Freecoling - Giornale dell`Ingegnere

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Freecoling - Giornale dell`Ingegnere
RAFFREDDAMENTO
L’importanza del free-cooling negli edifici per la
climatizzazione sostenibile
Come il free-cooling può risolvere le conseguenze dovute agli eccessi di
isolamento termico
di Michele Vio
La certificazione energetica in Italia considera solamente la stagione invernale ed i consumi in
regime di riscaldamento. Ciò spinge ad isolare molto la struttura dell’edificio e ad utilizzare
recuperi di calore sull’aria molto spinti. Nel mite clima mediterraneo, l’impostazione è sbagliata in
assoluto, ma lo è ancora di più in tutti gli edifici dove vi siano carichi endogeni elevati e un forte
contributo dell’irraggiamento solare. Se quest’ultimo può e deve essere limitato, ma mai
completamente annullato, se non azzerando le superfici vetrate, i carichi endogeni sono per lo più
dovuti alla presenza delle persone, e di quanto loro connesso, dai computer, ai tablet, alle luci, ai
telefonini, alle stampanti e a quanto altro è necessario per la vita quotidiana. L’articolo spiega quali
siano le conseguenze dovute agli eccessi di isolamento termico e come possono essere risolte
mediante l’utilizzo del raffreddamento gratuito (free-cooling, nella denominazione anglosassone).
Conseguenze dell’isolamento e del recupero di calore sull’aria
Se si considerano solamente l’involucro edilizio e il rinnovo dell’aria, la soluzione di aumentare
l’isolamento termico e di installare recuperatori di calore sull’aria espulsa con il rendimento più
elevato possibile appare come la più intelligente possibile, oltre che estremamente semplice e
banale. Purtroppo, però, la realtà è più complessa e questa soluzione rischia di portare a veri e
propri disastri energetici proprio perché trascura alcuni fattori, fondamentali ai fini di un corretto
bilancio energetico. Infatti bisogna considerare anche:
1. I carichi endogeni, dovuti alla presenza delle persone e di tutti gli apparati collegati;
2. I carichi per irraggiamento solare;
3. I consumi energetici legati ai recuperatori di calore.
I carichi endogeni e quelli per irraggiamento solare vengono normalmente denominati “apporti
gratuiti”, perché, se ci si riferisce al solo riscaldamento, contribuiscono a diminuire il fabbisogno
energetico. Il termine gratuito è corretto finché le dispersioni termiche sono maggiori dei valori di
tali carichi: quando avviene il contrario e necessario smaltire il calore in eccesso, perché altrimenti
la temperatura all’interno dell’ambiente sale in modo incontrollato, creando situazioni di discomfort
termico. In queste condizioni l’isolamento termico è uno svantaggio perché riduce le dispersioni di
calore che raffredderebbero naturalmente l’ambiente: è allora necessario attivare i gruppi frigoriferi,
con il relativo consumo energetico. Se si prendono ad esempio gli uffici, ASHRAE considera un
carico endogeno basso 5,4 W/m2 (una postazione di lavoro ogni 16 m2 di superficie), medio 10,8
W/m2 (una postazione di lavoro ogni 12 m2 di superficie). I carichi per irraggiamento solare
dipendono anche dal rapporto tra superfici vetrate e superficie in pianta e dall’efficienza degli
schermi (indicata da Shading Factor – SF – che dà la percentuale irraggiamento solare trasmessa
all’interno dell’ambiente: l’efficienza dello schermo è tanto maggiore quanto più è basso SF). La
tabella 1 riporta il carico endogeno per metro quadro di superficie in pianta.
Irraggiamento
solare diretto
[W/m2]
Rapporto tra superficie vetrata e superficie in pianta
0,1
0,2
0,3
100
200
300
400
500
600
700
SF = 0,2
2
4
6
8
10
12
14
SF = 0,4
4
8
12
16
20
24
28
SF = 0,6
6
12
18
24
30
36
42
SF = 0,2
4
8
12
16
20
24
28
0,4
8
16
24
32
40
48
56
SF = 0,6
12
24
36
48
60
72
84
SF = 0,2
6
12
18
24
30
36
42
SF = 0,4
12
24
36
48
60
72
84
SF = 0,6
18
36
54
72
90
108
126
Tabella 1 - CARICO SPECIFICO PER IRRAGGIAMENTO SOLARE [W/m2] in funzione del rapporto tra
superficie vetrate superficie in pianta e dell'efficienza degli schermi SF
Si può notare come i valori dei carichi endogeni superino facilmente la soglia dei 10 W/m2 di
superficie in pianta anche con valori dell’irraggiamento solare bassi e superfici vetrate limitate.
Pertanto, la somma dei carichi endogeni e dell’irraggiamento solare negli uffici supera facilmente la
soglia di 15 W/ m2 in tutti i periodi dell’anno. Può essere interessante effettuare un esempio su un
ufficio lungo 6 m, largo 4 m e alto 3 m, con una superficie vetrata di 8 m2 e una superficie
disperdente verso l’esterno pari a 10 m2. Il rapporto tra superficie vetrata e superficie in pianta è
pari a 0,3. Gli “apporti gratuiti” sono considerati mediamente pari a 20 W/m2 .
Figura 1 – POTENZA TERMICA RICHIESTA all’interno di un ufficio lungo 6 m, largo 4 m e alto 3 m, con una
superficie vetrata di 8 m2 e una superficie disperdente verso l’esterno pari a 10 m2, apporti gratuiti complessivi di 20
W/m2.. Le prime tre curve dall’alto rappresentano la somma della potenza richiesta dall’aria (1 volume/ora di rinnovo) e
delle dispersioni della struttura nel caso di isolamento basso (curva rossa: antecedente alla legge 373/96), medio (curva
verde: legge 10/91) e alto (curva azzurra: attuale classe A, senza l’utilizzo di un recupero di calore). La quarta curva,
quella blu più in basso all’interno dell’area grigia, rappresenta la potenza richiesta nel caso di elevato isolamento, ma
con l’inserimento di un recuperatore sull’aria espulsa con rendimento sensibile pari al 90%. Valori di dispersione
inferiore allo zero, evidenziati dall’area grigia, indicano la necessità di disperdere calore e quindi rappresentano
condizioni di funzionamento estivo.
Osservando la figura 1, la prima considerazione da fare riguarda il recupero di calore sull’aria
espulsa: in edifici dove gli “apporti gratuiti” medi sono rilevanti, non ha alcun senso inserire
recuperatori con rendimento troppo elevato. Infatti, la curva dei fabbisogni con isolamento elevato e
recupero di calore pari al 90% sta tutta nella zona grigia, che denota la necessità di smaltire calore.
Pertanto, il recuperatore dovrebbe sempre o modulare la potenza recuperata, limitando il proprio
rendimento, o addirittura essere bypassato perché altrimenti vi sarebbe la necessità di attivare il
gruppo frigorifero anche in pieno inverno. È consigliabile utilizzare recuperatori con un rendimento
non superiore al 60%.
La seconda considerazione riguarda l’isolamento termico: se i carichi endogeni e i carichi per
irraggiamento solare sono mediamente superiori a 10 W/m2 di superficie in pianta, è probabilmente
inutile isolare eccessivamente l’edificio, mentre diviene fondamentale operare sulle schermature
solari, con buona pace della sostenibilità di tutti i grattacieli in vetro che stanno sorgendo un po’
ovunque, affascinanti alla vista quanto energivori.
Isolamento per tutte le stagioni?
Figura 2 - POTENZA RICHIESTA dal locale all’impianto, considerando un sistema di recupero di calore modulante
La figura 2 mostra il comportamento del locale per uffici visto in precedenza, in funzione del tipo di
isolamento, ipotizzando di installare un recuperatore di calore sull’aria espulsa con rendimento pari
al 60%, in grado di modulare la potenza recuperata.
Le curve possono essere divise in tre diverse condizioni di funzionamento: invernale, nella mezza
stagione e estiva. Durante il funzionamento invernale consuma molto meno l’edificio con alto
isolamento (la curva blu sta sotto la curva rossa: la potenza richiesta è minore). Addirittura, per un
lungo campo di temperature, da -10 fino a 5°C, è possibile annullare completamente i carichi
termici dell’ambiente solamente immettendo aria di rinnovo, grazie alla modulazione del
recuperatore di calore. Anche nel periodo estivo, quando la temperatura dell’aria esterna è superiore
a 26°C, ovvero superiore alla temperatura dell’aria in ambiente, la potenza richiesta dal locale è
inferiore nel caso di elevato isolamento termico (la curva blu sta sopra a quella rossa, per cui
richiede minore sottrazione di calore), anche se la riduzione è percentualmente minore di quella
ottenuta nel periodo invernale, perché l’isolamento termico è tanto più efficiente quanto maggiore è
la differenza tra la temperatura dell’aria esterna è quella dell’aria ambiente. La situazione si inverte
nel lungo periodo della mezza stagione, quando la climatizzazione estiva deve essere attivata anche
se la temperatura dell’aria esterna è bassa perché la somma dei carichi endogeni e
delll’irraggiamento solare supera la somma delle dispersioni attraverso la struttura e della potenza
richiesta per il rinnovo dell’aria esterna. In questa situazione consuma meno l’edificio con
isolamento più scarso, per il semplice motivo che le dispersioni di calore sono maggiori a parità di
differenza tra temperatura ambiente e temperatura dell’aria esterna.
In questo regime di funzionamento, molto frequente nel clima mediterraneo, le dispersioni termiche
riducono il consumo energetico, perché tanto più il calore si disperde in modo naturale, tanto
minore è l’energia spesa per l’attivazione dei gruppi frigoriferi. Un’analisi energetica effettuata su
365 giorni all’anno mostra come in qualunque città italiana, comprese quelle del nord, non è mai
conveniente dotare l’edificio di isolamento termico troppo elevato, quando i cosiddetti “apporti
gratuiti” sono mediamente superiori a 20 W/m2 (figura 3).
Figura 3 - ENERGIA RICHIESTA ALL’ANNO in alcune città italiane nell’ufficio descritto nel testo in funzione
dell’isolamento (IM = isolamento medio, IA = isolamento elevato)
Come si può notare, nel caso di isolamento elevato, l’ambiente si comporta come una passive house
in quasi tutte le località, perché il consumo in riscaldamento si annulla. Tuttavia i consumi totali
aumentano a dismisura a causa delle bassissime dispersioni concesse dall’isolamento nella mezza
stagione, che è particolarmente lunga nel clima mediterraneo. La fascia di
temperature tra 5°C e 26°C, quella in cui il consumo è inferiore per un edificio meno isolato, si
verifica nel territorio italiano per un tempo variabile dal 70% all’85%. La figura 3 è la
dimostrazione di come la lacuna dell’attuale certificazione, che non considera minimamente il
funzionamento estivo, possa portare a veri e propri disastri energetici e ottenga il risultato opposto
di quello fissato, ovvero minimizzare il consumo di energia. Prima si capirà questo macroscopico
errore, prima si comincerà a costruire o restaurare gli edifici con criteri più logici di quelli attuali e
finalmente si potrà davvero risparmiare energia.
L’importanza del free- cooling per ridurre i consumi energetici
Osservando la figura 3 si nota una fascia di temperature in cui non vi è bisogno né di riscaldamento,
né di climatizzazione. Tale periodo si estende da -10 fino a 5°C dell’aria esterna nel caso di elevato
isolamento, da 5 a 10°C nel caso medio isolamento. Come detto in precedenza, la neutralità deriva
dall’immissione in ambiente di aria fredda, ottenuta modulando o bypassando il recuperatore di
calore. La domanda che ci si deve porre è se questa zona neutra può essere estesa, come mostrato in
figura 4.
Figura 4 - ESTENSIONE del campo di non funzionamento dell’impianto
La risposta è sempre positiva: è possibile se si utilizzano dei sistemi impiantistici in grado di
sfruttare il free-cooling. Nel caso dell’ufficio esaminato, la portata di aria di rinnovo era limitata a
un volume/ora, tipica degli impianti ad aria primaria: se questa portata venisse aumentata, si
potrebbe estendere il campo di funzionamento del free-cooling verso temperature dell’aria
maggiori.
Free-cooling diretto e indiretto
Si definisce diretto il free-cooling ottenuto con l’immissione in ambiente di aria esterna quando
questa si trova a condizioni energetiche migliori rispetto all’aria ambiente, ovvero quando l’entalpia
dell’aria esterna è inferiore all’entalpia dell’aria ambiente. Lo sfruttamento del free- cooling diretto
è possibile con degli impianti a tutta aria, sia a portata d’aria variabile che a portata d’aria costante.
Il free-cooling si definisce indiretto quando si utilizza una sorgente termica fredda per raffreddare
l’acqua da invare nelle batterie di scambio termico delle CTA o dei terminali. La sorgente fredda
può essere di nuovo l’aria, utilizzata attraverso raffreddatori evaporativi o a secco, oppure
geotermiche in senso lato (acqua di falda, di lago, di mare, o terreno).
Una sorgente geotermica ha il vantaggio di trovarsi a temperature basse e generalmente costanti
nell’anno. L’acqua di mare, ad esempio, al di sotto dei 10 metri di profondità si trova generalmente
ad una temperatura costante di 10 – 12°C. Il terreno, si trova alla temperatura dell’aria media
annuale della località, quindi tra i 12 e i16°C in tutta Italia. Temperature simili hanno anche le
acque di falde più profonde, mentre le acque superficiali (di lago, di fiume, di laguna) hanno
temperature più variabili nel corso dell’anno, più fredde in inverno e più calde d’estate, ma in molti
casi ancora vantaggiose per il free-cooling indiretto. I terminali d’impianto più adatti per lo
sfruttamento del free-cooling indiretto sono i soffitti radianti, specialmente quelli metallici. La
figura 5 mostra le prestazioni dei sistemi radianti a soffitto in funzione della temperatura dell’acqua
di ingresso, sia in estate che nella mezza stagione. La potenza fornita da un sistema radiante a
soffitto di tipo metallico è molto elevata in piena estate, anche con temperatura d’ingresso di 18°C
(è prossima a 80 W/m2), mentre si dimezza nella mezza stagione, perché la temperatura dell’aria in
ambiente deve scendere tanto più quanto più si abbassa la temperatura dell’aria esterna. Tuttavia la
potenza torna ad essere abbastanza elevata se la temperatura dell’acqua in ingresso scende a 15°C.
Soffitti in cartongesso o in MDF hanno prestazioni decisamente più scadenti, a parità di temperatura
dell’acqua in ingresso e quindi sono meno adatti per lo sfruttamento del free-cooling.
Figura 5 - PRESTAZIONI dei sistemi radianti a soffitto in funzione della temperatura dell'acqua di ingresso
Sistemi per il free-cooling diretto
Figura 6 - FREE-COOLING TRADIZIONALE E TRADIZIONALE + RAFFREDDAMENTO ADIABATICO
DIRETTO (RAD)
Figura 7 - FREE-COOLING TRADIZIONALE + RAD + RAI
Può apparire strano che sia possibile ampliare l’area di non funzionamento dell’impianto fino a
24°C dell’aria esterna, come mostrato in figura 4. Invece, non è affatto così, se si sfruttano al
meglio le possibilità permesse dal raffreddamento adiabatico sia diretto che indiretto. Le figure 6, 7
e 8 mostrano l’andamento delle temperature per le varie tipologie di free-cooling possibili, partendo
da una condizione di aria esterna con temperatura di 24°C e UR = 50%. L’ambiente deve essere
mantenuto a 26°C con UR massima = 55%. La figura 6 mostra cosa accade in caso di free-cooling
tradizionale e di free-cooling con raffreddamento adiabattico diretto (RAD). In entrambi i casi lo
scambiatore di calore deve essere escluso o bypassato. Il guadagno dipende solo dalla più bassa
temperatura dell’aria esterna e rispetto all’aria ambiente. Per il sistema tradizionale il risparmio è
pari al 20%, perché la batteria fredda, collegata al gruppo frigorifero, deve raffreddare l’aria
solamente di 8°C, contro i 10°C richiesti da un impianto senza free-cooling. Sfruttando anche il
raffreddamento adiabatico diretto è possibile raffreddare gratuitamente l’aria fino a 20,2°C: la
batteria fredda quindi deve fornire una potenza ridotta del 58%, perché la temperatura dell’aria deve
essere abbassata dalla batteria fredda solamente di 4,2°C. L’efficienza del raffreddamento
adiabatico diretto dipende principalmente dall’umidità relativa dell’aria esterna: se l’UR dell’aria
esterna fosse pari al 40%, l’umidificazione riuscirebbe ad abbassare fino a 16,5°C la temperatura
dell’aria in ingresso alla batteria fredda, con un risparmio energetico pari al 95%. Se viceversa l’UR
dell’aria esterna fosse pari al 55%, la temperatura dell’aria verrebbe abbassata solamente fino a
22,5°C ed il risparmio complessivo scenderebbe al 35%. Per sfruttare il raffreddamento adiabatico
diretto non è richiesta una centrale di trattamento dell’aria più complessa di una utilizzata per il
free- cooling tradizionale: basta spostare la batteria fredda a valle dell’umidificatore; normalmente
la batteria è posizionata a monte solo perché può essere installata nello stesso telaio della batteria di
preriscaldamento. L’utilizzo del raffreddamento adiabatico indiretto (RAI) porta ad ulteriori
vantaggi energetici (figura 7): installando un umidificatore con efficienza pari all’80% e un
recuperatore di calore con rendimento pari al 60%, le temperature a monte della batteria fredda si
riducono rispettivamente a 18,3°C, nel caso di RAI a singolo stadio, e 17,5°C, nel caso di RAI a
doppio stadio. La potenza richiesta per la batteria fredda si riduce rispettivamente del 76% e del
91%, rispetto ad una centrale di trattamento senza free-cooling. Il sistema è più complesso e più
costoso rispetto al precedente, perché gli umidificatori diventano due e lo scambiatore di calore
sull’aria espulsa deve essere dimensionato per l’intera portata, non solo per il ricircolo, come accade
invece nel cooling tradizionale. Tuttavia il risparmio energetico conseguito è notevole, per cui il
maggiore investimento è quasi sempre giustificato.
Figura 8 - FREE-COOLING tradizionale + RAD + RAI con ricircolo dell’aria esterna
C’è un’ulteriore possibilità di miglioramento: conviene umidificare l’aria esterna, che si trova ad
entalpia minore, anziché quella ambiente. Pertanto, come mostrato in figura 8, si preleva
direttamente l’aria esterna, la si umidifica, per poi farla scambiare con un l’altro flusso di aria
esterna prelevato per essere immesso nell’ambiente. Il sistema è noto come “ricircolo dell’aria
esterna” e richiede una maggiore complessità perché bisogna aggiungere nella centrale di
trattamento dell’aria un ulteriore ventilatore e un ulteriore gruppo di serrande coniugate (a tal fine si
vedano i testi consigliati negli approfondimenti, uno dei quali è anche consultabile direttamente sul
sito www.aicarr.org). Nel caso di singolo stadio il ricircolo dell’aria esterna permette di raffreddare
l’aria in ingresso alla batteria fredda fino a 17,3°C, per cui il risparmio energetico aumenta fino
all’85%. Nel caso di doppio stadio, invece, l’aria viene portata a 16°C già a monte della batteria
fredda, che pertanto può essere spenta, e il risparmio energetico raggiunge il 100%. Per capire se sia
più vantaggioso utilizzare il singolo o il doppio stadio, bisogna ragionare in termini di
efficienza energetica, come suggerito nel paragrafo successivo.
Criteri di ottimizzazione del free-cooling con raffreddamento
adiabatico
I sistemi di free-cooling che sfruttano il raffreddamento adiabatico indiretto sono forniti di uno o
più scambiatori di calore. Anche in questo caso, quindi, bisogna ragionare in termini di efficienza
energetica, quindi di COP del sistema. Si è visto che il raffreddamento adiabatico indiretto a doppio
stadio è sempre più conveniente di quello a singolo stadio, almeno dal punto di vista
termodinamico. Negli esempi precedenti gli scambiatori sono stati considerati sempre con
rendimento pari al 60%, senza però considerare la potenza spesa dai ventilatori: nei sistemi a doppio
stadio le perdite di carico raddoppiano e il COP sistema diminuisce. L’ipotesi è stata fatta per
dimostrare come sia possibile raggiungere il free-cooling totale anche con temperatura dell’aria
esterna di 24°C, ma un’analisi più corretta va effettuata su tutto il funzionamento annuale,
confrontandosi con l’efficienza dei gruppi frigoriferi. Spesso può essere più conveniente utilizzare
un sistema a doppio stadio, ma mettendo in serie fra di loro due scambiatori meno efficienti con
perdite di carico ridotte, ad esempio delle batterie coniugate, particolarmente adatte all’uso in free
cooling con raffreddamento adiabatico indiretto. Infatti, questo tipo di recuperatore ha il duplice
vantaggio di basse perdite di carico, anche se sconta un rendimento limitato, e di poter essere
facilmente escluso (basta spegnere la pompa) o anche bypassato (grazie agli ingombri ridotti
rispetto ad uno a flussi incrociati). La figura 9 mostra l’efficienza energetica dei sistemi di free
cooling coadiuvati dal solo raffreddamento adiabatico indiretto, con e senza ricircolo dell’aria
esterna. Il sistema a singolo stadio è dotato di un recuperatore di calore con un rendimento pari al
60% e perdite di carico complessive per 400 Pa, mentre il sistema a doppio stadio è dotato di due
recuperatori di calore con rendimento pari al 43%, ma con perdite di carico complessive sempre
pari a 400 Pa. Il rendimento del ventilatore è ipotizzato pari al 70% in entrambi i casi. Perché il
sistema di freecooling sia conveniente rispetto all’utilizzo dei gruppi frigoriferi, è necessario che la
sua efficienza energetica (COP) sia superiore a quella dei gruppi frigoriferi stessi. A parità di
utilizzo o meno dell’aria esterna (RAE) il sistema a doppio stadio è sempre più efficiente, anche se i
recuperatori di calore hanno un rendimento minore. Tuttavia, l’utilizzo del ricircolo dell’aria esterna
(RAE) migliora notevolmente l’efficienza, tanto più quanto più si abbassa la temperatura dell’aria:
pertanto ha un COP migliore un sistema a singolo stadio con RAE rispetto ad uno a doppio stadio
senza. Dovendo limitare la complicazione della centrale di trattamento dell’aria è meglio utilizzare
un sistema a singolo stadio, ma con ricircolo dell’aria esterna piuttosto che uno a doppio stadio
senza ricircolo. Infatti, mentre i sistemi con ricircolo dell’aria esterna hanno un COP sempre
superiore a 5 per il singolo stadio, addirittura a 6 per il doppio stadio, quindi superiore o
paragonabile a quello di gruppi frigoriferi ad alta efficienza in ogni condizione di funzionamento, i
sistemi senza RAE hanno un’efficienza che decade rapidamente, tanto da non renderli competitivi
neppure con gruppi frigoriferi a minore efficienza quando la temperatura dell’aria è inferiore a
22°C. Ciò comporta una netta riduzione del risparmio energetico complessivo.
Figura 9 - EFFICIENZA ENERGETICA di sistemi coadiuvati dal solo raffreddamento adiabatico diretto
Necessità di un’analisi energetica puntuale svolta in tutto il
periodo dell’anno
Il free-cooling coadiuvato dal raffreddamento adiabatico è sempre conveniente, ma il
dimensionamento dei vari componenti non può prescindere da un’attenta analisi energetica
effettuata per tutto il periodo di funzionamento. L’analisi deve tener conto di tutti i parametri in
grado di influenzare il funzionamento del sistema, dalla temperatura e umidità dell’aria esterna e
ambiente, al rendimento dei recuperatori di calore, all’efficienza degli umidificatori, ai cosnumi
energetici dovuti ai ventilatori. Il tutto deve essere confrontato con l’efficienza dei gruppi
frigoriferi, per capire in quali condizioni il sistema recuperi effettivamente energia.
Approfondimenti
•
- Michele
Vio: AJ numero 7 sul Free-cooling nei centri commerciali, consultabile direttamente
nel sito www.aicarr.org
- Michele Vio – “Impianti di climatizzazione: manuale di calcolo”; editoriale Delfino 2009.