Viva la crisi, ci renderà migliori
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Viva la crisi, ci renderà migliori
[L’INTERVISTA] DI PINO PIGNATTA - FOTO ATTILIO ROSSETTI VIVA LA CRISI molto tutti questi pezzi di vita… Dicono che lei sia un’imprenditrice con il cuore. Perché, i suoi colleghi sono brutti e cattivi? «No, solo che molti hanno pudore a raccontare la propria umanità trasferita nel lavoro e nei progetti. E poi su alcune cose io credo sia giusto dare testimonianza…». Già, come nelle battaglie per le pari opportunità. Sia sincera: prima legge di Obama, parità salariale per le donne. Si è commossa? «Moltissimo. Lo considero un gesto anche molto intelligente». Rimaniamo in Italia: il 2009 è davvero così nero? «Nerissimo, recessione. E continuerà, almeno, anche nel 2010». D’altronde, in alcuni settori, Borsa, finanza, i pasticci ci sono stati… «Sì, però la crisi avrà effetti pesanti sull’economia vera, reale, sui posti di lavoro. Ma potrebbe diventare un’opportunità di cambiamento: sul piano dell’etica, dei modi di vivere, di gestire il denaro, di fare impresa». La gente è davvero piegata dalla crisi o è solo angosciata? «Guardi, ero in Sicilia nei giorni scorsi. C’è più paura nel Nord, che rinuncia a fare figli, UNA DONNA, MILLE BATTAGLIE I mprenditrice, 51 anni, madre di 4 figli più 2 figlie in affido, laureata in Storia con indirizzo storico-economico, Marina Salamon nel 1982 ha fondato Altana, di cui è amministratore unico, la più grande azienda italiana di abbigliamento per bambini nel mercato del lusso. 씰 Tra i marchi più noti: Moncler, Pinko, Dimensione Danza. 씰 Nel 1991 ha acquisito il controllo della Doxa, società leader nelle ricerche di mercato. 씰 Nel 2006 ha ottenuto una partecipazione in Banca Ifis, di cui è il secondo azionista, e ha fondato, insieme all’attuale presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, Arendi, un’azienda per produrre impianti fotovoltaici. 씰 Nel 1992 ha vinto il Premio Bellisario. Ha fatto parte della giunta di Venezia, guidata dal sindaco e filosofo Massimo Cacciari, e ha lavorato all’interno di varie associazioni no-profit, come il Wwf per un decennio. È impegnata in diversi progetti che riguardano l’integrazione degli immigrati e i bambini in difficoltà. CI RENDERÀ MIGLIORI L’imprenditrice Marina Salamon: «La lezione è dura, A LA FAMIGLIA È SACRA Marina Salamon, 51 anni, con i figli nella sua casa veronese e (a destra) con il suo cane 16 MARZO 2009 CLUB3 l telefono è il solito uragano di entusiasmo e passione. Ritmo spigliato, da manager tiratissima, ma timbro gentile, morbido mai supponente: «Venga quando vuole, a Milano vado di fretta, meglio a casa nostra, a Verona». Casa nostra? Già una che fa l’imprenditrice, fabbrica abbigliamento di lusso, è padrona della Doxa, secondo azionista di una banca, e dice casa “nostra” anziché casa “mia”, diventa interessante. Poi capisci: «Va bene alle 14.30?» «No, venga alle 13.30, voglio arrivare in tempo dai ragazzi». Bella villa sulla collina veronese. Marina sa- lamon è proprio come in Tv, o in radio: semplice. E a volte la semplicità è una virtù che impari tardi, sulle macerie del dolore. Proprio come questa donna, eleganza e nervi d’acciaio, che ha appena terminato una video conferenza in casa, anzi, un video consiglio di amministrazione e, quando si affaccia la cameriera le corre incontro con un sorriso. «Per me caffè doppio, lei cosa prende?». L’industriale Marina Salamon è un meltingpot di esperienze e di attitudini. In una giornata mescola con disinvoltura la parte sociale, benefica, lavorativa, materna. Non distingue ma ne usciremo...» dove la disoccupazione è al 4 per cento, ancora accettabile, rispetto a un Sud dove è al 20-25 per cento, cronica, senza industrie. Eppure c’è un atteggiamento più fiducioso. Due punti di vista che in Italia pesano molto». Molti hanno smesso di spendere. Bisogna fare come dice Berlusconi: siate ottimisti e consumate? «No, io credo che questa Italia abbia consumato a sproposito, come gran parte dell’Occidente, un sacco di cose inutili. Pensiamo ai cellulari, ne ho visti anche da 200 euro in mano ai bambini, o ai nostri guardaroba…». CLUB3 17 MARZO 2009 [L’INTERVISTA] «Se sono felice non è solo perché sono ricca: ma perché ho imparato a riconoscere la bontà di Dio» “ ” Non ho la sfera di cristallo. Spero in un’Italia più saggia, in un Paese che abbia fatto tesoro della crisi 18 MARZO 2009 CLUB3 Scusi, ma lei produce e vende abbigliamento di lusso… «Certo, e su questo mercato costruisco parte dei miei posti di lavoro, se producessi vestiti economici dovrei chiudere. Ma occorre distinguere: essere ottimisti non significa precipitarsi a comprare l’ultimo modello di playstation. Ci sono bisogni reali e indotti. Vanno ripensati i nostri comportamenti, le nostre esigenze». Si spieghi meglio… «È importante andare al sole a febbraio, in primavera, a Pasqua. Ma è indispensabile volare tutti a Sharm el Sheik? Ieri camminavo per Palermo e pensavo: siamo pazzi, questo posto è di una bellezza senza fine. Era la prima volta che passeggiavo con calma per i vicoli di Ballarò o della Vucciria, e mangiavo non il cous cous in un albergo con l’aria condizionata a tavoletta, ma panini per strada, quelli con la milza, che è una roba antica, buonissima». Abbiamo consumato troppo e male… «Penso che i modelli di vita indotti dalla classe dirigente italiana siano stati sbagliati. Ho una sorella che vive a Parigi con bambini e un’altra ad Amburgo: le assicuro che li vestono e li educano diversamente». Siamo curiosi, racconti… «Sono molto più spartani, è normale comprare vestiti usati, o passarseli, o cercare i giocattoli nei mercatini. È normale andare in vacanza con la scuola, a poca spesa, con le maestre, dai 4 anni in su, via e camminare…». Da infarto, per noi italiani… «Ed è vietato per le mamme telefonare. Parli con la segreteria: guardi signora, oggi hanno fatto l’igloo, hanno montato la tenda, va tutto bene. Mica parli col bambino. Da noi resistono in casa a 28, 30, 35 anni, con le mamme piegate a stirare la camicia del figlio». Magari qualcuno è costretto dallo stipendio precario? «Sì, ma molto è anche uno stile di vita, co- modo e appiattito». Bamboccioni, allora, è proprio vero… «Quanti sono gli studenti che lavorano? Io lavoravo e studiavo e mi ha fatto bene, mi ha insegnato più di tanti esami universitari. Ora che ci penso, a 15 anni raccoglievo mele nel Saluzzese. Ecco, lei vede i ragazzi che vanno a raccogliere mele? Gli immigrati, non certo i nostri figli. Dietro tutto questo forse c’è l’Italia che non va. C’è un modo di pensare la vita, un modello che non permette di reagire quando arriva una crisi come questa». Dopo questo biennio lei che Italia vede? «Non ho la sfera di cristallo. Spero in un’Italia più saggia, in un Paese che abbia fatto tesoro della crisi per riformare sé stesso». “Crisi” anche nel senso greco del termine, cioè di rinascita… «Proprio così, e questo vale per ogni speculazione finanziaria, per ogni forma di conservazione di una casta, costosa e improduttiva». Lei crede in una logica manageriale applicata alla politica? «Perché no? Durante la mia esperienza nella giunta Cacciari andavo molto d’accordo con una donna che veniva dalla Cgil: punti di vista opposti, ma concretissime. C’erano trattative, ma si facevano le cose». In azienda preferisce assumere donne nei ruoli manageriali? «Dove posso, sì. Perché devo e intendo realizzare concretamente la parità. Per esempio, regolando i permessi di maternità in modo più equo, distribuendo meglio la cura dei figli, che oggi è sbilanciata quasi unicamente, e ingiustamente, sulla madre. E non nomino solo dirigenti donne, anche amministratori delegati». Lei è femminista? «No, ho fatto una sola volta una riunione di femministe e sono scappata. Le trovo noiosissime. Non credo nella contrapposizione dei sessi. Credo nell’interscambio dei talenti: gli uomini a volte “tirano via” ma sono molto pragmatici; le donne fanno analisi accuratissime, poi magari non “chiudono”. Quote di umanità e di diversità per un equilibrio migliore». UNA DONNA DI POLSO Marina Salamon nel suo studio privato e (a sinistra) davanti la sua villa sulle colline di Verona È vero che ha licenziato un manager? «Ne ho licenziati tanti. Uno anche perché esercitava il suo ruolo cercando d’imbastire una brutta storia con un’impiegata». Com’è andata? «L’ho chiuso in una stanza e gli ho detto: hai mezz’ora per firmare. Sparisci. Vergognati. Mi fa schifo l’esercizio del potere in questo modo. Sono rigidissima sull’etica». A proposito di etica, Baden-Powell cosa le fa venire in mente? «È il mio mito. Sono felice di essere stata scout. Un modo bellissimo di pensare l’educazione. Credo che il principio-guida che ci ha trasmesso - e cioè fare sempre del nostro meglio e lasciare il mondo ogni giorno un po’ migliore - sia anche un testamento spirituale». Lei è una donna felice? «Molto. Vede, sono stata lasciata due volte: dal padre del mio primo figlio, e da mio marito dopo. Io non avrei mai avuto il coraggio di spezzare un legame. Sono fedele e credo nei progetti». Scusi, dove sta la felicità in tutto questo? «La prima volta il Signore, per quanto possa sembrare assurdo, è stato buono con me: ha fatto coincidere questo dolore con il primo figlio, che è vissuto in rianimazione per un anno. Non proprio un’esperienza di felicità, ma ce l’abbiamo fatta, Brando è qui con noi, contro il parere del mondo che mi diceva di abortire. Una straordinaria esperienza di gratitudine nella vita…». Beh, poi non è andata tanto meglio… «Infatti, ma non mi ero ancora convertita, non era bastato, ero tornata a fidarmi troppo della mia intelligenza, della mia forza. Negli anni scorsi, dopo la separazione, ero scioccata: avevo un grandissimo sogno di famiglia, ci credevo. Tuttavia, per la prima volta, non sono scappata dal dolore, l’ho guardato nel profondo, non ho riempito le agende di appuntamenti, dibattiti, colazioni e cocktail». Come si è ricostruita? «Con le cose semplici, trapiantando una piantina, pregando: in un anno sono stata a Lourdes, Loreto e Medjugore. E nei periodi di più dolorosa fatica ho frequentato i monasteri, un giorno, due giorni, quattro libri, una penna, ti metti a nudo di fronte all’anima». Il dolore non va aggirato, allora? «No, così fa la società contemporanea, rap- pezzandolo con false immagini di sé. Credo che occorra rincorrerlo, affrontarlo, sennò rimane lì, da qualche parte riemerge. Se dico che sono felice non è solo perché sono ricca, privilegiata, ma anche perché ho imparato a riconoscere la bontà di Dio nel colore delle foglie, che spuntano fresche, a gennaio, dopo che hai potato il cespuglio. Sono ripartita dalle cose piccole». Lei ha paura di invecchiare? «Perché mai? Spero in una vita lunga. E non credo che questa, così come ci è stata soffiata, coi suoi dolori, sia sbagliata. Io, per esempio, ero infinitamente più inquieta e infelice a 20 anni di quanto lo sia ora, a 50. E sono passata attraverso un’identità da ricostruire, da un marito che non ti vuole più, quando ti guardi e dici: ma non vado bene? Sono sempre pettinata come un tempo, cosa c’è che non va? Ho dovuto accettare, ricominciare, (re)imparare. 왎 Non c’è più nulla che mi spaventi». “ ” Ho licenziato tanti manager. Uno perché esercitava il suo ruolo cercando di imbastire una brutta storia con un’impiegata CLUB3 19 MARZO 2009