Il cinema norvegese
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Il cinema norvegese
e s e g e v r ema no rdito Il cin BEAUTIFUL COUNTRY e Giovane ELLING sovrumani che contraddistinguono le attuali migrazioni di popoli. Eppure si tratta di una metafora – una metafora sul desiderio di riconciliazione dopo la guerra del Vietnam. Un bambino, di padre americano e madre vietnamita, viene adottato, ma dopo aver abbandonato il villaggio dove vive, torna a Saigon per trovare la sua vera madre. Finisce per imbarcarsi a bordo No, i cineasti norvegesi si sono aperti di una delle tanti navi di disperati al mondo. Infatti che dire di un regista che cercano di raggiungere gli Stati norvegese che insieme al suo produttore, Uniti. Tim Roth interpreta la figura del si lancia in un’avventura firmata dalla capitano, chiuso e indifferente al dolore leggenda Terrence Malick (Badlands, altrui. Dopo il purgatorio vissuto sulla The Thin Red Line). Di Norvegia non nave, l’America si mostrerà tutt’altro si parla mai, tanto meno dell’animo che un paradiso per questi rifugiati. norvegese: la storia si svolge in Vietnam E la figura paterna sarà molto diversa e negli USA. Vengono ingaggiati attori da quella immaginata dal figlio. Nick del calibro di Nick Nolte, Tim Roth e Nolte mostra la sua bravura di attore, Bai Ling. E Beautiful Country partecipa soprattutto nel finale, che riesce a essere al Festival di Berlino del 2004. privo di inutili isterie. Beautiful Country si trasforma a poco a poco in un’odissea Hans Petter Moland si era già messo in che coinvolge lo spettatore con i diversi evidenza con Zero Kelvin (Kjærlighetens destini dei protagonisti e la sua attualità. kjøtere) e Aberdeen, due studi Un film coraggioso e impegnato, che sull’autoimmagine maschile. Beautiful però a Berlino non ottenne nessun Country parla dei pericoli e degli sforzi premio. Non più isolata lassù nel profondo Nord tra ghiacci e venti freddi, la cinematografia norvegese si è fatta di colpo internazionale. Questo nuovo appello alla globalità non scaturisce soltanto dal suo ancorarsi all’elemento locale o dal potersi pacificamente esprimere e sviluppare in una specie di idillio, ben oliato e protetto dai soldi ricavati dal petrolio. a Insolito Il cinema norvegese gode di un’insolita popolarità, non soltanto durante le settimane ad esso dedicate o ai vari festival all’estero, ma anche nella stessa Norvegia. Il piccolo miracolo iniziò nel 2001 e si può dire che il cambio di millennio portò a una vera e propria metamorfosi. La commedia Elling (Petter Næss) venne nominata all’Oscar. E il documentario Cool & Crazy (Heftig & begeistret, Knut Erik Jensen) ebbe un enorme successo di pubblico e di critica sia in Norvegia che all’estero. Ma la vera apoteosi giunse nel 2003. Le produzioni norvegesi furono così numerose da battere ogni record precedente e vennero prese in seria considerazione da un pubblico che finora si era accontentato del modello patinato promosso da Hollywood. Oggi è impossibile partecipare alla vita di società senza aver visto l’ultimo film norvegese e il numero di spettatori è il più alto degli ultimi venti anni, rappresentando il 22% del mercato. NORWEGIANFILMINSTITUTE 1 Tradra Nel 2004 il regista di Elling, Petter Næss, girò una commedia dal taglio ancora più americano, all’ American Pie. Solo Bea (Bare Bea) affronta il periodo del debutto sessuale delle sedicenni. Næss non ha dato vita a una cinica commedia da liceo: mette invece in luce l’obbligo al conformismo e gli ideali più o meno discutibili a cui si aggrappano i giovani. E come si addice a una commedia: senza un attimo di noia. Il 2004 fu l’anno in cui vennero girate opere ancora più multiformi di quelle realizzate nel 2003. L’anno culminò in una vivace produzione di cortometraggi e documentari che esercitarono e svilupparono nuovi talenti come mai prima d’ora. Nella storia del film norvegese il documentario è un genere cinematografico che gode di illustri predecessori, soprattutto quello che tiene conto di una certa sobrietà ed esigenza al realismo. Negli ultimi anni Sigve Endresen ha firmato numerose pellicole che affrontano tematiche delicate e che turbano anche la società norvegese contemporanea: la tossicodipendenza, il cancro, l’isteria da dieta. Endresen ha creato una propria scuola che mostra una grande capacità di compenetrare la vita del singolo essere umano, senza sfruttarlo. Altro nome da citare è quello di Karoline Frogner, che ha dato volto ai tormenti dei nomadi e degli zingari in Tradra (Tradra – i går ble jeg tater). Ma spetta a Knut Erik Jensen con i suoi film sulla contea più settentrionale della Norvegia, quella di Finnmark, a spingere all’estremo il genere documentaristico, COOL & CRAZY ottenendo un grande successo di critica e di pubblico. Il cortometraggio non viene trattato soltanto alla stregua di una palestra per i futuri registi di lungometraggi, tanto è vero che conta un proprio Festival a Grimstad. E quando i cortometraggi norvegesi raggiungono il mondo, vincono spesso dei premi. A questo proposito va ricordato il Festival di Cannes del 2003 con ben tre riconoscimenti. Arriva il successo Il 2003, che rappresentò l’anno della consacrazione per una nuova generazione di registi e attori, fu comunque contrassegnato da grandi dibattiti e controversie, pur dividendosi tra la compiacente benevolenza dei critici e il forte magnetismo sugli spettatori. Si diceva che i film di quell’anno non fossero altro che produzioni fatte su misura per evocare comode sensazioni di benessere che storpiavano la realtà e che scodinzolavano senza dignità per compiacere il suo sempre maggiore pubblico. In modo alquanto arbitrario si diceva che quella fosse una generazione “immersa nella bambagia”, fatta di giovani uomini abituati al sostegno incondizionato di genitori e scuola, che non hanno mai dovuto lottare per ottenere qualcosa né hanno mai affrontato nessuna difficoltà e che non hanno nessuna intenzione di abbandonare la propria fase puberale che secondo alcuni durerebbe fino ai quarant’anni prima di passare bruscamente alla dura età adulta. Non vogliono staccarsi dal nido caldo e protettivo della famiglia, non vogliono fare le scelte necessarie per crearsi una vita indipendente. E per concludere: non vogliono assumersi responsabilità. Ai confini delle commedie, perché di questo si tratta, troviamo alcune giovani donne che aspettano pazientemente che i maschi si decidano prima di passare al contrattacco. Commedie di questo tipo sono prive di contenuto, si dice. Ma nello specchio magico della commedia colgono una mentalità che sa trasformarsi in tragicomico. I film norvegesi centrano i toni attuali di una generazione. I giovani norvegesi di oggi non vivono nessuna epoca eroica. Gli scorsi decenni sono stati tirannizzati da troppi tentativi di ironie di superficie, ergo è naturale scegliere la forma più protettiva e disarmante della commedia quando bisogna parlare nuovamente di cose serie, dove le domande vengono poste in modo piacevole, privo di ironia, la forma mira alla conciliazione. Il film sull’amicizia Buddy di Morten Tyldum è caratteristico di questa evoluzione. I maschi si consumano tra due ragazze o scappano davanti alle proprie responsabilità per una paternità indesiderata o mostrano pesanti sintomi di depressione giovanile. Devono adeguarsi poi a un mercato che di colpo non vuole più giovani altamente istruiti. Qualcosa di più leggero viene rappresentato in United di Magnus NORWEGIANFILMINSTITUTE 2 BUDDY Martens e Johnny Vang di Jens Lien, mentre le particolarità di generazioni appena più vecchie sono affrontate in La mamma di Elling (Mors Elling) di Eva Isaksen, dove si raccontano con animo cupo e intelligente gli antefatti alla base del film Elling che venne a suo tempo nominato all’Oscar. Per finire arrivò un terzo film con la regia di Petter Næss che aveva trascorso un periodo di tempo a Hollywood. I film norvegesi non sono più cosiddetti film d’autore, caratterizzati da una scrittura personale, ma seguono fedelmente regole e convenzioni del genere di appartenenza. Viene girato un film dell’orrore, Landa selvaggia (Villmark) di Pål Øie, uno che oscilla tra paura e fiaba e che pone l’accento sulla pressione esercitata sulle ragazzine di essere belle, La signorina Norvegia (Lille frk. Norge) di Hilde Heier, un cartone animato sul pirata norvegese Capitan Dente a Sciabola (Kaptein Sabeltann) di Stig Bergqvist, una commedia romantica con La donna della mia vita (Kvinnen I mitt liv) di Alexander Eik. Per nominarne alcuni del 2003. Kitchen Stories (Salmer fra kjøkkenen) Il miglior film norvegese del periodo si contraddistingue per la sua carica critica nei confronti di quella cosiddetta razionalizzazione degli obiettivi tipica degli anni Cinquanta, quando la socialdemocrazia avrebbe risolto al Kitchen Stories cui Eggs aveva concorso a suo tempo. Kitchen Stories (Salmer fra kjøkkenen) è eccentrico e burlesco. Strizzando l’occhiolino a Jacques Tati, chiede a Impettiti osservatori svedesi attraversano tutti coloro che vogliono migliorare il il confine della nazione limitrofa mondo di lasciare in pace la brava gente. per avventurarsi nella Norvegia più L’intelligenza di Hamer è generosa e sgangherata. Dopo essersi appollaiati di buon cuore, ma alquanto acuta. La su seggioloni che ricordano quelli usati scenografia, la regia e il resto fecero sui campi da tennis dai giudici di gara e sì che questo film vincesse numerosi che sono stati discretamente posizionati premi ed ottenne numerose e meritate in un angolo della cucina, essi riportano recensioni positive all’estero come in graficamente tutti i movimenti compiuti patria. Esse confermano l’impressione sotto di loro dagli scapoli norvegesi allo che i cineasti norvegesi hanno il pieno scopo di raggiungere con questi grafici controllo del proprio medium e che un uso più razionale possibile della questa è la forma espressiva naturale di cucina. Ma questo non assomiglia anche questa generazione. Senza dimenticare alle abitudini di pensiero del liberalismo attori e attrici che senza remore seguono di mercato? e incarnano queste idee e questi pensieri. meglio i problemi di ognuno con la sua pianificazione sociale triste, priva di fantasia e a fin di bene. Bent Hamer è l’uomo che covò Eggs nel 1996, il suo debutto cinematografico, dove seguiamo la vita di due fratelli in pensione che vivevano in uno stereotipo di villaggio norvegese. I critici ricorsero a nomi come Samuel Beckett, Harold Pinter e Buster Keaton per ricercare lo spirito che alimentava questa commedia a basso costo, che venne mandata a Cannes e che ha ottenuto numerosi premi in tutto il mondo. Il gioco tragicomico su cui è imperniato il film non diventa mai pretenzioso, anzi riveste connotazioni universali, grazie anche alla straordinaria interpretazione delle due figure di vecchi clown. Nel 2003 Hamer vinse il premio per la miglior regia al Festival di Cannes, a Il nuovo millennio Torniamo al passaggio al nuovo millennio, quando tutto cominciò per davvero. Sfidando la neve e il vento e con il Mare del Nord che mugghia spumeggiando dietro le loro spalle curve, svetta nelle lande più settentrionali del paese un coro maschile, i cui volti si coprono sempre più di neve e ghiaccio sotto i berretti bianchi. Il coro di Berlevåg, un piccolo paese di pescatori nella contea del Finnmark ha anche storie ed esperienze di vita tempestose che vengono ritratte in un film documentario unico nel suo genere: Cool & Crazy (Heftig og begeistret). Luce e buio, gelo e solitudine, calore NORWEGIANFILMINSTITUTE 3 Kristin LavransDATTER e visioni, paura e bellezza prendono forma e scaturiscono negli scenari ghiacciati, nelle ambientazioni delicate e nel caldo degli interni, mentre un umorismo sapido e carico di spirito di contraddizione svela un contatto alquanto terreno con la realtà. ILL TELEGRAFISTA affermare un’immagine tradizionale della Norvegia. Ma Jensen ha un ottimo contatto con la cultura del paese vicino, quella russa. L’estetica, la tematica e la poetica di Andrei Tarkovskij riecheggiano in sottofondo nei tre lungometraggi girati da Jensen, una comprensione insondabile della realtà Come tutte le altre piccole comunità dai tratti simbolici e spesso espressa dislocate nella Norvegia periferica, attraverso tecniche modernistiche. Berlevåg è esposto e a rischio. Il I titoli sono Stella Polaris, (1993), regista Knut Erik Jensen è un tenero Bruciato dal gelo (Brent av frost, 1996) poeta, a sua volta originario di questi e Quando il buio non c’è più (Når villaggi sperduti tra neve e gelo. Questo mørket er forbi, 2000). Lo scrittore, capolavoro ha attratto in Norvegia nonché eccellente giornalista Alf R. un pubblico da record e si è fatto Jacobsen è l’autore dei testi da cui sono conoscere anche a livello internazionale. stati ricavate le sceneggiature dei tre Perfino negli Stati Uniti. A questo film film di Jensen. Il cinema norvegese documentario Jensen ne fece seguire sarebbe stato impensabile senza scrittori un secondo Cool & Crazy On the e case editrici: ci sarebbero stati meno Road (Heftig og begeistret- På sangen film, molti di meno. Più della metà vinger), basato sulla tournèe compiuta dei progetti cinematografici norvegesi dal coro tra gli americani di origine fanno riferimento ed esistono grazie norvegese. Non ebbe il successo del alla letteratura che, oltre a essere fonte primo, portandosi inoltre con sé l’ombra di ispirazione, fa da sprono a nuove dell’11 settembre. interpretazioni visive. Nel 2004 Jensen girò con la sua solita audacia un terzo documentario, che descriveva questa volta una compagnia di rivista del Finnamark. Arctic Cabaret (På hau i havet) appartiene alla tradizione burlesca del carnevale come la conosciamo dall’Europa continentale. Lo spirito popolare si oppone all’autorità, ma neanche questa forma di comunanza ebbe grande seguito. I documentari sono il tentativo di seguito il film conquistò vittoriosamente l’Europa sotto forma di pièce teatrale. Insieme a un amico, Elling viene costretto a liberarsi delle sue nevrosi di natura fobica e della sua angoscia al contatto sociale. Elling sprizza di inibizioni da tutti i pori e ricorre a tutta la sua fantasia disperata e a uno stile estremamente personale per sfuggire a tutte le diverse e stressanti sfide a cui viene sottoposto. Il suo compagno d’avventura è pesante e terreno, con il suo modo ingenuo di fare. Un’eccellente interpretazione degli attori fa sì che l’ansia e la paura siano ritratti con sentimento, azione e delicata umanità. Lo scrittore Ingvar Ambjørnsen è uno dei migliori produttori di materiale grezzo del cinema norvegese, un uomo in grado di trasformare in parole il suo tempo. Il cinema norvegese sarebbe stato impensabile senza gli scrittori letterari. Componente a cui si ricorre spesso anche come fattore alla moda. Un tempo L’elastico Elling era il taciturno simbolista della contea Nello strano anno cinematografico di Telemark, Tarjei Vesaas, a creare 2001 uscì Elling, sulla scia di una materiale narrativo fiabesco. Per passare popolarissima serie di romanzi e di poi al più nervosamente urbano Knut un’analoga drammatizzazione per il Faldbakken. Poi fu la volta di Lars teatro. Su una popolazione di 4,5 milioni Saabye Christensen, che non si limitò a di abitanti più di 70.000 abbandonarono poetare su Knut Hamsun per la mensa i comodi divani televisivi per vedere cinematografica, ma che la imbandì questa commedia. Oltre mezzo milione anche con i propri romanzi incentrati di tedeschi la videro al cinema. Dopo su come si diventa grandi nella parte la candidatura all’Oscar, fu un enorme occidentale di Oslo. Il drammaturgo Jon successo al Festival di Bombay. In Fosse viene rappresentato sulle scene di NORWEGIANFILMINSTITUTE 4 HERMAN tutto il mondo, alla stregua di un novello Henrik Ibsen. Fosse sa come lanciare la sfida, cosa che il Festival di Berlino 2004 ebbe modo di sperimentare con la versione tedesca di Canzoni notturne (Natta syng sine songar) di Romuald Karmakar, la cui forma stringata e il voluto raffreddamento dei sentimenti seppero evocare molto temperamento. Il cinema norvegese ha saputo fare propria la triade di connazionali che furono insigniti del Premio Nobel per la Letteratura - triade che stranamente non include il nome di Henrik Ibsen. Quando l’epos nazionale norvegese del Medioevo, espresso da Kristin Lavransdatter della scrittrice e Nobel per la Letteratura nel 1928 Sigrid Undset, fu trasformato in film, se ne incaricò l’unico nome a livello internazionale della cinematografia norvegese, Liv Ullmann. La Ullmann volle al suo fianco il maestro della fotografia caro a Ingmar Bergman, lo svedese Sven Nykvist, e una lunga serie di validi attori norvegesi in quella che divenne la sua lunga interpretazione di tre ore del primo volume della trilogia della Undset. Un’atmosfera da età dell’oro Kristin Lavransdatter è attualmente il film più costoso e discusso della Norvegia. Seconda la stessa Ullmann, si trattò del processo di lavoro più duro della sua vita. Ma il film spazzò via ogni tipo di opposizione quando apparve sugli schermi delle sale ANGELI DELLA DOMENICA cinematografiche del paese, creando un’atmosfera da età dell’oro. I norvegesi si precipitarono a vedere il poema epico incentrato sulla forte e decisa Kristin e sul suo incontro con un amore non del tutto privo di complicazioni sotto un cielo cattolico. Il film viene mostrato all’estero in una versione ridotta. Un altro dei Nobel norvegesi per la Letteratura che alletta la maggior parte dei cineasti, anche dal punto di vista biografico, è Knut Hamsun. Il 1996 offrì la prima visione di un lungometraggio di carattere biografico, per essere precisi di una serie televisiva, sulla vita di Hamsun, interpretato da tre diversi attori a seconda dell’età del protagonista. L’enigma Knut Hamsun (Gåten Knut Hamsun) porta la firma di Bentein Baardson e rappresenta un progetto totalmente norvegese di comprendere questo scrittore così versatile. Il film prende spunto dalla biografia dell’inglese Robert Ferguson. Il primo a trasformare in film il dibattutissimo libro documentario del danese Thorkild Hansen Il processo contro Hamsun (Prosessen mot Hamsun) fu lo svedese Jan Troel, con lo svedese Max von Sydow nel ruolo del protagonista e la danese Ghita Norby nei panni della moglie Marie. di occupazione. Finita la guerra, ci fu un processo che voleva anche essere una specie dei resa dei conti nei confronti del norvegese che era già allora famosissimo in tutto il mondo. L’ormai anziano scrittore fu dichiarato non pienamente in possesso delle proprie facoltà mentali, sentenza che Hamsun contraddisse scrivendo poco dopo il romanzo estremamente lucido di uno scrittore perfettamente sano di mente, Per i sentieri ricoperti d’erba(På gjengrodde stier). Il processo fu penoso e imbarazzante per tutte le parti coinvolte, nonché estremamente carico di componenti emotive. Per questo ci voleva un regista che non fosse norvegese. Superiore a ogni genere di controversie, von Sydow interpreta Hamsun con grande dignità, come un uomo che ha vissuto sì nel proprio mondo, ma che esige un processo per quanto ha compiuto in qualità di uomo. Al di là di ogni forma di giurisprudenza o politica, il film è innanzitutto una tragica e commovente storia d’amore. Hamsun è lo scrittore norvegese da cui sono stati tratti il maggior numero di film. Soltanto i drammi di Ibsen sono stati maggiormente rivistati per il grande schermo. Il primo tentativo risale al 1921 quando il danese Gunnar Hamsun, che aveva appoggiato Hitler Sommerfeldt girò Germogli della durante la Seconda Guerra Mondiale, terra (Markets grøde), romanzo per volle intercedere a favore dei condannati cui Hamsun vinse il Premio Nobel. Il a morte norvegesi di fronte alle forze film fu girato nelle zone più suggestive NORWEGIANFILMINSTITUTE 5 NOVE VITE della Norvegia Settentrionale e per molti anni non se ne ebbe più traccia fino a quando venne ritrovato negli Stati Uniti e restaurato in Olanda a cura dell’Istituto Cinematografico Norvegese. Considerato una vivida trasposizione visiva del romanzo, viene mostrato spesso con l’accompagnamento delle musiche originali composte ad hoc dal direttore d’orchestra e violinista Leif Halvorsen. All’epoca del film muto esse venivano inviate alle sale cinematografiche sotto forma di spartiti. Nel 1922, l’anno dopo, fu girato il primo film completamente norvegese, Pan – Cinque atti e un epilogo (Pan – fem akter og en epilog). Vale la pena di ricordare che il grande genio cinematografico danese Carl Th. Dreyer girò due volte in Norvegia La sposa della valle di Glomdal (Glomdalsbruden), l’espressione più marcata del nazional-romanticismo: l’agiato fattore vuole che la figlia si sposi con un uomo ricco, ma lei ama un altro. In questo film Dreyer mostrò di muoversi con mano sicura verso quella che sarebbe stata la realizzazione del capolavoro successivo Jeanne d’Arc. Il danese Henning Carlsen girò quella che a suo tempo può essere considerata la miglior interpretazione cinematografica del romanzo di Hamsun, Sult (Fame), con lo svedese Per Oscarsson in una superba interpretazione del protagonista. Dieci anni fa Carlsen girò Pan, ma senza raggiungere i livelli del primo film. Ciò dimostra comunque quale attrazione continui a esercitare il virtuoso della lingua Hamsun sui registi non solo: norvegesi. I migliori film sono a detta dei registi stessi quelli che si basano su opere minori di Hamsun, ad esempio Il telegrafista (Telegrafisten) tratto dal romanzo breve Sognatori (Sværmere). Il film di Erik Gustavson fu selezionato per il Festival di Berlino del 1993. La prima volta dopo diciannove anni che un film norvegese ricevesse l’onore di partecipare a uno dei festival cinematografici di maggior importanza internazionale. Il telegrafista non è un film particolarmente originale, ma ci troviamo sulla splendida costa settentrionale della Norvegia e sull’isola di Kjerringøy, cara a Hamsun, una fiaba in sé. Con il suo stile sicuro, è evidente che Erik Gustavson si trovi perfettamente a suo agio con il protagonista del film, il visionario amante delle donne Rolandsen. L’irresistibile telegrafista di Hamsun fa un’invenzione che sconvolge la sua vita e quella del fertile ambiente che lo circonda. La fotografia di Philip Øgaard riesce a non diventare troppo estetizzante, malgrado il paesaggio da fiaba di questa parte della Norvegia, con le sue cime che svettano direttamente dal mare e che sembrano invogliare all’esagerazione pittorica. Troviamo comunque l’accenno a una forma di idilliaco dipinto dalle tinte pastello di una Norvegia del Nord estremamente estiva, lontana dal gelo e dai venti freddi che rappresentano il quotidiano di queste zone geografiche dalle avverse condizioni climatiche. Ispirazione internazionale Il cinema norvegese è giustamente affascinato dalla Norvegia Settentrionale. Nel 2002 abbiamo la rivisitazione cinematografica del romanzo Dina, signora di Reinsnes (Dinas bok). della scrittrice della Norvegia del Nord Herbjørg Waasmo. Il film, che ha come titolo Io sono Dina (Jeg er Dina ) vede Gerard Dépardieu in uno dei ruoli principali, la svedesenorvegese Marie Bonnevie interpretare Dina, mentre il danese Ole Bornedal (Il guardiano notturno - Nattevakten) si occupa della regia in una coproduzione nordica che è costata più di 100 milioni di corone e che viene girata nella terra d’origine di Hamsun. Ma il cinema norvegese si lancia anche verso l’esterno: non esistono quasi più produzioni che non si siano realizzate grazie a una collaborazione a livello nordico e i collegamenti con molte produzioni europee stanno diventando sempre più stretti. Erik Gustavson appartiene alla categoria dei registi norvegesi che si è aperto nuove strade. Nel suo primo film, Blackout, imitò i cupi film noir americani degli anni Quaranta. Nel suo elenco di opere troviamo poi una NORWEGIANFILMINSTITUTE 6 FANT FLAKLYPA Grand Prix commedia Herman, un film carico di intenso fascino malinconico e dal messaggio universale. Gustavson racconta la storia di un’infanzia a Oslo, ispirandosi all’omonimo romanzo dello scrittore Lars Saabye Christensen. Herman parla di un bambino di dieci anni che perde i capelli. Il film ci permette anche di sottolineare che quasi la metà dei lungometraggi norvegesi riguarda bambini e giovani. Analogamente al resto dei paesi scandinavi la Norvegia dà molta importanza al compito di “essere al servizio” dei gruppi più giovani d’età, ma con film che però sanno coinvolgere tutta la famiglia. Su e per i giovani Il miglior di tutti venne selezionato per il Festival di Berlino e vinse “L’Angelo blu” nel 1995. Fu il primo di una lunga serie di riconoscimenti attribuiti all’allora debuttante Marius Holst e al suo cupo dramma, Dieci coltelli nel cuore (Ti kniver i hjertet). Anche questo film, scritto da Lars Saabye Christensen, ritrae l’infanzia e la gioventù a Oslo e mostra la comparsa del male in una giornata norvegese qualunque. Gustavson ha anche girato una serie televisiva di tutto rispetto - con una versione più breve per le sale cinematografiche - tratta dal bestseller Il mondo di Sofia (Sofies verden), che ha messo in luce la sua bravura di regista e ha introdotto i giovani spettatori ai contenuti filosofici del romanzo. MOGLI Molto popolari sono stati i film sui due giovani investigatori Pelle e Proffen. Il primo, Morte alla Stazione Centrale di Oslo (Døden på Oslo S) girato nel 1990 da Eva Isaksen, ebbe un enorme successo di pubblico grazie alla sua capacità di ritrarre in modo fresco e genuino i giovani provenienti da ambienti difficili, dove i conflitti con i genitori e la droga erano ingredienti quotidiani. Ad esso seguì Menzogne letali (Giftige løgner) che porta i due investigatori a proseguire e ad approfondire le loro conoscenze sul campo: anche questo film ebbe grande fortuna. Il terzo lungometraggio della serie si intitolava I lupi blu (De blå ulver). Tutti questi film sono opera della penna inesauribile dello scrittore Ingvar Ambjørnsen. Ma il film che più ha conquistato tutti è Frida – con il cuore in mano (Frida – med hjertet i hånden). Questo personaggio apparve per la prima volta in una serie televisiva apparsa sulla televisione di stato norvegese, NRK. Parla di una ragazzina, che vive con la sorella e la madre, all’inizio della pubertà e di come Frida affronti questo periodo della vita sia a livello fisico che nell’uso del linguaggio e dei gesti. Frida venne interpretata con inimitabile precisione dalla giovane Maria Kvalheim, che di colpo divenne una celebrità in Norvegia e in molti festival internazionali, dove il film di Berit Nesheim riscosse molti premi, soprattutto quelli del pubblico. In Norvegia il film raccolse intere famiglie nelle sale cinematografiche. La Nesheim fu candidata all’Oscar, la terza nomination norvegese, con Angeli della domenica (Søndagsengler), ennesima dimostrazione agrodolce della sua profonda conoscenza dell’animo giovanile. L’autrice di Frida si chiama Torun Lian e ha alle sue spalle un pacato debutto come regista del suo stesso libro Soltanto le nuvole muovono le stelle (Bare skyer beveger stjernene) del 1998. È la storia dell’undicenne Maria che dopo la morte per tumore del fratellino vede la madre regredire sempre più nella depressione. Il film è un “anti-action”, elaborato con sentimento e intelligenza. Vinse numerosi premi all’estero, tra cui il Premio Ingmar Bergman. Il film non ha paura di affrontare la gravità della vita sia con serietà che con umorismo in una mescolanza davvero liberatoria. La Lian uscirà presto con il suo nuovo film Il colore del latte (Ikke naken). Dalla contea di Finnmark Circa 20 anni fa emerse dalla contea più a nord della Norvegia, quella di Finnmark un grande talento: Nils Gaup, sami. Numerosi sono i suoi film anche se il migliore rimane quello del debutto. Attualmente è impegnato in un’opera che parla della ribellione avvenuta nel 1852 del popolo sami contro le autorità norvegesi. NORWEGIANFILMINSTITUTE 7 L’arciere di ghiaccio Il debutto di Gaup avvenne con il film L’arciere di ghiaccio (Veiviseren), che fu lanciato nel formato di 70 millimetri mai usato prima nel Nord Europa. Il film, che si basa su una leggenda del 1200 ed è in lingua lappone, fu nominato all’Oscar e rappresentò un investimento audace in cui pochi credevano. Fu invece un successo a livello internazionale, e che godette di un numero insolitamente alto di spettatori per essere un film norvegese. Anche i critici ne furono entusiasti. La stessa “Buena Vista” di proprietà della Walt Disney mostrò il proprio interesse per Gaup, partecipando alla sua produzione successiva Håkon Håkonsen. Questa volta non si trattava più di una leggenda sami su come un ragazzo dotato di cervello riesce ad arrestare l’avanzata degli invasori, con duelli del calibro dei vecchi film degli indiani di Hollywood , le poche volte in cui gli indiani avevano il sopravvento. Si trattava ora di evocare l’esotismo contenuto in un libro per ragazzi vecchio di cent’anni in cui un Robinson Crusoe norvegese compie il giro del mondo su una piccola imbarcazione giungendo nei mari del Sud. Gaup ha anche girato un film di briganti ambientato nei dintorni di Oslo che ricorda il Klondyke ai tempi delle miniere d’oro, Tashunga, e una più sobria rappresentazione cinematografica della giovane vita dello scrittore Aksel Sandemose, Misery Harbour. La natura come fonte d’ispirazione Altopiani e mari sono una componente frequente di molti film norvegesi, come ad esempio in quelli di Gaup. La storia del cinema norvegese prese avvio proprio da un dramma legato al mare. Nel 1907 un peschereccio fu portato nelle acque pressoché immobili di una baia di Oslo. Il risultato fu comunque carico di tensione e tempesta in I pericoli nella vita dei pescatori (Fiskerlivets farer), che descriveva le dure condizioni di vita a cui la furia degli elementi ha da sempre abituato i norvegesi. Se paragonato agli effetti raggiunti dalla cinepresa dell’Arciere di ghiaccio e proiettati su uno schermo a tutta parete, questo esordio appare molto segnato dal tempo, ma la scelta del soggetto rimane tuttora molto azzeccato. cercano ovunque essa sia. L’armonia esistente tra paesaggio e animo umano è grande e tangibile, persino quando il paesaggio non è così dolce e l’animo ne viene influenzato in modo così opprimente da rinchiudersi quasi in se stesso. O sfoderando l’eroismo della battaglia contro il tempo e il maltempo, la pesca sfumata e le scarne congiunture. Candidature all’Oscar, ma senza premi Sotto il profilo internazionale i film norvegesi si sono messi meglio in evidenza quando avevano un’aurea di avventura, il riflesso di grandi ricercatori polari del calibro di Roald Amundsen e Fridtjof Nansen. È caratteristico il fatto che l’unica statuetta vinta da un film Si può dire che il cinema norvegese abbia ricevuto la natura pressoché gratis, norvegese sia per il film riguardante la traversata dell’Oceano pacifico compiuta come se fosse stata procuratagli da un a bordo dell’imbarcazione fatta di balsa, munifico scenografo dotato di senso il Kon-Tiki. Thor Heyerdahl navigò drammatico per le linee morbide e i in un certo senso sulla scia di Nansen, picchi più arditi. Nell’Europa del Nord ricercatore perennemente impegnato esiste da tempo una solida tradizione in viaggi di scoperta, mentre il mare si alla paesaggistica eseguita attraverso la macchina da presa. I fotografi norvegesi abbatteva sull’imbarcazione come se si trovasse nei fondali ricchi di pesce del che lavorano nel cinema e che oggi Mare del Nord. Sei anni dopo, nel 1957, sono a livello mondiale, hanno usato la natura in modo più commerciale dei loro ci fu un’altra nomination all’Oscar con Arne Skouen e il suo Nove vite (Ni liv), colleghi svedesi. I norvegesi godono che però fu sconfitto dal grande Fellini. di un’empatia quasi magica con la natura, quella che si immagina semplice, Anche questo film rappresenta la lotta per la sopravvivenza contro gli elementi. genuina, esposta alle bizze del clima. Ambientato durante l’occupazione La cosa più curiosa della Norvegia è il tedesca, il film racconta la storia di pellegrinaggio pasquale dei norvegesi un soldato che sbarcato sulla costa verso la montagna. Quando la neve della Norvegia settentrionale riesce a finalmente comincia a scomparire, raggiungere la neutra Svezia tra mare, i norvegesi ne vogliono di più e la NORWEGIANFILMINSTITUTE 8 INSONNIA IL PORTALETTERE Ibsen, che ci mostra come la Norvegia non è tanto il paese del gioco quanto quello dei seri propositi, appare evidente che i cineasti si siano sentiti Fu ancora una volta la parte più appartenere alla retroguardia culturale. settentrionale della Norvegia – e la sua popolazione autoctona – a creare le basi Va comunque ricordato che il nipote di Ibsen, che aveva anche come nonno per una nuova candidatura all’Oscar il drammaturgo, poeta e polemista che avvenne trent’anni dopo. L’arciere Bjørnstjerne Bjørnson, diede un di ghiaccio è ricco di azione e di scene spettacolari, ma soprattutto di una carica contributo nuovo e attivo al cinema. Tancred Ibsen, che per ovvie ragioni umana caparbia e quasi eroica, per non dimenticare le riprese cariche di empatia veniva chiamato il “doppio nipote” per via dei suoi celebri nonni – e subendo in sulla forza degli elementi naturali. parte il peso di questa eredità - lavorò Gli angeli della domenica di Berit a molti generi per quasi quaranta anni, Nesheim, nominato nel 1997, è invece oscillando tra il popolare e l’impegnato. caratterizzato da paesaggi interiori a brandelli. Nel 2002 fu la volta di Elling. Secondo molti il film di Ibsen Due generazioni sull’allegro Robin Hood norvegese La Norvegia è sempre stata una della montagna Gjest Baardsen rimane poetocrazia dove i poeti hanno tuttora il più riuscito lungometraggio declamato a gran voce il proprio verbo. norvegese, anche se venne girato nel In ogni baia ed insenatura di questo lontano 1939. Questo non soltanto per paese si eleva una specie di vate che via delle caratteristiche ultranorvegesi contribuisce a formulare l’ordine che si agitano come sottofondo del giorno della vita spirituale o a – come la lotta del libero individuo riplasmare con zelo la società secondo contro le autorità e la burocrazia – ma la propria testa. Il cinema norvegese non anche l’impressione gioiosa di vita ne ha creati così tanti e dal momento che che evocano le dolci giornate estive ha apparentemente preferito mantenersi rinfrescate dal vento di montagna. Con fedele alle forme di racconto popolare, il permesso di Ibsen, l’Associazione è stato per questo disprezzato, anche dei Critici Cinematografi Norvegese ha se la ricerca in campo cinematografico scelto di chiamare il premio che viene sta dimostrando che si tratta di una assegnato al miglior film – norvegese palese ingiustizia. Ma quando esistono o straniero – al Festival del Cinema di stelle della letteratura come il Premio Haugesund, sulla costa occidentale del Nobel Knut Hamsun, il più vivace paese, Premio Gjest Baardsen. E non a prosatore che si possa immaginare, caso. o il più serioso drammaturgo Henrik neve e monti. Grazie anche all’aiuto che riceve durante la sua odissea. QUANDO LE NOTTI DIVENTANO LUNGHE L’anno prima Ibsen aveva filmato lo scrittore Gabriel Scott ambientando il suo film nel paradiso estivo del Sørlandet, la zona meridionale del paese. Ma Vagabondo (Fant) del 1937 non parlava solo di nomadi, di gente itinerante che si spingeva di villaggio in villaggio con le proprie piccole imbarcazioni, portandosi dietro la fama di persone che non sapeva sempre distinguere tra ciò che era loro e quello che non lo era. L’agile e temprato Alfred Maurstad, che interpretò anche il ruolo di Gjest Baardsen, riuscì ancora una volta a ritrarre la figura di un uomo agile e temprato, scaltro e coriaceo. Un pezzo di storia sociale norvegese che viene raccontata attraverso una buona trama. Se ci si deve soffermare davanti al nome di un altro grande pioniere, bisogna citare l’acuto e implacabile giornalista del quotidiano liberale Dagbladet, Arne Skouen, che nell’arco di 20 anni a partire dal 1948 girò diciassette film . Oltre a Nove vite e ad altri drammi di guerra, si mise particolarmente in luce per i suoi lungometraggi che fanno da spunto al dibattito su argomenti di attualità sotto forma di documentario. Un intelletto perspicace, un’equilibrata dinamica narrativa. Con Skouen non si è mai stati in dubbio sul suo intento polemico – e neanche sulla sua sicurezza formale del tutto insolita, come ad esempio in Tracce fredde (Kalde spor) del 1962, dove un uomo appartenente alla Resistenza nella Seconda Guerra Mondiale giunge a una disperata resa NORWEGIANFILMINSTITUTE 9 LIBELLULE film degli ultimi 25 anni Flåklypa Grand Prix, che unisce il sottile senso dell’umorismo norvegese di paese con il più raffinato uso dell’animazione culminando in un capolavoro cinematografico che continua a godere di un enorme pubblico. Questo film d’animazione è stato tradotto e Skouen concluse la sua carriera nel 1969 presentato in sedici lingue diverse, cosa mai successa per una produzione con il suo primo film a colori – con la norvegese. Caprino ha anche realizzato fotografia di Sven Nykvist. Basato su brevi adattamenti delle fiabe popolari un romanzo di Johan Falkberget, esso norvegesi che risultano inossidabili descrive con delicatezza le condizioni di vita della gente che viveva e lavorava come Flåklypa. Il norvegese dal nome italiano è un narratore di fiabe che vivrà nelle miniere intorno a Røros. Si tratta, a lungo sugli schermi cinematografici e in un mondo intirizzito di freddo e stremato dalla fame, allora come adesso, televisivi norvegesi. di creare calore e di proteggersi a vicenda. An-Magrit venne interpretata Nel 1998 venne girato un da Liv Ullmannn, la guidatrice di lungometraggio a cartoni animati di carbone che energica e forte, non ispirazione più disneyiana, intitolato permette a nessuno di essere trattata Ludvig, Solan e Gurin con la coda di come una creatura priva di anima: il volpe (Ludvig, Solan og Gurin med miglior ruolo che la Ullmannn abbia reverompa) per la regia di Nille Tystad avuto in un film norvegese. e John M. Jacobsen. Come per Flåklypa il cartone si ispira alle barocche figure Animazione paesane capaci di vivere al pieno la vita, I film per bambini costituiscono un disegnate dall’umorista Kjell Aukrust. ambito importante, che annovera nel Anche questo film riscosse molto corso degli anni numerosi produzioni di successo di pubblico, anche se non ha qualità. Se il genio dell’animazione Ivo lo stesso peso artistico di Flåklypa. Caprino abbia veramente prodotto film È stata poi la volta di Karlsson sul per bambini, è discutibile, comunque tetto (Karlsson på taket), anch’essa si occupò principalmente di motivi una produzione di John M. Jacobsen tratti dalle fiabe popolari norvegesi, e tratto dai libri di Astrid Lindgren, e creando un proprio mondo di pupazzi. di Capitan Dente a Sciabola (Kaptein Questa versatile risposta norvegese a Sabeltann), che rappresenta la versione Walt Disney si concentrò nel miglior dei conti con il tradimento d’amore, un fatale errore di giudizio nella Norvegia montuosa e coperta di neve che costò la vita a 12 rifugiati di guerra. Un esempio illuminante del realismo etico che caratterizza le opere consapevolmente di qualità di Skouen. a cartoni animati delle avventure del popolarissimo pirata norvegese. Il dopoguerra Nel 1949 la prima regista norvegese Edith Carlmar fece il suo clamoroso debutto con La morte è una carezza (Døden er et kjærtegn), un raffinato film noir sulla passione oscura che nasce nella più dolce quotidianità e nella celata pazzia della divisione fra classi. Il film ha avuto una specie di rinascimento negli anni successivi, sia in Francia che in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. La Carlmar si fece notare anche in seguito con le sue fresche commedie, spesso ricche di battute pungenti di carattere sociale. L’unico vero modernista cinematografico norvegese, Erik Løchen, era già in azione nel 1959 con La caccia (Jakten), proprio nel momento in cui prese piede la nuova ondata francese. Con occhio attento fantastica nel tempo e nello spazio, nel sogno e nella realtà, abbandonando l’elemento cronologico e causale che ha sempre legato mani e piedi anche al cinema norvegese. Løchen girò in seguito film che seguivano le indicazioni di Jean-Luc Godard sull’importanza che un’opera abbia un inizio, un centro e una fine, ma non per questo necessariamente in questo ordine. Løchen ha detto che il suo Obiezione (Motforestilling), che consiste di cinque pellicole della durata ognuna di venti minuti, può essere NORWEGIANFILMINSTITUTE 10 proiettato seguendo un ordine qualsiasi, cosa che crea 15750 diverse versioni. le condizioni delle donne norvegesi nel corso dei vari decenni. La Breien partecipò al Festival di Cannes del 1979 Per offrire spazio sia a Løchen che ad con la commedia L’eredità (Arven), che artisti cinematografici meno desiderosi si ispirava in parte alla musica della di sperimentazioni così estreme, vennero Gazza ladra di Rossini, ma anche all’ create delle nuove forme di sovvenzioni avidità norvegese di quegli anni – e con pubbliche, che sono del resto necessarie qualche accenno velato a Ibsen. Vinse in un mercato del film così piccolo: dei premi al Festival di Venezia nel infatti senza di esse sarebbe stato 1982 con Persecuzione (Forfølgensen), impossibile sviluppare in Norvegia una ispirato a Dreyer, che ci riporta alla cinematografia che tenesse conto della Norvegia montuosa del tardo Medioevo forma come espressione artistica. e che vede la donna come vittima. Nel 1990 la Breien girò Il ladro di gioielli Il cambio generazionale (Smykketyven), un dramma d’amore con Ispirata dalle nuove tendenze del film la figura di Don Giovanni a Oslo. francese e da altri influssi spumeggianti e vitali che come un’ondata spazzarono Gli anni Ottanta il mondo cinematografico degli anni I multiformi anni Ottanta – raramente Sessanta, nacque una generazione nuova sono successe così tante svolte che non andava al cinema soltanto improvvise nel mondo cinematografico per conoscere le ultime novità, ma norvegese – si lasciano dividere a volo che le elaborava nel proprio pensiero d’uccello in due parti. La prima metà e che arrivò a trasferirsi all’estero per di questo decennio si può riassumere crearsi un’istruzione cinematografica. con l’espressione: prima le donne e i Tra questi, la più rappresentativa è bambini, quasi una fase trionfante del Anja Breien, che concilia spontaneità femminismo. Oltre alla Breien, troviamo e sentimento con un giusto equilibrio Laila Mikkelsen in forma smagliante, accademico formale. Voleva diventare soprattutto grazie a Piccola Ida (Liten fisico nucleare, invece frequentò una Ida) del 1981, la storia di una bambina scuola di cinema a Parigi. nata dalla relazione della madre con un tedesco durante l’occupazione Il primo successo risale alla metà degli nazista. Anche questo film riscosse anni Settanta, anche se aveva già messo ampio consenso internazionale, anche in luce il suo grande talento con il se minore rispetto a quello di Mogli di film La giovane della valle di Jostedal qualche anno prima. (Jostedalsrypa), che narra la storia di una ragazza che fu l’unica sopravvissuta Ma la figura di spicco fu la fotomodella, di un piccolo e pittoresco villaggio nella attrice, sceneggiatrice e regista Vibeke zona occidentale della Norvegia dopo Løkkeberg. La persona più fotogenica la peste del 1350. Mogli (Hustruer) del della Norvegia mise in luce un talento 1975 segnò l’avvento della componente cinematografico bello e selvaggio con femminista nel cinema norvegese: Il tradimento (Løperjenten) del 1981, si tratta di una commedia brillante e neorealismo norvegese dai colori vividi che descrive la Bergen povera degli disinvolta su tre vecchie compagne di anni del dopoguerra , dove tutto viene scuola che si ritrovano a una festa di ingrandito e deformato dagli occhi dei ritrovo della classe e durante la quale bambini. La stessa prospettiva infantile si scambiano risate ed esperienze. Nel viene in un certo senso ripresa anche 1985 uscì Mogli – dieci anni dopo nel dramma dell’incesto Pelle (Hud) del (Hustruer – ti år etter) dove i toni si fanno più cupi, più disillusi, ma dove la 1986, che fu selezionato al Festival di spontaneità continua a esistere, pur con Cannes, analogamente a Il tradimento. Si tratta di una specie di canto popolare maggiore cautela. filmatizzato che davanti alla macchina La Breien continuò a documentare da presa si è gonfiato fino a raggiungere gli stati d’animo e la vita delle tre i toni disperatamente enfatici di moschettiere con Mogli III (Hustruer un’opera di Wagner ambientata nella parte occidentale della Norvegia. III) del 1996, quando le tre amiche stanno per compiere cinquanta anni. Sul finire degli anni Ottanta fu la volta È il meno riuscito dei film, ma questa serie è destinata a creare una forma di un’altra promettente opera di debutto. unica di fiction nella storia mondiale Anche se il successo internazionale non fu così netto come per L’arciere di del cinema perché mostra la vita e ghiaccio di Nils Gaup, Martin Asphaug vinse il Premio Nordico per Opera Prima del Festival di Göteborg per Una manciata di tempo (En håndfull tid, 1989), dove si fondono realismo etico, simbolismo e surrealismo creando quello che possiamo definire realismo magico. Quando si è mai visto un film norvegese così affamato di fantasia da servirsi degli arcangeli? Questo oscillare filmico e linguistico tra tempo e spazio ha probabilmente sortito un effetto liberatorio sulle ambizioni artistiche di molti registi. I film successivi di Asphaug, che non raggiungono lo stesso livello qualitativo del primo, riguardano opere per bambini e giovani come il popolare Menzogne letali (Giftige løgner) e l’incredibilmente fantasioso e dal forte impatto visivo Svampe. Scomparso poi in Svezia dove ha girato serie televisive cariche di atmosfere, Asphaug è tornato recentemente alla ribalta con il film d’azione Il destino di Andrea (Andreaskorset). L’epopea dei maschi Svend Wam e Petter Vennerød hanno girato una lunga serie di film ribelli che hanno fatto la guerra ai critici e hanno riscosso grandi consensi di pubblico. Autodefinendosi anarchici, si sono scagliati duramente contro il grigiore e la tristezza socialdemocratica che secondo molti hanno caratterizzato gli anni Settanta e Ottanta. Tra i loro film migliori troviamo Loro e noi (Lasse og Geir, 1976) e la trilogia sulla generazione del Sessantotto, Futuro aperto (Åpen fremtid, 1983), Addio solidarietà (Adjø solidaritet, 1985) e Castelli in aria (Drømmeslottet, 1986). A metà degli anni Ottanta arrivò l’epoca dei maschi, con forza e vigore. L’antitesi al femminismo fu Il cerchio di Orione (Orions belte), un muscoloso film d’azione che si svolgeva nei paesaggi artici, dai sottotoni politici e dall’enfasi musicale. A questo dramma della sopravvivenza ne seguirono molti dello stesso genere. Allo stesso tempo nacquero le società in accomandita: lo scopo era quella di creare una nuova Hollywood nella Norvegia del boom petrolifero. Dal mondo anglofono giunsero cineasti con progetti che non trovavano finanziamenti in patria, cosa di certo non casuale. Invece in Norvegia sì. La conseguenza fu che alla fine le cose andarono male, anche se senza dubbio la nuova situazione fornì ai lettori di quotidiani un nuovo tipo di NORWEGIANFILMINSTITUTE 11 intrattenimento. La svolta commerciale portò anche a un migliore contatto con il pubblico e a un numero crescente di spettatori sia ai film norvegesi che nelle sale cinematografiche in generale. Ma in tutti questi giochi tipici del periodo, dove si provava ogni sorta di generi, superfici, fronzoli, fragmenti, l’ambizione artistica è andata quasi persa. Molti cominciarono a chiedersi perché i contribuenti dovessero finanziare questa specie di giochi d’azzardo muniti di macchina da presa. O perché bisognava concorrere con Hollywood partendo dalle premesse strapotenti di questa mecca del cinema. Ce la fece soltanto L’arciere di ghiaccio. Sfruttando la sua componente sami e mantenendo le proprie radici nella terra ghiacciata. Ma un’opera dallo strano titolo X, preannunziò una sintesi tra il principio maschile e quello femminile. Il creatore e regista di documentari Oddvar Einarson diede (in un misto di colore e bianco e nero) la sensazione di trovarsi sul pianeta sbagliato. Oslo venne ritratta come un paesaggio lunare. Il suo linguaggio poetico visivo si ispirava in parte alla percezione del grande russo Tarkovskij di descrivere il mondo dopo la catastrofe in uno stato desertico e spiritualmente sfinito. Vinse il Premio speciale del prestigioso Festival di Venezia per questa opera che offre anche una musica rock quasi priva di suono nelle sue tentennanti allusioni a un possibile amore tra giovani non ancora rovinati dalla desolazione dell’ambiente circostante. intime (Fortrolige samtaler) e soprattutto L’infedele (Troløs) hanno qualità elevate e insolite. Quest’ultimo era favorito per la Palma d’Oro durante il Festival di Cannes del 2000, ma venne battuto sul finale. In seguito ha ottenuto grandi riconoscimenti all’estero, ma non in maniera incondizionata in Norvegia. Nel 1997 ben due debuttanti norvegesi sono stati selezionati per la Settimana dei Critici Cinematografici al Festival di Cannes su un totale di sette partecipanti da tutto il mondo. Insonnia (Insomnia –den som synder sover ikke) di Erik Skjoldbjærg, che occupa un posto centrale in quel che è stata chiamata la Norwave, è un vero e proprio film noir all’insegna del sole di mezzanotte e dove la città della Norvegia Settentrionale, Tromsø, assume connotazioni internazionali. Il thriller rappresentava anche lo studio caratteriale di un investigatore di polizia che non dorme mai e che vede la propria vita concludersi nel caos dopo aver commesso un errore fatale. Un film dove impera l’insicurezza morale. In modo elegante e ambiguo. Hollywood ha realizzato in seguito una nuova versione dell’Insonnia di Skjoldbjærg con Al Pacino nel ruolo del protagonista, ambientata però in Alaska. film di Mona Hoel Quando le notti diventano lunghe (Når nettene blir lange) si svolge in una baita a Natale, con una famiglia itinerante di suoceri e famigliari polacchi. Natale si trasforma in un vero e proprio inferno spontaneo dove gli scheletri cadono dagli armadi più velocemente che in Ibsen. La Hoel è fedele allo stile e al contenuto cari all’estetica di Dogma, proponendo un esempio vitale di dramma privo di veli e alla ricerca della verità che viene colto nell’immediatezza del momento da una cinepresa tenuta in mano. Marius Holst è ritornato alla ribalta con un pezzo teatrale da camera all’aria aperta, Libellule (Øyenstikker), che imperniato sull’eterno triangolo, ha spinto molti a pensare al grandissimo Ingmar Bergman e dove non mancano l’intensità e la comprensione di una crudele lotta per il potere. Il film ha tratto molto combustibile anche da Dogma ’95. La Norvegia possiede molti abili registi, più di quanto si pensi. E adesso si punta molto su quelli più giovani - forse con troppa enfasi. Tenuto conto delle condizioni, l’ambiente cinematografico norvegese può contare su molti eccellenti fotografi e scenografi, su molti artigiani assai consapevoli del proprio lavoro a tutti i livelli e su attori che vale Pål Sletaune ha vinto il Premio della la pena di mettere in mostra. I copioni e Critica a Cannes per Il portalettere le scenografie migliorano sempre più. La (Budbringeren), riscuotendo come Skjoldbjærg, un successo internazionale. vita cinematografica norvegese è come il clima – tempestoso o coperto di neve, Il portalettere è una commedia thriller grigio o illuminato dalla luce del sole, trash ambientata nella Oslo più misera. carico di livore etico – come Brand di Il portalettere è un postino indolente, Ibsen – o giocosamente irresponsabile sciatto e immorale, a cui nelle vesti di – come Peer Gynt di Ibsen. Il cinema antieroe che vive in un mondo saturo Norwave di tristezza è rimasto ancora un briciolo norvegese, quando è al meglio, ha in Il filone Tarkovskij viene portato avanti di malsana curiosità resa attraverso uno sé la forza di raggiungere un pubblico da Unni Straume con A uno sconosciuto stile basso e monotono. Il volto narrante che non è soltanto quello proprio. (Til en ukjent), un’opera onirica dai Soprattutto dopo il passaggio al nuovo di Sletaune offre pieghe e grinze toni russi e dall’ebbrezza di immagini. millennio, il clima è stato dolce e mite, laconiche caratterizzato da un secco La Straume venne invitata al Festival con una ventata estiva di rinnovamento, umorismo: la ventata di freschezza di Cannes con la sua rivisitazione del sia artistico che di approccio al di un alito cattivo. Sletaune girò poi I Sogno (Drømspel) di Strindberg, un pubblico. Cool & crazy, insomma. Ma dilettanti (Amatørene), una commedia esperimento ambizioso. E per la prima anche giovane e maliziosa e birichina con meccanismi volta dal 1969 Liv Ullmannn comparve da farsa e variazioni sul tema che si come attrice in un film norvegese, un ingranano come i denti ben oliati di una Il cinema norvegese ha finalmente ripristinato un contatto serio con segno delle tante possibilità sprecate ruota, con criminali mancati e perdenti il proprio pubblico e al contempo dall’arte cinematografica del Nord. scoraggiati. Il tutto visto attraverso un ha prodotto una serie di film che Dopo Kristin Lavransdatter la regista prisma che rasenta l’assurdo. hanno destato interesse nei festival Ullmannn ha lasciato la Norvegia per cinematografici internazionali. Il Dogma girare film e serie televisive in Svezia lungometraggio Lønsj (Pranzo) che Anche il movimento danese Dogma partendo da sceneggiature di Ingmar rappresenta il debutto della regista Anche il movimento danese Dogma Bergman. A quanto pare non è facile Eva Sørhaug, è una pellicola per palati ’95 ha contribuito ad apportare al trovare una propria collocazione nel sofisticati. Selezionato ai Festival di cinema norvegese, ma sia Conversazioni cinema norvegese nuovi impulsi. Il Venezia, Toronto e Londra, Lønsj è NORWEGIANFILMINSTITUTE 12 un film minimalista, leggero, arioso e ricco di sostanza, caratterizzato da una ricchezza di ingredienti che evocano la raffinata cucina filmica francese. Qui seguiamo i destini quasi silenziosi di un gruppo di personaggi che vivono nella grande Oslo e devono trovare il coraggio di fare delle scelte, indipendentemente dalla situazione e dall’età. Su questo sfondo discreto, momenti noir si intrecciano a dosi massicce di costante umorismo. Mannen som elsker Yngve (L’uomo che ama Yngve) descrive come si cresceva negli anni Ottanta a Stavanger, una cittadina dalle dimensioni decisamente più ridotte della capitale. Questo film si è mostrato un vero catalizzatore di premi grazie alla sua vulnerabilità e al suo umorismo indulgente, nonché per la sua carica di immedesimazione e riconoscibilità. La pellicola più innovativa si è rivelata De Usynlige (Gli invisibili) di Erik Poppe, che analogamente al suo film anelante al paradiso Hawaii, Oslo, costituisce un’apertura vincente di orizzonti per la cinematografia norvegese, una costruzione audace e ricca di talento che si basa su pensieri e impulsi che non sono soltanto di moda. In questo lungometraggio il ricorso al simbolismo cristiano e all’ambiente ecclesiastico si fa ancora più diretto, senza paura di contatto né caricature di preti. Era dai tempi di Flåklypa Grand Prix che un film norvegese non attirava così tanti spettatori come è accaduto con Max Manus, il più audace sabotatore norvegese della Seconda Guerra Mondiale. Mai prima d’ora sono state presentate in una pellicola norvegese di guerra scene d’azione girate in modo così altamente professionale e corretto oltre a una scenografia decisamente corposa. Per non parlare poi degli effetti speciali. I due registi Rønning e Sandberg sono bravi ad acuire, aumentare e diminuire la temperatura delle scene più drammatiche. Il tutto con un linguaggio conciso, stringato. Il film assume una connotazione di rumorosa fanciullaggine al maschile, come spesso avviene quando gli uomini, ovverossia i maschi, sono sotto pressione. Aksel Hennie, nei panni del protagonista che dà il titolo al film, mostra ancora una volta un talento che lo rende probabilmente il migliore degli attori della sua generazione: lo sguardo aperto ed espressivo, la capacità di suscitare curiosità con la sua interpretazione di un uomo deciso e dai riflessi pronti, quasi iperattivo, che si accolla all’occorrenza grandi rischi e responsabilità. Un altro aspetto però è che il film non si abbandona a un revisionismo storico né cinematografico, ma è stato scelto un approccio più tradizionale e privo di frizioni che racconta gli avvenimenti in modo leggermente impersonale e che risulta più conforme alle tendenze prevalenti. Di originale c’è poco sia Due sono le storie che si intrecciano dal punto di vista della visione che l’una nell’altra. Una madre ha perso della forma, ma la mancata volontà di il proprio figlioletto. Il colpevole, rischiare in un film che di fatto parla di condannato per il crimine commesso, un personaggio che ha sempre vissuto viene rilasciato dopo otto anni di carcere rischiando, non ha avuto nessuna e diventa il sostituto dell’organista di importanza: con la sua grande affluenza una parrocchia. Entrando nella chiesa, la il pubblico norvegese ha mostrato di madre del bambino ucciso lo scopre gradire molto questa costosa e accurata ricostruzione di una storia che stava per In situazioni così estreme è possibile finire nel dimenticatoio. Max Manus ha parlare di perdono e riconciliazione? contribuito più di tutti gli altri al fatto Queste problematiche vengono che i film norvegesi siano ritornati ad esposte in modo tagliente e insistente, attrarre il grande pubblico. sono formulate in modo spietato in scene che ne portano magistralmente il peso grazie anche a un insieme carico di compenetrazione raffinata e di intensa volontà espressiva. De Usynlige riecheggia Dostoevskij e altre reminescenze artistiche, anche provenienti dal cinema internazionale, come Bergman e i fratelli Dardenne. Scavando fino a raggiungere lo Critico cinematografico del quotidiano norvegese Aftenposten zoccolo duro dell’esistenza, scaturisce un’immagine temporale e urbana Traduzione dal norvegese di Margherita che, pullulando di un intelletto e di Podestà Heir un animo non ancora dissodati, viene elevata alle più alte sfere del linguaggio cinematografico: dal tragico e irredento a ciò che rimane eternamente valido. NORWEGIANFILMINSTITUTE 13