integrale portò poi alla costruzione di
nuove opere in un contesto più ampio teso a rendere vivibile il comprensorio con la realizzazione di impianti e prese di derivazione finalizzati all’irrigazione, di acquedotti ed elettrodotti per la
distribuzione di acqua potabile ed elettricità alle case coloniche sorte
nel comprensorio oltre ad un vasto programma di strade.
Lavori di escavo presso l’Emissario delle Acque Basse.
Anni ‘20-‘30 del Novecento.
17
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 18
Il Consorzio della Bonifica Burana oggi
Il sistema drenante, di antiche radici, è artificiale, fatto di una complessa articolazione di opere che difendono il
territorio dal libero vagare delle acque, dall’impaludamento e dalla malaria. Da sempre ogni proprietario di bene
immobile contribuisce, come in un condominio, al buon funzionamento di tale sistema la cui gestione è affidata, per
legge, ai Consorzi di Bonifica, eredi ultimi di coloro che, per
primi, hanno effettuato interventi idraulici ancora attuali e funzionali.
Dapprima dipendenti direttamente dal Ministero dei Lavori
Pubblici, poi dal Ministero dell’Agricoltura, dagli anni ’70 del
Novecento le competenze statali in materia agricola, in materia
di lavori pubblici e di difesa del suolo sono stati trasferiti dallo
Stato alle Regioni. Oggi, in Italia si contano oltre 150 enti di bonifica, anche se il processo di riordino ha avviato un accorpamento per bacini idrografici di diversi Consorzi in varie regioni,
tra cui la nostra.
Già in base alla legge n. 42 del 2 agosto 1984 la Regione
Emilia-Romagna accorpò il proprio territorio in 15 Consorzi di
Bonifica secondo un criterio ispirato all’unitarietà idraulica di
bacino. Questo primo riordino, reso effettivo dalla delibera n.
Briglia sul Torrente Dardagna, affluente del Panaro
1663 del 12 novembre 1987, ha visto operare sull’attuale com(Lizzano in Belvedere - BO).
prensorio il Consorzio della Bonifica Burana-Leo-Scoltenna-Panaro di Modena, formato dall’unificazione dei Consorzi Interprovinciali per la Bonifica di Burana, Bacini Montani
di Modena (istituito nel 1928), Bonifica Nonantolana (istituito nel 1872) e Miglioramento Fondiario scoli e irrigazioni
di Ravarino (istituito nel 1873); il Consorzio della Bonifica Reno-Palata nacque, invece, dalla fusione dei Consorzi
di Bonifica Palata-Reno (a cui furono affidate nel 1982 anche le competenze sul Canale Torbido), di Bologna e Consorzio di Bonifica Montana dell’Alto Bacino del Reno. Il riordino successivo, in base alla legge
regionale n. 5 del 24 aprile 2009, ha portato agli attuali 8 Consorzi di
Bonifica in Emilia-Romagna.
Il Consorzio di Bonifica Burana dal 1° ottobre 2009 riunisce nel
proprio comprensorio i territori di due Consorzi preesistenti: la parte
del comprensorio del Consorzio Reno-Palata compresa tra il torrente
Samoggia ed il fiume Panaro e l’intero comprensorio del Consorzio
della Bonifica Burana-Leo-Scoltenna-Panaro, rispettivamente situati
in destra e sinistra idraulica del fiume Panaro. Il Consorzio opera attualmente in un’area di oltre 240.000 ettari: si estende dal crinale dell’Appennino tosco–emiliano al Po in Lombardia, all’interno delle
province di Modena, Mantova, Bologna, Ferrara e Pistoia e ricade nei
bacini idrografici del Burana-Po di Volano e del Panaro.
Montagna e pianura vedono la presenza istituzionale dei Consorzi Paratoia Guazzaloca (Crevalcore - BO).
di Bonifica (enti di diritto pubblico) con competenze territoriali di difesa dal rischio idraulico e contro il dissesto idrogeologico. In montagna, dove i corsi d’acqua sono “naturali”
e quindi con gestione a carico di Regione e Stato, il
Consorzio svolge compiti di sorveglianza del territorio,
esecuzione e manutenzione di opere di bonifica montana, di sistemazione ambientale e difesa del suolo. In
pianura, invece, la preziosa orditura costituita da canali
e fiumi deve essere realizzata e regolata artificialmente;
l’intero sistema è gestito dai Consorzi che provvedono
ad eseguire e mantenere le opere di bonifica, costituite
essenzialmente da stabilimenti idrovori, chiaviche, canali, ponti, botti a sifone, manufatti idraulici di sostegno
e raccordo, briglie, casse di espansione e impianti di sollevamento a servizio dell’irrigazione. Questo complesso
sistema idraulico assume anche una rilevante funzione
ambientale per migliorare il paesaggio e favorire la bioCanale Collettore di Burana (Bondeno - FE).
diversità.
18
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 19
Gli impianti del Consorzio della
Bonifica Burana
Con circa 960 km di canali, che hanno come recapito il Canale Collettore di Burana, il sistema idraulico delle acque basse in sinistra Panaro gestisce circa 54.200 ettari di territorio di bassa pianura mantovana, modenese
e ferrarese. Il Canale Collettore di Burana inizia il suo percorso al confine
fra Lombardia ed Emilia-Romagna e scorre verso sud-est, sottopassando il
Panaro in territorio bondenese attraverso la Botte Napoleonica. Tali acque
si immettono nel Mare Adriatico dopo circa 85 km, scorrendo per caduta
naturale attraverso il Canale Emissario di Burana e quindi nel Po di Volano.
Il sistema di distribuzione idrica è incentrato sull’impianto Sabbioncello,
ubicato nel Mantovano, che deriva l’acqua dal fiume Po servendo una superficie di circa 70.000 ettari nella Bassa Pianura mantovana e modenese,
principalmente nei territori del Consorzio della Bonifica Burana e del Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po.
La Botte Napoleonica a Bondeno (FE).
Botte Napoleonica (Bondeno - FE)
La costruzione di una "Botte" sotto il fiume Panaro per bonificare l'agro di Burana fu concepita nel XIX secolo
con lo scopo di convogliare le acque sotto il Panaro per raggiungere direttamente il Mare Adriatico. Il progetto fu affrontato già dal Governo Napoleonico del Regno d'Italia, ma la caduta di Napoleone nel 1815 e la conseguente Restaurazione fermarono l'esecuzione delle opere complementari quali lo scavo dei canali Collettore ed Emissario e
pertanto il manufatto rimase inutilizzato. Dopo l'Unità d'Italia furono compiute le canalizzazioni di raccolta delle
acque del Bacino buranese; infine, con la deviazione sulla Botte di un breve tratto del Panaro, l'opera venne inaugurata
il 25 Febbraio 1899. La Botte è costituita da due canne lunghe 99 m con pendenza dello 0,35 % per una portata massima di 40 m3/s. Nel 1988 il Consorzio ha curato il restauro dell’infastruttura idraulica. I due “caselli” posti a monte
e a valle ospitano le paratoie che controllano il flusso delle acque del Canale Collettore di Burana in entrata e del Canale Emissario di Burana in uscita.
Impianto Idrovoro di scolo e derivazione idrica Pilastresi (Stellata di Bondeno - FE)
L'impianto idrovoro Pilastresi, costruito tra gli anni 1928-37 e attivato
solo nel 1949 a causa degli eventi bellici, è ubicato a Stellata di Bondeno e
insieme al canale delle Pilastresi raccorda il Canale Collettore di Burana al
Po. Fu concepito per lo scolo del Bacino delle Acque Basse, poi il progetto
fu rivisto per consentire anche la derivazione dal Po a servizio della parte
orientale della provincia ferrarese. All'epoca, per la duplicità delle funzioni
di scolo e derivazione, venne definito il più importante impianto d'Europa.
L’impianto è dotato di quattro gruppi di pompe, ognuno azionato da due
differenti motori, che sollevano l’acqua dal Canale delle Pilastresi al fiume
Po e viceversa. L’impianto ha una portata massima di scolo di 40 m3/s e
una portata massima per derivazione di 47 m3/s.
La chiavica di sbocco in Po dell’impianto Pilastresi consente di utilizzare la rete dei canali come riserva d’acqua e di preservare il territorio dalL’impianto idrovoro Pilastresi a Stellata di Bondeno (FE).
l’eventuale risalita del fiume. La funzione di derivazione irrigua, che serve
un bacino di 150.000 ettari dislocato soprattutto nella parte ferrarese extra-comprensoriale e di 2.800 ettari nel comprensorio consortile, può avvenire sia a gravità sia per sollevamento meccanico. Pilastresi è definito “Polo idraulico”
poichè, oltre all’impianto principale, la regimazione dell’acqua è garantita anche da un complesso sistema costituito
da impianti sussidiari, chiaviche, canali e manufatti.
Impianto Idrovoro di derivazione idrica Sabbioncello (Quingentole – MN)
L’impianto Sabbioncello, inaugurato nel 1958, è stato costruito nella golena del
Po, a Quingentole (MN) al di fuori del comprensorio consortile, ubicato in una posizione tale da minimizzare il numero di risollevamenti dell’acqua derivata lungo
l’asta del Canale Sabbioncello. Tale impianto venne progettato nel 1936, ma a causa
degli eventi bellici la proposta di realizzazione dell’impianto venne ripresentata nel
1947; Sabbioncello, dotato di 6 gruppi di pompe azionate da 6 motori elettrici sincroni, risulta il principale impianto di derivazione per approvvigionamento idrico del
comprensorio di pianura, in grado di fornire fino a 20 m3/s di acqua. L’acqua viene
prelevata dal Po ed immessa nel Canale Sabbioncello attraverso un bacino di calma,
che consente la sedimentazione dei solidi sospesi nell’acqua derivata e la misurazione
della portata. Il Canale Sabbioncello è lungo 20 km e confluisce nel Canale Diversivo
di Burana a San Possidonio (MO); per l’irrigazione del Bacino delle Acque Alte, il
L’impianto irriguo Sabbioncello a Quingentole (MN). sistema è potenziato da impianti di risollevamento.
19
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 20
Le criticità e il futuro del Consorzio della
Bonifica Burana
La bonifica messa alla prova
Le infrastrutture del Consorzio della Bonifica Burana hanno
subito pesantemente l’impatto del sisma del maggio 2012 e avuto
un ruolo fondamentale nell’allontanare le acque provenienti dalla
rotta del fiume Secchia del gennaio 2014.
Nonostante le strutture siano state messe a dura prova dal
sisma, il servizio di distribuzione irrigua e di scolo hanno continuato ad essere operativi ed efficienti grazie alla determinazione
della “macchina consortile” che, come sempre, ha dato priorità
alla sicurezza del territorio.
Inoltre, le varie ordinanze della Regione Emilia Romagna
hanno consentito l’avvio di un percorso di ricostruzione tuttora
in atto che, peraltro, ha fatto riemergere la necessità di adeguaLavori di ricostruzione presso il polo idraulico Pilastresi danneggiato
menti del sistema di bonifica alle mutate condizioni territoriali.
dal terremoto 2012.
Il futuro
Impianto Idrovoro Cavaliera (località Malcantone di Bondeno - FE)
A causa delle modifiche che si sono susseguite
negli ultimi 60 anni sul territorio, sia in termini di urbanizzazione che di modifica delle pratiche colturali,
unitamente all’aspettativa di una maggiore sicurezza
idraulica, si è ravvisata la necessità di “ristrutturare”
dal punto di vista dello scolo delle acque superficiali la
rete idraulica di bonifica con importanti interventi in
termini infrastrutturali.
In collaborazione con il D.I.S.T.A.R.T. dell’Università di Bologna, è stato effettuato uno studio che ha
definito necessario, per la rete delle Acque Basse in sinistra Panaro, il potenziamento dello scolo nel fiume
Po per almeno 20-30 m³/s oltre all’attuale capacità.
La soluzione progettuale prevista si concretizza
nella realizzazione di un nuovo impianto di sollevamento con tale potenzialità di scarico, elevabile in futuro fino a 40-60 m³/s.
Il nuovo impianto verrà realizzato nel punto più Ubicazione del nuovo impianto Cavaliera.
congeniale per lo scarico in golena del Po in corrispondenza della foce del Panaro tra la località denominata
“Coronella Brandana” e l’Impianto Pilastresi, lontano da aree urbanizzate o soggette a vincoli e in un tratto in
cui la sezione del fiume risulta essere notevolmente ampia e a valle del centro abitato di Bondeno.
Fotografia aerea dell’area del nuovo impianto Cavaliera.
20
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 21
La bonifica nell’Oltrepo mantovano
Oggi l’Oltrepo mantovano, strettamente connesso
dal punto di vista idraulico alla Pianura Padana ricadente nella regione emiliana, è incluso nei comprensori
del Consorzio Terre dei Gonzaga in Destra Po di Mantova, del Consorzio della Bonifica Burana e, per una superficie modesta, del Consorzio di Bonifica dell’Emilia
Centrale.
L’assetto della sistemazione idraulica attuale dei
territori posti in destra del fiume Po nella media pianura
orientale è determinato dalla presenza degli affluenti
Crostolo, Secchia e Panaro, amministrativamente collocati nelle province di Mantova, Reggio Emilia, Modena e Ferrara; esso deriva da opere di bonifica attuate
dai Consorzi nati dopo l’Unità d’Italia, in seguito anche
agli eccezionali danni delle piene del fiume Po nel 1873
ed ai rinnovati disastri idraulici del 1879. Il Governo faPonte della strada Guastalla - Reggiolo sul Canale Collettore Principale.
vorì le opere di bonificazione e di difesa idraulica e successivamente approvò una serie di norme che permisero nel tempo di provvedere alla completa ed efficace
sistemazione idraulica di tali territori ed, all’interno degli stessi, soprattutto delle zone più basse.
In particolare l’Oltrepo è idraulicamente caratterizzato da tre bacini tra loro interconnessi, che recapitano le acque di scolo in parte direttamente in Po
e in parte nel Po di Volano.
Partendo da ovest verso est si trovano:
• il Bacino ex Agro Mantovano-Reggiano, in
sinistra Secchia, che raccoglie le acque di 39.000
ettari dal territorio emiliano-romagnolo e lombardo e, attraverso il Canale Collettore Principale che sottopassa il fiume Secchia, si
immettono in Po tramite il Canale Emissario
Agro Mantovano-Reggiano presso l’impianto
idrovoro omonimo di Moglia di Sermide;
• il Bacino ex Revere, in destra Secchia, che
raccoglie le acque di 13.500 ettari dal territorio
lombardo e, attraverso il Canale Collettore Fossalta Superiore e Inferiore, scarica in parte in Po
attraverso l’impianto idrovoro Revere (Moglia di Canale Fossalta con ninfee.
Sermide) e in parte si immette nel Canale Collettore di Burana per scaricare nel Po di Volano
e direttamente in Po presso l’impianto idrovoro
Pilastresi;
• il Bacino Burana/Po di Volano, che attraverso il Canale Collettore di Burana raccoglie le
acque di circa 55.000 ettari dal territorio emiliano-romagnolo e mantovano, nonché acque
del Bacino Revere. Il Canale Collettore di Burana sottopassa il fiume Panaro attraverso la
Botte Napoleonica e scarica nel mare Adriatico
tramite il Po di Volano. Una parte della portata
viene deviata verso l’impianto idrovoro Pilastresi per scaricare in Po.
L’approvvigionamento irriguo per questi
territori, oltre che dalle acque meteoriche trattenute nei canali, è garantito dalle derivazioni
dal fiume Po tramite gli impianti Boretto, Sabbioncello e Pilastresi.
La Chiavica Vallazza con visitatori.
21
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 22
22
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 23
Note
23
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 24
24
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 25
Enti promotori
Con il patrocinio di
Unione Regionale Bonifiche Irrigazioni
e Miglioramenti fondiari Lombardia
Unione Regionale delle Bonifiche
Emilia Romagna
Associazione Nazionale Consorzi
Gestione e Tutela del Territorio e Acque Irrigue
Finito di stampare nel mese di Settembre 2016
Museo Archeologico Ambientale
Segreteria: via Marzocchi, 17
40017 San Giovanni in Persiceto (BO)
tel 051-6871757 / fax 051-823305
e-mail: [email protected]
web: www.museoarcheologicoambientale.it
“MUSEO DI QUALITÀ”
È RICONOSCIUTO DA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI
CULTURALI E NATURALI
AquaeGuidaTerreGonzagaA4copia_AquaeGuidaTerreGonzaga 27/09/2016 19:36 Pagina 26