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ATTI DEL CONVEGNO
Stefano Allavena
Alessandro Andreotti
Jacopo Angelini
Massimiliano Scotti (Eds.)
Da qualche tempo, ormai, cullavamo l’idea di organizzare un incontro di valenza internazionale ed elevato contenuto scientifico che
evidenziasse le bellezze paesaggistiche, ma soprattutto quelle caratteristiche ambientali e naturalistiche che affondano le radici nella
grande biodiversità di questo territorio.
L’occasione si è presentata attaraverso la possibilità di realizzare il convegno “Status del nibbio reale e del nibbio bruno in Italia e in Europa
meridionale” che ha visto confrontarsi sul tema della conservazione di due specie gravemente minacciate, numerosi esperti e studiosi del
settore provenienti da ogni regione d’Italia ed anche dall’estero. Con queste poche righe intendo invitarvi alla lettura del resoconto dei
lavori, non senza ribadire l’importanza di iniziative di questo genere sia per la crescita culturale degli addetti ai lavori, sia per la diffusione
delle conoscenze a tutti i cittadini interessati, ma soprattutto per offrire a coloro che sono chiamati a prendere le decisioni politiche, un
punto di vista troppo spesso dimenticato, il punto di vista della biodiversità intesa come grande ricchezza da tutelare e valorizzare.
Vorrei concludere sottolineando come il Parco Naturale della Gola della Rossa e di Frasassi, in sintonia con le finalità istitutive di un’area
protetta, si sia occupato fin dall’inizio di conservazione delle specie e degli habitat; ne sono un esempio sia la collaborazione instaurata
con il WWF italia dal 1999 nel progetto di reintroduzione del Nibbio reale, ma anche la collaborazione ed il dialogo sempre aperto con le
altre associazioni ambientaliste e con il mondo agricolo, quello venatorio e quello piscatorio.
La buona riuscita del progetti intrapresi, e l’accresciuta professionalità del personale hanno indirizzato l’Amministrazione verso scelte
impegnative che rappresentano altrettante sfide nel campo della biologia della conservazione. Una di queste sfide è rappresentata dalla
realizzazione di un Osservatorio per la Conservazione della Biodiversità nelle Marche, che vorremmo istituire presso la sede del Parco e che
rappresenterà un importante braccio operativo sia per la nostra, che per le altre aree protette della regione.
Vito Giuseppucci, Vice Presidente Comunità Montana Esino Frasassi - Assessore con Delega al Parco
INDICE
Vito Giuseppucci,
Vice Presidente Comunità Montana Esino Frasassi
Assessore con delega al Parco
3
Stefano Allavena, Andreotti Alessandro, Angelini Jacopo,
Scotti Massimiliano (eds.)
Status e conservazione del Nibbio bruno e Nibbio reale in Italia ed in Europa
meridionale
4
Maurizio Sarà,
Status del Nibbio reale e del Nibbio bruno in Sicilia
37
Marcello Grussu, Maurizio Medda, Vittorio Asuni
Status del Nibbio reale e del Nibbio bruno in Sardegna
38
SESSIONE POMERIDIANA
Javier Vinuela, Iris Cardiel
Status and Conservation of the Red Kite and Black Kite in Spain:
the importance of a large-scale monitoring progamm
40
7
Alessandro Andreotti
Elementi per la definizione di una politica di conservazione
del Nibbio reale in Italia
Jean Francois Seguin, Francois Mougeot, Vincent Bretagnolle,
Jean Claude Thibault
Status and Conservation of the Red Kite in Corsica
41
8
Massimo Pandolfi
Monitoraggio e valutazione dello status della popolazione di Nibbio reale
nel Parco Nazionale del Pollino
Amalia Castaldi, Gaspare Guerrieri
Ritmi di attività e uso dell’habitat trofico nella popolazione romana
di Nibbio bruno in Italia centrale
42
10
Franco Carpegna, Giovanni Boano
Status attuale del Nibbio bruno e del Nibbio reale in Piemonte
44
Mattia Brambilla
Status del Nibbio bruno in Lombardia 46
Francesco Mezzavilla, Gianfranco Martignago, Saverio Lombardo
Status del Nibbio bruno in Veneto 47
Luigi Marchesi (com.) Fabrizio Sergio, Paolo Pedrini
Status e distribuzione del Nibbio Bruno in Trentino Alto Adige
48
Stefano Allavena, presidente ALTURA
Introduzione
6
Michel Terrasse, Fabienne David, Benjamin Kabouche, Aymeric Mionnet
Situation of the black Milvus migrans and red Kite Milvus milvus in France Roberto Guglielmi, Alessandro Leardi
Il Nibbio bruno e il Nibbio reale nel Parco Regionale del Matese
in Campania 13
Jacopo Angelini, Massimiliano Scotti
La reintroduzione del Nibbio reale nelle Marche:sviluppi futuri nell’ambito
del centro studi per la biodiversità delle aree protette marchigiane
15
Guido Ceccolini, Anna Cenerini
Il restocking del Nibbio reale in Toscana nell’ambito “Progetto Life Natura
Biarmicus 2004-2008“ – Comunità montana Amiata Grossetano
17
ASOER
Status del Nibbio bruno in Emilia-Romagna 49
Andrea Minganti, Marco Panella, Alberto Zocchi
Status del Nibbio reale nel Lazio
19
Riccardo Nardi, Fausto Fabbrizzi
Status del Nibbio bruno in Toscana
51
Mario Pellegrini
Status del Nibbio reale e del Nibbio bruno in Abruzzo 21
Umberto De Giacomo, Aleandro Tinelli
Status del Nibbio bruno nel Lazio
53
Lorenzo De Lisio
Status del Nibbio reale e del Nibbio bruno in Molise
23
Mauro Magrini, Carla Gambaro, Luigi Armentano
Il Nibbio bruno e il Nibbio reale in Umbria
54
Antonio Sigismondi, Nicola Cillo, Marisa Laterza
Status del Nibbio reale e del Nibbio bruno in Basilicata
26
I MOVIMENTI MIGRATORI DEL NIBBIO BRUNO IN ITALIA:
Luca Giraudo, Roberto Toffoli
La migrazione post-nuziale del Nibbio bruno nelle Alpi sud-occidentali
56
Antonio Sigismondi, Michele Bux, Mario Caldarella, Nicola Cillo,
Enzo Cripezzi, Marisa Laterza, Maurizio Marrese, Vincenzo Rizzi
Status del Nibbio reale e del Nibbio bruno in Puglia
28
Massimo Pandolfi, Marco Borioni, Laurent Sonet
La migrazione del Nibbio bruno nelle Marche”
57
Maurizio Fraissinet, Danila Mastronardi, Stefano Piciocchi
Status del Nibbio reale e del Nibbio bruno in Campania
30
Anna Giordano, Debora Ricciardi, Simonetta Cutini, Gianluca Chiofalo
La migrazione primaverile del Nibbio bruno nello stretto di Messina,
versante siciliano (1991/2005) e dati sul transito del Nibbio reale
59
Risoluzione in merito all’impatto delle centrali eoliche sull’avifauna 61
Salvatore Urso, Massimo Salerno, Francesco Quaranta
Status del Nibbio reale e del Nibbio bruno in Calabria
36
Status e conservazione
del Nibbio Reale
e del Nibbio bruno
in Italia ed in Europa
meridionale
Il Nibbio reale (Milvus milvus, Linnaeus 1758) è una specie presente esclusivamente nel Paleartico occidentale. Sono riconosciute due
sottospecie: milvus (Linnaeus 1758) Europa e Nord Africa (Marocco), fasciicauda (Harter 1914), Isole del Capo Verde (Cramp & Simmons, 1980). Il 90% della popolazione si riproduce in Germania,
Francia e Spagna.(16000 coppie su 19000). Attualmente è passata
da SPEC 4 a SPEC2 (Birds in Europe, their conservations Status Birdlife international), per il notevole calo delle popolazioni tedesche,
spagnole e francesi negli ultimi anni. In Spagna la popolazione è
passata dalle 3328-4044 coppie del 1993-1994 alle 1749-1862 coppie del 2004-2005 (Vinuela J. & Cardiel I. 2006, in stampa). In Italia
la specie è sedentaria, nidificante, migratore regolare e svernante
parziale. La popolazione italiana è composta da 293-403 coppie
nidificanti. (Allavena S., Andreotti A., Angelini J., Scotti M. - eds. 2006). È un rapace diurno con una apertura alare di 160-170 cm.,
pesa circa 1 kg. e si riconosce in volo per la tipica coda forcuta, per la
colorazione rossiccia del piumaggio e per la testa grigio chiara e ha
evidenti macchie chiare sulle remiganti primarie. Nidifica su alberi
in genere querce come roverelle e cerri e si nutre come spazzino di
animali morti lungo le strade, di roditori, insetti, piccoli uccelli, rettili
e anfibi e piccoli di corvidi. L’habitat della specie è rappresentato da
ambienti collinari aperti alternati a boschi e siepi con la presenza di
bestiame al pascolo brado (ovini, bovini, equini, caprini). Storicamente la specie era comunissima in Italia (Savi, 1827) nel 1800, agli
inizi del 1900 era ancora comune nelle isole e nel versante tirrenico dalla Toscana nel centro sud e nelle isole (Arrigoni degli Oddi,
1929). Nel 1950 si estingue in gran parte del Centro Italia (Marche,
Umbria) e rimane praticamente tranne un piccolo nucleo nel Lazio
(Monti della Tolfa) e qualche coppia in Toscana solo nel sud Italia.
In Abruzzo compare come nidificante nella seconda metà degli anni
80 (Manzi A. & Pellegrini Mr. 1992). In Campania la popolazione è
di 14-19 coppie (Fraissinet et al. 2006 in stampa).
Nel Lazio vi sono 7-9 coppie (Minganti A., Pannella M.,Zocchi A.,
4
2006 in stampa). La roccaforte della specie è rappresentata dalla Basilicata, dove è presenta circa metà della popolazione italiana
(Sigismondi et al., 2006, in stampa). Preoccupante è la situazione
della specie nelle isole, dove è vicino all’estinzione. Un programma
di reintroduzione è stato avviato con successo nel Parco Naturale
Regionale Gola della Rossa e di Frasassi (Marche) con un finanziamento dell’ob.5b U.E. Regione Marche, ad opera del WWF Italia,
seguendo le linee guida sulle reintroduzioni dell’IUCN e dell’INFS.
(Angelini et al., 2001-2002-Angelini J.& Scotti M.2006).
La specie risente di diversi fattori limitanti come il bracconaggio, i
bocconi avvelenati, i cambiamenti delle politiche agricole comunitarie con la scomparsa della agricoltura estensiva e della pastorizia, le
linee elettriche,la chiusura delle discariche, l’utilizzo di biocidi come
rodenticidi anticoagulanti (in Germania e Francia sono il maggior
fattore limitante), una pessima gestione dei boschi e gli impianti
eolici, come in Puglia sui monti Dauni, dove è scomparsa la popolazione locale di nibbio reale per la costruzione di 500 torri eoliche. (Sigismondi et al., 2006). Per conservare la specie in Italia
oltre alla riduzione dei fattori limitanti citati in precedenza sarebbe
importante creare dei carnai permanenti nelle aree, dove la specie
è ancora presente, attualmente autorizzati solo per l’aquila reale e
il grifone (Regolamento U.E. n.1774 del 03/10/2002). Infine è necessario coordinare i monitoraggi sulla popolazione italiana con
la stessa metodologia di rilevamento e con un data base aggiornato annualmente,sotto l’egida dell’INFS e del CISO per conservare adeguatamente la specie, anche tramite un piano di azione
nazionale,come si è voluto programmare con il Convegno di Serra
San Quirico (AN) del 10-11 marzo 2006 e grazie alla partecipazione
dei massimi esperti della specie spagnoli e francesi si è voluto dare
il via ad un coordinamento europeo sulla specie ,coinvolgendo anche ornitologi tedeschi per spingere l’Unione Europea a far diventare specie prioritaria di conservazione il Nibbio reale, utilizzando
anche i futuri progetti life-natura.
Il Nibbio bruno (milvus migrans) è una spece a distribuzione paleartico-paleotropicale-australasiana. La sottospecie migrans è presente in Italia, dove è migratrice regolare e nidificante. La specie è
distribuita nelle aree prealpine (Piemonte, Lombardia e Veneto), nel
Trentino Alto Adige e nel Friuli Venezia Giulia e nella pianura padana nel versante occidentale. Nel versante tirrenico è presente in
Toscana, Lazio, Umbria e Campania mentre nel versante adriatico è
presente in Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria. Nidificante anche in Sicilia e probabilmente anche
in Sardegna. La roccafotte della popolazione italiana è concentrata
nei laghi prealpini del nord Italia dal Piemonte fino al Veneto.
Buona numericamente anche la popolazione Toscano-Laziale.
Nel sud è presente una buona popolazione anche in Basilicata.
L’habitat della specie è costituito da boschi planiziali ed anche da pi-
nete mediterranee nelle vicinanze di laghi , corsi d’acqua e vicino a
discariche. I maggiori fattori limitanti per il nibbio bruno sono la distruzione e il disturbo antropico dell’habitat di nidificazione, l’inquinamento da pesticidi e metalli pesanti, il bracconaggio, la chiusura
di discariche urbane, l’inquinamento dei laghi e dei corsi d’acqua e
la realizzazione di impianti di produzione di energia eolica.
Bibliografia
Andreotti A., Angelini J., Scotti M. (eds.) 2006 in stampa Atti convegno “Status e
conservazione del Nibbio reale e Nibbio bruno In Italia e in Europa meridionale”
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Altura. - Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi. In stampa.
Allavena S., Angelini J, Pellegrini Mr. 2000 ”The Red Kite in Italy”
International Symposium Kloster Arnsburg Lich Nabu Germany
Allavena S. Angelini P. Pellegrini Mr. 2001 “The Red Kite in Italy” 4th Eurasian
Congress on Raptors Se ville-Spain Estacion Biologica de Donana RRF
Angelini J.,Tanferna A., Bulgarini F.&Pandolfi M.2001 “Reintroduction of red kite
(Milvus milvus) in gola della rossa regional park (Italy) and first radiotracking data
of released birds”. 4 th Euroasiatic Congress on Raptors. Sevilla (Spain) Estacion
Biologica de Donana &Raptor Research Foundation
Angelini J., Tanferna A. Bulgarini F. Pandolfi M.2002 “Primi dati sulla reintroduzione del nibbio reale Milvus milvus nel parco naturale gola della rossa e di frasassi”.
Atti I° Convegno italiano rapaci diurni e notturni.
Ass. faunisti Veneti & CISO:64
Angelini J.& Scotti M.2006 ”La reintroduzione del Nibbio reale nelle Marche:sviluppi futuri nell’ambito del centro studi regionale per la biodiversità” in stampa: Atti
Convegno “Status e conservazione del Nibbio reale Milvus milvus e Nibbio bruno
Milvus migrans in Italia e in Europa meridionale“ Parco regionale Gola della Rossa
e di Frasassi Serra San Quirico (AN)
Arrigoni degli Oddi E., 1929 “Ornitologia italiana” Hoepli, Milano
Birdlife international (2004) ”Birds in Europe:population estimates, trends and
conservation status” Cambridge UK:Birdlife Conservation series n.12
Brichetti A. e Fracasso G. 2003 - Ornitologia italiana vol.1“ - Gavidaee -Falconidae
Alberto Perdisa editore Bologna
Ceccolini G.&Cenerini A.2006 “Il restocking del Nibbio reale in Toscana nell’ambito del progetto Life Natura Biarmicus 2004-2008 Comunità montana Amiata
Grossetano” in stampa: Atti Convegno “Status e conservazione del Nibbio reale
Milvus milvus e Nibbio bruno Milvus migrans in Italia e in Europa meridionale“
Parco regionale Gola della Rossa e di Frasassi Serra San Quirico (AN)
Cramp S.&Simmons K.E.L., 1980 “Handbook of the Birs of Europe, MiddleEast
and North Africa”. Oxford University Press, Vol.II, Hawks and -Bustards:27-44
Fraissinet M., Mastronardi D., Piciocchi S. 2006 ”Status del Nibbio reale Milvus
milvus e del Nibbio bruno Milvus migrans in Campania” in stampa :Atti Convegno
“Status e conservazione del Nibbio reale Milvus milvus e Nibbio bruno Milvus
migrans in Italia e in Europa meridionale“ Parco regionale Gola della Rossa e di
Frasassi Serra San Quirico (AN)
Manzi A., Pellegrini Mr.1992 “Status e biologia riproduttiva del nibbio reale Milvus
milvus in Abruzzo“. Alula, 1:17 - 22
Minganti A., Panella M., Zocchi A.2006 “Status del Nibbio reale nel Lazio” in stampa
:Atti Convegno “Status e conservazione del Nibbio reale Milvus milvus e Nibbio
bruno Milvus migrans in Italia e in Europa meridionale“ Parco regionale Gola della
Rossa e di Frasassi Serra San Quirico (AN)
Savi P., 1827 ”Ornitologia toscana” Tip.Nistri, Pisa
Vinuela J & Cardiel I.2006 “Status and Conservation of the red kite and the black
kite in Spain:the importance of a large-scale monitorino programm” in stampa :Atti
Convegno “Status e conservazione del Nibbio reale Milvus milvus e Nibbio bruno
Milvus migrans in Italia e in Europa meridionale “Parco regionale Gola della Rossa
e di Frasassi Serra San Quirico (AN)
NIBBI REALE ITALIA - POPOLAZIONE NIDIFICANTE
TOSCANA
MARCHE
LAZIO
ABRUZZO
MOLISE
PUGLIA
BASILICATA
CAMPANIA
CALABRIA
SICILIA
SARDEGNA
TOTALE
1-2
2-3
7-9
41 - 70
40 - 50
1-3
150 - 200
14 - 19
13 - 15
9 - 12
15 - 20
293 - 403
NIBBIO BRUNO ITALIA - POPOLAZIONE NIDIFICANTE
PIEMONTE 57 - 75
LOMBARDIA
200 - 250
VENETO
40 - 49
TRENTINO ALTO ADIGE 85 - 110
FRIULI VENEZIA GIULIA 30-40
EMILIA ROMAGNA 10-10
TOSCANA
30-44
LAZIO
80-109
UMBRIA
12-20
MARCHE
1-2
ABRUZZO
30-40
MOLISE
30-40
PUGLIA
4-8
BASILICATA
200-300
CAMPANIA
14-16
CALABRIA
20-20
SICILIA 4-5
SARDEGNA
--TOTALE
847-1138
5
Situation of the Black
Milvus migrans and Red
Kite Milvus milvus in France
ALTURA
Associazione per La Tutela
degli Uccelli Rapaci
e dei loro Ambienti
STEFANO ALLAVENA, Presidente di Altura
Ha dedicato sempre un’attenzione particolare ai nibbi e soprattutto
al Nibbio reale.
Non a caso l’uccello rappresentato nel logo dell’Associaziuone è un
Nibbio reale.
E il Nibbio reale merita indubbiamente un’attenzione speciale per
vari motivi, tra i quali va senz’altro ricordato il suo areale di distribuzione alquanto ridotto. Il territorio nel quale la specie si riproduce è
infatti esclusivamente europeo.
Non si trova però in tutta Europa, in molte zone è scomparso per
motivi imputabili ad attività umane, in altre è in rapida e grave diminuzione.
Il Nibbio bruno è invece nidificante in Europa, in Asia e in Africa. In
molte zone è assai comune.
In Europa, considerato quasi banale in molte zone, sta scomparendo da diverse aree e in altre risulta essere in palese diminuzione. Si
tratta di specie migratrice che da agosto a marzo abbandona quasi
esclusivamente il nostro continente.
Pertanto i motivi della rarefazione del Nibbio bruno vanno ricercati
anche in Africa.
La situazione è dunque tale da destare più che fondate preoccupazioni sul futuro delle due specie in Europa e in particolare nel nostro
Paese. In Italia i fattori che esercitano un influenza negativa sono da
imputarsi sostanzialmente all’uso illegale di veleni, al bracconaggio, alle modificazioni ambientali, ai tagli forestali eccessivi e mal
condotti, che purtroppo sono sempre più frequenti anche nelle
aree protette e alla scomparsa delle discariche, importante fonte
alimentare proprio per i nibbi.
L’ultima, in ordine di tempo, ma probabilmente la più grave è costituita dal dilagare indiscriminato delle centrali eoliche, costituite,
ciascuna di esse, da numerosi aerogeneratori di gigantesche dimensioni che stanno, in molti territori, diventando la principale minaccia
per l’avifauna , oltre che per i pipistrelli e per diversi altri animali.
Gli uccelli vengono uccsi per l’impatto con le pale rotanti, inoltre
6
MICHEL TERRASSE, Vice Presidente LPO france Berdlife internetional
FABIENNE DAVID, BENJAMIN KABOUCHE, AYMERIC MIONNET
la realizzazione delle centrali comporta il degrado di vasti territori,
che viene fortemente alterato e depauperato dalla costruzione degli aerogeneratori e delle opere ad essi connesse, come le strade.
Le centrali eoliche inoltre vengono per lo più realizzate in aree di
grande pregio ambientale e giunte fino ad oggi poco antropizzate,
come, tipicamente, i crinali montani.
Questa è la situazione che ci ha convinto della necessità di approfondire la situazione, di chiamare cioè gli esperti e gli studiosi, che
seguono da tempo la situazione delle due specie nelle regioni italiane, a riunirsi, a confrontare le varie esperienze, a verificare le metodologie di lavoro, così da arrivare ad avere un quadro il più possibile
completo della situazione reale, al di là delle impressioni
soggettive, anche per poter disporre di documenti validi per proporre a chi ha la responsabilità del governo del territorio e della gestione dell’ambiente e della fauna le soluzioni più adeguate ed efficaci
per la tutela dei nibbi del nostro Paese e dei loro ambienti di vita.
Per avere un quadro più completo abbiamo invitato al Convegno
anche esperti di provata esperienza dalla Francia e dalla Spagna.
Questo nostro programma non avrebbe potuto essere realizzato
senza il fondamentale sostegno economico ed organizzativo degli
organi responsabili del Parco Naturale della Gola della Rossa e di
Frasassi, in provincia di Ancona, il cui impegno ha reso possibile la
realizzazione di questo Convegno, dal titolo “Status e conservazione
del Nibbio reale e del Nibbio bruno in Italia e in Europa meridionale”, nel suggestivo centro storico di Serra San Quirico (AN), e che
ringrazio vivamente e con molto piacere a nome di ALTURA.
Vorrei infine concludere questa nota introduttiva ricordando che la
Riserva sta conducendo, con notevole professionalità e competenza, un promettente progetto di reintroduzione del Nibbio reale nella
zona protetta.
Both species of European kites, the Red Milvus milvus and the Black
kite Milvus migrans share roughly the same ecological niche, feeding on small carrions which play an important role in the distribution of these species, associated with rubbish dumps.
They live mostly in areas, where livestock rearing occurs extensively,
although rivers or wetlands, also attract the Black kite where it can
collect dead or sick fishes.
These species are strictly depending upon the quality of these areas,
because they prey also upon small invertebrates, amphibians or
micro mammals in agricultural habitats (meadows, bocage etc.).
These graceful birds of prey are especially attractive thanks to a
wonderful and effortless flight, allowing some raptor enthusiasts to
define the Red kite as one of the most impressive raptor in the
world.
With still important numbers of both Black and Red Kite (Milvus
migrans: 19.300 to 24.600 pairs and Milvus milvus: 3.000 to 3.900
pairs), France still occupies a significant position representing about
57 % of the European Black kite population and 16 % of the Red
kite one (Rapaces nicheurs de France, Thiollay, J-M & Bretagnolle,
V. 2004).
In addition important numbers of Red kite are wintering in France,
coming from northern countries or including French birds.
The fact that the Red kite’s breeding range is almost entirely restricted to Europe (except small populations in Northern Africa),
is one more convincing argument to make this species particularly
valuable for raptor conservation.
All these reasons have lead the LPO, Mission Rapaces, to prepare
and obtain on behalf the authority of the French Ministry of Environment, a National Conservation Action Plan , focusing on the general
objective to stop the actual decrease of this species and help to
restore its former populations.
The Kites, with many other predominantly open-country birds, have
benefited greatly of the mixed landscape created by humans. On
the other hand, this way of life, exposes these birds to different
threat linked with the use of chemicals or poisons.
It has been the case in France with heavy poisoning of Red kites in
the East of our country (Jura, Vosges, Lorraine), after rodenticides
campaigns.
The main and specific actions to be implemented within this Action
Plan are:
• To devise conservation measures to help the breeding
population (census, monitoring, conservation of habitats, modification of anti-rodents campaigns, protection of the electric lines and poles against electrocution…);
• To allow and help the wintering of birds (from foreign or
local populations) in France by censusing the roosts and concentrations on garbage dumps and setting up feeding places;
• To follow up the monitoring of the migration through the Pyrenees;
• To participate in an European network and obtain a European Action Plan;
• To organise and stimulate information and communication about this species: setting up of an ornithological network, website, information letter, etc…
7
Elementi per la definizione
di una politica
di conservazione
del Nibbio reale in Italia
ALESSANDRO ANDREOTTI, Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica
Ozzano Dell’Emilia (BO) - [email protected]
La popolazione europea del Nibbio reale Milvus milvus tra il 1990
e il 2000 ha subito un declino superiore al 10%, come conseguenza della forte contrazione numerica registrata in Spagna, Francia
e Germania, solo in parte controbilanciata da un incremento in
Inghilterra, Svezia e Svizzera (BirdLife international, 2004). Dal
momento che la distribuzione di questa specie ricade quasi interamente in Europa, a seguito del declino osservato il Nibbio reale è
stato recentemente inserito nella categoria “near threatened” della
Red List IUCN degli uccelli minacciati di estinzione a livello globale
(IUCN, 2006). Pertanto, deve essere considerato di prioritario interesse conservazionistico a livello europeo (SPEC 1), analogamente
alle altre specie inserite all’interno della Red List con status simile,
come la Moretta tabaccata Aythya nyroca.
La situazione del Nibbio reale in Italia non fa eccezione al contesto
europeo: alcuni nuclei nidificanti appaiono fortemente minacciati e,
anche se permangono alcune popolazioni consistenti (ad esempio
in Basilicata, cfr. questo convegno), vi sono segnali preoccupanti di
nuove minacce tali da porre a repentaglio la conservazione della
specie nel medio periodo.
Una prima misura da avviare per garantire un futuro alla specie in
Italia, in coerenza con le indicazioni comunitarie, è rappresentata
dall’elaborazione di un piano d’azione nazionale. Attraverso tale
strumento si potrebbero individuare i fattori limitanti che agiscono
sulle popolazioni nidificanti, migratrici e svernanti e garantire la
realizzazione di interventi di conservazione più efficaci. Come nel
caso di altre specie, per le quali si è ritenuto necessario avviare la
redazione di un piano d’azione (cfr. Andreotti e Leonardi, 2007),
gli interventi da intraprendere dovrebbero essere valutati e discussi
da esperti e tecnici nell’ambito di specifici workshop. Sin da ora,
tuttavia, si ritiene opportuno sottoporre alcune considerazioni che
potranno costituire una prima base di discussione per elaborare
una strategia nazionale per la conservazione del Nibbio reale in
Italia.
8
Per definire i fattori limitanti che agiscono sulla specie, si possono
considerare quegli aspetti peculiari della biologia del Nibbio reale
che lo contraddistinguono da altri uccelli da preda caratterizzati da
andamenti demografici positivi. In particolare, è utile considerare la
rete trofica al cui apice si trova questo rapace.
Il Nibbio reale, con la sua spiccata tendenza a nutrirsi di carogne
di piccoli animali, condivide un destino analogo a quello di altri uccelli necrofagi, quali il Nibbio bruno Milvus migrans, il Capovaccaio
Neophron percnopterus e il Grifone Gyps fulvus. È lecito aspettarsi che almeno un parte dei problemi di conservazione di questi
Accipitriformi derivino dall’ingestione di sostanze tossiche derivanti,
ad esempio, dall’uso di bocconi avvelenati utilizzati per il controllo
di specie ritenute dannose (volpe, cornacchie, roditori, ecc.), o dal
bioaccumulo di inquinanti che possono determinare la morte o la
debilitazione di piccoli animali, che diventano dunque un possibile
alimento per i nibbi.
È dunque prioritario avviare un programma di monitoraggio ecotossicologico che consenta di individuare, nelle diverse aree, eventuali inquinanti, in modo da identificarne le fonti di immissione in
natura e adottare i conseguenti provvedimenti di conservazione.
Una particolare indagine va condotta per verificare l’incidenza dell’intossicazione da piombo legato all’ingestione dei pallini utilizzati
nelle cartucce da caccia. È ampiamente dimostrato che il saturnismo rappresenta un’importante causa di mortalità per gli uccelli
acquatici per l’abitudine che molte specie hanno di ingerire piccoli
sassi (grit) per favorire la triturazione del cibo nello stomaco muscolare (per una sintesi della problematica si veda Beintema, 2001).
Più recentemente, tuttavia, sono emerse indicazioni che lasciano
intendere che il problema possa riguardare anche taxa non legati
alle zone umide, in primis gli uccelli da preda e necrofagi (Fisher
et al. 2006; Hunt et al., 2006). Uno dei casi accertati di saturnismo più eclatanti riguarda il Condor della California Gymnogyps
californianus, una specie che assume il piombo nutrendosi delle
viscere di ungulati selvatici che vengono abbandonate sul terreno
dai cacciatori (Parish et al., in stampa). Frequenti casi di intossicazione da piombo sono stati accertati anche per rapaci che si nutrono di prede di dimensioni minori. Particolarmente indicativo è
l’impatto dell’ingestione dei pallini di piombo utilizzati per la caccia
sulla popolazione stanziale di Capovaccaio dell’isola di Lanzarote
(Canarie), (Donázar et al., 2002).
Per valutare se il piombo determina effetti negativi anche sul
Nibbio reale sarebbe importante sin da ora avviare una campagna
di raccolta borre durante la stagione venatoria, ricercando la presenza di pallini da caccia; parallelamente si dovrebbero effettuare
analisi mirate volte a trovare tracce di piombo nel sangue o nei
tessuti dei soggetti rinvenuti feriti o morti. A questo riguardo i centri di recupero della fauna selvatica potrebbero svolgere un ruolo
fondamentale. Un secondo fattore di minaccia da tenere in particolare considerazione riguarda la diffusione degli impianti per la
produzione di energia eolica. Queste strutture industriali appaiono
potenzialmente molto impattanti soprattutto per i particolari contesti dove vengono realizzati. Per la loro costruzione, infatti spesso
si preferiscono zone aperte di crinale, scarsamente antropizzate,
che rappresentano ambienti di caccia elettivi per i nibbi. Alcune
centrali eoliche già realizzate e altre in via di approvazione si trovano all’interno dell’areale riproduttivo della specie; esse potrebbero portare ad un declino della popolazione nidificante, sia per
la mortalità diretta indotta dalla collisione con le pale o con altre
strutture aeree connesse (ad es. gli elettrodotti), sia per la riduzione e la frammentazione dell’habitat elettivo della specie che esse
determinano (cfr. Campedelli e Tellini Florenzano, 2002). Studi particolareggiati dovrebbero essere condotti in corrispondenza degli
impianti già realizzati all’interno dell’areale riproduttivo del Nibbio
reale (ad esempio nell’Abruzzo meridionale) per chiarire come
queste strutture influenzano la dinamica di popolazione dei nibbi;
nel frattempo dovrebbero essere sospese le autorizzazioni per la
costruzione di nuove centrali nelle aree frequentate regolarmente
dalla specie. Tra le misure da adottare per rimuovere le minacce e i
fattori limitanti merita di essere considerata la creazione di una rete
di carnai da collocare in aree selezionate con attenzione. L’impiego
di tali strutture è stato ampiamente sfruttato in varie parti del mondo per favorire la conservazione di uccelli necrofagi. I carnai migliorano lo stato di conservazione delle popolazioni aumentando le
disponibilità trofiche del territorio, favorendo la sopravvivenza dei
giovani, prevenendo l’ingestione di cibo avvelenato e riducendo la
dispersione dei soggetti, con conseguenti minor rischi legati alla
frequentazione di ambienti sub-ottimali per la specie (per un esempio del loro utilizzo si veda Gilberth et al., 2007). In Italia il loro
impiego sino ad ora è rimasto circoscritto per varie problematiche,
non ultimo per la difficoltà di ottenere le necessarie autorizzazioni
sanitarie. La stesura del piano d’azione nazionale per il Nibbio reale
potrebbe rappresentare un’occasione per diffondere tali strutture
sul territorio, fornendo indicazioni sulle procedure autorizzative e
dettando rigorosi protocolli per la loro gestione, volti a limitare gli
effetti negativi che questi punti artificiali di alimentazione possono
comunque determinare.
Un ulteriore punto che deve essere considerato nel definire la politica di conservazione del Nibbio reale in Italia riguarda gli interventi
di restocking/reintroduzione che da alcuni anni vengono effettuati
in varie realtà italiane (cfr. questo Convegno). A livello nazionale
occorre fare il punto della situazione, verificando l’effettiva utilità di
queste operazioni, anche attraverso un attento esame del rapporto
costi-benefici. La prosecuzione dei programmi di rilascio dovrebbe
essere subordinata alla realizzazione di tale verifica, nonché alla
creazione di un gruppo di lavoro che sia in grado di validare e
coordinare i diversi interventi. L’opportunità di adottare un approccio prudenziale nell’intraprendere programmi di reintroduzione
è legato soprattutto al basso tasso di successo di tali iniziative e
all’elevato dispendio di risorse che essi comportano (Fischer e
Lindenmayer, 2000).
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9
Monitoraggio e valutazione
dello status della
popolazione di Nibbio reale
nel Parco Nazionale
del Pollino
ovviamente diventa più suscettibile alla persecuzione diretta e indiretta da parte dell’uomo.
MATERIALE E METODI
MASSIMO PANDOLFI, Istituto di Scienze Morfologiche
Laboratorio di Zoologia e Conservazione - Università di Urbino
ABSTRACT
Lo scopo del presente studio è stato quello di monitorare lo status
e la biologia riproduttiva del nibbio reale all’interno del Parco Nazionale del Pollino, che ospita una delle più consistenti popolazioni
italiane. Relativamente pochi sono gli studi di popolazione condotti
in Italia sulla specie. L’indagine è stata condotta nel periodo 20002003 indagando tre parametri:
1) campionamento per indice chilometrico di abbondanza (IKA),
con periodicità mensile;
2) censimento, distribuzione, selezione dell’habitat e dati riproduttivi delle coppie individuate;
3) conteggio invernale degli individui ai roost.
La maggioranza della popolazione è risultata distribuita sul versante
lucano del Parco nell’ambito del bacino del Fiume Sinni.
Il valore medio annuale dell’indice IKA è stato di 15,9±1,1. La densità
delle coppie territoriali è risultata essere di (8,3±0,1)/100 Km2.
Si sono valutati i parametri riproduttivi di 22 coppie (2001 e 2002)
di cui è stato possibile individuare il nido. Nel 70±20 % dei casi in
cui le coppie hanno deposto le uova, queste si sono schiuse. In
tali coppie il successo riproduttivo medio annuo è stato di 1,2±0,1.
L’asincronia di schiusa stimata è stata di 2,5±0,8. Per ogni sito di
nidificazione sono stati altresì raccolti i dati relativi alle caratteristiche
vegetazionali e geomorfologiche.
Nel 2002 sono state applicate marche alari ai nidiacei e nel contempo sono stati eseguiti prelievi ematici per la determinazione
del sesso. Al fine di stimare il numero di individui svernanti, che
si aggiungono alla popolazione stanziale, sono stati individuati e
monitorati mensilmente tre roost. A differenza di quanto riportato
in bibliografia, soltanto uno di questi roost è associato a una discarica o a un altro sito di aggregazione alimentare. Il numero medio
di nibbi reali contati ai roost è stato di 160±10 per il primo roost, di
66,5±2,9 per il secondo e di 42,2±6,4 per il terzo. Solo uno di questi
roost continua a essere utilizzato anche dopo il periodo invernale
10
da nibbi reali giovani e da nibbi bruni.
INTRODUZIONE
Lo studio sullo status e la biologia riproduttiva del nibbio reale,
Milvus milvus, si è svolgendo all’interno del Parco Nazionale del
Pollino. L’importanza di una tale ricerca risiede nella scarsità di lavori
riguardanti il nibbio reale, soprattutto in Italia, pur essendo questo
rapace una specie di grande interesse conservazionistico.
Il nibbio reale è presente solo in Europa, a ovest degli Urali, lungo
la fascia mediterranea dell’Africa e sulle isole di Capo Verde, mentre
si è recentemente estinto nelle Canarie (Cramp & Simmons, 1979;
Del Hoyo et al., 1994). Dopo il forte declino subìto in tutto il suo
areale di distribuzione tra il XIX e la prima metà del XX secolo, per
effetto della persecuzione umana, negli ultimi cinquant’anni il nibbio reale sembra lentamente rioccupare alcune delle aree in cui era
scomparso, sebbene sia ancora in diminuzione in altre (Viñuela et
al., 1999). Benché siano scarsi gli studi al proposito, la forte tendenza filopatrica di questa specie sarebbe causa della lentezza con
cui le popolazioni espandono l’area di distribuzione (Newton et al.,
1994). Delle 18 240 – 24 240 coppie riproduttive stimate in tutto
il mondo, solo 130-170 sarebbero presenti in Italia (Carter, 2001),
di cui 100-130 localizzate nelle regioni centro-meridionali (Cortone
et al., 1994). Il nibbio reale è un migratore parziale: gli individui
che si riproducono nelle regioni settentrionali svernano a latitudini
più meridionali, mentre quelli dell’area mediterranea e della Gran
Bretagna sono sedentari. Anche l’Italia centro-meridionale ospita un
certo numero di individui svernanti, ma anche a questo riguardo i
dati sono imprecisi e riportano un numero di svernanti compresi tra
i 500 e i 1500 individui (Chiavetta, 1986). Tipico predatore generalista, presenta una dieta è estremamente varia che può comprendere
piccoli mammiferi, uccelli (dai piccoli ai grandi passeriformi), anfibi,
rettili, pesci, invertebrati e carcasse. Proprio il consumo di animali
morti porta il nibbio reale a frequentare aree antropizzate, dove
Il presente studio sul nibbio reale è iniziato nell’aprile del 2000 all’interno del Parco Nazionale del Pollino (N 16°07’40’’; E 39°56’10’’),
che si estende per 192.565 ettari tra la Basilicata e la Calabria. Per ottenere una stima attendibile della densità di nibbio reale sono stati
utilizzati diversi metodi di campionamento. Dall’aprile 2000 è stato
condotto un campionamento per indice chilometrico (IKA) lungo
percorsi stradali fissi (Figura 1). Al fine di conoscere la distribuzione
del nibbio reale all’interno Parco, durante i primi 18 mesi di studio
(dall’aprile 2000 al settembre 2001) sono stati utilizzati 7 percorsi
stradali, scelti in modo da riuscire a controllare, il più uniformemente possibile, l’intera area protetta. Durante questi primi mesi di indagine, la quasi totalità della popolazione di nibbio reale è risultata
concentrarsi all’interno dell’area più settentrionale del Parco (48545
ettari). Di conseguenza, dal novembre del 2001 a maggio del 2002,
escluso dicembre per le condizioni meteorologiche avverse, si è
invece continuato il campionamento solo lungo i 3 percorsi stradali
localizzati nella suddetta area. Il campionamento è stato realizzato
in autovettura, a una velocità costante di 40-45 Km/ora, durante
la terza o la quarta settimana di ogni mese, solo in condizioni di
tempo sereno e di buona visibilità.
Durante il tragitto l’individuazione degli uccelli avveniva a occhio
nudo e solo se era incerta la loro identificazione veniva utilizzato il
binocolo, includendo però nel conteggio solo gli individui già avvistati a occhio nudo. Oltre al numero degli individui è stato registrato
anche il loro comportamento (in volo o posato, da solo, in coppia
o in gruppo), che in un secondo momento è servito per la ricerca
delle coppie riproduttive e dei dormitori (roost).
Poiché i percorsi stradali rappresentano un attrattivo per il nibbio
reale (Viñuela, 1997; Andersen et al., 1985), i dati raccolti mediante
il campionamento IKA sono stati utilizzati solo per studiare l’andamento della popolazione nell’arco dell’anno, ma non per stimare
la densità della popolazione riproduttiva. Quest’ultima è stata invece ricavata attraverso un censimento delle coppie riproduttive.
Lo sforzo di lavoro è stato concentrato nell’area più settentrionale
del Parco, in cui si concentra la maggior parte della popolazione
di nibbio. Il censimento è stato effettuato mediante la ricerca, alla
fine dell’inverno, dei nidi dalle dimensioni e dalla forma adatte alla
nidificazione del nibbio reale e mediante il controllo, durante la stagione riproduttiva, delle aree di bosco su cui si osservavano nibbi,
singoli o in coppia, con comportamenti legati alla riproduzione (trasporto di materiale per la costruzione del nido, voli nuziali, scambi
di preda, difesa territoriale). Nei casi in cui il nido non era individuabile a distanza con un cannocchiale 20x60, si proseguiva la ricerca
direttamente all’interno del bosco, se questo era raggiungibile. I nidi
localizzati venivano periodicamente monitorati per raccogliere i dati
riguardanti la data di deposizione, di schiusa e d’involo dei giovani,
oltre alle caratteristiche del sito di nidificazione. Nel 2002, sono stati
inanellati e marcati al nido 13 giovani, a cui è stato prelevato anche
un campione di sangue per la determinazione del sesso. Da novembre a febbraio (periodo non-riproduttivo) è stato condotto, oltre al campionamento IKA, anche un campionamento dei nibbi reali
svernanti, mediante il conteggio degli individui presenti nei dormitori comuni (roost). Poiché tali roost si trovano spesso in prossimità
di aree in cui vi sono elevate concentrazioni di cibo, è stato fatto un
censimento delle discariche all’interno dell’area lucana del Parco o
di altri siti di aggregazione alimentare dei nibbi. Successivamente,
da punti panoramici situati vicino alle zone di alimentazione, si è
seguita la direzione presa dai nibbi a partire da 1-2 ore prima del
tramonto sino alla localizzazione dei roost. Tali roost sono stati poi
monitorati mensilmente per stimare il numero di nibbi che in essi
si raggruppavano. I dati relativi alla riproduzione sono stati analizzati considerando separatamente il 2001 e il 2002, al fine di non
incorrere in pseudorepliche. Per lo stesso motivo, nell’analisi delle
caratteristiche dei siti di nidificazione sono stati inclusi solo i nidi
del 2002.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Il campionamento IKA condotto nei primi 18 mesi di studio, lungo
7 percorsi stradali distribuiti in tutto il Parco (per un totale di 316,2
Km), ha mostrato che la quasi totalità della popolazione di nibbio
reale è localizzata nella parte settentrionale del versante lucano del
Parco. Durante questi primi 18 mesi di campionamento, i 3 percorsi situati in quest’area hanno infatti avuto un IKA medio mensile
di 14,5±1,2 (n° individui/100 Km), contro l’IKA medio mensile di
0,7±0,3 relativo agli altri 4 percorsi disposti nella restante porzione
di Parco. Questa distribuzione è probabilmente dovuta alla presenza di un habitat più idoneo all’interno dell’area lucana (ambiente
collinare con valli più ampie) rispetto all’habitat presente nella restante porzione del Parco (ambiente con quote medio-alte e valli
strette). In seguito, si è deciso quindi di concentrare gli sforzi di
campionamento solo sui primi 3 percorsi, che nell’arco dei 23 mesi
complessivi di studio hanno permesso di calcolare un IKA medio
annuale di 15,9±1,1. Nella Figura 2 è mostrato l’andamento medio
mensile relativo a questi 3 percorsi.
Dal censimento delle coppie territoriali realizzato nell’area più settentrionale del Parco si sono ottenuti i dati mostrati in Tabella 1,
mentre nella restante porzione del Parco si sono individuate solo
altre 3 coppie. La differenza che si riscontra nei 2 anni di studio
nel numero di coppie territoriali è probabilmente da imputarsi alla
difficoltà di campionamento data dalla morfologia del territorio e
11
dal cripticismo dei nidi, piuttosto che a una reale incremento della
popolazione. Delle coppie di cui si è localizzato il nido nel 2001,
solo 3 lo hanno cambiato nel 2002. Mediante la Nearest Neighbor
Analysis (Clark and Evans, 1954), realizzato con il programma Animal Movement Analysis, la distribuzione di queste coppie è risultata casuale (z= 0,994562, R=1,08325, P<0,01), con una nearest
neighbor distances (NND) media di 3239±340 m. Mediante l’uso
di Corine Lend Cover, scala 1:100.000 con legenda al terzo livello,
la distribuzione dei nidi in relazione a una determinata tipologia di
copertura è risultata essere non casuale (x2 = 15,61; gdl=5; P<0,01)
(Tabella 1).
Nella Tabella 2 sono invece mostrati i valori relativi alla riproduzione
delle 17 coppie del 2001 e delle 22 del 2002, di cui è stato possibile
localizzare il nido. La data media di deposizione è il 14 aprile (11
marzo-6 giugno), per il 2001 (N=8), e il 1 aprile (10 marzo-31aprile),
per il 2002 (N=17); il test?? di Spearman non ha mostrato nessuna
relazione, sia nel 2001 sia nel 2002, tra la data di deposizione e il
numero di giovani involati all’interno di ciascuna coppia.
I siti di nidificazione localizzati nel 2001-2002 (N=24), sono posti
a un’altitudine media di 464,7±35,4 m slm e il 91,7% di essi è localizzato su versante, mentre solo il 8,3% in piano. In particolare,
il 81,8% dei nidi è posto su versanti con un’esposizione compresa
tra NE e NO, mentre l’8,2% su versanti con esposizione tra SE e
SO. Dei siti di nidificazione raggiungibili (N=21), il 100% si trova su
alberi di Quercus spp., il cui diametro medio è risultato essere di
195,1±25,5. Tra i nidi in cui sono stati inanellati i giovani (N=8), l’altezza media di questi nidi da terra è di 11,1±0,8 m, la loro profondità
è di 38,0±13,8 cm e il diametro di 68,3±8,2 cm.
La correlazione di Spearman non ha evidenziato nessuna relazione
tra il diametro dell’albero (N=21), l’altezza del nido da terra (N=8),
le dimensioni del nido (N=8) con il numero di giovani involati.
L’asincronismo di schiusa è stimato essere di circa 2,5 giorni.
Durante l’inverno del 2001-2002, infine, sempre nell’area più settentrionale del Parco, sono stati individuati 3 roost. La distanza media tra
essi è di 17,6±3,3 Km. I dati relativi a questi roost sono mostrati nella
Tabella 3. I nostri dati sembrano non confermare la stretta relazione
tra i roost e i siti di aggregazione alimentare riportata da Viñuela et
al. (1999), infatti solo il roost 3 si trova in prossimità di una discarica
(circa 8 Km), dalla quale proviene la totalità dei nibbi che arrivano
al dormitorio. Il roost 1 è nelle immediate vicinanze (circa 2 Km) di
una discarica, ma questa è rimasta chiusa nell’inverno 2001-2002,
mentre il roost 2 non è vicino a nessuna discarica. Non si conoscono altri siti di aggregazione alimentare stabili. Tuttavia questo
risultato potrebbe dipendere sia dal fatto che i nibbi svernanti nel
Pollino non basino la propria alimentazione sulle discariche, grazie
all’abbondanza di altro cibo, sia dal fatto, più semplicemente, che in
quest’area le discariche sono molto scarse.
12
Dai risultati ottenuti nel corso di questi studi, è quindi emerso che
la densità dei nibbi nella parte più settentrionale del Parco Nazionale del Pollino è paragonabile a quella media riscontrata in Spagna
(Viñuela et al., 1999) e in Austria (Gamauf, 1995), ma è piuttosto
bassa se confrontata con quella tedesca (Nicolai, 1997) e corsa
(Mougeot, 2000). Inoltre, il successo riproduttivo medio risulta essere tra i più bassi in Europa.
Il Nibbio bruno
e il Nibbio reale
nel Parco Regionale
del Matese in Campania
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RINGRAZIAMENTI
Si ringraziano Arianna Aradis, Barbara Carelli, Rossella Rotondaro,
Maurizio Fusari, Elena Giardinazzo, Nunzia Pantone, Manuela Policastrese, Patricia Masini, Claudio Bonucci, Pierpaolo Storino e Salvatore Urso per il prezioso aiuto nella raccolta dei dati. Si ringraziano
l’INFS e Giuseppe Cortone che hanno permesso l’inanellamento
dei giovani al nido. Un ringraziamento anche a Fernando Hiraldo,
della stazione Biologica di Doñana (Spagna), per l’analisi ematiche
e ad Antonio Sigismondi per le indicazioni sulla distribuzione del
nibbio. Infine, si ringrazia l’amministrazione del Parco, trascorsa e
attuale, per il supporto e l’opportunità offerti nella realizzazione e
nello sviluppo del progetto di ricerca.
ROBERTO GUGLIELMI, Referente A.L.T.U.R.A. Campania
Alessandro LEARDI, Socio A.L.T.U.R.A., Piedimonte Matese (CE)
INTRODUZIONE
Nella gestione di un’area protetta, l’esigenza di conciliare necessità
istituzionali di tutela con lo sviluppo, impone la conoscenza della
distribuzione e delle esigenze ecologiche almeno delle specie più
sensibili e vulnerabili al fine di minimizzare gli impatti negativi imposti dalle attività economiche e turistiche (Borgo, 2001).
I rapaci, essendo al vertice della catena trofica, sono particolarmente suscettibili alle perturbazioni ambientali ancor più di altri gruppi
di uccelli (De Giacomo et al. in Corsetti L., 2004).
Tra i rapaci, le specie del genere Milvus hanno subito un declino
demografico più o meno marcato in diversi Paesi Europei nel decennio 1990-2000 (BirdLife International, 2004).
Partendo da questi presupposti, abbiamo condotto uno studio preliminare nel Parco Regionale del Matese (Campania) per verificare
la consistenza delle popolazioni del Nibbio bruno Milvus migrans e
del Nibbio reale Milvus milvus.
AREA DI STUDIO E METODI
L’area di studio comprende il territorio del Parco Regionale del Matese, che si estende per 333,26 km2 fra le province di Caserta e di
Benevento. Si tratta di un massiccio montuoso che si sviluppa lungo
una direttrice NW – SE, seguendo i rilievi dei monti Miletto (2050
m), Gallinola e Mutria. Gli ambienti rappresentati vanno dai boschi
di sclerofille a prevalenza di Leccio Quercus ilex, nei versanti più
caldi, ai pascoli d’alta quota, passando per i boschi misti e le estese faggete, per cui l’eterogeneità del paesaggio si può considerare
media. Il massiccio si pone come cerniera tra l’Appennino centrale
e l’Appennino meridionale e risente, dal punto di vista climatico, di
influenze continentali e mediterranee, queste ultime rinvenibili nei
versanti pedemontani esposti a sud-ovest.
Sono frequenti stretti e profondi valloni rocciosi di origine tettonica,
erosi da fiumi, come valle Orsara, il vallone dell’Inferno e la valle del
fiume Lete (Rava di Prata), e un lago carsico, il più alto d’Italia, posto
a 1011 m s.l.m.. La raccolta dei dati in campo si è svolta nell’arco di
4 mesi (aprile, maggio, giugno, luglio) nel corso della stagione riproduttiva del 2005. In base alla conoscenza pregressa del territorio
del Parco, sono stati scelti per i rilevamenti 33 punti di osservazione,
ripartiti in due grandi categorie: serie A) punti di osservazione panoramica (21); serie B) punti al piede delle principali falesie (12).
L’altitudine dei punti di osservazione varia tra 200 a 1640 m s.l.m..
Si è cercato di coprire in maniera il più possibile omogenea tutto il
territorio del Parco, non lasciando scoperto nessun habitat potenzialmente idoneo ai Nibbi.
La media delle distanze cartografiche di ciascun punto di osservazione dal punto ad esso più vicino è risultata uguale a 2,12 km (min.
1,5 km; max. 3,2 km.). La scelta di punti tanto distanziati si giustifica
prima di tutto con l’ipotesi che gli animali da censire siano suddivisi
in coppie territoriali aventi densità di nidificazione variabili e territori
ampi e spaziati; inoltre, la scelta di punti ben distanziati riduce il
rischio di avere doppi conteggi.
In ciascun punto sono state effettuate due visite, e ciascuna visita ha
avuto la durata di un’ora, durante la quale venivano raccolti dati sul
numero di Nibbi visti, divisi per specie, e sul loro comportamento.
Per le osservazioni e le identificazioni ci si è serviti di binocoli 10x e
cannocchiali 16-48x.
RISULTATI
Nel corso della ricerca, il Nibbio bruno è risultato presente in 12
punti, mentre il Nibbio reale solo in 3; quest’ultima specie è stata
vista in coppia solo in una occasione. Per quanto riguarda la nidificazione, è stato scoperto un solo nido attivo, appartenente ad un
Nibbio bruno, all’interno del quale c’era un pullus il 25/06/05.
Il nido era situato su di un Leccio Quercus ilex in parete rocciosa. Riguardo al Nibbio bruno, bisogna dire che il 58% delle osservazioni
è avvenuto in punti di osservazione prossimi a valli rocciose strette,
incise da fiumi.
13
Per quanto riguarda i comportamenti competitivi, sono da registrare
comportamenti di competizione interspecifica per interferenza da
parte di due Nibbi bruni Milvus migrans ai danni di un Nibbio reale,
in un sito rupicolo nei pressi di Letino (CE), in cui abbiamo potuto
constatare la presenza dell’unica coppia territoriale di Nibbio reale.
In base ai nostri dati, pertanto, possiamo avanzare le seguenti stime
di abbondanza delle popolazioni: Nibbio bruno - 4 coppie (1,20
coppie/100km2); Nibbio reale - 1 coppia (0,30 coppie/100km2).
DISCUSSIONE
Il Nibbio bruno, che in altri contesti forestali, anche se prevalentemente pianeggianti, come Castelporziano, nidifica in colonie (De
Giacomo et al. in Corsetti L., 2004), nel Parco del Matese nidifica
con coppie isolate in contesti rupicoli. L’unico nido di questa specie
rivenuto nel Parco durante la ricerca richiama alla mente la situazione della Sicilia, dove il Nibbio bruno nidifica spesso su alberi e
grandi cespugli (principalmente Quercus ilex) che crescono sulla
superficie delle pareti rocciose (Sarà, 2003).
Drammatica appare la situazione del Nibbio reale, confinato in un
solo sito, rupicolo, la Rava di Prata, nei pressi di Letino (CE), nel
quale l’unica coppia territoriale del Parco entra in competizione con
il Nibbio bruno.
In altri contesti ambientali, come i Monti della Tolfa, nel Lazio, il
Nibbio reale è presente con una popolazione stabile, che appare in
leggera crescita (Minganti in Corsetti L., 2004).
La specie è considerata SPEC 2, ed in declino, da BirdLife International, ed inoltre può andare incontro a casi di intossicazione per ingestione di bocconi avvelenati, a causa delle sue abitudini necrofaghe
(Minganti et al., 2001), per cui, nel Parco, appare particolarmente
esposta al pericolo dell’estinzione a livello locale.
Bibliografia
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14
La reintroduzione del Nibbio
reale nelle Marche: sviluppi
futuri nell’ambito del centro
studi per la biodiversità delle
aree protette marchigiane
JACOPO ANGELINI, VIa Berti 4 Fabriano (AN)
MASSIMILIANO SCOTTI, Parco Regionale Gola della Rossa di Frasassi
Il Nibbio reale è una specie prioritaria di conservazione in Europa
ed è inserita nella direttiva “uccelli”, inoltre nell’ultima revisione dello status della popolazione in Europa è passata pericolosamente da
spec 4 a spec 2. (Birdlife international (2004).
In Italia è presente con una popolazione riproduttiva stimata in 300400 coppie; le sue roccaforti sono la Basilicata e il Molise, ha avuto
un buon recupero in Abruzzo, mentre risultano ancora poche le
coppie nidificanti in Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna e Lazio.
Nelle Marche e in Toscana la specie è oggetto di specifici progetti
di reintroduzione.
Il Nibbio reale risulta estinto nelle Marche dal secondo dopoguerra
e l’obiettivo del progetto è quello di sostenere il nucleo riproduttivo
dell’Italia centrale, in modo che gli individui rilasciati possano avere
delle connessioni e degli scambi con le popolazioni abruzzesi, laziali
e toscane, creando un nuovo nucleo riproduttivo della metapopolazione italiana.
L’iniziativa di reintrodurre il Nibbio reale è nata dalla collaborazione
tra il WWF Italia e il Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi,
anche attraverso il cofinanziamento della Regione Marche tramite i
fondi dell’ ob. 5b asse 2 sottoprogramma 1.2 Progetti aree protette
– “Conservazione e valorizzazione aree protette”.
Sono stati seguiti i criteri indicati dall’INFS, che ha valutato positivamente sia il progetto che lo studio di fattibilità; Il progetto, ha
visto l’approvazione anche del Ministero per le Politiche Agricole e
Forestali attraverso la Commissione C.I.T.E.S. - Corpo Forestale dello
Stato, che ha autorizzato l’acquisizione di Nibbi reali dalle regioni
spagnole della Galicia e dell’Extremadura.
Alcuni esemplari sono stati acquisiti anche dall’Abruzzo, dalla Basilicata e dalla Calabria.
La superficie del Parco è di circa 10.000 ettari ed è caratterizzata da
habitat idonei alla presenza della specie.
Gli ambienti collinari aperti, le zone caratterizzate da un mosaico
di coltivi, pascoli, boschi di latifoglie e le praterie secondarie inte-
ressate durante la stagione estiva dal pascolo di bovini, offrono le
condizioni ottimali per questa specie.
All’interno del Parco, nell’oasi WWF “bosco di Frasassi” è stato realizzato un centro per l’acclimatamento degli esemplari di Nibbio
reale, che dopo un adeguato periodo di ambientamento vengono
liberati.
I primi 8 Nibbi reali sono stati rilasciati nel 2001; in seguito, tra il
2002 e il 2005 ne sono stai liberati altri 6. In totale sono stati liberati
14 esemplari (sette maschi, sette femmine), tutti dotati di appositi
anelli di identificazione.
Il 60% di questi esemplari, sono stati muniti di radio-trasmittente e
monitorati dai ricercatori dell’Università di Urbino.
In questo modo è stato possibile osservare l’estrema sedentarietà
dei Nibbi reali rilasciati e l’ottimo ambientamento nell’Area Protetta
e nei territori limitrofi, confermando le previsioni dello studio di
fattibilità. Il Monitoraggio periodico effettuato, ha permesso di registrare la riproduzione di almeno una coppia nel 2002, nel 2004, nel
2005 e nel 2006 con l’involo di 2 giovani ogni anno.
Inoltre l’ 85 % degli individui sono stati più volte osservati nell’area
di studio entro un anno dal rilascio.
Un dato interessante è la formazione di un “roost”, nel periodo invernale localizzato in un bosco di latifoglie a prevalenza di Quercus
pubescens e Fraxinus ornus ad un altitudine di circa 700 metri slm.
Tale roost, identificato fin dal 2004 risulta attualmente costituito da
6-8 individui. Lo studio della dieta ha permesso di verificare l’estrema ecletticità del Nibbio reale sia come spazzino, che si nutre principalmente di animali morti lungo le strade, sia come selezionatore
di insetti, topi, serpenti e di potenziale “controllore” di specie come
la cornacchia grigia e gazza; infatti, sono stati più volte registrati casi
di predazione su piccoli di queste specie.
Da questo punto di vista sarà importante approfondire le conoscenze per comprendere meglio il ruolo chiave che questa specie può
svolgere nel riequilibrare l’ecosistema del parco.
15
La presenza di numerosi e rari rapaci qualifica il Parco anche a
livello europeo nel perseguire la conservazione di specie rare e vulnerabili come il Lanario, presente con almeno tre coppie nidificanti
e l’Aquila Reale, che nidifica nella Gola di Frasassi il Pellegrino (7- 8
coppie nidificanti), il Biancone, con una coppia nidificante accertata. Riteniamo fondamentale, per la sopravvivenza delle specie, che
tali coppie riproduttive possano sperimentare la migliori condizioni
ecologiche ed il minor disturbo possibile, al fine di continuare a riprodursi e mantenere gli scambi genici all’interno della popolazione
appenninica.
Nella logica di rafforzamento del delicato equilibrio dinamico tra
presenze animali, potenzialità degli habitat e tutela della biodiversità, è necessario attivare misure specifiche a favore delle specie che
vivono nel Parco e nelle aree circostanti; in questa ottica è stata prevista la prosecuzione del progetto che si propone l’obiettivo generale di tutelare la fauna favorendo la diffusione degli areali di specie
di interesse conservazionistico (Aquila Reale, Nibbio Reale, Astore,
Lanario, ecc) e l’obiettivo particolare di potenziare il monitoraggio e
le strutture esistenti a servizio della salvaguardia dei rapaci.
Alla luce dei monitoraggi effettuati in questi anni, e di un’analisi PVA
effettuata con l’ausilio del software Vortex, si ritiene necessario procedere con una ulteriore fase di reintroduzione, liberando almeno
dieci individui di Nibbio reale nei prossimi due anni; ciò permetterà
di aumentare le probabilità di collegamento tra la metapopolazione
del parco e quelle presenti in Abruzzo e Lazio, favorendo così la
conservazione della specie in Italia.
A tal fine, si prevede l’acquisizione di altri individui dalla Spagna e
anche dalla Corsica. Inoltre, in considerazione del ruolo strategico
per la conservazione e la salvaguardia delle popolazioni di specie
rare e vulnerabili, con particolare riferimento al Nibbio reale, si prevedono i seguenti interventi:
• Il potenziamento tecnico-funzionale della struttura Centro di acclimatamento
• L’acquisizione, il trasporto degli esemplari (almeno 10) da reintrodurre e la gestione della fase di acclimatamento
• L’acquisto delle strumentazioni tecniche indispensabili per il monitoraggio degli individui liberati e l’esecuzione del monitoraggio mediante ricercatori esperti
• La realizzazione di un carnaio da utilizzare durante le stagioni critiche, utile sia per i nibbi reali che per altri rapaci
• L’acquisto e il posizionamento di telecamere per monitorare l'utilizzo del carnaio da parte dei rapaci.
• gestione ordinaria del centro di acclimatamento per i rapaci di Vallemontagnana
• La realizzazione di un convegno internazionale sullo status della specie a livello europeo.
• La realizzazione di un opuscolo divulgativo e di materiali
16
multimediali,audiovisivi ai fini didattici e documentali .
• La realizzazione di una mostra permanente sul progetto e sulla conservazione della biodiversità
Gli interventi proposti risultano compatibili con le previsioni del
Piano di Inquadramento Territoriale Regionale e con il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. Il Piano del Parco della Gola
della Rossa e di Frasassi riconosce la proposta negli Assi Strategici
di intervento denominati, Valorizzazione della Fauna e Qualità del
Paesaggio.
Bibliografia
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Parco Naturale Regionale Gola della Rossa e di Frasassi Serra San Quirico
Il restocking del Nibbio reale
in Toscana nell’ambito
“Progetto Life Natura
Biarmicus 2004 – 2008”
Comunita Montana Amiata Grossetano
GUIDO CECCOLINI, ANNA CENERINI
BIodiversità SNC - Semproniano (GR)
STATUS DELLA SPECIE IN TOSCANA
In Toscana il nibbio reale era un nidificante molto comune in passato (Savi, 1827; Salvadori, 1887; Arrigoni degli Oddi, 1929), sino
almeno al 1935-45 (Chiavetta, 1981). Il fatto che fosse comune è
anche testimoniato dall’esistenza di diversi nomi popolari, tra i quali
“forbicione” (Savi, 1827; Ademollo, 1877), usato sino a pochi anni
fa anche nell’Alta Valle dell’Albegna (GR), “potaja” (Savi, 1827), “patoia” (Ademollo, 1877). Praticamente scomparso alla fine degli anni
’60, oggi risultano solamente 1-2 probabili coppie nidificanti nelle
province di Siena e Grosseto e una decina di individui svernanti
(Ceccolini & Fabbrizzi, 2003; Fabbrizzi et al., 2003).
PROGETTO DI RESTOCKING DEL NIBBIO REALE
IN TOSCANA
In Italia un primo progetto di restocking del nibbio reale è stato realizzato nel 1995 in Toscana da parte del Corpo Forestale dello Stato,
nella Riserva Naturale statale di Tocchi (SI) (Allavena et al., 1996), ma
dopo i primi 7 individui liberati non sono stati effettuati altri rilasci.
Un’altra azione di ripopolamento è attuata dal Parco Naturale Regionale Gola della Rossa e di Frasassi nelle Marche (AN), con il supporto tecnico-scientifico dell’esperto ornitologo Jacopo Angelini. Nell’ambito di quel progetto sono stati rilasciati, nel corso di tre anni, 14
esemplari di Milvus milvus, provenienti dalla Spagna e dal Meridione
d’Italia. Il monitoraggio effettuato dall’Università di Urbino (Angelini et
al., 2002), nel periodo successivo al rilascio, ha verificato il successo
dell’azione. La Comunità Montana Amiata Grossetano sta realizzando
un Progetto LIFE Natura dal titolo “Tutela degli Habitat e dei Rapaci
del Monte Labbro e Alta Valle dell’Albegna”, LIFE04 NAT/IT/000173
BIARMICUS. Il progetto, che si concluderà nel 2008, si svolge nella
Toscana meridionale nel pSIC/ZPS “Monte Labbro e Alta Valle dell’Albegna” IT5190018 (6.300 ha). Il progetto è la continuazione di un
precedente Progetto LIFE Natura svoltosi dal 1999 al 2003 nella medesima area (LIFE99 NAT/IT/006229) (Ceccolini & Cenerini, 2002).
L’azione di restocking del nibbio reale (Az. C.7) è inserita nel Progetto
LIFE Natura BIARMICUS e prevede nel dettaglio:
• la stesura di un piano di fattibilità;
• la ricerca di esemplari di Milvus milvus adatti alla liberazione sia in Italia che in altre nazioni europee. Questi esemplari potranno provenire da centri di recupero o essere prelevati in nidi in aree nelle quali la specie è comune, in modo tale da non incidere negativamente sulle popolazioni in cui si effettua il prelievo. L’affinità genetica della popolazioni europee è
confermata da studi effettuati nel 1993 e nel 2005 (May et al., 1993; Roques & Negro, 2005);
• la richiesta delle necessarie autorizzazioni CITES;
• la realizzazione e gestione di un centro per la tutela di rapaci minacciati, costituito da un complesso di 18 voliere che potrà ospitare gli esemplari di Milvus milvus idonei al rilascio durante il periodo di ambientamento e per la riproduzione in cattività (Azioni C.6 e D.1 del Progetto LIFE Natura);
• la raccolta degli esemplari disponibili;
• il controllo veterinario degli esemplari;
• la realizzazione ed il rifornimento costante di tre carnai nel pSIC/ZPS, certificati dal punto di vista sanitario, che potranno supportare gli esemplari di Milvus milvus una volta rilasciati (Azioni C.5 e D.3 del Progetto LIFE Natura);
• un’opera di sensibilizzazione della popolazione locale, con incontri specifici ed utilizzando materiale didattico sulla specie (Azione E.2 del Progetto LIFE Natura);
• il rilascio di n. 30-35 esemplari da effettuarsi in tre-quattro tempi nell’arco di tre anni, dal luglio 2006 al 30 settembre 2008, con il proseguimento delle azioni di rilascio almeno sino al 2012;
• il monitoraggio degli esemplari rilasciati mediante la utilizzazione di tecniche di radiotracking, con l’acquisto di n. 10 radio emissori e di due ricevitori (Azione F.3 del Progetto LIFE Natura).
17
LO STUDIO DI FATTIBILITÀ
Realizzato nel 2005 dalla dott.ssa Giorgia Gaibani (2005), del Museo
di Storia Naturale dell’Università di Parma, e dal dott. Michel Terrasse
(2005), Vicepresidente della LPO, e gli studi pregressi effettuati
nell’area di intervento danno forti garanzie sulla buona riuscita del
progetto di restocking. Infatti lo studio di fattibilità ha confermato:
• i risultati dell’inventario scientifico e del monitoraggio scientifico, realizzati nell’ambito del precedente Progetto LIFE Natura (AA.
VV., 2000), che hanno evidenziato l’integrità ed il valore natura listico dell’area, adatta ad ospitare una fauna ricca e diversificata;
• che l’utilizzo del territorio, scarsamente antropizzato e con vocazione prettamente agro-silvo-pastorale, è analogo ad aree del centro Italia e del Meridione nelle quali la specie è presente;
• che le cause che hanno portato la specie alla scomparsa locale sono ora venute meno (Passalacqua, Ceccolini, Cenerini, 2001),
come dimostra la consistente presenza di rapaci (Ceccolini, Fabbrizzi, 2003; Giovacchini, 2003).
Il progetto di restocking del nibbio reale ha avuto il parere positivo
della Comitato scientifico LIFE della Commissione Europea, del
Ministero per le Politiche Agricole e Forestali e dell’Istituto Nazionale
per la Fauna Selvatica.
REPERIMENTO DEI GIOVANI
Per il reperimento di giovani esemplari, su suggerimento del dott.
Michel Terrasse, ci si è rivolti alla Corsica visto e considerato che
nell’isola c’è una fiorente popolazione di nibbi reali (Patrimonio,
1990; Mougeot & Bretagnolle, 2000). Nel febbraio 2006 si svolto
un incontro tecnico a Bastia con esperti corsi, in particolare con Bernard Recorbet (funzionario del Ministero dell’Ambiente in Corsica),
Jean Claude Thibault (Presidente del Parco Regionale della Corsica),
Jean-François Siguen (ornitologo del Parco Regionale della Corsica)
e Gilles Faggio (Presidente dell’Associazione Amici del Parco della
Corsica). I funzionari ed ornitologi corsi si sono detti disponibili a
collaborare, fornendo giovani nibbi reali da trasferire e liberare nell’Alta Valle dell’Albegna, previo censimento della popolazione corsa
di nibbio reale nel 2006, effettuato dagli ornitologi dell’ Associazione
Amici del Parco della Corsica, associazione incaricata di tenere anche
i rapporti operativi con gli esperti della Comunità Montana Amiata
Grossetano. Una volta concluse le fasi di censimento ed amministrative, indispensabili per ottenere le necessarie autorizzazioni, a partire
dal 2007 una decina di giovani nibbi reali all’anno verranno trasferiti
nell’Alta Valle dell’Albegna. Qui, dopo un breve periodo di ambientamento nel centro rapaci di Rocchette di Fazio (GR), saranno liberati
con il metodo Hacking e monitorati costantemente nei loro spostamenti con la tecnica del radiotracking. Il progetto prevede anche il
reperimento di adulti irrecuperabili per tentare la riproduzione in
cattività. Attualmente si dispone di due esemplari adulti, ceduti dalla
Provincia di Matera e provvisoriamente custoditi dal Parco Naturale
Regionale Gola della Rossa e di Frasassi. La riproduzione in cattività
verrà attuata in collaborazione con la Regione Aragona (Spagna) che
vuole intraprendere un progetto simile e con uno zoo francese che
già riproduce la specie (Terrasse M., com. pers.), per giungere ad un
protocollo comune ed allo scambio di esemplari.
Status del Nibbio reale
nel Lazio
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scientifico, Progetto LIFE04 NAT/IT/000173 Biarmicus. Comunità Montana Amiata
Grossetano.
ANDREA MINGANTI,
Via dei Monti di Primavalle 96a, 00168 Roma; [email protected]
MARCO PANELLA, Corpo Forestale dello Stato – via Carducci 5 - 00187 Roma
[email protected]
ALBERTO ZOCCHI, Via Graziano 43 - 00165 Roma; [email protected]
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 totale
a) coppie seguite
3
5
4
5
4
4
5
4
6
6
6
7
59
b) coppie riprodotte
3
3
3
4
2
2
2
4
5
5
6
4
43
c) fallimenti
0
2
1
1
2
2
3
0
1
1
0
3
16
d) giovani involati
7
6
5
4
3
4
4
7
9
10
11
7
77
e) successo ripr. (b/a)
1
0,6
0,8
0,8
0,5
0,5
0,4
1
0,8
0,8
1
0,6
0,7288
f) tasso di involo (d/b)
2,3
2
1,7
1
1,5
2
2
1,8
18
2
1,8
1,8
1,7907
g) produttività (d/a)
2,3
1,2
1,3
0,8
0,8
1
0,8
1,8
1,5
1,7
1,8
1
1,3051
0,4
0,3
0,2
0,5
0,5
0,6
0
0,2
0,2
0
0,4
0,2712
h) tasso di fallimento (c/a) 0
18
aree urbane sono concentrate in piccoli centri attorno ai quali è
sempre più rapida una disordinata espansione urbanistica, spesso
sotto forma di villette. La presenza umana, a parte quella collegata
alle attività agro-silvo-pastorali, è particolarmente accentuata in primavera, per attività ricreative e di raccolta di prodotti del sottobosco, ed in autunno-inverno per la massiccia presenza di cacciatori.
In particolare, oltre alle battute al cinghiale, è praticata la caccia al
colombaccio con voluminosi appostamenti fissi costruiti su alberi
situati spesso in zone idonee sia alla nidificazione che al roosting
dei nibbi. Soprattutto durante i fine settimana sempre più assidua è
la presenza di motociclisti (motocross) che attraversano ovunque il
territorio in gruppi anche numerosi. Nella tabella vengono esposti i
dati raccolti presso i siti conosciuti in merito all’andamento delle nidificazioni e vengono riportati i parametri da essi derivati. Nel 2005
su un’area di studio di circa 600 km2 è stata accertata la presenza di
sette coppie nidificanti, delle quali solo quattro hanno portato a termine con successo la riproduzione. Il numero di coppie riproduttive
mostra un lieve incremento che pur non potendo essere considerato indicativo di una fase di espansione, suggerisce almeno una
certa stabilità della popolazione stanziale. Questa impressione trova
conferma nella relativamente rapida rioccupazione di un sito, due
anni dopo la scomparsa della coppia a causa di avvelenamento.
Dal 1994 al 2005 sono stati raccolti dati sulla popolazione nidificante e la presenza invernale di Nibbio reale dei Monti della Tolfa,
unica zona del Lazio dove la specie è presente come nidificante
e svernante con regolarità (Minganti, 1996, 1997, 2004, Minganti
e Panella 1991). L’attività di ricerca è stata diretta prevalentemente
alla determinazione delle dimensioni della popolazione nidificante
e degli assembramenti invernali e alla raccolta di dati sui parametri
riproduttivi. L’area presa in esame si estende dal bacino idrografico
del Fiume Mignone alla costa tirrenica. Il rilievo è rappresentato prevalentemente dall’acrocoro dei Monti della Tolfa e, marginalmente,
dalle propaggini dei Monti Sabatini e Cimini. Le quote massime
raggiungono i 600 m, ma l’area vede in massima parte colline sotto
i 500 m. Un alternarsi di boschi e praterie a pascolo copre la maggior parte del territorio, sfumando spesso in formazioni intermedie
(pascoli cespugliati e alberati). Questi ambienti, sfruttati per l’allevamento di bestiame bovino ed equino allo stato brado, mostrano peculiari caratteristiche faunistiche e vegetazionali e ospitano,
tra l’altro, una delle comunità rapaci più ricche di specie dell’Italia
centrale. Sono diffuse anche coltivazioni estensive di frumento e,
soprattutto nelle fasce periferiche, è praticato l’allevamento seminomade di ovini. La zona più intensamente urbanizzata è quella
costiera dove è anche diffusa la floricultura in serra. All’interno le
19
I censimenti invernali (più di 120 gli esemplari osservati contemporaneamente nell’inverno 2005-2006) mostrano una fase di incremento delle presenze, in linea con quello registrato anche negli
anni precedenti al 1994.
A causa probabilmente di fattori di disturbo i siti di aggregazione
possono cambiare varie volte nel corso dell’inverno.
verificare con ricerche sul campo (Minganti et al., 2001).
Tra le azioni che possono risultare utili alla conservazione del nibbio
reale figurano i carnai (Catullo et al., 1994). Nell’area di studio dal
2002 una coppia risulta essersi reinsediata da quando l’Associazione ALTURA ha predisposto un apposito sito di alimentazione.
Dal punto di vista normativo la zona, a parte una limitata area protetta nel territorio di Monterano, sebbene sia stata nel corso degli
ultimi trenta anni più volte proposta da varie associazioni come parco naturale, e sebbene rientri nella Zona di Protezione Speciale (Direttiva 79/409/CE, ampliata nel 2005), allo stato attuale non gode di
nessuna particolare tutela ambientale.
ABSTRACT
From 1994 to 2005 data on the red kite breeding population and
winter occurence in the Monti della Tolfa (Latium, Italy), about 600
square km, were collected. In 2005 seven breeding pairs were detected while, during winter 2005-2006, the main wintering roost
accounted for more than 120 birds.
Slightly positive trends were observed as for breeding pairs, fledged
young and wintering birds, but the small breeding population is
extremely sensible to several threats (poisoning, human activities,
environmental changes) and limited in the expansion of its range.
Concludendo, lo status attuale appare vulnerabile soprattutto tenendo conto delle dimensioni estremamente ridotte della popolazione soggette a numerose influenze negative. Tra queste vanno
ricordate:
• la lenta ma continua trasformazione del territorio con il passag-
gio dalla antica utilizzazione tradizionale agro-silvo-pastorale a nuove forme di sfruttamento, come lo sviluppo urbanistico e/o industriale. In particolare un progetto prevede la realizzazione di una centrale eolica proprio nel settore dell’area dove massima è la densità riproduttiva del Nibbio reale e dove sono concen-
trati i siti di pernottamento collettivo invernale;
• le tradizionali attività di taglio ceduo dei boschi hanno mostrato negli ultimi tempi, in corrispondenza con la crisi energetica, una intensificazione e un tipo di gestione privo di alcun criterio naturalistico: la mancanza di boschi con alberi idonei può rap
presentare un grave problema per la nidificazione del Nibbio reale (Panella, 2004);
• l’utilizzazione per attività ricreative e di svago può diventare un fattore di rischio dal momento in cui il territorio non è sottopo-
sto ad alcun tipo di tutela;
• tra tutti i fattori di rischio il più subdolo e devastante risulta tut-
tavia l’avvelenamento diretto: sono stati accertati due casi (per un totale di tre nibbi deceduti) ma non è possibile valutare l’incidenza complessiva di una pratica che, seppure vietata dalla legge, è sicuramente molto più diffusa di quello che è possibile 20
Bibliografia
Catullo G., Minganti A., Neri F., Riga F. & Zocchi A., 1994. Programma di aiuti
alimentari per i rapaci del genere Milvus nella zona dei Monti della Tolfa. Atti del VI
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Panella M., 2004 – Gli uccelli rapaci e l’ambiente forestale nel Lazio – Atti del
convegno “Uccelli rapaci nel Lazio”, Sperlonga 13 dicembre 2003: 159-164 – Ed.
Belvedere, Latina
Status del Nibbio reale
e del Nibbio bruno
in Abruzzo
MARIO PELLEGRINI
Riserva Naturale Regionale “Lago di Serranella”
loc. Brecciaio, 2 66037 Sant’Eusanio del Sangro (CH)
tel. 0872-50357 e-mail: [email protected]
INTRODUZIONE
La presenza storica del nibbio reale e bruno in Abruzzo appare incerta, e gli unici dati fanno riferimento al periodo tra la fine dell’800
e l’inizio del ‘900. Altobello (1920), nella monografia sui rapaci di
Abruzzo e Molise, definisce il n. r. “sedentario e nidificante sia nei
boschi che negli abitati”, mentre il n. b. “scarso e di passo accidentale”. Diversamente il De Leone (1908; 1933) sul n.r: “Io non ho
mai veduto questo uccello in alcun luogo di Abruzzo e Molise”, e
concordemente sul n.b. ritenuto raro e accidentale.
Lo stesso De Leone riporta dati di altri autori sul nibbio reale: Lopez
(1892) lo cita per il teramano, Martorelli lo ritiene in forte diminuzione, Arrigoni lo reputa scarso.
Il nibbio reale ha fatto la sua comparsa, come nidificante, all’inizio
degli anni ‘80 nel settore più meridionale della provincia di Chieti.
La prima stima della popolazione, circa 10-12 coppie, è stata effettuata nel periodo 1982-86 (Manzi et al., 1991a e 1991b), successivamente nell’ambito della realizzazione della Carta delle vocazioni
faunistiche regionali, ed in modo specifico nel 1987-89 quando
vennero individuate circa 20 coppie (Pellegrini Mr. & Pellegrini Ms.,
1990).
Negli anni ‘90 la specie ha avuto un notevole incremento e nel
censimento effettuato nel 1992 (Pellegrini Mr., 1992a e 1992b) la
popolazione si è raddoppiata colonizzando territori a nord del Sangro fino al bacino del Foro, ai limiti della provincia di Chieti.
AREA DI STUDIO, MATERIALI E METODI
Uno studio più dettagliato è stato condotto tra il 1997 e il 2000 per
entrambe le specie. L’area d’indagine, estesa ca. 1.000 kmq, è posta
nella parte più meridionale della provincia di Chieti, coincidente con
l’areale principale di nidificazione del nibbio reale ed in parte del
nibbio bruno. L’area è situata tra 100 e 1.600 m s.l.m. con altitudine
media tra 500 e 600 m.
Si passa gradualmente da un paesaggio collinare, che occupa il 78%
dell’intera estensione, ad uno montano che interessa il restante
22%. L’area è ricca di grandi fiumi (Sangro, Aventino, Trigno, Sinello
e Osento) e diversi laghi, tutti artificiali, tra cui il Lago di Bomba, di
Casoli, e di Serranella. Circa il 40% dell’intero territorio presenta un
clima submediterraneo di transizione di tipo D, un altro 40% clima
ipomesaxerico di tipo E. Nel restante 20% si ha per la maggior parte
un clima temperato freddo di tipo F, e solo in minima parte un
clima mesomediterraneo di tipo B.
Gran parte dell’area è sfruttata per l’agricoltura, anche se ancora
estesa è la superficie occupata dai boschi. La maggior parte della
superficie boschiva rientra nel piano fitoclimatico dei boschi a Quercus pubescens, Quercus cerris, Ostrya carpinifolia e marginalmente
a Fagus sylvatica.
Le aree costiere, caratterizzate dall’agricoltura intensiva e dalla quasi
totale assenza di boschi, non vengono utilizzate da queste specie.
Anche la zona montana al di sopra dei 1.200 m non sembra interessata alla nidificazione.
Diversamente nel settore medio collinare dove l’agricoltura è di tipo
estensivo e le colture principali sono quelle cerealicole e foraggere
con presenza di vigneti ed uliveti.
L’intero territorio è stato suddiviso in due sottoaree (A e B) di dimensioni quasi paritarie per proporne un confronto. Per quanto
riguarda il nibbio reale l’area B è ritenuta il territorio di prima colonizzazione, l’area A (più a nord) quella di nuova conquista, in cui il
nibbio reale si è spinto negli ultimi dieci anni.
Le uscite sono avvenute nel periodo primaverile tra marzo e luglio.
Sono state effettuate 33 uscite di 7-8 ore l’una per un totale di 270
ore nelle quali si sono percorse con auto tutte le strade transitabili
dell’area ad un’andatura di 30 km/h, sostando ogni pochi km per
una media di 15 minuti e percorrendo un totale di circa 2500 km.
Gli stessi luoghi sono stati rivisitati più volte, in diversi periodi della
stagione, in diverse ore della giornata e con diverse condizioni meteorologiche.
21
RISULTATI E DISCUSSIONE
Nibbio reale
Nell’area in esame, nel periodo 1997-2000, si è stimata una popolazione di nibbio reale di 73 coppie, ma, considerato che dallo studio
è stato escluso il territorio tra il fiume Sinello e il Trigno, zona di presenza storica della specie e con una densità simile se non superiore
all’area di studio, si è ipotizzata una popolazione complessiva per la
regione di circa 100 coppie.
Il numero di coppie è notevolmente aumentato dal censimento del
1992 (Manzi & Pellegrini, 1992b) quando vennero stimate una quarantina di coppie in un’area che è pressappoco la stessa. Pertanto la
densità della popolazione è passata dal valore di 0,015 coppie/kmq
del 1992 a 0,067 coppie/kmq del presente lavoro.
Non è stato osservato però un ampliamento di areale come accaduto nei censimenti precedenti.
Sono stati rilevati i seguenti valori di densità, Area A: media 0,04
coppie/kmq; Area B: media 0,09 coppie/kmq.
La densità nell’area B è doppia essendo il territorio storico del nibbio reale in Abruzzo con 53 coppie contro 20 dell’area A.
La distanza media tra le coppie si aggira intorno ai 2 km con un minimo di 1 km e un massimo di 6 km, nell’area di nuova conquista.
La distanza media è diminuita rispetto al censimento del 1992 a
causa del forte aumento della densità.
La distanza media tra i siti di nidificazione e i centri urbani è intorno
a 1,27 km con un minimo di 500 m.
Si conferma quanto già noto in letteratura, il nibbio reale nidifica
vicino ai centri urbani adattandosi a zone antropizzate.
Gli studi condotti sulla popolazione del nibbio reale (lavori citati)
avevano evidenziato una predilezione di questa specie per i boschi
a Quercus pubescens, Quercus cerris, Ostrya carpinifolia e marginalmente Fagus sylvatica; dati confermati anche dal presente studio. Delle 41 coppie nidificanti su boschi di cospicue dimensioni
ben 24 hanno preferito per la costruzione del nido querceti spesso
frammisti ad orno-ostrieto.
Nibbio bruno
Nell’area di studio è stata stimata una popolazione complessiva di
14 coppie ed una densità media di 0,013 coppie/kmq. La specie
è comunque presente anche in gran parte del restante territorio
regionale, nonostante la carenza di dati è comunque da considerare con una scarsa densità che fa presupporre una popolazione
complessiva stimata non superiore a 30-40 coppie.
Tale risultato è in contrasto con quanto osservato in gran parte d’Italia dove la densità del nibbio bruno è maggiore di quella del nibbio
reale, in regioni come l’Abruzzo gli habitat sono più favorevoli per
Milvus milvus e la densità di quest’ultimo supera quella di Milvus
migrans. Non è possibile definire l’andamento della popolazione
22
in Abruzzo in quanto mancano studi e dati antecedenti al presente
lavoro. La distanza media tra le coppie si aggira attorno ai 3 km con
un minimo di 1 km e un massimo di 8 km.
La distanza delle coppie di nibbio bruno e reale va da un minimo
di 1 km a un massimo di 2,5 km, ciò a conferma di una possibile
coesistenza tra le due specie e la frequente condivisione di habitat.
In un caso è stata registrata una distanza di soli 200 m tra un nido
di nibbio reale e uno di nibbio bruno.
La distanza media tra i siti di nidificazione e i centri urbani è intorno
a 1,14 km, dunque anche il nibbio bruno sembra essersi adattato
alle aree antropizzate.
Il nibbio bruno predilige solitamente ambienti umidi, come testimonia la vicinanza riscontrata tra i siti di nidificazione ed i corsi
d’acqua, con una distanza media da essi di 1,5 km. I boschi scelti
per la nidificazione sono quercete frammiste a vegetazione ripariale
e orno-ostrieti.
In conclusione, negli ultimi due anni, la popolazione di Nibbio reale
sembra in leggera contrazione, rispetto ai dati sopra citati, continuando però ad occupare l’intero areale storico.
Le probabili cause di questo decremento sono da attribuire alla
chiusura delle piccole discariche di r.s.u. nelle aree collinari, alla costruzione di nuovi impianti eolici, nonché all’abbandono dei coltivi
e dei pascoli con conseguente aumento delle aree boschive e quindi alla riduzione dei territori di caccia.
Al contrario per il Nibbio bruno sono aumentate le osservazioni in
tutta la regione, sono noti nuovi siti di nidificazione e probabilmente
vi è stato un incremento della densità.
Bibliografia
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Tip. Tirelli, Isernia.
De Leone N., 1908 – Materiali per una avifauna d’Abruzzo. Ristampa A. Forni,
L’Aquila.
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Nibbio reale (Milvus milvus) in Abruzzo. Atti V Convegno Italiano di Ornitologia
(Bracciano, 4/8-1
-1989), in: Supplemento alle Ricerche di Biologia della Selvaggina, 17: 347-350.
Manzi A. & Pellegrini Mr., 1992a – L’alimentazione dei nidiacei di due coppie di
nibbio reale, Milvus milvus, in Abruzzo. Riv. ital. Orn., Milano, 62 (3-4): 116-120.
Manzi A. & Pellegrini Mr., 1992b - Status e biologia riproduttiva del nibbio reale,
Milvus milvus, in Abruzzo. Alula, 1 (1-2): 17-22.
Pellegrini Mr. & Pellegrini Ms., 1990 - Accipitriformi e Falconiformi. Carta delle
Vocazioni Faunistiche della Regione Abruzzo, 2: 42-67.
Status del Nibbio reale
e del Nibbio bruno
in Molise
LORENZO DE LISIO
Dip. STAT – Università degli Studi del Molise
[email protected]
AREA DI STUDIO
L’area di studio comprende la Regione Molise che presenta una
estensione territoriale pari a 4437 kmq.
Si riconoscono tre sistemi paesistici principali (Pignatti, 1994):
• Costiero, ricadente nella Regione Mediterranea la cui vegetazione climatogena è costituita dall’Orno-Quercetum ilicis
• Sannitico, ricadente nella Regione Temperata in cui domina,
di regola sul calcare, Quercus pubescens
• Centroappenninico, ricadente nella Regione Temperata e individuabile nei sistemi cartonatici delle aree montane, con faggeta come vegetazione climax.
Il range altitudinale si estende tra 0 e 2241 m s.l.m. del Monte
Meta nel gruppo Mainarde-Meta.
MATERIALI E METODI
I dati raccolti coprono un arco di tempo di 19 anni, dal 1986 al 2005,
per un totale di 92 avvistamenti distribuiti nei dodici mesi.
La maggior parte dei dati non è stata raccolta mediante rilevamento regolare organizzato, ma si riferisce ad osservazioni occasionali.
Dati con metodologia standardizzata si riferiscono al periodo 20002004, raccolti nell’ambito del Progetto MITO2000 (Fornasari et al.,
2000).
RISULTATI
Dai dati risulta che il Nibbio reale in Molise è nidificante sedentario
(SB, Mreg, Wreg) ed è presente su quasi tutto il territorio regionale.
Riportando su grafico il numero massimo di individui per singolo
avvistamento mensile, si nota come il periodo migratorio sia caratterizzato dal numero più elevato di individui.
FENOLOGIA NIDIFICANTE
Per definire la presenza del Nibbio reale come nidificante sono stati considerati utili gli avvistamenti avvenuti nei mesi aprile-luglio,
escludendo i singoli avvistamenti con numero di individui superiore
a cinque.
Nel corso delle osservazioni sono state censite in totale 7 coppie
nidificanti. Nel 1993, nell’ambito del Progetto Habitat della CEE
(Battista et al., 1996), tre di queste sono state seguite e studiate
fino all’involo. È stato rilevato un tasso riproduttivo di 2,6 giovani
involati per nido, val ore che rientra nella norma (Brichetti et al.,
1992) e non si discosta dai rilievi effettuati negli anni precedenti. I
tre nidi seguiti hanno in comune la distanza dal mare (20/25 km)
e l’altitudine (450/620 m/s.l.m.). L’habitat è quello tipico della media collina, costituito da boschi sparsi su territorio prevalentemente
coltivato a frumento.
La vegetazione predominante è costituita da querceti di cerro e roverella con vegetazione tipica dell’orizzonte submediterraneo.
Nel corso del progetto MITO2000 il nibbio reale è stato censito in 7
particelle su 24 monitorate, con una stima di 3-4 coppie nidificanti.
Questo dato è ricavato secondo la metodologia di conversione degli
individui censiti in coppie adottata nel progetto MITO2000.
23
PRESENZA STORICA
La presenza della specie in Molise è documentata con continuità sin
dal secolo scorso, periodo in cui era considerato sedentario e nidificante, più comune in Molise che in Abruzzo, nonché più frequente
in pianura lungo la zona litoranea (Altobello, 1920). Nella seconda
metà del ‘900 è riportata una stima di 15 coppie nidificanti al massimo, con un trend positivo soprattutto nella parte centrale della
provincia di Campobasso, ma assente nella fascia costiera (Regione
Molise, 1982; Battista et al., 1996).
DESCRIZIONE DELL’AREA OCCUPATA
Fig. 1 – Particelle 10x10 km in cui è stato effettuato almeno un avvistamento in
periodo riproduttivo.
La specie è stata avvistata in 24 particelle di 10x10 km su 64 complessive. Considerando la ripetitività degli avvistamenti d’individui
nel periodo riproduttivo nelle particelle considerate, si può stimare
una presenza nel territorio regionale di 40-50 coppie nidificanti
FENOLOGIA MIGRATRICE/SVERNANTE
Per definire la presenza del Nibbio reale come svernante sono stati considerati utili gli avvistamenti avvenuti nei mesi agosto-marzo,
includendo gli avvistamenti di aprile con numero di individui superiori a cinque.
La caratterizzazione dei territori di nidificazione effettuata calcolando le estensioni medie di tutte le categorie di uso del suolo (CORINE Land cover 3° Livello, Regione Molise, 1998) rilevate all’interno delle 7 particelle censite nell’ambito del progetto MITO2000,
denota un una notevole diversità di paesaggio, con predominanza
di aree aperte agricole che raggiungono complessivamente circa il
64% (Classe 2 CORINE I° livello, Fig. 3). I boschi (Classe 31 CORINE
II° livello) costituiscono circa il 14% della superficie censita e si presentano molto frammentati,con 85 tessere di estensione media pari
a 153 ha. L’eterogeneità del paesaggio si può considerare media in
quanto nessuna tipologia supera il 50%.
24
Anche se in Molise non esistono aree naturali protette, fatta eccezione per il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, la specie può
godere della tutela conferitagli dalla Rete Natura 2000.
La specie è infatti segnalata a diversa fenologia in 57 degli 88 pSIC
della regione, parte dei quali divenuti ZPS.
È da segnalare però che, non esistendo ancora i piani di gestione,
l’unica forma di tutela deriva dalla qualità delle procedure di valutazione d’incidenza.
MINACCE ATTUALI
I principali fattori di minaccia sono attribuibili alle trasformazioni
del territorio derivanti soprattutto dagli impianti eolici, che creano
un stato di conflitto soprattutto per le aree prative montane che
nei periodi di migrazione sono interessati dal passaggio consistenti
numeri di migratori.
La funzionalità di queste aree come corridoi per l’avifauna, è confermata anche dalla presenza di estesi prati, importanti per l’attività
trofica.
Pertanto gli attuali valichi presenti in alcuni comprensori regionali
possono essere considerati dei colli di bottiglia geografici (Piersma
e Baker, 2000) di importanza strategica regionale.
NIBBO BRUNO
Il nibbio bruno in Molise non è stato soggetto fino ad ora ad un
programma di censimento e monitoraggio sistematico.
I dati acquisiti si riferiscono ad avvistamenti occasionali distribuiti
nell’arco di 10 anni dal 1985 al 2005.
Il Nibbio bruno nel Molise é nidificante e migratore. L’arrivo della
specie in Molise avviene nella prima decade del mese di marzo e alcuni individui vi sostano fino all’ultima decade del mese di ottobre.
Svernamenti occasionali si sono avuti per alcuni inverni dal ‘78 all
‘83, nell’area del Basso Molise in provincia di Campobasso (Battista
G:, com. pers.).
La specie nidifica nelle valli dei maggiori fiumi della regione, dal
livello del mare fino a800 m/slm, spingendosi anche a quote più
alte per la ricerca del cibo (Matese, Montagnola Molisana).
PRESENZA STORICA
Fig. 2 – Particelle 10x10 km in cui è stato effettuato almeno un avvistamento in
periodo non riproduttivo.
I dati rivelano che il Nibbio reale è presente in tutta la regione nel
periodo migratorio, con roost fino a 50 individui, prevalentemente
concentrato nei prati altomontani e nelle discariche. L’assenza di sistematicità nella raccolta dei dati non permette di fornire una stima
del contingente svernante complessivo.
TUTELA
Fig. 3 – Ripartizione percentuale delle estensioni medie delle categorie di uso
del suolo.
Agli inizi dello scorso secolo la specie era ritenuta scarsa e di passo
accidentale, con due sole catture accertate (Altobello, 1920). Anche
da De Leone (1933) lo riporta come uccello raro e accidentale.
Nella seconda metà del secolo scorso si ritrova ben distribuito sul
territorio molisano, e nidificante con circa 10 coppie (Regione Molise 1982, Battista et al, 1996).
TUTELA
Per questa specie valgono le considerazioni fatte per il Nibbio reale.
Pur mancando programmi di censimento e monitoraggio specifici,
ill Nibbio bruno è segnalato, con diversa fenologia, in 51 pSIC su 88
presenti in Molise.
MINACCE ATTUALI
I principali fattori di minaccia sono attribuibili alle trasformazioni
del territorio che interessano sia i siti di riproduzione sia quelli di
migrazione.
I siti di riproduzione sono minacciati dalla sistemazione idraulica dei
fiumi con eliminazione consistente della vegetazione ripariale e dei
nuclei boschivi planiziali.
Il contingente migratorio è minacciato dagli impianti eolici che,
come per altri veleggiatori, stanno creando una barriera sempre più
estesa sui crinali collinari soprattutto per l’area dei Monti Frentani.
Bibliografia
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Arrigoni Degli Oddi E., (1929). Ornitologia italiana ed. U. Hoepli.
Battista G., Carafa M., Colonna N., Dardes G. & De Lisio L., (1994). Nidificazione
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Battista G., De Lisio L., Carafa M., Colonna N. & Dardes G., (1995). Prime note
sull’osservazione in Molise di: Biancone, Nibbio reale e Lanario. -Riv. ital. Orn.,
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Battista G., De Lisio L., Carafa M., Colonna N., (1996). Check-list dei rapaci
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Chiavetta M., (1992). Gli uccelli delle Mainarde- “Le Mainarde. Zona di ampliamento in Molise del P. N. d’Abruzzo”. L’uomo e l’ambiente, 16: 137-148, Camerino.
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Fornasari L., De Carli E., Brambilla S., Nuvoli L., Maritan E. e Mingozzi T. (2000)
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Conservation. Conservation Biology Series 2. Cambridge Univ. Press, Cambridge:
105-124.
Regione Molise, 1982 - AA. VV. Carta delle vocazioni faunistiche della Regione
Molise. Assessorato Caccia e Pesca.
SI RINGRAZIANO
Marco Carafa, Roberto Lippolis e Stefano Allavena per i dati forniti
sugli avvistamenti e Anna Loy per l’accurata revisione del manoscritto.
25
Status del Nibbio reale
e del Nibbio bruno
in Basilicata
La metodologia dei transetti adottata per il Nibbio reale, si ritiene
che sia, al momento, l’unica procedura di censimento in grado di
fornire, in tempi brevi e con un basso numero di rilevatori, una
stima attendibile della popolazione.
Inoltre, tale procedura, se utilizzata nel corso del tempo, è un utile e
veloce strumento di monitoraggio che permette di seguire velocemente la macro-dinamica di popolazione della specie e di registrare
eventuali problemi in atto.
Sarebbe necessario aggiornare il censimento del Nibbio reale con i
transetti per poterne seguire lo status.
Tale metodologia andrebbe estesa anche al Nibbio bruno per poter avere un dato più preciso di popolazione, anche se i tempi del
censimento sono asincroni, e questo comporta uno sforzo enorme
di ricerca.
A. SIGISMONDI, N. CILLO, M. LATERZA
A.L.T.U.R.A. Associazione per la Tutela degli Uccelli Rapaci e dei loro Ambienti
INTRODUZIONE
A partire dalla fine degli anni 80 ci siamo occupati di definire lo
status del Milvus milvus in Basilicata, le indagini svolte hanno evidenziato l’estrema importanza della popolazione presente (Minganti e Zocchi, 1992; Cortone et ali., 1994; Sigismondi et ali. 1995,
Sigismondi et ali. 2003).
Nel corso di queste indagini si sono stimate anche le popolazioni
del Nibbio bruno.
AREA DI STUDIO E METODOLOGIA
La Basilicata è una delle più piccole regioni italiane con una superficie di 9988 kmq e con una popolazione di circa 640000 abitanti.
È caratterizzata da un territorio prevalentemente collinare, con un
indice di boscosità intorno al 30%.
Le prime indagini avevano evidenziato da una parte che sia il Nibbio reale che il Nibbio bruno risultavano abbastanza comuni nella
regione, dall’altra la difficoltà di una stima precisa della popolazioni
nidificanti a causa della difficoltà di censire direttamente i siti riproduttivi su un territorio vasto e orograficamente complesso.
Per il Nibbio reale è stato effettuato un monitoraggio specifico con
due metodologie, attraverso il censimento diretto dei siti di nidificazione nel corso degli anni e con il conteggio degli individui osservati
lungo prefissati transetti (Sigismondi et ali., 2003) mentre per il Nibbio bruno si è fatta una stima classica.
RISULTATI
Nibbio reale
La specie è risultata presente in Basilicata con popolazioni numerose e diffuse, occupa tutti i territori della media collina (200-800m)
con copertura boscosa a mosaico. Appare molto diffusa lungo le
valli fluviali (Ofanto, Basento, Sinni, Agri, ecc.), spingendosi anche
nelle aree meridionali più aride della regione.
La specie appare molto ridotta o assente come nidificante lungo
26
le coste, in un’area centro meridionale confinante con la regione
Campania, relativa ai Monti della Maddalena e in una zona a Nord
della regione ai confini con la provincia di Bari.
Quasi assente come nidificante risulta anche ad altitudini superiori
ai 1000 m. La sua popolazione risulta nel corso degli anni stimata in
50-70 (Minganti A. & Zocchi A. 1992; Cortone et ali., 1994), 87-130
(SigismondI et ali., 1995) 100-160 (SigismondI et ali., 2003), questo
trend in aumento si ritiene sia dovuto al maggiore grado di dettaglio
delle indagini e non ad un aumento della popolazione.
Di recente due indagini hanno approfondito la densità di popolazione della specie in due aree specifiche della regione.
Gaibani et ali. hanno censito nel territorio del Parco Nazionale del
Pollino circa 39 coppie territoriali, mentre Mallia et ali (2005) hanno
censito 16 coppie riproduttive in 50 Km2 nel parco regionale Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane .
Queste indagini a maggiore dettaglio territoriale indicano che il dato
di 100-160 (Sigismondi et ali., 2003) è probabilmente sottostimato,
si propende pertanto per una stima di 150-200 coppie.
L’alta densità della specie nella regione è probabilmente dovuta, sia
all’estesa presenza di ambienti adatti, sia alla struttura socio-produttiva contadina tradizionale che caratterizza ancora buona parte
della Basilicata.
Nibbio bruno
Il Nibbio bruno presenta un areale leggermente più ampio di quello
del Nibbio reale, mostrando una maggiore valenza ecologica ed anche una densità di popolazione maggiore rispetto al Nibbio reale.
Una stima della sua popolazione può essere compresa tra le 200300 copie.
STATUS DI CONSERVAZIONE
Nibbio reale
Utilizzando i criteri della Lista Rossa IUCN, si ritiene che lo status di
conservazione della specie nella regione sia compreso nella categoria “Lower Risck” (a minor rischio) sottocategoria “Near Threatened” (Prossimo alla minaccia), mentre la tendenza di popolazione
appare in riduzione.
Nibbio bruno
Utilizzando i criteri della Lista Rossa IUCN, si ritiene che lo status di
conservazione della specie sia compreso nella categoria “Lower Risck” (a minor rischio) sottocategoria “Least Concern” (minima preoccupazione), mentre la tendenza di popolazione appare stabile.
PROBLEMI DI CONSERVAZIONE
Durante il censimento si è rilevato come il Nibbio reale stia attraversando una leggera fase di contrazione dell’areale storicamente occupato, soprattutto ai margini, e probabilmente, anche degli effettivi
nidificanti, è difficile però quantificare questa contrazione.
Si è ridotta certamente la popolazione nelle Murge Materane dove
il Nibbio reale è passato da circa 5-6 coppie a non più di 1-2 (Sigismondi et. al., 1996); è scomparso da tutta l’area della costa ionica
della regione dove in passato arrivava a nidificare quasi in riva al
mare; ugualmente ridotta, se non estinta in alcune aree, appare la
popolazione presente a Nord della regione, nelle aree confinanti
con la provincia di Bari in Puglia.
Nel resto della regione la specie è apparsa stabile.
Negli ultimi anni però la Basilicata si sta rapidamente modernizzando, determinando l’evoluzione di fenomeni che potranno incidere
notevolmente nel prossimo futuro sullo status di conservazione,
sinteticamente:
•
•
•
•
•
•
•
•
scomparsa delle discariche per motivi igienico-sanitari
rischio alto
trasformazione dell’agricoltura locale da silvo-pastorale
ad agricolo-intensiva, in molte aree infatti si sta insediando
un’intensa monocoltura cerealicola, con messa a coltura di
nuove aree e riduzione della pastorizia e del pascolo
rischio alto
costruzione di impianti eolici - rischio medio/alto
Alterazione dei corsi fluviali - rischio medio/alto
Alterazione e riduzione delle aree boscose - rischio medio
Caccia e bracconaggio - rischio basso
Disturbo ed attività del tempo libero - rischio basso
Avvelenamento da biocidi - rischio non valutabile
Bibliografia
Cortone P., A. Minganti, M. Pellegrini, F. Riga, A. Sigismondi, A. Zocchi, 1994
Populations trends of the red kite Milvus milvus in Italy. World Conf. Birds of
Prey, Berlin.
Gaibani G., Pandolfi M., Rotondaro R., Tanferna A., 2002
Studio sulla popolazione di Nibbio reale Milvus milvus nel Parco Nazionale del
Pollino. Atti 63°Congresso Nazionale Unione Zoologica Italiana, Rende, p.88.
Mallia E, C. Rugge & M. Delorenzo, 2005. Densità riproduttiva del Nibbio reale
Milvus milvus in un’area del parco di Gallipoli Cognato Dolomiti Lucane.
Atti del XIII Convegno Nazionale di Ornitologia. Avocetta n. 29
Minganti A. & Zocchi A. 1992 - Il Nibbio Reale Milvus milvus in Italia dal 1800
ad oggi. Alula I (1-2): 11-16.
Sigismondi A., G. Cassizzi, N. Cillo, M. Laterza 1996 – The Murge Materane
Regional Park, an internationally important area for the conservation of raptors
(Basilicata, Italy). 2nd International Conference on Raptors. Urbino 1996
Sigismondi A., G. Cassizzi, N. Cillo, M. Laterza, V. Rizzi, T. Ventura, 1995
Distribuzione e consistenza delle popolazioni di Accipitriformi e Falconiformi nelle
regioni di Puglia e Basilicata. In Pandolfi M. e U. Foschi (red), 1995. Atti del VII
Convegno Nazionale di Ornitologia. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXII: 707-710.
Sigismondi A., G. Cassizzi, N. Cillo, A. Green, M. Laterza – 2003. Il Nibbio reale
(Milvus milvus) nella regione Basilicata, status e problemi di conservazione.
Atti I Convegno Italiano Rapaci Diurni e Notturni. Preganziol (TV). Atti I Convegno
Italiano Rapaci Diurni e Notturni.Preganziol (TV). Avocetta N; 1, Vol. 27
DISCUSSIONE
Allo stato delle indagini non è possibile fornire un dato preciso di
popolazione delle due specie.
27
Status del Nibbio reale
e del Nibbio bruno
in Puglia
A. SIGISMONDI, M. BUX, M. CALDARELLA, N. CILLO, E. CRIPEZZI, M. LATERZA,
A.L.T.U.R.A. Associazione per la Tutela degli Uccelli Rapaci e dei loro Ambienti
M. MARRESE, V. RIZZI, Centro Studi Naturalistici ONLUS
INTRODUZIONE
A partire dalla fine degli anni 80 ci siamo occupati di definire lo
status delle specie del genere Milvus in Puglia.
AREA DI STUDIO E METODOLOGIA
La Puglia ha una superficie di circa 1.963.000 ha, l’ambiente montano è praticamente assente in quanto il territorio regionale comprende, con i Monti Dauni, solo le porzioni marginali della dorsale
appenninica.
Per il resto la Puglia si caratterizza come un vasto territorio pianeggiante (53,2% classificato come pianura e il 45,3% come collina).
È presente una popolazione numerosa circa 3.986.000 abitanti con
una densità elevata di 411 ab./Kmq, l’orografia pianeggiante ha, infatti, facilitato la messa a coltura di vaste aree. La superficie boscata
di conseguenza è la più bassa d’Italia, circa il 7,5%.
Questi aspetti territoriali sono alla base della limitata diffusione delle
specie nella regione.
Per il censimento si sono utilizzate principalmente stime di popolazione attraverso il censimento degli individui in attività riproduttiva
e conteggio dei siti riproduttivi
RISULTATI
Per quanto riguarda i dati storici relativi alla presenza della specie
nella regione, non si hanno molte informazioni.
Si ritiene comunque che almeno il Nibbio reale non deve mai essere stata molto abbondante, in quanto i pochi autori del passato
la riportano come “raro nelle Puglie” (Arrigoni degli Oddi, 1929) se
non “accidentale” (De Romita, 1884 e 1900).
Diversa doveva essere la situazione nei Monti Dauni, area poco
investigate dai suddetti autori, dove soprattutto lungo i principali
corsi fluviali, Ofanto, Fortore, sembra fossero presenti consistenti
popolazioni delle due specie.
Attualmente le due specie hanno una diffusione molto limitata e
relativa ai Monti Dauni, alla pedemurgiana in provincia di Bari ed
al territorio delle Gravine, risultando presenti complessivamente 13 coppie di Nibbio reale e 4-8 di Nibbio bruno (Tab. 1), con un
evidente trend negativo almeno per l’area dei Monti Dauni, tanto
che il Nibbio reale appare prossimo all’estinzione nella regione.
Nell’area del Gargano le specie venivano riportate come nidificanti
da numerosi autori (Di Carlo, 1964; 1965; Chiavetta, 1981; Brichetti,
1985; 1991; AAVV, 1989, 1995; Petretti, 1992), nel corso degli ultimi
15-20 anni é invece risultata assente come nidificante e pertanto, attualmente, é da ritenersi estinta come tale (Sigismondi et al., 1995),
anche se alcuni individui vengono osservati in maniera sporadica
presso alcune discariche del Gargano, anche durante il periodo riproduttivo.
Durante le migrazioni il Nibbio bruno risulta regolare e poco comune.
DISCUSSIONE
I dati di popolazione presentati si ritengono molto prossimi al dato
reale, in funzione della limitata diffusione delle specie nella regione
e dell’approfondito grado di indagine.
Molto significativa è la contrazione delle due specie nell’area dei
Monti Dauni, passata per il Nibbio reale da 7-10 coppie a 1-2, mentre il Nibbio bruno è passato da 20-25 a 1-2, più stabili, anche se
comunque in leggera riduzione, nelle altre aree della regione .
La motivazione di questo trend estremamente negativo nell’area
dei Monti Dauni sembra riconducibile a due fattori principali, la
scomparsa delle discariche e la realizzazione di un imponente infrastruttura eolica la più significativa realizzata in Italia.
Negli ultimi 8-10 anni sono state realizzate, infatti, circa 500 torri
eoliche nell’area.
Questa infrastruttura oltre che determinare un possibile impatto
diretto, mai ricercato ne rilevato direttamente, ha determinato un
immenso impatto indiretto che sintetizzando valutiamo in:
•
•
•
•
•
•
circa 7-10.000 ha interessati, intesi come area di pertinenza di ogni torre (250 m di raggio), proprio nelle aree più funzionali alle specie, crinali, pascoli sommitali;
da 90 a 150 km di strade realizzate ex novo, o limitati ripristini di strade già esistenti, in aree di crinale o sommitali mai interessate in precedenza da infrastrutture stradali;
grandi superfici di pascoli trasformati direttamente e/o messi a coltura dagli operatori agricoli in funzione della maggiore
facilità di accesso attraverso la rete stradale a servizio delle torri eoliche;
un cantiere permanente con un notevole incremento del
disturbo diretto e indiretto;
decine di km di elettrodotti a servizio del trasporto della energia prodotta;
tutte le infrastrutture annesse.
Altri fattori limitanti rilevati in tutta la regione sono sinteticamente:
• scomparsa delle discariche per motivi igienico-sanitari
rischio alto
• trasformazione dell’agricoltura locale da silvo-pastorale ad
agricolo-intensiva, in molte aree infatti si è insediata un’intensa monocoltura cerealicola, con messa a coltura di nuove aree
e riduzione della pastorizia e del pascolo - rischio alto
• alterazione dei corsi fluviali - rischio alto
• alterazione e riduzione delle aree boscose - rischio medio/alto
• disturbo ed attività del tempo libero - rischio medio
• caccia e bracconaggio - rischio basso
• avvelenamento da biocidi - rischio non valutabile, ma reale in funzione del possibile uso di bocconi avvelenati
contro il Lupo.
Bibliografia
AAVV, 1989 - Important bird areas in Europ. International Council for bird
Preservation. Edizione italiana curata da L.I.P.U.
AAVV, 1995 - Habitat e specie di interesse comunitario nei nuovi Parchi
Nazionali dell’Italia meridionale. Il Parco Nazionale del Gargano. Commisione
Europea, Ministero dell’Ambiente, WWF Italia.
Arrigoni degli Oddi, 1929 – Ornitologia italiana. Hoepli, Milano.
Brichetti P., 1985- Guida degli uccelli nidificanti in Italia. Scalvi, Brescia.
Brichetti P., 1991- Uccelli, in Carta Faunistica Regione Puglia. I.N.B.S. Ozzano
dell’Emilia.
Chiavetta M., 1981 - I rapaci d’Italia e d’Europa. Rizzoli ed. Milano
De Romita V., 1884 - Avifauna pugliese. Annali R. Ist. Tec. di Bari (1883)
De Romita V., 1900 - Materiali per la fauna Barese. In “La terra di Bari”.
Vol. III,Trani.
Di Carlo E. A., 1964 - Viaggi a scopo ornitologico nella Puglia. Parte I.
Il promontorio del Gargano. I laghi costieri di Lesina e Varano.
Le paludi del Candelaro. Riv. Orn. Ita., 34.
Di Carlo E. A., 1965 - Viaggi a scopo ornitologico nella Puglia. Parte II.
Nuove osservazioni nel promontorio del Gargano (1964-1965).
Riv. Ita. Orn. 35: 167-236.
Petretti F. 1992. Nibbio bruno Milvus migrans. In: Brichetti P. et al. (eds.)
Fauna d’ Italia. XXIX. Aves. I. Edizioni Calderini, Bologna. R.I.O. 52: 110-118
Sigismondi A., G. Cassizzi, N. Cillo, M. Laterza, V. Rizzi, T. Ventura, 1995
Distribuzione e consistenza delle popolazioni di Accipitriformi e Falconiformi nelle
regioni di Puglia e Basilicata. In Pandolfi M. e U. Foschi (red), 1995. Atti del VII
Convegno Nazionale di Ornitologia. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXII: 707 710.
STATUS DI CONSERVAZIONE
Alla luce dei dati precedenti ed utilizzando i criteri della Lista Rossa
IUCN, si ritiene che lo status di conservazione del Nibbio reale sia
compreso nella categoria “Critical Endagered” (in pericolo critico),
mentre per il Nibbio bruno “Endagered” (in pericolo).
Tab. 1 - Status nella regione Puglia
Nibbio reale
MONTI DAUNI 7 - 10 (2)
1 - 2 (3)
Nibbio bruno
20 - 25(2)
1 - 2 (3)
GRAVINE 1 - 2 (2)
0 - 1 (3)
2-3
1-3
(2)
(3)
PUGLIA - N. COPPIE
PEDEMURGIANA
1 - 2 (2)
0 - 1 (3)
2 - 3 (2)
2 - 3 (3)
GARGANO Estinto (2,3) TOTALE COPPIE
7 - 12 (1)
7 - 10 (2)
Estinto (2,3) 24 - 31 (2)
4 - 8 (3)
1. MINGANTI A. & ZOCCHI A. 1992 - Il Nibbio Reale Milvus milvus in Italia dal 1800 ad oggi. Alula I (1-2): 11-16.
2. SIGISMONDI A., G. CASSIZZI, N. CILLO, M. LATERZA, V. RIZZI, T. VENTURA, 1995 - Distribuzione e consistenza delle popolazioni di Accipitriformi e Falconiformi
nelle regioni di Puglia e Basilicata. In Pandolfi M. e U. Foschi (red), 1995. Atti del VII Convegno Nazionale di Ornitologia. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXII: 707-710.
3. questo articolo
28
29
Status del Nibbio reale
e del Nibbio bruno
in Campania
MAURIZIO FRAISSINET, DANILA MASTRONARDI e STEFANO PICIOCCHI
Associazione Studi Ornitologici Italia Meridionale
C.p. 253, 80046 San Giorgio a Cremano (Napoli)
Il Nibbio reale (Milvus milvus) è migratore regolare, sedentario nidificante e svernante parziale in Campania. Il Nibbio bruno (Milvus
migrans) è migratore regolare, nidificante e svernante parziale in
Campania (Fraissinet et al.,2001).
Le citazioni storiche relative alla Campania per entrambe le specie
sono molto scarse, se non inesistenti. Il Nibbio reale viene citato
dal Costa, nel 1857, come più comune dello Sparviere e il Tucker,
nel 1924, segnala l’osservazione di 4 individui nel mesi di maggio
nella Piana del Sele. Per il Nibbio bruno bisogna aspettare, invece,
l’aprile del 1957 per avere la prima citazione: 27 individui in transito
migratorio su Capri.
Pertanto è a partire dalla fine degli anni ’80, con la pubblicazione
dell’Atlante degli uccelli nidificanti in Campania (Fraissinet e Kalby,
1989), che si può avere un primo punto di riferimento per le due
specie. Il Nibbio reale risulta nidificante, tra nidificazioni certe, probabili e possibili, in 22 quadranti IGM di 10 Km di lato, parti al 13,2%
del totale dei quadranti in cui fu suddiviso il territorio regionale.
La mappa distributiva evidenzia presenze in periodo riproduttivo
per i Monti del Matese, una località del Sanni ai confini con la Puglia, alcune località della Valle dell’Ofanto, in Provincia di Avellino, la
catena dei Monti Picentini, la catena degli Alburni, il Vallo di Diano
e varie località poste lungo i Fiumi Sele, Tanagro e Calore. Il Nibbio
bruno risulta nidificante, tra segnalazioni certe, probabili e possibili, nel 16,8 % dei quadranti. Le aree interessate sono quelle dei
Monti del Matese, del Sannio ai confini con la Puglia, l’Alta Irpinia,
in particolare nell’area del bacino dell’Ofanto, la piana del Sele e in
maniera localizzata il Cilento.
Successivamente, nel 1993, Scebba pubblica un nuovo lavoro di
sintesi sull’avifauna campana, nel quale vengono descritti gli areali
riproduttivi e una stima delle popolazioni nidificanti. Per il Nibbio
reale viene confermata sostanzialmente la distribuzione rilevata in
occasione dell’Atlante regionale e si precisa con un maggiore dettaglio i siti in cui è nota la riproduzione e la stima delle coppie per
ciascuno di essi: 3 coppie nel 1990 sul Matese (erano 5 nel 1987),
3 coppie sui Monti Picentini, 4 – 5 coppie sul Gelbison – Cervati
(nel Cilento), 2 coppie nella zona delle gole del Fiume calore salernitano, 1 – 2 coppie nel Vallo di Diano, 1 sui Monti Alburni, per
un totale stimato di 14 – 16 coppie per la Campania, sebbene non
vengono prese in considerazione possibili nidificazioni in Alta Irpinia e nel Sannio ai confini con la Puglia. Per il Nibbio bruno si stima
una popolazione nidificante di 16 – 21 coppie così distribuite: 3-4
coppie sui Monti del Matese (vedi anche Rocco e Moschetti, 1995),
3-4 coppie sul Monte Terminio, 5-6 coppie sui Monti Picentini, 3-4
coppie sul Gelbison-Cervati, 2-3 coppie lungo il Corso del Sele e
nell’Oasi di Persano (Scebba, 1993).
Per quanto riguarda i ricoveri presso i Centri di Recupero Fauna
Selvatica della Campania nel periodo 1989 – 2003, si contano solo
3 ricoveri per il Nibbio reale e 4 per il Nibbio bruno (Fraissinet et
al., 2003).
Nell’Atlante degli uccelli svernanti in Campania (Milone, 1999)
il Nibbio reale risulta svernante regolare in 38 quadranti UTM, il
21,2% del totale, con una popolazione stimata in 30 – 60 individui.
La distribuzione invernale copre un areale che interessa i Monti del
Matese, il Sannio ai confini con la Puglia, l’Alta Irpinia, i bacini interni
del Fiume Sele e del Fiume Tanagro, diverse località del Cilento.
A queste si devono aggiungere alcune segnalazioni nella piana del
Volturno e nei pressi di Napoli. Il 26% delle osservazioni viene registrata in aree aperte coltivate a cereali e ortaggi, mentre il 17%
avviene in ambienti riparali naturali con specchi d’acqua e il 16% in
zone con campi frammisti a boschetti di querce o misti. Per il Nibbio
bruno, invece, vengono riportate le osservazione di 9 casi di svernamento nell’arco di tre stagioni, localizzati nell’area del fiume Calore
(in provincia di Benevento), del Fiume Ofanto (in provincia di Avellino) e dei pianori di Monte Marzano (in provincia di Salerno).
Successivamente, nel 2001, l’ASOIM avvia un progetto per il monitoraggio dei rapaci in Campania utilizzando un reticolo cartografico
1
2
1
2
3
4
Habitat Nibbio reale bruno
Valle Basemto Basilicata
Habitat Nibbo reale
Monti Sicani Sicilia
Habitat Nibbio bruno
provincia di Cuneo, Piemonte
Marchesato Calabria
3
30
4
31
UTM di 10 Km di lato (Mastronardi e Piciocchi, 2005). Il Nibbio reale
fa registrare la presenza della specie in periodo riproduttivo in 34
quadranti UTM. Il numero si riferisce, però, sia a quadranti in cui la
nidificazione è certa che a quadranti in cui la nidificazione è possibile. Le aree interessate, ancora una volta sono i Monti del Matese, il
Sannio ai confini con Molise e Puglia, l’Alta Irpinia, i Monti Picentini,
i Monti Alburni e il Cilento. Rispetto al precedente Atlante degli uccelli nidificanti l’areale non mostra sostanziali differenze. Il numero
di coppie si assesterebbe tra le 14 e le 19 coppie, mantenendosi
stabile quindi rispetto alla precedente stima di Scebba del 1993.
La presenza del Nibbio bruno in periodo riproduttivo è stata registrata in 27 quadranti UTM. L’areale riproduttivo che ne scaturisce
non è molto dissimile da quello dell’Atlante campano della seconda
metà degli anni ’80, sebbene sembri essere più contratto, con riduzioni più evidenti nell’area casertana e nella zona della piana del
Sele. La stima della popolazione si aggira sulle 14 – 16 coppie, ma
potrebbe essere sottostimata. Due recenti lavori, infine, riportano
la consistenza popolazionistica delle specie in periodo riproduttivo
per il Parco regionale del Matese (Fraissinet et al., in stampa) e per
il Parco nazionale del Cilento – Vallo di Diano (Ghiurmino e Feola,
senza data). Il Nibbio reale nidifica con solo 2 coppie nel Matese (la
specie è passata dalle 5 coppie del 1987, alle 3 del 1993, alle attuali
2), e 3 – 5 coppie nel Parco nazionale del Cilento.
Il Nibbio bruno nidifica con 5 coppie nel Parco regionale del Matese
ed è presente, ma non viene fatta una stima della popolazione, nel
Parco nazionale del Cilento – Vallo di Diano.
Complessivamente, quindi, la situazione dettagliata delle coppie
nidificanti in Campania è la seguente:
1
3
Il Nibbio reale in Campania negli ultimi venti anni sembra mantenersi stabile per quanto riguarda l’areale riproduttivo e il numero di
coppie nidificanti.
A livello locale, però, manifesta un calo preoccupante nella zona del
Matese. Non è da escludere che le popolazioni lucane e pugliesi
possano fungere da “sorgenti” per le popolazioni campane.
Il Nibbio bruno potrebbe essere in calo in Campania, anche se rispetto al Nibbio reale sembra essere meno conosciuto.
Bibliografia
Fraissinet M. e Kalby M., 1989 - Atlante degli uccelli nidificanti in Campania
(1983-1987). Monografia n.1 dell’ASOIM Regione Campania ed., Napoli.
Fraissinet M., Argenio A., Lenza R. e Piciocchi S., 2003 - Andamento delle attività
di tre centri recupero rapaci della Campania (1989 – 2002). Avocetta, 27: 89.
Fraissinet M., Cavaliere V., Conti P., Milone M., Moschetti G., Piciocchi S. e Scebba S., 2001 - Check-list degli uccelli della Campania. Riv. ital. Orn., 71: 9 – 25.
Fraissinet M., Abete G., Argenio A., Balestrieri R., Campolongo C., Cavaliere V.,
De Lisio L., De Rosa D., Esse E., Giannotti M., Guglielmi R., Janni O., Mastronardi
D., Piciocchi S., Vita F., in stampa – I rapaci diurni del Parco regionale del Matese.
Alula
Ghiurmino G. e Feola A., senza data – Gli uccelli rapaci nel Parco nazionale
del Cilento e Vallo di Diano. Collanda Didattico – Scientifica, Parco Nazionale del
Cilento e Vallo di Diano ed., Vallo della Lucania.
Mastronardi D. e Piciocchi S., 2005 – Distribuzione degli uccelli rapaci nidificanti
in Campania. Avocetta, 22: 198.
Milone M., 1999 – Atlante degli uccelli svernanti. Monografia n.6 dell’ASOIM.
Scebba S., 1993 – Gli uccelli della Campania. Edizioni Esselibri ed., Napoli.
NIBBIO REALE (coppie) NIBBIO REALE (coppie)
MATESE (versante campano)
SANNIO ALTA IRPINIA
MONTI PIACENTINI
PIANA DEL SELE
ALBURNI
CILENTO MERIDIONALE
TOTALE
MATESE (versante campano)
MONTI DEL PARTENIO
VALLE DEL FORTORE
VALLE DELL’UFITA
INVASO DI CONZA
PIANA DEL SELE
CILENTO MERIDIONALE
TOTALE
2
2
3–4
1 – 2
1
2 – 3
3 – 5
14 – 19
5
1
1
1
2–3
3–4
14 – 16
14 – 19
pagina precedente Habitat Nibbio reale, Abruzzo
1 Nibbio reale
2 Nibbio reale
3 Nibbio bruno
2
34
35
Status del Nibbio reale
e del Nibbio bruno
in Calabria
SALVATORE URSO, Contrada Guarassano - 87100 Cosenza
MASSIMO SALERNO, Via Carusa 88836 Cotronei (KR)
FRANCESCO QUARANTA, Via S. Antonio 88832 Santa Severina (KR)
INTRODUZIONE
Gli ultimi dati bibliografici riguardanti lo status e la distribuzione del
Nibbio reale e del Nibbio bruno in Calabria risalgono a più di dieci
anni fa (Cortone et al., 1994). Ad oggi la consistenza effettiva della
popolazione di entrambe le specie di Nibbio appare indefinita.
AREA DI STUDIO E METODI
Per quanto riguarda il Nibbio reale, l’area geografica potenzialmente idonea alla presenza della specie si estende per circa 2500 km2
a quote collinari tra i 400 e gli 800 metri s.l.m.; essa comprende
in gran parte la fascia ionica calabrese e l’alto tirreno cosentino.
All’interno di questa porzione di territorio ricade l’area indagata in
maniera intensiva nell’ultimo anno di studio (1994).
Tale area si estende per circa 1500 km2 totali, dei quali ben 700
km2 ricadono nel Marchesato crotonese, i restanti 800 km2 dell’area
occupata comprendono l’alto Ionio cosentino ed alcune zone del
nord Tirreno. Il paesaggio è caratterizzato da corsi d’acqua perenni,
boschi di caducifoglie e macchia mediterranea alternati ad ampi
spazi aperti destinati al pascolo.
Nella stessa area non mancano i centri abitati ed alcune discariche
di rifiuti urbani attualmente in uso. L’areale potenziale del Nibbio
bruno potrebbe coincidere con quello del Nibbio reale, la mancanza di dati recenti non ci consente di essere più precisi.
Nel corso degli studi effettuati nel 1994, il censimento delle coppie
di Nibbio reale è avvenuto attraverso il conteggio diretto dei nidi.
Negli ultimi anni, grazie all’attività di pochi appassionati e di studiosi
locali, sono stati individuati nel territorio del Marchesato crotonese
alcuni roost in prossimità dei quali, soprattutto d’inverno, sono stati
eseguiti conteggi rivolti ad accertare il numero di individui svernanti.
RISULTATI
Nel 1994, in tutto il territorio regionale, furono censite 13 coppie di
36
Nibbio reale (Cortone et. al. 1994). Da quella data fino ad oggi, non
è stata condotta alcuna indagine rivolta ad accertare il trend della
popolazione. Nei primi mesi invernali del 2006, in prossimità di un
dormitorio, all’interno del Marchesato crotonese, sono stati osservati ben 20 individui di Nibbio reale, un’altra decina di individui
frequentano un roost poco distante dal precedente.
In Calabria, alcune aree occupate dalla specie ricadono in zone protette; nel versante calabro del Parco Nazionale del Pollino sono presenti almeno 3 coppie territoriali e altrettante si trovano all’interno
della ZPS del Marchesato crotonese.
Per il Nibbio bruno, i dati a nostra disposizione sono ancora più
scarsi; considerando la presenza di individui adulti durante il periodo riproduttivo e le testimonianze storiche si può stimare la presenza di circa 20 coppie riproduttive sull’intero territorio regionale.
Osservazioni occasionali testimoniano la presenza di almeno due
coppie all’interno della Riserva Regionale Lago di Tarsia in provincia
di Cosenza e di 7 coppie territoriali all’interno della ZPS del Marchesato crotonese.
CONCLUSIONI
Ad oggi non è possibile definire con certezza lo status ed il trend
della popolazione di Nibbio reale e di Nibbio bruno nella regione
Calabria, si rendono pertanto necessari nuovi studi.
Le continue trasformazioni del territorio, l’abbandono della pastorizia, una gestione forestale poco attenta con boschi cedui a turnazione troppo frequente, la caccia e l’uso di bocconi avvelenati
rappresentano una serie di gravi minacce per entrambe le specie di
Nibbio; inoltre, recentemente, la prevista realizzazione di numerose
centrali eoliche in tutto il territorio regionale, persino in aree protette quali le ZPS ed in zone limitrofe a SIC, costituisce una gravissima
minaccia per la sopravvivenza delle residue coppie nidificanti e, per
il Nibbio Reale, anche per la popolazione svernante.
RINGRAZIAMENTI
Desideriamo ringraziare il dott. Giampalmo Venuto per aver contribuito alla realizzazione della cartografia.
Bibliografia
AA.VV., 1998. Il Centro di recupero animali selvatici – Gli uccelli rapaci nella
provincia di Cosenza. CIPR, Amm. Prov. di Cosenza, Grafica Commerciale Tocci,
Cosenza.
Cortone, P., Minganti, M., Pellegrini, F., Sigismondi, A., Zocchi, A., 1994. Populations trend of the red kite Milvus milvus in Italy. World Conf. Birds of Prey, Berlin.
Gaibani, G., Pandolfi, M., Rotondaro, R., Tanferna, A., 2002. Studio sulla popolazione di Nibbio reale Milvus milvus nel Parco Nazionale del Pollino. Atti 63°
Congresso Nazionale Unione Zoololgica Italiana, Rende, pp. 88.
Lucifero, A., 1898 - 1901. Avifauna calabra. Elenco delle specie di uccelli sedentari e di passaggio in Calabria Avicula.
Status del Nibbio reale
e del Nibbio bruno
in Sicilia
Maurizio SARÀ & Laura ZANCA
Dipartimento di Biologia Animale, Università di Palermo
Via Archirafi, 18 – 90123 Palermo
[email protected]
Le ricerche sui nibbi in Sicilia sono state iniziate nel 1990, - quando
già era stato constatato un grave declino del Nibbio reale, rispetto
agli anni ’80 (Seminara, 1985; Iapichino & Massa, 1989; Lo Valvo et
al., 1993) - e condotte fino a 2005.
Sono stati compiuti conteggi di coppie nidificanti e transetti automobilistici (Sarà, 1996a) con soste nei principali comprensori montani, durante le stagioni riproduttive; ma le popolazioni sono state
censite più accuratamente durante lo svernamento e la fase di concentrazione in dormitori comuni.
Il Nibbio reale nel periodo 1990-94 era presente con tre nuclei di
popolazione residente, equivalenti ad almeno 115-120 individui e
30 coppie nidificanti (Sarà, 1996b).
A quell’epoca, i nibbi si concentravano in inverno in almeno 5 dormitori, all’interno delle tre aree di nidificazione denominate rispettivamente: Sicani, Centrale e Nebrodi.
La popolazione dei Sicani è costantemente diminuita dal 1994 in
poi, e nel gennaio 2005 ed in quello 2006 i dormitori erano deserti.
L’ultima nidificazione delle coppie note nell’area sicana è avvenuta
nel 2003.
La popolazione Centrale ha avuto un analogo destino: nel 2001 il
dormitorio era abbandonato e l’ultima nidificazione parrebbe avvenuta nel 2003.
La popolazione dei Nebrodi, in un’area di circa 500 kmq, è oggi
l’unica rimasta in Sicilia.
Nell’inverno 2004-05 era composta di almeno 38 individui, censiti
in un solo dormitorio e corrispondenti a circa 10 coppie nidificanti.
Il Nibbio bruno ha una fenologia completamente diversa dalla
specie precedente, essendo un migratore di doppio passo che ha
colonizzato l’isola alla fine degli anni ’70 (Iapichino & Massa, 1989;
Lo Valvo et al., 1993).
L’area di nidificazione e svernamento era localizzata, fino al 2002,
nella Sicilia centro-occidentale in corrispondenza di una delle principali linee di transito dei migratori.
Nelle altre aree siciliane la specie è sempre risultata assente come
nidificante e presente con singoli svernanti.
La specie aveva trovato, nella Sicilia centro-occidentale, le condizioni ecologiche necessarie per la nidificazione, iniziando un lento
processo di sedentarizzazione (Sarà, 2003).
Tale popolazione utilizzava ambienti di nidificazione, aree di discarica e dormitori in stretta sintopia con il Nibbio reale.
Nelle tre stagioni dal 1999 al 2001 è stata censita una piccola popolazione stabilmente formata da circa 25-35 residenti, corrispondenti
a 6-10 coppie riproduttive o territoriali, più un contingente di 20-25
individui estivanti in un dormitorio prossimo ad una discarica.
L’insediamento estivo, ultimo atto del processo di sedentarizzazione, indicava buone potenzialità di crescita ed espansione di tale
popolazione quantomeno nella Sicilia centro-occidentale.
Questo andamento positivo si è tuttavia invertito nel 2002; e nel
2005 è stata accertata la nidificazione di 2 sole coppie, con una
stima di 4-5 coppie territoriali e di una decina d’individui svernanti.
La chiusura delle discariche in corrispondenza dei dormitori è stato
il fattore principale del crollo delle ultime popolazioni d’entrambe
le specie.
In assenza d’urgenti interventi s’ipotizza per i prossimi anni, la rapida estinzione regionale del Nibbio reale; mentre probabilmente il
Nibbio bruno riuscirà a mantenere una piccola popolazione attingendo dallo stock annuale di migratori.
Bibliografia
Iapichino, C. & Massa, B. (1989). The birds of Sicily. British Ornithologists’
Union. Check list n. 11. Dorchester: Henry Ling ltd.
Lo Valvo, M., Massa, B. & Sarà, M. (1993). Uccelli e Paesaggio in Sicilia alle
soglie del terzo millennio. Naturalista Sicil., 17 (suppl.). Palermo: Luxograph Ed.
Sarà M., (1996a). Wintering Raptors in the Central Mediterranean Basin.
Mutaner J. & Mayol J. (eds) Biologia y Conservaciòn de las Rapaces
Mediterraneas. SEO-Birdlife Monograph n° 4,
Sarà M., (1996b). Sicile: Statut des Rapaces diurnes. Fond d’Interventions pour
les Rapaces. 28:27-28
Sarà M., (2003). The colonization of Sicily by the Black kite (Milvus migrans).
J. Raptor Research. 37(2):167-172.
Seminara, S. (1985). Capovaccaio - Neophron percnopterus. In Atlas Fauna
Siciliae-Aves: 48-49. Massa, B. (Ed). Naturalista Sicil., vol. 9. Palermo: Luxograph Ed.
37
Status del Nibbio reale
e del Nibbio bruno
in Sardegna
MARCELLO GRUSSU1, MAURIZIO MEDDA1, 2 e VITTORIO ASUNI1, 2
Gruppo Ornitologico Sardo - C.P. 209/C - 09045 Quartu Sant’Elena, Cagliari
2
ALTURA
1
Nibbio reale
Nel XIX secolo la specie era molto diffusa in Sardegna e tutti i ricercatori la indicano come comunissima e stazionaria sia in pianura
che nelle montagne. Il declino della popolazione si verifica dalla
fine di questo secolo.
Nella prima metà del XX secolo il principale areale della specie
comprendeva la Sardegna Nord occidentale (Planargia, Logudoro),
l’Ogliastra e probabilmente anche il Gennargentu e il Campidano
settentrionale.
Questo areale è rimasto grossomodo inalterato anche nei decenni
successivi e coincide con quello individuato ai primi anni 70, quando vengono stimate 20-30 coppie nidificanti; nonché con l’areale
riproduttivo riscontrato durante il Progetto Atlante Italiano nel 198386. Nei primi anni 90 si verifica una ulteriore contrazione dell’areale
riproduttivo e della popolazione, che viene stimata in 10-15 coppie.
Mancano recenti ricerche sistematiche e accurate sulla consistenza
e la distribuzione della popolazione presente nell’isola.
Disponiamo tuttavia di una serie di informazioni parziali che permettono una definizione dell’areale di nidificazione e una stima
della popolazione.
In base a queste informazioni possiamo valutare come presente in
Sardegna una popolazione di 15-20 coppie, di cui 10-12/ 15 coppie
nella parte nord occidentale dell’isola (catena del Marghine, altopiano di Campeda, Valle dei Nuraghi e area settentrionale adiacente) e
il resto delle coppie distribuite in altri areali distali del Nuorese, del
Campidano e del Sulcis. (Figura 1)
Pochi i dati disponibili sulla riproduzione per mancanza di ricerche
specifiche.
La nidificazione si verifica in aree collinari e montane a altitudini
superiori ai 3-400 m. slm.
Nelle stagioni riproduttive del 2001 e 2002, in quattro coppie controllate nella Sardegna settentrionale i nidi più precoci sono stati
costruiti in marzo e gli involi più tardivi si sono verificati a luglio.
38
I nidi sono costruiti su Leccio Quercus ilex e Roverella Quercus pubescens a 10-12 m. dal suolo; la nidificazione su roccia è ritenuta
probabile; nidi conspecifici costruiti a una distanza minima di ca
500 metri.
La migrazione della specie viene rilevata nel periodo di aprile-maggio e di agosto-settembre. Solitamente vengono avvistati singoli
individui lungo la costa e soprattutto nelle aree di migrazione delle
altre specie veleggiatrici (Capo Testa, Arcipelago della Maddalena).
Sono note concentrazioni nella seconda metà di agosto in discariche in prossimità delle colonie; mentre un gruppo di 14 individui è
stato osservato il 16 luglio 2001 nella Sardegna settentrionale.
Nell’isola la specie è sedentaria.
Lo svernamento è stato quantificato soltanto alla fine degli anni 90,
quando sono stati censiti 15-40 individui in alcuni roost.
sito della Nurra (SS) nel 2003 e nel 2005.
La specie è osservata regolarmente durante i periodi di marzo-maggio e agosto-settembre.
Solitamente vengono avvistati singoli individui lungo la costa e
soprattutto nelle aree di migrazione delle altre specie veleggiatrici
(Capo Testa, Arcipelago della Maddalena); ma sono note concentrazioni sino a un max di 60 individui insieme (maggio).
Sono noti anche singoli casi di svernamento, l’ultimo dei quali si è
verificato nel dicembre 2005.
Nibbio bruno
Sino alla prima metà del XX secolo il Nibbio bruno è considerato
particolarmente raro in Sardegna.
La nidificazione della specie è occasionale.
La prima prova è stata riscontrata presso Bosa (NU) nel 1991 con
una coppia.
La riproduzione si è ripetuta nella stessa area nel 1992 con una
coppia nidificante su albero a ridosso di una discarica in una zona
collinare intorno ai 400 m. slm.
Ci sono tuttavia diversi indizi che fanno supporre la presenza di
singole coppie nidificanti anche negli anni successivi in diversi siti
dell’isola.
In particolare, nel 2004, una probabile coppia nidificante con 1 immaturo/juv, molto vocianti sono stati osservati ripetutamente a fine
maggio e in giugno presso una discarica del campidano settentrionale, in un’area planiziale ricca di filari e boschetti di alberi.
Inoltre, ci sono osservazioni di probabili singole coppie nidificanti
nella Sardegna settentrionale nel 2001, e di individui estivanti in un
Fig. 1 - Areale recente di nidificazione del Nibbio reale Milvus milvus in Sardegna.
39
sessione pomeridiana:
Status and conservation of
the Red Kite and the black
kite in Spain: the importance
of a large-scale monitoring
program
Status and conservation
of the Red Kite Milvus milvus
in Corsica
Javier VIÑUELA & Iris CARDIEL
Instituto de Investigación en Recursos Cinegéticos, IREC (CSIC, UCLM, JCCM),
Ronda de Toledo s/n, 13005 – Ciudad Real, SPAIN
1
Red and black kites occupy a huge area in Spain, and their populations and status were relatively poorly known by the end of the 80s.
Between 1992 and 1994, we developed a large-scale monitoring
methodology based on road-transects.
Road transects proved to be a suitable and convenient technique
to obtain population estimates of breeding and wintering red kites
over large areas.
The main sampling problem of this method is that its efficacy is
low under conditions of very low population density (1-2 pairs/100
Km2), so a false absence of the species may be reported by road
transects in that kind of areas.
However, for a large scale monitoring program of this two species,
that tend to be semi-colonial, highly social and that may reach high
population densities, that may be considered a minor problem.
In the national census performed in 1993-1994, following mainly
that methodology, breeding population of red kites in Spain was
estimated to be 3328-4044 pairs, and wintering population 54.00062.000 birds (excluding estimated breeding population).
During the early 90s, marked and fast population declines of the
breeding population of the species were already detected.
The national census has been repeated during 2004-2005, and
a worrying large-scale population decline has been confirmed.
Breeding population in 2005 was estimated to be 1.749-1.862 pairs
(a reduction of 47.5 % of the population in just 11 years). Estimated
wintering population in 2004-2005 was 35.523-36.233 birds (a reduction of 46.4%).
Large population declines of breeding populations have been detected in most areas, with few exceptions (some provinces in NE
Spain, and northern plateau).
The decline in wintering population may be real (decline in
European populations), although it could also reflect year-to-year
differences in the number of birds arriving to Spain, or even a recent
change in winter distribution area, because observations in unusual
40
J.-F. SEGUIN1, F. MOUGEOT2,3, V. BRETAGNOLLE4 & J.-C. THIBAULT1
Parc naturel régional de Corse, BP 417, F-20184 Ajaccio cedex 1, Corsica, France
2
Centre for Ecology and Hydrology, Banchory, Aberdeenshire AB31 4BW, UK
3
Instituto de Investigaciones en Recursos Cinegeticos (IREC), CSIC, Ciudad Real, Spain
4
Centre d’Etudes Biologiques de Chizé-CNRS, F-79360 Villiers en Bois, France
areas of southern Spain, that were not covered by the census, have
increased during last 5 years.
The species is currently considered “Endangered” at national level.
Less is known about Spanish populations of black kites.
The first national census of the species, following a similar methodology has been performed on the same dates, but only preliminary
data are available.
However, strong population declines were detected during the 90s
in three well studied and important populations (southern Madrid,
Doñana and Segovia), so the species as been considered as “almost
endangered” in the last edition of the Spanish red data book.
Illegal persecution, particularly poisoning, has been, and still is, a
major conservation problem of red kites, and probably of black kites
as well.
However, both species are also highly sensitive to other kind of toxicological problems (lead poisoing, pesticide abuse, rodenticides),
and to electrocution in powerlines.
The Red Kite is widespread in Corsica.
It occupies mainly the Mediterranean area between 100 and 600
meters of altitude, but breeds from seacoast up to 1,200 m (Thibault
& Bonaccorsi 1999). A study of nest-sites (Mougeot & Bretagnolle
in press) indicates that Red Kites nest in trees: 84.9 % (n=125) oak
trees (Quercus viridis…), 10.1 % Olive (Olea europaea), 2.5 %
Alder (Alnus cordata) and 2.5 % pine trees (Pinus spp.).
TRENDS OF DISTRIBUTION AND POPULATION SIZE
The Red Kite population in Corsica is composed by resident breeders, passage migrants and wintering individuals. The Red Kite was
considered as common during last century (Jourdain 1912, Terrasse
& Terrasse 1958, Thiollay 1968). The first estimation of population
size has indicated 50-100 pairs (Thibault 1977, 1983). Then population was estimated in 1987-1988 to 100-180 pairs after more field research (Patrimonio 1990). After a marked increase of the population
in the northwest of the island, new estimation was 145-250 pairs in
1996 (Mougeot in Thibault & Bonaccorsi 1999). The last estimation
indicates 208-277 pairs in 2002 (Thiollay & Bretagnolle 2004). The
Red Kite population in Corsica increased over past decades mainly
due to protection laws (1972), increase of fires set by graziers which
maintain open areas for foraging, and recent introduction of Rabbit
by hunters in the 1950’s (Dubray 1984, Noblet 1987).
BREEDING PARAMETERS
Breeding parameters have been studied in a 42 km² area in Regino
valley in 1996-1999 (Balagne, NW Corsica) (Mougeot & Bretagnolle
in press): mean laying date is 27 march ± 16 days (n=147), clutch
size is 2.44 ± 0.71 (n=96), hatching success is 66.9 %, fledging
success is 78.6 %, productivity is 1.33 ± 0.88 young/breeding attempt (n=221) and 1.65 ± 0.65 young/successful breeding attempt
(n=173). Clutch size and productivity are correlated to laying date:
pairs which lay earlier have higher clutch size and productivity than
the other pairs. If we compare the breeding parameters of the Red
Kite across western Europe populations, there is a latitudinal gradient in laying date, clutch size and productivity (Mougeot & Bretagnolle in press), but no evidence of an insular syndrome in the
Corsican population.
RELATION BETWEEN RABBIT AND RED KITE
The Reginu valley (Balagne, NW Corsica) holds a Rabbit population
that has highly increased between 1989 and 1996 (ONCFS unpub.
data). In the same area and over the same period, the number of
breeding pairs of Red Kite has increased from 25-35 pairs in 1989
(Patrimonio 1990) to 80-90 pairs in 1997. The local increase in
Rabbit abundance had for consequence a specialisation of the diet
of Red Kite on this prey-species: 39 % of Rabbit in Red Kite diet
in 1989 (Patrimonio 1990) and 67-77 % in 1996-1998 (Seguin &
Mougeot unpub. data). Red Kite breeding success also positively
correlated with Rabbit abundance.
CONSERVATION OF RED KITE IN CORSICA
The conservation status of the Red Kite population in Corsica is
currently satisfactory due to the absence of persecution (poison,
shooting …).
The Reginu valley, which hold 25 % of the whole island population,
is designed as S.P.A.
The conservation aims for the Red Kite in Corsica are to maintain
habitat quality for feeding foraging (through open habitat of grassland, pasture land, low mediterranean bush), wood and isolated
trees for nest-sites.
Such habitat is linked to a traditional human activity: extensive
sheep farming.
If we consider the Rabbit and Red Kite population dynamics in Corsica, then Rabbit could play an important role in conservation of
Mediterranean population.
41
References
Dubray D. 1984 Répartition des Lagomorphes (Lièvre commun et Lapin de
garenne) en Corse. Bull. Mens. Office National Chasse 85: 36-38.
Jourdain F.C. 1912 Notes on the ornithology of Corsica. bis 54: 63-82 et 314332.
Mougeot F. & Bretagolle V. in press Breeding biology of the Red Kite Milvus
milvus on a Mediterranean island. Ibis.
Noblet J.-F. 1987 Les Mammifères en Corse. Espèces éteintes et actuelles.
Parc naturel régional de Corse, Aurillac. 164 p.
Patrimonio O 1990 Le Milan royal (Milvus milvus) en Corse : répartition et
reproduction. Trav. Sci. Parc Nat. Rég. Rés. Nat. Corse 27 : 37-62.
Terrasse J.-F. & Terrasse M. 1958 Voyage ornithologique en Corse. Oiseaux de
France 8 : 8-37.
Thibault J.-C. 1977 Le statut des Rapaces de Corse. Parc naturel régional de
Corse, Ajaccio.
Thibault J.-C. 1983 Les Oiseaux de Corse. Histoire et répartition aux XIXe et Xxe
siècles. Parc naturel régional de Corse, Paris.
Thibault J.-C. & Bonaccorsi G. 1999 The Birds of Corsica. An annotated checklist. British Ornithologists’ Union, Tring.
Thiollay, J.-M. 1968 Notes sur les rapaces diurnes de Corse. L’Oiseau & Revue
française d’Ornithologie 38 : 187-208.
Thiollay, J.-M. & Bretagnolle, V. 2004. Les rapaces diurnes nicheurs de France. Distribution, effectifs et conservation. Delachaux et Niestlé, Paris.
Ritmi di attività e uso
dell’habitat trofico
nella popolazione romana
di Nibbio bruno
in Italia Centrale
AMALIA CASTALDI, GASPARE GUERRIERI
GAROL (Gruppo Attività Ricerche Ornitologiche del Litorale)
Via Villabassa, 45 00124 Roma; e-mail: [email protected]
Presente a Roma con una popolazione di 40-50 coppie, il Nibbio
bruno Milvus migrans si alimenta nella discarica con regolarità.
Le coppie riproduttive, concentrate in tre colonie ubicate nella Tenuta Presidenziale di Castelporziano (28-36 cpp.), nell’Azienda Agroforestale di Castel di Guido (7-9 cpp) e nella Tenuta dei Massimi (4
cpp), distano dalla discarica rispettivamente 11.5, 5.7 e 4 km. Della
popolazione sono stati studiati lo status, l’alimentazione e alcuni
aspetti della riproduzione (De Giacomo et al., 2004), mentre non
è noto quali siano l’uso dell’habitat e le preferenze ambientali della
specie fuori della discarica e delle aree di nidificazione.
Nel contributo analizziamo i risultati di un’indagine mirata alla verifica dell’utilizzo del territorio, dei ritmi di attività e delle preferenze
ambientali della specie al di fuori degli ambienti riproduttivi e della
discarica.
AREA DI STUDIO E METODI
L’indagine è stata condotta dal 2001 al 2005 su una superficie di 608
km2 (altitudine 0-100 m s. l. m; coordinate centrali: Lat. 41° 51’ N,
Long 12° 20’ E) tra il centro della città di Roma e il Mar Tirreno.
Il territorio, costituito da un complesso mosaico di ambienti, include al
suo interno il basso corso del Tevere, aree boschive relitte e impianti
artificiali a Pinus spp., pascoli ed aree agricole, per lo più coltivate a
frumento Triticum aestivum, mais Zea mais e foraggi. Agli ambienti
con caratteristiche di maggiore naturalità si alternano vaste urbanizzazioni, zone industriali, cantieri, ferrovie, strade ad elevato traffico
veicolare e due aeroporti. Dall’indagine sono state escluse le aree
riproduttive e la superficie occupata dalla discarica (Tenuta Presidenziale di Castelporziano, 6200 ha; parte dell’Azienda Agro-forestale di
Castel di Guido, 800 ha; Tenuta dei Massimi, 774 ha; discarica, 190
ha). I dati sono stati raccolti lungo 9 transetti (lunghezza complessiva
417 km) percorsi in auto 3 volte al mese, ad una velocità di 30-50 km
orari, tra il primo marzo e il 30 settembre.
Gli itinerari, effettuati dall’alba al tramonto, sono stati realizzati sfrut-
42
tando tutti gli ambienti e le tipologie stradali percorribili e modificando, ad ogni rilievo, orario e verso di percorrenza.
Ad ogni individuo contattato sono stati attribuiti il tipo di attività, l’ora
di osservazione e la posizione nell’area. Per gli individui in attività di
ricerca e sulla verticale del contatto è stata valutata la struttura dell’ambiente, facendo riferimento a 39 tipologie. Le preferenze ambientali
sono state indagate con il test del x2 e i limiti fiduciali di Bonferroni,
conoscendo la disponibilità % di ciascuna tipologia nell’area.
RISULTATI
Durante l’indagine sono stati censiti 837 individui per lo più distribuiti
lungo le direttrici che congiungono gli insediamenti riproduttivi alla
discarica (superficie occupata 455 km2). Il numero di contatti varia tra
anni (± 40 %) e il massimo di presenze si registra tra aprile e luglio.
Nel corso del giorno, il numero di individui avvistati segue l’andamento di una curva, il cui massimo si colloca tra le 11 e le 12.
Il 76.8 % del campione è stato osservato in attività di caccia, il 22 %
in volo di spostamento e l’1.2 % posato. La percentuale di individui in
attività di ricerca aumenta da marzo a maggio per diminuire nei mesi
successivi. L’attività di ricerca è più elevata nelle ore del mattino e in
quelle del primo pomeriggio; l’attività di spostamento verso e dalla
discarica è più elevata nella fascia oraria 10–11 e oltre le 15. Il Nibbio
bruno ha esplorato il 69.2 % delle tipologie ambientali (N = 39). Il 27
% di individui in attività di ricerca (N = 653) è stato osservato in aree
residenziali ad abitativo disperso, il 26.3 % in formazioni boschive e ai
loro margini e il 16.4 % in foraggi da taglio. Il 2.1 % dei contatti è stato
raccolto in zone umide e lungo il corso del Tevere, il 4 % in colture
di frumento e lo 0.3 % in colture di mais. Le osservazioni registrate
in ambiente urbano e lungo le strade hanno inciso rispettivamente
per il 2.8 % e per il 4.6 %. Le tipologie ambientali selezionate positivamente (x2 e limiti fiduciali di Bonferroni; P < 0.01) occupano,
complessivamente, solo il 24.25 % del territorio analizzato. Il Nibbio
bruno mostra spiccata preferenza per le formazioni boschive (P <
0.0001) e i loro margini (P < 0.0001), i pascoli artificiali (P < 0.0001) e
i foraggi (P < 0.001). Un utilizzo selettivo degli ecosistemi è stato evidenziato anche rispetto alle aree residenziali a bassa urbanizzazione
(P < 0.0001). Ambienti esplorati con frequenza inferiore alla disponibilità sono le pinete, la macchia mediterranea, le colture di mais e le
aree urbanizzate. Utilizzati con frequenza pari alle disponibilità sono il
corso del Tevere, gli incolti, le colture di frumento, i maggesi e le strade. Nel corso della stagione l’utilizzo di alcune tipologie ambientali si
modifica. Il numero di individui in attività di ricerca in aree residenziali
aumenta da marzo ad agosto (x2 5 = 26.9, P < 0.01, N =176), mentre
l’uso dei pascoli diminuisce da aprile a giugno (x2 2 = 17.4, P < 0.001, N
= 55). I contatti registrati lungo sterrate e strade a bassa viabilità sono
stati 19 (63.3 %, N = 30), quelli lungo strade a medio e ad elevato
traffico veicolare 11 (36.7 %). Gli individui rilevati in attività di ricerca
a distanze minori di 100 m da una strada sono stati 346 (53.0 %). Di
questi, 178 (27.3 %) sono stati osservati nei pressi di strade a bassa
viabilità e 101 (15.5 %) nei pressi di strade a traffico elevato.
DISCUSSIONE
L’attività di ricerca, registrata in aree che confinano con gli insediamenti riproduttivi indica che almeno una parte degli individui possa integrare la dieta fuori dalla discarica e che la parziale indipendenza dai
rifiuti abbia un carattere stagionale. Il Nibbio bruno esplora più spesso
i pascoli in aprile, quando sono disponibili le placente specialmente
degli ovini; i foraggi in maggio e in giugno, quando il taglio consente
di individuare più facilmente rettili, uova e nidiacei. La frequenza con
la quale vengono esplorate le aree residenziali e l’incremento d’uso
della tipologia nel corso della stagione suggeriscono che anche questi
ambienti possano avere un ruolo trofico non trascurabile. L’indipendenza di una parte della popolazione rispetto alla discarica è limitata dalla ridotta superficie degli ambienti selezionati. Urbanizzazioni
e aree industriali ad elevato impatto sono evitate, come osservato
anche in Spagna (Deán, 1996), mentre colture diffuse sul territorio
(frumento e mais) sono poco visitate. L’esplorazione delle strade, frequente in aree agricole della Francia (Meunier et al., 2000), sembra
limitata dall’eccesso di traffico. Il fenomeno è evidenziato anche dalla
tendenza ad esplorare più spesso ambienti prossimi a strade secondarie. L’attitudine a cacciare nelle prime ore del mattino, potrebbe
essere favorita, invece, dalla limitata presenza umana.
Il modesto uso del Tevere, quale ambiente di caccia, contrasta con le
abitudini della specie (Ortlieb, 1998; Sergio et al., 2003) e non è giustificato dalla carenza di prede. Nel corso dell’estate, con il diminuire
di altre risorse, infatti, il Nibbio bruno sembra meno stimolato alla
ricerca, limitando l’esplorazione a pochi ambienti.
La chiusura della discarica e la rapida urbanizzazione di molte aree
rendono precario il futuro della popolazione. È possibile che, ad una
drastica contrazione delle risorse, la specie reagisca con una riduzione
di coppie e con una loro più omogenea distribuzione sul territorio.
È altresì ipotizzabile che ambienti, al momento trascurati, possano
essere maggiormente sfruttati.
Bibliografia
Blanco G., 1994. J. Raptor Res., 28: 242-245
Deán J.I., 1996. Ardeola 43 (2): 177-188.
De Giacomo U., Battisti C., Cecere J.G., Ricci S., Borlenghi F., Tinelli A., 2004. La
popolazione romana di Nibbio bruno Milvus migrans: aspetti ecologici. In Corsetti
L. (ed.). Uccelli rapaci nel Lazio: status e distribuzione, strategie di conservazione.
Atti del Convegno, Sperlonga, 13 dicembre 2003, Ed. Belvedere, Latina: 95-124
Meunier F.D., Verheyden C., Jouventin P., 2000. Biological Conservation, 92:
291-298.
Ortlieb R., 1998. Der Schwarzmilan: Milvus migrans. Hohenwarsleben: WestarpWissenschaften. Hohenwarsleben: 175 pp.
Sergio F., Pedrini P.& Marchesi L.,2003. Biol. Conserv.,112: 351 362.
43
Status attuale
del Nibbio bruno
e del Nibbio reale
in Piemonte
FRANCO CARPEGNA, GIOVANNI BOANO
Museo civico di Carmagnola (TO)
e-mail g.boano @gmail.com
www. gpso .it
Nibbio Bruno
La specie è considerata nidificante e presente con popolazioni in
transito in Piemonte e Valle d’Aosta; l’Atlante degli uccelli nidificanti
(Carpegna in Mingozzi et al., 1988) riportava una stima di circa 100
coppie distribuite nella Regione, mentre la più recente Check-list
regionale (Boano e Pulcher, 2003) prudenzialmente considera una
leggera contrazione dei nidificanti, valutandoli in 50-100 coppie.
Nonostante che in queste regioni non siano state svolte ulteriori
indagini specifiche, numerosi lavori di carattere generale riguardanti
l’avifauna su porzioni del territorio regionale, come atlanti od elenchi commentati, riferiti ad alcune provincie, aree geografiche limitate e parchi regionali, consentono, congiuntamente a dati inediti,
un’analisi di maggior dettaglio e più aggiornata, i risultati della quale
sono espressi nella cartina allegata (Fig. 1), contenente le sommatorie delle coppie presenti, ripartite per provincia (vedi tabella).
COPPIE
AREA MIN MAX
Regione Valle d’Aosta
0 1
Provincia di Torino
14 20
Provincia di Cuneo
10 15
Provincia di Alessandria
5 7
Provincia di Asti
0 0
Provincia di Vercelli
3 4
Provincia di Biella
5 7
Provincia di Novara
13 15
Provincia del Verbano-Cusio-Ossola
7 10
Coppie totali
57 79
Fig. 1 - Ripartizione provinciale delle coppie di nibbio bruno Milvus migrans
in Piemonte e Valle d’Aosta.
44
Pur considerando possibili errori e sottostime, si può considerare
un intervallo di circa 60-80 coppie una buona approssimazione della attuale situazione ed una sostanziale conferma di quanto esposto
nella menzionata Check-list regionale.
Dalla lettura della bibliografia si evince come la specie sia oggi localmente in regresso, e fra le cuase presunte è citata, fra l’altro, la
progressiva chiusura di molte delle discariche a cielo apero esistenti,
certamente molto frequentate dalla specie come fonte trofica.
Le conoscenze relative alla migrazione nella regione sono ad oggi
caratterizzate da un contrasto fra la penuria di indagini sul periodo
pre-nuziale, non sufficientemente indagato, ed una più ampia serie
di osservazioni di forti contingenti in transito ed in sosta durante
quello post-riproduttivo.
Su tre anni di osservazione, tra il 2002 e il 2004, nel Parco Naturale
delle Capanne di Marcarolo (AL), si è registrato un massimo di 70
individui nei mesi di aprile e maggio 2004 (Toffoli et al., 2004).
Inoltre, fra le osservazioni di gruppi relativamente consistenti in
altre località, si citano: 10 individui sul f. Stura a Fossano (CN) il
15.03.2004 e 21 ind. a Borgo S.Dalmazzo (CN) il 12.05.04. (G.P.S.O.
dati ined.)
Come detto, di maggiore peso sono i dati disponibili per la regione
sulla migrazione post-riproduttiva.
Rilevante il lavoro svolto in un periodo di più di dieci anni (19912001) di monitoraggio sulla Valle Stura (CN) dal quale emerge una
continuativa presenza del nibbio bruno con massimo stagionale di
307 individui nell’autunno del 1999 (Giraudo e Toffoli, 2003).
Altre osservazioni recenti sono state effettuate nelle Valli di Lanzo
(TO), dove si sono registrati passaggi di singoli individui e di piccoli
gruppi (Reteuna, 1994).
Di particolare interesse la situazione rilevata a partire dal 2001 in
un’area circoscritta alle discariche di Torino, Druento ed al Parco de
La Mandria presso Venaria, dove sono stati osservati contingenti stazionanti, in alimentazione ed in roosts tra la fine del mese di luglio
e quello di agosto, mesi nei quali venivano regolarmente effettuate
osservazioni di nibbi in alimentazione già in anni precedenti.
Sono stati qui conteggiati massimi significativi nei periodi indicati:
1138 individui il 5.08.2001 in un unico roost ed ancora 1200 ind.
il giorno 8.08 nel medesimo sito; 651 ind. il 11.08.2004 in due siti
distinti, mentre il giorno 12 seguente sui tre siti citati vi erano 763860 ind.; di essi 422, spostandosi verso Sud-Ovest nella medesima
mattina, sono poi transitati sul Monte San Giorgio a Piossasco (TO),
diretti verso le vallate alpine poste a Sud-Ovest di quest’area di concentrazione.
Nel periodo intercorrente tra il 12.08 ed il 29.08.2005 è stato effettuato un monitoraggio nel sito di Piossasco dove sono stati osservati
1097 nibbi bruni in transito in otto giorni, sui dieci di rilevamento,
con un massimo di 437 individui il 15.08.
La notevole differenza riscontrata tra il consistente passaggio nell’area citata e quello relativo ai più ridotti contingenti osservati,
anche in contemporanea, in Valle Stura, sarà indubbiamente di stimolo a ulteriori progetti di monitoraggio estesi alle vallate alpine
intermedie.
Bibliografia
Boano G., Pulcher C., 2003 - Check-list degli uccelli di Piemonte e Valle d’Aosta aggiornata al dicembre 2000. Boll. Mus. reg. Sci. nat. Torino, 20: 177-230
Giraudo L., Toffoli R., 2003 - La migrazione postnuziale del Nibbio bruno Milvus
migrans attraverso le Alpi Marittime. Avocetta, 27 : 60-62.
G.P.S.O. 1993-2005 - Resoconti ornitologici per la regione Piemonte e Valle
d’Aosta. Riv. Piem. St. Nat., Voll. 15-26.
Mingozzi T., Boano G., Pulcher C. e coll., 1988 - Atlante degli uccelli nidificanti
in Piemonte e Valle d’Aosta. 1980-1984. Monografia VIII, Mus. Reg. Scienze
Naturali, Torino
Reteuna D., 1994 - La migrazione degli Accipitriformes, Falconiformes e
Ciconiiformes attraverso le Valli di Lanzo. Riv. Piem. St. Nat., 15 : 127-153
Toffoli R., Carpegna F., Panizza G., 2004 - La migrazione primaverile
nel Parco naturale delle Capanne di Marcarolo. Infomigrans, 13: 4.
Nibbio reale
Il rapace è considerato migratore e svernante in Piemonte e Valle
d’Aosta. In merito alla migrazione, sia primaverile che post-riproduttiva, si sono riscontrate regolari presenze su tutto il territorio
regionale, oltre che nei siti deputati alla abituale osservazione dei
migratori, solitamente riferite a singoli uccelli e più raramente a piccoli stormi. Si citano fra gli altri: 3 individui presso Racconigi (CN) il
14.05.2000, 4 ind. nel Parco Naturale di Capanne di Marcarolo (AL)
il 15.05.2002 (G.P.S.O. 2000-2001, 2002) e, in migrazione postriproduttiva, 5 individui presso Borgaro (TO) il 26.10.1997, 9 individui in
Valle Stura (CN) nella stagione autunnale 1993 e 5 rispettivamente
nel 1997 e nel 1998 (G.P.S.O. 1993, 1997, 1998, 1998).
Durante le tre stagioni invernali intercorse tra il 2003 ed il 2006, tra i
mesi di ottobre e marzo, è stata monitorata la presenza di due nibbi
reali, per il primo inverno, e successivamente di uno soltanto di essi,
presso Bianzé (VC).
Interessante risulta l’affezione al sito, ed ai medesimi alberi-roost, in
un ambiente di risaia che si caratterizza per la scarsa presenza alberi
isolati (farnie) e di filari di pioppo.
Valutando le segnalazioni relative al nibbio reale pubblicate sul Resoconto Ornitologico annuale del GPSO, si nota come negli anni
’80 si mantengano tra 1 e 7 per anno, mentre dagli anni ’90 abbiano subito un continuo aumento, fino a 18, e successivamente siano
ancora aumentate, fino alle 27 del 2004.
Se da una parte si ritiene che sicuramente vi sia l’effetto dell’aumento degli osservatori sul campo, è indubbio, dall’altra, che la specie
sia maggiormente presente in Regione negli anni recenti.
45
Status del Nibbio bruno
in Lombardia
Status del Nibbio bruno
in Veneto
MATTIA BRAMBILLA
Università Studi di Milano
Dipartimento di biologia sezzione ecologia
via Celoria 26 20133 Milano
FRANCESCO MEZZAVILLA, [email protected]
GIANFRANCO MARTIGNAGO, SAVERIO LOMBARDO
La specie occupa attualmente un areale stimato di circa 6-8000 km2
all’interno dei confini lombardi. La specie è stata ampiamente studiata negli anni Novanta (in particolare, numerosi lavori di F. Sergio et al., soprattutto 1996-2001), mentre un monitoraggio su scala
più ridotta è stato condotto a partire dal 2001 in alcune aree delle
province di Como e Lecco, attraverso osservazioni da punti fissi e
censimento lungo percorsi standardizzati coperti in auto.
La popolazione regionale al momento può essere stimata in 200250 coppie, nidificanti soprattutto all’interno di colonie (spesso ridotte o lasse; probabilmente alcune decine), poste su pareti rocciose o in boschi di latifoglie.
Si può ritenere che una parte preponderante delle coppie riproduttrici nidifichi in modo coloniale o semi-coloniale.
La popolazione appare in declino nell’ultimo decennio.
Quanto questo declino sia da ricondurre alla consueta oscillazione
delle popolazioni della specie in funzione di differenti fattori ambientali (trofici, climatici, ecc.) oppure ad altri fattori più specifici (e
più preoccupanti: vedi sotto) è in parte una questione ancora aperta, ma sembra evidente comunque un sostanziale trend negativo
nell’ultimo decennio.
La specie è presente in regione da marzo ad agosto (settembre);
l’involo dei giovani si registra in giugno-luglio. Il Nibbio bruno era
definito come molto raro da Monti nella prima metà dell’800, mentre
negli Anni ’80 appariva come uno dei rapaci diurni più abbondanti,
soprattutto nell’area prealpina, ed ancora in locale incremento.
La specie frequenta soprattutto ambienti perilacustri e propriamente lacustri e aree di aperta campagna, soprattutto a quote comprese
tra 200 ed 800 m s.l.m (max. 1200).
Nei solchi vallivi dei laghi prealpini e nelle loro vallate laterali si
riscontrano le densità più alte della specie.
Corpi idrici di dimensioni inferiori, aree aperte (praterie, pascoli,
seminativi) e boschi di latifoglie completano il quadro degli ambienti maggiormente frequentati dalla specie, che comunque viene
46
osservata regolarmente anche all’interno o alla periferia di centri
urbani (molto frequente nelle città lacustri). In generale, la specie
frequente ambienti aperti e spesso mediamente eterogenei.
Buona parte delle aree occupate non ricade all’interno di zone protette (solo alcuni siti in parchi regionali, SIC o ZPS).
Le principali minacce alla specie sono rappresentate dalla diminuzione della principale risorsa trofica (pesce) causata dal progressivo
recupero dello stato oligotrofico dei grandi laghi prealpini e dall’eccessiva pesca, dalla scomparsa di pascoli, aree prative e zone
ad agricoltura non intensiva, dalla chiusura delle discariche, dal disturbo diretto ai siti di nidificazione (taglio degli alberi, arrampicata
sportiva su pareti occupate dalla specie).
Tutte queste minacce sono state effettivamente riscontrate in numerose aree di presenza.
Un potenziale fattori di minaccia per il nibbio bruno è costituito
dall’apparente incremento del Gufo reale B. bubo, principale predatore della specie.
Concentrazioni di migratori presso discariche od altri siti idonei si
registrano in agosto, mese in cui si verifica il passaggio della maggior parte dei migratori verso le aree di svernamento e la partenza
di larga parte del contingente nidificante.
Individui migratori in transito si osservano inoltre da marzo a maggio; durante le migrazioni sono spesso osservati anche alcuni individui di nibbio reale (aprile, ottobre).
Larga parte della fascia dell’alta pianura - pedemontana è attraversata da individui in migrazione.
Una quantificazione del flusso migratorio non è al momento possibile. Nibbi bruni in migrazione vengono osservati dalla pianura alle
Prealpi (100-1000 m s.l.m. o poco oltre), lungo aste fluviali o lacustri
o in aree aperte, come zone umide minori o aree coltivate.
Pareti rocciose in posizioni favorevoli sono utilizzate anche dai migratori per guadagnare quota grazie alle correnti ascensionali che
qui si formano.
Negli ultimi venti anni il nibbio bruno è stato censito con una certa
regolarità in quasi tutto il Veneto, sia come specie target sia nell’ambito dei vari progetti atlante degli uccelli nidificanti già effettuati
in tutte le province. L’area complessiva regionale dove la specie è
insediata è di circa 700-750 kmq. Al suo interno l’area indagata con
maggiore attenzione e comprendente l’areale in provincia di Treviso
e buona parte di quella di Belluno è di circa 150-160 kmq.
I censimenti sono stati svolti percorrendo le strade di fondovalle
in periodo riproduttivo e contando gli individui (coppie presenti).
Successivamente si è cercato di contare anche il numero di coppie
con i giovani al seguito. Solo in pochi casi si è attuata una ricerca
attiva del nido, a causa dell’impossibilità di raggiungere cenge rocciose con cespugli dove erano insediati. In questa area principale i
censimenti più accurati sono stati svolti negli anni 1985/88, 1997/99
e 2002/2005 ed il numero di operatori è stato vario negli anni e
compreso tra 5-7. Tra il 2002 ed il 2005, nell’intero territorio regionale sono state accertate in media circa 20-27 coppie su un totale
stimato di 40-50 coppie nidificanti nell’intera regione Veneto.
Non si sono mai rilevate nidificazioni in colonia.
La popolazione a partire dalla metà degli anni ’80 fino ad ora ha
evidenziato un leggero decremento passando da 42-58 coppie stimate a 40-49.
L’area di insediamento in periodo riproduttivo, comprende le vallate
alpine e le sponde dei laghi ricadenti in territorio collinare e montano. Nel recente passato è nota una sola nidificazione in pianura
presso la Laguna di Caorle (Venezia), all’interno di una valle da pesca (Mezzavilla in Bon et al. 2000). Nella maggior parte dei casi ha
nidificato su pareti rocciose con cespugli di carpino nero o frassino.
Queste due specie vegetali, concorrono alla creazione del bosco di
latifoglie che domina il paesaggio per più del 50%.
Nella maggior parte dei casi nel fondovalle erano presenti corsi
d’acqua e laghi.
Le quote medie di nidificazione si aggiravano tra 300-800 m slm.
La tutela complessiva delle aree di riproduzione è piuttosto bassa,
solo una piccola parte rientra all’interno di Parchi o Riserve Naturali.
Attualmente però la specie non corre minacce palesi di persecuzione. Il leggero decremento rilevato in certe aree come ad esempio
nel trevigiano ed in parte del bellunese, è dovuto alla ridotta presenza di discariche di RSU che nel passato costituivano una primaria
fonte alimentare (Mezzavilla et al. 2001). Non è nota del tutto l’importanza della componente ittica e l’eventuale ruolo (competizione)
svolto dagli uccelli ittiofagi di recente insediamento, nella dieta.
Il Nibbio bruno in Veneto è una specie migratrice e nidificante.
Arriva nel mese di aprile, nidifica e migra già dalla fine di luglio fino
ad agosto. Non sono mai stati rilevati forti flussi migratori nemmeno
presso i Colli Asolani dove da più di dieci anni si studia la migrazione dei rapaci (Mezzavilla et al 2003).
RINGRAZIAMENTI
I nuovi dati relativi alla provincia di Verona sono stati forniti da:
Sighele M, Pesente M. e Morbioli M. e sono ricavati dal progetto
Atlante in corso. Quelli relativi alla provincia di Vicenza sono stati
gentilmente forniti dai componenti il gruppo Nisoria.
Bibliografia
Mezzavilla F., 2000. Nibbio bruno. In: Bon M., Cherubini G., Semenzato M., Stival M. – Atlante degli Uccelli Nidificanti in Provincia di Venezia. Servizi Grafici
Editoriali, Padova. Pp. 159.
Mezzavilla F., Martignago G., Silveri G., Lombardo S., 2001 – Accipitriformi e
Falconiformi nidificanti in Provincia di Treviso. In : Bon M. e Scarton F. (red.)- Atti
3° Convegno Faunisti Veneti, Associazione Faunisti Veneti, Boll. Mus. civ. St. Nat.
Venezia, suppl. al vol 51 (2000). Pp 62-67.
Mezzavilla F., Martignago G., Silveri G., 2003 – Migrazione visibile post riproduttiva del Falco pecchiaiolo Pernis apivorus sopra i Colli Asolani (NE Italia): anni
1994-2001. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M., (Red). Atti 1 Convegno Italiano rapaci diurni e notturni.
Avocetta, 27: 52-56.
47
Status, distribuzione
del Nibbio bruno
in provincia di Trento
Estratto da: FABRIZIO SERGIO 2005,
Atlante degli Uccelli nidificanti e svernanti in provincia di Trento
PEDRINI P., CALDONAZZI M. & ZANGHELLINI S. (a cura di)
Museo Tridentino di Scienze Naturali, Trento. Studi Trentini di Scienze Naturali,
Acta Biologica, 80 (2003), suppl. 2: 674 pp.
A partire dalla fine degli anni Novanta la popolazione di nibbio bruno in Trentino è stata oggetto di uno studio intensivo. La ricerca ha
permesso di definire in modo esauriente lo status, la distribuzione
e l’ecologia riproduttiva della specie.
La distribuzione di questo Accipitride nell’ambito del territorio provinciale conferma il suo forte legame con gli ambienti umidi di
bassa quota. L’areale di presenza ricalca infatti la distribuzione dei
principali fondivalle e aste fluviali, con distribuzione praticamente
omogenea nei settori prealpini centro-meridionali.
La specie presenta una distribuzione puntuale o discontinua, con
territori solitari o piccole colonie lasse di 2-8 coppie, tipicamente
localizzate nei pressi di grosse concentrazioni di prede potenziali
(zone umide, discariche a cielo aperto, etc.).
La distribuzione altitudinale dei siti riproduttivi è fortemente limitata
a quote medio-basse, generalmente al di sotto dei 600 m. Il grosso
della popolazione trentina è probabilmente concentrato lungo la
Val d’Adige e la Valle dei Laghi.
Come negli altri ambiti alpini, anche in Trentino il nibbio bruno colloca il nido sia su albero sia su parete rocciosa.
Inoltre la specie utilizza spesso nidi originariamente costruiti da altri
uccelli, come per esempio poiana (Buteo buteo) o corvo imperiale
(Corvux corax) (Sergio & Boto 1999).
Per l’attività di foraggiamento la specie frequenta praticamente ogni
tipologia di ambiente aperto, prediligendo zone umide, fiumi a corso lento, discariche a cielo aperto e zone aperte semi-aride o a
coltivazioni estensive.
Nel complesso rispetto ad altre popolazioni prealpine italiane, quella trentina è meno dipendente dalla presenza di grandi laghi a causa della conformazione del territorio (Sergio et al. 2003b).
Le coppie presenti si trovano quindi in situazioni molto eterogenee,
principalmente riconducibili a quattro categorie che spesso sfumano una nell’altra: (a) dintorni immediati di laghi o zone umide medio-grandi (per esempio, Valle dei Laghi); (b) aree in prossimità di
48
fonti di alimentazione puntiformi, quali discariche a cielo aperto o
pescicolture (discarica di Trento); (c) fondovalle antropizzati lungo
un corso fluviale di grossa portata (Val d’Adige); (d) fondovalle con
mosaico di colture tradizionali, incolti, zone umide e semi-aride (alcuni settori della Valsugana).
A tali categorie si può aggiungere la situazione peculiare delle coppie nidificanti nelle vicinanze della garzaia del Lago di Toblino.
Tali coppie passano buona parte del loro tempo in caccia all’interno
della garzaia stessa, spesso rubando dai nidi di airone cenerino (Ardea cinerea) resti di pesce e in qualche raro caso anche uova.
Stime di densità in ambito provinciale sono disponibili per la Valle
dei Laghi e la Val d’Adige, dove sono state rispettivamente rilevate
densità medie di 13 coppie/100 kmq e di 7 coppie/100 kmq, con
importanti variazioni tra anni.
Tali densità sono da considerare basse rispetto a quelle riscontrate
presso i grandi laghi prealpini, soprattutto quelli molto eutrofizzati
e quindi ricchi di pesci (Henrioux & Henrioux 1995; Sergio et al.
2003b).
La popolazione provinciale viene stimata in 80-100 coppie.
L’andamento demografico delle popolazioni prealpine è difficile da
delineare nel complesso, visto che popolazioni tra loro vicine possono mostrare andamenti opposti.
Ad ogni modo, otto su nove popolazioni monitorate nella seconda
metà degli anni Novanta erano in calo più o meno marcato (Sergio
et al. 2003b).
La popolazione della Valle dei Laghi ha successivamente dato qualche segno di ripresa nel 2001 e 2002.
Indipendentemente dal loro andamento a lungo termine, tutte le
popolazioni monitorate sembrano presentare oscillazioni molto
marcate tra anni, come precedentemente già segnalato per questa
dinamica specie (Fiuczynski & Wendland 1968).
La densità e produttività delle popolazioni prealpine di Nibbio bruno sono influenzate da una complessa interazione tra abbondanza
di cibo, condizioni atmosferiche e tasso di predazione ad opera del
gufo reale (Bubo bubo), specie in grado di predare sia i nidiacei sia
gli adulti di nibbio bruno (Sergio 2003a, 2003b; Sergio et al. 2003a,
2003b, 2003c, 2003d).
Ulteriori fattori che possono localmente limitare le popolazioni della
specie includono l’inquinamento lacustre da agenti chimici di tipo
tossico (Sergio in Spagnesi & Serra 2002) e la persecuzione illegale,
per esempio tramite utilizzo di esche avvelenate, come avvenuto
nel 1998 presso una pescicoltura situata nel comune di Storo (sette
individui rinvenuti morti per avvelenamento).
In futuro la progressiva chiusura delle discariche a cielo aperto e
l’attuale copertura delle pescicolture tramite reti potrebbero ridurre
le risorse trofiche disponibili, con conseguenti cali di popolazione a
lungo termine.
La chiusura delle discariche a cielo aperto potrebbe rivelarsi un
fattore particolarmente negativo, essendo queste degli importanti
punti di sosta e alimentazione per numeri a volte elevatissimi di
individui non riproduttori, di giovani recentemente involati o di individui in migrazione.
Bibliografia
Fiuczynski, D. & V. Wendland, 1968 - Zur populationsdynamik des Schwarzen
Milans (Milvus migrans) in Berlin Beobachtungen 1952-1967. Journal für Ornitologie, 109: 462-471.
Henrioux P. & J. Henrioux, 1995 - Seize ans d’etude sur les rapaces diurnes et
nocturnes dans l’Ouest lemanique (1975-1990). Nos Oiseaux, 43: 1-26.
Sergio F., 2003a - Relationship between laying dates of Black Kites and spring
temperatures in Italy: rapid response to climate change? Journal of Avian Biology,
34: 144-149.
Sergio F., 2003b - From individual behaviour to population pattern: weatherdependent foraging and breeding performance in Black kites. Animal Behaviour,
66: 1109-1117.
Sergio F. & A. Boto, 1999 - Nest dispersion, diet, and breeding success of Black
Kites (Milvus migrans) in the Italian pre-Alps. Journal of Raptor Research, 33: 207217.
Sergio F., L. Marchesi & P. Pedrini, 2003a - Spatial refugia and the coexistence
of a diurnal raptor with its intraguild owl predator. Journal of Animal Ecology, 72:
232-245.
Sergio F., P. Pedrini & L. Marchesi, 2003b - Reconciling the dichotomy between
single species and ecosystem conservation: black kites (Milvus migrans) and eutrophication in pre-Alpine lakes. Biological Conservation, 110: 101-111.
Sergio F., P. Pedrini & L. Marchesi, 2003c - Spatio-temporal shifts in gradients of
habitat quality for an opportunist avian predator. Ecography, 26: 243-255.
Sergio F., P. Pedrini & L. Marchesi, 2003d - Adaptive selection of foraging and nesting habitat by black kites (Milvus migrans) and its implications for conservation:
a multi-scale approach. Biological Conservation, 112: 351-362.
Spagnesi M. & L. Serra (a cura di), 2002 - Iconografia degli Uccelli d’Italia.
II Falconiformes, Galliformes. Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica “Alessandro
Ghigi”, Ozzano Emilia, Bologna: 98 pp.
Status del Nibbio bruno
in Emilia–Romagna
AsOER, Associazione Ornitologi dell’Emilia-Romagna
via Massa Rapi 3 - 40064 Ozzano dell’Emilia Bologna
[email protected]
Il Nibbio bruno è una specie poco comune nella parte della Pianura
Padana a sud del Po (Meschini e Frugis 1993, Brichetti e Fracasso
2003).
Definito migratore regolare e nidificante irregolare dalla check-list
dell’Emilia-Romagna (Bagni et al. 2003), è specie ad Alta priorità di
conservazione secondo la Lista Rossa regionale (Gustin et al. 1997).
La specie è poco studiata in Emilia-Romagna a causa della scarsa
consistenza della popolazione presente.
METODI
Per la redazione del presente contributo sono stati considerati:
• i dati di letteratura dei principali Autori del XX secolo ed
opere precedenti come “Istoria Civile e Naturale delle Pinete
Ravennati” (Ginanni 1774) e “Ornitologia, hoc est de Avibus
libri XXII” (Aldrovandi 1592),
• i documenti recenti quali la Carta delle Vocazioni Faunistiche
(Toso et al. 1999) e gli Atlanti ornitologici provinciali di
Piacenza (2001), Parma (1995), Modena (1992), Bologna
(2002) Forlì (1987), Forlì e Ravenna (2000),
• e notizie storiche relative alle collezioni ornitologiche,
• i dati inediti di ornitologi locali.
RISULTATI
Il Nibbio bruno risulta una specie numericamente scarsa in EmiliaRomagna durante le migrazioni e nel periodo estivo; alcune coppie
nidificano irregolarmente, prevalentemente nei boschi golenali dei
principali corpi idrici, nel tratto planiziale.
L’ areale e l’abbondanza della specie non sembrano sostanzialmente modificati a partire per lo meno dal XVIII secolo, quando Ginanni
affermava “Nelle Pinete certamente si vede questo Nibbio, ma non
si sa se in esse vi nidifichi, niuno de’suoi nidi avendovisi mai potuto scuoprire”. Due secoli prima Aldrovandi, botanico che ricopriva
la carica di protomedico del Comune di Bologna, affermava che il
49
“Milvus” entrava a far parte di preparazioni farmaceutiche indicate
nel trattamento della podagra e malattie degli occhi, da cui si può
ipotizzare, pur nella difficoltosa attribuzione specifica, che i Nibbi
fossero meno rari che nei secoli successivi.
Dagli Autori del XX secolo si apprende un caso di nidificazione del
1954 avvenuto nelle Pinete ravennati. I giovani sarebbero poi stati
catturati da collezionisti e la nidificazione non si è più ripetuta.
Documenti ufficiali quali la Carta delle Vocazioni Faunistiche sono
da considerarsi imprecisi quanto alla distribuzione delle poche coppie nidificanti e alla consistenza dei migratori.
Gli Atlanti Provinciali che coprono tutte le Province della Regione
ad eccezione di Ferrara (in 4 casi vi è una riedizione successiva alla
prima) si sono rivelati fonti accurate di informazione.
La nidificazione si conferma irregolare in 3 Province.
In una quarta si riferisce di una nidificazione probabile a causa di
una coppia presente per 6 stagioni successive di cui non si è rinvenuto il nido. In provincia di Bologna sarebbe avvenuta una nidificazione eventuale (vedi paragrafo successivo).
Le osservazioni personali ricevute o pubblicate da ornitologi locali permettono di aggiungere ai dati degli Atlanti una nidificazione
certa negli anni ‘90 in Provincia di Modena (A. Farioli com. pers),
due certe in Provincia di Ferrara nel Bosco della Mesola (Passarella
1995) e nidificazioni successive tra il 1977 e il 1982 in provincia di
Bologna (G. Leoni com. pers).
Complessivamente sono note 22 nidificazioni (da eventuali a certe)
avvenute tra il 1954 e il 2005 in 8 diverse località.
Diversi Nibbi bruni sono presenti ogni stagione come estivanti; il fenomeno è più consistente nelle province occidentali della Regione
e in prossimità del Po per la maggior vicinanza probabilmente alla
popolazione riproduttiva di Veneto e Lombardia.
Per altre aree, tra cui la Provincia di Bologna, il fenomeno risulta in
netto regresso rispetto a uno-due decenni fa.
Per quanto riguarda la migrazione, non sono note vie importanti
per questo rapace in Emilia-Romagna.
Alcuni individui sono stati osservati nel corso di un campo di osservazione primaverile nel 2005 migrare lungo la costa adriatica ed altri
nelle valli a sud di Parma e di Bologna (Premuda et al. in stampa).
Osservazioni mirate alla migrazione dei rapaci in vallate appenniniche della Provincia di Ravenna (M. Bonora com. pers.) e di ForlìCesena (Bonora et al. 2005) non hanno evidenziato il passaggio di
questo migratore.
Vi sono infine due casi di svernamento avvenuti nella Bonifica del
Mezzano (FE) e nell’Oasi della ex risaia di Bentivoglio (BO).
MINACCE E MISURE DI CONSERVAZIONE
La specie occupa per nidificare le aree golenali soggette a frequenti lavori idraulico-forestali e trasformazioni con eliminazione della
50
vegetazione naturale e successivo impianto di pioppeti artificiali. In
un caso nel 2005 un nido in un pioppeto in corso di abbattimento
è stato salvato ottenendo che venissero ritardate le operazioni fino
all’involo dei due pulli (L. Bagni com. pers). In un caso una coppia
che nidificava in una foresta demaniale è stata allontanata a causa
della costruzione di recinti e di strutture per l’accesso dei visitatori.
La frequentazione di discariche di rifiuti urbani espone gli individui
ad avvelenamento da dicumarinici impiegati in tali impianti per il
controllo dei roditori.
CONCLUSIONI
Il Nibbio bruno è presente in Emila-Romagna come migratore, estivante, nidificante irregolare ed eccezionalmente come svernante.
La popolazione nidificante pur in assenza di ricerche sistematiche è
valutabile inferiore a 10 coppie.
La popolazione estivante è dell’ordine di qualche decina di individui
ed è concentrata principalmente nelle aree prossime al Po e nella
parte occidentale della Regione.
I migratori, indicati nella Carta delle Vocazioni Faunistiche in alcune
migliaia di individui, appaiono come individui che sporadicamente
seguono la costa adriatica durante la migrazione primaverile o le
valli della parte centro-occidentale della regione durante la migrazione post-nuziale.
RINGRAZIAMENTI
La presente nota è stata redatta grazie al contributo di Mario Bonora, Roberto Tinarelli, Luca Bagni, Angelo Battaglia, Dante Bonazzi,
Pierpaolo Ceccarelli, Alessio Farioli, Giorgio Leoni, Fausta Lui, Federico Montanari, Guido Premuda, Franco Roscelli.
Status del Nibbio bruno
in Toscana
RICCARDO NARDI,
Oasi WWF Bosco Rocconi, Roccalbegna - Grosseto
FAUSTO FABBRIZZI,
Corpo Forestale dello Stato, Coordinamento Provinciale di Grosseto
Il Nibbio bruno è specie migratrice e nidificante, poco frequente
in Toscana, presente dalla seconda metà di marzo a ottobre, con
rari episodi di svernamento documentati. L’analisi dei dati storici
evidenzia una più scarsa diffusione del rapace in passato (P. Savi,
1827-31), cui si contrapponeva la florida popolazione di Nibbio reale (Milvus milvus), oggi pressoché estinto come nidificante.
NIDIFICAZIONE
Le coppie nidificanti risultano concentrate nella porzione centro
meridionale della regione, nelle province di Siena, Grosseto e Pisa.
Nel senese la specie pare più frequente nelle aree collinari argillose
delle “Crete”, in Val d’Arbia, Val d’Orcia e in Val di Paglia; segnalata
pure, ma assai localizzata, nelle zone umide dei laghi di Chiusi e
Montepulciano.
Nella provincia grossetana diverse coppie vengono riscontrate nel
medio corso dell’Ombrone (zona di Paganico - Monte Antico), lungo le valli dell’Albegna e del Fiora, fino ai confini con il viterbese
(Pitigliano, Sorano), in ambienti collinari aperti: seminativi, pascoli e
incolti intervallati a boschi misti di querce caducifoglie.
Le segnalazioni di nibbio bruno sulla fascia litoranea grossetana
sono discontinue, nonostante la presenza di habitat apparentemente idonei alla specie e la nidificazione dunque improbabile, tranne
che per la zona di Capalbio, Vulci e Montauto dove la specie viene
abitualmente rilevata.
Nella provincia di Pisa il rapace risulta diffuso nel comprensorio di
Volterra ed aree limitrofe, caratterizzate da agricoltura estensiva e
moderata pressione antropica.
Nell’aretino osservata la presenza di una coppia nell’Oasi di Bandella, ubicata lungo il Fiume Arno; forse presente nel 2005 un’altra
coppia in Val di Chiana, nel settore contiguo alle Crete senesi.
Provengono dalla piana pisana e livornese sporadici avvistamenti di
soggetti estivanti, così a Stagno (2001) e Coltano; rimane incerta la
situazione a Migliarino - San Rossore e a Massaciuccoli.
Segnalazioni irregolari nella zona umida di Bientina, nel comprensorio delle Cerbaie (2004) e nel Padule di Fucecchio, dove si è registrato nel 2005 un tentativo di nidificazione (E. Zarri com. pers.).
Assente nella parte Nord della regione, nella piana fiorentina, sull’Appennino e Alpi Apuane.
Fondamentale per la specie, come noto, è la disponibilità di cibo
presso le discariche di rifiuti solidi urbani, come quelle di Torre a
Castello (SI), Forbiciaio (SI), Monte Antico (GR) e Buriano - Saline
di Volterra (PI), sebbene in quantità ridotte rispetto al passato, attorno alle quali sembra concentrarsi buona parte della popolazione
riproduttrice.
È stato in alcune occasioni osservato che tali punti di alimentazione
funzionano come una sorta di centri di aggregazione pre-migrazione autunnale, normalmente agli inizi di agosto, quando possono
radunarsi contemporaneamente decine di soggetti, tra adulti e giovani dell’anno (fino a 40 indd. a Torre a Castello e fino a 30 indd.
alla discarica del Forbiciaio, Abbadia San Salvatore, nel 1999).
Nell’area in esame non è stata rilevata la presenza, pure possibile,
di colonie; la nidificazione è favorita dalla presenza di alberi di dimensioni idonee, di norma poco rappresentati nei boschi cedui in
Toscana; le condizioni migliori per la nidificazione si rinvengono nei
tratti a fustaia e nei cedui composti, con piante matricine di diverse
classi di età ed esemplari vetusti. Un nido nei pressi di Montorio
(Sorano - GR), collocato in un bosco giovane ed in posizione troppo evidente, venne saccheggiato nei primi anni ’80 e i due giovani
tenuti per lungo tempo in cattività.
Utile, come per altre specie di rapaci (poiana, falco pecchiaiolo),
si può rivelare la presenza di edera (Hedera helix) sul piano
delle chiome, con vegetazione sempreverde che contribuisce alla
adeguata mimetizzazione dei nidi, quando posti sulle latifoglie
decidue. È noto un episodio di nidificazione su pino domestico,
all’interno di un bosco, con l’involo di 4 giovani (1995, Loc. Monteroni
d’Arbia - SI).
51
La mancanza di siti riproduttivi idonei può rappresentare un fattore
limitante, laddove si pratichi selvicoltura intensiva su vasta scala o
manchino, in alternativa, pareti rocciose adatte.
Al di fuori del territorio oggetto di studio è stata segnalata, ma richiede conferma, una nidificazione su parte rocciosa (o su cespugli
emergenti?) in ambiente lacustre (Lago di Bolsena, VT).
Stima della popolazione nidificante in Toscana (anno 2005): 30
– 44 coppie.
17-20 cp. Provincia di Siena; 7-12 cp. Provincia di Grosseto; 5-8 cp.
Provincia di Pisa; 1-2 cp. Provincia di Arezzo; 0-1 cp. Provincia di
Pistoia; 0-1 cp. Provincia di Firenze.
TENDENZA DELLA POPOLAZIONE
Appare più o meno stabile nell’ultimo decennio il contingente nidificante, con locali espansioni o regressioni per fattori non noti. L’attività venatoria diretta non dovrebbe incidere negativamente, data la
fenologia della specie; non siamo a conoscenza di esemplari feriti
pervenuti ai centri di recupero di fauna selvatica, gestiti dal WWF
nel territorio regionale, nell’ultimo ventennio.
Possibili invece casi di avvelenamento in ambienti rurali, in aziende faunistico - venatorie e in zone di ripopolamento e cattura, nel
controllo delle cosiddette specie “nocive”; nel maggio del 2004 un
esemplare è stato rinvenuto morto, presumibilmente avvelenato,
nei dintorni di Siena.
SVERNAMENTO
Si conoscono diversi casi di svernamento, altri potranno essere passati inosservati:
09.02.1991, loc. Laghetto Poggio ai Frati (Monteroni d’Arbia, SI; Arcamone e Barbagli 1995-96);
1993-1994, provincia di Grosseto (P. Giovacchini com. pers.); 19961997, provincia di Grosseto (F. Corsi, com. pers.); 19.01.1997, discarica di Saline di Volterra (PI; G. Tellini Florenzano ined.).
MIGRAZIONI
Avvistamenti regolari ma infrequenti, in marzo-aprile e da agosto
fino a ottobre, avvengono lungo le principali direttrici migratorie,
sia nella fascia costiera che in zone dell’interno, anche in ambienti
inusuali per la specie: aree fortemente boscate, zone urbanizzate e
comprensori montani.
Nel Parco della Maremma segnalazioni regolari ma scarse, di individui singoli o gruppetti di poche unità; durante la migrazione
primaverile, concentrata in marzo-aprile, la specie viene rilevata anche nelle zone rocciose e lungo i tratti marini (P. Giovacchini e G.
Anselmi; com. pers.).
La rotta insulare pare seguita da un numero imprecisato di indivi-
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dui, come di recente osservato in alcune isole dell’Arcipelago toscano (Pianosa, Elba) (G. Paesani, P. Politi, 2003); la specie è migratrice
regolare nell’Oasi di Orti Bottagone, nei pressi di Piombino, forse in
arrivo dal ponte sardo - corso (P. Politi, com. pers.).
Anche sulle Alpi Apuane, nei siti noti per l’osservazione dei rapaci e
in particolare del Biancone (Circaetus gallicus), la specie è da considerare come migratrice regolare, con pochi individui sia durante il
transito primaverile (soprattutto marzo), che in quello autunnale (in
prevalenza settembre) (G. Premuda, com. pers.).
I contingenti migratori sono dunque, nel complesso, difficilmente
valutabili (decine di indd.?).
Status del Nibbio bruno
nel Lazio
UMBERTO DE GIACOMO, G.A.R.O.L. Piazza Regina Margherita 4 - 00198 Roma
ALEANDRO TINELLI, Tenuta di Castel Porziano, Via Pontina 609 - 00128 Roma
Bibliografia
Brichetti P. & Fracasso P., 2003. Ornitologia Italiana. Vol. 1. Alberto Perdisa Editore, Bologna.
Fabbrizzi F., 1998. Accipitriformi e Falconiformi delle Province di Siena e Grosseto. Amministrazioni Provinciali di Siena e Grosseto (ined.).
Fabbrizzi F., Giovacchini P., & Nardi R., 2003. Accipitriformi e Falconiformi nidificanti nelle Province di Siena e Grosseto. Avocetta 27 (1): 28.
Paesani G. & Politi P., 2004. La migrazione autunnale dei rapaci diurni sull’Isola
di Pianosa nel biennio 2001-2002. In: Rapaci in volo verso l’Appennino, Atti del
Convegno, Orecchiella - Lucca, 28 e 29 giugno 2003. Corpo Forestale dello Stato,
Lucca.
Tellini G., Arcamone E., Baccetti N., Meschini E. e Sposimo P. (eds.), 1997. Atlante degli uccelli nidificanti e svernanti in Toscana (1982-1992). Quad. Museo Storia
Nat. Livorno – Monografie, 1.
Savi P., 1827-31. Ornitologia toscana. Nistri, Pisa.
La popolazione regionale di Nibbio bruno fa parte di uno dei quattro nuclei italiani: quello tirrenico-appenninico (Petretti, 1992).
Alcune caratteristiche geografiche della regione Lazio influenzano la
distribuzione del Milvus migrans.
Un fattore al quale la specie è legata è come risaputo la presenza
d’acqua rappresentata nel Lazio da fiumi, come il Tevere, e da una
serie di laghi craterici, carsici e di sbarramento litoraneo.
L’elevata densità della popolazione umana della regione si traduce
in un forte impatto antropico, che comporta, soprattutto in ambiente planiziario e collinare, una continua sottrazione di habitat alla
specie.
Questa pertanto si adatta al reperimento delle risorse trofiche in
ambienti antropizzati come le discariche di rifiuti: laddove sono
presenti abbondanti risorse trofiche come quelle rappresentate da
discariche, laghi o fiumi, le nidificazioni si concentrano dando luogo
a colonie più o meno grandi, nelle altre aree (se sussiste un habitat
ancora idoneo) il Nibbio bruno è presente sotto forma di coppie
isolate o comunque distanziate.
La consistenza della popolazione regionale è stata stimata in passato in 100-200 coppie riproduttive, localizzate soprattutto nella parte
centro-settentrionale del Lazio: delle 5 province, il Nibbio bruno è
stato presente tra gli anni ’70 e ’90 in tutte, anche se in misura
diversa: maggiore nel Lazio settentrionale, in particolare nell’area di
Tolfa, nella valle del Tevere e attorno ad alcuni bacini lacustri (Boano
et al., 1995).
Attualmente la popolazione regionale è stimabile in 80-109 coppie.
Il nucleo principale si insedia nella periferia occidentale di Roma
mentre altre concentrazioni di coppie riproduttive si verificano presso alcune IBA. Si stima la presenza di 10-15 coppie attorno al Lago
di Bolsena, da 2 a 5 coppie nella Selva del Lamone, da 10 a 20 tra
il Lago di Bracciano, il Lago dei Martignano e i Monti della Tolfa
(Brunner et al., 2004).
Segnalazione di coppie poco numerose o isolate giungono anche
da altri punti della regione: Decima, Parco del Veio, laghi reatini (Ripasottile e Lago Lungo), Farfa-Nazzano-Torrita, Bagnoreggio, Monte
Rufeno e altre ancora dislocate verso i laghi di Alviano e S. Liberato
al confine con l’Umbria; a Sud oltre al comprensorio delle Gole del
Melfa-Monte Cairo, sono segnalate altre nidificazioni nelle seguenti
zone: Valle del Liri, Pontecorvo, Anagni, Lago di Canterno, Castrocielo, Roccasecca, Boville Ernica (Allavena, Borlenghi, Brunelli, Corsetti, Panella, Ranazzi, Sorace, com. pers.).
In sostanza il Nibbio bruno è fortemente diminuito in tutto il Lazio
meridionale (Allavena, com. pers.) mentre è ancora presente nella
porzione settentrionale e orientale della regione; nell’area centrale
alcuni segnali indicano che attualmente è sostanzialmente stabile.
A Sud, la presenza del Nibbio bruno riprende in Molise nel VenafroMatese (Caserta).
Nell’area romana la specie, diffusa nel dopoguerra è stata abbondante fino agli anni ’60, in declino negli anni successivi (Battisti et
al., 1998) e in ripresa successivamente: oggi, la periferia sud-occidentale di Roma ospita una popolazione di 39-52 coppie che nidificano in situazione coloniale a Castelporziano, a Castel di Guido e a
Tenuta dei Massimi (De Giacomo et al., 2004b).
Il nucleo principale è presente a Castelporziano dove, in situazione
di “Large colony” (Sergio & Boto, 1999), vi sono oltre 30 coppie
riproduttive (De Giacomo et al., 2004a).
Qui un approfondimento recente ha mostrato come la produttività
registrata per alcune coppie in ambito regionale, indicata come 1,51,7 (Petretti, 1992; De Giacomo et al., 2004a) possa essere talvolta
più bassa se si tiene conto dei fallimenti della riproduzione.
A Castelporziano nella stagione riproduttiva del 2004 su 31 coppie
nidificanti, si è registrato il fallimento della nidificazione in 5 coppie su 13 monitorate (38,5 %) provocando un abbassamento della
produttività da oltre 1,5 giovani allevati per coppia (da parte delle
coppie che hanno successo) a 0,85, un valore basso rispetto ad
altre medie europee (Ortlieb, 1998). Casi di elevata frequenza di
53
fallimenti sono stati registrati anche in altre città come Berlino.
Se tale fenomeno sia ricorrente e le cause che lo determinano costituiscono aspetti da approfondire.
La frequentazione delle discariche da parte di questo rapace è nota
da tempo.
Nelle discariche regionali concentrazioni di Nibbi bruni si verificano
frequentemente durante la migrazione di ritorno: 67 ind. alla discarica di Tarquinia il 10/08/1997 (Sorace A., 1997), 135 ind. a Cupinoro
il 15/08/2002 (Panuccio & Canale, 2004).
Oltre che per i migranti, talvolta il supporto trofico delle discariche
è importante anche per gli individui in riproduzione, come accade a
Roma-Malagrotta (De Giacomo et al., 2004b).
Nell’area del Circeo un modesto numero di Nibbi bruni compie la
traversata migratoria dal promontorio del Circeo (Agostini & Panuccio, 2004; Corbi & Pinos, 2004).
Pochi sono nel Lazio gli avvistamenti di individui in periodo invernale (Sorace, 1996; Sorace, 1997; Brunelli & Sorace, 2001).
Bibliografia
Agostini N. & Panuccio M., 2004. How do Accipitriformes behave during autumn migration at the Circeo Promontori (Central Italy)? Riv. ital. Orn. 73 (2): 165167.
Battisti C., Marini L. & Villetti G., 1998 - Evoluzione storica della presenza di Nibbio reale (Milvus milvus) e Nibbio bruno (Milvus migrans) nel settore sud - occidentale della città di Roma e fattori antropici correlati. In: Bologna M.A., Carpaneto
G.M. & Cignini B. (Eds.), 1998. Atti I° Convegno Nazionale sulla Fauna Urbana,
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Boano A., Brunelli M., Bulgarini F., Montemaggiori A., Sarrocco S., Visentin M.
(Eds.), 1995. Atlante degli Uccelli nidificanti nel Lazio. Alula II (1-2) : 1-224.
Brunelli M. & Sorace A., 2001. Avvistamenti e Comportamenti insoliti. Alula VIII
(1-2): 101-106.
Brunner A., Celada C., Rossi P., & Gustin M., 2004. Sviluppo di un sistema nazionale delle ZPS sulla base della rete IBA (Important Bird Areas). LIPU.
Corbi F. & Pinos F., 2004. La migrazione autunnale dei rapaci nel Lazio: il promontorio del Circeo. In: Corsetti L. (Ed.). Atti del Convegno Uccelli Rapaci nel Lazio,
Sperlonga 13/12/2003. Edizioni Belvedere LT.
De Giacomo U., Tinelli A., Bruni A., 2004a. Il Monitoraggio degli Accipitriformi
nella Tenuta di Castelporziano. In: Corsetti L. (Ed.). Atti del Convegno Uccelli Rapaci
nel Lazio, Sperlonga 13/12/2003. Edizioni Belvedere LT.
De Giacomo U., Battisti C., Cecere J.C., Ricci S., Borlenghi F., Tinelli A., 2004b. La
popolazione romana di Nibbio bruno (Milvus migrans): aspetti ecologici. In: Corsetti L. (Ed.). Atti del Convegno Uccelli Rapaci nel Lazio, Sperlonga
13/12/2003. Edizioni Belvedere LT.
Ortlieb R., 1998. - Der Schwarzmilan - Die Neue Brehm-Bucherei, Hoenwarsceben Westerp Wissen.
Panuccio M. & Canale E., 2004. Osservazioni sui movimenti post-riproduttivi
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180-182.
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s). Aves. I. Gaviidae-Phasianidae - Edizioni Calderini, Bologna.
Sergio F. & Boto A., 1999 - Nest dispersion, diet, and breeding success of Black
kites (Milvus migrans) in the italian pre-alps - J. Raptor Res. 33 (3): 207-217.
Sorace A., 1996. Avvistamenti e Comportamenti insoliti. Alula III(1-2): 135-141.
Sorace A., 1997. Avvistamenti e Comportamenti insoliti. Alula III(1-2): 106-112.
54
Il Nibbio bruno
e il Nibbio reale
in Umbria
MAURO MAGRINI, CARLA GAMBARO,
OIKOS Studio naturalistico, via del Seminario 9, 06049 Spoleto (PG)
LUIGI ARMENTANO
via Toniolo 8, 06083 Bastia Umbra (PG)
Il Nibbio bruno in Umbria non è mai stato oggetto di ricerche mirate.
La specie non è menzionata negli elenchi di Silvestri (1892, 1893),
mentre Moltoni (1962) riferisce di individui osservati in due diverse
località del Trasimeno nel giugno 1961, definendola per quell’area
“non comune, nella bella stagione ed anche durante i passi”.
Secondo l’Atlante Ornitologico dell’Umbria, riferito al periodo 19881993, il Nibbio bruno è presente come nidificante nella sola area
occidentale della regione, dal Trasimeno alla bassa valle umbra del
Tevere, a ridosso del confine con Toscana e Lazio e in corrispondenza di alcuni dei corpi idrici di maggior estensione ed importanza
(Armentano, 1997).
Le informazioni qui utilizzate per aggiornare la situazione della popolazione umbra della specie derivano da ricerche svolte da Magrini
(ined.) per il “Monitoraggio dei rapaci diurni in Umbria 2004-2006”
per conto dell’Osservatorio Faunistico Regionale, da altri dati inediti
degli autori, e da notizie fornite da Gianni Cardinali, Stefano Laurenti, Francesco Velatta e Paolo Viali, che si ringraziano.
La nidificazione del Nibbio bruno è stata accertata da Magrini e
Ragni (ined.) sulle colline a sud del Lago Trasimeno (Monte Pausillo) intorno al 1980; nel comprensorio della stessa zona umida è
considerato nidificante possibile tra il 1987 e il 1997, mentre nessuna segnalazione significativa si è avuta dopo il 1997 (Velatta, 2002;
Velatta et al., 2004).
La presenza della specie come nidificante interessa invece tuttora
la valle del Fiume Tevere tra Todi e Orte, in particolare i bacini di
Corbara e Alviano e la Gola del Forello, la valle del Fiume Paglia tra
la Selva di Meana (adiacente ai rilievi viterbesi di Monte Rufeno) e
la confluenza col Tevere appena a sud di Orvieto, le valli del Fiume Chiani e del Torrente Migliari (Bosco dell’Elmo), il Lago di S.
Liberato (lungo il Fiume Nera appena a monte della confluenza col
Tevere). L’osservazione di 4 individui nel giugno 2004 (Paolo Viali
com. pers.) fa inoltre ritenere quantomeno possibile la riproduzione
presso il Lago di Piediluco.
Come migratore il Nibbio bruno è regolarmente osservato anche in
altre aree della regione, in particolare lungo i rilievi appenninici, e
a quote decisamente elevate, fino a 1700 metri come sulle praterie
montane della Valnerina e dei Sibillini.
Gli ambienti più utilizzati dalla specie nelle aree in cui si riproduce
risultano i corpi idrici e le loro sponde colonizzate da vegetazione ripariale legnosa, i boscosi versanti collinari, il tipico paesaggio
agrario mosaicizzato; sono inoltre intensamente frequentate le aree
aperte sommitali delle alte colline, sia prati e seminativi che praterie
secondarie ed ecotoni (es. Monte Piatto e Monte Peglia).
I siti di nidificazione conosciuti sono tutti collocati su alberi, per lo
più nelle formazioni ripariali che circondano i bacini, ma anche nei
boschi di versante, comunque a ridosso dei corpi idrici.
I dati quantitativi disponibili sono pochi e frammentari.
Presso il Lago di S. Liberato erano stimate 6-7 coppie negli anni ’90,
oggi ridotte a 2-3 (Laurenti in Armentano, op. cit.; Laurenti com.
pers.). Nell’Oasi di Alviano si stimano 2-3 coppie nidificanti, ma sicuramente altre si riproducono al di fuori dell’ambito, a cavallo del
confine umbro-laziale (Cardinali, com. pers.).
La consistenza complessiva della popolazione regionale può essere
stimata in 12-20 coppie.
Attualmente l’areale del Nibbio bruno, come nidificante, interessa
circa il 15% del territorio regionale, ed è sicuramente più contratto
rispetto agli anni 80-90 a causa della più che probabile estinzione
del “nucleo” del comprensorio del Trasimeno. Ulteriore preoccupazione desta il declino della sub-popolazione del Lago di S. Liberato,
attributo da Laurenti (com. pers.) al disturbo antropico in periodo
riproduttivo, al taglio della vegetazione e ad altre manomissioni del
territorio nelle vicinanze della colonia. Le stesse minacce potrebbero verificarsi nelle altre aree di presenza della specie; ad esse va
senz’altro aggiunta l’eventuale installazione di impianti eolici, tanto
lungo le valli fluviali che sulle sommità dei rilievi.
Gran parte dell’areale umbro del Nibbio bruno ricade in aree protette (parchi del Trasimeno e del Tevere, della Selva di Meana e
dell’Elmo-Melonta), e in numerosi siti di interesse comunitario (SIC
e/o ZPS): la redazione e l’attuazione dei piani di gestione di tali
ambiti dovrebbero considerare tra i loro primari obiettivi proprio la
conservazione, o il ripristino, della popolazione della specie.
Il Nibbio reale in Umbria è da considerare specie estinta come
nidificante verosimilmente entro la prima metà del secolo scorso.
Silvestri (1893), alla fine del 900, riservava a Milvus ictinus Savigny, la stessa fenologia attribuita a Buteo vulgaris Leach., appellandoli entrambi come “Falcone, Poiana”, e descrivendoli comuni e
sedentari “a mezzogiorno della provincia”, scarsi “nel rimanente”.
Moltoni (1962) non citava la specie tra quelle presenti nell’area del
Trasimeno.
Attualmente il Nibbio reale è da considerare in Umbria essenzialmente migratore regolare; Velatta (1997) riferisce inoltre di una
osservazione compiuta nel dicembre 1991, riferita ad un individuo
rilevato nel paesaggio mosaicizzato presso Città della Pieve (PG).
A partire dal 1980, osservazioni della specie in migrazione sono state compiute, nella seconda metà di agosto e in settembre, in diverse
località dell’appennino calcareo umbro, nello specifico in Valnerina
e sui Monti Sibillini: Monte Coscerno, Monte Torrinara, Cima la Posta, Piani di Castelluccio, Piana di Santa Scolastica presso Norcia. I
voli di sollevamento e trasferimento osservati in queste aree hanno
interessato nella maggior parte dei casi le praterie montane, fino a
quote di circa 1600 metri (Magrini e Armentano, 1995; Gambaro,
Magrini, Ragni, ined.).
In considerazione delle esigenze ecologiche della specie, si ritiene
che gran parte del territorio umbro sia da considerare tuttora idoneo alla presenza stabile del Nibbio reale; numerosi ambiti con tipico paesaggio mosaicizzato (alternanza di prati, seminativi, praterie,
boschi, corsi d’acqua con vegetazione ripariale), ricadenti fra l’altro
all’interno di aree protette (parchi del Subasio, del Tevere, della Selva di Meana ed Elmo-Melonta nell’orvietano), sono da considerare
sicuramente “eleggibili” per eventuali, più che opportuni, tentativi
di reintroduzione.
Bibliografia
Armentano L. 1997. Nibbio bruno Milvus migrans. In: Magrini M., Gambaro C.
(eds) - Atlante Ornitologico dell’Umbria - La distribuzione regionale degli uccelli
nidificanti e svernanti. Regione dell’Umbria: 87.
Magrini M., Armentano L. 1995. Gli Uccelli. In: Ragni B. (ed) - La Fauna selvatica
e l’ambiente della Valnerina e dei Monti Sibillini. Provincia di Perugia: 139-151.
Moltoni E. 1962. Saggio sull’Avifauna del Lago Trasimeno (Umbria). Riv. It. Orn.,
33: 153-234.
Silvestri F. 1892. Contribuzione allo studio della avifauna umbra. Atti Accad.
Medic. E Chim.. Vol. IV, F. 1°: 62-80.
Silvestri F. 1893. Nuova contribuzione allo studio della avifauna umbra. Boll.
Soc. Zool. Romana. Vol. II, FF4/6: 155-179.
Velatta F. 1997. Appendice. In: Magrini M., Gambaro C. (eds) - Atlante Ornitologico dell’Umbria - La distribuzione regionale degli uccelli nidificanti e svernanti.
Regione dell’Umbria: 228-229.
Velatta F. 2002. Atlante degli uccelli nidificanti nel Comprensorio del Trasimeno.
Legambiente Umbria, Provincia di Perugia, Quaderni della Valle, n° 3, 144 pp.
Velatta F., Muzzatti M., Bencivenga G., Chiappini M. M., Romano C., Lancioni
T., Lancioni H., Lombardi G., Montefameglio M., Cucchia L., Paci A. M. 2004. Gli
Uccelli del Trasimeno - Check-list 1987-2003. Provincia di Perugia, Legambiente
Umbria -, Quaderni della Valle, n° 3, 144 pp.
55
I movimenti migratori
del Nibbio bruno in Italia:
altri autori, per uno studio approfondito della migrazione sulle Alpi
Occidentali riteniamo sia necessario:
•
•
•
la migrazione postnuziale
del Nibbio bruno
nelle Alpi sud-occidentali
LUCA GIRAUDO, Parco Naturale Alpi Marittime, 12010 Valdieri CN
ROBERTO TOFFOLI, Via Viada 3b, 12018 Roccavione CN
Nell’ambito del Progetto MIGRANS, coordinato dal Parco Naturale
Alpi Marittime, è stata monitorata la migrazione post riproduttiva
su questo settore dell’arco alpino piemontese; si è così ottenuto un
quadro più preciso sulla fenologia e sull’importanza del sito per la
specie.
Le osservazioni sono state effettuate nel periodo compreso tra il 25
luglio e il 2 ottobre, dal 1992 al 2005, con copertura continua dal
24 agosto al 6 settembre e dal 15 al 30 settembre, in due siti della
Valle Stura di Demonte (Alpi Marittime, Piemonte, prov. di Cuneo),
da dove gruppi di 2-3 osservatori hanno seguito in contemporanea
l’evolversi giornaliero della migrazione, raccogliendo dati su dimensione dei gruppi, direzione di volo e variazioni orarie dell’intensità
del passo.
L’analisi dei dati ha interessato le osservazioni condotte fino alla fine
di settembre (data entro la quale termina nell’area la migrazione
della specie) ed è stata calcolato un indice orario di migrazione
rapportando il numero di ore di osservazione e gli individui censiti.
Tra il 1992 e il 2005 sono stati osservati 1145 nibbi bruni, con un
minimo di 8 nel 2003 e un massimo di 304 nel 1999, anno in cui
sono state effettuate osservazioni giornaliere continue tra il 25 luglio
e il 30 ottobre, che hanno permesso di meglio valutare il passaggio
della specie. Gli effettivi censiti rappresentano il 2% dei rapaci osservati in migrazione, preceduti dal Biancone Circaetus gallicus e dal
Falco pecchiaiolo Pernis apivorus.
L’indice orario medio nei 14 anni considerati è stato di 0,28 individui,
con un minimo di 0,03 nel 2003 e un massimo di 0,54 nel 1999.
La migrazione ha inizio a partire dagli ultimi giorni di luglio e prosegue fino alla fine di settembre.
Fra l’11 agosto e il 5 settembre si evidenzia il picco del passaggio
con il transito del 49,8% dei nibbi censiti e una punta massima
giornaliera di 165 individui il 18 agosto 1999.
L’84% delle osservazioni riguarda individui singoli o piccoli gruppi
(max 3 individui), con assembramenti maggiori più rari, ma anche
56
di oltre 100 individui assieme.
La specie migra frequentemente insieme al Falco pecchiaiolo.
L’indice orario medio di passaggio (0,28) risulta superiore a quanto
osservato sulla costa ligure-francese (0,04), sul Promontorio del Circeo (0,17) e sull’Appennino Calabro (0,23) (Belaud, 1993; Agostini e
Lagozzo, 1995; Corbi et al., 1999), ma non raggiunge i valori osservati sull’isola di Marettimo (23,2) (Agostini et al., 2000).
La rotta di migrazione, da Nord-Est a Sud-Ovest permette di ipotizzare che la specie raggiunga le coste Africane passando da Gibilterra, concentrandosi in alcune occasioni in gruppi numerosi, prima di
attraversare le Alpi.
Si ritiene che il numero di individui che utilizza le Alpi Marittime per
la migrazione autunnale sia sicuramente superiore a quanto osservato, sia perchè in media il 42% degli effettivi transita in un solo
gruppo, in maniera imprevedibile, sia perché sono state effettuate
osservazioni continuative nella prima decade di agosto.
Il passaggio della specie avviene su un fronte piuttosto ampio,
come evidenziato dalle diverse osservazioni di gruppi in transito,
anche consistenti, in tutte le valli delle provincie di Torino e Cuneo
(Reteuna, 1994; oss. vari).
A conferma dell’importanza delle Alpi Occidentali per il passaggio
della specie vi sono, inoltre, le osservazioni inedite condotte presso
la discarica di Torino (Carpegna in litteris), che evidenziano concentrazioni giornaliere di parecchie centinaia d’individui, con un massimo di 1200 nella prima decade di agosto.
Sembra quindi che la migrazione della specie sulle Alpi Occidentali
rispecchi in parte la fenologia riscontrata nella valle del Rodano a
Fort l’Ecluse, dove la maggior parte dei nibbi bruni transita fra la fine
di luglio e la metà di agosto (Charvoz et al., 1996), ma si protragga ancora oltre, sovrapponendosi al periodo di massimo passaggio
osservato sull’isola di Marettimo, centrato intorno al 28-31 agosto
(Agostini et al., 2000).
In base all’esperienza maturata sul campo e grazie all’apporto di
focalizzare le osservazioni nel periodo 1 agosto – 10 settembre, periodo in cui dovrebbe transitare più del 90% dei contingenti migratori;
uno spiegamento di forze adeguato, in modo da coprire in contemporanea più siti, distribuiti in punti strategici di alcune vallate (Susa, Chisone, Po, Maita, Stura);
coinvolgere altri gruppi di osservatori più ad Est e a Ovest, per verificare la provenienza e la destinazione della popolazione in transito.
Bibliografia
Agostini N., Lagozzo D., Panuccio M., 2000. The island of Marettimo (Italy),
important bird area for autumn migration of raptors. Avocetta n.2, Vol. 24: 95-100.
Agostini N., 2002. The La migrazione dei rapaci in Italia. In Brichetti e Gariboldi,
Manuale di Ornitologia, Vol. 3: 157-182.
Charvoz P., Materac J. P., Maire M., La migration postnuptiale visible en 1993 au
defilè de Fort l’Ecluse (Haute Savoie et Ain) près de Geneve. I. Rapaces diurnes, Cicognes, Pigeons et Corvidès. Nos Oiseaux, 43: 261-268.
Belaud M., 1993. Migration des rapaces dans les Alpes-maritimes. Synthese de
1981 à 1992. Faune de Provence, Vol.14: 27-45.
Reteuna D., 1994. La migrazione degli Accipitriformes, Falconiformes e Ciconiformes attraverso le Valli di Lanzo. Riv.Piem. St. Nat., 15: 127-153.
Toffoli R., Bellone C., 1996. Osservazioni sulla migrazione autunnale dei rapaci
diurni sulle Alpi Marittime. Avocetta, n.1 Vol. 20: 7-11.
Giraudo L., Toffoli R., 2003, La migrazione postnuziale del
La migrazione
del Nibbio bruno
nelle Marche
MASSIMO PANDOLFI, Università degli Studi di Urbino, Laboratorio di Zoologia
via M. Oddi 21, 61029 Urbino
MARCO BORIONI, Via M.te Vettore 32, 60131 Ancona
LAURENT SONET, Parco Naturale Monte San Bartolo,
Viale Varsavia s.n., 61100 Pesaro
INTRODUZIONE
Già diversi studi sulla migrazione in Italia hanno evidenziato come
la penisola sia un importante asse di migrazione per i rapaci nel
Mediterraneo centrale. Punti come Capo Bon (Dejonghe, 1980), lo
Stretto di Messina (Giordano, 1991), gli Appennini calabresi (Agostini e Logozzo, 1995), l’isola di Capri (Jonzén e Pettersson, 1999),
il Parco Nazionale del Circeo (Corbi et al., 1999), la Liguria occidentale (Baghino e Leugio, 1990), e l’adriatico nei promontori e
coste a falesia del Monte San Bartolo (Pandolfi e Sonet, 2001) e
del Monte Conero (Borioni, 1995) sono stati evidenziati come punti importanti per la migrazione dei rapaci. Poiché, fino ad oggi, le
indagini sistematiche sui rapaci sono scarsi nel resto dell’Italia e in
particolare lungo le coste, tali studi intendono approfondire la conoscenza dell’andamento della migrazione prenuziale dei rapaci e
in particolare del Nibbio bruno, in due siti dell’Italia centrale, lungo
la costa adriatica e in particolare nell’area del Parco Naturale del San
Bartolo e del Parco Naturale del Conero.
AREA DI STUDIO E METODI
Il Parco Naturale del San Bartolo e il Parco Naturale del Conero,
rispettivamente di 1600 ha e di 6000 ha di superficie, sono entrambi ubicati sulla costa adriatica dell’Italia centro-settentrionale a una
distanza di circa 60 km uno dall’altro. Sono caratterizzati da rilievi
affacciati sul mare con falesie che raggiungono i 200m per il San
Bartolo e i 572m per il Conero. Lo studio della migrazione prenuziale dei rapaci diurni è stato realizzato dal 1998 per il San Bartolo e
dal 1987 per il Conero con dati continui dal 2000.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Per quanto riguarda il Nibbio bruno, si osserva una certa similitudine di passaggio tra i due parchi con poche differenze tra un sito
e l’altro, differenze dovute probabilmente alle ore di osservazione,
più che a rotte di migrazione diverse.
57
La migrazione primaverile
del Nibbio bruno nello
Stretto di Messina,versante
siciliano (1991-2005) e dati
sul transito del Nibbio reale
Confronto del passaggio migratorio del Nibbio bruno tra il San Bartolo e il Conero
Il periodo di passaggio di questa specie è identico per i due Parchi
ed è molto ampio: va da inizio marzo (data più precoce di avvistamento: 05/03) a inizio giugno (data più tardiva: 09/06) con un
picco di passaggio che va dal 10 al 20 di aprile con il 19,6% degli individui osservati. Osserviamo comunque un passaggio importante
da inizio aprile fino al 20 di maggio con il 81% degli avvistamenti.
Bibliografia
Agostini N., Logozzo D. 1995. La migrazione del Falco pecchiaiolo sull’Appennino
calabrese. In: Atti del VII Convegno Nazionale di Ornitologia. Pandolfi,M., and U.F. Foschi eds. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina 22:511-512.
Baghino L., Leugio N. 1989. La migration printanière des Rapaces à
Arenzano (Gênes, Italie). Nos Oiseaux 40: 65-80.
Borioni M. 1995. Studio sulla migrazione prenuziale dei rapaci diurni nel Parco del
Conero dal 1987 al 1990. In: Atti del VII Convegno Nazionale di Ornitologia. M. Pandolfi and U.F. Foschi eds. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina 22:517-518
Corbi F., Pinos F., Trotta M., Di lieto G., Cascianelli D. 1999. La migrazione postriproduttiva dei rapaci diurni nel Promontorio del Circeo (Lazio). Avocetta 23: 13.
Dejonghe J.-F. 1980. Analyse de la migration prénuptiale des rapaces et des cigognes au Cap Bon (Tunisie). L’oiseau et R. F. O. 50: 125-147.
Giordano A. 1991. The migration of birds of prey and storks in the Straits of Messina. pp. 239-250. In R.D. Chancellor and B.-U. Meyburg [eds.] . Birds of prey bulletin
no. 4 (1991). World Working Group on Birds of Prey and Owls, Berlin, Germany.
Jonzén N., Pettersson J. 1999. Autumn migration of raptors on Capri. Avocetta 23
(2): 65-72.
Pandolfi M., Sonet L. 2001. The visible migration of raptors over the Natural Park of
San Bartolo (Nothern Italy). Abstracts of the 4th Eurasian Congress on raptors, Seville,
Spain, 25-29 September 2001.
ANNA GIORDANO, Viale della Libertà 19 - 98121 Messina - WWF, sezione Sicilia
DEBORAH RICCIARDI, Viale San Martino is. 11 - 98100 Messina - M.A.N.
SIMONETTA CUTINI, Via delle Fonti 375 - 59100 Prato - M.A.N.
GIANLUCA CHIOFALO, Milazzo
SOMMARIO
Vengono illustrati i dati raccolti sulla migrazione del Nibbio bruno
(Milvus migrans) e Nibbio reale (Milvus milvus) sullo Stretto di
Messina - versante siciliano - dal 1991 al 2005, nell’ambito dei campi internazionali di studio e sorveglianza dei rapaci e delle cicogne
organizzati da LIPU, WWF e MAN con la collaborazione di numerose associazioni ambientaliste europee e nord africane, per reprimere e prevenire il bracconaggio.
Vengono fornite informazioni sui comportamenti migratori (gregarietà intra e interspefica, attività trofica, ricerca di roost, modalità
migratorie in relazione alle condizioni meteorologiche)
PREMESSA
L’area dello Stretto di Messina è ormai universalmente nota come
una delle rotte migratorie più importanti del Paleartico occidentale,
conosciuta precedentemente solo dai bracconieri delle due sponde
che ne compivano stragi primaverili.
L’uccisione sistematica di specie protette dalla legge, in periodo di
caccia chiusa, effettuata da appostamenti fissi vietati dalla legge e
costruiti illegalmente in valichi montani e collinari, portò alcuni di
noi ad avviare una lunga battaglia finalizzata ad affermare il rispetto
delle norme vigenti. Tale battaglia fu resa possibile grazie al supporto delle Associazioni ambientaliste sia italiane (LIPU, WWF, MAN)
che straniere (DBV, NABU, Lega reale belga per la protezione degli
uccelli, Les amis des oiseaux, MOS, Birdlife Malta e molte altre) con
ottimi risultati ottenuti in ormai 26 anni di attività (Giordano et alii,
2005).
Per diversi motivi i censimenti svolti dal 1984 al 1990 non possono essere considerati rappresentativi del reale transito migratorio
(Giordano, 1991).
Con il diminuire costante dei fenomeni di bracconaggio e contemporaneamente, con l’aumento dei partecipanti ai campi, si è potuto,
dal 1991 in poi garantire una maggiore presenza capillare sul terri-
58
torio, nonché una maggiore continuità temporale del presidio dei
punti di passaggio che, insieme ad un contestuale miglioramento
delle conoscenze delle modalità migratorie (anche in relazione alle
diverse condizioni meteorologiche) ha permesso di poter disporre
di dati esaustivi e presumibilmente completi.
L’area dello Stretto, per la sua importanza per gli uccelli in migrazione, è dal 1989 IBA (Important Bird Area) e dal 2005 riconosciuta
dalle rispettive regioni come Zona a Protezione Speciale (Direttiva
Uccelli) su entrambe le sponde.
MATERIALI E METODI
I censimenti sono stati svolti nei mesi di aprile e maggio, ogni giorno dalle 8/9 del mattino (a volte anche dalle h 5,30 – 6,00) fino
al tramonto, dal livello del mare fino alla quota di 1100 m (monte
Dinnammare), sia in condizioni meteorologiche ottimali, sia con
nebbia, nuvole basse, pioggia e venti molto forti (max 145 kmh), da
un numero variabile di persone (minimo 1 max 40 in più gruppi)
con binocoli e cannocchiali dalle diverse proprietà tecniche.
RISULTATI
Il Nibbio bruno è, dopo il Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) e il
Falco di palude (Circus aeruginosus), la terza specie più comune in
transito primaverile sullo Stretto di Messina, nonostante i censimenti comprendano solo una minima parte del periodo di picco della
specie, indicato in letteratura e da più studi nel mese di marzo,
prima settimana di aprile (Iapichino & Massa, 1989; Shirihai, 1987;
Shirihai & Christie, 1992) e febbraio – marzo (Finlayson, 1992).
Come evidenziato nel grafico, il transito, dal 1991 al 1993, registra
un aumento che probabilmente riflette i primi risultati delle attività
di antibracconaggio (diminuzione degli spari e conseguente maggior numero di individui sopravvissuti durante l’attraversamento
(Giordano 1991, Giordano et alii 2005), per poi attestarsi su valori
costanti per diversi anni, con numeri mai inferiori ai 500 esemplari
59
(dal 1992 al 2004), più spesso superiori alle 600 unità per rilevamento (11 anni) con un record di 999 esemplari (nel 2000).
Si osservano negli anni dal 1993 al 2004 solo minime variazioni
imputabili probabilmente a fattori meteorologici che possono avere
influenzato, sia in positivo che in negativo, il censimento dei migratori. Solo nel 2005 si è registrato nuovamente un passaggio inferiore ai 500 individui, come mai era accaduto dal 1991, anche se
bisogna precisare che nel 2005 il passaggio è risultato inferiore agli
anni precedenti per diverse altre specie.
Attualmente, la diminuzione registrata nel 2005 non consente di
poter avanzare alcuna ipotesi su possibili fluttuazioni in negativo
delle popolazioni di Nibbio bruno che utilizzano questa rotta, in
considerazione del fatto che si è trattato della prima diminuzione
significativa in 15 anni di censimenti.
Il Nibbio reale è una specie poco migratrice su lunga distanza, rara
non solo sullo Stretto di Messina ma anche lungo altre rotte (Finlayson, 1992; Shirihai & Christie, 1992) e proprio le sue scarse abitudini migratorie non consentono di effettuare una valutazione dei
dati relativi allo Stretto di Messina, anche volendoli correlare alla
preoccupante e costante diminuzione della specie in tutto il suo
areale, compresa la Sicilia.
Tale drammatico declino sia come svernante che come nidificante,
era già stato evidenziato sin dai primi anni 70 e 80 (Massa, 1976;
Iapichino & Massa, 1989) ed è continuato anche successivamente
(Lo Valvo et alii 1993; Di Vittorio & Sarà, 2001)
BREVI NOTIZIE SUL COMPORTAMENTO MIGRATORIO
Il Nibbio bruno migra sia singolarmente che in gruppi anche numerosi, spesso associato ad altre specie. Migra anche in presenza di
condizioni meteorologiche avverse (forti venti di scirocco, di maestrale, tramontana, pioggia).
La distanza di volo dal suolo dipende non solo dal comportamento
del singolo individuo (se è in cerca di un luogo dove riposare oppure in attività trofica) ed, eventualmente, dalle sue condizioni fisiche
(comunque non valutabili con l’osservazione), ma anche e soprattutto dalle condizioni meteorologiche, specialmente dalla direzione
e intensità del vento che influenza parimenti anche il volo delle altre
specie migratorie. Sono stati osservati Nibbi bruni in spostamento
migratorio (quindi non in cerca di cibo o di un roost) volare da 50
cm fino ad oltre 400 m di altezza dal suolo. Tale specie si ferma
per dormire senza mostrare apparentemente una abitudine ai siti,
posandosi ovunque trovi habitat idonei (boschi, sia di alto che di
medio fusto, anche radi).
Il Nibbio bruno è stato osservato alimentarsi durante lo spostamento migratorio sia per osservazione diretta di attività trofica (Giordano,1991; Giordano et ali 1995), sia per l’osservazione frequente
di individui in transito con il gozzo pieno che, pertanto, si sono
60
alimentati poco prima di arrivare nei punti di osservazione.
Durante la migrazione è stato osservato anche cleptoparassitismo
intraspecifico.
Il Nibbio reale è meno gregario con le altre specie, è stato osservato
soltanto insieme al Falco pecchiaiolo e al Nibbio bruno.
Anche il Nibbio reale è stato osservato in attività trofica durante gli
spostamenti migratori.
Risoluzione in merito
all’impatto delle centrali
eoliche sull’avifauna.
I partecipanti al Convegno su “Status e conservazione del Nibbio
reale e del Nibbio bruno in Italia e in Europa meridionale”, tenutosi
a Serra S.Quirico (AN), nel Parco Naturale della Gola della Rossa e
di Frasassi, nei giorni 11 e 12 marzo 2006, tra i quali sono presenti
molti dei maggiori esperti e studiosi di uccelli rapaci e in particolare
di Nibbi, d’Italia e dell’Europa meridionale;
Premessa
la propria consapevole condivisione in merito allo sviluppo di produzioni energetiche da fonti rinnovabili, ma ritenendo che le relative tecnologie non possano essere applicate acriticamente e senza
attenta valutazione dell’impatto sull’ambiente naturale e sulle sue
componenti nonché sul paesaggio;
Preso atto
delle numerose relazioni presentate durante il Convegno che mettono in evidenza la gravità dell’impatto arrecato dagli impianti eolici
sulle popolazioni degli uccelli veleggiatori, dei migratori in genere e
in particolare del Nibbio reale e del Nibbio bruno;
Constatato
che i risultati di studi condotti in molte parti del mondo evidenziano
pesanti effetti degli impianti eolici su popolazioni di rapaci nonché
su intere comunità ornitiche in termini di consistenti incrementi della mortalità e perdita di habitat;
Constatato
che l’impatto sull’avifauna è determinato non solo dalla collisione
con le pale rotanti ma anche dalla realizzazione delle strade ed altre
infrastrutture di servizio e degli elettrodotti annessi nonché dalla facilitata accessibilità di aree in precedenza poco o nulla frequentate,
nonché infine dal degrado e dalle modificazioni che subiscono gli
ambienti naturali sede degli impianti eolici;
Verificato altresì
come il territorio di molte regioni italiane, dove sono presenti popolazioni di Nibbio reale e di Nibbio bruno, sia caratterizzato da
un notevole livello di integrità ambientale, di bellezza paesaggistica,
nonché di popolazioni di altri uccelli rapaci che lo pongono ai primi
posti dell’Europa comunitaria, per numero di specie di uccelli rapaci
presenti e nidificanti, compreso diverse specie prioritarie a livello
comunitario;
Identificano
la realizzazione di impianti eolici nelle aree importanti per gli uccelli
rapaci come una tra le più gravi delle minacce che incombono sul
futuro dell’avifauna in genere e degli uccelli rapaci in particolare,
capace di determinare estinzioni a livello regionale o, nella migliore
delle ipotesi, un sensibile declino di popolazioni anche in ambienti
vasti, con conseguente grave perdita di biodiversità;
Considerato tra l’altro
che il ricorso alla produzione di energia elettrica da fonte eolica
dovrebbe essere valutato in relazione all’effettivo contributo alla soluzione del problema delle emissioni di gas-serra;
che il ricorso alla produzione di energia elettrica da fonte eolica non
risulta essere coerentemente inserito in un piano di sviluppo integrato delle fonti rinnovabili che garantisca un ruolo adeguato alle
effettive potenzialità al solare fotovoltaico soprattutto nelle regioni
meridionali, nonché al mini-eolico, assai promettente in molte zone
rurali;
che l’aumento dei consumi di elettricità in Italia, attestato su una
media di circa il 2,5% annuo, conferma la mancanza di una politica
di contenimento dei consumi soprattutto nel settore civile;
61
RINGRAZIAMENTI
Esprimono
viva preoccupazione per il continuo e crescente proliferare di richieste di autorizzazione per centrali eoliche, alcune già in avanzata fase
di progettazione e altre già realizzate, in numerosi ambiti di notevole pregio ambientale e paesistico nonché di rilevante importanza
strategica per l’avifauna;
Ricordano
che gran parte dei progetti, che qui si omettono per brevità, sia
totalmente incompatibile con la vocazione naturalistica dei siti dove
si vorrebbero ubicare le centrali, nonché con i loro peculiari valori
paesistici, in quasi tutte le regioni italiane e che la situazione è, sotto
questo profilo, particolarmente grave nel Centro-Sud e nelle Isole;
Evidenziano
che gran parte dei progetti presentati come singoli faccia nella realtà parte di progetti effettivi assai più vasti, riguardanti più comuni
tra loro confinanti e preveda la messa in opera di decine e a volte di
centinaia di aerogeneratori alti in molti casi anche più di cento metri
con eliche aventi un raggio anche di 50 metri che ruotano con una
velocità alla punta che può sfiorare i 300 km/h;
Chiedono
che l’installazione di impianti eolici possa essere autorizzata, previe
dovute valutazioni anche di altra natura (floristico-vegetazionale,
faunistica in generale, paesaggistica etc.), solo in ambiti già fortemente degradati e comunque non interessati dalla presenza, stabile
o temporanea, di specie di particolare interesse conservazionistico, escludendo altresì le aree suscettibili di recupero ambientale
e comunque potenzialmente idonee a riospitare popolazioni delle
specie suddette;
zione dell’impatto cumulativo su scala regionale e non saranno state precisamente individuate le aree dove potranno essere installate
centrali eoliche come più sopra indicato;
che si proceda infine alla designazione di ulteriori SIC e ZPS che
garantisca un adeguato inserimento nella rete Natura 2000 delle
aree più significative ed importanti sul piano naturalistico, finora, in
molte regioni, largamente insufficiente,
Ricordano ancora
che la realizzazione di centrali eoliche arreca spesso gravi danni anche alla stabilità dei suoli, alla circolazione delle acque, alle attività
connesse con la pastorizia e la zootecnia, escludendo definitivamente qualsiasi seria prospettiva di sviluppo di un sano turismo e in
particolare, dell’agriturismo, oggi attività economica dalle prospettive quanto mai promettenti in molte zone interne della penisola
italiana;
FABRIZIO GIULIANI, Presidente Comunità Montana Esino Frasassi
VITO GUSEPUCCI, Vice Presidente Comunità Montana Esino Frasassi - Assessore al Parco
GIANNI FIORENTINI, Sindaco di Serra San Quirico
PIERO ADORISIO, Assessore all’Ambiente Comune di Serra San Quirico
ALBERTO VENANZONI, Dirigente Capo Comunità Montana Esino Frasassi
SIMONA GENTILE
ANNA PAOLINELLI
FLAMINIA CHIORRINI
FILIPPO INVERNIZZI
SEGRETERIA TECNICA ORGANIZZATIVA E ACCOGLIENZA
ROMINA BURATTINI
GIULIA FUSCO
ROBERTO PIERAGOSTINI, Servizio viglianza Parco gola della Rossa e di Frasassi
ASSIVIP
ASS.SOMMELIERS AIS MARCHE
INDUSTRIE TOGNI S.P.A.
Per le fotografie:
MARCO ANDREINI
FRANCO CARPEGNA
GIACOMO GERVASIO
MARIO PELLEGRINI
MAURIZIO SARÀ
MATTEO VISCEGLIA
la presente risoluzione è stata discussa ed approvata per acclamazione dai partecipanti al Convegno “Status e conservazione del
Nibbio reale e del Nibbio bruno in Italia e in Europa meridionale”,
tenutosi a Serra S.Quirico (AN), nel Parco Naturale della Gola della
Rossa e di Frasassi, nei giorni 11 e 12 marzo 2006
Serra San Quirico, 11 marzo 2006
che l’installazione di impianti eolici vada comunque sempre esclusa in tutti gli ambiti protetti del territorio nazionale (Oasi, Parchi e
Riserve Naturali, ZPS e SIC), negli altri siti candidati a far parte della
rete protetta Natura 2000 (IBA), nonché in adeguate fasce di rispetto comunque non inferiori a Km. 5, in linea d’aria, dai loro confini;
che le eventuali autorizzazioni possano essere concesse solo se
collegate a piani energetici elaborati per area vasta, quantomeno
a livello regionale;
che le valutazioni dell’impatto sull’avifauna, sui chirotteri e su altro
gruppi particolarmente sensibili, siano basate su indagini conoscitive preliminari di durata non inferiore a due anni, comprendenti definizioni quantitative e comportamentali dei popolamenti animali;
che le regioni adottino adeguate moratorie sulle centrali eoliche
almeno fino a quando non sarà stata effettuata un’adeguata valuta-
62
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